Salmo 14: “Domine quis habitavit”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.o
TOME PREMIER.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR
13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 14
Psalmus David.
[1] Domine, quis habitabit
in tabernaculo tuo? aut quis requiescet in monte sancto tuo?
[2] Qui ingreditur sine macula, et operatur justitiam;
[3] qui loquitur veritatem in corde suo; qui non egit dolum in lingua sua;
[4] nec fecit proximo suo malum, et opprobrium non accepit adversus proximos suos.
[5] Ad nihilum deductus est in conspectu ejus malignus; timentes autem Dominum glorificat.
[6] Qui jurat proximo suo, et non decipit; qui pecuniam suam non dedit ad usuram, et munera super innocentem non accepit.
[7] Qui facit hæc non movebitur in æternum.
SALMO XIV
[Vecchio Testamento secondo la Volgata
Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
La scienza della salute, o la via alla vita eterna.
Salmo di David.
1. Signore, chi abiterà nel tuo tabernacolo, ovvero, chi riposerà nel tuo santo monte?
2. Colui che vive esente da ogni macchia e fa opere di giustizia:
3. Colui che dice la verità, che ha in cuor suo, e non ha ordita fraude colla sua lingua:
4. Non ha fatto danno al prossimo suo, e non ha dato ricetto alla maldicenza contro i suoi prossimi.
5. Negli occhi di lui è un niente il maligno; ma onora quelli che temono Dio.
6. Fa giuramento al suo prossimo, e non lo inganna; non dà il suo denaro ad usura, e non riceve regali contro dell’innocente.
7. Chi fa tali cose, non sarà smosso in eterno.
Sommario analitico
Davide in questo Salmo enumera le condizioni richieste a coloro che vogliono svolgere funzioni sacerdotali o levitiche, nel tabernacolo sulla montagna di Sion. In un senso più elevato, siccome questo tabernacolo e questa montagna erano figura della Chiesa, si possono vedere in questo Salmo le virtù che la Chiesa cristiana richiede ai suoi ministri. – Infine, con S. Agostino ed altri interpreti, si può dire che il Re-Profeta faccia qui l’elenco delle virtù che devono praticare qui giù i veri abitanti della casa di Dio, se vogliono arrivare al cielo e alla vita eterna.
Davide, volendo eccitare il desiderio del cielo, erge come una scala, per cui propone:
I. – il termine, cioè il cielo che è il tabernacolo di Dio;
- la sua santa montagna (1).
II. – I dieci gradini: .1) il desiderio perseverante di evitare il male e fare il bene (2); 2) la sincerità del cuore; 3) la fedeltà nelle parole (3); 4) la carità verso il prossimo; 5) l’odio dei detrattori (4); 6) la fuga dalla società dei malvagi; 7) le testimonianze d’onore date ai giusti (5); 8) l’orrore dello spergiuro; 9) la liberalità verso i poveri; 10) l’amore della giustizia e l’incorruttibilità nei giudizi (6).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1.
ff.1. – Curiosità biasimevole ed inutile è voler sapere il numero ed il nome di quelli che debbano essere salvati; ma curiosità santa e molto necessaria, è invece informarsi di cosa bisogna fare per essere di questo felice numero. – Occorre indirizzarsi a Dio stesso, che solo può istruirci, e domandargli con profondo sentimento di rispetto: « Signore, chi dimorerà nel vostro tabernacolo? » (Duguet). Il Profeta qui non dice “sulla vostra montagna”, prima di aver detto “nel vostro tabernacolo”, “nella vostra tenda”. Una tenda non è una dimora stabile, una tenda non ha fondamenta, la si trasporta da un luogo ad un altro, ed essa segue il cammino di colui al quale offre rifugio, perché essa non è radicata al suolo. Ma una casa vera e propria riposa su fondamenta solide. La montagna qui rappresenta la vita eterna (S. Gerolamo). – L’idea dell’eternità, dice San Tommaso, è collegata alla immutabilità.
II — 2-6.
ff. 2. – « Colui che cammina senza macchia ed opera la giustizia. » Se colui al quale non manca alcuna virtù e che trascorre la sua vita senza peccato, è veramente senza macchia, in cosa differisce da colui che pratica la giustizia? Le due parti della proposizione hanno lo stesso senso, anche se bisogna dare a ciascuna di essa un significato particolare, nel senso che essere senza macchia, è avere tutte le perfezioni della virtù, secondo l’uomo interiore, mentre colui che pratica la giustizia è colui che produce al di fuori, con atti esteriori, la forza di agire di cui è dotata la sua anima. Pertanto noi dobbiamo non solo fare il bene, ma farlo nello spirito retto e giusto, secondo queste parole del Deuteronomio: « Voi ricercherete giustamente ciò che è giusto » (XVI, 20). – Così colui che cammina senza macchia, è perfetto interiormente; colui che pratica la giustizia è, come l’Apostolo (2 Tim. II, 15), un ministro degno di Dio. Notate ancora la precisione del linguaggio del Re-Profeta. Egli non dice: “colui che cammina”, “colui che ha praticato”; ma « colui che cammina senza macchia, che pratica la giustizia ». Perché un solo atto di virtù non è sufficiente a rendere l’uomo virtuoso, ma bisogna che la pratica della virtù abbracci tutto il corso della sua vita (S. Basilio, Psal. XIV). – Breve ma ammirabile questa risposta che riassume tutta la morale dei Profeti, del Vangelo e degli Apostoli. Due cose sono essenziali per essere salvati: – 1) camminare nell’innocenza, astenersi dal male, cosa che comprende tutte le azioni, sia esteriori che interiori e si estende a tutto il corso della vita; – 2) fare le azioni di giustizia. Il Profeta non dice “colui che pratica la castità, la saggezza, la forza”… o altre simili virtù, ma “… la giustizia”, che è la grande virtù, ed è come la madre di tutte le altre virtù (S. Gerolamo).
ff. 3. – Vi sono due tipi di inganni, uno nel cuore, l’altro sulla lingua. La verità deve essere prima nel cuore, e poi nella semplicità nelle parole (Duguet). – Alcuni hanno la verità sulle labbra ma non nel cuore. Essi sono simili a coloro che, conoscendo che una via è piena di pericoli, fraudolentemente la indicano dicendo: « andate di la e viaggerete in sicurezza ». Se accade in effetti che non si trovino pericoli, egli avrà detto il vero; ma non nel suo cuore, perché egli pensava il contrario, ed avrà detto il vero senza saperlo. È dunque poco dire una cosa vera se la verità non è nel cuore (S. Agost. e S. Girol.). « Dire la verità nel proprio cuore » è di una grande ampiezza: – 1) affezionarsi con il cuore e la volontà a tutte le verità rivelate; 2) amare queste verità e conformarvi la propria condotta; – 3) non dire mai nulla che il cuore neghi, e non parlare mai contro coscienza; – 4) non ingannare se stessi con falsi giudizi sul valore delle cose umane e delle cose eterne (Berthier).
ff. 4. Il Profeta intende qui il male premeditato che si farebbe al prossimo. Non è sempre in nostro potere non fare agli altri che cose piacevoli. Ci sono occasioni nelle quali si è obbligati a difenderci contro di essi, a reprimerli, a correggerli, a punirli anche. È la cattiva intenzione che qui il Re-Profeta condanna, è il desiderio di nuocere, è la malvagità che egli riprova (Berthier). Grande vigilanza ci vuole per non ferire nessuno, né con le parole, né con le azioni. – Dire o ascoltare maldicenze contro il prossimo, egualmente è agire contro la carità. – Più facile è non sgridare il prossimo per la maldicenza, che difendersi dalla credulità che vi consente, dalla malignità che ce la fa adottare, rilevare e da qui continuare nella maldicenza.
ff. 5. « Egli considera un niente il malvagio, ma glorifica coloro che temono Dio ». È segno di uno spirito veramente grande, incrollabile tra le vicissitudini delle cose umane, e di un uomo pervenuto al grado più alto della giustizia, rendere a ciascuno quello che gli è dovuto, il considerare i malvagi come gente da niente, qualunque sia la loro dignità, l’ammontare della loro ricchezza, lo splendore della propria nascita e i pretesi omaggi dei loro simili. Se l’uomo del bene scopre qualche traccia di iniquità o di ingiustizia, non ha considerazione per nessuno, nessuna stima, e questa è la prova di uno spirito veramente grande. Al contrario quelli che temono il Signore, fossero anche poveri, di natali oscuri, senza il dono della scienza né della parola, sono ai suoi occhi degni dei più grandi onori; egli li colma di lode e di gloria e, istruito dallo Spirito Santo stesso, proclama altamente che essi sono i soli beati (S. Basile). – Grande e rara virtù è detestare il male, non solo in sé, ma anche negli altri. – Vizio al contrario molto comune, è l’onorare i malvagi e considerare come gente da niente coloro che temono il Signore (Duguet). – Non si faccia alcun caso agli empi, considerati dal lato della loro empietà; si onorino coloro che temono il Signore: due sentimenti che nascono dall’alta idea che l’uomo giusto ha di Dio e della Religione. Tutti i talenti più brillanti, riuniti come in un nemico di Dio, non attirano l’ammirazione dell’uomo giusto; egli disprezza anzi colui che abusa in modo indegno dei doni di Dio. Al contrario, tutti gli svantaggi derivanti dalla nascita, dalla fortuna, dallo spirito stesso e dai talenti, riuniti in un uomo che teme Dio e che Lo serve, sono un nulla agli occhi del giusto. San Crisostomo considerava maggiormente l’abitazione di Aquila e Priscilla che il palazzo degli imperatori, perché Aquila e Priscilla, amici di San Paolo, avevano partecipato alle fatiche del suo apostolato. Questo grande Santo sapeva che la vera nobiltà non è legata alle dignità, ma alla probità ed all’innocenza dei costumi (Berthier). Tra le dieci condizioni richieste per abitare nella casa di Dio, o, se si vuole, i dieci gradini che conducono alla montagna santa, sette sono comuni ed obbligano tutti gli uomini, e sono sempre quelle che precedono; tre sono particolari a certi stati, ed obbligano solo in certi casi, e solo alcune persone. Per entrare nel regno dei cieli, bisogna dunque, indipendentemente dalle condizioni precedenti, badare al proprio giuramento, essere distaccato dai beni della terra e rinunciare ai guadagni sordidi, mostrarsi inaccessibile ad ogni interesse quando si tratta di rendere giustizia.
ff. 7. – L’unico e solido fondamento della salvezza, è praticare ciò che Dio comanda. – Ogni devozione che poggi su altri princîpi dai quali si ritiene venga la salvezza, è pericolosa o piuttosto è un errore pernicioso (Duguet). – Non ci si culli su leggere pratiche devozionali che impediscono forse un male peggiore, come l’empietà ed il disprezzo manifesto di Dio, ma che non fanno progredire un’anima e sono piuttosto un ostacolo perpetuo al suo progresso sulla via del bene. Costoro mettono la loro fiducia in cose da nulla, dice il profeta Isaia, e si dilettano delle vanità. La tela che hanno intessuto è una tela di ragno, e per questo, dice il Signore, « Le loro tele non servono per vesti, essi non si possono coprire con i loro manufatti » (Isaia LIX, 6.).