GNOSI: TEOLOGIA DI sATANA (30): ERRORI IN ROSMINI (2)

GNOSI, TEOLOGIA DI sATANA (30):

Errori in ROSMINI (2)

VI

ERRORI SULLA NATURA DELL’UOMO

24. L’uomo è composto da un corpo e da un’anima. L’anima è una sostanza spirituale, cioè indipendente dal corpo nella esistenza. Essa ha diverse facoltà, le une intrinsecamente indipendenti dal corpo, come la facoltà di comprendere, quella di volere, le altre intrinsecamente dipendenti, come quella di immaginare, quella di vedere. Il corpo riceve dall’anima la vita, il movimento ed anche le attività fisiche e chimiche. L’anima ha un grado di vita che tiene in proprio; è la vista intellettuale, consistente nelle operazioni dell’intelligenza e della volontà. Essa ha due gradi di vita che comunica al corpo, è: 1° la vita vegetativa, che consiste nella nutrizione, l’accrescimento e la riproduzione; 2° la vita sensitiva, che si esercita mediante i sensi esteriori, come la vista, l’udito, etc., ed i sensi interiori, l’immaginaione, l’estimativo, etc. – E non soltanto l’anima comunica al corpo la vita, ma gli comunica anche l’essere sostanziale, di modo tale che il corpo riceve dall’anima sia la proprietà di essere una sostanza vivente, sia quella di essere semplicemente una sostanza. Ecco perché l’anima è chiamata la forma del corpo, perché essa è il principio di tutti gli atti che sono in lui, dell’atto primo, che lo rende sostanza, degli atti secondi, che sono tutte le attività e le proprietà che derivano dalla sostanza. – L’anima è una sostanza, non è un’operazione: essa è prima dell’operazione, essa può essere dopo l’operazione: l’operazione deriva dall’anima, non la costituisce. L’anima non è anche una facoltà, ma il principio dal quale le facoltà emanano, la fonte che si distribuisce in esse. Tali sono le verità che la ragione umana e la fede ci fanno conoscere sulla natura dell’uomo.

25. Rosmini contraddice quasi tutti i punti di questa dottrina. L’anima, egli presume, è costituita sensitiva dal sentimento che essa ha del corpo; essa è costituita intellettuale dall’intuizione che acquisisce dell’essere; essa è unita al corpo dal sentimento del corpo e dalla percezione dell’essere nell’essenza del corpo. Ecco i punti principali del suo sistema.

26. In primo luogo, l’anima, secondo lui, ha originariamente il sentimento del corpo. È questo sentimento che la costituisce nella sua essenza. L’anima sensitiva, egli dice, è essenzialmente un’operazione, un atto sensitivo, il primo atto sensitivo, avendo come termine il corpo; essa è nella sua essenza, il sentimento stesso del corpo. Questo sentimento primo è veramente essenziale all’anima, questo sentimento costitutivo dell’anima sensitiva, è conosciuto nella scuola rosminiana sotto il nome di senso fondamentale. Esso ben merita, nella teoria rosminiana, il qualitativo di fondamentale, poiché è il fondamento di tutta la vita dell’anima e del suo essere in se stesso.

27. In secondo luogo, come l’anima è costituita sensitiva dal sentimento del corpo, così essa è costituita intellettiva dall’intuizione dell’idea. « Quando il principio sensitivo riceve l’intuizione dell’essere, egli dice, il principio, che in precedenza non aveva che il sentire, diviene nello stesso tempo intelligente: con questo solo contatto, con questa unione, esso è elevato ad uno stato più nobile, cambia natura, diviene intelligente, sussistente, immortale [Cum sensitivo principio intuibile fit esse, hoc solo tacta, hac sui unione principium illud antea solum sentiens, nunc simul intelligens, ad nobiliorem statum evehitur, naturam mutat, ac fit intelligens, subsistens atque immortale. (Prop. XXI)]. » Prima della percezione dell’essere, l’anima è solo sensitiva, e come tale, si trova sprovvista di intelligenza, di sussistenza e di immortalità; con l’intuizione dell’idea, del principio puramente sensitivo, essa diviene principio sia sensitivo che intellettuale: principium illud antea solum sentiens, nec simul intelligens. Essa si trova elevata ad uno stato più nobile, perché risale da una vita organica alla vita spirituale: ad nobiliorem statum evehitur. Essa cambia natura: naturam mutat. Diviene ragionevole, sussistente, immortale: fit intelligens, subsistens atque immortale. Rosmini non retrocede davanti ad alcuna di queste espressioni. Così l’anima umana non è ragionevole in virtù della sua natura, ma per effetto di una illustrazione esteriore, per la manifestazione esteriore dell’essere, per manifestationem entis aforis illustrantis. Rosmini insegna espressamente questa dottrina!

28. Ma se l’anima umana non è originariamente ed essenzialmente spirituale o intellettuale, se essa ha cominciato con l’essere solamente sensitiva, essa ha potuto essere il prodotto della generazione come le anime degli animali e delle piante- Rosmini ammette questa conseguenza. « Non ripugna, egli dice, che l’anima umana si moltiplichi per generazione, in modo da poterla concepire come elevarsi gradualmente dall’imperfetto, cioè dal grado dell’essere sensitivo, al perfetto, cioè al grado dell’essere intelligente [Non répugnât ut anima humana generatione multiplicetur, ita ut concipiaiur eam ab imperfecto, nempe a gradu sensitivo, ad perfectum, nempe ad gradum intellectivum procedere. (Prop. XX). »

29. Altra conseguenza. Se l’anima umana è diventata intellettuale e spirituale con una manifestaione esteriore dell’essere, non può cessare di essere ragionevole e ridiventare puramente sensitiva, con la soppressione di questa illuminazione esteriore? Rosmini non respinge questa conclusione. « Non è impossibile pensare, egli dice, che la potenza divina potrebbe separare l’anima intellettiva dal corpo animato e questo assumerebbe il suo carattere animale; essa resterebbe nel corpo in effetti, come base di una pura animalità, un principio animale che, precedentemente, era in lui come appendice [Non est cogitatu impossible divina potentia fieri posse ut a corpore anima intellectiva separetur et ipsum adhuc maneat animale: maneret nempe in ipso, tamquam basis puri animalis, principium animale, quod antea in eo erat veluti appendix. (Prop. XXII) »

30. Altra conseguenza ancora.

Nel sistema rosminiano, l’intuizione dell’essere suppone il sentimento del corpo o il senso fondamentale, perché il principio intellettivo è il coronamento de del principio sensitivo. Così senza il senso fondamentale, ogni esercizio della vita intellettuale è impossibile. Rosmini conclude da questo principio che il defunto non ha più conoscenza attuale: « Nello stato naturale, egli dice, l’anima del defunto esiste come se non esistesse; poiché non può fare riflessione su se stessa, né aver alcuna coscienza di se stessa, si può dire che la sua condizione è simile ad uno stato di tenebre perpetue e di sonno eterno [In statu naturali, anima defuncti existit perinde ac non existeret: cum non possit ullam super seipsam reflexionem exercere, aut ullam habere sui conscientiam, ipsius conditio similis dici potest statui tenebrarum perpetuarum et somni sempiterni. (Prop. XXII)].

31. In terzo luogo Rosmini fa dipendere l’unione dell’anima e del corpo dal senso fondamentale e dalla percezione dell’essere. « L’unione dell’anima e del corpo consiste propriamente nella percezione immanente per la quale, il soggetto, contemplando l’idea, afferma il sensibile di cui ha contemplato l’essenza in questa idea [Unio animæ et corporis proprie consistit in immanenti perceptione, qua subjectum intuens ideam affirmat sensibile, postquam in hac ejus essentiam intuitum fuerit. (Prop. XXIV)]. Vale a dire, se noi comprendiamo bene il pensiero del filosofo, l’anima si unisce al corpo percependone il corpo sensitivamente, ed avendo il sentimento del corpo, ciò che Rosmini chiama il senso fondamentale, intellettivamente vedendone l’essere generale nel sensibile. L’unione dell’anima al corpo ha dunque luogo, secondo Rosmini, non per unione di sostanze, come insegna tutta la Scuola, non pure per la compenetrazione delle virtù, come hanno detto alcuni filosofi, ma per semplice percezione. L’anima sensitiva ed intellettiva si trova unita al corpo, avendo del corpo una percezione sensitiva ed intellettuale. Essa gli è unita perché la conosce! Questa dottrina scuote il buon senso. La conoscenza suppone l’oggetto, non lo fa: la percezione sensitiva o intellettuale del corpo unito, suppone l’unione del corpo, non la costituisce. Ed in effetti, o il corpo che sente l’anima e nel quale raggiunge l’essere, gli è unito, o non gli è unito affatto, l’unione non è l’effetto della percezione; se non gli è unito, l’anima si inganna percependolo come se fosse unito. Non si può uscire da questo dilemma.

32. L’errore di Rosmini sull’unione dell’anima al corpo, lo conduce ad un altro errore sulla forma del corpo. Noi abbiamo visto che l’anima si unisce al corpo percependolo con un atto sensitivo ed un atto intellettivo. Ma, se è così, il corpo ha la sua sostanza ed anche la sua vita indipendentemente dal corpo; esso ha dunque di se stesso una forma sostanziale. Di conseguenza, non è l’anima che è, secondo quanto insegna la Chiesa, la sua forma sostanziale. Chi potrebbe dire in effetti che una percezione è una forma sostanziale, un atto primo, un principio di sostanza? Il corpo ha dunque, fuori dall’anima, la sua forma sostanziale; la forma sostanziale del corpo è il termine dell’azione dell’anima, non è l’anima: « La forma sostanziale, dice Rosmini, è piuttosto un effetto dell’anima ed il termine interiore della sua operazione, ecco perché la forma sostanziale del corpo non è l’anima stessa [(Forma substantialis corporis est potius effectus animæ, atque interior terminus operationis ipsius: propterea forma substantialis corporis non est ipsa anima. (Prop. XXIV)] ».

VII

ERRORI SULLA SANTISSIMA TRINITA’

 33. Gli errori che abbiamo finora esaminati, possono essere tutti chiamati degli errori filosofici; perché essi sono opposti a delle verità che la ragione naturale può dimostrare. Quelli che, al contrario ci restano da esaminare, sono propriamente degli errori teologici: Questi sono degli errori concernenti i dogmi della fede, vale a dire quelle verità soprannaturale di cui la ragione può ammirare l’armonia con le verità naturali, ma che essa non può stabilire con i principi propri. E innanzitutto Rosmini ha insegnato due errori fondamentali sul mistero della Santissima Trinità. In primo luogo, egli ha preteso, come Hermès in Germania, che la ragione umana, con le sue forze naturali, potesse dimostrarne l’esistenza con certezza. Egli confessa che la ragione non può scoprire questo mistero, ma sostiene che essa può provarlo dopo essere stato rivelato. Egli confessa anche che non può provarlo con argomenti diretti e positivi, cioè che non può partire da un principio razionale e dedurne il dogma come una conseguenza che vi sarebbe racchiusa; ma egli pretende di poterlo dimostrare con degli argomenti negativi ed indiretti, cioè con argomenti che stabiliscono che bisogna ammettere il dogma, sotto pena di cadere nell’assurdo. Rosmini sostiene per conseguenza, che il dogma della Santissima Trinità è, propriamente parlando, una verità scientifica. « Posta la rivelazione del mistero della Santissima Trinità, egli dice, la sua esistenza può dimostrarsi con argomenti puramente speculativi, negativi, è vero, ed indiretti, ma di natura tale che per essi, questa verità è ricondotta sul terreno dell’insegnamento filosofico e diventa una verità scientifica come le altre; perché se questa verità fosse negata, la dottrina teosofica di pura ragione, non solo resterebbe incompleta, ma anche si riempirebbe di assurdità su tutti i punti: essa sarebbe annichilita [(Revelato mysterio Sanctissimæ Trinitatis, potest ipsius existentia demonstrari arguments mere speculativis, negativis quidem et indirectis, hujusmodi tamen ut per ipsa veritas illa ad philosophicas disciplinas revocetur, atque fiat propositio scientifica sicut ceteræ; si enim ipsa negaretur, doctrina theosophica puræ rationis non modo incompleta maneret, sed etiam omni ex parte absurditatibus scateus annihilaretur. (Prop. XXV)]. »

35. Questa dottrina è in contraddizione con tutta la tradizione cattolica. Pio IX ha più volte insegnato, contro gli hermèsiani germanici, che, secondo l’unanimità dei Padri e dei teologi cattolici, i dogmi dela fede sono dei misteri per la ragione umana, e che il mistero della Santissima Trinità , il più profondo di tutti, è talmente al di sopra dei lumi della ragione umana, che essa non può né scoprirlo né provarlo. Il Concilio Vaticano ha solennemente definito questo insegnamento. « I misteri divini, dice, oltrepassano talmente per loro natura l’intelligenza creata, che anche dopo essere stati trasmessi dalla rivelazione, e noi li abbiamo ricevuti per fede, essi restano tuttavia coperti dal velo della fede e come avvolti da una certa nebulosità, intanto che viaggiamo in questa vita mortale, lontano dal Signore, perché noi camminiamo verso di Lui con la fede e non con la visione chiara divina [(enim mysteria suapte natura intellectum creatum sic excedunt, nt etiam revelatione tradita et fide suscepta ipsius tamen fidei velamine contecta et quadam quasi caligine obvoluta maneant, quamdiu in hac mortali vita peregrinamur a Domino: Per fidem enim ambulamus et non per speciem. (Constit. De fide cath., cap. IV.)]. »

36. Rosmini non attribuisce alla ragione la forza di provare il mistero della Trinità, se non perché altera la nozione del dogma. La fede ci insegna che Dio sussiste in tre Persone. La sostanza divina ha tre sussistenze, in cui Dio è tre Persone, il Padre, che ha tutta la sostanza divina, ma come principio primo; il Figlio, che ha tutta la sostanza divina ancora, ma ricevuta dal Padre per generazione; lo Spirito-Santo, che ha pure tutta la sostanza divina, ma ricevuta dal Padre e dal Figlio come da un unico principio, con un processo distinto di generazione. Tutto è comune alle tre Persone, eccetto la loro opposizione di origine: Non est distinctio in divinis nisi ubi adsit relationis oppositio. Il Padre ed il Figlio hanno una medesima intelligenza, una stessa volontà, una stessa potenza, una stessa divinità; ma il Padre possiede l’Essere divino come principio; il Figlio per generazione. Lo Spirito Santo ha la stessa intelligenza, la stessa volontà, la stessa potenza, la stessa divinità del Padre e del Figlio; ma Egli possiede l’Essere divino per processione dal Padre e dal Figlio, mentre il Padre ed il Figlio lo posiedono come autori dello Spirito-Santo. Tutto ciò che è assoluto in Dio è unico, il relativo solo è moltiplicato: l’essere e le sue proprietà sono uniche in Dio; le processioni e le proprietà fondate sulle processioni possono solo dirsi al plurale. Tale è l’insegnamento della Chiesa, insegnamento unanime, eclatante, tipetuto mille e mille volte dai Padri, definito dai Concili, prodotto nelle liturgie, spiegato nei catechismi.

37. Rosmini riporta una nuova dottrina. Egli non si accontenta di moltiplicare in Dio il relativo, egli moltiplica l’assoluto. Secondo lui il Padre, il Figlio e lo Spirito-Santo sono le tre forme supreme dell’Essere, vale a dire, come si esprime: la soggettività, l’oggettività e la santità o la realtà, la idealità e la moralità. « Le tre forme suprene dell’essere, egli dice, cioè la soggettività, l’oggettività, la santità, in altri termini la realtà, l’idealità, la moralità, essendo trasferite all’essere assoluto, non possono concepirsi altrimenti che come Persone sussistenti e viventi [(Tres suprEmæ formæ esse, nempe subjectivitas, objectivitas, sanctitas, seu realitas, idealitas moralitas, si transferantur ad esse absolutum, non possunt aliter concipi nisi ut personne subsistentes et viventes. (Prop. XXVI.)] » Il Padre è Dio che è, il Figlio è Dio conosciuto; il Santo-Spirito è Dio amato. « Il Verbo, come oggetto amato, e non in tanto che Verbo, cioè oggetto sussistente in sé e per sé conosciuto, è la Persona dello Spirito-Santo. [(Verbum, quatenus objectum amatum et non quatenus Verbum id est obiectum in se subsistens per se cognitum, est persona Spiritus Sancti. (ibid.)]. »

37 bis. Spieghiamo un po’ il pensiero del filosofo. Tutto l’Essere è. Questa proprietà prima dell’essere, che fa dire di lui che è: ecco ciò che Rosmini chiama la realtà o la soggettività. In secondo luogo, l’essere è intellegibile, cioè può essere conosciuto. Questa proprietà che ha l’essere di poter essere conosciuto, è ciò che la Scuola chiama “la verità dell’essere”, ciò che Rosmini chiama l’oggettività o idealità. In terzo luogo, l’essere è buono: così come è l’oggetto dell’intelligenza, così esso è l’oggetto della volontà; ed anche oggetto dell’intelligenza, esso è intellegibile, così intanto che oggetto della volontà, eso è capace di provocare l’amore. Questa terza proprietà dell’essere è ciò che la Scuola chiama la bontà, e che Rosmini chiama meno giustamente la santità o la moralità. È manifesto che queste tre proprietà convengono essenzialmente all’essere in generale, di conseguenza a tutto l’essere. Ma, in Dio, l’essere appartiene alla natura e non alle relazioni. Le tre proprietà dell’essere non possono dunque essere in Dio qualcosa di relativo, ma solamente di assoluto. Pertanto, esse devono dirsi egualmente del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: il Padre è, il Figlio è, lo Spirito Santo è; il Padre è intellegiile, il Figlio è intellegibile, lo Spirito Santo è intellegibile; il Padre è buono e santo, il Figlio è buono e santo, lo Spirito Santo è buono e santo. Rosmini al contrario, pretende di stabilire, su queste tre proprietà dell’essere, la distinzione delle tre Persone. « Le tre forme supreme dell’essere, dice, e cioè: la soggettività, l’oggettività, la santità; in altri termini la realtà, l’idealità, la moralità, essendo trasferite all’essere assoluto, non possono concepirsi altrimenti che come Persone sussistenti e viventi (Prop. XXVI). » Vale a dire la realtà vivente, è il Padre; l’idealità sussistente, è il Figlio; la santità assoluta, è lo Spirito Santo. Che inversione del mistero!

38. Qui ancora, Rosmini è giunto a causa della sua infatuazione per l’essere in generale. Questo essere è così grande ai suoi occhi, che in precedenza lo ha identificato con l’essere divino; esso è così perfetto che vede ora nelle sue forme le sussistenze o le tre Persone divine.

39. Rosmini non ha visto che la sua teoria della Trinità lo conduce necessaramente al triteismo o al sabellianesimo? In effetti egli ben ammette una distinzione reale tra le tre forme dell’essere; in questo caso, come queste forme non esprimono un rapporto d’origine, ma qualcosa di assoluto, è nella necessità di mettere in Dio tre realtà assolute e, di conseguenza, tre sostanze. – Eppure egli confessa che queste tre forme non hanno tra loro che una differenza di ragione; in questo caso, le tre Persone sono tre concetti dell’assoluto, cioè che non c’è più in Dio che una sola Persona reale, come non c’è in Lui che una sola sostanza divina. Rosmini non è potuto sfuggire a questo dilemma. Dal momento che egli cessa di cercare la distinzione di Persone divine, nell’opposizione di relazione per metterla in una forma assoluta, occorre dunque che egli rigetti le tre Persone e che ammetta tre sostanze.

VIII

ERRORI SULL’INCARNAZIONE

40. Rosmini altera la nozione del mistero dell’Incarnazione, così come quella del dogma della Santissima Trinità. Egli pone l’unione della natura umana alla natura divina nella sottomissione della volontà umana alla volontà divina: « Nella volontà del Cristo, egli dice, la volontà umana fu talmente rapita dallo Spirito-Santo ad aderire all’essere oggettivo, cioè al Verbo, che gli abbandonò integralmente il governo dell’uomo, e che il Verbo assunse, nella sua Persona, questo governo e si unì così la natura umana. [(In humanitate Christi bumana voluntas fuit ita rapta a Spiritu Sancto ad adhærendum Esse objectivo, id est Verbo, ut illa Ipsi intègre tradiderit regimen hominis et verbum illud personaliter assumpserit, ita sibi uniens naturam humanam. (Prop. XXVII)]. Per effetto della grazia dello Spirito-Santo, la volontà umana è tutta catturata dalle attrattive del Verbo: rapta a Spiritu Sancto; Essa si attacca a Lui indissolubilmente: ad adhærendum Esse objectivo, id est Verbo; essa ne dirige la sua condotta e la condotta di tutte le facoltà che dipendono da essa: illa ipsi intègre. La natura umana si trova unita ipostaticamente al Verbo, che essa ha abbandonato alla sua direzione: Verbum illud personaliter assumpserit, ita sibi uniens naturam humanam. La volontà cessa di essere personale per l’effetto della sua unione affettiva al Verbo. « È in questa maniera, dice Rosmini, che la volontà umana, nel Cristo uomo, cessa di essere personale, come lo è negli altri uomini, e resta semplice natura [(Hinc voluntas humaria desiit esse personalis in homine, et, cum sit persona in aliis bominibus, in Christo remansit natura. (Ibid.)] » Concludiamo: l’unione della natura umana alla natura divina è puramente morale. Ne deriva la finale deduzione: Rosmini professa il Nestorianesimo.

41. Senza dubbio, l’unione della natura umana alla natura divina è morale, perché la volonà umana è pienamente sottomessa alla volontà divina. Ma essa non è semplicemente morale, essa è naturale, fisica, personale, ipostatica; i Padri hanno impiegato tutte le espressioni. Vale a dire che la natura umana diviene qualcosa del Verbo, essa è presa dalla Persona del Verbo, che la fa sua, comunicandogli la propria sussistenza. Ecco perché la natura umana non ha sussistenza propria. Ecco perché il Verbo che sussiste eternamente nella natura divina, sussiste dall’Incarnazione nella natura umana. Ecco perché la Persona stessa del Verbo « opera nella natura divina, le cose che sono di Dio ed esegue, nella natura umana, le cose che sono dell’uomo ». ecco perché Egli è uomo, così come è Dio.

IX

ERRORI SUL CARATTERE DEL CRISTIANO

42. Rosmini professa un grave errore sul carattere del Cristiano: « Secondo la dottrina cristiana, egli dice, il Verbo, carattere e faccia di Dio, è impresso nell’anima di coloro che ricevono con fede il Battesimo del Cristo [(In christiana doctrina, Verbum character et faciès Dei, imprimitur in animo eorum qui cum fide suscipiunt baptismum Christi. (Prop. XXVIII.) ». – Il carattere del Cristiano non è, secondo Rosmini, una rassomiglianza al Verbo, bensì è la sostanza stessa del Verbo impressa nell’anima; questa non è una qualità che rende l’uomo conforme a Dio, ma è il Verbo di Dio: Verbum, character et faciès Dei, imprimitur. Ma, noi lo abbiamo già visto, il Verbo è l’essere ideale in cui « l’essere infinito è per se stesso manifesto », ecc. perché, aggiunge Rosmini, « il Verbo, cioè il carattere impresso nell’anima, è, secondo la dottrina cattolica, l’essere reale o infinito, per sé manifesto, che abbiamo in seguito appreso essere la seconda Persona della Santissima Trinità [(Verbum, id est, character in anima impressum, in doctrina christiana est Esse reale (infinitum) per se manifestum, quod deinde novimus esse secundam personam Sanctissimæ Trinhatis. (Ibid.)]». – E, siccome il carattere è un proprio dell’animo, si vede costretto a sostenere che l’anima diventi il Verbo, o che il Verbo diventi l’anima. Si ricade di nuovo nel Panteismo!

43. Secondo la dottrina cattolica, l’essere soprannaturale produce in noi, con la giustificazione, la nuova creatura. Come si esprime la sacra Scrittura, è un accidente depositato nella mera sostanza, una forma che eleva la nostra anima al di sopra del suo stato naturale, una abitudine, una qualità che orna ed eleva il nostro essere e le sue potenze, le rende sì amorevolmente belle che Dio stesso trova le sue compiacenze in esso. – In questo essere soprannaturale, in questa nuova creatura, bisogna distinguere la grazia, abitudine o qualità ricevuta, secondo San Tommaso d’Aquino, nella sostanza stessa dell’anima, e che eleva questa sostanza ad una dignità simile a quella di Dio stesso; la fede, la speranza, la carità, le altre virtù soprannaturali, i doni dello Spirito-Santo, che rendono le nostre facoltà capaci di operazioni divine. – Con questa elevazione della nostra natura e delle nostre potenze, noi diventiamo « partecipi della natura divina », come dice S. Pietro. Questa partecipazione non è soltanto morale, essa è fisica; vale a dire che essa non ci dà semplicemente una disposizione ad imitare Dio, nel voler l’onestà, la giustizia come Dio, ma ci dà la potenza di produrre lo stesso oggetto di quello di Dio, un atto di conoscenza che immediatamente Dio per oggetto, come atto per il quale Dio si vede, un atto di amore che abbia immediatamente per oggetto il Bene sovrano, come l’atto con cui si ama Dio. – Ma siamo noi che vediamo Dio, non è Dio che si mette in noi per produrre l’atto della visione. Questo nome che amiamo, Dio, non è Dio che ama se stesso in noi. La nostra intelligenza, non è l’intelligenza divina, è il soggetto della conoscenza soprannaturale; la nostra volontà, non la volontà divina, diviene il soggetto ed il principio di operazioni divine, di operazioni che non appartengono naturalmente che a Dio, che ci sono misericordiosamente comunicate. Ecco perché la grazia e tutti i doni soprannaturali non sono la sostanza stessa di Dio messa in noi, diffusa in noi, agente in noi; sono degli accidenti, delle forme seconde, qualità della nostra natura e delle nostre facoltà, qualità che non possono essere naturali in nessun essere, creato e creabile, e che non possono trovarsi nella creatura che per una comunicazione tutta gratuita, essenzialmente soprannaturale, fatta alla natura. – Ora, il carattere del Cristiano è una prima qualità prodotta dal Battesimo e che è come il fondo di tutto l’essere soprannaturale formato in questo Sacramento; è una potenza data all’anima e che la rende capace di ricevere i doni divini; è una partecipazione al sacerdozio di Gesù-Cristo ed a Gesù-Cristo stesso, dando all’anima il potere di fare le azioni di questo sacerdozio nel servizio generale della Maestà divina, ma una partecipazione primordiale ed imperfetta che dà la nuda potenza e che per questo può sussistere nel dannato. – Di conseguenza, questa partecipazione, questa prima qualità, questa nuda potenza, o qualunque altro nome gli si voglia dare, non sarebbe mai il Verbo stesso, ma qualcosa di creato. – È il caso di sottolineare ancora una volta che Rosmini poggia tutta la sua tesi del carattere battesimale nella sua infatuazione per l’essere in generale? Più in alto, l’essere in generale era il Verbo stesso. Ora, questo essere diviene il “carattere del Cristiano”. Qual nuova confusione tra l’ordine naturale e l’ordine soprannaturale.

X

ERRORI SULL’EUCARISTIA

44. Gli errori filosofici conducono Rosmini ai sistemi più strano sulla Santa Eucaristia. Secondo la dottrina cattolica, la transustanziazione ha luogo « per la conversione di tutta la sostanza del pane nel Corpo di Gesù-Cristo, e di tutta la sostanza del vino, nel suo sangue. » Secondo Rosmini, la transustanziazione si fa con l’estensione del sentimento fondamentale dell’anima di Gesù-Cristo alla sostanza del pane e del vino: « Noi non crediamo, opponendoci alla dottrina cattolica, che è la sola verità, egli dice, la seguente congettura: nel Sacramento dell’Eucaristia, la sostanza del pane e del vino ritorna la vera carne ed il vero sangue del Cristo, quando il Cristo fa questa sostanza termine del suo principio sensitivo e la vivifica della sua vita propria. [(A catholica doctrina, quæ sola est veritas, minime alienam putamus hanc conjecturam: In eucharistico Sacramento substantia panis et vini fit vera caro et verus sanguis Christi, quando Christus eam facit terminum sui principii sentientis, ipsamque sua vita vivificat… (Prop. XXIX)] » La sostanza del pane e del vino resta, ma essa diventa il termine di un principio sensitivo estraneo, che sentendoli, lo incorpora e l’associa alla sua vita. Noi lo abbiamo già sottolineato, il senso fondamentale lascia sussistere la natura nel suo proprio essere: perché sentire, come ogni atto di conoscenza, non cambia la sostanza, ma la percepisce così com’è. Rosmini distrugge quindi il concetto della transustanziazione.

46. Egli usa una comparazione che conferma l’errore precedente, affermandone un altro. « Questo », cioè il cambiamento del pane e del vino, nel corpo e nel sangue di Cristo, « … accade quasi alla stessa maniera, egli dice, che nell’assimilazione per la quale il pane ed il vino, divengono termini del nostro principio sensitivo, per cui sono veramente transustanziati nella nostra carne e nel nostro sangue [(Eo ferme modo quo panis et vinum vere trausubstantiantur in nostram carnem et sanguinem, quia fiunt terminus nostri principii sentientis (Ibid.)]. » Secondo la credenza di Rosmini, la nutrizione ha luogo per estensione del sentimento fondamentale del pane mangiato: questo pane diviene la mia carne, perché il mio senso fondamentale, che non lo intendeva in precedenza, comincia ad intenderlo; l’unione del pane alla mia anima, come quella del corpo intero, è l’effetto del senso fondamentale; essa si produce in me quando il mio senso lo raggiunge come mio. Ora, per Rosmini, la nutrizione ha luogo per estensione del sentimento fondamentale del pane mangiato: questo pane diviene la mia carne, perché il mio senso fondamentale, che non lo comprendeva in precedenza, comincia ad intenderlo; l’unione del pane alla mia anima, come quella del corpo intero, è l’effetto del senso fondamentale; essa si produce in me quando il mio senso lo raggiunge come mio. Ora, per Rosmini, tutto avviene nella transustanziazione come nella nutrizione. Questa ha luogo senza cambiamento intrinseco della sostanza, per un atto estrinseco del senso fondamentale; questo è il risultato della stessa estensione estrinseca del senso fondamentale, senza che sia necessario un cambiamento intrinseco.

47. Quanto esposto contiene due errori: un errore filosofico ed un errore teologico. Dapprima Rosmini si inganna sulla natura della nutrizione: essa non ha luogo per semplice cambiamento estrinseco, ma per una mutazione intrinseca. Questo pane diviene il mio corpo, non perché io lo sento, ma perché ne è traformato; esso non era la mia sotanza (ibid.), ma diviene la mia sostanza non durante il suo atto primo, sua forma sostanziale, per prendere l’atto primo del mio corpo, la forma sostanziale, che gli dà l’essere; esso diviene il mio corpo fornendo al mio corpo una materia prima che, informata dall’anima, fa oramai parte della mia sostanza. Ma soprattutto Rosmini si sbaglia confondendo la transustanziazione con la nutrizione. Se anche avesse della nutrizione un concetto veritiero, quand’anche vi vedrebbe un cambiamento sostanziale, egli dovrebbe accuratamente, con tutta la Chiesa Cattolica, distinguerla dalla transustanziazione. Qando Gesù-Cristo, nella sua vita mortale, si nutriva di pane, il pane era cambiato nel suo Corpo divino, la forma del pane spariva per far posto ad una forma nuova, l’anima stessa del Salvatore, ma la materia del pane restava. Non si può dunque dire se non allora che la sostanza del pane fosse cambiata in Corpo di Gesù-Cristo. Ora, nella transustanziazione, così come la definisce la Chiesa, tutta la sostanza del pane, non solamente la forma, ma la materia stessa, è cambiata nel Corpo di Gesù-Cristo. la transustanziazione non ha luogo semplicemente, come la nutrizione, con la sostituzione di una forma nuova ad una forma antica nella stessa materia; ma i due elementi della sostanza, la materia come la forma, spariscono essendo cambiati in Corpo. Ecco perché la transustanziazione è un cambiamento essenzialmente distinto da ogni altro, « una conversione affatto singolare e meravigliosa », come dice il Concilio di Trento, che non si può comparare alla nutrizione. Senza pericolo di errore.

48. L’errore di Rosmini sulla transustanziazione lo conduce ad una conseguenza che è pur essa stessa un grave errore. Se la transustanziazione si fa per l’estensione del senso fondamentale alla sostanza del pane, bisogna concludere che una nuova sostanza è aggiunta al Corpo di Gesù-Cristo. È ciò che in effetti insegna Rosmini. « Avvenuta la transustanziazione, egli dice, si può concepire che con essa si sia aggiunta al corpo glorioso di Cristo una certa parte, incorporata in Lui, indivisa e parimenti gloriosa [(Peracta transubstantiatione, intelligi potest corpori Christi glorioso partem aliquam adjungi in ipso incorporatam, indivisam, pariterque gtoriosam. (Prop. XXIX) ». Ma non è questo un contraddire l’insegnamento della Chiesa sulla condizione dei corpi gloriosi, il mettere nel corpo resuscitato di Gesù-Cristo un’aggiunta qualunque?. La gloria non comporta l’immutabilità? Non esclude ogni addizione così come ogni sottrazione fatta alla sostanza?

49. Ma non siamo giunti alla fine degli errori di Rosmini sull’adorabile Sacramento. Secondo la dottrina cattolica, la sostanza del pane è cambiata per la forza stessa delle parola, nella sostanza di Gesù-Cristo; la sostanza del vino è cambiata, per la virtù stessa delle parole, nella sostanza del sangue. Il sangue, l’anima, la divinità, sono nell’ostia, perché esse accompagnano il corpo, a modo di concomitanza, così come parlano i teologi, non in virtù delle parole; ma tutto il Corpo è in virtù delle parole nell’ostia. Il corpo, l’anima, la divinità sono nel calice, perché esse accompagnano il Sangue glorioso, o in modo di concomitanza, non in virtù delle parole. Di conseguenza, tutto il Corpo di Gesù-Cristo è, in virtù delle parole, nel calice. Perché il Corpo ed il Sangue di Gesù-Cristo non sono rapportate al luogo per la loro quantità: essi sono nel luogo « per modo di sostanza », come parla la Scuola, tutti interi in ogni specie consacrata, e tutti interi in ogni parte, come la sostanza, presa fuori dalla sua quantità e nel luogo, come l’anima è nel corpo. Ecco perché le parole della consacrazione non possono transustanziare il pane in una porzione solo del corpo; esse lo transustanziano indivisibilmente in tutto il Corpo. Secondo Rosmini, al contrario, la sostanza del pane non è cambiata in virtù delle parole della consacrazione, in tutto il corpo, ma solo in una parte del corpo; la sostanza del vino non è cambiata, in virtù delle parole, in tutto il Sangue, ma solo in una parte del sangue. Il resto del Corpo è nell’ostia, come il Sangue, solo per modo di concomitanza; il resto del sangue è nel calice, come il corpo stesso, solo per modo di concomitanza. « Nel Sacramento dell’Eucaristia, dice Rosmini, per la forza stessa delle parole sacramentali, vi verborum, il Corpo ed il Sangue di Cristo non esistono che secondo la misura che corrisponde alla quantità del pane e del vino che sono transustanziati, il resto del corpo non è là se non per concomitanza [(In sacramento Eucharistiæ, vi verborum corpus et sanguis Christi est tantum ea mensura quæ respondet quantitati (a quel tanto) substantiæ panis et vini quæ transubstantiatur: reliquum corporis Christi ibi est per concomitantiam. (Prop. XXXI)].»

50. A questi errori sulla transustanziazione, Rosmini aggiunge degli errori sulla necessità del Sacramento; egli pretende, in effetti, che la ricezione del Sacramento dell’Eucaristia sia assolutamente necessarioalla salvezza, a tal punto che alcun eletto entra in cielo senza aver comunicato sacramentalmente al Corpo ed al Sangue di Gesù-Cristo. il Salvatore ha detto: « Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e se non bevete il suo sangue, non avrete la vita in voi. » Bisogna distinguere nel Sacramento dell’Eucaristia ciò che la Scuola chiama la cosa del Sacramento, res sacramenti, il Sacramento stesso, sacramentum, ed ciò che è nello stesso tempo Sacramento e cosa, res et sacramentum; il sacramentum è la specie consacrata, significante il Corpo ed il Sangue di Gesù-Cristo; res et sacramentum, la cosa ed il sacramento, è il Corpo ed il Sangue di Gesù-Cristo, significati dalle specie e producenti la grazia; la cosa, res, è la grazia, in altri termini, l’unione a Gesù-Cristo, l’incorporazione stessa al Salvatore, prodotta nell’anima dalla degna Comunione. Si può designare, sotto il nome di Sacramento, ciò che veniamo dal chiamare la “cosa” del Sacramento. In questo caso bisogna dire che la ricezione del Sacramento è assolutamente necessaria alla salvezza, necessaria come necessità di mezzo, così come parlano i teologi; perché nessuno può ottenere la gloria nella vita futura se non riceve la grazia nella vita presente, se non è unito ed incorporato a Gesù-Cristo. È in tal senso che molti Padri hanno inteso in tutto il loro rigore le parole di Nostro-Signore: « Se non mangiare la mia carne e non berrete il mio sangue, non avrete la vita in voi. » Ma se si intende per Sacramento ciò che intende ordinariamente con questa parola, le specie sacramentali con il Corpo ed il Sangue di Gesù-Cristo, che esse contengono, bisogna dire, secondo l’insegnamento della Chiesa, che la ricezione del Sacramento è necessaria solamente come necessità di precetto, talmente che nessun adulto può salvarsi in generale se non comunica, perché Nostro Signore ne ha fatto un comandamento. In questo senso le parole di Nostro Sigore: « se non mangiate la mia carne … » si intendono di coloro che potendo, e davanti al comunicare, hanno dimenticato di compiere questo precetto. Rosmini pretende, egli, che la Comunione sacramentale sia assolutamente necessaria, non solo di necessità di precetto, ma di necessità di mezzo; Essa è necessaria ai suoi occhi come è necessaria agli occhi della Chiesa l’effetto proprio del Sacramento: egli intende della Comunione sacramentale ciò che i Padri hanno inteso dell’incorporazione a Gesù-Cristo.

51. Rosmini nega pertanto che un bambino che muore subito dopo il suo Battesimo e non essendosi comunicato, sia salvo? No, ma egli pretende che questo bambino riceva la Comunione uscendo da questo mondo: senza questa comunione ricevuta anche dopo la morte, egli scenderebbe all’inferno. « Poiché, egli dice, colui che non mangia la carne del Figlio dell’uomo e non beve il suo sangue, non ha la vita eterna in Lui; poiché nondimeno coloro che muoiono con il Battesimo di acqua, di sangue o di desiderio ottengono certamente la vita eterna, bisogna concludere che coloro che durante questa vita non hanno mangiato la carne, e bevuto il sangue di Gesù-Cristo, ricevano questo nutrimento celeste nella vita futura, nell’istante della morte stessa. [(Quoniam qui non manducat carnem Filii hominis et bibit ejus sanguinem non habet vitam in se; et nihilominus qui moriuntur cum baptismate aquæ, sanguinis aut desiderii certo consequuntur vitam æternam, dicendum est his qui hac vita non comederunt corpus et sanguinem Christi subministrari hunc Cælestem cibum in futura vita, ipso mortis instanti. (Prop. XXXII)

52. Ma i giusti morti prima dell’istituzione della santa Eucaristia, hano potuto ricevere un Sacramento che non era stato ancora istituito? I giusti morti prima dell’Incarnazione, hanno potuto ricevere il Corpo ed il Sangue del Salvatore che non esisteva ancora? Rosmini non desiste dal suo sistema: « il Cristo scendendo nel Limbo, egli dice, ha potuto darsi in Comunione sotto le specie del pane e del vino ai santi dell’Antico Testamento, alfine di renderli capaci di gioire della visione di Dio. [(Sanctis V. T. potuit Christus descendens ad inferos seipsum communicare sub specie panis et vini, ut aptos eos redderet ad visionem Dei. (Ibid.)] ».

53. Noi ci asterremo dal considerare questi sogni. È sufficiente dire che prima di Rosmini essi sono stati sconosciuti nella Chiesa. Qual Padre, qual teologo, ha parlato mai di questa comunione amministrata da Gesù-Cristo stesso nel Limbo? Come delle anime svincolate dal corpo potevano ricevere i doni celesti sotto le specie visibili e sensibili? Spiritualia spiritualibus nude traduntur. Non si metterà in dubbio giammai la potenza dell’ammirabile Sacramento dell’altare, … ma non trasportiamo fuori dalla vita presente le istituzioni del tempo. I santi dell’antica Legge hnno vissuto tra le ombre delle realtà spirituali: Umbram enim habens lex futurorum bonorum (Hebr., X, t. 1); i santi della Legge nuova, vivendo tra queste realtà velate sotto dei simboli: ipsam imaginem rerum (Ibid.); i santi della vita futura vivono tra queste stesse realtà manifestate a nudo: facie ad faciem. Al momento della morte, non c’è più tempo per comunicarsi, con la ricezione di simboli, alla carne ed al sangue del Salvatore; è il momento di comunicare con la chiara veduta a Colui che è eternamente pane e frumento degli eletti (Una persona pia ma con uno spirito ristretto, ha preteso che l’ultima ostia consacrata sarà trasportata nel cuore della Santa Vergine per esservi eternamente adorata, come in un ostensorio celeste, dagli Angeli e dagli uomini. Noi abbiamo incontrato nelle comunità religiose, delle immagini in cui questa adorazione supposta era rappresentata da una lunga leggenda che spiegava le incisioni. Questo errore ha molta rassomiglianza con quello di Rosmini).

A. Rosmini:

prossimo gnostico “canonizzato” (per finta) dalla sinagoga di satana, la setta del “novus ordo”!

(2. Continua …)