TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (16) “da GREGORIO VIII ad INNOCENZO III”.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (16)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da Gregorio VIII ad Innocenzo III)

GREGORIO VIII: 21 ottobre-17 dicembre 1187

CLEMENTE III: 19 dicembre 1187-marzo 1191

CELESTINO III: 30 marzo 1191-8 gennaio 1198

INNOCENZO III: 8 gennaio 1198-16 luglio 1216

Lettera “Cum apud sedem” all’Arcivescovo Umberto di Arles, 15  Luglio 1198

La forma sacramentale del matrimonio.

766. Ci hai chiesto se un muto e un sordo possano sposarsi. A ciò rispondiamo così alla tua fraternità: poiché ciò che è stabilito riguardo al matrimonio da contrarre è dell’ordine del divieto, cosicché chiunque non sia proibito può esservi ammesso, e poiché per il matrimonio è sufficiente il solo consenso di coloro la cui unione è in questione, risulta che se una tale persona desidera contrarre matrimonio, questo può e non deve essergli rifiutato, poiché ciò che non può dichiarare con le parole, può farlo con i segni.

Lettera “Sicut universitatis” al console Acerbus di Firenze, 30 ottobre 1198.

Il duplice potere supremo sulla terra

767. Come Dio, Creatore dell’universo, ha posto nel firmamento del cielo due grandi luminari, il maggiore per presiedere al giorno, il minore per presiedere alla notte, così ha posto nel firmamento della Chiesa universale, che si chiama cielo, due grandi dignità: la maggiore, per presiedere alle anime come nel giorno, e la minore per presiedere ai corpi come nella notte, e queste sono l’Autorità pontificia ed il potere regale. Inoltre, come la luna riceve la luce del sole, ed in verità è più piccola del sole sia per grandezza che per qualità, sia per situazione che per effetto, così anche il potere regale riceve dall’Autorità pontificia lo splendore della sua dignità; più si sforza di guardarla, più si adorna di una grande luce, e più allontana lo sguardo da essa, più perde il suo splendore.

Lettera “Quanto te magis” al Vescovo Ugo di Ferrara, 1 maggio 1199.

1 maggio 1199.

Il vincolo matrimoniale ed il privilegio paolino

768. La vostra fraternità ci ha informato nella sua lettera che uno dei coniugi che passano all’eresia, quello che viene abbandonato, desidera contrarre un secondo matrimonio e procreare dei figli; e avete ritenuto necessario chiederci nella vostra lettera se questo possa essere fatto a ragion veduta. In risposta alla sua domanda, e su consiglio comune dei nostri fratelli, distinguiamo due casi.  – Anche se uno dei nostri predecessori (Celestino III) sembra averla pensata diversamente: quella di due infedeli, uno dei quali si converte alla fede cattolica, e quella di due fedeli, uno dei quali cade nell’eresia o nell’errore degli infedeli. Infatti, se uno dei coniugi infedeli si converte alla fede cattolica mentre l’altro non vuole in alcun modo convivere con lui, almeno non senza bestemmiare il nome di Dio o incitarlo al peccato mortale, colui che viene abbandonato contrarrà un secondo matrimonio se lo desidera; ed è in base a questo caso che comprendiamo ciò che dice l’Apostolo: “Se l’infedele vuole separarsi, si separi; il fratello o la sorella non hanno alcun obbligo in questo caso” (1Cor VII, 15); e così pure il canone che dice: “L’ingiuria al Creatore rompe il vincolo matrimoniale di colui che è abbandonato”.

769. Ma se uno dei coniugi credenti cade nell’eresia o passa nell’errore del paganesimo, non pensiamo che in questo caso colui che è abbandonato possa contrarre un secondo matrimonio finché l’altro vive, anche se ovviamente in questo caso si fa un’offesa maggiore al Creatore. Infatti, anche se c’è indubbiamente un vero matrimonio tra due non credenti, esso non è sigillato; ma tra credenti è indubbiamente vero e sigillato: perché il Sacramento della fede (il Battesimo), una volta conferito, non si perde mai, e sigilla il Sacramento del matrimonio in modo tale da perdurare negli sposi finché il primo rimane.

Lettera “Cum ex iniuncto” agli abitanti di Metz, 12 luglio 1199.

La necessità del Magistero della Chiesa per l’interpretazione delle Scritture delle Scritture.

770. Il nostro venerabile fratello, il Vescovo di Metz, ci ha informato nella sua lettera che sia nella diocesi che nella città di Metz un numero abbastanza grande di laici e di donne, attratti in qualche modo dal desiderio di conoscere le Scritture, hanno fatto tradurre in francese i Vangeli, le epistole di Paolo, il Salterio, i Moralia su Giobbe e diversi altri libri;… (ne è risultato) che nelle riunioni segrete i laici e le donne osano ruttare tra loro e predicarsi l’un l’altro, e disprezzano anche la compagnia di coloro che non si mescolano in queste cose… Alcuni di loro disprezzano anche la semplicità dei loro Sacerdoti e, quando la parola di salvezza viene loro offerta da questi ultimi, mormorano segretamente di averla meglio nei loro scritti e di saperla esprimere con maggiore saggezza. Anche se il desiderio di comprendere le Scritture divine e il desiderio di esortare in accordo con esse non sia da biasimare, ma al contrario sia da lodare, queste persone meritano tuttavia di essere biasimate perché tengono segreti i loro conventi, si arrogano l’ufficio della predicazione, si fanno beffe della semplicità dei Sacerdoti e disdegnano la compagnia di coloro che non si attaccano a tali pratiche. Dio, infatti, […] odia così tanto le opere delle tenebre che ordinò e disse (agli Apostoli): “Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo all’aperto; quello che udite nel cavo delle vostre orecchie, proclamatelo dai tetti delle case”, (Mt X,27). Con ciò Egli chiarisce che la predicazione del Vangelo va offerta non in conventicole segrete, come fanno gli eretici, ma pubblicamente nella Chiesa, secondo l’uso cattolico. …

771. Ma i misteri nascosti della fede non devono essere esposti ovunque a tutti, perché non possono essere compresi da tutti, ma solo a coloro che possono afferrarli con mente credente; per questo l’Apostolo dice ai semplici: “Come a piccoli bambini in Cristo, vi ho fatto bere latte, non cibo solido” 1 Cor III, 2 … Infatti, la profondità della Sacra Scrittura è tale che non solo i semplici e i non istruiti, ma anche i sapienti e i dotti non sono in grado di scrutarne appieno il significato. Per questo la Scrittura dice: “Molti di coloro che cercano hanno fallito nella loro ricerca”. (Sal LXIII, 7) La legge divina dell’antichità stabiliva giustamente che una bestia che avesse toccato il monte (Sinai) sarebbe stato lapidato, per cui nessun uomo semplice o non istruito dovrebbe presumere di toccare la sublimità della Sacra Scrittura o di predicarla ad altri. Infatti, è scritto: “Non cercate ciò che è troppo alto per voi”, Sir. III, 22. Per questo l’Apostolo dice: “Non cercate più di quanto dovete cercare, ma cercate la sobrietà”, (Rm XII,3). Infatti, come il corpo ha molte membra, ma non tutte le membra hanno la stessa attività, così la Chiesa ha molti stati, ma non tutti hanno lo stesso ufficio, perché, secondo l’Apostolo, “il Signore ha dato ad alcuni degli Apostoli, ad altri dei profeti, ad altri ancora dei maestri, ecc.”, (Ef. IV, 11). Ora, lo stato di dottore è, in un certo senso, il principale nella Chiesa, e per questo nessuno deve arrogarsi l’ufficio della predicazione in modo indiscriminato.

Costituzione “Licet perfidia Judæorum“, 15 settembre 1199.

Tolleranza verso chi ha una fede diversa.

772. Sebbene l’incredulità dei Giudei debba essere rimproverata in molti modi, tuttavia, poiché attraverso di loro, la nostra fede è confermata nella verità, essi non devono essere oppressi pesantemente dai fedeli… Come non si deve permettere ai Giudei, nelle loro sinagoghe, di presumere qualcosa al di là di ciò che sia permesso dalla Legge, così non si deve pregiudicare ciò che sia permesso loro. Pertanto, anche se preferiscono rimanere nel loro indurimento piuttosto che conoscere le predizioni dei Profeti e i misteri della Legge, e giungere alla conoscenza della fede cristiana, poiché chiedono l’aiuto della nostra difesa, spinti dall’indulgenza della pietà cristiana, Noi seguiamo le orme dei nostri predecessori di felice memoria, Callisto (II), Eugenio (III), Alessandro (III), Clemente (III) e Celestino (III). Accettiamo la loro richiesta e concediamo loro lo scudo della nostra protezione.

773. Infatti, Noi ordiniamo che nessun Cristiano sia costretto con la forza a venire al Battesimo controvoglia o contro la sua volontà; ma se qualcuno di loro viene liberamente a rifugiarsi nella fede cristiana, dopo che la sua volontà sia stata messa alla prova, che diventi Cristiano senza nessuna offesa. Non si creda infatti che nessuno abbia la vera fede del Cristianesimo se si sa che sia arrivato al Battesimo cristiano non spontaneamente, ma contro la sua volontà. Né si permetta a nessun Cristiano di ferire le loro persone senza scrupolo, se non per giudizio del signore del luogo, o di sottrarre loro i beni con la forza, o di alterare i buoni costumi che sono stati finora i loro nella regione che abitano. Inoltre, nessuno li disturbi in alcun modo con bastoni o pietre durante la celebrazione delle loro feste, e nessuno cerchi di esigere da loro servizi non dovuti o di obbligarli a farli, se non quelli che essi stessi erano abituati a rendere in passato. Inoltre, per contrastare la depravazione e l’avidità degli uomini malvagi, decretiamo che nessuno abbia l’ardire di violare un cimitero ebraico, o di disprezzarlo, o di disseppellire corpi già sepolti per trovare denaro… (Chi viola questo decreto viene scomunicato). Tuttavia, vogliamo che godano di questa protezione solo coloro che non si lasciano coinvolgere in macchinazioni per sovvertire la fede cristiana.

Lettera “Apostolicae Sedis primatus” al Patriarca di Costantinopoli, 12 novembre 1199.

La preminenza della Sede romana.

774. Il primato della Sede Apostolica, stabilito non dagli uomini ma da Dio, e ancor più giustamente dal Dio-Uomo, è confermato in verità da numerose testimonianze sia dei Vangeli che degli Apostoli, da cui sono poi scaturite le disposizioni canoniche che affermano unanimemente che la santissima Chiesa consacrata nel beato Pietro, il principe degli Apostoli, abbia la preminenza sulle altre come loro maestra e madre. È lui infatti… che ha meritato di sentirsi dire: “Tu sei Pietro… Ti darò le chiavi del regno dei cieli” (Mt. XVI, 18ss). Infatti, sebbene il primo e principale fondamento della Chiesa sia l’unigenito Figlio di Dio Gesù Cristo, secondo quanto dice l’Apostolo: “Poiché è stato posto un fondamento, all’infuori del quale non se ne possono porre altri, ed è Cristo Gesù” (1Cor III, 11), Pietro è tuttavia il secondo fondamento della Chiesa e viene per secondo, e se non è nemmeno il primo nel tempo, per la sua autorità, ha tuttavia la preminenza tra gli altri di cui l’Apostolo Paolo dice: “Non siete più stranieri e forestieri, ma siete concittadini dei santi e della casa di Dio, edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti” (Ef. II, 20). .. Il suo primato, la Verità stessa lo ha espresso anche da Sé quando ha detto: “Sarai chiamato Cefa” Gv I, 42: anche se questo viene tradotto con “Pietro”, egli viene comunque presentato come il “capo”, in modo che, come il capo ha la preminenza tra le altre membra del corpo, poiché in esso vive la pienezza dei sensi, così anche Pietro eccelle tra gli Apostoli per l’eminenza della sua dignità, ed i suoi successori tra tutti coloro che presiedono le chiese, mentre tutti gli altri sono chiamati a condividere la cura, affinché non perdano nulla della pienezza del loro potere. È a lui che il Signore ha affidato la cura di pascere le sue pecore con una parola ripetuta tre volte, in modo che sia considerato estraneo al gregge del Signore chi non vuole averlo anche come pastore nei suoi successori. Non fece distinzione tra queste e le altre pecore, ma disse semplicemente: “Pasci le mie pecore” (Gv XXI, 17), in modo che si capisse che tutte le pecore erano assolutamente affidate a lui. In Gv XXI, 7 è spiegato allegoricamente: poiché il mare denota il mondo (Sal. CIII, 25) … con il fatto che si gettasse in mare, Pietro manifestò il privilegio del singolare potere del Pontefice, con il quale aveva assunto il governo dell’intero universo, mentre gli altri Apostoli erano come contenuti in una nave, poiché a nessuno di loro era stato affidato l’intero universo, ma a ciascuno erano state assegnate province particolari, o meglio chiese particolari. …(Un’analoga prova allegorica si ricava da Mt. XIV, 28-31 dal fatto che Pietro camminasse sulle acque del mare, mostrando di aver ricevuto potere su tutti i popoli).

775. Che abbia pregato per lui, il Signore lo riconosce quando dice al momento della Passione: “Ho pregato per te, Pietro, perché la tua fede non venga meno. E tu, quando ti sarai convertito, rafforza i tuoi fratelli” (Lc. XXII, 32); con questo intendeva chiaramente che i suoi successori non si sarebbero mai allontanati dalla fede cattolica, ma piuttosto che avrebbero richiamato gli altri ad essa ed anche che avrebbero confermato quelli che vacillavano, e gli concesse il potere di confermare gli altri per il fatto che impone agli altri la necessità dell’obbedienza. … Gli disse anche… come avete letto: “Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo” (Mt XVI, 19). Ma se trovate che questo fu detto contemporaneamente a tutti gli Apostoli, non fu detto agli altri senza di lui: ma riconoscerete che a lui fu dato dal Signore, senza gli altri, il potere di legare e di sciogliere, cosicché ciò che gli altri non possono fare senza di lui, egli stesso, per il privilegio che gli fu trasmesso dal Signore e per la pienezza di potere che gli fu concessa, può farlo senza gli altri. … (Pietro) vide aprirsi il cielo e scendere un vaso, come un grande telo steso dal cielo alla terra, trattenuto ai quattro angoli e contenente tutti i quadrupedi e i serpenti della terra e tutti gli uccelli del cielo (Atti X: 9-12) … E una voce gli disse per la prima volta: “Ciò che Dio ha reso mondo, non chiamarlo impuro”. “Questo indica chiaramente che Pietro fosse messo a capo di tutti i popoli, poiché questo recipiente significa l’universo e tutto ciò che vi è contenuto, l’insieme delle nazioni, sia Giudei che Gentili.

Lettera Ex parte tua, al Vescovo di Modena, 1200.

La forma sacramentale del matrimonio.

776. Desideriamo che per i futuri matrimoni si osservi quanto segue: se, dopo che c’è stato il consenso “de præsenti” tra persone legittime – che in questi casi è sufficiente secondo le determinazioni canoniche; e se questo solo manca, anche nel caso in cui sia stato ottenuto con l’unione carnale, tutto il resto è vano – le persone legittimamente unite contraggono successivamente un contratto de facto con altri, ciò che è stato fatto in precedenza secondo il diritto non può essere reso nullo.

Lettera “Gaudeamus in Domino” al Vescovo di Tiberiade, all’inizio del 1201.

Matrimoni dei gentili ed il privilegio paolino.

777. Se i gentili che sposano donne imparentate con loro in secondo, terzo o altro grado, essendo così imparentati, debbano rimanere insieme dopo la loro conversione, o se debbano essere separati: questa è la questione sulla quale chiedete di essere informati da uno scritto apostolico. A questo proposito diamo alla vostra fraternità la seguente risposta: poiché il Sacramento del matrimonio esiste per i fedeli e per gli infedeli, come dimostra l’Apostolo quando dice: “Se un fratello ha una moglie infedele ed essa accetta di vivere con lui, non la metta da parte” (1Cor VII, 12); e poiché nei suddetti gradi di parentela il matrimonio è stato contratto lecitamente da infedeli che non sono vincolati dalle determinazioni canoniche (cosa importa a noi, secondo lo stesso Apostolo, giudicare coloro che sono all’esterno? (1 Cor V, 12): per questo motivo, e soprattutto per favorire la Religione e la fede cristiana, che gli uomini potrebbero facilmente essere dissuasi dall’abbracciare le donne, se temessero di essere ripudiati, i fedeli che sono legati in matrimonio in questo modo, possono rimanere lecitamente e liberamente uniti, poiché il sacramento del Battesimo non scioglie i matrimoni, ma toglie i peccati.

778. Ma poiché i pagani dividono l’affetto coniugale tra più mogli contemporaneamente, non è senza ragione che ci si chiede se, dopo la conversione, possano tenerle tutte o quali. Ma questo sembra essere contrario ed ostile alla fede cristiana, poiché fin dall’inizio una costola è stata trasformata in una donna, e la divina Scrittura testimonia che “per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne” Ef V, 3 – Gen II,24 Mt XIX,5); non dice “tre o più” ma “due”; né dice “si unirà alle donne” ma “alla donna”. E non è mai stato lecito per nessun uomo avere più di una moglie contemporaneamente, a meno che questo non gli sia stato concesso da una rivelazione divina, a volte considerata come una consuetudine, a volte addirittura come un diritto, in base al quale, come Giacobbe è stato esonerato dall’inganno, gli Israeliti dalla rapina e Sansone dall’omicidio, così anche i patriarchi e gli altri uomini giusti, che, come leggiamo, avevano più di una moglie, sono esonerati dall’adulterio. Ma questa concezione è dimostrata pienamente vera anche dalla testimonianza della Verità, che nel Vangelo attesta: “Se uno lascia la propria moglie, se non per fornicazione, e ne sposa un’altra, è un adultero” (Mt XIX, 9; cfr. Mc X, 11). Se, dunque, quando una donna è stata allontanata, la legge le impedisce di sposare un altro, a maggior ragione lo impedisce se è stata mantenuta; da ciò si evince che per entrambi i sessi – poiché non sono considerati in modo diverso – la pluralità nel matrimonio è da riprovare.

779. Ma se un uomo ha ripudiato la sua legittima moglie secondo il suo rito, poiché la Verità ha rimproverato tale ripudio nel Vangelo, non ne potrà mai avere legittimamente un’altra durante la sua vita, anche se si converte alla fede in Cristo, a meno che lei non rifiuti di convivere con lui dopo la conversione, o se acconsente a farlo, ma non senza bestemmiare il Creatore o incitarlo al peccato mortale. In questo caso, a colui che chiede la restituzione dei suoi diritti, anche se si stabilisce che c’è stata una spoliazione ingiusta, tale restituzione sarà rifiutata. Infatti, secondo l’Apostolo, il fratello o la sorella non hanno alcun obbligo in questo caso (1Co VII, 15). Ma se uno si converte alla fede e lei lo segue, essendosi anch’essa convertita, prima che egli abbia preso una moglie legittima, per i motivi suddetti, deve essere obbligato a riprenderla. È vero che, secondo la verità del Vangelo, chi sposa una donna ripudiata commette adulterio (Mt XIX,9), ma colui che ha ripudiato non può rimproverare la donna ripudiata di fornicazione perché, dopo il ripudio, ha sposato un altro, a meno che non abbia fornicato altrove.

Lettera “Maiores Ecclesiæ causas” all’Arcivescovo Humbert di Arles, fine 1201

L’effetto del Battesimo, in particolare il carattere.

780. … Affermano infatti che il Battesimo viene conferito ai bambini piccoli in modo inutile. … Noi rispondiamo che il Battesimo è succeduto alla circoncisione. … Perciò, come l’anima dell’uomo circonciso non fu tagliata fuori dal suo popolo (Gen. XVII: 14), così chi rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo otterrà l’ingresso nel regno dei cieli (Gv. III: 5). Sebbene con il mistero della circoncisione sia stato perdonato il peccato originale e sia stato eliminato il pericolo della condanna, non si è raggiunto il Regno dei Cieli, che è rimasto chiuso a tutti fino alla morte di Cristo; ma con il Sacramento del Battesimo arrossato dal sangue di Cristo, il peccato è perdonato e si raggiunge anche il Regno dei Cieli, la cui porta il sangue di Cristo ha misericordiosamente aperto ai suoi fedeli. Non si può infatti accettare che tutti i piccoli bambini, di cui tanti muoiono ogni giorno, periscano senza che il Dio della misericordia, che vuole che nessuno perisca, abbia previsto un mezzo di salvezza anche per loro… Quello che dicono gli avversari, cioè che la fede o la carità o le altre virtù non vengono infuse nei bambini piccoli perché non danno il loro consenso, non è ammesso dai più in senso assoluto… Altri affermano che per la virtù del Battesimo la colpa venga loro perdonata, ma che la grazia non venga loro conferita; alcuni, invece, dicono che il peccato venga loro perdonato e che le virtù siano infuse in loro, che le hanno, comunque, (v. 904) ma che non ne abbiano l’uso fino all’età adulta… Noi diciamo: è necessario distinguere che c’è un doppio peccato: quello originale e quello attuale, quello originale che si contrae senza consenso e quello attuale che si commette con il consenso. L’originale, quindi, che è contratto senza consenso, è rimesso senza consenso in virtù del Sacramento; ma l’attuale, che è contratto con consenso, non è affatto rimesso senza consenso… La pena del peccato originale è la privazione della visione di Dio, ma la pena del peccato attuale è il tormento della  gehenna eterna….

781. È contrario alla Religione cristiana che chi la rifiuti permanentemente e si opponga costantemente ad essa sia costretto ad accettare ed osservare il Cristianesimo. Per questo motivo altri distinguono, non senza ragione, tra volontà contraria e volontà contraria, e tra costretto ed obbligato, poiché colui che, portato con la forza, attraverso il terrore e la tortura, riceve il sacramento del Battesimo per evitare questi danni, così come colui che accede al Battesimo in malafede, riceve l’impronta del carattere cristiano, e, in quanto consenziente in modo condizionato, e anche se non consenziente in modo assoluto, deve essere obbligato ad osservare la fede cristiana…. Ma chi non ha mai acconsentito e si è sempre opposto, non riceve né la realtà né il carattere del Sacramento, perché contraddire espressamente è più che non acconsentire affatto; né incorre in alcuna colpa chi, pur contraddicendo e opponendosi costantemente, sia costretto con la violenza a sacrificare agli idoli. Per quanto riguarda coloro che dormono [comatosi – ndt.] e coloro che non hanno l’uso della ragione, se prima di perdere la ragione o di addormentarsi [cadere comatosi – ndt. -] persistono nell’opporsi, poiché è evidente che per loro la decisione di opporsi sia duratura, anche se fossero battezzati in questo stato, non ricevono il carattere del Sacramento; sarebbe altrimenti se fossero stati precedentemente catecumeni e avessero avuto l’intenzione di essere battezzati; per questo motivo la Chiesa è solita battezzarli in caso di necessità. Allora l’atto sacramentale imprime il carattere, poiché non incontra l’ostacolo posto dalla resistenza di una volontà contraria.

Lettera “Cum Marthæ circa” all’Arcivescovo Giovanni di Lione,  29 novembre 1202.

La forma sacramentale dell’Eucaristia.

782. Hai chiesto infatti chi, riguardo alla forma delle parole che Cristo stesso ha espresso quando ha transustanziato il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue, ha aggiunto questa parola nel canone della Messa che tutta la Chiesa usa, e che nessuno degli evangelisti ha espresso, come leggiamo. … Nel canone della Messa questa parola, cioè ‘mistero della fede’, è effettivamente inserita in queste parole. … Certamente vediamo molte cose, sia parole che fatti del Signore, che sono stati omessi dagli Evangelisti e che, come possiamo leggere, gli Apostoli hanno completato oralmente o espresso con la loro azione. … Ora, in questa parola che ha spinto la vostra fraternità a porre la domanda, cioè “mistero della fede“, alcuni hanno pensato di trovare un sostegno ad un errore, dicendo che nel Sacramento dell’altare non è realmente presente la verità del corpo e del sangue di Cristo, ma solo un’immagine, un’apparenza ed una figura, e questo perché la Scrittura indica talvolta che ciò che si riceve sull’altare sia un Sacramento, un mistero ed un esempio. Ma questi sono presi nei lacci dell’errore perché non comprendono correttamente l’autorità della Scrittura e non ricevono con riverenza i Sacramenti di Dio, poiché ignorano sia la Scrittura sia la potenza di Dio (Mt XXII, 29) …  Tuttavia, diciamo “mistero della fede” perché si crede qualcosa di diverso da ciò che si vede e si vede qualcosa di diverso da ciò che si crede. Infatti, si vedono le specie del pane e del vino e si crede alla verità della carne e del sangue di Cristo, nonché alla virtù dell’unità e della carità.

Gli elementi dell’Eucaristia.

783. In questo Ssacramento, tuttavia, bisogna distinguere con cura tre cose: la forma visibile, la verità del corpo e la virtù spirituale. La forma è quella del pane e del vino, la verità quella della carne e del sangue, la virtù quella dell’unità e della carità. Il primo è “Sacramento e non realtà”, il secondo è “Sacramento e realtà”, il terzo è “realtà e non Sacramento”. Ma il primo è il Sacramento di una doppia realtà; il secondo è il Sacramento dell’uno e la realtà dell’altro; il terzo è la realtà di un doppio Sacramento. Crediamo, quindi, che la forma delle parole come si trova nel canone sia stata ricevuta dagli Apostoli da Cristo, e dai loro successori da loro…

L’acqua si mescola al vino nel sacrificio della Messa.

784. Avete anche chiesto se l’acqua insieme al vino si trasforma in sangue. Su questo argomento le opinioni variano tra gli scolastici. Alcuni infatti pensano che, poiché dal costato di Cristo sono fluiti i due principali sacramenti, quello della redenzione nel sangue e quello della rigenerazione nell’acqua, il vino e l’acqua che si mescolano nel calice si trasformano in questi due per virtù divina… Altri, invece, ritengono che l’acqua sia transustanziata in sangue con il vino, poiché mescolata al vino diventa vino… Inoltre, si può dire che l’acqua non diventa vino, ma rimane circondata dagli accidenti del vino precedente… Ma è empio pensare ciò che alcuni hanno avuto la presunzione di pensare, cioè che l’acqua si trasforma in muco… Tuttavia, tra le opinioni sopra citate, si ritiene più probabile quella che afferma che l’acqua si trasforma in sangue con il vino [v. 798].

Lettera “Cum venisset” all’Arcivescovo Basilio di Tarnovo (Bulgaria), 25 febbraio

Il ministro della Cresima.

785. Per crismazione della fronte si intende l’imposizione delle mani, che è anche chiamata Cresima, perché con essa viene dato lo Spirito Santo per la crescita e la forza. Pertanto, mentre il semplice Sacerdote, o presbitero, può compiere altre unzioni, questa non deve essere conferita se non dal sommo Sacerdote, cioè dal Vescovo, perché solo degli Apostoli, di cui i Vescovi sono vicari, si dice che conferiscano lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani, (At. VIII,14-25).

Lettera “Ex parte tua” all’Arcivescovo Andrea di Lund, 12 gennaio 1206.

Lo scioglimento di un matrimonio valido per professione religiosa

786. Non vogliamo deviare bruscamente in questa materia dai passi dei nostri predecessori, i quali, consultati, risposero che prima della consumazione di un matrimonio per unione carnale è lecito che l’altro coniuge – anche senza consultarlo – entri in Religione, in modo che colui che rimane possa poi unirsi legittimamente ad un altro: per questo motivo vi consigliamo di osservare proprio questo.

Lettera “Non ut apponeres” all’Arcivescovo Thorias di Trondheim (Norvegia)

La questione del Battesimo

787. Avete chiesto se sia giusto considerare Cristiani quei bambini che, trovandosi in punto di morte e per mancanza di acqua e in assenza di un Sacerdote, sono stati strofinati con spruzzi di saliva sulla testa e sul petto e tra le spalle a titolo di Battesimo, a causa dell’ingenuità di alcuni. Rispondiamo che, poiché nel Battesimo siano sempre richieste due cose, cioè “la parola e l’elemento”, secondo quanto dice la Verità a proposito della parola: “Andate in tutto il mondo e battezzate tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mc. XVI, 15 Mt. XXVIII,19), e secondo quanto dice la stessa Verità a proposito dell’elemento: “Chi non nasce dall’acqua e dallo Spirito Santo non entrerà nel regno dei cieli” (Gv. III, 5), non si può dubitare che non abbiano un vero Battesimo non solo coloro in cui le due cose siano omesse, ma anche coloro in cui una di esse sia omessa.

Lettera “Debitum officii pontificalis” al vescovo Bertold (Bertrand) di Metz, 2

Il ministro del Battesimo e il Battesimo di desiderio.

788. Nella tua lettera mi hai informato molto saggiamente che un giudeo in punto di morte, e poiché viveva solo tra Giudei, si immerse nell’acqua dicendo: “Mi battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Ora mi chiedi se questo giudeo, che persevera nella fede cristiana, debba essere battezzato. Per quanto ci riguarda, rispondiamo alla vostra fratellanza in questo modo: poiché ci deve essere una distinzione tra colui che battezza e colui che è battezzato, come risulta dalle parole del Signore agli Apostoli: “Battezzate tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt. XXVIII,19), il giudeo in questione deve essere battezzato di nuovo da un altro, in modo che sembri che altro sia colui che battezza ed altro colui che sia battezzato… Tuttavia, se fosse morto immediatamente, sarebbe rientrato subito in patria a causa della sua fede nel Sacramento, anche se non fosse stato a causa del Sacramento della fede.

Lettera “De homine qui” ai dirigenti della Fraternità Romana, 22 settembre 1208.

Celebrazione simulata della Messa.

789. Ci avete chiesto, infatti, cosa ci sembri di un presbitero imprudente che, sapendo di essere in stato di peccato mortale e consapevole della sua colpa, esiti a celebrare le solennità della Messa, che per qualche motivo non può omettere… dopo aver compiuto tutte le altre cerimonie, finge di celebrare la Messa e, avendo soppresso le parole con cui si realizza il Corpo di Cristo, consuma solo pane e vino…. Poiché, dunque, i falsi rimedi siano da respingere in quanto più gravi dei veri pericoli: Sebbene colui che si ritenga indegno, perché consapevole della sua colpa, debba astenersi con riverenza da questo Sacramento, e quindi pecchi gravemente se si accosti ad esso senza riverenza, non c’è dubbio che sembra commettere una colpa ancora più grave chi osi simularlo in modo ingannevole. Infatti il primo, che evita la colpa commettendola, cade nelle mani della sola misericordia di Dio, mentre il secondo, che commette la colpa evitandola, è colpevole non solo nei confronti di Dio, di cui non teme di farsi beffe, ma anche nei confronti del popolo che inganna.

Lettera “Eius exemplo” all’Arcivescovo di Tarragona, 18 dicembre 1208.

La professione di fede prescritta ai Valdesi.

790. Sappiano tutti i credenti che io, Durant de Osca… e tutti i nostri fratelli, crediamo con il cuore, riconosciamo con la fede, confessiamo con la bocca e affermiamo con queste semplici parole: Il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono tre Persone, un solo Dio, e l’intera Trinità è coessenziale, consustanziale, coeterna e onnipotente, e ognuna delle Persone della Trinità è pienamente Dio, come è contenuto nell’ “Io credo in Dio” (Symb.  Apost. 30 – Symb. Costant.150 – Quicumque 75). Crediamo anche con il cuore e confessiamo con la bocca che il Padre ed il Figlio e lo Spirito Santo, un unico Dio di cui parliamo, abbia creato, fatto, governi e ordini tutte le cose corporee e spirituali, visibili ed invisibili. Crediamo che l’Autore del Nuovo e dell’Antico Testamento sia uno solo Dio: che, come è detto, dimorando nella Trinità, ha creato dal nulla tutte le cose; e che da Lui sia stato mandato Giovanni Battista, santo e giusto, riempito di Spirito Santo nel grembo di sua madre.

791. Crediamo con il cuore e confessiamo con la bocca che l’Incarnazione non fu

del Padre né dello Spirito Santo, ma solo del Figlio; così che Colui che era nella divinità il Figlio di Dio Padre, fu nell’umanità il Figlio dell’uomo, vero uomo dalla madre, avendo vera carne dal seno materno e un’anima umana ragionevole; allo stesso tempo delle due nature, cioè Dio e uomo, una sola Persona, un solo Figlio, un solo Cristo, un solo Dio con il Padre e lo Spirito Santo, Autore di tutto e dominatore di tutti, nato dalla Vergine Maria da un parto di vera carne; ha mangiato e bevuto, ha dormito e, stanco dopo il viaggio, si è riposato; ha sofferto una vera Passione della sua carne, è morto di una vera morte del suo corpo ed è risorto da una vera Risurrezione della sua carne e da un vero ritorno dell’anima nel corpo; in questa carne, dopo aver mangiato e bevuto, è salito al cielo, siede alla destra del Padre e verrà in esso per giudicare i vivi e i morti.

792. Crediamo con il cuore e confessiamo con la bocca una sola Chiesa, non quella degli eretici, ma la santa Chiesa romana, cattolica ed apostolica, al di fuori della quale crediamo che nessuno si salvi.

793. Non rifiutiamo neppure in alcun modo i Sacramenti che in essa si celebrano e ai quali lo Spirito Santo collabora con la sua inestimabile ed invisibile virtù, anche se sono amministrati da un Sacerdote peccatore, purché la Chiesa lo riconosca; Né disprezziamo gli atti e le benedizioni ecclesiastiche da lui compiuti, ma li accettiamo con animo benevolo come se provenissero dal più giusto degli uomini, poiché la malizia di un Vescovo o di un Sacerdote non danneggia il Battesimo di un bambino, la consacrazione dell’Eucaristia o altri uffici ecclesiastici celebrati per i loro sudditi.

794. Approviamo quindi il Battesimo dei neonati e, se sono morti dopo il Battesimo, prima di aver commesso peccati, confessiamo e crediamo che siano salvi; e crediamo che nel Battesimo tutti i peccati siano rimessi, sia il peccato originale che è stato contratto, sia quelli che sono stati commessi volontariamente. Riteniamo che la Cresima fatta dal Vescovo, cioè l’imposizione delle mani, sia santa e vada ricevuta con riverenza.

795. Crediamo fermamente e incrollabilmente con cuore sincero, e affermiamo semplicemente con parole piene di fede, che il Sacrificio, cioè il pane e il vino, sia, dopo la Consacrazione, il vero Corpo ed il vero Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, e che in esso non si compia nulla di più da parte di un buon Sacerdote e nulla di meno da parte di un cattivo Sacerdote, poiché non si compie per merito di colui che consacra, ma per la parola del Creatore e la virtù dello Spirito Santo. Perciò crediamo e confessiamo fermamente che nessuno, per quanto onesto, religioso, santo e prudente, possa o debba consacrare l’Eucaristia o compiere il Sacrificio dell’altare se non sia Sacerdote e se non sia stato regolarmente ordinato da un Vescovo visibile e tangibile. Per questo ufficio, a nostro avviso, sono necessarie tre cose: una persona definita, cioè un Sacerdote appositamente istituito per questo ufficio dal Vescovo, come abbiamo detto; quelle parole solenni che sono espresse dai santi Padri nel canone; e l’intenzione di fede di colui che le pronuncia. Perciò crediamo e confessiamo fermamente che chiunque, senza l’ordinazione da parte del Vescovo, come abbiamo detto, creda e pretenda di essere in grado di compiere il Sacrificio dell’Eucaristia, sia un eretico; partecipi e abbia una parte nella perdizione di Korah e dei suoi complici (Numeri XVI), e debba essere separato dalla santa Chiesa romana. Crediamo che il perdono sia concesso da Dio ai peccatori che si pentono veramente, ed è con grande gioia che siamo in comunione con loro. Veneriamo l’unzione degli infermi con l’olio. Non neghiamo che i matrimoni carnali debbano essere contratti, secondo l’Apostolo (1 Cor VII), e proibiamo assolutamente la rottura di quelli regolarmente contratti. Crediamo e confessiamo che un uomo possa essere salvato anche con la propria moglie, né condanniamo il secondo matrimonio o altri matrimoni. Non condanniamo in alcun modo il consumo di carne. Non condanniamo il giuramento; anzi, crediamo con cuore sincero che sia lecito giurare secondo verità, giudizio e giustizia. (Aggiunta del 1210: Per quanto riguarda il potere secolare, affermiamo che esso può, senza peccato mortale, esercitare un giudizio che comporti spargimento di sangue, purché, nell’esercitare la vendetta, non proceda con odio ma con giudizio, né con imprudenza ma con moderazione).

796. Riteniamo che la predicazione sia molto necessaria e lodevole, ma crediamo che debba essere fatta in virtù dell’autorità o con il permesso del Sommo Pontefice o dei prelati. Ma in tutti i luoghi dove ci siano eretici manifesti che negano e bestemmiano Dio e la fede della Chiesa romana, crediamo che dobbiamo, secondo la volontà di Dio, confonderli con argomenti ed esortazioni, e opporci a loro con la Parola del Signore, con la fronte alta e fino alla morte, come avversari di Cristo e della Chiesa. Le ordinazioni ecclesiastiche e tutto ciò che venga letto o cantato secondo quanto stabilito, lo approviamo con umiltà e lo veneriamo nella fede.

797. Crediamo che il diavolo non sia diventato cattivo per la sua condizione, ma per il suo libero arbitrio. Crediamo e confessiamo con tutto il cuore la risurrezione di questa carne che è nostra e non di un altro. Crediamo e affermiamo fermamente che ci sarà anche un giudizio attraverso Gesù Cristo e che ognuno di noi sarà giudicato dal Signore, secondo ciò che ha fatto in questa carne, e riceverà il castigo o la ricompensa. Crediamo che l’elemosina, il Sacrificio ed altri benefici possano giovare ai defunti. Coloro che rimangono nel mondo e possiedono beni, professiamo e crediamo che saranno salvati se faranno l’elemosina ed altri benefici da ciò che possiedono e se osserveranno i Comandamenti di Dio. Crediamo che, secondo il precetto del Signore, le decime, le primizie e le offerte debbano essere versate al clero.

Lettera ‘In quadam nostra‘ al Vescovo Ugo di Ferrara, 5 marzo 1209.

Acqua mescolata al vino della Messa.

798. Dici di aver letto in una delle nostre lettere decretali (784). che era empio pensare ciò che alcuni hanno avuto la presunzione di dire, cioè che nel sacramento dell’Eucaristia l’acqua si cambia in muco; perché affermano falsamente che non fu l’acqua ad uscire dal costato di Cristo, ma un umore acquoso. Ma anche se tu affermassi che questo sia stato pensato da uomini importanti e degni di fiducia, la cui opinione hai finora seguito con parole e scritti, le ragioni per cui Noi pensiamo il contrario ti costringeranno comunque a dare ragione alla nostra concezione…. Infatti, se dal costato del Salvatore non fosse uscita acqua ma muco, colui che vide e testimoniò la verità, (Gv XIX, 3ss.), non avrebbe certo detto “acqua” ma “muco”… Resta dunque il fatto che quest’acqua, qualunque fosse, naturale o miracolosa, creata in modo nuovo dalla virtù divina o ricavata dai componenti di qualche parte, fosse senza dubbio vera acqua.

Lettera “Licet apud” al Vescovo Enrico di Strasburgo, 9 gennaio 1212.

I giudizi di Dio

799. Anche se tra i giudici secolari si praticano giudizi popolari, come quello dell’acqua fredda, del ferro rovente o del duello, la Chiesa tuttavia non accetta giudizi di questo tipo, perché nella Legge divina è scritto: “Non tenterai il Signore tuo Dio” (Dt VI, 16 Mt IV, 7) .

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (17) “da INNOCENZO III ad ALESSANDRO IV”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (15) “da VITTORE II ad URBANO III”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (15)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Vittore II  a Urbano III)

VITTORE II: 16 aprile 1055-28 luglio 1057

STEFANO IX (X): 3 agosto IO57-29 marzo 1058

NICOLA II: 6 dicembre 1058-27 luglio 1061

Concilio di Roma 1059.

La professione di fede nell’Eucaristia prescritta a Berengario

690. Io Berengario.. riconosco la fede vera ed apostolica, anatemizzo ogni eresia, specialmente quella di cui sono stato finora accusato: essa osa affermare che il pane e il vino che sono posti sull’altare dopo la Consacrazione siano solo un sacramento e non il vero corpo e sangue di nostro Signore Gesù Cristo, e che non possano essere tenuti o spezzati dalle mani dei sacerdoti o schiacciati dai denti dei fedeli in alcun modo sensibile, se non nell’unico sacramento. Ora io sono d’accordo con la santa Chiesa romana e con la Sede Apostolica, e professo con la mia bocca ed il mio cuore che riguardo al Sacramento della mensa del Signore io ritengo quella fede che il signore e venerabile Papa Niccolò e questo santo Concilio, con autorità evangelica e apostolica, mi hanno trasmesso di ritenere e confermare: cioè che il pane e il vino che sono posti sull’altare, dopo la Consacrazione, non siano solo un Sacramento, ma anche il vero Corpo e il vero Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, e che siano toccati e spezzati dalle mani dei Sacerdoti e schiacciati dai denti dei fedeli in modo sensibile, non solo nel Sacramento, ma nella verità; lo giudico dalla santa e consustanziale Trinità, e dai santissimi Vangeli di Cristo. Quanto a coloro che si oppongono a questa fede, affermo che con le loro dottrine ed i loro seguaci siano degni di anatema eterno.

Concilio Lateranense, aprile 1060.

Ordinazioni simoniache

691. Il signor Papa Niccolò, che presiedeva il sinodo nella basilica di Costantino, disse: (Paragrafo 1) Decidiamo che non si debba avere pietà dei simoniaci per quanto riguarda il mantenimento del loro rango; al contrario, li condanniamo secondo le sanzioni dei Canoni e dei decreti dei santi Padri e decretiamo, in virtù dell’Autorità Apostolica, che debbano essere deposti.

692. (Paragrafo 2) Riguardo a coloro che sono stati ordinati da simoniaci, non per denaro ma gratuitamente – poiché la questione è stata a lungo dibattuta – sciogliamo ogni nodo di dubbio in quanto non permettiamo a nessuno in futuro di avere dubbi su questo capitolo. … A coloro che finora siano stati consacrati gratuitamente da simoniaci…, permettiamo di rimanere negli Ordini che hanno ricevuto. Tuttavia, in virtù dell’autorità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, proibiamo in ogni modo che qualcuno dei nostri successori tracci o stabilisca una regola per sé o per qualcuno dei suoi successori. – Infatti, non è stata l’autorità degli antichi Padri a promulgare ciò ordinandolo o concedendolo, ma è stata la troppo grande angustia dei tempi a costringerci a permetterlo.

693. (Par. 3.) Del resto, se qualcuno si lascia consacrare da uno che non dubiti sia un simoniaco, sia colui che consacra sia colui che è consacrato non devono essere sottoposti ad una sentenza di condanna diseguale, ma entrambi devono essere deposti, fare penitenza e rimanere privi della loro dignità.

694, (Par. 5) Il Vescovo Niccolò a tutti i Vescovi: Abbiamo emanato un decreto riguardante la triplice eresia simoniaca: cioè, riguardo ai simoniaci che ordinano o sono stati ordinati simoniacamente, ai simoniaci che sono stati ordinati simoniacamente da non simoniaci e ai simoniaci che sono stati ordinati non simoniacamente da simoniaci: I simoniaci che sono stati ordinati o che ordinano in modo simoniaco devono essere privati del loro grado secondo i Canoni ecclesiastici. Allo stesso modo, i simoniaci che sono stati ordinati in modo simoniaco da non simoniaci devono essere rimossi dall’ufficio acquisito in modo sbagliato. Per quanto riguarda i simoniaci che sono stati ordinati in modo non simoniaco da simoniaci, concediamo, a causa delle necessità del tempo, che per misericordia possano rimanere nel loro ufficio per imposizione delle mani.

ALESSANDRO II: 1 ottobre 1061-21 aprile 1073.

Lettera “Super causas” al Vescovo Reinaldo di Como, 1063.

Condanna delle ordalie.

695. Ci siamo consultati pubblicamente sul vostro presbitero Guillandus (Gisandus) sospettato dell’omicidio del suo Vescovo, vostro predecessore… Se non ci sono accusatori certi, allora, secondo ciò che impone la giustizia e senza controversie, il presbitero deve ricevere di nuovo tutto ciò che ha perso ingiustamente per questo motivo, sia il sacerdozio che l’insieme dei suoi benefici; ma lasciamo al vostro giudizio, se non ci sono accusatori, che egli presenti di sua iniziativa una giustificazione a due Sacerdoti suoi parenti. – Infine, vogliamo che non usiate e non chiediate in alcun modo la legge popolare che non ha alcuna sanzione canonica, cioè il contatto con l’acqua bollente o ghiacciata, o con un ferro rovente, o con qualsiasi invenzione popolare (perché queste sono pure invenzioni in cui opera l’invidia); inoltre, lo proibiamo fermamente in virtù dell’Autorità Apostolica.

Lettera “Licet ex” al principe Landolfe di Benevento, 1065.

Tolleranza delle convinzioni religiose altrui.

698. Sebbene non dubitiamo che sia per zelo di devozione che vostra eccellenza ordinI di condurre gli ebrei al culto del Cristianesimo, abbiamo tuttavia ritenuto necessario inviarvi la nostra lettera per ammonirvi, poiché sembra che lo facciate per uno zelo disordinato. Infatti il nostro Signore Gesù Cristo, come leggiamo, non costrinse nessuno al suo servizio con la forza, ma, essendo lasciata a ciascuno la libertà di giudicare da sé, tutti coloro che Egli aveva predestinato alla vita eterna non li chiamò fuori dall’errore con un giudizio, ma versando il proprio sangue… Allo stesso modo, il beato Gregorio proibisce in una delle sue lettere che questo stesso popolo sia portato alla fede con la violenza (cfr. 480).

GREGORIO VII: 22 aprile 1073-25 maggio 1085

Concilio di Roma: professione di fede di Berengario di Tours, 11 febbraio 1079.

La presenza eucaristica di Cristo.

700. Io, Berengario credo con il mio cuore e confesso con la mia bocca che il pane ed il vino che sono sull’altare siano, per il mistero della santa preghiera e per le parole del nostro Redentore, cambiati sostanzialmente nella Carne e nel Sangue veri, ripuliti e vivificanti da nostro Signore Gesù Cristo, che dopo la Consacrazione siano il vero Corpo di Cristo, che è nato dalla Vergine, che, offerto per la salvezza del mondo, sia stato appeso alla croce, che sieda alla destra del Padre, e sia il vero sangue di Cristo sgorgato dal suo fianco, non solo in modo figurato ed in virtù del Sacramento, ma nella sua propria natura e verità di sostanza. Come questa breve dichiarazione contiene: come ho letto e come lo intendete voi, così lo credo io, e non insegnerò più contro questa fede. Dio aiuti me e questi santi Vangeli di Dio.

URBANO II: 12 marzo 1088-29 luglio 1099

Lettera “Debent subditi” al Vescovo Pietro di Pistoia e all’abate Rustico di Vallombrosa, 1088.

L’invalidità dell’ordinazione ricevuta da un simoniaco

701. … Come abbiamo appreso dalla sua confessione, Daiberto fu sì ordinato diacono dal simoniaco Guezelo, ma non in modo simoniaco, e per sentenza del beato Papa Innocenzo fu dichiarato, come sappiamo, che, in quanto eretico, Guezelo, che è stato ordinato da eretici, dal momento che non aveva nulla, non poteva dare nulla a colui che gli ha imposto le mani. Confermati dall’autorità di un così grande Papa e rafforzati dalla testimonianza di Papa Damaso, che dice: “È necessario ripetere ciò che è stato fatto male”, poiché le necessità della Chiesa sono pressanti, stabiliamo nuovamente come diacono Daiberto che si è distaccato nel corpo e nell’anima dagli eretici, e che si applica con tutte le sue forze al bene della Chiesa. Riteniamo che ciò non sia da considerarsi una reiterazione, ma solo una piena collazione del diaconato, poiché, come abbiamo detto, chi non ha nulla non può dare nulla.

Lettera “Gaudemus filii” a Lanzo, Rodolfo e altri, 1 febbraio 1091.

702. L’invalidità dell’ordinazione ricevuta da un simoniaco.

Questi, tuttavia, deve essere esaminato in modo assoluto, cioè se (Poppo) sia stato ordinato simoniacamente dalle mani del suddetto Arcivescovo di Treviri. Perché tutto ciò che ha ricevuto da lui in modo straordinario e indegno, lo riteniamo nullo secondo il giudizio dello Spirito Santo ed in virtù dell’Autorità presente in noi: ordiniamo che questi riceva gli Ordini da un Vescovo cattolico. Poiché chi ordina e non ha nulla non ha nulla da dare.

Concilio di Benevento, iniziato il 18 marzo 1091.

Il carattere sacramentale del diaconato

703. Can. 1. Nessuno può più essere eletto Vescovo se non sia stato trovato pio negli Ordini sacri. Ora noi chiamiamo Ordini sacri il diaconato e il presbiterato. Di questi, infatti, leggiamo che la Chiesa primitiva li avesse; solo per essi abbiamo un precetto dell’Apostolo.

PASQUALE II: 14 agosto 1099-21 gennaio 1118

Concilio Lateranense, quaresima del 1102.

Obbedienza alla Chiesa.

704. Anatemizzo tutte le eresie, specialmente quelle che turbano lo stato attuale della Chiesa, che insegnano ed affermano che l’anatema debba essere ignorato e le leggi della Chiesa disattese. E prometto obbedienza al Pontefice della Sede Apostolica, il signor Pasquale ed i suoi successori, prendendo a testimone Cristo e la Chiesa, affermando ciò che la Chiesa santa ed universale afferma e condannando ciò che essa condanna.

Concilio di Guastalla, 22 ottobre 1106

Ordinazioni eretiche e simoniache

705. (4) Già da molti anni l’estensione dell’Impero teutonico è stata separata dall’unità della Sede Apostolica. Ora, in questo scisma, il pericolo è diventato così grande – lo diciamo con grande dolore, che a malapena si trovano alcuni Sacerdoti o chierici cattolici in regioni così estese. Poiché, dunque, molti figli sono gettati in questa devastazione, la necessità della pace cristiana esige che il cuore materno della Chiesa si apra a loro. Sulla base degli esempi e degli scritti dei nostri Padri, che in tempi diversi hanno accolto nei loro ordini Novaziani, Donatisti ed altri eretici, accogliamo nell’ufficio episcopale i Vescovi di questo impero che siano stati ordinati durante lo scisma, a meno che non si dimostrino intrusi, simoniaci o criminali. La stessa cosa stabiliamo per i chierici, qualunque sia il loro ordine, che la loro vita e la loro scienza raccomandano.

Concilio Lateranense, 7 marzo 1110.

Saccheggio dei naufraghi e simonia.

706. Can. 9. Chi saccheggia i beni dei naufraghi, sia escluso dalla soglia della Chiesa come i saccheggiatori ed i fratricidi.

707. Can. 10. (1) Ciò che è stato deciso per i simoniaci, lo confermiamo anche noi, secondo il giudizio dello Spirito Santo, con la nostra Autorità Apostolica. (2) Pertanto, tutto ciò che è stato acquisito, sia negli Ordini sacri che negli affari ecclesiastici, mediante la promessa o il dono di denaro, decidiamo che sia nullo e non potrà mai avere alcun valore. (4) Quanto a coloro che hanno accettato consapevolmente di essere consacrati – o meglio: profanati – dai simoniaci, dichiariamo la loro consacrazione essere totalmente nulla.

708. Can. 15. Prescriviamo inoltre che per il Crisma, il Battesimo e la sepoltura non sia mai richiesto nulla.

GELASIO II: 24.1.1118 – 28.1.1119

CALLISTO II: 2.2.1119 – 13.12.1124

1° Concilio di LATERANO (9° ecumenico)

18-27 marzo-(6 aprile ?)1123

Canoni.

Simonia, celibato, investitura.

710. Can. 1 “Seguendo l’esempio dei santi Padri” e rinnovando il dovere del nostro ufficio, “proibiamo in ogni modo, con l’autorità della Sede Apostolica, che qualcuno sia ordinato o promosso nella Chiesa di Dio per denaro. Se qualcuno abbia ottenuto l’ordinazione o la promozione nella Chiesa in questo modo, sia totalmente privato della dignità ottenuta.

711. Can. 3 (al. 7). Proibiamo assolutamente ai Sacerdoti, ai diaconi e ai suddiaconi di avere concubine o mogli sotto il loro tetto e di convivere con altre donne, ad eccezione di quelle che il Concilio di Nicea (Can. 3) ha permesso di vivere con loro solo per necessità, cioè la madre, la sorella, la zia paterna o materna o altre donne simili, che non possano dare adito ad alcun sospetto giustificato.

712. Can.4 (al. 8). Inoltre, in conformità con l’ordinanza del beato Papa Stefano, stabiliamo che i laici, per quanto religiosi, non abbiano il potere di disporre in alcun modo dei beni ecclesiastici; ma, secondo i Canoni degli Apostoli (can. 38, al. 39), Se dunque qualcuno dei principi o di altri laici si arrogasse il diritto di disporre, regalare o possedere i beni ecclesiastici, sia considerato un sacrilego.

ONORIO II :15.12.1124 – 13.2.1130

INNOCENZO II :14.2.1130 – 24.9.1143

2° concilio LATERANO (10° ecumenico)  iniziato il 4 aprile 1139

Simonia e usura

715. (Can. 2). Se qualcuno ha acquistato una prebenda, un priorato, un decanato, un onore o una promozione ecclesiastica, o una qualsiasi delle cose sacre della Chiesa, come il santo crisma, l’olio santo, o la consacrazione di altari o chiese, a prezzo di denaro, spinto dall’esecrabile passione dell’avarizia, sia privato dell’onore illecito; e sia il compratore che il venditore e l’intermediario siano infamati. E né per il sostentamento, né sotto l’apparenza di una consuetudine, si richieda qualcosa a qualcuno prima o dopo, né il destinatario stesso dia qualcosa, perché questa è simonia; ma goda liberamente e senza alcuna attenuazione della dignità e del beneficio che gli sono stati conferiti.

716. Can. 13. L’insaziabile avidità degli usurai è detestabile e scandalosa agli occhi delle leggi divine e umane, ed è respinta dalla Scrittura nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Perciò la condanniamo e la escludiamo da ogni consolazione della Chiesa, ordinando che nessun Arcivescovo, Vescovo o Abate di qualsiasi ordine, o chierico ordinato, osi ammettere gli usurai ai Sacramenti senza estrema prudenza. siano ritenuti infami per tutta la vita e privati della sepoltura ecclesiastica se non giungono alla resipiscenza.

La falsa penitenza e l’esistenza dei Sacramenti.

717. Tra le altre cose, c’è una cosa che turba profondamente la santa Chiesa: la falsa penitenza. Chiediamo quindi ai nostri fratelli nell’Episcopato e ai Sacerdoti di non permettere che le anime dei laici siano ingannate da false penitenze e quindi incatenate all’inferno. Sembra che una falsa penitenza si verifichi quando, disprezzando la maggior parte dei peccati, si fa penitenza per uno solo, o quando si fa penitenza per uno solo senza rinunciare ad un altro. Per questo è scritto: “Chi ha osservato tutta la legge, ma inciampa in un punto, è colpevole di tutto” (Gc. II,10), cioè in tutto ciò che concerne della vita eterna. Infatti, sia che abbia commesso tutti i peccati, sia che persista in uno solo, non entrerà per la porta della vita eterna. C’è falsa penitenza anche quando il penitente non rinunci ad un ufficio curiale o commerciale che non possa in alcun modo esercitare senza peccato, o se l’odio alberga nel suo cuore, o se non dà soddisfazione a chi ha offeso, o se essendo offeso non perdona l’offensore, o se si prendono le armi contro la giustizia.

718. (Can. 23): “Quanto a coloro che, sotto l’apparenza della religione, condannano il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, il Battesimo dei bambini, il Sacerdozio e gli altri Ordini ecclesiastici, nonché il vincolo del Matrimonio legittimo, noi li espelliamo dalla Chiesa di Dio e li condanniamo come eretici”,  ed ordiniamo che siano sottoposti al controllo dei poteri secolari. Con il vincolo della stessa condanna leghiamo anche coloro che prendono le loro difese. “

Concilio di Sens. Iniziato il 2 giugno 1140 (1141?).

Errori di Pietro Abelardo.

721.1 Il Padre è piena potenza, il Figlio ha una certa potenza, lo Spirito Santo non è potenza.

722. 2 Lo Spirito Santo non è della sostanza del Padre, ma dell’anima del mondo.

723. 3 Cristo non ha assunto la carne per liberarci dal giogo del diavolo.

724. 4. Né il Dio-uomo né questo Cristo sono la terza persona della Trinità.

725. 5. Il libero arbitrio è sufficiente da solo per un certo bene.

726. 6. Dio può fare solo ciò che fa e permettere ciò che permette, o solo in questo modo o in questo momento e non altrimenti.

727. 7. Dio non deve e non può impedire il male.

728. 8. Da Adamo non abbiamo contratto la colpa, ma solo la pena.

729. 9. Non hanno peccato coloro che hanno crocifisso Cristo senza saperlo.

730. 10. Ciò che viene fatto per ignoranza non può essere imputato a colpa.

731. 11. In Cristo non c’era lo Spirito del timore del Signore.

732. 12. Il potere di legare e sciogliere fu dato solo agli Apostoli, non ai loro successori.

733. 13. Con le opere l’uomo non diventa né migliore né peggiore.

734. 14. Al Padre, poiché non è di nessun altro, appartiene in senso proprio e speciale l’onnipotenza, ma non anche la sapienza e la bontà.

735. 15. Anche il timore religioso è escluso dalla vita futura.

736. 16. Il diavolo suscita suggestioni apponendo pietre o erbe.

737. 17. La venuta alla fine dei secoli potrebbe essere attribuita al Padre.

738. 18. L’anima di Cristo non è scesa all’inferno da sola, ma solo con il suo potere.

739. 19. Né l’opera né la volontà, né la concupiscenza né il piacere che la muovono sono peccaminosi, e non dobbiamo desiderare che si estinguano.

Lettera “Apostolicam Sedem” al Vescovo di Cremona, data incerta.

Battesimo di desiderio

741. Il presbitero di cui hai detto che finì i suoi giorni senza l’acqua del Battesimo, affermiamo senza esitazione che, poiché perseverò nella fede della santa Madre Chiesa e nella professione del Nome di Cristo, fu liberato dal peccato originale e ottenne la gioia della patria celeste. Si legga anche l’ottavo libro di Agostino De civitate Dei dove si legge, tra l’altro: “Il Battesimo è amministrato in modo invisibile quando non è il disprezzo per la religione, ma la barriera della necessità che lo esclude”. Aprite anche il libro del beato Ambrogio De obitu Valentiani che afferma la stessa cosa. Avendo risolto le questioni, dunque, attenetevi alle concezioni dei Padri docenti, e fate presentare costantemente nella vostra Chiesa preghiere ed offerte per il presbitero che avete menzionato.

CELESTINO II: 26 settembre. 1143-8 marzo 1144

LUCIO II: 12 marzo 1144-15 febbraio 1145

EUGENIO III: 15 febbraio 1145-8 luglio 1153

Concilio di Reims, iniziato il 21 marzo 1148

La Trinità divina

745. “Riguardo al primo (capitolo) solo il Romano Pontefice definì, affinché nessun concetto in teologia facesse una separazione tra natura e persona, e affinché non si parlasse di Dio come ‘Essenza divina’ solo nel senso di un ablativo, ma anche nel senso di un nominativo. “

ANASTASO IV: 12 luglio 1153-3 dicembre 1154.

ADRIANO IV: 4 dicembre 1154-1 settembre 1159.

ALESSANDRO III: 7 settembre 1159-30 agosto 1181

Concilio di Tours, iniziato il 19 maggio 1163.

Il prestito ad interesse.

747. (Cap. 2) Molti tra il clero, e lo diciamo con dolore, anche tra coloro che per professione ed abitudine hanno lasciato il presente secolo, certamente si sottraggono al consueto prestito ad interesse perché più chiaramente condannato, ma prendono in pegno i beni dei bisognosi a cui hanno prestato denaro, e ricevono i frutti prodotti oltre il capitale prestato. Perciò l’autorità del Consiglio Generale ha decretato che d’ora in poi nessuno che sia stabilito nel clero abbia l’ardire di praticare questo o qualsiasi altro tipo di prestito ad interesse. E se finora qualcuno ha ricevuto in pegno i beni di qualcuno dopo avergli dato del denaro secondo questa clausola o con questa condizione, deve restituire incondizionatamente i suoi beni al debitore se, tolte le spese, ha già ricevuto il suo capitale dai frutti prodotti. E se ha un deficit, dopo averlo riscosso, la proprietà deve essere restituita gratuitamente al suo padrone. Ma se dopo questo decreto ci sarà qualche ecclesiastico che persevererà in questi detestabili guadagni usurari, sia messo in pericolo il suo ufficio ecclesiastico, a meno che non si tratti di un beneficio della Chiesa che pensava di dover riscattare in questo modo dalla mano di un laico.

Lettera “Ex litteris tuis” al sultano residente a Iconio, 1169.

748. Il corpo di Maria incorrotto dopo la sua morte.

(Maria) infatti concepì senza disonore, partorì senza dolore e partì da qui senza corruzione, secondo la parola dell’Angelo, o meglio: di Dio per mezzo dell’Angelo, affinché sia manifesto che Ella è piena e non semipiena di grazia, e perché Dio, il Figlio, adempia fedelmente l’antico comandamento che ha insegnato un tempo, cioè onorare il padre e la madre, e perché la carne verginale di Cristo, assunta dalla carne della Madre vergine, non differisca del tutto da essa.

Lettera “Cum in nostra” all’Arcivescovo Guglielmo di Sens, 28  Maggio 1170.

749. L’errore di Pietro Lombardo sull’umanità di Cristo.

Quando vi siete insediati nel vostro ufficio alla nostra presenza, vi abbiamo ingiunto a voce di riunire a voi i vostri Vescovi suffraganei a Parigi e di lavorare efficacemente per rimuovere la falsa dottrina di Pietro, ex Vescovo di Parigi, in cui si dice che Cristo, in quanto uomo, non sia un qualche cosa. Per questo chiediamo alla vostra fraternità, con rescritto apostolico, che… convochiate a Parigi i vostri suffraganei e che, insieme a loro e ad altri uomini religiosi e prudenti, vi adoperiate per abrogare completamente la suddetta dottrina, e che prescriviate che i professori e gli studenti che si dedicano alla teologia insegnino che Cristo, così come è un Dio perfetto, è anche un uomo perfetto composto da un’anima e da un corpo.

Lettera “Cum Christus” all’arcivescovo Guglielmo di Reims, 18 febbraio 1177.

L’errore sull’umanità di Cristo.

750. Poiché Cristo, Dio perfetto, è un uomo perfetto, è sorprendente vedere con quale temerarietà qualcuno osi dire che Cristo non sia qualcosa in quanto è uomo. Per evitare che un tale inganno si diffonda nella Chiesa o che si introduca un errore, ordiniamo alla vostra fraternità, con rescritto apostolico… che, in virtù della nostra Autorità e sotto pena di anatema, proibiate a chiunque, d’ora in poi, di osare affermare che Cristo non sia alcunché in quanto uomo, poiché, come è vero Dio, è anche vero uomo, sussistendo da un’anima razionale e da una carne umana.

3° Concilio di LATERANO (11° Œcum. 5-19 (22?) marzo

3a sessione, 19 o 22 marzo

Simonia

751 . Cap. 10. I monaci non devono essere accolti in un monastero per denaro… Se qualcuno, dopo essere stato espulso, ha dato del denaro per essere ricevuto, non andrà fino agli ordini sacri; colui che ha ricevuto questo denaro sarà punito con la privazione del suo ufficio.

Lettera “In civitate tua” all’Arcivescovo di Genova, data incerta.

753. Contratto di vendita illecita

Dite che nella vostra città capita spesso che alcune persone si procurino pepe, cannella o altri beni che in quel momento non valgono più di cinque sterline, e che promettano che a una certa data pagheranno sei sterline a coloro dai quali hanno ricevuto questi beni. Ma anche se un tale contratto non può essere chiamato usura a causa di tale forma, i venditori incorrono comunque in un peccato, a meno che non ci sia qualche dubbio sul fatto che la merce varrà di più o di meno al momento del pagamento, e quindi i vostri concittadini avrebbero molta cura della loro salvezza se si astenessero da contratti di questo tipo, perché i pensieri degli uomini non possono essere nascosti a Dio Onnipotente.

Lettera “Ex publico instrumento” Al Vescovo di Brescia, data incerta.

754. Il vincolo del matrimonio

Poiché la suddetta donna è stata effettivamente sposata dal suddetto uomo, ma secondo le sue parole non è stata unita a lui fino ad ora, chiediamo alla vostra fraternità, ordinandolo in uno scritto apostolico, che se il suddetto uomo non abbia conosciuto carnalmente questa donna e questa donna, come ci informate, vuole entrare in un ordine religioso, e dopo aver ricevuto da lei sufficienti garanzie che entro due mesi entrerà in un ordine religioso o tornerà dal marito, voi la assolvete, senza alcuna possibile opposizione o appello, dalla sentenza (di scomunica) da cui è vincolata, in modo che se entrerà in un ordine religioso, ciascuno restituirà all’altro ciò che ha evidentemente ricevuto da lui, e l’uomo stesso, se prenderà l’abito religioso, sarà autorizzato a contrarre un altro matrimonio. Infatti, ciò che il Signore dice nel Vangelo, che non è lecito all’uomo allontanare la propria moglie se non per fornicazione (Mt V, 32 Mt XIX, 9), va inteso, secondo l’interpretazione della santa parola, di coloro il cui matrimonio è stato consumato dall’unione carnale senza la quale il matrimonio non può essere consumato, e quindi se la suddetta moglie non è stata conosciuta dal marito, è lecito che entri in religione.

Lettera (frammenti) “Verum post” all’Arcivescovo di Salerno, data incerta.

Effetti del consenso matrimoniale.

755. Dopo il legittimo consenso “de praesenti” è lecito che uno dei due, anche se l’altro si opponga, scelga il monastero, come del resto i santi sono stati tenuti lontani dal matrimonio da una chiamata, almeno fino a quando non sia esistita tra loro un’unione carnale. E se l’altro che rimane, nonostante la monizione, non vuole mantenere la continenza, gli è permesso di contrarre un secondo matrimonio; poiché non sono diventati una sola carne, l’uno può benissimo passare a Dio e l’altro rimanere nel mondo.

756. Se (tra un uomo e una donna) c’è un consenso lecito “de præsenti“…, in modo che l’uno accolga espressamente l’altro come suo sposo con mutuo consenso e con le parole consuete… che ci sia stato o meno un giuramento, non è permesso alla donna di sposare un altro. E se si è sposata, e anche se ne è seguita un’unione carnale, deve essere separata da quello e costretta dalla severità ecclesiastica a ritornare al primo, e questo anche se altri pensino diversamente e anche alcuni dei nostri predecessori possono aver giudicato diversamente.

Lettera (frammento) al Vescovo Ponzio di Clermont (?), data incerta.

La forma del Battesimo.

757. Se qualcuno immerge un neonato tre volte nell’acqua nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Amen, e non dice: “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Amen”, il neonato non è battezzato.

758. Ma quelli in cui c’è qualche dubbio se siano stati battezzati, saranno battezzati anteponendo le parole: “Se sei battezzato, io non ti battezzo; ma se non sei ancora battezzato, io ti battezzo, ecc…”. “

LUCIO III: 1 settembre 1181- 25 novembre 1185

Concilio di Verona, fine ottobre – inizio novembre 1184.

Condanna degli errori delle sette secolari riguardo al potere della gerarchia della gerarchia.

760. Con questa costituzione, in virtù dell’autorità apostolica, condanniamo tutte le eresie, con qualsiasi nome si chiamino: in primo luogo, quindi, decretiamo che i catari e i patarini siano soggetti a un anatema perpetuo, così come coloro che si chiamano falsamente Umiliati o Poveri di Lione, Passagiani, Giuseppini e Arnoldisti con un nome falso.

761. E poiché alcuni, sotto l’apparenza di pietà… si arrogano l’autorità di predicare… leghiamo con lo stesso vincolo di anatema tutti coloro che, pur essendo stati interdetti o non inviati, osino predicare privatamente o pubblicamente senza aver ricevuto l’autorità della Sede, e tutti coloro che non temono di pensare ed insegnare diversamente riguardo al Sacramento del Corpo e del Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, o al Battesimo, o alla Confessione dei peccati, o al Matrimonio, o agli altri Sacramenti della Chiesa, da quanto viene predicato e osservato dalla santissima Chiesa romana, nonché, in generale, tutti coloro che questa stessa Chiesa romana o i vari Vescovi nelle loro diocesi con il consiglio dei chierici, o i chierici stessi quando la sede fosse vacante, hanno giudicato eretici, se necessario, con il consiglio dei Vescovi vicini.

Lettera “Dilectæ in Christo” al Vescovo Simone di Meaux, data incerta

Castrazione

762. La priora ed il convento di Colonantia interpellano la Sede Apostolica per sapere se un giovane, a cui sono stati asportati gli organi sessuali, possa essere ordinato al sacerdozio con il permesso dei canonici. Ansiosi di vedere osservata la distinzione canonica in questa materia, con questo scritto apostolico incarichiamo la vostra fraternità di ricercare la verità con grande diligenza, per sapere se sia stato castrato da nemici o da dottori, o se egli stesso si sia messo le mani addosso perché non sapeva come opporsi al vizio della carne. I canoni ammettono i primi (128 – a) se sono altrimenti idonei, ma ordinano che il terzo sia punito come omicida di se stesso.

URBANO III: 25 novembre 1185 – 19/20 ottobre 1187

Lettera “Consuluit nos” ad un Sacerdote di Brescia, data incerta.

Usura.

764. La vostra bontà ci ha chiesto se nel giudizio delle anime dobbiamo considerare come un usuraio che, non potendo altrimenti prestare, presta denaro nella convinzione che, anche senza l’esistenza di alcun contratto, riceverà più del suo capitale; o se qualcuno incorre nella stessa pena se, come si dice comunemente, non acconsente ad un giuramento finché, anche senza richiederlo, non ne tragga qualche beneficio; e se un mercante debba essere condannato alla stessa pena se vende le sue merci ad un prezzo molto più alto quando il tempo per il pagamento è notevolmente più lungo rispetto al caso in cui il prezzo di acquisto gli venga pagato subito. Ma poiché è chiaro dal Vangelo di Luca cosa ci si debba aspettare in questi casi, quando dice: “Prestate senza aspettarvi nulla in cambio” (Lc. VI, 35), si deve giudicare che queste persone agiscano in modo sbagliato a causa della loro intenzione di trarre profitto – poiché ogni usura e ogni eccedenza nella restituzione sono proibite dalla legge – e nel giudizio delle anime devono essere fermamente esortate a restituire ciò che hanno acquisito in questo modo.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (16) “da GREGORIO VIII ad INNOCENZO III”.

LO SCUDO DELLA FEDE (251)

LO SCUDO DELLA FEDE (251)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (20)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

CAPO IV

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LA PARTECIPAZIONE

ossia la Comunione Divina.

ART.  II.

LIBERA NOS ECC.

Orazione.

« Liberateci, ve ne supplichiamo, o Signore da tutti i mali presenti, passati e futuri , e per intercessione della Beata, Gloriosa e sempre Vergine e genitrice di Dio, Maria, e dei Beati Apostoli vostri Pietro e Paolo, ed Andrea, e di tutti i santi (Si segna dalla fronte al petto colla patena e la bacia). Date, propizio, pace nei nostri giorni, affinché per opera della vostra misericordia restiamo sempre liberi dai peccati, e sicuri da ogni perturbazione. (Qui sottomette la patena all’Ostia, scopre il calice, genuflette, sorge, prende l’ Ostia, la spezza per mezzo sopra il calice dicendo): « Pel medesimo Signor nostro Gesù Cristo Figliuol vostro. » (Pone la parte, che ha nella destra sopra la patena: di poi si divide una particella della parte che gli è rimasta nella sinistra, dicendo): « Il quale con Voi vive e regna nell’unità dello Spirito Santo. » (L’altra mezza parte ripone colla sinistra presso alla prima sulla patena, e colla destra poi tenendo la particella sopra il calice, che tiene colla sinistra, dice): « Per tutti i secoli dei secoli. » (Il popolo risponde): « Così sia. »

Esposizione dell’Orazione:

Libera nos etc.

« Liberateci, o Signore, vi preghiamo, da tutti i mali presenti, passati e futuri ecc. ecc. » Quest’orazione non altro essendo che un’aggiunta, anzi un’esposizione dell’ ultima dirnanda dell’ orzione domenicale, per essa la Chiesa c’ insegna che ben si può con Dio Padre dire tutto il nostro cuore e mettergli dinanzi ad uno ad uno tutti i nostri mali, dai quali lo vogliamo supplicare di liberarci per poi abbandonarci rassegnati in braccio alla bontà di così gran Padre amoroso. I tanti mali di noi poveri figli sono i peccati passati, di cui non possiamo mai essere senza timore (1) : poi sono i pericoli e le amarezze che ci angustiano presentemente: finalmente la paura dei mali venturi, i castighi cioè e le pene, che abbiamo tanto ragione di aspettarci dalla giustizia di Dio, e le nuove cadute che temiamo per le proprie infermità, come mali che più ci mettono spavento. – Quest’orazione, sia per la sua antichità, sia per le sue espressioni, accenna ai tempi delle persecuzioni. Allora si recitava insieme con tutto il popolo; e per questo il Sacerdote la dice ancora adesso ad alta voce nel venerdì santo; nel qual dì tutto sacro alla morte del Redentore, alla Chiesa, raccomandate distintamente tutte le varie persone ed i vani oggetti per cui prega nel corso dell’anno, preme di fare quelle raccomandazioni in modo tenerissimo; essendo che in quel giorno lo spettacolo della morte di Gesù, messo così vivamente innanzi, fa concepire speranza di maggiore propiziazione. Noi intanto figuriamoci quei poveri fedeli perseguitati, che col favor delle tenebre si raccoglievano nelle catacombe pei santi misteri. Là non si arrischiavano di alzar la voce, paventando ad ogni istante, che non corressero dentro in quegli antri a slanciarsi sopra loro quelle belve umane, nel perseguitarli inferocite. Là trovandosi insieme intorno all’altare, avevano ogni dì novelle perdite da piangere; alcuno raccontava tristamente, come qualche povero fratello aveva ceduto nel terribile cimento; e insieme piangendolo, lo raccomandavano a Dio. Altri raccontavano i particolari della morte dei loro Vescovi e dei fedeli compagni: chi li aveva osservati ritti là in mezzo del circo col petto ignudo ad aspettare i leoni, le iene, le tigri aizzate dai truci custodi: diceva uno di aver veduto il leone, quando dava dentro nel petto a quel Santo; come versasse le viscere per terra, e barcollando morisse abbracciato all’orribile testa col grido: « Viva Gesù! » Altri diceva della iena: con terribile salto gettarsi sulle spalle di un giovine eroe, e con tremendo ruggito, trascinarlo pell’anfiteatro… mentre i feroci spettatori battevan le mani; ed egli, col collo tra le zanne della fiera, guardando il cielo gridare: « Viva Gesù! » Chi sentiva ancor terrore della tigre accosciata, che acceffava fremente nel vergine petto a quella fanciulla (che ieri qui aveva con essi ricevuta la Comunione), e diceva piangendo, come la buona slanciava le candide braccia verso del cielo; e la tigre gettarle gli unghioni nel viso, ed alzando il terribile ceffo lasciare cadere giù le viscere palpitanti dal muso insanguinato! Chi raccontava del rogo acceso, e come soffiassero dentro col viso infocato i rabidi sgherri: e sopra i crepitanti carboni guizzasse la vampa celestina e rosseggiante: e quei crudeli stendere sul graticolato di ferro rovente, e tener con tenaglie i prodi compagni, con cui avevano là tante notti insieme vegliato: e rosseggiare le membra orribilmente gonfie, e screpolare la pelle, e la carne squagliata cadere giù in stille di fuoco; e sbuffare le fiamme e come serpenti di fuoco e taglienti lamine, girar intorno alla persona: e tra il crepitare dei carboni sotto alle nere ruote del fumo pareva ancora di sentirli tutti gridare: « Viva Gesù! » Alcuni altri poi si portavano sul petto in un vaso il sangue dei martiri, che avevano raccolto dai supplizi; altri gli avanzi, con gran rischio sottratti a chi li faceva disperdere: altri un cadavere santo portato via dalle gogne o tratto fuori dalle cloache, in cui il prefetto lo aveva fatto gettare. Qui purificate con balsami quelle reliquie, si ponevano sotto la mensa, su cui gli spiriti che gli animarono, dal cielo vedrebbero sacrificato Gesù. Così tutti quei buoni, anch’essi minacciati da quegli spettacoli di ferocia, che raccontavano, si stavano prostrati ai piedi dell’ara santa, come agnelletti da essere svenati la dimane, e dopo di avere mangiato il Pane divino, e bevuto al Calice dei forti, sorgevano dall’altare come leoni (così s. Giovanni (Hom. 61, ad Pop.) e s. Cipriano) terribili al diavolo ed agli amici suoi. Deh! in quel furore di tempesta quanto veniva loro bene gridare: « Liberateci, o Signore, dai mali passati, presenti e futuri; » e qui pieni di diffidenza di loro medesimi, confidare a Dio le proprie debolezze e tentazioni e la paura dei mali futuri. Qui col cuor di un figlio che piglia tutte le occasioni di parlar della madre noi facciamo questa osservazione. Tutti i fedeli del mondo cattolico dopo il Pater noster usano sempre a recitare l’ Ave Maria. Bene sta: si termina il Pater noster con una paurosa parola: a malo! In vero coll’inferno spalancato sotto dei piedi, nel pericolo di cader in peccato, ed offendere Iddio Santissimo, colla morte che ci corre incontro ad ingoiarci, l’Ave Maria è il grido dei figliuoli che chiamano la Madre a salvarli e poi è anche il sospiro della speranza di spirare tra le sue braccia. A ragion adunque nell’orazione libera nos si dice subito: « Per l’intercessione della Beata Vergine, genitrice di Dio, e dei beati Apostoli Pietro e Paolo, ed Andrea e di tutti i Santi ecc, ecc. » E poi così vivamente rinnovando la memoria della passione di Gesù Cristo, potevano dimenticarsi che ai piedi della croce stessa, nell’ora del gran Sacrificio, stava Maria? A questa potentissima Regina dei martiri, a questa più tenera delle madri si raccomandavano quei figli in procinto di essere martirizzati, e le correvano in seno con tutte le paure e speranze loro: poi ai beati Pietro e Paolo, e Andrea: a Pietro, su cui fu edificata la Chiesa (Cyp. ep. 71.); a Paolo, che tanto l’ha propagata e sublimemente istruita; ed Andrea, primo chiamato alla sequela del Signore (Bon. rerum liturg. lib. 2, n. 2). A tutti e tre in somma, che la confermarono col proprio sangue; ad essi, che precedendoli al martirio, bevettero il calice di Gesù con tutte le sue amarezze sino all’ultima goccia: poi a tutti i Santi, da cui per un istante eran divisi ancora, facevano supplica di aiutarli di forza in quei cimenti, in cui mentre tenevano dietro ai loro esempi così luminosi, sentivano il peso della propria infermità. Dio della bontà! ecco un mondo che viene a perseguitarci fino nei più reconditi recessi del santuario vostro! Ecco i popoli sconvolti cercano di rovesciarsi sul capo ciò che a loro sta sopra, e tutto sobbissare nella polvere e nel sangue; in questi giorni di procella, tra un passato che crolla, ed un avvenire che non si può formare di getto; noi per Gesù Cristo tranquilli nella vostra immutabilità, noi contempleremo il trionfo, che preparate alla vostra Chiesa sulle rovine dei vostri nemici. Ecco qual è la pace di Gesù; la pace del bambino in seno alla madre. Bella immagine, che parla ai sensi ed al cuore più ancora! Quando una madre prende in braccio il suo bambino, il bambino in quel seno non ha più paura, e dorme tranquillo e riposa dolcemente sul petto: e ne ha ragione, perché veglia per esso l’ amor della madre. Che, se alcun le si facesse vicino, o scuotesse con sorpresa il bimbo per risvegliarlo, come fosse sopra pericolo, gridandogli forte: « Bimbo, sta desto! Perché guai, se la madre ti dimentica un momento; aperte le braccia, cadi a sfracellarti per terra!: » la madre garrirebbe costui acremente; « che? gli direbbe, non lo porto io in seno, che sono sua madre? E l’amor della madre non si dimentica mai, che ha il bambino in braccio: e seppur si dimenticasse, le braccia della madre starebbero conserte per istinto, a tener fermo sul seno il figlio delle viscere sue. » Ed è così. Ora diciamo noi: e chi mai ha creato l’amore in petto alla madre? Iddio (crediamo!), da cui ogni paternità deriva; ed ha tale amore creato, perché sapeva che la creaturina sua di tanto avrebbe bisogno. Viva Dio! Il Creatore dell’amore ben ne avrà ancora in sé tanto serbato, per aver cura dei figli del Sangue del suo Gesù! Egli, così s. Giovanni Grisostomo, dei padri più indulgente, e più di madre tenero, dice per bocca del suo profeta (Is. XLIX, 15), che la madre può forse dimenticarsi del suo bimbo; ma non Egli di noi, che tutti ci porta in cuore. Così noi non possiamo a tenero padre, né a “più sincero amico, né a più potente, che sia Dio, abbandonare noi stessi per vivere più in pace. « Concedeteci propizio pace nei nostri giorni, affinché aiutati dall’opera della vostra misericordia, restiamo sempre liberi dai peccati, e da ogni perturbazione sicuri ecc. ecc. » Pregavano un po’ di pace per quei dì; pace perché potesse stabilirsi il regno di Gesù Cristo: pace, perché la Chiesa non venisse lacerata dalle discordie, e specialmente dalle eresie, amarezze maggiori per lei in quella pressura: ma che al tutto fossero liberati per Gesù Cristo dal peccato e dalle continue paure di tanti nemici, che loro fremevano d’intorno. – Ora per potere accompagnare quest’orazione con disposizioni convenienti ai nostri tempi, osserveremo: che nel recitare quest’orazione il Sacerdote posa le mani sulla mensa, come se si abbracciasse all’ altare per mostrare che sopra vi è Gesù, per cui possiamo con fiducia farci appresso al trono della misericordia per porgere le nostre suppliche (Heb., IV, 16 ). Qui noi pensando che se si mutarono i tempi, i bisogni della Chiesa ora sono forse maggiori, col cuor pieno delle antiche memorie e dei mali nuovi, non cessiamo mai di gridare attaccati all’altare: « Signore, Signore, per pietà liberateci da ogni maniera di mali, che c’invadono da tutte le parti: dai mali passati; e sono i peccati commessi, che ci tengono inquieti sull’esito della nostra salute: dai mali presenti, che sono le nostre passioni, le persecuzioni alla sordina contro i fedeli vostri, la guerra universale contro alla Chiesa, rotta dai nemici nostri e di Voi, che s’ingrossano ogni dì, e diventano ognora più audaci e minacciosi. Liberateci dai mali futuri: prima di tutto dalla perdita della fede, di cui siamo minacciati, conservateci pel vostro regno, e non ci mandate cogli empi in perdizione. E voi, o tenerissima Madre di Dio, al Signore che abbiamo offeso, dite per noi quelle parole di pietà che voi sola sapete: che, se egli è vero che siamo peccatori, siam pure i vostri figli, e voi la più buona madre: e le madri sono sempre madri, anche coi figliuoli che vorrebbero diventar buoni. Voi pure, o beati, Pietro, che dall’alto de’ cieli come capo della Chiesa presiedete ancora alle sue battaglie; Paolo, gran maestro delle nazioni; Andrea, che dalla croce consolavate il popolo fedele colle vostre parole, anche in mezzo ai terrori di morte; voi, Santi tutti, che nella gloria godete la pace, come corona delle combattute battaglie, a noi qui, drappello in combattimenti ottenete una coscienza senza rimorsi, la confidenza nel Dio delle vittorie, e la pace di Gesù Cristo. »

Divisione dell’Ostia. Continua la spiegazione

del!’ orazione: Libera nos ecc.

Chiediamo di poter insistere su questa parte della Messa, così poco avvertita, che pure così grandi e tenerissimi misteri contiene. Noi ci faremo a contemplare questi tre che vi si esprimono; osservando come pel primo si viene a significare esser Gesù Crocifisso fatto pace nostra: Ipse est pax nostra… solvens inimicitias in carne sua (Ephes. II, 14.). Nel secondo si figura la formazione della Chiesa. Nel terzo si ricordano e la risurrezione e la vita eterna in paradiso. Faremo ora di spiegare come si esprimono questi tre misteri in questo punto della Messa: e li noteremo coi numeri per distinguere dessi misteri dalle devote osservazioni.

I° Ecco in fatti come si esprime essere Gesù Cristo la pace nostra. Già prima d’incominciare quest’orazione il suddiacono nella Messa solenne sale sull’altare e rimette all’uopo la patena al diacono: il quale anticamente, come fassi ancora al presente in qualche Chiesa, la mostrava al popolo per invitarlo alla Comunione. Il Sacerdote prende da lui la patena, su di cui ha da deporre il Santissimo per distribuirlo in Comunione ai fedeli. Con essa fa il segno di croce sulla sua persona, e la bacia dicendo: « Date,propizio, pace nei nostri giorni, affinché siam sempre liberi dal peccato, e posti da ogni perturbazione al sicuro. » Col baciar la patena su cui si pone Gesù, viensi ad esprimere, che Gesù nel Sacramento appunto è nostra pace: perché in sulla croce in cui fu posto, Egli disciolse le nostre inimicizie (Eph. II, 14. Coloss. I, 20) nella sua carne crocifissa; è nostra pace, perché ci raccoglie tutti insieme, e vuole che siamo uniti in carità per disporci alla comunione (S. Hier. q. ad Rom.): è nostra pace perché ci ha riconciliati col suo Padre e ci fa adottare per figliuoli: è nostra pace, perché ora ci vuol dare Se stesso in pegno di quella pace che sarà la futura nostra beatitudine. Ecco il mistero accennato pel primo. – Continua l’ orazione: « Per il medesimo Signor nostro, il quale con Voi vive e regna Dio nell’unità dello Spirito Santo. » Ora prima di esporre, come si esprima il mistero, che accennammo, intorno alla formazione della Chiesa, continuando a riscontrarci nella meditazione nostra sulla passione del divin Redentore, premetteremo alcune piissime osservazioni, che all’accennato mistero ci condurranno. Il Sacerdote bacia la patena, la quale significa la lapide del santo Sepolcro; e questo rito esprime la pietà delle donne, che, comprati gli aromi, vennero per ungere Gesù. Esse, poverine! si davano pensiero del gran sasso, che non avrebbero potuto smuovere. Ma Gesù Cristo le consolò. Con quel bacio si esprime la grazia, di che Egli degnolle, nella sua apparizione. Egli le salutò, ed esse verisimilmente gettatesegli innanzi, cercarono di baciargli i piedi santissimi. Intanto il Sacerdote, deposto il SS. Corpo sopra la patena, scopre il calice, l’ adora genuflesso; prende l’Ostia colla mano destra, e la solleva sopra il calice, e nel dividerla in mezzo, dice: « Pel medesimo Signor nostro Gesù Cristo. » Depone la parte, che gli resta nella destra, sopra la patena; poi dalla parte, che egli tien sopra del calice nella sinistra, divide una porzione; e colla destra ritenendola ancora sul calice sollevata, quella che gli resta nella sinistra, depone presso alla prima sulla patena, nel dire: « Il quale con Voi vive e regna nell’unità dello Spirito Santo. » Questo dividere, che fa il sacerdote, dell’Ostia in tre parti, l’abbiam noi dagli Apostoli imparato: anzi da Gesù medesimo, il quale, quando ci donava la SS. Eucaristia nell’ultima cena, la divideva colle sue mani, distribuendola a tutti i discepoli (Matt, XXIV, 26). Così ci dava modo di saziarci tutti a nostra volontà di questo cibo celeste; e di potere tutti insieme noi, umana famiglia, raccoglierci alla mensa del comune Padre e comunicare con Esso nel bacio santo di carità. E siccome l’Eucaristico Sacramento esprime in modo particolare questa riconciliazione universale, ed unione di carità; così Gesù con un miracolo d’amore divinamente ingegnoso lo ordinava in modo, che nel dividere in parti, potessero i suoi fedeli per esso comunicarsi con Dio e con tutti i fratelli, anche quelli che non avrebbero potuto godere la sorte di trovarsi presenti. Anticamente i diaconi erano incaricati di portare agli assenti, agli infermi, e fino nelle carceri ai confessori questo pegno di pace e di carità divina. – Fermiamoci un istante a pensare a quei generosi in carcere per Gesù Cristo, che tornavano forse dagli interrogatorii, in cui si era cercato di convincerli e persuaderli a rinunciare alla fede con quegli eloquenti argomenti, che sono i letti di ferro e le torture danti uno stiramento a slogar loro le ossa, e le ruote dentate facenti un giro a lacerare loro la carne, ad ogni lor franca parola. Tornavano adunque da quelle prove crudeli; ed ecco appunto il diacono aveva ottenuto di penetrare ad essi travestito; e portava in buon punto Gesù, mandato dalla santa Messa coi saluti dei fedeli, che avevano con tanto fervore pregato per loro, e che a loro si raccomandavano. Ben pareva a quei forti di vedere quasi cogli occhi Gesù entrar nel carcere, per dare loro la pace e sostenere con essi le catene, i ceppi, la morte. « Deo gratias, » dicevano quei santi, per dire: « Dio sia benedetto! presto ci ciberemo insieme nel banchetto del Padre celeste in paradiso. » Era pure costume di conservar nelle chiese la SS. Eucaristia; e si trovano nei monumenti dell’antichità cristiane certe custodie in forma di colombe che si tenevano sospese sopra l’altare, dove si riserbava per essere all’uopo distribuita agli infermi, agli assenti e per essere adorata dai fedeli: se la portavano gli anacoreti negli eremi, i fedeli in casa. Si conservano veli e pezzuole ricchissime in cui si ravvolgeva. Ora qui vorrebbe la pietà che noi parlassimo della reale presenza del SS. Sacramento: ma ci riserbiamo di contemplare questo tutto nostro tesoro nel volume III, Prediche e Meditazioni. Del resto tutta questa opera corrisponde a questo scopo cioè mirabilmente stringerci intorno a Gesù e farci con Lui santi qui, per possederlo in paradiso. Ma la santa Messa va di pari passo colla passione di Gesù Cristo: e questa nella passione è l’ora della maggior pietà. Quando, spirato il benedetto Gesù, i crocifissori ed i nemici suoi in quel tenebrore con neri pensieri e con orribile rimorso nell’anima si ritiravano da quel tristo monte taciturni ed atterriti, alcuni di essi già ravvedendosi si fermavano da lungi, ed alzando gli occhi spaventati al Corpo di Gesù pendente da quella croce, si picchiavano il petto, dicendo sommessamente: « Tristi a noi, che abbiam mai fatto! Misericordia, misericordia! » Intanto giravano voci di tremende apparizioni; si diceva, che si eran veduti cadaveri e scheletri fremere orribilmente in gola agli spalancati sepolcri: che s’era spezzata la rupe del Calvario, come è ancor veramente: e il velo del tempio da cima a fondo squarciato. Qui già cominciavano a girare intorno alcuni più amici di Gesù, e farsi più appresso alla croce, ed al vederlo là morto, empire le mani di pianto! Poi si davano faccenda per usare a Gesù quel poco di carità ultima, che per loro si poteva, preparandosi a staccarlo di croce, e ricoverarlo in sepolcro. Maria Maddalena e Giovanni e le pie donne, fissi gli occhi sul morto Gesù, con ansioso lamento stavano tutti esterrefatti ed atterriti, e tratto tratto lasciavano cadere lo sguardo sulla santissima sua povera Madre… E Maria?… Ci manca il cuore a dirne parola! perché fino lo Spirito Santo non volle dir altro che: « stava…. sotto la croce di Gesù la sua Madre Maria!… » – Piovevano ancor le gocce di Sangue, ed intanto già si mettevano all’opera pietosa di deporlo dalla croce, tutti dicendosi in cuore quei buoni, che avrebbero fra poco baciato lui morto fra le braccia della SS. Madre di tutti i dolori! Così adoperavansi in quella infinita pietà. Ed ora appunto il diacono col dare il segno al popolo di farsi vicino, e il Sacerdote nel segnare, che fa, se stesso di croce colla patena col baciarla, e col deporre Gesù sulla patena, fanno segno di prepararci a pianger del cuore sopra Gesù con quella tenerissima pietà, con cui Giuseppe, Nicodemo, e gli altri pii lo deponevano dalla croce. Il cuore ha da fare qui tutta la sua parte. Il Sacerdote, abbiam detto, tiene il corpo di Gesù sollev«««ato sopra del santo calice. Deh! lasciamo correre ancora uno sguardo con quei santi e con Maria SS. sopra Gesù, misticamente qui dinanzi, come sulla croce, spirato. Ecco quel Corpo, che pendeva giù da quei chiodi con orribili squarci! eccolo col Capo sul petto tutto pieno di Sangue, che dalle spine stilla giù ancora grommato. Ve’ quegli occhi lividi e spenti e quella bocca ancora semiaperta, per dirci l’ultima sua parola al cuore. No: Egli è spento! Non dice più parola; ma parlano per noi tutte le sue Piaghe; parla Maria nel suo mar di dolori, che allarga le braccia e le mani per ricoverarselo in seno almeno morto, il suo Gesù!… « O santissima Madre, aspettate; ché per voi faranno i buoni, che vi piangon d’intorno! » Ma chi viene innanzi? Chi?… Un soldato che fieramente lo guarda, e trovatolo estinto, ah! gli dà della lancia nel petto: in quel gran colpo gli squarcia il Cuore. Ah! mette un grido Maria; ché « propriamente, dice s. Bernardo (Sermo de 12 stelle), Maria si ebbe nel cuore quel colpo, non Gesù, che non aveva più l’anima là, mentre la Madre non si poteva da quel Cuore divellere. » Così la ferita del Costato di Gesù, si può dire ferita al cuor di Maria! E Maria a quel colpo lascia cadere giù le braccia: e sotto le braccia, ah! buon Gesù! si trova d’avere con Giovanni noi, divenuti a piè della croce a Lei figliuoli. Oh! sì, che nel vederci ancora qui intorno all’altare rossi del Sangue di Gesù (Io. Chrys. De Sacer 2) deve ben esclamare: « miei figliuoli, che mi costate sì caro, per salvarvi vi voglio riporre in questa mia ferita del Costato divino.» Intanto sgorga giù a terra, misto coll’acqua, l’ultimo Sangue, il Sangue, diremo, più vitale di Gesù, Cristo. Ed ecco come in questo punto si figurano la Chiesa e le sue varie parti, che è il secondo mistero, che abbiam detto significarsi qui nella Messa.

II. Come ad Adamo addormentato fu tratta una costa di petto, e ne fu da Dio creata la madre degli uomini, condannati poi alla morte pel peccato; così dal Costato di Gesù Cristo dormiente in quel sonno di morte, esce purificata e rigenerata nel Sangue divino la Madre dei viventi, la sposa di Dio, la Chiesa (S. August. lib. 2, de Genes. contra Man. v. 24). Ammirando mistero! Nel calice fu infusa l’acqua per esprimere il popolo cristiano. Perché poi quello che era vino, e si mischiava col l’acqua nel calice, ora è vivo Sangue di Gesù Cristo; ed in Gesù la natura umana si tocca, si unisce, si bacia, si accoppia colla Divinità: perciò la natura nostra collegandosi colla Divinità, si rinnovella a vita eterna, ed in Lui si rigenera l’umanità. Piglia adunque in Gesù Cristo capo e cominciamento una nuova generazione: rirnpastandosi nell’acqua del Battesimo, per dirla con Tertulliano, di Spirito Santo la natura umana, ed immollandosi l’umanità nel balsamo vivificatore e ristoratore della Divinità nel divin Riparatore. Ggsù poi trasfonde questo principio divinizzato in noi, come la vite mette il sugo vegetale nel tralcio, che le sta unito (Jo XV., 5). Ad esprimere poi questa generazione rinnovellata, che è la Chiesa, sgorgò fuori del petto squarciato di Gesù Acqua mista col vivo Sangue (Bened. in infas. e Missal.), per fare intendere come nella Chiesa vi sia e il popolo cristiano significato nell’acqua, e con esso vi sia incorporato Gesù, che col Sangue suo comunica a questa madre la potenza di generare figliuoli a Dio in modo purissimo ed ineffabile (S. August. De siinb. et serin. 12 de temp.) per mezzo dei Sacramenti. Si, da questo Sacratissimo Cuore di Gesù Redentore esce quel Sangue divino, che lava nel Battesimo le anime dei rigenerati: che li consacra col Crisma dei forti: che con noi s’imrnedesima nell’Eucarestia: che ci monda e santifica nella Penitenza: che infonde la virtù ad operare prodigi ineffabili nei sacri ministri: che consacra i nostri matrimoni (Uomini animali, che non comprendono le cose di Dio, si preparano con opere indegne e laide ad esse:e consecrati col Sangue di Gesù nel Matrimonio, che s. Paolo chiama il Gran Sacram., che rende così sacra la società coniugale; anzi la civiltà corrotta cerca di sconsacrare, e disvolgere il primo elemento del civile consorzio riducendo ad un atto civile il matrimonio. Ma vi è una fiera che rugge e si getta sulla società a vendicare il sacrilegio, la fiera del divorzio, che strugge le umane famiglie. Tolto via il ritegno del Sacramento, nessuna legge umana può impedire, senza esser tiranna, che coloro che hanno fatto il contratto, non sciolgano il contratto a volontà): che finalmente dà l’ultima mano a ristorare alla vita eterna le nostre persone; quasi nei sette sacramenti, secondo la viva espressione di Tertulliano, rimpastandgsi di Spirito Santo l’umana natura. Sangue propiziatore, di cui sono bagnate le porte, per cui entrano nella Chiesa e nel paradiso coloro che si salvano! Cuore amabilissimo, che fu dato da Gesù a consumare l’opera della redenzione, secondo l’espressione dello Spirito Santo (Eccl. 38, 31): perciò, consumato il divin Sacrificio, si lasciò squarciare il cuore. S. Giovanni Grisostomo e con lui s. Agostino osservano come ne sgorgasse il Sangue misto all’acqua dal cuore, affinché n’uscisse il Sangue a ricrearci, ed immedesimarci con Lui a vita eterna. – Convengono di fatto gl’interpreti, che nella divisione della SS. Ostia in tre parti si rappresentano assai bene le tre porzioni della Chiesa, unite nel gran Capo Divino (S. Thom. 3 p., q. 85, a. 5, et Innoc. III, lib. 5 Myster. Mis:. cap. 3). Nella prima porzione rimessa sull’altare è Gesù Cristo, una delle specie divise, che colla virtù del suo Sangue, dal sacrificio versa e fa discendere continuamente sull’anime del purgatorio il refrigerio, la luce, e la pace (Innoc. III, lib. 4, Myster 3fiss., c. 3.). Nella porzione dell’Ostia SS., che coll’altra mano il Sacerdote depone ed unisce alla prima, è Gesù che dal seno del Padre s’accompagna alla Chiesa militante, che siamo noi; la guida e la sorregge nella battaglia; e pel Sacrificio che fa con essa, la prepara a salire coll’altra porzione al trionfo nella patria celeste. Per essa intanto Egli s’abbassa a regnar sulla terra: perché la Chiesa, che qual Eva novella gli esce dal petto, per la virtù del Sangue di Gesù genera figliuoli, adoratori fedeli, che formano il suo regno in terra, e che gli faran corona in paradiso. Nella porzione, che tien sollevata sopra il calice, è Gesù, che beatifica la Chiesa in Gloria (S. Thom. 3 p. q. 83, a. 5.). Sopra quel calice l’adorano i celesti e si letificano del profumo divino che manda in cielo il Sacrificio del Verbo, Splendor della gloria, che regnando col Padre e collo Spirito Santo, gli alimenta di sua beatitudine in paradiso per tutti i secoli dei secoli. Aggiungeremo a pascolo di pietà un’altra esposizione di s. Bonaventura (Opusc. Pers. 3. expos. Miss., c. 4.), il quale dice, che la particola deposta sull’altare significa che la Carne di Cristo nella passione fu deposta e subì l’azione della morte, e le due parti fuori del calice esprimono l’Anima che restò immortale, e la Divinità pure immortale ed impassibile. – Ora ci resta a dire ‘del terzo mistero espresso in quest’orazione, cioè della risurrezione e della vita eterna.

III. Ecco glorificato il paradiso, consolati i defunti, santificati i fedeli; il Sacerdote tenendo sospeso sopra il calice il santissimo Corpo, fa con questo sopra il calice stesso tre croci, dicendo: « La pace del Signore sia sempre con voi. » Il popolo risponde: « e collo spirito tuo. » Poi depone entro il calice la sacra particola che tiene in mano. Ma deh! ora che vediamo ancora? L’Ostia SS., che è il Corpo di Gesù, discende per man del Sacerdote nel santo calice, e si frammischia nelle specie col SS. Sangue? Contempliamone il mistero consolantissimo! Qui sull’altare, per rappresentare la mistica morte di Gesù Cristo sta deposto il Corpo sotto le forme delle specie diverse, diviso dal Sangue, per mettere misticamente sotto gli occhi, come era difatti nella morte reale là sulla croce il Sangue tutto versato da quel Corpo pendente, lacero e dissanguato. Ma come Gesù poi nel risorgere riassunse il Sangue nel suo Corpo, che riprese vita: cosi ora qui, secondo Innocenzo III e Benedetto XIV (Inn. III, Myst. Miss. liv. 5, c. 3), nell’atto dell’unire, che si fa dal Sacerdote, il Corpo col Sangue divino nel calice, si esprime appunto la riunione del Sangue col SS. Corpo nel momento della risurrezione. Riassuntosi nel Corpo di Gesù il SS. Sangue, si diffuse nelle vene, e l’anima benedetta allora rianimandolo, fece con quello battere quel Cuore del battito della vita immortale, a cui risorgeva, nella beatitudine della divinità da Lui inseparata. – Tergiamo noi dunque il pianto, e diamo luogo a tutta la consolazione. Nel farsi le tre croci e nell’invocare la pace sopra del calice, si esprime la SS. Trinità, che restituisce l’Anima al Corpo di Gesù, affinché non veda la corruzione (S. Thom. 3 p., q. 43, a. 5. Inn. III, lib. Myst. Miss.). E l’istante in cui l’anima di Gesù discende nel sepolcro, si unisce al Corpo (Sergius Papa apud D. Bon. ia expo. Miss. Inn. III, lib. 6 cap. I.), ne spezza i vincoli di morte; rifiorisce l’aspetto suo di celeste bellezza: l’occhio brilla di una luce divina: palpita il cuore del palpito immortale della beatitudine: si trasfigura carne e diventa impassibile, in istato come di lui agile e spirituale : così risorge a vita il Trionfatore della morte. Balza via la pietra rovesciata dall’Angelo, e lascia vedere dentro il vuoto sepolcro e le sacre bende a terra, segnali di morte trionfata. – Angeli sfolgoranti di splendor brillantissimo annunziano il trionfo di Gesù che è risorto. Ministri di morte, da quella tomba fuggite: fugge anche la morte, e guarda attonita fallito il colpo, e rotta la lancia nella tremenda mano. Ecco i morti escono vivi dai loro sepolcri, van pubblicando colla testimonianza della lor miracolosa risurrezione, che orrende prigioni della morte furono spezzate da una forza da cui essa fu vinta. Approssimiamoci colla più viva ed ardente carità a questo sacro Corpo (Io. Chrys. hom. 24, I ad Cor.). Ma ritorniamo al sacerdote per osservare, con sull’istante di deporre la SS. Ostia nel calice, col Corpo di Gesù tre croci sopra del calice e dice: « la pace † del Signore sia † sempre con noi †. » Con queste tre croci sopra la bocca del calice pare che si vogliano figurare le tre donne, che cercavano di Gesù sull’entrata del santo Sepolcro, di cui la bocca del calice esprimerebbe l’entrata (Inn. III, lib. 6, Myst. Miss. cap. 2.). Significano anche che tutto è crocesignato nella Chiesa, che dalla croce derivano le sue vittorie. Coll’invocare la pace significa, che non solamente pel merito del divin Sacrificio verremo assorti in Dio, e troveremo pel Redentore la pace in unione col Padre, col Figlio, collo Spirito Santo; ma ancora che per Gesù, in seno alla sua Chiesa, per mezzo de’ suoi precetti, consigli e Sacramenti, l’anima con coscienza senza rimorsi, già crocifissa nelle passioni, tranquilla tra le braccia di Dio, gode coi fratelli quella anticipata concordia, che si ha da godere eterna in paradiso (S. Hier. ep. ad Rum.), perché le guerre vengono dalle passioni traboccanti. La pace vera poi si gode dall’anima, quando essa vuole solo quel che vuole Iddio, e come lo vuole Iddio. Il popolo dovrebbe rispondere al Sacerdote con lagrime d’infinita gratitudine: « sia pure così, Amen! » Il Sacerdote poi nell’infondere nel calice santo il Corpo dice:

L’orazione: Hæc commixtio.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (14) “da NICCOLÓ I a LEONE IX”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (14)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Niccolò I a Leone IX)

NICCOLÓ I: 24 aprile 858-13 novembre 867

Concilio di Roma, 862.

L’eresia dei Teopaschiti

635. Cap. 1 (7). Si deve certamente credere e professare veramente, sotto ogni aspetto, che il Signore nostro Gesù Cristo, Dio e Figlio di Dio, abbia sopportato la Passione della croce solo secondo la carne, ma che nella sua divinità sia rimasto impassibile, come insegnano l’Autorità Apostolica e la splendida dottrina dei santissimi Padri.

636. Cap. 2. (8) Quanto a coloro che affermano che il nostro Redentore e Signore Gesù Cristo e Figlio di Dio abbia sopportato la passione della croce secondo la divinità, cosa empia ed esecrabile per le menti cattoliche, siano anatema.

L’effetto del Battesimo

637. Cap. 9 (4) Tutti coloro che affermano che coloro che sono rinati dalla sorgente del santissimo Battesimo credendo al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, non siano ugualmente lavati dal peccato originale, siano anatema.

Lettera “Proposueramus quidem” all’imperatore Michele, 28 settembre 865

638. Il giudice non sarà giudicato dall’Imperatore, né da tutto il clero, né dai re, né dal popolo… La Prima Sede non sarà giudicata da nessuno…”.

639. Dove avete letto che gli Imperatori, vostri predecessori, avrebbero partecipato alle assemblee sinodali, ad eccezione forse di quelle in cui si discuteva della fede, che è universale, che è comune a tutti, e che riguarda non solo il clero ma anche i laici e tutti i Cristiani? Quanto più un reclamo è rivolto al giudizio di un’autorità superiore, tanto più si deve ricorrere ad un’istanza superiore, finché, passo dopo passo, si giunga a quella Sede il cui giudizio o è modificato in meglio da essa stessa, se l’importanza della questione lo richieda, o è riservato, senza dubbio, al solo giudizio di Dio.

640. Inoltre, se non Ci ascoltate, ne consegue necessariamente che sarete per Noi come Nostro Signore prescrive di considerare coloro che disdegnano di ascoltare la Chiesa di Dio; soprattutto perché i privilegi della Chiesa romana, confermati dalla bocca di Cristo nel beato Pietro, stabiliti nella Chiesa stessa, riconosciuti fin dai tempi antichi, celebrati da santi Sinodi universali e costantemente venerati da tutta la Chiesa, non possono in alcun modo essere diminuiti, limitati e modificati, perché il fondamento che Dio ha posto non può essere cancellato da nessuna impresa umana, e ciò che Dio ha stabilito rimane fermo e solido. .. Quei privilegi, dunque, conferiti a questa santa Chiesa da Cristo, che non siano stati conferiti dai Sinodi, ma solo celebrati e venerati da essi… ci obbligano e ci spingono ad “avere sollecitudine per tutte le chiese” di Dio (2Co XI: 28) .

641. Poiché, secondo i Canoni, il giudizio delle autorità inferiori deve essere deferito all’autorità superiore per essere annullato o confermato, è evidente che il giudizio della Sede Apostolica, per il quale non esiste un’autorità superiore, non debba essere rivisto da nessuno (232), e che a nessuno è permesso di giudicare il suo giudizio. Infatti, i Canoni hanno voluto che si facesse appello ad essa da tutte le parti del mondo; ma a nessuno è permesso di appellarsi al suo giudizio… Se, dunque, si ammette che ciò che riguarda il giudizio del Vescovo di Roma non debba più essere esaminato – perché questa è anche la consuetudine – non neghiamo che il giudizio di questa Sede possa essere modificato in meglio quando qualcosa le sia sfuggito, o da se stessa. Anche l’eccellente Apostolo Paolo, come leggiamo, ha fatto alcune cose in modo eccezionale, che sappiamo che poi le abbia riprovate; ma solo nei casi in cui la Chiesa di Roma, dopo un attento esame, abbia ordinato di farlo, e non quando essa stessa ha rifiutato di permettere che ciò che è stato ben definito fosse esaminato di nuovo…

642. Per quanto riguarda voi, vi chiediamo di non danneggiare la Chiesa di Dio, perché essa non danneggia il vostro Impero, poiché al contrario implora l’eterna Divinità per la sua stabilità e prega con incessante devozione per la vostra conservazione e salvezza. Non arrogatevi ciò che le appartiene, non cercate di sottrarle ciò che è stato affidato ad essa sola: sapete infatti che, come non è opportuno che un chierico, un uomo al servizio di Dio, si immischi negli affari del mondo, così un uomo incaricato degli affari di questo mondo deve rimanere lontano dalle cose sacre. Infine, non sappiamo come coloro che sono autorizzati a presiedere solo alle cose umane e non a quelle divine, osino giudicare coloro che si occupano di cose divine. Questo esisteva prima della venuta di Cristo, quando alcuni erano in modo esemplare sia re che sacerdoti; la storia sacra registra che San Melchisedek lo fosse (Gn XIV,18) e questo il diavolo lo imitava nei suoi membri, colui che cerca sempre di rivendicare per sé, in modo tirannico, ciò che equivale al culto divino, tanto che gli Imperatori pagani erano chiamati allo stesso tempo “Pontefici”. Ma non appena siamo giunti a Colui che è allo stesso tempo vero Re e Pontefice, l’Imperatore non si è più arrogato i diritti del pontificato, né il Pontefice il nome imperiale. Infatti, lo stesso “mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù” (1 Tm II, 5) ha separato le funzioni dei due poteri secondo le loro attività e le loro distinte dignità – volendo che fossero innalzati dalla loro stessa umiltà e non abbattuti dall’orgoglio umano – in modo che gli Imperatori abbiano bisogno dei Pontefici per la vita eterna e i Pontefici si servano delle leggi dellIimperatore per il corso degli affari puramente temporali: affinché l’attività spirituale sia lontana dalle incursioni carnali, e quindi chi è al servizio di Dio non si immischi in alcun modo negli affari secolari (2Tm III, 4) e che, d’altra parte, chi si immischia negli affari secolari non sia visto presiedere agli affari divini; in modo che allo stesso tempo si provveda alla modestia di entrambi gli ordini, in modo che non si innalzino appoggiandosi l’uno all’altro, e che la funzione sia adattata in ogni caso a ciò che sono le azioni.

Risposte “Ad consulta vestra” ai Bulgari, 13 novembre 866.

La forma essenziale del matrimonio.

643. Cap. 3… Basterà, secondo le leggi, il consenso di coloro di cui si considera l’unione; se questo solo consenso dovesse mancare al momento del matrimonio, tutto il resto, anche se si realizza con la stessa unione carnale, sarà vano, come attesta il grande dottore Giovanni Crisostomo, che dice: “Ciò che fa il matrimonio non è l’unione carnale, ma il consenso”.

Forma e ministro del battesimo.

644. Cap. 15. Voi chiedete se gli uomini che hanno ricevuto il Battesimo da questo (pseudo-sacerdote) siano Cristiani o se debbano essere battezzati di nuovo. Ma se sono stati battezzati nel nome dell’altissima ed indivisibile Trinità, sono veramente Cristiani, e chiunque fosse il Cristiano da cui sono stati battezzati, non è opportuno che siano battezzati di nuovo; perché… “Il Battesimo… anche se conferito da un adultero o da un ladro, giunge come un dono intatto a colui che lo riceve” (356). Ed è per questo che il malvagio, quando fa del bene, non fa più male agli altri ma a se stesso; ed è per questo che è certo che coloro che questo greco battezzava, nessuna parte del danno li raggiungeva, per questo: “È lui che battezza” (Gv 1,33), cioè Cristo, e ancora: “È Dio che dà la crescita” (1Cor III,7(, sottinteso: e non l’uomo.

645. Cap. 71. Nessuno, per quanto impuro possa essere, può rendere impuri i Sacramenti divini, che sono il rimedio che purifica da ogni contaminazione. Allo stesso modo, un raggio di sole che passa attraverso i pozzi neri e le latrine non può ricevere alcuna contaminazione da essi; inoltre, per quanto possa essere il Sacerdote, non può inquinare ciò che è santo; perciò, fino a quando non sarà respinto da un giudizio dei Vescovi, si deve ricevere la Comunione da lui, perché quando i malvagi fanno del bene, fanno del male solo a se stessi, e una fiaccola accesa causa perdita a se stessa, ma agli altri dà luce nelle tenebre. .. Ricevete dunque senza timore il mistero di Cristo da ogni Sacerdote, perché tutto è purificato nella fede.

646. Cap. 104. Voi dite che nel vostro Paese molti siano stati battezzati da un ebreo – non sapete se sia un Cristiano o un gentile – e chiedete quale condotta tenere nei loro confronti. Se sono stati veramente battezzati nel nome della Santa Trinità o solo nel nome di Cristo, come si legge negli Atti degli Apostoli (II, 38 – XIX, 5  – perché è la stessa cosa, come afferma Ambrogio), è stabilito che non debbano essere battezzati di nuovo. Ma prima bisogna accertare se questo ebreo fosse Cristiano o gentile, o se è diventato Cristiano in seguito, anche se crediamo che non si debba trascurare quanto dice il beato Agostino sul Battesimo: “Abbiamo già sufficientemente dimostrato”, dice, “che il Battesimo consacrato dalle parole del Vangelo non sia messo in gioco dall’errore del ministro che ha un’opinione del Padre, del Figlio o dello Spirito Santo diversa da quella che insegna la dottrina celeste”; ed ancora: “In questo numero ci sono anche alcuni che conducono una vita scandalosa o addirittura si dilettano nell’eresia o nelle superstizioni dei gentili; eppure anche lì “il Signore conosce i suoi”” (2Tim II, 19). Perché in questa ineffabile prescienza di Dio, molti di coloro che appaiono all’esterno sono all’interno. E in un altro passo: “Anche le menti lente capiscono, come penso, che nessuna perversione umana, sia del ministro che del soggetto, possa fare violenza al Battesimo di Cristo”; e ancora: “Uno che è separato può passare, così come uno che è separato può possedere, ma passare in modo pernicioso; quanto a colui al quale trasmette, egli può ricevere per la sua salvezza, se non riceve lui stesso essendo separato.

Nessun uso della forza nell’accettazione della fede.

647. Cap.41 Riguardo a coloro che rifiutano di ricevere il bene del Cristianesimo, non possiamo scrivervi altro, se non che dovete persuaderli alla vera fede con monizioni, esortazioni ed istruzioni, piuttosto che convincerli con la forza che il loro pensiero è vanità. Inoltre, non bisogna in alcun modo far loro violenza per farli credere. Infatti, tutto ciò che non proviene da un desiderio non può essere buono (Sal LIII, 8; Sal CXVIII,108;  Sal XXVII,7); infatti, Dio esige una sottomissione volontaria, che si manifestaisolo con atti volontari, perché se avesse voluto usare la forza, nessuno avrebbe potuto resistere alla sua onnipotenza.

La confessione di un crimine non deve essere estorta con la tortura.

648. Cap. 86. Voi dite che nel vostro Paese, quando un ladro o un rapinatore è stato catturato e ha negato l’accusa contro di lui, il giudice gli colpisca la testa con delle verghe e gli punga i fianchi con punte di ferro finché non dica la verità; questo non è assolutamente ammesso né dalla legge divina né da quella umana, perché la confessione non deve essere involontaria ma spontanea, e non deve essere provocata dalla violenza ma pronunciata volontariamente. Se alla fine accade che, dopo aver inflitto questi tormenti, non si scopre assolutamente nulla di ciò che viene imputato a colui che li ha subiti, non arrossite almeno allora e riconoscete in che modo empio giudicate? E allo stesso modo, se un accusato che ha sofferto questo e non può sopportarlo, dice di aver commesso ciò che non ha commesso: a chi, chiedo, si rivolge tutta la portata di tale empietà, se non a colui che lo ha costretto a confessare questo in modo falso? Eppure sappiamo che non confessa, ma parla, colui che dice con la bocca ciò che non ha nel cuore! D’altra parte, quando un uomo libero è stato fermato per un crimine e – a meno che non sia già stato giudicato colpevole di un crimine in precedenza, o che, confessato da tre testimoni, subisca la pena, o che non possa essere confessato – giura sul santo Vangelo che gli è stato presentato di non averlo commesso, sarà assolto, e allora la questione sarà conclusa, come testimonia l’Apostolo delle genti più volte citato quando dice: “per confermare la fine di ogni controversia tra loro, c’è il giuramento”.

ADRIANO II: 14 dicembre 867-14 Dicembre 872

4° Concilio di Costantinopoli IV (VIII ecumenico) 5 ottobre 869-28 febbraio 870

X sessione, 28 febbraio 870: canoni.

La tradizione come regola per la fede.

650. (traduzione del bibliotecario Anastasio)

Can. 1. Volendo camminare con sicurezza nella via diritta e regale della giustizia divina, dobbiamo tenere come torce sempre accese, che illuminino i nostri passi nella sequela di Dio, le disposizioni e i pensieri dei santi Padri. (Versione greca abbreviata: “VGA” – 1. Desiderosi di camminare senza ostacoli nella via diritta e regale della giustizia divina, dobbiamo tenere come torce sempre accese le ordinanze ed il pensiero dei santi Padri).

651. Perciò, come il grande e sapientissimo Dionigi, le guardiamo e le consideriamo come una seconda Parola divina; e allo stesso modo, a proposito di esse, cantiamo con la massima ansia, con il divino Davide: “Il luminoso comandamento di Dio, luce per gli occhi”. Sal XVIII, 9 Sal CXVIII, 105 Prov VI, 23 Is XXVI, 9 . È infatti alla luce che si paragonano giustamente le raccomandazioni e i divieti dei Canoni divini; è per mezzo di essi che distinguiamo il meglio dal peggio, e discerniamo ciò che è utile e redditizio da ciò che non è utile ma dannoso.

652. Pertanto, le regole che sono state trasmesse alla santa Chiesa cattolica e apostolica sia dai santi ed illustrissimi Apostoli che dai Concili ecumenici e locali degli ortodossi, o anche da uno qualsiasi dei Padri che sono portavoce di Dio e dottori della Chiesa, dichiariamo di osservarle e custodirle. Regolando su di esse la nostra morale e la nostra vita, decretiamo che tutti i Sacerdoti, così come coloro che sono annoverati sotto il nome di Cristiani, siano canonicamente soggetti alle punizioni e alle condanne e, d’altra parte, alle reintegrazioni ed alle giustificazioni che sono state definite da queste regole; infatti, per conservare le tradizioni che abbiamo ricevuto oralmente o per iscritto dai Santi che un tempo hanno brillato, il grande Apostolo ci esorta apertamente. ( VGA – Pertanto, le regole che sono state trasmesse alla santa Chiesa cattolica e apostolica sia dai santi e illustrissimi Apostoli che dai Concili ecumenici ortodossi o locali, o anche da un Padre portavoce di Dio e dottore della Chiesa, dichiariamo di osservarle e custodirle. Infatti, il grande Apostolo Paolo ci esorta apertamente a conservare le tradizioni che abbiamo ricevuto oralmente o per iscritto dai santi che un tempo hanno brillato (2Ts II,15).

La venerazione delle immagini sacre.

653. Can. 3. Decretiamo che la sacra immagine di nostro Signore Gesù Cristo, liberatore e salvatore di tutti gli uomini, sia venerata con gli stessi onori del libro dei Santi Vangeli (VGA – 3. Decretiamo che l’immagine di nostro Signore Gesù Cristo sia venerata con gli stessi onori del libro dei Santi Vangeli).

654. Infatti, come tutti raggiungiamo la salvezza attraverso le parole che sono composte dalle sillabe contenute nel libro, così tutti, sia i dotti che i non dotti, beneficiano di ciò che è davanti ai loro occhi attraverso l’azione che queste immagini esercitano con i loro colori. Infatti, ciò che è detto nelle sillabe, l’espressione che impiega i colori lo proclama e lo esalta; ed è giusto, secondo la ragione e la tradizione più antica, per l’onore – perché si riferisce ai modelli stessi – che indirettamente le immagini siano onorate, e venerate come il libro sacro dei santi Vangeli e la figura della preziosa croce. (VGA – Infatti, come tutti ottengono la salvezza attraverso le parole contenute nel libro, così tutti, sia i dotti che gli ignoranti, beneficiano di ciò che è davanti ai loro occhi attraverso l’azione di queste immagini con i loro colori. Infatti, ciò che è detto nelle sillabe, anche la scrittura colorata lo proclama e lo rappresenta con i colori).

655. Se dunque qualcuno non venera l’immagine di Cristo Salvatore e non ne vede la forma, quando egli verrà nella gloria del Padre suo per essere glorificato e per glorificare i suoi santi (2Ts I,10), sia tenuto lontano dalla sua comunione e dalla sua gloria. (VGA – Se dunque qualcuno non rispetta l’immagine di Cristo Salvatore, non vedrà la sua forma alla seconda venuta).

656. Lo stesso vale per chi non venera l’immagine di Maria, sua Madre immacolata e Madre di Dio. Dipingiamo anche le immagini dei santi Angeli, come le divine Scritture li rappresentano a parole; onoriamo e veneriamo anche le immagini degli Apostoli, che sono degni di tante lodi, dei Profeti, dei Martiri, dei Consacrati e di tutti i Santi. Chi non si comporta in questo modo sia anatematizzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (VGA – Allo stesso modo onoriamo e veneriamo l’immagine di sua Madre immacolata e le immagini dei santi Angeli, come la divina Scrittura le rappresenta a parole, e anche quelle di tutti i Santi; e chi non si comporta in questo modo sia anatematizzato).

L’unicità dell’anima umana.

657. Can. 11. Mentre l’Antico e il Nuovo Testamento insegnano che l’uomo abbia un’unica anima ragionevole e intellettuale, e tutti i Padri e i Dottori che sono i portavoce di Dio nella Chiesa affermano la stessa dottrina, alcuni individui, dedicando i loro sforzi a inventare mali, sono arrivati ad un tale grado di empietà da insegnare impudentemente che l’uomo abbia due anime, e da tentare… di rafforzare la loro eresia con sforzi irrazionali. (VGA- (10). Mentre l’Antico e il Nuovo Testamento insegnano che l’uomo ha una sola anima ragionevole e intellettuale, e tutti i Padri e i Dottori che sono portavoce di Dio nella Chiesa affermano la stessa dottrina, ci sono individui che insegnano che l’uomo abbia due anime, e che rafforzano la loro eresia con dimostrazioni irrazionali).

658. Perciò questo santo Concilio ecumenico […] anatemizza a gran voce gli inventori ed i falsificatori di tale empietà, come pure coloro che condividono le loro opinioni; il Concilio definisce e promulga che nessuno debba assolutamente possedere o conservare in alcun modo i testi degli autori di questa empietà. Se qualcuno avrà l’ardire di agire in contrasto con questo grande e santo Concilio, sia anatematizzato ed escluso dalla fede e dalla Religione cristiana (VGA – Pertanto questo santo Concilio ecumenico anatematizza con voce potente gli autori di tale empietà, così come coloro che condividono le loro opinioni. Se qualcuno in futuro avrà l’audacia di dire il contrario, sarà anatematizzato.

Libertà nella guida della Chiesa.

659. Can. 12. (non esiste più in greco) Poiché i Canoni apostolici e conciliari proibiscono formalmente le promozioni e le consacrazioni di Vescovi effettuate sotto l’influenza e la raccomandazione di arconti, dichiariamo e decidiamo anche, in conformità a questi Canoni, che se un Vescovo, con l’inganno o la tirannia dei potenti, riceve in questo modo la consacrazione della sua dignità, sarà in ogni caso deposto, come un uomo che, non secondo la volontà di Dio, ma secondo la volontà del sentimento carnale, ha voluto possedere o ha accettato la casa di Dio da uomini e attraverso uomini.

660. Can. 17. (lat.) Inoltre, abbiamo respinto a priori come un’affermazione odiosa quella fatta da persone ignoranti: un Sinodo non può essere tenuto senza la presenza di un arconte. Infatti, i sacri Canoni non hanno mai prescritto la presenza di principi secolari ai sinodi, ma solo di Vescovi. E così troviamo che gli arconti non hanno mai partecipato ai Concili, ad eccezione di quelli ecumenici: perché gli arconti secolari non devono essere testimoni di ciò che talvolta accade ai Sacerdoti di Dio. (VGA – 12 Ci è giunta voce che non si possa tenere un sinodo senza la presenza dell’arconte. Ma i sacri Canoni non prescrivono mai che gli arconti secolari siano presenti ai sinodi, ma solo i vescovi. Né troviamo che essi siano stati presenti, ad eccezione dei Concili ecumenici: perché gli arconti secolari non devono essere testimoni di ciò che accade ai Sacerdoti di Dio).

Preminenza romana tra le sedi patriarcali.

661. Can. 21 (non esiste in greco – VGA). La parola di Dio, che Cristo disse ai santi Apostoli e ai suoi discepoli: “Chi accoglie voi accoglie me” Mt X,40 “e chi disprezza voi disprezza me” Lc X,16, crediamo sia stata rivolta anche a tutti coloro che, dopo di loro e sul loro esempio, siano diventati sovrani Pontefici e capi dei pastori nella Chiesa cattolica. Ordiniamo quindi che assolutamente nessuno dei potenti di questo mondo offenda o tenti di cacciare dal suo trono qualcuno di coloro che occupano le Sedi patriarcali, ma che al contrario ognuno li giudichi degni di ogni onore e rispetto, primo fra tutti il santissimo Papa dell’antica Roma, poi il Patriarca di Costantinopoli, quindi quelli di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Inoltre, nessuno scriva o componga scritti e discorsi contro il santissimo Papa di Roma antica, con il pretesto di presunte colpe da lui commesse; cosa che ha fatto recentemente Fozio e molto prima Dioscoro.

662. Chiunque, dunque, mostri presunzione e audacia tali da rivolgere insulti alla Sede di Pietro, il primo degli apostoli, per iscritto o senza scrivere, come hanno fatto Fozio e Dioscoro, subirà una condanna simile ed identica alla loro (VGA – 13) Chiunque mostri audacia tale da rivolgere insulti alla sede di Pietro, il primo degli apostoli, per iscritto o senza scrivere, come hanno fatto Fozio e Dioscoro, subirà una condanna identica alla loro).

663. Se qualcuno con qualche potere secolare, o qualsiasi persona potente, tenterà di allontanare dalla Sede Apostolica il suddetto Papa o uno qualsiasi degli altri Patriarchi, sia anatema.

664. Inoltre, se viene convocato un Concilio ecumenico e sorge qualche disputa sulla santa Chiesa dei Romani, o qualche controversia, è necessario indagare con rispetto e con la dovuta riverenza sul punto della contesa, e poi adottare una soluzione di cui uno si avvantaggia o di cui altri si avvantaggiano, ma mai avere l’audacia di pronunciare una sentenza contro i Sovrani Pontefici dell’antica Roma. (VGA – Ma se viene convocato un Concilio ecumenico e sorge una controversia sulla Chiesa dei Romani, si può, con prudenza e con la dovuta riverenza, indagare sul punto controverso e trovare aiuto o assistenza, ma non si abbia mai l’ardire di pronunciare un’accusa contro i Vescovi dell’antica Roma).

GIOVANNI VIII: 14 dicembre 872-16 dicembre 882

Lettera “Unum est” ai principi di Sardegna, intorno al settembre 873.

La schiavitù degli esseri umani deve essere abolita.

668. C’è una cosa per la quale dobbiamo paternamente ammonirvi; se non la correggerete, incorrerete in un grande peccato, e con esso non aumenterete i guadagni, come sperate, ma piuttosto i danni. Come abbiamo appreso, su istigazione dei Greci, molti di coloro che sono stati fatti prigionieri dai pagani vengono venduti nelle vostre regioni e, dopo essere stati comprati dai vostri connazionali, sono tenuti sotto il giogo della schiavitù; mentre è dimostrato che è pio e santo, come si addice ai Cristiani, che i vostri connazionali, dopo averli comprati dai Greci, li rimandino liberi per amore di Cristo e che ricevano la loro ricompensa non dagli uomini, ma dallo stesso nostro Signore Gesù Cristo. Perciò vi esortiamo e vi ordiniamo con amore paterno, se avete comprato dei prigionieri da loro, di lasciarli liberi per la salvezza delle vostre anime.

MARINO I: 16 dicembre 882-15 maggio 884

ADRIANO III: 17 maggio 884-settembre 885

STEFANO V (VI): settembre 885-14 settembre 891

Lettera “Consuluisti de infantibus“, all’arcivescovo Ludberto di Magonza

Magonza, tra l’887-888.

Condanna delle ordalie.

670. Ci hai consultato a proposito dei bambini che, dormendo nello stesso letto con i genitori, vengono trovati morti, per sapere se i genitori debbano purificarsi con il ferro rovente o con l’acqua bollente, o con qualche altra prova per dimostrare che non li abbino soffocati. I genitori, infatti, devono essere avvertiti ed ammoniti di non mettere questi bambini così teneri nel loro stesso letto, per evitare che, in caso di negligenza, vengano soffocati o schiacciati, e che quindi vengano riconosciuti colpevoli di omicidio. Infatti, sia che la confessione venga estorta con il ferro rovente o con l’acqua bollente, i santi Canoni non l’approvano; e ciò che non è stato stabilito dai santi Padri non deve essere presunto per invenzione superstiziosa. I reati resi pubblici dalla confessione spontanea o dalla deposizione di testimoni sono stati affidati al nostro governo per il giudizio, da quando il timore di Dio ci ha preceduto; ma ciò che è nascosto e sconosciuto deve essere lasciato al giudizio di Colui “che solo conosce il cuore dei figli degli uomini”. (3 Re VIII,39). Ma coloro che si dimostrano colpevoli di un tale crimine o che lo confessano, la vostra carità deve punirli; infatti, se chi ha distrutto con l’aborto ciò che è stato concepito nel grembo materno sia un assassino, quanto più non può scusarsi di essere un assassino chi abbia ucciso un bambino di almeno un giorno.

FORMOSO: 6 ottobre 891-4 Aprile 896

BONIFACIO VI: aprile 896

STEFANO VI (VII): maggio 896-agosto 897

ROMANO: agosto-novembre 897

TEODORO II: dicembre 897

GIOVANNI IX: gennaio 898-gennaio 900

BENEDETTO IV: gennaio (febbraio ?) 900-luglio 903

LEONE V: luglio – settembre 903

SERGIO III : 29 gennaio 904-14 Aprile 911

ANASTASO III: aprile 911-giugno 913

LANDO : luglio 913-febbraio 914

GIOVANNI X: marzo 914-maggio 928

LEONE VI: maggio-dicembre 928

STEFANO VII (VIII): dicembre 928-febbraio 931

GIOVANNI XI: febbraio/marzo 931-dicembre 935

LEONE VII: 3 gennaio 936-13 luglio 939

STEFANO VIII (IX): 14 luglio 939-ottobre 942

MARINO II: 30 ottobre 942-maggio 946

AGAPETO II: 10 maggio 946-dicembre 955

GIOVANNI XII: 16 dicembre 955-14 maggio 964

(A causa della deposizione di Giovanni XII (4/12/963) e di Benedetto V (23/6/964) l’elenco dei papi è diviso. Poiché vi è controversia su quale sia il Papa legittimo, in ciascun caso, sono indicati entrambi)

LEONE VIII: 6 (4 ?) dicembre 963-1 marzo 965

BENEDETTO V: 22 maggio 964 – 4 luglio 966

GIOVANNI XIII: 1° ottobre 965-6 settembre 972

BENEDETTO VI: 19 gennaio 973-giugno 974

BENEDETTO VII: ottobre 974-10 luglio 983

GIOVANNI XIV: dicembre 983-20 agosto 984

GIOVANNI XV: agosto 985-marzo 996

Enciclica “Cum conventus esset” ai Vescovi e agli Abati di Francia e Germania, 3 febbraio 993.

La venerazione dei santi

675. (2).. Di comune accordo abbiamo stabilito che la sua memoria – quella del santo Vescovo Ulrico – sia venerata con pio affetto e fedele devozione: infatti, quando veneriamo e veneriamo le reliquie dei martiri e dei confessori, è Colui di cui sono martiri e confessori che veneriamo; onoriamo i servi, affinché l’onore trabocchi sul Signore, che ha detto: Onoriamo i servi perché l’onore trabocchi verso il Signore che ha detto: “Chi accoglie voi accoglie me” (Mt X, 40), e perché noi, che non confidiamo nella nostra giustizia, possiamo sempre avere l’aiuto di Dio misericordiosissimo attraverso le loro preghiere e i loro meriti. Poiché i salutarissimi precetti divini e gli insegnamenti dei Santi canonici e dei venerabili Padri – con la pia considerazione dell’opinione di tutte le Chiese, ma anche con l’appoggio del Governo Apostolico – hanno sollecitato il raggiungimento di una soluzione utile e sicura, affinché la memoria del suddetto venerabile vescovo Ulrico sia dedicata al culto divino e sia sempre proficua nella più devota esecuzione della lode di Dio.

GREGORIO V: 3 maggio 996 – 18 febbraio 999 Febbraio 999

SILVESTRO II : 2 aprile 999 – 12 maggio 1003

GIOVANNI XVII : giugno – dicembre 1003

GIOVANNI XVIII: gennaio l004 – luglio 1009

SERGIO IV: 31 luglio 1009 – 12 maggio 1012

BENEDETTO VIII: 18 maggio 1012 – 9 aprile 1024

GIOVANNI XIX aprile – maggio 1024 – 1032

BENEDETTO IX: 1032 – 1044 (deposto per la prima volta nel 1044 dopo aver riconquistato il suo seggio per due volte, nel 1045 e nel 1047 fu deposto di nuovo)

SILVESTRO III: 20 gennaio – 10 febbraio 1045

BENEDETTO IX: 10 aprile – 1° maggio 1045

GREGORIO VI: 5 maggio 1045 – 20 dicembre 1046

CLEMENTE II: 25 dicembre 1046 – 9 ottobre 1047

BENEDETTO IX: 8 novembre 1047 – 17 luglio 1048

DAMASO II: 17 luglio – 9 agosto 1048

LEONE IX: 12 febbraio 1049 – 19 aprile 1054

Lettera “Congratulamur vehementer” a Pietro Patriarca di Antiochia, 13 aprile 1053

Professione di fede.

680. Credo fermamente… che la Santa Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sia un solo Dio onnipotente, e che tutta la divinità nella Trinità sia coessenziale e consustanziale, della stessa eternità e onnipotenza, di una sola volontà, potenza e maestà: Creatore di tutte le creature, dal quale, per mezzo del quale, nel quale sono tutte le cose (Rm XI, 36), quelle in cielo e quelle in terra, le cose visibili e invisibili. Credo anche che tutte le Persone che compongono la Santa Trinità siano un unico Dio vero, pieno e perfetto.

681. Credo anche che il Figlio di Dio Padre, il Verbo di Dio, che è nato dal Padre da tutta l’eternità prima di tutti i tempi, consustanziale al Padre in tutte le cose, ugualmente onnipotente e co-uguale nella divinità, sia nato nel tempo dallo Spirito Santo, da Maria sempre Vergine, con un’anima razionale; abbia due nature, una eterna dal Padre, l’altra temporale dalla madre; abbia due volontà e due operazioni; è vero Dio e vero uomo, proprio in ciascuna delle nature e perfetto, non avendo subìto né mescolanze né divisione; né figlio adottivo, né essere immaginario; Dio unico e solo, Figlio di Dio in due nature, ma nella singolarità di una sola Persona; impassibile e immortale nella divinità, ma ha sofferto in umanità per noi e per la nostra salvezza con una vera passione della carne ed è stato sepolto; ed è risorto dai morti il terzo giorno con una vera risurrezione della carne; il quarantesimo giorno dopo la risurrezione salì al cielo con la carne con cui era risorto e con l’anima, e siede alla destra del Padre; da lì, il decimo giorno, inviò lo Spirito Santo, e da lì verrà, così come è salito, per giudicare i vivi e i morti, e ricompenserà ciascuno secondo le sue opere.

682. Credo anche nello Spirito Santo, pienamente, perfettamente e realmente Dio, che procede dal Padre e dal Figlio, uguale e co-essenziale in tutto al Padre e al Figlio, di uguale onnipotenza ed eternità in tutto, che ha parlato per mezzo dei Profeti.

683. Questa santa e indivisa Trinità, non in tre dèi, ma in tre Persone ed in una sola natura o essenza, un solo Dio onnipotente, eterno, invisibile e immutabile, io credo e confesso, professando veramente che il Padre è ingenerato, il Figlio unigenito generato, lo Spirito Santo né generato né ingenerato, ma procedente dal Padre e dal Figlio.

684. (Varie🙂 Credo che la santa Chiesa cattolica e apostolica sia l’unica vera Chiesa, nella quale è dato l’unico Battesimo e la vera remissione di tutti i peccati. Credo anche nella vera risurrezione di questa carne che ora porto, e nella vita eterna.

685. Credo anche che l’Onnipotente Dio e Signore sia l’unico autore dell’Antico e del Nuovo Testamento, della Legge, dei Profeti e degli Apostoli; che Dio abbia predestinato solo le cose buone, ma che conosceva in anticipo i buoni ed i cattivi. Credo e professo che la grazia di Dio conosce e segue l’uomo, per cui non nego il libero arbitrio alla creatura ragionevole. Credo e proclamo che l’anima non è una parte di Dio, ma è creata dal nulla e che senza il Battesimo sia soggetta al peccato originale.

686. Inoltre, anatematizzo ogni eresia che si erga contro la santa Chiesa Cattolica, e allo stesso modo chiunque creda che altre scritture, diverse da quelle ricevute dalla Chiesa cattolica, siano da considerarsi autorevoli, o le veneri. Ricevo in tutto e per tutto i quattro Concili e li venero come i quattro Vangeli; perché la Chiesa universale sta nelle quattro parti del mondo saldamente fondata su di essi, come su una pietra quadrangolare (cf. 472). Allo stesso modo ricevo e venero gli altri tre Concili… Tutto ciò che i sette Concili suddetti, santi e universali, hanno ritenuto e approvato, io lo ritengo e lo approvo, e tutti coloro che essi hanno anatemizzato, io li anatemizzo.

Lettera “Ad splendidum nitentis“, a Pietro Damiano, 1054.

La malizia del traviamento sessuale

687. … È opportuno che, come tu desideri, ci avvaliamo della nostra autorità apostolica in modo da togliere ai lettori ogni dubbio angoscioso, e in modo che sia stabilito per tutti che tutto ciò che è contenuto in questo scritto (il Liber Gomorrhianus), che si oppone al fuoco diabolico come all’acqua, è piaciuto al nostro giudizio. Affinché la licenziosità di un desiderio immorale non rimanga impunita, è necessario che venga respinta con l’adeguata severità apostolica e che si cerchi di affrontarla con rigore. Ecco, tutti coloro che si contaminano con uno qualsiasi dei quattro tipi di abominio menzionati, sono allontanati da tutti i gradi della Chiesa immacolata con la giusta censura prevista, e questo secondo il giudizio dei santi Canoni e il nostro. Ma poiché agiamo con grande umanità, vogliamo e ordiniamo, confidando nella divina misericordia, che coloro che, o con le loro mani o tra di loro, abbiano fatto germogliare il loro seme o lo abbiano sparso tra le loro cosce, e che non l’abbiano fatto per lunga abitudine o con molti, se hanno frenato la loro sensualità ed espiato i loro atti infami con una giusta penitenza, siano ammessi in quegli stessi gradi in cui non sarebbero rimasti per sempre se fossero rimasti nella loro decadenza; Agli altri deve essere tolta la speranza di riacquistare il loro grado: Coloro che, o per lungo tempo con se stessi o con altri, o con molti, anche per poco tempo, si siano contaminati con uno dei due abomini che descrivete, o che – cosa abominevole a dirsi e a sentirsi – si siano messi alle spalle degli altri. Se qualcuno osasse giudicare il nostro decreto di sanzione apostolica o inveire contro di esso, sappia che così facendo mette in pericolo il suo stesso rango.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (15) “da VITTORE II ad URBANO III”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (13) “da GREGORIO III a BENEDETTO III”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (13)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Gregorio III a Benedetto III… )

GREGORIO III: 18 marzo 731-28 (29?) – Novembre 741

Lettera “Magna nos habuit” al vescovo Bonifacio, 732 ca.

Battesimo di dubbia validità.

582. Per quanto riguarda coloro che hai detto essere stati battezzati daI pagani, se è così, ti ordiniamo di battezzarli di nuovo nel nome della Trinità. … Ma ti ordiniamo anche che siano battezzati coloro che dubitano se siano stati battezzati o meno, o che siano stati battezzati da unpresbitero che sacrifichi a Giove e mangi carne sacrificale.

583. Avete chiesto se è lecito offrire oblazioni per i morti.La santa Chiesa ritiene che ognuno possa presentare oblazioni per i suoi morti veramente Cristiani, e che i presbiteri possano ricordarli. E anche se tutti siamo soggetti al peccato, è opportunoche il Sacerdote si ricordi dei Cattolici defunti ed interceda per loro. Ma questo non sarà permesso agli empi, anche se fossero Cristiani.

ZACCARIA: 10 (3?) dicembre 741-22 (15?) Marzo 752

586. Lettera “Suscipientes sanctissimae fraternitatis” all’Arcivescovo Bonifacio di Magonza, 5 novembre 744.

Simonia

(2) Abbiamo trovato (in una lettera di Bonifacio al Papa)… che ci è stato riferito da te che noi saremmo dei corruttori dei canoni e che cercheremmo di abrogare le tradizioni dei Padri, e che così facendo – Dio non voglia! – avremmo ceduto con i nostri chierici all’eresia simoniaca, accettando ricompense, o chiedendo a coloro a cui conferiamo il pallio di concederci ricompense chiedendo loro denaro, … (A Bonifacio viene chiesto di non scrivere più cose del genere), perché riteniamo impudente e offensivo che ci venga attribuito ciò che aborriamo totalmente. Lungi da noi e dai nostri chierici vendere per denaro ciò che abbiamo ricevuto per grazia dello Spirito Santo. … Anzi, anatematizziamo tutti coloro che osino vendere per denaro un dono dello Spirito Santo.

Concilio di Roma, terza sessione, 25 ottobre 745.

587. La discesa di Cristo agli inferi.

…Clemente, che nella sua stupidità rifiuta le determinazioni dei santi Padri e tutti gli atti sinodali, e che introduce anche il giudaismo per i Cristiani quando afferma che si può prendere in moglie la vedova di un fratello defunto, e che, inoltre, proclama anche che il Signore Gesù Cristo, scendendo agli inferi ne abbia tratto i pii e gli empi, deve essere spogliato di tutti gli uffici sacerdotali e gettato nelle catene dell’anatema.

588. Lettera Virgilius e Sedonius” all’arcivescovo Bonifacio di Magonza 1 luglio 746 (745?).

L’intenzione e la forma richiesta per il Battesimo.

Ci è stato riportato che in questa provincia c’era un Sacerdote che ignorava totalmente la lingua latina e che, quando battezzava, non conoscendo la pronuncia latina, diceva, distorcendo la lingua “Baptizo te in nomine Patria et Filia et Spiritus Sancti”. E per questo motivo la vostra venerabile fraternità ha pensato di ribattezzare. Ma… se colui che battezzava, mentre battezzava, pronunciava come abbiamo appena detto, non per introdurre l’errore o l’eresia, ma solo per ignoranza della lingua romana, noi non possiamo accettare che siano ribattezzati…

589. Lettera “Sacris liminibus“, all’Arcivescovo Bonifacio di Magonza 1 maggio 748.

L’intenzione e la forma richieste per il Battesimo.

In questo (Sinodo degli Inglesi) è stata manifestamente prescritta con fermezza e dimostrata con cura che chiunque fosse purificato senza l’invocazione della Trinità non avesse il Sacramento della rigenerazione. Questo è vero, perché se qualcuno si immerge nella fonte del Battesimo senza l’invocazione della Trinità, non è perfetto, e se non è stato battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. … I Sacerdoti del suddetto sinodo vollero che fosse osservato anche che se qualcuno, nel Battesimo, ometta di nominare una sola delle Persone della Trinità, non possa essere un Battesimo, il che è certamente vero; perché chi non ha confessato una delle Persone della Trinità non può essere un perfetto Cristiano.

STEFANO II (III): 26 mars 752-26 Aprile 757

Risposte di Qierzy (Oise), 754

La forma del Battesimo.

592. (Risposta 14). Quanto a quel presbitero che battezzava in modo così rude: Io mi immergo nel nome del Padre, e mi immergo nel nome del Figlio e mi immergo nel nome dello Spirito Santo, e che anche come Sacerdote non sa se sia stato un Vescovo a benedirlo: costui, che ignora la sua ordinazione, deve assolutamente essere deposto; ma i bambini che ha battezzato, anche se in modo rude, dal momento che sono stati battezzati nel nome della Santa Trinità, rimangano in quel Battesimo.

PAOLO I: 29 maggio 757 – 28 giugno 767

STEFANO III (IV): 7 agosto 768 – 24 gennaio 772

ADRIANO I: 9 febbraio 772-25 Dicembre 795

Lettera “Institutio universalis” ai Vescovi di Spagna, tra il 785 febbraio el 791.

L’errore degli adozionisti.

595. … Dalla vostra regione ci è giunta la triste notizia che alcuni dei Vescovi che soggiornano lì, Eliphand ed Ascaricus, con altri che sono d’accordo con loro, non arrossiscono di confessare il Figlio di Dio come figlio adottivo, sebbene nessun eresiarca abbia osato pronunciare una simile bestemmia, ad eccezione di quell’empio di Nestorio, che ha confessato il Figlio di Dio essere un semplice uomo …

Predestinazione.

596. Ma non è vero quello che dicono altri nelle loro file, cioè che la predestinazione alla vita o alla morte sia in potere di Dio e non nostro. Alcuni dicono: “Perché ci sforziamo di vivere, visto che è in potere di Dio?” altri dicono: “Perché preghiamo Dio di non essere vinti dalla tentazione”, visto che è in nostro potere grazie al libero arbitrio? ” In verità non possono né giustificarlo né sentirne la ragione, dal momento che non conoscono gli scritti del Beato Fulgenzio al presbitero Eugippio contro le parole di un pelagiano: “Dio ha dunque predisposto nell’eternità della sua immutabilità opere di misericordia e di giustizia […]; ha quindi predisposto meriti per gli uomini che debbano essere giustificati; per gli stessi uomini, che devono essere glorificati, ha preparato per loro delle ricompense; ma per i malvagi non ha preparato volontà o opere malvagie, ma tormenti giusti ed eterni. Questa è la predestinazione eterna delle opere di Dio a venire, e noi la proclamiamo con tanta fiducia quanto sappiamo che ci venga sempre proposta dalla dottrina apostolica.

2° Concilio di NICEA (7° ecumenico)

24 settembre – 23 ottobre 787

7a sessione, 13 ottobre 787.

Definizione sulle immagini sacre

600. … Avanzando sulla via regale ed aggrappandoci all’insegnamento divinamente ispirato dei nostri santi Padri e alla tradizione della Chiesa cattolica, che noi riconosciamo essere quella dello Spiritoche abita in essa, decidiamo, con tutta la precisione e l’accuratezza possibile, che per quanto riguarda larappresentazione della croce preziosa e vivificante, siano collocate le venerabili e sante immagini, mosaici o opere di qualsiasi altro materiale idoneo, nelle sante chiese di Dio, su oggetti o  paramenti sacri, sui muri e sui quadri, nelle case e sulle strade; l’immagine dinostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo, quella della nostra Signora senza macchia, la santa Madre di Dio, quella degli Angeli, degna del nostro rispetto, quella di tutti i Santi e i giusti.

601. Anzi, più li vediamo, grazie alla loro rappresentazione in immagini, più siamo portati a ricordare e ad amare i modelli originali e a rivolgere loro un saluto ed una venerazione rispettosa; non la vera adorazione propria della nostra fede, che è propria solo della natura divina,ma come si fa per la rappresentazione della croce gloriosa e vivificante, per i santi Vangeli e per tutti gli altri oggetti sacri; ed in loro onore si porteranno incensi e lumini, secondo il pio costume degli antichi. Perché “l’onore tributato all’immagine va al modello originale,e chi venera l’immagine venera in essa la Persona di Colui che essa rappresenta”.

602. Così sono confermati gli insegnamenti dei nostri santi Padri, la tradizione della Chiesa cattolica, una Chiesa che da un capo all’altro della terra ha accolto il Vangelo; così ci atteniamo a Paolo, che ha parlato (in 2 Cor II,17) a tutta la divina assemblea degli Apostoli e alla santità dei nostri Padri, tenendo fede alle tradizioni che abbiamo ricevuto (2Th II, 15); così cantiamo profeticamente gli inni che celebrano la vittoria della Chiesa: “Rallegrati, o figlia di Sion, alza la voce, o figlia di Gerusalemme, esulta e rallegrati con tutto il cuore; il Signore ha tolto dall’intorno a te le ingiustizie dei tuoi avversari dalla mano dei tuoi nemici; il Signore è re in mezzo a te; non vedrai più il male.”, e la pace sarà su di te per sempre (So III,14ss.).

603. Coloro che osano pensare o insegnare diversamente, o che seguono i maledetti eretici, disprezzano le tradizioni della Chiesa e immaginano qualche novità, o rifiutano uno qualsiasi degli oggetti consacrati offerti allaChiesa, Vangeli, rappresentazioni della croce, immagini o sante reliquie di un martire; oppure immaginanomanovre tortuose ed ingannevoli per rovesciare qualcosa nelle legittime tradizioni della Chiesa cattolica; oppure far servire oggetti sacri o monasteri sacri a scopi profani: a tutti questi, se sono Vescovi o chierici, ordiniamo di essere deposti; se sono monaci o laici, di escluderli dalla comunione.

8a sessione, 23 ottobre 787.

Elezioni ai sacri ministeri

604. Qualsiasi elezione di un Vescovo, di un Sacerdote o di un diacono fatta dai principi è nulla, secondo ilcanone (Canone degli Apostoli 30) che dice: Se un Vescovo, ricorrendo a principi secolari, entra per mezzo di questi inpossesso di una chiesa, sia deposto e con tutti coloro che accettano la sua comunione. Infatti, colui che debba essere elevato all’Episcopato deve essere eletto dai Vescovi, come è stato deciso dai santi Padri riuniti a Nicea, nel canone (can. 4) che dice: È molto opportuno che un Vescovo sia stabilito da tutti i Vescovi della provincia; se ciò dovesse risultare difficile, o per necessità urgenti, o per la lunghezza del cammino, è necessario in ogni caso che tre Vescovi si riuniscano nello stesso luogo, e anche gli assenti diano il loro voto ed esprimano il loro consenso per iscritto – e poi procedere all’ordinazione. La piena autorità su ciò che venga fatto è datain ogni provincia al metropolita.

Sulle immagini, l’umanità di Cristo e la tradizione della Chiesa

605. Ammettiamo le immagini venerabili; chi non le giudica tali, lo sottoponiamo all’anatema.

606. Se qualcuno non confessa che Cristo nostro Dio sia circoscritto secondo l’umanità, che sia anatema…

607.

Se qualcuno non ammette le presentazioni del Vangelo fatte con immagini, sia anatema…

608. Se qualcuno non saluta queste immagini, fatte nel nome del Signore e dei suoi santi, sia anatema.

609. Se qualcuno rifiuta tutta la tradizione scritta o non scritta della Chiesa, sia anatema…

Lettera “Si tamen licet” ai Vescovi di Spagna, tra il 793 e il 794.

L’eresia dell’adozionismo

610. La giustificazione addotta per l’eresia dell’adozione di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, deve essere respinta come altre cose, perché si basa su argomenti falsi; in essa si può leggere la zizzania delle parole eretiche da una penna disordinata. Questo la Chiesa cattolica non l’ha mai creduto, non l’ha mai insegnato e non ha mai acconsentito a coloro che l’hanno creduto falsamente.

611. Infatti, egli stesso (Cristo) ha reso noto, a proposito di se stesso, di chi è Figlio, quando ha detto di aver proclamato agli uomini il nome del Padre. Egli dice: “Ho rivelato il tuo Nome agli uomini che mi hai dato dal mondo” Gv XVII,6 . Il Nome del Padre è stato fatto conoscere una volta agli uomini quando si è fatto conoscere come il vero Figlio, non putativo, proprio e non adottivo. Ma è necessario notare che si dice: “agli uomini che mi hai dato”. Di quegli uomini, infatti, che il Padre gli aveva dato e che aveva eletto prima della costituzione del mondo, non fanno parte coloro che lo confessano come figlio adottivo e non come Figlio suo, come se per un momento fosse stato estraneo al Padre o si fosse allontanato da Lui prendendo carne, mentre era un’unica volontà del Padre e del Figlio che il Verbo si facesse carne, come sta scritto: “Fa’ che io faccia la tua volontà; Dio mio, io l’ho voluta” Sal XXXIX, 9. Per questo dice altrove: “Salgo al Padre mio e Padre vostro” Gv XX, 17. Dice proprio “mio” e “vostro”, cioè suo non per grazia ma per natura, ma nostro per grazia di adozione. Inoltre, il Figlio non è mai stato, perché il Padre non è mai stato. Sempre e ovunque lo chiama espressamente suo Padre. Il Padre mio – dice – opera fino ad ora e anch’io opero” (Gv V, 17); e ancora: “Padre, glorifica il tuo Figlio, affinché il tuo Figlio glorifichi te” (Gv XVII, 1), e: “Quello che il Padre mio mi ha dato è più grande di tutte le cose” (Gv X, 29). – Ma se nelle loro astute prevaricazioni pensano che tutto ciò che abbiamo esposto sia da riferire solo alla divinità del Figlio di Dio, dicano dove Egli ha mai detto con un sentimento comune a noi “Padre nostro”. “Il Padre vostro – dice – sa di cosa avete bisogno”. Non dice “nostro”, come se fosse stato adottato con noi per grazia. E altrove: “Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt V, 48). Perché non ha detto “nostro”? Perché Egli è altrimenti nostro ed altrimenti suo. Poi dice ancora: “Se voi, che siete cattivi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà uno spirito buono a coloro che lo pregano? “Lc XI, 13 ecc. Poi Paolo, il vaso scelto, dice: “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi”, Rm VIII, 32. Sappiamo infatti che non è stato consegnato secondo la divinità, ma secondo il suo essere vero uomo.

Concilio di Francoforte (sul Meno), intorno al giugno 794.

a) Lettera sinodale dei Vescovi del regno dei Franchi ai vescovi di Spagna.

612. .. Infatti, all’inizio della vostra lettera troviamo scritto che affermate: “Confessiamo e crediamo che Dio, il Figlio di Dio, sia stato generato dal Padre prima di tutti i secoli e senza inizio, coeterno e consustanziale, non per adozione ma secondo la discendenza”. Allo stesso modo, nello stesso luogo leggiamo: “Confessiamo e crediamo che, fatto da donna, fatto sotto la legge, Gal IV,4, non è Figlio di Dio per discendenza ma per adozione, non per natura ma per grazia. Questo è il serpente che si nasconde tra gli alberi da frutto del paradiso per ingannare tutti gli incauti…”.

613. Allo stesso modo, ciò che avete aggiunto di seguito, non lo abbiamo trovato affermato nella professione di fede del simbolo niceno: “in Cristo due nature e tre sostanze” Lettera “regi regum” all’Imperatore Costantino IV intorno all’agosto 682 e “uomo deificato” e “Dio umanizzato“. Qual è la natura dell’uomo, se non l’anima e il corpo? O qual è la differenza tra “natura” e “sostanza”, per cui dovremmo parlare di tre sostanze e non semplicemente, come dicono i santi Padri, confessare nostro Signore Gesù Cristo vero Dio e vero uomo in una sola Persona? Ma la persona del Figlio è rimasta nella Santa Trinità; a questa Persona è stata unita la natura umana, così che c’è una sola Persona, Dio e uomo, non un uomo divinizzato e un Dio umanizzato, ma Dio uomo e l’uomo Dio: per l’unità della Persona, un solo Figlio di Dio, e lo stesso Figlio dell’uomo, Dio perfetto, uomo perfetto. L’uomo è perfetto solo con l’anima e il corpo…; né neghiamo che in Cristo siano realmente presenti questi tre elementi, cioè la divinità, l’anima e il corpo. Ma poiché Egli è veramente chiamato Dio e uomo, nel nome “Dio” è designato tutto ciò che è di Dio, e in quello di “uomo” è compreso tutto ciò che è uomo. Perciò è sufficiente confessare in Lui l’uno e l’altro: la perfetta sostanza della divinità e la perfetta sostanza dell’umanità… L’uso ecclesiastico è di nominare in Cristo due sostanze, quella di Dio e quella di uomo….

614. Se dunque è vero Dio colui che è nato dalla Vergine, come può essere figlio adottivo o schiavo? Infatti non osate confessare Dio come schiavo o come figlio adottivo; e anche se il profeta lo chiamò schiavo, non fu per la condizione di servitù, ma per l’obbedienza dell’umiltà con cui divenne per il Padre “obbediente fino alla morte”.

b) Capitolare del Concilio.

Condanna degli adozionisti.

615. Can. 1… All’inizio dei capitoli l’empia e blasfema eresia dei vescovi Elifandro di Toledo e Felice di Urgel e dei loro seguaci, che nel loro falso pensiero affermavano per il Figlio di Dio un’adozione: cosa che tutti i suddetti santissimi Padri con una sola voce contraddissero e respingessero, e decisero che questa eresia dovesse essere estirpata del tutto dalla santa Chiesa.

LEONE III: 27 dicembre 795-12 giugno 816

Concilio del Friuli, 796 o 797: professione di fede. Symbolo.

La Trinità divina.

616. (Dopo il Simbolo di Costantinopoli segue questo): Ma la santa Trinità, perfetta, inseparabile, ineffabile e vera, cioè il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, la confesso senza divisione nell’unità della natura, perché Dio è trino e uno; cioè trino per la distinzione delle Persone, uno per la sostanza inseparabile della Divinità. Crediamo, quindi, che queste tre Persone… non siano solo in apparenza o come ipotizzato, ma vere, sussistenti, coeterne, coeguali e consustanziali…

617. Il Padre, vero Dio, è veramente e propriamente Padre, che da Se stesso, cioè dalla sua sostanza, ha generato il vero Figlio fuori dal tempo e senza inizio, coeterno, consustanziale e coeguale con Lui. E il Figlio, vero Dio, è veramente e propriamente Figlio, che è stato generato dal Padre in tutti i secoli… E mai il Padre fu senza il Figlio, né il Figlio senza il Padre. … – E lo Spirito Santo, vero Dio, è veramente e propriamente lo Spirito Santo: non generato né creato, ma procedente dal tempo e inseparabile dal Padre e dal Figlio. Era, è e sarà sempre consustanziale, coeterno e uguale al Padre e al Figlio. E mai il Padre o il Figlio sono stati senza lo Spirito Santo, né lo Spirito Santo senza il Padre e il Figlio.

618. Perciò le opere della Trinità sono sempre inseparabili, e nella Trinità non c’è nulla di diverso, dissimile o disuguale; nulla è diviso nella natura, nulla è confuso nelle Persone, nulla è maggiore o minore, nulla è prima o dopo, nulla è superiore; ma una sola e medesima potenza, una sola e medesima maestà, per sempre coeterna e consustanziale….

Cristo, Figlio di Dio per natura, non per adozione.

619. Ma di questa ineffabile Trinità, solo la Persona del Verbo, cioè del Figlio… è scesa dal cielo da cui non si è mai allontanata. Si è incarnato per mezzo dello Spirito Santo e si è fatto vero uomo dalla sempre vergine Maria, e rimane vero Dio. E la nascita umana e temporale non ha pregiudicato questa nascita senza tempo, ma il vero Figlio di Dio e il vero Figlio dell’uomo sono nell’unica Persona di Cristo Gesù; Egli non è: altro che è Figlio dell’uomo e altro che è Figlio di Dio, ma uno e lo stesso è Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, in entrambe le nature, quella divina e quella umana, vero Dio e vero uomo; non è un Figlio di Dio putativo, ma vero; non un figlio adottivo, ma il suo stesso Figlio, perché mai la natura umana che ha assunto lo ha allontanato dal Padre. Perché solo Lui è nato senza peccato, perché solo Lui si è incarnato, uomo nuovo, dallo Spirito Santo e dalla Vergine immacolata. Egli è consustanziale a Dio Padre nella sua natura, cioè divina; consustanziale anche alla madre, senza macchia di peccato, nella nostra natura, cioè umana. Perciò confessiamo che in ciascuna delle due nature Egli sia Figlio di Dio e non figlio adottivo, perché, senza confusione e senza separazione, avendo assunto la natura umana, uno e lo stesso è Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. È Figlio del Padre per natura secondo la divinità, e Figlio della madre per natura secondo l’umanità, ma propriamente Figlio del Padre in entrambi.

PASQUALE I: 25 gennaio 817 – 11 febbraio 824.

EUGENIO II: febbraio – maggio 824 – agosto 827

VALENTINO: agosto – settembre 827

GREGORIO IV: settembre (?)827 – gennaio 844

SERGIO II : gennaio 844 – 27 gennaio 847

LEONE IV : 10 aprile 847 – 17 luglio 855

Concilio di Pavia, 850.

Il Sacramento dell’unzione degli infermi.

620. (8) Anche questo salutare Sacramento, che l’Apostolo Giacomo raccomanda dicendo: “Se qualcuno di voi è malato?… gli sarà perdonato” (Giacomo V, 14), deve essere fatto conoscere al popolo con un’abile predicazione: si tratta infatti di un mistero grande e desiderabilissimo, con il quale, se viene chiesto con fede, il peccato viene perdonato e di conseguenza anche la salute corporale viene ristabilita… Ma bisogna sapere che se l’ammalato si dà alla penitenza pubblica, non può ricevere il rimedio di questo mistero, se prima non abbia ottenuto la riconciliazione e non ha potuto ricevere il corpo e il sangue di Cristo. Infatti, a colui al quale sono proibiti gli altri Sacramenti, non sarà in nessun caso permesso di usare questo.

Concilio di Quierzy, maggio 853

Libero arbitrio e predestinazione dell’uomo.

621. Cap. 1. Dio onnipotente creò l’uomo integro, senza peccato e dotato di libero arbitrio, e lo pose in Paradiso, con l’intenzione di farlo dimorare nella santità della giustizia. L’uomo, avendo abusato del suo libero arbitrio, peccò e cadde, e divenne “una massa di perdizione” (Sant’Agostino), di tutto il genere umano. Ma Dio, buono e giusto, ha scelto da questa massa di perdizione, secondo la sua prescienza, quelli che ha predestinato per grazia (Rm VIII, 29; Eph I, 11) alla vita, e li ha predestinati alla vita eterna; gli altri, quelli che il giudizio della sua giustizia ha innalzato nella massa di perdizione, sapeva in anticipo che si sarebbero persi, ma non li ha predestinati alla perdizione; tuttavia, li ha predestinati ad un castigo eterno, perché è giusto. E per questo si parla di un’unica predestinazione, che ha a che fare o con il dono della grazia o con il castigo della giustizia.

622. Cap. 2. Abbiamo perso il libero arbitrio nel primo uomo, e lo abbiamo ricevuto per mezzo di Cristo nostro Signore, e il libero arbitrio lo abbiamo per il bene, aiutato dalla grazia, e il libero arbitrio lo abbiamo per il male, abbandonati dalla grazia. Ma il libero arbitrio lo abbiamo, perché è liberato dalla grazia e guarito dalla corruzione per mezzo della grazia.

623. Cap. 3. Dio onnipotente vuole che “tutti gli uomini”, senza eccezione, “siano salvati” (1 Tm II, 4), anche se non tutti sono salvati. Il fatto che alcuni si salvino è un dono di Colui che salva; il fatto che alcuni si perdano è la retribuzione di coloro che si perdono.

624. Cap. 4. Come non c’è stato, non c’è e non ci sarà nessun uomo la cui natura non sia stata assunta in Cristo Gesù nostro Signore, così non c’è, non c’è stato e non ci sarà nessun uomo per il quale Egli non abbia sofferto, anche se non tutti sono redenti dal mistero della sua Passione. Il fatto che non tutti siano redenti dal mistero della sua Passione non riguarda la grandezza o l’abbondanza della Redenzione, ma la parte degli infedeli e di coloro che non credono in quella fede che “opera per mezzo della carità”, (Gal V, 6); perché il calice della salvezza degli uomini, composto dalla nostra debolezza e dalla potenza divina, contiene ciò che è utile per tutti; ma se non si beve da esso, non si è guariti.

Concilio di Valencia, 8 gennaio 855.

Predestinazione.

625. Can. 1… Evitiamo, con ogni sforzo, nuove espressioni e discorsi presuntuosi che possono avere più effetto nell’accendere la brace delle dispute e degli scandali tra i fratelli che nell’apportare qualsiasi edificazione nel timore di Dio. Tuttavia, senza esitare, ascoltiamo con riverenza e sottomettiamo le nostre menti con obbedienza a quei maestri che trattano la parola di verità in modo pio e giusto, e a coloro che hanno spiegato le Sacre Scritture in modo particolarmente luminoso, cioè a Cipriano, Ilario, Ambrogio, Girolamo, Agostino e altri che riposano nella pietà cattolica, e con tutte le nostre forze abbracciamo ciò che hanno scritto per la nostra salvezza. Infatti, sul tema della prescienza di Dio e della predestinazione, e su altre questioni per le quali è apparso che i fratelli abbiano provato non poco scandalo, riteniamo di dover tenere ben fermo solo ciò che per la nostra gioia abbiamo tratto dal grembo materno della Chiesa.

626. Can. 2. Noi riteniamo fedelmente che “Dio conosca ed abbia conosciuto in anticipo da tutta l’eternità sia il bene che il bene avrebbe fatto, sia il male che il male avrebbe commesso”, perché abbiamo la parola della Scrittura che dice: “Dio eterno che conosce le cose nascoste, che conosce tutte le cose prima che siano”; e ci compiacciamo di ritenere che “sapeva in anticipo, in modo assoluto, che i buoni sarebbero stati buoni per la sua grazia, e che avrebbero ricevuto per questa stessa grazia la ricompensa eterna; e sapeva in anticipo che i malvagi sarebbero stati malvagi per la loro stessa malvagità, e che sarebbero stati condannati dalla sua giustizia alla pena eterna”; come secondo il Salmista: “Perché Dio ha potenza e il Signore ha misericordia, che dà a ciascuno secondo le sue opere” (Sal. LXI, 12ss.), e come nella dottrina apostolica: “A coloro che con la perseveranza nel bene cercano la gloria, l’onore e l’incorruttibilità, la vita eterna; ma a coloro che per ribellione non aderiscono alla verità, riponendo la loro fiducia nell’iniquità, ira e sdegno, tribolazione e angoscia per ogni anima umana che commette il male” (Rm II, 7-10). Nello stesso senso lo stesso dice altrove: “Nella rivelazione del Signore nostro Gesù Cristo dal cielo con gli angeli della sua potenza, che si vendicherà con fuoco ardente di coloro che non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, i quali subiranno la pena eterna nella rovina,… quando verrà per essere glorificato nei suoi santi e per essere ammirato in tutti coloro che credono” (2Ts I,7-10).

627. Inoltre, la prescienza di Dio non ha imposto a nessun malvagio una necessità che gli avrebbe impedito di essere altro, ma ciò che sarebbe stato per sua volontà, in quanto Dio che conosce tutte le cose prima che siano, lo sapeva in anticipo a motivo della sua onnipotente ed immutabile maestà. “Né crediamo che qualcuno sia condannato a causa di un giudizio che egli (Dio) ha emesso in anticipo, ma a causa della propria iniquità. E questi malvagi non periscono perché non hanno potuto essere buoni, ma perché non hanno voluto esserlo e con il loro vizio sono rimasti nella massa della dannazione, o per demerito originario o anche per demerito attuale”.

628. Can. 3. Anche sul tema della predestinazione abbiamo deciso, e lo manteniamo fedelmente, secondo l’Autorità Apostolica che dice: “Il vasaio non ha forse il potere di fare della stessa pasta un vaso destinato ad essere un vaso nobile e un altro destinato ad un uso ignobile? ” (Rm IX, 21), aggiungendo subito: “Se dunque Dio, volendo mostrare la sua ira e manifestare la sua potenza, sopportò con grande pazienza i vasi d’ira pronti o preparati per la perdizione, per mostrare le ricchezze della sua grazia nei vasi di misericordia che ha preparato per la gloria” (Rm IX, 22 ss.). Affermiamo con fiducia la predestinazione degli eletti alla vita e la predestinazione degli empi alla morte; nell’elezione di coloro che devono essere salvati, tuttavia, la misericordia di Dio precede il merito, mentre nella dannazione di coloro che devono perire, il demerito precede il giusto giudizio di Dio. “Con la predestinazione Dio ha determinato solo ciò che Egli stesso avrebbe fatto o con la misericordia gratuita o con il giusto giudizio”, secondo la Scrittura, che dice: “Egli ha fatto ciò che sarà”, (Isaia XLV:11; Sept.); nei malvagi, tuttavia, Egli conosceva in anticipo la loro malvagità, perché proveniva da loro; non l’ha predestinata, perché non proveniva da Lui.

629. Ma il castigo che segue il loro demerito, come Dio che vede tutte le cose in anticipo, lo conosceva e lo destinava in anticipo, perché è giusto, Colui presso il quale, come dice Sant’Agostino, c’è sia un giudizio fisso che una certa prescienza per ogni cosa. A questo corrisponde la parola del Saggio: “I giudizi sono preparati per gli schernitori e le mazze che colpiscono per i corpi degli stolti” (Pr XIX, 29). Da questa immutabilità della prescienza e della predestinazione di Dio, per cui le cose future sono già avvenute ai suoi occhi, si possono comprendere anche le parole dell’Ecclesiaste: “Ho visto che tutte le opere che Dio ha fatto rimangono per sempre”. Non si può aggiungere né togliere nulla a ciò che Dio ha fatto, perché sia temuto” (Qo III, 14). Ma che ci siano uomini predestinati al male dalla potenza divina”, in modo che, per così dire, non possano essere altro, “non solo non lo crediamo, ma se c’è qualcuno che vuole credere una cosa così malvagia, con tutta la nostra detestazione”, come anche il Concilio di Orange, “gli diciamo: anatema”.

630. Cap. 4. Anche riguardo alla Redenzione per mezzo del Sangue di Cristo: a causa del grandissimo errore che è sorto su questo argomento, tanto che alcuni, come indicano i loro scritti, definiscono che sia stato versato anche per quegli empi che, dall’inizio del mondo fino alla Passione del Signore, sono morti nella loro empietà e sono stati puniti con la dannazione eterna, e che contro questa parola profetica: “Io sarò la tua morte, o morte, io sarò il tuo flagello, nel ferro” (Os XIII, 14), abbiamo deciso che dobbiamo semplicemente e fedelmente ritenere e insegnare secondo la verità del Vangelo e degli Apostoli che dobbiamo ritenere che questo premio sia stato dato solo per coloro di cui nostro Signore stesso dice: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna” (Gv III, 14-16), e l’Apostolo dice: “Cristo è stato offerto una volta per tutte per togliere i peccati di molti” (Eb IX, 28).

631. Per quanto riguarda i quattro capitoli che sono stati imprudentemente accettati dal consiglio dei nostri fratelli, a causa della loro inutilità e persino dannosità, e dell’errore contrario alla verità; ma anche gli altri) – diciannove capitoli, frutto di un ragionamento inetto e che – anche se se ne vantano – non sono sostenuti da alcuna erudizione secolare, in cui si trova più un’invenzione del diavolo che un qualsiasi argomento di fede: le sottraiamo completamente all’ascolto devoto dei fedeli e, affinché siano preservati in tutto da queste e simili cose, le proibiamo con l’autorità dello Spirito Santo; riteniamo inoltre che coloro che introducono novità debbano essere castigati per non essere colpiti ancora più duramente.

632. Allo stesso modo riteniamo che sia necessario affermare con molta fermezza che tutta la moltitudine dei fedeli che sono stati rigenerati “con acqua e Spirito Santo” (Gv III, 5), che sono stati così realmente incorporati nella Chiesa e, secondo la dottrina apostolica, battezzati nella morte di Cristo (Rm VI, 3), sono stati lavati dai loro peccati nel suo sangue; Perché non ci sarebbe stata in loro una vera rigenerazione se non ci fosse stata anche una vera Redenzione; perché nei Sacramenti della Chiesa non c’è nulla di vano, nulla di ingannevole, ma tutto è vero e sostenuto dalla sua verità e sincerità. Tuttavia, di questa stessa moltitudine di fedeli e di redenti, alcuni si salvano con la salvezza eterna, perché per grazia di Dio sono rimasti fedeli alla sua Redenzione, portando nel cuore la parola del Signore stesso: “Chi persevererà fino alla fine sarà salvo (Matt. X, 22. XXIV, 13). Gli altri, che non hanno voluto rimanere nella salvezza della fede ricevuta all’inizio, e che hanno preferito cancellare la grazia della Redenzione con una dottrina od una vita depravata piuttosto che conservarla, non raggiungono in alcun modo la pienezza della salvezza e il conseguimento della beatitudine eterna. Rm VI, 3 Gal III, 27 Eb X, 22 Eb. 22 sgg. 26, 28 segg..)

633. Cap. 6. Allo stesso modo, riguardo alla grazia per la quale coloro che credono sono salvati, e senza la quale la creatura ragionevole non è mai vissuta in modo beato, e riguardo al libero arbitrio ferito dal peccato nel primo uomo, ma restaurato e guarito dalla grazia del Signore Gesù, confessiamo nel modo più fermo e con piena fede quella stessa cosa che i santi Padri, con l’autorità delle sante Scritture, ci hanno insegnato a ritenere, ciò che hanno professato il Concilio africano (222) e il Concilio di Orange (370-397), ciò che hanno sostenuto i beatissimi Pontefici della Sede Apostolica (238-249) per la fede cattolica, e anche per quanto riguarda la natura e la grazia non ci permettiamo in alcun modo di andare in un’altra direzione. Per quanto riguarda le argomentazioni insensate ed i pettegolezzi delle donne anziane (1Tm IV, 7) e la poltiglia dei seguaci di Scoto, – che ripugnano in modo nauseante alla purezza della fede in ciò che in questi tempi pericolosi e difficili e, per aumentare ulteriormente il nostro lavoro, è aumentata in modo miserabile e deplorevole fino a spezzare la carità – la rifiutiamo completamente affinché le menti cristiane non siano corrotte da essa e non si allontanino dalla semplicità e dalla purezza della fede che è in Cristo Gesù (2Co XI, 3) e nella carità di Cristo esortiamo la carità fraterna a frenare il suo udito guardandosi da tali cose.

BENEDETTO III: luglio 855-17 aprile 858.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (14) “da NICCOLÓ I a LEONE IX”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (12) “da LEONE II a GREGORIO II”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (12)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Leone II a Gregorio II)

LEONE II: 17 agosto 682-3 Luglio 683

561-563: Lettera “regi regum” all’imperatore Costantino IV intorno all’agosto 682

Conferma delle decisioni del III Concilio di Costantinopoli contro i monoteliti ed il Papa Onorio I.

561. Abbiamo appreso infatti che il santo e grande sinodo universale (Costantinopoli III) pensava lo stessocome tutto il Concilio riunito intorno a questa santa Sede apostolica (Concilio di Roma a. 680)… e che ha confessato, in accordo con noi: Che nostro Signore Gesù Cristo sia uno della santa ed indivisibile Trinità, che esista da e in due nature, senza confusione, senza separazione, senza divisione; che Egli sia un solo e medesimo Dio perfetto e che sia uno e lo stesso, perfetto Dio e perfetto uomo, rimanendo intatta la proprietà di ciascuna delle due nature che sono unite in Lui; che uno e medesimo abbia operato le cose divine come Dio, ed operato inseparabilmente le cose umane come uomo, con la sola eccezione del peccato; ed il Concilio ha veramente affermato che per questo motivo abbia anche due volontà naturali e due operazioni naturali per le quali la verità delle sue nature è principalmente manifestata, così che la differenza possa essere chiaramente riconosciuta, ed anche la verità delle due nature, a partire dalle quali e nelle quali esiste un solo e medesimo nostro Signore Gesù Cristo; per questo motivo abbiamo effettivamente riconosciuto che questo santo … sesto sinodo … si sia attenuto senza fallo alla predicazione apostolica, che sia in accordo in tutto e per tutto con la definizione dei cinque Concili universali, e che non abbia aggiunto o sottratto nulla alla definizione dei cinque Concili universali, né abbia sottratto nulla alle determinazioni della vera fede, ma che sia andato avanti con grande rettitudine sulla via regale ed evangelica; ed in essi ed attraverso di essi sia stata mantenuta l’elaborazione dei santi dogmi e della dottrina dei Padri approvati della Chiesa cattolica…

562. E poiché (il sinodo di Costantinopoli) ha proclamato in tutta la sua pienezza… la definizione della fedeche anche la Sede Apostolica del beato apostolo Pietro… ha accolto con riverenza, per questo motivo anche Noi e per mezzo del nostro ministero, questa venerabile Sede Apostolica, per unanime consenso,diamo il nostroa ciò che è stato definito da esso, e lo confermiamo con l’autorità delBeato Pietro…

563. E allo stesso modo anatemizziamo gli inventori del nuovo errore, cioè Teodoro, il Vescovo di Farano, Ciro di Alessandria, Sergio, Pirro… e anche Onorio che non ha purificato questa Chiesa apostolica con l’insegnamento della tradizione apostolica, ma ha cercato di sovvertire la fede immacolata in un empio tradimento (testo greco: ha permesso che la Chiesa immacolata fosse contaminata da un empio tradimento).

Benedetto II: 26 giugno 684-8 maggio 685

14° Concilio di Toledo, 14-20 novembre 684.

Le proprietà delle due nature in Cristo.

564. (cap. 8) Ma ora… predichiamo (ai fedeli), riassumendo il tutto in una breve definizione,che essi devono effettivamente riconoscere che le proprietà indivisibili delle due nature rimangono nell’unica Persona di Cristo, il Figlio di Dio, senza divisione né separazione, come pure senza cambiamento, l’una della Divinità, l’altra dell’uomo, l’una in cui è stato generato da Dio Padre, l’altra in cui è nato da Maria Vergine. L’una e l’altra delle suenascite sono dunque complete, entrambe perfette, non possedendo nulla di meno della divinità e non prendendo nulla di imperfetto dell’umanità; Egli non è diviso dal raddoppio delle nature, ma perfetto Dio e perfetto uomo, senza alcun peccato, è l’unico Cristo nella singolarità della Persona.Esistendo dunque come uno in entrambe le nature, risplende nei segni della divinità ed è sottoposto alle sofferenze dell’umanità. Infatti, non è altro che sia stato generato dal Padre ed altro dalla madre, sebbene sia nato in modo diverso dal Padre e dalla madre: tuttavia lo stesso non è diviso tra i due tipi di natura, ma è uno e lo stesso, essendo contemporaneamente Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Egli vive anche se muore, e muore anche se vive; è impassibile anche se soffre; non soccombe alle sofferenze; non ne è soggetto nella divinità e non vi sfugge nell’umanità; la natura della divinità gli dà il potere di non morire, la sostanza dell’umanità gli dà il potere di non voler morire e di poterlo fare; con l’una condizione è ritenuto immortale, con l’altra, quella dei mortali, Egli muore. È per l’eterna volontà della Divinità che ha assunto l’uomo che ha preso; è per la volontà dell’uomo che ha preso che la volontà umana sia soggetta a Dio. Per questo Egli stesso dice al Padre: “Padre, non la mia volontà, ma la tua sia fatta”‘ (Lc. XXII, 42), mostrando così che l’una è la volontà divina con cui l’uomo è stato assunto, l’altra la volontà dell’uomo con cui si debba obbedire a Dio.

(Cap. 9) Perciò, in accordo con la differenza di queste due nature, dobbiamo anche proclamare le proprietà di due volontà ed attività inseparabili.

(Cap. 10) … Se dunque qualcuno prende qualcosa della divinità da Gesù Cristo, il Figlio di Dio nato dal seno della Vergine Maria, o sottrae qualcosa all’umanità che Egli ha assunto, con la sola eccezione della legge del peccato, e se non crede sinceramente che esista come vero Dio e uomo perfetto in una sola Persona, sia anatema!

GIOVANNI V: 23 luglio 685 – 2 agosto 686

CONONE: 21 ottobre 686 – 21 settembre 687

SERGIO I: 15 dicembre 687-8 Settembre 701

15° Concilio di Toledo, iniziato l’11 maggio 688

Apologia di Giuliano

Dichiarazione sulla Trinità divina e sull’Incarnazione

566. (1) … Siamo venuti a sapere che in questo Liber responsionis fidei nostræ, che abbiamo inviato alla Chiesa romana per mezzo del regionario Pietro, sia apparso al suddetto Papa (Benedetto II) che il primo capitolo fosse stato da noi stabilito in modo imprudente, dove dicevamo a proposito dell’essenza divina:”La volontà genera la volontà come la sapienza genera la sapienza”. Quest’uomo l’ha trascurato in una lettura frettolosa, e quindi ha pensato che avremmo usato queste espressioni in modo relativo o nel senso di un paragone con la mente umana; e quindi è stato indotto ad ammonirci nella sua risposta dicendo: “Sappiamo dall’ordine naturale che il verbo ha origine dalla mente, come la ragione e la volontà; e questi termini non possono essere invertiti dicendo: come la parola e la volontà procedono dallo spirito, così anche lo spirito procede dalla parola o dalla volontà”;ed è a causa di questo paragone che il Romano Pontefice pensava che non si potesse dire “volontà dalla volontà” (ex voluntate).Per quanto ci riguarda, non è nel senso di questo paragone con la mente umana, né in senso relativo, ma secondo l’essenza che abbiamo detto: la volontà dalla volontà (ex voluntate), come anche la sapienza dallasapienza (ex sapientia). Per Dio, infatti, essere è la stessa cosa che volere, e volere la stessa cosa che sapere. Questo non si può dire dell’uomo. Per l’uomo, infatti, altro è ciò che si è senza volere, e un’altra cosa è volere anche senza sapere. Ma non è così in Dio, perché la sua natura è così semplice; e quindi per Lui essere è la stessa cosa che volere e sapere…

567. (4) Per passare anche all’esame del secondo capitolo in cui lo stesso Papa pensava che noiavessimo detto imprudentemente che abbiamo tre sostanze in Cristo, il Figlio di Dio:Come non ci siamo vergognati di difendere ciò che sia vero, così forse alcuni si sono vergognati di ignorare ciò che sia vero. Chi, infatti, non saprebbe che ogni uomo è fatto di due parti? (Cfr. 2 Cor IV,16 Sal LXII, 2)

(5) Contrariamente a questa regola, nelle Scritture troviamo anche che si possa intendere l’uomo nella sua totalità quando di solito viene nominata la carne, o che la perfezione dell’uomo intero possa essere designata quando a volte si parla solo dell’anima. Ecco perché la natura divina e la natura umana ad essa associata possono essere dette tre sostanze in senso letterale e due sostanze in senso figurato.

Ma altro è esprimere l’uomo intero con una proprietà, altra cosa è intenderlo come un tutto di una parte. C’è infatti un modo di parlare che viene spesso usato spesso nelle Sacre Scritture, con il quale si designa il tutto con una parte: così questo uso figurato è chiamato dai grammatici anche “sineddoche”.

La Trinità divina.

568. (Art. 1) Noi crediamo e confessiamo che Colui che è l’autore di tutte le creature contenute nel triplice edificio del mondo e che le conserva sia l’indivisibile Trinità.

(2) cioè il Padre, che è la fonte e l’origine di tutta la divinità; il Figlio, che è l’immagine completa di Dio perché in Lui è stata espressa l’unione con la gloria del Padre, generato ineffabilmente dal seno del Padre prima dell’avvento di tutti i secoli; e lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio senza inizio.

569. (3) Sebbene questi tre siano separati dalla distinzione delle Persone, tuttavia non sono mai separati nella Maestà del potere, poiché la loro divinità è dimostrata essere uguale ed inseparabile. E tuttavia, sebbene il Padre abbia generato il Figlio, il Figlio non è uguale al Padre, né il Padre uguale al Figlio, né lo Spirito Santo è uguale al Padre e al Figlio, ma è solo lo Spirito del Padre e del Figlio, Lui stesso uguale al Padre e al Figlio. (4) Non si deve credere che in questa Santa Trinità ci sia qualcosa che sia creato, asservito e servito; né che in Essa sia sorto in qualche modo qualcosa di avventizio o surrettizio, che sarebbe stabilito che un tempo non avrebbe avuto. …

(6) Sebbene per queste Persone, in ciò che sono in relazione a Se stesse, non si possa trovare alcuna possibilità di separazione, c’è però, per quanto riguarda la distinzione, qualcosa per cui il Padre non trae la sua origine da nessuno, il Figlio esiste perché il Padre genera e lo Spirito Santo procede dall’unione del Padre e del Figlio.

(10) E quando diciamo questo, non confondiamo le proprietà delle Persone, né separiamo l’unità della sostanza; né si deve pensare che in questa santa Trinità qualcosa sia maggiore o minore, né che qualcosa sia imperfetta o soggetta a cambiamenti. …

570. (12) Pertanto, in questa Santa Trinità c’è qualcosa che debba essere confessato senza distinzioni. Poiché il Padre ed il Figlio e lo Spirito Santo sono ciascuno per sé, il Padre deve essere creduto senza distinzione come un unico Dio con il Figlio e lo Spirito Santo. Ma per quanto riguarda larelazione, la proprietà delle tre Persone deve essere proclamata in modo distinto, come lo proclama l’Evangelista: Andate ed ammaestrate tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. (Mt XXVIII, 19). Infatti, parliamo di “relazione” nella misura in cui una Persona si riferisce all’altra; infatti, quando diciamo “Padre”, non intendiamo la Persona del Figlio, e quando si dice “Figlio” si dimostra che il Padre è inequivocabilmente presente in Lui. (13) Ma con il termine “Spirito Santo”, con il quale non si designa l’intera Trinità, ma la terza Persona della Trinità, la Persona che è nella Trinità, si indica la terza Persona della Trinità; non è del tutto chiaro come, nel senso della relazione, si rapporti alla Persona del Padre e del Figlio; infatti, se parliamo di Spirito Santo del Padre, non si parla in modo correlativo del Padre dello Spirito Santo, per cui non si intende lo Spirito Santo come Figlio; tuttavia, per gli altri termini con cui si designa la Persona dello Spirito Santo, è chiaro che si implichi la relazione. (14) È come “dono” in particolare che intendiamo lo Spirito Santo, che è noto per essere la terza Persona della Trinità, per il motivo che è dato ai credenti dal Padre e dal Figlio, con i quali, secondo la fede, è di una sola essenza; perciò, se parliamo del “dono del donatore” e del “donatore del dono”, la relazione è indubbiamente spiegata; questo, per evitare il biasimo, deve essere preso anche dal termine stesso “Spirito Santo”.

Cristo, il Figlio di Dio incarnato.

571. (16) Perciò, sebbene le opere della Trinità siano inseparabili, noi professiamo che non è stata l’intera Trinità a prendere carne, ma solo il Figlio di Dio che è stato generato dalla sostanza di Dio Padre prima dei secoli, e che alla fine dei secoli è nato dalla Vergine Maria secondo la Parola di Dio. Secondo il testo evangelico, “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. (Gv I, 14) …

(18) … La profezia dell’Angelo, secondo la quale lo Spirito Santo sarebbe sceso su di Lei (la Vergine Maria) e la potenza dell’Altissimo, che è il Figlio di Dio Padre, l’avrebbe adombrata (Lc 1,35) mostra che l’intera Trinità cooperi con la carne del Figlio di Dio.

(19) Infatti, come la Vergine conservava il suo pudore verginale prima del concepimento, così dopo la nascita non ha subito alcun danno alla sua integrità; perché ha concepito come una vergine, ha partorito come una vergine, e dopo il parto ha conservato il pudore dell’incorruzione senza che le venisse tolto.

572. (22) Che il Figlio di Dio, generato dal Padre increato, vero da vero, perfetto da perfetto, uno da uno,tutto da tutto, Dio senza inizio, abbia preso un uomo perfetto da Maria, la santa e inviolata.

(23) Come gli attribuiamo la perfezione dell’uomo, così crediamo che sia un uomo perfetto, così crediamo che in Lui ci siano due volontà, una della sua divinità, l’altra della nostra umanità; (24) ciò è reso pienamente manifesto dalle parole dei quattro evangelisti quando il nostro Redentore parla: “Padre mio, se è possibile che questo calice si allontani da me, ma non come voglio io, ma come vuoi Tu”, (Mt XXVI,39); e ancora: “Non sono venuto a fare la mia volontà, ma quella di Colui che mi ha mandato (Gv VI,38)…

(25) Con queste parole mostra anche di aver riferito la sua volontà all’uomo che ha assunto, e quella del Padre alla divinità in cui lo stesso è uno e uguale al Padre: infatti, per quanto riguarda l’unità della divinità, la volontà del Padre non è diversa da quella del Figlio, perché c’è una sola volontà dove c’è una sola divinità. Ma per quanto riguarda la natura dell’uomo assunto, altro è la volontà della sua divinità, altro è quella della nostra umanità. (26) Perciò, dicendo: “Non come voglio Io, ma come vuoi Tu”, (Mt XXVI, 39), Egli mostra chiaramente di non volere che ciò che ha detto avvenga secondo la volontà del sentimento umano, ma che, secondo la volontà del Padre, avvenga secondo la volontà di Dio. Ma questa volontà del Padre non è in alcun modo contraria alla volontà del Figlio, perché per coloro per i quali la divinità è una sola, la volontà non può essere diversa, e dove non può esserci diversità nella natura del Padre, non può essere diversa la volontà del Figlio. Se non c’è diversità di natura, si possono tuttavia enumerare in termini generali le cose che possono essere enumerate.

573. (27) Pertanto, anche se è vero che, a causa di una similitudine comparabile secondo la quale la Trinità è chiamata memoria, intelligenza e volontà, questa parola “santa volontà” sia riferita alla Persona dello Spirito Santo, quando usata in sé, è detta secondo la sostanza. (28) Infatti, il Padre è volontà, il Figlio è volontà, lo Spirito Santo è volontà, così come il Padre è Dio, il Figlio è Dio e lo Spirito Santo è Dio, e molte altre cose simili che vengono dette secondo la sostanza da coloro che venerano veramente la fede cattolica, senza alcuna ambiguità. (29) E come è cattolico dire “Dio da Dio”, “luce da luce”, “luminosità da luminosità”, così è una giusta affermazione della fede cattolica dire “volontà da volontà”, come sapienza da sapienza, essenza da essenza; e come Dio, il Padre, generò Dio, il Figlio, così la volontà, il Padre, generò la volontà, il Figlio. (30) E sebbene secondo l’essenza il Padre sia volontà, il Figlio sia volontà, lo Spirito Santo sia volontà, tuttavia non si deve pensare che secondo la relazione siano una cosa sola; perché altro è il Padre che rimanda al Figlio, altro il Figlio che rimanda al Padre, altro lo Spirito Santo che, poiché procede dal Padre e dal Figlio, rimanda al Padre e al Figlio: non un’altra cosa, ma un’altra; perché coloro che hanno nella loro natura di essere uno nella natura della Divinità, hanno una proprietà peculiare nella distinzione delle Persone….

La risurrezione dei morti.

574. (35) Come con la sua risurrezione ci ha dato un esempio, e che vivificandoci, come dopo due giorni ci ha risuscitati dai morti, così vogliamo credere in tutti i modi che anche noi risorgeremo alla fine dei tempi, non nella forma di un’ombra aerea o in quella di una visione immaginaria, come afferma l’opinione reproba di alcuni, ma nella sostanza della vera carne in cui ora stiamo e viviamo; E al momento del giudizio ci troveremo davanti a Cristo e ai suoi santi Angeli, e ognuno riferirà ciò che ha fatto nel suo corpo, sia in bene che in male (2Co V:10) , e riceverà da Lui o per le sue azioni il Regno e la beatitudine senza fine, o per le sue malefatte la morte della dannazione eterna.

575; L’eminenza e la necessità della Chiesa di Cristo.

(36) La santa Chiesa cattolica, che ha questa fede, lavata dall’acqua del Battesimo, redenta dal prezioso Sangue di Cristo, che non ha alcuna ruga nella sua fede e non porta la macchia di un’opera impura, (Efesini V, 23-27), è davvero ricca di segni d’onore, splendente di virtù e risplendente dei doni dello Spirito Santo. (37) Con Cristo Gesù nostro Signore, suo Capo, di cui è senza dubbio il corpo, essa regnerà in eterno; e tutti coloro che non sono ora in essa o che non saranno in essa, che sono separati da essa o che saranno separati da essa, o tutti coloro che nella malvagità della mancanza di fede avranno negato che in essa i peccati siano rimessi, costoro, se non torneranno ad essa con l’aiuto della penitenza e se non crederanno con una fede non macchiata da alcun dubbio a tutto ciò che il sinodo di Nicea…, l’assemblea di Costantinopoli… e l’autorità del primo Concilio di Efeso ha deciso di accogliere, e che la volontà unanime dei santi Padri di Calcedonia o degli altri Concili, o di tutti i santi Padri che sono vissuti nella retta fede, prescrive di mantenere, sono puniti con una sentenza di dannazione eterna, e saranno bruciati alla fine dei tempi con il diavolo e i suoi consorti su una pira ardente.

GIOVANNI VI: 30 ottobre 701 – 11 gennaio 705

GIOVANNI VII: 1° marzo 705 – 18 ottobre 707

SISINNIO: 15 gennaio – 4 febbraio 708

COSTANTINO I: 25 marzo 708 – 9 febbraio 708

GREGORIO II: 19 maggio 715-11 febbraio 731

Lettera “désiderabilem mihi” a Bonifacio del 22 novembre 726.

Forma e ministro del battesimo.

580. Hai reso noto che alcuni sono stati battezzati senza interrogare il Simbolo, da sacerdotiadulteri e sacerdoti indegni. In questa materia, la vostra carità deve attenersi all’antica consuetudine della Chiesa: se qualcuno non sia stato battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, non è permesso in alcun modo che sia ribattezzato perché non è nel nome di colui che battezza, ma nel nome della Trinità che ha ricevuto il dono di questa grazia. Ed è necessario attenersi a quanto dice l’Apostolo: un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo (Eph. IV, 5). Ma vi raccomandiamo di dare loro con uno zelo ancora più grande, un insegnamento spirituale.

Lettera “ta grammata” all’imperatore Leone III, tra il 726 e il 730

La venerazione delle immagini sacre

581. E tu dici che ci prostriamo davanti a pietre, muri e tavole di legno. Non è così, o imperatore; in esse troviamo un richiamo e uno stimolo: esse innalzano le nostre menti pesanti e spesse verso il cielo, ed è questa la ragione dei loro nomi, dei loro titoli incisi, dei loro tratti distintivi,ma non ne facciamo degli dei, come tu sostieni – e che ciò non accada! – perché non riponiamo in loro la nostra speranza. E se si tratta di un’immagine del Signore, diciamo: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, aiutaci e salvaci. Se è un’immagine della sua santaMadre, diciamo: Tu che hai portato Dio, santa Madre del Signore, intercedi pressoil tuo figlio, nostro vero Dio, per la salvezza delle nostre anime. E per un martire: Santo Stefano, primomartire: tu che hai versato il tuo sangue per Cristo, poiché puoi parlare liberamente con Lui, intercedi perper noi. E per tutti coloro che hanno testimoniato la loro fede nel martirio, questo è ciò che diciamo, queste sono le preghiere che rivolgiamo che offriamo per la loro intercessione; e non è vero, come tu sostieni, o imperatore, che noi chiamiamo i martiri “dèi”.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (13) “da GREGORIO III a BENEDETTO III”

LO SCUDO DELLA FEDE (250)

LO SCUDO DELLA FEDE (250)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (19)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

CAPO III

LA PARTECIPAZIONE

ossia la Comunione Divina.

L’eterno è riconciliato coi peccatori. Il Padre celeste ha in seno il Figlio, che tornato dalla terra, gli porta in braccio colla sua divina l’umana natura, con quelle Piaghe che fan compassione, ricordandogli le piaghe della povera umanità, di cui fa parte l’umanità sua stessa, che in Sé ha assunta Gesù. E qui crediamo che Egli dica al Padre, che quei poveri suoi fratelli hanno troppo bisogno di Dio. Dall’altare, intanto, se li chiama intorno, e mediatore tra noi e Dio prega per noi, e a noi mette sul labbro la sua parola divina a dir tutto quello che non sa dire la parola umana, quasi ci dicesse in segreto: « andate là, fate coraggio, domandate tutto: ché vi sarà dato. Con voi pregherò Io stesso. » – Oh sì! ci voleva proprio solo Gesù per esprimere tutti gli affetti divini e gli immensi bisogni dell’anima nostra. Così per mezzo delle auguste cerimonie, che accompagnano il santo Sacrificio, la Chiesa ci ha fatto passare dall’apparecchio all’istruzione, dall’istruzione all’offerta e dall’offerta alla consacrazione, in cui si avvicinò al Redentore nostro. Qui è da ricordare, come Gesù le tante volte raccomandava di pregare. Un bel dì gli Apostoli a Lui: « Maestro, dissero, Voi ci raccomandate tanto di pregare; ma non sappiamo pure che dire; insegnateci Voi… » « Bene, disse Gesù, venite qui con me. » E, ci par di contemplarlo nel tirarseli tutti d’intorno sul monte, e inginocchiarsi in mezzo di loro, e levati gli occhi e le mani al cielo, dir loro con quella sua grazia: « dite su, con me: o Padre!… ; » e gli Apostoli a rispondere « o Padre ! » E Gesù: « Padre nostro, che siete nei cieli; » e gli Apostoli avranno taciuto… E Gesù: « dite su, Padre nostro… ; » e gli Apostoli, pare a noi, almen Pietro con quell’anima ardente avrà detto per tutti: « o Gesù Cristo: mai no, noi chiamar Dio nostro Padre?… Noi con una lingua di fango, con un cuor di terra… noi! dire Padre nostro! Ditelo Voi: Padre mio: e noi, Padre del nostro Maestro, del Vostro Figlio Gesù!… » Ma Gesù, che volle mettersi tutto con noi, e il suo Sangue versarci in cuore, pare di sentirlo a dire: « Figliuoli del Sangue mio, come io son nel Padre, io sono in Voi; fate coraggio, chiamate Dio col nome di Padre. » Ed insegnava il Pater noster. – Orazione al tutto divina! No, nessun filosofo, niuna scuola, niuna religione ha sognato mai di dire agli uomini: chiamate Dio col nome di Padre! Vogliamo bene osservare qui, che tutte le volte che nella divina officiatura si prega col Pater noster, si recita sempre questa orazione in segreto: mentre nella Messa per contrario, prima di cominciarla, si rompe il silenzio, per avvisare il popolo di accompagnar questa preghiera; e poi si recita ad alta voce: « Pater noster. » L’economia della Chiesa può darci di quest’uso la spiegazione. Ella soleva nei primi secoli tenere nascosti i più alti misteri agli infedeli, ed anche ai catecumeni, fino all’ora che dovevano esser promossi al Battesimo. Quest’uso di un prudente segreto era detto Disciplina arcani: la disciplina del secreto (Ben XIV.). Utile, anzi necessaria disciplina a quei tempi, in cui essendo i Cristiani dispersi in mezzo ai popoli pagani, uomini di grossa mente e d’idee troppo materiali nel fatto della religione; il manifestare i più sublimi misteri sarebbe stato un esporli alle derisioni, ed al sacrilegio, e dare occasione alle più bizzarre interpretazioni ed a mostruose contraffazioni, di cui restano i saggi nelle eresie degli Gnostici e d’altri antichi erranti. Quindi, l’orazione domenicale non si faceva conoscere se non ai provati: perché in essa chiamandosi Padre Iddio, si temeva, non forse volessero quelli che non erano ancora bene illuminati, fare del Dio del cielo un dio di sozze generazioni, di cui il paganesimo aveva più che troppi esempi sconcissimi. Era perciò l’ultima che s’insegnava ai catecumeni immediatamente avanti all’amministrazione del Battesimo. Si voleva che fossero ben fermi, prima che lor si confidasse quella preghiera, ed illuminati così da potere comprendere com’essa fosse il compendio di tutte le cattoliche verità, o il breviario, siccome la chiama Tertulliano, di tutta l’evangelica dottrina: perché si recitasse colle debite disposizioni. Ora abbiamo osservato, come alle officiature intervenivano coi catecumeni anche gl’infedeli: perciò quando si aveva da esprimere questa veramente confidenza, che ci ha fatta Iddio di sua bocca divina, se ne dava il segno, si sospendeva il salmeggiare, e si recitava in secreto. Nella Messa invece a quest’ora erano presenti i soli fedeli, le porte erano chiuse, tenuti lontani i profani. Qui adunque si potevano esporre i più teneri misteri, ed era lecito trattar con Dio colla libertà di figliuoli, incorporati in Gesù Cristo: e quindi l’alzar, ora che era tempo, della voce del Sacerdote, era un fare invito ai fedeli di aprir tutto il cuore col loro Padre Divino. Ecco di fatto come gl’incoraggia a pregare così nelle seguenti parole:

Oremus: Præceptis salutaribus ecc. ossia l’invito a recitare l’Orazione domenicale.

« Preghiamo: avvisati dai salutari precetti, e formati alla scuola divina del Vangelo, osiamo dire: Padre nostro ecc. ecc. »

Esposizione dell’invito: Præceptis ecc.

Abbiamo detto, che i fedeli a questo punto del Sacrificio si trovano tra le braccia di Dio: ed il Sacerdote loro fa qui invito a confidargli il cuore con tutti i suoi bisogni: e questo vuol dire pregare. Gli Apostoli appresero da Gesù Cristo, l’ora del Sacrificio essere propizia per effonder l’anima innanzi a Dio col Pater noster (Hieron. lib, 3, ad Pel.).

Oremus: Preghiamo adunque tutti in comune, e le dimande nostre siano in nome di tutti, affinché il Signore ascolti: ché quando ciascun privato prega per sé, prega nello stesso tempo per tutti i suoi fratelli (Io. Chrys. Hom. De Lazaro.). Vedendoci trattati da Dio con miracoli di tale bontà, noi non dobbiamo sapere far altro che gettarci ai suoi piedi, e in parole piene di pietà sfogare il dolore di averlo offeso. Se non che il Sacerdote si rammenta a conforto, che l’altissimo Iddio ci ha fatto dire dal suo Figlio: che per Mediatore abbiamo Lui presso del Padre in cielo: poiché è proprio Gesù col suo labbro benedetto, che ci fece il bel racconto, che sarà sempre il più gran conforto dei peccatori anche più disgraziati. Giova il ripeterlo qui a pascolo di tenerezza (Luc. 15.). Era una volta, dice Gesù, uno sciagurato di figlio, che fattosi tutto il suo bene dare dal padre, ed al più buono dei padri voltate le spalle, gettossi coi mondani a sollazzo, e tutto che possedeva mandò a male nella voragine dei vizi. Perduto ogni bene di Dio: ridotto sul lastrico, in tanta miseria che disputava le ghiande agli immondi ciacchi, li per morire di fame; si ricordò allora di avere ancora un padre, che trattava tanto bene sino gli ultimi servitorelli. Sorge e si avvia alla sua casa. Il buon padre allora innanzi alla casa passeggiava sotto l’ombra del suo viale, e doveva sospirare appunto il ritorno del figliuolo, che piangeva perduto: quando da lungi vede venire su un poverino, tutto lacero, e coperto di cenci cadenti, insozzato di fango, cogli irti capelli, consunto dall’inedia, colle gote riarse. Egli guarda…. Oh! gli par di conoscere…. quel peregrino da niente… che viene innanzi peritoso, impaurito… Ah possibile!… Oh Dio!… il cuor gli vuol saltare fuori dal petto… Eh! Proprio il suo povero figlio! Il padre non va, no, si getta con un salto incontro…. lo abbraccia al collo, lo stringe al petto, l’innonda di baci in quella foga d’affetti!… « Oh! padre, esclama il povero figlio, ho fatto tanto male! » Ma il padre gli chiude la bocca a furia di baci… « Oh padre! vi ricordate quel di… in cui vi ho abbandonato?…» Ma il padre gli risponde a calde lagrime: « mi ricorderò sempre del dì in cui sei ritornato! » « Ah padre! vi debbo far schifo, così sozzo che sono! » Ma il padre: « presto la mia veste più bella!… » Gliela getta addosso, e lo copre tutto di quel ricco paludamento! Il figliuolo colla testa china a pianger forte: e il padre sotto a ricevere le lacrime sul suo volto: e gli ribaciava la bocca!… Padre, sarò l’ultimo servitore in casa vostra!… Ma il padre, stringendolo al seno, lo mena in casa… e grida: « Presto il gran convito; è questo per la mia casa il più bel dì, il mio povero figliuolo era scappato, adesso è ritornato!… era perduto, adesso non lo perdo più! » Deh! non andiamo più in là: è meglio che noi diciamo: « O Gesù, v’abbiamo inteso per bene! » Questa non è istoria, ma un racconto, che vi suggerisce il vostro cuore, e con tenerissimo ingegno lo avete inventato Voi, per metterci sotto gli occhi ciò che vuol fare a noi il Padre divino, a cui Voi ci ritornate. Anche noi sciagurati, lasciato Dio, che è benedetto in eterno, cercammo beni ingannevoli, lontano dal Padre di tutti i beni, affamati di peccati, divenimmo abbietti in vita di colpe…. brancolammo in mezzo a quelle schifezze… Ah! che orror di miseria! Eh via, eh via, siamo ricondotti da Voi in seno al Padre… Per Voi ci è concesso, oh siate benedetto, Redentore pietosissimo! sì ci è concesso lo spirito di adozione (3 Ioan. III, I.), e tanta carità da poter chiamarci, ed essere veramente noi i figliuoli, e chiamarlo con Voi Padre nostro! (Avvertiamo, che l’esposizione del Pater noster fu da noi tratta da s. Cipriano, Tertulliano, s. Giovanni Grisostomo ecc., come anche da s. Teresa. – Può sembrare a taluno che qui interrompiamo troppo la spiegazione della Messa: ma, più noi crediamo di far cosa grata ai pii e colti nostri lettori coll’esporre, come in un quadro circondato dai commenti inspirati ai santi autori, che citiamo dalla loro pietà illuminata, il Pater noster, compendio delle verità cattoliche. Questa divina preghiera, le cui parole sono come tanti palpiti del Cuor di Gesù, basti a mostrare che è divina la Religione Cristiana a chi ha mente d’ intendere.). Invero i precetti evangelici dice s. Cipriano, sono i fondamenti che sostengono l’edifizio della nostra speranza, sono gli appoggi della nostra fede, e gli alimenti del nostro cuore. Ben volle Dio, che molte cose ci fossero dette dai profeti suoi servi; ma maggiori ce ne ha fatto insegnare dal Figlio suo, mettendoci in bocca Egli stesso la sua orazione. – Noi parliamo con essa al Padre divino colle parole del Figlio, e gli mettiamo innanzi i nostri bisogni colla supplica scritta col Sangue del suo Gesù: o meglio è il Consustanziale suo Figlio, che batte al Cuore del Padre divino, perché apra ed introduca seco noi altri figliuoli, che tien per mano di fuori. Il Padre ci vuol ricevere in seno, e vuole che ci assidiamo al convito. La preghiera della nostra fede sorga adunque diritta a Dio sotto la forma di figliale affezione. Ecco che mentre non a Mosè, non al popolo tutto d’Israele mai rivelò il Nome suo ineffabile: possiamo noi il Creatore dell’universo invocare col più tenero dei nomi, e gli gridiamo: « O Padre. » – « Perciò (S. Teresa.) quando vedremo il cielo, ripeteremo. è quella la vostra casa, o Padre: quando prenderemo in mano le vesti, i cibi, e tutto che Voi ci date, ripeteremo con allegrezza: quanto siete buono, o Padre! Quando alcuna cosa ci darà pena o travaglio, noi diremo rassegnati; eh! vuol essere per noi la buona cosa, perché ce la manda il Padre. Mio buon Dio, ci siete proprio Padre! mi guardo d’intorno, sono in casa di mio Padre; stendo lebraccia, e mi sento in seno all’amabile provvidenza di mio Padre; ché tale si è fatto conoscere Dio, quando col darci il Figliuol suo per nostro fratello, ci adottò tutti per figli. » Perciò quando noi tutti fratelli ci presentiamo qui dinanzi col Primogenito a capo di noi, allora col Padre (così Tertulliano) invocando il Figliuolo Gesù, invocando la Madre che è la Chiesa, formando con essi una sola famiglia in terra, ripeteremo piangendo di consolazione: « O Padre nostro. » –  Col dire nostro noi riconosceremo per nostri fratelli (così s. Gio. Grisostomo) i tanti figliuoli dello stesso Dio: dunque chi avrà cuore di oltraggiare i suoi fratelli? Anzi, uniti tutti insieme colla concordia e colla carità, mentre Gesù ci ordinava la preghiera in comune, perché noi siamo un corpo solo; terremo per mano la Chiesa, che dicemmo Madre in terra; ma il Padre nostro siete Voi, « Che siete nei cieli. » Siamo adunque adottati da Dio per figli? Questa è angusta e sublime adozione, che ci dà il diritto di pretendere tutti i beni del Padre Celeste! (così s. Gio. Grisostomo) Paragona, o mio fratello, quello che siamo per natura con quello che la bontà del nostro Dio ci ha fatto. Noi usciti dal nulla, fatti di terra, noi preda del tempo, ieri non esistevamo, e ora abbiamo Iddio per Padre in cielo. Ma noi chiamandolo Padre, siamo in obbligo di diportarci come figliuoli di Lui, sicché anche esso si compiacerà di esserci Padre, come noi ci onoriamo di essergli figli. Viviamo come se fossimo templi in cui abita Dio, ed essendo celesti e spirituali, non ci occupiamo, se non di cose celesti e spirituali. Deh! pigliamo l’ali della fede per volare da questa terra d’esilio in seno al Padre in cielo (ancora s. Gio. Grisostomo) perché questa è voce di libertà e piena di fiducia di quanti credettero in Dio, a cui diede la potestà di divenire suoi figli (Sacram. di Gel. Pap.).

« Sia santificato il vostro nome. » Padre, siam peccatori, è vero, ma rapiti in seno alla vostra Divinità, attoniti innanzi alla vostra grandezza, inabissati nella vostra bontà; Padre, ora per noi che vi conosciamo così bene, il maggior bisogno del nostro cuore è la gloria di Voi, che tanto la meritate. Siate adunque conosciuto, amato, servito e benedetto da tutte le creature: e la vostra santità (s. Gio. Gris.) sia di tutto glorificata nelle opere nostre, che siano degne di un tale Padre. Così risplenda la vostra luce in noi, affinché gli uomini vedano le opere nostre in terra, e diano gloria a voi in cielo (s. Gio. e s. Cipriano). Là in cielo quella corona di Angeli non resta mai dall’esclamare: « santo, santo, santo. » Deh! anche noi candidati degli Angeli, qui coi nostri voti dalla terra rispondendo, ci associamo al coro dei beati in cielo; le voci e le opere nostre accordando a quest’inno sublime di tutte le creature, a Voi, o Padre e Signore dell’universo, sia gloria da questa universale armonia (Tertulliano). Noi, dunque, dice ancora s. Giovanni Grisostomo, acclamiamo santo il Nome di Dio; non già perché noi possiamo aggiungergli santità; ma come acclamiamo ai principi, chiamandoli imperatori e re, per manifestare l’approvazione nostra, che essi siano al possesso di tale dignità: così noi manifestiamo meglio a Dio il desiderio nostro, ben pregandolo subito dopo, che Egli estenda per tutto l’universo il suo regno, colle parole: « Venga il regno vostro. » Dice qui s. Cipriano: non appartiene ad altri che ad un’anima pura questa dimanda. Voi avete udita la sentenza di Paolo: non regni il peccato nel corpo vostro mortale (Rom. VI). Posciaché avremo purificate le nostre azioni, i nostri pensieri, le nostre parole, diciamo a Dio: « Venga il vostro regno. » Perché gemendo sotto le catene dei sensi e delle passioni, preghiamo Dio, che ci liberi dal peccato, sicché diventiamo servi della giustizia. Così in queste parole diciamo di non volere legare il nostro cuore ai beni passeggieri e caduchi di questa vita; e di non tener per beni, se non quelli che sono immortali (Gio. Grisostomo). Ben regna Dio in eterno; ma noi supplichiamo, che Egli regni nell’anima nostra, che ha conquistata col Sangue suo; e sia Esso la nostra risurrezione, al dir dell’Apostolo: perché risuscitando con Esso, noi formeremo il regno suo celeste. Desideriamo finalmente (Tertull.), che Egli anticipi il regnare, e non ci prolunghi il servire. Semplici parole, ma fondamenti di una Religione, che guida gli uomini a regnare eternamente in Dio. Con esse chiediamo il compimento degli eletti nella consumazione dei secoli. « Venga adunque più presto che sia possibile il regno vostro, desiderio di noi Cristiani, confusione dei vostri nemici, allegrezza degli Angeli. Ché per questo regno noi combattiamo. » Ancora, vogliamo aggiungere con s. Teresa, queste sono di quelle celesti cortesie, di che le anime ricambiano Dio,  dicessero: Signore, voi fate tanto per regnare nei nostri cuori; anche noi, anche noi sospiriamo solo il vostro regno. Accennando dunque il paradiso (s. Teresa): « là, diciamo, è il regno del nostro Padre. Voi intanto, o Signore, stendete anche qui sulla terra il regno conquistato dal Sangue di Gesù Cristo. Fate che la vostra Chiesa raccolga nel suo seno tutti gli uomini, nostri fratelli. Oh! quanti di loro sono nella schiavitù del peccato: redimeteci tutti nella libertà del regno della vostra giustizia, e portateci a regnare con Voi in paradiso. » (S. Gio. Grisostomo). –  Quando l’anima è disposta così, (s. Teresa) lascia tutta a Dio la cura di sé, e delle cose sue. E a Lui dice come s. Caterina da Siena: abbiate Voi pensiero di me, ché io avrò pensiero di Voi. Facciamo ben dunque il maggior nostro interesse, quando ci rimettiamo a Dio, che vuol pigliarsi cura di noi, anzi si obbliga a farlo, più tosto che non affannarci da noi che non possiamo allungare di un centimetro un capello della nostra testa. L’anima non ha da fare altro che ripetere:

« Sia fatta la vostra volontà come in cielo, così in terra. » Come se dicessimo, così s. Cirillo (Mystag. 6,): « O Signore, possa io eseguire i vostri voleri sulla terra, come gli Angioli li eseguiscono in cielo. Oh via: facciamo veramente da figliuoli di Dio, lasciandoci dal suo Spirito condurre. » « Signore concedeteci (s. Gio. Grisostomo) che conformiamo totalmente la nostra vita a quella dei Santi, che sono già in cielo: così non facciamo mai, se non quello, che Voi volete. Date sostegno alle virtuose risoluzioni delle anime nostre, che pur vorrebbero essere vostre, ma trovano debolezza nei corpi. Si sforzano esse di correre, per unirsi a Voi nelle regioni celesti, ma il peso di questa carne arresta il loro volo, e le fa ricadere in terra. Siate Voi il nostro sostegno, e ciò che sembra eccedere le forze di nostra natura, ci diverrà facile. » Non domandiamo adunque che Dio faccia ciò che vuole (s. Cip.): e chi mai può impedire che Dio faccia ciò che gli talenta. Ma noi preghiamo, perché Egli adempia il volere suo in tutti, anche negli infedeli. Anche la povera volontà umana gli raccomandiamo; che le faccia volere ciò che è buono: sicché, come Gesù nell’Orto, anche nei più duri cimenti, quando sentiamo il peso delle debolezze della nostra carne, sotto di esso mandiamo tal grido al Padre: « non la nostra mala, sì la vostra buona volontà sia fatta! » Pronti con Gesù anche ad immolarci interamente ai voleri del divin Padre. Attacchiamoci adunque alla croce con Gesù Cristo, e colla pazienza corriamo alla corona. Questo è l’essere coeredi con Gesù Cristo. Fermi nella certezza (Tertull.) che la somma volontà di Dio è la salute di quelli, che Egli ha adottati, noi staremo fra le braccia del suo amore, affinché ci porti al cielo; tranquilli come i bambini in grembo alla madre. E di fatto. a chi possiamo affidarci meglio che al braccio di così amabile provvidenza, che di ogni più minuto essere si prende così sollecita cura? É sapientissimo il Signor nostro, e conosce tutto ciò che è bene; è onnipotente e può operarlo: è buono fino a salvarci col sacrificarsi per noi. Ah! gridiamo in braccio a Lui. « Fate Voi, fate Voi tutto che volete per recare a salute i figli vostri. » Bello è il pensiero di santa Teresa: Pongasi l’anima ai piedi del Padre, Signore e Sposo, come l’amabile Ester e quivi dica: « Signore, sono la serva che desidera nient’altro, che fare la vostra volontà. » Ed il Signore nella sua celeste clemenza (Tertull.) si degnerà sollevarci .come figliuole e spose.

« Dateci oggi il nostro pane quotidiano. »

Oggi non mettiamoci in pena per la dimane pronti ogni giorno alla partenza; atteggiati sempre come viaggiatori, i quali non più si fermano che un istante, per concedere alla natura il necessario. Ché non abbiamo qui la città permanente, ma siamo in via per giungere alla futura. Signore, dateci adunque la provvisione del dì. Dateci (s. Cipr.) il pane che supera ogni sostanza, che mantiene la vita spirituale dell’anima nostra ogni giorno. In tutti gl’istanti abbiamo bisogno di Dio; come bimbi giriamo intorno alla mensa, ed aspettiamo dalle mani del Padre il sostentamento, che solo può dare Egli; il quale apre la mano, e tutti gli esseri animati ricevono l’alimento. – Abbiamo adunque un Padre che pensa a noi: e noi riposiamo sulla sua provvidenza (s. Cipr.). Noi abbiam domandato il regno suo e la sua giustizia: tocca a Lui di compiere la sua promessa, di aggiungerci tutto che per noi sia bene. Se noi non gli balziamo fuori delle braccia, ci potrà Egli lasciar perire nel suo seno? Ma qui noi domandiamo il Pane vivo, disceso dal cielo, Gesù che adoriamo nel Sacramento, perché il pane della vita è Cristo Gesù (s. Cipr.) « Dateci oggi » potevano ben dire con maggior verità quei fervorosi antichi Cristiani, e lo possono ancora parecchi devoti, i quali nel desiderio eccessivo della Comunione, e per viva tenerezza di cuore non possono tener le lagrime: anzi colla bocca aperta del cuore insieme e del corpo, fino delle midolle anelano al loro Dio, fonte vivo: non sapendo altrimenti gustare, né empierne la propria fame, se non hanno con tutta dolcezza e spirituale avidità preso quel Corpo divino (Im. di Crist. Lib. 4); essendo per loro il più acerbo castigo l’esser per pochi dì della Comunione privati. La Comunione adunque, la s. Comunione è quotidiana. Deh adunque non stiam digiuni in punizione di qualche nostra colpa! (S. Cipr.). Diciamo bensì: dateci il pane quotidiano, perché sempre ci conviene domandare l’immunità dal peccato, per modo che siamo degni delle celesti vivande (Sacram. di Gelas. P.). – Pigliamo la beata usanza, tutte le volte che diciamo: Panem nostrum quotidianum, di gettarci in braccio a Gesù con una Comunione spirituale, e dire col cuore: « dateci il pan della vita il Vostro Corpo. » Ben s’intende che è il pane della vita eterna, che gli domandiamo: perché, se domandassimo il pane da mantenerci solo per la vita presente, non sarebbe che l’alimento, che ci munisce per andare al supplizio (Tertull.). Il perché (dice s. Teresa) io non mi posso persuadere, che si domandi il pane materiale, tanto più che ad un tanto Padre non istà bene il domandar tali cose basse, che Egli dà alle creature inferiori, senza che le domandino. Anzi Egli ci ha avvisati di chieder prima le cose del regno suo; ché del restante la divina Maestà si prenderebbe pensiero. Domandasi adunque il pane della dottrina evangelica colle virtù; ed il SS. Sacramento, in cui il cuor nostro si pasce di Dio stesso. Perciò quando gli domandiamo che ci dia il pane quotidiano e sopra sostanziale, è lo stesso che dirgli; « Vogliamo Voi, o Signore, perché niente ci può bastare senza di Voi. » Quindi è da prendere la beata usanza, tutte le volte che recitiamo il Pater noster, di slanciarci, dicendo queste parole, in cuore a Gesù nel santo ciborio, e dirgli contriti ed innamorati: « dateci il nostro pane! » Cioè si dovrebbe fare ognora con questa vivissima giaculatoria la Comunione spirituale. Perché veramente è questo il pane nostro, il Pan del padre: e tutta la vita cristiana dev’essere un sospirare a Lui per vivere solo di Dio (S. Cirillo Mist. 5).

« Rimettete a noi i nostri debiti, siccome noi li rimettiamo ai nostri debitori. »

Dice s. Giovanni Grisostomo: parole son queste di un senso assai profondo e formidabile, ed è come se colui che prega, dicesse a Dio: « Signore, io per me ho rimesso ciò che mi si doveva, anche Voi rimettete a me quel che vi debbo: ho dato, ed anche Voi ora date a me: ho perdonato, ed anche Voi ora perdonate a me. Che se non ho dato nulla al mio prossimo, se non gli ho rimesso il suo debito, non mi rimettete il mio: se ho maltrattato il mio fratello, non risparmiate me meschino: se mi son dimostrato duro verso di lui o spietato, trattatemi pure senza pietà: in una parola usate verso di me quella misura, che ho usato verso il mio prossimo. E vi sarà chi non voglia perdonare ancora? Ben dunque si dovrebbe (per lo men male) consigliare gli infelici, che son fermi di non voler perdonare, che non ardissero di pregare a Dio coll’orazione, che Cristo ha loro insegnato, chiamandolo Padre, e tanto meno lasciarsi trovare presenti al divin Sacrificio. Guai a loro! eglino si tirerebbero in capo la più esecrata maledizione, che il diavolo potesse contro a lor mandar dall’inferno. Nel grande atto di sacrificare a Dio l’immacolato Agnello di pace che leva i peccati del mondo ed impetra agli uomini misericordia, il Sacerdote in nome e persona dei fedeli, che sono presenti, fa al Padre la grande orazione, con la quale prega, che Dio voglia, per i meriti del suo Figliuolo, perdonare a noi i nostri peccati, come noi ai nostri fratelli perdoniamo le offese. Dimitte nobis debita nostra sicut et nos dimittimus ,debitoribus nostris. Ah! questo sarebbe quasi un fulmine: perché ciò importa, che essendo noi duri ed inflessibili al voler perdonare, anche Dio faccia con noi il somigliante: ed è un invitare e provocare la divina giustizia a fulminarci la sentenza d’eterna riprovazione, suggellata dal Sangue di Gesù Cristo, che in quell’atto doveva suggellare il riscatto della pace e della grazia a noi meritata; ed è un dire: Dio giusto! perché siete giusto e verace, come noi non vogliamo perdonare, e così voi in eterno non ci perdonate; della qual cosa niente di più orribile si può immaginare. Adunque se alcuno di costoro si trova alla Messa, esca, fugga di presente dal luogo santo, si separi dalla comunione dei fedeli della vittima per loro offerta: costui staria men male coi diavoli nell’inferno. Ah! Dunque, vinciamo ogni difficoltà e perdoniamo. Preghiamo, preghiamo che Dio ci conceda la grazia di perdonare. – Quando invece perdonando ci abbracciamo all’altare, e mostrando Gesù al Padre, gli possiam dire: « tuttoché peccatori non vogliamo temere di nostra salute, questo nostro Signore Gesù ha obbligato la fede sua dicendoci: se voi avrete rimesso agli uomini i loro peccati, il Padre Celeste rimetterà i debiti vostri. » (Matt. n. 14). S. Giovanni l’Elemosiniere stava sull’altare, e nell’atto di presentar l’offerta si ricordò dell’avviso di Dio di lasciar sull’altare l’offerta e di correre prima a riconciliarsi e poi venire a compier l’azione: e non poté più restarvi tranquillo. Corse giù dall’altare, cercò di un diacono che si credeva da lui offeso: al tutto volle con lui riconciliarsi: allora tornò contento a far l’offerta nella speranza di ottenere misericordia, col poter dire con sincerità: « perdonate a me, come io agli altri ho perdonato. »

« Non c’inducete in tentazione. »

Assaliti continuamente (s. Cipr.) o dal demonio, o dai nostri simili, o dai nostri sensi, siamo ad ogni istante in pericolo di soccombere, se non abbiamo ricorso alla grazia dell’onnipotente Iddio. Ma coraggio! Gesù ci ha manifestato che il demonio nulla può conta di noi, se non in quanto lo permette Iddio. Preghiamo adunque (s. Cipr.), non già di non essere mai tentati: guai all’uomo che non fu mai tentato! Egli nulla sa (Eccl. 34), e non è sperimentato. Ma preghiamo che Dio porti in mano l’anima nostra: ché quando ci terrà saldi la mano di Dio, noi cammineremo sopra gli abissi, e monteremo sopra il capo alle tempeste, e in mezzo agli attacchi dei nostri sensi troveremo occasione a sempre nuove vittorie. Quindi conchiude qui Tertulliano: « fate orazione. » Alcuni andarono soggetti alla tentazione, perché abbandonarono il Signore e si diedero piuttosto a dormire che a pregare. Preghiamo adunque che ci liberi dalle tentazioni, o dandoci grazia di non essere tentati, o dandoci grazia di non essere vinti. Il popolo risponde: « Liberateci dal male. » Liberateci cioè dal demonio, dal peccato e dalla eterna dannazione, orribilissimo di tutti i mali. Anche Gesù, per confortarci nel sentimento di nostra debolezza, pregava il padre, lo liberasse dai mali che gli soprastavano. Preghiamo pure il Padre, che ci liberi dal male, d’ogni mal di colpa e di pena, da tutto ciò, che crede Egli essere per noi male. La preghiera dice s. Cipriano, termina con queste parole, che ne sono il compendio. Non rimane più niente che si possa chiedere a Dio, giacché, impetrata la protezion di Dio contro il male che ci avversa, siam sicuri da tutti gli assalti del demonio e del mondo. Il Sacerdote risponde: « così sia. » Padre, Signore, Iddio, deh! per vostra grazia ci concedete tutto, di che vi preghiam nell’orazion vostra. Poi seguita l’orazione: Libera nos, detta Embolismo, cioè interposizione od intercalazione, perché ripiglia (Card. Bona, Rer. litur. lib. 2, n. 2) in certo qual modo la parola Libera nos, e si diffonde a numerare i mali, da cui si chiede di essere liberati; essendo come uno sfogo, che si prende l’animo nel versare in cuore al Padre delle misericordie la confidenza delle proprie miserie.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (11) “da EUGENIO I ad AGATONE”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (11)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Eugenio I a Agatone)

EUGENIO I: 10 agosto 654 – 2(3 ?) giugno 657

VITALIANO: 30 luglio 657 – 27 gennaio 672

ADEODATO II: 11 aprile 672-17 (16 ?) Giugno 676

11° “Concilio di Toledo”, iniziato il 7 novembre 675

Professione di fede.

La Trinità divina.

525. (1) Confessiamo e crediamo che la santa ed ineffabile Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, sia un solo Dio per natura, di una sola sostanza, di una sola natura, di una sola maestà e di una sola potenza.

(2) E professiamo che il Padre non sia né generato né creato, ma  ingenito. Non trae la sua origine da nessuno, da cui il Figlio è nato e lo Spirito Santo ha ricevuto la processione.  È quindi la fonte e l’origine di tutta la Divinità.

(3) Egli è anche il Padre della sua stessa essenza, che dalla sua ineffabile sostanza generò il Figlio, e tuttavia non ha generato altro che ciò che Egli stesso è (Lui, il Padre, cioè la sua ineffabile Essenza), ha anche ineffabilmente generato il Figlio dalla sua sostanza): Dio (generò Dio), la luce, la luce, da Lui dunque “ogni paternità in cielo e in terra”. (Ef III,15)

526. (4) Affermiamo anche che il Figlio sia nato dalla sostanza del Padre senza inizio, prima dei secoli, e tuttavia non sia stato creato; perché né il Padre è mai esistito senza il Figlio, né il Figlio mai senza il Padre.

(5) E tuttavia il Padre non è dal Figlio come il Figlio è dal Padre, perché il Padre non ha ricevuto la generazione dal Figlio, come il Figlio l’ha ricevuta dal Padre. Il Figlio è dunque Dio dal Padre, ma il Padre non è Dio dal Figlio. È il Padre del Figlio, ma non è Dio attraverso il Figlio. Il Figlio è Figlio del Padre e Dio attraverso il Padre. Il Figlio, tuttavia, è uguale in tutto e per tutto a Dio, il Padre, perché non ha mai iniziato né cessato di nascere.

(6) Crediamo anche che Egli sia di una sola sostanza con il Padre; per questo si dice che è homoousios al Padre, cioè della stessa sostanza del Padre; in greco homos significa “uno” e ousia “sostanza”; le due parole insieme significano “una sola sostanza”. Dobbiamo credere che il Figlio sia stato generato e che non è nato dal nulla o da un’altra sostanza, ma dal seno del Padre, cioè dalla sua sostanza.

(7) Eterno è il Padre, eterno è il Figlio. Se il Padre è sempre stato, ha sempre avuto un Figlio, di cui era il Padre. Per questo confessiamo che il Figlio è nato dal Padre senza un inizio.

(8) Tuttavia questo stesso Figlio di Dio, in quanto generato dal Padre, non lo chiamiamo “parte della sua natura divisa”, ma affermiamo che il Padre perfetto ha generato il suo Figlio perfetto senza senza diminuzione o divisione, perché appartiene alla sola Divinità non avere un Figlio disuguale.

(9) Questo Figlio è Figlio di Dio per natura, non per adozione, e dobbiamo credere che il Padre non lo abbia generato né per volontà né per necessità, perché in Dio non c’è necessità e la volontà non precede la sapienza.

527. (10) Crediamo anche che lo Spirito Santo, che è la terza Persona della Trinità, sia Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio, della stessa sostanza e anche della stessa natura; tuttavia, non è né generato né creato, ma procede da entrambi ed è lo Spirito di entrambi.

(11) Crediamo anche che lo Spirito non sia né innato né generato, in modo che non venga considerato, se diciamo che non è generato, che affermiamo due Padri, o se diciamo che sia generato, predichiamo due Figli; eppure Egli è un’entità che non è stata creata, e non si dica che sia solo lo Spirito del Padre, ma che sia lo Spirito del Padre e del Figlio.

(12) Infatti, non procede dal Padre verso il Figlio, né procede dal Figlio per santificare le creature, ma sembra aver proceduto sia dall’uno che dall’altro, perché è riconosciuto come la carità o la santità di entrambi.

(13) Crediamo, quindi, che lo Spirito Santo sia inviato da entrambi, come il Figlio è inviato dal Padre; ma non è considerato inferiore al Padre e al Figlio, come il Figlio testimonia di essere inferiore al Padre e allo Spirito Santo a causa della carne che ha assunto.

528. (14) Questo è il modo di parlare della Santa Trinità: bisogna dire che non è triplice, ma trina. Non si può dire che la Trinità sia in un solo Dio, ma che un solo Dio sia Trinità.

(15) Nei nomi delle persone che esprimono le relazioni, il Padre è riferito al Figlio, il Figlio al Padre, lo Spirito Santo a entrambi: quando si parla delle tre Persone in considerazione delle relazioni, si ritiene che siano una sola natura o sostanza.

(16) Non affermiamo tre sostanze come tre Persone, ma una sola sostanza e tre Persone.

(17) Il Padre, infatti, è Padre non in relazione a se stesso, ma in relazione al Figlio; il Figlio è Figlio non in relazione a se stesso, ma in relazione al Padre. Allo stesso modo, lo Spirito Santo non si riferisce a se stesso, ma al Padre e al Figlio, ma al Padre e al Figlio, perché è chiamato Spirito del Padre e del Figlio.

(18) Allo stesso modo, quando diciamo “Dio”, non esprimiamo una relazione con un altro, come quella del Padre con il Figlio o del Figlio col Padre, o dello Spirito Santo col Padre ed il Figlio, ma si dice “Dio” soprattutto in riferimento a se stesso.

529. (19) Se ci viene chiesto di ciascuna delle Persone, dobbiamo confessare che è Dio. Si dice che il Padre è Dio, che il Figlio è Dio, che lo Spirito Santo è Dio, ciascuno in particolare; eppure non sono tre dèi, ma un solo Dio.

(20) Allo stesso modo si dice che il Padre è onnipotente, il Figlio è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente; eppure, non sono tre onnipotenti, ma un solo onnipotente, come noi professiamo una sola luce ed un solo principio.

(21) Confessiamo e crediamo che ogni Persona in particolare sia pienamente Dio e che tutti e tre siano un solo Dio; abbiano una sola divinità, una sola maestà, una sola potenza indivisa, uguale, che non diminuisce in ciascuno, né aumenta in tutti e tre; infatti, non è minore quando ogni Persona viene chiamata Dio in particolare; non è maggiore quando le tre Persone sono chiamate un solo Dio.

530. (22) Questa santa Trinità, che è un unico vero Dio, non è al di fuori del numero ma non èracchiuso nel numero. Nelle relazioni tra le Persone appare il numero; nella sostanza della Divinità non si può cogliere nulla che possa essere contato. C’è quindi un’indicazione di numero solo nelle relazioni tra le Persone, ma non c’è numero per loro, perché sono riferite a se stesse.

(23) Per questa Santa Trinità è quindi necessario un nome di natura, che non può essere usato al plurale nelle tre Persone. Per questo crediamo a quanto dice la Scrittura: “Grande è il nostro Signore e grande è la sua potenza e la sua sapienza è senza numero” (Sal CXLVI,5).

(24) Il fatto che diciamo che queste tre Persone siano un unico Dio non significa che possiamo dire che il Padre sia lo stesso del Figlio, o che il Figlio sia il Padre, o che Colui che è lo Spirito Santo sia il Padre o il Figlio.

(25) Perché colui che è il Figlio non è il Padre e colui che è il Padre non è il Figlio, né lo Spirito Santo è il Padre o il Figlio; eppure il Padre è ciò che è il Figlio, il Figlio ciò che è il Padre, il Padre e il Figlio sono lo stesso dello Spirito Santo, cioè un solo Dio per natura.

(26) Infatti, quando diciamo che il Padre non è uguale al Figlio, ci riferiamo alla distinzione delle Persone. Ma quando diciamo che il Padre è lo stesso del Figlio, il Figlio è lo stesso del Padre, lo Spirito Santo è lo stesso del Padre e del Figlio, esprimiamo che ciò appartiene alla natura o alla sostanza con cui Dio è, perché sono sostanzialmente uno: distinguiamo sì le persone, ma non dividiamo la Divinità.

531. (27) Riconosciamo dunque la Trinità nella distinzione delle Persone; professiamo l’unitàper la natura o sostanza. Questi tre sono dunque uno nella natura, non nella Persona.

(28) Tuttavia, non dobbiamo concepire queste tre Persone come separabili, poiché crediamo che nessuna di Esse sia mai esistita, né abbia mai compiuto alcuna opera né prima dell’altra, né dopo l’altra, né senza l’altra.

(29) Esse sono infatti inseparabili sia in ciò che sono sia in ciò che fanno, poiché tra il Padre che genera, il Figlio che è generato e lo Spirito Santo che procede, non crediamo che ci sia alcun intervallo di tempo in cui Colui che genera avrebbe preceduto di un momento il generato, o il generato avrebbe mancato colui che genera, o lo Spirito Santo, nel procedere, sarebbe apparso dopo il Padre ed il Figlio.

(30) Perciò dichiariamo e crediamo che questa Trinità sia inseparabile e distinta. Parliamo di tre Persone, come definite dai nostri Padri, perché siano conosciute come tali, non perché siano separate.

(31) Infatti, se consideriamo ciò che la Sacra Scrittura dice della Sapienza: “Ella è lo splendore della luce eterna” Sap VII, 26), così come vediamo che lo splendore è un tutt’uno con la luce, inseparabilmente, così confessiamo che il Figlio non possa essere separato dal Padre.

(32) Come non confondiamo queste tre Persone, la cui natura è una ed inseparabile, così dichiariamo anche che non possano essere separate in alcun modo.

532 (33) La Trinità stessa, infatti, si è degnata di mostrarcelo così chiaramente che anche nei nomi con cui ciascuna Persona è stata designata, Egli non ha permesso che l’una fosse compresa senza l’altra. Il Padre, infatti, non può essere conosciuto senza il Figlio e il Figlio non viene scoperto senza il Padre.

(34) La relazione stessa, nella sua denominazione personale, impedisce la separazione delle Persone e, quando non le nomina, le indica insieme. Nessuno può intendere uno di questi nomi che non sia costretto a capire anche gli altri.

(35) Essendo dunque questi tre uno e questo uno tre, ciascuno conserva tuttavia la sua proprietà. Il Padre ha l’eternità senza nascita, il Figlio ha l’eternità con la nascita e lo Spirito Santo ha la processione senza nascita, con l’eternità.

L’incarnazione.

533 (36) Crediamo che di queste tre Persone, solo la Persona del Figlio abbia assunto una vera natura umana, senza peccato, dalla santa e immacolata Vergine Maria, per la liberazione del genere umano; Egli è nato da Lei secondo un nuovo ordine, secondo una nuova nascita: un nuovo ordine, perché invisibile nella sua divinità, appare visibile nella carne; una nuova nascita, perché una verginità intatta non ha conosciuto il contatto virile ed ha fornito la materia del suo corpo fecondato dallo Spirito Santo.

(37) La ragione non può comprendere questo parto della Vergine; nessun esempio lo illumina. Se la ragione lo comprende, non è ammirevole; se gli esempi lo illuminano, non sarà più speciale.

(38) Tuttavia, non è necessario credere che lo Spirito Santo sia il Padre del Figlio, perché Maria ha concepito all’ombra di questo stesso Spirito Santo, poiché non debba sembrare che il Figlio abbia due Padri: è certamente empio dire questo.

534 (39) In questa mirabile concezione, la Sapienza, dopo essersi costruita una dimora, “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. (Gv I, 14). Tuttavia, questo Verbo non si è trasformato o cambiato nella carne, in modo che Colui che voleva essere uomo cessasse di essere Dio; ma “il Verbo si è fatto carne in modo che in Lui non ci sia solo il Verbo di Dio e la carne dell’uomo, ma anche un’anima umana ragionevole, e che tutto ciò che è Dio si dica a proposito di Dio e tutto ciò che è uomo, a proposito dell’uomo.

(40) Nel Figlio di Dio crediamo che vi siano due nature, quella della Divinità e quella dell’umanità, che l’unica Persona di Cristo le abbia unite in sé in modo tale che è impossibile separare la divinità dall’umanità e l’umanità dalla divinità.

(41) Pertanto, Cristo è perfetto Dio e perfetto uomo nell’unità di una sola Persona. Tuttavia, dicendo che ci siano due nature nel Figlio, non facciamo in modo che ci siano due Persone in Lui, per non aggiungere alla Trinità – Dio non voglia – una quaternità.

(42) Dio Verbo, infatti, non ha preso la persona dell’uomo, ma la sua natura, e nella Persona eterna della Divinità ha assunto la sostanza temporale della carne.

535. (43) Allo stesso modo crediamo che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo abbiano una sola sostanza, senza dire che la Vergine Maria ha partorito l’unità di questa Trinità: Ella ha partorito solo il Figlio, che solo ha assunto la nostra natura nell’unità della sua Persona.

(44) Dobbiamo anche credere che l’Incarnazione del Figlio di Dio sia stata realizzata da tutta la Trinità, perché le opere della Trinità non possono essere divise. Tuttavia, il Figlio da solo ha preso la forma di servo (Phil. II,7) nella singolarità di persona, non nell’unità della natura divina; in ciò che è proprio del Figlio, non in ciò che è comune alla Trinità:

(45) questa forma è stata unita all’unità della Persona, in modo che il Figlio di Dio e il Figlio dell’uomo siano un unico Cristo. Allo stesso modo Cristo, nelle sue due nature, è composto da tre sostanze, quella del Verbo, che deve essere riferita alla sola essenza di Dio, quelle del corpo e dell’anima che appartengono al vero uomo.

536. (46) Egli ha dunque in sé la duplice sostanza della sua divinità e della nostra umanità.

(47) Poiché è venuto da Dio Padre senza un inizio, si dice che sia solo nato, perché non è stato fatto né predestinato; ma poiché è nato dalla Vergine Maria, si deve credere che sia nato, fatto e predestinato.

(48) Ma in Lui sono mirabili entrambe le generazioni, perché è stato generato dal Padre senza madre prima dei secoli, e perché alla fine dei secoli è stato generato da una madre, senza un padre. In quanto Dio, ha creato Maria; come uomo, è stato creato da Maria. È padre e figlio di Maria sua madre.

(49) Allo stesso modo, poiché è Dio, è uguale al Padre; essendo uomo, è inferiore al Padre.

(50) Allo stesso modo dobbiamo credere che Egli sia più e meno di se stesso. Nella forma di Dio, il Figlio è più di se stesso, perché ha assunto l’umanità a cui la divinità è superiore; ma nella forma di schiavo, è meno di se stesso, cioè nell’umanità che è riconosciuta come inferiore alla Divinità.

(51) Infatti, come la carne che ha assunto lo rende inferiore non solo a suo Padre, ma anche a Se stesso, così anche secondo la sua divinità, per la quale è uguale al Padre, Egli e il Padre sono più che uomo, che solo la Persona del Figlio ha assunto.

537 (52) Allo stesso modo, si cerca di capire se il Figlio possa essere allo stesso tempo uguale allo Spirito Santo e più grande di Lui, poiché si ritiene che sia talvolta uguale al Padre e talvolta inferiore al Padre, risponderemo: secondo la forma di Dio, è uguale al Padre ed inferiore al Padre, secondo la forma di Dio, è uguale al Padre e allo Spirito Santo; secondo la forma di schiavo, è inferiore al Padre e allo Spirito Santo, perché non si è incarnato né lo Spirito Santo né Dio Padre, ma solo la Persona del Figlio.

(53) Allo stesso modo crediamo che questo Figlio, come Persona, sia distinto ma inseparabile dal Padre e dallo Spirito Santo; come natura sia distinto dalla natura umana che ha assunto. Allo stesso modo, insieme alla natura umana, costituisce una Persona; con il Padre e lo Spirito Santo, è la natura o sostanza della Divinità.

538 (54) Tuttavia, dobbiamo credere che il Figlio non sia stato inviato solo dal Padre, ma anche dallo Spirito Santo, poiché Egli stesso dice per mezzo del Profeta: “Ecco, ora il Signore ha mandato me e il suo Spirito.” (Is XLVIII,16).

(55) Si riconosce anche che è stato mandato da Se stesso, perché indivisibile non è solo la volontà, ma l’operazione di tutta la Trinità.

(56). Colui che era chiamato unigenito prima dei secoli, è diventato il primogenito nel tempo: unico in ragione dell’Essenza divina, unigenito a motivo dell’essenza divina, primogenito a motivo della natura della carne che ha assunto.

La redenzione.

539 (57) Nella forma di uomo che assunse, crediamo che Egli fu, secondo la verità del Vangelo, concepito senza peccato, nato senza peccato, morto senza peccato, che da solo è “diventato peccato” per noi, cioè un sacrificio per i nostri peccati.

(58) Tuttavia, Egli ha sofferto la Passione per noi, rimanendo intatta la sua divinità. Fu condannato a morte, morì di una vera morte di carne sulla croce; e il terzo giorno, risuscitato con il suo stesso potere è risorto dalla tomba.

Il destino dell’uomo dopo la morte.

540 (59) Così l’esempio del nostro Capo ci porta a confessare che ci sia una vera risurrezione della carne per tutti i morti.

(60) Non crediamo che risorgeremo in un corpo etereo o in un altro tipo di carne, secondo i deliri di alcuni, ma in quella carne con cui viviamo, esistiamo e ci muoviamo.

(61) Nostro Signore e Salvatore, dopo aver fornito il modello di questa santa risurrezione, ha riconquistato con la sua Ascensione il trono paterno che la sua Divinità non aveva mai abbandonato.

(62) Seduto alla destra del Padre, è atteso per giudicare tutti i vivi e tutti i morti per la fine dei tempi.

(63) Da lì verrà con tutti i Santi [Angeli ed uomini] per giudicare e rendere a ciascuno la ricompensa che gli è dovuta, secondo ciò che ciascuno ha fatto nel corpo, sia in bene che in male. (2 Co V, 10).

(64) Crediamo che la Santa Chiesa cattolica, redenta con il suo sangue, regnerà con Lui per sempre.

(65) Riuniti in questa Chiesa, crediamo e professiamo un solo Battesimo per la remissione di tutti i peccati.

(66) In questa fede crediamo sinceramente nella risurrezione dei morti e attendiamo le gioie dell’età futura.

(67) Non ci resta che chiedere questo nella nostra preghiera: quando, dopo l’esecuzione e la fine del giudizio, il Figlio avrà consegnato il suo Regno a Dio suo Padre (1Cor XV, 24), possa renderci partecipi di esso, affinché, per la fede che ci unisce a Lui, possiamo regnare con Lui senza fine.

541 (68) Questa è l’affermazione della fede che professiamo. Per mezzo di essa, le dottrine di tutti gli eretici sono annientate; con essa si purificano i cuori dei fedeli; con essa si arriva gloriosamente a Dio… [nei secoli dei secoli. Amen.]

DONO: 2 novembre 676 – 11 aprile 678

AGATONE: 27 giugno 678 – 10 gennaio 681

Lettera Consideranti mihi agli Imperatori, 27 marzo 680

La Trinità divina.

542. Questa è dunque la fede evangelica e apostolica e la tradizione che ne è la regola: noi confessiamo che la santa e indivisibile Trinità, cioè il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, si di una sola divinità, di una sola natura e sostanza o essenza, e proclamiamo anche che sia di una sola volontà naturale, di una sola forza, operazione, signoria, maestà, potenza e gloria. E tutto ciò che è stato detto di questa stessa santa Trinità per quanto riguarda l’essenza, istruiti in ciò dalla dottrina che è la regola, noi vogliamo intenderlo al singolare come un’unica natura delle tre Persone consustanziali.

Il Verbo incarnato.

543. Ma quando professiamo la nostra fede riguardo ad una di queste tre Persone della santa Trinità, il Figlio di Dio, Dio Verbo, e del mistero della sua adorabile economia nella carne, spieghiamo, secondo la tradizione del Vangelo, tutto ciò che appartiene all’unico e medesimo Signore, il nostro Salvatore Gesù Cristo, in una duplice maniera, cioè, proclamiamo le sue due nature, quella divina e quella umana, dalle quali e nelle quali Egli esiste ugualmente secondo un’unione mirabile ed inseparabile. Confessiamo anche che ognuna delle sue nature abbia la sua proprietà naturale: che il Divino possieda tutto ciò che è divino, e l’umano tutto ciò che è umano, con l’eccezione del peccato. E riconosciamo che entrambe appartengono all’unico e medesimo Dio, Verbo incarnato, cioè divenuto uomo, senza confusione, senza separazione, senza cambiamento; solo l’intelligenza discerne ciò che è unito, a causa dell’errore che la confusione rappresenterebbe. Infatti, detestiamo allo stesso modo la blasfemia della divisione e quella della mescolanza.

544. Ma quando confessiamo due nature, nonché due volontà naturali e due operazioni, non diciamo che siano contrarie l’una all’altra o che siano in opposizione tra loro, né che siano per così dire separate in due Persone o ipostasi; ma diciamo che lo stesso Gesù Cristo, così come ha due nature, ha anche in sé due volontà e due operazioni naturali: cioè, ha in comune la volontà e l’operazione divina da tutta l’eternità con la volontà e le operazioni dall’eternità con il Padre coessenziale, e che la volontà e l’operazione umana l’ha presa temporalmente da noi con la nostra natura.

545. Inoltre, la Chiesa apostolica di Cristo … riconosce, a motivo delle proprietà naturali, che ciascuna di queste nature di Cristo sia completa, e tutto ciò che si riferisce alle proprietà delle nature lo confessa come due volte dato, dal momento che nostro Signore Gesù Cristo stesso è sia Dio completo che uomo completo, sia da e in due nature…Di conseguenza… confessa e proclama che in Lui vi sono anche due volontà naturali e due operazioni naturali. Infatti, se si intendesse la volontà come personale, si dovrebbe anche, dato che parliamo di tre Persone nella Santa Trinità, che parlare di tre volontà personali e tre operazioni personali (il che è assurdo e totalmente empio). Ma se,come implica la verità della fede cristiana, la volontà è naturale, dove si parla di questo della Santa ed Inseparabile Trinità, sarà necessario riconoscere anche, quindi, un’unica volontà naturale ed un’unica operazione naturale. Ma quando confessiamo nell’unica Persona di nostro Signore Gesù Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm II, 5), due nature: la divina e l’umana, in cui Egli esiste ugualmente dopo l’ammirabile unione, così come confessiamo due nature, confessiamo regolarmente anche le sue due volontà naturali e le sue due operazioni naturali.

Concilio di Roma, Lettera dogmatica sinodaleOmnium bonorum spes” agli imperatori, 27 marzo 680.

La Trinità divina.

546. Noi crediamo in Dio Padre… e nel suo Figlio… e nello Spirito Santo, Signore e vivificante, che procede dal Padre, che è co-adorato e con-glorificato con il Padre e con il Figlio: la Trinità nell’unità e l’unità nella Trinità, cioè nell’unità dell’essenza, ma nella Trinità delle Persone o ipostasi. Confessiamo Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo, non tre dèi, ma un solo Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo; non la l’ipostasi di tre nomi, ma una sola sostanza delle tre ipostasi; Esse possiedono un’unica essenza o sostanza o natura, cioè un’unica Divinità, un’unica eternità, un’unica potenza, un’unica signoria, un’unica gloria, un’unica adorazione, un’unica volontà essenziale e un’unica ed una sola operazione della stessa santa ed indivisibile Trinità, che ha creato, ordina e conserva.

547. Confessiamo che l’unico di questa stessa santa e coessenziale Trinità, Dio Verbo, che nacque dal Padre prima dei secoli, negli ultimi secoli discese dal cielo per noi e per la nostra salvezza, e si fece carne dallo Spirito Santo e da Maria santa, immacolata e gloriosa, sempre Vergine, nostra Signora, veramente e propriamente Madre di Dio secondo la carne, che cioè nacque da Lei e divenne veramente uomo; lo stesso è vero Dio e lo stesso è vero uomo, Dio da Dio Padre, ma uomo dalla Vergine Madre, incarnato da quella carne che aveva un’anima razionale ed intellettuale; lo stesso è consustanziale a Dio secondo la Divinità e consustanziale a noi secondo l’umanità, simile a noi in tutto tranne che nel peccato; fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto e risuscitò. ..

548. Riconosciamo, dunque, che un solo e medesimo Gesù Cristo nostro Signore, l’unigenito Figlio di Dio, esiste di due e in due sostanze senza confusione, senza mutamento, senza divisione e senza separazione, non essendo mai abolita dall’unione la differenza delle nature, ma al contrario rimanendo inalterate le proprietà delle due nature, che concorrono in una sola persona ed in una sola ipostasi; non è diviso o scisso in una dualità di Persone, né è confuso in una sola natura composta. Ma riconosciamo che un solo e medesimo Figlio, Dio Verbo, nostro Signore Gesù Cristo, non è un altro in un altro, né un altro e un altro, ma è lo stesso in due nature, cioè in Divinità ed umanità, anche dopo l’unione ipostatica. Infatti, né il Verbo fu mutato nella natura della carne, né la carne fu mutata nella natura del Verbo, poiché entrambi rimasero ciò che erano per natura, poiché la differenza delle nature unite in Lui, da cui è composto senza confusione, senza separazione, senza cambiamento, la riconosciamo solo per riflessione: ‘una infatti dalle due, ed entrambe da una perché l’elevazione della Divinità così come l’umiltà della carne sono allo stesso tempo, ciascuna dalle due nature, conservando intatta la sua proprietà anche dopo l’unione, e ‘l’una e l’altra forma facendo in comunione con l’altra ciò che le è proprio: il Verbo operando ciò che appartiene al Verbo, e la carne eseguendo ciò che appartiene alla carne: l’uno brillando nei miracoli, l’altro soccombendo sotto gli oltraggi’. (v. n. 294). Perciò, come confessiamo che Egli abbia veramente due nature o sostanze, cioè la Divinità e l’umanità, senza confusione, divisione o cambiamento, così confessiamo che abbia due volontà naturali e due operazioni, poiché la regola della pietà ci insegna che un solo e medesimo Signore Gesù Cristo è perfetto Dio e perfetto uomo (vv. 501-522). Ci viene infatti dimostrato dalla regola di pietà, ciò che è stato stabilito dalla tradizione apostolica ed evangelica e dall’insegnamento dei santi Padri, e che la santa Chiesa cattolica ed apostolica e i venerabili Sinodi riconoscono.

3° Concilio di Costantinopoli (6° ecumenico)

7 novembre 680-16 settembre 681.

Condanna dei monoteliti e di papa Onorio I

550. Dopo aver esaminato le lettere dogmatiche scritte da Sergio, un tempo patriarca di questa città imperiale, ed affidato alla protezione di Dio, a Ciro, allora Vescovo di Phasis, così come a Onorio, un tempo Papa dell’antica Roma, come anche la lettera scritta da quest’ultimo, Onorio, in risposta allo stesso Sergio [cf.487], e avendo constatato che esse contraddicono totalmente gli insegnamenti apostolici dei santi Concili e di tutti i santi Padri riconosciuti, e che essi seguono piuttosto le false dottrine degli eretici, li respingiamo totalmente e li aborriamo come dannosi per le anime.

551. Per quanto riguarda coloro, cioè, di cui rifiutiamo le empie dottrine, abbiamo giudicato cheanche i loro nomi siano banditi dalla santa Chiesa, cioè i nomi di Sergio… il quale ha iniziato a scrivere di questa empia dottrina, di Ciro di Alessandria, di Pirro, di Paolo e Pietro, e di coloro che hanno presieduto la sede di quella città affidata alla protezione di Dio e che la pensavano come questi; poi anche quella di Teodoro, già Vescovo di Faran; tutte queste persone sono state citate da Agatone, il santissimo e beatissio Papa dell’antica Roma, nella sua lettera all’Imperatore [542-545] e da lui respinti in quanto contrari alla nostra fede ortodossa; e decretiamo che anche questi sono soggetti ad anatema.

552. Ma con loro siamo dell’opinione che Onorio, già Papa dell’antica Roma, debba essere bandito dalla santa Chiesa di Roma e di colpirlo con l’anatema, perché abbiamo trovato nella lettera scritta da lui a Sergio che seguisse in tutto l’opinione di quest’ultimo e confermasse i suoi empi insegnamenti.

XVIII sessione, 16 settembre 681.

Definizione delle due volontà e operazioni in Cristo.

553. Il presente Santo Concilio Ecumenico ha fedelmente ricevuto e accolto a braccia aperte la relazione fatta dal santissimo e benedetto Papa dell’antica Roma Agatone al nostro religiosissimo e fedelissimo Imperatore Costantino, che per nominativamente rifiutava coloro che predicavano e insegnavano, come è stato mostrato sopra, una sola volontà e una sola attività nell’economia del Cristo, nostro vero Dio fatto carne [cfr. 542-545]; allo stesso modo ha ricevuto anche l’altra relazione sinodale inviata sotto lo stesso santissimo Papa dal santo sinodo dei centoventicinque Vescovi amati da Dio alla Sua divinamente saggia Serenità (cfr. 546-548). Che queste relazioni fossero in accordo con il santo Concilio di Calcedonia (vv. 300-306) e con il Tomo di Leone, il santissimo e benedetto Papa della stessa antica Roma, indirizzato a San Flaviano (vv. 290-295), che questo Concilio chiamava pilastro dell’ortodossia.

554. Erano in accordo anche con le lettere sinodali scritte dal beato Cirillo contro l’empio Nestorio ed inviate ai Vescovi orientali. Secondo i cinque Concili santi ed ecumenici ed i santi Padri approvati, questa definisce e confessa unanimemente il nostro Signore Gesù Cristo, nostro vero Dio, uno della santa, consustanziale e vivificante Trinità, perfetto in divinità e perfetto, allo stesso modo, in umanità; veramente Dio e veramente uomo, allo stesso modo, fatto di un corpo e di un’anima; consustanziale e consanguineo; consustanziale con il Padre nella Divinità e consustanziale con noi, in tutto simile a noi, tranne che per il peccato (Heb, IV: 15).

555. Generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e negli ultimi giorni per noi e per la nostra salvezza, lo stesso, dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, che è di diritto e realmenteMadre di Dio, secondo l’umanità; un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, unigenito, riconosciuto senza confusione, senza mutamento, senza separazione, senza divisione; la differenza delle nature non essendo in alcun modo abolita a causa dell’unione, ma anzi la proprietà di ciascuna natura è conservata e contribuisce ad una sola Persona e ad una sola ipostasi. Egli non è né separato né diviso in due persone, ma è un solo e medesimo Figlio, l’unigenito, Dio Verbo, il Signore Gesù Cristo, come i profeti hanno detto di Lui molto tempo fa, come Gesù Cristo stesso ci ha insegnato e come il Credo e come ci ha tramandato il Credo dei santi Padri.

556. Allo stesso modo proclamiamo in Lui, secondo l’insegnamento dei santi Padri, due volontà naturali e due attività naturali, senza divisione, senza cambiamento e senza confusione. Le due volontà naturali non sono, come hanno detto gli empi eretici, opposte l’una all’altra, tutt’altro. Ma la sua volontà umana segue la sua volontà divina ed onnipotente, non vi si oppone, ma si sottomette ad essa. La volontà della carne doveva essere mossa e sottomessa alla volontà divina, secondo il sapientissimo Atanasio. Infatti, così come la sua carne è detta essere ed èla carne di Dio Verbo, così la volontà naturale della sua carne è detta essere la volontà di Dio Verbo, come Egli stesso dichiara: “Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato”. (Gv VI, 38). Dichiara che la volontà della sua carne è la sua, poiché la carne è diventata sua. Infatti, così come la sua carne animata, tutta santa e immacolata, non è stata soppressa essendo divinizzata, ma è rimasta nel proprio limite e nel proprio scopo, così anche la sua volontà umana, essendo divinizzata, non è stata soppressa. Anzi, è stata salvaguardata, secondo la parola di Gregorio il Teologo: “Infatti l’atto di volontà di colui che è considerato Salvatore non si oppone a Dio, essendo totalmente divinizzato”.

557. Noi glorifichiamo le due attività naturali, senza divisione, senza cambiamento, senzaconfusione, in nostro Signore Gesù Cristo, nostro vero Dio, cioè un’attività divina ed una umana, secondo Leone, l’ispirato di Dio, che afferma molto chiaramente: “Ogni natura fa in comunione con l’altra ciò che è proprio della sua natura”, il Verbo operando ciò che è del Verbo, e il corpo ciò che è del corpo” [v. 294]. In effetti non concederemo che esista un’unica attività naturale di Dio e della creatura per non elevare il creato alla sostanza divina e abbassare la sublimità della natura divina al livello che genera esseri. Riconosciamo infatti che i miracoli e le sofferenze sono quelli dell’uno e dell’altro, secondo l’una e l’altra natura di cui è composto e in cui ha il suo essere, come diceva l’ammirabile Cirillo (cfr. 255 260, 271-273, 423)

558. Conservando totalmente ciò che è senza confusione o divisione, proclamiamo il tutto in una formula concisa: credendo che l’uno della Trinità sia anche, dopo l’incarnazione, il nostro Signore Gesù Cristo, il nostro vero Dio, diciamo che abbia due nature che risplendono nella sua unica ipostasi. In essa, durante la sua esistenza secondo l’economia, ha manifestato i suoi miracoli e le sue sofferenze, non in apparenza, ma in verità. La differenza naturale in questa stessa ipostasi è riconoscibile in quanto che ogni natura vuole e compie ciò che le è proprio in comunione con l’altra. Per questo motivo glorifichiamo due volontà naturali e due attività naturali, che contribuiscono entrambe alla salvezza del genere umano.

559. Avendo formulato questi punti con totale precisione e accuratezza, definiamo che a nessuno è permesso proporre un’altra confessione di fede, cioè scriverla, comporla, meditarla o insegnarla ad altri. Per quanto riguarda coloro che osano comporre un’altra confessione di fede, di diffondere, insegnare o trasmettere un altro simbolo a coloro che desiderano convertirsi dal paganesimo, dal giudaismo, o da qualsiasi eresia, alla conoscenza della verità, o introdurre un qualsiasi nuovo linguaggio o un’espressione inventata per invalidare i punti che abbiamo appena definito,se fossero Vescovi o chierici, sarebbero esclusi, i Vescovi dall’episcopato e i chierici dal clero;se fossero monaci o laici, sarebbero colpiti da anatema.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (12) “da LEONE II a GREGORIO II”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (10) “da Onorio I a Martino I”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (10)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Onorio I a Martino I)

ONORIO I: 27 ottobre 625 – 12 ottobre 638

4° Concilio di Toledo, iniziato il 5 dicembre 633: capitoli.

Professione di fede trinitaria e cristologica.

485 – (Cap. 1) Conformemente alle divine Scritture e alla dottrina che abbiamo ricevuto dai santi Padri, confessiamo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono di una sola divinità e sostanza; credendo nella Trinità nella diversità delle persone e predicando l’unità nella divinità, non confondiamo le persone, né separiamo la sostanza. Diciamo che il Padre non è stato generato da nessuno, affermiamo che il Figlio non è stato fatto dal Padre, ma generato; dello Spirito Santo confessiamo che non è stato né fatto né generato, ma procede dal Padre e dal Figlio; lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e creatore di tutto, è stato generato prima dei secoli dei secoli dalla sostanza del Padre, negli ultimi tempi, per la redenzione del mondo, è disceso dal Padre, lui che non ha mai cessato di essere con il Padre; perché si è incarnato dallo Spirito Santo e dalla santa e gloriosa Vergine Maria, la Madre di Dio, e da lei soltanto è nato; Lo stesso Signore Gesù Cristo, l’unico della Santa Trinità, assunse l’uomo completo nell’anima e nella carne, senza peccato, rimanendo ciò che era, assumendo ciò che non era, uguale al Padre nella divinità, inferiore al Padre nell’umanità, avendo in una sola persona le proprietà di entrambe le nature; perché in lui c’erano due nature, Dio e uomo: non due figli e due dèi, ma la stessa persona in entrambe le nature; sopportò la Passione e la morte per la nostra salvezza, non nella forza della divinità, ma nella debolezza dell’umanità; discese agli inferi per liberare i santi che vi erano rinchiusi e, vinto il potere della morte, risuscitò; è sceso negli inferi per liberare i santi che vi erano detenuti e, avendo vinto il potere della morte, è risorto; poi, salendo in cielo, verrà in futuro per giudicare i vivi e i morti; purificati dalla sua morte e dal suo sangue, abbiamo ottenuto la remissione dei peccati, per essere da lui risuscitati all’ultimo giorno nella carne in cui viviamo ora e nella forma in cui il Signore è risorto; alcuni riceveranno da lui la vita eterna e altri saranno elevati alla gloria di Dio.

Alcuni riceveranno da lui la vita eterna per i meriti della giustizia, altri la condanna alla pena eterna per i loro peccati. Questa è la fede della Chiesa cattolica, e questa professione di fede noi la manteniamo e la conserviamo, e chi la mantiene più fermamente avrà la salvezza eterna.

L’Apocalisse di Giovanni, Libro delle Sacre Scritture.

486. (Cap. 17) L’autorità di molti Concili e i decreti sinodali dei santi Vescovi romani attribuiscono il libro dell’Apocalisse all’evangelista Giovanni e hanno ordinato che sia accolto tra i libri divini. E poiché sono molti coloro che non ne ricevono l’autorità e trascurano di proclamarlo nella Chiesa di Dio, se qualcuno ora non lo riceve o non lo proclama in Chiesa durante le Messe da Pasqua a Pentecoste, sarà scomunicato.

Lettera “Scripta fraternitatis” al Patriarca Sergio di Costantinopoli – Costantinopoli, 634

Le due volontà e le operazioni in Cristo.

487 – Sotto la guida di Dio giungeremo alla misura della retta fede che gli Apostoli della verità hanno diffuso con la regola delle sante Scritture: confessando che il Signore Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini 1Tm II, 5 ha operato ciò che è divino per mezzo dell’umanità unita al Verbo di Dio secondo la natura (in greco: Secondo l’ipostasi) e che lo stesso ha operato ciò che è umano mediante la carne assunta in modo ineffabile ed unico e riempita dalla divinità in modo distinto (in greco: senza distinzione), senza confusione e senza cambiamento. … così che manifestamente, con grande stupore della mente, si riconosce che (la carne capace di soffrire) è unita (alla divinità), mentre le differenze delle due nature rimangono in modo meraviglioso… Perciò confessiamo anche una sola volontà del Signore nostro Gesù Cristo, perché in effetti la nostra natura, non la colpa, è stata assunta dalla Divinità: cioè quella natura che fu creata prima del peccato, e non quella che fu viziata dopo la trasgressione. Cristo infatti… concepito dallo Spirito Santo senza peccato, nacque anch’Esso senza peccato dalla santa e immacolata Vergine, Madre di Dio, senza aver conosciuto alcun contatto con la natura viziata… Non c’era infatti altra legge nelle sue membra, né una volontà diversa e contraria a quella del Salvatore, poiché Egli nacque senza essere soggetto alla legge della condizione umana… Che il Signore Gesù Cristo, Figlio e Verbo di Dio “per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose” (Gv 1,3), sia Egli stesso l’unico operatore della divinità e dell’umanità, è chiaramente dimostrato da tutta la Sacra Scrittura. Quanto al fatto che, a causa delle opere della divinità e dell’umanità, si debbano dire o concepire solo una o due operazioni derivate, non ci interessa; lo lasciamo ai grammatici che hanno l’abitudine di vendere ai bambini termini acquisiti per derivazione. Per quanto ci riguarda, non abbiamo appreso dalle Scritture che il Signore Gesù Cristo e il suo Spirito Santo hanno una o due operazioni, ma abbiamo riconosciuto che ha operato in molti modi.

Lettera “Scripta dilectissimi filii” a Sergio di Costantinopoli.

Le due operazioni di Cristo.

488 – Per quanto riguarda la dottrina della Chiesa e ciò che dobbiamo ritenere e insegnare, per amore della semplicità degli uomini e per porre fine alle inestricabili oscurità delle controversie… non dobbiamo definire una o due operazioni nel mediatore di Dio e degli uomini, ma confessare che le due nature, unite in una sola natura nell’unico Cristo, operano e agiscono ciascuna in connessione con l’altra, cioè la divina opera ciò che è di Dio e l’umana opera ciò che è della carne: insegnando che, senza divisione e senza confusione o cambiamento, la natura di Dio non è stata cambiata in uomo nè la natura umana in Dio, ma confessando che le differenze delle nature rimangono intatte. Desiderando quindi… evitare lo scandalo di una nuova invenzione, non dobbiamo definire e predicare una o due operazioni, ma invece dell’unica operazione che alcuni affermano, dobbiamo confessare in verità l’unico Cristo Signore che opera in entrambe le nature; e invece delle due operazioni, scartando il termine doppia operazione, dobbiamo piuttosto proclamare con noi che le due nature stesse, cioè quella della divinità e quella della carne assunta, operano ciò che è loro proprio nell’unica Persona del Figlio unigenito di Dio Padre, senza confusione o divisione, e senza cambiamento.

6° Concilio di Toledo, iniziato il 9 gennaio 638.

La Trinità e il Figlio di Dio, il Salvatore fatto carne.

490 – Crediamo e confessiamo la santissima e onnipotente Trinità, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, un solo Dio, non solitario, di una sola essenza, forza, potenza, maestà e natura, inseparabilmente distinto in Persone, indistinto quanto all’essenza nella sostanza della Divinità, Creatore di tutte le creature; il Padre, increato è la fonte e l’origine di tutta la Divinità; il Figlio è stato generato, increato, dal Padre senza tempo, prima di ogni creatura, senza inizio; perché il Padre non è mai esistito senza il Figlio, né il Figlio senza il Padre, eppure il Figlio è Dio da Dio Padre, e il Padre non è Dio da Dio Figlio, il Padre del Figlio non è Dio dal Figlio; ma è Figlio del Padre e Dio dal Padre, uguale in tutto al Padre, vero Dio da vero Dio; lo Spirito Santo, invece, non è né generato né creato, ma è lo Spirito di entrambi che procede dal Padre e dal Figlio; e quindi sono uno nella sostanza, perché uno procede da entrambi. Ma in questa Trinità c’è una tale unità di sostanza che è priva di pluralità e conserva l’uguaglianza, e non è minore in ciascuna delle Persone che in tutte, né maggiore in tutte che in ciascuna.

491 – Di queste tre Persone della Divinità, confessiamo che solo il Figlio, per la redenzione del genere umano, al fine di rimuovere i debiti del peccato che abbiamo contratto all’inizio con la disobbedienza di Adamo, sia uscito dal segreto e dal mistero del Padre, ed abbia assunto da Maria, la santa e sempre Vergine, l’uomo senza peccato, cosicché lo stesso Figlio di Dio Padre è anche Figlio dell’uomo, perfetto Dio e perfetto uomo, cosicché l’unico Cristo è uomo e Dio in due nature, una nella Persona, cosicché non si aggiungerebbe una quaternità alla Trinità se in Cristo la persona fosse duplicata. Egli è quindi inseparabilmente distinto dal Padre e dallo Spirito Santo nella Persona, ma dall’uomo assunto è distinto nella natura, e il nostro Signore Gesù Cristo è, come abbiamo detto, uno in due nature e in una sola Persona, uguale al Padre nella forma di divinità, inferiore al Padre nella forma di schiavitù; è da questo che dobbiamo comprendere le sue parole nel Salmo XXI:11: “Dal seno di mia madre tu sei il mio Dio”. Egli solo, dunque, è nato da Dio senza madre, è nato dalla Vergine senza padre, e “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14); e sebbene tutta la Trinità abbia cooperato alla formazione dell’uomo assunto, perché le opere della Trinità sono inseparabili, tuttavia Egli solo ha assunto l’uomo nella singolarità della persona, non nell’unità della natura divina, in ciò che è proprio del Figlio, non in ciò che è comune alla Trinità; Infatti, se avesse mescolato la natura dell’uomo e quella di Dio, tutta la Trinità avrebbe assunto il corpo, poiché è stabilito che la natura della Trinità è una, ma non la Persona.

492 – Questo Signore Gesù Cristo è stato dunque mandato dal Padre, prendendo ciò che non era e non perdendo ciò che era, non potendo essere danneggiato a causa di ciò che è suo, mortale a causa di ciò che è nostro, ed è venuto in questo mondo per salvare i peccatori e per giustificare coloro che credono, e Colui che faceva miracoli è stato consegnato a causa delle nostre iniquità, è morto per la nostra espiazione; È stato risuscitato per la nostra giustificazione; per le sue piaghe siamo stati salvati Is 53,5 , riconciliati con Dio Padre per mezzo della sua morte e risuscitati per mezzo della sua risurrezione; attendiamo anche la sua venuta alla fine dei secoli, per dare ai giusti la loro ricompensa e agli empi il loro castigo, secondo il suo giustissimo giudizio.

493 – Crediamo anche che la Chiesa cattolica, senza macchia nelle sue opere né ruga nella sua fede, sia il suo corpo e che otterrà il Regno con il suo Capo, Gesù Cristo l’Onnipotente, dopo che questa realtà corruttibile avrà indossato l’incorruzione e questa realtà mortale l’immortalità, 1 Cor XV, 43 , affinché Dio sia tutto in tutti, 1 Cor XV, 28 . Con questa fede i cuori sono purificati (Act XV, 9), con essa le eresie sono estirpate, in essa tutta la Chiesa abita già nel Regno celeste e si glorifica finché rimane nel mondo presente; e non c’è salvezza in nessun’altra fede: “Non c’è infatti nome sotto il cielo offerto agli uomini nel quale dobbiamo essere salvati” (Act IV, 12).

SEVERINO: 28 maggio – 2 agosto 640

GIOVANNI IV: 24 dicembre 640-12 ottobre 642

Lettera “Dominus qui dixit”, all’imperatore Costantino III (Difesa di Papa Onorio), primavera 641.

Il significato delle parole di Onorio riguardo alle due volontà.

496. – Il Patriarca Sergio di benedetta memoria informò il suddetto Pontefice della città di Roma, di santa memoria (Onorio), che c’erano alcuni che affermavano che c’erano due volontà contrarie nel nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo; avendo appreso ciò, il suddetto Papa rispose che come il nostro Salvatore è un’unica unità, così è stato concepito e nato miracolosamente al di sopra di tutti gli uomini. E in ragione della sua santa economia incarnata insegnò che il nostro Redentore, come è perfetto Dio, è anche perfetto uomo, cosicché, nato senza alcun peccato, ristabilisce la nobiltà dello stato originale che il primo uomo aveva perso con la trasgressione. È nato quindi come secondo Adamo, senza peccato, né nella nascita né nei rapporti con gli uomini; infatti, il Verbo fatto carne a somiglianza di carne peccaminosa ha assunto tutto ciò che è nostro, senza portare alcuna colpa derivante dalla trasmissione della trasgressione…. L’unico e solo mediatore senza peccato di Dio e dell’uomo è dunque l’uomo Cristo Gesù (1Tim II,5), concepito e nato libero tra i morti. Nell’economia della sua carne santa egli non ebbe mai due volontà opposte, e mai la volontà della sua carne contraddisse la volontà del suo spirito… Poiché, dunque, sappiamo che in Lui, quando nacque e fu in relazione con gli uomini, non c’era assolutamente alcun peccato, dichiariamo, come è giusto, e confessiamo in verità una sola volontà nell’umanità della sua santa economia, e non predichiamo due volontà contrarie, dello spirito e della carne, come in un semplice uomo, come alcuni eretici evidentemente sostengono nel loro delirio.

497 – È in questo modo, dunque, che appare… ciò che egli (Papa Onorio) scrisse (a Sergio), cioè che nel nostro Salvatore non ci sono in alcun modo due volontà opposte, cioè nelle sue membra Rm VII, 23 poiché Egli non ha contratto alcun difetto dalla trasgressione del primo uomo. Ma affinché nessuno di minore intelligenza possa rimproverare (Onorio) di parlare solo della natura umana e non anche di quella divina… chi discute deve sapere che si tratta di una risposta data a una domanda del suddetto Patriarca. Anche per il resto, è consuetudine applicare l’aiuto della medicina dove c’è la ferita. E anche il beato Apostolo evidentemente lo faceva spesso quando si adattava all’abitudine degli uditori; a volte, quando parlava della natura più eminente,

tace totalmente sulla natura umana; a volte, trattando dell’economia umana, non tocca il mistero della sua divinità…

498 – Il mio predecessore ha detto, dunque, nel suo insegnamento sul mistero dell’incarnazione di Cristo, che in Lui non c’erano, come in noi peccatori, due volontà contrarie, dello spirito e della carne. Alcuni hanno trasformato questa affermazione in una loro concezione e hanno pensato che egli avrebbe insegnato una sola volontà della sua divinità e della sua umanità, il che è totalmente contrario alla verità.

TEODORO I: 24 novembre 642 –

14 maggio 649

MARTINO I: 5 luglio 649-17 giugno 653 (16 settembre 653)

Concilio Lateranense, 5-31 ottobre 649.

a) Professione di fede.

500 Le due volontà e operazioni in Cristo

(Testo latino) E come confessiamo le sue due nature unite senza confusione, così anche le sue due volontà naturali, la divina e l’umana, per confermare perfettamente e senza diminuire che uno e lo stesso, Gesù Cristo nostro Signore e Dio, è veramente perfetto Dio e perfetto uomo in tutta verità, e che così ha voluto e operato la nostra salvezza divinamente e umanamente.

(Testo greco)

E come confessiamo le sue due nature unite senza confusione o divisione, così in accordo con le nature, due volontà, la divina e l’umana, e due operazioni naturali, la divina e l’umana, affinché confermiamo perfettamente e senza omissioni che l’unico e solo Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, è veramente per natura perfetto Dio e perfetto uomo, ad eccezione del peccato, e che così ha voluto ed operato divinamente e umanamente la nostra salvezza.

b) Canoni.

Condanna degli errori riguardanti la Trinità e Cristo

501 – Can. 1. Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, Trinità nell’unità e unità nella T rinità, cioè un solo Dio in tre ipostasi consustanziali della stessa gloria, e per le tre una sola e medesima divinità, natura, sostanza, potenza, signoria, regalità, autorità, volontà, operazione, increata, senza inizio, inconcepibile, immutabile, creatrice di tutti gli esseri e protettrice di essi, sia condannato. (Testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, trinità nell’unità e unità nella trinità, cioè un solo Dio in tre ipostasi consustanziali della stessa gloria, e per le tre una sola e medesima Divinità, natura, potenza, signoria, regalità, autorità, volontà, operazione, sovranità, increata, senza inizio, senza limite, immutabile, creatrice degli esseri e che li tiene insieme nella sua provvidenza, sia condannato.

502 – Can. 2. Se qualcuno non confesserà, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che uno della santa, consustanziale e adorabile Trinità, Dio Verbo stesso, è disceso dal cielo, si sia incarnato dallo Spirito Santo e dalla sempre vergine Maria, si è fatto uomo nella carne, è stato crocifisso per noi, è stato sepolto, è risorto il terzo giorno, è asceso al cielo e siede alla destra del Padre; verrà di nuovo con la gloria del Padre con la carne presa da lui e animata dall’intelletto, per giudicare i vivi e i morti, sia condannato. (Testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che uno della santa, consustanziale e adorabile Trinità, Dio Verbo stesso, discese dal cielo, si incarnò dallo Spirito Santo e da Maria, la tutta santa e sempre vergine, e si fece uomo, è stato crocifisso nella carne volontariamente per noi e per la nostra salvezza, ha sofferto, è stato sepolto, è risorto il terzo giorno, è salito al cielo e siede alla destra del Padre, con la carne che ha preso e che è animata dall’intelletto, per giudicare i vivi e i morti, sia condannato.

503 – Can. 3. Se qualcuno non confesserà, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, la santa, sempre vergine e immacolata Maria come Madre di Dio, poiché è in senso proprio e vero, Dio stesso il Verbo, generato da Dio Padre prima di tutti i secoli, che Ella concepì dallo Spirito Santo negli ultimi giorni senza seme, e partorì senza corruzione, rimanendo inalterata la sua verginità anche dopo il parto, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, la Madre di Dio la santa, sempre vergine e immacolata Maria, poiché è in senso proprio e vero, Dio stesso il Verbo, generato da Dio Padre prima di tutti i secoli, che negli ultimi secoli concepì dallo Spirito Santo senza seme e partorì senza corruzione, rimanendo inalterata la sua verginità anche dopo il parto, sia condannato.

504 Can. 4. Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, due nascite dell’unico e solo Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, sia prima dei secoli di Dio Padre, incorporeo ed eterno, sia di Maria, santa e sempre vergine, Madre di Dio, corporea, alla fine dei tempi, e un solo e medesimo Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, consustanziale a Dio Padre secondo la divinità, e consustanziale con l’uomo e con la madre secondo l’umanità, e lo stesso capace di soffrire nella carne, incapace di soffrire nella divinità, limitato nel corpo, illimitato nella divinità, lo stesso creato e increato, terrestre e celeste, visibile ed intelligibile, concepibile e inconcepibile, affinché per mezzo dello stesso sia ristabilito l’uomo completo e Dio, l’uomo completo che era caduto in potere del peccato, sia condannato. (Testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che ci sono due nascite dell’unico e solo Gesù Cristo nostro Signore, una prima dei secoli, da Dio Padre, incorporea ed eterna, e l’altra da Maria, santa, sempre vergine, nella carne, in questi ultimi giorni, e un solo e medesimo Gesù Cristo nostro Signore e Dio, consustanziale con Dio Padre secondo la divinità, consustanziale con la Vergine e Madre in umanità, e lo stesso capace di soffrire nella carne, incapace di soffrire nella divinità, limitato nel corpo, illimitato nello spirito, lo stesso increato e creato, terrestre e celeste, visibile e intelligibile, concepibile e inconcepibile, affinché per mezzo dello stesso, sia uomo completo che Dio, l’uomo completo che era caduto in potere del peccato fosse ristabilito, sia condannato.

505 – Can. 5. Se qualcuno non confesserà, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, un’unica natura incarnata di Dio Verbo, nel senso che si dice che la nostra sostanza si sia fatta carne completamente e senza restrizioni in Cristo Dio, con la sola eccezione del peccato, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che “l’unica natura di Dio Verbo si è fatta carne” significhi, con l’espressione “si è fatta carne”, la sostanza conformata a noi completamente e senza restrizioni in Cristo Dio stesso, con la sola eccezione del peccato, sia condannato.

506 – Can. 6. Se qualcuno non confesserà, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che di due e in due nature, sostanzialmente unite, senza confusione e senza divisione, è uno stesso Signore e Dio Gesù Cristo, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che di due nature, la divinità e l’umanità, e in due nature, la divinità e l’umanità, unite secondo l’ipostasi senza confusione e senza divisione, è un solo e medesimo Signore e Dio Gesù Cristo, sia condannato.

507 Can. 7. Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che la differenza sostanziale delle nature sia custodita in Lui senza confusione e senza divisione, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che la differenza sostanziale delle nature, dopo la loro ineffabile unione per cui esiste l’unico e solo Gesù Cristo, sia custodita in Lui senza confusione e senza divisione, sia condannato.

508 Can. 8. Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che l’unione sostanziale delle nature sia riconosciuta in Lui senza divisione e senza confusione, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che l’unione delle nature secondo la congiunzione, o, per dire veramente, secondo l’ipostasi, da cui esiste l’unico e solo Cristo, sia riconosciuta in Lui senza divisione e senza confusione, sia condannato.

509. Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che le proprietà naturali della sua divinità e della sua umanità siano conservate in Lui costantemente e senza diminuzione, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, che le proprietà naturali della divinità di Cristo siano conservate in Lui costantemente e senza diminuzione, in modo da confermare veramente che Egli sia lo stesso, secondo natura, perfetto Dio e perfetto uomo, sia condannato.

510 Can. 10. Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, due volontà dello stesso e unico Cristo nostro Dio unite in un unico accordo, la divina e l’umana, in quanto con ciascuna delle sue due nature lo stesso ha voluto, per natura, la nostra salvezza, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, due volontà dell’unico Cristo Dio, unite in pieno accordo, la divina e l’umana, poiché secondo ciascuna delle sue due nature Egli era per natura capace di volere la nostra salvezza, sia condannato.

511. Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, due operazioni, unite in pieno accordo, del medesimo e unico Cristo nostro Dio, la divina e l’umana, poiché secondo ciascuna delle due nature Egli è, per natura, l’operatore della nostra salvezza, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confessa, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, due operazioni dello stesso e unico Cristo Dio, unite in pieno accordo, la divina e l’umana, poiché secondo ciascuna delle sue due nature Egli opera la nostra salvezza, sia condannato.

512 Can. 12. Se qualcuno confessa, secondo gli empi eretici, una sola volontà e una sola operazione di Cristo nostro Dio, e con ciò sopprime ciò che i santi Padri confessano, e nega l’economia di Colui che è il nostro Salvatore, sia condannato (testo greco). Se qualcuno confessa, secondo gli empi eretici, una sola natura, una sola volontà, una sola operazione della divinità e dell’umanità di Cristo, rovesciando così ciò che confessano i santi Padri e negando l’economia di Colui che è il nostro Salvatore, sia condannato.

513. Se qualcuno, secondo gli empi eretici, mentre in Cristo Dio due volontà e due operazioni, la divina e l’umana, sono sostanzialmente custodite in unità e devotamente insegnate dai nostri santi Padri, professa, contro la dottrina dei santi Padri, una sola volontà ed una sola operazione, sia condannato (testo greco). Se qualcuno, secondo gli empi eretici, contemporaneamente alle due volontà e operazioni, la divina e l’umana, che in Cristo Dio sono sostanzialmente custodite in unità e devotamente confessate dai nostri santi Padri, comanda di professare anche, contro la loro dottrina, una sola operazione, sia condannato.

514 Can. 14. Se qualcuno, secondo gli empi eretici, contemporaneamente all’unica volontà e all’unica operazione professata dagli eretici nella loro empietà, nega e ripudia anche le due volontà e le due operazioni, cioè la divina e l’umana, che nello stesso Cristo Dio sono salvaguardate in unità e insegnate dai santi Padri, sia condannato (testo greco). Se qualcuno, secondo gli empi eretici, oltre all’unica volontà e all’unica operazione professata dagli eretici nella loro empietà in Cristo Dio, nega e ripudia anche le due volontà e le due operazioni, cioè la divina e l’umana, che nello stesso Cristo sono custodite fisicamente in unità ed insegnate in Lui in modo ortodosso dai santi Padri, sia condannato.

515. Can. 15. Se qualcuno, secondo gli empi eretici, nella sua stoltezza considera l’operazione divino-umana, che i greci chiamano “teandrica“, come una sola e medesima, ma non la confessa, secondo i santi Padri, come duplice, cioè divina ed umana, o considera questo nuovo appellativo “divino-umano” come se designasse una sola operazione, ma non significasse la meravigliosa e gloriosa unione delle due, sia condannato (testo greco).

516 Can. 16. Se qualcuno, secondo gli empi eretici, per abolire le due volontà e operazioni, cioè la divina e l’umana, che in Cristo sono sostanzialmente salvate in unione e sono state piamente insegnate dai santi Padri, nella sua follia lega opposizioni e divisioni al mistero della sua economia, e per questo non riferisce le parole evangeliche ed apostoliche su questo stesso Salvatore all’unica e medesima Persona, e sostanzialmente allo stesso Signore Gesù Cristo nostro Dio, secondo il beato Cirillo, affinché si veda che Egli sia lo stesso, per natura, Dio e uomo, sia condannato. (Testo greco). Se qualcuno, secondo gli empi eretici, volesse abolire le due volontà e le due operazioni, la divina e l’umana, che in Cristo Dio sono sostanzialmente salvate in unione e sono devotamente insegnate dai santi Padri, introduce nella sua follia opposizioni e divisioni nel mistero, e per questo non attribuisce le parole dei Vangeli e degli Apostoli su questo Salvatore all’unico e medesimo nostro Signore Gesù Cristo, secondo il beato Cirillo, per certificare che lo stesso sia per natura Dio e veramente uomo, sia condannato.

517. Can. 17. Se qualcuno non confesserà, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, tutto ciò che è stato tramandato e predicato alla santa, cattolica e apostolica Chiesa di Dio, sia dagli stessi santi Padri che dai cinque venerabili Concili universali, fino all’ultimo dettaglio, in parola e in spirito, sia condannato (testo greco). Se qualcuno non confesserà, secondo i santi Padri, in senso proprio e vero, tutto ciò che sia stato tramandato e predicato alla Chiesa di Dio santa, cattolica ed apostolica, sia dagli stessi santi Padri che dai cinque Concili ecumenici riconosciuti, fino all’ultimo dettaglio, nella parola e nello spirito, sia condannato.

518. Can. 18. Se qualcuno non respinge e anatematizza secondo i santi Padri, d’accordo con noi e nella stessa fede, con la propria anima e la propria bocca, tutti coloro che la Chiesa santa, cattolica e apostolica di Dio – cioè i cinque santi Concili universali e d’accordo con tutti i provati Padri della Chiesa – respinge e anatematizza come i più abominevoli eretici, insieme a tutti i loro empi scritti, fino all’ultimo dettaglio, (testo greco). Se qualcuno non respinge e anatematizza secondo i santi Padri, d’accordo con noi e della stessa fede, con la propria anima e la propria bocca, tutti coloro che la Chiesa santa, cattolica ed apostolica di Dio – cioè i cinque santi Concili ecumenici e tutti i Padri riconosciuti della Chiesa che la pensano allo stesso modo – respinge e anatematizza come empi eretici, con tutti i loro empi scritti, fino all’ultimo dettaglio, …

519. cioè Sabellio, Ario, Eunomio, Macedonio, Apollinare, Polemone, Eutiche, Dioscoro, Timoteo Aelureo, Severo, Teodosio, Colluto, Temistio, Paolo di Samosata, Diodoro, Teodoro, Nestorio, il persiano Teodoro, Origene, Didimo, Evagrio e tutti gli altri eretici presi insieme… (testo greco) – cioè Sabellio, Ario, Eunomio, Macedonio, Apollinare, Polemone, Eutyches, Dioscoro, Timoteo Aelureo, Severo, Teodosio, Colluto, Temistio, Paolo di Samosata, Diodoro, Teodoro, Nestorio, Teodoro persiano, Origene, Didimo, Evagrio e tutti gli altri eretici insieme…

520. … se dunque qualcuno… non respinge e non anatematizza le empie dottrine della loro eresia e ciò che è stato empiamente scritto da chiunque a loro favore o per spiegarle, nonché i suddetti eretici, cioè Teodoro, Ciro, Sergio, Pirro e Paolo… o se qualcuno considera come condannato o addirittura deposto uno di coloro che sono stati deposti e condannati da questi o da altri come loro perché non pensa la stessa cosa di questi, ma confessa con noi la dottrina dei santi Padri, e se non lo considera, al contrario… come un combattente pio e ortodosso della Chiesa cattolica e considera come tale piuttosto questi empi e le loro decisioni detestabili in questa materia e le loro sentenze nulle, inefficaci e invalide, e per di più empie, esecrabili e reprobe, costui sia condannato. (Testo greco) Se dunque qualcuno… non respinga e non anatemizzi le dottrine più empie della loro eresia e ciò che è stato empiamente scritto da chiunque in loro favore o in loro difesa, nonché i suddetti eretici, cioè Teodoro, Ciro, Sergio, Pirro e Paolo… o se qualcuno considera deposto o addirittura condannato uno di quelli che sono stati deposti o condannati da questi o da altri che la pensano come questi, perché non pensa quello che pensano loro, ma confessa con noi la dottrina dei santi Padri, e se non lo considera, al contrario. … come un combattente pio e ortodosso per la Chiesa cattolica, e considera invece come tali quegli empi e le loro ingiuste decisioni in questa materia e le loro vane, inefficaci e invalide sentenze, e ancora più empi, esecrabili e reprobi, sia condannato un tale uomo.

521 Can. 19. Se qualcuno professa e pensa palesemente ciò che sostengono gli empi eretici, e nella sua vana impudenza dice che questi sono gli insegnamenti di pietà che coloro che osservano e servono la Parola – cioè i cinque santi Concili universali – hanno tramandato fin dall’inizio, e calunnia così gli stessi santi Padri e i cinque santi Concili summenzionati per ingannare i semplici o per difendere la propria empia perfidia, sia condannato. (Testo greco). Se qualcuno pensa e insegna palesemente ciò che gli empi eretici sostengono, e nella sua stolta fretta dice che questi siano gli insegnamenti di pietà che coloro che osservano e servono la Parola – cioè i cinque santi Concili ecumenici – hanno tramandato fin dall’inizio, e così calunnia gli stessi santi Padri ed i cinque suddetti santi Concili ecumenici per ingannare i semplici e difendere la propria fede erronea ed empia, sia condannato.

522 – Can. 20. Se qualcuno, secondo gli empi eretici, in qualsiasi modo… rimuova illegalmente i limiti che i santi Padri della Chiesa cattolica – cioè i cinque Concili universali – hanno irrevocabilmente stabilito, e cerchi incautamente novità e presentazioni di un’altra fede, o libri, o lettere, o scritti, o firme, o false testimonianze, o sinodi, o atti di dibattito, o vane ordinazioni non riconosciute dai canoni ecclesiastici, o delegazioni improprie e senza fondamento, e se in generale, come sono soliti fare gli eretici, qualcuno fa qualsiasi altra cosa con la sua attività diabolica e con modi subdoli e astuti contro la pia predicazione degli ortodossi della Chiesa cattolica – cioè dei suoi santi Padri e sinodi – al fine di distruggere la sincera confessione del nostro Signore e Dio Gesù Cristo, e se persisterà in queste azioni empie fino alla fine senza pentirsi, tale uomo sia condannato in eterno, “e che tutto il popolo dica: così sia”. Sal CVI, 48 (testo greco).

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (11) “da EUGENIO I ad AGATONE”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (9) “da Pelagio I a Bonifacio V”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (9)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Pelagio I a Bonifacio V)

PELAGIO I:  16 aprile 556 – 3, (4)? Mar.561

Lettera “Humani generis” al re Childeberto I, 3 febbraio 557

Fides Pelagii Papæ

441 – [La Trinità divina] Credo dunque in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo: cioè nel Padre onnipotente, eterno, non generato; nel Figlio generato dalla sostanza o dalla natura dello stesso Padre, prima di qualsiasi inizio di tempo o di eternità, cioè (dell’Onnipotente) onnipotente, uguale, coeterno e consustanziale a Colui che lo ha generato; anche nello Spirito Santo, onnipotente, uguale a entrambi, cioè al Padre e al Figlio, coeterno e consustanziale; che, procedendo dal Padre fuori dal tempo, è lo Spirito del Padre e del Figlio; quindi in tre Persone o tre ipostasi di una sola essenza o natura, di una sola forza, di una sola operazione, di una sola beatitudine e di una sola potenza; così che l’unità è trina e la Trinità è una, secondo la verità della parola del Signore che dice: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Mt XXVIII: 19. Dice “nel nome” e non “nei nomi”, sia per mostrare l’unico Dio attraverso il Nome indistinto dell’essenza divina, sia per far conoscere la distinzione delle Persone manifestata dalle loro proprietà (cfr. 415); Infatti, il fatto che i tre abbiano un solo Nome per quanto riguarda la Divinità, manifesta l’uguaglianza delle Persone, e viceversa l’uguaglianza delle Persone non permette di riconoscere in esse qualcosa che sarebbe estraneo ad esse o che si aggiungerebbe ad esse, in modo che ciascuno di essi sia veramente e perfettamente Dio, e tutti e tre siano veramente e perfettamente un unico Dio, vale a dire che la pienezza della divinità debba essere riconosciuta in ciascuno di essi senza che vi sia nulla di mancante in nessuno di essi e senza che vi sia nulla di più nei tre.

442 – [Il Figlio di Dio incarnato]. Ma di questa santa, beatissima e consustanziale Trinità, credo e professo che una sola Persona, cioè il Figlio di Dio, sia sceso dal cielo negli ultimi tempi per la salvezza del genere umano, ma senza lasciare il trono del Padre e il governo del mondo; e quando lo Spirito Santo discese sulla beata Vergine Maria e la potenza dell’Altissimo la coprì con la sua ombra, questo stesso Verbo e Figlio di Dio entrò misericordiosamente nel grembo di questa stessa santa Vergine Maria, e si unì alla carne della sua carne, animata da un’anima ragionevole e intellettuale; e la carne non fu creata prima, il Figlio di Dio venne su di essa dopo, ma come è scritto: “Quando la Sapienza si costruì una dimora”, Pr IX,11, immediatamente la carne nel grembo della Vergine divenne carne del Verbo di Dio. Perciò il Verbo e Figlio di Dio si è fatto uomo senza alcun cambiamento o conversione della natura del Verbo e della carne, l’una e l’altra natura, la divina e l’umana, e così Cristo Gesù è apparso, cioè è nato, vero Dio e, allo stesso modo, vero uomo, mantenendo intatta la verginità della Madre, che lo ha generato rimanendo Vergine così come lo ha concepito vergine. Per questo confessiamo la stessa beata Vergine Maria Madre di Dio in tutta verità, poiché ha portato il Verbo incarnato di  di Dio. C’è dunque un solo e medesimo Cristo Gesù, vero Figlio di Dio e lo stesso che è vero Figlio dell’uomo, perfetto nella divinità lo stesso perfetto nell’umanità, poiché è interamente in ciò che è suo e, lo stesso, interamente in ciò che è nostro (cfr. 293); con la seconda natività ha preso dalla Madre umana, ciò che non era, ma senza cessare di essere ciò che era con la prima, quella per cui è nato dal Padre. Perciò crediamo che Egli sia di due e in due nature che rimangono senza divisione o confusione: senza divisione, poiché dopo l’assunzione della nostra natura anche l’unico Cristo è rimasto e rimane il Figlio di Dio; senza confusione, perché crediamo che le nature siano state unite in una sola Persona e ipostasi in modo tale che, essendo salvaguardata la proprietà di ciascuna, nessuna delle due si sia trasformata nell’altra. E perciò, come abbiamo spesso detto, confessiamo che un solo e medesimo Cristo è vero Figlio di Dio e che lo stesso è vero Figlio dell’uomo, consustanziale al Padre secondo la divinità e consustanziale a noi secondo l’umanità, simile a noi in tutto tranne che nel peccato; passibile nella carne e impassibile nella divinità. Noi professiamo che sotto Ponzio Pilato egli ha liberamente sofferto per la nostra salvezza nella carne, che è stato crocifisso nella carne, che è morto nella carne, che è risorto il terzo giorno nella stessa carne, glorificato e incorruttibile, e… che è salito al cielo e siede anche alla destra del Padre.

443 – [Il compimento del mondo]. Credo e professo… che come è salito al cielo, così verrà a giudicare i vivi e i morti. Per tutti gli uomini che sono nati e morti da Adamo fino alla consumazione dei secoli, con Adamo stesso e sua moglie, che non sono nati da altri genitori, ma sono stati creati, l’uno dalla terra e l’altra da una costola dell’uomo (cfr. Gen. II, 7 Gen II: 22). Professo che poi risorgeranno e staranno “davanti al seggio del giudizio di Cristo, per ricevere la ricompensa di ciascuno per ciò che ha fatto nel suo corpo, sia in bene che in male” Rm XIV: 10 2 Cor V:10 ; e i giusti, come “vasi di misericordia preparati per la gloria” (cfr. Rm IX, 23), li ricompenserà per la sovrabbondante grazia di Dio con i premi della vita eterna e vivranno all’infinito in compagnia degli Angeli, senza alcun timore di ricadere; Quanto agli empi, che per loro scelta rimarranno come “vasi d’ira, destinati alla perdizione” (Rm IX, 22), che non hanno riconosciuto la voce del Signore, oppure l’hanno riconosciuta ma l’hanno abbandonata di nuovo perché sedotti da trasgressioni di ogni genere, Egli li consegnerà con il suo giustissimo giudizio alle pene del fuoco eterno e inestinguibile, affinché brucino senza fine. Questa è dunque la mia fede e la mia speranza, che è in me per dono della misericordia di Dio; e per essa, come ci comanda il beato Apostolo Pietro, dobbiamo essere pronti soprattutto a rispondere a chiunque ce ne chieda conto (cfr. 1 Pt III, 5 ).

Lettera circolare “Vas electionis” a tutto il popolo di Dio, ca. 557.

L’autorità dei Concili ecumenici.

444 – Per quanto riguarda i quattro santi Concili, cioè quello di Nicea dei trecentodiciotto (padri), quello di Costantinopoli dei centocinquanta, il primo di Efeso dei duecento, ma anche (per quanto riguarda) quello di Calcedonia dei seicentotrenta. Professo di aver condotto i miei pensieri sotto la protezione della misericordia divina e di farlo fino alla fine della mia vita, con tutto il mio cuore e le mie forze, per conservarli con piena devozione nella difesa della santa fede e nella condanna delle eresie e degli eretici, poiché questi pensieri sono stati confermati dallo Spirito Santo. Professo che la loro solidità, perché è la solidità di tutta la Chiesa, la proteggerò e la difenderò come hanno fatto senza dubbio i miei predecessori. In questo desidero seguire e imitare soprattutto colui che sappiamo essere stato l’autore del Concilio di Calcedonia (Papa Leone I), il quale, in accordo con il suo nome, si dimostrò chiaramente, con il suo ardentissimo zelo per la fede, un membro di quel leone che nacque dalla tribù di Giuda (cfr. Ap V, 5 ). Così sono convinto che mostrerò sempre la stessa riverenza per i suddetti sinodi, che tutti coloro che sono stati assolti da questi quattro Concili li riterrò ortodossi, e che mai nella mia vita… toglierò qualcosa all’autorità della loro santa e vera predicazione. Ma seguo e venero anche i canoni che la Sede Apostolica accetta… Professo che conservo anche le lettere di papa Celestino di benedetta memoria… e di Agapeto, per la difesa della fede cattolica, per la solidità dei quattro sinodi suddetti e contro gli eretici, e tutti coloro che essi hanno condannato li ritengo condannati, e tutti coloro che essi hanno accolto, specialmente i venerabili vescovi Teodoreto e Ibas, li venero tra gli ortodossi.

445 – Lettera “Admonemus ut” al Vescovo Gaudenzio di Volterra,

(tra il settembre 558 e il febbraio 559).

La forma del battesimo.

Riguardo agli eretici (che vogliono tornare alla fede cattolica, riguardo a chi)… avete pensato di dover consultare noi…. se devono essere battezzati o solo riconciliati, vogliamo la vostra deferenza per mantenere questo… :… affermano di essere battezzati solo nel nome di Cristo e con una sola immersione, ma il precetto del Vangelo …. ci avverte di conferire a ciascuno il santo Battesimo nel Nome della Trinità e con una triplice immersione, poiché nostro Signore dice ai suoi discepoli: “Andate, battezzate tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo – Mt XXVIII,19; pertanto, se di fatto le persone che fanno parte dei suddetti eretici, … dovessero riconoscere di essere stati battezzati nel solo Nome del Signore, se passeranno alla fede cattolica, li battezzerete, senza alcuna incertezza, nel nome della Santissima Trinità. Ma… se affermano chiaramente con una professione manifesta di essere stati battezzati nel nome della Trinità, vi affretterete a unirli alla fede cattolica con la sola grazia della riconciliazione, che sarà loro concessa.

446 – Lettera “Adeone te” al Vescovo (Giovanni), inizio 559.

La necessità di unità con la Sede Apostolica.

Voi, che siete collocati nel più alto grado del sacerdozio, siete stati così privi della verità della madre cattolica da non considerarvi subito scismatici quando vi siete allontanati dalla Sede Apostolica? Non avete letto che la Chiesa è stata fondata da Cristo nostro Dio sul principe degli Apostoli, e su un fondamento tale che le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa (cfr. Mt XVI, 18)? E se avete letto questo, dove pensate che sia la Chiesa, se non presso colui nel quale solo si trovano tutte le sedi apostoliche, al quale, come a colui che ha ricevuto le chiavi, è stato concesso il potere di legare e sciogliere? Ma ciò che ha voluto dare a uno, lo ha dato anche a tutti, affinché, secondo le parole del beato martire Cipriano, che spiega questo, si dimostri che la Chiesa sia una. Dove hai vagato, separato da lei, carissimo fratello in Cristo, o quale speranza di salvezza avevi?

Lettera ‘Relegentes autem’ al patrizio Valeriano, marzo oaprile 559.

Il Papa interpreta i decreti dei Concili

447 – Non è mai stato permesso, né sarà mai permesso, che un concilio particolare si riunisca per giudicare un Concilio generale. Ma ogni volta che ad alcuni sorge un dubbio su un Concilio universale – per avere chiarimenti su ciò che non capiscono – o coloro che desiderano la salvezza delle loro anime vengono di propria iniziativa alle sedi apostoliche per essere illuminati, o… se dovessero essere così ostinati e testardi da non voler essere istruiti, è necessario che siano attirati alla salvezza in ogni modo da queste stesse sedi apostoliche, o che siano perseguiti dai poteri secolari secondo i canoni, per non poter essere causa di perdizione per altri.

GIOVANNI III: (17 luglio561-13 luglio 574)

Primo Concilio di Braga (Portogallo), iniziato il 1° maggio 551

Anatemi contro i priscillianisti ed altri.

La Trinità e il Cristo.

451 – 1. Se qualcuno non confessa che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo siano tre Persone di una sola sostanza, forza e potenza, come insegna la Chiesa cattolica e apostolica, ma dice che siano una Persona sola e solitaria, in modo che il Padre sarebbe lo stesso del Figlio e che lo stesso sarebbe anche lo Spirito Paraclito, come hanno detto Sabellio e Priscilliano, sia anatema!

452 – 2 Se qualcuno introduce al di fuori della Santa Trinità altri nomi della Divinità, dicendo che nella Divinità stessa c’è una Trinità di Trinità, come hanno detto gli gnostici e Priscilliano, sia anatema!

453 – 3 Se qualcuno dice che il Figlio di Dio, nostro Signore, non esisteva prima di nascere dalla Vergine, come hanno detto Paolo di Samosata, Fotino e Priscilliano, sia anatema!

454 – 4 Se qualcuno non onora il giorno della nascita di Cristo secondo la carne, ma finge di onorarlo, e digiuna in quel giorno e nella domenica perché non crede che Cristo sia nato nella vera natura di uomo, come hanno detto Cerdone, Marcione, Mani e Priscilliano, sia anatema!

Creazione e governo del mondo

455 – 5 Se qualcuno crede che le anime umane o gli Angeli provengano dalla sostanza di Dio, come hanno detto Mani e Priscilliano, sia anatema!

456 – 6 Se qualcuno dice che le anime umane peccarono per la prima volta nelle dimore celesti e furono quindi gettate sulla terra in corpi umani, come ha detto Priscilliano, sia anatema!

457 – 7. Se qualcuno dice che il diavolo non fosse all’inizio un Angelo buono, creato da Dio, e che la sua natura non è opera di Dio, ma dice che sia uscito dalle tenebre, che nessuno lo ha creato, ma che egli stesso è il principio e la sostanza del male, come hanno detto Mani e Priscilliano, sia anatema!

458 – 8. Se qualcuno crede che il diavolo abbia creato alcune creature nel mondo e che abbia prodotto tuoni, fulmini, tempeste e siccità con il proprio potere, come ha detto Priscilliano sia anatema!

459 – 9. Se qualcuno pensa che le anime umane siano legate a stelle che ne regolano il destino, come dicevano i pagani e Priscilliano, sia anatema!

460 10. Se qualcuno crede che i dodici segni delle stelle che gli astrologi sono soliti osservare siano disposti secondo le varie membra dell’anima o del corpo, e dice che siano attribuiti ai nomi dei Patriarchi, come ha detto Priscilliano, sia anatema!

461 – 11. Se qualcuno condanna il matrimonio umano e aborre la procreazione dei figli, come hanno detto Mani e Priscilliano, sia anatema!

462 – 12. Se qualcuno dice che la formazione del corpo umano sia opera del demonio e che il concepimento nel grembo materno è opera dei demoni, e se per questo non crede nella risurrezione della carne, come hanno detto Mani e Priscilliano, sia anatema!

463 – 13. Se qualcuno dice che la creazione di ogni carne non sia opera di Dio, ma degli angeli cattivi, come ha detto Priscilliano, sia anatema!

464 – 14 Se qualcuno considera impure le carni che Dio ha dato all’uomo per il suo uso e si astiene dal mangiarle, non per punire il suo corpo, ma perché le considera impure e non gusta neppure le verdure cucinate con la carne, come hanno detto Mani e Priscilliano, sia anatema!

BENEDETTO I: 2 giugno 575-30 luglio 579

PELAGIO II: 26 novembre 579-7 febbraio 590

Lettera “Dilectioni vestræ” ai Vescovi scismatici dell’Istria, 585 o 586

La necessità dell’unione con la Sede romana.

468. – Sebbene sia chiaro dalla stessa parola del Signore nel Santo Vangelo dove si trova il fondamento della Chiesa, ascoltiamo tuttavia ciò che il beato Agostino ha stabilito, ricordando la stessa parola. La Chiesa di Dio è fondata, dice, su coloro che sono riconosciuti, in ragione della successione dei Vescovi, come coloro che hanno presieduto le sedi apostoliche; e chi si è separato dalla Comunione o dall’autorità di queste sedi, si dimostra scismatico. E dopo altre cose: “stando fuori, sarete anche morti per il Nome di Cristo. Tra le membra di Cristo, soffri per Cristo, essendo attaccato al corpo; combatti per il capo [Non sarai annoverato tra le membra di Cristo, soffri per Cristo, essendo attaccato al corpo combatti per il Capo,].

469 – Ma anche il beato Cipriano… dice tra l’altro: “L’inizio procede dall’unità, e il primato è dato a Pietro, affinché si dimostri che la Chiesa di Cristo e il pulpito sono una cosa sola”; e pastori lo sono tutti, ma il gregge è dimostrato essere uno, quel gregge che deve essere condotto al pascolo dagli Apostoli in accordo unanime. E poco dopo: “Colui che non mantiene l’unità della Chiesa crede forse di possedere la fede? Colui che abbandona la cattedra di Pietro, su cui la Chiesa è fondata, e le resiste, si vanta forse di essere nella Chiesa?”… Non possono abitare con Dio coloro che non hanno voluto vivere unanimemente nella Chiesa di Dio; e anche se bruciano nelle fiamme, se espongono la loro vita al rogo e alle belve, non otterranno la corona della fede, ma la punizione della loro malafede, né la gloria finale, ma la morte della disperazione. Un tale uomo può essere messo a morte, ma non può ricevere la corona”… “Il crimine dello scisma è peggiore del crimine di coloro che hanno sacrificato; questi almeno si sottomettono alla penitenza del loro crimine e implorano Dio pagando pienamente la soddisfazione richiesta. Qui si cerca e si chiede la Chiesa, lì si combatte la Chiesa. Qui chi ha fallito ha danneggiato solo se stesso; qui chi si sforza di fare uno scisma porta molte persone nell’errore con lui. Qui si danneggia solo un’anima, lì il pericolo è per molti. Quello, almeno, riconosce di aver peccato e piange e si lamenta; quello si vanta della sua colpa, si compiace della sua offesa, separa i figli dalla madre, allontana le pecore dal loro pastore, turba i Sacramenti di Dio, e mentre quello che ha fallito ha peccato una sola volta, questo pecca ogni giorno. Infine, colui che ha fallito, se in seguito ottiene il martirio, può ricevere le promesse del Regno; costui, se viene messo a morte fuori dalla Chiesa, non può ottenere le ricompense della Chiesa. “

3° Concilio di Toledo, iniziato l’8 maggio 589

Professione di fede del re Reccardo.

470La Trinità divina.

Confessiamo che c’è un Padre, che ha generato dalla sua sostanza il Figlio, che è co-uguale e co-eterno a lui, non però che lo stesso sia nato e generato (nato non generato), ma in modo tale che secondo la persona un altro è il Padre che ha generato, e un altro il Figlio, che è stato generato, e tuttavia secondo la Divinità entrambi sono della stessa sostanza: il Padre, da cui è il Figlio, non è altro da sé; il Figlio, che ha un Padre, esiste senza inizio né diminuzione in questa Divinità, perché è co-uguale e co-eterno al Padre. Allo stesso modo dobbiamo confessare e predicare che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio e che con il Padre e il Figlio è di una sola sostanza; la terza persona della Trinità è quella dello Spirito Santo, che tuttavia possiede l’essenza della divinità in comune con il Padre e il Figlio. Questa santa Trinità è davvero un solo Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, e per la sua bontà tutte le creature (la natura dell’uomo) sono state create buone, ma dalla forma dell’aspetto umano assunto dal Padre e dal Figlio.

la forma dell’aspetto umano assunto dal Figlio, dalla generazione dannata siamo restituiti alla prima beatitudine.

GREGORIO MAGNO I: 3 settembre 590-12 maggio

Lettera “Consideranti mihi” ai Patriarchi. Febbraio 591.

L’autorità dei concili ecumenici.

472 – … Oltre ai quattro libri del Santo Vangelo, confesso di ricevere e venerare i quattro Concili: Infatti abbraccio con piena devozione e custodisco con pieno assenso quello di Nicea, dove viene distrutta la perversa dottrina di Ario; quello di Costantinopoli, dove viene confutato l’errore di Eunomio e di Macedonio; così pure il primo di Efeso, dove viene giudicata l’empietà di Nestorio, e quello di Calcedonia, dove viene condannato l’errore di Eutiche e di Dioscoro; Perché su di essi si regge l’edificio della santa fede, come su una pietra a quattro lati, e su di essi poggia l’edificio di tutta la vita e l’azione; e chi non si attiene alla loro solidità, anche se è considerato una pietra, si trova comunque fuori dall’edificio. Veneriamo anche il quinto Concilio, nel quale la lettera di Ibas viene condannata come piena di errori, e nel quale Teodoro, che separa la persona del Mediatore di Dio e degli uomini in due ipostasi, viene condannato per essere caduto nel crimine di empietà, e nel quale gli scritti di Teodoreto, che sono opera di un’impresa folle, e nei quali viene biasimata la fede del beato Cirillo, vengono ugualmente respinti. Tutti coloro che i suddetti venerabili Concili respingono, io li respingo; quelli che essi venerano, li riconosco; poiché essi sono fondati su un consenso universale, è lui stesso e non loro che distrugge chi ha l’ardire di sciogliere coloro che essi legano o di legare coloro che essi sciolgono. Se qualcuno, quindi, la pensa diversamente, che sia anatema!

Lettera “O quam bona” al Vescovo Virgilio di Arles, 12 agosto 595.

Simonia

473 –  … Ho saputo che nelle regioni della Gallia e della Germania nessuno raggiunge l’ordine sacro senza aver concesso un dono adeguato. Se è così, lo dico con lacrime e lo proclamo con gemiti: se l’ordine sacerdotale è crollato dall’interno, non potrà resistere a lungo all’esterno. Sappiamo infatti dal Vangelo cosa fece il nostro stesso Redentore: entrando nel Tempio, rovesciò i seggi dei venditori di colombe, Mt XXI,12. Vendere colombe significa, infatti, ricevere un beneficio temporale dallo Spirito Santo, che Dio onnipotente conferisce agli uomini come consustanziali a Lui mediante l’imposizione delle mani. Ciò che risulta da questo male, come ho detto, è già indicato; per coloro che hanno l’audacia di vendere colombe nel Tempio di Dio, i loro posti sono caduti secondo il giudizio di Dio. Perché questo errore viene amplificato e diffuso tra i subordinati. Infatti, colui che viene condotto all’onore (ordine) sacro dietro compenso è già corrotto alla radice della sua promozione, ed è più disposto a vendere ad altri ciò che ha comprato. E dov’è allora ciò che è scritto: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” Mt X, 8? E poiché l’eresia simoniaca è sorta come la prima eresia contro la santa Chiesa, perché non si considera, perché non si vede, che se si ordina qualcuno dietro compenso, lo si rende eretico promuovendolo?

Lettera “Sicut aqua” al patriarca Eulogio di Alessandria, agosto 600.

La scienza di Cristo (contro gli agnostici)

474 – Per quanto riguarda… il passo della Scrittura secondo cui “né il Figlio né gli Angeli conoscono il giorno e l’ora” (cfr. Mc XIII, 32), Vostra Santità pensa giustamente che non sia da riferirsi a questo stesso Figlio considerato come capo, ma considerato nel suo corpo, che noi siamo… Agostino fa uso di questo significato in molti luoghi. Dice anche un’altra cosa, che può essere ascoltata da questo stesso Figlio, e cioè che il Dio onnipotente a volte parla in modo umano, per esempio quando dice ad Abramo: “Ora so che tu temi Dio” (Gen XXII,12), non perché Dio sapesse allora di essere temuto, ma perché Abramo riconosceva allora attraverso di lui di temere Dio. Come si parla di un giorno felice, non perché il giorno stesso sia felice, ma perché ci rende felici, così il Figlio onnipotente dice di ignorare il giorno che Egli stesso fa conoscere, non perché lo ignori, ma perché non permette assolutamente che sia conosciuto.

475 – Perciò si dice anche che solo il Padre conosce, perché il Figlio, che gli è consustanziale per la sua natura, per cui è al di sopra degli Angeli, ha il potere di conoscere ciò che gli Angeli ignorano. Quindi questo può essere inteso in modo più sottile dicendo che il Figlio unigenito, fatto per noi uomo perfetto, conosceva il giorno e l’ora del giudizio nella natura umana e tuttavia non lo conosceva dalla natura umana. Ciò che dunque conosceva in essa, non lo conosceva attraverso di essa, perché era per il potere della sua divinità che il Dio fatto uomo conosceva il giorno e l’ora del giudizio… Perciò la conoscenza che non aveva per mezzo della natura umana, che lo rendeva una creatura con gli Angeli, egli la rifiutò agli Angeli, ha rifiutato di averla con gli Angeli che sono creature. Il Dio-uomo conosce dunque il giorno e l’ora del giudizio, ma proprio perché Dio è uomo.

476 – Questo è chiarissimo, perché chi non è nestoriano non può in alcun modo essere agnostico. Infatti, chi confessa che la Sapienza di Dio si è incarnata, come può dire che c’è qualcosa che la Sapienza di Dio non conosca? È scritto: “In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Da Lui sono state fatte tutte le cose” (Gv 1, 1-3). Se è “tutto”, è senza dubbio anche il giorno e l’ora del giudizio. Chi è dunque così sciocco da osare dire che il Verbo del Padre ha fatto ciò che non conosceva? È scritto ancora: Gesù sapendo che il Padre aveva dato tutto nelle sue mani Gv XIII, 3. Se è “tutto” è ovviamente anche il giorno e l’ora del giudizio. Chi è dunque così sciocco da dire che il Figlio ha ricevuto nelle sue mani ciò che non conosce? Quanto al passo in cui dice alle donne a proposito di Lazzaro: “Dove l’avete deposto? “Noi abbiamo pensato esattamente quello che avete pensato voi, e cioè che se dicono che il Signore non sapeva dove era sepolto Lazzaro e che lo chiedeva per questo motivo, sono costretti senza dubbio a riconoscere che il Signore non sapeva in quali luoghi si erano nascosti Adamo ed Eva dopo il loro peccato quando nel paradiso disse: “Adamo, dove sei?” (Gen III, 9), o quando rimproverò Caino dicendo: “Dov’è Abele, tuo fratello? “Gen. IV, 9”. Se non lo sapeva, perché ha subito aggiunto: “Il sangue di tuo fratello grida a me dalla terra”?

Lettera “Litterarum tuarum primordia” al Vescovo Sereno Massiliense, ottobre 600.

Il diritto dei fedeli di venerare le immagini dei Santi.

477 – Ci è stato riferito… che avete rotto le immagini dei santi, adducendo la scusa che non dovevano essere venerate. Noi lodiamo pienamente il fatto che abbiate proibito di venerarle; ma vi biasimiamo per averle rotte…. Perché una cosa è venerare un’immagine, e un’altra cosa è imparare da ciò che l’immagine dice, cosa si deve venerare. Infatti, ciò che le Scritture sono per coloro che sanno leggere, l’immagine lo realizza per i semplici che la guardano, poiché gli ignoranti vedono ciò a cui devono attaccarsi, e coloro che non conoscono le lettere leggono in essa; perciò, per i popoli principalmente, l’immagine prende il posto della lettura… Se qualcuno vuole fare immagini, non vietateglielo in alcun modo; ma il culto delle immagini evitatelo in ogni modo. La vostra fraternità, al contrario, esorti a far sì che la visione di ciò che è accaduto faccia sentire loro l’ardore del pentimento, e che si prostrino umilmente nell’adorazione dell’unica, onnipotente e santa Trinità.

Lettera “Quia caritati nihil” ai Vescovi di Iberia (Georgia), 22 giugno 601 circa

Battesimo e Ordini sacri degli eretici.

478 – Abbiamo appreso dall’antico insegnamento dei Padri che tutti coloro che sono stati battezzati in eresia nel nome della Trinità, quando ritornano alla santa Chiesa, devono essere richiamati nel seno della Madre Chiesa o con l’unzione del crisma, o con l’imposizione della mano, o con la semplice professione di fede. Per questo l’Occidente rigenera gli ariani con l’imposizione della mano, l’Oriente con l’unzione del santo crisma in vista dell’ingresso nella Chiesa cattolica. Ma i monofisiti e gli altri li riceve solo con la vera professione di fede, perché il santo battesimo che hanno ottenuto dagli eretici riceva poi in loro i poteri della purificazione, quando alcuni hanno ricevuto lo Spirito Santo con l’imposizione della mano e altri sono stati uniti nel seno della Chiesa santa e universale con la professione della vera fede. Quanto agli eretici che non sono stati battezzati nel nome della Trinità, come i Bonosi e i Catafrigi, perché alcuni non credono in Cristo Signore e altri credono falsamente che lo Spirito Santo sia un depravato di nome Montan, essi vengono battezzati quando vengono nella santa Chiesa, perché quello che hanno ricevuto, quando erano nell’errore, senza il Nome della Santissima Trinità, non era un Battesimo. Né può essere chiamato un battesimo ripetuto, poiché, come è stato detto, il primo non è stato dato nel nome della Trinità… Vostra Santità deve accoglierli (i nestoriani) senza alcuna esitazione nella sua comunità, rispettando i loro ordini, in modo che… non suscitando con la vostra indulgenza alcuna opposizione o difficoltà riguardo ai loro ordini, li strapperete dalla bocca dell’antico nemico.

Il momento dell’unione ipostatica.

479 – Ora, la carne non è stata prima concepita nel grembo della Vergine e poi la divinità è entrata nella carne; ma non appena il Verbo è entrato nel grembo, il Verbo si è fatto carne, conservando la virtù della propria natura. … Né fu prima concepito e poi unto; ma essere concepito dallo Spirito Santo dalla carne della Vergine fu lo stesso che essere unto dallo Spirito Santo.

Lettera “Qui sincera” al Vescovo Pascasio di Napoli, novembre 602,

Tolleranza delle diverse credenze religiose

480 – Coloro che, con retta intenzione, desiderano avvicinare gli estranei alla Religione cristiana, alla retta fede, devono sforzarsi di farlo con parole gentili e non con parole dure, affinché l’inimicizia non allontani coloro il cui animo potrebbe essere stato smosso dall’indicazione di una chiara ragione. Per tutti coloro che fanno diversamente e che con questa scusa vogliono allontanarli dalla pratica abituale del loro rito, sembra che lavorino per la propria causa piuttosto che per quella di Dio. In effetti, i Giudei che vivono a Napoli si sono lamentati con noi del fatto che alcune persone stiano facendo sforzi irragionevoli per impedire loro di osservare alcune celebrazioni delle loro feste, in modo da non essere più autorizzati a osservare le celebrazioni delle loro feste come a loro ed ai loro parenti è stato permesso da tempo di osservarle o eseguirle. Se le cose stanno davvero così, sembra che si stiano impegnando in un’impresa inutile. Infatti, a che cosa serve se, anche se è vietato loro di farlo contro le consuetudini di lunga data, non ne traggono alcun vantaggio per la fede e la conversione? O ancora, perché stabilire regole per i Giudei sul modo in cui devono celebrare le loro cerimonie, se poi non riusciamo a conquistarli? Dobbiamo quindi fare in modo che, incoraggiati piuttosto dalla ragione e dalla gentilezza, vogliano seguirci e non fuggire da noi, in modo che, spiegando loro con le Scritture ciò che diciamo, possiamo con l’aiuto di Dio convertirli al seno della Madre Chiesa. Perciò la vostra fraternità li inciti alla conversione con le monizioni, per quanto può con l’aiuto di Dio, e non sia più turbata a causa delle loro celebrazioni; al contrario, abbia piena libertà di osservare e celebrare le proprie feste e ricorrenze, come ha fatto finora.

SABINIANO: 13 settembre 604 – 22 febbraio

BONIFACIO III: 19 febbraio – 12 novembre

BONIFACIO IV: 25 agosto 608 – 8 maggio 615

DEUSDEDIT (Adéodato I): 19 ottobre 61

BONIFACIO V: 23 dicembre 619 – 25 ottobre 625

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (10) “da Onorio I a Martino I”