SALMI BIBLICI: “BEATUS VIR QUI NON…” (I)

Salmo 1: “BEATUS VIR”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES 

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

PARIS

LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

TOME PREMIER.

SALMO I.

[1] Beatus vir qui non abiit in consilio impiorum, et in via peccatorum non stetit, et in cathedra pestilentiæ non sedit;

[2] sed in lege Domini voluntas ejus, et in lege ejus meditabitur die ac nocte.

[3] Et erit tamquam lignum quod plantatum est secus decursus aquarum, quod fructum suum dabit in tempore suo: et folium ejus non defluet; et omnia quæcumque faciet prosperabuntur.

[4] Non sic impii, non sic; sed tamquam pulvis quem projicit ventus a facie terrae.

[5] Ideo non resurgent impii in judicio, neque peccatores in concilio justorum,

[6] quoniam novit Dominus viam justorum; et iter impiorum peribit.

SALMO I.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da Mons. ANTONIO MARTINI, Arciv. di Firenze etc.

Vol. X

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

La beatitudine del giusto.

1. Beato l’uomo che non va dietro ai consigli degli empi e non si ferma nella via dei peccatori, né si pone a sedere sulla cattedra di pestilenza;

2. Ma suo diletto ell’è la legge del Signore e la legge di lui egli medita di giorno e di notte.

3. Ed ei sarà come arbore piantato lungo la corrente delle acque, il quale darà a suo tempo il suo frutto; E foglia di lui non cadrà: e tutto quello che egli farà, avrà prospero effetto.

4. Non cosi sarà degli empi, non cosi: ma e’ saran come loppa, cui sperge il vento dalla superficie della terra.

5. Per questo non risorgeranno gli empi in quel giudizio, né i peccatori colla congregazione dei giusti;

6. Perocché conosce il Signore la via dei giusti, e la strada degli empi finirà nella perdizione.

Sommario analitico

Il Profeta, per eccitare tutti gli uomini alla pratica della virtù, fa qui una descrizione della felicità del giusto e dell’infelicità del malvagio e del peccatore. Egli descrive:

I. — I due doveri dell’uomo giusto:

Fuggire il peccato. —

(a) Nei suoi pensieri, non prendendo parte alcuna ai consigli degli empi;

(b) nelle sue azioni, non imitando la condotta dei peccatori;

(c) nelle sue parole, non professando dottrine perverse.

Praticare la virtù con l’aiuto dei due principali mezzi:

(a) L’amore della legge di Dio;

(b) la meditazione continua di questa legge (2).

II. — La propria felicità che proviene:

1° Dall’essere fortemente radicato nella fede;

dalla molteplicità delle grazie che riceve;

dall’abbondanza dei suoi frutti; (3);

dal suo fogliame che rimane costantemente verde;

dai successi che coronano tutte le sue imprese (4).

III. — Il danno di colui che tiene una condotta contraria.

1° In questa vita: —

(a) È privato della felicità e delle grazie dell’uomo virtuoso;

(b) è disperso come la polvere lieve che il vento disperde (5).

Nell’altra vita: —

(a) Egli sarà preso dal terrore nel giorno del giudizio;

(b) sarà cacciato dall’assemblea dei santi (6).

IV. — Il soccorso potente di Dio che:

1° Ama le azioni dei giusti e le approva;

2° Distrugge ed annienta i consigli dell’empio (7).

Spiegazioni e Considerazioni

I — 1, 2.

Questo Salmo non ha un titolo, perché è come il titolo generale di tutti gli altri Salmi; ne è come il vestibolo ornato di corone e di fiori che sono destinati a quelli che perverranno alla conoscenza di questi divini cantici, poiché essa promette ed assicura la felicità a coloro che meditano la Legge di Dio e la mettono in pratica. Così San Girolamo definisce questo salmo: “la prefazione dello Spirito Santo”; San Gregorio di Nyssa: “l’introduzione alla filosofia spirituale” (Tract. II in Ps., cap. VIII); San Crisologo: “la prefazione, la lettera e la chiave dei Salmi” (Serm. XLIX). « Il Salmo che abbiamo cantato oggi – egli dice – è la prefazione a tutti gli altri Salmi, esso è il Salmo dei Salmi, il titolo per eccellenza, il soggetto che dà luogo a tutti gli altri, la causa di tutti i Salmi successivi. – Quando la chiave di un palazzo ne ha aperto le porte, se ne intravede il magnifico interno ed i ricchi e preziosi appartamenti. Così, questo Salmo ben compreso, ci spiega i misteriosi segreti rinchiusi negli altri Salmi. » San Basilio, dal suo canto, lo definisce “il fondamento e la base di tutti gli altri Salmi”. « … ciò che sono – egli dice – le fondazioni di una casa che si costruisce, ciò che è la carena per il corpo di un vascello, ciò che è il cuore nel corpo di un essere animato, questo salmo, così breve, lo è per tutti gli altri Salmi che seguono » (Homil. in Ps. I).

ff. 1. – Tutte le fibre dell’intelligenza e del cuore si sollevano a questa parola così semplice e completa nella sua espressione, che apre l’ammirevole collezione dei Cantici ispirati di Davide. « Beato, etc. ». Con questa parola, all’esiliato sembra che si parli della patria; al bambino di sentire pronunziare il nome di una famiglia teneramente amata che parrebbe aver perso. – Che cos’è allora la felicità? Nel suo significato più esteso, è il bene perfetto di tutto l’essere, è uno stato perfetto per la comunione di tutti i beni, è uno stato in cui non resta più nulla da desiderare, più niente da ottenere (S. Thom.) – Il consiglio è come la base ed il fondamento di tutte le azioni, è – dice S. Crisostomo – la luce della vita. – « Beato dunque è colui che non è entrato nel consiglio degli empi. » C’è una differenza considerevole tra l’empietà ed il peccato. Per grazia di Dio, non è empio ogni peccatore, poiché ogni peccato non è l’empietà. Al contrario, è impossibile che l’empio non sia un peccatore, atteso che l’empietà implichi di per se stessa i più grandi peccati. Un figlio può essere vizioso, sregolato, prodigo, ma può amare e rispettare suo padre: in questo egli non è esente da peccati, ma non offende la pietà filiale. Gli empi al contrario, sono coloro che pur essendo forse regolari in molti punti della loro condotta, sovrastano comunque i semplici peccatori poiché l’oltraggio è nei confronti del Padre celeste (S. Hil.) – La via dei peccatori è quella via larga della quale Gesù ha detto: « Quanto è larga la via che conduce alla perdizione ed alla morte, e quanto numerosi sono coloro che entrano per questa porta! » (Matteo VII, 13). La via di ciascuno è la propria vita: la via dei presuntuosi è l’orgoglio; la via del desiderio e del possesso, è l’avarizia; la via del voluttuoso, è la concupiscenza della carne (S. Greg.) – C’è una gradazione nel male: ci si lascia prima prendere dalla vanità, ci si sofferma poi nel piacere del peccato, infine ci si adagia per il consenso che gli si dà. Colui che fa il male costruisce la carne, colui che persevera nel male si adagia in questa carne (Hug. Di S. Victor.) – Questa carne di pestilenza sono le dottrine perniciose che San Paolo raccomandava ai suoi discepoli di fuggire; perché, diceva, « … tali insegnamenti conducono molti all’empietà, ed i discorsi che pronunciano certe persone, si propagano come la gangrena ». (I Tim., II, 10, 17). Le parole e gli esempi empi scivolano molto facilmente nella nostra anima, a causa della doppia inclinazione tanto violenta che essa prova per la sensualità e l’indipendenza. Come un cancro che divora le parti sane, e che propaga la sua corruzione a tutto il corpo, così le cattive dottrine non lasciano niente di sano nell’animo dei fedeli che esse seducono. – Il primo ed incomparabile titolo, la prima gloria del vero giusto, è l’eroismo della sua separazione. Egli si separa dalla folla, esce dai confini del male, resta puro in seno alla comune perversione. – Esistono tre gradi diversi di perversità nel mondo, tre regioni differenti dove si trovano riuniti i transfughi della verità e della virtù. La prima è quella in cui, senza essere empi in se stessi, « si va verso lo scisma degli empi ». È questa la regione delle anime molli, inconsistenti e lasse, è la patria delle leggerezze, delle ignoranze, delle false tradizioni. Questi uomini non hanno della religione, delle verità divine, dei doveri soprannaturali, se non qualche vaga ed imprecisa nozione; sono uomini il cui linguaggio lasso si presta, di volta in volta, con indifferenza sia al bene come al male, al vizio come alla virtù – La seconda regione comprende non più solamente gli uomini che si accontentano di avviarsi sui sentieri del male con un primo passo malfermo e ancora da novizio, bensì le intelligenze che hanno raggiunto il loro stato definitivo, il loro soggiorno fisso e permanente nell’incredulità dello spirito, nei vizi del cuore, nella grossolana e criminale indifferenza della vita. – La terza regione è quella in cui si trovano gli apostoli del male, quelli che lo predicano, l’impongono, si sforzano di introdurlo dappertutto e di farlo trionfare. È l’insegnamento dell’incredulità che, dall’alto delle cariche pubbliche, così come nelle riunioni delle società segrete, fa colare l’empietà ampiamente, il vizio con l’empietà, la blasfemia contro Dio, l’odio contro ogni ordine sociale, il sovvertimento di tutti i princîpi, la negazione di tutte le virtù. (Doublet, Salmi per la predicazione, III, 55).

ff. 2 – Che cos’è « avere la sua volontà nella legge »? È amare sinceramente la Verità! Ci sono molti che hanno la legge nel cuore, ma non hanno il cuore nella legge. Aver le legge nel cuore è conoscere la verità. Ma quelli che hanno la legge nel cuore senza avere il cuore nella legge, portano la legge e non sono portati dalla legge; essi sono caricati senza esserne aiutati, perché la scienza senza la carità è un fardello piuttosto che un aiuto (Hug. De S. Victor., cap. II in Psalm.). Avere la propria volontà nella legge, significa volere ed amare la legge. « La dov’è il vostro tesoro, lì è il vostro cuore ». (Matth. VI, 21) – Una cosa è « essere nella legge », altra cosa è essere “sotto” la legge. Colui che è nella legge si comporta secondo la legge; colui che è sotto la legge è condotto secondo la legge (S. Agost.) – « Ora noi non siamo sotto la legge, ma nella grazia » (Rom. VI, 15). È quanto prediceva il Profeta: « Io metterò la mia legge fin nelle loro viscere » (Gerem. XXXI, 33). È quanto pure esprimeva il Re-Profeta « … la vostra legge è nel mio cuore » (Ps. XXXIX, 9); essa non è in un angolo, ma al centro del proprio essere, come il sole, in mezzo al cielo, espande dappertutto la luce ed il calore. – « … Ed egli mediterà, etc. » Dall’amore della legge nasce la meditazione assidua e fervente di questa medesima legge. Colui che ama, medita attentamente su ciò che ama: « Io ho meditato i vostri precetti, che sono l’oggetto del mio amore ardente » (Ps. CXVIII, 47) e più avanti « … che la vostra legge sia cara al mio cuore; notte e giorno essa è l’oggetto della mia meditazione » (vv.97). Meditare la legge di Dio notte e giorno è – dice S. Ilario – conformare costantemente la propria condotta alle prescrizioni della legge. Noi preghiamo incessantemente quando, con la pratica di opere gradite a Dio e fatte per la sua gloria, ogni nostra vita diviene una vera preghiera; e vivendo così notte e giorno conformemente alla legge, noi meditiamo realmente notte e giorno su questa divina legge (S. Ilar.). « … Che il libro della legge sia sempre davanti ai tuoi occhi – diceva Dio a Giosuè (I, 7) – tu la mediterai giorno e notte, affinché la osservi e compi tutto ciò che vi è scritto, così renderai retta la tua via, e la comprenderai ». – Il giusto dunque cosa fa? Fissato l’occhio su di una stella divina, medita la legge di Dio giorno e notte, e senza mai compromettersi con l’errore, senza temerla, senza esserne vittima, prosegue tranquillamente la sua strada verso l’eternità radiosa. Se si salda in essa, non rischia di cadere nel consiglio degli empi, deboli davanti all’empietà, non lacera il suo simbolo, cede il passo al suo decalogo con deplorevoli lacerazioni. Se intorno a lui ci si rinsalda nel cammino dei peccatori, egli si salda ancora più strettamente nei sentieri di santità … se il mondo è infettato dai miasmi della carne di pestilenza, se il propagarsi del male è attivo, quello del bene non lo è da meno (Doublet, Psalmes, etc.).

ff. – 3, 4. – « Sarà come un albero, etc. » Geremia sviluppa la stessa similitudine (XVII, 7). È facile applicarne tutti i tratti all’uomo pio e fedele: quali sono questi corsi d’acqua? Le Scritture divine, i Sacramenti che sono i “canali della grazia”! Queste sono le acque correnti e di conseguenza vive, unite alle loro sorgenti, che denotano la forza della carità, che dirige e spinge il loro corso. – « … Darà il suo frutto a suo tempo », segno infallibile del suo tipo d’albero: « ogni albero buono porta dei buoni frutti; … voi li riconoscerete dai frutti, dice ancora Nostro Signore ». Così sentiremo lo Spirito Santo dirci con la voce del saggio: « Ascoltatemi germi divini, fruttificate come i rosai piantati vicino alle correnti di acqua » (ECCLI. XXXIX, 17), ed il Salvatore che dice dal suo canto « Io vi ho stabilito perché portiate frutto, e perché il vostro frutto rimanga » (Joan. XV, 16). Egli porterà il suo frutto, cioè questo frutto sarà equo, proporzionato alla grazia ricevuta, ed egli non si attribuirà nulla della fecondità o del merito degli altri. « Gli alberi che portano un frutto che non sia il loro frutto – dice San Bernardo – sono degli ipocriti; essi portano, con Simone il Cireneo, una croce che non è la loro croce e sono forzati a fare una cosa che non amano » (S. Bernardo). – Una conseguenza importante di questa verità, è che noi cooperiamo realmente alla grazia di Dio. – Il frutto viene a suo tempo, quando: – 1) non è né troppo precoce, come questa vigna di cui parla Isaia: « prima della raccolta essa si è coperta di fiori, ma fiorirà senza maturare, la roncola impietosa taglierà i pampini ed i rami, e sarà abbandonata durante l’estate agli uccelli di montagna, e durante l’inverno agli animali selvatici » (Isaia XVIII, 5, 6); -2) né troppo tardivo, perché Dio vuole che gli si offra la primizia degli alberi (Lev. XIX, 23). – « Esso darà frutto a suo tempo ». Altro è il frutto dell’infanzia, altro quello della giovinezza e dell’età più avanzata; altro è il frutto di chi comincia, altro il frutto di chi si è consumato nella pietà; una cosa è il frutto di un novizio, altro quello di un religioso; altro il frutto del clero, altro quello del sacerdozio, altro quello dell’episcopato; pensate non solo al frutto, ma anche alla maturità che esso deve avere (Bossuet, meditation dern. sett. XXIX gior.). – Pensiamo a ciascuno dei tratti di questa graziosa immagine. Dapprima produrre i frutti, e produrli a suo tempo, quando conviene, come si deve, e come Dio lo richiede e l’attende. Qual è l’albero che si carica di frutti nella sua stagione? È l’albero piantato ai bordi delle acque! Le acque sono la grazia, principio soprannaturale, linfa sovrumana che trasfigura in divino ed in eterno tutto ciò che tocca, è Dio stesso comunicato all’essere creato; Dio che versa a fiotti le ricchezze della propria natura. – « Il suo fogliame non cade mai ». Quando tutto intorno a lui sfiorisce, si secca e cade, esso solo conserva il suo vigore primaverile, il suo fogliame non ingiallisce, i suoi anni non fanno che ingrandire le sue forze e moltiplicare i suoi frutti (l’abbate Doublet, passim). – « … Le sue foglie non cadranno ». I frutti sono per l’utilità, le foglie per la piacevolezza. « Tutto ciò che fa prospererà », verità confermata da Nostro Signore: « … colui che dimora in me ed Io in lui, porterà molto frutto » (Joan, XV, 5); e dall’apostolo Paolo: « Tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio », anche le tribolazioni e le sofferenze. – La ricchezza moltiplica le sue ricompense con le sue elemosine; la povertà lo copre con la reale porpora del Dio indigente; la santità conferisce alla sua azione delle energie generose; la malattia gli porta la benedizione del Calvario; la vita accumula i suoi meriti con le sue opere sante (l’abbate Duoblet, Psalmes, etc.).

III. — 5, 6.

ff. 5 – Alla felicità e all’ammirevole fecondità del giusto che il Profeta compara ad un albero « coperto di foglie, di fiori e frutti », egli oppone come contrasto ed in tutte le sue parti, l’infelicità e la desolante sterilità dei peccatori e degli empi. « .. Gli empi sono come la polvere » -1) la polvere è la parte più vile della terra -2) mentre l’albero si stabilisce sulla sue radici che si estendono su tutti i lati, la polvere non aderisce alla terra di cui fa parte. -3) Essa è arida e sterile e rende infecondo tutto ciò che copre. Ed è così per i peccatori e gli empi: « Scrivete che quest’uomo è sterile e non prospererà nei suoi giorni » (Gerem. XXII, 39). -4) Tutti la calpestano con i piedi. « E voi calpesterete gli empi, dice il Profeta, quando essi saranno come la cenere sotto i vostri piedi » (Malach. V, 3). -5) tutte le sue parti sono disunite e disgregate, immagine degli empi che non sono uniti tra loro se non per distruggere. – – 6) Essa è trasportata dal vento, figura della leggerezza, dell’incostanza delle anime separate da Dio, morte alla fede ed alla grazia e che sono trasportate da ogni vento di dottrina. – – 7) Essa irrita e offusca gli occhi, riempie le narici e la bocca. La polvere, dice Sant’Ambrogio, è l’empietà; la potenza degli empi è simile alla polvere. Essa produce l’oscurità e non può dare la salvezza. Quando il vento comincia a soffiare, la solleva, la espande e la disperde. Essa intorbida l’aria, denuda il sole; essa è respinta come la polvere, si dissipa come il fumo, si fonde come la cera (S.Ambr. in Psalm.) – Triplo è il carattere della vita senza Religione, disunione, mobilità, sterilità. – 1° nulla è legato, unito, in questa polvere del cammino, tutto vi turbina disordinatamente, non regnerà mai alcun insieme. Tale è l’incredulo, l’uomo senza Religione. Tutto in questa triste esistenza avanza per caso, tutto è destinato all’imprevisto più spaventoso; è la polvere cacciata dal vento, senza direzione, senza una meta, un termine, senza un uso, un impiego. Lo stesso vale per le nazioni: ciò che perde le nazioni moderne, è la rovina della fede, la perdita, il sovvertimento dei princìpi, la degradazione degli spiriti e dei cuori. – 2° Mobilità, inconsistenza. Il vero Cattolico non è mai mobile né inconsistente; egli resta, in mezzo alle vicissitudini del tempo, il figlio dell’eternità; egli si ride della mobilità delle cose, la sua vita del tempo si eternizza nella speranza. L’uomo senza religione e senza Dio, privo di queste speranze eterne, senza avere l’indomani assicurato, senza rifugio, senza avvenire, è abbandonato a tutti i capricci delle cose umane e a tutte le caducità del tempo. – 3° Sterilità. Come la polvere, sua perfetta immagine, l’uomo senza Religione non è assolutamente utile a nulla di quanto sia veramente grande e serio. (DUOBLET, Psaumes, etc.).

ff. 6 – Gli empi non resusciteranno per il giudizio, – né per giudicare, perché essi non sono nel numero dei giusti che giudicheranno con Gesù-Cristo ed ai quali è detto: « Voi sarete seduti sui dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele » (Matteo XIX, 28); – né per essere giudicati, perché il loro giudizio è stato già pronunciato in questa vita: « Colui che non crederà è già giudicato, perché egli non crede al nome del Figlio unico di Dio » (Joan. III, 18). Quando il figlio di Dio verrà a giudicare il mondo, i riprovati, è vero, risusciteranno nello stesso tempo con i giusti, ma non con i giusti, perché al momento della resurrezione i giusti saranno separati dai riprovati (Bourd. Société des justes, etc.). – Tre sono le ragioni per le quali i peccatori e gli empi non resusciteranno nel giudizio dei giusti: – 1° perché essi sono come la polvere che il vento trasporta; – 2° perché essi vedranno l’elevazione dei santi che essi hanno disprezzato « … Dio conosce la via dei giusti »; – 3° perché in questo giorno sarà pronunciata la loro sentenza definitiva: « … e la via degli empi perirà ». – « Né i peccatori nell’assemblea dei giusti », verità che conferma il profeta Ezechiele quando dice: Essi non saranno nell’assemblea del mio popolo; « … essi non saranno scritti nel libro della casa di Israele » (Ezech, XIII,9).

IV. — 7

ff. 7. – Dio conosce la via dei giusti. Questa conoscenza non è una conoscenza sterile. « È lo stesso – dice S. Agostino – che la medicina conosca la salute e non conosca le malattie, e tuttavia le malattie sono riconosciute dall’arte della medicina, e così si può dire che Dio conosca la via dei giusti e non conosca la via degli empi, non che Dio ignori qualcosa, ma nel senso che essere ignorato da Dio, è perire, e che essere conosciuto da Dio è vivere ». (S.Agost.) – Non sapere, per Dio, è riprovare. Ecco perché Dio dirà alla fine del mondo ai peccatori: « … Io non vi conosco » (S. Greg., Moral., II, 3). – « … E la via dei peccatori perirà ». Si dice di un cammino che perisce, che è distrutto, che cessa di esistere, quando un viaggiatore, recandosi in un determinato luogo, trova la fine di questo cammino senza però arrivare al termine del suo viaggio, oppure quando davanti a lui c’è un precipizio, una palude profonda ed insuperabile. – « … Il cammino degli empi perirà ». Cosa vuol dire? Ci si è incamminati in un cammino che sembrava battuto e solido al punto di partenza, poi sempre più friabile, ed infine completamente sprofondante, lasciando così nel buio della notte in una piana sconosciuta, in una foresta oscura, senza offrire direzioni né vie d’uscita. Tale è il sentiero degli empi: è una strada che si perde, che non giunge a nulla se non al deserto, all’abisso, alla morte. « Depertita eorum via » (S. Ilar., Mgr. Pie, Discours etc. VII, 542).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.