IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (10)

IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (10)

[P. Lorenzo SCUPOLI, presso G. A. Pezzana, Venezia – 1767)

Della meditazione della passione di Cristo per cavarne diversi affetti.

CAP. LI

Quello che sopra ho detto intorno alla Passione del Signore serve per orare e meditare e per via di domande, ed ora soggiungo: come possiamo dalla stessa trarne diversi affetti. Ti proponi (per esempio) di meditare la Crocifissione, nel qual mistero, fra gli altri punti, puoi considerare i seguenti. – Primo. Come essendo il Signore sopra il monte Calvario, furiosamente spogliato da quelle arrabbiate genti, se gli tracciarono a pezzi le carni, attaccate, per le passate battiture ai vestimenti. – Secondo. Come gli fu levata di capo la Corona di spine, la quale essendogli poi rimessa, gli fu cagione di nuove ferite. – Terzo. Come fu a colpi di martello e chiodi crudelmente confitto in Croce. – Quarto. Come le sue sacre membra, non arrivando all’aperture fatto per lo detto effetto, furono con tanta violenza tirate da quei cani che gli ossi tutti slogati si potevano numerare ad uno ad uno. – Quinto. Come pendendo il Signore sul duro legno, né avendo altro sostegno, che dei chiodi, per lo peso del corpo, che calava abbasso, si allargarono ed inasprirono con indicibile dolore le sue sacratissime piaghe. Da questi o altri punti, volendo eccitar in te affetto d’amore, studiati con la meditazione di essi, di passare da cognizione in maggior cognizione dell’infinita bontà del tuo Signore e amore verso di te, che per te volle tanto patire che, quanto si aumenta in te questa cognizione, tanto crescerà parimenti l’amore. Dalla stessa cognizione della bontà ed amore infinito che lo stesso Signore ti ha mostrato, facilmente ne caverai contrizione e dolore di avere offeso tante volte e con tanta ingratitudine il tuo Dio, che per le tue iniquità è stato maltrattato; e stracciato in tante maniere. Per indotti a speranza, considera che in quello stato di tanta calamità, è caduto un Signore sì grande per estinguere il peccato e liberarti dai lacci del demonio e delle colpe tue particolari, per renderti propizio il suo Padre eterno, e per darti confidenza di ricorrere a Lui in ogni tuo bisogno. – Allegrezza ne sentirai passando dalle sue pene agli effetti loro, cioè che per quelle purga i peccati di tutto il mondo, placa l’ira del Padre, confonde il principe delle tenebre, uccide la morte e riempie le sedie Angeliche. Di più muoviti ad allegrezza per lo contento che ne riceve la Santissima Trinità, con Maria Vergine, la Chiesa trionfante e militante. Per incitarti all’odio dei tuoi peccati, tutti i punti che mediterai, applica a questo solo fine, come se per altro effetto il Signore non avesse patito, che per indurti all’odio delle tue male inclinazioni, e di quella appunto che ti domina, e più dispiace alla sua divina bontà. Per muoverti a meraviglia considera qual cosa può essere maggiore di questa, vedere il Creatore dell’universo, che a tutte le cose dà vita, esser perseguitato a morte dalle creature, vedere conculcata, avvilita la Maestà suprema! La giustizia condannata, sputacchiata la bellezza di Dio, odiato l’amore  del celeste Padre. Quella luce increata ed inaccessibile, ridotta in potestà delle tenebre; la stessa gloria e felicità, reputata disonore e vituperio del genere umano ed abissata in estrema miseria. Per compassionare il tuo addolorato Signore, oltre il meditar le sue pene esteriori, penetra col pensiero ad altre, senza paragone maggiori, che internamente lo tormentavano. Che se per quelle ti affliggerai, per quelle sia meraviglia, come non si spezzi il tuo cuore di doglia. Vedeva l’anima di Cristo l’offesa divina, come ora la vede in Cielo, la conosceva degnissima sopra modo d’ogni onore e servigio, ed a quello per ineffabile suo amore verso di lei, desiderava che tutte le creature s’impiegassero con tutte le forze loro. Onde vedendola per lo contrario, per le infinite colpe ed abbominevoli scelleratezze del mondo, così umanamente offesa e vituperata, era in un istesso tempo trafitta da infinite punture di doglie, le quali tanto più la cruciavano, quanto maggiore era il suo amore e desiderio, che sì alta Maestà fosse da tutti onorata e servita. – E come la grandezza di questo amore e desiderio non si può capire, cosi non è, chi possa arrivare a conoscere, quanto acerba e grave fosse perciò l’afflizione del Crocifisso Signore. Di più amando Egli tutte le creature indicibilmente, a proporzione di questo amore, si dolse sopra modo per tutti i loro peccati per li quali erano per separarsi da Lui, perché per ogni peccato mortale che avevano fatto, ed avevano da fare tutti gli uomini che furono, e faranno mai tante volte, quante ciascuno peccava, altrettante si separava dall’anima del Signore, con la quale era per carità consunto. Separazione tanto più dolorosa, che quella dei corporali membri, quando si disgiungono dal luogo loro naturale: quanto l’anima, per essere puro spirito, e del corpo più nobile e più perfetta, era perciò più capace di dolore. Fra queste passioni per le creature, fu acerbissima quella che provò il Signore per tatti i peccati dei dannati, i quali non potendo mai più riunirsi a Lui, erano per patire eterni incomparabili tormenti. E se l’anima intenerita del caro Gesù, passerà più avanti col pensiero, troverà in Lui per compatirle, pene pur troppo gravi non pure per li peccati commessi, ma per quelli ancora che non furono commessi mai: perché non è dubbio che il perdono di quelli e la preservazione da questi, ei guadagnò il Signor Nostro a costo dei suoi preziosi travagli. Non ti mancheranno, figliuola altre considerazioni per condolerti col tuo appassionato Crocifisso. Perché non è stato, né sarà mai dolore alcuno in qualsivoglia ragionevole creatura, ch’Egli in se stesso non abbia sentito. Le ingiurie e le tentazioni, le infamie e le penitenze, ed ogni angustia e travaglio di tutti gli uomini del mondo cruciarono l’anima di Cristo più vivamente che non fecero di quegli stessi che le patirono. Perché tutte le loro afflizioni, grandi e piccole dell’anima e del corpo, fino ad una minima doglia di capo e puntura d’ago, vide perfettamente, e per la sua immensa carità volle compatire ed imprimere nel cuor suo il pietosissimo Signor nostro. Ma quanto l’accorarono le pene della sua SS. Madre, non è chi lo possa spiegare. Perché Ella in tutti i modi, e per tutti i rispetti che il Signor si dolse e patì tanto, in tutti ancora, benché non così intensamente, ma però acerbissimamente si dolse e patì la Verginella Santa. E questi suoi dolori stessi rinnovarono al suo benedetto Figliuolo le interne plaghe, e ne restò, come tante saette infocate d’amore, ferito il suo dolcissimo Cuore, il quale per tanti tormenti, che ho detto, e per altri quali infiniti occulti a noi, ben si potrebbe dire, che fosse un “amoroso inferno di volontarie pene”, come si scrive di un’anima devota, che così con santa semplicità soleva chiamarlo. Se tu, Figliuola, consideri bene la cagione di tutti i suddetti dolori che tollerò il nostro Crocifisso Redentore e Signore, altri non troverai, che il peccato. Onde ne segue chiaramente, che il vero e principale compatire, ed il rendimento di grazie, ch’Egli da noi ricerca e gli dobbiamo indicibilmente, è il dolerci noi puramente per amor suo, della sua offesa, odiare sopra ogni odio il peccato e combattere generosamente contro tutti i nemici suoi e le male nostre inclinazioni, perché spogliatici dell’uomo vecchio e degli atti suoi ci vestiamo del nuovo, ornando l’animo nostro delle virtù evangeliche.

Dei profitti, che si possono trarre dalla  meditazione del Crocifisso,e della imitazione delle sue virtù.

CAP. LII

Tra gli altri profitti, che sono molti, che tu devi cavare da questa santa meditazione, l’uno sia che tu non pure ti dolga dei peccati tuoi passati, ma anche ti affligga perché vivano in te le disordinate tue passioni, che hanno posto in croce il tuo Signore. – L’altro, che tu le chieda perdono delle tue colpe e la grazia del perfetto odio di te stessa per non offenderlo più, anzi, in ricompensa di tanti suoi affanni per te, amarlo e servirlo per l’avvenire perfettamente; il che senza quest’odio non si può fare. – Il terzo, che con effetto tu perseguiti a morte ogni tua mala inclinazione per piccola che sia. – Il quarto è, che a tutto poteri ti sforzi d’imitare le virtù del Salvatore, il quale ha patito non pure per redimerci, soddisfacendo per le nostre iniquità, ma anco per darci esempio di seguitare i suoi santi vestigi. Qui ti propongo un modo di meditazione che ti servirà per questo effetto. Desiderando tu adunque di far acquisto (per esempio) della pazienza, per imitare il tuo Cristo, considera i seguenti punti: primo; quello che faccia l’anima di Cristo appassionato verso Dio. – Secondo che faccia Iddio verso l’anima di Cristo. – Terzo, che faccia l’anima di Cristo verso la stessa ed il suo sacratissimo Corpo. – Quarto, quello che faccia Cristo verso di noi. – Quinto, quello che noi dobbiamo fare verso Cristo. Primieramente dunque considera, come l’anima di Cristo, stando tutta intenta in Dio, stupisce vedendo quella infinita e incomprensibile grandezza, a pari di cui tutte le cose create sono come un puro niente, sottoposta (stando più immobile nella sua gloria) a sopportare in terra trattamenti degnissimi per l’uomo, da cui non ha ricevuto altro che infedeltà ed ingiurie, e come l’adora, la ringrazia, e tutta se le offre. – Secondo. Mira appresso che fa Iddio verso l’anima di Cristo, come vuole e la spinge a sostenere per noi le guanciate, gli sputi, le bestemmie, i flagelli, le spine e la Croce, scoprendole il suo compiacimento di vederla tutta ricolmata d’ogni sorta di obbrobri ed afflizioni. – Terzo. Da quello passa all’anima di Cristo, e pensa come col suo intelletto tutto lume scorgendo, quanto sia grande in Dio questo compiacimento, e con l’affetto tutto fuoco amando sua Divina Maestà, sopra ogni misura, e per l’infinito suo merito, e per gli obblighi immensi che gli aveva; essendo da lei invitata a patire per nostro amore ed esempio, contenta e lieta si dispone ad ubbidire prontamente alla sua santissima volontà. E chi può penetrare dentro quei profondi desideri, che di ciò aveva quell’anima purissima, ed amorosissima? Quivi ella si trova quasi in un labirinto di travagli, cercando sempre e non trovando (come vorrebbe) nuovi modi e vie di patimenti. E però liberamente dà tutta se stessa e le sue innocentissime carni, perché ne facessero ciò che volessero, in discrezione e preda degl’iniqui uomini, e demoni dell’inferno. – Quarto. Dopo questo riguarda il tuo Gesù, che con occhi di pietà verso di te rivolto ti dice: Ecco, figliuola, dove, per non volerti tu fare un poco di violenza, mi hanno condotto le tue smoderate voglie. Ecco quanto patisco e quanto allegramente per tuo amore, e per darti esempio di vera pazienza. Per tutti i dolori miei, ti prego, figliuola, che tu porti volentieri questa Croce, ed ogni altra che a me più piaccia, lasciandoti affatto nelle mani di tutti i persecutori che ti darò, siano pure vili e crudeli quanto più si possa, contro l’onore ed il corpo tuo. Oh, se tu sapessi la consolazione che ne sentirò! Ma puoi bene vederla in quelle ferite che ho volute come care gioie ricevere, per ornare di preziose virtù la povera anima tua, da me, sopra ogni tua stima diletta. E se io per questo sono ridotto a così estremo passo, perché, sposa mia cara, non vorrai tu patire un poco per soddisfare al cuor mio, ed addolcire quelle piaghe che mi ha cagionate la tua impazienza, la quale più che le piaghe tue stesse, così amaramente mi afflisse? – Quinto. Pensa poi bene. Chi sia quello che cosi teco ragiona e vedrai, che è lo stesso Re di gloria Cristo vero Dio, ed uomo vero. Confiderà la grandezza dei suoi tormenti, e vituperi che sarebbero indegni del più infame ladro del mondo. Vedi il tuo Signore fra tanti strazi stare non pure immobile e paziente a meraviglia, ma che ne gode, come di sue nozze. E che siccome per poco acqua più si accende il fuoco, così con l’aumento dei cruciati, che alla sua sovrabbondante carità erano piccioli, cresceva più sempre il godimento e la brama di soffrirne di maggiori. Considera che tutto ciò ha patito ed operato, il clementissimo Signore, non per forza né per suo interesse, ma (come Egli ti ha detto) per la carità sua verso di te, e perché tu a sua imitazione ti eserciti nella virtù della pazienza: e penetrando bene à dentro quello che Egli da te vuole, ed al contento che gli darai con l’esercitarti in quella virtù, produci atti d’infuocate voglie di portare non solo pazientemente, ma con allegrezza, la tua Croce d’allora ed ogni altra, quando fosse più grave, per meglio imitare il tuo Dio, e dargli maggior conforto. – E ponendoti innanzi gli occhi della mente le sue ignominie ed amarezze gustate per te, e la costanza sua, vergognati di stimare che la tua sia pura ombra di pazienza, né i tuoi siano veri dolori e vituperi. E temi e trema, che anco un minimo pensiero di non voler patire per amore del tuo Signore, trovi luogo da fermarsi pure un poco dentro al tuo cuore. Questo stesso Signore crocifisso, figliuola mia, è il libro ch’io ti dò a leggere, dal quale tu potrai cavarne il vero ritratto d’ogni virtù. Perché essendo libro di vita, non pure ammaestra l’intelletto con parole, ma anche con il vivo esempio infiamma la volontà. Dei libri è pieno tutto il mondo, e nondimeno non possono tutti insieme così perfettamente insegnare il modo d’acquistare tutte le virtù, come si fa mirando in Dio Crocifisso. – E sappi figliuola, che coloro che spendono molte ore in piangere la passione di Nostro Signore e considerare la pazienza sua, e poi nelle avvesità, che sopravvengono, si mostrano cosi impazienti, come se nell’orazione avessero ogni altra cosa appreso, sono simili a dei soldati del mondo che, sotto i padiglioni avanti il tempo della battaglia si promettono cose grandi, e poi al comparir dei nemici, lasciate le armi, si danno a fuggire. E qual cosa può essere più stolta, e miserabile di questa, che mirare come in un lucido specchio le virtù del Signore ed amarle, ed ammirarle, e poi scordarsene affatto, o non stimarle, quando si presenta l’occasione di esercitarle?

Del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia.

CAP. LIII

Sin qui figliuola, ti ho (come hai veduto) provveduta di quattro armi, che ti bisognavano per vincere i tuoi nemici, e di molti avvertimenti, per maneggiarle bene, ma ora resta che io te ne proponga un’altra, che è il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Che siccome questo Sacramento è sopra tutti gli altri Sacramenti, così questa quint’arma è superiore a tutte le altre. Le quattro suddette pigliano il valore, e dai meriti e grazia che ci hanno meritato il Sangue di Cristo, ma quest’arma è il Sangue e la carne con l’anima e la divinità di Cristo. Con quelle si combatte contro i nemici, con la virtù di Cristo, e Cristo li combatte insieme con noi, poiché, chi mangia la carne di Cristo, e beve il suo Sangue, sta con Cristo e Cristo sta con Lui. E perché questo SS. Sacramento, e quest’arma in due modi si può esercitare, e pigliare Sacramentalmente una volta il giorno, e spiritualmente ogni ora, ed ogni momento, non devi lasciare di prenderla spessissime volte nel secondo modo, e sempre, quando ti è concesso, nel primo.

Del modo di ricevere il SS. Sacramento dell’Eucaristia.

CAP. LIV

Per diversi fini possiamo noi accostarci a questo Divinissimo Sacramento, per conseguire li quali abbiamo a fare diverse cose divise in tre tempi. Avanti la comunione, quando stiamo per comunicarci: e dopo la comunione. – Avanti la comunione (e ricevasi pure per qual fine si voglia) è di bisogno, che ci laviamo e mondiamo col Sacramento della penitenza dalla macchia di peccato mortale, se vi fosse, e che con l’affetto di tutto cuore ci diamo tutti con tutta l’anima, con tutte le forze, e con tutte le potenze a Gesù Cristo, ed a quanto piace a Lui giacché Egli in questo Sacratissimo Sacramento a noi dà il sangue suo, e la carne, con l’anima, con la divinità, o con i meriti suoi: e considerando che poco e quasi niente è il dono nostro a rispetto del suo, dobbiamo considerare d’avere, quanto mai gli hanno offerto e dato tutte le creature umane e celesti, per darlo a sua Divina Maestà. Onde volendo tu riceverlo a fine, che si vincano in te e distruggano i tuoi e suoi nemici, avanti che ti comunichi, comincia dalla sera, o quanto prima, a considerare il desiderio che ha il Figliuolo di Dio, che tu gli dia luogo nel cuor tuo, con questo Sacramento, per unirsi teco, ed aiutarti ad espugnare ogni tua viziosa passione. Questo desiderio è nel Signor nostro così grande ed immenso, che da creato intelletto non può esser compreso. Tu per fartene in qualche parte capace, t’imprimerai bene nella mente due cose. Una è il compiacimento ineffabile del sopra buono Iddio di starsi con noi, poiché questo chiama delizie sue. – L’altra è il considerare, ch’Egli odia sopra modo il peccato, e come impedimento ed ostacolo alla sua unione con noi tanto da Lui bramata, e come in tutto contrario alle Divine perfezioni sue, perché essendo Egli sommo bene, pura luce e bellezza infinita, non può se non odiare, ed abbominare infinitamente il peccato, che altro non è che tenebre, difetto e macchia intollerabile delle anime nostre. Ed è così ardente quest’odio del Signore contro il peccato, che alla sua distruzione sono state ordinate tutte le opere del vecchio e nuovo Testamento, e particolarmente quelle della sacratissima passione del suo Figliuolo, il quale dicono gl’illuminati Servi di Dio, che per annullare in noi ogni nostra ben piccola colpa, di nuovo (se fosse bisogno) si esporrebbe a ben mille morti. Dalle quali considerazioni, venendo tu a comprendere, benché molto imperfettamente, la grandezza del desiderio che tiene il Signore di entrare nel cuor tuo, per scacciare fuori ed abbattere in tutto i tuoi e suoi nemici, ecciterai in te una viva voglia di riceverlo per l’istesso effetto. – Cosi fatta tutta generosa, e preso d’animo dalla speranza della venuta in te del tuo celeste Capitano, chiama più volte a battaglia la passione che hai presa per vincere e reprimerla con replicate ed odiose voglie, producendo atti di virtù a quella contrari, e così andrai continuando la sera e la mattina avanti la SS. Comunione. – Quando poi sarai per prendere il Santo Sacramento, un poco avanti darai un breve sguardo ai tuoi mancamenti dalla precedente Comunione fino allora, i quali così sono stati da te commessi, come se Iddio non fosse, né avesse per te tanto tollerato ne’ misteri della Croce, facendo tu più conto di un vile contento e delle tue voglie, che della volontà di Dio e del suo onore, e con vergogna di te medesima, e con un santo timore ti confonderai nella tua ingratitudine ed indegnità. Ma pensando poi, che l’abisso smisurato della bontà del tuo Signore, chiama l’abisso della tua ingratitudine e poca fede, accostati a Lui confidentemente, dandogli largo luogo nel cuore, perché se ne faccia total Padrone. Ed allora gli darai largo luogo, quando da esso cuore ne scaccerai fuori qualunque affetto delle creature, chiudendolo poi perché altro non vi entri, che il tuo Signore. – Comunicata che sarai, ritirati subito nel segreto del cuor tuo, ed adoratelo prima, così con ogni umiltà e riverenza, ragiona mentalmente col tuo Signore: Tu vedi unico mio bene, quanto facilmente io ti offenda, e quanto possa contro di me questa passione e che da me non valgo a liberarmi. Però tua è principalmente questa pugna, e da te solo spero la vittoria, benché a me ancora bisogni combattere. Poi rivolta al Padre Eterno, offrigli per rendimento di grazie, e per la vittoria di te stessa il suo benedetto Figliuolo, ch’Egli ti ha dato e che già tieni dentro di te, e generosamente combattendo contro la suddetta passione, con fede  aspetta la vittoria da Dio, che non è per mancarti, se dal tuo canto tu farai quanto potrai, ancorché la ritardasse.

Come dobbiamo prepararci alle Comunione, affine di eccitare in noi l’amore.

CAP. LV

Per eccitarti con questo sopra-celeste Sacramento ad amar il tuo Dio, ti volterai col pensiero all’amore suo verso di te, meditando dalla sera innanzi. – Come quel grande ed onnipotente Signore, non contento d’averti creata ad immagine e somiglianza sua, e d’avere mandato in terra il suo Unigenito Figlio a patire trentatré anni per le tue iniquità e sopportar asprissimi travagli, e la penosa morte della Croce per ricomperarti, volle di più lasciartelo per tuo cibo e bisogno nel SS. Sacramento dell’Altare. Considera bene, figliuola l’eccellenza incomprensibile di questo amore, che lo rendono in tutte le sue parti perfettissimo e singolare. Perché se miriamo al tempo, il nostro Iddio ci ha amato perpetuamente e senza alcun principio, e quanto Egli è eterno nella sua divinità, tanto ancora eterno è l’amore col quale avanti tutti i secoli fu stabilito nella sua mente di darci il suo Figlio in questo modo meraviglioso. Di che giubbilando dentro di te per interna letizia, potrai così dire: Dunque in quell’abisso di eternità, la mia piccolezza era tanto stimata ed amata dal sommo Dio, ch’Egli pensava di me e bramava, con voglie di carità ineffabile, di darmi il suo stesso Figliuolo in cibo? – Secondo. Di più, tutti gli altri amori, per grandi, che siano, hanno qualche termine, né possono più oltre estendersi, ma questo solo del Signor nostro è senza misura. E però volendo soddisfarsi a pieno, ha dato il proprio Figliuolo, di Maestà ed infinità uguale a Lui,  e di una stessa sostanza e natura. Onde tanto è l’amore, quanto il dono, e tanto il dono, quanto l’amore, e l’uno e l’altro così grande, che maggior grandezza da nessuno intelletto immaginar si puote. – Terzo. Né ad amarci è stato tirato Iddio da alcuna necessità o forza, ma in sua intrinseca naturale bontà unicamente l’ha mosso a tale e tanto incomprensibile affetto verso di noi. – Quarto. Né opera alcuna o merito nostro ha potuto precedere, perché quell’immenso Signore facesse con la meschinità nostra  tanto eccesso di amore, ma per sua sola liberalità, tutto si è Egli donato a noi indegnissime creature sue. – Quinto. E se ti rivolti col pensiero alla purità di questo amore vedrai che non è, come gli amori mondani, mischiato con alcuno interesse, poiché il Signore nostro non ha bisogno dei nostri beni, essendo Egli senza noi in sé stesso solo, felicissimo, e gloriosissimo, come è stata la sua ineffabile bontà e carità puramente impiegata in noi, non per suo, ma per beneficio nostro. – Il che pensando tu bene, dirai fra te medesima: Com’è , che Signore tanto sublime, ponga il suo cuore in creatura così bassa? Che vuoi tu, Re di gloria? che aspetti da me, che altro non sono che poca polvere? Scorgo io bene, Dio mio, nel lume della tua sola carità, che un solo disegno ne hai, che più chiaramente mi scopri la purità del tuo amore verso di me, poiché non per altro mi ti doni tutto in cibo, che per convertirmi tutta in te, non  per bisogno che di me tu abbia, ma perché vivendola in me, io in te, io diventi per union amorosa tu stesso, e della viltà del cuore terreno si faccia teco un solo divino cuore. –  Onde tu piena di stupore, e giocondità, vedendoti così altamente pregiata, ed amata da Dio, e conoscendo ch’Egli col suo onnipotente amore altro non intende, né vuole da te, che ritirare in sé tutto l’amor tuo, togliendoti prima da tutte le creature, e poi anco da te stessa, che creatura sei; offriti tutta al tuo Signore in olocausto, perché da qui in poi il suo solo amore e piacimento divino muova l’intelletto, la volontà, la memoria tua, e regga i sensi tuoi. – E vedendo poi, che nessuna cosa possa in te produrre sì divini effetti, come il ricercarlo degnamente nel SS. Sacramento dell’Altare, aprigli il cuore per quell’effetto, con le seguenti orazioni giaculatorie ed aspirazioni amorose: « Oh cibo sopraceleste, quando sia quell’ora che non con altro fuoco che del tuo amore io mi santifichi tutta a te, quando, quando, o amore increato? Oh pane vivo, quando io vivrò solamente in te, per te, ed a te? Deh quando, vita mia, vita bella, gioconda, ed eterna? O manna celeste, quando fastidita io di qualunque altro cibo terreno te sola bramerò? di te sola mi pascerò? quando sarà, dolcezza mia, quando unico mio bene? Deh Signor mio amoroso ed onnipotente, libera ormai questo misero cuore da ogni attacco e da ogni viziosa passione, ornalo delle tue sante virtù, e di quel fine puro di fare ogni cosa puramente per piacere a te, che a questo modo verrò io ad aprirti il cuore, ti invierò e ti farò dolce violenza, perché vi entri: onde tu, Signore, senza resistenza opererai poi in me quegli effetti, che hai sempre desiderati. » – Ed in questi amorosi affetti ti potrai esercitare la sera, e la mattina, per l’apparecchio della Comunione. Avvicinandosi poi il tempo della comunione, pensa, che cosa sei per pigliare: il Figliuolo di Dio, di Maestà incomprensibile avanti della quale tremano i Cieli, e le potestà tutte; il Santo dei Santi, lo Specchio senza macchia e la Purità incomprensibile, alla comparazione della quale non è creatura che monda sia; quello che, come verme e feccia della plebe, volle per amor tuo essere rifiutato, calpestato, illuso, sputacchiato, e crocifisso dalla malizia ed iniquità del mondo. Sei (dico) per ricevere Dio, in mano del quale sta la vita e la morte di tutto l’universo. – Che tu all’incontro, come da te sei un niente, e che per lo peccato e malizia tua, ti sei fatta inferiore a qualunque vilissima ed immonda creatura irrazionale, degna d’esser confusa ed illusa da tutti i demoni infernali. E che in cambio di gratitudine e tanti immensi ed innumerabili benefìci, hai nei tuoi capricci e voglie spregiato un tanto e tale, alto ed amorevole Signore, e conculcato il suo prezioso sangue. – Che con tutto ciò, nella sua carità perpetua ed immutabile bontà, Egli ti chiama alla sua divina mensa, e talora ti costringe, perché vi vada con minacce di morte e chiude la porta della sua pietà, né anco ti volta le sue divine spalle, benché tu per natura sei lebbrosa, zoppa, idropica, cieca, indemoniata, e ti sei data a molti fornicatori. Questo solo domanda da te; Primo, che ti dolga dell’offesa sua. Secondo. Che abbi sopra ogni altra cosa in odio il peccato e grande e picciolo. Terzo. Che tutto ti offra e dia con l’affetto di sempre, e con gli effetti sei nelle occasioni alla volontà obbedienza sua. Quarto. Che speri poi, ed abbi ferma fede, che Egli ti perdonerà, ti farà monda, e guarderà da tutti i nemici tuoi. Confortata da questo amore ineffabile del Signore, ti accosterai poi per comunicarti con un timore santo ed amoroso, dicendo: Io, Signore, non son degna di riceverti per tante e tante volte, che gravemente ti ho offeso, né ancora ho pianto come devo, l’offesa tua. Io, Signore non sono degna di riceverti, perché non sono affatto monda dagli affetti de’ peccai veniali. Io, Signore, non sono degna di riceverti, perché ancora non sinceramente mi sono data al tuo amore, alla tua volontà, ed all’ubbidienza tua. Deh! Signor mio onnipotente ed infinitamente buono, nella virtù della tua bontà e parola, fammi degna, che con quella fede (amor mio) io ti riceva. – Comunicata che sarai, rinchiuditi subito nel segreto del cuor tuo, e scordata di qualunque cosa creata, a questo o somigliante modo ragiona col tuo Signore: O Altissimo Re del Cielo, chi ti ha condotto dentro di me, che sono miserabile, povera, cieca ed ignuda, ed Egli ti risponderà, Amore. E tu replicando dirai: O Amore increato, o Amore dolce, che cosa vuoi tu da me? Non altro ti dirà Egli, che Amore, né altro fuoco voglio, che arda nell’Altare del tuo cuore e nei sacrifici tuoi, ed in tutte le opere tue, che il fuoco dell’amor mio, che consumando ogni altro amore ed ogni tua propria volontà, mi dia odore soavissimo. Questo ho domandato e domando sempre, perché bramo d’essere tutto tuo, e che tu sii tutta mia. Il che non sarà giammai, mentre non facendo di te quella rassegnazione che tanto mi diletta, starai attaccata all’amore di te medesima al tuo proprio parere, e ad ogni tua voglia, e reputazione. – Ti domando l’odio di te stessa per darti il mio amore; e il tuo cuore perché si unisca col mio, che per questo mi fu aperto in Croce, e chieggo tutta te, perché io sia tutto tuo. Tu vedi, che io sono d’incomparabile prezzo, e niente di meno  per mia bontà valgo, quanto vali tu. Comprami dunque ormai anima mia diletta, con dare te a me. Io voglio, figliuola mia dolce, da te, che tu niente voglia, niente pensi, niente intenda, niente veda fuori di me e della mia volontà; acciocché io in te tutto voglia, pensi, intenda e veda, in modo che il tuo niente assorto nell’abisso della mia infinità in questa si converta: così tu sarai in me pienamente felice, e beata ed Io in te tutto contento. Finalmente offrirai al Padre suo Figliuolo, prima per rendimento di grazie, poi per li bisogni suoi, di tutta la Chiesa Santa, di tutt’i tuoi, di quelli a’ quale sei obbligata, e per le anime del Purgatorio; e questa offerta la farai con la memoria ed unione di quella che Egli fece di se stesso quando tutto cruento e pendendo in Croce, si offrì al Padre. – Ed in questo modo gli potrai offrir tutti i sacrifici, che in  quel giorno si fanno nella Chiesa Romana.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.