LA COMUNIONE SPIRITUALE

[G. B. Scaramelli: DIRETTORIO ASCETICO, Trattato Primo

NAPOLI, LlBRERIA E TIPOGRAFIA SIMONIANA. Strada Quercia nº. 17. 1839.]

– CAPO VII.

Si parla brevemente della comunione spirituale, con cui devono le persone spirituali industriarsi di supplire alla mancanza delle comunioni sacramentali.

441. Giacché pochi son quelli, come ho già detto, a cui possa giustamente concedersi di ricever ogni giorno il Corpo Santissimo di Gesù Cristo sacramentalmente sotto le specie del pane; devono almeno tutti industriarsi di riceverlo spiritualmente con la comunione che chiamasi spirituale. Questa, dice S. Tommaso, consiste in un vivo desiderio di prendere il Santissimo Sacramento. Dicuntur baptizari, et communicari spiritualiter, et non sacramentaliter illi, qui desiderant hæc Sacramenta jam instituta sumere. (3 p. qu. 21, alias 8o, art. 1, ad 3.). E nell’articolo seguente: (in corp. Contingit spiritualiter manducare Christum, prout est sub speciebus hujus Sacramenti inquantum scilicet aliquis credit in Christum, cum desiderio sumendi hoc Sacramentum. Allora accade, dice l’Angelico, che alcuno mangi Spiritualmente Gesù Cristo ricoperto dalle specie sacramentali, quando crede in Cristo con desiderio di riceverlo in questo sacramento. E questo non solo è un ricevere spiritualmente Gesù Cristo, ma è un ricevere spiritualmente lo stesso Sacramento. Se queste brame siano molto fervide, e molto accese, la comunione fatta in spirito sarà tal volta più fruttuosa e più cara a Dio, che molte altre Comunioni reali fatte con tiepidezza, non per difetto del Sacramento, ma di chi freddamente lo riceve. S. Caterina da Siena, come si legge nella sua vita, bramava sì ardentemente di unirsi al suo Sposo sacramentato, e per la vivezza dei suoi desideri cadeva in dolci deliqui, e sollecitava il Beato Raimondo suo confessore a comunicarla per tempo su i primi albori del giorno, temendo di rimanere estinta dall’impeto delle sue brame. Gradiva tanto Gesù Cristo queste ansie amorose della devota Verginella, che una mattina, mentre il detto Raimondo celebrava la santa Messa, nell’atto di frangere l’Ostia sacra, ſe’ sì che gliene volasse dalle mani una parte; e andasse a posarsi su la lingua della santa, che si trovava presente al sacrifizio, e in questo modo appagò il signore i ferventi desideri della sua sposa. (S. Anton. 3 par. Chron. tit. 23, c. 14, S. 8.). Un simile avvenimento accadde in Venezia ad una Monaca avida della santa comunione. (Ber. Just. in ejus vita c. 8.). Non potendo questa comunicarsi nella solennità del Corpus Domini, mandò a significare al gran Patriarca S. Lorenzo Giustiniano il suo desiderio, ed a pregarlo, che almeno in tempo del santo sacrifizio la raccomandasse al Signore. Or mentre il santo celebrava a tutto il popolo la santa Messa in pubblica Chiesa, la detta Monaca se lo vide entrare nella sua cella con la santissima Eucarestia, e presentarle di propria mano il corpo santissimo del Redentore. Se poi questo accadesse replicandosi il santo in due luoghi o comparendo in ispirito dentro il monastero, non si sa. Due cose sole si sanno di certo: la prima che celebrando il santo non partì dall’altare; ma solo dopo l’elevazione dell’Ostia sacra fu veduto starsene lungamente estatico, ed alieno affatto da sensi: la seconda che interrogato su questo fatto, non lo negò, ma solo impose a chi n’era consapevole un rigoroso silenzio. Ho voluto tutto ciò riferire, acciocchè si veda quanto piacciono a Gesù Cristo queste comunioni spirituali: mentre opera talvolta miracoli, per unirsi realmente allo spirito di chi ardentemente la brama. – 442. Or queste comunioni spirituali possono farsi più volte, anzi cento volte in ciascun giorno con gran profitto: perché può l’anima devota spesso slanciarsi con l’affetto in Gesù sacramentato, e desiderare di riceverlo nel suo cuore, e d’incorporarsi col suo corpo santissimo. S. Ignazio Martire, scrivendo ai romani, dice loro così: Non voluptates hujus mundi desiderio; sed panem Dei, panem cœlestem, panem vitæ, qui est caro Jesu Christi Filii Dei vivi, et potum volo sanguinem eius, qui est dilectio incorruptibilis, et vita æterna. Io non bramo, diceva il santo martire, i piaceri vani, e caduchi di questo mondo: solo bramo il pane celeste, il pane divino, il pane di vita, che è la carne di Gesù Cristo, figliuolo di Dio vivo. Solo bramo quel sangue, che è un distillato di amore, ed un estratto di eterna vita. Nello stesso modo può la persona spirituale andar dicendo tra giorno, mentre le si presentano alla vista gli oggetti frali di questa terra, all’apparenza preziosi, deliziosi, e vaghi: Non voluptates hujus mundi desidero, sed panem Dei, panem coelestem, panem vitæ. Io non curo le delizie, le ricchezze, le bellezze, che dona il mondo ai suoi seguaci. Solo desidero ricevere il mio Gesù, che è le delizie degli angeli, che è un tesoro di ricchezze inesausto, che è un fiore di ogni bellezza. Solo bramo partecipare di quel corpo glorioso, che con la gloria del suo volto beato rallegra il Paradiso; di quel sangue, che fu tutto sparso per me; di quell’anima che per me spirò sulla croce; e di quella divinità, che è scaturigine di ogni bene. Cibus meus Christus est, et ego eius: come dice S. Bernardo: (Serm. 61 in Cant.). il mio cibo sia Gesù, ed io il suo: perché egli brama incorporarsi con me, ed io con Lui in questo divinissimo Sacramento. Con questi desideri aderà la persona rinnovando ad ogni ora comunioni spirituali, le quali tanto saranno più perfette, e tanto più profittevoli, quanto sanno più fervidi i suoi affetti verso Gesù Sacramentato.

443. Bisogna però almeno una volta al giorno fare questa comunione spirituale posatamente, a bell’agio, e con speciale apparecchio, acciocchè riesca con maggior divozione, e profitto, e in qualche modo compensi gli effetti della comunione sacramentale. Né per far questo v’è tempo più opportuno di quello, in cui si assiste al santo Sacrifizio della Messa; mentre può allora la persona unirsi col sacerdote a ricevere con l’affetto quel cibo divino, ch’egli riceve in effetto. Faccia dunque ella prima un atto di contrizione, e con esso ripulisca la stanza del suo cuore, dentro cui brama che venga a riposarsi il suo Signore. Poi avvivi la fede circa la presenza reale di Cristo nel santissimo Sacramento. Consideri (come abbiamo detto di sopra, parlando della comunione sacramentale) la grandezza, e la maestà di quel Dio, che sta nascosto sotto il velo di quegli accidenti eucaristici: ponderi quel grande amore, e quella somma bontà, per cui non solo non disdegna, ma brama di unirsi Seco: rifletta alla propria piccolezza, ed alle proprie miserie. Quindi seguano affetti misti di umiliazione, e di desiderio: di umiliazione in riguardo alla propria indegnità, di desiderio in riguardo alla infinita amabilità del suo Signore. Poi vedendo, che in quella mattina non è a lei permesso di unirsi realmente con esso Lui, per mezzo della comunione sacramentale; si abbandoni con l’affetto, e con Lui si unisca col vincolo d’un amore quieto, posato, e tranquillo; finalmente prorompa in affetti di ringraziamenti, e di lodi poiché se Gesù Cristo non è venuto effettivamente nel suo seno, non è rimasto da lui, giacché egli era pronto, anzi quanto è dal canto suo bramava questa congiunzione di amore con grande ardore di carità. Gli chieda quelle grazie, di cui si conosce necessitoso, e faccia quegli altri atti, che è solito di fare dopo le sue comunioni. Oltre l’utile, che di presente gli risulterà da tali comunioni di spirito, gliene proverrà anche questo vantaggio: che si troverà dispostissimo ad accendersi in divozione, qualunque volta avrà da accostarsi alla mensa Eucaristica, per cibarsi realmente delle carni santissime del Redentore. Poiché siccome un legno, che si conservi sempre caldo, e sempre disposto ad infiammarsi alla presenza del fuoco: così un cuore, che si mantenga sempre caldo di amore verso Gesù Cristo sacramentato, è facile a concepire fiamme di carità, avvicinandosi a quella fornace di amore, che arde sempre nel santissimo Sacramento.

444. Voglio aggiungere un fatto, in cui non solo vedrassi quanto siano accette al Redentore queste comunioni spirituali: ma an che il modo, con cui bisogna ad esse apparecchiarsi, acciocché gli riescano più gradite. Riferisce il padre maestro Giovanni Nider del l’ordine venerabile dei Predicatori, (in Formic. lib. 1, cap. 1) che nella città di Nuremberga v’era un uomo plebeo di nascita, ma di costumi illibato, di natura semplice, proclive alla pietà, dedito alla meditazione della passione del Redentore, alle opere di carità, ed alla macerazione del proprio corpo. Bramava questo ardentemente comunicarsi; ma non essendo nella sua patria in uso tra gli uomini la frequenza dei Sacramenti, non si arrischiava ad accostarsi alla sacra mensa, per non parer singolare, e per non essere dalla gente mostrato a dito.  Con tutto ciò sapendo, che Iddio gradisce non solo le opere buone, ma anche la buona volontà, procurava di supplire alle comunioni sacramentali con le comunioni fatte spiritualmente coi santi desideri. Avvicinandosi pertanto quei giorni, in cui avrebbe voluto comunicarsi, si preparava precedentemente con l’astinenza del cibo. La mattina poi se la passava in sante meditazioni, e in esse tutto s’infiammava in desideri del sacro cibo: ripuliva la coscienza con un’esatta confessione d’ogni suo mancamento, assistendo finalmente alla santa Messa si univa col sacerdote con tanto affetto, che nell’atto della comunione quasi che si avesse a comunicare anch’esso, si chinava profondamente, si percuoteva il petto, e apriva la bocca per ricevere la sacrosanta particola. Cosa veramente ammirabile! Nell’atto di aprire la bocca sentiva portarsi su le labbra l’Ostia sacra, e ad un tempo stesso diffondersi per tutto lo spirito una ineffabile soavità. Così Iddio premiava la viva fede: così saziava la santa fame di questo suo fedelissimo servo. Una mattina però quasi non credendo a se stesso, ed alle proprie esperienze, pose un dito nella bocca, per far prova col tatto della mano, s’era vero ciò, che pure esperimentava col tatto della lingua, e col sapore dello spirito; e in quel toccamento rimase al dito attaccata la sacra particola. Onde sempre più certificato del vero, la prese nuovamente con le labbra, e devotamente l’ingoiò.  – Non piacque però a Dio quell’atto non decente a persona secolare, e la poca fede, che in quell’atto aveva dimostrato: e perciò non tornò più il Signore a visitarlo, come aveva fatto per il passato con un sì prodigioso favore, quantunque per altro mantenesse sempre verso il santissimo Sacramento lo stesso sentimento di divozione, e di culto, e perseverasse sempre costante nello stesso tenore di vita santa. Apprenda dunque il lettore dagli altrui esempi ad affezionarsi a queste comunioni spirituali, ed a premetter loro, almeno una volta il giorno, qualche decente apparecchio, acciocchè riescano a Gesù Cristo più gradite, e ad esso più giovevoli. E apprendano i direttori ad insinuarle ai loro penitenti, e a consolare con essa la fame di queste anime buone, che vorrebbero accostarsi alla sacra mensa più spesso di quello che loro conviene.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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