Mons. G. DE SEGUR : LA MESSA (2)

LA MESSA

[Mgr. G. De Ségur – da: Le opere vol. VIII, 1869]

-2-

Messa 1

XVIII

Significato dei paramenti sacerdotali con i quali il Prete dice la Messa.

Per dir Messa il Prete si riveste, sopra la sottana di sei ornamenti sacri: l’amitto, il camice, o alba, il cordone, il manipolo, la stola e la casula. Tutti questi ornamenti devono essere benedetti dal Vescovo, tanto è grande la santità del Sacrificio della Messa! – L’amitto è un velo di lino bianco che il Prete poggia prima sulla testa e che ribatte poi sul collo. Esso esprime la purezza tutta celeste dei pensieri che devono occupare da soli la mente mentre celebra la Messa, e la perfezione della sua fede alla presenza dei divini misteri. Questa fede è per lui come il “casco della salvezza”, che lo premunisce contro tutti gli attacchi del demonio. – Il camice, o alba bianca, che copre il Prete interamente, significa la santità e l’innocenza divina di GESÙ-CRISTO, di cui il Prete deve essere come tutto avvolto. San Giovanni Crisostomo chiama Nostro-Signore “la grande tunica dei Preti”. – Il cordone bianco, di cui il Prete si cinge i fianchi sopra l’alba, esprime innanzitutto la castità perfetta indispensabile ai ministri di GESÙ-CRISTO; poi il carattere di viaggiatori del Prete e dei fedeli nel laborioso cammino della vita. Il manipolo era un tempo un panno posto sul braccio sinistro del Prete, e pure del Diacono e del Subdiacono che assistevano il Prete all’altare; questo panno era destinato ad asciugare le loro lacrime. Esso si è poi trasformato pian piano in un paramento sacro che ricorda loro che devono necessariamente versare lacrime di amore e di penitenza alla vista della misericordia infinita del loro Salvatore velato ed annientato sui nostri altari. Non si porta il manipolo se non alla Messa, perché la Messa è per eccellenza il mistero dell’amore del buon DIO, il mistero di tenerezza e di misericordia che deve rivestire il cuore dei ministri di GESÙ-CRISTO. La stola è una sorta di sciarpa che esprime l’onore e la potenza del sacerdozio di GESÙ-CRISTO, di cui il Prete è rivestito col Sacramento dell’Ordine, e che gli dà il potere di presiedere le assemblee dei fedeli. Infine la casula [o pianeta], che in altri tempi era più ampia e copriva il Prete interamente, significa la gloria del Prete eterno secondo l’ordine di Melchisedech; la gloria di GESÙ-CRISTO, Sacerdote dei Sacerdote, che, mediante il mistero visibile ed esteriore dei suoi Preti, offre incessantemente sulla terra, in mezzo alla sua Chiesa militante, lo stesso Sacrificio di adorazione, di lode, di amore, di azione di grazie, che Egli offre alla Maestà divina con tutti i suoi Angeli e tutti i suoi Santi nel cielo. Il colore della casula e degli altri paramenti sacerdotali è sempre simile al colore dei parati dell’altare. Come abbiamo visto già, questo colore ricorda al Prete ed ai fedeli il mistero particolare della festa del giorno, il Santo o la Santa del giorno in onore del quali il Sacrificio è offerto. In effetti, benché il Sacrificio della Messa sia sempre ed unicamente offerto al buon DIO, che solo è adorabile ed adorato dalla Chiesa, può nondimeno essere legittimamente celebrato in onore dei Beati, come azione di grazie per la loro santità e la loro eterna beatitudine.

XIX

Il segno della croce che dà inizio alla Messa, e che si rinnova spesso durante il Sacrificio.

Il segno della croce dà inizio alla Messa e si rinnova cinquanta volte nel corso di questo Santissimo Sacrificio. Oltre che nella Chiesa, si da sempre la benedizione con questo segno augusto, e quindi è del tutto naturale che compaia frequentemente durante la Messa, che non è altra cosa, come abbiamo visto in precedenza, se non il Sacrificio stesso della croce sotto una forma mistica, vale a dire misteriosa e sacramentale. È per ricordare al Prete ed ai fedeli questa unità, questa identità del Sacrificio cruento della Croce e del Sacrificio incruento dell’altare, che la Chiesa ordina a tutti di segnarsi con un gran Segno di Croce nel momento stesso in cui inizia la Messa. – Bisogna sempre fare il Segno della Croce con molta religione, rispetto, fede, pietà; bisogna farlo gravemente e pensando a ciò che si fa: stesa la mano destra, dal centro della fronte fino a metà del petto; poi dalla spalla sinistra alla spalla destra, senza diminuirne le dimensioni, di modo che i quattro segmenti della croce siano pressappoco uguali. Niente è più edificante di un bel segno di Croce così formato gravemente e religiosamente. Il P. de Ravignan, di santa e dolce memoria, predicava innanzitutto, davanti all’immenso auditorio di Notre-Dame di Parigi, col solo modo in cui faceva il segno della Croce cominciando le sue celebri conferenze. Un ministro protestante che era venuto ad ascoltarlo per curiosità, avendo visto il santo religioso segnarsi secondo la sua abitudine, si voltò verso il suo vicino e non poté trattenersi dal dire: « Il suo sermone è già predicato, egli non ha bisogno di parlare ancora per convincere il suo uditorio ». Il segno della Croce riassume e, di conseguenza, richiama il Cristianesimo: esso richiama il mistero della Santa Trinità, il mistero dell’Incarnazione e quello della Redenzione; il mistero dell’unità della Chiesa, della quale è il segno; il mistero della Grazia e della Salvezza eterna che ci viene per i meriti di GESÙ-CRISTO crocifisso; esso richiama tutte le virtù che formano la vita cristiana: l’umiltà, la povertà, la castità, l’obbedienza, significata dai quattro segmenti della croce: la carità, l’amore, significate dal centro della croce, incontro dei quattro segmenti. Come facciamo noi il segno della Croce? Esaminiamoci su questo punto, e, se è il caso, riformiamoci, principalmente alla Messa e durante gli Uffici della Chiesa. Vi sono persone che fanno il segno della Croce come se stessero spolverando lo stomaco, o cacciando via le mosche!

XX

Cosa rappresenta il Prete ai piedi dell’altare.

Il prete comincia sempre la Messa in basso all’altare, egli vi sale solo dopo alcune preghiere e cerimonie che esprimono la penitenza e l’umiliazione. Egli recita un bel salmo, poi il Confiteor, che è la confessione, la pubblica accusa dei propri peccati in generale; il servente fa altrettanto, ed il Celebrante non sale fino all’altare se non dopo essersi umiliato e purificato con la contrizione. Il Confiteor, quando è detto con pietà, ha la virtù di cacciare tutti i nostri peccati veniali. È uno dei sacramentali della Chiesa. Così umiliato e pentito ai piedi dell’altare, confuso per così dire con il popolo, il Prete rappresenta Nostro-Signore, che per salvare il mondo e rendere così a DIO suo Padre la gloria che il peccato gli aveva sottratto, si è umiliato, annientato per trentatré anni sulla terra, confuso con i peccatori. Sull’altare, nella santa Eucaristia, Egli va ad offrire, mediante il ministero del Prete, lo stesso Sacrificio che ha già, una volta per tutte, salvato il mondo sul Calvario. Ecco perché la Messa inizia non sui gradini dell’altare innalzato al di sopra della terra, ma ai piedi dell’altare stesso, a terra, a livello del popolo. Il Prete salendo all’altare e restandovi fino al termine della Messa, è GESÙ-CRISTO, Prete e Vittima celeste, che offre alla gloria di DIO nel cielo in mezzo agli Angeli, il Sacrificio di adorazione, di amore e di propiziazione che la sua Chiesa offre sulla terra nell’Eucaristia. Così il Prete all’altare deve essere un uomo tutto celeste, piuttosto un Angelo che un uomo. Per meglio dire, deve essere un altro GESÙ-CRISTO, tutto pieno di Spirito-Santo, tutto posseduto da GESÙ, il Prete eterno, tutto bruciante d’amore, illuminato dagli splendori divini della fede.

XXI

Cosa significano l’Introito, il Kyrie ed il Gloria.

L’Introito è una piccola preghiera che comincia sempre la Messa e che richiama il mistero o la festa che si celebra in quel giorno, così come lo spirito ed i sentimenti nei quali bisogna entrare. – Il Kyrie è una preghiera composta da nove invocazioni alle tre Persone adorabili della Trinità. “Kyrie eleison, Christe eleison”, sono delle parole greche scritte in latino. In effetti l’uso del Kyrie ci viene dall’Oriente, dalla Grecia, da dove gli Apostoli lo hanno portato. Nella basilica di Saint-Denis, vicino Parigi, secondo un uso immemorabile, si celebra in greco la Grande Messa solenne del Santo Dionigi, Apostolo dei Galli. San Dionigi era greco di nascita. Egli era stato convertito da San Paolo, che lo aveva costituito primo Vescovo di Atene; da lì era poi venuto a Roma, e da Roma era stato inviato per evangelizzare la Gallia. Primo Vescovo di Parigi, aveva gloriosamente coronato la sua missione con il martirio. In ricordo di questa origine apostolica, la Messa di San Dionigi si cantava dunque in greco. Una buona donna che aveva assistito a questo bell’Ufficio ne era tornata tutta stupefatta: « Quelli hanno detto tutto in greco, diceva con spirito puerile, tutto, tutto, …. eccetto il Kyrie ».   Quanto al Gloria, o Inno angelico, esso è una magnifica preghiera, le cui parole iniziali sono state cantate nel cielo dagli Angeli stessi, alla presenza dei pastori di Bethleem e che è stato composto, si dice, nel quarto secolo, da Sant’Ilario, Vescovo di Poitiers. Il Kyrie ed il Gloria esprimono ciò che abbiamo detto più in alto, parlando dei ceri, cioè: – che i Santi Angeli si uniscono alla Chiesa della terra nella celebrazione del Santo-Sacrificio; – che il Prete all’altare è piuttosto nel cielo che sulla terra, e – che, con i nove cori degli Angeli, adora, loda, benedice, prega il Padre, il Figlio e lo Spirito-Santo. Le nove invocazioni del Kyrie corrispondono ai nove Cori angelici; i primi tre si indirizzano a DIO Padre; i tre successivi a DIO Figlio, GESÙ-CRISTO, nostro Salvatore, i tre ultimi, allo Santo Spirito, vero DIO vivente con il Padre ed il Figlio. – Durante queste preghiere angeliche dell’inizio della Messa, i fedeli, non meno del Prete, devono adorare e pregare il buon DIO con sentimenti tutti celesti; e durante tutta la Messa, essi devono restare in questa unione interiore con gli Angeli, alfine di rendere più degnamente i loro omaggi religiosi a Nostro-Signore GESÙ-CRISTO, Sacerdote e Vittima, DIO del cielo e della terra, Signore degli Angeli e degli uomini. Quale grande cosa la Messa! Essa è più celeste che terrestre, più divina che umana. Con quale profonda devozione bisogna dunque assistervi! Non si dice sempre il Gloria alla Messa: salvo i giorni in cui c’è la festa di qualche Santo, lo si omette in tutto l’Avvento, e dopo la Sessuagesima fino alla fine della Quaresima, così come in tutti i giorni di digiuno e di penitenza. Non lo si dice neppure alle Messe da Requiem, cioè alle Messe dei defunti. Tutte le volte che si deve omettere il Gloria, si rimpiazza l’“Ite Missa est” della fine della Messa, con il “Benedicamus Domino”, ed alle Messe dei morti con il “Requiescat in pace”.

XXII

I “DOMINUS VOBISCUM”.

Durante la Messa, il Prete saluta il popolo fedele con questa parola semplice e maestosa, ispirata ai Patriarchi: “Dominus vobiscum”, vale a dire “Che il Signore sia con voi”! Ed il servente Messa, a nome del popolo intero, gli risponde: « Et cum spiritu tuo », cioè: “e con il tuo spirito”. Nostro Signore effonde lo Spirito-Santo sulla sua Chiesa per unirla a Sé, comunicandole la sua vita, la sua santità, le sue virtù. Egli effonde su di Essa i sette doni dello Spirito-Santo, il dono del Timore, che dà ai Cristiani l’orrore del peccato ed un grande zelo per la santità, il dono della pietà, che dà loro un tenero e filiale amore per DIO, loro Padre celeste, e per la Vergine Maria, loro Madre, ed un amore fraterno per il prossimo; il dono di scienza, che insegna loro a vedere DIO e il suo Cristo attraverso i misteri della natura; il dono di fortezza, che conferisce loro la potenza soprannaturale di vincere il demonio, il mondo, la carne; il dono del consiglio, che fa loro discernere infallibilmente le ispirazioni del buon DIO dalle suggestioni del demonio, e che procura loro una prudenza, una saggezza divina; il dono dell’intelletto, che li illumina sopranaturalmente circa il grande ed universale mistero del Verbo incarnato, principio e fine di ogni cosa, infine il dono della saggezza, o piuttosto della sapienza, che conferisce loro il gusto delle cose divine, l’amore intimo di Nostro-Signore e che li unisce perfettamente a questo adorabile Maestro. Vivendo nei suoi Preti, Nostro-Signore continua a rischiarare ed a santificare con essi la sua Chiesa, il Prete che la celebra, o per meglio dire, GESÙ-CRISTO che la celebra attraverso il Prete e nel Prete effonde sette volte lo Spirito-Santo sui fedeli con i sette “Dominus vobiscum”. Questo augurio di santità, i fedeli lo rinviano piamente al Prete che lo dona loro, come una specchio che riceve un raggio di luce e che lo riflette subito, conservandolo pur tuttavia. Alla Messa, il Prete ed i fedeli, non hanno che un cuor solo ed un’anima sola; GESÙ-CRISTO vive in tutti ed in ciascuno, e dona senza misura il suo Spirito e la sua grazia a tutti quelli il cui cuore è ben disposto. Bisogna ricevere e restituire questi benefici saluti del Prete con rispetto e con riconoscenza. Il Prete, dicendo al popolo i Dominus vobiscum, apre le braccia per mostrare che la grazia che augura loro, viene dal Cuore adorabile di GESÙ, santuario dello Spirito-Santo.

XXII

LE ORAZIONI, L’EPISTOLA ed IL VANGELO.

Dopo il Gloria, il Prete si porta al corno dell’altare che corrisponde alla sinistra del Crocifisso, e alla destra dell’assistente; e là, con le due mani tese e le braccia aperte, egli recita o canta le Orazioni; poi egli legge l’Epistola tratta sia dall’Antico che dal Nuovo Testamento; dopo recita una piccola preghiera chiamata “Graduale”, cioè preghiera del cammino, della processione. È in effetti durante il graduale che il diacono, alla Gran Messa, si prepara al canto del Vangelo, e va in processione al luogo ove adempiere a questa santa funzione. Dopo il Graduale, il Prete lascia il lato di sinistra dell’altare per passare a quello di destra. All’altare, la destra come la sinistra si calcola sempre dal Crocifisso. La sinistra, si chiama anche il lato dell’Epistola, la destra, il lato del Vangelo. È là in effetti che, rivolto a metà verso il popolo, mani giunte, il Prete legge il santo Vangelo; quando ha finito, lo bacia con rispetto e torna al centro dell’altare. – Durante il Vangelo, tutti sono in piedi. – Dicendo il Prete le Orazioni dal lato ove ha iniziato la Messa, recitandovi l’Epistola, rappresenta Nostro-Signore GESÙ-CRISTO, Figlio eterno di DIO, Re e Signore degli Angeli, di Adamo, dei Patriarchi e dei Profeti; e dall’origine del mondo, oggetto della loro adorazione, della loro fede, della loro speranza e del loro amore. Era Lui, infatti, e non il Padre e lo Spirito-Santo che, sotto una forma umana, appariva ad Adamo ed ai Santi della Legge antica. Egli li riempiva del suo Spirito, e pregava in essi e con essi. Questo significa il Prete che prega solennemente dal lato dell’Introito e dell’Epistola dal lato dell’antica Alleanza. Ma poiché una nuova Alleanza evangelica, la Legge della grazia, doveva succedere a questa prima Alleanza, alla Legge del timore, il Prete, rappresentando sempre il Prete eterno, GESÙ-CRISTO, passa dal lato sinistro al lato destro; dal lato dell’Epistola al lato del Vangelo, quindi dalla antica Legge al lato della Legge nuova. E siccome la fine dell’antica Alleanza è stata demarcata dall’inizio della nuova, per mezo della crocifissione del Figlio di DIO, il Prete, passando da un lato all’altro dell’altare, si arresta davanti al Crocifisso, alza gli occhi verso di Lui, si inchina profondamente per ricordare l’annientamento della divina Vittima del Calvario. Il Prete, e con lui tutti i fedeli tracciano con il pollice della mano destra un segno di croce sulla loro fronte, poi un altro sulle loro labbra, poi un terzo sul loro cuore, prima di iniziare la lettura del Vangelo; prima per purificare e santificare il loro spirito, le parole ed il cuore; poi, per mostrare che essi non arrossiscono del Vangelo: che essi credono a tutti i misteri e a tutte le parole di GESÙ-CRISTO! Che essi sono pronti a confessarlo con la bocca, e che hanno GESÙ-CRISTO nel cuore. – Una volta, tutti i cavalieri, a questo punto della Messa, estraevano la loro spada dal fodero e la tenevano in mano per tutto il tempo del Vangelo; mostrando così che essi erano soggetti e cavalieri del Grande Re GESÙ, pronti a difendere i suoi diritti, il suo onore e la sua Chiesa anche a costo della propria vita. Essi non la riponevano che alla fine del Credo, e dopo averla brandita nell’aria, in segno di coraggio. Che bella usanza! Quanto era nobile! Quanto cristiano! Haimé! Dove sono più questi bei tempi di fede?

XXIV

Il CREDO.

Il Credo, o simbolo della fede, si recita nei giorni di grande festa e durante le ottave, le domeniche, i giorni di festa degli Apostoli e dei Santi Dottori. Si dovrebbe restare in piedi durante tutto il Credo, così come durante il Vangelo. Il Prete lo recita al centro dell’altare, con le mani giunte, di fronte al Crocifisso. Quando arriva a queste parole: “et homo factus est” fa la genuflessione sempre davanti al Crocifisso. Alla fine del Credo, traccia su di sé un grande segno di Croce. In effetti la fede in GESÙ-CRISTO, DIO fatto uomo, Redentore del mondo, riassume e fa risplendere tutti gli altri misteri del Credo. Credere in GESÙ-CRISTO è credere in un solo Dio vivente e vero; è credere al Padre ed al Figlio e allo Spirito Santo; è credere al mistero dell’Incarnazione, al mistero della Redenzione che si sono operati nella Persona stessa di GESÙ-CRISTO; è credere ai misteri della Chiesa, vale a dire al regno nello stesso tempo celeste e terrestre di GESÙ-CRISTO quaggiù; infine credere alla remissione dei peccati, alla resurrezione della carne, alla vita eterna che GESÙ-CRISTO ci ha meritato con il sacrificio della Croce, reso perpetuamente presente sui nostri altari sotto forma incruenta. E dicendo il Credo con il Prete, occorre ringraziare Nostro Signore per averci fatti cristiani, e domandarGli il dono di una fede viva, purissima ed infrangibile. Nel cielo verremo a scoprire le grandi realtà alle quali oggi crediamo senza vederle. Solo vedranno coloro che avranno creduto: gli altri saranno ripagati della loro infedeltà con le tenebre eterne.

XXV

L’OFFERTORIO, e ciò che segue fino al PREFAZIO

Dopo il Credo inizia la preparazione immediata del Santo-Sacrificio. Il Prete dice dapprima una breve preghiera, chiamata Offertorio, cioè preghiera dell’offerta, simile alla preghiera dell’Introito, e più tardi a quelle della Comunione. Lo scopo di queste tre preghiere è di ravvivare nel cuore del Padre e di tutti gli astanti il ricordo della festa o del mistero del giorno. Poi il celebrante offre e benedice il pane o l’ostia che sarà mutato ben presto nel Corpo adorabile di Nostro-Signore, e quindi il vino che sarà cambiato nel suo Sangue. Egli mescola al puro vino, nel calice, una o due gocce di acqua per significare: innanzitutto l’umanità santa di GESÙ unita alla sua divinità, e formando con essa una sola Persona divina, Vittima del sacrificio della Croce e dell’altare; poi l’unione della Chiesa di tutti i fedeli con GESÙ, la Vittima santa; infine l’acqua ed il sangue che colarono dal costato aperto del Salvatore crocifisso, quando, qualche ora dopo la sua morte, un soldato di Pilato gli trafisse il cuore. Alcune volte all’Offertorio i fedeli portano al Prete le sacre offerte, cioè: del pane, del vino, dell’olio, della cera, delle elemosine. Aiutato dai diaconi e dagli altri ministri, il Prete conserva il pane ed il vino necessari per il Santo Sacrificio, e mette da parte il resto delle offerte, le quali serviranno per la sussistenza del clero, per la manutenzione delle chiese, o per il sollievo dei poveri. Il Prete si lava le mani prima di continuare la Santa Messa; più che conveniente, questa è una cosa necessaria. Oggi che gli usi sono cambiati, la Chiesa ha conservato il lavaggio delle mani, non solo come pio ricordo dell’antichità, ma ancora per ricordare al Prete la purezza assoluta con la quale deve toccare le cose sante e celebrare l’adorabile mistero dell’altare. Per l’ultima volta prima dell’Elevazione, il Prete si gira verso il popolo e lo invita a raddoppiare il fervore ed il raccoglimento nella preghiera, man mano che si avvicina il momento della Consacrazione. Nel nome di GESÙ-CRISTO, egli augura ai suoi fratelli la grazia di una preghiera perfetta dicendo loro queste brevi parole, semplici ma espressive: « Orate fratres! Pregate fratelli miei »! e comincia egli stesso a mettere in pratica questa esortazione a questa grazia, recitando sommessamente, intimamente unito a GESÙ, agli Angeli ed ai Beati, la preghiera chiamata “Secreta”. Egli poi la conclude ad alta voce, come per far partecipare la Chiesa della terra alla preghiera del Prete celeste e della Chiesa del cielo, e dice la grande parola dell’eternità: «Per omnia sæcula sæculorum, per tutti i secoli dei secoli ». la Chiesa della terra ascolta questa voce ed unendosi in effetti alla preghiera segreta, tutta divina, di GESÙ e della corte celeste, risponde. “Amen”, così sia: la parola Amen ha questi due sensi. Nello stesso tempo è una supplica ed un’affermazione. Bisogna sempre rispondere gli Amen della Messa con grande fede, invece di dirli per abitudine o alla leggera, come spesso purtroppo succede.

XXVI

IL PREFAZIO ed il SANCTUS.

La parola “prefatio” vuol dire “ciò che si dice prima”; il Prefazio è in effetti una preghiera solenne, più angelica che umana, e tutti gli Angeli, gli Arcangeli, i Cherubini, i Serafini sono pubblicamente chiamati e convocati dal ministro della Chiesa a venirgli in aiuto ed aiutarci tutti ad adorare degnamente GESÙ nell’Eucaristia, e con GESÙ, ad adorare degnamente la Santissima Trinità, il solo vero DIO vivente, il DIO del cielo e della terra. Alla Messa solenne, il Prete canta il Prefazio su di un ritmo incomparabilmente bello, che la Chiesa ha mutuato dall’antichità greca ed ebraica. Io non penso che l’orecchio umano possa ascoltare un canto più grandioso, più puro, più toccante, più divino di quello del Prefazio, quando il Prete lo canta bene. Egli conclude il Prefazio congiungendo le mani, inchinandosi profondamente, e recitando a nome della Chiesa della terra, con la Chiesa del Cielo, il Sanctus, le cui parole sono tratte in parte dal Profeta Isaia, ed in parte dal santo Vangelo. L’inizio del Sanctus è il grido di amore ed adorazione dei Serafini, prosternati nel cielo davanti al Signore; la fine è il saluto, l’Osanna trionfale con il quale lo stesso Signore incarnato è stato acclamato già in Israele, nel giorno del suo ingresso a Gerusalemme. È Lui, Lui stesso, è GESÙ, il Figlio di DIO fatto uomo, il Re degli Angeli ed il Re di Israele, che in un istante sta per scendere dal cielo in terra e apparire in mezzo alla sua Gerusalemme quaggiù, in mezzo al nuovo Israele, sotto i veli dell’Eucaristia!

XXVII

Cosa rappresentano le mani di stese del Prete.

Durante il Prefazio e durante le preghiere del Canone [Canone è una parola greca che significa Regola. Si chiama così questa parte della Messa perché essa è una regola immutabile di preghiere che non cambia in nessuna festa, e che risale ai secoli apostolici] il Prete tiene le braccia aperte ed estese, girate l’una verso l’altra. La Chiesa fa pregare il Celebrante così durante le Orazioni, durante il Prefazio ed il Canone della Messa, e durante il Pater, per ricordare che il sacrificio dell’altare è lo stesso di quello del Calvario, e che dall’inizio fino alla fine del mondo, la vera preghiera gradita a DIO è stata fatta e si fa e si farà in unione a GESÙ crocifisso, per GESÙ-CRISTO, ed in GESÙ-CRISTO. Queste due mani consacrate dal Vescovo nel giorno dell’Ordinazione rappresentano i due grandi Arcangeli, san Michele e San Gabriele, che il Profeta Isaia vedeva in adorazione davanti al Signore; che Mosè aveva comandato di raffigurare nel Santo dei Santi, in adorazione davanti al Propiziatorio dell’Arca dell’Alleanza; che la Chiesa simbolizza sull’altare, durante il Santo-Sacrificio, con i due ceri accesi a destra ed a sinistra del Crocifisso, come abbiamo visto. Esse rappresentano ancora le suppliche unite della Chiesa degli Angeli e della Chiesa degli uomini, che entrambe adorano e pregano GESÙ, il DIO dell’altare. Infine esse rappresentano l’Antico ed il Nuovo Testamento, gli eletti dell’antica Alleanza e quelli della Alleanza nuova, offerenti a DIO le loro lodi e le loro preghiere per mezzo dello stesso GESÙ-CRISTO, Mediatore dell’una e dell’altra. O come le mani dei nostri Preti sono sante e sacre! Nei paese di fede, è d’uso baciarle religiosamente, nelle strade, alla passeggiata, dappertutto ove si incontri un Prete. A Roma, ho visto spesso dei fanciulli lasciare i loro giochi per venire a baciare la mano di un Prete che passava. Nel Tirolo, ho visto dei buoni operai lasciare per un momento i loro aratri a riposo scorgendo un Prete, accorrendo verso di lui per chiedere la sua benedizione, baciare la sua mano e tornare felici al lavoro. Durante le prime orazioni della Messa, le due mani stese del Prete, rappresentano più particolarmente i due Testamenti, adorando GESÙ-CRISTO, il DIO dei Patriarchi e dei Profeti, e così la Chiesa degli Angeli, unita alla Chiesa patriarcale e mosaica per rendere al vero DIO, sempre per GESÙ-CRISTO, gli omaggi che Gli sono dovuti. Durante il Vangelo e durante il Credo, le due mani del Prete sono giunte, esse rappresentano gli Angeli e gli uomini, l’antica Alleanza e la nuova, unite in un’unica fede, ed in uno stesso amore verso GESÙ-CRISTO, il DIO del Vangelo, il DIO dell’Eucaristia.

XXVIII

Il CANONE della Messa e la CONSACRAZIONE.

Al partire dal Sanctus, tutti devono essere in ginocchio, nel raccoglimento più profondo e nell’attesa delle venuta di Nostro Signore GESÙ-CRISTO sull’altare mediante la Consacrazione. Il silenzio più religioso deve regnare in tutta la chiesa. – Al “Sanctus” il servente Messa accende un cero vicino a lui su di un candelabro o fissato al muro, dal lato dell’Epistola. Questo cero illuminato esprime, da un lato, la fede viva ed ardente dei fedeli alla presenza reale del Signore nell’Eucarestia; e dall’altro GESÙ-CRISTO stesso, resuscitato e glorificato, luce del mondo, presente sull’altare. Questo cero si spegne dopo la Comunione dei fedeli; e durante la Comunione il servente lo tiene in mano, precedendo il Prete e accompagnando con onore il Santissimo Sacramento. Le preghiere del Canone datano dai tempi primitivi della Chiesa. Prima di consacrare, il Prete fa memoria di tutta la Chiesa militante, del Sovrano Pontefice, del Vescovo della diocesi, di tutti i cristiani, ed in particolare degli astanti, e di coloro che si sono raccomandati più specialmente alle sue preghiere. Poi egli convoca ed invoca tutta la Chiesa trionfante, la Santissima Vergine, San Pietro, tutti gli Apostoli, tutti i Martiri, tutti i Santi; perché il Re del cielo sta per scendere nelle sue mani. Egli benedice, santifica a più riprese il pane ed il vino, che stanno per essere consacrati e, completate tutte le preparazioni, egli si inchina, e GESÙ consacra per lui, con lui ed in lui, prima il pane nel suo Corpo, poi il vino nel suo Sangue. Durante ogni consacrazione, il Prete fa la genuflessione e adora il suo Dio; Lo eleva sopra la sua testa, poi Lo fa vedere ed adorare da tutti gli astanti, e dopo averLo depositato sull’altare, Lo adora di nuovo facendo la genuflessione. – La Consacrazione o Elevazione è il momentp più solenne, il più divino della Messa. È come il centro del Santo-Sacrificio, con la Consacrazione il Figlio di DIO e della Santa Vergine, l’Adorabile, il dolce Salvatore, si rende veramente e realmente presente sui nostri altari, sotto le apparenze del pane e del vino. L’Ostia consacrata sembra essere pane, ma essa in realtà è il Corpo vivente di GESÙ-CRISTO; Corpo celeste e deificato, resuscitato e tutto divino, che i nostri occhi terrestri non possono vedere, ma che vedremo faccia a faccia nella gloria del cielo, quando, resuscitati a nostra volta, saremo nel cielo con il nostro divino Capo. Con il Corpo di GESÙ, sono presenti nell’Ostia santa il suo Sangue, la sua anima, la sua divinità. Nel calice, il vino consacrato “sembra” essere del vino, ma questa non è che semplice apparenza e, in realtà, è il Sangue adorabile di GESÙ-CRISTO. Con il suo Sangue, c’è il suo corpo, la sua anima, la sua divinità, inseparabili l’una dalle altre. E non è solo GESÙ, la seconda Persona della Trinità, che è presente la sull’altare; con Lui c’è DIO il Padre, e DIO lo Spirito Santo, la Trinità tutta intera; perché il Padre e lo Spirito Santo, sono inseparabili dal Figlio. E così l’Eucaristia è veramente e realmente il buon DIO presente sull’altare; è GESÙ-CRISTO, corporalmente presente sotto le apparenze del pane e del vino, è il Signore, centro vivente del cielo, in cui abita corporalmente la pienezza della divinità. Tutti gli Angeli sono in adorazione attorno all’Eucaristia; tutti gli uomini dovrebbero esservi ugualmente ed anche essi dovrebbero, se possibile, esservi con zelo ancora maggiore, perché è per essi e non per gli Angeli che il Signore del cielo si è reso così sacramentalmente presente sulla terra. GESÙ non è presente sulla terra se non con il Santo-Sacramento e di conseguenza, con il santissimo Sacrificio della Messa. – Così l’altare ed il tabernacolo sono il luogo di appuntamento di tutte le anime pie. La Messa è la più divina di tutte le cose divine che esistono quaggiù. È il cielo che si abbassa, discendendo interamente sulla terra; è per eccellenza l’atto dell’amore e della misericordia di DIO verso gli uomini, è il centro di tutta la Religione; e questa piccola ostia, che sembra essere così poca cosa, è il collegamento vivente della terra con i cieli; il punto di congiunzione della Chiesa militante con la Chiesa trionfante; è GESÙ in mezzo a noi; è DIO con noi!!

XXIX

Dalla CONSACRAZIONE fino alla COMMUNIONE

 Dopo la Consacrazione, bisogna restare in adorazione, senza muoversi e, potendo, in ginocchio fino alla Comunione. In quel momento, gran DIO! Resteremo inginocchiati: Lui è là! È un vero inconveniente sedersi dopo la Consacrazione, quando non si è infermi né malati. Questo denota a colpo sicuro, una fede ben poco viva ed una religione superficiale. Dopo la Consacrazione e fino al Pater, il Prete continua, nel celeste segreto dell’altare, le preghiere del Canone, piene di ineffabili misteri. Egli traccia a più riprese sulla santa Ostia e sul Calice, dei segni di Croce; queste non sono delle benedizioni (perché non si benedice Colui che è l’autore ed il principio di ogni benedizione); questi sono dei segni destinati ad esprimere innanzitutto l’unione di GESÙ-CRISTO con tutti gli eletti, che sono suoi membri; poi l’unione che esiste tra la prima e la seconda venuta di questo divino Salvatore. Nella prima venuta, GESÙ è disceso dal cielo sulla terra per soffrire ed offrirsi in Sacrificio. Resuscitato, Egli è risalito al cielo, da dove tornerà pieno di gloria a giudicare i vivi ed i morti, cioè gli eletti ed i riprovati. Questo ritorno glorioso, è quello che si chiama la seconda venuta di GESÙ-CRISTO. Ma poiché Egli ci ama con infinita tenerezza, non ci abbandona sulla terra, lungo i secoli che separano la prima e la seconda venuta: è principalmente con l’istituzione del Sacrificio e del Sacramento dell’Eucaristia, con la Messa e con la Comunione, che Egli viene a noi e dimora con noi durante il nostro pellegrinaggio. Prima di dire ad alta voce il Pater, il Prete fa memoria della Chiesa sofferente, cioè delle anime del Purgatorio, e supplica il Padre celeste in nome di GESÙ-CRISTO, suo Figlio, presente sull’altare, di alleviare e liberare queste povere anime riscattate dalla Vittima divina. Egli fa questa preghiera in nome della Chiesa trionfante, di modo che, davanti alla Santissima Trinità e davanti a GESÙ, si trova il rappresentante della Chiesa tutta intera, trionfante, militante e sofferente. Il Pater, con le preghiere e le cerimonie che seguono, si riconduce alla seconda venuta di GESÙ-CRISTO, ed a questo grande trionfo al quale tutti partecipiamo se abbiamo la fortuna di vivere e morire nella grazia del buon Dio. In effetti, membri viventi di GESÙ-CRISTO, noi resusciteremo tutti nel momento in cui il Figlio di DIO apparirà in mezzo agli uomini, discendendo, come lo annuncia Egli stesso, “sulle nubi del cielo con tutti i suoi Angeli”. Con Lui noi giudicheremo i riprovati ed i demoni, e regneremo per sempre. Questa seconda venuta di GESÙ-CRISTO avrà luogo alla fine della sesta età del mondo: è per questo che il Prete, che ha tenuto le braccia aperte e le mani alzate durante le sei prime domande del Pater, le abbassa sull’altare dopo la sesta, e lascia dire al servente, che parla in nome di tutto il popolo fedele: “Sed libera nos a malo” [ma liberaci dal male]. In effetti noi non saremo liberati assolutamente e totalmente dal male, cioè dal demonio, dal peccato, dalla sofferenza e dalla morte, che per la seconda venuta del nostro Salvatore. Ora noi combattiamo il male; ma noi non siamo liberati. “Beato e santo, grida l’Apostolo S. Giovanni, colui che avrà parte a questo futuro regno di DIO!

XXX

La Comunione.

Nostro Signore, in qualità di DIO vivente, deve e vuole avere degli altari viventi, dei tabernacoli viventi. Ecco perché, disceso sull’altare per la consacrazione, Egli vuole che dapprima il suo Prete, poi i fedeli, comunichino, vale a dire, ricevano nel loro corpo e nel loro cuore, il Sacramento adorabile dell’Eucaristia. Per il Prete che celebra la Messa, la Comunione è assolutamente obbligatoria. Per i fedeli, è consigliata. Il Concilio di Trento « … desidererebbe (parole testuali) che tutte le volte che assistono alla Messa i fedeli vi comunicassero sacramentalmente, e non solo spiritualmente, alfine di raccogliere più abbondantemente i frutti di questo Santissimo Sacrificio. » – Quando si è in uno stato di grazia e si è ben preparati, e quando il confessore lo approva, si dovrebbe comunicare tutte le volte che si assiste alla santa Messa. Questo è più perfetto, più cristiano, più umile, in una parola è meglio comunicare alla Messa che non comunicarvi; quando si comunica con fede e con sincera buona volontà, non ci si comunica mai troppo spesso, e sempre la comunione è di profitto all’anima. Prima di ricevere il buon DIO, il Prete si batte il petto e ripete a voce alta, per tre volte, il grido di umiltà e di fiducia: « Domine, non sum dignus! Signore, io non sono degno che voi entriate in me; ma dite solo una parola e la mia anima sarà guarita. » Quando il Prete si è comunicato egli stesso sotto la specie del pane e sotto la specie del vino, il servente, a nome di tutti i fedeli che vogliono comunicare a loro volta, recita ad alta voce il Confiteor. Qui, come all’inizio della Messa, questo bell’atto di confessione ha come scopo di cancellare anche i minimi peccati veniali che potrebbero ancora offuscare la purezza dei comunicanti. Il Prete, a metà girato verso di loro, dà l’assoluzione generale dei loro peccati. Questa non è l’assoluzione sacramentale, che sola ha la virtù di cancellare i peccati mortali; è semplicemente una preghiera ed una benedizione che cancellano i peccati veniali. Poi il Prete prende e presenta la Santissima Ostia, ripetendo a nome di tutti il triplice « Domine, non sum dignus, » che egli aveva detto per se stesso, prima di comunicare. Egli discende i gradini dell’altare, preceduto dal servente che porta rispettosamente il cero dell’Elevazione; e facendo un segno di croce con il Santo Sacramento, depone l’Ostia adorabile sulla lingua del comunicante. Egli dice ad ogni fedele, dandogli il suo DIO: «Che il corpo di Nostro-Signore GESÙ-CRISTO custodisca la tua anima per la vita eterna! Così sia. » Quale parola divina! E qual bel mistero! È il corpo di GESÙ che custodisce le nostre anime; è il corpo resuscitato, glorificato, immortale, il Corpo celeste e deificato del Salvatore che preserva le nostre povere anime dalla corruzione del mondo, ed in particolare dalle influenze cattive del nostro corpo terrestre, mortale e corrotto. Oltre le disposizioni dello spirito e del cuore, che ciascuno sa, bisogna essere accorti a ben tenersi alla tavola di comunione; quando il Prete si avvicina, bisogna tenere la testa dritta, avere gli occhi abbassati, aprire la bocca mediocremente, né troppo, né troppo poco, portare un po’ in avanti la lingua poggiandola sul labbro inferiore, perché il Prete vi possa posare facilmente l’Ostia santa, e non ritirare la lingua se non dopo che l’Ostia sia ben poggiata. Vi sono alcuni che tengono la testa abbassata, di modo che il Prete non vede cosa fa; altri aprono appena la bocca; altri non sporgono la lingua; altri l’avanzano talmente che essa pende sul mento, come una bandiera. C’è chi muove la testa con compunzione, a destra, a sinistra; chi risponde “Amen”, nel momento in cui il Prete li comunica; chi si ritira precipitosamente, prima che la santa Ostia sia posata sulla lingua, etc. … tutto questo è molto sconveniente; e di più è molto pericoloso; la maggior parte degli incidenti che si verificano alla santa tavola, vengono dalla mal destrezza o dall’incuria di coloro che si comunicano. Non bisogna del resto scandalizzarsi né rattristarsi oltre misura se disgraziatamente un’Ostia o una particola cade sulla tovaglia della comunione, oppure a terra. Nostro Signore non è offeso né disonorato in alcun modo per un incidente di questo genere, dal momento che esso non deriva da negligenza; nell’Eucarestia, il Corpo celeste di Nostro-Signore è assolutamente al riparo da ogni sporcizia, così come è al riparo da ogni sofferenza e da ogni alterazione. È il segno sensibile della sua presenza, è il Sacramento che solo è suscettibile di incidenti o di profanazione; di modo che, quando non c’è cattiva intenzione, non c’è alcun peccato, né mortale né veniale, negli incidenti di cui parliamo; e, cosa ben consolante, gli empi che profanano il Santo-Sacramento, hanno un bel fare, essi non possono raggiungere Nostro-Signore, e non fanno male se non alla loro anima malvagia. Dopo aver dato la Comunione ai fedeli, il Prete sempre preceduto dal servente con il cero, risale sull’altare e deposita l’adorabile Eucaristia nel Tabernacolo, che egli richiude a chiave. Benché sia forse più regolare comunicare durante la Messa, come stiamo dicendo, è perfettamente permesso, e talvolta anche preferibile, comunicare fuori dalla Messa, o immediatamente dopo la Messa, o prima, oppure senza Messa. La Comunione è in effetti indipendente dal Santo-Sacrificio, come il frutto, una volta colto è indipendente dall’albero che lo ha prodotto. L’albero che produce il frutto divino dell’Eucaristia, è il santo Sacrificio della Messa, il quale produce il Sacramento. La Chiesa conserva il frutto divino nel ciborio e nel Tabernacolo, da dove essa estrae ogni qual volta i suoi figli le chiedono il loro nutrimento. È talmente permesso e legittimo comunicare fuori dalla Messa, anche quando si può ascoltare la Messa, che la Chiesa ci obbliga, a noi altri Preti, a dare la Comunione a tutti coloro che ce la chiedono e quando essi ce la chiedono, a meno che non si sia impediti da una grave ragione e ci obbliga sotto pena di peccato. È in effetti nostro dovere facilitare, per quel che possiamo, l’accesso dei Sacramenti a tutti i fedeli, poveri, ricchi, operai, servitori, fanciulli. Il Prete è il servo delle anime e, se è anche nello stesso tempo loro padre, non ne è il loro padrone!

XXXI

Dopo la COMUNIONE fino al termine della Messa.

Dopo la Comunione, il Prete toglie, dapprima con un po’ di vino, poi con un po’ d’acqua e vino, le particelle del Santo-Sacramento che avrebbero potuto attaccarsi alle parte interne del calice o alle sue dita. È ciò che si chiamano le “abluzioni”. Dopo aver asciugato, messo in ordine e ricoperto il calice, si dirige al lato dell’Epistola, là dove ha iniziato la Messa; egli recita, con le mani giunte come all’introito, la piccola reghiera chiamata Communio; dopo aver salutato gli astanti, dal centro dell’altare, con il “Dominus vobiscum” recita, sempre dal lato dell’Introito, l’orazione o le orazioni dette Postcommunio. Di seguito chiude il libro, torna al centro dell’altare, saluta un’ultima volta e congeda l’assemblea dicendo: “Ite, Missa est”: andate, la Messa è finita”. Infine egli da un’ultima benedizione e recita l’ultimo Vangelo. Dopo ciò, ridiscende dall’altare, si inchina davanti al Crocifisso o fa la genuflessione davanti al Santo-Sacramento chiuso nel Tabernacolo, e rientra nella sagrestia, preceduto dal servente. Là dismette i vestimenti sacerdotali e fa religiosamente la sua azione di grazie. I fedeli che hanno comunicato la fanno da parte loro. L’azione di grazie deve durare almeno dieci minuti o un quarto d’ora, essere non troppo lunga, né troppo raccolta, né troppo fervente. Così come il Prete recitando l’introito all’inizio della Messa rappresentava GESÙ-CRISTO, Figlio eterno di DIO, completando del suo spirito di religione gli Angeli, Adamo ed i primi Patriarchi, dall’origine del mondo; allo stesso modo al Communio e Postcommunio, il Prete rappresenta GESÙ-CRISTO, Re di gloria, trionfante con tutti i suoi eletti, dopo la sua seconda venuta, regnante pacificamente con essi su ogni creatura. Le mani riunite del Prete, al Communio, significano l’unione dell’antico popolo di DIO, convertito alla fede cristiana dopo tanti secoli di ostinazione, con il nuove Israele, vale a dire la Chiesa cattolica. Non vi sarà allora che « un solo gregge ed un solo Pastore ». Durante le Orazioni le mani stese del Celebrante rappresentano l’ammirabile unione dell’adorazione e della preghiera degli Angeli e degli uomini in questo momento di gloria, di pace, di felicità, di trionfo universale: i demoni ed i riprovati saranno cacciati fuori: « foras », come dice il Vangelo; ogni creatura sarà sottomessa a GESÙ-CRISTO, sulla terra come in cielo, GESÙ e MARIA regneranno, come è giusto e legittimo, sulla intera creazione; la Chiesa, cioè la società dei figli di DIO, il regno universale di GESÙ e di MARIA, comprenderà tutti gli Angeli, tutti gli uomini, tutte le creature fedeli e sante; « e Dio sarà tutto in tutti, » come è predetto nella Scrittura. La benedizione finale della Messa significa la fine dei tempi e la benedizione eterna che il Re del Cielo, GESÙ-CRISTO, darà a tutti i beati, in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito-Santo, quando li introdurrà per sempre nella santissima Eternità. L’ultimo Vangelo, il Vangelo di San Giovanni, è come un inno di adorazione, di azione di grazie e di fede viva in GESÙ-CRISTO, il Verbo fatto carne, vero DIO e vero uomo, Prete eterno e vittima divina del grande sacrificio che il Padre viene a celebrare sotto i veli eucaristici. Non è che dopo questo ultimo Vangelo che i ceri della Messa devono essere spenti.

XXXII

Qualche cerimonia propria alla Messa Solenne.

La Messa solenne, o Messa cantata, viene celebrata da un sacerdote, assistito ordinariamente da due ministri inferiori, il Diacono ed il Sotto-Diacono. C’è in effetti nel Sacerdozio cattolico una gerarchia, i cui quattro gradi più elevati sono il sotto-diaconato, il diaconato, il sacerdozio, e l’episcopato. Dal punto di vista della Santa Messa, l’episcopato dà il potere di consacrare ai Preti, ministri dell’Eucaristia; il sacerdozio, di celebrare il Santo-Sacrificio; il diaconato di assistere il Prete all’altare, di toccare i vasi sacri che contengono l’Eucaristia e di dare la Comunione, in caso di necessità; il sub-diaconato di assistere il Prete ed il Diacono all’altare e toccare i vasi sacri quando non contengono il Santo Sacramento. Al posto della casula, il Diacono è rivestito, all’altare, di un ornamento chiamato “dalmatica”, ed il sub-diacono di un ornamento della stessa forma, ma che dovrebbe essere un po’ meno ampio, e che si chiama “tunica”. Alla Messa solenne, il Diacono canta solennemente il Vangelo e rappresenta la nuova Alleanza, la Legge della grazia: il Sub-diacono che legge solennemente le profezie, rappresenta l’antica Alleanza, inferiore alla Legge di grazia. Il Prete, tra il Diacono ed il Sub-diacono, raffigura Nostro-Signore GESÙ-CRISTO, DIO e Salvatore dell’una e dell’altra Alleanza. Per il canto del Vangelo, il Sub-diacono tiene il libro santo, aperto ed appoggiato sul suo petto, come un pulpito vivente. Il Diacono può leggerlo, perché la nuova Alleanza conosce GESÙ-CRISTO ed è iniziata ai suoi adorabili misteri; ma il Sub-Diacono, simile all’altica Alleanza, non fa che presentare alla nuova Alleanza, alla Chiesa cristiana, questo Cristo che essa ha avuto la sventura di non conoscere, donandolo al mondo. Durante il canto del Vangelo, il Prete è in piedi all’altare, rivolto verso il libro sacro. In effetti GESÙ-CRISTO, Re dei cieli, rappresentato dal Celebrante, è Colui che già durante la sua vita mortale ed umiliata, ha detto, ha fatto tutto ciò che contiene il santo Vangelo. Dopo il Credo, il Sub-Diacono presenta al Diacono il pane ed il vino, materia del Sacrificio; come l’antica Alleanza ha fornito alla nuova Alleanza il corpo ed il sangue che il Figlio di DIO si è degnato di unire dapprima e poi immolare sulla Croce, per riscattarci. E come l’antico popolo di DIO, dopo aver compiuto questo grande mistero, ha rinnegato GESÙ-CRISTO, e non Lo riconobbe suo Salvatore; così il Sotto-Diacono, che lo raffigura, discende dall’altare dopo avere dato al Diacono il pane ed il vino, e resta fino al Pater ai piedi dell’altare, avvolto da un velo e tenendo la patena davanti agli occhi, simbolo suggestivo dell’accecamento dei Giudei. Verso la fine dei tempi, all’approssimarsi dell’anticristo, i giudei si convertiranno; quello che era stato il popolo di DIO lo ridiventerà, entrerà nella Chiesa, diventerà cattolico: per questo motivo, il Sotto-Diacono risale sull’altare verso la fine del Pater, prende nuovamente posto con il Diacono a lato del Celebrante, cioè GESÙ-CRISTO, e partecipa alfine, con il Diacono, alle benedizioni ed alle glorie dell’altare. Nella Messa solenne ove non c’è il Diacono ed il Sotto-Diacono, cosa che succede quasi sempre nelle zone di campagna, il Prete canta sull’altare l’Epistola ed il Vangelo.

 

XXXIII

Le incensazioni ed il loro significato.

Nella Messa solenne, ci sono quattro incensazioni. È una bella cerimonia che consiste nel far bruciare incenso benedetto sui carboni ardenti dell’incensiere, ed ad avviluppare col fumo odoroso di questo incenso, sia l’altare, sia i ministri dell’altare, sia gli stessi fedeli. Ci sono qui tre grandi e bellissimi misteri. L’incensiere, pieno di fuoco, raffigura la santa umanità del Figlio di DIO, tutta piena del fuoco dello Spirito Santo. L’incenso con il suo bel vapore bianco che sempre sale, raffigura la preghiera e le adorazioni della Chiesa che, unite alla preghiera divina di GESÙ-CRISTO salgono fino al trono di DIO. La prima incensazione ha luogo prima dell’introito, quando il Prete è salito sull’altare. Il Celebrante incensa dapprima tre volte il Crocifisso, in segno di adorazione; questa adorazione si rivolge alla Santissima Trinità e a Nostro Signore GESÙ-CRISTO, DIO fatto uomo; poi egli incensa dodici volte ogni lato dell’altare, a nome di tutti i fedeli della Legge antica, rappresentata dai dodici Patriarchi, ed in nome della nuova Legge, rappresentata dai dodici Apostoli. Poi il Prete stesso è incensato, come rappresentante GESÙ-CRISTO, il Sacerdote sovrano ed il Pontefice eterno della Chiesa. Questa grande incensazione, che precede immediatamente l’introito, ha lo stesso carattere angelico del Kyrie, il Gloria e tutto ciò che accade sull’altare in questi inizi della Messa: l’incenso della preghiera dei fedeli dell’antico e del nuovo Testamento sale al cielo ed arriva fino al Signore, scortata, per così dire, vivificata e come portata dai santi Angeli. La seconda incensazione ha luogo al Vangelo. Il Prete incensa tre volte il libro dei Vangeli prima di cantare il Vangelo del giorno; e dopo averlo cantato, egli riceve a sua volta l’incensazione. Questo incenso di adorazione è offerto non al libro, ma a Colui di cui il libro parla e che parla nel libro; non all’uomo, ma a GESÙ-CRISTO, Sacerdote dei Sacerdoti, di cui il Celebrante prende il posto sull’altare. La terza incensazione ha luogo immediatamente dopo l’offerta del pane e del vino. Essa è simile alla grande incensazione dell’inizio della Messa, ed ha lo stesso significato; solo il Celebrante comincia ad incensare ciò che vi è di più degno, e cioè il pane ed il vino che devono essere cambiati nel Corpo e nel Sangue di GESÙ-CRISTO. Questo incenso esprime le adorazioni degli eletti e dei Santi dell’antica Legge, che in anticipo riconoscevano ed adoravano la Vittima divina della salvezza GESÙ-CRISTO, rappresentata dalle vittime e dai sacrifici tutti materiali della Legge patriarcale e mosaica. Dopo l’incensazione del Prete, ha luogo l’incensazione dei ministri dell’altare, del clero ed infine del popolo fedele; non è affatto agli uomini, lo ripetiamo, che si offre l’incenso sacro; è a Nostro Signore, che è Sacerdote nei Sacerdoti, e Santo nei Santi. Per la sua santa grazia, Egli vive ed abita nelle nostre anime battezzate, che Gli sono intimamente unite, come i rami sono uniti al tronco. È Lui, è GESÙ che la Chiesa incensa nei Sacerdoti e nei fedeli. Per ricevere l’incenso, bisogna alzarsi rispettosamente, e rendere il saluto al chierico che ce lo porta. – Infine, la quarta incensazione si fa al momento dell’Elevazione, e simbolizza la fede viva, le adorazioni profonde di tutto il popolo cristiano in presenza del suo DIO velato nell’Eucaristia. [continua…]

 

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.