L’UFIZIO DELLE TENEBRE (2019)

L’UFIZIO DELLE TENEBRE.

[Goffiné: Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste. Traduz. : Antonio Ettori e Mauro Ricci delle Scuole Pie Tip. Galas. Dir. da A. Ferroni;  Firenze – 1869]

In questa sera comincia l’ufizio delle tenebri. La Chiesa celebra, per così dire, in questi tre ultimi giorni, l’esequie del Salvatore. L’ufizio delle tenebre si compone del mattutino e delle laudi di domani, che per anticipazione si cantano la vigilia. Si è dato a questa parte d’ufizio il nome di Tenebre, perché verso la fine di esso rimangono spenti tutti i lumi, così per esprimere il duolo profondo della Chiesa, come per rappresentare le tenebre, onde tutta la terra fu avvolta alla morte di Gesù Cristo. L’estinzione dei lumi richiama ancora alla memoria un fatto storico della nostra bella antichità cristiana. L’ufizio che noi facciamo la sera si faceva di notte, e durava fino alla mattina; via via che il giorno si avvicinava, si spengevano successivamente le faci che non erano più necessarie. Queste faci sono candele poste sopra un candelabro triangolare, a sinistra dell’altare; ordinariamente in numero di quindici, sette per parte e una in mezzo. Si spengono le candele di ciascun lato, successivamente, alla fine d’ogni salmo, cominciando dalla più bassa, dalla parte del Vangelo, e quindi dall’altra, e così alternativamente, sinché resti sola quella di mezzo che si lascia accesa. Le dette candele sono di cera gialla, come prescrive un antico rituale romano, perché la Chiesa non ne impiega d’altra qualità nei funerali e nel gran lutto. Quella che è posta nel mezzo del candelabro triangolare, è ordinariamente di cera bianca perché raffigura Gesù Cristo. All’ultimo versetto del Benedictus, si toglie e si nasconde dietro l’altare, per tutta la recita del salmo Misereree le preci: quindi si riporta. Questa cerimonia ci raffigura la morte e la resurrezione del Salvatore. Le altre quattordici candele rappresentano gli undici Apostoli e le tre Marie: si spengono per rammentarci la fuga degli uni e il silenzio delle altre, nel tempo della passione. – Un tal numero di candele e il modo di disporle e di spegnerle gradatamente, ha origine da oltre al VII secolo. Quale deve essere la nostra venerazione per una cerimonia che è stata contemplata da tanti pii Cristiani? Possa ella eccitare in noi i medesimi sentimenti di pietà che essa eccitò nei nostri padri! In generale i riti usati dalla Chiesa, specialmente per le principali feste, sono di una antichità molto lontana. – Tutto l’Ufizio delle Tenebre è impresso del più profondo dolore: l’invitatorio, gli inni, il Gloria Patri, la benedizione, tutto è soppresso. Non vi si odono che quattro voci: quella di Davide, che piange sulla lira gli oltraggi fatti a Gesù Cristo e la morte del suo Signore e Figlio di Dio: quella di Geremia, che agguagliando i lamenti ai dolori, canta le ruine di Gerusalemme e i tormenti dell’augusta Vittima; quella della Chiesa, i cui teneri accenti chiamano i suoi figli alla penitenza: Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo; e finalmente quella delle sante donne, che aveano seguito Gesù dalla Galilea, e che piangevano dietro a Lui mentre saliva il Calvario. Il loro viaggio, le loro lacrime, e le loro grida ci vengono rappresentate dai due chierici che cantano e inginocchioni, e andando, quei kyrie eleison, intramezzati dai responsi e da lamentevoli sospiri. – Non vi è né capo, né pastore per presedere all’ufizio di questi tre giorni; poiché sta scritto: Percoterò il pastore e le pecorelle della mandra saranno disperse. L’ufizio è seguito da un rumore confuso, che ci richiama alla mente la venuta e lo scompiglio tumultuoso della coorte che armata di bastoni, e condotta da Giuda s’inoltre nottetempo ad arrestare il divin Salvatore nell’Oliveto.

IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (9)

IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (9)

[P. Lorenzo SCUPOLI, presso G. A. Pezzana, Venezia – 1767)

Dell’Orazione.

CAP. XLIV

Se la diffidenza di noi stessi, la confidenza in Dio, e l’esercizio sono in questo combattimento tanto necessari, quanto si è dimostrato sin qui, sopra tutto è necessaria l’orazione (ch’è la quarta cosa, ed arma proposta di sopra) con la quale non pure le dette cose, ma ogni altro bene possiamo da Dio Signor nostro conseguire. – Perché l’orazione è strumento per ottenere tutte le grazie, che da quel divino fonte di bontà e d’amore piovono sopra di noi. Con l’orazione (se te ne servirai bene) porrai la spada in mano a Dio perché combatta e vinca per te. E per servirtene bene, fa bisogno che tu sia abituata, o che ti affatichi per esservi nelle seguenti cose. Prima, che in te viva sempre un deriderlo vero di servire in tutto a Sua Divina Maestà, e nel modo che a Lui più aggradisce. Per accenderti di quello desiderio, considera bene: Che Iddio per le sue soprammirabili eccellenze, bontà, maestà, sapienza, bellezza, ed altre sue infinite perfezioni, è sopradegnissimo d’essere servito, ed onorato. Ch’egli per Servire a te, ha penato e faticato trentatré anni, e le tue fetide piaghe, avvelenate dalla malignità del peccato, ha medicate e sanate, non con olio, vino, e stracci di panno, ma con il prezioso liquore, che uscì dalle sue sacratissime vene, e con le sue carni purissime lacerato da flagelli, spine e chiodi. E pensa, oltre ciò,  quanto importa questo servigio, poiché ne veniamo a farci padroni di noi stessi, superiori al demonio, e figliuoli dell’istesso Dio. – Secondo ha da esser in te una viva fede e confidenza, che il Signore ti voglia dare tutto ciò che ti bisogna per suo servigio e tuo bene. Questa Santa confidenza è il vaso che la misericordia divina riempie dei tesori delle sue grazie, il quale sarà più grande e più capace, tanto più ricca tornerà l’orazione del nostro seno. E come potrà mancare l’immutabile onnipotente Signore di farci partecipi dei doni suoi, avendoci Egli stesso comandato, che li domandiamo, e promettendoci anche lo Spirito suo, se con fede e perseveranza lo richiederemo? – Terzo, che tu ti accosti ad orare con l’intenzione di volere la volontà divina sola e non la tua, così nel domandare, come nell’ottenere quello che domandi, cioè, che tu ti muova ad orare, perché Iddio lo vuole, e che desideri essere esaudita, in quanto Egli pure così voglia. Insomma l’intenzione tua dev’essere di congiungere la volontà tua con la divina, e non di tirare alla tua quella di Dio. E questo, perché essendo la tua volontà infetta e guasta dall’amor proprio, bene spesso erra, né fa quello quello che domanda, ma la divina è sempre congiunta con la bontà ineffabile, nè può errare giammai. Ond’ella è regola e regina di tutte le altre volontà, e merita e vuole da tutte essere seguita ed ubbidita. – E perciò si hanno da domandare sempre cose conformi al divino piacimento, e dubitando che alcuna tale non sia, la domanderai con condizione di volerla, se vuole il Signore che tu l’abbia. E quelle che sai certo che gli piacciono, come sono le virtù, le richiederai più per soddisfare e servire a Lui, che per altro qualunque fine o rispetto, ancorché spirituale. – Quarto, che tu all’orazione vada ornata d’opere corrispondenti alle domande, e che dopo l’orazione vieppiù ti affatichi per farti capace della grazia e virtù, che desideri. Perché l’esercizio dell’orare ha da essere talmente accompagnato con l’esercizio di superare noi stessi, che tutto in giro vada seguitando l’altro, perché altrimenti il domandare alcuna virtù, e non adoprarsi per averla, sarebbe piuttosto un tentare Dio, che altro. – Quinto, che alle domande precedano lo più i ringraziamenti per i benefici ricevuti a questo o somigliante modo: Signor mio, che per la tua Bontà mi hai creata, e redenta, e tante innumerabili volte che io stessa non sono, liberata dalle mani dei miei nemici, soccorrimi al presente, né  mi negare quello che io ti chiedo, benché io a te sia stata sempre ribelle, ed ingrata. E se sei per domandare alcuna particolare virtù, ed hai alle mani qualche cosa contraria per esercitarmi in quella, non ti scordare di rendergli grazie dell’occasione che n’ha dato, che questo è pure non piccolo suo benefizio. Sesto, perché l’orazione prenda la sua forza e possanza di piegare Dio ai nostri desideri dalla naturale bontà, e misericordia di Lui, dalli meriti della vita, e passione del suo unigenito Figliuolo, e dalla promessa, ch’Egli ci ha fatto di esaudirci, conchiuderai le tue domande con una, o più delle seguenti particelle: Concedimi Signore, questa grazia, per la tua somma pietà; possano presso di te i  meriti del tuo Figliuolo impetrarmi quello ch’io ti chiedo, ricordati Iddio mio delle tue promesse, ed inchinati ai prieghi miei. – Ed altre volte domanderai ancora grazie per i meriti di Maria Vergine e di altri Santi, i quali possono molto appresso Dio e molto sono da Lui onorati, perché in questa vita onorano la sua Divina Maestà. – Settimo, fa bisogno, che tu  continui perseverantemente nell’orazione, perchè l’umile perseveranza vince l’invincibile, che se assiduità, ed importunità della vedova evangelica inchinò alle sue richieste il giudice colmo d’ogni malvagita [Luc. XVIII], come non avrà forza di trarre ai pieghi nostri, la stessa pienezza di tutt’i beni? Onde ancorché dopo l’orazione il Signore tardasse a venire ed esaudirti, anzi ne mostrasse contrari segni, seguita pure orando e tenendo ferma e viva la confidenza del suo aiuto, poiché in Lui non mancano mai, anzi sovrabbondano con infinita misura tutte quelle cose che, per fare altrui grazie sono necessarie. – Onde, se il difetto non è dal tuo canto, sta pur sicura di dover ottenere sempre tutto ciò che domanderai  o altro che ti sia più utile, oppure quello e questo insieme. E quanto più ti paresse d’esser ributtata, tanto più avvilisciti negli occhi tuoi, e considerando i tuoi demeriti, col pensiero fermo nella divina pietà, aumenta sempre in lei la tua confidenza, la quale mantenendosi viva e salda, quanto sarà più combattuta, tanto più piacerà al Signor nostro. – Rendigli poi sempre grazie, riconoscendolo per buono, sapiente ed amoroso, niente meno, quando alcune cose ti sono negate, che se concesse ti fossero, restando in qualunque avvenimento stabile, ed allegra nell’umile sottomissione alla divina provvidenza.

Che cosa sia l’orazione mentale.

CAP. XLV

L’orazione mentale è una elevazione di mente a Dio, con attuale o virtuale domanda di quello che desidera. L’attuale si fa, quando con parole mentali si domanda la grazia con questo, o somigliante modo: Signore Dio mio, concedimi questa grazia ad onore tuo; ovvero così: Signor mio, io credo che ti piaccia, e che sia tua gloria, che ti domandi, ed abbi questa grazia: compisci dunque ormai in me il divino compiacimento. E quando sei in fatti dai nemici combattuta, orerai in questo modo: Sii presto, Dio mio, ad aiutarmi, perché non ceda ai nemici. Oppure, Dio mio, rifugio mio, fortezza dell’anima mia, soccorrimi presto, perché non cada. E continuando la battaglia, continua tu ancora questo modo di orare, sempre virilmente resistendo, a chi contro di te combatte. – Finita, che sarà poi l’asprezza della guerra, rivolta al tuo Signore, presentagli innanzi il nemico che ti ha combattuta, e la tua fiacchezza a resistergli, dicendo: Ecco, o Signore la creatura delle mani dalla tua bontà, col tuo Sangue ricomperata. Ecco l’inimico, che tenta di levarla da te e divorarla. A te, Signor mio, ricorro, in te solo confido che sei onnipotente e buono,  e vedi la mia impotenza e la prontezza a farmeli senza il tuo aiuto volontariamente soggetta, Aiutami dunque, speranza mia, e fortezza dell’anima mia. Virtuale domanda s’intende quando si alza la mente a Dio per ottenere alcuna grazia, mostrandogli il bisogno senz’altro dire o discorrere. – Come, quando io levo la mente a Dio, e quivi alla presenza sua mi conosco impotente a difendermi dal male, e fare il bene, ed acceso di desiderio di servirlo umilmente, e con fede aspettando il soccorso suo, miro, e rimiro esso Signore. Questo così fatto conoscimento, acceso di desiderio, o fede innanzi a Dio è una orazione, che in virtù domanda quello che mi bisogna, e quanto più il detto conoscimento sarà chiaro, e sincero, il detto desiderio acceso, e viva la fede, tanto più efficacemente domanderà. – Vi è anco un’altra sorte di orazione virtuale più ristretta, che si fa con un semplice sguardo della mente a Dio, affine che ci soccorra, il quale sguardo non è altro che un tacito ricordo, e domanda di quella grazia che per l’innanzi avevamo domandata. E fa, che apprendi bene questa sorte di orazione, e te la faccia famigliare, perché (come l’esperienza ti mostrerà) è un’arma che facilmente in ogni occasione e luogo puoi avere alle mani, ed è di più valore, e giovamento ch’io ne sappia dire.

Dell’Orazione per via di Meditazione.

CAP. XLVI

Volendo orare per qualche spazio di tempo, come di mezz’ora, oppure di un’ora intera, e più, all’orazione aggiungerai la meditazione della vita e passione di Gesù Cristo, applicando sempre le azioni sue a quella virtù che desideri. Come se desideri d’ottenere grazia della virtù della pazienza, prenderai per avventura a meditare alcuni punti di mistero della flagellazione. – Primo. Come dopo l’ordine dato da Pilato, il Signore fu con gridi e scherni trascinato dai ministri della malvagità al luogo deputato per flagellarlo. – Secondo. Come fu da essi con frettolosa rabbia svestito, e ne restarono tutte scoperte, e nude le sue carni purissime. – Terzo. Come le sue innocenti mani con dura fune furono legate alla colonna. – Quarto. Come fu il suo corpo tutto lacerato e stracciato dai flagelli, onde corsero fino a terra i rivi del suo sangue divino. Quinto. Come aggiungendosi percosse a percosse in uno stesso luogo, si esacerbarono sempre più le piaghe già fatte. Così avendoti proposti, per acquistare la pazienza, questi o simili punti da meditare, applicherai prima i sensi a sentire più vivamente che potrai le amarissime angosce e pene acerbe, che in ciascuna parte del suo Sacratissimo Corpo, ed in tutte insieme, il tuo caro Signore sosteneva. Quindi passerai all’Anima sua santissima, penetrando, quanto si può, la pazienza e mansuetudine, con la quale tollerava tante afflizioni, non saziando però mai la fame di patire per onore del Padre e nostro beneficio, maggiori e più atroci tormenti. Miralo poi acceso d’un vivo desiderio, che tu voglia comportare il tuo travaglio, e vedi come ancora rivolto al Padre prega per te, che si degni farti la grazia di portar pazientemente la Croce, che allora ti crucia, e qualunque altra. Onde tu piegando più volte la volontà a voler tollerate il tutto con animo paziente, voglia poi la mente al Padre, e ringraziandolo prima, che per sua pura carità ha mandato al mondo il suo Unigenito Figliuolo a sopportare tanti aspri tormenti ed a pregare per te, domandagli poi la virtù della pazienza in virtù delle opere, e preghi del suo Figliuolo.

Di un altro modo d’orare per via di meditazione.

CAP. XLVII

Potrai anco in un altro modo orare e meditare, poiché avrai attentamente considerate le afflizioni del Signore, e col pensiero veduta la prontezza dell’animo con che le sosteneva; dalla grandezza dei suoi travagli, e dalla sua pazienza passerai a due altre considerazioni. L’una del merito suo. L’altra del contento e della gloria del Padre etemo, per la perfetta ubbidienza del suo appassionato Figliuolo. Le quali due cose rapprefentando a sua Divina Maestà, domanderai, in virtù loro, la grazia che desideri. E ciò potrai fare non pure in ciascun mistero della passione del Signore, ma in ogni atto particolare, interiore, ed esteriore, che Egli faceva in ciascun Mistero.

Di un modo d’orare col mezzo di Maria Vergine.

CAP. XLVIII

Oltre i sopraddetti vi è un altro modo di meditare, ed è col mezzo di Maria Vergine, rivoltando la mente prima all’eterno Iddio, poi al dolce Gesù, ed ultimamente ad Ella gloriosissima Madre. A Dio rivolta, considera due cose: l’una sono i diletti, ch’Egli ab æterno di te stesso considerato in Maria prendeva, avanti ch’Ella avesse l’esser fuori del niente. L’altra le virtù ed azioni di Lei, poiché fu prodotta al mondo. – I diletti cosi li mediterai. Sollevati in alto col pensiero sopra ogni tempo, e sopra ogni creatura, ed entrata nell’istessa eternità e mente di Dio, confiderà le delizie, che di se stesso prendeva in Maria Vergine, e tra questi diletti trovato esso Dio, in virtù loro domanda sicuramente grazia e forza per la distruzione dei tuoi nemici, e particolarmente di quello che ti combatte allora. – Passando poi alla considerazione delle tante e così singolari virtù ed azioni in Ella Madre santissima, ed appresentandole quando tutte insieme, quando alcuna d’esse a Dio, in virtù di quelle chiedi alla sua infinita bontà ogni tuo bisogno. – Al Figliuolo poi rivolgendo la mente, gli ridurrai a memoria il vergineo Ventre che nove mesi lo portò; la riverenza con cui, dopo che fu nato, la Verginella l’adorò, e riconobbe per vero uomo e vero Dio, Figliuolo, e Creatore suo. Gli occhi pietosi che lo mirarono tanto povero, le braccia che lo raccolsero, le care labbra che lo baciarono; il latte che lo nutrì e le fatiche ed angosce, che in vita ed in morte sostenne per Lui. Per virtù delle quali cose, farai al Divino Figliuolo dolce violenza, perché ci esaudisca. – Rivolta unitamente alla Ss. Vergine, ricordale, che dall’eterna provvidenza e bontà è stata eletta per Madre di grazia e di pietà, ed Avvocata nostra. Onde non abbiamo, dopo il suo benedetto Figliuolo, più sicuro e potente ricorso, che a Lei. Di più ricordale quella verità, che di Lei si scrive, e si ha per tanti e tanti effetti miracolosi, che mai nessuno con fede la invocò, che non gli abbia pietosamente risposto. – Finalmente le porrai davanti i travagli del suo unico Figliuolo, che per la nostra salute tollerò, pregandola, che t’impetri grazia da Lui, perché a gloria e contento suo, in te abbiano quell’effetto per lo quale Egli li sostenne.

Di alcune considerazioni, perché con fede e confidenzasi ricorra a Maria Vergine.

CAP. XLIX

Volendo tu ricorrere a Maria Vergine con fede e confidenza in ogni tuo bisogno, potrai conseguirla dalle seguenti considerazioni. – Primo. Già si sa per esperienza, che tutti quelli vasi, ove è stato del muschio, o qualche liquore prezioso, ritengono seco, benché più non vi sia, del suo odore, e tanto più, quanto più spazio di tempo vi farà stato e molto più, se ancora in qualche modo ve ne fosse rimasto; eppure il muschio è di virtù limitata e finita, e così ogni prezioso liquore. Come anco quel che sta vicino ad un gran fuoco, ritiene per molto tempo il calore, ancorché dal fuoco si allontani. Essendo questo vero di che fuoco di carità, di che sensi di misericordia, e di pietà, diremo noi, che le Viscere di Maria Vergine siano abbruciate e piene? che nove mesi ha Ella tenuto nel suo vergineo ventre, e sempre tiene nel petto e nell’amore il Figliuolo di Dio, che la stessa carità, misericordia e pietà, non già di virtù finita e limitata, ma d’infinita, e senza termine alcuno. Talché, siccome si accosta ad un gran fuoco, non può non ricevere del focolare, così molto più, ogni bisognoso che con umiltà e fede si avvicinerà al fuoco di carità, di misericordia e di pietà, che sempre arde nel petto di Maria Vergine, ne riceverà aiuti, favori, e grazie, e tanto più, quanto più spesso e con maggior fede e confidenza vi si accetterà. – Secondo. Niuna creatura amò giammai tanto Gesù Cristo, né tanto fu conforme alla volontà di Esso, quanto la Madre sua santissima. Se dunque l’istesso Figliuolo di Dio, che tutta la vita sua, e tutto se stesso ha speso per li bisogni di noi peccatori, ci ha dato la Madre sua per nostra Madre ed Avvocata, affine che ci aiuti e sia, dopo di Lui, mezzo della salute nostra; in qual modo potrà mai essa Madre, ed Avvocata nostra mancarci, e diventare ribelle alla volontà del Figlio? Ricorri pure figliuola con confidenza in ogni tuo bisogno alla Ss. Madre Maria Vergine, perché ricca e beata è questa confidenza, e sicuro è rifugio a Lei, poiché partorisce tuttavia grazie, e misericordie.

Di un modo di meditare, ed orare per mezzo degli Angioli, e di tutti i Beati.

CAP. L

Per servirti in ciò dell’ aiuto, e favore degli Angioli, e dei Santi del Cielo, potrai tenere due modi. – L’uno è, che ti rivolti al Padre eterno, e gli presenti l’amore e le lodi, con cui è esaltato da tutta la Corte celestiale, e le fatiche e pene, che i Santi hanno sofferto in terra per suo amore, ed in virtù di quelle cose, tu domandi alla Sua Divina Maestà tutto ciò, che ti fa bisogno. – L’altro è, che tu ricorra ad essi gloriosi Spiriti, come a quelli, che non pure bramano la nostra perfezione, ma che in più alto luogo di essi siamo collocati, chiedendo il soccorso loro contro tutti i vizi e nemici tuoi, ed anco per la tua difesa nel punto della morte. Ed alcuna volta ti metterai a considerare le molte grazie e singolari che hanno ricevute dal sommo Creatore, eccitando in te verso loro un vivo affetto d’amore, ed allegrezze perché sono ricchi di tanti doni come se tuoi propri fossero. Anzi ti rallegrerai, se possibile sia, più ch’essi, che loro e non tu, li abbiano, poiché tale fu la volontà di Dio, il quale perciò ne sia lodato, e ringraziato. – E per fare questo esercizio con ordine e facilità, potrai dividere le schiere dei Beati per li giorni della settimana in questa maniera. – La Domenica prenderai li nove Cori Angelici.

Il Lunedi S. Giambattista.

Il Martedì i Patriarchi e i Profeti.

Il Mercoledì gli Apostoli.

Il Giovedì i Martiri.

Il Venerdì i Pontefici cogli altri Santi.

Il Sabato le Vergini con le altre Sante.

Ma non lasciar mai per ciascun giorno di ricorrere spesso a Maria Vergine, Regina di tutti i Santi, all’Angiolo tuo Custode, a S. Michele Arcangelo, ed a tutti i tuoi Santi  Avvocati. Ed ogni giorno prega Maria Vergine, il Figliuolo suo ed il celeste Padre, che ti concedano tanta grazia di darti per principale Avvocato e Protettore, S. Giuseppe, sposo di Ella Vergine, ricorrendo poi ad esso Santo con prieghi e confidenza, che ti riceva sotto la sua protezione. Si narrano molte cose di questo glorioso Santo, e molti favori che da esso hanno ricevuti tutti quelli che l’hanno avuto in riverenza, e sono ricorri a lui, non solamente ne’ bisogni spirituali, ma temporali ancora, e particolarmente nell’indirizzare i devoti nel modo di ben meditare ed orare. Che se degli altri Santi tiene tanto conto Iddio, perché fra noi vivendo gli resero ubbidienza ed onore, quanto dobbiamo credere che da Lui sia stimato, ed appresso di Lui vagliano i preghi di questo umilissimo e felicissimo Santo, il quale dall’istesso Dio in terra fu onorato talmente, che volle a lui soggettarsi e come Padre ubbidirlo, e servirlo?