SALMI BIBLICI: “VENITE, EXSULTEMUS DOMINO” (XCIV)

SALMO 94: “VENITE, EXSULTEMUS DOMINO

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR – 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 94

Laus cantici ipsi David.

[1]  Venite, exsultemus Domino; jubilemus Deo salutari nostro;

[2] præoccupemus faciem ejus in confessione, et in psalmis jubilemus ei:

[3] quoniam Deus magnus Dominus, et rex magnus super omnes deos;

[4] quia in manu ejus sunt omnes fines terræ, et altitudines montium ipsius sunt;

[5] quoniam ipsius est mare, et ipse fecit illud, et siccam manus ejus formaverunt.

[6] Venite, adoremus, et procidamus, et ploremus ante Dominum qui fecit nos;

[7] quia ipse est Dominus Deus noster, et nos populus pascuae ejus, et oves manus ejus.

[8] Hodie si vocem ejus audieritis, nolite obdurare corda vestra

[9] sicut in irritatione, secundum diem tentationis in deserto, ubi tentaverunt me patres vestri, probaverunt me, et viderunt opera mea.

[10] Quadraginta annis offensus fui generationi illi; et dixi: Semper hi errant corde.

[11] Et isti non cognoverunt vias meas: ut juravi in ira mea: Si introibunt in requiem meam.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XCIV

Invito ed esortazione a lodar Dio col cuore, colla bocca e colle opere.

Landa: ovver cantico dello stesso David.

1. Venite, esultiamo nel Signore, cantiam le Lodi di Dio Salvator nostro.

2. Corriamo a presentarci davanti a lui coll’orazione, e coi salmi celebriamo le sue lodi.

3. Imperocché il Signore è un Dio grande, e un Re grande sopra tutti gli dèi.

4. Perocché l’ampiezza tutta della terra egli tiene nella sua mano, e a lui gli altissimi monti appartengono.

5. Perocché di lui è il mare, ed egli lo fece, e dalle mani di lui fu fondata l’arida terra.

6. Venite, adoriamolo e prostriamoci, e spargiamo lagrime dinanzi al Signore, di cui siamo fattura.

7. Imperocché egli è il Signore Dio nostro: e noi popolo dei suoi paschi e pecorelle di suo governo.

8. Oggi, se la voce di lui udirete, non vogliate indurare i vostri cuori.

9. Come nel luogo dell’Altercazione al dì della tentazione nel deserto, dove tentaron me i padri vostri, fecer prova di me, e videro le opere mie. con quella generazione, e dissi: Costoro van sempre errando col cuore.

11. Ed eglino non han conosciute le mie vie; ond’io giurai sdegnato: Non entreranno nella mia requie.

Sommario analitico

Questo Salmo, senza titolo in ebraico, è attribuito a Davide dai Settanta, la Vulgata e San Paolo, che lo cita sotto il nome di Davide nella lettera agli Ebrei (IV, 7). Esso fu composto probabilmente dopo il trasporto dell’arca a Sion, e dato ai cantori per il servizio divino.

[Il Salterio liturgico contiene questo salmo secondo l’antico italico; questo spiega le differenze con la traduzione della Vulgata che qui leggiamo. – Questo Salmo sembra essere un dialogo a tre voci, con una quarta a nome del Salmista (vers. 8), ed una quinta a nome di Dio (vers. 9-11)].

Il Re-Profeta:

I. – Invita il popolo giudeo a cantare le lodi di Dio.

1° Egli chiama tutti i cori, tutte le voci, tutti gli strumenti ad unirsi nella lode divina (1, 2);

2° Ne offre i motivi: – a) la grandezza di Dio, elevato sopra tutti gli dei (3); – b) Egli è il sovrano Creatore e Signore della terra, del mare e di tutto l’universo (4, 5); – c) Egli ci ha creato, e noi abbiamo offeso con i nostri peccati il nostro Creatore (6); – d) la provvidenza tutta particolare con la quale Dio ci governa (7).

II. – Ricorda che occorre aggiungere a questo culto di lode, l’obbedienza alla voce di Dio:

1° Introduce Dio stesso parlando al suo popolo ed esortandolo a non chiudere le sue orecchie ed il suo cuore alla voce che fa intendere (8);

2° lo invita ad evitare la disobbedienza e l’ostinazione dei Giudei nel deserto (9);

3° ricorda la pena di questa ostinazione, i rimproveri continui che Dio ha loro fatto, il loro incessante accecamento, la loro esclusione dalla terra promessa (10, 11).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-7.

ff. 1, 2. – Ci sono tre gradi, o se si vuole, tre azioni in questo preambolo del Salmo: cantare le lodi del Signore con gioia, servire il Signore con allegria, comparire alla presenza del Signore, o nel suo santo tempio, con i sentimenti di perfetta soddisfazione. Nessuna noia in questi santi cantici, nessun mormorio in queste servitù; nessuna agitazione in questo traffico con Dio. Colui che vuole accordare l’amore del mondo con i doveri della religione non comprenderà niente degli inviti del Profeta.  Egli dirà – se è in buona fede – che la preghiera lo disgusta, che la fedeltà alla legge di Dio lo intimorisce, che l’assiduità nel santo tempio lo riempie di cattivo umore. Così succede quando il cuore è vuoto di Dio e quando vi regna imperiosamente l’amore del mondo (Berthier). – Si giunge a Dio con l’intelligenza e la volontà, che sono come i due piedi dell’anima. L’intelligenza ci avvicina a Dio mediante la fede. Per avvicinarsi a Dio, bisogna innanzitutto credere che Dio c’è; (Hebr. XI, 6); la volontà ci avvicina a Dio con le affezioni (S. Agost.). – Noi dobbiamo pervenire a Dio come servi al loro signore. « Voi avete riempito le vostre mani per il Signore, avvicinatevi ed offrite le vittime e le lodi della casa del Signore; » (II Paral. XXIX, 31); come i discepoli al loro maestro: « Venite e saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe, ed Egli ci insegnerà le sue vie » (Isai. II, 3); come i malati al loro medico: « Venite, torniamo al Signore, è Lui che ci ha colpito, ma Egli ci guarirà; Egli ci ha battuto, ma chiuderà le nostre ferite, » (Osea VI, 1, 2.); come coloro che hanno sete vengono ad una fonte rinfrescante: « se qualcuno ha sete, venga a me e beva; » (Giov. VII, 37); come ciechi alla luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo; come degli amici che vengono ad intrattenersi con un amico. – Tre tipi di confessione vi sono: la confessione della fede, la confessione dei peccati, la confessione delle lodi. – Noi dobbiamo prevenire l’arrivo di Gesù-Cristo come giudice con questa triplice confessione della fede, dei peccati, delle lodi. «  Confessate Dio durante la vostra vita, confessatelo nella vostra forza e nella vostra gloria, confessate Dio e glorificatelo nelle sue misericordie. » (Eccli. XVII, 27).

ff. 3-7. – Niente è di più importante per pregare bene, che concepire innanzitutto delle grandi idee di Dio. – Egli è superiore ad ogni potenza; questo sarebbe poco per Dio, o piuttosto non sarebbe nulla l’essere al di sopra degli dei della gentilità, che non erano se non idoli privi di vita e sentimento, ma la sua grandezza sorpassa quella di tutti coloro che portano il nome di dei nell’antica Scrittura, gli Angeli, i re, i potenti, i giudici della terra, etc. Seconda ragione, Dio domina sovrano su tutto l’universo. Questo pianeta terra che ci sembra così considerevole e pieno di meraviglie, è come un atomo; se lo si compara alla potenza di Dio, esso è tutto intero nella sua mano. Egli è il padrone delle montagne più elevate, da dove considera tutte le azioni e tutti i pensieri degli uomini; è padrone assoluto del mare, al quale comanda con autorità, e nel quale eccita tempeste quando gli pare, e lo riconduce alla calma quando gli piace. – Tutto gli appartiene ancora a titolo di produzione, di modo che nulla esisterebbe senza di Lui. – C’è poi questa terza ragione: « Dio ci ha fatto », che comprende riassumendo tutta la Religione. Essa è il fondamento della fede, l’appoggio della fiducia, il motivo della riconoscenza, l’aculeo dell’amore … ogni opera  è cara a colui che l’ha fatta; ma quale opera, aggiunge Sant’Agostino, quella che è formata ad immagine e similitudine del proprio Autore? Non c’è alcuno di noi che non abbia disonorato questa divina immagine: compiangiamo le nostre offese e chiediamo grazie ai piedi del suo trono. – Penitenza, per quando è il tempo: inchiniamo la faccia al Giudice; preveniamolo con la confessione dei nostri peccati, preveniamo il suo volto con la confessione della nostra impotenza, per timore che non ce la faccia conoscere con la nostra caduta. « Piangiamo, piangiamo davanti a Colui che ci ha fatti; »  piangiamo prima di cadere in questi pianti irrimediabili ed infiniti; piangiamo con San Pietro, per timore di non piangere eternamente ed inutilmente con Giuda e con tutti i malvagi (Bossuet,  Médit., sur l’Ev.) — Noi non possiamo riparare da noi stessi questa divina somiglianza, è a Dio che compete ristabilire questi tratti troppo spesso e troppo a lungo cancellati, il creare in noi un cuore nuovo, renderci conformi al gran modello che ci ha dato nella Persona di suo Figlio. – Quarto motivo, ancora più toccante: noi apparteniamo in proprio al Signore, noi siamo la porzione cara del suo gregge, noi siamo immediatamente sotto la sua condotta. Gesù-Cristo, divin Pastore delle nostre anime, non solamente ci nutre nei pascoli delle Scritture, ma ci conduce Egli stesso per mano, come pecore ragionevoli, e si degna di nutrirci con la propria carne. (S. Agost.; Berthier; Dug.). – « Noi siamo il popolo dei suoi pascoli e le pecore che le sue mani hanno creato. » Vedete con quale eleganza il Profeta ha cambiato l’ordine delle parole, le ha come stornate dal loro senso naturale, al fine di farci intendere che le pecore ed il popolo sono la medesima cosa. Egli non ha detto: le pecore dei suoi pascoli, ed il popolo che le sue mani hanno formato, cosa che poteva apparire più conveniente, perché le pecore si riportano ai pascoli; ma egli ha detto: « il popolo dei suoi pascoli. » Le sue pecore sono dunque questo popolo, poiché ha detto: « il popolo dei suoi pascoli, », questo popolo formato dalle sue pecore. D’altra parte, così come noi possediamo le pecore che compriamo, ma che non creiamo noi, e come aveva detto più in alto: « … prostriamoci davanti a Colui che ci ha creati, » egli dice qui a ragione: « le sue pecore che le sue mani hanno creato. » Nessun uomo si crea delle pecore: egli può comprarne, riceverne in dono, trovarne, aggiungerle al suo gregge, rubarne addirittura; ma crearne, non può! Al contrario, il Signore ci ha creati, ecco perché : « il popolo dei suoi pascoli e le pecore che le sue mani hanno creato, » sono le pecore che si è degnato creare da sé con la sua grazia (S. Agost.). 

II. — 8-11.

ff. 8-11. – Non è sufficiente lodare il Signore con cantici, con adorazioni, con azioni di grazie, bisogna aggiungere a questo culto esterno, l’obbedienza alla voce di Dio, il compimento delle sue volontà. – La parola “oggi” indica il tempo della vita presente e ciascuno dei momenti che la compongono: « Nel mentre di quel che si dice oggi, se ascoltate la mia voce, non indurite i vostri cuori, come nel luogo della contraddizione. » (Ebr. III, 15). « Se oggi ascoltate la sua voce, badate di non indurire i vostri cuori. » Il demonio, al contrario, non cessa di suggerirci di commettere oggi il peccato e di rinviare all’indomani la pratica della giustizia. Ecco perché il Signore, volendo distruggere l’influenza di questi cattivi consigli, ci dice per bocca del Profeta: « Oggi, se ascoltate la mia voce. » Il demone dice: Oggi mi appartieni, il domani è per Dio. Il Signore, al contrario, grida a voce spiegata: « Ascoltate oggi la mia voce. » Considerate i trucchi artificiosi del vostro nemico: non osa consigliarvi di allontanarvi interamente da Dio, egli sa che questo pensiero ripugna sovranamente ai Cristiani, ma cerca di attaccarvi con le sue trovate artificiose. Egli è scaltro nel fare il male. Egli sa che noi non viviamo realmente che nel tempo presente, e che tutte le nostre azioni si compiono nel breve arco di tempo che noi chiamiamo il presente. Ecco perché ci deruba fraudolentemente il giorno presente e ci lascia la speranza del domani. Giunto il domani, questo cattivo consigliere si presenta di nuovo, prende ancora per lui il giorno attuale, rimandando il domani per il Signore, ed è così che togliendoci costantemente il tempo presente con l’attrazione dei piaceri, e rinviando sempre la nostra speranza ai tempi avvenire, ci conduce all’ultimo giorno senza che, nella nostra imprudenza, siamo stati vigilanti per prepararvici. (S. Basil., Homin. S. Babtisma.) – L’Apostolo san Paolo, dopo aver messo davanti agli occhi degli ebrei convertiti alla fede l’esempio dei loro padri che, per loro ostinazione, si erano resi indegni di entrare nella terra che Dio aveva loro promesso, conclude con questo eccellente avviso: « Temete, dunque, fratelli miei che non ci sia in alcuno di voi un fondo o di incredulità o di malignità che vi allontani dal Dio vivente; ma esortatevi incessantemente l’un l’altro, mentre ancora dura questo tempo che la Scrittura chiama “oggi”, perché dovete essere persuasi che ciò che si chiama l’oggi è per voi il tempo delle misericordie del Signore. Vedete, sottolinea san Crisostomo, la mirabile teologia di san Paolo: egli non esorta gli ebrei a convertirsi, né a seguire i lumi della grazia quando saranno liberi da certi imbarazzi del secolo, né ad allontanarsi dai loro errori in un certo termine che avrebbe potuto loro demarcare … ma egli dice loro: Esortatevi gli uni gli altri, mentre disponete di questo giorno presente, perché questo giorno presente vale meglio per voi di tutti i secoli compresi nella durata infinita di Dio; perché il giorno presente è il solo punto di eternità al quale abbiate diritto; in una parola, perché non c’è che il giorno presente in cui possiate sicuramente ed infallibilmente operare per la vostra salvezza (Bourdiol, Sur le retard de la Pén.) –  Nella legge del sabbat, Dio figura il riposo futuro che si prepara ai suoi servi … È la dottrina di san Paolo che vi fa vedere nell’antico popolo, e dalle origini del mondo, in una eccellente figurazione, la promessa di un riposo felice. L’Apostolo chiama Davide a conferma di questa verità, allorché sottolinea che questo grande Profeta promette ai figli di Dio un nuovo riposo e giura che « … i ribelli non entreranno, »  e nello stesso tempo un giorno di prova in cui apprendiamo ad obbedire alla sua voce, secondo quanto è nello stesso salmo: « Oggi se voi ascoltate la sua voce, non indurite i vostri cuori! » altrimenti per voi non ci sarà riposo. Ecco dunque due giorni misteriosamente segnati dal Signore, uno per obbedire alla sua voce, e l’altro per riposarsi eternamente con Lui! Ed è questo il vero sabbat, « … il vero riposo che è concesso al popolo di Dio. » (BOSSUET, Elév. VIII, S. XII, Elév.) – La causa principale del traviamento degli uomini, è il non conoscere le vie di Dio. Queste vie di Dio sono la sua legge, sia naturale che scritta; le sue ispirazioni ed i tocchi della sua grazia; l’imitazione costante di Gesù-Cristo, che ha detto essere Egli stesso la via; la conoscenza della nostra miseria e la persuasione stessa della nostra debolezza; la fuga dal mondo e l’allontanamento da tutto ciò che il mondo stima, ama, ammira; lo spirito di solitudine e la pratica della preghiera; l’amore per le umiliazioni, le sofferenze, la povertà (Berthier). – Non dubitate del riposo, della felicità, dell’eternità, dell’immortalità, se siete fedeli alla legge di Dio; e non dubitate ancor più della morte eterna, del fuoco eterno, della dannazione in compagnia dei demoni, se trasgredite a questa legge. La promessa di Dio contempla questi due termini (S. Agost.).

SALMI BIBLICI: “DEUS ULTIONUM DOMINUS” (XCIII)

SALMO 93: “Deus ultionum Dominus”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 93

Psalmus ipsi David, quarta sabbati.

 [1]  Deus ultionum Dominus;

Deus ultionum libere egit.

[2] Exaltare, qui judicas terram, redde retributionem superbis.

[3] Usquequo peccatores, Domine, usquequo peccatores gloriabuntur?

[4] effabuntur et loquentur iniquitatem, loquentur omnes qui operantur injustitiam?

[5] Populum tuum, Domine, humiliaverunt; et hæreditatem tuam vexaverunt.

[6] Viduam et advenam interfecerunt, et pupillos occiderunt.

[7] Et dixerunt: Non videbit Dominus, nec intelliget Deus Jacob.

[8] Intelligite, insipientes in populo; et stulti, aliquando sapite.

[9] Qui plantavit aurem non audiet? aut qui finxit oculum non considerat?

[10] Qui corripit gentes non arguet, qui docet hominem scientiam?

[11] Dominus scit cogitationes hominum, quoniam vanae sunt.

[12] Beatus homo quem tu erudieris, Domine, et de lege tua docueris eum;

[13] ut mitiges ei a diebus malis, donec fodiatur peccatori fovea.

[14] Quia non repellet Dominus plebem suam, et hæreditatem suam non derelinquet:

[15] Quoadusque justitia convertatur in judicium, et qui juxta illam omnes qui recto sunt corde.

[16] Quis consurget mihi adversus malignantes? aut quis stabit mecum adversus operantes iniquitatem?

[17] Nisi quia Dominus adjuvit me, paulo minus habitasset in inferno anima mea.

[18] Si dicebam: Motus est pes meus, misericordia tua, Domine, adjuvabat me.

[19] Secundum multitudinem dolorum meorum in corde meo, consolationes tuæ lætificaverunt animam meam.

[20] Numquid adhæret tibi sedes iniquitatis, qui fingis laborem in præcepto?

[21] Captabunt in animam justi, et sanguinem innocentem condemnabunt.

[22] Et factus est mihi Dominus in refugium, et Deus meus in adjutorium spei meæ.

[23] Et reddet illis iniquitatem ipsorum, et in malitia eorum disperdet eos; disperdet illos Dominus Deus noster.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

Salmo da recitarsi pel mercoledì. Argomento è la Provvidenza di Dio, che non lascia di punire in fine i malvagi e rimunerare i buoni.

Salmo dello stesso David per il quarto giorno della settimana.

1. Il Signore è il Dio delle vendette: il Dio delle vendette opera liberamente.

2. Dà a conoscere come glorioso sei tu, o Giudice della terra: rendi la loro retribuzione a’ superbi.

3. Fino a quando, o Signore, fino a quando i peccatori anderanno fastosi?

4. Apriranno la bocca, e parleranno iniquamente; parleranno con arroganza tutti quelli che operano l’ingiustizia?

5. Signore, eglino hanno umiliato il tuo popolo, e hanno malmenata la tua eredità.

6. Hanno ucciso la vedova e lo straniero, e messi a morte i pupilli.

7. E hanno detto: Il Signore non vedrà, e non ne saprà altro il Dio di Giacobbe.

8. Intendete, o i più stupidi del popolo; o voi, stolti, imparate una volta.

9. Colui che piantò l’orecchia, non udirà? e quei che lavorò l’occhio, sarà senza vista?

10. Non vi condannerà forse colui che castiga le genti? che all’uomo insegna la scienza?

11. Il Signore conosce i pensieri degli uomini, e come son vani.

12. Beato l’uomo, cui tu avrai istruito, o Signore, e cui avrai tu insegnata la tua legge,

13. Per rendere a lui men duri i giorni cattivi, fino a tanto che sia scavata la fossa del peccatore.

14. Imperocché il Signore non rigetterà il popol suo, e non lascerà in abbandono la sua eredità.

15. Fino a tanto che la giustizia venga a far giudizio e (fino a tanto) che staran presso a lei tutti quelli che sono di cuore retto. (1)

16. Chi si alzerà per me contro i maligni o chi starà dalla parte mia contro di quelli che operano l’iniquità?

17. Se non che il Signore mi ha aiutato quasi quasi avrei avuto per mia stanza il sepolcro.

18. Se io diceva a te: Il mio piede vacilla e la tua misericordia, o Signore, veniva in mio soccorso.

19. A proporzione dei molti dolori, che prova il cuor mio le tue consolazioni letificarono l’anima mia.

20. Ha forse il tribunale d’iniquità qualche cosa di comune con te, che ci prepari travaglio nei tuoi comandamenti? (2)

21. Anderanno a caccia del giusto, e non danneranno il sangue innocente.

22. Ma il Signore è stato mio rifugio, e il mio Dio il sostegno di mia speranza.

23. Ed ei renderà ad essi la loro iniquità, e per la loro malizia gli sperderà; li manderà in perdizione il Signore Dio nostro.

(1) Finché la giustizia si volge in giudizio, fino a che il diritto sia riconosciuto come retto nel giudizio, finché il giudizio torni alla giustizia, da cui non avrebbe dovuto mai allontanarsi.

(2) Sarete voi come un giudice iniquo, voi che avete dato dei precetti difficili e che non avete disposto di osservare?

Sommario analitico (3)

(3) Questo salmo, come il Salmo LXXXI, contiene delle minacce contro i giudici iniqui che abusano del loro potere. Tra le opinioni supposte circa l’epoca alla quale far risalire la composizione di questo salmo, due sembrano le più verosimili. Una lo riporta ai tempi in cui Isaia e Michea fulminavano di anatemi contro i giudici iniqui ed avidi dei beni altrui (Is. X, Mich. III, VII), e secondo questa opinione questi giudici iniqui erano Israeliti. – L’altra opinione pone la composizione di questo salmo ai tempi delle incursioni degli Assiri nella Terra Santa ed è contro di questi che il salmista dirigerà i suoi lamenti (P. Emman, Essai sur les Psalmes.)..

Il Profeta parlando qui a nome del popolo cristiano, della Chiesa di Gesù-Cristo perseguitata, dopo aver posto in cima a questo salmo due grandi attributi di Dio, la potenza nell’esercitare le sue vendette e la libertà di esercitarla (1):

I. Prega Iddio Onnipotente di esercitare la sua giusta vendetta

1° Contro gli orgogliosi che si vantano ed applaudono i loro crimini (2-4);

2° Contro gli oppressori dei giusti, delle vedove, degli stranieri e degli orfani (5,6).

II. – Egli combatte l’empietà di coloro che negano la divina provvidenza (7):

1° Li accusa di follia (8);

2° Li persuade dell’errore con un ragionamento tratto dai doni che il Creatore ha fatto alla sua creatura e che deve possedere in un grado infinitamente superiore (9, 10);

3° Egli li accusa di vanità (11).

III. – Proclama felici i giusti, perché

1° Essi hanno Dio per dottore, – a) che li istruisce con la sua legge (12), – b) li preserva dalla rovina riservata ai peccatori (13), – c) non li rigetta lontano da sé (14), – d) li riunisce ai santi che saranno presso di Lui nel giorno del giudizio finale (15);

2° essi hanno Dio come difensore: – a) Egli si leva per essi contro i malvagi (16); – b) tende loro la mano perché non cadano nell’inferno (17); – c) la sua misericordia li sostiene  quando i loro piedi vacillano (18);

3° Essi hanno Dio per consolatore: a) Egli proporziona la grandezza delle consolazioni all’estensione ed alla moltitudine dei precetti (20); b) compensa la pena attaccata all’osservazione dei precetti (20).

4° Essi hanno Dio come sostegno:- a) necessario contro i malvagi che cospirano contro la loro vita (21); – b) potente, per servire loro da rifugio ed appoggio (22); – c) giusto, per far ricadere sui malvagi la pena delle loro iniquità (23). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-6.

ff. 1-6. – Ricordiamoci innanzitutto di questa verità, spesso ripetuta, che la Scrittura, attribuendo sovente a Dio la gelosia, la collera, il furore e la vendetta, parla agli uomini un linguaggio umano, per accondiscendere alla debolezza dei loro pensieri ed elevarli più facilmente alla maestà dell’Essere supremo. – Che cos’è il Dio delle vendette? Il Dio dei castighi. Voi mormorate senza dubbio perché Egli non punisce i malvagi. Non mormorate se non volete essere nel numero di coloro che Egli punirà. Un uomo ha commesso un furto; voi mormorate contro Dio, perché colui che vi ha derubato non muore. Esaminate se voi stessi non commettete furto. E nel caso in cui voi non ne commettiate, cercate di ricordare se ne abbiate mai commesso. Se ora siete il giorno, ripassate il tempo in cui eravate notte; se ora siete rafforzati nel cielo, ripassate il tempo in cui abitavate la terra. Forse troverete che nel passato siete stato colpevole di furto, e che un altro si irritasse del fatto che siete stato lasciato in vita malgrado il vostro latrocinio, e che la morte non vi cogliesse. Ma nello stesso momento dei vostri crimini, Dio vi ha lasciato in vita affinché poteste rinunciare ai crimini, e riguardate come dopo aver traversato il ponte della misericordia di Dio, non vogliate rivoltarlo dopo di voi. Ignorate dunque che mille altri devono passare là dove siete passato voi stesso? E potreste voi mormorare oggi, se colui che ha mormorato contro di voi fosse stato esaudito? E tuttavia ora voi desiderate che Dio punisca i malvagi; voi vorreste vedere morire questo ladro e mormorate contro Dio perché questo ladro non sia morto…  pesate sulla bilancia dell’equità un ladro ed un bestemmiatore. Voi dite ora di non essere un ladro, e sia; ma mormorando contro Dio, siete un blasfemo. Il ladro sorveglia il sonno di un uomo per rubargli qualcosa; e voi, voi osate dire Dio dorme e non vede ciò che l’uomo fa! Voi volete dunque che quest’uomo corregga la sua mano: cominciate a correggere la vostra lingua; voi volete che Egli corregga il suo cuore colpevole verso un uomo, cominciate a correggere il vostro cuore colpevole verso Dio, per timore che questa punizione di Dio che voi invocate, non cada dapprima su di voi quando Dio verrà. (S. Agost.). – Perché Egli verrà, verrà certamente e giudicherà coloro che avranno perseverato nella loro malvagità, che saranno stati ingrati verso la sua misericordia che li ha prevenuti ed ingrati verso la sua pazienza, che avranno ammassato contro se stessi un tesoro di collera per il giorno della collera e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, quando renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rom. II, 46) – (S. Agost.). – Il Dio delle vendette ha agito con libertà, ed in effetti non ha risparmiato nessuno nei suoi  discorsi; perché il Signore era allora nella debolezza della carne, ma anche nella forza della parola. Egli non ha fatto eccezione di persone nei confronti dei primi tra i Giudei. Cosa non ha detto contro di loro?  Cosa non ha detto loro in faccia? Egli non temeva nessuno nei suoi discorsi perché meritavano di essere risparmiati nei suoi giudizi; perché se si fossero rifiutati di ricevere il rimedio della sua parola, avrebbero ricevuto la sua sentenza di giudice. Perché? Perché Egli è il Dio delle vendette. Egli non li risparmiava nei suoi discordi, perché meritassero di essere risparmiati nel suo giudizio. Perché il profeta ha detto: « Il Dio delle vendette ha agito con fermezza; » e non ha risparmiato nessuno nelle sue parole. E Colui che non ha risparmiato alcuno nei suoi discorsi, nel momento di soffrire la sua Passione, risparmierà alcuno nel suo arresto, al momento di giudicare? Colui che non ha temuto nessuno nella sua umiltà, potrà temere qualcuno nella sua gloria? La fermezza dei suoi primi atti vi dice come Egli agirà alla fine del mondo (S. Agost.). – « La vendetta è mia, e sono Io che la farò, dice il Signore. » (Rom. XII, 19). – Dio, nell’esercizio della sua giustizia, agisce liberamente: « Io mi vendicherò, e qual è l’uomo che mi resisterà? » (Isai. XLVII, 3) – Per la ragione stessa che la vendetta gli appartiene, Dio agirà liberamente e sovranamente, cioè in Dio; in Dio senza considerazioni, o piuttosto al di sopra di ogni considerazione; in Dio che, nell’ultimo giudizio che renderà agli uomini, non avrà né condizioni da distinguere, né nessuno verso cui aver riguardi, perché Egli verrà per vendicare gli abusi che avranno fatto gli uomini delle loro condizioni, e per punire le attitudini criminali che hanno avuto per le loro persone (Bourd. Jugem. De Dieu.) –  È un avvertimento dato a coloro che giudicano la terra, il levarsi al di sopra di coloro che si giudicano elevati sopra gli altri per la loro dignità o la loro potenza. – Non è con l’impazienza che il giusto debba domandare a Dio di far brillare la sua potenza contro coloro che lo opprimono, ma con un sincero amore della giustizia e per chiudere la bocca a coloro che, vedendo i peccatori glorificarsi con insolenza, potrebbero dubitare della Provvidenza di Dio. – Altra ragione c’è per domandare a Dio che arresti l’insolenza dei peccatori, affinché l’impunità non li renda ancor più criminali. Effetti funesti di questa impunità nei crimini sono: umiliare tutti coloro che possono elevarsi al di sopra degli altri: affliggere gli innocenti, opprimere i deboli o per interesse, o per la crudele soddisfazione di far loro del male. (Dug.). « Elevatevi, voi che giudicate la terra, rendete agli orgogliosi quello che hanno meritato. » Cosa significano queste parole? È la predizione di un profeta e non l’ordine di un audace. E non è in effetti se non perché il Profeta ha detto: « Elevatevi, voi che giudicate la terra, », che il Cristo, obbedendo al Profeta, è resuscitato per venire in cielo; ma è perché il Cristo voleva farlo che il Profeta l’ha predetto … « Rendete agli orgogliosi ciò che essi hanno meritato. » Qual sono gli orgogliosi? Coloro che non contenti di fare il male, vogliono pure difendere i loro peccati … Chi è orgoglioso? Colui che si rifiuta di far penitenza con la confessione dei suoi peccati alfine di poter ottenere la sua guarigione con l’umiltà. Chi è orgoglioso? Colui che pretende di attribuirsi il poco di bene che trova in lui e che ne rifiuta il merito alla misericordia di Dio. Chi è orgoglioso? Colui che, pur attribuendo a Dio le sue bone opere, insulta coloro che non ne fanno abbastanza e si eleva al di sopra di essi. (S. Agost.). – Ma quando renderà a ciascuno la pena che ha meritato? Nell’attesa i malvagi trionfano, i malvagi si danno all’allegria, i malvagi bestemmiano e fanno tutto ciò che è male. Ne siete colpiti? Cercate il malvagio con amore e non riprendetelo con orgoglio. Ne siete colpito? Il salmista compatisce la vostra pena, e cerca con voi, non per ignoranza, ma cerca con voi ciò che sa, per farvi trovare in lui ciò che voi non sapete. Così, colui che vuol consolare qualcuno non può sollevarlo dal suo abbattimento che a condizione di partecipare al suo dolore. Egli piange dapprima con lui e lo consola con parole di consolazione … ma in questo salmo, lo Spirito di Dio, benché sappia ogni cosa, cerca con voi e pronuncia in qualche modo le vostre parole: « … Fino a quando i peccatori si glorieranno,  risponderanno e terranno il linguaggio dell’iniquità? Fino a quando coloro che commettono l’ingiustizia ne sosterranno la lingua? » – Contro chi parlano se non contro Dio, coloro che dicono: A cosa ci serve vivere così? Perché i malvagi conservano la vita, questi uomini immaginano che Dio non sappia quel che facciano … « Fino a quando risponderanno ed avranno un linguaggio iniquo? » Il profeta menziona qui tutte le loro cattive opere. Che significa: essi risponderanno e parleranno con linguaggio di iniquità? Essi avranno sempre qualche cosa da rispondere in opposizione ai giusti. Un giusto viene a loro e dice: non commettete l’iniquità. Perché? Per paura che ne moriate. Ma io ho già commesso l’iniquità, eppure non sono morto. Un altro al contrario non ha fatto che opere di giustizia; perché Dio lo ha punito severamente? Perché egli soffre? Ecco la risposta dei malvagi. Essi hanno sempre una risposta pronta; e siccome Dio li risparmia, essi trovano in questa pazienza di Dio degli argomenti di risposta. Dio li risparmia per un motivo: essi rispondono su di un altro punto, sulla vita che viene loro lasciata. L’Apostolo dice perché Dio li risparmia, ed egli spiega così le cause della pazienza divina: « … Pensate voi dunque, voi che agite così, che sfuggirete al giudizio di Dio e disprezzate dunque le ricchezze della sua bontà e della sua longanimità? Ignorate che la pazienza di Dio ha per scopo di condurvi alla penitenza? Ma voi, per la durezza del vostro cuore, per l’impenitenza del vostro cuore, ammassate contro di voi un tesoro di collera per il giorno della collera e della manifestazione del giusto giudizio di Dio che renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rom. II, 3, 6.). Cosi dunque Dio estende la sua longanimità e voi estendete la vostra iniquità; Dio avrà un tesoro di misericordia eterna per coloro che non avranno disprezzato la sua misericordia, il vostro tesoro sarà un tesoro di collera, e ciò a cui vi esponete giorno dopo giorno, lo troverete in un sol colpo; voi ammassate pezzo su pezzo, ma troverete un mucchio enorme. Non vi rassicurate sulla poca gravità dei vostri peccati di ogni giorno, perché queste sono piccole gocce che formano i fiumi. (S. Agost.). Vedete qui la concatenazione del male: colui che ha un linguaggio colpevole è come necessariamente indotto a fare del male; perché la bocca parla dell’abbondanza del cuore, ed una coscienza corrotta si spande in discorsi criminali (S. Girol.).

II. 7 – 11

ff. 7-11. – È il linguaggio degli atei e degli empi di professione, ma è pure il linguaggio nelle loro opere diversi Cristiani, che provano così bene che non sono convinti che Dio penetri il fondo dei cuori con la sua luce e che ci sia una conoscenza esatta di tutte le loro azioni e di tutti i loro pensieri. – Questi atei, questi empi difficilmente tornano indietro. Poiché essi sono tanto più insensati perché credendosi saggi – ed anche perché trattano gli altri con estremo disprezzo – è raro e quasi impossibile che possano divenire veramente saggi. – « Come, colui che ha formato l’orecchio non ascolta? E colui che ha fatto gli occhi è cieco? » L’orecchio che Dio ha formato nell’uomo non intende, e l’occhio non vede che ad una certa distanza; occorre che l’oggetto sia loro presente; ma Dio, posto a qualunque distanza, intende molto distintamente tutto ciò che si dice fin nel fondo del cuore; Egli vede chiaramente tutto ciò che accade nei luoghi più reconditi, o piuttosto, è presente dappertutto (Dug.). –  Perché non pensate che Egli è tutta la vista, tutto l’udito, tutta l’intelligenza, che i vostri pensieri gli parlano, che il vostro cuore gli scopre tutto, che la vostra coscienza è la sua sorvegliante ed il suo testimone contro voi stessi? E tuttavia sotto questi occhi così vivi, sotto questi sguardi così penetranti, voi vi rallegrate senza inquietudine del piacere di essere nascosto; voi vi abbandonate alla gioia e vivete riposati tra le vostre delizie criminose, senza pensare che Colui che ve le proibisce e vi ha lasciato tante volte impunito, verrà qualche giorno inopinatamente a turbare i vostri piaceri in modo terribile per i rigori del suo giudizio, quando meno lo aspettate. – Colui che insegna e punisce le nazioni, non le riprenderebbe? (Bossuet, “Serm., p. le I Dim. de l’Av., I^ p). È ciò che Do fa ora: Egli insegna alle nazioni; ecco perché ha inviato la sua parola per mezzo degli Angeli e dei Patriarchi, i suoi servi, una folla di araldi che precedono il Giudice in arrivo. Egli ha inviato il Verbo stesso, suo Figlio, ha inviato i servi di suo Figlio e suo Figlio stesso nei suoi servitori. Nell’intero universo è predicata la parola di Dio. Qual è il luogo ove non si dica agli uomini: rinunziate alle vostre antiche iniquità, e tornate sulla retta via? Dio vi risparmia affinché vi correggiate; Egli non vi ha punito ieri affinché oggi viviate nel bene. Egli insegna alle nazioni, non le riprenderà mai? Egli non intenderà dunque al suo tribunale coloro ai quali insegna? Non giudicherà forse coloro ai quali ha insegnato dapprima la sua parola e nei quali ha sparso la sua semenza? Se frequentate una scuola, riceverete senza mai rendere? Voi ricevete dal maestro quanto vi danno i suoi insegnamenti; il maestro vi confida ciò che vi insegna, e credete che egli non esigerà quando sarà venuto per voi il momento di renderglielo?  Forse credete che, venuto questo momento, non abbiate da temere il colpo? Noi dunque riceviamo ora, e più tardi saremo condotti davanti al Padrone per pagargli tutti i nostri debiti passati, cioè per rendergli conto di tutte le cose di cui noi ora prendiamo l’anticipo. E che, colui che insegna le nazioni non le riprenderà forse, Lui che da la scienza all’uomo? Colui che vi fa sapere, non saprebbe Egli stesso, che è Colui che dà la scienza all’uomo? (S. Agost.). – Tutti i pensieri e tutta la scienza dell’uomo che Dio non dà, non sono che vanità. La scienza che non entra nel cuore, queste luci che non vengono che dallo spirito, non ispirano che vani pensieri, non fanno che gonfiare e servono piuttosto a farci condannare che salvare. – Lasciamo dunque i nostri pensieri poiché sono vani, e prendiamo i pensieri di Dio, poiché essi sono la saggezza medesima. (S. Agost.).

III. – 12-23.

ff. 12-15. – Felici coloro ai quali Dio apre non solo l’orecchio del corpo per parlargli esteriormente, non solo l’orecchio dello spirito, per dargli la conoscenza, ma pure l’orecchio del cuore per ispirargli l’amore. – Dio è dottore dei giusti, li istruisce: – 1° come un padre: « Il Signore vostro Dio vi ha istruito come un padre insegna al figlio suo, affinché osserviate i comandamenti del Signore vostro Dio, e camminiate nelle sue vie e lo temiate; (Deut. VIII, 5, 6); – 2° come guida nella via che Egli ordina di seguire: « Io sono il Signore tuo Dio che ti insegna ciò che è buono e ti dirige nella via che percorri; » (Isai. XLVIII, 17); – 3° come il maestro degli atleti che si preparano al combattimento. « la sua unzione tutto vi insegna; » (I Giov. II, 27); – 4° come nostro Salvatore. « la grazia di Dio nostro Salvatore si è rivelata a tutti gli uomini, per insegnarci a rinunciare all’empietà, ai desideri del secolo, ed a vivere nel secolo con temperanza, con giustizia e con pietà. » (Tit. II, 11, 12). – Tale è uno dei mirabili effetti della divina dottrina, addolcire l’amarezza che prova il giusto vedendo e soffrendo le persecuzioni degli empi. Nessun riposo è più dolce durante i cattivi giorni di questa vita, nessun fondamento più solido in sicurezza dell’ultimo giorno, che è propriamente il cattivo giorno dei peccatori, che la conoscenza pratica dell’amore della legge di Dio. – Per quanto tempo sarà necessaria questa consolazione? Fino a quando sarà scavata questa fossa nella quale gli empi saranno precipitati. Allora tutti i mali saranno rivoltati dal lato dei malvagi, i giusti non avranno più bisogno di consolazione, perché non avranno più pene. La prosperità del peccatore è una fossa che si scava da sé sotto i suoi piedi. Più è elevato nel mondo, più questa fossa è profonda. (Bellarm., Dug.). Dio, per effetto della sua giustizia recondita, risparmia una uomo che sa peccatore ed empio, e per questo fatto che Dio lo risparmia, la sua impunità lo gonfia ancor più d’orgoglio. Egli si crede elevato ben in alto e cade, cade a motivo di questa impunità che gli ha fatto credere di essere grande; egli considera la sua felicità come un’elevazione, e Dio invece la chiama “fossa”. Una fossa precipita nell’abisso, lungi dall’elevare al cielo; ecco perché i peccatori orgogliosi, che credono di salire verso il cielo, non fanno che affossarsi sotto terra. Al contrario gli umili, che sembrano abbassarsi fino a terra, si elevano al cielo (S. Agost.). – « Perché il Signore non respingerà il suo popolo. » Egli lo esercita e non lo respinge. Che dice in effetti la Scrittura in un altro luogo? « … perché il Signore corregge colui che Egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio. (Ebr. XII, 6). » Egli lo riceve dopo averlo punito, e voi dite che lo respinge? Noi vediamo gli uomini agire nello stesso modo verso i loro figli: talvolta li lasciano vivere a modo loro, i figli di cui essi disperano, ma puniscono coloro nei quali hanno buone speranze; quanto a coloro, al contrario, dei quali non sperano di domare i vizi, li lasciano vivere secondo la loro volontà. Ma il padre rigetta dalla sua eredità il figlio che lascia vivere secondo la propria fantasia, mentre castiga il figlio al quale riserva la sua eredità. Così, quando Dio flagella suo figlio, che corre a sottomettersi alla mano del Padre che lo colpisce, punendolo come Padre, gli insegna a meritare la sua eredità. Egli non rigetta la successione del figlio che castiga, ma lo punisce perché sia degno di raccoglierla (S. Agost.). – Questo stato di cose – dice il Profeta – durerà fino al giorno in cui la giustizia che si era mostrata molto più come una potenza passiva che come una potenza attiva, si formulerà nel Giudizio supremo (Bellarm.) – La stessa verità che è uscita dalla bocca di Gesù-Cristo, ci giudicherà nell’ultimo giorno. C’è conformità tra l’uno e l’altro stato: così come l’avrà pronunziata, così apparirà per pronunciare la nostra sentenza; questo sarà il precetto che diventerà una sentenza. Là essa sembra apparire come in un pulpito per insegnarci; là, come in un tribunale per giudicarci; ma essa sarà la stessa nell’uno e l’altro caso. Ma come è nell’uno e l’altro caso, tale deve essere nella nostra vita; perché chiunque non sia d’accordo con la regola, essa li respinge e li condanna; chiunque viene a scontrarsi con questa rettitudine inflessibile, bisogna che essa li rompa e li distrugga. (Bossuet, I° Serm. P. le D. de la Pass.). – Applicatevi ora a possedere la giustizia, poiché non potete ancora possedere il giudizio. Occorre che dapprima possediate la giustizia; ma la vostra giustizia sarà cambiata essa stessa in giudizio. Questa giustizia, gli Apostoli l’hanno posseduta e l’hanno portata gli ingiusti. Ma cosa ha detto loro il Signore: « voi sarete seduti su dodici troni e giudicherete le dodici tribù di Israele (Matth. XIX, 28). » – La loro giustizia sarà dunque cambiata in giudizio. In effetti, chiunque sia giusto quaggiù non lo è che per meglio sopportare i suoi mali con pazienza: che sopporti dunque il tempo della sua passione e verrà in giorno in cui eserciterà il giudizio. Ma perché parlare dei servi di Dio? Il Signore stesso, che è il Giudice di tutti i viventi e di tutti i morti, ha voluto essere giudicato per primo, per giudicare poi, « fino a che la giustizia sia cambiata in giudizio; ora, coloro che la possiedono hanno il cuore retto. »  Chi sono coloro « che hanno il cuore retto? » Coloro che vogliono ciò che Dio vuole. Ora Dio risparmia i peccatori, e voi volete che Dio perda da ora i peccatori? Il vostro cuore non è retto, la vostra anima è depravata, dal momento che voi volete una cosa e Dio un’altra. Dio vuole risparmiare i malvagi e voi non volete sopportare i peccatori? Come ho già detto, voi volete una cosa e Dio un’altra: prendete il vostro cuore e raddrizzatelo verso Dio. Astenetevi dunque dal voler curvare la volontà di Dio sulla  vostra, ma correggete la vostra volontà secondo quella di Dio. La volontà di Dio è come una regola: se avete, io suppongo, piegato una regola, ove trovare di che raddrizzarvi? Quanto alla divina volontà, essa resta nella sua integrità, è una regola immutabile. Intanto che la regola sia intatta, voi avete di che applicarvi per raddrizzare ciò che in voi non è retto, ma cosa vogliono gli uomini? È poco che la loro volontà sia tortuosa, essi vogliono addirittura piegare la volontà di Dio secondo i desideri del loro cuore, e fare che Dio agisca secondo la loro volontà, mentre essi stessi devono agire unicamente secondo la volontà di Dio (S. Agost.). 

ff. 16, 17. – Questi due versetti, avvicinati l’uno all’altro, racchiudono un grande e triste insegnamento: essi dipingono molto bene quel che succede continuamente in questo mondo, quando si tratta di lottare contro i malvagi, di resistere agli operatori d’iniquità. Una voce coraggiosa si eleva: un uomo giusto e fermo si mette davanti per sostenere questa lotta, per organizzare quella resistenza; egli fa appello agli uomini di cuore che sa che amano la verità e vogliono il trionfo del buon diritto. Sforzi vani! Qualche voce appena risponde alla sua voce: egli resta solo o quasi per sostenere il combattimento del Signore; e se il Signore non viene Egli stesso in suo soccorso, soccomberebbe certamente all’ingiustizia trionfante (Rendu). – Sant’Agostino ringraziava Dio di avergli perdonato i peccati che aveva commesso, e di averlo preservato dai peccati che non aveva commesso. Io attribuisco alla vostra grazia – diceva confessando la propria miseria ai piedi del Signore – di non aver commesso tutto il male he io potevo fare. Non c’è Santo in cielo che non possa dire, come il Profeta: « Se il Signore non mi avesse protetto, io sarei diventato ben presto preda dell’inferno. » La debolezza dell’uomo, senza l’appoggio di Dio, è estrema; la corruzione dell’uomo, senza il rimedio della grazia di Dio, è un male incurabile. Cosa troviamo fuori da Dio? Gli altri uomini e noi stessi. Se riposiamo sugli uomini, cadiamo con essi; se ci appoggiamo a noi stessi, acceleriamo da noi stessi la nostra caduta. Ed allora – diceva ancora con tanta saggezza Sant’Agostino –  se voi mettete la vostra speranza negli uomini, vi umiliate in maniera indegna; se lo ponete in voi stessi, vi elevate temerariamente; l’una e l’altra è cosa ugualmente perniciosa. Colui che si abbassa come schiavo si arrampicherà sempre, e colui che si leva come temerario farà una caduta deplorevole (Berthier.) – Dio non vi lascia tempo ad altre cose terribili in fondo alla nostra anima. L’accesso di qualche tentazione straordinaria, il risveglio fortuito di qualche passione  per lungo tempo dormiente, o infine un raggio di luce soprannaturale emanata da Dio, è sufficiente per rivelare ai nostri sguardi delle cavità sconosciute che rivelano nuovi elementi di peccato, è rende evidente il fatto che noi portiamo in noi immense riserve di peccato sconosciuto. Le sagge disposizioni di una Provvidenza piena di misericordia, e l’impero della grazia che ci sostiene, possono solo impedire che divengano dei fatti compiuti. Oh! Come ci affrettiamo a cercare un riparo sotto il mantello di Dio, come ci attacchiamo ai suoi piedi quando, per la prima volta, penetriamo in questi misteri! Quale mirabile, felice sproporzione tra il male che noi facciamo ed il male che siamo capaci di fare, che qualche volta siamo stati pure talvolta sul punto di commettere! … Se un imperatore pagano ringraziava Dio tutti i giorni per le tentazioni che allontanava da lui, quanto non dobbiamo noi ringraziarlo per i peccati che non abbiamo commesso?  (FABER, Progrès de l’ame dans la vie spir., c. XX.) – Il Profeta spiega in cosa consista questo soccorso di Dio che ha preservato la sua anima dal cadere nell’inferno. Se riconoscessi la mia infermità e me ne umiliassi, ben presto la vostra misericordia verrebbe in mio soccorso, illuminando la mia intelligenza, purificando il mio cuore, fortificando la mia volontà. (Bellarm.)

ff. 18. – Notate con Sant’Agostino queste parole, « … quando io ho detto », o « … se io dicessi »; poiché c’è una infinità di uomini i cui piedi vacillano nella via della salvezza; ma essi non lo dicono, non confessano la loro debolezza, non riconoscono il pericolo che li minaccia. Dio conosce i nostri mali, ma – dice il santo Dottore – Egli vuole che ne facciamo confessione: ama questa confessione, ama l’umiltà che accompagna questa confessione. Noi siamo scossi: è proprio dell’uomo. Dio ci appoggia: è il carattere di Dio. San Pietro cammina sulle acque, la paura lo prende, egli implora il soccorso di Gesù-Cristo, Gesù-Cristo gli tende la mano. La nostra forza dipende quindi solo da Dio, ma Dio esige da noi la persuasione della nostra debolezza. Una umile preghiera è la strada che conduce alla sua misericordia. (Berthier).

ff. 19-23. – È un paradosso sconosciuto a tutti coloro che non ne hanno fatta mai l’esperienza, che stando il corpo nel dolore, l’anima possa essere piena di consolazione e di gioia! San Paolo ne è un testimone fedele quando scriveva con santo trasporto: « Io sono pieno di consolazione e ricolmo di gioia in mezzo a tutte le mie tribolazioni, e nella misura che le sofferenze di Gesù-Cristo abbondano in noi, le nostre consolazioni abbondano pure mediante Gesù-Cristo. (II Cor. I, 5). –  La grandezza delle ricompense è in proporzione alla grandezza delle tribolazioni; tante ferite, tante corone; io non ho versato che una lacrima, non ho meritato che una consolazione; io ne ho versato dieci, sarò consolato dieci volte (S. Girol.). – Si, in questa valle dei nostri mali, che Davide chiama eloquentemente una valle di lacrime, in questo torrente di Cedron, dove il Salvatore del mondo è passato come noi, e dove noi ogni giorno beviamo l’acqua triste e turbolenta della nostra vita, la felicità non è una sconosciuta, neanche un’assente. Essa ha attraversato con l’uomo, quando l’uomo cadde, la soglia perduta dell’Eden, e dopo sessanta secoli, bandita come noi, essa erra con noi nel mondo, compagna sacra dei nostri infortuni e concittadina del nostro esilio. Ad essa non è permesso mostrarsi costantemente né interamente alla nostra vista, ma non le è impedito scegliere un’ora e donarcela. Un giorno o l’altro essa batte alla nostra porta, si siede al focolare deserto o pieno e con uno dei suoi sguardi, gettato sul nostro cuore, ne tira fuori questa lacrima unica ove noi leggiamo ciò che essa sia. Lacrime di madri che ritrovano i loro figli dopo assenze e disavventure! Lacrime del viaggiatore che saluta al mattino le coste della patria per tanto tempo perduta! Lacrime degli eroi tra la vittoria e la morte! Lacrime del giusto tra i brividi della coscienza! Lacrime di Agostino che parla di Dio a sua madre sulle creste delle onde che lo riportano a Cartagine! Quante non ne racconteremo, e quante altre ne ignoriamo, perché il cuore dell’uomo sì profondo per la miseria, lo è altrimenti pure per la felicità. La miseria gli viene da un accidente, la felicità dalla sua natura e dalla predestinazione: « Prendete forse posto sulla sedia dell’iniquità voi che avete messo per noi travaglio nei precetti? » Il profeta vuol dire: Alcun ingiusto prende parte nella vostra sede e mai Voi avrete una sede di iniquità. Egli rende poi conto del motivo per il quale giudica così: «Voi che avete messo travaglio nei precetti. » Io comprendo – egli dice – che voi non prenderete mai parte alla sede dell’iniquità perché Voi non ci avete risparmiato. Ecco perché non risparmiando Dio i suoi fedeli allo scopo di istruirli, il profeta ha detto: « Voi componete per noi il dolore nell’insegnamento » … Voi formate – egli dice – un insegnamento con il dolore, vale a dire: voi ci procurate dolore nell’insegnarci. Come il dolore può essere un insegnamento per voi? Quando siete punito da Colui che è morto per voi, che non vi ha promesso la felicità in questa vita, che non può ingannarci e che non vi dà quaggiù tutto ciò che voi cercate. Cosa vi darà? E dove ve lo darà? Quanto sarà grande ciò che vi donerà Colui che non vi dà nulla quaggiù che vi istruisce e del dolore ne fa un insegnamento? Quaggiù il lavoro è la vostra lotta, ma vi è ugualmente permesso il riposo. Fate attenzione che soffrirete quaggiù, ma riflettete al riposo che è promesso. Se poteste farvene un’idea, voi vedreste che il vostro lavoro non è la compensazione di questo riposo … Non siate pigri nel lavoro un solo istante, e voi vi rallegrerete per tutta l’eternità. Dio vi donerà la vita eterna, pensate che al prezzo di quel lavoro voi dovete comprarlo. Ciò che Io ho – vi dice Dio – è da vendere, compratelo. Che cos’è che occorre comprare? Il mio riposo è da vendere, compratelo con la forza del lavoro. – Il santo Profeta dà immediatamente un memorabile esempio di volontà rigorosa del Padre celeste, alla quale bisogna sottomettersi: i malvagi cospireranno contro la vita del giusto, e condanneranno il sangue innocente. Questa sottomissione è in se stessa molto difficile, ma innanzitutto i malvagi non avranno potere se non quello che Dio loro concede. È dunque la volontà di Dio e non quella dei malvagi che occorre vedere nelle afflizioni con cui essi ci infliggono; per questo essendo stato il Giusto per eccellenza perseguitato e condannato, coloro che vogliono partecipare alla sua gloria devono stimarsi felici di partecipare alla sue sofferenze (Rendu) – « Ma il Signore è diventato il mio rifugio. » Voi non avreste mai cercato questo asilo se non avreste avvertito il pericolo, e vi siete trovati nel pericolo alfine di ricorrere a questo asilo. Ecco come Dio ci invia le sofferenze per istruirci: Egli permette che i malvagi ci perseguitino, e queste persecuzioni ci fanno cercare un asilo in Lui. Mentre noi gioiamo delle prosperità mondane, noi non pensiamo a questo asilo; perché chi si ricorda di Dio gustando le soddisfazioni della vita presente? Bisogna che svaniscano le speranze del secolo, perché rivivano le speranze di Dio. Bisogna quindi provare delle disgrazie, per dire come il Profeta: « Dio è divenuto il mio asilo, Dio è diventato l’appoggio della mia speranza. » Non c’è che la speranza mentre siamo sulla terra. Noi speriamo, non gioiamo. Ma non tralasciamo di sperare, perché abbiamo un garante che non ci inganna; già Egli ci consola, stempera i mali che proviamo; mette, in una parola, un sostegno alla nostra speranza (S. Agost., Berthier). – « Egli farà ricadere su di essi la loro iniquità. » Giusta e ordinaria Provvidenza di Dio, è quella di punire i malvagi da se stessi e far ricadere su di loro la propria malizia. – « Egli li farà perire con la loro malizia. » Non è senza ragione che il Profeta dice: « per la loro malizia. » Mi ci viene del bene dal loro intervento, e tuttavia il Profeta parla della loro malizia e non del bene che essi procurano. Certamente è con il male che essi fanno che Dio ci prova e ci colpisca. A quale scopo Dio ci colpisce? In vista del regno dei cieli. Agendo così, Dio ci istruisce perché possiamo meritare la sua eredità eterna; e spesso ce la fa acquisire mediante i malvagi, per mezzo dei quali esercita e rende perfetta la nostra carità, che Egli vuole che noi estendiamo fin anche ai nemici (S. Agost.).

SALMI BIBLICI: “DOMINUS REGNAVIT, DECOREM INDUTUS EST”(XCII)

SALMO 92: “Dominus regnavit, decorem indutus est”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS -LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 92

Laus cantici ipsi David, in die ante sabbatum, quando fundata est terra.

 [1] Dominus regnavit, decorem indutus est:

indutus est Dominus fortitudinem, et præcinxit se. Etenim firmavit orbem terrae, qui non commovebitur.

[2] Parata sedes tua ex tunc; a sæculo tu es.

[3] Elevaverunt flumina, Domine, elevaverunt flumina vocem suam, elevaverunt flumina fluctus suos,

[4] a vocibus aquarum multarum. Mirabiles elationes maris; mirabilis in altis Dominus.

[5] Testimonia tua credibilia facta sunt nimis; domum tuam decet sanctitudo, Domine, in longitudinem dierum.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XCII

Il titolo non si legge nei codici ebraici. Fu aggiunto dai LXX, forse per dire che il Salmo aveasi a cantare nella feria sesta, il giorno avanti il sabbato, perché in quel di fu abitata la terra dall’uomo, che Dio in quel dì creò; e in quel dì fu riparata e stabilita la terra per la morte di Cristo. Argomento è il regno di Cristo per creazione e redenzione.

Lauda, ovver cantico dello stesso David pel giorno che precede il sabbato, quando la terra fu fondata.

1. Il Signore ha preso possesso del regno, si è ammantato di splendore, si è ammantato di fortezza, e ne ha cinti i suoi fianchi. Perocché egli diede fermo stato alla terra, la quale non sarà smossa.

2. Fin d’allora fu preparato, o Dio, il tuo trono; tu sei ab eterno.

3. I fiumi hanno alzata, o Signore, hanno alzata i fiumi la loro voce. I fiumi hanno alzati i loro flutti sopra lo strepito delle molte acque.

4. Mirabil cosa l’elevazione del mare: più mirabile il Signore nell’alto.

5. Le tue parole sono oltremodo degne di fede; alla casa tua si conviene, o Signore, la santità per la lunghezza dei secoli

1° Sommario analitico

Davide, contemplando l’ammirevole spettacolo della creazione, considera ed ammira Dio:

I – Come il Re del cielo rivestito di gloria e di forza (1);

II – Come il Creatore della terra: 1° che Egli ha rafforzato fin dall’inizio; 2° e costituito come base del suo trono (2).

III. – Come il Sovrano Padrone delle acque:

1° dei fiumi che elevano le loro onde rumorose (3);

2° del mare le cui sollevazioni dimostrano la mirabile potenza di Dio (4).

IV. – Come Legislatore degli uomini,

1° dei quali inclina l’intelligenza nel credere ai misteri;

2° dei quali orna il cuore di giustizia e santità (5).

2° Sommario analitico

Il Re-Profeta considera Gesù-Cristo nella sua resurrezione e lo proclama:

I. – Mirabile in se stesso:

1° a causa della gloria del suo corpo resuscitato;

2° della sua immortalità, della sua agilità, della sua sottigliezza (1).

II. – Potente nella sua Chiesa:

1° che Egli fonda in modo incrollabile;

2° di cui fa la sede del suo impero per l’eternità (2).

III. – Ammirabile nei suoi Apostoli:

1° come i fiumi, essi elevano la voce e le loro onde rumorose (3);

2° essi riempiono il popolo come il mare con l’abbondanza delle acque celesti (4).

IV. – Amabile ed attraente per i fedeli:

1° Egli rivela loro dei misteri degnissimi di credenza;

2° comanda loro una santità ragionevole e di tutta giustizia (5).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1, 2.

ff. 1, 2. – « Il Signore ha regnato, si è rivestito di gloria; il Signore si è rivestito di forza, si è cinto i fianchi. » Noi vediamo che Egli si è rivestito di due cose, di gloria e di forza. Ma a quale scopo? Per fondare la terra. Ecco in effetti ciò che segue: « perché Egli ha stabilito il pianeta terra, che non sarà distrutto. » Come lo ha stabilito? Rivestendosi di gloria. E non essendo sufficiente il rivestirsi di gloria si riveste anche di forza. Perché dunque la gloria, e perché la forza? Quando nostro Signore è venuto nella carne tra coloro ai quali predicava il Vangelo del regno, piaceva agli uni e dispiaceva agli altri. Gli uni dicevano: è un uomo dabbene; gli altri dicevano: no, ma seduce la folla (Giov. VII, 12). Gli uni dicevano bene di Lui; gli atri lo calunniavano, lo deridevano, erano mordaci, gli profondevano oltraggi; dunque per coloro ai quali piaceva, « … Egli si è rivestito di gloria », per coloro ai quali dispiaceva, « … Egli si è rivestito di forza. »  Imitate così Nostro Signore, alfine di diventare come il suo vestito; siate la sua gloria nei riguardi di coloro ai quali piacciono le vostre buone opere; siate forti contro coloro che vi calunniano … « mostriamoci ministri di Dio – dice l’Apostolo – con le armi della giustizia, a destra ed a sinistra. » Vedete dove si trova la gloria e dove si trova la forza: « nella gloria e nell’ignominia. Brillante nella gloria, forte nell’ignominia. Presso gli uni, Egli predicava con gloria; presso gli altri, trovava disprezzo ed ignominia. Egli portava la gloria a coloro ai quali piaceva, e la forza contro coloro ai quali dispiaceva. (S. Agost.). – « Egli ha stabilito il vasto pianeta terra, di modo che non sarà mai distrutto. » Per questo pianeta terra si può intendere, in un diverso senso, molto legittimo, questa terra che noi calpestiamo con i piedi, oppure la Chiesa di Gesù-Cristo o l’uomo giusto. – Il grande Apostolo parlando di Gesù-Cristo, dice: « … è per Lui che tutto è stato creato nel cielo e sulla terra, le cose visibili e le invisibili, i Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potenze, tutto è stato creato per mezzo di Lui e per Lui. Egli è prima di tutto, e tutte le cose sussistono in Lui. » (Coloss. I, 16, 17). – La Chiesa è una terra immutabile, raffermata per sempre con le mani del Signore: è questo regno che non è soggetto a cambiamenti (Hebr. XII, 28); è questa città costruita come un quadrato, allo stesso modo lunga e larga, come quella che ha visto l’Apostolo san Giovanni (Apoc. XXI, 10); è la casa costruita sulla pietra contro la quale le porte dell’inferno non prevarranno mai; è la colonna ed il sostegno della verità (I Tim. II, 15); è questo solido fondamento di Dio che sussiste e resta indistruttibile (II Tim. II, 19). La Chiesa di Gesù Cristo è rafforzata dalla grazia, dalla fede, dai miracoli, i Sacramenti e tutti gli altri doni che le prodiga il Salvatore. Questo pianeta terra, rafforzata dalla mano di Dio, è anche l’uomo giusto. – C’è un pianeta terra che non sarà distrutto. C’è un pianeta  terra che sarà distrutto; perché i buoni che sono chiusi nella fede sono il pianeta terra, perché non si dice che essi siano a parte; ed i malvagi che non restano chiusi nella fede quando soffrono qualche tribolazione, sono anch’essi il pianeta terra. C’è dunque un corpo terrestre mobile, ed un corpo terrestre immobile. (S. Agost.). – Il regno di Dio, è regno di tutti i secoli, come dice il Salmista; tuttavia, secondo la nostra maniera di concepire, questo regno non è cominciato per noi se non alla creazione. – Regno di Gesù Cristo dopo la sua resurrezione, quando il suo corpo fu rivestito di gloria, di maestà, di forza, e ricevette ogni potere nel cielo e sulla terra. – Non c’è parola in questo versetto che un’anima fedele non debba meditare con attenzione. Dio è il re di questo universo; è a Lui che tutte le creature devono l’onore, l’obbedienza e l’omaggio per ciò che esse sono e posseggono. Dio è rivestito di gloria e di forza. « Dio si è preparato (con la creazione): la parola del testo e delle versioni danno l’idea di qualcuno che si è cinto le reni, come per essere pronto ad agire con prontezza ed efficacia. »  È una figura che rappresenta il decreto di Dio, la volontà che ha avuto di creare questo universo. Quando ha formato questo decreto? Quando ha avuto questa volontà? Fin dall’eternità, senza dubbio, perché tutto è eterno in Dio. Ma l’esecuzione non ha luogo che nei tempi, vale a dire quando Dio ha creato il mondo, il tempo è cominciato, ed col tempo tutto l’universo, « Dio ha stabilito la terra, essa non sarà distrutta. » Queste parole indicano la conservazione che è tanto l’opera del Signore così come la creazione. Il mondo creato non ha forza in sé per perseverare nello stato in cui Dio lo ha messo dall’inizio. Perché se esiste in un istante, non ne consegue che debba esistere nell’istante seguente. Così è Dio che crea questo universo in tutti gli istanti: Creazione differente da quella che ha estratto l’universo dal nulla, ma che ne ha la medesima forza; è per questo che la conservazione è chiamata a giusto titolo, una creazione continua. Cosa c’è dunque di vero in questa parola dell’Apostolo: « Noi viviamo in Lui, noi abbiamo i nostri movimenti in Lui, noi siamo in Lui! » (Berthier). – Trono di Dio, indipendente dai luoghi e dai tempi, trono stabilito fin dall’eternità, senza alcun rapporto con le sue creature; trono stabilito in fondo ai nostri cuori, per regnarvi sovranamente. (Dug.). – Qual è il trono di Dio? Dove è il trono di Dio? Nei suoi Santi. Volete essere il trono di Dio? Preparate nei vostri cuori un luogo ove prenderà posto. Cos’è il trono di Dio se non il luogo ove Egli abita? Ove abita Dio se non nel suo tempio? Qual è il suo tempio? È compreso tra mura? No! Questo mondo sarebbe per caso il tempio di Dio, perché è così vasto, e sembrerebbe degno di contenere Dio? Il mondo non saprebbe contenere Colui dal quale è stato fatto. Ma dove è contenuto Dio? In un’anima in pace, in un’anima giusta; è essa che porta Dio. Che cosa ammirevole! Certo Dio è grande; per i forti è pesante; per i deboli è leggero. Chi sono coloro che ho chiamato forti? I superbi che non sanno se non presumere delle loro forze; perché la debolezza che nasce dall’umiltà è la più grande delle forze. Ascoltate l’Apostolo: « … è quando sono debole che io sono forte. » (I Cor. XII, 10). Èlà che io vi ho segnalato che non c’è un istante che il Signore fosse cinto di forza, quando ha insegnato l’umiltà ai suoi discepoli. Ecco dunque qual è il trono di Dio del quale parla chiaramente un Profeta in altro luogo: « Su chi riposerà il mio spirito? », cioè dove riposerà lo Spirito di Dio se non sul trono di Dio? Ascoltate la descrizione che fa di questo trono: forse vi aspettate di sentir parlare di un palazzo di marmo, con corti spaziose, con tetti elevati e brillanti; ascoltate qual è il trono che Dio si prepara: « su chi riposerà il mio spirito? Sull’uomo umile e  che trama ascoltando la mia parola. »  Se siete umile e tranquillo, Dio abiterà in voi. Dio è elevato; Egli non abiterà in voi se pretendete di essere elevato. Forse pensate che bisogna essere elevato perché Dio abiti in voi? No: siate umile e tranquillo, tremate ascoltando le sue parole ed Egli abiterà in voi. Egli non teme di abitare una casa che trema, perché Egli la rafferma (S. Agost.). 

II. – 3, 4.

ff. 3, 4. – La creazione e l’ordine della natura danno almeno a tutti la sensazione dell’infinito, se non lo rivelano. La ragione e la coscienza non hanno che da fecondare e sviluppare come un germe questa prima impressione, per arrivare alla conoscenza di Dio. Ciascuno ha il suo posto speciale in questo e sempre splendido spettacolo della natura, e ciascuno ha la sua scena prediletta. Per gli uni sono le fresche armonie del mattino ed i raggi nascenti dell’aurora; per gli altri i bagliori del sole che tramonta e l’incendio delle nuvole infiammate di riflessi all’orizzonte; a questi altri le varietà affascinanti delle stagioni, i paesaggi, le montagne, i frutti, i fiori; per quelli la contemplazione dei mondi stellati, l’accordo delle sfere luminose pressate come grani di sabbia nel deserto, negli innumerevoli spazi del firmamento; per altri infine, il mare con i suo vaghi muggii, con le mille voci sublimi dei suoi venti e delle vaste masse d’acqua di cui sono ricolmi, di cui parla il Profeta. Che il mare sia bello, o mio Dio! Ma il Signore è ancora più mirabile nei cieli (Claude, Psaumes.). – Tutti gli uomini apostolici, da quando hanno ricevuto la pienezza dello Spirito, sono diventati dei fiumi dai quali è scaturita l’acqua della parola, ed è ad essi che si applica questo passaggio del Salmista. « … I fiumi, Signore, hanno levato la voce. »  Come dunque hanno parlato e perché è detto che abbiano alzato la voce? È che dapprima, prima che lo Spirito fosse in loro, essi tacevano. Pietro non era ancora un fiume quando, interrogato da una serva, negava il suo divino Maestro e diceva: « … io non lo conosco. » Egli taceva, egli mentiva, non alzava la sua voce, non era un fiume. Ma ecco che lo Spirito Santo è disceso sugli Apostoli. I Giudei intimano loro l’ordine di presentarsi al tribunale, e li diffidano dall’insegnare nel nome di Gesù-Cristo, e Pietro e Giovanni rispondono: « … se è giusto davanti a Dio obbedire a voi piuttosto che a Dio, giudicatelo da voi stessi: non ci è possibile non dire ciò che abbiamo ascoltato e visto. » (Act. IV, 20). « I fiumi hanno alzato la loro voce. » (S. Agost.). –  Sollevazione generale dei popoli che si opposero in un primo tempo allo stabilirsi del regno di Gesù-Cristo. – Potenza di Gesù-Cristo, che impedisce che le onde furiose si elevino al di sopra della sua Chiesa: Egli ha imbrigliato il furore del mare e calmato con una sola parola i suoi flutti agitati. (Ps. LXXXVIII, 10).

III. – 5.

ff. 5. – Il Profeta risponde all’obiezione che gli si sarebbe potuto fare nel primo senso che applica questo Salmo alla creazione del mondo, cioè come abbia potuto conoscere la maniera in cui questa creazione abbia avuto luogo. Egli ci da come motivo di credibilità la rivelazione fatta a Mosè, e confermata da una serie di miracoli che provano la veridicità della testimonianza di Mosè. Queste parole sono ancora più vere, se possibili, quando le si applicano alla Redenzione; perché le verità rivelate da Gesù-Cristo agli Apostoli sono state confermate da una moltitudine di altre testimonianze che rendono la fede cristiana incontestabile, al punto che possiamo dire a Dio: Signore, se noi siamo ingannati, l’errore viene da Voi, perché le verità che ci avete proposte a credere sono state confermate da tanti e sì grandi prodigi che solo Voi potete esserne l’Autore (Ricc. De San Vittore). – Senza dubbio le fede non basa unicamente la sua certezza suprema sulla solidità dei motivi che l’appoggiano. Non è invano che la grazia che l’ispira è una luce che illumina la comprensione, una forza soprannaturale che inclina la volontà sotto la parola di Gesù-Cristo; ma né questa luce, né questa forza agiscono sul nostro spirito senza essere aiutati dai suoi lumi naturali, e senza appoggiarsi sui principi primari che sono come il fondo della nostra ragione e la costituiscono. Dio, per onorare questa natura, ha voluto che la fede fosse una credenza sovranamente ragionevole nei suoi motivi, e persuasiva naturalmente nel suo principio; e per questo Egli l’ha fondata, come parla San Paolo, sugli sforzi sensibili e dimostrativi del suo spirito e della sua potenza. Così, quando vi si guarda con attenzione e sincerità, l’anima, sotto l’impressione di questa evidenza e dell’impressione nella quale si trova alla vista del gran rispetto con cui è piaciuto a Dio di governare la sua natura, esclama come il profeta: « … Le vostre testimonianze, Signore, sono diventate troppo evidentemente credibili, cioè che Dio ha dato alle testimonianze ed ai fatti sui quali riposa la sua Religione una così eccessiva evidenza di credibilità, che bisognerebbe rinunciare alla ragione stessa per misconoscerla, e che il più semplice impiego del buon senso è sufficiente d’ordinario come condizione per una fede ragionevole. È questa doppia azione della grazia e dei motivi di credibilità che comunica alla vita cristiana il carattere di tutta una fermezza alla fede, indistruttibile e pratica, che gli è propria. »  (Mgr GINOUILHAC, Sur l’affaiblissement de la foi.) – Santità che deve essere l’ornamento della casa di Dio, che è la Chiesa. Noi entriamo nella Chiesa con il Battesimo, che ci rende santi e irreprensibili agli occhi di Dio; ma si tratta poi di conservare questa grazia per tutta la durata dei nostri giorni, cioè fino al momento della nostra unione con Dio, o di recuperarla con la Penitenza, se dovessimo avere avuto la sventura di perderla (Berthier). 

SALMI BIBLICI: “BONUM EST CONFITERI DOMINO” (XCI)

SALMO 91: Bonum est confiteri Domino

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 91

Psalmus cantici, in die sabbati.

     [1] Bonum est confiteri Domino,

et psallere nomini tuo, Altissime.

[2] Ad annuntiandum mane misericordiam tuam, et veritatem tuam per noctem;

[3] in decachordo, psalterio, cum cantico, in cithara.

[4] Quia delectasti me, Domine, in factura tua; et in operibus manuum tuarum exsultabo.

[5] Quam magnificata sunt opera tua, Domine! nimis profundae factae sunt cogitationes tuae.

[6] Vir insipiens non cognoscet, et stultus non intelliget haec.

[7] Cum exorti fuerint peccatores sicut fœnum, et apparuerint omnes qui operantur iniquitatem, ut intereant in sæculum sæculi;

[8] tu autem Altissimus in æternum, Domine.

[9] Quoniam ecce inimici tui, Domine, quoniam ecce inimici tui peribunt; et dispergentur omnes qui operantur iniquitatem.

[10] Et exaltabitur sicut unicornis cornu meum, et senectus mea in misericordia uberi.

[11] Et despexit oculus meus inimicos meos, et in insurgentibus in me malignantibus audiet auris mea.

[12] Justus ut palma florebit; sicut cedrus Libani multiplicabitur.

[13] Plantati in domo Domini, in atriis domus Dei nostri florebunt.

[14] Adhuc multiplicabuntur in senecta uberi, et bene patientes erunt:

[15] ut annuntient quoniam rectus Dominus Deus noster, et non est iniquitas in eo.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XCI.

Salmo da cantare in sabbato (in festa), ad ammaestramento del popolo nelle opere di Dio, la creazione ed il governo del mondo.

Salmo, ovver cantico pel giorno di sabbato.

1. Buona cosa ell’è il dar gloria al Signore, e cantar inni al tuo nome, o Altissimo.

2. Per celebrare al mattino la tua misericordia e la tua verità nella notte;

3. Cantando sopra il saltero a dieci corde e sopra la cetra.

4. Perocché tu mi hai letificato, o Signore, colle cose fatte da te, e nelle opere delle tue mani io esulto.

5. Quanto sono magnifiche, o Signore, le opere tue! grandemente profondi sono i tuoi consigli.

6. L’uomo insensato non gl’intenderà, e lo stolto non capirà tali cose.

7. Allorché i peccatori saran venuti su come l’erba, ed avran fatta la loro comparsa tutti quelli che operano l’iniquità,

8. Essi periranno per tutti i secoli; ma tu, o Signore, tu sei eternamente l’Altissimo.

9. Imperocché ecco che i nemici tuoi, o Signore, ecco che i nemici tuoi periranno, e saranno spersi tutti quelli che operano l’iniquità.

10. E la mia forza sarà esaltata, come quella dell’unicorno; e la mia vecchiezza per la copiosa misericordia.

11. E il mio occhio guarderà con disprezzo i miei nemici, e le mie orecchie udiranno novella intorno a coloro che si levan su e malignano contro di me.

12. Fiorirà il giusto come la palma; s’innalzerà qual cedro del Libano.

13. Allorché son piantati nella casa del Signore, fioriranno nell’atrio della casa del nostro Dio.

14. Ringioveniranno di nuovo in pingue vecchiezza, e saranno ben forti per annunziare,

15. Come il Signore Dio nostro ègiusto, e non è in lui la minima iniquità.

Sommario analitico

In questo salmo, composto per essere cantato nel giorno del sabbat, Davide è in contemplazione davanti all’opera della Creazione, del governo della provvidenza divina (1).

I.- Dichiara che è giusto e buono lodare Dio:

1° con il cuore,

2° con la bocca, – a) per annunciare al mattino la misericordia di Dio, – b) o la sua verità nella notte (1, 2);

3° con il concorso degli strumenti (3).

II. – Egli motiva la dichiarazione che sta per fare, è a causa:

1° dell’opera della creazione; – a) è uno spettacolo meraviglioso e che riempie di gioia l’anima di coloro che  lo considerano con attenzione (4); – b) resta impenetrabile invece per coloro che lo considerano senza intelligenza (5, 6);

2° del governo dell’universo e della Provvidenza divina, che si manifesta – a) nella sorte riservata ai malvagi dopo la loro prosperità passeggera; – b) nel regno eterno di Dio e del suo Cristo, e nel suo trionfo sui suoi nemici (9); – c) nella protezione segnalata che Dio accorda a coloro che Gli sono fedeli: 1) Dio li solleva durante la loro vita, 2) li ricolma di beni fino alla loro estrema vecchiaia (10); 3) alla morte essi disprezzano i loro nemici (11); 4) essi fioriscono come palma e si moltiplicano come il cedro(12); 5) la ragione di questo splendore, di questa fecondità, è che essi sono piantati nella casa del Signore, e si moltiplicheranno in una vecchiaia feconda, per annunziare la giustizia e la sanità di Dio (13, 15). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. 1-3.

ff- 1-3. – Prendete consiglio dagli uomini ed essi vi diranno come sia bene fare la corte ai grandi della terra, il lusingarli, cantare le loro lodi, elevare monumenti alla gloria del loro nome. Consigli frivoli e quasi sempre perniciosi. Il Profeta vede come un’unica occupazione sia veramente lodevole e necessaria, se non quella di rendere omaggio al Signore, celebrare il suo santo Nome; e non abbiamo la temerarietà – dice S. Agostino – di mescolare il nostro amor proprio, la nostra vanità, nel culto che rendiamo a Dio. Ci è stato detto che i nostri nomi sarebbero scritti nel cielo e nel libro della vita, ma a condizioni che non cerchiamo se non la gloria del Nome di Dio. Che sia santificato il vostro Nome, è la preghiera che ci viene raccomandata, e quale Nome può essere paragonato al Nome di Dio? (Berthier). – È molto giusto, utile, piacevole e glorioso lodare il Signore: questo è giustissimo perché questa lode gli è dovuta; è cosa molto utile perché per noi è la fonte di gran merito e mediante essa, di gran ricompensa; piacevolissima, perché nulla è più dolce che lodare ciò che si ama; molto gloriosa perché è le medesima funzione degli Angeli (Bellarm.). – « È buono confessare al Signore. » Ma cosa confessare al Signore? Nell’uno o nell’altro caso, confessate al Signore: se avete peccato, ché siete voi che l’avete fatto; se avete compiuto qualche bene, è Lui che lo ha fatto. Allora canterete sul salterio, in Nome del Dio Altissimo, cercando la sua gloria e non la vostra, il suo Nome e non il vostro. Se cercate il Nome di Dio, Egli cercherà il vostro; ma se voi cancellate il Nome di Dio, Egli cancellerà il vostro. (S. Agost.). – Il giorno e la notte sono egualmente capaci di far risuonare le lodi di Dio, le lodi della sua bontà e le lodi della sua verità. Anche Davide ci dice in un altro salmo, il XXXIII, che egli benedice il Signore in ogni tempo, che la sua lode è sempre sulla sua bocca. Tuttavia sembra che la luce che al mattino viene a rivelare all’uomo le innumerevoli meraviglie della creazione, ovvero il giorno, sia per eccellenza il tempo favorevole all’espressione dei sentimenti di ammirazione e di riconoscenza che eccita la vista di tanti benefici, dovuti unicamente alla bontà divina; mentre la notte, anch’essa sì ricca di tante meravigliose opere del Creatore, ne vela una gran parte, e che avvolge in un vasto silenzio le città e le campagne, le montagne ed i mari, sia maggiormente destinata ai gravi pensieri, alle meditazioni seriose, ai sentimenti di venerazione e di timore, a tutto ciò che ispira, in una parola, l’idea della verità, che nello stesso tempo è l’idea della giustizia. (Rendu). – Cosa significa ancora che bisogna annunziare la misericordia di Dio al mattino e la verità di Dio durante la notte? Il mattino rappresenta la felicità di cui possiamo gioire; la notte rappresenta la tristezza che ci causa il dolore. Cosa dunque ha espresso il Profeta in queste poche parole? Quando siete nella felicità, rallegratevi in Dio, perché questo stato felice è opera della sua misericordia. Ma – direte – se io mi rallegro in Dio quando sono nella felicità, perché questo stato felice è opera della sua misericordia, cosa farò quando sarò nella tristezza e nell’afflizione? La felicità mi viene dalla sua misericordia, l’infelicità mi verrebbe dal suo rigore? No: ma nella felicità, lodate la sua misericordia, e nell’infelicità, lodate la sua verità; se Egli punisce i vostri peccati, non per questo è ingiusto. Daniele era di notte che pregava, perché Gerusalemme era prigioniera, in potere dei nemici. Allora i Santi erano caricati di mille mali; allora Daniele stesso fu gettato nella fossa dei leoni; allora i tre giovani furono precipitati nella fornace. Era notte, e durante questa notte, Daniele glorificava il Signore: diceva nella sua preghiera: « noi abbiamo peccato, abbiamo agito da empi, abbiamo commesso l’iniquità; a Voi la gloria Signore, a noi la confusione. » (Dan. VI, 5-7). Egli annunciava la verità durante la notte. Che significa annunziare la verità durante la notte? Non accusare Dio del male che si soffre, ma attribuirlo ai vostri peccati ed all’emenda che Egli vuol promuovere in voi. Se voi annunciate la sua misericordia al mattino e la sua verità durante la notte, voi lodate Dio in ogni tempo, confessate Dio in tutti i tempi e celebrate il suo Nome sul salterio (S. Agost.). – Questi strumenti musicali che si toccavano con le mani, ed il canto che vi si univa, ci insegnano che bisogna lodare Dio con la bocca e con le opere. Se pronunciate soltanto le parole, cantate un cantico senza l’accompagnamento sulla cetra; se agite solo senza aggiungere le buone parole, non fate che suonare la sola arpa. Bisogna dunque ben fare e ben dire, se volete canta sull’arpa.    

II. — 4-15.

ff. 4, 5. – Davide non dice: la vista delle vostre creature mi ha riempito di gioia; ma Voi mi avete riempio di gioia alla vista delle vostre creature, perché non bisogna fermarsi alla gioia che danno le creature; è il Creatore che bisogna vedere in esse, è Lui che ci fa gioire: 1° perché è nascosto sotto le creature come sotto un velo; 2° perché non cessa di agire in tutte le creature; 3° perché è infinitamente più bello, più perfetto di tutti gli esseri che Egli ha creato. – Si ama nell’intendere Davide darsi a queste crisi di gioia alla vista delle bellezze della natura, e possiamo giustamente concluderne che lo studio delle scienze naturali sia ben lungi dall’essere contrario alla Religione. Queste scienze sono belle, quando se ne sa penetrare lo spirito; esse sono nocive quando le si prendono alla leggera. Un po’ di scienza allontana dallo spirito di Dio, molta scienza ve lo riconduce. Bisogna lavorare molto per stimare la materia, per comprendere ciò che essa abbia di bello, di regolarità matematiche, di obbedienza assoluta alle leggi; e poi bisogna lavorare ancora per comprendere quanto essa sia comunque poca cosa. –  Davide si eleva dalla contemplazione delle creature, fino al Creatore stesso, e in esse ama il Creatore. Innamorato di questa bellezza immortale, egli prende ad amarlo e a rallegrarsi in Dio. – È Dio stesso che deve riempirci di gioia manifestandoci le opere delle sua mani. Se le bellezze sensibili sparse nelle opere del Creatore fissano i nostri pensieri, se è in esse che noi concentriamo i nostri sentimenti, esse ci incantano, ci seducono e diventano per noi una rete in cui i piedi degli insensati sono presi. (Sap. XIV, 11). – Sant’Agostino ammirava le opera di Dio, ma aggiungeva: « Che cosa sono al vostro confronto, Signore? Alla vostra presenza, ogni bellezza, ogni bontà si eclissa. – E a cosa devono condurre le alte scienze. O filosofi dei giorni nostri, di qualunque livello voi siate, o osservatori degli astri, contemplatori della natura inferiore ed attaccati a ciò che si chiama fisica, o occupati nelle scienze astratte che si chiamano matematiche, in cui la verità sembra presiedere più che nelle altre, io non voglio dire che non abbiate oggetti degni dei vostri pensieri; perché di verità in verità, voi potete giungere fino a Dio, che è Verità delle verità, sorgente di verità, la Verità stessa, in cui sussistono le verità che voi definite eterne, verità eterne ed immutabili, che non possono non essere verità, e che tutti coloro che aprono gli occhi in esse, e non di meno al di sopra di esse, poiché esse regolano i loro ragionamenti come quelli degli altri e presiedono alle conoscenze di tutto ciò che vede ed intende, sia uomini, sia Angeli. È questa verità che dovete cercare nelle vostre scienze. Coltivate dunque queste scienze, ma non lasciatevene assorbire; non presumete e non crediate di essere qualcosa più degli altri, perché conoscete le proprietà e le ragioni delle grandezze e delle infimità, il vostro cibo di spiriti curiosi e deboli che dopo tutto non porta a nulla, che esiste ma non ha nulla di solido che, per quanto si abbia l’amore della verità e l’abitudine di conoscerla negli oggetti certi, fa cercare la vera ed utile certezza in Dio solo (Bossuet, Elév. XVII, S. m., E.). – Quanto magnifiche sono le vostre opere, Signore! I vostri pensieri sono di una profondità infinita. In verità non c’è un mare sì profondo che non sia questo pensiero di Dio, di lasciare i malvagi nella prosperità ed i buoni nella sofferenza; non c’è acqua sì profonda, così alta; è in questa altezza, in questa profondità che ogni incredulo fa naufragio. Volete uscire da questo abisso? Non lasciate la Croce del Cristo e non sarete sommerso; tenetevi attaccati al Cristo. Cosa significa ciò che dico: tenetevi attaccati al Cristo? È tale lo scopo della sofferenza che ha voluto sopportare sulla terra. Soffrite dunque e sopportate le afflizioni del mondo, per meritare questo fino che avete visto realizzato nel Cristo, e non lasciatevi scuotere dall’esempio di coloro che fanno il male e sono floridi in questo mondo. « I vostri pensieri sono di una profondità infinita. » Qual è il pensiero di Dio? Al presente, lascia cadere le redini, ma le serrerà più tardi. Non condividete la gioia del pesce che trionfa della preda che ha afferrato: il pescatore non ha ancora tirato l’amo, ma l’amo è già nella gola del pesce. Il tempo che vi sembra lungo, in realtà è breve; ogni cosa passa presto, che cos’è la più lunga vita dell’uomo in confronto all’eternità di Dio? Volete avere longanimità? Considerate l’eternità di Dio; altrimenti voi considerate i pochi giorni che vi rimangono, e voi vorreste che in questi pochi giorni si compiano tutte le cose. Ma quali cose dunque? Che tutti gli empi siano condannati e tutti i buoni coronati. Voi volete dunque vederli tutti compiuti nel breve spazio della vostra vita? Dio li compie alla loro ora. Perché risentirvene o annoiarvene? Dio è eterno; Egli differisce, mostra longanimità. Ma voi dite: è perché io non duro che un momento, perché io manco di longanimità. È in vostro potere l’essere come Dio: unite il vostro cuore all’eternità di Dio e sarete eterno come Lui. (S. Agost.).

ff. 6-9. – Chi sono questi insensati? Coloro dei quali san Paolo ha detto: « Avendo conosciuto Dio, essi non l’hanno glorificato come Dio, non gli hanno reso grazie, ma sono svaniti nei loro pensieri ed il loro cuore insensato è stato oscurato. Questi uomini, che si dicono saggi, son divenuti folli; » (Rom. I, 21, 22); ed ancora: « l’uomo animale non comprende le cose che sono dello Spirito di Dio: esse gli sembrano una follia, non può comprenderle, perché se ne giudica bene solo con lo Spirito. » (1 Cor. II, 14). – Quali sono le cose che lo stolto non comprenderà e che l’insensato non conoscerà? « Quando i peccatori si saranno elevati come il fieno … » Che vuol dire: « come il fieno? » Esso è verde fino all’estate, ma venuto l’inverno, si secca. Vedete il fiore del fieno. C’è cosa che passa più in fretta? C’è nulla di più fresco? Nulla di più verde, non vi compiacete della sua freschezza, ma temete la maniera in cui dissecca. (S. Agost.). – La saggezza divina appare soprattutto in ciò che si lascia elevare ed apparire un momento come malvagio per perderlo per sempre, mentre essa lascia disseccare un momento il giusto alla radice per farlo rifiorire nell’eternità. – I peccatori non periscono allo stesso modo in cui sono fioriti: essi fioriscono in mezzo ai falsi beni, periscono in mezzo ai veri tormenti. (S. Agost.., sul Ps. LIII). – Voi avete visto degli imperatori, avete visto dei prefetti, delle armate, avete visto vittorie, trionfi, tutto questo è passato ieri e non esiste oggi (S. Girol. Su questo Ps.). – Il salmista non vuol dire che Dio li fa nascere e li colma di beni perché  siano riprovati, egli espone solo il fatto, mostra qual sia il termine della loro grandezza passeggera… – « Ma Voi, Signore, Voi siete l’Altissimo per l’eternità. » Voi attendete dall’alto, nella calma della vostra eternità che il tempo degli ingiusti passi e venga il tempo dei giusti … Dio è pieno di longanimità e di pazienza; Egli soffre tutte le iniquità che vede commettere dai malvagi. Perché? Perché Egli è eterno e vede ciò che è a loro riservato. Volete ancor voi avere pazienza e longanimità? Unitevi all’eternità di Dio, attendete con Lui ciò che è sotto di voi. – L’accecamento e la stupidità della maggior parte degli uomini, in rapporto a Dio ed alle sue opere temporali o spirituali, non impedisce affatto che essi riescano in questo mondo. Essi crescono con la rapidità dell’erba, si coprono di fiori, producono frutti abbondanti, prosperano, si elevano, salgono sui pinnacoli; poi, tutto ad un colpo, cadono e periscono per l’eternità. (Rendu). – In opposizione ai malvagi, che gioiscono per qualche istante di prosperità e che sono poi precipitati in un abisso di miserie senza fine e senza limiti, il salmista fa apparire Dio con i suoi attributi più incomunicabili, Potenza al di sopra di ogni altra potenza, una esistenza eterna. Ora si spiega perfettamente sia l’intera sconfitta dei suoi nemici sia il trionfo dei giusti. Nel numero di questi giusti coronati di gloria, figurano coloro ai quali Dio ha fatto la grazia di servirli dai loro più giovani anni, e che Egli ricompensa in questo mondo, accordando loro una verde e florida vecchiaia. Favore, del resto, che è un bene minore per essi, di cui ritarda il ritorno nella patria celeste, che per la loro famiglia di cui sono il modello, per la società di cui sono l’ornamento e l’edificazione (Rendu).

ff. 10-15. – Ecco l’opposizione della sorte dell’uomo giusto nei confronti di quella degli empi. La forza del giusto non sarà simile a quella dell’erba disseccata che passerà rapidamente, ma a quella di questo corno elevato e potente che i liocorni portano sulla loro fronte, e la sua vecchiaia si rinnoverà con l’abbondante misericordia di Dio; questa forza, che nello stesso tempo è una potenza, una gloria ed una felicità, non sarà solamente grande, energica, ma ancora durevole e persevererà fino alla sua estrema vecchiaia, che sarà sempre attiva e feconda (Bellarm.). – Non bisogna credere che il Profeta, parlando della vecchiaia, supponga anche la morte, secondo il fatto che l’uomo non invecchia nella carne che per morire. La vecchiaia della Chiesa sarà bianca a causa della purezza delle sue azioni, ma non subirà la corruzione della morte. Tale è la testa di un vegliardo, tali saranno le nostre opere. Voi vedete come la sua testa diventi bianca e calva, man mano che la vecchiaia si avanzi. In un uomo vecchio nel suo tempo naturale, cercherete vanamente sulla sua testa un capello nero, non lo troverete; ugualmente, se la nostra vita è stata nel giusto, e cercando il nero del peccato, non lo si trova, la nostra vecchiaia sarà una vera giovinezza, una vecchiaia sempre verde. Il Profeta ci ha parlato del fieno dei peccatori, ecco ora la vecchiaia dei giusti: « la mia vecchiaia sarà colma di abbondante misericordia. » (S. Agost.). – Non c’è che colui che disprezza il suo nemico e che non ha nulla da temere nel guardarlo in viso, considerarlo; se lo teme fugge alla sua presenza (Bellarm.). – « Egli ha gettato un occhio di disprezzo sui miei nemici. » Chi sono coloro che egli chiama i suoi nemici? Tutti coloro che commettono l’iniquità. Non notate forse che il vostro amico è un uomo di iniquità? Che si prospetta un affare e voi lo disapprovate. Da come vi elevate contro la sua ingiustizia, voi vedrete che, nel lusingarvi, sarà vostro nemico; ma voi non avete ancora sondato il suo cuore, non per farlo divenire ciò che non era, ma per forzarlo a mostrare ciò che era. – « Ed io ho gettato un occhio di disprezzo sui miei nemici, e il mio orecchio ascolterà ciò che sarà detto al soggetto di coloro che vogliono nuocermi. » Quando questo? Nella mia vecchiaia. Cosa vuol dire: nella mia vecchiaia? Nell’ultimo giorno! E cosa ascolterà il nostro orecchio? Posti alla destra del Cristo, noi ascolteremo ciò che sarà detto a coloro che saranno posti alla sua sinistra: « Andate nel fuoco eterno che è stato preparato per il demonio e per i suoi angeli. » (Matt. XXV, 11). Il giusto non ha da temere l’ascolto di queste terribili parole. È detto in un altro Salmo: « … la memoria del giusto sarà eterna; egli non temerà di dovere intendere la parola cattiva. » (Ps. CX, 7) – (S Agost.). – « Il giusto fiorirà come una palma, si moltiplicherà come i cedri del Libano. » Bisogna comprendere questa moltiplicazione del giusto, come una crescita; è il senso del testi. Si sa che il cedro si eleva a grande altezza, che la palma porta dei fiori molto belli e frutti in abbondanza. Il profeta sceglie questi alberi come termini di paragone, per dare l’idea più esatta dell’uomo giusto. Si è detto qui sopra che gli empi sono come l’erba dei campi, che appare e appassisce molto presto. Egli oppone qui la bellezza, la fecondità del giusto che compara ai due alberi più rinomati della Giudea: le palme ed i cedri cominciano ad emettere delle radici profonde nel seno della terra, ed i giusti entrano nell’abisso del loro niente prima di produrre dei frutti degni di immortalità. Le loro radici, dice San Agostino, sembrano come quella della palma e del cedro, aggrovigliate, irregolari, disseminate di nodi, perché nel procedere della virtù, le prime sono più difficili; ma l’umiltà e la pazienza superano tutti gli ostacoli, e da lì esce il tronco magnifico che si leva fino al cielo. L’ardore del sole fa appassire il fiore dei campi; ma i grandi alberi del Libano resistono ai fuochi voraci dell’estate, come al gelo dell’inverno, e quando la collera divina si infiammerà come una fornace, nel giorno delle vendette, il giusto non sarà raggiunto dall’incendio che consumerà gli empi; Questo avverrà al contrario nei riguardi del servitore fedele. Il giudizio di Dio verrà, conclude S. Agostino, per divorare i peccatori e per coprire i giusti di un nuovo splendore (Berthier) – I Padri rimarcano nel cedro delle eccellenti qualità: innanzitutto, la sua altezza maestosa che domina le montagne; poi il profumo che diffonde; infine questa proprietà che possiede di essere meno soggetto alla corruzione. Il giusto che, con la speranza, si porta incessantemente verso i beni eterni, somiglia al cedro che si eleva maestoso sulla montagna; come esso esala dei profumi, se con le sue pere e le sue virtù, spande in ogni luogo il buon odore di Gesù-Cristo; come lui, infine, sfugge alla corruzione perché, fermamente fissato in Dio da un solido amore, non si lascia corrompere da alcuna affezione terrena. (Mgr. DE LA Bouillerie, Symbolismo, 417). – La ragione per la quale i giusti saranno come le palme ed i cedri del Libano, è che non saranno piantati nelle foreste o nelle montagne deserte, ma nella casa di Dio, uniti a Dio con le radici della vera fede, portando i frutti dei buoni costumi, fondati sulla carità, ornati di fiori di purezza (Bellarm.). – Poiché il giusto è piantato nella casa di Dio, le sue foglie, i suoi fiori, e i suoi frutti vi crescono e sono dedicati al servizio di sua Maestà. « Esso è come l’albero piantato lungo corsi d’acqua, che produce il suo frutto a suo tempo; anche le sue foglie non cadranno; tutto ciò che fa, prospererà. » (Ps. I, 2). Non solo i frutti della carità ed i fiori delle opere che produce, ma pure le foglie delle virtù morali e naturali traggono una speciale prosperità dall’amore del cuore che le produce (S. Franc. De Sales, T. de l’am.de Dieu, I, XI, c, I). – L’uomo giusto che è invecchiato nei santi esercizi della pietà raccoglie, sul ritorno dell’età tutti i frutti della sua fedeltà. Egli è più istruito che mai circa le verità divine e sulle vie divine, dice S. Girolamo:  « Ætate fit doctior, usu tritior, processu lempore sapientior, et veterum studiorum dulcissimos fructus metit (Epist. 2 ad Nep.); egli ne parla con tutta l’autorità che dà una lunga esperienza. Più si avvicina al termine, più i suoi sentimenti si sviluppano, più i suoi meriti si moltiplicano … oh! Se la giovinezza andasse a riposare all’ombra di questa palma carica di fiori e frutti; se si mettesse al riparo dalle bufere del mondo sotto questo cedro magnifico che porta la sua testa verso il cielo e le cui radici si approfondano fin nelle viscere della terra; se essa ascoltasse gli insegnamenti di questa vecchiaia pieno di forza e di vigore per annunciare a tutti i popoli l’equità della condotta di Dio, con i suoi discorsi, la sua pazienza e con l’umile sottomissione ai decreti divini. Questa pazienza, necessaria soprattutto ai predicatori, ai dottori, ai superiori. « La dottrina di un uomo si riconosce dalla sua pazienza. » (Prov. XIX, 11). « … Annunziate la parola, insistete in ogni occasione, opportuna e non opportuna; ammonite, rimproverate, esortate, minacciate con ogni magnanimità e ogni sorta di istruzione. » (II Tim. IV, 2). « Essi saranno pieni di vigore e di pazienza per annunziare che il Signore nostro Dio è pieno di equità, e che in Lui non c’è ingiustizia. » Come non c’è ingiustizia in Lui? Ecco un uomo che non conosce che il male; ebbene, egli gode di una buona salute, ha figli, la sua casa è piena di ricchezze, è coperto di gloria, ricolmo di onori, progetta vendette per i suoi nemici e commette anche ogni sorta di cattive azioni. Ed eccone un altro che conduce onestamente i suoi affari, che non prende i beni altrui, che non fa del male a nessuno, e soffre nelle prigioni e nelle catene, sospira e muore nell’indigenza. Com’è allora in Dio non c’è ingiustizia? Conservate la pace e comprenderete perché vi turbate, e nella vostra camera segreta vi aprirete alla luce da voi stessi. Il Dio eterno vuole illuminarvi con i suoi raggi, non oscuratelo con le nubi del vostro agitarvi. Conservate la vostra pace dento di voi ed ascoltate cosa ho da dirvi: Dio è eterno, risparmia attualmente i malvagi per portarli al pentimento, punisce i buoni per insegnar loro la via del regno dei cieli; « … Non c’è ingiustizia in Lui, » non temete nulla. Ma fino a qual punto non ho sofferto? È evidente, io ho peccato, lo confesso, non pretendo d’essere giusto; ecco ciò che dice il maggior numero di gente. Se vedete un uomo nell’infelicità, nelle sofferenze, entrate da lui per consolarlo, ed egli vi dice: io ho peccato, lo confesso; io ho volpa, lo riconosco; ma io ho peccato come costui? Io so quale peccato ha commesso, io so quali colpe ha fatto: per quanto mi riguarda io ne ho senza dubbio, lo riconosco davanti a Dio, ma quanto esse sono minori delle sue? Ed io invece non ho da soffrire come lui! Non vi turbate conservate la vostra pace così da sapere che « il Signore è retto e che in Lui non c’è ingiustizia. » (S. Agost.).   

SALMI BIBLICI: “QUI HABITAT IN ADJUTORIO ALTISSIMI” (XC)

SALMO 90: “QUI HABITAT IN ADJUTORIO ALTISSIMI

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 90

[1] Laus cantici David.

     Qui habitat in adjutorio Altissimi,

in protectione Dei cœli commorabitur.

[2] Dicet Domino: Susceptor meus es tu et refugium meum; Deus meus, sperabo in eum.

[3] Quoniam ipse liberavit me de laqueo venantium, et a verbo aspero.

[4] Scapulis suis obumbrabit tibi, et sub pennis ejus sperabis.

[5] Scuto circumdabit te veritas ejus: non timebis a timore nocturno;

[6] a sagitta volante in die, a negotio perambulante in tenebris, ab incursu, et daemonio meridiano.

[7] Cadent a latere tuo mille, et decem millia a dextris tuis; ad te autem non appropinquabit.

[8] Verumtamen oculis tuis considerabis et retributionem peccatorum videbis.

[9] Quoniam tu es, Domine, spes mea; Altissimum posuisti refugium tuum.

[10] Non accedet ad te malum, et flagellum non appropinquabit tabernaculo tuo.

[11] Quoniam angelis suis mandavit de te, ut custodiant te in omnibus viis tuis.

[12] In manibus portabunt te, ne forte offendas ad lapidem pedem tuum.

[13] Super aspidem et basiliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem.

[14] Quoniam in me speravit, liberabo eum; protegam eum, quoniam cognovit nomen meum.

[15] Clamabit ad me, et ego exaudiam eum; cum ipso sum in tribulatione; eripiam eum, et glorificabo eum.

[16] Longitudine dierum replebo eum, et ostendam illi salutare meum.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XC

Il titolo non leggesi nei codici ebraico e greco. Forse fu aggiunto per far intendere che il Salmo non fosse di Mosè. Argomento è esortazione a porre in Dio ferma fiducia. Ora parla il profeta, ora il giusto, ora Dio a modo drammatico. Il Salmo è utile a formare i costumi.

Lauda o cantico di David.

1. Colui che riposa nell’aiuto dell’Altissimo, viverà sotto la protezione del Dio del cielo.

2. Egli dirà al Signore: Mio difensore sei tu, e mio asilo; egli è il mio Dio, in lui spero.

3. Imperocché egli dal laccio dei cacciatore e da dure cose mi ha liberato.

4. Dei suoi omeri farà ombra a te, e sotto le ali di lui avrai fidanza.

5. La sua verità ti coprirà come scudo per ogni parte: non temerai i notturni spaventi.

6. Non di giorno la saetta volante, non l’avversiere che va attorno nelle tenebre, non gli assalti del demonio del mezzogiorno.

7. Mille cadranno al tuo fianco, e diecimila alla tua destra; ma nissuna (saetta) a te si accosterà.

8. Ma tu coi tuoi propri occhi osserverai; e vedrai il contraccambio renduto ai peccatori.

9. ( E dirai): Tu sei, o Signore, la mia speranza; e che per tuo rifugio hai scelto l’Altissimo.

10. Non si accosterà a te il male, e alla tua casa non accosterassi il flagello.

11. Imperocché egli ha commessa di te la cura ai suoi Angeli; ed eglino in tutte le vie tue saran tuoi custodi.

12. Ti sosterranno colle lor mani, affinché sgraziatamente tu non urti col tuo piede nel sasso.

13 Camminerai sopra l’aspide e sopra il basilisco; e calpesterai il leone e il dragone.

14. Perché egli ha sperato in me, io lo libererò; lo proteggerò perché ha conosciuto il mio nome.

15. Alzerà a me la voce, e io lo esaudirò; con lui son io nella tribolazione, ne lo trarrò, e lo glorificherò.

16. Lo sazierò di lunghi giorni, e farogli vedere il Salvatore, che vien da me.

Sommario analitico

In questo Salmo in cui Davide espone la sicurezza e la tranquillità di cui gode, in mezzo ai pericoli così numerosi di questa vita, si vede l’uomo giusto che ripone tutta la sua fiducia in Dio (1).

(1) [Questo salmo sembra essere un dialogo a due voci, con una terza nel nome di Dio, senza il coro. I tre primi versetti sono detti per la prima voce, i versetti 5-8 per il coro, ed il versetto 9 per una seconda voce; i versetti 9-13 per il coro, ed i versetti 14-16 per una terza voce, nel nome di Dio. – Questo salmo enumera, con una grande poesia nel dettaglio, e sotto ricche metafore, tutti i vantaggi legati ai luoghi di asilo, e soprattutto a questo asilo posto in un luogo elevato che non è altri che l’Altissimo. Questo salmo è pieno di malinconia e di attraenti misteri, quando è recitato o cantato di sera, sotto le ombre maestose che cadono dalle volte delle nostre antiche basiliche sull’assemblea raccolta dei fedeli, ché incoraggia ad essere intrepidi nella vita ed al riposo della forza, per la fiducia in Dio (Claude, Les Psaumes, etc.)].

I. – Considera Dio come una fortezza inespugnabile nella quale:

1° Dio riceve l’uomo giusto e gli offre un sicuro rifugio;

2° Egli si comunica a lui e lo fa entrare nella propria intimità (1);

3° L’uomo giusto che sfugge ai suoi nemici vi trova un asilo ed un rifugio contro i suoi persecutori (2, 3).

II. – Durante il soggiorno che fa il giusto in questa fortezza inespugnabile in cui Dio lo riceve:

1° Prima del combattimento: – a) Dio lo mette al riparo delle sue spalle: – b) lo copre sotto le ali come una chioccia copre i suoi piccoli (4);

2° Durante il combattimento: – a) lo protegge dai suoi nemici coprendolo con lo scudo della sua verità contro gli attacchi notturni (5-6); – b) gli dà ancora la forza di trionfare dei suoi nemici (7);

3° dopo il combattimento: – a) Dio gli procura la gioia di vedere la loro disfatta (8); – b) gli concede di gioire dall’alto di questa fortezza, di una sicurezza che nulla può turbare; – c) ricolma di questa gioia allontanando dalla sua dimora tutto ciò che è capace di nuocere.

III. – Quando il giusto esce da questa fortezza:

1° Dio gli dà degli Angeli per guida e per difesa: – a) essi lo custodiscono in tutte le sue vie (11); – b) lo portano nelle loro mani per garantirlo da tutti i pericoli della strada (12, 13);

2° Dio stesso si accompagna a lui nella strada e dichiara, per bocca del Profeta, ciò che debba fare in favore dei giusti: – a) Egli li libererà dai loro nemici coloro che sperano in Lui (14); – b) li assisterà nelle loro tribolazioni; – c) li libererà e farà volgere queste tribolazioni a loro gloria (15); – d) renderà questa gloria universale; 

e) ed al colmo, si manifesterà Egli stesso a loro (16).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-3.

ff. 1, 2. – È da questo salmo che il demonio ha tratto le parole di cui ha osato servirsi per tentare Nostro Signore Gesù-Cristo. Ascoltiamolo dunque, per istruirci e per poter resistere al tentatore, non mettendo la nostra fiducia in noi, ma in Colui che è stato tentato prima di noi, per assicurarci la vittoria nelle nostre tentazioni. In effetti, la tentazione non gli era necessaria, ma la tentazione del Cristo è un insegnamento per l’uomo. Ora, se prestiamo attenzione a ciò che il Cristo risponde al demonio, per rispondergli allo stesso modo, noi entriamo dalla porta. Che vuol dire entrare dalla porta? Entrare attraverso il Cristo, imitare i modi del Cristo (S. Agost.). – Ci sono tre tipi di persone che non dimorano nel segreto dell’Altissimo: 1° coloro che, in luogo di confidare in Dio, mettono la fiducia nella loro forza, nelle loro ricchezze, sia temporali che spirituali; 2° coloro che disperano della loro salvezza, soccombendo sotto il peso delle loro infermità, senza ricorrere a Dio; 3° coloro che si lusingano invano di ottenere il suo soccorso senza curare di correggersi. I primi dimorano nei propri meriti, i secondi nella diffidenza, i terzi nei loro vizi (S. Bern.). – Colui dunque che imita il Cristo sopportando tutte le pene di questo mondo, e mettendo in Dio la propria speranza per non essere sedotto dalla lussuria, né annientato dalla paura, costui è veramente colui che abita sotto l’aiuto dell’Altissimo, e che dimora sotto la protezione del Dio del cielo. – « Egli riposerà sotto la protezione del Dio del cielo, » vale a dire che, forte di questa protezione, non temerà nulla di ciò che esista o di ciò che possa accadere sotto il cielo. È il complemento di ciò che il salmista sta per dire nella prima parte di questo versetto: l’assistenza dell’Altissimo ha soprattutto come scopo di aiutarci a fare il bene; la sua protezione, di difenderci dal male. E si noti che non dice: egli dimorerà alla presenza del Dio del cielo, ma sotto la protezione del Dio del cielo. Gli Angeli trasaliscono di gioia alla sua presenza; per me, possa io riposare sotto la sua protezione! Gli Angeli sono felici di essere eternamente alla presenza di Dio, possa io – quanto a me – essere in sicurezza sotto questa divina protezione! (S. Bernardo). – Per abitare così nel segreto dell’Altissimo, non è sufficiente un atto passeggero di fede, di speranza, ma occorre una lunga abitudine, una perseveranza costante nel mettere la propria fiducia in Dio; bisogna per così dire, essersi costruito una casa, una dimora in Dio e portarla con sé. « Egli dimorerà sotto la protezione del Dio del cielo. » Qui non si tratta di un soggiorno transitorio, come una delle capanne erette nei cantieri o nelle vigne, come sotto la tenda del viaggiatore: è una dimora permanente. – Ora non ci sono che gli uomini di preghiera che abitano così in modo permanente nel segreto di Dio. Per elevarsi a questo segreto di Dio, bisogna fare ciò che san Gregorio spiegava con questa comparazione sensibile: voi vedete – egli diceva – l’acqua che zampilla da una tubazione, essa si pone a livello della riserva da dove è discesa; ma darà essa questo spettacolo che fa la delizia di coloro che ne sono testimoni, se essa non è costretta in questo canale stretto dal quale si slancia in aria? Non si spanderà nella campagna se la si lascia in libertà? Ne è lo stesso per i nostri spiriti ed i nostri cuori, tutte le volte che li abbandoniamo a se stessi, che li lasciamo errare nelle occupazioni frivole del mondo, essi si spandono e non risalgono alla sorgente di ogni bene. – Chi dice a Dio: « Voi siete il mio sostegno, il mio rifugio e il mio Dio? – Colui che abita sotto l’aiuto dell’Altissimo. Chi è colui che abita così sotto l’aiuto dell’Altissimo? Colui che non si mette al riparo da se stesso. Chi è colui che abita sotto l’aiuto dell’Altissimo? Colui che non è orgoglioso, come lo sono stati coloro che hanno mangiato il frutto proibito, al fine di essere come déi, che hanno perso il dono dell’immortalità che avevano ricevuto nella loro creazione, « Voi siete il mio protettore, il mio rifugio, il mio Dio. » Queste tre parole sembrano corrispondere ai tre grandi benefici di Dio: l’uno passato, l’altro presente, ed il terzo futuro. Il primo, è l’infinita misericordia di Dio che ritrae l’uomo dal peccato e dalla via che conduce alla perdizione. Il secondo, quando Dio diventa il rifugio del peccatore convertito contro le ricadute e le tentazioni che potrebbero rivoltarlo. Il terzo, che è il più grande di tutti, è compreso in queste parole « Mio Dio. » Dio è il mio Dio, cioè il sovrano Bene, ma lo sarà per noi veramente ed in una maniera personale, se non nel cielo quando lo vedremo così com’è. (S. Bernardo) – Egli dirà al Signore: « Voi siete il mio difensore, e il mio rifugio, ed il mio Dio. » Tutte le creature possono dire a Dio: Voi siete il mio Creatore; gli animali possono dire: Voi siete il mio pastore; tutti gli uomini possono dire. Voi siete il mio difensore, che dimora sotto l’assistenza dell’Altissimo. Egli aggiunge: « … e il mio Dio. » Perché non dice: Nostro Dio? Perché nella creazione, nella redenzione, in tutte la altre grazie comuni, Dio è Dio di tutti gli uomini; ma, nelle tentazioni, gli eletti lo considerano e lo invocano come loro Dio, a titolo particolare. In effetti, Egli è disposto a difendere colui che è prossimo a soccombere, coprendolo con la sua potente protezione, come se lasciasse tutte le altre creature e non fosse Dio che per lui solo … notate, egli non dice: io ho sperato, o io spero, ma « io spererò ». È l’augurio, la risoluzione, l’intenzione del mio cuore. Questa speranza riposa nel mio seno ed io persevererò. Io non mi lascerò andare né alla disperazione, né ad una vana speranza, perché maledetto è colui che pecca sperando il male e disperandone; io non voglio essere più di coloro che non sperano nel Signore: « io spererò in lui » (S. Bern.). –  « Egli mi ha liberato dal laccio dei cacciatori. » Siamo dunque degli animali? Ahimè! Si, questo è pur vero. L’uomo che è elevato agli onori, non lo ha affatto compreso: egli è stato comparato alle bestie irragionevoli ed è divenuto simile a loro (Ps. XLVIII, 15). Si, gli uomini sono come animali senza ragione, come pecore erranti senza pastore … Ma chi sono questi cacciatori? I cacciatori pieni di malizia, di inganno e di crudeltà; dei cacciatori che non suonano il corno per timore di essere sentiti, ma che lanciano le proprie frecce nel segreto contro l’anima innocente ed indifesa. Questi sono i principi delle tenebre, versato in tutti gli inganni del demonio, e ciò che è l’animale davanti al cacciatore abile, l’uomo più fine e più abile lo è davanti ad essi, a meno che essi non siano di coloro che, come gli Apostoli, conoscono il pensiero di satana, e a chi la saggezza di Dio ha dato il potere di scoprire i suoi disegni artificiosi e funesti. (S. Bernardo). –  Il demonio ed i suoi angeli tendono i loro tranelli, e gli uomini che camminano in Cristo camminano lontani da questi lacci. In effetti il demonio non osa tendere i suoi lacci nella via che è il Cristo; egli li pone attorno alla via, ma non sulla via stessa. Il Cristo sia sempre la nostra via, e noi non cadremo nelle insidie del demonio. Ma colui che erra fuori da questa via incontra l’insidia: a destra, a sinistra egli pone i suoi lacci; « … voi camminate in mezzo alle trappole » (S. Agostino). – Così come in mezzo ai pagani, colui che è Cristiano è esposto alle parole ingiuriose dei pagani, così in mezzo ai Cristiani, coloro che vogliono essere più vigilanti e migliori degli altri, sono esposti agli insulti degli stessi Cristiani … – In tutte le città, c’è un numero di cattivi Cristiani che vivono nel disordine, e coloro che voglio vivere bene tra di loro, coloro che vogliono essere sobri in mezzo ad uomini intemperanti, che vogliono restare casti in mezzo ad uomini dissoluti, che vogliono adorare Dio puramente in mezzo ad uomini che consultano gli astrologi e nulla chiedono ai loro vani calcoli; infine colui che vuole andare in Chiesa, in mezzo ad uomini amici degli spettacoli frivoli del teatro, costui è esposto agli insulti dei Cristiani stessi, che lo caricano di parole ingiuriose e che lo rimproverano dicendo: « Quanto a voi, voi siete un grande uomo, voi siete un santo »; essi lo insultano, e da qualunque parte si giri, a destra o a sinistra, si sentono parole oltraggiose. Ma se egli se ne duole, o si allontana dalla via del Cristo, cade nei lacci dei cacciatori (S. Agost.) -. – Qual è questa parola dura se non il grido dell’insaziabile inferno: eliminate, eliminate, colpite, distruggete, mettete a morte, impeditegli di dividere le spoglie? Qual è questa dura parola se non questa: « Che l’empio sia eliminato per non vedere la gloria di Dio? » (Isai. XXVI, 10). Allo stesso modo i cacciatori trionfano gioiosi quando, catturata la preda, gridano: Afferratela, legatela, ponetela sul braciere, afferratela e gettatela nella caldaia bollente, la stessa dura parola del popolo giudeo quando esclamò: « … via, via, crocifiggilo » (Giov. XIX, 15). Voi avete sopportato questa dura parola, Signore; perché? Se non per liberarci da una simile parola … gli uomini del mondo, quando consigliamo loro di fare penitenza, ci rispondono come fecero i Giudei a Nostro Signore: « Questa parola è dura. » (Giov. VI, 61). Ma come, sono una cosa dura « … queste afflizioni sì brevi e leggere della presente vita, che produrranno per noi il contrappeso eterno di una incomparabile gloria? » (II Cor. IV, 17) – Vi sembra duro riscattare con un lavoro sì breve e leggero queste sofferenze e queste torture che non vedranno mai termine, e che nessuno spirito può concepire? Vi sembra duro ascoltare questa parola: « … Fate penitenza? » voi siete nell’errore. Un giorno veramente sentirete una dura parola: « … andate via, maledetti, al fuoco eterno. » (Matt. XXV, 41). Ecco la parola che bisogna temere, la sola parola che deve apparirvi dura, e allora troverete che il giogo del Signore è dolce ed il suo peso leggero. (S. Bern.). 

II. — 4-8.

ff. 4-8. – « Ti metterà all’ombra sotto le sue spalle, e sotto le sue ali sarai pieno di speranza. » È evidente che questo riferimento delle due ali spiegate indica a sufficienza che voi siete come tra le spalle di Dio, in modo tale che le sue ali, in mezzo alle quali vi trovate, vi proteggano da ogni lato, e facciano in modo che non abbiate a temere nessuno. Badate solo di non lasciare un asilo ove alcun nemico osi penetrare. Se la chioccia protegge i suoi pulcini, quanto più sarete sicuri sotto le ali di Dio contro il demonio ed i suoi angeli! (S. Agost.) – Quattro benefici segnalati ci vengono accordati all’ombra delle spalle di Dio: Dio ci nasconde sotto le sue spalle; ci protegge contro gli attacchi degli uccelli predatori, che sono le potenze dell’aria; ci offre un’ombra salutare e rinfrescante, e ci mette al riparo degli ardori brucianti del sole; infine ci nutre e ci riscalda, come la chioccia riscalda i suoi pulcini che nasconde sotto le sue ali (S. Bern.). – Questo è lo scudo impenetrabile della verità di Dio, che rende invulnerabile coloro che sanno servirsene. Un elmetto copre soltanto la testa, una corazza non può difendere che una parte del corpo, ma lo scudo è una difesa generale che si può alzare, abbassare e girare intorno al corpo (Dug.). – Circondato da questo scudo della fede fondata sulla Verità di Dio, non si temono né le tentazioni di pusillanimità, figurate dai timori notturni di cui parla il Profeta, né le tentazioni di vanagloria e di orgoglio, significate dalla saetta che vola di giorno, né le tentazioni di avarizia ed il desiderio di ricchezze che risiedono nelle tenebre profonde nell’anima e l’accecano, né le tentazioni di impurità, significate dagli assalti del demonio del mezzogiorno, che cerca di abbracciarci con i fuochi della lussuria. – Dopo aver rassicurato l’uomo giusto e pieno di fiducia in Dio, il Profeta gli fa vedere la disfatta dei suoi nemici, e la protezione tutta particolare di cui sarà oggetto. Questa vittoria non sarà completa che nella vita futura, e lo spettacolo del castigo degli empi costituirà una parte della gloria dei giusti. – « Ma tuttavia voi considererete con i vostri occhi. » Perché queste parole: « … Ma ora? »  È stato permesso agli empi di ergersi arrogantemente contro i vostri servi; è stato permesso agli empi di perseguitare i vostri servitori. E questo impunemente? No, non sarà impunemente; perché, benché lo abbiate permesso, ed i vostri servi ne abbiano merito per la loro corona, « … tuttavia, essi considereranno con i loro occhi, e vedranno la punizione dei peccatori. » Ora, noi abbiamo bisogno di vedere, con gli occhi della fede, e la loro elevazione temporale e le lacrime che verseranno eternamente. Un potere passeggero è stato loro dato sui figli di Dio, ma sarà loro detto un giorno: « … andate nel fuoco eterno. » E chiunque ha occhi per vedere, considererà con i propri occhi; ed è questo un terribile spettacolo, il vedere l’empio florido in questo mondo, e fissare gli occhi su di lui per contemplare con la fede i supplizi che gli sono riservati alla fine, se non si corregge; perché coloro che pretendono di maneggiare il fulmine, più tardi saranno fulminati (S. Agost.). – I giusti troveranno, nella considerazione dei supplizi del peccatore, un soggetto di grazie e di gioia: 1° perché, grazie alla sola misericordia del Redentore, essi sono sfuggiti a questi supplizi eterni; 2° perché essi gioiranno di una perfetta sicurezza, vedendo i castighi dei peccatori, di cui non avranno più a temere né la malizia né gli attacchi diabolici, e che non vedranno non solo caduti alla loro destra e sinistra, ma caduti per sempre nell’inferno; 3° A causa della comparazione che faranno del loro stato con quello dei peccatori, paragone che farà risaltare la brillanza e lo splendore della gloria di cui saranno ricoperti; 4° perché vedranno nei supplizi dei malvagi il compimento dei disegni provvidenziali della saggezza e della giustizia divina (S. Bern.).

ff. 9, 10. – Gli uomini cercheranno sempre un asilo nei luoghi più elevati. Colui che si rifugia nel seno di Dio, stabilisce la sua dimora nell’asilo più elevato, il più forte, il più inaccessibile alle imprese degli uomini. Ce ne sono molti che vogliono farsi un rifugio in Dio, per sfuggire alle tempeste di questa vita. – Ora, il rifugio che Dio ci presenta e nel quale si può sfuggire alla collera ventura, è un luogo molto elevato e molto nascosto (S. Agost.). – « Voi avete posto il vostro rifugio in un luogo molto elevato. » Il tentatore non potrà avvicinarsi, il calunniatore non potrà salirvi, il maledetto accusatore dei suoi fratelli non potrà mai raggiungerlo …  « Voi avete posto il vostro rifugio in un luogo molto elevato; voi avete scelto l’Altissimo per vostro rifugio. » Fuggiamo spesso in questo rifugio, il luogo è fortificato, non c’è da temere alcun nemico. Piacesse a Dio che noi potessimo sempre dimorarvi! Ma questo non è possibile nella vita presente. Ciò che è ora per noi un rifugio, diventerà un giorno una dimora permanente per l’eternità. Ma nell’attesa, benché non ci sia concesso abitarvi sempre, ricorriamo spesso a questo rifugio. In tutte le nostre tentazioni, in tutte le nostre tribolazioni, in tutte le nostre necessità, di qualunque natura siano, questa città di rifugio ci è aperta, il seno della madre nostra ci attende, le viscere della misericordia sono pronte a riceverci.  (S. Bernar.) – Uno dei frutti di questa speranza che il giusto ripone nell’Altissimo, è che il male non gli si avvicinerà. Ora vi sono due tipi di male: il peccato e la pena dovuta al peccato; il peccato è il male propriamente detto, la pena non è che un male relativo, così è questa pena che bisogna intendere con il castigo o catastrofe di cui parla qui il Profeta. Che il peccato sia solo un male nel senso assoluto della parola, e che così non lo sia per la pena, è evidente: solo il peccato ci rende malvagi, mentre la pena non ci rende che infelici; nessuno può servirsi del peccato per il bene, mentre la pena può rendersi meritoria; il peccato non è mai utile, perché ci fa perdere più di quanto non ci dia; non si può mai dire che sia un bene, perché è sempre una iniquità, mentre la pena più esserci buona ed utile; non si può dire che Dio sia l’autore del peccato, perché tutto ciò che Egli fa, è buono, mentre la pena la si può ricondurre alla sua giustizia (S. Bernar.) – (Bellarmin.) – Quando il peccato sarà stato completamente distrutto, essendone stata eliminata la causa, l’effetto cesserà di esistere, e non potendo più il male avvicinarvi, le catastrofi non potranno raggiungere la vostra tenda, ed il castigo sarà allontanato dall’uomo esteriore e l’uomo interiore sarà puro e affrancato da ogni colpa.

III. — 11-16.

ff. 11-13. – 1° Provvidenza ammirevole di Dio, che deputa a guardia nostra uno degli Angeli che vedono la sua faccia in cielo. – Chi ha comandato, a chi ha comandato, nell’interesse di chi è stato comandato? Da ciò possiamo concludere l’amore di Dio per noi, l’amore che gli Angeli ci portano, e la dignità della nostra anima. (S. Gerol., S. Bern.) – Chi ha dato questo comando? Qual è il Padrone degli Angeli, da chi essi ricevono ordini da eseguire? Alla volontà di Chi essi obbediscono? È dunque la sovrana Maestà che ha comandato agli Angeli, ai suoi Angeli, cioè a queste intelligenze sublimi e felici che sono così vicini a Lui, che Gli sono uniti, che vivono nella sua familiarità, che sono veramente della casa di Dio, che ha comandato loro a vostro riguardo. Chi siete voi? Signore, che cos’è l’uomo, perché vi ricordiate di lui, o il Figlio dell’uomo perché ve ne diate pena? L’uomo non è che un ammasso di corruzione, ed il Figlio dell’uomo un verme di terra? E cosa pensate che abbia comandato agli Angeli a vostro riguardo? Ha forse scritto contro di voi cose aspre? Ha forse comandato loro di far risplendere la loro potenza contro una foglia portata dal vento? Ha loro comandato di far sparire l’empio, perché non veda la gloria di Dio? Ecco cosa avrebbe dovuto comandare, ma non sono questi gli oggetti del suo ordine: « Egli ha comandato ai suoi Angeli di custodirvi in tutte le sue vie ».  E come queste parole non devono ispirarci un profondo rispetto, penetrarvi di una tenera devozione, e mettere nel vostro cuore una fiducia senza limiti, un profondo rispetto per la presenza dei suoi Angeli, un sentimento di tenera affezione per la loro benevolenza nei vostri riguardi, una fiducia senza limiti in questi guardiani tanto fedeli! (S. Bern.). – 2° Ecco il fine per il quale gli Angeli sono posti a nostra guardia: per custodirci in tutte le nostre vie, cioè in tutti i nostri pensieri, in tutti i nostri affetti, in tutte le nostre parole, in tutte le nostre azioni, queste sono le vie attraverso le quali noi andiamo a Dio. Ora, gli Angeli ci conducono nella via del cielo (Exod. XXIII, 20); essi rianimano il nostro coraggio e ci danno le forze per entrare generosamente in questa via. – « Essi vi custodiranno in tutte le vostre vie. » Quali sono queste vie? Quelle nelle quali voi camminate evitando il male e fuggendo la collera futura. Ci sono tante vie, tanti tipi di vie, cosa che crea un danno molto grande al viaggiatore. Quanto è facile, in questo incrocio di strade multiple, prenderne una che inganni, se manchiamo di discernimento nella via che scegliamo; perché Dio non ha comandato ai suoi Angeli di custodirci in tutte le vie, ma in tutte le « nostre vie ». Ci sono delle vie che dobbiamo evitare, delle vie seminate di insidie, costeggiate da precipizi, vie ben differenti da quelle nelle quali abbiamo bisogno di essere custoditi. (S. Bern.) – Una volte fortificati, gli Angeli ci indicano chiaramente il cammino. Essi ci aiutano in mezzo alle difficoltà della strada; essi combattono per noi se il nemico ci attacca. – 3°  Ecco ancora l’amore con il quale gli Angeli assolvono a questa missione: essi ci portano nelle loro mani, figura questa improntata alla nutrice, alla madre che porta i suoi figli nelle sue braccia. Le mani degli Angeli sono l’intelletto e la volontà. – I nostri piedi sono le affezioni della nostra anima, e le due principali affezioni sono l’amore ed il timore. Ogni azione, ogni parla, ogni desiderio dell’uomo verso un oggetto qualunque, sono l’effetto dell’amore e del timore, l’amore di un bene che vogliamo acquisire o il timore di un male che temiamo di soffrire; e noi urtiamo i nostri piedi contro la pietra, quando all’occasione di un bene temporale che vogliamo acquisire o che temiamo di perdere, cadiamo nel peccato. (S. Agost.). – Santi Angeli, quanti siete, « … che vedete la faccia di Dio, » ed ai quali Egli ha comandato di custodirci in tutte e nostre vie, apportate alla nostra debolezza i soccorsi di ogni sorta che Dio ha messo nelle vostre mani per la salvezza dei suoi eletti, per i quali si è degnato di stabilirvi spiriti amministratori.  (Bossuet, Elév. IV, S. III, E.) – O Angeli del cielo, io vivo in mezzo al mondo ove gli scandali mi circondano; vegliate su di me e custoditemi, è il Signore stesso che ve lo ordina! Voi, i cui occhi contemplano la faccia dell’Altissimo, abbassate tuttavia i vostri sguardi fino ai miei piedi, e nello stesso tempo che sostenete il mondo, portatemi nelle vostre mani, perché i miei piedi non inciampino nella pietra di scandalo. – Il demonio, il primo e più pericoloso nemico del genere umano, è figurato sotto il nome di aspide, di basilisco, di leone, di dragone, secondo i diversi modi con cui cerca di attaccarci. Questi animali rappresentano anche i quattro vizi principali: l’aspide, le suggestioni segrete degli spiriti immondi (S. Greg.); il basilisco, la vanagloria e l’invidia (S. Bern.); il leone, l’orgoglio, ed il drago, la collera.

ff. 14-16. – La vera conoscenza di Dio è quella che è congiunta alla speranza e all’amore; conoscere Dio, altrimenti, è conoscerlo in maniera sterile. – Non temete, quando siete nell’afflizione, che Dio, per così dire, non sia con voi: che la fede sia con voi, e Dio è con voi nelle vostre tribolazioni. Il mare solleva i suoi flutti, e voi siete sballottati nella vostra barca perché il Cristo si è addormentato. Se la vostra fede dorme nel vostro cuore, è come se il Cristo, che abita in voi per la fede, dormisse con il vostro naviglio. Quando cominciate a sentire qualche agitazione, svegliate il Cristo che dorme! Eccitate la vostra fede, e sentirete che non vi abbandonerà! (S. Agost.). – Tutto il Vangelo non è, in qualche modo, che il commento di questa bella parola del Profeta : « … Io sono con lui nella tribolazione. » Dio è sempre stato con i giusti nella tribolazione, ma questa verità ha ricevuto una applicazione ben più sensibile e più generale dopo che il Verbo di Dio si è degnato di farsi simile a noi e passare Egli stesso in tutte le tribolazioni. – « Io lo salverò e lo glorificherò. » A chi non sarebbe sufficiente essere glorificato da Colui le cui opere sono perfette? Perché una sì grande immensità non può glorificare i suoi eletti che in maniera immensa. La glorificazione deve essere necessariamente grande, e discendente da una gloria tanto magnifica (II Piet. I, 17). La gloria del mondo è ingannevole, il suo splendore è vano, i giorni dell’uomo sono brevi. Il saggio non desidera questa gloria, egli dice dal fondo del cuore a Colui che vede il fondo dei cuori: « io non desidero il giorno dell’uomo, voi lo sapete. » (Ger. XVII, 16). Io desidero qualcosa di più prezioso. Io conosco colui che ha detto: « Io non ricevo la gloria che viene dall’uomo. » (Giov. V, 41) Quanto siamo miserabili nel cercare la gloria che viene dagli uomini, e non volere quella che viene da Dio solo! Quella gloria per la quale non abbiamo che indifferenza, è la sola che abbia durata, la sola che possa riempire i nostri desideri (S. Bern.). – Cos’è la lunghezza dei giorni? La vita eterna. Non pensiate che qui si tratti di una lunghezza analoga a quella dei giorni dell’estate che sono più lunghi di quelli dell’inverno. Sono questi i giorni che Dio deve darci? No, la lunghezza dei giorni, non ha fine, è la vita eterna (S. Agost.). – « Ed io gli farò vedere la salvezza che destino a lui, » vale a dire, gli mostrerò il Cristo stesso. Ma come? Non si è visto il Cristo sulla terra? Cosa ha dunque di straordinario da mostraci? Ma il Cristo non è stato visto allo stesso modo in cui lo vedremo. Non è stato visto che come lo hanno visto coloro che lo hanno crocifisso, e noi che non lo abbiamo visto, noi abbiamo creduto in Lui, essi avevano degli occhi, dunque non ne abbiamo noi? Noi ne abbiamo, e questi sono gli occhi del cuore; ma noi vediamo ancora per la fede e non in realtà. Quando arriverà la realtà? Quando lo vedremo faccia a faccia (I Cor. XIII, 12), secondo l’espressione dell’Apostolo, e secondo la promessa di Dio che ci ha fatto come la più grande ricompensa dei nostri travagli. Qualunque sia il vostro lavoro, voi lavorate per giungere a questa visione. Noi vedremo dunque, un nonsoché di grande, perché questa visione deve essere tutta la nostra ricompensa; ora, questa visione incomparabile è quella di Nostro Signore Gesù-Cristo. (S. Agost.). – Il salmista, dopo aver detto: « io lo colmerò di giorni, » sembra rispondere a questa domanda: donde verrà il giorno in questa città di cui leggiamo: « E la città non ha bisogno del sole, né della luna per essere illuminata, perché non ci sarà più notte »? (Apoc. XXI, 23). « Io gli farò vedere la mia salvezza, » egli dice, e così l’Agnello sarà la sua fiamma, la luce che la illuminerà. Non è più con la fede che lo istruirò, non lo eserciterò con la speranza, il tempo della prova è trascorso; io colmerò i suoi desideri con la visione chiara: « Io gli farò vedere la mia salvezza, » Io gli farò vedere il mio Gesù, affinché contempli eternamente Colui in cui ha creduto, che ha amato, che ha sempre desiderato. «  Mostrateci Signore, la vostra misericordia, e donateci la vostra salvezza; » mostrateci Colui che ci destinate come Salvatore, e questo ci è sufficiente; perché chi lo vede, vede anche Voi, perché Egli è in Voi e Voi siete in Lui. Ora, « la vita eterna consiste nel conoscervi, Voi, il solo vero Dio e Gesù-Cristo che Voi avete inviato. » (Giov., XVII, 3S. Bern.) – La Gloria riservata al giusto consiste dunque in una durata senza limiti e nella visione del Salvatore; è questa manifestazione piena ed intera di Se stesso che prometteva ai suoi Apostoli quando diceva: «  Colui che mi ama sarà amato dal Padre mio, Io l’amerò e mi manifesterò a lui. » (Giov. XIV, 21). « Le due promesse comprese in questo versetto non sono dunque niente meno che l’eternità e la visione di Gesù-Cristo; l’una senza l’altra non sazierebbe l’uomo giusto; l’eternità senza Gesù-Cristo non potrebbe essere che l’inferno, e la visione di Gesù-Cristo senza l’eternità non potrebbe essere che una beatitudine passeggera, di conseguenza soggetta al timore di perderla … e al rimpianto di averla perduta. (Berthier).  

SALMI BIBLICI: “DOMINE, REFUGIUM FACTUS ES NOBIS” (LXXXIX)

SALMO 89: “DOMINE, REFUGIUM FACTUS ES NOBIS”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS -LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 89

[1] Oratio Moysi, hominis Dei.

    Domine, refugium factus es nobis

a generatione in generationem.

[2] Priusquam montes fierent, aut formaretur terra et orbis, a sæculo et usque in sæculum tu es Deus.

[3] Ne avertas hominem in humilitatem; et dixisti: Convertimini, filii hominum.

[4] Quoniam mille anni ante oculos tuos tamquam dies hesterna quæ præteriit, et custodia in nocte;

[5] quæ pro nihilo habentur eorum anni erunt.

[6] Mane sicut herba transeat; mane floreat, et transeat; vespere decidat, induret, et arescat.

[7] Quia defecimus in ira tua, et in furore tuo turbati sumus.

[8] Posuisti iniquitates nostras in conspectu tuo, sæculum nostrum in illuminatione vultus tui.

[9] Quoniam omnes dies nostri defecerunt; et in ira tua defecimus. Anni nostri sicut aranea meditabuntur;

[10] dies annorum nostrorum in ipsis septuaginta anni. Si autem in potentatibus octoginta anni, et amplius eorum labor et dolor; quoniam supervenit mansuetudo, et corripiemur.

[11] Quis novit potestatem iræ tuæ,

[12] et præ timore tuo iram tuam dinumerare? Dexteram tuam sic notam fac, et eruditos corde in sapientia.

[13] Convertere, Domine; usquequo? et deprecabilis esto super servos tuos.

[14] Repleti sumus mane misericordia tua; et exsultavimus, et delectati sumus omnibus diebus nostris.

[15] Lætati sumus pro diebus quibus nos humiliasti, annis quibus vidimus mala.

[16] Respice in servos tuos et in opera tua, et dirige filios eorum.

[17] Et sit splendor Domini Dei nostri super nos; et opera manuum nostrarum dirige super nos, et opus manuum nostrarum dirige.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXXIX

È il salmo intitolato da Mosè, non perché da Mosè composto; ma perché Mose prega Dio. Argomento è orazione a Dio pel genere umano, il quale pel peccato originale cadde nelle massime sciagure, ed è nella necessità del soccorso di Dio a portare con pazienza i mali della vita ed arrivare alla beatitudine celeste. (1)

Orazione di Mosè nomo di Dio.

1. Signore, tu sei stato nostro rifugio per tutte quante le età.

2. Prima che fossero fatti i monti, e formata la terra e il mondo da tutta l’eternità e per tutta l’eternità, o Dio, sei tu.

3. Non ridur l’uomo nell’abiezione, tu che dicesti: Convertitevi, o figliuoli degli uomini. (2)

4. Perocché mille anni dinanzi agli occhi tuoi son come il dì di ieri che è trapassato;

5. E come una vigilia notturna; i loro anni saran come cosa che nulla si stima.

6. In un giorno passa com’erba: al mattino fiorisce, e passa; sulla sera cade, e si indurisce, e si secca.

7. Siam venuti meno sotto il tuo sdegno, e pel tuo furore viviamo in turbamento.

8. Hai collocate davanti a te le nostre iniquità, e la nostra vita davanti alla luce della tua faccia.

9. Così tutti i giorni nostri sono mancati, e noi sotto il tuo sdegno siam consumati.

10. Come tela di ragno saran considerati gli anni nostri: pei giorni di nostra vita si hanno i settant’anni. E pei più robusti gli ottant’anni; e il di più è affanno e dolore. Dappoiché é venuta in aiuto la (tua) benignità, e noi sarem tosto rapiti. (3)

11. Chi sa conoscere la grandezza dell’ira tua? e chi sa comprender la tua indignazione, come tu sei formidabile?

12. Fa adunque conoscere (a noi) la tua destra, e dà a noi un cuore illuminato dalla sapienza. (4)

13. Volgiti a noi, o Signore; e fino a quando (sarai sdegnato)? placati coi servi tuoi.

14. Sarem ripieni al mattino di tua misericordia, e saremo nella esultazione e nel gaudio per tutti i giorni nostri.

15. Avrem letizia per ragione dei giorni nei quali tu ci affliggesti, e per gli anni nei quai vedemmo miserie.

16. Getta il tuo sguardo sopra i tuoi servi e sopra le opere tue; e reggi tu i loro figliuoli.

17. E la luce del Signore Dio nostro sia sopra di noi; e governa tu in noi le opera delle nostre mani; e l’opra delle mani nostre, governa tu.

(1) Diversi interpreti hanno attribuito questo salmo a Mosè, perché ne porta il nome; ma Sant’Agostino e, dopo di lui un gran numero di commentatori, respingono questa opinione per ragioni desunte dalla durata assegnata alla vita dell’uomo nel versetto 10, e pensano che il nome di Mosè sia stato attribuito a questo salmo per conferirgli maggiore autorità. – Questo salmo deve al nome di Mosè che porta, il posto che occupa nel breviario, nell’ufficio delle “laudes” del giovedì, ove è stato avvicinato al cantico di Mosè dopo il passaggio del mar rosso, che ebbe luogo, si dice, il giovedì.

(2) Nel testo ebraico, il Salmista oppone l’eternità di Dio alla brevità della vita degli uomini. Voi siete – egli dice – immortale ed immutabile, l’uomo passa sotto gli occhi vostri; Voi riducete allo stato più umile, alla distruzione, alla morte, e dite: andate e tornate, figli di Adamo nella polvere dalla quale siete stati tratti (Gen. III, 19).

(3) Le miserie che accompagnano la vita e ne accorciano il corso sono un effetto della giusta collera di Dio, ma la morte, che è il termine di queste miserie, può essere vista come un effetto della sua bontà, della sua compassione.

(4) Il senso di questo versetto, nella Vulgata, potrebbe essere la conseguenza di ciò che precede: Fate almeno che, riconoscendo la vostra mano in questi castighi, noi ne siamo istruiti in saggezza

Sommario analitico

Il Salmo CI, composto sulla fine della cattività di Babilonia, indica che i Salmi che compongono questo libro siano stati raccolti poco prima dell’epoca in cui, sotto Esdra, fu formato il canone dei Giudei (Le Hir.). – In questo salmo, in cui il profeta considera il genere umano dopo la caduta di Adamo e contempla le miserie di questa vita mortale e passeggera.

I. – Egli si volge a Dio:

1° Come verso il rifugio che gli è preparato dall’inizio del mondo (1);

2° come verso l’Autore eterno della salvezza dell’uomo;

3° Come verso la causa prima della sua conversione (2).

II. –  Deplora la brevità della vita:

1° Comparata con la primitiva immortalità (3);

2° considerata in se stessa e nei simboli della sua breve durata (5, 6);

3° Egli espone la causa di questa brevità della vita: la collera di Dio (7);

4° l’occasione di questa collera, il peccato (8, 9);

5° i lavori inutili che abbreviano ordinariamente la vita (10).

III. – Egli desidera che Dio:

1° che Dio, per un effetto della sua dolcezza, lo distolga dal male e gli faccia conoscere la grandezza della sua collera;

2° gli insegni la vera saggezza (10-12);

3° ponga su di lui degli sguardi di misericordia (13);

4° gli faccia provare i dolci e soavi effetti di questa misericordia, in cambio dei mali che egli ha sofferto (14-15);

5° diriga lui e tutta la sua vita con la sua luce divina, conduca e faccia prosperare tutte le sue opere (16, 17).

Spiegazioni e Considerazioni

1. – 1, 2.

ff. 1, 2. – Davide, prima di raccontare il triste destino dell’uomo, e deplorare le calamità del genere umano, comincia con il lodare Dio, affinché non si imputino alla durezza del Creatore le sventure e le prove di cui sta per parlare, ma alle colpe di colui che è stato creato (S. Girol., Epist. 139). – Dio è per noi un rifugio sicuro in tutte le nostre tribolazioni, qualunque esse siano; è un rifugio aperto a tutti, in ogni tempo e per l’eternità. « Signore, Voi siete stato il nostro rifugio di generazione in generazione, » per insegnarci come il Signore sia divenuto nostro rifugio, cominciando per noi ad essere ciò che non era in precedenza, benché sia sempre stato il nostro rifugio, il Profeta aggiunge: « prima che le montagne fossero fatte, e che la terra ed il pianeta non fosse formato, Voi siete fin dall’eternità, ed in tutti i secoli ». Voi dunque, che siete da sempre, Voi che siete da prima che noi fossimo e che il mondo fosse … Voi siete diventato il nostro rifugio dal giorno in cui ci siamo come convertiti a Voi (S. Agost.). –  « Prima che le montagne fossero fatte … Voi siete Dio. » Prima dell’esistenza di questi esseri che, nella vostra creazione, sono i più grandi ed i più elevati, prima che la terra fosse costituita perché vi fosse un essere che vi conoscesse e vi lodasse sulla terra; e non è esagerato dire che quasi tutti gli esseri abbiano cominciato sia nel tempo, sia con il tempo, ma piuttosto « … dal secolo fino al secoli Voi esistete. » La Scrittura non dice forse a ragione: Voi siete stato fin dai secoli, e sarete fino al secolo? essa pone il verbo al presente, per far comprendere che la sostanza di Dio è assolutamente immutabile, e che non si possa dire di Lui. Egli è, Egli è stato, Egli sarà, ma soltanto.: Egli è! Da ciò vengono queste parole: « Io sono Colui che sono » (Es. IV, 16) – « Voi siete sempre lo stesso, ed i vostri anni non verranno mai a mancare » (Ps. CI, 27, 28). Ecco che l’eternità è diventata vostro rifugio, ed è verso di essa che noi dobbiamo fuggire l’incostanza dei tempi, per restare sempre in essa (S. Agost.). – Fin tanto che noi siamo quaggiù, viviamo in mezzo a grandi e numerose tentazioni, ed è da temere che esse ci distacchino da questo rifugio. Così, cosa chiede l’uomo di Dio nella sua preghiera? « Non allontanate l’uomo nella sua bassezza », fate che l’uomo non si allontani dalle vostre eterne grandezze per desiderare ciò che passa, e prendere gusto a ciò che è terrestre, egli aggiunge poi: perché Voi avete detto: « convertitevi figli dell’uomo », come se dicesse: Io vi domando ciò che voi avete ordinato, glorificando così la grazia divina, affinché chi si glorifica, si glorifichi nel Signore, senza il cui soccorso noi non possiamo, con la nostra sola volontà, vincere le tentazioni di questa vita (S. Agost.). – Chiediamo spesso a Dio che non permetta che noi ci perdiamo nel fango dei nostri desideri e delle nostre passioni, e non ci seppelliamo interamente nella morte con l’oblio completo del sovrano Bene, perché Egli stesso ci ha chiamati a convertirci a Lui con la voce esterna delle Scritture, e con la voce interna della sua grazia.

II. — 3 – 9.

ff. 3-6. – Ecco il motivo per il quale noi dobbiamo allontanarci da tutto ciò che passa e scorre, al fine di arrivare al nostro rifugio, ove dimorare senza mai cambiare: e per quanto tempo si possa desiderare di vivere, « mille anni davanti ai vostri occhi, sono come il giorno di ieri che è passato. » Non è detto lo stesso per il giorno come il giorno di domani che deve ancora venire, perché tutto ciò che è limitato dal tempo che finisce, deve essere considerato come già passato (S Agost.). – « Il numero dei giorni dell’uomo, anche il più lungo, è di cento anni, e questi pochi anni sono come una goccia d’acqua nel mare, come un granello di sabbia nel giorno dell’eternità. Ecco perché il Signore è paziente verso gli uomini, e spande su di essi la sua misericordia » (Eccl. XVIII, 8, 7). Che sono cento anni, che sono mille anni, se un solo momento li cancella? Consideriamo allora come brevissimo, o piuttosto come un niente ciò che finisce, poiché infine, anche quanto si fossero moltiplicati gli anni oltre tutti i numeri conosciuti, visibilmente questo non sarà nulla quando saremo giunti a questo termine fatale. (Bossuet) – « I loro anni saranno come le cose che sono considerate un nulla. » Considerate un nulla, in effetti, sono le cose che non esistono prima di essere giunte e che, al loro arrivo, non saranno già più; perché esse non vengono per essere, ma per non essere. Il mattino, cioè l’inizio, che l’uomo trascorre come l’erba, il mattino, che fiorisce e che passa; la sera, cioè il poi, che cade, si dissecca e appassisce; cade nella morte e si dissecca nel suo cadavere, si dissecca nella polvere (S. Agost.). – La scrittura compara incessantemente la durata della nostra vita con ciò che vi è di più mobile, di più fuggitivo, di più leggero: è un’ombra, un sogno, un fiore che appare e appassisce ben presto, un fulmine che svanisce; ciò che è passato è ingoiato nel nulla, ciò che è futuro non è che in nostra potenza, quel che chiamiamo presente ci sfugge, e all’ultimo momento della nostra vita, di questa carriera non resta, per quanto lunga possiamo immaginarla, che il ricordo consegnato in parte alla nostra anima, ma ben più incisa nell’intelletto di Dio. È questo ricordo solo che ci deve interessare, e secondo il quale dobbiamo regolare tutti i nostri passaggi (Berthier).

ff. 7, 9. – L’uomo innocente non avrebbe provato la morte, ma è per l’invidia del demonio e a causa del peccato al quale egli ha condotto l’uomo, che la morte è entrata nel mondo. È dunque la collera di Dio, divampata per la malizia del peccato, che ha abbreviato la vita dell’uomo, e l’ha ridotta ad uno stato di debolezza. – È  lo stesso peccato che ha riempito di disturbi l’uomo, che godeva in principio di una pace profonda, nella conoscenza e nell’amore del suo Creatore (Duguet). – Nessuno deve essere persuaso che tutte le sue iniquità non siano presenti all’occhio di Dio, e che lo splendore di questa Maestà eterna rischiari finanche le pieghe più intime ed oscure della sua coscienza. Ciascuno di noi, al momento della morte, può dire: ecco il mio secolo finito; e con questo secolo, quale che sia la sua lunghezza o la sua brevità, tutti i secoli del mondo sono ugualmente assorbiti ed annientati. Non resta se non la luce di Dio, ed essa si stende su tutti i momenti della vita. Si saranno persi di vista gli smarrimenti dell’infanzia, le irruenze della giovinezza, gli intrighi dell’età matura, la debolezza della caducità, non ci si ricorderà né dei pensieri di frode, né dei desideri nascosti, né delle parole sconsiderate, né delle azioni momentanee, molto meno ancora delle circostanze che hanno cambiato o aggravato la specie dei peccati. Ma nulla sfugge alla conoscenza di Dio, come Egli tenga conto della minima azione fatta per compiacerlo, come raccolga tutti i dettagli della vita del peccatore per accusarglieli. (Berthier). – I suoi occhi eternamente aperti osservano tutte le direzioni, contano tutti i passi di un peccatore, e considerano i suoi peccati come sotto un sigillo, per presentarglieli nell’ultimo giorno … si nasconde agli uomini durante il momento così breve di questa vita, che passa come un’ombra, ma quando questa ombra sarà passata, la luce del volto di Dio, alla quale tutta la nostra vita sarà esposta, manifesterà tutto, metterà in evidenza le cose più nascoste nel fondo dei cuori. (Bossuet). – Anima cristiana, leva gli occhi, contempla in silenzio queste verità teologiche: che Dio, nella sua santità, conosce il tuo peccato, lo considera, lo esamina, e ne misura tutte le dimensioni; tanto che Egli vede nell’infinità delle bellezze e le grandezze delle sue perfezioni divine, sia che veda nelle bruttezze, le bassezze e gli obbrobri della vostra vita criminale. Egli compara il tuo stato al suo; trova che non c’è più né altezza né gloria nelle più sublimi elevazioni della tua saggezza e del tuo amore verso il suo Verbo, e che non c’è che il niente dove  sei caduta allontanandovi da Lui. Egli vede gli uni gli altri nella stessa visione. Che cos’è questo, gran Dio, esclama il Profeta tremante di orrore? (Ps. LXXXIX, 8). Occorre dunque che questo sia in un giorno così splendido nel quale contempliate le disgrazie e le onte della nostra vita miserabile e che, tra gli splendori del paradiso, il secolo della nostra ingratitudine, sia uno spettacolo della vostra eternità? Ecco come Dio conosce ciò che passa tra noi, ecco ciò che pensa di un solo e minimo peccato. (BOSSUET, liêflex. sur le triste état des pécheurs.)- Signore, Voi avete chiamato le nostre opere a comparire davanti alla vostra giustizia, avete posto il nostro secolo nello sguardo luminoso del vostro volto. Guardate la luce di questa fiamma, tutti i nostri giorni non sono stati che una sequela di cadute, e dovremo molto meditare per riempire i nostri anni di un lavorio che non ci sarà profittevole, un vero lavoro di ragnatela. – Riflessione, questa, tardiva che faranno alla morte tutti coloro che, per una lunga vita, avranno goduto della più grande prosperità. Essi diranno allora, vedendosi spogliati di tutti i loro beni: ahimè, tutti i nostri giorni si sono consumati, sono svaniti, e ci troviamo noi stessi consumati. Consideriamo allora il corso così precipitoso di una vita che tende alla morte in tutti i momenti, non attacchiamo il cuore ad un qualcosa che passa sì prontamente (Duguet). Perché rattristarci sulla rapidità dei destini dell’uomo? La vita è breve! E che importa! Che bisogno abbiamo di restare per tanto tempo sulla terra? Il cielo è nelle buone opere, non alle lunghe opere. Temete il viver male, non temete di vivere poco. Voi siete qui per lavorare. Se lavorate bene, avete paura di ricevere troppo presto la ricompensa? Al contrario, desideratela: Dio permette che voi la desideriate; ciò che Egli permette è giusto e saggio. Se lavorate male, di che si lamenta il vostro cuore, più virtuoso delle vostre opere? Convertitevi e desiderate di morire presto, per non ricadere nel peccato. « Colui che vuol vivere per raggiungere la perfezione – diceva un santo dottore – desideri morire, ed è perfetto. » Ma non crediate che la vita sia così breve: voi lasciate per tanto tempo dopo di voi, il bene o il male di cui avete riempito i vostri giorni. Non avete rovinato che un cuore, quanti ne rovineranno altri! Non avete preservato che un’anima, quante anime essa non preserverà (L. V., Rome et Lorette, n, 58.).

ff. 10, 11. – Nulla c’è di più preoccupante della ragnatela, niente di più fragile che il proprio lavoro. Esso si risolve nel tendere dei fili che sono distrutti in un momento. –  I nostri giorni trascorrono nei vani lavori simili a quelle tele che il ragno produce dalla sua sostanza e che lo affaticano. C’è molta arte nel lavoro di questo insetto, sembra quasi che esso rifletta per formare un tessuto così fine e ben  ordinato. È per questo che il Salmista si serve del termine “meditare”. Cosa facciamo durante la nostra vita? Riflessioni per ergere delle opere così frivole come le tele leggere del ragno, per intraprendere grandi lavori che terminano nel prendere delle mosche, per formare delle trame e tendere dei filamenti in cui siamo noi stessi avviluppati, e che si rompono tanto facilmente quanto più li abbiamo tessuti con difficoltà (Berthier, Duguet). – Qual è l’uomo la cui vita non si consumi tra vani progetti, tra vane meditazioni! Si fanno sogni che non si avverano; si formano dei desideri che non si realizzano o non soddisfano mai; si inseguono dei beni passeggeri, ci si agita, ci si sforza, ci si tormenta. E cosa ne viene all’uomo da tutto questo lavoro … domanda l’Ecclesiaste? (I, 3). Gli anni dell’uomo trascorrono nel meditare inutili pensieri; essi meditano, ci dice il Re-Profeta, come il ragno che tesse la sua tela. Ogni anno che passa è una tela nuova che si tesse e che si strappa. Le mosche frivole che si catturano nelle nostre trappole, valgono i nostri duri lavori? … così i nostri anni si succedono rapidamente e ci trascinano con esse; esse consumano lentamente la nostra vita. « Cosa viene all’uomo dal suo lavoro? » Ahimè, egli si consuma lavorando, tutte le cure che lo occupano lo divorano. Ogni nuovo affanno per il suo cuore, aggiunge una ruga nuova alla sua fronte. Simile al ragno tesse lui stesso i fili effimeri delle sue opere, e come esso, si dissecca, stendendo la tela. Tuttavia, ci affrettiamo a ridirlo, sono soprattutto i peccatori che si impegnano in pene superflue, perché a loro si applicano le parole di Davide: « allontanandosi da Dio, essi si sono resi inutili » (Ps. XXXVIII). E sempre è l’anima dei peccatori che lo stesso Profeta ha visto in questo versetto del Salmo: « Signore, avete punito l’uomo a causa delle sue iniquità, Voi avete fatto seccare la sua anima come il ragno » (Ps. XXXVIII, 13).  (Mgr. DE LA BOUILLERIE, Symb. II, p. 444, etc.).- Il Profeta aveva considerato l’eternità di Dio e vi oppone la durata sì breve della nostra vita, che è di settanta anni, o al più di ottanta anni, ma ancor circa la metà del genere umano perisce prima di raggiungere la giovinezza, e non c’è che la decima parte degli uomini fatti per giungere a settanta anni. (Berthier).

III. — 11-17.

ff. 12, 13. – Effetto della misericordia di Dio, è abbreviare il corso della nostra vita. Una vita breve, ma tutta impiegata al servizio di Dio, è ben lunga. Una vita lunga, ma che si consuma in bagattelle, è ben corta, ma quale lunghezza di mali produrrà (Dug.). – Dalla severità con cui Dio ha punito il peccato del primo uomo, il Profeta trae le conclusioni della divina severità in generale. Chi potrà temervi tanto da eguagliare il suo timore alla vostra giustizia e i mille mezzi che avete per punire i peccatori? – « Chi sa apprezzare la potenza della vostra collera e misurare la vostra collera sul timore che Voi ispirate? » – Non appartiene – dice il Profeta – che ad un piccolo numero di uomini il conoscere la potenza della vostra collera; perché nei riguardi della maggior parte degli uomini, più voi li risparmiate, più vi irritate contro di essi, di modo che è piuttosto alla vostra collera che alla vostra dolcezza che occorre attribuire la pena ed il dolore con i quali voi castigate ed istruite coloro che Voi amate, per paura che siano destinati alle pene eterne. Quanto è difficile trovare un uomo che sappia misurare la vostra collera sul timore che Voi ispirate, e considerare come un effetto della vostra collera la pazienza con la quale risparmiate coloro contro i quali vi irritate maggiormente, di modo tale che il peccatore prosperi nella sua via e riceva un castigo più severo nell’ultimo giorno. Non c’è che un piccolo numero di coloro che sono istruiti per comprendere che la vana ed ingannevole felicità degli empi è la prova di una collera più violenta da parte di Dio (S. Agost.). –  « Fate conoscere la vostra destra; » cioè fate conoscere il vostro Cristo, del quale è stato detto: « … A chi è stato rivelato il braccio del Signore. » (Isai. LIII, 1). Fatelo conoscere in modo tale che i suoi fedeli apprendano in Lui a sollecitare ed a sperare da Voi, di preferenza, le ricompense che non sono espresse nell’Antico Testamento, ma rivelate dal Nuovo. Fate che essi non pensino che bisogna stimare come gran prezzo la felicità che danno i beni terreni e temporali, bramarla e amarla con passione, per timore che i loro piedi non siano tremanti quando la vedranno posseduta da coloro che non vi adorano, e per timore che essi non scivolino e non cadano in errore nel calcolare la vostra collera (S. Agost.). –  C’è una saggezza di spirito ed una saggezza del cuore che San Paolo chiama la saggezza del mondo: questa conviene ai filosofi, ai politici e a tutti i falsi saggi del mondo. La vera saggezza del cuore, consiste nell’essere ben persuaso che tutta la falsa saggezza del mondo non è che una follia, secondo la qualifica stessa del grande Apostolo, e che non si può essere veramente saggio se non quando si riconosce che si ama e si preferisce Dio ad ogni cosa. – Dio si ritira talvolta e per qualche tempo dai suoi servi; ma quando i suoi fedeli sono in questo stato pietoso, Egli si lascia piegare in loro favore.

ff. 14, 15. – Il Profeta, anticipando per esperienza i beni a venire e considerandoli già come compiuti, esclama: « Noi siamo ricolmi fin dal mattino della vostra misericordia. » Questa profezia è dunque per noi, nel mattino dei lavori e dei dolori di questa notte, « … come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori » (II Piet. I, 19). – Fin tanto che questa promessa si compia, alcun bene ci è sufficiente e non deve farci soffrire, per timore che il nostro desiderio non resti in cammino, intendendosi cioè finché non sia soddisfatto. « Noi siamo nella gioia per tutta la durata dei nostri giorni. » Questo è il giorno che non ha fine. Tutti i giorni sono radunati in uno solo; ecco perché noi saremo saziati; perché non ci sarà un giorno che fa posto ad altri giorni, là dove non c’è nulla che non sia ancora da venire, e che non sia già venuto. Tutti i giorni sono riuniti insieme. Perché non c’è che un solo giorno che arriva e non passa mai, e questo giorno è l’eternità. (S. Agost.). – Rallegriamoci quaggiù in proporzione alle nostre sofferenze. Perché le gioie del cielo vi saranno proporzionate. Vedete i radiosi volti di questa folla di Santi che numerosi circondano, affollandosi, il trono dell’Altissimo, saziate le vostre anime con la contemplazione della loro grave ed intellettiva bellezza; ammirate questi fieri sguardi con cui si dipinge la loro purezza senza macchia, e la calma intensità del loro amore tutto celeste. Ebbene, per la maggior parte di essi, è il dolore che li ha condotti attraverso la tempesta fino a queste rive felici; è il dolore che ha confezionato le corone da cui la loro testa è ornata; il dolore profondo, acuto e prolungato che ha fatto contemplare ad essi, senza veli, la splendida ed eterna Maestà di Dio (FABER, Le Créât, et la créât., p. 217). – Non è vero che per molti tra noi, per misericordia di Dio, le più grandi dolcezze che abbiamo gustato nella nostra vita siano nate in queste grandi contraddizioni? E consultando il fondo della nostra anima, noi possiamo dire con il Salmista: « non ci resta che un sentimento di gioia al ricordo dei giorni nei quali siamo stati umiliati, e degli anni in cui abbiamo incontrato il male. »

ff. 16, 17. – « Gettate uno sguardo sui vostri servi. » 1° Lo sguardo di Dio è sovranamente desiderabile, essendo per noi la sorgente di vita e di ogni bene: « La grazia e la misericordia del Signore riposano sui suoi Santi, ed il suo sguardo sui suoi eletti. » (Sap. IV, 15). – 2° Noi abbiamo bisogno di Dio come guida nella via del cielo: « … e dirigete i loro figli. » – 3° Noi abbiamo bisogno in questa via, della luce divina: « … e che la luce del Signore si spanda su di noi. » – 4° L’uomo deve agire, ma deve dirigere tutte le sue opere verso Dio: « Conducete dall’alto le opere delle nostre mani. » – Tutte le nostre buone opere sono le opere delle mani di Dio, sulle quali Egli getta volentieri gli occhi. Guai a colui che le attribuisce a sé e le considera come opere delle sue mani. Se Dio le conduce e le dirige, non saranno più le opere delle nostre mani, ma delle mani di Dio (Dug.). – Tutte le nostre buone opere si riassumono in una sola opera buona, che è la carità; perché la carità è la pienezza della legge (Rom. XIII, 10). In effetti, dopo aver prima detto: « E rendete rette in noi le opere delle nostre mani, » il Profeta dice in un secondo luogo. « Rendete retta l’opera delle nostre mani, » come per mostrare che tutte le nostre opere non sono che un’opera unica, che cioè debbano tendere ad un’opera unica. Le nostre opere in effetti, sono rette quando tendono a quest’unico fine, perché la fine di ogni precetto, dice San Paolo (1 Tim. I, 5), è la carità che proviene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera (S. Agost.).

SALMI BIBLICI: “MISERICORDIAS DOMINI, IN ÆTERNUM CANTABO” (LXXXVIII)

SALMO 88: MISERICORDIAS DOMINI in æternum cantabo

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 88

Intellectus Ethan Ezrahitæ.

[1] Misericordias Domini in æternum cantabo;

in generationem et generationem annuntiabo veritatem tuam in ore meo.

[2] Quoniam dixisti: In æternum misericordia ædificabitur in cœlis; praeparabitur veritas tua in eis.

[3] Disposui testamentum electis meis; juravi David, servo meo:

[4] usque in æternum præparabo semen tuum, et ædificabo in generationem et generationem sedem tuam.

[5] Confitebuntur cœli mirabilia tua, Domine; etenim veritatem tuam in ecclesia sanctorum.

[6] Quoniam quis in nubibus aequabitur Domino, similis erit Deo in filiis Dei?

[7] Deus, qui glorificatur in consilio sanctorum, magnus et terribilis super omnes qui in circuitu ejus sunt.

[8] Domine Deus virtutum, quis similis tibi? potens es, Domine, et veritas tua in circuitu tuo.

[9] Tu dominaris potestati maris, motum autem fluctuum ejus tu mitigas.

[10] Tu humiliasti, sicut vulneratum, superbum; in brachio virtutis tuae dispersisti inimicos tuos.

[11] Tui sunt cœli, et tua est terra; orbem terræ, et plenitudinem ejus tu fundasti;

[12] aquilonem et mare tu creasti. Thabor et Hermon in nomine tuo exsultabunt.

[13] Tuum brachium cum potentia; firmetur manus tua, et exaltetur dextera tua.

[14] Justitia et judicium praeparatio sedis tuae; misericordia et veritas praecedent faciem tuam.

[15] Beatus populus qui scit jubilationem: Domine, in lumine vultus tui ambulabunt;

[16] et in nomine tuo exsultabunt tota die; et in justitia tua exaltabuntur.

[17] Quoniam gloria virtutis eorum tu es, et in beneplacito tuo exaltabitur cornu nostrum.

[18] Quia Domini est assumptio nostra, et sancti Israel regis nostri.

[19] Tunc locutus es in visione sanctis tuis, et dixisti: Posui adjutorium in potente; et exaltavi electum de plebe mea.

[20] Inveni David, servum meum, oleo sancto meo unxi eum.

[21] Manus enim mea auxiliabitur ei, et brachium meum confortabit eum.

[22] Nihil proficiet inimicus in eo, et filius iniquitatis non apponet nocere ei.

[23] Et concidam a facie ipsius inimicos ejus, et odientes eum in fugam convertam.

[24] Et veritas mea et misericordia mea cum ipso; et in nomine meo exaltabitur cornu ejus.

[25] Et ponam in mari manum ejus, et in fluminibus dexteram ejus.

[26] Ipse invocabit me: Pater meus es tu, Deus meus, et susceptor salutis meae.

[27] Et ego primogenitum ponam illum, excelsum prae regibus terræ.

[28] In aeternum servabo illi misericordiam meam, et testamentum meum fidele ipsi.

[29] Et ponam in sœculum sœculi semen ejus, et thronum ejus sicut dies cæli.

[30] Si autem dereliquerint filii ejus legem meam, et in judiciis meis non ambulaverint;

[31] si justitias meas profanaverint, et mandata mea non custodierint:

[32] visitabo in virga iniquitates eorum, et in verberibus peccata eorum;

[33] misericordiam autem meam non dispergam ab eo, neque nocebo in veritate mea.

[34] Neque profanabo testamentum meum, et quae procedunt de labiis meis non faciam irrita.

[35] Semel juravi in sancto meo, si David mentiar:

[36] Semen ejus in œternum manebit. Et thronus ejus sicut sol in conspectu meo,

[37] et sicut luna perfecta in aeternum, et testis in caelo fidelis.

[38] Tu vero repulisti et despexisti; distulisti christum tuum.

[39] Evertisti testamentum servi tui; profanasti in terra sanctuarium ejus.

[40] Destruxisti omnes sepes ejus; posuisti firmamentum ejus formidinem.

[41] Diripuerunt eum omnes transeuntes viam; factus est opprobrium vicinis suis.

[42] Exaltasti dexteram deprimentium eum; laetificasti omnes inimicos ejus.

[43] Avertisti adjutorium gladii ejus, et non es auxiliatus ei in bello.

[44] Destruxisti eum ab emundatione, et sedem ejus in terram collisisti.

[45] Minorasti dies temporis ejus; perfudisti eum confusione.

[46] Usquequo, Domine, avertis in finem: exardescet sicut ignis ira tua?

[47] Memorare quae mea substantia; numquid enim vane constituisti omnes filios hominum?

[48] Quis est homo qui vivet et non videbit mortem? eruet animam suam de manu inferi?

[49] Ubi sunt misericordiœ tuœ antiquœ, Domine, sicut jurasti David in veritate tua?

[50] Memor esto, Domine, opprobrii servorum tuorum, quod continui in sinu meo, multarum gentium;

[51] quod exprobraverunt inimici tui, Domine, quod exprobraverunt commutation-nem christi tui.

[52] Benedictus Dominus in œternum. Fiat! fiat!

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXXVIII

Ethan Ezraita era uomo sapientissimo (lib. 3, c. 4 dei Re): il Salmo è dato alla sua intelligenza; poiché argomento é preghiera a Dio di mandare presto il Cristo promesso in Davide, a liberare il popolo dalla schiavitù dei suoi mali.

Istruzione di Ethan Ezraita.

1. Le misericordie del Signore canterò io eternamente.

2. A tutte le generazioni annunzierò con la mia bocca la tua verità. (1)

3. Imperocché tu dicesti che la misericordia sarebbe stabilita per sempre nei cieli, e che sopra di essi poserebbe la tua verità.

4. Io ho fermata alleanza coi miei eletti, ho giurato a David mio servo: fino all’eternità serberò stabile il seme tuo.

5. Ed io per tutte le generazioni farò stabile il tuo trono.

6. I cieli predicheranno, o Signore, le tue meraviglie: e alla tua verità (darà laude) la chiesa dei Santi;

7. Imperocché, e chi sarà a Dio uguale nell’alto? qual dei figliuoli di Dio sarà simile a Dio?

8. Dio, che èglorificato nel concilio dei santi: grande e terribile a tutti quelli che a lui stanno d’intorno.

9. Signore, Dio degli eserciti, chi è simile a te? possente sei tu, o Signore, e intorno a te la tua verità.

10. Tu comandi all’orgoglio del mare, e il movimento dei flutti di lui tu ammansi.

11. Tu umiliasti il superbo, come un che è ferito a morte: col robusto tuo braccio tu sperdesti i tuoi nemici.

12. Tuoi sono i cieli e tua la terra; tu il mondo formasti e tutto quello ond’egli è ripieno; tu creasti l’aquilone e il mare.

13. Il Thabor e l’Hermon esulteranno nel nome tuo, potente cosa egli è il tuo braccio.

14. Sia robusta la mano tua, e celebrata sia la tua destra; la giustizia e l’equità sono la base del tuo trono.

15. La misericordia e la verità anderanno innanzi a te: beato il popolo, che sa in te rallegrarsi.

16. Signore, alla luce della tua faccia cammineranno, e nel nome tuo esulteranno tutto dì; e mediante la tua giustizia saranno esaltati.

17. Perocché gloria della loro fortezza se’ tu; e per la buona tua volontà il poter nostro sarà esaltato;

18. Imperocché protezione nostra egli è il Signore, e il Santo di Israele, che è nostro Re.

19. Tu parlasti allora in visione a’ tuoi santi, e dicesti: Ho preparato in un uomo potente l’aiuto; e ho esaltato quello che io elessi di mezzo al mio popolo.

20. Ho trovato David, mio servo: l’ho unto coll’olio mio santo.

21. Imperocché la mano mia lo assisterà; e farallo forte il mio braccio.

22. Non guadagnerà nulla sopra di lui. Il nemico, e il figliuolo d’iniquità non saprà fargli danno.

23. E distruggerò dinanzi e lui i suoi nemici; e metterò in fuga coloro che lo odiano.

24. E con lui sarà la mia verità e la mia misericordia: e nel nome mio crescerà egli in potenza.

25. E la mano di lui stenderò sopra il mare, e la sua destra sopra i fiumi. (2)

26. Egli a me griderà: Tu sei il Padre mio, mio Dio e principio di mia salute.

27. E io lo costituirò primogenito più eccelso dei re della terra.

28. A lui conserverò la mia misericordia in eterno, e la mia alleanza con lui sarà stabile.

29. E il seme di lui farò che sussista per tutti i secoli, e il trono di lui quanto i giorni del cielo.

30. Che se i figliuoli di lui abbandoneranno la mia legge, e non cammineranno secondo miei comandamenti,

31. Se violeranno i giusti miei documenti e non osserveranno i miei precetti:

32. Visiterò colla verga le loro iniquità, colla sferza i loro peccati.

33. Ma non torrò a lui la mia misericordia e non farò torto alla mia verità;

34. E non violerò il mio patto, e non tratterò le parole, che vengono dalla mia bocca.

35. Una volta per sempre giurai per la mia santità; non mancherò di parola a David: 36. seme di lui durerà eternamente.

37. E il trono di lui sarà in eterno dinanzi a me, come il sole e come la luna piena, come il testimone fedele nel cielo. (3)

38. Tu però hai rigettato, e messo in non cale, e allontanato da te il tuo Cristo. (4)

39. Hai rotta l’alleanza col tuo servo; hai conculcato per terra il suo sacro diadema.

40. Hai distrutti tutti i suoi ripari; nei luoghi forti di lui hai posto lo sbigottimento.

41. Tutti quei che passavan per via, lo hanno depredato: è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

42. Hai dato gagliardia alla mano di coloro che lo insultano; rallegrasti tutti i suoi nemici.

43. Hai renduto ottuso il taglio della sua spada, e nella guerra non gli hai dato soccorso.

44. Hai annichilato il suo splendore; e hai spezzato in terra il suo trono.

45. Hai accorciati i giorni di sua bella età, lo hai ricoperto di ignominia.

46. Fino a quando, o Signore, ti terrai ascoso continuamente? e come fuoco divamperà il tuo sdegno?

47. Ricordati qual sia l’esser mio: perocché non hai tu soggettati alla vanità tutti i figliuoli degli uomini?

48. Qual è quell’uomo che avrà vita, senza veder mai la morte? chi trarrà l’anima sua dalle mani d’inferno?

49. Dove sono, o Signore, le antiche tue misericordie, cui tu giurasti a David per tua verità?

50. Ricordati, o Signore, dei rimproveri (che nel mio seno celati io tengo), che sono fatti ai tuoi servi da molte genti;

51. Dei rimproveri fatti, o Signore, dai tuoi nemici, i quali ci hanno rimproverato la mutazione del tuo Cristo. (5)

52. Benedetto il Signore in eterno: così sia, così sia.

(1) La misericordia di Dio è comparata ad un edificio ben strutturato, al quale si può sempre sopraggiungere.

(2) Vale a dire dal Mediterraneo all’Eufrate, nella persona di Salomone, e da un capo del mondo all’altro, nella persona del Messia.

(3) « E il testimone fedele che è in cielo ». – Il testimone è Dio stesso e manterrà di conseguenza ciò che promette nel giuramento. – Altri traducono: e come il testimone fedele che è in cielo, vale a dire la luna, o come l’arcobaleno, che è segno dell’alleanza di Dio con gli uomini.

(4) Il salmista oppone alle speranze concepite in virtù delle promesse, il triste stato del popolo e del suo re, quando Gerusalemme fu presa da Sesac, re d’Egitto, e Roboamo si assoggettò; o secondo altri, quando Nabuccodonosor venne per impadronirsi di Gerusalemme, e di Sedecia, che condusse in cattività.

(5) Il senso letterale è: « essi vi hanno rimproverato di aver cambiato le vostre promesse relativamente all’avvento del Cristo! »; o anche il cambiamento sopraggiunto nel suo stato, stato di umiliazione in cui si è ridotto.

Sommario analitico

Il Profeta Ethan, in questo salmo, parlando sia a nome suo che a nome del popolo tenuto in cattività, predice la venuta del Messi, sotto la figura di Davide, al quale conviene solo una parte di questo salmo nel senso letterale (V. 28-30, p. 38). Sembra che Ethan abbia composto questo salmo sotto Roboamo, che non solo aveva visto le dieci tribù separarsi da lui, ma sotto il regno ma sotto il regno del quale, una parte della tribù di Giuda fu condotto in cattività da Sosac, re d’Egitto, e fu obbligato a spogliare il tempio per pagare il tributo imposto dal vincitore.

I. – Egli comincia a lodare Dio Padre a causa della promessa fatta di inviare il Messia:

1° Egli è degno di ogni lode a causa della sua misericordia e della sua verità, tutte e due eterne (1, 2);

2° Egli è fedele: a) nei riguardi degli eletti, ai quali ha promesso il Messia; b) nei riguardi del Messia stesso, di cui conserverà eternamente i figli ed il trono reale (3, 4).

II. – Egli presenta il Messia stesso posto sul trono, che riceve adorazioni dagli Angeli e dagli uomini.

1° Si indirizza al Padre eterno che ha rivestito suo Figlio di questa gloria incomparabile e di cui i cieli lodano le meraviglie e la verità (5);

2° Proclama l’eccellenza del Messia: a) Egli brilla di uno splendore incomparabile in mezzo agli angeli e ai santi (6); b) è terribile nei suoi giudizi, al di sopra di tutti coloro che lo circondano (7); c) è il Signore onnipotente e giusto dispensatore dei castighi e delle ricompense (8);

 3° occorre far vedere la potenza data a Gesù-Cristo su tutto l’universo, a) sul mare di cui doma i flutti e calma la collera (9, 10); 6) nei cieli e su ogni parte della terra (11, 13);

4° Egli prega il Cristo seduto sul suo trono: – a) gli domanda di dispiegare la sua potenza per la difesa dei buoni ed il castigo dei malvagi (14); – b) descrive le virtù che sono l’appoggio del suo trono (14); – c) eccita il popolo oggetto della misericordia divina, alla lode di Dio;

5° Egli enumera i vantaggi di cui il Messia è sorgente per gli uomini, sia in questa vita, che nell’altra: – a) la luce nell’intelligenza (15); – b) la gioia nella volontà; – c) la loro elevazione all’ombra della giustizia di Dio (16); – d) egli da la ragione di queste grazie e di questi favori: Dio è l’onore della loro potenza, ed è alla sua bontà che è dovuta questa elevazione (17, 18).

III. – Il profeta introduce Dio stesso, descrivendo la potenza e la felicità di questo grande Re:

1° Considerato in se stesso, – a) egli ricorda la promessa che ha fatto ai patriarchi ed ai profeti di inviare il Messia al mondo (19); – b) la scelta particolare che ha fatto di lui nella persona di Davide, che ne era la figura (20); – c) l’unzione reale che gli ha conferito, ed il soccorso che gli ha prestato contro tutti i suoi nemici (21-23); – d) la sicurezza che la misericordia e la verità di Dio non cesseranno di circondarlo (24); – e) l’estensione del suo impero (25); – f) l’amore mutuo del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre (26); – g) la sua elevazione al di sopra di tutti i re della terra (27); – h) l’eternità del suo regno (28-30);

2° Nella sua posterità e nei suoi discendenti: a) Dio dichiara che li punirà paternamente con la sua giustizia, quando peccheranno contro di Lui (31, 32); b) che non ritirerà la sua misericordia (33); c) che sarà fedele alle promesse che ha fatto, soprattutto sulla durata eterna della razza del Messia (34-36); d) che Egli si stabilirà eternamente sul suo trono con la sua presenza. (37).

IV. – Egli prega Dio di inviare al più presto il Messia che ha promesso, a causa dell’estrema miseria alla quale è ridotto il suo popolo.

1° Enumera queste miserie: a) Dio sembra aver rigettato completamente il suo popolo (38); b) ha ribaltato l’alleanza fatta con Lui; c) la devastazione del tempio e la distruzione delle mura di Gerusalemme (39, 40); d) la spaventosa diffusione in tutte le sue fortezze; e) le sue ricchezze saccheggiate; f) Egli è divenuto l’obbrobrio dei suoi vicini (41); g) i suoi nemici si sono fortificati contro di lui (12); h) Dio gli ha tolto il suo soccorso (43); i) il suo re è spogliato degli attributi di dignità (44); j) il suo regno che doveva essere eterno è distrutto e coperto di confusione (45);

.2° Egli domanda a Dio di accelerare la venuta del Messia: – a) a causa della lunga attesa del suo popolo, – b) a causa della sua miseria e della breve durata della sua vita (47-48); – c) a causa della sua bontà e della sua misericordia divina (49); – d) a causa della malizia dei nemici del popolo di Dio (50, 51); – e) a causa  della gloria di Dio (52).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-4.

ff. 1-4. – « Signore, io canterò eternamente le vostre misericordie; di generazione in generazione, la mia bocca proclamerà la vostra verità ». Che le mie membra – egli dice – obbediscano al Signore; io parlerò ma dirò ciò che è in Voi. « La mia bocca proclamerà la vostra verità. » Se non obbedisco, io non sono vostro servo; se parlo da me, io sono un mentitore. Di conseguenza, che io dica ciò che è vostro, o che io parli, sono due cose distinte: l’una viene da Voi, l’altra da me; la vostra verità da una parte, la mia bocca dall’altra. Quale verità proclama, quale misericordia canta? « Io canterò le vostre misericordie. » (S. Agost.). – La misericordia essenziale in Dio è una, come tutti i suoi altri attributi; si può dire tuttavia che ve ne siano diversi, secondo i diversi effetti che produce in noi. Le principali misericordie di Dio riguardo all’uomo sono: la creazione, la redenzione, la giustificazione, la glorificazione. –  Io trovo in me – dice S. Bernardo – sette misericordie di Dio al mio riguardo; la prima è che Egli mi ha preservato da un gran numero di peccati, quando ero ancora nel secolo; la seconda misericordia è stata l’attendermi, il sopportarmi, perché Egli differiva la sua vendetta, perché Egli pensava a perdonarmi; la terza misericordia è stata il richiamarmi a penitenza, lacerando il mio cuore che sentiva il dolore dei suoi peccati; la quarta misericordia è stata l’accogliere con bontà la mia anima pentita; la quinta, di darmi la forza di praticare la continenza e tutte le virtù cristiane; la sesta, di accordarmi la grazia di meritare i beni eterni; la settima, di darmi la speranza di ottenerli (S. Bern. Serm. De sept mis.). – Perché voi avete detto: « La misericordia si eleverà come un edificio eterno nei cieli. » Io costruisco in modo tale da non distruggere; perché distruggete qualche volta per non costruire e talvolta distruggete per costruire (S. Agost.). – La fermezza della parola di Dio è fondata non sulla instabilità delle creature, né sulle volontà mutevoli degli uomini, ma solidamente stabilita come un edificio eterno nei cieli. – La misericordia precede sempre la verità, perché la verità non brillerebbe nel compimento delle promesse, se la misericordia non la precedesse nella remissione dei peccati (S. Agost.). –   « Io ho disposto un testamento per i miei eletti. » Quale testamento, se non quello per il quale siamo rinnovati per ricevere una nuova eredità? Quale testamento se non quello che ci assicura una eredità di cui l’amore ed il desiderio ci fanno cantare un cantico nuovo, … e ho fatto un giuramento. »  Se voi mi ispirate una sì grande sicurezza con la vostra semplice parola, che ne sarà del vostro giuramento? Il giuramento di Dio è vietato all’uomo, perché l’uomo è fallibile. Dio solo giura con sicurezza, perché non può ingannarsi (S. Agost.) – Queste parole. « io stabilirò la vostra discendenza fin nell’eternità, » si riferiscono non solo alla carne del Cristo nato dalla Vergine Maria, ma ancora a tutti coloro che crederanno nel Cristo, perché noi siamo membra di questo Capo. Il corpo non può esserne separato, e se la testa è glorificata eternamente, le membra saranno anch’esse glorificate, perché il Cristo resta eternamente intero. Cosa vuol dire « di generazione in generazione? » : in tutte le generazioni.

II. — 5-8.

ff. 5, 6. – Stimarsi incapace di rendere a Dio delle azioni degne di grazie per i suoi benefici, e di proclamare le sue meraviglie, è dare questa commissione ai cieli, cioè ai Santi abitanti dei cieli (Bellarm.). – Per conoscere quali cieli celebreranno queste meraviglie vedete dove esse sono celebrate: « Nella Chiesa dei Santi. »  È fuor di dubbio che per cieli, non si sbaglia nell’intendere i predicatori della parola di verità. Che la Chiesa dunque raccolga la rugiada dei cieli; che i cieli facciano cadere sulla terra arida, una pioggia benedetta, e che la terra, ricevendo questa pioggia, produca dei germi preziosi di buone opere (S. Agost.). –  Ora, cosa predicano i cieli nella Chiesa dei Santi? Chi sarà tra le nuvole simile al Signore? I predicatori sono nel contempo dei cieli e delle nuvole: dei cieli, a causa del bagliore della verità; delle nuvole a causa delle oscurità della carne; esse vengono e passano. È nella Chiesa ove è l’assemblea dei Santi, che si trova la verità. La verità della fede è esclusivamente nella Chiesa che, secondo l’espressione dell’Apostolo, è la colonna ed il fondamento della verità (1 Tim. III, 15). – Ora, nessuno è simile al Figlio di Dio, anche tra i figli di Dio; Egli è unico, noi siamo numerosi; Egli è uno, noi siamo in Lui; Egli è generato, noi siamo adottati; Egli è per natura il Figlio generato fin dall’eternità, noi siamo stati fatti figli di Dio nel tempo per grazia; Egli è senza peccato, noi siamo stati liberati dal peccato da Lui (S. Agost.).

ff. 7, 8. – Poiché è Dio che deve essere glorificato nell’assemblea dei giusti, perché le nuvole e il figlio di Dio non possono essere suoi eguali, resta loro il prendere la risoluzione che conviene alla fragilità umana: « Chi si glorifica, si glorifichi nel Signore ». (1 Cor. I, 31). – Il pensiero della grandezza, della potenza e della verità di Dio, vivamente impressa in un cuore, è sufficiente per cancellarne tutte le illusioni, tutte le menzogne opposte alla verità di Colui che esiste perché sussiste per Se stesso, senza aver bisogno di alcuna creatura (Dug.). – Ciò che sarà per noi più spaventoso nel giudizio di Dio, non sarà né la maestà del Giudice, né la sua potenza, né la sua grandezza, ma la sua verità, questa verità che si ergerà contro di noi, questa verità che ci accuserà, che ci convincerà, che ci condannerà, che ci confonderà; non questa fragile verità degli uomini, ma questa invincibile Verità di Dio, questa immutabile Verità di Dio, questa inconfutabile Verità di Dio; questa Verità che non può essere né rinnegata, né contestata, né elusa; in una parola, o mio Dio! Questa Verità che circonda il vostro trono e che la Scrittura chiama per questo la vostra Verità (S. Girol.). – « La vostra verità è intorno a Voi » Ma quando essa si è diffusa senza persecuzione? Quando senza contraddizione? Il popolo in mezzo al quale vi è piaciuto nascere e vivere, era come una terra separata dai flutti della gentilità, che appariva arida, per essere irrorata dalla pioggia, mentre le altre nazioni erano come un mare abbandonato all’amarezza che le rendeva sterili. (S. Agost.).

ff. 9-13. – Che faranno dunque i vostri predicatori, allorché i flutti di questo mare ruggiscono contro di essi? È vero, il mare si gonfia, il mare si oppone al loro passaggio, il mare spinge i suoi ruggiti; ma, « Voi comandate alla potenza del mare, e calmate la violenza dei flutti » (S. Agost.). – Gesù-Cristo, durante la sua vita mortale, ha pure dominato sul mare ed ha calmato i flutti. Ma Egli ha fatto di più, portando la pace al mondo, che è un mare più furioso che l’elemento di cui la terra è circondata. Ma – dice Sant’Agostino – come riceveremo questa pace? Come navigheremo su questo mare senza far naufragio? Guardiamoci: il vento è impetuoso, la tempesta è terribile. Ciascuno fa la sua esperienza, perché ognuno è agitato dalle sue passioni. Ora, chi ci preserverà dal pericolo: amate Dio e camminerete sulle acque, sentirete sotto i vostri piedi tutto l’orgoglio del secolo, e non affonderete. Al contrario se amate il secolo, sarete inghiottiti; perché il secolo non fa che assorbire tutti coloro che lo amano, e non sa sostenerli (Berthier). – Non siete Voi che avete colpito il superbo e ferito il dragone? Non siete Voi che avete seccato il mare e la profondità dell’abisso, e che avete aperto al vostro popolo, in mezzo alle acque, la via della salvezza? Voi vi siete umiliato  ed avete umiliato il superbo, siete stato ferito ed avete ferito; perché il demonio non poteva non essere ferito dal vostro sangue sparso per strappare il contratto che aveva condannato i peccatori. Da dove veniva in effetti il suo orgoglio se non da colui che aveva un titolo contro di noi? Questo titolo, questa cambiale, voi l’avete strappato nel vostro sangue (Coloss. II, 14); voi avete dunque colpito colui al quale avete strappato tante vittime (S. Agost.). – L’uomo lascia volentieri i cieli a Dio, ma pretende di essere padrone della terra che gli appartiene. Egli ne possiede più che può, e desidera possederla interamente. Disgraziato e cieco nel non vedere e nel non sentire che questo possesso della terra, anche se si realizzasse, sarebbe di poca durata, mentre il possesso del cielo sarà eterno (Dug.). – Il Tabor e l’Hermon, figurano le montagne più alte, sia per la loro nascita, sia per la loro dignità. Esse trasaliranno di gioia, non per i propri meriti, ma nel vostro nome, e ne faranno risentire le lodi con una sottomissione intera a tutte le vostre volontà. – « La potenza è con il vostro braccio ». Che nessuno si arroghi alcuna potenza, « … la potenza è con il vostro braccio. » Noi siamo stati creati per Voi, noi siamo stati difesi da Voi. (S. Agost.).

ff. 14. – Quattro attributi principali in Dio, sono marcati in quasi tutte le pagine della santa Scrittura: la sua potenza e la sua bontà, la sua giustizia e la sua misericordia, affinché il timore della sua potenza e della sua giustizia porti gli uomini ad implorare la sua misericordia e la sua bontà. Due sono le basi sulle quali il trono di Dio è appoggiato, essendo tutti i giudizi che rende, temperati dalla fusione di questa giustizia e di questa misericordia (Dug.). – « La giustizia ed il giudizio sono le basi del vostro trono. » Alla fine appariranno la vostra giustizia ed il vostro giudizio, attualmente essi sono nascosti. E che ne è ora? « La misericordia e la giustizia camminano davanti al vostro volto. » Io sarò spaventato alla vista delle basi del vostro trono, io sarò atterrito alla vista delle basi del vostro trono, io temerò la vostra giustizia ed il vostro giudizio avvenire, se la vostra misericordia e la vostra verità non cammineranno davanti a Voi. Perché temerò dunque il vostro giudizio dell’ultimo giorno se per la vostra misericordia, che precede questo giudizio, voi cancellate i miei peccati, e voi compite le vostre promesse manifestandomi la verità? (S. Agost.). –  « Felice il popolo che sa lodarvi nella gioia del suo cuore, che comprende l’esultanza. » Che cos’è comprendere l’esultanza? È sapere da dove viene una gioia che mille parole non sanno spiegare, perché la vostra gioia non viene da Voi. L’orgoglio non causa i vostri trasporti, ma soltanto la grazia di Dio (Idem). Colui che non loda Dio che con le labbra, e che, non sentendo quanto tutte le lodi siano al di sotto di ciò che merita il Signore, non raggiunge l’esultanza ed il sentimento del suo cuore al canto delle sue labbra, non è felice. (Bellarm.).

ff. 15-18. Vedete se questa esultanza non viene dalla grazia, non viene da Dio e non da voi: « Signore, essi cammineranno alla luce del vostro volto, al chiarore di questa luce che brilla nell’intelligenza, che illumina la volontà e che infiamma il cuore. » (S. Agost.). – Noi dobbiamo camminare alla luce del volto di Dio, luce che è il Vangelo, la luce dello Spirito Santo (S. Girol.), Gesù-Cristo stesso, Luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Giov. I, 9). – Non c’è nulla che Davide ripeta più spesso, e niente che gli uomini dimentichino con più facilità, che questa verità così importante di non attribuirsi ciò che essi hanno ricevuto da Dio, e di rinviargli tutta la gloria della loro virtù, della loro forza, perché Egli li ha più che elevati e non perché essi ne siano degni (S. Agost.). – Scelta di Dio è puramente gratuita, e senza meriti precedenti, per i quali Egli sceglie e prende chi Gli piace, non perché è il suo popolo, ma affinché lo sia. Come Santo, bisogna vedere la giustizia in questa scelta, e come Re, la sua autorità (Dug.). 

III. — 19-37.

ff. 19-29. – Vedere l’analisi per la sequela delle idee. 1° la mano di Dio viene in nostro soccorso, « perché la mia mano l’assisterà; » 2° tutta la nostra forza viene da Lui, « e il mio braccio lo fortificherà; » 3° nessuno potrà nuocere a colui di cui Dio si dichiara il protettore, « il nemico non guadagnerà nulla nell’attaccarlo; » 4°  non soltanto i suoi nemici saranno ridotti all’impotenza, ma completamente distrutti, « ed io ridurrò a pezzi sotto i suoi occhi i suoi nemici. » – L’uomo mette volentieri la speranza del suo soccorso in un uomo che è potente, ma è Dio che dà il suo soccorso a quest’uomo non perché egli è, ma affinché egli sia potente. – Ricorrere al principio stesso della potenza, che non è altri che Dio (Dug.). – Essere veramente il servitore di Dio, è una qualità infinitamente preferibile a tutta la grandezza, la potenza e l’indipendenza pretesa dei re della terra. – L’unzione santa e divina di Gesù-Cristo, il vero Davide, non è fatta con un olio esteriore, ma per l’infusione e l’unione sostanziale della divinità stessa alla santa umanità mediante l’Incarnazione del Verbo (Dug.). – Chi può contrastare o resistere contro la mano di Dio, contro il braccio dell’Onnipotente, e temere colui che sostengono? –  Il nemico eserciterà la sua rabbia su di Lui, ma non avrà vantaggi su di Lui; egli è abituato a nuocere, ma non potrà nuocergli; lo impegnerà ma non gli nuocerà. Anche i suoi furori gli saranno utili, perché coloro contro i quali si scatena sono coronati dalla vittoria che riportano su di lui. Come sarà in effetti vinto, se non ci attaccasse mai? Dove Dio sarebbe il nostro soccorso se non avessimo mai da combattere? Il nemico farà dunque il suo mestiere, ma il nemico non avrà vantaggi su di lui.  (S. Agost.). – È sovranamente pericoloso essere nemico degli amici di Dio. Odiare Lui è odiare coloro che Egli ama. Egli li conserva come la pupilla dell’occhio, poiché Egli stermina prima o poi tutti coloro che li odiano (Dug.).- La verità di Dio, vale a dire la fedeltà con la quale Egli compie le sue promesse, è un potente scudo che circonda il giusto da ogni lato. « La misericordia di Dio sempre con lui, » quale soggetto di gioia e di consolazione! La virtù del Nome di Dio, vale a dire Dio stesso, che sarà il principio della sua elevazione, quale motivo di speranza e di riconoscenza! (Id.). Ricordatevi, finché lo potete, quanto spesso queste due cose – la misericordia e la verità – ci sono ricordate perché le ridiciamo a Dio. E mentre Egli fa splendere su di noi la sua misericordia, cancellando i nostri peccati, e la sua verità, nel compiere le sue promesse, allo stesso modo anche noi, camminando nella sua via, dobbiamo rendergli la misericordia e la verità: la misericordia avendo pietà dei miserabili; la verità, astenendoci dal giudicare ingiustamente. Che l’amore della verità non rimuova da noi la misericordia, e la misericordia non faccia ostacolo alla verità (S. Agost.). – Questa potenza spirituale, è l’impero universale di Gesù-Cristo sul cielo, sul mare, sui fiumi, eccetto che sul cuore dell’uomo che Gli è così spesso ribelle (Dug.). – Invocare Dio come nostro Padre, cosa può Egli rifiutare a colui che ha per Lui l’amore di un figlio? – Dio in effetti è nostro Padre, non c’è verità più certa di questa; e tutto ciò che la paternità terrestre offre di più tenero e di più amabile, non è che una pallida immagine della soavità e della dolcezza ineffabile del nostro Padre che è nei cieli. La parola non saprebbe esprimere ciò che questa idea offre di bello e di consolante; noi cessiamo di sentirci isolati in mezzo al mondo, ed i castighi e le afflizioni ci appaiono sotto una luce nuova. La consolazione esce per noi dal sentimento stesso della nostra debolezza, noi riponiamo in Dio i problemi che non possiamo risolvere, questa pia idea entra più avanti nel nostro cuore e diviene il movente di tutti i nostri atti spirituali. Nel peccato  ce ne ricordiamo, nei Sacramenti la gustiamo, nei nostri sforzi verso la perfezione, noi ci appoggiamo su di essa; nelle tentazioni, noi vi poggiamo le forze; nelle sofferenze vi troviamo la gioia. Dio è nostro Padre fin nelle circostanze ordinarie della vita: Egli ci protegge contro i mille pericoli di cui non permette che noi neanche ci accorgiamo; esaudisce le nostre preghiere, benedice coloro che noi amiamo e ci supporta fin in questi brividi e queste ricadute che sembrano incredibili, e di cui siamo noi stupiti per primi (Fab. Progrès de l’âme, p. 72). È a causa di Gesù-Cristo che il testamento di Dio con noi sarà inviolabile, è da Lui che questo testamento è stato reso familiare; Egli è il Mediatore di questo testamento, la firma di questo testamento, la cauzione di questo testamento, il testimone di questo testamento, l’eredità promessa da questo testamento ed il Coerede di questo testamento (S. Agost.). – Non è mai dalla parte di Dio che questa alleanza è primariamente violata, ma è sempre da parte dell’uomo, sul quale ricade tutto il male, tutta la perfidia di questa infedeltà. – La razza dei peccatori ben presto è estinta; non c’è che quella dei giusti, cioè coloro che sono nati alla grazia, sia per i loro discorsi, sia per l’esempio della loro vita, che sussiste in tutti i secoli (Dug.). – « Il suo trono durerà per tutti i giorni del cielo. » I giorni della terra sono spinti dai giorni che succedono; quelli passati non più sussistono, quelli che seguono non durano, essi non vengono che per andarsene, e sono quasi spariti prima di giungere. I giorni del cielo, al contrario, come gli anni che non passano, non hanno avuto un inizio e non avranno un termine; là nessun giorno è racchiuso tra una veglia ed un domani. Nessuno vi attende l’avvenire, nessuno perde il passato; ma i giorni del cielo sono sempre presenti, è là che il trono del Signore starà per l’eternità (S. Agost.).

ff. 31-34. – « Se i miei figli abbandonano la mia legge, io visiterò le loro iniquità, ma non rigetterò la mia misericordia da lui, e non gli nuocerò nella mia verità. » La misericordia di Dio non nuoce nella mia verità. La misericordia di Dio non brillerà solo nel suo richiamo alla grazia, ma anche nei castighi e nei suoi colpi. Che la sua mano paterna sia dunque su di noi, e se sarete buoni figli, badate di non respingere la sua disciplina; perché quale figlio c’è, a cui il padre non imponga una disciplina? Che vi imponga dunque la sua disciplina, dal momento che non vi toglie la sua misericordia; che Egli percuota il figlio ribelle, dal momento che gli conserva la sua eredità. Quanto a voi, se avete ben compreso le promesse di vostro Padre, non temete se Egli vi punisca, ma piuttosto che vi rigetti, perché Dio corregge colui che Egli ama; Egli batte con la verga ogni figlio che accoglie (Ebr. XIII, 5-7). Il figlio coperto di peccato può respingere la verga, quando vede il Figlio unico, esente da peccato, colpito da questa verga? « … io visiterò le loro iniquità con la verga nella mano. » L’Apostolo faceva la stessa minaccia quando diceva: « cosa volete da me, che io venga a voi con la verga in mano? » (1 Cor. IV, 21). A Dio non piace che dei figli pii dicano: può venire anche con la verga, io non verrò mai. È meglio essere istruito dalla verga di un padre, che perire negli inganni di un ladro (S. Agost.). – Dio non ritira dal suo Cristo la sua misericordia, dal momento che non la ritira dalle sue membra, dal suo Corpo, nel quale soffrirebbe sulla terra (S. Agost.). – Non c’è nulla tuttavia che possa farci commettere peccato con sicurezza e convincerci, con sentimento perverso, che commettendo qualche cattiva azione, noi non periremo giammai. Lasciamo da parte certi peccati, certe iniquità che si trovano in tutti gli uomini, e gli attirano certamente i castighi di Dio; perché se quest’uomo è Cristiano, la misericordia divina non si ritira da lui per questo. Al contrario, se giungete fino a commettere tali iniquità rigettando lontano la verga che vi colpisce, e respingete la mano che vi flagella, vi indignate contro la disciplina di Dio, fuggite dal Padre che vi castiga, e non vogliate più Lui per padre, perché vi risparmi quando peccate; in questo caso siete voi a rendervi estraneo all’eredità, non è Dio che vi ha castigato; perché, se foste rimasto sotto il castigo,  avreste conservato i vostri diritti all’eredità: « Io non ritirerò da lui la mia misericordia, e non gli nuocerò nella mia verità; » alfine la verità del vendicatore non gli nuoce, e la misericordia del liberatore non gli è ritirata (S. Agost.) – « Io non violerò affatto la mia alleanza e non revocherò le parole uscite dalle mie labbra ». Se i figli del Cristo sono bugiardi, non è questa per me una ragione per mentire; Io ho promesso, ho realizzato … diversi Cristiani peccano in maniera perdonabile; il più delle volte il castigo corregge il peccato, si emendano e guariscono; ma ci sono alcuni altri che si allontanano assolutamente da Dio, e che lottano, con tutta la durezza della loro testa, contro la disciplina del Padre. Questa paternità di Dio, essi la rigettano interamente, perché portino il sigillo del Cristo, e cadono in tali iniquità che non si possono non ricordare queste parole dell’Apostolo: « coloro che commettono tali crimini non possiederanno il regno di Dio. » (Gal. V, 21). Tuttavia il Cristo non resterà a causa loro senza eredi; i grani non periranno a causa della paglia. Dio conosce i suoi (II Tim. II, 9). Egli ha promesso con assicurazione, perché ci ha predestinato prima che noi non fossimo; « … perché coloro che ha predestinato, li ha chiamati; coloro che ha chiamati, li ha giustificati; coloro che ha giustificato, li ha glorificati. » (Rom. VIII, 30), i colpevoli disperati pecchino finché vogliono, sta ai membri del Cristo rispondere loro: « se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (S. Agost.).

ff. 35-37. Il trono eterno di Gesù-Cristo è comparato, nella sua Chiesa, al sole ed alla luna nella sua pienezza, che prende in prestito tutta la sua luce dal sole. – La Chiesa passa, quaggiù, come l’astro delle notti, con fasi diverse, e sarà così finché resterà sulla terra; ma il giorno arriverà quando sarà in cielo, suo glorioso termine. Sant’Agostino applica a questo trionfo finale della Chiesa queste parole del salmista: « Il suo trono sarà come il sole alla mia presenza, e come la luna eternamente nella sua pienezza, per essere in cielo un testimone fedele. »  Se le nostre anime dovessero arrivare sole all’eterna perfezione, Dio – ci dice questo Padre – Dio avrebbe comparato al sole solamente la razza di Davide, che è la Chiesa degli eletti, poiché è scritto che i giusti brilleranno come il sole alla presenza di Dio (Matt. XIII, 43); ma poiché i nostri corpi devono resuscitare, la Chiesa trionfante è ugualmente comparata alla luna, che è l’emblema della nostra umanità carnale, e questo astro, eternamente nella sua pienezza, sarà nello stesso tempo il simbolo ed il testimone fedele della resurrezione per l’intera eternità. (Berthier). 

IV. 38-52.

ff. 38-45. (Vedere l’analisi) – Quadro vivo delle devastazioni che il peccato produce in un’anima. – Lamenti rispettosi di un’anima umile che Dio sembra talvolta rigettare. – Dio differisce spesso il compimento delle sue promesse, alfine di farle desiderare con più ardore, ricevere con più riconoscenza e conservare con più cura. – « Voi avete differito il vostro Cristo. » È così che traduce Sant’Agostino, che continua in questi termini: benché il Profeta ci abbia qui fatto una triste enumerazione, tuttavia, con questa sola parola, egli ci riconforta. Ciò che Voi avete promesso, o Dio, sussiste completamente; perché Voi avete allevato il vostro Cristo, ma l’avete differito: « Voi avete rovesciato l’alleanza del vostro servo. » Dov’è in effetti l’antico Testamento dei Giudei? Dov’è questa terra promessa nella quale essi hanno peccato quando vi abitavano e dalla quale sono stati cacciati dopo che è stata distrutta? Voi cercate il regno dei Giudei, … non esiste più; voi cercate l’altare dei Giudei, … non esiste più; voi cercate il sacerdote dei Giudei … non esiste più: « voi avete profanato la sua santità sulla terra; » voi avete mostrato che tutta la sua santità era terrena. (S. Agost.). – Dio non rompe l’alleanza che ha pattuito con gli uomini, se gli uomini non l’abbiano rotta per primi. – Egli calpesta le dignità più eclatanti quando se ne abusa, le cose più sacre divengono profane al suo sguardo, quando si è cominciato a profanarle da sé (Duguet). L’amore della virtù, l’orrore del vizio, l’onestà, il pudore, la vergogna, il timore di Dio, il rispetto degli uomini, sono tante siepi che circondano un’anima affinché il peccato non le si avvicini. Una volta che esse siano distrutte, tutto è perduto. –  Le diverse passioni passano, per così dire, nel cammino della vita dell’uomo, quando si susseguono e si succedono le une alle altre. Ci si è appena liberato dalla servitù dell’una, che si ricade in quella di un’altra. – Dio si serve spesso della potenza e della malizia dei peccatori per punire altri peccatori o anche i suoi servi. –  Nulla c’è di più bello e più eclatante agli occhi della fede che un’anima nella grazia di Dio; nulla di più orrendo di quest’anima spogliata di tutto il suo splendore. –  In questo salmo, come in molti altri in cui il Profeta tratta lo stesso soggetto, noi vediamo tutt’insieme la causa, la natura, il rimedio delle calamità delle nazioni che Dio punisce nella sua giustizia senza volerle perdere, e che vuole al contrario rigenerare alla dura e severa scuola del dolore. « Io gli conserverò sempre la mia misericordia e la mia alleanza con lui sarà immutabile. » È là il privilegio dei popoli che hanno la loro radice in Gesù-Cristo, che lo scisma o l’eresia non hanno distaccato da questo tronco divino. Finché questo popolo resterà radicato nella fede, non perirà; ma se la sua vita cessa di essere conforme alla sua fede, se profana con costumi anticristiani il carattere augusto del popolo diletto del Cristo, se abbandona Dio, questi giorni di abbandono saranno necessariamente seguiti da dolorosi castighi e da prove crudeli. 

ff. 45-52. – Noi dobbiamo temere infinitamente che Dio si allontani da noi per sempre, e che la sua collera non divampi come un fuoco, per punire eternamente i nostri crimini. – Noi ricorderemo a Dio che la nostra vita è poca cosa: perché non ricordarlo spesso a noi stessi? Pensiamo a cosa siamo e a ciò che è il tempo; pensiamo ai disegni della Provvidenza nel metterci sulla terra. Chi sono io? Cos’è la durata della mia vita? Cosa si è proposto il Creatore nel mettermi in essa? – Ricordatevi qual è la mia sostanza, perché Voi non avete creato invano tutti i figli degli uomini. » Ecco che tutti i figli degli uomini sono andati verso la vanità, e tuttavia Voi non li avete creati invano. Se dunque essi sono andati verso la vanità, essi, che Voi non avete creato invano, non vi siete Voi riservato alcun mezzo per purificarli della vanità? Ciò che vi siete riservato per purificare gli uomini dalla vanità, è il vostro Santo, e la mia sostanza è in Lui. In effetti è da Lui che sono purificati dalla loro vanità personale tutti coloro che non avete creato invano … Cos’è dunque ciò che avete riservato per essi? « Qual è l’uomo che vivrà e non vedrà la morte? » Questo stesso uomo purificherà gli uomini dalla vanità; perché Dio non ha creato invano tutti i figli degli uomini, e non può, Egli – loro Creatore – disprezzarli al punto da rifiutare di convertirli e purificarli. Non c’è dunque alcun uomo assolutamente « che vivrà e non vedrà la morte, » se questi non è Colui che è già morto per i mortali … come dunque vivrà e non vedrà la morte? « Egli strapperà la sua anima alle potenze dell’inferno. » Ecco dunque Colui che veramente solo, assolutamente solo, diverso da tutti gli altri, « … vivrà e non vedrà la morte, e strapperà la sua anima alle potenze dell’inferno; » perché se è vero che gli altri uomini, divenuti fedeli, resusciteranno tra i morti e vivranno eternamente, tuttavia essi non strapperanno da se stessi la loro anima alle potenze dell’inferno. Colui che ha strappato la sua anima alle potenze dell’inferno, ne strapperà anche le anime dei suoi fedeli, che non possono liberarsi da se stessi (S. Agost.). – Se non c’era altra via che questa, invano Dio avrebbe creato tutti i figli degli uomini, perché a considerarla solo, essa non ha rapporto né con la grandezza di Colui che la dona, né con le aspirazioni ed i desideri di colui che la riceve. – Ci sono due verità terribile alle quali tuttavia la maggior parte dei Cristiani non fa alcuna attenzione: – 1° essi sono certi di morire un giorno, e vivono come se dovessero vivere sempre; essi sanno che la morte tutto sottrae, e non cessano di accumulare ricchezze su ricchezze. – 2° Essi non possono ignorare che l’anima, una volta all’inferno, alcuna forza possa ritrarla, e tuttavia non prendono alcuna precauzione per impedire di cadervi. – È una pena molto sensibile per un servo di Dio pieno del suo amore, ascoltare gli empi accusare Dio di infedeltà alle sue promesse. – Dio, al quale tutte le cose sono sempre presenti, non può dimenticare. – Occorre aspettare il suo tempo, e aspettando chiudere nel proprio seno i lamenti che talvolta si presentano, senza farli affiorare all’esterno. – « Ricordatevi, Signore, di ciò che ci hanno rimproverato i vostri nemici. » Quali nemici? I Giudei ed i pagani. Cosa hanno rimproverato? « il cambiamento del vostro Cristo. » Ecco ciò che ci hanno rimproverato e ci rimproverano ancora: « il cambiamento del vostro Cristo. » Essi in effetti ci hanno rimproverato che il Cristo è morto, che il Cristo è stato crocifisso. Quali rimproveri fate, o insensati, se resta ancora qualche uomo che ci rivolge questi rimproveri, cosa obiettate? La morte del Cristo? Egli non era distrutto, ma solo mutato. Si dice che Egli sia morto, a causa dei tre giorni di sepoltura. Ecco ciò che i vostri nemici ci hanno rimproverato; non la perdita, non la distruzione ma « il cambiamento del vostro Cristo. » Egli è stato cambiato in effetti, e trasferito da questa vita temporale alla vita eterna, trasferito dai Giudei ai Gentili, trasferito dalla terra al cielo. Che vengano dunque questi vani nemici, e ci rimproverino ancora il cambiamento del vostro Cristo; tentino essi di cambiare se stessi e non ci rimproverino più il cambiamento del vostro Cristo. Ma il cambiamento del Cristo dispiace a loro perché essi non vogliono cambiar se stessi, « perché non c’è cambiamento per essi: essi non hanno il timore di Dio » (Ps. LIV, 20) – (S Agost.).

SALMI BIBLICI: “DOMINE, DEUS SALUTIS MEÆ” (LXXXVII)

SALMO 87: DOMINE, DEUS SALUTIS MEÆ

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 87

Canticum Psalmi, filiis Core, in finem, pro Maheleth ad rispondedum. Intellectus Eman Ezrahitæ.

 [1] Domine, Deus salutis meæ,

in die clamavi et nocte coram te.

[2] Intret in conspectu tuo oratio mea, inclina aurem tuam ad precem meam.

[3] Quia repleta est malis anima mea, et vita mea inferno appropinquavit.

[4] Æstimatus sum cum descendentibus in lacum, factus sum sicut homo sine adjutorio,

[5] inter mortuos liber; sicut vulnerati dormientes in sepulchris, quorum non es memor amplius, et ipsi de manu tua repulsi sunt.

[6] Posuerunt me in lacu inferiori, in tenebrosis, et in umbra mortis.

[7] Super me confirmatus est furor tuus, et omnes fluctus tuos induxisti super me.

[8] Longe fecisti notos meos a me, posuerunt me abominationem sibi. Traditus sum, et non egrediebar;

[9] oculi mei languerunt præ inopia. Clamavi ad te, Domine, tota die; expandi ad te manus meas.

[10] Numquid mortuis facies mirabilia? aut medici suscitabunt, et confitebuntur tibi?

[11] Numquid narrabit aliquis in sepulchro misericordiam tuam, et veritatem tuam in perditione?

[12] Numquid cognoscentur in tenebris mirabilia tua? et justitia tua in terra oblivionis?

[13] Et ego ad te, Domine, clamavi, et mane oratio mea præveniet te.

[14] Ut quid, Domine, repellis orationem meam, avertis faciem tuam a me?

[15] Pauper sum ego, et in laboribus a juventute mea; exaltatus autem, humiliatus sum et conturbatus.

[16] In me transierunt iræ tuæ, et terrores tui conturbaverunt me:

[17] circumdederunt me sicut aqua tota die; circumdederunt me simul.

[18] Elongasti a me amicum et proximum, et notos meos a miseria.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXXVII

Orazione di un uomo afflitto abbandonato dagli amici, e da’ prossimi. Conviene a Cristo.

Cantico, ovvero salmo a figliuoli di Core: per la fine: sul Maeleth: da cantarsi alternativamente. Istruzione dì Heman Ezraita.

1. Signore, Dio di mia salute, di giorno e di notte alzai le mie grida dinanzi a te.

2. Giunga al tuo cospetto la mia orazione, porgi le tue orecchio alla mia preghiera.

3. Imperocché l’anima mia è ripiena di mali, e la mia vita si avvicina al sepolcro.  

4. Sono riputato come un di quelli che scendono nella fossa, son divenuto come uomo senza soccorso, io che tra i morti son libero.

5. Come gli uccisi che dormono nei sepolcri, dei quali tu non hai più memoria, ed essi sono esclusi dalla tua cura.

6. Mi posero in una fossa profonda, in luoghi tenebrosi, e nell’ombra di morte.

7. Sopra di me si aggravò il tuo furore, e tutte le tue procelle scaricasti contro di me.

8. Allontanasti da me i miei conoscenti: mi riputaron come oggetto di abominazione.

9. Fui dato in potere altrui, ed io non avea scampo; gli occhi miei si seccarono per l’afflizione.

10. Alzai a te tutto dì le mia grida, o Signore, verso di te io stendo le mani mie.

11. Farai tu miracoli a pro dei morti? E i medici rendono loro la vita?  Perch’essi a te dieno lode?

12. Vi sarà egli forse chi nel sepolcro racconti la tua misericordia, e la tua verità nell’inferno?

13. Nelle tenebre si conoscono forse i tuoi prodigi, la tua giustizia nel paese dell’oblio?

13. Saran’elleno conosciute nelle tenebre le tue meraviglie, e la tua giustizia nella terra della dimenticanza?

14. Ma io alzai a te le grida, o Signore , e la mia orazione al mattino ti preverrà.

15. E perché, o Signore, rigetti tu la mia orazione, e rivolgi da me la tua faccia?

16. Povero son io, e in affanni fin dalla mia prima età: cresciuto poi fui umiliato, e depresso.

17. I tuoi sdegni son caduti sopra di me: e i terrori tuoi mi conturbano.

18. Tutto dì com’acqua mi inondano: tutt’insieme mi hanno sommerso.

Sommario analitico

Il Profeta, organo del Salvatore nella sua passione e sulla croce, allontanato da ogni giusto, carico di sofferenze, meno simile ad un vivente che ad un morto, effonde la sua anima davanti a Dio:

I. Descrive i tormenti della sua passione:

1° Eleva la sua anima a Dio, – a) nella speranza, indirizzandosi a Dio, della sua salvezza (1); – b) con la carità, desiderando che la sua preghiera entri alla presenza di Dio; – c) con l’umiltà, pregandolo di inclinare la sua maestà verso la sua miseria (2).

2° Enumera le sue sofferenze: – a) prima della croce: 1) la sua anima è stata ripiena di mali nell’orto degli ulivi; 2) il suo corpo, coperto di piaghe e di ferite da Caifa, Pilato ed Erode, è stato vicino alla morte (3); – b) sulla croce, 1) è stato posto dai sui nemici al rango degli scellerati; 2) è stato abbandonato e lasciato senza soccorso dai suoi amici (4); – c) nella tomba 1) è stato libero per la sua divinità tra i morti; 2) nella sua umanità, è stato come coloro che sono colpiti a morte e dormono nei sepolcri, abbandonati da Dio (5); – d) nel limbo, 1) Egli è disceso in questo lago e in questi luoghi tenebrosi coperti dall’ombra della morte (6); è stato in tutte queste circostanze, in balia della collera di Dio, ed oggetto di orrore per tutti i suoi amici ed i suoi vicini (7, 8).

II. – Chiede a Dio la sua resurrezione

1° Egli espone il modo in cui prega: con gli occhi, la voce, le sue mani tese.

2° Espone i motivi per i quali debba essere esaudito: – a) la gloria di Dio, 1) che non fa ordinariamente miracoli in favore dei morti (9); 2) che non è lodato da coloro che scendono nella tomba (10), 3) i cui divini attributi non sono né conosciuti, né lodati nel luogo della distruzione (11, 12); – b) la sua preghiera: 1) è fervente per cui innalza le sue grida verso Dio, 2) comincia con la sua passione (13), 3) è stata perseverante (14); – c) la sua miseria: 1) la miseria passata: a) è stato sempre privo di beni di fortuna; b) si è esercitato fin dall’infanzia nei lavori corporali; 2) la miseria presente: – a) è stato elevato sulla croce, – b) umiliato davanti ai suoi nemici, – c) turbato nel suo spirito (15), – d) agitato dalla tempesta (16, 17); – e) abbandonato dai suoi amici e dai suoi prossimi (18).  

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1-8.

ff. 1, 2. – Il salmista ci offre qui il modello di una fervente preghiera, testimonianza di una piena fiducia in Dio, che egli riconosce come Autore della sua salvezza; preghiera assidua e continua che non deve essere interrotta né di giorno né di notte quanto all’abitudine, al gusto, al desiderio di pregare. La preghiera è come un ambasciatore che noi inviamo a Dio a nome nostro. « Che la mia preghiera penetri fino a Voi. »

ff. 3-8. – Sull’esempio di Gesù-Cristo, i veri Cristiani sulla terra, sono sovraccarichi di mali e la loro vita è sempre vicino alla tomba. Oltre alle traversie che provano la santità,  oltre alle tempeste che eccitano le passioni, essi sentono che il loro soggiorno quaggiù è un esilio, e che devono sempre temere di essere esclusi per sempre dalla felice patria. Non c’è bisogno di prove per convincere un Cristiano che la sua vita è una morte continua. « Ah – esclamava Sant’Ambrogio – la nostra vita è tutta coperta di trappole: io ne vedo nel nostro corpo, nei nostri doveri, nella nostra scienza, nelle nostre passioni, in ciò che possediamo, in ciò che noi crediamo. Fuggiamo dunque da qui, aggiungeva, per passare dai malanni ai beni, dalle incertezze alla verità piena, dalla morte alla vita. » (Berthier). –  Quando commettiamo un peccato mortale, noi diamo talmente la nostra anima alla morte, ancorché Dio ci possa guarire, non di meno dal canto nostro rendiamo sia il nostro peccato che la nostra dannazione eterna, perché noi spegniamo la vita fino alla radice. Bisogna osservare ciò che fa il peccato, non ciò che fa l’Onnipotente. Chi rinuncia una volta a Dio, vi rinuncia eternamente, perché è la natura del peccato a fare, con quel che può, una separazione eterna. Ecco perché il Profeta-Re, ritenendosi in colpa, si considera come nell’inferno, a causa di questa spaventosa separazione: « Io sono – egli dice – annoverato tra coloro che discendono nella tomba; » e subito dopo: « essi mi hanno messo in un lago profondo, nelle tenebre e nell’ombra della morte. » –  E da lì viene che egli, nella sua penitenza, gridi: « Signore, io grido a voi da luoghi profondi; » e rendendo grazie per la sua liberazione continua: « Voi avete – egli dice – ritirato la mia anima dall’inferno inferiore. » Questo santo uomo aveva ben compreso che il peccato è un abisso ed una prigione, una profondità, un carcere, un inferno (Bossuet, Serm. Sur la gloire de Dieu). – Stato funesto è questo, ma troppo comune, nel quale, essendo stato ferito a morte dal peccato, si dorme piacevolmente nei sepolcri delle proprie cattive abitudini. –  Ed è allora che Dio non si ricorda più di questo peccatore, che lo rigetta dalla sua mano, che lo colma anche di una prosperità maledetta, e che gli dice queste parole spaventose: « Io ho giurato di non mettermi più in collera contro di voi. » (Duguet). – I morti, considerati come tali, dormono nel sepolcro: « Il Signore non se ne ricorda più, ed essi non sono più sotto la sua mano. Ma non è più così per le anime sante, per le anime amiche di Dio; perché se quelli sono morti allo sguardo degli uomini, « essi sono viventi per Dio, essi sono vivi sotto i suoi occhi e davanti a Lui; » ed ancora: « essi sono viventi per Lui ». Se essi hanno perso il rapporto che avevano con il loro corpo e con gli altri uomini, essi avevano un altro rapporto con Dio, che li ha fatti a sua immagine e per essere lodato. Questo rapporto non si perde; perché se il corpo si dissolve e non è più animato dall’anima, Dio, dal Quale l’anima è stata fatta e che porta la sua impronta, dimora sempre (Bossuet, Méd. D. Sem. XLI° j.). –  L’afflizione, fossa profonda è piena di tenebre e di oscurità. – La collera del Signore, nel linguaggio figurato della Scrittura, è un fuoco divoratore e  nello stesso tempo, un mare in tempesta. È nell’inferno che questo fuoco e questo mare dispiegano tutta la loro potenza, e non c’è risorsa contro questo giudizio senza misericordia. Non è da meno sulla terra: « Dio – dice Sant’Agostino – getta nella fornace la tribolazione, non per bruciare il vaso, ma per formarlo. » Egli ci inonda di flutti di tribolazione, non per sommergerci, ma per purificarci (Berthier). – Ogni genere di afflizione è annunciato in questi versetti: lontananza dagli amici e dai vicini, umiliazione profonda, privazione della libertà, gemiti continui, preghiere costanti e non esaudite. – Tale fu lo stato in cui si trovò Gesù-Cristo nella sua passione, e tale fu, sul suo esempio, la situazione di una moltitudine di Cristiani perseguitati, respinti ed abbandonati in qualche modo dal Signore stesso, che non darà loro nessuna consolazione esterna. Ma essi avevano Gesù-Cristo sotto gli occhi, e questo divino modello rendeva le sofferenze infinitamente preziose, la morte stessa sembrava loro deliziosa, perché sapevano che Gesù-Cristo aveva battuto questa strada che aveva come termine la corona meritata da Gesù-Cristo. « Bisogna – dice Sant’Ambrogio – che la morte lavori su di noi, affinché la vita consumi in noi l’opera di salvezza. » (Berthier). – L’abbandono degli amici, l’allontanamento dei prossimi, in mezzo a sì spaventose calamità, sono gli ultimi colpi che il Signore batte. La misura è colma e si resta ammirati come la testa non scoppi più, come la disperazione non si impossessi di una creatura così debole e così infelice. Una piena ed intera sottomissione alla volontà di Dio, proveniente dal fondo del cuore: non c’è altra risorsa! Si sono visti degli esempi di queste terribili prove prolungarsi fino agli ultimi giorni della vita, che sembravano raddoppiare di intensità; poi tutto ad un colpo, o bontà infinita, o saggezza adorabile, o impenetrabile provvidenza! … si vede risplendere la fede, rinascere la speranza, la riconoscenza più sentita illuminare il volto di questo eletto, infine liberato dalla sofferenza della vita (Rendu). 

II. — 9-17.

ff. 9-12. – Queste parole: « per i morti forse farete miracoli?» si applicano a coloro che erano talmente morti nel loro cuore e che i miracoli del Cristo non hanno potuto richiamare in vita. Così il Profeta non dice che i miracoli non siano stati fatti per essi, nel senso che essi non li hanno visti, non ne hanno approfittato. (S. Agost.). – Tuttavia è nei riguardi di questi morti spirituali che hanno perso la vita di grazia, che Dio fa i suoi miracoli più grandi, Egli impiega i suoi dottori, i pastori, i confessori, i predicatori per resuscitarli. Ma questi grandi dottori non possono resuscitare e guarire questi morti per virtù propria; benché i predicatori della parola siano eccellenti, con qualche miracolo che operano per insinuare la verità, nella maniera con cui trattano gli uomini i grandi medici, se questi uomini sono morti, la grazia di Dio può solo richiamarli in vita, perché possano ricevere da qualcuno dei suoi ministri le lezioni di salvezza (S. Agost.). – « Conoscerà le vostre meraviglie nelle tenebre e la vostra giustizia nella terra dell’oblio? Le tenebre significano lo stesso che la terra dell’oblio; perché gli infedeli sono designati con il termine di tenebre, ciò che fa dire all’Apostolo: « Voi un tempo eravate tenebre » (Efes. V, 8). Ugualmente la terra dell’oblio, è l’uomo che ha dimenticato Dio; perché l’anima infedele può spingersi nelle tenebre più oscure, per giungere alla follia di dire in se stessa: «Non c’è Dio. » (Ps. XIII, 1). Ecco dunque come stabilire la sequela ed il legame delle idee. « Io ho gridato a Voi, Signore, » in mezzo alle mie sofferenze; « tutto il giorno, io ho teso la mano a Voi, » cioè io non ho cessato di produrre le mie opere per glorificarvi. Perché dunque gli empi dilagano contro di me, se non perché Voi non farete miracoli per i morti? Vale a dire i miracoli non chiameranno alla fede ed i medici non resusciteranno, per glorificarvi, coloro che non sperimenteranno la segreta azione della vostra grazia, e che non saranno attirati da essa alla fede; perché nessuno può venire a me se Voi non lo attirate. Chi annunzierà in effetti la vostra misericordia nella tomba, cioè nell’anima dei morti? Chi annuncerà la vostra verità là dove si è periti, cioè in questo morto che non può né credere né sentire la misericordia, né la verità? In effetti, le vostre meraviglie e la vostra giustizia, saranno forse conosciute nelle tenebre di questa morte, cioè dall’uomo che ha perso, dimenticandovi, la luce della sua vita? (S. Agost.). Tutta la vita deve essere consacrata al servizio di Dio. Concludiamo da ciò che tutti coloro che abusano della vita per oltraggiare il Signore sono già morti. « Io vedo dei morti che ancora camminano – diceva Sant’Agostino – essi sembrano vivere, perché conversano con gli uomini; ma essi sono morti, perché Dio, che è la vita, si è separato dalla loro anima » (Berthier). –  L’occupazione degli uomini sulla terra deve essere pensare alla misericordia, alla verità, alle meraviglie ed alla giustizia di Dio. – Sarebbe sufficiente agli uomini affascinati dalle false gioie del mondo, pensare talvolta « alla terra di oblio », di cui parla il Profeta, per trovare ridicoli i desideri che agitano la loro anima. Accade a tutti i mondani l’essere dimenticati dopo la loro morte, e quando ci si ricordasse di essi, anche per vantare le loro qualità naturali o le loro grandi azioni, quale soddisfazione può questo dare loro? – Dormite il vostro sonno, ricchi della terra, e dimorate nella vostra polvere. Ah, se dopo qualche generazione, anzi dopo qualche anno voi ritornaste, uomini obliati, in mezzo al mondo, voi desiderereste rientrare nelle vostre tombe … per non vedere il vostro nome offuscato, la vostra memoria abolita, le vostre previsioni ingannate nei vostri amici, nelle vostre creature, o ancor più nei vostri eredi o nei vostri figli (Bossuet, Or. fun. de M. Le Tel.). – L’uomo giusto che muore deve contare anche sull’oblio di coloro che lascia ancora sulla terra, ma va in una regione dove non sarà più dimenticato (Berthier).

ff. 13, 14. – Quando Dio – dice S. Agostino – sembra rigettare la preghiera dei santi, è come un vento che respinge la fiamma e che illumina il fuoco sempre più: i rigori apparenti di Dio, inducono l’anima fedele a fare nuovi sforzi per avvicinarsi a Lui, per giungere a gustare le dolcezze della sua divina presenza. Non ci sono che i cuori toccati dalla bellezza di Dio che dicono, come il Profeta: Ah Signore, perché distogliete i vostri sguardi, perché rigettate la mia preghiera? Le anime che sono dedite al peccato o alla tiepidezza, sono insensibili all’allontanarsi di Dio, e quale miseria – esclamava ancora Sant’Agostino – essere lontano da Colui che è dappertutto. Ma come Colui che è dappertutto, si trova dunque lontano da noi? È – rispondeva il santo dottore – che ci manca il sentimento, è che noi siamo al suo sguardo come ciechi davanti al sole; questo astro spande dappertutto i suoi raggi, ma coloro che sono privi della vista, non ne profittano. Apriamo gli occhi della fede, lasciamoci illuminare dalla carità, e troveremo ben presto che Dio è vicino a noi. (Berthier).

ff. 15. – Queste parole – che convengono chiaramente a Gesù-Cristo – devono pure convenire ai suoi discepoli. La povertà ed i travagli devono essere la loro parte. Coloro che sono elevati alla qualità di figli di Dio e sono coeredi della gloria di suo Figlio, devono aspettarsi di avere parte alle sue umiliazioni ed alle sue sofferenze, poiché non si arriva all’elevazione se non con l’abbassarsi, ed alla pace sovrana se non con la guerra e le agitazioni. L’umiliazione non è mai più sensibile, né allo stesso tempo più necessaria, che quando essa segua ad una grande elevazione. (Duguet).

ff. 16, 17. –  Lo stato che dipinge qui il Profeta è molto doloroso, ma egli vi trova una consolazione, perché non ha parlato che di una collera di Dio « che passa », e non di quella di cui è scritto: « che dimora ». Che cos’è dunque questa collera i cui flutti sono passeggeri? Sono i mali di questa vita, è la rivolta involontaria delle passioni, è l’oscurità che si leva di tanto in tanto nell’anima di coloro che vogliono unirsi strettamente a Dio. Al contrario, la collera di Dio permanente è la riprovazione finale e definitiva; malanno senza risorse, castigo senza lenimento, vendetta di Dio senza misericordia (Berthier). –

ff. 18. – Ah! L’amicizia delle creature è ingannevole nelle sue apparenze, corrotta nelle sue adulazioni, amara nei suoi cambiamenti, travolgente nei suoi soccorsi in contro-tempo, e nei suoi inizi di costanza che rendono l’infedeltà più insopportabile. Gesù ha sofferto tutte le miserie, per farci odiare tanto i crimini che ci fa commettere l’amicizia degli uomini, con le nostre cieche compiacenze. Odiamoli, o Cristiani, questi crimini, e non abbiamo né amicizia, né fiducia di cui Dio non sia il motivo, di cui la carità non sia il principio. (Bossuet, III Serm. p. le Vendredi-Saint.) – Queste tribolazioni non hanno colpito solo la testa, esse si sono realizzate e si realizzano ancora nelle membra del Corpo di Cristo. E Dio volge il suo sguardo da coloro che Lo pregano, rifiutando di accordare loro ciò che vogliono, quando essi ignorano che l’oggetto della loro domanda non conviene loro. E la Chiesa è indigente quando, nel suo esilio, ha fame e sete di ciò che la sazierà in patria. Essa è nelle sofferenze fin dalla giovinezza; perché il Corpo stesso di Cristo dice in un altro salmo: « Essi mi hanno spesso attaccato fin dalla mia gioventù. » (Ps. CXXVIII, 1). Qualcuno dei suoi membri si sono elevati in questo mondo, ma affinché la loro umiltà divenga più profonda. E la collera di Dio scuota la debolezza dei fedeli, perché la prudenza tema tutto ciò che può arrivare, benché non sempre arrivi il dolore. E talvolta questi terrori turbano così fortemente lo spirito di colui che esamina i mali sospesi attorno a lui, che sembrano circondare da ogni lato come torrenti colui che è nel terrore e coinvolgerlo tutti insieme. E poiché i dolori non mancano mai alla Chiesa, pellegrina in questo mondo, ma le arrivano incessantemente, tanto in taluni dei suoi membri e tanto in altri, il Profeta dice: « … tutto il giorno, » volendo così esprimere la continuità del tempo fino alla fine del mondo. E spesso il terrore è causa che i santi siano abbandonati dai loro amici e dai loro prossimi, a motivo del pericolo che essi andrebbero a correre. Ma perché tutte queste tribolazioni, se non perché la preghiera di questo santo Corpo pervenga al Signore dal mattino, cioè alla luce della fede, all’uscire dalla note dell’incredulità, finché venga la salvezza che ci è già data, non ancora in realtà, ma in speranza, e che noi aspettiamo con pazienza? (Rom. VIII, 24). Quando noi vi saremo arrivati, il Signore non respingerà la nostra preghiera, perché allora non avremo più nulla da chiedere, ma da ottenere tutto quello che avremo convenientemente chiesto; Egli non volgerà da noi il suo sguardo, perché Lo vedremo così com’è (1 Giov. III, 2); noi non saremo più nell’indigenza, perché la nostra ricchezza sarà Dio stesso, tutto in tutti (I Cor. XV, 27); noi non soffriremo, perché non ci assalirà alcuna infermità; dopo essere stati elevati, non saremo né abbassati né turbati, perché in cielo non c’è più avversità; noi non dovremo più sostenere il peso della collera di Dio, anche passeggera, perché dimoreremo nella sua dolcezza permanente; i suoi terrori non ci scuotono più, perché il compiersi delle sue promesse ci renderà felici, e il terrore non allontanerà né amici, né prossimi, perché là non ci sarà più alcun nemico da temere (S. Agost.).  

SALMI BIBLICI: “FUMDAMENTA EJUS IN MONTIBUS SANCTIS” (LXXXVI)

SALMO 86: “FUNDAMENTA EJUS IN MONTIBUS SANCTIS”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS -LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 86

Filiis Core. Psalmus cantici.

[1] Fundamenta ejus in montibus sanctis; (1)

[2] diligit Dominus portas Sion super omnia tabernacula Jacob.

[3] Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei!

[4] Memor ero Rahab et Babylonis, scientium me; ecce alienigenæ, et Tyrus, et populus Æthiopum, hi fuerunt illic.

[5] Numquid Sion dicet: Homo et homo natus est in ea, et ipse fundavit eam Altissimus?

[6] Dominus narrabit in scripturis populorum et principum, horum qui fuerunt in ea.

[7] Sicut lætantium omnium habitatio est in te.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXXVI

Sionne, vale a dire la Chiesa, sommamente gloriosa. Il numero de suoi cittadini sarà innumerabile, e questi saranno felici

A figliuoli di Core. Salmo, ovver cantico:

  1. Le fondamenta di lei sopra i monti santi, ama il Signore, le porte di Sion più che tutti i tabernacoli di Giacobbe. (1)

2. Grandi cose sono state dette di te, o citta di Dio.

3. Io mi ricorderò di Rahab e di Babilonia, genti che mi conoscono.

4 Ecco, che li stranieri, e Tiro, e il popolo degli Etiopi, tutti questi vi avran loro stanza.

5. Non sarà egli detto rìguardo a Sionne: uomini, e uomini in lei son noti, e lo stesso Altissimo è quegli, che ha fondata?

6. Il Signore nella lista dei popoli e de’ principi dirà di quelli, che in lei sono stati,

7. E come quelli, che abitano in te sono tutti nell’allegrezza. (2)

(1). Il pronome ejus è maschile nell’ebraico e nei Settanta. Se dunque si riferisce a Dio, occorre, come esige l’insieme del Salmo, che il senso di questo versetto sia: Fundamenta quæ posuit Deus sunt in montibus sanctis.

(2). Gerusalemme era costruita su tre montagne, gli appoggi della Chiesa sono gli Apostoli ed i loro successori. Dio scriverà sul registro dei popoli, cioè sul grande libro ove Egli scrive i popoli e tutti ciò che li riguarda.  

Sommario analitico

Il Profeta, contemplando la Chiesa della terra e del cielo sotto la figura di Sion, descrive:

I. – I suoi fondamenti stabiliti sulle sante montagne, sulla dottrina degli Apostoli (1);

II. – Le sue porte, vale a dire i Sacramenti, oggetto particolare dell’amore di Dio (2);

III. – Le sue mura, le sue case, i suoi palazzi degni di ogni lode (3);

IV. – La moltitudine dei suoi abitanti, radunati da tutte le nazioni (4);

V. – Il suo Re e suo fondatore, Gesù-Cristo (5);

VI. – Il numero e la dignità dei suoi proseliti (6);

VII. – La gioia eterna dei suoi abitanti (7).

Spiegazioni e Considerazioni

I. e II.— 1, 2.

ff. 1, 2. – Questo Salmo è breve per numero di versetti, ma considerevole per il peso dei pensieri che racchiude … Il Profeta canta e celebra una città di cui noi siamo i cittadini, nella nostra qualità di Cristiani; lontano da essa noi siamo esiliati fin quando restiamo in questa vita mortale, e verso la quale tendiamo per una via che si trova interamente ostruita da rovi e spine, fino al momento in cui il Re di questa città si è fatto Egli stesso nostra via, affinché potessimo giungere in questa città (S. Agost.). – Il salmista non ha ancora parlato di questa città; tuttavia egli comincia in questi termini: « i suoi fondamenti sono sulle sante montagne ». I fondamenti di cosa? Non c’è dubbio che i fondamenti, soprattutto sopra delle montagne, non siano quelle di qualche città. Pieno di Spirito-Santo, il cittadino di questa città rivolta nel suo spirito tutti i suoi pensieri d’amore e di desiderio di essa, e uscendo in qualche modo da una meditazione più estesa, esclama subito: « … I suoi fondamenti sono sulle sante montagne », come se avesse detto già qualcosa di questa città. E come in effetti, non avrebbe detto ancora niente, lui che non ne ha mai cessato di parlarne nel suo cuore? (S. Agost.). – Questa città è la Chiesa, la vera Gerusalemme, fondata sulle alte montagne da cui è esposta alla vista di tutta la terra, e sulla Pietra angolare che è Gesù-Cristo. « Nessun altro fondamento che questo » (I Cor. III, 11). Ogni edificio elevato su di un altro, sarà distrutto. – Dio ama più di ogni altra cosa la porta di questo edificio, che è ancora Gesù-Cristo, il solo per il Quale si possa entrare; o piuttosto Egli non ama che Gesù-Cristo e la Chiesa stessa, e coloro che essa racchiude non sono anime di Dio se non in rapporto a Gesù-Cristo (Duguet). – La Chiesa è in questo mondo tutto ciò che i Profeti avevano annunziato che essa fosse: « un segno posto in mezzo alla nazioni; (Isai. XI, 12); la montagna preparata sulla sommità dei monti può essere il convegno dei popoli (ibid. II, 2); la città di Dio ha i suoi fondamenti sulle montagne sante; la saggezza che si fa intendere da lontano su tutte le sommità, lungo tutti i sentieri, parlando vicino alle porte della città e alle soglie stesse delle case » (Prov. I, 21, VIII, 1, 2, 3). Essa invita, chiama a sé coloro che non hanno ancora la felicità di credere; essa conferma e consolida la fede dei sensi; essa testimonia, afferma, dimostra, spiega; essa offre delle garanzie, fornisce dei salari, fonda delle certezze, pone nelle anime dei principi assoluti, e pone a sedere le stesse anime sui fondamenti che nessuna potenza umana o infernale possiede il segreto per distruggerli (Mons. Pie, Discours, etc. t. VII, p. 235). – Se si trattasse qui unicamente – dice S. Agostino – della Sion terrestre, non si potrebbe dire che Dio la preferisca a tutti i padiglioni di Giacobbe, perché infine questa città era uno dei bastioni di Giacobbe, perché abitato dai discendenti di questo Patriarca. – Tutto ciò che si opera nella Chiesa, sia per il suo stabilirsi, sia per la sua costruzione, sia per il suo consumo, deve così operarsi in un’anima fedele. Essa è poggiata su Gesù-Cristo, che unicamente essa ama; essa è pure fondata sugli Apostoli, i cui insegnamenti servono a formarla ed istruirla, a farle mostrare il rango che deve tenere nella celeste Gerusalemme. Essa è l’oggetto delle compiacenze del Signore, quando è attenta nell’ascoltarlo e nel piacergli (Berthier). – Perché gli Apostoli ed i Profeti sono i fondamenti di questa città che è la Chiesa? Perché la loro autorità sostiene la nostra debolezza. Perché sono pure gli Apostoli di Sion? Perché noi entriamo grazie ad essi nel regno di Dio; essi sono per noi i predicatori della salvezza; e quando noi entriamo attraverso di essi nelle città, vi entriamo grazie al Cristo, perché Egli stesso è la porta (S. Agost.).  

III. — 3.

ff. 3. – Si, certo, i Profeti e gli Apostoli hanno detto delle cose gloriose di questa città di Dio, della Chiesa di Dio sulla terra, ma soprattutto della Chiesa del cielo. Uno di essi ci ha detto tutto quando ha detto che non poteva dire niente: « … ciò che occhio non ha visto, ed orecchio ascoltato, ciò che il cuore dell’uomo non ha mai conosciuto ». (I Sap. II, 7). O divina patria! « mi si raccontava delle vostre felicità e delle vostre glorie; » la fede mi parlava delle vostre gioie, delle vostre ebbrezze, delle vostre estasi, di tutte queste cose che non mi lascia mai vedere, gustare, possedere; che hanno sempre lo stesso splendore, la stessa pienezza, e che per di più, sono immortali. Io ammiravo, non osavo sperare. Io sognavo di voi come di un’isola incantata che si intravvede dalla riva e che un fiume impraticabile separa da noi. Questo sogno era splendido ma doloroso! Io mi dicevo: tutto là è divino, ma niente di tutto ciò è per me. Ora io posso pensare a voi senza dolore: perché io so che non siete straniero. Santa patria delle anime, io ho gioito per ciò che mi è stato detto da un Dio. «… noi andremo nella casa del Signore » (De Place, Carême 2^  Dimanche).

IV. — 4 e 5.

ff. 4, 5. – Quando anche si trattasse degli abitanti di Rahab, di Babilonia, che rappresentano qui le nazioni pagane, io me ne ricorderei dal momento che mi conosceranno per la fede e la carità (S Girol.). La maggior gloria di Gerusalemme è di essere stata la fonte dalla quale è venuto il Messia. Gesù-Cristo non è nato in questa città, ma Bethléem era così vicina che si può ben dire che Gerusalemme fosse la patria di questo Uomo-Dio. – In un altro senso, è una felice nuova da pubblicare: che una moltitudine di uomini di ogni tipo di contrada, stato o condizione, prendono nascita nel seno della Chiesa. Ma per qual motivo esserne sorpresi poiché l’Altissimo stesso l’ha fondata? – « E tu dirai nel tuo cuore: chi mi ha dato questi figli, a me che ero sterile e non partorivo? Io ero cacciato dal mio paese e prigioniero: chi li ha nutriti? Io ero solo, abbandonato, da dove sono venuti? » (Isa. XLIX, 21). – Rahab è questa cortigiana di Gerico che ricevette le spie dei Giudei e le fece fuggire da una strada secondaria. Per questo ella fu salvata, e fu figura della Chiesa dei Gentili. Ecco perché il Salvatore dice ai Farisei che si inorgoglivano: « In verità, in verità io vi dico, i pubblicani e le donne di cattiva vita vi precederanno nel regno dei cieli » (S. Matth. XXI, 31). Essi vi entrano per primi perché se ne impossessano con l’aiuto della violenza; essi ne forzano l’entrata per la loro fede, tutto cede alla loro fede, e nessuno può resistervi, ed è così che coloro che fanno violenza al cielo lo rapiscono (S. Agost.).

ff. 6. – Le Scritture ci parlano spesso del registro della vita, del libro dove devono essere iscritti gli amici di Dio. Sulla terra, noi non abbiamo altro monumento che possa portare questo nome, se non la raccolta degli oracoli sacri di cui la Chiesa è depositaria. Nel cielo, questo libro è la conoscenza eterna di Dio; è tutto l’ordine dei suoi decreti sui figli degli uomini; è lo stato che questa Intelligenza superiore in tutti i tempi tiene di tutto ciò che arriva o arriverà nel succedersi dei secoli. Il primo di questi libri è la nostra guida, ed il secondo il nostro giudice, il primo sarà prodotto come testimone a favore o contro di noi, ed il secondo fisserà i nostri destini per l’eternità (Berthier). – Tutti i popoli e tutti gli individui che compongono questi popoli sono sempre ed in ogni istante presenti davanti a Dio. L’Intelligenza divina, eterna, immensa, infinita, è come un grande libro ove è scritto in anticipo tutto ciò che è passato, tutto ciò che passa, tutto ciò che passerà nell’ordine temporale e nell’ordine spirituale. Dio conosce tutti gli avvenimenti di tutti gli uomini con una conoscenza intima e completa. Egli vede tutto, ma guarda con attenzione particolare coloro che nascono, che vivono e che muoiono nella sua Chiesa, in questa Santa e gloriosa città che il suo Figlio prediletto ha conquistato al prezzo di tutto il suo sangue (Rendu).    

VII. – 7.

ff. 7. – La montagna di Sion è fondata con la gioia di tutta la terra (Ps. XLVII, 3). « Voi vi rallegrate e sarete nella gioia per l’eternità; io sto per rendere Gerusalemme una città di allegrezze, ed il suo popolo, un popolo di gioia.» (Isai. LXV, 18). – Durante il nostro pellegrinaggio su questa terra, noi siamo costantemente nell’oppressione; la nostra abitazione non sarà il soggiorno che della gioia. Non più pene, non più lamenti; le suppliche sono cessate, sono succeduti i canti di lode. La città di Dio sarà dunque l’abitazione di coloro che si rallegrano; non ci sarà più colà il gemito del desiderio, ma la gioia della felicità … « l’abitazione di tutti coloro che si trovano come nella gioia, è in voi ». cosa significa questo “come”? perché “come” nella gioia. Perché là ci sarà una gioia che noi qui non conosciamo. Io vedo qui delle gioie: Molti gioiscono nella vita del secolo, gli uni di una cosa, gli altri di  un’altra; ma io non ho una gioia che si possa comparare a questa gioia dell’eternità, che non sia che “come” una gioia; perché se dico che è una gioia, lo spirito dell’uomo lo rassomiglierà ben presto a qualche gioia che ha costume di provare tra i godimenti della terra … prepariamoci dunque ad un nuovo tipo di gioia, perché noi non troviamo quaggiù se non qualche cosa che ci sembra simile, ma non lo è (S. Agost.). – Questa città di Dio è, per così dire, interamente costituita di gioia e di felicità; la gioia è la base sulla quale essa è fondata. « la montagna di Sion è fondata sugli applausi di tutta la terra; » (Ps. XLVII, 3). Gli elementi che entrano nella sua struttura sono degli elementi di gioia: « rallegratevi, siate nella gioia per l’eternità, di ciò che sto per fare: Io voglio rendere Gerusalemme una città di allegrezza ed il suo popolo un popolo di gioia; » (Isa. LXV, 18); Tutte le sue piazze risuoneranno di grida di allegrezza, « … e si canterà in ognuno dei suoi luoghi. Alleluia ». Il Re dei cieli spanderà su di essa dei torrenti di gioia: « Il Signore consolerà Sion, riparerà le sue rovine … tutto vi respirerà la gioia e l’allegrezza; si sentiranno risuonare azioni di grazie e cantici di lode. » (Isai. LI, 3). La gioia brilla sul viso dei suoi abitanti e corona le loro fronti: « Coloro che sono stati riscattati ritorneranno al Signore, e verranno a Sion cantando i cantici di lode; una gioia eterna coronerà la loro testa; essi saranno pieni di gioia e di allegrezze, il dolore ed i lamenti si dilegueranno. » (Isai. LI, 11) Questa gioia non è solamente alla superficie del cuore, come le gioie della terra, essa lo penetra tutto intero. « E voi, ora, avete tristezza, ma io verrò di nuovo, ed il vostro cuore ne gioirà, e nessuno potrà rapire la vostra gioia.» (Giov. XVI, 22).  

SALMI BIBLICI: “INCLINA, DOMINE, AUREM TUAM” (LXXXV)

Salmo 85: “Inclina, Domine, aurem tuam”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 85

Oratio ipsi David.

[1] Inclina, Domine, aurem tuam

et exaudi me, quoniam inops et pauper sum ego.

[2] Custodi animam meam, quoniam sanctus sum; salvum fac servum tuum, Deus meus, sperantem in te.

[3] Miserere mei, Domine, quoniam ad te clamavi tota die;

[4] lætifica animam servi tui, quoniam ad te, Domine, animam meam levavi.

[5] Quoniam tu, Domine, suavis et mitis, et multæ misericordiæ omnibus invocantibus te.

[6] Auribus percipe, Domine, orationem meam, et intende voci deprecationis meæ .

[7] In die tribulationis meæ clamavi ad te, quia exaudisti me.

[8] Non est similis tui in diis, Domine, et non est secundum opera tua.

[9] Omnes gentes quascumque fecisti venient, et adorabunt coram te, Domine, et glorificabunt nomen tuum.

[10] Quoniam magnus es tu, et faciens mirabilia; tu es Deus solus.

[11] Deduc me, Domine, in via tua, et ingrediar in veritate tua; lætetur cor meum, ut timeat nomen tuum.

[12] Confitebor tibi, Domine Deus meus, in toto corde meo, et glorificabo nomen tuum in æternum;

[13] quia misericordia tua magna est super me, et eruisti animam meam ex inferno inferiori.

[14] Deus, iniqui insurrexerunt super me, et synagoga potentium quæsierunt animam meam, et non proposuerunt te in conspectu suo.

[15] Et tu, Domine Deus, miserator et misericors; patiens, et multae misericordiæ, et verax.

[16] Respice in me, et miserere mei; da imperium tuum puero tuo, et salvum fac filium ancillæ tuæ.

[17] Fac mecum signum in bonum, ut videant qui oderunt me, et confundantur, quoniam tu, Domine, adjuvisti me, et consolatus es me.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXXV.

Davide nelle varie tribolazioni ricorre a Dio, fonte di vera consolazione, con umile preghiera.

Orazione dello stesso David.

1. Porgi, o Signore, le tue orecchie, ed esaudiscimi; perocché afflitto son io e in povertà.

2. Custodisci l’anima mia, perché io sono a te consacrata, salva il tuo servo, o Dio il quale in te spera.

3. Abbi pietà di me, o Signore, perché tutto il giorno ho alzate a te le mie grida:

4. consola l’anima del tuo servo, perché a te, o Signore, ho innalzata l’anima mia.

5. Perocchè soave se’ tu, o Signore, e benigno e di molti misericordia per quei che t’invocano.

6. Odi propizio, o Dio, la mia orazione, e presta attenzione alta voce delle mie suppliche.

7. A te alzai le mie grida nel giorno di mia tribolazione, perché tu mi esaudisci.

8. Niuno è simile a te tra gli dei, o Signore, e niuno, che imitar possa le opere tue.

9. Le nazioni tutte, quante ne sono state fatte da te,  varranno, e te adoreranno, o Signore, e daran gloria al nome tuo.

10. Perché tu se’ grande, e fai opere meravigliose; tu solo se’ Dio.

11. Conducimi nella tua via, o Signore, e io camminerò nella tua verità si rallegri il mio cuore in temendo il tuo nome.

12. A te io darò laude, o Signore Dio mio, con tutto il mio cuore: e in eterno glorificherò il nome tuo;

13. Perocchè grande ell’è la misericordia tua sopra di me, e l’anima mia hai tratta fuori dell’inferno profondo.

14. O Dio, gl’iniqui han cospirato contro di me, e una turba di potenti ha assalito l’anima mia, ed eglino non si figurano, che tu sii ad essi presente.

15. Ma tu, Signore Dio buono, e benefico, e paziente, e di molta misericordia, e verace.

16. Volgi il tuo sguardo a me, e abbi di me pietà, dà il tuo impero al tuo servo, e salva il figliuolo di tua ancella.

17. Fa un segno buono per me, affinché color che mi odiano, veggano per loro come tu, o Signore, mi hai dato aiuto, e mi hai consolato.

Sommario analitico

Davide, perseguitato da Saul, rappresenta qui Gesù-Cristo che parla tanto nel suo Nome, che a nome del suo Corpo mistico, il giusto che si mette sotto la protezione del cielo, soprattutto in tempi di avversità.

I. Egli domanda a Dio di esaudire la sua preghiera.

1° Il primo motivo è tratto da se stesso: a) egli è sprovvisto dei beni di fortuna (1); b) è compartecipe dei beni dell’anima, la grazia, una ferma speranza, il fervore e la costanza della preghiera, un’anima elevata al di sopra di tutte le cose della terra (2-4); 2° Il secondo motivo è tratto da Dio, a) la cui clemenza è piena di dolcezza e di bontà e la cui misericordia è grande su tutti coloro che Lo invocano nella tribolazione (5-7); b) la cui eccellenza è incomparabile. – Egli sorpassa tutti gli esseri con la sua essenza. – Nessuno può essere a Lui comparato per potenza. – Egli è mirabile per la conversione di tutte le nazioni, grande per maestà, incomparabile per potenza, ed è il sovrano Padrone e Signore dell’universo (8-10).

II. – Egli fa conoscere l’oggetto della sua preghiera; chiede a Dio:

1° di condurlo e dirigerlo nella sua via, dargli la gioia del cuore e il timore del suo nome; promette di rendere grazie a Dio con tutto il suo cuore, e di glorificare eternamente il suo Nome a causa della misericordia che gli ha fatto sentire in tutte le circostanze della sua vita e dopo la sua morte (12, 13);

2° di aiutarlo e sostenerlo nel momento della morte, a) a causa dei suoi nemici che si levano ingiustamente contro di lui cercando di togliergli la vita e nella loro malizia allontanarlo dagli occhi di Dio (14); b) a causa della misericordia e la veracità di Dio (15);

3° di glorificarlo dopo la sua morte, a) dandogli la potenza e l’impero (16); b) colpendo con il terrore i suoi nemici con lo spettacolo della sua resurrezione e confondendoli con il potente soccorso che gli ha dato (17). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-9.

ff. 1. – Il Profeta comincia la sua preghiera presentando la grandezza di Dio e la propria bassezza. È questa la migliore delle preghiera, « perché la preghiera di colui che si umilia, penetrerà i cieli » (Eccli. XXXIII). Dio abbasserà le sue orecchie se non alzate orgogliosamente la testa; perché Egli si avvicina a chi è nell’umiltà, e si allontana da chi è elevato. Dio abbassa dunque le sue orecchie verso di noi. In effetti, Egli è in alto e noi siamo in basso; Egli è al culmine della grandezza, noi siamo nella bassezza, ma non siamo destinati all’abbandono. Egli abbassa il suo orecchio verso il ricco; lo inclina verso il povero, verso colui che manca di tutto, vale a dire verso colui che è umile, che confessa i suoi peccati e che ha bisogno della misericordia divina; ma non si inclina verso colui che è sazio, che si eleva e si vanta come se non avesse bisogno di niente (S. Agost.).

ff. 2. – «Custodite l’anima mia, perché io sono santo ». Io non so chi potrebbe pronunciare queste parole: « … perché Io sono santo », se non chi era senza peccato nel mondo; … che non ha commesso nulla, ma che ha rimesso i peccati di tutti .. Ma se io qui riconosco la voce del Cristo, devo dunque separare la mia dalla sua? No, perché Egli parla senza che dovremmo separarla dal suo corpo, quando si esprime in questo modo. Io oserei dirvi anche: « Perché io sono santo ». Se io volessi dire santo, come potrei santificare me stesso non avendo bisogno di essere santificato, stante queste parole « … siate santo, perché Io sono santo » (Lev. XIX, 2), in questo senso il Corpo di Cristo osa dire con il suo Capo, ed alle dipendenze del suo Capo: « … perché io sono santo ». Questo Corpo ha ricevuto in effetti la grazia della santificazione, la grazia del Battesimo e della remissione dai peccati. « … Ecco ciò che siete stato », dice l’Apostolo, dopo avere enumerato diversi peccati, « ma voi siete stati lavati, siete stati santificati » (I Cor., VI, 11). Se dunque l’Apostolo dice che i fedeli sono stati santificati, ogni fedele può dire: « io sono santo ». Non è questo l’orgoglio di un uomo che si eleva, bensì la confessione di un uomo che non è ingrato (S. Agost.). 

ff. 3, 4. – Due sono le qualità principali della preghiera: l’ardore della preghiera, « Io ho gridato », e la sua perseveranza, « … tutto il giorno ». – Riempite di gioia l’anima del vostro servo, perché io l’ho elevata verso di Voi. In effetti, essa era sulla terra, e sulla terra non sentiva che amarezza. Poiché non venga a disseccarsi nella sua amarezza e perdere tutta la dolcezza della vostra grazia, rallegratevi in Voi stesso,  perché solo Voi siete gioia e dolcezza, il mondo è pieno di amarezza. Certo il Cristo ha buone ragioni nell’avvertire i suoi membri, nel tenere elevati i loro cuori. Che lo ascoltino dunque e gli obbediscano, che elevino verso di Lui tutto ciò che si soffre sulla terra; perché il cuore sulla terra non potrebbe marcire quando si elevasse verso Dio. Se avete del grano depositato a casa vostra, in qualche locale sotterraneo, per impedire che marcisca, lo farete mettere nei locali più elevati della casa. Voi cambiereste posto al vostro grano, e lascereste il vostro cuore marcire sulla terra?  Voi che mettereste il vostro grano nel locale più alto della vostra casa, elevate dunque ugualmente il vostro cuore al cielo. E come posso, vi chiederete? Quali corde, quali macchine, quali scale sarebbero sufficienti? I gradini sono i vostri sentimenti; il cammino è la vostra volontà. Con la carità voi salite, con la negligenza scendete. Restando sulla terra, voi siete in cielo se amate Dio: il cuore non si eleva allo stesso modo del corpo. Il corpo per elevarsi, cambia posto, il cuore per elevarsi, cambia volontà: « io ho elevato la mia anima a Voi ». (S. Agost.).

ff. 5. – « Perché Voi siete dolce e soave ». Oppresso dal disgusto, per così dire, in ragione dell’amarezza delle cose della terra, egli ha desiderato qualche raddolcimento, ha cercato la fonte della dolcezza e non l’ha trovata sulla terra, perché, da qualunque parte si volga, trova scandali, soggetti di terrore, afflizioni, tentazioni. – In quale uomo si può trovare una intera sicurezza? Da chi si può  ricevere una gioia certa? Ciò che non trovava in se stesso, come trovarlo in un altro? … Di conseguenza, ovunque si volga, l’uomo trova amarezza nelle cose della terra, e non c’è per lui alcun raddolcimento se non si eleva a Dio (S. Agost.). –  « Perché siete così misericordioso con coloro che vi invocano », cosa vuol dire ciò che noi leggiamo in diversi passi della Scrittura?  « … essi invocheranno ed Io non li esaudirò? » (Prov. I, 28) se non è qualcuno di coloro che invocano, ma non invocano Dio? Di essi è detto: « Essi non hanno invocato Dio » (Ps. LII, 6). Essi invocano, ma non invocano Dio. Voi invocate tutto ciò che amate; voi invocate tutto ciò che volete venga a voi. Ora, se invocate Dio perché vi arrivi una somma di denaro, una eredità, una dignità del mondo, invocate realmente questi beni che voi volete veder venire a voi, e si domanda a Dio, non di esaudire dei giusti desideri, ma di venire in aiuto alle vostre cupidigie (S. Agost.).

ff. 6. 7. – Quale ardente desiderio in questa preghiera: « Signore fate entrare profondamente la mia preghiera nelle vostre orecchie; » cioè che la preghiera mia non esca dalle vostra orecchie; fatela penetrare, sprofondatela nelle vostre orecchie. Come mai il profeta ha questo pensiero di far penetrare la sua preghiera nelle orecchie di Dio? Dio risponde e ci dica: volete che la vostra preghiera penetri nelle mie orecchie? Fate penetrare la mia legge nel vostro cuore! – La causa per la quale mi avete esaudito è che nel giorno della mia tribolazione io « ho gridato verso di voi ». Poco innanzi il profeta aveva detto: io ho gridato tutto il giorno, ho sofferto la tribolazione tutto il giorno. Che nessun Cristiano dica dunque che c’è un solo giorno nel quale non abbia subito alcuna tribolazione. « Tutto il giorno » vuol dire in ogni tempo. Tutto il giorno è nella tribolazione. Che dunque, si soffre la tribolazione anche quando tutto per noi va bene? Si, in ogni tempo, si soffre la tribolazione. Da dove viene la tribolazione? Perché « finché noi siamo sottomessi al nostro corpo, noi siamo esiliati lontano da Dio … » Colui al quale l’esilio è dolce, non ama la sua patria: se la patria gli è dolce, l’esilio gli è amaro, e se l’esilio gli è amaro, egli è tutto il giorno nella tribolazione (S. Agost.).

ff. 8. – Qualunque cosa l’uomo possa inventare, ciò che è stato fatto non è simile a colui che l’ha fatto. Ora, eccetto Io, tutto ciò che esiste in natura è stata fatta da Dio. E chi potrà mai concepire la distanza tra il Creatore e ciò che ha creato? Dio è ineffabile; noi diremmo più facilmente ciò che non è, che ciò che è … Voi domandate ciò che è? … E ciò che l’occhio non vede, ciò che l’orecchio non ha inteso, ciò che non è salito nel cuore dell’uomo (I Cor. II, 9), – (S. Agost.).

ff. 9, 10. – Questa è la predizione che annuncia la fondazione della Chiesa; tal predizione è in parte compiuta, e continua a compiersi tutti i giorni, con la conversione alla fede delle Nazioni più remote. – Le Nazioni convertite « renderanno grazie al nome di Dio » mentre Cristiani pervertiti disonorano questo santo nome con le loro empietà e bestemmie (Aug.).

II. — 11-17.

ff. 11, 12. – Il Profeta chiede di essere condotto nella via di Dio e non nella propria via, nella verità di Dio e non nelle illusioni del proprio spirito. – « Conducetemi Signore, nella vostra via. » Io già sono nella vostra via, ma ho bisogno di essere condotto da Voi. « Ed io camminerò nella vostra verità. » se Voi mi condurrete io non errerò più, se Voi mi abbandonerete a me stesso, io sarò indotto in errore. Pregatelo dunque di non abbandonarvi, ma al contrario, di condurvi al fine, avvertendovi costantemente e dandovi costantemente la mano. Perché Dio, dando il suo Cristo, dà la sua mano, e dando la sua mano, dà il suo Cristo. Egli conduce fino alla via che conduce al suo Cristo, Egli conduce alla sua via, conducendo al suo Cristo. Ora il Cristo è la verità. « Che il mio cuore sia colmo di gioia perché teme il vostro Nome. » Il timore è dunque compatibile con la gioia. E come v’è gioia se vi è timore? Il timore ordinariamente è qualcosa che si ama? Verrà un giorno in cui la gioia sarà esente dal timore, ma ora la gioia è mescolata al timore. In effetti sulla terra non c’è ancora piena sicurezza, né gioia perfetta. Se non abbiamo alcuna gioia, cadiamo nel fallimento; se la nostra sicurezza è intera, tutti ci diamo a funesti trasporti. Dio espanda dunque la sua gioia su di noi e ci ispiri il suo timore al fine di condurci con la dolcezza della gioia, al giorno della sicurezza. Dandoci il timore, preverrà ogni trasporto cattivo ed ogni allontanamento dalle via (S. Agost.). – « Il timore del Signore è la sua gloria, ed il trionfo, una fonte di gioia ed una corona di allegria. Il timore del Signore farà gioire il cuore, esso darà la gioia, l’allegria  e la lunghezza dei giorni » (Eccli, I, 12). Alla domanda si fa succedere l’azione di grazia, perché nulla è più utile per ottenere nuovi benefici, che si mostrino riconoscenti  coloro che li hanno ricevuti.

ff. 13. – Tale è la misericordia divina che noi dobbiamo misurare con la distesa dei mali dell’inferno dai quali essa ci libera, e con la grandezza dei beni eterni ai quali essa ci prepara. – Se un riprovato venisse tratto fuori dall’inferno e ristabilito nella via delle buone opere e del merito, con quel sentimento si occuperebbe di questo versetto, in cui il Profeta dice che la misericordia del Signore è infinita al suo riguardo, perché lo ha tratto dal fondo dell’inferno! Io non posso dire e neanche concepire ciò che farebbe per testimoniare a Dio la sua riconoscenza. È da presumere che la sua vita non sarebbe che un tessuto di azioni di grazie, e che niente potrebbe distrarlo da questo santo esercizio. Perché? Perché egli avrebbe sperimentato il più grande dei mali, che è la riprovazione; perché si ricorderebbe perpetuamente delle fiamme divoranti da cui sarebbe stato liberato. Quando l’uomo ha meritato l’inferno, e che, per effetto della misericordia divina, e stato ristabilito nella grazia, non dovrebbe dire anche come il Profeta: Signore, io vi renderò eterne azioni di grazie, perché la vostra misericordia mi ha liberato dall’abisso in cui i miei crimini mi avevano sprofondato? Occorre dunque che la nostra fede imperi nel nostro spirito più  di quanto non sarebbe con la prova della dannazione? Siamo sicuri dell’esistenza del luogo di tormenti più di quanto non lo fossero il ricco epulone o l’apostolo traditore? La parola di Gesù-Cristo non è sufficiente a convincerci? (Berthier).  

ff. 14, 15. – È sufficiente essere giusto per avere i malvagi contro di sé. Basta levarsi contro il vizio, perché coloro che lo amano si levano contro il giusto. – Ma soprattutto, attaccare il vizio nei potenti, è dar loro l’occasione di cercare di perderci. Di cosa non è capace colui che non ha il timore di Dio davanti agli occhi? In questo versetto, il salmista oppone gli attributi di Dio alla malvagità dei persecutori, per accelerare il soccorso di cui ha bisogno. Secondo la forza del testo, il primo di questi attributi è la tenerezza, il secondo la benevolenza, il terzo la lentezza nel punire, il quarto è la misericordia, il quinto è la fedeltà.

ff. 16. – La prova di questa dolcezza, di questa longanimità, è soprattutto la pazienza di Dio nel tollerare preghiere così imperfette come le nostre. San Agostino stabilisce qui un dialogo pieno di fiducia da una parte, ed una tenerezza misericordiosa dall’altra, tra l’anima ed il Signore. – « … Mio Dio, siate la mia gioia, perché mi sono elevato a Voi finché ho potuto, per quanto mi avete dato di forza, per quanto ho potuto conservare le mie fuggitive potenze. » – Ma voi avete dimenticato, riprende il Signore, quante volte nelle vostre preghiere, siete stato distratto da mille pensieri vani e superflui? Forse appena una volta la vostra preghiera è stata fissa e stabile. E l’anima continua: … è vero o mio Dio, ma Voi siete soave e dolce: la vostra dolcezza mi tollera. Io sono malato e fluisco come l’acqua, guaritemi, ed io sarò fermo e stabile; e nell’attesa, Voi mi tollerate perché siete soave e dolce, e pieno di misericordia. Voi non avete solo misericordia, ne siete pieno, i nostri peccati si moltiplicano, e le vostre misericordie si moltiplicano nello stesso tempo.

ff. 17. – Nessuno cerca consolazione se non è nella miseria. Voi non volete consolazione? Dite che siete felice. Allora voi ascolterete queste parole: « … il mio popolo, coloro che dicono che voi siete felici, vi inducono in errore e turbano i sentieri ove camminano i vostri piedi. » (Isaia III, 12). L’Apostolo S. Giacomo usa lo stesso linguaggio: « Gemete – egli dice – e piangete; che il vostro riso si muti in lutto » (Giac. IV, 9). Le Scrittore parlerebbero senza sicurezza? Ma questa regione è quella degli scandali, delle tentazioni e di tutte le miserie, affinché noi gemiamo quaggiù, mentre noi meritiamo di rallegrarci in cielo e dire: « Voi avete liberato i miei occhi dalle lacrime ed i miei piedi dalla caduta; camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi (Ps. CXIV, 8, 9). Questa regione è quella dei morti. La regione dei morti passa; la regione dei vivi arriva (S. Agost.).