L’INFALLIBILITA’ DEL PAPA (II)

UNA LEZIONE DI CATECHISMO: L’INFALLIBILITÀ DEL PAPA (II)

H. MONTROUZIER. S. J.

[Lettera sul futuro Concilio ecumenico. In Rév. Des  Sc. Eccl. 3a SERIE, T. I.  — APRILE 1870.]

III.

D. Come mai, però, diversi Pontefici sono accusati di aver sbagliato nella definizione delle questioni di fede?

R. « La costante applicazione dei nemici dell’autorità dei sovrani Pontefici si è sempre esercitata nel trovare errori nelle loro definizioni: ma essi non hanno mai potuto scoprire alcun errore contro i dogmi, che sia stato enunciato da alcun Romano Pontefice, come Pontefice e Dottore della Chiesa. » Così dice S. Liguori (P. Jacques, op. cit., p. 171). Non potendo seguire il santo Vescovo nello sviluppo delle sue prove, mi limito ad una breve riflessione sui Pontefici più gravemente incriminati, che sono i Papi San Liberio, Vigilio e Onorio. – Ora, la caduta di Papa San Liberio è così incerta che Bossuet non credeva di poterne trarre un argomento contro l’infallibilità. Inoltre, è stato dimostrato mille volte che il santo Papa non ha mai disertato l’ortodossia. Deve essere menzionato il magnifico lavoro di M. Edouard Dumont nella Revue des questions historiques. – Per quanto riguarda Papa Vigilio, non solo non ha sbagliato nella fede, ma il famoso Pierre de Marca, poco sospettabile di parzialità a favore dei Papi, ha composto una dissertazione per stabilire l’alta prudenza di cui il Pontefice fece prova negli atti per i quali è così duramente rimproverato.  – Per quanto riguarda Onorio, il vescovo di Grenoble ha recentemente dichiarato al suo clero (20 luglio 1868). « Che né la fede cattolica, né la dottrina dell’infallibilità del Papa, che definisce ex Cathedra, e nemmeno la fede personale di Onorio sono in discussione nei dibattiti sollevati in occasione del sesto Concilio. San Alfonso de’ Liguori, che tratta molto bene la questione di Onorio, giunge alla conclusione: « Egli doveva tranciare l’errore dal principio, ed è sotto questo aspetto che ha mancato (ibid., p. 179. Si veda la notevole dissertazione di Pierre de Marca nella Patrologia del Migne, t . LXIX, p. 127 e seguenti). » – Perché non dire di sfuggita che tutti coloro che predicano la moderazione oggi raccomandano ai Padri del Concilio di imitare la condotta che essi rimproverano così duramente nel Papa? Se Onorio ha prevaricato tacendo sull’errore che osava mostrarsi, perché i Padri del Concilio non dovrebbero “prevaricare” a loro volta tacendo anche sugli errori che pervadono il nostro secolo? Avviso a P. Gratry! (il p. Gratry ritrattò poi completamente la sua posizione fallibilista – ndr. -) Ma torniamo indietro. Che valore ha l’obiezione dedotta dagli errori più o meno numerosi commessi dai Papi nell’esercizio della loro suprema autorità? Rispondo che questa obiezione non ha alcun valore, finché non si portano fatti positivi e incontestabili. Ora, questi fatti non saranno mai portati. I critici più maligni si sono consumati senza successo. Tournély concorda volentieri sul fatto che le presunte colpe dei Papi non esistono e non provano nulla; arriva a rammaricarsi che si screditi la causa gallicana volendola sostenere con argomenti così speciosi (De Ecclesia, t. II., p. 183 ss.). E ora, cosa si può dire di quegli uomini che passano il loro tempo a ripetere calunnie che sono state confutate già mille volte? È la loro ignoranza o la loro malafede che deve essere stigmatizzata? – Che dire, soprattutto, dell’impudenza che insulta la Chiesa universale imputandole la falsificazione calcolata del suo libro di preghiere; così che, per tre secoli, la Chiesa, che è la colonna della verità, ha costretto i suoi sacerdoti ad aprire ogni giorno la bocca per recitare odiose menzogne? È una follia, una bestemmia? O Dio, vendicate la vostra Chiesa!

D. Bisogna convenire che l’infallibilità difficilmente può essere concepita in uomini viziosi, come purtroppo sono stati troppi Papi.

R. Prima di tutto, vi prego di osservare che il numero dei Papi viziosi è stato molto sopravvalutato; tanto che oggi i protestanti onesti sono essi stessi i vendicatori dei nostri Pontefici ingiustamente calunniati. Nientemeno che pure Papa Alessandro VI è stato in qualche modo riabilitato dall’anglicano Roscoë! Ma dopo tutto, cosa dimostra l’obiezione? Se potesse avere una qualche forza, essa proverebbe che un sacerdote indegno è, per il fatto stesso della sua indegnità, privato del potere di amministrare validamente le cose sante. Eccoci dunque in piena eresia di Wicleff, e nella Chiesa invisibile dei luterani, come il Vescovo di Rodez osservò con perfetta precisione al Vescovo Maret, autore dell’obiezione. – Una volta per tutte, dobbiamo essere convinti che le grazie concesse da Nostro Signore ai suoi ministri per la guida delle anime sono indipendenti dalle disposizioni del soggetto che le riceve. L’infallibilità del Romano Pontefice non gli è data per il suo bene, così come il potere di perdonare i peccati non è dato al sacerdote per il suo bene. Il Papa è infallibile, e il sacerdote è investito di poteri soprannaturali solo a beneficio dei fedeli. Sono in tutti i casi strumenti di Dio. Che siano santi o no, lo Spirito Santo continuerà a servirsi di loro per la dispensazione delle sue grazie. Egli è, infatti, il primo Autore dei prodigi da loro compiuti, e questo musicista celeste produrrà la sua divina armonia con una lira d’oro così come con una lira di legno il più grezzo.  Ancora una volta, l’infallibilità del Papa non è né il suo talento né la sua virtù; è lo Spirito Santo che assiste la debolezza del suo ministro. Ecco come, quante difficoltà svaniscono così!

IV.

D. Se l’infallibilità del Papa è una verità così profondamente radicata nella tradizione, perché la Chiesa non l’ha ancora definita solennemente?

R. « È vero. Gesù Cristo non ha affermato nulla con più amore e ricchezza di espressione nel Vangelo che i due dogmi che possono essere chiamati il cuore e il capo della sua Chiesa: il dogma dell’Eucaristia e il dogma del sovrana potenza, e quindi della fallibilità di Pietro. È vero che nella Chiesa, come nel Vangelo, nell’opera vivente come nell’opera scritta, nulla brilla con un bagliore più divino del Tu es Petrus e di Ego sum panis vivus qui de cœlo descendi (Lettera di Mons. Dechamps di Malines a Mons. Dupanloup.). » Tuttavia, bisogna osservare, con l’Arcivescovo di Malines, che « la Chiesa definisce i dogmi solo quando sono negati dall’eresia o contestati dalla buona fede. » (Ibid.) Questo spiega perché il dogma dell’Immacolata Concezione sia stato proclamato così tardi. La Chiesa non ha sempre creduto nella gloriosissima prerogativa di Maria?  « Ora, la Chiesa ha sempre vissuto della fede dell’infallibilità del Romano Pontefice, e l’ha vissuta ovunque, anche dove è stata contestata in buona fede. (Ibid.) » Testimoni sono le eresie che, durante i primi tre secoli, sono state soppresse dal solo braccio del Papa; testimoni il Giansenismo ed il Quietismo e mille altri errori che, negli ultimi tre secoli, sono stati soppressi dalla Santa Sede; testimoni quelle dichiarazioni dottrinali e persino quelle definizioni dogmatiche che più di una volta la Chiesa ha pregato il Pontefice di pronunciare. Non è questo un vivere della fede nell’infallibilità? E la Chiesa avrebbe dovuto ritenersi obbligata a formulare una definizione dogmatica, quando vedeva tutta la società cristiana unanime nel riconoscere nel Papa la regola vivente della fede? Al Concilio di Trento, si trattò di opporre una definizione di infallibilità a qualche raro dottore che la contestava: ma i Padri ritennero giustamente di dover disprezzare questi dissidenti, come avevano fatto con i pochi oppositori dell’Immacolata Concezione… Ora che il clamore è più forte, la Chiesa può alzare la sua grande voce. Chi sa se non sia suonata l’ora della sentenza suprema?

D. Un’altra domanda. Se la Chiesa crede nell’infallibilità del Papa, perché convoca i Concili?

R. La ragione è abbastanza semplice. Benché dotato di infallibilità, il Papa è tuttavia tenuto a circondarsi di tutte le precauzioni che la prudenza umana suggerisce a chiunque voglia trovare la verità. Lo Spirito Santo assiste il Papa non per rivelargli la dottrina, ma solo per impedirgli di ingannare se stesso e gli altri. È quindi naturale che il Papa consulti i suoi fratelli nell’Episcopato, e si avvalga così dei loro lumi e della loro saggezza: questo viene fatto soprattutto nei Concili Generali.  Ascoltiamo la risposta di San Alfondo de’ Liguori a Febronio: « Ma, si dirà, se i giudizi del Sommo Pontefice sono infallibili, e se la sua autorità è suprema e indipendente, a che servono i Concili? La risposta è che servono a diversi scopi molto importanti. Servono a far sì che i Vescovi si applichino più energicamente per soffocare i dissensi; servono a reprimere le contese; servono, infine, a farli aderire più scrupolosamente ai dogmi della fede, come scrive San Vincenzo di Lerino: Qual risultato – egli dice – ha ottenuto la Chiesa con i decreti dei Concili, se non quello di far ammettere CON MAGGIORE IMPRESSIONE ciò che prima era oggetto di semplice credenza? « Aggiungiamo che talvolta i sovrani Pontefici convocano i Concili per essere più illuminati dallo Spirito Santo attraverso la discussione in un Concilio su qualche dubbio in materia di fede: perché, dice il Cardinale Du Perron, l’infallibilità del Papa non consiste nel suo ricevere sempre dallo Spirito Santo la luce necessaria per decidere tutte le questioni di fede, ma nel suo pronunciare un giudizio libero da errori su quelle questioni in cui si sente sufficientemente illuminato da Dio. Quanto alle questioni in cui non si sente sufficientemente illuminato, le rimanda alla decisione del Concilio, per pronunciare in seguito il proprio giudizio.  Ma non fraintendiamo il significato di queste ultime parole. « – dice Monsignor Dechamps – il Papa rimette certe questioni al Concilio, non come ad un tribunale superiore, ma per essere illuminato dal giudizio dei Vescovi, e per confermare il giudizio di questi vari giudici, se lo ritiene opportuno, con il proprio giudizio supremo » (Lettera al vescovo Dupanloup).

CONCLUSIONE.

Questo è ciò che tutti i fedeli dovrebbero sapere. Si dovrebbe inculcare loro una completa e pronta obbedienza ai giudizi della Santa Sede, che, secondo San Vincenzo de’ Paoli, è il miglior mezzo per discernere i veri figli della Chiesa dagli ostinati. – Essi dovrebbero essere persuasi che, lungi dal meritare il rimprovero di un’adulazione servile del Papa, i difensori dell’infallibilità servono soprattutto i loro propri interessi; perché se il Papa è infallibile, è perché noi possiamo essere infallibili; se egli ha il potere di non ingannare, è perché noi abbiamo il diritto di non essere ingannati (Mons. Berteaud, discorso predicato a S. Eustachio il 19 novembre 1864).  – Infine, si dovrebbe far loro apprezzare il vero valore del triste coraggio « di alcuni uomini rancorosi e schiavi che sognano una Chiesa separata dal suo Capo; mostrandoci così, con una contraddizione piuttosto strana, un corpo mutilato che può fare a meno della vita per giudicare, e i cui giudizi non hanno forza perché mancano di vita; mostrandoci con compiacenza la Chiesa costruita su Pietro, convocando Pietro al suo tribunale per condannarlo, perché probabilmente non sarà stato un fondamento abbastanza solido per essa, nonostante le preghiere e le promesse di Gesù Cristo. Figli ingrati ed ingenerosi, che rivendicano, come un diritto inalienabile, la libertà di contraddire il loro padre, e di contestare il suo diritto di mantenere la pace in casa e la subordinazione all’interno della famiglia. Dottori inquieti e irrequieti, sempre pronti a chiamare il Papa al Concilio, e quindi a distruggere il capo della Chiesa, o a crearne due, poiché un appello al Concilio implicherebbe che il Concilio è il capo della Chiesa. Senza entrare in ulteriori discussioni con loro, rispondiamo con Sant’Avito, Vescovo di Vienne, parlando a nome dei Vescovi delle Gallie, che non c’è nessuna legge o ragione per sottoporre il capo della Chiesa ai suoi inferiori, e che se il Vescovo della città di Roma è chiamato in giudizio, non è un Vescovo che è minacciato, ma l’intero Episcopato che è scosso.  (Istruzione pastorale di Mons. de Donald, Vescovo di Le Puy, per il periodo quaresimale del 1838, sul Capo visibile della Chiesa. In questo magnifico scritto, l’infallibilità del Papa è mirabilmente stabilita. Sarebbe auspicabile che l’opera del venerabile Cardinale fosse ancora una volta data alle stampe. Sarebbe un meritato omaggio alla memoria di una persona che tutta la Chiesa considererà sempre come una delle sue luci più vive.

 (H. MONTROUZIER. S. J.)

L’INFALLIBILITA’ DEL PAPA (I)

UNA LEZIONE DI CATECHISMO: L’INFALLIBILITÀ DEL PAPA (I)

H. MONTROUZIER. S. J.

[Lettera sul futuro Concilio ecumenico. In Rév. Des  Sc. Eccl. 3a SERIE, T. I.  — APRILE – 1870.]

I.

D- Che cos’è l’infallibilità del Papa?

R. È il privilegio per il quale, in virtù della perpetua assistenza divina, il Papa è assolutamente preservato da ogni errore, quando, nell’esercizio del suo ufficio di supremo pastore e dottore della Chiesa universale, insegna ai fedeli ciò che devono credere o praticare.

D. Come si dimostra l’esistenza di questo privilegio?

R. Lo dimostra l’idea stessa del primato che appartiene al Papa. È di fede, infatti, che il Romano Pontefice esercita il primato, cioè la suprema autorità dottrinale e disciplinare sulla Chiesa universale e su ogni Chiesa in particolare. Ora, come ha detto Mons. Dupanloup, un’autorità non può essere sovrana in materia di fede senza essere infallibile (Lettera sul futuro Concilio Ecumenico.). Così, in virtù del suo primato, il Papa è infallibile.  – Inoltre, la fede insegna che « Nostro Signore Gesù Cristo ha lasciato sulla terra un uomo che fosse il suo Vicario visibile e governasse la Chiesa come Capo Supremo, in modo che tutti i fedeli potessero ricorrere a Lui nelle loro rimostranze, e potessero ottenere una decisione definitiva riguardo alla vera dottrina, in modo da conservare una sola e medesima fede in tutta la Chiesa. Questo risultato non avrebbe potuto essere ottenuto se Dio non avesse stabilito un unico Capo e Giudice che decidesse tutte le controversie in modo infallibile, e al quale tutti devono sottomettersi… E San Cipriano ha espresso questo pensiero profondamente vero: che tutte le eresie e gli scismi sono sorti dal non obbedire al Sacerdote di Dio, e dal non considerare che quaggiù non c’è che uno solo che nella Chiesa sia Sacerdote e Giudice al posto di Gesù Cristo. (Epistol. 55 ad Cornel.) »  – Così pure parla S. Alfonso Liguori, che in diverse sue dotte opere ha solidamente stabilito la verità dell’infallibilità del Papa (Del Papa e del Concilio, etc, del R. P. Jules Jacques, p. 6. Per le citazioni di S. Liguori, mi riferirò d’ora in poi a questa preziosa raccolta che valse al suo autore un Breve molto espressivo).

D. Ma è davvero certo che il Salvatore abbia conferito a San Pietro l’infallibilità della fede?

R. Niente potrebbe essere più sicuro. Il Vangelo lo attesta in tre testi precisi: quando riporta il Tu es Petrus et super hanc petrametc. (Matth. XVI, 18); quando menziona la preghiera fatta da Nostro Signore Gesù Cristo per la stabilità della fede del suo Vicario, e allo stesso tempo l’ordine dato dal Salvatore a San Pietro di confermare i suoi fratelli nella fede: Et tu aliquando conversus confirma fratres tuos (Luc., XXII, 26) (È abbastanza usuale tradurre le parole di Nostro Signore et tu aliquando conversus con queste: e tu, quando ti sarai convertito, cioè, quando avrai ottenuto il perdono per la tua caduta. È molto più naturale invece tradurre: e tu, rivolgendoti ai tuoi fratelli, li confermerai nella fede. Questa interpretazione è più conforme al disegno del Salvatore e all’uso biblico, come un teologo moderno ha perfettamente dimostrato. Chi, per esempio, vorrebbe intendere da una conversione del cuore questo passo del salmo: Deus, tu CONVERSUS vivificabis nos? dobbiamo quindi concludere con questo teologo: “Cura itaque Christum audîmus ita Petrum compellantem: Ego rogavi pro te ut non deficeret fides tua, et tu aliquando conversus confirma fraires tuos: idem nobis esse débet ac si eum audiremus dicentem: Si cuti ego ad te conversus pro te rogavi, ne deficeret fides tua, ita et tu aliquando ad tuos fraires conversus (conversione non pœnitentiæ et luctus, sed tutelæ et protectionis), confirma illos,” (Caroli Passaglia commentarius de prœrogativis B. Petri, 1. 1, c. 13). Vedi anche il bel lavoro di P. Clement Schrader, de Unitate romana, p. 179 e seguenti, dove la stessa interpretazione è fermamente stabilita. L’erudito fr. Maldonat accetta questa interpretazione, e Cornelius a Lapide cita diversi SS. Padri che lo condividono); infine, quando parla dell’investitura data da Nostro Signore al suo Apostolo dell’ufficio di Pastore supremo: Pasce agnos, pasce oves (Joan. XXI, 16).

D. Come si dimostra che l’infallibilità del Papa è evidente da questo triplice testo del Vangelo?

R. Per l’impossibilità di capire 1°. che Pietro, essendo per la sua fede il fondamento della Chiesa, non possiede la fermezza che egli comunica a tutto l’edificio; 2°. che la preghiera del Salvatore è rimasta senza effetto; che Pietro possa ingannarsi, mentre è obbligato dal suo ufficio a confermare tutti quelli che vacillano o dubitano; 4°. e che non sappia discernere con perfetta certezza i pascoli sani da quelli avvelenati, a rischio di presentare alle sue pecore un cibo che dà loro la morte. – Ascoltate la spiegazione di San Francesco di Sales, che è qui in tutto e per tutto conforme alla Tradizione cattolica:

« Tutti sono tentati e non si prega solo per lui… Egli prega, dunque, per San Pietro, come per conferma e sostenitore degli altri… La verità è che questo comando a San Pietro di confermare i suoi fratelli (che senza dubbio rappresentavano tutta la Chiesa) non poteva essere dato se non fosse egli incaricato di prendersi cura della loro fede: perché come potrebbe essere messo in atto questo comando senza che gli sia dato il potere di prendersi cura della debolezza o della fermezza degli altri, per rafforzarli e rassicurarli? Non è forse il dirlo e ridirlo ancora, il fondamento della Chiesa? Se egli sostiene, se rassicura, se rafforza e se conferma anche le pietre fondamentali, come può non rafforzare tutto il resto? Se ha l’incarico di sostenere le colonne della Chiesa, come non sosterrà tutto il resto dell’edificio? Se ha l’incarico di pascere i pastori, non sarà egli stesso il pastore sovrano? Il giardiniere che vede i continui ardori del sole su una giovane pianta, per preservarla dalla siccità che la minaccia, non porta acqua ad ogni ramo? si accontenta di innaffiare e bagnare bene la radice e crede che tutto il resto sia sicuro, perché la radice disperde l’umidità al resto della pianta? Così Nostro Signore, avendo piantato questa santa assemblea dei suoi discepoli, pregò per il Capo, e innaffiò questa radice, affinché l’acqua della Fede viva non mancasse in colui che doveva dissetare tutto il resto, e perché attraverso il Capo la Fede fosse sempre conservata nella Chiesa, prega dunque per San Pietro in particolare, ma per il beneficio e l’utilità generale di tutta la Chiesa (Controversie, discorso 34) ». San Crisostomo chiama San Pietro Os Christi, perché parla per tutta la Chiesa e a tutta la Chiesa in qualità di capo e di pastore, e ciò che dice non è tanto una parola umana, quanto quella di Nostro Signore stesso. – Così ciò che San Pietro diceva e determinava non poteva essere falso; e in verità se il confermatore fosse caduto, non sarebbe crollato tutto il resto? Se il confermatore vacilla e barcolla, chi lo confermerà? Se il confermatore non è fermo e costante in se stesso, quando gli altri verranno meno, chi li rafforzerà? Sta scritto: Se il cieco guida il cieco, entrambi cadranno nella fossa; se l’instabile ed il debole vogliono sostenere e assicurare il debole, entrambi cadranno a terra, da cui segue che Nostro Signore, nel dare l’autorità e il comando a San Pietro di confermare gli altri, glene diede anche il potere ed i mezzi per farlo, altrimenti per nulla avrebbe ordinato una cosa impossibile. I mezzi necessari per confermare gli altri e rassicurare i deboli, è quello di non essere soggetti alla debolezza né al terrore, ma di essere solidi e fermi in se stessi come una vera pietra e come un re: e tale era questo santo Apostolo, come Pastore generale e governatore della Chiesa universale. « Così, quando San Pietro fu posto a fondamento della Chiesa cristiana, e alla Chiesa  fu assicurato che … le porte dell’inferno non avrebbero prevalso contro di essa, non era come dirci che San Pietro, come pietra fondamentale del governo e dell’amministrazione ecclesiastica, non avrebbe mai potuto essere sgretolato o rovesciato dall’infedeltà, che è la principale porta dell’inferno? Perché chi non sa che se le fondamenta sono rovesciate e minate, l’intero edificio cadrà? « Dopo tutto, se fosse possibile che il supremo Pastore ministeriale conduca le sue pecore in pascoli velenosi, è certo che l’intero parco sarebbe presto perso. Se il supremo Pastore ministeriale ci conducesse al male, chi rialzerebbe il gregge? Se si smarrisse, chi lo riporterebbe alla verità? Dobbiamo solo seguirlo, non lasciarlo, altrimenti le pecore sarebbero pastore (Controversie, discorso 48. L’espressione Pastore ministeriale usata da San Francesco di Sales non ha ovviamente nulla in comune con il caput ministeriale di Richer. Quest’ultimo considerava il Papa come deputato dalla Chiesa stessa ad essere il suo ministro; il santo Vescovo chiamava il Papa Pastore ministeriale solo per distinguerlo da Gesù Cristo, che è il Pastore invisibile che conferisce la loro missione a tutti gli altri Pontefici). »

D. L’infallibilità di San Pietro è stata ereditata da tutti i Pontefici Romani che gli sono succeduti?

R. Senza dubbio. Ascoltiamo di nuovo San Francesco di Sales: « Tutto questo non ha avuto luogo solo in San Pietro, ma nei suoi successori; poiché come rimane la causa, così rimane l’effetto. La Chiesa ha sempre bisogno di un confermatore permanente, al quale possiamo rivolgerci per trovare un fondamento solido, che le porte dell’inferno, e specialmente l’errore, non possano rovesciare: il suo Pastore non deve portare all’errore, né condurci al male. Solo i successori di San Pietro hanno questi privilegi, che non seguono la persona ma la dignità pubblica della persona. (Mgr. Mermillod ha constatato che la maggior parte delle edizioni francesi hanno indebolito il pensiero di San Francesco di Sales relativamente all’infallibilità pontificia).

II.

D. L’infallibilità del Papa può essere provata dalla Tradizione?

R. Certamente. I teologi, tra cui il famoso Thomassin, sottolineano che i primi otto Concili generali sono un riconoscimento impressionante dell’infallibilità del Papa. Bossuet stesso ha dimostrato solidamente contro Ellies Dupin che nei concili di Efeso e Calcedonia, il Papa ha dettato ed imposto la sua sentenza. Mi limiterò a citare il decreto del Secondo Concilio Generale di Lione (1274), sottoscritto anche dai Greci, secondo il quale – come è detto ivi – la Chiesa Romana è tenuta più di ogni altra a difendere la verità della fede, e pure le questioni sollevate su questa stessa fede devono essere definite dal suo giudizio. » – Non c’è bisogno di ricordare la famosa definizione del Concilio di Firenze, che il dotto Muzzarelli sostiene sia stata data con una forte intenzione di stabilire l’infallibilità. L’affermazione di Muzzarelli è confermata dagli atti del Concilio, e anche dal poco affetto che i gallicani hanno sempre mostrato verso il Concilio di Firenze -.

D. I Padri e i Dottori credevano nell’infallibilità?

R. Sì, senza dubbio alcuno. San A. de’ Liguori, nella sua confutazione di Febronio, ha un capitolo intitolato: Il potere supremo, e di conseguenza, l’infallibilità del Romano Pontefice provata dalla comune testimonianza dei santi Padri (P. Jaques, il Papa e il Concilio, ecc, p. 283 e seguenti) – Vi si leggono i nomi dei principali dottori che hanno illustrato la Chiesa durante i primi dodici secoli, Sant’Ignazio di Antiochia, Sant’Ireneo, San Cipriano, San Girolamo, Sant’Atanasio, Sant’Agostino, San Gregorio di Nazianzo, San Cirillo d’Alessandria, Sant’Ilario, San Pietro Crisologo, San Fulgenzio, San Gregorio Magno, il venerabile Beda, Sant’Anselmo, San Bernardo, San Bonaventura, San Tommaso d’Aquino. – Dopo questa enumerazione, che sarebbe stato facile prolungare (Il lettore troverà una splendida esposizione di ciò che i Padri credevano a proposito dell’infallibilità nella bella opera de Papa di M. Bouix, e ancora nel libro di P. Schräder de Unitate romana. Ai santi dottori citati da San A. de’ Liguori ne aggiungerò due, Sant’Ambrogio e San Leone IX. Sant’Ambrogio ha detto: lpse est Petrus, cui dixit: Ta es Petrus et super hanc petram ædifîcabo Ecclesiam meam: UBI ERGO PETRUS, IBI ECCLESIA. La parola ergo dà al testo già forte una nuova energia. – San Leone IX, ricordando a Michele Cerulario l’infallibilità del Romano Pontefice basata sulla preghiera del Salvatore: Ego rogavi pro te, aggiungeva: « Qualcuno sarà così temerario dal supporre che la preghiera di Colui la cui volontà è potenza, sia stata vana in qualche cosa? » Ebbene si! Diversi gallicani, seguendo Bailly, hanno sollevato questo empio dubbio), San A. de’ Liguori conclude: « Tutte le testimonianze dei santi Padri che abbiamo appena citato mostrano chiaramente che il Sommo Pontefice è infallibile. » – E Suarez, nel quale, secondo Bossuet, si sente tutta la Scuola … Suarez non esita a dire di coloro che attaccano l’infallibilità del Papa, « che la loro opinione non è solo avventata all’eccesso, ma anche erronea, per il fatto che il sentimento degli scrittori cattolici è così unanime riguardo a questa verità, che non è affatto permesso revocarla in dubbio. » (De Fide, disp. 20, sez. 3).

D. Ma tra le presunte testimonianze, non ce ne sono forse molte che possano essere ricusate: per esempio, quelle dei Papi, che sono troppo sospette poiché possano testimoniare per la loro stessa causa?

R. Si noti che la verità dell’infallibilità si basa: . sugli stessi Concili Ecumenici; e . su un immenso numero di Padri, Dottori e Teologi che non erano Sommi Pontefici. Così, ridotta a queste sole testimonianze, sarebbe sufficientemente stabilita. – Ma, anche se i soli Papi testimoniassero a suo favore, dovremmo comunque accettare le loro deposizioni: è Bossuet che lo dichiara. « Già sento – dice – quello che mormorano i nostri avversari, che non dobbiamo fidarci di quello che dicono i Papi in favore delle prerogative della loro Sede, perché sono parti interessate. – Né, per la stessa ragione, dovremmo fidarci dei Vescovi e dei Sacerdoti quando parlano della loro dignità. Noi dobbiamo dire proprio il contrario; perché Dio ispira a coloro che pone nei ranghi più sublimi della sua Chiesa sentimenti del loro potere che sono in accordo con la verità, di modo che, usandoli nel Signore con piena fiducia, quando l’occasione lo richieda, possano verificare questa parola dell’Apostolo: Abbiamo ricevuto lo Spirito da Dio, per mezzo del quale conosciamo i doni che ci ha elargito. (I Cor. II, 12). – Io ho ritenuto necessario fare almeno una volta questa osservazione, per confondere la risposta temeraria e detestabile che ci si oppone; e io dichiaro che, per quanto riguarda la dignità della Santa Sede, mi attengo alla tradizione e alla dottrina dei Romani Pontefici. (Defensio Declarat, p. III., 1. x., c. 6. Fénelon tiene assolutamente lo stesso linguaggio, Dissertat, de S. Pontif. auctor., c. 15). » Notiamo di passaggio che Bossuet non poteva sopportare che le lodi ed i titoli d’onore conferiti dai santi Padri alla Cattedra Apostolica fossero presi per semplici complimenti. « È entrare – diceva – nello spirito dei greci scismatici che, nel Concilio di Firenze, volevano prendere per attestato di onestà e per complimenti tutto ciò che i Padri scrivevano ai Papi per sottomettersi alla loro autorità (Osservazioni su l’Hist. Des Conciles, ecc., t. xxx, p. 521 (ed. Lebel).  » 

D. Almeno, è incontestabile che esaltando la Chiesa Romana e la Sede Apostolica, i Concili, i Padri e i Dottori abbiano voluto celebrare le prerogative inerenti alla persona dei Romani Pontefici?

R. Sì. « Launoy – dice San Alf. de’ Liguori – … Launoy e tutti coloro che, come lui, combattono l’infallibilità del Papa, fanno una distinzione tra la Sede Apostolica e romana, con cui intendono la Chiesa universale, e colui che occupa quella Sede, cioè il sovrano Pontefice. Ora affermano che la prima sia infallibile, ma che il secondo non lo sia.  « La distinzione è ingegnosa, ma è falsa e contraria al comune sentire dei Concili, dei Sommi Pontefici e dei Santi Padri, che per Sede Apostolica o Romana intendono generalmente il Pontefice di Roma. Pertanto, sotto la denominazione di Sede, si intende colui che vi è seduto (P. Jacques, op. cit., p. 157). Fénelon confuta molto bene questa distinzione tra la sede e l’occupante. Vedi la sua dissertazione già citata, cap. VII e segg.) ». – Il corifeo del giansenismo, Àrnauld, non era contento di questa distinzione che, nonostante il suo odio settario, non poteva conciliare con le testimonianze della tradizione (Lettera a M. Du Vaucel, 9 ottobre 1686 (n.° 591).  – Infine, Tournély, un teologo che i gallicani hanno ascoltato abbastanza volentieri, è d’accordo sul fatto che la distinzione tra la sede e l’occupante non è né vera e nemmeno intelligibile. Né lo trova suscettibile di accomodamento sulla testimonianza della tradizione. Essa non ha altro valore che quello che gli viene dall’autorità secolare: Allonge difficilius est ea conciliare cum declaratione Cleri gallicani, a qua recedere nobis non permittitur (De Ecclesia, t. II, p. 134).

D. Perché affermate l’esistenza di una tradizione a favore dell’infallibilità, mentre la Chiesa gallicana si è sempre pronunciata contro di essa?

B. Niente è più falso di questa presunta opposizione della Chiesa di Francia. Non è solo all’estero che i teologi hanno vendicato la Francia di una tale calunnia. D’Àguirre, Sfondrate, Zaccaria, Boccaberti, Orsi e San A. de’ Liguori hanno saggiamente stabilito che la Francia era sempre stata devota al sentimento dell’infallibilità. – Ma la stessa tesi è stata portata alla luce in Francia da Charlas, Fénelon e dal cardinale Villecour. – È vero che nel 1682 l’assemblea del clero di Francia emise una dichiarazione ostile all’infallibilità. Ma tutti sanno oggi a cosa attenersi riguardo ai motivi vergognosi che hanno causato la convocazione di questa triste assemblea e la redazione della Dichiarazione. Dopo il bel libro del signor Ch. Gérin, dobbiamo esclamare con il signor l’abate Maynard: « La culla del gallicanesimo è così macchiata di dispotismo e viltà che respingere i quattro articoli non è più solo una questione di ortodossia, ma una questione d’onore. (Bibliografia cattolica, aprile 1869).

L’INFALLIBILITA’ DEL PAPA (II)

LO SCUDO DELLA FEDE (159)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA

Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (28)

FIRENZE – DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA – 1861

SECONDA PARTE.

Genuino prospetto del Cattolicismo, e del Pretestantismo, delineato dai Protestanti.

PRATTENIMENTO III

Prospetto del Protestantesimo

PUNTO I.

Definizione e origine della Riforma protestante. Qualità dei suoi fondatori.

37. Prot. « Una rivolta, la quale, secondo che vediamo, dobbiamo chiamare – Riforma – separò regni potenti dalla Chiesa Cattolica. Di fatti, se ben si riguardano da giusti estimatori delle cose e le conseguenze e la sicurtà della Chiesa germanica, è forza conchiudere essere stata la Riforma un infausto parto d’ingiusta e demagogica rivoluzione. » (Enrico Steffens, Caricatura del Santuario, ossia, delle cose più sacre, T. 2, p. 298). Ascoltami:

« L’appellazione di Protestante fu un nome dato a coloro che si dichiararono o protestarono contro la Chiesa Cattolica, ossia universale. Una tal mania di protestare trasse origine in Germania l’anno 1547 da un Frate, il cui nome era Martino Lutero, appartenente ad un Convento di Frati Agostiniani, nell’Elettorato di Sassonia. A quest’epoca stessa il Papa aveva ordinato che si annunziassero l’indulgenze; ed avendo Sua Santità affidato quest’opera all’Ordine de’ Domenicani, e non a quello a cui Lutero apparteneva, ed acui affidata l’aveva sempre per lo innanzi: piccato l’eretico di questa preferenza, deliberò di farne vendetta opponendosi al Papa. Egli comunicò il suo progetto all’elettorato di Sassonia suo sovrano, ed in lui trovò il suo protettore, perché questi, secondo tutte le apparenze, aveva al saccheggiamento forte inclinazione, la quale alcuni anni dopo s’impadronì del nostro tiranno inglese (Enrico VIII), dei suoi cortigiani, del suo Parlamento.! » (Cobbet, Op. cit. Lett. 7, §99).

38. Apost. Ho già capito! Voi vi accingete ad infamare anche i grandi Fondatori della Riforma, dichiarandoli gente perversa!!! Ma come oserete degradare in tal modo quegli uomini sommi, proclamati dai vostri Missionari quali uomini santi, quali Apostoli mandati da Dio a riformare la sua Chiesa? Rispondete.

Prot. « Il mondo per avventura non ha mai in alcuna età veduto uno stuolo di miscredenti scellerati cotanto, quanto il furono Lutero, Zuinglio, Calvino, Bezza e il resto degli illustri Riformatori della Cattolica Chiesa…. Ognun di essi era notoriamente famoso pei vizi più scandalosi, anche a seconda dell’ampia confessione che ne hanno fatta i loro stessi seguaci… Eglino non si accordavano in nulla, se non se nella dottrina – che le buone opere sono inutili; e per verità la loro condotta di vita comprovava la sincerità del loro insegnamento; poiché non vi aveva un solo fra essi, le cui azioni non meritassero una forca » (Il medes., ivi, § 200).

« Tutti gli autori di un sentimento si accordano a rappresentare Lutero come un uomo il più scapestrato e facinoroso. Nella possibilità, che si fosse sentito eccitare al cangiamento di sua religione dalla sua coscienza, la sua coscienza però senza fallo non ha potuto giammai suggerirgli le abbominevoli azioni, di cui egli è colpevole, anche giusta le sue proprie confessioni. » (Il medes. ivi, Lett. 3, § 100).

« Lutero dice nelle opere sue, che dagli argomenti del diavolo (il quale, dic’egli, mangiava, beveva e dormiva seco) fu indotto ad apostatare e farsi patriarca del Protestantismo. Egli è quel Lutero, che dal suo discepolo Melantone viene appellato uomo brutale, vuoto di pietà e di umanità, più Giudeo che Cristiano. (Ivi, Lett, 8, § 251). » Senti qual sorta di orazione faceva a Dio questo preteso tuo Santo.

« O. Dio! per vostra bontà provvedeteci di abiti, di cappotti e di mantelli, di vitelli ben grassi, di capretti, di buoi, di montoni e di vitelle, di molte femmine e di pochi figli. Ben bevere, ben mangiare è il vero mezzo di non ammalarsi.» (Questa strana orazione, non è negata neppure dal furioso Bost nel suo Appel. né vi è chi ne dubiti). Una sera che la sua druda gli faceva osservare il cielo stellato, egli le disse:

« Oh la bella luce! Ella però non brilla per noi…. E perché, ripigliò Caterina, egli è forse che noi siamo spossessati del regno de’ cieli? — Può essere, rispose egli, in punizione dell’aver noi abbandonato il nostro stato, e sospirò. — Dunque converrà ritornarci? disse Caterina. — Ma Lutero rispose: È troppo tardi, il carro è troppo incagliato! » (Vedi Audin, Histoîr de vie de Luther, p. 278). Ecco, dunque, che il Patriarca della Riforma si dichiara egli stesso dannato, e dispera della propria salute come Caino.

39. « Di Zuinglio dicono, che egli ripurgò la diletta Sposa di Cristo, la Chiesa,… non con giusta e legittima predicazione della parola, ma con ispirito frenetico e tumultuante infuriò per ogni rispetto temerariamente, strinse violentemente le armi, e la spada vietata da Cristo, affin di costringere i suoi contraddittori alla sua sentenza. » (Gualtiero, Apologia pro Zuinglio, et operibus ejus, Tiguri 1581, fol, 18).

« Lutero asserisce essere stato Zuinglio miserabilmente ucciso dai papisti in battaglia, e perciò esser morto ne’ suoi peccati, e che al tutto disperava della salvezza dell’anima di Zuinglio. » (Hospiù, Mist. Sacram. par. 2, ad ann. 1544, fol. 187).

40. « Calvino è la più sinistra figura che ci offra il quadro della pretesa Riforma, vero mostro di corruzione e d’ipocrisia che cammina nell’ombra. Tutti i suoi passi son calcolati, e si direbbe che i suoi occhi, sfavillanti di una fiamma impura, slanciano sguardi mortali come quelli dal basilisco. » (Il traduttore (protestante) del Mosemio, T. 4, p. 91, in Nota).

« Calvino terminando la vita nella disperazione morì di vergognosissima e turpissima malattia, quale Dio minacciò ai ribelli e maledetti, pria tormentato e consunto. Ciò che io oso attestare con ogni verità, io che di presenza con questi miei occhi vidi il funesto e tragico fine di lui. » (Joan. Harenius, discepolo di Calvino, in Libello de vita Calvini).

« Dio colla sua potente mano di tal modo percosse questo eretico, che disperata la salute, invocati i demoni, giurando, esecrando e bestemmiando miserabilissimamente esalò l’anima maligna. » (Schlusselburg, De Theologia Calvini, 1594, lib. 2, fol. 72).

44. « Carlostadio è stato abbandonato al reprobo senso;… penso che non sia stato quell’uomo infelice posseduto da un solo diavolo. Dio abbia misericordia del peccato di lui, col quale pecca a morte. » (Lutero, în Locis comm. Class. V, cap. 15, fol. 17).

« Non si faccian le maraviglie, se io lo chiamo un diavolo; perocchè non mi prendo verun pensiero di Carlostadio, non guardo lui, ma a quello da cui è ossesso! » (Lutero, Mensal.  T. 3, fol. 61)

42. « Bezza cantò al mondo i suoi nefandi amori, gl’illeciti accoppiamenti, le fornicazioni, i sozzi adulterii con sacrilega poesia, non contento di ravvoltarsi quale immondo animale nel loto di laidissime libidini egli solo, se non contaminava altresì le orecchie della studiosa gioventù colla sua sozzura. » (Tilman Hesusius, in Lib. Verde et sanæ Confessionis). Li altri, che per brevità tralascio, erano modellati sullo stesso tipo. Da ciò puoi facilmente conoscere se eglino erano santi e Apostoli mandati da Dio a riformar la sua Chiesa!… Ma quanto a questo ultimo punto, ascolta oltreciò quello che insegna lo stesso patriarca della Riforma, Lutero, allorchè ad essi dirige la sua parola.

45. » Volete fondare una Chiesa? Or bene, dite: chi vi manda? Chi vi diede missione? Siccome rendete testimonianza di voi medesimi, così non dobbiamo credervi a bella prima, secondo il consiglio di S. Giovanni; ma bensì provarvi. Iddio non ha mandato alcuno nel mondo che non sia stato, chiamato dall’uomo, od annunziato con segni, neppure il suo Figlio. I Profeti traevano il loro diritto. dalla legge e: dall’ ordine profetico, come noi dagli -nomini. Non vi riconosco, se altro non avete a porre innanzi che una rivelazione affatto nuda. Iddio non avrebbe voluto che Samuele parlasse altrimenti ‘che in virtù dell’autorità di Eli. Allorchè si viene per cangiare la legge, occorrono miracoli: ove sono i vostri miracoli? Ciò che i Giudei dicevano al Signore, noi ve lo ridiciamo: Maestro, noi vogliamo un segno. Tanto per le vostre funzioni di Evangelisti. » (Lutero, Orazione recitata in Wittemberga contro Carlostadio – Vedi Audin, Op. cit. trad, ital. Vol. I, p.193).

« Fratelli,… non parlate di rivelazioni che autorizzino la vostra ribellione ! Ove sono i miracoli che l’attestino? » (Il medes., alle petizioni degli Anabattisti) Queste opposizioni e domande sono giustissime, e però possono e debbono farsi a tutti i Riformatori; compreso Lutero. Ora ritornando al primo punto, aggiungo a quanto ti ho detto, che …

» La Riforma, com’ella vien chiamata, fu ingenerata da brutale incontinenza, fu alimentata da ipocrisia e perfidia, e fu fomentata e favorita da ruberie, da devastazioni e fiumi di sangue. » (Cobbet, Op. cit. Lett, 1, § 4.

Ascolta adesso il resto. [Continua...]

LO SCUDO DELLA FEDE (157)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA

Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (27)

FIRENZE – DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA – 1861

SECONDA PARTE.

Genuino prospetto del Cattolicismo, e del Pretestantismo, delineato dai Protestanti.

PRATTENIMENTO II

Alcune sovrumane bellezze della Chiesa Cattolica

Punto II.

L’invincibilità della Chiesa Cattolica nei suoi grandi e continui combattimenti; suoi stupendi trionfi e progressi.

23. Lasciando da parte per brevità i tempi antichi, dei quali alcuna cosa ho già detto: « La storia ecclesiastica degli ultimi sette secoli racconta dei fatti continuamente vacillanti. Da che la cristianità occidentale si trova sotto l’amorevole autorità della Chiesa  Romana, quattro volte lo Spirito umano si è a questa ribellato per togliersene dal collo il giogo soavissimo, E ben due volte la Chiesa ha riportata una vittoria compiuta e perfetta: e due volte Ella sortì dalla battaglia colle onorate cicatrici è vero di gravi ferite, ma nullameno conservando tutto intiero e vigoroso il Principio della sua Vita. Se noi, lungi dal porle in non cale, richiamiamo alla memoria le tempestose e terribi procelle a cui essa ha potuto sì fermamente resistere, oh! allora io non so che cosa ci rattiene dal confessare che essa non può.

24. «La storia delle due seguenti generazioni (dal principio del protestantismo) è la storia della gran lotta tra il protestantismo che possedeva l’Europa settentrionale, ed il Cattolicismo che occupava la meridionale per ottenere il territorio dubbio posto tra mezzo … – Al principio la Speranza sembrava decisamente favorire il protestantismo, ma la vittoria restò alla Chiesa di Roma. In tutti i punti essa trionfò. Se oltrepassiamo un altro mezzo Secolo, la troviamo Vittoriosa e dominante in Francia, nel Belgio, nella Baviera, in Boemia, in Austria, Polonia ed Ungheria. Né il protestantismo nel corso di due secoli (ora sono più di tre) ha potuto riconquistare qualunque porzione di quel che allora perdette. né si deve dissimulare che questo mirabile trionfo del Papato debba attribuirsi principalmente non alla forza delle armi, ma ad una grande influenza della pubblica opinione.

25. » Non è da far gran meraviglia se nell’anno 1799 alcuni osservatori di alto ingegno ed acutissimo avessero questa sentenza, che la speranza di rivivere per la Chiesa Romana era pressoché morta, anzi esserne già sonata l’ultima ora. Un potere salito al più splendente fastigio e menante trionfo per ogni parte, era nemico della Chiesa Cattolica e se non all’aperto, con segrete mene guerresgiavala. Il Pontefice era vicino a dar l’estremo spirito nella captività; cacciati in esilio i prelati di Francia, e tanto più malmenati quanto più erano esemplari ed illustri, costretti poi a viver la vita degli accattoni colle limosine de’ protestanti. Gli edifizii che facevano di sé mostra della più grande magnificenza, consacrati dalla liberalità de’ secoli al culto divino, si erano tramutati in templi della vittoria, o in profane sale tutte occupate da banchetti e da adunanze politiche, o in fine, mutati in cappelle teoso-filantropiche. Per la qual cosa non poteva essere opinione al tutto malfondata ed ingiusta, vedere in quello che infino a qui si è detto un indizio probabilissimo dell’estrema rovina di un dominio, comechè continuatosi per così lungo tempo.

26. » Ciò non ostante non era quella la sua fine. La cerva bianca sebbene ferita a morte, nulla dimeno non doveva morire. Fumavano ancora gli altari per le esequie, e pei sacrifizii offerti a Dio per l’eterna pace di Pio VI, quando contrarii e potentissimi conati incominciavano a sollevarsi per ogni banda; ed al presente, dopo un giro di quarant’anni, hanno preso novella vita e più crescente vigore. Scomparsa per benigno riguardo del cielo l’anarchia, un nuovo ordinamento di cose è surto, per così dire, fuori del caos. Nuove dinastie sono apparse, nuove leggi, nuovi titoli, e di mezzo a tutto questo l’ ANTICA RELIGIONE.

27.» In verità, qual altra istituzione sarebbe stata ferma a difendersi vittoriosamente da tante tempeste che le si mossero contro? E volendo parlare anche in una maniera non cristiana, dodici secoli di (doveva dire più di 18) ogni fatta di avvenimenti, e l’intelligenza, e le cure perseveranti di quaranta generazioni di grandi politici, hanno condotto la Chiesa a tale una perfezione, che il governo di lei al cospetto di tutte Ie umane invenzioni sale degnamente nel primo e più alto grado …. – Secondo che ci vien raccontato da una favola araba, la grande piramide edificata già dai re empi del diluvio è stata lo sola che tra tutte le opere degli uomini sia rimasta i piedi dopo quella universale inondazione. Tale è la sorte del Papato. sembrava sepolto col rimanente della terra allagata, e pure le buone e sode sue fondamenta, salde e profondissime che erano, non crollarono già, ma (mirabile a vedersi!) come le acque andavano declinando al basso, esse comparivano a grado a grado maestose tra gli ultimi avanzi del mondo rovinato e distrutto. La repubblica Olandese, l’impero alemanno, il gran senato di Venezia, l’antica confederazione degli alleati elvetici, le case dei Borboni, i parlamenti e le aristocrazie di Francia, tutto era scomparso, e l’Europa avea cangiato sembiante. Era tutta piena di novelle creazioni, contava nel suo seno un impero Francese, un regno Italico, un’alleanza Renana.

28. » Nè alcuno pensi che questi sconvolgimenti avessero solamente disfatte le istituzioni politiche, cambiati i confini de’ territori; poiché le possessioni de’ terreni erano state per diverso modo distribuite, e lo spirito e l’intiero ordinamento della società quasi in tutta l’Europa cattolica con subite maniere totalmente mutato. Intanto la Chiesa si manteneva sempre immutabile ne suo primiero stato. Dopo di che sarà riserbato ad uno storico venturo il narrare le manifestazioni novelle che farà di sé e della potenza sua il Cattolicismo nel ‘secolo XIX!» (Meculay, Op. e luogo cit.)..

29. « L’opinione pubblica nell’Alemagna non ha saputo rendersi conto del nuovo sviluppo del Cattolicismo, che dall’arresto dell’Arcivescovo dî Colonia in poi. Protestanti assennati, a capo de’ quali è l’attuale Re di Prussia, han ben presto preveduto a che sarebbe riuscito un tal atto; imperocché ogni Chiesa (una Chiesa dovea dire) che riposa sulla verità cristiana, possiede delle armi contro le quali si spuntano e sempre si spunteranno quelle della gendarmeria. Alcuni anni dopo, alcuni falsi profeti  hanno gridato: Convien che Roma cada. Da quel punto Roma ha preso un possente e nuovo slancio; e quando è venuto l’anno 1848 con, tutte le potenze delle tenebre, quando Roma parve rovinare, noi abbiamo veduto che Roma poteva esistere eziandio fuori di Roma. Sul Vaticano sventolava la bandiera rossa, il Papa pigliava la fuga; ma la Chiesa Romana non ispiegava perciò meno un’attività sorprendente. Essendo un potere uno in sé, che sa ciò che vuole (la monarchia ben potrebbe richiederla di questo segreto), la Chiesa Romana fa le più grandi conquiste, ne’ tempi di desolazione universale? Ella sa trar partito da tutte le vicissitudini. Sulla vertigine dell’unità germanica ella edificò il duomo di Colonia. Nelle assemblee costituenti ed effimere: ella sola con mano sicura afferrò il ben reale, la libertà d’insegnamento. Le sue missioni percorrono il paese. Di tutte le folli associazioni del delirio rivoluzionario non vi rimane che il rannodamento dell’episcopato tedesco appoggiato sulle riunioni cattoliche.

30. « Un nuovo legno surse per la Chiesa Cattolica nella vecchia Inghilterra in mezzo a mille turbini. Sulle rovine della Francia ella pianta la sua bandiera protettrice. Le aberrazioni costituzionali nel Mecklemburg, vecchio paese Luterano, fanno rinascere il Cattolicismo: Colla reazione in Austria prende egli un nuovo accrescimento; come in Francia egli solo sa salvare la sua libertà in mezzo alle manette universali. Nel suo centro; sedendo sopra un vulcano, nè sostenendosi che per l’appoggio dello straniero, offre il suo soccorso a regni potenti. In Inghilterra; ove la Chiesa Cattolica è soltanto tollerata, ella vi comparisce di botto qual padrona. Più uno la opprime, più vien maltrattata; più ella riporta. vittorie. Ella non chiede che uguaglianza di libertà per guadagnare ad un trattò tutta la palma. Vien privata in tutti i paesi cattolici de suoi beni; della sua potenza temporale; ed ella guadagna. il doppio per la stessa sua povertà. Vien ridotta al più assoluto spogliamento; ed ella non manca né di denaro per dar la vita a nuove creazioni, né di cuori e di mani che travagliano nelle privazioni. Ora ella aspira a far ritorno verso i tempi del Medio Evo, ed ora ella tien dietro al progresso del tempo. Mentre che ne’ suoi ordini monastici logori ella ristabilisce i vecchi regolamenti di energia e di condotta severa (e prestando fede alle nuove provenienti di Fiandra e di Westfalia, il fervore interno degli antichi tempi non ha tardato di riaccendersi), ella entra risolutamente nell’idea moderna delle associazioni.

31. « Verso i Yancheys, verso il fratello Jonathan si avanza il trappista col suo unico — Memento mori, = nell’atto che ne villaggi e nelle città della Silesia, imitando i democratici, la Chiesa appende degli affissi e solleva, nelle adunanze pubbliche accessibili a tutti, le questioni tutte ardenti dell’epoca, le quali ella risolve senza agitazione. Ella è per tutto. Il suo Arcivescovo di Parigi cade sulle barricate, opponendo alle palle la sua parola di Pastore; ed appena gli ammutinati sono legati e stretti, che ella si offre per consolarli, e per seguirli nell’esilio e nella disgrazia. Mentre che tra noi si stanno elaborando mille progetti di costituzione di Chiesa, e che ognuno di essi appena è nato spira sotto le proteste della destra, della sinistra e del centro, la Chiesa Romana, di una mano ferma e senza dir parola, fa uscir fuori dal vecchio tesoro delle sue tradizioni i Concili provinciali e i Sinodi diocesani. Frattanto che presso noi si discute per anni, e senza verun risultato, sulle relazioni della libertà di riunione, e del dovere di obbedienza clericale, la Chiesa Romana, senza controversia e dissensione, copre delle riunioni libere tutti i paesi dell’Europa: Società di S. Vincenzo per gli uomini, e di Santa Edwige per le donne; Società di S. Francesco Regis per legittimare matrimoni selvaggi; Società di Maria-Herz per la conversione degli impenitenti; di S. Francesco Saverio per le missioni agli infedeli; di S. Bonifazio per la Chiesa germanica, in opposizione agli associati di Gustavo Adolfo; finalmente Società di Pio IX, le cui riunioni generali si tengono su di ogni punto dell’Alemagna. La Francia abbonda di Fratelli e di Suore insegnanti.

52. « Le scuole dello stato si vuotano, le scuole cattoliche riboccano assolutamente, come la facoltà cattolica improvvisata a Magonza ha lasciati i professori: dell’Università di Gnesen predicare e dissertare davanti ai banchi e a calamai.. Nel Belgio la libertà d’insegnamento ha talmente aumentata l’influenza dei Cattolici, che i liberali credendosi perduti, hanno decretato, grazie alla maggioranza, l’insegnamento forzato imposto dallo Stato. Nell’Annovria un secondo Vescovato è conceduto ai cattolici, e ve ne sarà ben presto un altro in Amburgo! Un Vescovato surse nell’America settentrionale in mezzo allo sperpero delle sette senza numero che vi brulicano. In Inghilterra la Chiesa Romana stabilì la sua Gerarchia alla barba dello Stato; né le dimostrazioni clamorose del popolo, né i decreti del Parlamento la fanno indietreggiare di un sol passo. Una Chiesa si aderge dopo l’altra, un convento dopo l’altro: tutti si popolano dei dotti discepoli della Università di Oxford. Nel cuor di Londra si dedica una cattedrale arcivescovile, ed a Berlino l’ospitale cattolico rivaleggia con successo in favore di tutte le confessioni con la Betania reale. Alle serie luminose e cospicue de’ suoi convertiti della Germania del Nord, il Conte Federigo Leopoldo di S. Fulbergo in capo, ella aggiunge un gran numero nel Mecklemburg….In tutti i paesi ella guadagna, non so come, i talenti più vigorosi, i meglio dotati! » (Dal foglio del popolo di Alta, sul progresso del Cattolicismo: articolo riportato per intiero dalla nuova Gazzetta di Prussia, e quindi nell’Univers, 4 Maggio 1852, e negli altri giornali di Francia).

33. « O posizione degna d’invidia della Chiesà Caltolica! Attaccata da tutte parti, minacciata di estese apostasie, premuta dalla incredulità e dalla frivolezza della nostra epoca, che la rodono al cuore, e nel momento in cui il suo Capo è circondato e tenuto captivo da bande associate a tutti che alzano le lor mani contro l’edifizio della Chiesa, i suoi rappresentanti tengono lo stesso linguaggio, qual noi troviamo in tutte le pagine della sua storia, la barca di Pietro, qualunque siasi la tempesta che l’agita, ha la promessa di giungere al porto; sempre porta seco Cesare e la sua fortuna. » (Un protestante Alemanno: Vedi la Gazzetta Universale di Augusta, Gennaio 1849)

Apost. Quando finirà questa predica ? Ormai comincia a seccarmi…

Prot. Devo dirti ancora poche parole; che ti prego a non dimenticare….

34. « Io non posso far senza di non andar meco stesso continuamente domandando: è può esser mai che una Religione, la quale con tanta perseveranza, e con tanta costanza coopera. Chiaramente alla umana felicità, non sia poi riguardo a tutti i suoi comandamenti Religione divina? Io resto compreso da grande stupore in considerando attentamente la venerabile antichità di questa sublime Chiesa, la sua ampiezza, la magnificenza e gli ordini de’ suoi edifizi: poi? ammirabile e santa disciplina di lei, la quale, per ciò che è, sembra chiaramente originare da una mente sovrumana. Quindi la costanza con che tollerò ogni fatta di persecuzioni, le grida, le villanie, le calunnie che le scagliarono contro i nemici suoi, e che pure non valsero a nulla e furono impotenti; il carattere, la dignità, le virtù, l’ingegno dei difensori della medesima Chiesa, il mal affare e la nulla fede de’ primi che la inimicarono; tutte queste verità rendono l’uomo attonito e come fuori di sé. Da ultimo ponendo ben mente allo sparire di tante differenti sette che presero le mosse e si levarono per combatter la Chiesa: la breve durata di quelle che al presente sì sarebbero volute rannodare: i dogmi dissonanti, e le discordie di fede che si alimentano nelle medesime sette; queste cose nel mentre colmano i buoni di consolazioni dolcissime, presentano in pari tempo agli sguardi dell’universale, una prossima rovina eziandio delle più innumerabili sette, siano esse protestanti, o non protestanti. E potrebbe per avventura succedere che entrando alcuno in cosifatte congregazioni, dovesse di necessità vedersele dileguare dinnanzi, e sopravvivendo ad esse, arrossire di trista vergogna, e per soprassalto di delirio correre ai baci; ai disonesti abbracciamenti, ed alle infinte carezze di un’altra setta.» (Lord Fitz-William, lettere di Attico, ossia, Considerazioni sopra la Religione Cattolica ed il Protestantesimo,  p. 30)

55. « Quante volte la Cattolica fede fosse così falsa, come taluni pretendono che ella siasi, d’onde nasce che essa non sia stata per l’addietro giammai estirpata? Quando per verità il Papa godea di una grande possanza, quando persino i Re eran costretti di curvarsi a lui, poteva per avventura dirsi, e dirsi con ripiego alcuno poco più aggiustato, che niuno osava brandire le armi della ragione contro la Cattolica fede. Ma noi abbiamo veduto il Papa captivo in terra straniera; lo abbiamo veduto privo quasi di vitto e vestito; e abbiamo veduto in fine i torchi di più che metà del nostro pianeta posti in piena libertà per trattar con la stampa Esso e la sua fede in quella guisa che ad ognuno più andava a grado. E poi non abbiamo noi vedute le sette protestanti affaticarsi tutte per lo spazio di trecento anni a distrugger la Cattolica credenza? E non veggiamo alla fine di questi tre secoli, che quella Fede è tuttora la fede dominante del Cristianesimo? Che anzi non veggiamo forse che ella va dilatandosi in questo stesso momento perfino in questo medesimo regno. (d’Inghilterra), ove una gerarchia protestante riceve otto milioni di lire sterline all’anno, e dove i Cattolici sono tuttora severamente esclusi da ogni potere, e in alcuni casi da tutti i politici e civili diritti, sotto una costituzione dai loro Cattolici antenati stabilita? Può egli dunque essere che questa fede sia falsa? Può stare che questo culto sia idolatra? Possibile che fosse necessario l’abolirlo in Inghilterra per quanto era in poter della legge? È egli credibile infine; che fosse pel nostro bene, pel nostro onore il saccheggiare il nostro suolo nativo, il violare tutti i diritti di proprietà, l’inondare il paese di sangue, affine di cangiar la nostra Religione?? » (Cobbet, Opera cit. Lett. 7, § 203) Ascoltami ancora …:

36. Apost. No!… no!… no!… ne ho abbastanza!… Avete esaltata sino alle stelle, avete voluto incielare la Cattolica Chiesa, il Papa, il Papato, la sua Gerarchia, i Preti, i Frati, le Monache, e persino i Gesuiti!… Sì (ahi rabbia), anche i Gesuiti e collocati li avete quasi sul trono del Padre Eterno!…. Questo da voi non mi aspettava. Mi basta: non ne voglio più… Se volete riconciliarmi con voi, narratemi l’origine, i progressi le bellezze, i trionfi della vostra Riforma., che deve ‘certamente aver molto di buono e di bello. Su via, da bravo: mettetevi un poco a sedere, che io faccio lo stesso. Quanto più bella e magnifica sarà la descrizione che ne farete, tanto più vi ascolterò volentieri, tanti più vi amerò. Avanti.

LO SCUDO DELLA FEDE (157)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA

Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (26)

FIRENZE – DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA – 1861

SECONDA PARTE.

Genuino prospetto del Cattolicismo, e del Pretestantismo, delineato dai Protestanti.

PRATTENIMENTO II

Alcune sovrumane bellezze della Chiesa Cattolica

Punto I.

L’ ammirabile sua perpetua stabilità ed estensione, ec.

I Papi – loro supremazia,

11. Apostata. Bravo il mio carissimo Protestantismo! Avete altro da dirmi in lode della Cattolica Chiesa? Proseguite pure nel vostro delirio; giacché al presente occupa tutti i vostri pensieri!!!

Prot. « Non vi è, e non vi fu mai su questa terra opera di umana politica cotanto meritevole di esame, quanto la Chiesa Cattolica Romana. La storia di questa Chiesa congiunge insieme le due grandi epoche dell’umano incivilimento. Niun’altra istituzione esiste tuttora in piedi, la quale possa ricondurre indietro i nostri pensieri a quei tempi, quando il fumo de’ sacrifizi s’innalzava dal Pantheon, e quando i leopardi e le tigri saltellavano entro l’anfiteatro Flavio. Le più boriose stirpi di regi non son che d’ieri, se si paragonano alla linea dei Sommi Pontefici. Noi rintracciamo questa linea in una serie non interrotta dal Papa che coronò Napoleone nel secolo XIX; a quello che coronò Pipino nel secolo VII; e ben più oltre dell’epoca di Pipino si estende l’augusta dinastia, finché sì perde ne’ crepuscoli della fede. La Repubblica di Venezia tiene in fatto di antichità il secondo posto. Ma la Repubblica di Venezia ci comparisce moderna in Paragone del Pontificato; e la Repubblica di Venezia è già sparita, ed i Pontefici rimangono. La Sede Pontificia rimane tuttora, non già in istato di decadimento, non già come un semplice monumento di antichità, ma piena di vita e di giovanile vigore. La Chiesa Cattolica invia tuttora a più remoti confini del mondo intiero i suoi missionarii, non meno zelanti di quell’Agostino che disbarcò in Kent (contea d’Inghilterra) co’ suoi compagni; e tuttora affronta i potentati ostili con quel medesimo coraggio col quale affrontò Attila.

12. Il numero dei suoi figli è maggiore di quello che si avesse in qualsivoglia altra epoca. Le sue conquiste nel nuovo mondo l’hanno più che compensata delle perdite giù sostenute nel vecchio. La spirituale dominazione si estende sopra le vaste contrade che stanno tra le pianure del Missouri fino al capo Horn; contrade che da qui ad un secolo conterranno probabilmente una popolazione tanto grande, quanto quella che abita presentemente l’Europa. I membri addetti alla sua comunione non sono men di cencinquanta milioni (ora dugento milioni); e torna ben difficile il poter provare, che tutte le altre sette cristiane unite insieme ascendono a cento venti milioni. Né punto vediamo alcun segno che indichi esser vicina la fine della sua lunga dominazione. Essa ha già veduto il cominciamento di tutti i governi, e di tutte le istituzioni  ecclesiastiche che esistono oggi nel mondo; e noi non siamo inclinati a credere che essa non sia destinata a veder la fine di essi tutti. Ella era grande e rispettata prima che i Franchi oltrepassassero il Reno, quando la greca eloquenza era tuttora in fiore in Antiochia, e quando gli idoli ricevevano adorazioni nei templi de La Mecca. Ed essa potrà similmente esistere men vigorosa di adesso, quando qualche viaggiatore della Nuova-Zelanda si porrà a sedere, circondato da un’ampia solitudine, sopra un dirupato pilastro. del già rotto ponte di Londra, per disegnare in un Album le rovine della Chiesa di S. Paolo (Tempio protestante di Londra).

13. «Spesso sentiamo dire che il mondo diventa costantemente più e più illuminato, e che questi grandi lumi debbono esser favorevoli al Protestantismo, e contrarii al Cattolicismo. Noi siamo protestanti, e avremmo per avventura desiderato di poter prestar fede a tutto questo; ma molto temiamo che la proposizione non abbia alcun fondamento, e dia nel falso. Imperocchè veggiamo bene in due secoli e mezzo (ora più di tre) avere lo spirito umano acquistato una energia, ed una vita (benché per una sola e certa direzione) incredibile…. Però con tutto questo noi in pari tempo  scorgiamo che nello spazio di 250 anni il Protestantismo non ha fatto conquiste di cui valga la pena il parlare. Anzi crediamo che se vi è stato qualche cambiamento, quel combiamento è stato favorevole alla Chiesa Romana. Dopo ciò sarebbe pure a domandare, come mai possa altri sperare che lo sviluppo delle umane cognizioni abbia a riuscir nocivo ad un sistema, il quale, per non dire di più, fermo ed illeso ha saputo rimanersi al suo luogo, non ostante il continuo progredir delle scienze dal tempo della Regina Elisabetta? »

14. «L’effetto del grande scoppio del protestantismo in una parte del Cristianesimo fu quello di produrre il ravvivamento del pari violento dello zelo cattolico in un’altra…. Nel corso di una sola generazione, l’intiero spirito della Chiesa di Roma si cambiò. Dalle sale del Vaticano sino al più isolato romitaggio degli ap pennini il gran rinnovamento si sentiva e si vedeva dappertutto. Tutte le istituzioni anticamente introdotte per la propagazione e la difesa della fede furono ripulite e rese efficaci… Il celebre Ignatio di Loyola nella grande reazione cattolica ebbe la parte che ebbe Lutero nel gran movimento protestante… La sua attività ed il suo zelo vinsero tutti gli ostacoli: e sotto la sua direzione l’ordine de’ Gesuiti cominciò ad esistere, e crebbe rapidamente alla piena misura della sua potenza gigantesca. Con qual veemenza, con quale esatta disciplina, con qual coraggio intrepido, con quale abnegazione, con qual dimenticanza dei più cari legami privati, con quale intensa e ostinata divozione ad un solo fine, con quale accortezza nel praticare i varii mezzi i Gesuiti combatterono per la loro Chiesa, per la loro Chiesa, si trova scritto in ogni pagina degli annali di Europa per molte generazioni…

15. » I Romani Pontefici mostrarono nelle proprie persone tutte le austerità de primi anacoreti della Siria. Paolo IV, portò al trono pontificale lo stesso zelo fervente, che lo aveva portato al convento de’ Teatini. Pio V, sotto i suoi splendidi abiti, portava giorno e notte il cilicio di un semplice frate; andava scalzo per le strade nelle processioni: trovava anche “in mezzo alle sue occupazioni più urgenti e difficili il tempo per l’orazione privata: spesso si lagnava che i pubblici doveri del suo grado erano poco favorevoli all’aumento della santità, ed edificava il suo gregge con esempii innumerevoli di umiltà, di carità e di perdono delle ingiurie personali; mentre allo stesso tempo sosteneva l’autorità della sua Sede, e le dottrine incorrotte della sua Chiesa con tutta la costanza e l’ardore d’Ildebrando. Gregorio XIII si sforzava non solo d’imitare, ma anche di oltrepassare Pio nelle virtù severe di una sacra professione. Come fu il Capo, così furono i membri. Il cambiamento nello spirito del mondo cattolico si può rintracciare in ogni ramo di letteratura e di arte. Se ne accorgerà ciascuno che paragoni il poema del Tasso con quello dell’Ariosto, ovvero i monumenti di Sisto V con quelli di Leone X! ( Nacaulay, History of England from the accession, etc. London 1848)

16. Apost. Caro Protestantismo! Io per voi abbandonai Papa e Papato, e voi venite a seccarmi col farne elogj? Morte al Papa! Abbasso il Papato!

Prot. « L’idea di un supremo Pontificato de’ Vescovi in Roma è un’idea la più grande e sublime che si sia mai in alcun tempo recata ad effetto. La mente umana non poté mai concepire un pensiero più bello e più perfetto (né uguale) di quello della Gerarchia e della teocrazia. Essa era in armonia coi bisogni dei tempi che correvano, e fu per così dire un avvenimento necessario. » (Marheinecke. Il sistema del Cattolicesimo nel suo sviluppo simbolico. Heidelberg 1810, p. 195).

17. «I Papi innalzarono una diga al torrente della barbarie, che avrebbe menato guasto su tutto il mondo. Furono essi che con le loro mani veramente da padri fondarono la Gerarchia (questa fu fondata col Papato di Gesù Cristo) è con esso lei la libertà di tutti gli Stati. Priva di questa libertà Roma potea cadere pei rescritti di un solo; priva di quella Gerarchia, non era già possibile d’istillare in tutti popoli i medesimi sensi, e gli stessi amori. La Chiesa vedova del Papa farebbe mostra di un esercito, a cui mancato fosse ed ucciso il valoroso capitano. » – (Giovanni Müller, Op. T. 8, p. 56).

18. « Fu veramente una grave disgrazia per la Russia, che non la religione Romana, ma la greca divenisse la sua religione nazionale. Poichè gli Istituti Regolari dell’Occidente erano molto più utili per la cultura nazionale, che non i Monaci dell’Oriente; e fino il Primato del Romano Pontefice, che riuniva più nazioni in una sola monarchia spirituale, riusciva più vantaggioso per la civiltà e per la cultura de popoli, ed era nel medesimo tempo più conforme all’indole generale degli Stati, che non il debole sistema gerarchico greco! » (Spittler, presso Ag. Theiner, La Chiesa scismatica di Russia descritta etc. Lugano 1846, p. 148 e segg.).

« L’intera Europa senza il Papato sarebbe facilmente caduta fra gli artigli de’ tiranni, i quali l’avrebbero fatta lor preda; e sarebbe così diventata quasi un teatro: d’irreconciliabili ed eterne discordie, e forse anco un deserto mongolico. » (Herder, I miei pensieri sulla filosofia del genere umano, T. 3, p. 167).

19. Apost. « Sì, il Papato fu una gloria di Italia, e fu grandemente utile all’Europa. Nel medio evo, quando tutto era sconvolgimento «ed anarchia, sebbene i Papi fossero egualmente immorali degli altri principi, pure la loro influenza religiosa impedì la dissoluzione della società, tenne unite le popolazioni dell’Europa col legame di una religione uniforme, e col propagarvi le leggi romane passate nel diritto canonico, e sparse fra di loro i germi di una futura civiltà. In Italia mantenne vive le tradizioni romane, che furono la causa che essa per la prima si liberasse dal caos del medio evo, essa la prima sì desse leggi scritte, e si svolgesse a lei quel precoce incivilimento che fu la fiaccola civilizzatrice di tutta l’Europa. – Dunque – bisogna disfarsi del Papa? » (Bianchi Giovini, nel suo giornale: L’Unione, 9 ottobre 1859).

20. Prot. Tu ragioni da bestia. Non conosci ciò che ne avverrebbe alla Religione quando le fosse tolto il suo Capo? Sei affatto cieco?

« Giusta cosa ella è, e non può negarsi, che ogni religione abbia un Capo che la governi e a tutti gli altri presegga, affinché l’unità e la pace durino ferme e non siano turbate. Perocché una religione, la quale non avesse che reggitori particolari e propri a ciascun paese, non starebbe molto a tramutarsi, e pretender novelle forme, secondo che tornerebbe conto ai fini e alle bisogne degli Stati. Diverrebbe allora un istituto civile; cosicché potrebbesi non a torto equiparare alle poste ed ai balzelli. Cambierebbesi da ultimo in una istituzione di finanza, atta a condurgli uomini quasi fossero sempre bambini e da sorreggersi col laccio, e servirebbe così materialmente alle mire dello Stato. Potrebbe più appellarsi in questa guisa un istituto divino?! » (Oken, Il nuovo armamento, la nuova Francia, 1814, p. 736)

Apost. Ma se così è, perché appellate il Papa – l’Anticristo?

21. Prot. « Colui non è l’Anticristo che non insegna veruna cosa, la quale si opponga alla dottrina insegnataci da Gesù Cristo. Ma il Papa nulla insegna di opposto alla dottrina di Gesù Cristo; dunque il Papa non è l’Anticristo. » (Ugone Grozio, presso Monsign. Bossuet, dottrina e critica di Grozio, Venezia 1784, §19, p. 65).

« Se i primi riformatori, nei loro-scritti privati, non han mancato di nominare il Papa Anticristo, e la Chiesa Cattolica la prostituta di Babilonia, non devesi perder punto di vista che eglino erano nel calore del combattimento…. Se loro fosse dato di ritornare e vedere il movimento attuale; eglino troverebbero l’Anticristo ben altrove che sopra la Sede di Roma. Io riconosco un progresso in queste parole del Conte di Zizendorf: Nel Papa io non vedo punto l’Anticristo; ma il Capo legittimo della Chiesa Romana. » (Sthal, nel Sinodo di Brema, Compte rendu des Seans, etc. Vedi Annales catholiques de Genève, P. 41, 42, Dec. 1852).

22. Apost. Ciò che singolarmente mi rende insoffribile il Papa è quella sua pretesa spirituale Monarchia universale indipendente, per cui pretende di aver diritto, di comandare in casa di tutti, con tanto danno ed ingiuria de governanti e dei governati; poiché è causa funesta di continui disordini e dissenzioni, che mai potranno cessare finché tal potere non sia bandito dal mondo. Non è egli vero?

Prot. Se tale universale potestà sia o no pretesa, già   te l’ho fatto conoscere, e se ciò non ti basta, ti rimetto alle mie Discussioni al tribunal della Bibbia. Veniamo dunque al resto.

«Vi è una via antica e semplice di assicurare per l’avvenire la sicurezza degli Stati, i diritti reciproci de Sovrani e dei popoli, e cotesta via infallibile eccola. Ritrovate in tutti i poteri quella Pontificia Monarchia, la quale fin da principio ha esistito nella Chiesa Cristiana, che sola può dominare sui cuori, che meritò l’ammirazione de’ primi fedeli, che anche dopo per lunga stagione esercitò il suo potere invisibile e spirituale su tutte le società politiche, delle quali mantiene i diritti reciproci, delle quali consacrò la indipendenza; delle quali preparava e disponeva il perfezionamento, quando ciechi legislatori a scavare si accinsero i suoi maestosi fondamenti, e a fulminare l’interdetto contro i ministri di Lei, ed a diminuire la sua influenza morale a segno, che poterono mandare ad effetto il loro piano iniquo di ribellare i popoli, di rovesciare le Dominazioni che hanno loro origine da Dio, e di operare quella rivoluzione spaventevole che abbiamo veduta…

» Tale è la natura della Monarchia Pontificia: Non è altro che quella del Re dei Re: offre essa ai poveri e ai deboli un riparo contro l’oppressione e la violenza, mantiene l’obbedienza ai Sovrani legittimi, ed impedisce le popolari insurrezioni. Monarchia ammirabile per il principio divino che la costituisce, quello cioè dello sproprio e della rinunzia ad ogni temporale vantaggio. Lungi dal sottometter le nazioni al duro scettro ed uniforme di un solo Padrone, essa mantiene l’indipendenza respettiva degli Stati, e lascia ad ognuno di essi quella che più gli conviene forma di civil reggimento, secondo gli interessi, il commercio, i bisogni, le abitudini e le località delle diverse nazioni. Lungi dal volere che s’incurvino i popoli sotto il potere di un solo Monarca, la spirituale Potestà presenta all’universo lo spettacolo dell’unità nella varietà medesima, il bello morale ed il bello politico, l’unione di popoli diversi, i quali non hanno che un sol cuore ed un’anima sola, benché differenti presso di loro ed i costumi, e le leggi, e la individua esistenza, e la forma del governo…

» Quale è dessa ora la vocazione sublime, a cui sono chiamate tutte le Potestà temporali? Non è forse quella di conservare nella sua integrità lo spirituale Potere, unico loro proteggitore? Ed eglino non si affretteranno a restituire alla Monarchia universale (la quale pone all’autorità loro il suggello) i suoi venerandi Ministri, gli zelanti suoi Missionarj, i suoi pii cenobiti, e tanti solitari divoti; sostegni fedeli, che la empietà le ha ultimamente rapiti, onde poter riuscire a disertarla?

» La Chiesa salvò l’Europa col suo potere da una totale barbarie: Ella fu il punto di riunione di tutti gli stati isolati: Ella sì collocò fra il tiranno e la vittima, e rannodando fra le nazioni inimiche i vincoli d’interesse, di alleanza; di amicizia, divenne la salvaguardia delle famiglie, dei popoli, degli individui! » (Pietro Foux, presidente del Comitato Riformato, Lettera sull’Italia, 376, 378, 380, 384).

«La Monarchia Pontificia ha insegnato alle nazioni ed ai re a riguardarsi vicendevolmente come compatrioti, essendo tutti egualmente soggetti allo “scettro divino della Religione, e qual centro di unità è stata per più secoli l’uman genere un vero benefizio. Ah! Perché mai divisioni funeste hanno tolta per molti Stati l’attiva sua forza a quel centro prezioso di unità! Ah! se tutte le parti, che separate si sono dal sistema generale vi si riunissero sotto un rapporto di riconciliazione evangelica, in luogo di lacerarsi a vicenda, e correr rischio di piombare nel caos, quanta forza e quanta stabilità acquisterebbero le società politiche! e come crescer vedrebbe la Religione il suo impero su i cuori !! » (Robertson [presbiteriano] presso Foux Op. cit. p. 126).

LO SCUDO DELLA FEDE (156)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (25)

FIRENZE – DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA 1861

SECONDA PARTE.

Genuino prospetto del Cattolicismo, e del Pretestantismo, delineato dai Protestanti.

PRATTENIMENTO I

Prospetto del Cattolicismo.

Il Protestantismo e un Apostata suo proselito.

1. Apostata. Buon giorno, mio caro protestantismo. Ove correte a passo. così concitato? Di grazia, fermatevi un momento: desidero parlare con voi.

Protestantismo. Cosa vuoi? che domandi da me? Non mi sento gran voglia di far discorsi: sbrigati e presto…

Apost. Per bacco! Siete oggi talmente inquieto, perturbato, agitato che per servirmi della delicatissima frase del nostro Santo Padre Lutero, sembra che siate invasato da tutti i diavoli dell’inferno! … Donde venite? Che vi è accaduto?

Prot. Vengo in questo momento dal tribunale della Bibbia: altro non posso dirti….

Apost. Siete stato davvero al tribunale della Bibbia? Oh! molto bene: mi rallegro tanto con voi! Ora conosco la vera causa del vostro perturbamento e agitazione; perché  suppongo che ivi abbiate incriminato come merita quel demone del Cattolicismo, e l’eccessiva gioia del vostro trionfo vi ha, senz’altro, prodotto le convulsioni nei nervi. Bravo! Oh! lo avrete acconciato pel dì delle feste; poiché è tanto certo che la Bibbia è dalla parte nostra e ad esso contraria; come assicurato ne sono dai vostri Missionari, che la nostra Santa Riforma ha sempre fatto e fa tremare la rea Chiesa del Papa col solo nome di quella divina autorità. Non è egli vero?

Prot. « Oh! di quanto ha ristrette le sue pretensioni il Protestantismo, dall’istante medesimo che ebbe principio! Allora egli avvisava di gittare mortalmente a terra la Chiesa, ed oggi gli è forza riconoscere che non ha fatto altro che assodarla e fortificarla di più. Perciocchè la piaga di che esso ha voluto ferire la Chiesa, si è trasformata in una pura e salutifera fontanella, mediante la quale si segregarono dal corpo tutti gli umori cattivi…. Allora egli gridò morte alla Chiesa, e la maledisse con mille guai. Lutero soprattutto fecele le più ingiuriose villanie, che si udissero mai. Chiamolla apostata e corrotta, meretrice di matrimonio, meretrice di casa; meretrice delle chiavi, meretrice-κατ’ἑξοχήν [kat’exoken] – ossia primaria meretrice del diavolo, peste esecranda, ed altrettali titoli le diede, che si posson vedere principalmente nella Lettera contro Enrico re d’Inghilterra (Wittemberga 1522). Oggi al contrario il Protestantismo si macera per invidia alla vista della Chiesa Cattolica, il che puossi ad ogni ora dimostrare co’ pensieri e con le parole degli scrittori stessi protestanti, i quali non si dan pace per l’unità e la concordia cattolica da loro stessi perturbata. E se nel rivolgimento di quel tempo i popoli furon colti alla sprovvista dalla Riforma, o si lasciaron menare a parole, ed ingannare da promesse lusinghiere e fallaci, siam giunti oggimai a tale che non compiendosi per niun modo le conseguenze, che pur s’erano promesse, anzi essendo avvenuto il contrario, uscendone fuori malori che né s’aspettavano né si tramavano, non è più possibile una propagazione della Riforma, se pur non fatica inutilmente per mantenerla in vita e conservarla. » (Binder, Il discioglimento completo del protestantesimo, T. 1, p. 109. Schiaffusa, 1843).

Apost. Caro Protestantismo, non posso credere che abbiate parlato sul serio; penso che abbiate parlato in tal modo per iscandagliare il mio affetto, la mia costanza nella vostra fede. Vi prego pertanto anche a nome di tutti i miei compagni di apostasia (scusate se così mi esprimo) a darmi seriamente e sinceramente una esatta notizia, una giusta idea della esecranda Cattolica Chiesa, e della nostra bella Riforma; giacché, a dirvela in confidenza, abbiamo abbandonato il Cattolicismo, ed abbracciato il Protestantismo senza conoscere propriamente né l’uno né l’altro. Oh! se mi esaudite, avrò certamente molto da divertirmi e corfortarmi in udire le brutte laidezze della Chiesa papistica, e lo celesti bellezze della nostra Riforma; e di più mi libererò dagli scrupoli, dai crudeli rimorsi che non cessano di agitarmi per avere abbandonata quella brutta Chiesa.

PUNTO I

Origine della Cattolica Chiesa; il Primato di S. Pietro e dei Papi suoi successori.

2. Prot. Sono pronto a servirti con tutta la schiettezza, e secondo la verità. Ascolta. « La Chiesa Cattolica ebbe origine con Gesù Cristo medesimo. Egli scelse S. Pietro a Capo della Chiesa. Il nome di questo Apostolo era Simone; ma il suo Maestro chiamollo Pietro, ciò che significa – pietra o roccia, — e dissegli – Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. – Osserva il Vangelo di S. Matteo XVI: 18.19; e quello di S. Giovanni, XXI: 15, e susseguenti; e scorgerai che ci è forza o negare la verità delle Scritture, o confessare che ivi fu promesso un Capo della Chiesa per tutte le generazioni.

3. S. Pietro morì martire in Roma 60 anni circa dopo la morte di Cristo. Ma altri subentrò al posto di quello, ed avvi la evidenza la più soddisfacente, che – la catena di successione è rimasta non interrotta da quel giorno a questo…. Vero è che a motivo delle persecuzioni, a cui pei tre primi secoli la Chiesa soggiacque, i Vescovi Capi, successori di S. Pietro, non sempre ebbero i mezzi di sostenere apertamente la loro Supremazia; ciò nullameno essi sempre esisterono, sempre vi fu un Vescovo Capo, e la sua Supremazia fu sempre riconosciuta da tutta la Chiesa, che è quanto dire, da tutti i Cristiani allora esistenti.

4. Ne’ tempi posteriori il Capo Vescovo fu chiamato nella nostra favella (inglese) il Pope, nella francese Pape. In italiano dicesi Papa, la qual voce è l’unione ed il compendio dei due latini vocaboli, Pater Patrum, ossia Padre de’ Padri. – Indi trae origine l’appellazione di Papà che i fanciulli di tutte le cristiane nazioni danno a loro padri, appellazione del più alto rispetto, è della più interna e sincera affezione. Così pertanto il Papa, nel succedere che, ciascuno di essi faceva a tale ufficio, divenne il Capo della Chiesa, e il suo supremo potere e autorità furono riconosciuti, come ho di già osservato, da tutti i Vescovi, da tutti i maestri delle massime del Cristianesimo in tutte le nazioni, presso cui esisteva questa religione. Il Papa fu ed è assistito da un corpo di persone dette – CARDINALI, – o gran consiglieri, e in varie e numerose epoche furon tenuti Concilj, affine di discutere e stabilire punti di alta importanza conducenti all’unità e benessere della Chiesa. Questi Concili furono adunati in tutti i luoghi del Cristianesimo, e parecchi se ne tennero in Inghilterra. I Papi stessi sono stati promiscuamente scelti da uomini di tutti le cristiane nazioni…

5. Il Papato, o l’ufficio di Papa, continuò ad. esistere in mezzo a tutte le grandi e ripetute rivoluzioni de’ regni e degli imperi. L’impero romano, che al principio dell’epoca cristiana era giunto all’apice della sua gloria, ed estendevasi presso che in tutta l’Europa, e parte dell’Affrica ed Asia, cadde totalmente in rovina; pur tuttavia il Papato rimase saldo; e al tempo in cui la devastazione detta comunemente – Riforma ebbe. principio; erano stati, duranti quindici secoli, dugento ventidue Papi seguitisi l’uno l’altro in dovuta e continua successione.

» La storia della Chiesa d’Inghilterra fino al tempo della Riforma è oggetto per noi di alto interesse. Un semplice sguardo alla medesima, un nudo abbozzo dei principali fatti dimostrerà quanto menzogneri, quanto ingiusti siano stati coloro, i quali hanno vilipesa-la Cattolica Chiesa e i suoi Papi! » (Cobbet, Storia della Riforma protestante in Inghilterra e in Irlanda. Lett. II, § 2 40, e segg.)

PUNTO II.

La Cattolica Chiesa è l’unica véra Chiesa di Gesù Cristo. Santi Cattolici e protestanti.

6. Apost. Dunque, secondo voi, la Chiesa Cattolica sarebbe sempre la vera Chiesa del Redentore? Non credo oserete asserirlo.

Prot. « Ci dice la Scrittura, che la Chiesa di Cristo esser dovea – Unica. — Nel ripetere che noi facciamo il Credo degli Apostoli, diciamo: io credo nella Santa Chiesa Cattolica. Cattolica significa universale. Ora possiamo noi credere in una Chiesa universale, senza credere che quella Chiesa sia – Unica – e sotto la direzione di un solo Capo?… Nel Vangelo di S. Giovanni (X. 16), Cristo dice che. Esso è il buon pastore, e che vi sarà un solo ovile ed un solo pastore. Indi Egli deputa Pietro a pastore in sua vece. Nel Vangelo stesso (XVII. 10, 1 1), Cristo dice (al Divin Padre): « E tutte le mie cose son tue, e le tue sono mie, ed in esse Io sono glorificato. Ed ormai io più non sono nel mondo, ed essi sono nel mondo, ed Io vengo a te. Padre Santo, conserva in nome tuo quelli che tu mi hai dati, affinché sieno un solo, come siam noi. »

S. Paolo, nella seconda sua Epistola a’ Corinti (XIII, 14), dice: « Del resto, o fratelli, allegratevi, siate perfetti, siate di un solo consentimento. » Nella Epistola agli Efesini (IV, 13), dice: « Solleciti in serbar l’unità dello spirito nel vincolo della pace. Avvi un solo corpo, un solo spirito; come pur siete chiamati in una sola speranza della vostra vocazione: un sol Signore, UNA SOLA FEDE, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti. » Di nuovo nella sua prima Epistola a’ Corinti (I. 40): « Io vi scongiuro, o fratelli, pel nome di Gesù Cristo nostro Signore, che tutti vi accordiate nel dir la cosa stessa, e che non sia tra di voi DIVISIONE ALCUNA, ma siate perfettamente uniti insieme nel MEDESIMO SPIRITO, e nel MEDESIMO SENTIMENTO. »

« Ella è una vera mostruosità il supporre che esser vi possano due FEDI veraci. Ciò non può stare; una delle due ha da esser falsa. E vi sarà uomo che dica, che dovremmo far plauso ad una misura, che dee per necessità produrre un numero indefinito di fede?… E col tor via che si fa del Capo della Chiesa, non sì viene a produrre inevitabilmente un tale stato di necessità? In questo caso come può esservi un solo ovile, ed un sol pastore, una sola fede, un sol battesimo?! » (Cobbet, Op. cit. Lett. 3 § 85). Un tratto caratteristico della vera Religione è di raccomandare a tutti l’unità e la concordia. » (Samuel Vix, Considerazioni sulla convenienza di congregare un Concilio, etc. 1829, p. 23).

« Io sfido di mostrarmi un articolo qualunque più imperativamente ordinato, sì frequentemente inculcato, come il mantenimento dell’Unità tra tutti i Cristiani. » (Samuel Parker, Religion and Loaltry, 1684).

« Una Chiesa, comunque ella sia, per la propria natura è pei fini della sua missione domanda UNITÀ: unità di tutti coloro che la compongono; unità nell’insegnamento: unità nella professione di fede. La quale per altro non può esistere senza che vi sia un’autorità sociale, suprema, ecclesiastica. » (Fessler Storia degli Ungheresi, T. 8, p. 468).

« Quando da noi si parla di UNITÀ, si dice che il Cattolicismo possiede l’UNITÀ, ed io certamente lo credo. » (Viuet, presso Baudry, La religion du coeur, p. 315)

« In fatto di UNITÀ, di culto e di Liturgia, il Cattolicismo ha prodotto tutto ciò che vi ha di più grandioso! » (Lettera convocatoria del Sinodo generale di Berlino del 1846).

« La moltitudine, e l’avvicendarsi delle confessioni e delle sette, le quali si andavano recando ad effetto al tempo della Riforma, e in quello che ne seguitava, in parte logorava, e in parte interrompeva e tramezzava la comunione ecclesiastica. Per il che il Protestantismo faceva sembiante di un ammasso di molte e varie parti, né si pareva chiaramente, come addiviene nella Chiesa Cattolica, la bellezza di una esterna unità » (W. L. M. Wette, nel periodico — Il Protestante — 1828. T. 2, p. 168).

« È forza confessarlo candidamente, la nostra Chiesa, per quello che fuori di sé le appartiene, è divisa in un numero ben grande di parti e particelle. Né ciò solo. Anco per entro, anco in sé medesima ella è discorde e divisa. Ove è mai l’armonica unione delle opinioni e dei principii religiosi? » (P. M. Kempff, e G. G. Ultrioh, nel periodico — La Chiesa Cristiana nella sua idea: Fulda 1835, T.1 p. 53).

« Ben mirasi e si percepisce il Protestantismo, ma non si vede in alcuna parte una Chiesa protestante. » (Lehman, Stato e pericolo del protestantismo, Jena 1810, p. 9)

« Noi non abbiamo una Chiesa, ma delle Chiese. » (G. L. Plank, Sulla situazione del partito cattolieo e protestante, Heidelberga 1816, p. 21.)

Apost. Non ha dunque la nostra Riforma veruna unità?

8. Prot. « La sola unità che (a noi) resta, è quella del salario dei Pastori. Sì, l’unità della nostra Chiesa consiste in questo, che tutti i ministri sono pagati della medesima borsa, e i grandi dignitari della Chiesa sono i ricevitori del distretto. Tale è notoriamente il sentimento di alcuni spiriti vigorosi e conseguenti. Io non li riprendo che di una cosa, cioè di appellare un’istituzione questa anarchia, di appellar questo caos una Chiesa. » (Vinet; L’église et la confession de foi, p..27, e segg,)

9. « Noi riguardar dobbiamo e riconoscere nella Chiesa l’ammirabile successione dei Santi non altrimenti che una coerente e continuata istoria apostolica, ed una stabile e medesima scuola parlante… Questo misterioso e continuo succedersi di sempre novelli e gloriosi Santi, questa cerchia, diciam così, delle glorie Cristiane, ben si mostra ad ognuno per un vero Cristianesimo attuale e pratico » (Fogli per la verità più sublime, Raccolta VIII, p. 83, Francoforte «sul Meno 1827).

10. « Al nostro libro della legale Chiesa (anglicana) si premette un Calendario, ed in questo Calendario vi sono a differenti giorni dell’anno certi nomi di Santi e Sante. I loro nomi son posti quivi, affinché si possan riguardare religiosamente dal popolo i loro giorni anniversari. Ora chi sono quelle sante persone? Sono veramente’ de’ Santi Protestanti? Neppur uno! Perché non Santo Lutero, né Santo Cranmer, né Santo Edoardo VIII, né Santa la Vergine. Elisabetta? Niuno affatto di questa gente, ma tutta quanta la lista è di Papi, di Vescovi cattolici, e cattoliche sante persone, così uomini come donne. Parecchie vergini, ma non la Vergine Regina, nessuno della schiatta protestante. »

Apost. Come! Non sono forse gran Santi quei nostri martirizzati per la loro fede dalla tiranna Maria Regina d’Inghilterra, e registrati da Fox e da altri col titolo di Martiri della riforma?

Prot. « La schietta verità intorno a cotesti Martiri si è che essi erano una caterva de’ più nequitosi birbanti, i quali cercavano di distrugger la Regina ed il suo governo, e di ottenere i mezzi di nuovamente depredare il popolo sotto il pretesto della coscienza e della superiore pietà. Non valsero mezzi, comecché miti fossero, onde richiamare al dovere la loro vita malvagia, poiché siffatti mezzi eransi tentati…. Erano meritevoli ciascuno di dieci mila morti, se dieci mila morti avesse ciascuno potuto soffrire. » (Cobbet, Op. cit. Lett. I, § 21).

LO SCUDO DELLA FEDE (155)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA

Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (24)

FIRENZE DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA

DISCUSSIONE XXI

Necessità delle opere buone.

124. Prot. Fin qui ho dovuto cedere in tutto alla Chiesa, Cattolica, e ritirarmi colle pive nel sacco; ma vengo adesso a riferirvi certi suoi mostruosi errori (principal causa della mia separazione da essa), pei quali sarà certamente da voi condannata, esecrata, maledetta. Insegna pertanto, 1.° Che per salvarsi, oltre la fede, necessarie sono, per gli adulti, le opere buone : 2.° Che per quanto un fedele sia giusto e, in grazia di Dio, perde infallibilmente la sua giustizia, e nuovamente diviene nemico di Dio, se gravemente pecca, se fa opere, gravemente cattive! Io però, attenendomi alla vostra santa dottrina, rigetto e condanno questi detestabili errori; e costante, al mio solito, nella verità, credo ed insegno: 1.° Che basta la sola fede per esser salvi, e perciò necessarie non sono al conseguimento della salute le opere-buone. 2° Che siccome la sola fede giustifica, per la quale ci è applicata la-stessa giustizia di Gesù Cristo, coprendo Egli per tal modo i nostri peccati; così se non si perde la fede, è impossibile si perda la giustizia, la grazia di Dio, quand’anche si commettessero tutte le scelleratezze del mondo. Onde dico a’ miei seguaci: « Niuna cosa può nuocere all’uomo fedele, purché tenga ferme le promesse che apprende colla fede. » (Melantone, Loci theologic. P- 92… « L’uomo cristiano, anche volendo, non può perdere la sua salute per quanti peccati commetta, purché non cessi di credere; imperocché verun peccato lo può condannare, fuorché la sola infedeltà! Sii peccatore e pecca fortemente, ma credi più fortemente, e rallegrati in Cristo che è il vincitor del peccato, della morte e del mondo. Finché siamo qui, dobbiamo peccare. Questa vita non è l’abitazione della giustizia; ma aspettiamo, dice Pietro , cieli nuovi e terra nuova. Basta che abbiamo conosciuto, per le ricchezze della gloria di Dio, l’Agnello che toglie’ i peccati del mondo. Da questo Agnello non può separarci il peccato, ancorché fornichiamo, o uccidiamo mille volte il giorno. » (Lutero, Lib. De Captivit. Babylonic. Cap. de Baptismo.) — « Se fosse possibile commettere un adulterio nella fede, non sarebbe peccato. » (Lutero, Epist. Ad Melanth.) Questa è la mia sana dottrina, perché io seguo il puro Vangelo. Ed oh! se sapeste quanto a moltissimi piace, singolarmente poi a certi apostati, che vengono a me dal Cattolicismo. Essi sarebbero inclinati alla religione maomettana, ma è troppo rigorosa, perché non accorda di rubare, né di aver donne che a proprie spese, e però eglino preferiscono la mia Santa Riforma, perché io dico loro: « Desidera alcuno la moglie del suo prossimo? Se la goda, se può…. Si rapiscano pure colla forza o colla frode le fortune dei prossimi, imperocché nulla prende che non voglia ed approvi Iddio » (Calvino, Instruc. Cont. Lutheranos, cap. 13). «Sebbene io vituperi coloro che dicono: – pecchiamo, affinché in noi abbondi la grazia: – pure ciononostante, l’adulterio, l’incesto, l’omicidio mi rendono più santo in terra, e più glorioso in cielo. » (Flechter Duybeny, Guide in the Church, p. 82). – Perciò poi che riguarda la preghiera, proibisco le superstiziose orazioni papistiche ed assegno loro la seguente. « O Dio! Per vostra bontà provvedeteci di abiti, di cappelli. e di mantelli; di vitelli ben grassi, di capretti, di montoni e di vitelle; di molte femmine e di pochi figli. ben mangiare è il vero mezzo di non ammalarsi. » (Lutero. Che questa brutta orazione sia di Lutero, non osa negarlo neppure il furioso Bust nel suo Appel, né vi ha chi ne dubiti.)

125. Bibbia. Empio, scellerato! Questa tua dottrina è dottrina è dottrina del diavolo, se pure il diavolo è mai arrivato a tanto … È vero che senza fede nessuno può salvarsi, essendo la fede il principio, il fondamento dell’umana salute, e la radice di ogni giustificazione. – Imperocché sta scritto: « Senza la fede è impossibile piacere a Dio » (Hebr. XI, 6). Ma basta per salvarvi la sola fede senza le buone opere, ed ancorché facciate d’ogni erba un fascio? Ascolta. «Venite benedetti dal mio Padre, possedete il regno preparato a voi fin dalla fondazione del mondo: imperocché ebbi fame, e mi deste da mangiare: ebbi sete, e mi deste da bere: ero pellegrino e mi ricettaste: ignudo, e mi vestiste: ammalato, e mi visitaste; carcerato, e veniste da me :… Allora dirò anche a coloro che saranno alla sinistra: Via da me, maledetti, al fuoco, eterno, imperocchè ebbi fame, e non mi deste da mangiare: ebbi sete e non mi deste da bere: era pellegrino, e non mi recettaste, ignudo, e non mi vestiste: ammalato e carcerato, e non mi visitaste, E andranno questi all’eterno supplizio, e i giusti alla vita eterna. » (Matth. XXV, 34 e segg.). – Or ben vedi che Gesù Cristo non dà il Paradiso agli eletti perché ebbero la sola fede, né condanna all’inferno i reprobi perché abbiano mancato di fede; ma gli uni e gli altri trattati sono secondo le opere loro.

« Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi forse profetato nel nome tuo, e non abbiamo noi nel tuo nome cacciato i demoni, e non abbiamo noi nel nome tuo fatti molti miracoli? E allora io protesterò ad essi: Non vi ho mai conosciuti: ritiratevi da me tutti voi che operate l’iniquità. » (Matth. VIII, 22, 23). Questi avranno certamente avuta la vera fede; poiché avranno operato miracoli.

«Che pro, miei fratelli, se uno dica di aver la fede e non ha le opere? Potrà forse salvarlo la fede? La fede, se non ha le opere è morta in sé stessa. Anzi qualcuno dirà: tu hai la fede io ho le opere. Mostrami la tua fede senza le opere, ed io ti farò vedere colle opere la mia fede. – Tu credi che Dio è uno: ben fai, anche i demoni credono e tremano. 

« Ma vuoi tu conoscere, o uomo vano, come la fede senza le opere é morta? Abramo padre nostro non fu egli giustificato per via delle opere, avendo offerto sull’altare Isacco suo figlio? Tu vedi come la fede cooperava alle opere di lui: e per mezzo delle opere fu conosciuta la fede, e si adempì la Scrittura, che dice: Abramo credette a Dio, e fugli imputato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio. – Vedete come per le opere è giustificato l’uomo e non per la fede soltanto? Imperocché siccome il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede sola senza le opere è morta. » (Giacom. II, 14 e segg.). « Se non farete penitenza, tutti similmente morirete » (Luc. XIII, 3) —

« Il Figliuolo dell’uomo verrà nella gloria del Padre co’ suoi Angeli;- e allora renderà a ciascheduno secondo le opere sue » (Matth. XXVI, 27).

«Usciranno fuori quelli che avranno fatto opere buone, in resurrezione di vita. Quelli poi che avranno fatto opere male, in resurrezione di condannazione » (ivi, VII, 22, 23). – Hai capito?

Protest. S Paolo dice: « Noi pensiamo che l’uomo è giustificato  per la sola fede senza le opere della Legge. » (Rom,. III, 28)

Bibbia. Oltre che non dice – per la solo fede, – come dici tu, tosto soggiunge: « Distruggiamo noi dunque la legge con la fede? Mai no: anzi confermiamo la legge (ivi, v. 31). Dice ancora:

« Non gli uditori della legge sono giusti dinanzi a Dio, ma quei… (N. B.) che osservano la legge saranno giustificati. » (ivi, II, 13). S. Paolo dunque distrugge la legge, poiché ne scarta le opere e nel tempo 0stesso conferma la legge: dice non esser necessarie alla salute le opere della legge, e poi le asserisce necessarie? Si certamente.  Come ciò può spiegarsi? Ascoltalo.

« Ma adesso in Gesù Cristo voi che eravate una volta lontani, siete divenuti vicini … Imperocche Egli è la nostra pace…. abolendo (N. B.) co’ (suoi) decreti la legge dei precetti. » (Ephes.- II, 13, 14). Dunque S. Paolo rigettò le opera della legge abolita da Gesù Cristo, cioè i precetti legali, i riti della legge Mosaica; e conferma la legge istituita da Gesù Cristo co’ suoi decreti, cioè, la legge Evangelica, le opera (ossia osservanza) della quale dice esser necessarie alla salute. Ed infatti in quel capitolo, da cui hai preso quel passo, parla contro la necessità della circoncisione. E quindi altrove dice: « In Cristo Gesù né la circoncisione, né il prepuzio ha qualche valore, ma la fede operante per la caritas » (Gal. II, 6) « La circoncisione è nulla, il prepuzio è nulla: ma (il tutto) l’osservanza dei comandamenti di Dio. » (I Cor. VII, 19). « Quando avessi tutta la fede, talmente che trasportassi le montagne; se non ho la carità, sono un niente: nulla mi giova » (I Cor. XIII, 23) 

Prot. Quando dico che basta la sola fede, non intendo quella che opera miracoli, ma quella che equivale ad una ferma fiducia che Dio tutto ci perdonerà, e ci darà il Paradiso senza the facciamo opera buone e quand’anche non volessimo fare che dei peccati. Bibbia. Questa non è fede, è un’empietà. Ma chiamala come tu voi, già ti ho risposto, e se non ti basta, ascolta ancora S. Paolo al quale ti sei appellato. « Noi siamo figliuoli di Dio; se figliuoli, anche eredi: eredi di Dio, e coeredi di Cristo: se però patiamo con Lui per essere con Lui glorificati. » (Rom. VIII, 16-17).

« Gesù Cristo…. diede se stesso per noi, affine di riscattarci da ogni nequizia, e per purificarsi un popolo accettevole, zelatore delle opere buone. »

« Non sapete voi che gl’ingiusti non saranno eredi del regno di Dio? Badate di non errare: né i fornicatori, né gli adulteri, né gli effeminati, né quelli che peccano contro natura, nè i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né i maledici, né i rapaci erediteranno il regno di Dio. » (I. a’ Cor. VI, 9-10).  

« Quelli che credono in Dio, procurino di stare intenti alle opere buone. » (Tit. III, 8).  « Iddio renderà a ciascuno secondo le opere sue … Ira, indignazione, affanno ed angustia per l’anima di qualunque uomo che opera male: gloria, onore e pace a chiunque opera bene. » (Rom. II, 5 e segg.). Ne vuoi più?

126. Prot. Ne ho abbastanza. Credo come voi: ascoltatemi. –

« Non deve negarsi che si possa esser giustificati per le insegna S. Giacomo; poiché Dio renderà a ciascuno secondo le opere. La questione non è dei meriti, noi non li rigettiamo di alcuna sorta, e noi medesimi riconosciamo che si merita la vita eterna, secondo questa parola del Signore: – Colui che abbandonerà tutto per amor di me, avrà il centuplo in questo mondo, e la vita eterna. » (Bucero, Resp. ad Abrinc.).

 « Quando si parla della fede che giustifica, s’intende quella che opera per la carità (Lutero Comment. in Epist. ad Galat. T. 3. p. 213). »  

« L’errore, in cui taluni avevan la dottrina che le opere buone devono aver merito agli occhi di Dio, e che i pellegrinaggi a certi luoghi santi e le penitenze, e punizioni che c’imponiamo devono essere ricevute in espiazione dei nostri peccati, li fece cadere nell’errore degli antichi gnostici. Insegnarono quindi la dottrina della giustificazione mediante la sola fede, contradicendo così l’Apostolo Giacomo (Whately attuale Arcivescovo anglicano di Dublino, Introduzione alla Storia del Culto Religioso: Lez. IX, §9).

« Se Giacomo contradicesse in questo a Paolo, certamente non dovrebbe rigettarsi Giacomo, il quale apertamente insegna, ciò che insegna la legge di natura, cioè ciò che in ogni luogo insegna la Santa Scrittura ed altrove inculca lo stesso S. Paolo; ma rigettare si dovrebbero quelle Epistole di Paolo, nelle quali conterrebesi un dogma opposto. Ma se rettamente consideriamo la cosa, non vi è tra Giacomo e Paolo contrarietà  di sorta; essendoché Giacomo parla della legge di natura, e della legge di Cristo, e Paolo parla della legge ed economia di Mosè. » (Lutero, presso Bayle, Dictionar. Crit. Art. Luther. – Lo stesso dicono Rosenmüller, Scholia in Epist. Jacob.; e il Michelis, Introd. Au Noveau Testam. Genève 1822, T. 4, cap. 25, sect. 2 e 6) –

« L’eresia degli antichi gnostici “antinomi” fui condannata dagli Apostoli. Dottrine simili sono esistiti in tutte le età della Chiesa, e tale è, per esempio la seguente: – Perché siamo salvati per grazia mediante la fede (Efes. II. 8.): e questo non vien da noi, imperocché è dono di Dio (Rom. VI. 7.): possiamo con sicurezza vivere in peccato, perché la grazia soprabbonderà. – O quest’altra: che certuni possono considerare se stessi come persone scelte, cioè, come popolo di Dio, e che sono certi di ottenere l’eterna salute, sebbene non abbandonino le loro male abitudini, perché il Signore non imputerà loro a peccato, che non debbono affliggersi di aver peccato…. Tutte queste assurdità, tanto contrarie alle dottrine cristiane, furono ad esse commiste dalla depravità degli uomini…. L’altra dottrina altresì – che nulla di tutto ciò che possiamo fare può procurarci l’eterna salute è vera nel senso che niuna opera nostra buona può di per sè sola esser meritoria agli occhi di Dio, come pure nel senso, che non possiamo da per noi stessi menare una vita di veri Cristiani, senza l’aiuto dello Spirito Santo. » (Whatly sudd. Op. cit. lez. VII, a n. 5, n. 5, §6).

« Vi sono altri che insegnano che l’obbedienza di Gesù Cristo alla legge divina è imputata come meritoria a quelli che credono in Lui, cosicché le opere buone che Egli fece in terra, sono riguardate da Dio come fatte dai fedeli suoi. – Tale dottrina non è autorizzata dalle Sante Scritture. » (il medes., ivi, §7).

« Tutto quello che in questo caso possiamo inferire da ciò che sta scritto nella Bibbia, si è che non ci è negato di sperare; ma le promesse fatte dalle Scritture sono per coloro, che producono frutti di penitenza.3 » (Il medes. ivi, §5 n. 3).

« Sappiamo che una religione falsa può demoralizzare i suoi seguaci; e quindi ci immaginiamo che chi abbia abbracciata la vera fede, e sia inoltre di un carattere religioso, diverrà necessariamente uomo di moralità perfetta, in conseguenza della religione che professa, e che sarà giusto nel cospetto di Dio. Eppure, sarà così nel caso soltanto in cui osservi diligentemente l’avviso di Paolo, che … quelli che credono a Dio procurino di stare intenti nelle opere buone: e con sollecitudine adoprandosi, come esorta Pietro (II di Piet. I. 3), uniscano alla fede la virtù, alla virtù la scienza. » (Il medes. ivi, §4).

« Le buone opere sono degne di grandi elogi, esse sono necessarie, e meritano delle ricompense. La carità quando si esercita merita l’accrescimento della carità. E per questo le genti dabbene intendono le vere opere buone; e come elleno piacciano o Dio. c come sien meritorie. (Conf. Ausburg, Art. 6, cap. de bon. operib. p. 20).

« Poiché Dio giudicherà ciascuno secondo le opere, non deve negarsi che le buone opere fatte per la grazia di Gesù Cristo, le quali Egli stesso opera ne’ suoi servi, meritino la vita eterna; poiché è a tali opere che la Scrittura promette la ricompensa della vita eterna, la quale per questo non è meno una grazia, per un altro riguardo, cioè, perché queste buone opere, alle quali si dà si grande ricompensa, sono doni di Dio.» (Bucero, in disput. Lipsica, ann. 1539).

« Quelli che cadono in peccato mortale, non sono giusti. È necessario resistere alle malvagie inclinazioni: coloro che le secondano contro i comandamenti di Dio, e operano contro la coscienza, sono ingiusti, e non hanno lo Spirito Santo. » (Confess. Ausburg. Cap. de bon. Operib.).

« È proprio di un petto cristiano avere in orrore quei dogmi che nuocciono alla pietà quale è quello propugnato da taluni: Pecca fortemente, ma credi più fortemente, e niente ti nuoceranno cento omicidi, e mille stupri. – Sono questi i frutti naturali di quei dogmi, che uno debba credere che gli è imputata la giustizia di Cristo, quasi che esso (individuo) l’avesse operata: che è certo di perseverare: che certamente gli è destinata la salute: che i peccati dei fedeli, per quanto grandi e gravi esser possano, non sono loro imputati, per la fede che hanno in Gesù Cristo: che cader possono nel delitto di lesa maestà, nell’omicidio; nell’adulterio, etc., e nientedimeno esser eglino sicuri che mai totalmente e finalmente cadranno dalla carità di Dio verso di sé medesimo » (Grossio, Discuss. Apolog. Riveti.).

« Noi detestiamo con tutto il cuore questi dogmi empii, contrari ai buoni costumi (e alla fede), che tutto giorno si spandono tra i popoli, cioè, – che i veri fedeli non posson cadere in peccati di malizia, ma solamente in peccati d’ignoranza e di debolezza: che non possono perder la grazia … che lutti i peccati passati presenti e futuri sono già loro preventivamente rimessi. » (Il sinodo naz. prot. di Dordrech, Sess. 34, art. 7).

« Noi condanniamo gli Anabattisti, i quali negano che possa perdersi lo Spirito Santo quando siamo una volta giustificati. » (Confess. Ausburg, citaz. Ibid. p. 20).

« Ecco che tutto ho accordato alla Chiesa Cattolica, e se ancor non vi basta, vi presenterò in compendio i miei sentimenti, in ritrattazione di quanto ne ho detto di male sino al presente.

 « La Chiesa di Gesù, Cristo, custode vigilante dei dogmi che le sono stati dati in deposito, nulla cangia giammai: Ella niente diminuisce, niente aggiunge: Ella niente  toglie delle cose necessarie: Ella punto ne aggiunge delle superflue. Tutto il suo tra-vagliò è di pulire le cose che anticamente le furon date, di confermare quelle che sono state sufficientemente spiegate, di custodire quelle che sono state confermate e definite, di consegnare in iscritto alla posterità ciò che Ella ha ricevuto per la sola Tradizione. Tutto questo (insegnato da Vincenzo Lerinese) è preciso, e niente può aggiungersi da vantaggio: La Chiesa niente aggiunge di nuovo: Ella dunque, non fa nuovi articoli di fede. I Concilj confermano ciò che è sempre stato insegnato. (M Jurieu, Livr. De l’unité. Tr. VII, cap. 4 p. 626. – Questa confessione è preziosa, perché è di uno de’ primarii e più fanatici Ministri della Riforma protestante).

Bibbia. Ottimamente; ma se di tutto ciò eri persuaso, perché sempre e in tutto hai contradetto alla Chiesa Cattolica?

127. Prot. Il perché non oso dirvelo apertamente, ma potrete ben dedurlo dalle mie seguenti dichiarazioni.

« Se un Concilio ordinasse, o permettesse le due specie (nella Comunione), noi (N. B.) in dispetto del Concilio non ne prenderemmo che una, o non prenderemmo né l’una né l’altra, e malediremmo coloro che le prendessero in virtù di tale ordinanza. » (Lutero, Formul.  Miss. T. 2).

« Si può conservare la elevazione come una testimonianza della presenza reale e corporale; poiché il farla è dire al popolo: Vedete Cristiani, questo è il Corpo di Gesù Cristo, che è stato dato per noi. Che se io ho atterrato la elevazione, è stato solamente in dispetto del Papato; e se l’ho ritenuta sì lungo tempo, è stato in dispetto di Carlostadio. Insomma, si deve ritenere quando è rigettata come empia e si deve rigettare quando è comandata come necessaria. » (Il medes. Parva confess. N, 21).

« Egli è vero, io credo sia un errore il dire che il pane vi resti (nell’Eucaristia), sebbene questo errore siami sembrato sin qui di poca importanza. Ma poiché adesso con tanta forza mi pressano a rigettar questo errore, senza l’autorità della Scrittura; in dispetto dei Papisti voglio credere che vi restano il pane e il vino » (Il medes. Epist. De Argentinens, 1522)-. » Avete ben capito?

Bibbia. Iniquo!… Dunque, per puro capriccio, per far dispetto neghi e combatti ferocemente i dogmi più sacrosanti della cristiana fede, e insieme con essi la Chiesa di Cristo?… Iniquo!… – Né qui si è arrestata la tua empietà! Anche contro di me hai esercitato l’eretico tuo furore, e ben ne sento le crudeli ferite! Sì tu gonfio di orgoglio, perché contrari al tuo ereticale sistema di religione, come tu medesimo l’hai pur confessato (n. 74), hai combattuti e rigettati tanti miei libri divini, e frazioni di essi, che dal solo Antico Testamento hai tolte e strappate ben ventimila sentenze!… Ne qui si è tampoco arrestato la tua empietà! …  Non contento di avere strappati tanti libri divini, (ved. n. 69) dell’Antico e del Nuovo Testamento, anche tutto il resto hai manomesso, interpolando, mutilando, corrompendo tutti quelli innumerevoli testi che ti condannano, spacciando per tal modo ai popoli da te ingannati, l’eretica tua parola, per parola di Dio! … E dopo di ciò hai pure l’inverecondia di appellarti alla Bibbia?… Iniquo! Senti adesso dalla Bibbia qual sia di ciò la tua giusta mercede.

« Io protesto ad ognuno che ode le parole di profezia di questo libro, che se alcuno aggiungerà a queste cose, porrà Dio la porzione di lui dal libro della vita, e della santa città, e dalle cose che sono scritte in questo libro. » (Apoc. XXII, 18, 19).

128. Protest. Signora Bibbia! … non alzate con me tanto la cresta … Capite? Non vi dimenticvate che avete da farla col Protestantesimo … Udite un poco adesso quello che dico a voi, e a tutto il Papismo da voi difeso.

«Ancorché i Papisti riportino una gran quantità di luoghi della Scrittura, nei quali si prescrivono le buone opere, io non di meno non mi curo di tutti i detti della Scrittura (capite?) ancorché ne recassero eziandio ancorché di più. Tu papista, te ne prendi gran fastidio, e ti rendi feroce con la Scrittura, la quale è tuttavia al di sotto di Cristo. Io pertanto per tutto questo non mi muovo. Su via, dunque, appoggiati al servo quanto puoi. Ma io mi appoggio a Cristo vero Maestro e superiore alle Scrittura. A questo io consento, e so che Egli non sarà per mentire e trarmi in errore. Amo meglio onorar Lui e credergli, anziché per tutti i detti della Scrittura soffrire di muovermi neppur di un’unghia dalla mia sentenza. » (Lutero, Præfat. Ad cap. 2, in Epist. Ad Galat. Item, Comm. In cap. 3, ad Galat. Annot. 36).

Mi rimproverate che io corrompo la parola di Dio! Signora Bibbia! chi vi ha fatta parola di Dio? È vero che S. Paolo dice: « Tutta la Scrittura (è) divinamente ispirata » (II Tim. III, 16). Ma io avendo il gran privilegio d’intender tutto a mio piacimento, rispondo che il vero senso di quelle parole è questo: « Ogni bene spettante all’anima ha Dio per autore, è da Dio quasi ispirato » (Teller, presso Rosenmüller, in cap. II ad Tim., v, 5, 13). Insomma quelle parole – non contengono che una generale sentenza, cosicché non sembrano riferirsi né al Vecchio, né al Nuovo Testamento. » (Errico Heurichs, presso Kopp, Nov. Test, Græc. Perpet, annal. Illustr.: Gotting.1768). Intendetemi bene:

« Questa idea dell’ispirazione divina non è che un mito (una favola), contenuto, come, tanti altri, nei nostri libri Sacri. » (Bauer, Mitologia Ebraica, p. 23)- Mi rimproverate di aver combattuto la Chiesa di Cristo. E che per questo? «Il Cristo non è mica un individuo: è un’idea, o un concetto simbolico dell’umanità. » (Il dottore Federico Strauss, la vie de Jesus, ou examen critique de son histoire: trad, Paris 1839, T. 1, pag. 35-105.) Concludiamo.

« Lungi dalla ipocrisia, noi dichiariamo la guerra a tutto ciò che esiste, una guerra di decomposizione a tutte le religioni stabilite…. Quanto all’ateismo, se noi non lo proclamiamo ancora, noi possiamo antecedentemente provarci a demolire a poco a poco il sentimento religioso. Il critico esamina i racconti scritturali, considera, il Cristianesimo nella sua essenza; egli stabilisce (N. B.) che questi racconti sono favolosi: che questa essenza è ristretta: egli vuole innalzar gli uomini fino all’ateismo; perché allora soltanto essi saranno liberi … Convien liberar l’uomo dalla coscienza, e alla Germania, paese il più essenzialmente protestante in fra tutti, si appartiene di adempiere questa nobile missione. » (Il Giornale: Die Berliner monaschift n. 1).  

Or avrete capito, Signora Bibbia. So fare a meno di voi, di Dio, dell’Uomo-Dio, e di quanto ne viene di conseguenza. Sono il Protestantismo: rammentatevene: a rivedervi!

LO SCUDO DELLA FEDE (154)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (23)

FIRENZE DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA 1861

DISCUSSIONE XVIII

Il Purgatorio.

121. Prot, Pertanto la questione delle Indulgenze sarebbe ormai cosa finita, se il motivo per cui sono elargite, spinta non avesse la Chiesa Cattolica ad insopportabili errori. Essa dunque ci insegna, come dogma di fede, che se quella pena temporale, di cui si è parlato, come anche le colpe veniali, espiate non sono nella vita presente, espiare si debbano nella vita futura in un luogo di pena che appella PURGATORIO, dal quale nessuno può uscire per entrare nella eterna gloria, finché purgato non siasi da qualunque macchia. Ed affinché questo sognato PURGATORIO giovi, se non altro, ad ingrassare i Preti ed i Frati alle spalle de’ vivi e dei morti, insegna pure, come dogma di fede, che a liberar quelle anime penanti giovano, per modo di suffragio, le preghiere dei fedeli e dei Santi del cielo, le messe, le limosine, gli uffizi, le Indulgenze, ec, ec. Oh iniquità!… Questo PURGATORIO, altro none che un’esiziale invenzione di satanasso, la quale annienta la Croce di Cristo, irroga una insopportabile contumelia alla misericordia di Dio, rovescia, distrugge la nostra fede.8 » (Calvino, lib.3 Instit. cap, 5 §3).

Bibbia. È scritto: « Metti il tuo pane e il tuo vino sul sepolcro del giusto. » (Tob. IV, 18).

« Gli uomini di Jabes Galaad,… preser le ossa loro (di Saul e di Gionata) e le seppellirono nel bosco di Jades, e digiunarono per sette giorni. » (1.° de’ Re, XXXI, 13). Davidde prese le sue vesti, e stracciolle, e (così) tutti quelli eran con lui,… e digiunarono fino alla sera a causa di Saulle e di Gionata suo figliuolo, e del popolo del Signore; perché eran periti di spada. » (° Reg. I, 11-13). Dimmi adesso, di grazia, che significa porre il pane sul sepolcro de’ morti, digiunare per i morti, se non che suffragare colle limosine e colle penitenze le anime dei morti? Ogni altro senso di queste espressioni sarebbe ridicolo. Infatti, perché mai per la morte di Mosè, di Aronne, di Samuele, perdite tanto dolorose, è scritto bensì che tutto Israele pianse, ma non si fa menzione alcuna  di digiuni? Perché mai lo stesso Davidde che tanto aveva pianto e digiunato per ottener dal Signore la guarigione di un suo neonato bambino, a lui certamente più caro che Saulle e Gionata, appena ne intese la morte, si vestì a festa, dicendo: « Ora che è morto, perché ho da digiunare? » (Medes. XII, , 23). Di questo modo diverso di agire non potrà mai addursene altra ragione che questa, cioè, che Mosè, Aronne, Samuele, insomma i Santi, i bambini innocenti non hanno bisogno di suffragi, come l’hanno gli altri. – È scritto ancora: « Siam passati pel fuoco e per l’acqua, ma tu (o Signore ) ci hai quindi condotti in luogo di refrigerio. » (Ps. LXV, 11, 14).

« E tu (o Signore) mediante il sangue del tuo testamento hai fatto uscire i tuoi, ch’erano prigionieri, dalla fossa in cui non è acqua. » (Zacch. IX, 11). In questi due passi di che altro si parla, se non si parla del Purgatorio?

« Or sotto le vesti degli uccisi trovaron delle cose offerte agli idoli…. Tutti pertanto…. rivolti all’orazione supplicarono che il commesso delitto fosse posto in oblio. Ma il fortissimo Giuda, fatta una colletta, mandò a Gerusalemme dieci mila dramme di argento, perché offerto fosse un sacrifizio pei peccati dei morti…. Santo dunque e salubre è il pensiero di pregare per i morti, affinché SIANO SCIOLTI DAI LORO PECCATI.» (2° Macc. XII, 40 e segg.). – Ora negar non potrai che questo testo sia pienamente decisivo, quand’anche questo libro non fosse divino; perché se anche non avesse che l’autorità di una veridica istoria, chiaramente ti mostra che dal popol di Dio era creduto, come dogma di fede, l’articolo del Purgatorio. Mentre non solo ricorreva alle orazioni per suffragare le anime dei morti, ma offeriva sacrifizii nel tempio, e per conseguenza istituiti aveva per tale oggetto riti solenni che far non poteva, né avrebbe fatto, se ciò non avesse appreso per divina rivelazione. Nota di più che la conclusione del testo non riguarda la storia del fatto, ma è l’espressione della credenza dell’autore, ed essendo certo che questo libro fu scritto dalla stessa Sinagoga, come chiaro apparisce dal primo capitolo, è certo ancora che tal conclusione tiene il luogo di una solenne dogmatica decisione su questa materia.

Prot. Ma se vi è il Purgatorio, perché Gesù Cristo e gli Apostoli non ne hanno parlato?

122. Bibbia. Non ne hanno parlato?… Ascoltami: « Chiunque avrà sparlato contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonato né in questo secolo, né nel futuro. » (Matth. XII, 32).

« L’opera di ciascuno si farà manifesta, imperocché il dì Signore la porrà in chiaro; poiché sarà manifestata per mezzo del fuoco. Se l’opera di alcuno… arderà, ne soffrirà egli il danno, egli poi sarà salvo: così però come attraverso del fuoco. » (I Cor, III, 13, 14, 15).

« Spesso (Onesiforo) mi ristorò, e non si vergognò della mia catena…. Diagli il Signore di trovare misericordia presso il Signore in quel giorno. » (II Tim. I, 16-18).

« Chi sa che il proprio fratello pecca di peccato che non è a morte, chiegga e sarà data vita a quello che pecca non a morte. Havvi il peccato a morte: non dico che uno preghi per questo » (I Giov. I, 16).

Hai ben capito? Nel primo testo ti significa il Redentore esservi dei peccati che si perdonano nell’altra vita: nel secondo, dichiara S. Paolo, che il perdono di tali peccati non si ottiene che in un luogo di pena, scontandosi – come attraverso il fuoco: nel terzo, lo stesso S. Paolo prega pel riposo di Onesiforo già morto. Nell’ultimo S. Giovanni distingue quelli che hanno colpe veniali, da quelli che le hanno mortali: pei primi esorta a pregare, pei secondi non vuol che si preghi. La qual cosa non può riguardare che i passati all’altra vita; essendo di fede rapporto agli esistenti nella vita presente che si può, e si deve pregare per tutti.

123. Prot. « Nel vero, se si riguarda il maggior numero degli uomini, non sono eglino degni né del cielo, né dell’inferno. Per codeste ragioni la dogmatica cristiana si vede naturalmente condotta ad  ammettere uno stato mediano, in cui né si goda della beatitudine celeste, né si soffra il tormento dell’inferno; ma sia un luogo di purgazione, nel quale, per ciò stesso che si è detto, vi abbiano ad essere moltissimi nella non perduta speranza di giungere in processo di tempo, benché dopo tante pene, ad una sorte migliore. Quando i protestanti si pongono ad insegnare, di necessità son portati a discorrere per differenti gradi sì della beatitudine che della dannazione; e non sapendo fare altrimenti per trarsi d’impaccio, dichiarano esser piccol segno di beatitudine il minimo grado di pena, e toccarsi l’un l’altro scambievolmente; il che  importa che esista uno stato di mezzo. » (Koeppen, Opp. T, 2).

« La qual differenza per qual motivo non permetterà la Religione Cristiana che sia ricevuta? Forse che non è riconosciuta realmente dalla maggior parte de’ Cristiani? Certo i nostri Riformatori non dovevano rigettar del tutto questo stato mediano, giacché ad esso prestavasi ferma credenza nella Chiesa antichissima, ed oltre a ciò s’insegnava da ogni banda, tottochè molte fiate sia un buon destro per recare in mezzo ree e vergognoso usanze. » (Lessing, Opere varie di teologia, 1770).

« È inutile dire che la stessa autorità della Chiesa stia dalla parte di coloro che ammettono questo luogo , altrimenti chiamato PURGATORIO. »

« È manifesto dalla concorde testimonianza degli Ecclesiastici, che è stata pratica della Chiesa di pregare per tutti, nessuno eccettuato » (Rosenmuller, T . 2 lib. 13, cap. 3, § 18)-

« Il buon uso di pregare pei defunti cominciò nell’età degli Apostoli e continuossi a mettere in pratica sino al secolo XVI, nella Chiesa universa » (Collier, Giustificazione dei motivi a difesa della Rivelazione: T, I)

« Questa costumanza cristiana ringiovanisce, e ravviva la fede dell’immortalità dell’anima; alza, a così dire, un lembo del velo che ne cuopre la vista del sepolcro, ed appalesa per tal modo l’unione che bene ha luogo tra questo e l’altro mondo. Se noi (protestanti) avessimo tal costumanza mantenuta, non avremmo per disavventura a piangere in mezzo a noi tanto scetticismo e tanta miscredenza. Non trovo ragione alcuna, perché  una Chiesa particolare, la quale non può pretendere di avere in potestà sua doni soprumani, e che tanto si è dilungata DA’ TEMPI PRIMITIVI DEL CRISTIANESIMO, possa cosi facilmente e all’impazzata mettere giù un’usanza, che lungi dall’esser condannata, trovasi assai ragionevolmente, secondo la Scrittura, praticata di già fin da’ primi tempi. Nell’età Apostolica, ne’ giorni dei miracoli e delle rivelazioni essa era in uso. Negli articoli di fede non si lasciò da banda; nè da altri, se non dal solo eretico Ario, di poco o niun conto si dichiarò. La vediamo adoperata ai tempi di Agostino, e di là fino al secolo decimosesto. Che se ormai siam giunti a tale, che por noi non si faccia più cos’alcuna pei nostri trapassati, e che non paia più oltre convenevole di raccomandarli a Dio; se ne abbiam messa in non cale ogni memoria, e la trapassiam tacitamente, mentre ab antico si usava fare nella Santa Cena (nella Messa), non vi ha dubbio noi trasandiamo di effettuare quel fratellevole commercio che interviene nella comunanza de’ Santi, come con qualunque altra che sìa. Ciononostante si vorrà poi dire che noi restiamo nella comunione de’ Santi? E perseverando siffattamente a trattar da lontano colla Chiesa universale, non avrà poi altri a dire che noi guastiamo la fede, e che di un articolo di lei ributtiam la metà? » (Collier, Op. cit. p, 100).

« Io credo fermamente, oso dirlo; so che vi è il Purgatorio; resto facilmente persuaso che di esso si fa menzione nella Scrittura. ». (Lutero, Disp. Lipsica.)

« Quando la Chiesa Cattolica…. va raccomandando i trapassati nel Signore, si mostra chiaramente essere informata dalla più sublime ed universale idea religiosa » (Horst, Misteriosofia, p. 226).

LO SCUDO DELLA FEDE (153)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (22)

FIRENZE DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA 1861

DISCUSSIONE XVIII

Le Indulgenze.

118. Prot. Ammetto dunque ancor io, nel senso cattolico, la Sacramental Confessione, e se di questa si contentasse la Chiesa Cattolica per rimettere a nome di Dio gli umani reati, nulla avrei più che dire, saremmo interamente d’accordo. Se non che avida di temporali guadagni, ha tolto qualche cosa alla virtù del Sacramento della Penitenza, per formare un altro mezzo di perdonare, o per dir meglio, una bottega di traffico, che chiama indulgenza. Per arrivar poi al suo intento, professa ed insegna i seguenti errori: 1.° Che Dio perdonando le colpe, non sempre perdona tutta la pena temporale, ma esige dai peccatori una qualche temporale soddisfazione. 2.° Che essa ha in deposito un tesoro inesauribile composto dei meriti infiniti di Gesù Cristo e dei Santi, i quali meriti sono (dice) applicabili a’ peccatori riconciliati con Dio, a sconto di quella pena. 3.° Che a lei ha dato Gesù Cristo amplissima potestà di applicar tali meriti a’ fedeli per modo d’Indulgenza, a sconto totale, o parziale (secondo che le piace) della medesima pena! Ed ecco stabilite le Indulgenze: « le quali altro neon sono che sordidezze, imposture, furti, rapacità, una profanazione del Sangue di Cristo, un ludibrio di Satanasso, pel cui mezzo ritirano il popol cristiano dalla grazia di Dio, dalla vita che è in Gesù Cristo, e lo fanno traviare dal retto sentiero della salute. » (Calvino, lib. 4, Instit. cap. 5. §.2).

Bibbia. È scritto: « E Mosè disse al Signore:… Perdona, ti prego, secondo la misericordia tua grande, il peccato di questo popolo…. E disse il Signore: Ho perdonato secondo la tua parola. Coututtociò tutti quelli che hanno veduto la mia maestà… e non hanno obbedito alla mia voce, non vedranno la terra promessa da me con giuramento ai padri loro » (Nim. XIV, 11 e segg.) – Ecco dunque che Iddio perdona bensì agli Israeliti la colpa commessa, ma non perdona loro tutta la pena temporale dovuta per quella colpa. Tralascio per brevità altri chiarissimi esempj. Dipoi è scritto:

« Basta questo tale questa riprensione fatta da molti: onde al contrario voi usiate piuttosto indulgenza, e lo consoliate, affinché non sia per disgrazia assorto da eccessiva tristezza questo tale…. Or con chi avete usato indulgenza, la uso ancor io: imperocché io pure dove ho usato indulgenza, se qualcuna ne ho usata, per amor vostro l’ho usata IN PERSONA DI CRISTO (II Cor. II, 2 e segg.). In questo fatto espressamente dichiarato si vede quanto crede ed insegna la Cattolica Chiesa in ordine alle Indulgenze. Imperocché, l.° Qui vedi un peccatore già riconciliato con Dio, quanto alla colpa sua, e talmente pentito del fallo commesso, che ha bisogno di esser consolato per non essere oppresso da eccessiva tristezza. 2.° Un peccatore a cui restava ancora da scontare una parte della pena temporale dovutagli per quella colpa. 3° Un peccatore a cui S. Paolo rimette quel resto di pena per via d’indulgenza; e dichiara che la rimette IN PERSONA DI CRISTO – ἐν προσὼπῳ  Χριςου (en prosopo Xrisou-Vi ho aggiunto l’originale perché i protestanti non potendo rispondere a questo passo, lo hanno corrotto traducendo – AL COSPETTO DI CRISTO – invece d’ – IN PERSONA DI CRISTO). Con le quali parole, due cose espressamente dichiara, cioè: I. che gli rimette non già la soddisfazione dovuta alla Chiesa, (a cui avea già soddisfatto, come è chiaro dalla supplica fatta per lui, ma bensì quella dovuta a Dio; II. che gli concede quella Indulgenza per l’autorità ricevuta da Gesù Cristo, dicendo – IN PERSONA DI CRISTO, – indica una potestà più assoluta, più grande che se avesse detto – a nome o per autorità di Cristo. Indica insomma una potestà pienissima, amplissima, illimitata. Avendo di più premesso che altre volte concessa aveva simile indulgenza, con ciò apertamente dichiara che tal potestà non è straordinaria, ma è assolutamente ordinaria nella Chiesa di Dio, e perciò può farne uso ogni qual volta le piace.  – Ora essendo di fede che davanti a Dio non può rimettersi né colpa, né pena senza l’applicazione dei meriti, ossia soddisfazioni di Gesù Cristo, è parimente di fede che avendo Egli dato alla sua Chiesa tal potestà, le ha dato per conseguenza in deposito l’infinito tesoro delle sue medesime inesauribili soddisfazioni.

Prot. Se qui terminasse la cosa, nulla avrei più che ridire. Ma che vi hanno che fare le soddisfazioni dei Santi? I Santi hanno bisogno di soddisfare per sé: nulla loro avanza da dare agli altri.

119. Bibbia. Ascolta il Santo Giobbe.

« Volesse Dio che si pesassero sulla bilancia i miei peccati, pei quali ho meritato l’ira, e la miseria che sopporto! si vedrebbe questa più pesante che l’arena del mare. » (Giob. IV, 2) – Vedi dunque che i Santi soddisfano assai più di quello che han di bisogno; che per conseguenza molte soddisfazioni loro avanzano, singolarmente poi alla Madre Divina che tanto ha patito senza avere alcun bisogno di soddisfare per sé.

Prot. Sia pur vero; ma è vero ancora che le soddisfazioni de’ Santi giovano unicamente ad essi, né possono ad altri applicarsi. Questa è la mia ferma credenza.

Bibbia. Se questa è la tua ferma credenza, affrettati, condanna il Santo Giobbe, il quale

« alzandosi innanzi giorno offeriva olocausti per ciascuno di essi (dei suoi figliuoli). Perocché diceva: Chi sa che i miei figliuoli non abbian fatto del male? » (I, 5). Condanna S. Paolo, che dice:

« Ogni cosa sopporto per amor degli eletti, affinchè eglino pure conseguiscano la salute » (II Tim. II, 2 – Col. I, 24). Condanna finalmente Dio stesso, il quale disse a Salomone: « Perché questo (peccato) è stato in te…. io squarcerò e spezzerò il tuo regno, e darollo al tuo servo. Ma nol farò, vivente te, per amor di Davide tuo padre » (3 Reg. IX, 11, 12) Ma per venire più da vicino al caso nostro, sta scritto:

« E tu (disse il Signore al Profeta Ezechiele) dormirai sul tuo fianco sinistro, e porterai su di questo le iniquità della casa d’Israele per quel numero di giorni, nei quali dormirai su di quello, e porterai le loro iniquità. Or io ti ho’ dato il numero di trecento novanta giorni per tanti anni della loro iniquità … un dì per anno; perché ho assegnato a te un dì per un anno » (Ezech. IV: 4, 5, 6). Ecco, dunque che Dio dichiara di applicare al popolo d’Israele le soddisfazioni del Profeta Ezechiele, il quale colla penitenza di trecento novanta giorni soddisfa tutta la pena temporale che quel popolo subir doveva per il lungo spazio di trecento novant’anni.

Prot. Non so che rispondere a questo testo; ma so esser fuor di dubbio che i Santi ricevon per sé in Paradiso l’intera mercede dei meriti delle buone opere loro.

Bibbia. È scritto: « La limosina libera dalla morte, ed essa è che purga i peccati. » (Tob. XII, 9).

«Prendete possesso del regno a voi preparato,… imperocché ebbi fame e mi deste da mangiare, etc. » (Matth. XXV, 34-35). – Or vedi che in ambedue questi testi si parla della limosina: nel primo è dichiarata soddisfattoria delle colpe, nel secondo, meritoria di vita eterna. Dal che resta deciso che le opere buone sono meritorie e soddisfattorie. Ora in quanto sono meritorie è certo che i Santi ne ricevono per sé l’intera mercede; ma in quanto sono soddisfattorie, cosa possibile, perché, quando hanno soddisfatto per sé quanto basta, il di più non può esser loro applicabile a titolo di soddisfazione.

Prot. a Anche qui non ho che rispondere, ma contuttociò non mi arrendo: poiché è sempre certo che tali soddisfazioni non possono unirsi, nel tesoro delle indulgenze, a quelle di Gesù Cristo, senza fare a Lui gravissima ingiuria, quasiché le sue non siano di valore infinito, non siano sufficienti, se unite non vi sono anche quelle dei Santi.

Bibbia. Dopo averti fatto conoscere che Dio medesimo è questo che fa tale unione, avresti dovuto almeno tacere, e non contradire.  Sappi pertanto, che le soddisfazioni de’ Santi unite sono a quelle di Gesù Cristo non perché ve ne sia di bisogno, ma, 1° perché Dio vuole anche in esse onorati i suoi Santi: « Dice il Signore,  Io glorifico chiunque mi avrà glorificato » (3 Reg. II, 30). 2° perché tali soddisfazioni hanno il loro valore dai meriti infiniti di Gesù Cristo: « Senza, di me nulla potete fare:» (Giov. XV, 5). 3° finalmente, danno maggior risalto agli stessi meriti di Gesù Cristo: come quelli che sono di tanta efficacia, che anche alle soddisfazioni dei Santi possono conferire la forza, la virtù di soddisfare per altri. Onde tali soddisfazioni unite alle sue, anzi che essergli d’ingiuria gli sono piuttosto di gloria, di onore grandissimo.

Hai ben capito?

120 Prot. « Sull’anima mia vi assicuro, che quando intrapresi a contrastar le Indulgenze, io non sapeva cosa fosse un’indulgenza più di coloro che venivano a consultarmi su tal materia » (Lutero: Ved. Audin, Storia della vita di Lutero; Milano 1812, T. 1. P. 30). Promisi ancora di ritrattanni; ma poi me ne tirai fuori dicendo: « Le mie dottrine hanno penetrato troppo profondarne ne’ cuori, perché sia possibile cancellarne le tracce. La Germania fiorisce in giornata di uomini d’ingegno, di erudizione, di criterio. Se voglio onorare la Chiesa Romana, è meglio nulla rivocare. (Il medes. Epist, ad Albert. Mogunt, 1518)

« Mai ho disprezzato, né insegnato che debbano disprezzarsi le indulgenze. » (Lutero, Disput. Lipsica, Thes. T. 3. 1318)

« Se alcuno vi ha che neghi la verità delle Indulgenze del Papa, sia ANATEMA. » (Il medes. Epist. ad Albert. Mogunt. an. 1518.)

LO SCUDO DELLA FEDE (152)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA

Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (21)

FIRENZE DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA

DISCUSSIONE XVIII

La Confessione Sacramentale.

116. Prot. Eccomi dunque vinto abbattuto, e per mia propria sentenza, dalla Cattolica Chiesa anche riguardo al culto dei Santi! Ma ora mi faccio ad accusarla al vostro gran tribunale di tale una enormità, che certamente ne sentirete orrore. Essa pertanto ha inventato pel suo tornaconto, un nuovo Sacramento, che appella – Sacramento della Penitenza, o Sacramental Confessione; – e quello che è peggio, asserisce che è d’istituzione divina, e quindi dichiara eternamente dannati tutti coloro che, potendo, non vogliono confessarsi, da un sacerdote approvato, dei loro peccati, almeno mortali, commessi dopo il battesimo, onde ricevere l’assoluzione, per la potestà che dice esserle conferita dal Redentore! «Ma sebbene antichissimo sia l’uso della Confessione, resto però maravigliato con qual fronte si osi sostenere che essa sia di diritto divino!…. La confessione auricolare (nel senso cattolico) è cosa sommamente pestilenziale e nociva per molti capi alla Chiesa; onde come tale la rigetto e condanno. » (Calvino, lib, 3, Instit. Cap. 4, § 7, 19)-

Bibbia. Sta scritto: « Gesù poi rispondendo disse a lui… E io dico a te che tu sei Pietro:… e a te darò le chiavi del regno de’ ieli, e tuttociò che avrai legato sopra la terra, sarà legato anche ne’ cieli: e tuttociò che avrai sciolto sopra la terra, sarà sciolto anche ne’ cieli. » (Matth. XVI, 17 segg.).

 Dipoi disse a tutti gli Apostoli: « In verità vi dico: Tutte quelle cose che avrete legate sulla terra, saranno legate anche nel cielo: e tutte quelle che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte anche nel cielo. » (ivi, XVIII, 18). Non facendosi qui eccezione di sorta, è fuor di dubbio che la gran potestà di sciogliere e di legare si estende incontrastabilmente anche ai peccati. Che se ancora ne dubiti, ascolta.

« Disse loro di nuovo Gesù: Pace a voi: Come il Padre mandò me, anch’io mando voi. E,detto questo, soffiò sopra di essi, e disse: Ricevete lo Spirito Santo: Saran rimessi i peccati a chi li rimetterete: e saran ritenuti a chi li riterrete. (Giov. XX, 21, 22, 23). Ecco dunque concessa da Gesù Cristo agli Apostoli, ed in essi ai Sacri Ministri della sua Chiesa, la divina potestà di perdonarci i peccati, e quindi, ecco la divina istituzione del Sacramento della Penitenza, e conseguentemente della Confessione; poiché ognun vede che non potendo né dovendo i Sacri Ministri operare a caso, alla cieca, ma dovendo assolutamente procedere con retto e maturo giudizio, e quindi con piena cognizione di causa nel rimettere o ritenere i peccati; ciò sarebbe loro impossibile senza la Confessione dei medesimi. Che poi questa sia auricolare, non è di necessità, e però se a te piace di farla pubblicamente, serviti pure, non cesserà per questo di esser valida: purché una Confessione vi sia. e sia fatta al sacerdote approvato, siccome è scritto: « Se confesseremo i nostri peccati: egli Dio, è fedele e giusto per rimettere i nostri peccati, e mondarci da ogni iniquità. » (I Giov. I, 9).

« Il tutto a Dio, il quale.,., ha dato a noi il ministero della riconciliazione. Dappoiché Iddio era, che seco riconciliava (nell’Antico Testamento) il mondo in Cristo, non imputando ad essi i loro peccati. » (II Cor. V, 18). « Tutti compresi furono da timore,… e molti di quelli che avevano creduto venivano (da Paolo) a confessare e manifestare le opere loro. » cioè i loro peccati. E qui devi avvertire che l’espressione del testo originale, cioè, – « αναγγέλλοντες » – significa manifestare, etc. dettagliatamente; onde potrebbe tradursi: venivano a confessare e manifestare ad una ad una le opere loro, ossia le loro colpe. Ora cosa ne dici, mentre vedi che la Confessione è praticata, dai fedeli presso gli Apostoli, e dagli Apostoli sì chiaramente asserita necessaria, e inculcata? Rispondi!

117. Prot. Non ho che rispondere in contrario, sono con voi: ascoltatemi. – S. Giacomo dice: – Confessate l’uno all’altro i vostri peccati –  perché non si dà remissione di peccati senza la Confessione, quando vi è luogo di potersi confessare; né basta condurre i preti all’infermo, se questi non si confessa. Dunque, – Confessate l’uno all’altro i vostri peccati – cioè, l’uomo all’uomo, non solamente a Dio. dice la Glossa. E così è manifesto che vi è il precetto di confessarsi. Il Signore comandò implicitamente la Confessione, dicendo: – Matt. IV. – Fate penitenza – Dipoi gli Apostoli la comandarono espressamente, e distintamente, come nel luogo sopraccitato. Parlandosi dunque di peccati mortali, quel – Confessate l’uno all’altro i vostri peccati – indica che la Confessione non è di consiglio, e deve farsi confessandosi al maggiore, cioè al Sacerdote. » (G. Hus, Comment in Epist. Jacob, cap. V).

« S. Paolo dice: – I Cor. XI. 28. – Provi perciò l’uomo sé stesso,  etc. cioè provi sé stesso nella contrizione, se cordialmente siduole dei commessi peccati: nella Confessione, se di tutti siasi confessato: nella soddisfazione, se fa o vuole o no compire la penitenza ». (Il medes. lib. De cœna Domini, in illudProbet autem seipsum homo.)

«Imperochè tre sono, come dicono i Dottori, le parti dellapenitenza perfetta (del Sacramento della penitenza), cioè, Contrizione, Confessione e Soddisfazione. Dunque la seconda parte della Confessione, la quale è una ricognizione dei peccatidavanti al sacerdote, e la quale deve esseree piana e intera: piana, affinché il sacerdote intenda: intera, cioè che il confitente non nasconda scientemente alcun peccato; imperocché sta scritto – Prov. XXVIII. 13. – Chi nasconde i suoi peccati non avrà bene. » (G. Hus, Tract, de pœnit. pro Jacobo.).

« Fra quello che di bello e di amabile ha la Religione cristiana, bellissima e amabilissima cosa è nel vero l’istituzione della Confessione in Sacramento, la quale attirava pure a sé gli sguardi de’ popoli della Cina e del Giappone. Conciosiachè quel dover dire di necessità i propri falli al sacerdote, ritiene molti dall’atto di peccare, e massime quei che non hanno ancora un cuor di macigno; oltreché molto consola quei che sono andati errati. Un Confessore savio, prudente e pio, a ragione da essi si reputa quale strumento potente mandato da Dio per la conquista delle anime. Quello che egli avvisa, e ci comunica co’ suoi consigli, oh! Quanto giova a porre ordine e modo nelle nostre inclinazioni, a conoscer per entro la bruttezza loro, le nostre mancanze, a fuggire da tutto ciò che ci potrebbe perdisavventura presentare occasione al peccato. Cifa rimediare altresì in qualche guisa aimali di cui fummo altrui cagione, ne fa restituire le cose messe a ruba, scioglie i dubbi e illumina l’intelletto: leva ad alti desii lo spirito venuto meno, e finalmente (che è tutto) cancella dall’anima tutti i segni del peccato, e ne medica le ferite. » (Leibniz, Teodicea, p. 265 e nel Sist. Teolog., p. 120 e segg.).

« La coscienza di un fallo commesso è già molto. Basta un appello solo di avere errato, perché l’anima se ne affligga, e ne senta il peso. Solo quando il peccato si trasforma, per così dire, in abitudine e natura di ogni ingiustizia, essa non ha più alcun tema né reminiscenza del mal fatto che la tormenti. In queste congiunture tristissime, gli uomini mossi da naturale istinto, (non senza impulso della grazia) sogliono esser presi da forte desio di liberarsi alla fine dal peso che gli affatica e gli opprime con tanto dolore, e di scemar la paura dell’anima propria, comunicandola in certa guisa nel seno di un’altra persona, la quale nel silenzio e nella segretezza ispiri loro fiducia. Bene avverrà che discorrendo in quella confessione le mancanze proprie, un improvviso rossore colorirà santamente le gote, il che pertanto non rimarrà senza un subito premio; imperocché una quiete soave s’ingenera soavemente nell’anima, e ne caccia la smania irrequieta, e sarà frutto, secondo che accade, della fiducia e della simpatia così di prima giunta nata nel cuore. Essi godono di quella consolazione che è una delle più forti dell’animo, di non aver perduto ad ogni guisa il diritto alla stima altrui, ben avvedendosi che se la loro vita fu manchevole e e degna di biasimo infino a quel punto, pure molto si commenda al presente, e si fa festa al sentimento dell’animo loro. » (Smith, Teoria de’ sensi umani, p. 562).

«Infatti a gran fatica ed appena si può narrare quanti uomini malvagi, e quante donne dissolute abbiano per siffatta istituzione riacquistata la speranza di salvezza, e conosciuti se stessi, e lo stato loro; e quel che è più, vennero sollevati, a così dire, con questa mano,  dall’orlo degli abissi, in cui altrimenti sarebbero una volta per sempre caduti. » (Plank, Opere varie di argomento teologico. T. 2, p, 176).

« Non voglio che alcuno mi tolga la Confessione, non la darei per il tesoro di tutto il mondo. Quanto essa possa, non lo conosce se non chi ha combattuto spesso e molto col diavolo. Tempo fa sarei stato ucciso dal diavolo, se la Confessione non mi avesse salvato (Lutero, presso Cocleo: Ad Joan. Abbat. Coloniens.).

«Oggimai è pienamente conosciuto che l’idea del perdono dei peccati, e della giustificazione (alla protestante), sebbene con tanto apparato di parole messe in campo da Lutero, in opposizione di quello che insegna la Chiesa Romana, pure è distrutta dall’antica dottrina di Cristo. E su di questo punto i Cattolici dettero nel segno, quando in mezzo ciò che di favorevole trovarono nella cristiana antichità » (W. Macuscher, Compendio storico della Religione. T, 2, p. 186).

« Una confessione pubblica (alla protestante) fatta così in generale non merita neppur questo nome. Essa è come non fosse. » (Steffens, Il tempo presente, T. 1, p. 176)

« Domandate ad un uomo di campagna, che cosa abbia mai tratto di buono dalla Confessione pubblica generale. A mala pena saprà dirvi cosa; e se pur gli vorrà fatto di rispondere, che ne udrete? Che essa si fa più presto. E bene sta. Perciocché questo è il solo utile che egli conosca, e se ne ripromette. » (Bretschneilder. Manuale di dogmatica, T. 2, p. 870).

« Mi duole al vivo, che ciò nonostante sia così piccolo il novero di quelli che desiderano di presente la Confessione privata (auricolare) troppo precipitosamente voluta togliere da noi Luterani. » (C. T . Nitzsh, Studii teologici, 1832, T. 2, p. 451).

« L’uso della Confessione fatta in segreto al sacerdoti oltre ad essere una cosa di gran vantaggio, esisteva altresì nella Chiesa antica. » (Montague, Appel., c. 32).

« È necessario che nella Confessione si ritenga V l’assoluzione particolare; il rigettarla è un errore condannato e proprio de’ novatori. Questa assoluzione è un vero Sacramento propriamente detto. Il poter delle chiavi rimette i peccati non solo davanti alla Chiesa, ma anche davanti a Dio » (Confess. Ausburg, Art. XI, p. 12, 22).