DOMENICA III DOPO PENTECOSTE

DOMENICA NELL’OTTAVA DELLA FESTA DEL SACRO CUORE e III DOPO LA PENTECOSTE. (2021)

Semidoppio. – Paramenti bianchi.

La liturgia di questo giorno esalta la misericordia di Dio verso gli uomini: come Gesù « che era venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori », cosi lo Spirito Santo continua l’azione di Cristo nei cuori e stabilisce il regno di Dio nelle anime dei peccatori. Questo ricorda la Chiesa nel Breviario e nel Messale. — Le lezioni del Breviario sono consacrate quest’oggi alla storia di Saul. Dopo la morte di Eli gli Israeliti si erano sottomessi a Samuele come a un nuovo Mosè; ma quando Samuele divenne vecchio il popolo gli chiese un re. Nella tribù di Beniamino viveva un uomo chiamato Cis, che aveva un figlio di nome Saul. Nessun figlio di Israele lo eguagliava, nella bellezza, ed egli sorpassava tutti con la testa. Le asine del padre si erano disperse ed egli andò a cercarle e arrivò al paese di Rama ove dimorava Samuele. Ed egli disse: « L’uomo di Dio mi dirà, ove io le potrò ritrovare ». Come fu alla presenza di Samuele, Dio disse a questi: « Ecco l’uomo che io ho scelto perché regni sul mio popolo ». Samuele disse a Saul: « Le asine che tu hai perdute da tre giorni sono state ritrovate ». Il giorno dopo Samuele prese il suo corno con l’olio e lo versò sulla testa di Saul, l’abbracciò e gli disse: « Il Signore ti ha unto come capo della sua eredità, e tu libererai il popolo dalle mani dei nemici, che gli sono d’attorno ». « Saul non fu unto che con un piccolo vaso d’olio, – dice S. Gregorio – perché in ultimo sarebbe stato disapprovato. Questo vaso conteneva poco olio e Saul ha ricevuto poco, perché  la grazia spirituale l’avrebbe rigettata » (Matt.). « In tutto – aggiunge altrove – Saul rappresenta i superbi e gli ostinati » (P. L. 79, c. 434). S. Gregorio dice che Saul mandato « a cercare le asine perdute è una figura di Gesù mandato da suo Padre per cercare le anime che si erano perdute » (P. L. 73, c. 249). « I nemici sono tutt’intorno in circuitu », continua egli; lo stesso dice il beato Pietro: « Il nostro avversario, il diavolo, gira (circuit) attorno a voi ». E come Saul fu unto re per liberare il popolo dai nemici che l’assalivano, cosi Cristo, l’Unto per eccellenza, viene a liberarci dai demoni che cercano di perderci. – Nella Messa di oggi il Vangelo ci mostra la pecorella smarrita e il Buon Pastore che la ricerca, la mette sulle spalle e la riporta all’ovile. Questa è una delle più antiche rappresentazioni di Nostro Signore nell’iconografia cristiana, tanto che si trova già nelle catacombe. L’Epistola ci mostra i danni ai quali sono esposti gli uomini raffigurati dalla pecorella smarrita. « Vegliate, perché il demonio come un leone ruggente cerca una preda da divorare. Resistete a lui forti nella vostra fede. Riponete in Dio tutte le vostre preoccupazioni, poiché Egli si prende cura di voi (Ep.), Egli vi metterà al sicuro dagli assalti dei vostri nemici (Grad.), poiché è il difensore di quelli che sperano in lui (Oraz.) e non abbandona chi lo ricerca (Off.). Pensando alla sorte di Saul, che dapprima umile, s’inorgoglisce poi della sua dignità reale, disobbedisce a Dio e non vuole riconoscere i suoi torti, « umiliamoci avanti a Dio » (Ep.) e diciamogli: « O mio Dio, guarda la mia miseria e abbi pietà di me: io ho confidenza in te, fa che non sia confuso (Int.); e poiché senza di te niente è saldo, niente è santo, fa che noi usiamo dei beni temporali in modo da non perdere i beni eterni (Oraz.); concedi quindi a noi, in mezzo alle tentazioni « una stabilità incrollabile » (Ep.).

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXIV: 16; 18 Réspice in me et miserére mei, Dómine: quóniam únicus et pauper sum ego: vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea, Deus meus.

[Guarda a me, e abbi pietà di me, o Signore: perché solo e povero io sono: guarda alla mia umiliazione e al mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati, o Dio mio.]

Ps XXIV: 1-2 Ad te, Dómine, levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam.

[A te, o Signore, elevo l’ànima mia: Dio mio, confido in te, ch’io non resti confuso.]

Réspice in me et miserére mei, Dómine: quóniam únicus et pauper sum ego: vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea, Deus meus.

[Guarda a me, e abbi pietà di me, o Signore: perché solo e povero io sono: guarda alla mia umiliazione e al mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati, o Dio mio.]

Oratio

Orémus.

Protéctor in te sperántium, Deus, sine quo nihil est válidum, nihil sanctum: multíplica super nos misericórdiam tuam; ut, te rectóre, te duce, sic transeámus per bona temporália, ut non amittámus ætérna.

[Protettore di quanti sperano in te, o Dio, senza cui nulla è stabile, nulla è santo: moltiplica su di noi la tua misericordia, affinché, sotto il tuo governo e la tua guida, passiamo tra i beni temporali cosí da non perdere gli eterni.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Petri Apóstoli. 1 Pet V: 6-11 “Caríssimi: Humiliámini sub poténti manu Dei, ut vos exáltet in témpore visitatiónis: omnem sollicitúdinem vestram projiciéntes in eum, quóniam ipsi cura est de vobis. Sóbrii estote et vigiláte: quia adversárius vester diábolus tamquam leo rúgiens circuit, quærens, quem dévoret: cui resístite fortes in fide: sciéntes eándem passiónem ei, quæ in mundo est, vestræ fraternitáti fíeri. Deus autem omnis grátiæ, qui vocávit nos in ætérnam suam glóriam in Christo Jesu, módicum passos ipse perfíciet, confirmábit solidabítque. Ipsi glória et impérium in sæcula sæculórum. Amen”.

(“Carissimi: Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti nel tempo della visita. Gettate ogni vostra sollecitudine su di lui, poiché egli ha cura di voi. Siate temperanti e vegliate; perché il demonio, vostro avversario, gira attorno, come leone che rugge, cercando chi divorare. Resistetegli, stando forti nella fede; considerando come le stesse vostre tabulazioni sono comuni ai vostri fratelli sparsi pel mondo. E il Dio di ogni grazia che ci ha chiamati all’eterna sua gloria, in Cristo Gesù, dopo che avete sofferto un poco, compirà l’opera Egli stesso, rendendoci forti e stabili. A lui la gloria e l’impero nei secoli dei secoli”).

LE PERSECUZIONI.

Non più l’Apostolo della carità Giovanni, oggi parla l’Apostolo dell’autorità, il Duce, San Pietro. Odor di battaglia intorno al capo e ai gregari, quell’odor di battaglia che è così frequente nella storia della Chiesa… « Tu, che da tanti secoli soffri, combatti e preghi…» Il Duce rincuora la sua truppa, la rincuora a modo suo, ma la rincuora in modo e forma che sarà utile sempre. Sotto la raffica resistono meglio talvolta gli alberi che invece di irrigidirsi superbi, piegano e flettono. Sotto la raffica del vento, sotto la tempesta della persecuzione il Cristiano deve umiliarsi con un gesto che non è umiliazione, è prudenza, è dignità, perché deve umiliarsi non agli uomini, ma a Dio: « sub potenti manu Dei » dice il testo, di quel Dio che se non vuole, permette le tribolazioni della sua Chiesa, dei suoi figliuoli più cari; potente anche quando agli occhi superficiali Egli sembra debole; di quel Dio che vigila anche quando pare agli increduli, ai cattivi, che Egli dorma. – Lo pensavano forse che Dio dormisse alcuni di quei neofiti, di quei poveri Cristiani della prima ora che entrati appena nella barca di San Pietro in cerca di tranquillità, di sicurezza, la vedevano così terribilmente sbattuta dalle onde. Dorme Dio, dicevano, ci ha abbandonati. Ai quali l’Apostolo della autorità, il Duce ricorda che Egli è sollecito, da buon Padre amoroso, dei suoi figli, «ipsì est cura de vobis». Veglia non visto. Il che però, se deve sgombrar la viltà dell’animo dei fedeli perseguitati, non vi deve accendere il fuoco fatuo della presunzione. – Visti, vigilati, aiutati da Dio, appunto perciò, i fedeli devono combattere con tutte le loro forze, come se Dio li avesse lasciati soli a se stessi. Sobrii e attenti; ecco il programma che il Duce traccia ai suoi militi nella aspra guerra spirituale in cui sono impegnati. Sobrii perché la carne non frenata con la sobrietà, vince essa lo spirito e vigili, per non essere sorpresi, per non cader vittime di una imboscata qualsiasi. Il gran nemico, da buon condottiero, qual è anche lui, colla sua genialità malefica, questo tenta e vorrebbe: sorprendere coloro che vuol abbattere. Veglino e tengano desta con maggior diligenza la fede. « Fortes in fide». La fede è per essi, pei Cristiani, l’«ubi consistam» della loro vittoriosa resistenza. Credenti, sono forti; scettici, dubbiosi sono vinti. Che importa se alla loro fede si fa guerra? guerra nella loro piccola comunità? guerra al loro piccolo gruppo? No, la guerra non è così ristretta: è mondiale, dappertutto dove la fede cristiana si afferma, la lotta pagana si impegna, vincolo nuovo di tutta la grande fraternità, confraternità. – Il Duce lo rammenta con una specie di santo orgoglio, perché la Chiesa non cerca la lotta, ma neanche la teme, non la teme neanche quando essa prende estensioni inaudite: il mondo intero. Tutto questo fa pensare ad una persecuzione imperiale da parte di Roma pagana. Il Duce è forte, coraggioso, audace, senza ombra di spavalderia, perché sa di poter contare sull’appoggio indefettibile di un altro Duce. Egli, Pietro, è un Vicario, un sostituto, un facente funzione di… il Capo reale, invisibile è Gesù Cristo. Ed Egli ha il suo stile. Lascia soffiar la tempesta sui suoi per un po’ di tempo: «modicum ». Le tribolazioni della vita sono tutte brevi: le persecuzioni dei malvagi passano, anche quelle che paiono ai pazienti più lunghe, anche quelle che i carnefici, i persecutori, credono eterne: passano, sono temporanee, La Chiesa ha per sé l’eternità. La “vera” Chiesa non muore… E quando il vento impetuoso che pareva eterno è passato, inesorabilmente passato, si trova che invece di scalfire il gran monumento che è la Chiesa, l’ha spolverato, invece che fracassare i cieli, li ha purificati. Lezione magnifica, buona sempre, opportuna per chi temesse le persecuzioni, opportuno per chi desiderasse scatenarle…

[P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939. (Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)]

Graduale

Ps LIV: 23; 17; 19 Jacta cogitátum tuum in Dómino: et ipse te enútriet.

[Affida ogni tua preoccupazione al Signore: ed Egli ti nutrirà.]

V. Dum clamárem ad Dóminum, exaudívit vocem meam ab his, qui appropínquant mihi. Allelúja, allelúja.

[Mentre invocavo il Signore, ha esaudito la mia preghiera, liberandomi da coloro che mi circondavano. Allelúia, allelúia]

Ps VII: 12 Deus judex justus, fortis et pátiens, numquid iráscitur per síngulos dies? Allelúja.

[Iddio, giudice giusto, forte e paziente, si adira forse tutti i giorni? Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.

S. Luc. XV: 1-10

“In illo témpore: Erant appropinquántes ad Jesum publicáni et peccatóres, ut audírent illum. Et murmurábant pharisæi et scribæ, dicéntes: Quia hic peccatóres recipit et mandúcat cum illis. Et ait ad illos parábolam istam, dicens: Quis ex vobis homo, qui habet centum oves: et si perdíderit unam ex illis, nonne dimíttit nonagínta novem in desérto, et vadit ad illam, quæ períerat, donec invéniat eam? Et cum invénerit eam, impónit in húmeros suos gaudens: et véniens domum, cónvocat amícos et vicínos, dicens illis: Congratulámini mihi, quia invéni ovem meam, quæ períerat? Dico vobis, quod ita gáudium erit in cœlo super uno peccatóre pœniténtiam agénte, quam super nonagínta novem justis, qui non índigent pœniténtia. Aut quæ múlier habens drachmas decem, si perdíderit drachmam unam, nonne accéndit lucérnam, et evérrit domum, et quærit diligénter, donec invéniat? Et cum invénerit, cónvocat amícas et vicínas, dicens: Congratulámini mihi, quia invéni drachmam, quam perdíderam? Ita dico vobis: gáudium erit coram Angelis Dei super uno peccatóre pœniténtiam agénte”.

(“In quel tempo andavano accostandosi a Gesù de’ pubblicani e de’ peccatori per udirlo. E i Farisei e gli Scribi ne mormoravano, dicendo: Costui si addomestica coi peccatori, e mangia con essi. Ed Egli propose loro questa parabola, e disse: Chi è tra voi che avendo cento pecore, e avendone perduta una, non lasci nel deserto le altre novantanove, e non vada a cercar di quella che si è smarrita, sino a tanto che la ritrovi? e trovatala se la pone sulle spalle allegramente; e tornato a casa, chiama gli amici e i vicini, dicendo loro: Rallegratevi meco, perché ho trovato la mia pecorella, che si era smarrita? Vi dico, che nello stesso modo si farà più festa per un peccatore che fa penitenza, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. Ovvero qual è quella donna, la quale avendo dieci dramme, perdutane una, non accenda la lucerna, e non iscopi la casa, e non cerchi diligentemente, fino che l’abbia trovata? E trovatala, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi meco, perché ho ritrovata la dramma perduta. Così vi dico, faranno festa gli Angeli di Dio, per un peccatore che faccia penitenza”).

Omelia

[DISCORSI DI SAN G. B. M. VIANNEY CURATO D’ARS Vol. III, Marietti Ed. Torino-Roma, 1933]

Visto nulla osta alla stampa. Torino, 25 Novembre 1931.

Teol. TOMMASO CASTAGNO, Rev. Deleg.

Imprimatur: C. FRANCISCUS PALEARI, Prov. Gen.]

Sulla misericordia di Dio.

Erant autem appropinquantes ei publicani et peocatores, ut audirent illum.

(Luc. XV, 1).

La condotta di Gesù Cristo, durante la sua vita mortale, ci mostra la grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Vediamo infatti che tutti vengono presso di Lui: ed Egli, anziché rigettarli o allontanarsi da essi, cerca invece tutti i modi possibili di trovarsi con loro, per attirarli al Padre suo. Li va cercando coi rimorsi della coscienza, li riconduce colle attrattive della sua grazia e li guadagna coi suoi modi amorevoli. Li tratta con tanta bontà, che li difende perfino contro gli scribi ed i farisei che volevano biasimarli e non potevano soffrirli vicino a Gesù Cristo. Giunge anche più oltre; vuol giustificarsi della sua condotta a loro riguardo con una parabola, che dipinge, come meglio non si potrebbe, la grandezza del suo amore pei peccatori, in questo modo: “Un buon pastore, che aveva cento pecore, avendone perduta una, lascia tutte le altre per correr dietro a quella che s’è smarrita: ed avendola trovata, se la mette sulle spalle per evitarle la fatica della strada: riportatala all’ovile, invita i suoi amici a rallegrarsi con lui d’aver trovato la pecora che credeva perduta. „ Aggiunge anche la parabola della donna, che possedendo dieci dramme., ed avendone perduta una, accende la lampada per cercarla in tutti gli angoli di casa sua, e trovatala invita le amiche a rallegrarsene. “Così, disse loro, il cielo tutto gioisce pel ritorno d’un peccatore che si converte e fa penitenza. Non son venuto pei giusti, ma per i peccatori: i sani non hanno bisogno del medico, bensì gli ammalati. „ E Gesù Cristo applica a se stesso queste vive immagini della grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Ah! Fratelli miei, qual felicità per noi il sapere che la misericordia di Dio è infinita! Qual forte desiderio non dobbiam sentire nascere in cuore di gettarci ai piedi d’un Dio che ci riceverà con tanta gioia! F. M., se ci danneremo non avremo scuse, quando Gesù Cristo stesso ci mostrerà che la sua misericordia fu sempre grande abbastanza per perdonarci, per quanto fossimo colpevoli. E per darvene un’idea, oggi vi mostrerò: 1° la grandezza della misericordia di Dio verso i peccatori; 2° ciò che dobbiamo fare da parte nostra, per meritarci la fortuna di ottenerla.

I. — F. M., tutto è consolante, tutto è incoraggiante nella condotta di Dio verso di noi. Quantunque colpevoli, la sua pazienza ci attende, il suo amore ci invita ad uscir dal peccato per ritornare a Lui, la sua misericordia ci riceve fra le sue braccia. Colla pazienza, dice il profeta Isaia, Dio ci attende per usarci misericordia. Appena commesso il peccato, meritiamo d’essere puniti. Niente è più dovuto al peccato quanto la punizione. Dacché l’uomo s’è ribellato al suo Dio, le creature tutte domandano vendetta, dicendo: Signore, volete facciam perire quel peccatore che v’ha oltraggiato? Volete, gli dice il mare, ch’io l’inghiottisca nei miei abissi? E la terra: Signore, debbo aprire le mie viscere per farlo discendere vivo nell’inferno? E l’aria: Signore, mi permettete di soffocarlo? Ed il fuoco: Ah! di grazia lasciatemelo abbruciare. E così tutte le altre creature domandano vendetta ad alte grida. I lampi ed i fulmini vanno avanti al trono di Gesù Cristo domandandogli licenza di annientarlo e divorarlo. — Ma no, risponde il buon Gesù, lasciatelo sulla terra sino al momento stabilito dal Padre mio; forse avrò la fortuna di convertirlo. Se il peccatore si svia ognor più, questo tenero Padre piange su di lui, e non lascia di perseguitarlo colla sua grazia, facendo in lui nascere violenti i rimorsi della coscienza. ” O Dio delle misericordie, esclama S. Agostino, quand’era peccatore m’allontanavo da voi sempre più; i miei passi e le mie azioni tutte erano altrettante nuove cadute nel male; le passioni s’infiammavano ognor più vivamente; eppure avevate pazienza, e m’aspettavate. O pazienza del mio Dio! son tanti anni che vi offendo, e non mi avete ancora punito: donde può venire questa lunga attesa? Davvero, o Signore, è perché volete ch’io mi converta, e ritorni a voi colla penitenza. „ È possibile, F. M., che nonostante il desiderio del buon Dio di salvarci, noi ci perdiamo così deliberatamente? Sì, F. M., se vogliamo percorrere le differenti età del mondo, vediamo la terra ricoperta dappertutto delle misericordie del Signore, e gli uomini avvolti nei suoi benefizi. Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono; ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore, e lo fa ritornare a sé. Ne volete un bell’esempio? Vedete come fece con Adamo dopo il suo peccato. Invece di punirlo, come si meritava, per quella ribellione contro il suo Creatore, che avevagli concesso tanti privilegi, che l’aveva ornato di tante grazie e destinato per un fine così beato: quello d’esser suo amico e di non morir mai; Adamo, dopo il peccato, fugge la presenza di Dio: ma il Signore, come un padre desolato che ha perduto il figliuol suo, corre a cercarlo, e lo chiama quasi piangendo: “Adamo, Adamo, dove sei? Perché fuggi la presenza del tuo Creatore? „ (Gen. III, 9). Desidera tanto di perdonargli, che neppure gli dà tempo di domandar perdono: subito gli annuncia che vuol perdonargli, che manderà il Figliuol suo, il quale nascerà da una Vergine e riparerà il danno che il peccato ha cagionato a lui ed ai suoi discendenti, e che questa riparazione si farà in un modo ammirabile. Infatti, F. M., senza il peccato di Adamo, mai avremmo avuto la fortuna d’aver Gesù Cristo per Salvatore, né di riceverlo nella santa Comunione, e neppure di possederlo nelle nostre chiese. Nei lunghi secoli durante i quali l’eterno Padre attese di mandare sulla terra il Figliuol suo, Egli non cessò di rinnovare queste consolanti promesse per bocca dei patriarchi e dei profeti. O carità di Dio, quanto sei grande pei peccatori! Vedete, F. M., la bontà di Dio pel peccatore? Potremo ancora disperare del nostro perdono? Giacché il Signore mostra tanto il desiderio di perdonarci, se restiamo nel peccato è tutta colpa nostra. Vedete che cosa fece con Caino, dopoché questi uccise il fratello. Va a trovarlo per farlo rientrare in se stesso, e potergli perdonare: perché bisogna necessariamente domandargli perdono, se vogliam che ce lo dia. Ah! mio Dio, è troppo! “Caino, Caino, che hai fatto? Domandami perdono, perché io possa perdonarti. „ Caino non vuole, dispera della sua salvezza, si ostina nel peccato. Eppure vediamo il buon Dio che lo lascia a lungo sulla terra per dargli tempo, se avesse voluto, di convertirsi. Vedete ancora la sua misericordia verso il mondo, quando i delitti degli uomini avevano ricoperto la terra infangandola nelle più infami passioni: il Signore era costretto a punirli: ma prima di decidersi, quante precauzioni, quanti avvertimenti, quanti indugi! Li minaccia molto tempo prima di punirli, per iscuoterli e farli rientrare in se stessi. Vedendo che i delitti andavano sempre aumentando, mandò loro Noè, al quale comandò di costruire un’arca, impiegandovi cento anni, e di dire a tutti quanti glielo domandassero, il perché di quella costruzione; che, cioè il Signore voleva far perire il mondo intero, con un diluvio universale, ma che se volevano convertirsi e fare penitenza, cambierebbe il suo decreto. Infine però, vedendo che a nulla servivano tutti questi avvertimenti e che gli uomini si ridevano delle sue minacce, fu obbligato di punirli. E tuttavia sappiamo che il Signore disse che si pentiva d’averli creati: il che ci mostra la grandezza di sua misericordia. E come se avesse detto: Preferirei non avervi creati piuttosto che vedermi costretto a punirvi (Gen. VI). Ditemi, F. M., poteva Egli, quantunque Dio, spingere più lungi la sua misericordia? F. M., cosi Egli aspetta i peccatori a penitenza e ve li invita coi movimenti interiori della sua grazia, e la voce dei suoi ministri. Vedete ancora come si diporta verso Ninive, questa grande città peccatrice. Prima di punirne gli abitanti, comanda al suo profeta Giona, d’andare da parte sua ad annunciar loro che fra quaranta giorni li avrebbe puniti. Giona, invece d’andare a Ninive, fugge in altro luogo. Vuol attraversare il mare: ma Dio, invece di lasciare i Niniviti senza avviso prima di punirli, fa un miracolo per conservare il suo profeta durante tre giorni e tre notti nel seno d’un cetaceo, che al terzo dì miracolosamente lo rigetta sul lido. Allora il Signore dice a Giona: “Va ad annunciare alla grande città di Ninive che fra quaranta giorni sarà distrutta. „ Non mette condizioni. Il profeta, andatovi, annuncia a Ninive che fra quaranta giorni sarebbe perita. A questa notizia, tutti si danno alla penitenza ed alle lagrime, dal contadino fino al re. “Chi sa, dice loro il re, che il Signore non abbia ancora pietà di noi?„ Il Signore, vedendoli ricorrere alla penitenza, sembrò gustare la gioia di perdonarli. Giona, vedendo passato il tempo del castigo, si ritirò fuori della città, per aspettare che il fuoco del cielo cadesse su di essa. Vedendo che non cadeva: “Ah! Signore, esclama, mi fate forse passare per un falso profeta? fatemi piuttosto morire. Ah! io so bene che siete troppo buono; non cercate che di perdonare!” — Ecchè, Giona! gli disse il Signore; vorresti ch’Io facessi perire tante persone, che si umiliarono davanti a me? Oh! no, no, Giona, non ne avrei il coraggio: invece li amerò e li conserverò (Jon. I-IV) .„ Ecco precisamente, F. M., quanto fa Gesù Cristo a nostro riguardo: alcune volte sembra voglia punirci senza misericordia: ma al più piccolo pentimento ci perdona e ci rende la sua amicizia. Vedete, quando volle far discendere il fuoco dal cielo sopra Sodoma, Gomorra e le città vicine. Sembrava non potervisi risolvere senza consultare il suo servo Abramo; quasi per sentire che cosa dovesse fare. “ Abramo, dissegli il Signore, i delitti di Sodoma e Gomorra giunsero sino al mio trono; non posso più soffrirli quegli uomini; li farò perire col fuoco del cielo. — Ma, Signore, risponde Abramo, punirete i giusti insieme ai peccatori? — Oh! no, no, gli dice il Signore. — Ebbene! soggiunge Abramo: se vi fossero trenta giusti in Sodoma, la punireste, o Signore ? — No, disse, se ne trovo trenta, perdono a tutta la città per amore dei giusti. „ (Gen. XVIII). Arrivò sino a dieci. Ahimè! in una città sì grande non si trovavano dieci giusti! Vedete che il Signore sembrava gioisse di consultare il suo servo su quanto voleva fare. Vedendosi costretto a punirli, mandò subito un Angelo a Lot per dirgli di uscire lui e tutta la sua famiglia, per non andar puniti coi colpevoli (idem XIX). Ah! mio Dio, quale pazienza! quanti indugi prima dell’esecuzione! Volete sapere qual peccato obbligò il Signore a far piombar sulla terra tanti castighi? Ahimè! è il maledetto peccato dell’impurità, di cui la terra era tutta coperta. Volete vedere come Dio tarda a punire? Vedete che cosa fece per castigar Gerico (Gios. VI) . Ordinò a Giosuè di far portare in processione l’arca dell’alleanza, oggetto sacro che mostrava la grandezza della misericordia di Dio. Volle che fosse portata dai sacerdoti, depositari di sua misericordia. Comandò di fare per sette giorni il giro delle mura della città, facendo suonare le medesime trombe che servivano ad annunciare l’anno del giubileo, che era un anno di riconciliazione e di perdono. Eppure vediamo che le stesse trombe destinate ad annunciare loro il perdono, fecero cadere le mura della città, per mostrarci che se non vogliamo approfittare delle grazie che Dio vuol accordarci, diventiamo perciò più colpevoli: ma che se abbiamo la fortuna di convertirci, Egli ne prova una gioia sì grande da dirci che ci dà il perdono con maggior prontezza di quella con cui una madre estrae il suo bambino dal fuoco. Vedemmo, F. M., che dal principio del mondo, sino alla venuta del Messia, tutto è misericordia, grazia, benefizi. Eppure possiamo dire che sotto la legge di amore i benefizi, di cui Dio ha colmato il mondo, sono ancor più abbondanti e preziosi. Quale misericordia nell’eterno Padre il quale non ha che un Figlio, ed acconsente che perda la vita per salvarci tutti! Ah! F. M., se percorressimo tutta la storia delle sofferenze di Gesù Cristo con cuore riconoscente, quante lagrime non verseremmo! Vedendo il tenero Gesù nella culla, ecc.. Vedete che la misericordia del Padre non può andar oltre, poiché avendo un sol Figlio, che è la cosa sua più cara, lo sacrifica per salvarci. Ma se consideriamo l’amore del Figlio, che cosa ne diremo noi? Egli acconsente volontariamente di soffrire tanti tormenti, ed anche la morte per procurarci la felicità del cielo! Ah! F. M., che cosa non ha Egli fatto durante i giorni di sua vita mortale? Non contento di chiamarci a Lui colla sua grazia, e di fornirci tutti i mezzi per santificarci, vedete come corre dietro le pecorelle smarrite: vedete come attraversa le città e le campagne per cercarle e ricondurle nel luogo della sua misericordia: vedete come lascia gli apostoli per aspettare la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe, dove sapeva sarebbe venuta: la previene Lui stesso; comincia a parlarle, perché la sua parola piena di dolcezza, unita alla sua grazia, la tocchi e la commuova: le domanda acqua da bere, perché ella stessa gli chieda qualche cosa di più prezioso, la sua grazia. Fu così contento d’aver guadagnato quell’anima che quando gli apostoli lo pregarono di cibarsi: “Oh! no, disse loro.„ Sembrava dicesse: “Ah! no, no, io non penso al cibo del corpo, tanto gioisco d’aver guadagnata un’anima al Padre mio! „ (Giov. IV) Vedetelo nella casa di Simone il lebbroso: non vi si reca per mangiare, ma perché sapeva che vi verrebbe una Maddalena peccatrice: ecco, F. M., che cosa lo conduce a quel banchetto. Osservate la gioia che mostra in volto, vedendo Maddalena a’ suoi piedi, bagnarli di lagrime ed asciugarli co’ suoi capelli. Ma il Salvatore, dal canto suo, la ricompensa: versa a piene mani la grazia nel cuore di lei. Vedete come prende le sue difese contro chi se ne scandalizza (Luc. VI) . Giunge tant’oltre che non contento di perdonarle tutti i peccati e cacciare i sette demoni che aveva in cuore, vuol anche sceglierla per una delle sue spose: vuole che l’accompagni in tutto il corso di sua passione, e che “ … dove sarà predicato il Vangelo, si racconti quanto ella fece per Lui (Matt. XXVI, 13):„ non vuole che si parli de’ suoi peccati, perché son già tutti perdonati coll’applicazione anticipata dei meriti del suo sangue adorabile, che Egli deve spargere. Vedetelo prender la via di Cafarnao per andar a trovare un altro peccatore al suo banco; era S. Matteo, di lui voleva fare uno zelante apostolo (Matt. IX). Domandategli perché prende la via di Gerico; soggiungerà che v’è un uomo chiamato Zaccheo, il quale è in voce di pubblico peccatore; vuol andarlo a trovare per salvarlo, per farne un perfetto penitente. Fa come un buon padre, che ha perduto il suo figliuolo, lo chiama: “Zaccheo, gli dice, discendi, perché oggi voglio venire in casa tua, e vengo per concederti la mia grazia. „ È come se Egli dicesse: “Zaccheo, lascia questo orgoglio e quest’attaccamento ai beni del mondo: discendi, cioè scegli l’umiltà e la povertà.„ Per ben farlo comprendere a quanti erano con Lui, aggiunge: “Questa casa oggi riceve la salute. ,,

1. — O mio Dio! quant’è grande la vostra misericordia pei peccatori! Domandategli ancora perché passò per quella piazza pubblica. “Ah! vi dirà, perché aspetto una donna adultera, che vien condotta alla lapidazione: ed io prenderò la sua difesa contro i suoi nemici, la commuoverò e convertirò.„ Vedete il tenero Salvatore vicino a quella donna, come si comporta, come prende le sue difese? Vedendola circondata dal popolaccio che aspettava solo il segnale per lapidarla, il Salvatore sembra dir loro: “Un momento, lasciatemi fare, poi toccherà a voi. „ Si piega verso terra, scrive, non la sentenza di morte, ma la sua assoluzione. Rialzatosi li guarda. Non sembra dir loro: “Ora che questa donna è perdonata, non è più peccatrice, ma una santa penitente: chi di voi è uguale ad essa? Se siete senza peccato, gettatele la prima pietra.„ Tutti quegli ipocriti, vedendo che Gesù il Cristo leggeva nella loro coscienza, si ritirarono; primi i più vecchi che certamente erano i più colpevoli, poi gli altri. Gesù Cristo, vedendola rimasta sola, le disse con bontà: “Donna, chi ti ha condannato?„ come per dirle: dopo che Io ti ho perdonato, chi avrebbe osato condannarti? ,, Ah! Signore, risposegli la peccatrice, nessuno. — Ebbene! va, e bada di non più peccare (Giov. VIII).„ Vedete ancora che bontà Egli rivela per quella donna che da dodici anni soffriva perdita di sangue. Essa si getta umilmente a’ suoi piedi: “perché, pensava, se posso toccar soltanto il lembo del suo manto, son certa di guarire.„ Gesù Cristo, voltandosi con aria di dolcezza, dice: “Chi mi tocca? Andate, figlia mia, abbiate fiducia, siete guarita nell’anima e nel corpo. „ (Matt. IX). Vedetelo come ha compassione di quel padre, che gli presenta il figlio posseduto dal demonio sin dall’infanzia (Marc. IX)… Vedetelo piangere avvicinandosi a Gerusalemme, che era la figura dei peccatori, che non voglion lasciarsi toccare il cuore. Vedete come piange sulla sua rovina eterna. “Oh! quante volte, ingrata Gerusalemme, volli io ricondurti al seno di mia misericordia, come una chioccia raccoglie i pulcini sotto le ali: ma tu non volesti. O ingrata Gerusalemme che hai ucciso i profeti, e fatto morire i servi di Dio! oh! se almeno volessi ricever la grazia che ti porto! „ (Matt. XIII). Vedete, F. M., come il buon Dio piange la perdita delle anime nostre, quando vede che non vogliamo convertirci? Ora che vediamo quanto Gesù Cristo ha fatto per salvarci, come potremmo disperare della sua misericordia, giacché il suo più grande piacere è di perdonarci: e, per quanto numerosi siano i nostri peccati, se vogliamo lasciarli e pentircene siamo sicuri del perdono? Quand’anche le colpe nostre uguagliassero il numero delle foglie della foresta, saremo perdonati, se il nostro cuore è veramente pentito. Per convincervene, eccone un bell’esempio. Leggiamo nella storia che un giovane, chiamato Teofilo, sacerdote, fu accusato presso il suo Vescovo, e deposto dalla sua dignità. Questa pena lo infuriò talmente, che chiamò il demonio in suo soccorso. Lo spirito maligno gli apparve, promettendogli di fargli ricuperare la sua dignità, a patto che rinnegasse Gesù e Maria. Accecato dal furore, lo fece; e diede al demonio una rinuncia scritta di sua mano. Il giorno dopo il Vescovo, riconosciuto il suo errore, lo chiamò in chiesa, gli domandò perdono d’aver troppo facilmente creduto a quanto gli era stato detto, e lo ristabilì nella sua dignità. Il sacerdote. allora si trovò in grave imbarazzo: per lungo tempo si sentì straziato dai rimorsi della coscienza. Gli venne il pensiero di ricorrere alla Vergine Ss., sentendosi troppo indegno di domandar perdono a Dio. E andò a prostrarsi dinanzi ad un’immagine della Ss. Vergine, pregandola di ottenergli perdono dal suo divin Figliuolo, e a tal fine, digiunò quaranta giorni, e pregò continuamente. Dopo i quaranta giorni, la Vergine gli apparve, dicendogli che gli aveva ottenuto il perdono. Fu consolato da questa grazia: ma gli restava ancora una spina ben profonda da togliersi: era lo scritto dato al demonio. Pensò che Dio non rifiuterebbe questa grazia alla sua Madre: continuò per tre giorni a pregarla, e, finalmente, svegliatosi trovò la carta sul suo petto. Pieno di riconoscenza va in chiesa, e, davanti a tutti, pubblica la grazia che il buon Dio gli aveva concessa per intercessione della sua santa Madre. Facciamo altrettanto: se ci troviamo troppo colpevoli per domandar perdono a Dio, indirizziamoci alla Ss. Vergine, e stiam sicuri del perdono. Ma per incoraggiarvi ad aver gran confidenza nella misericordia di Dio che è infinita, eccone un esempio che il Vangelo ci mette innanzi, il quale ci fa intendere che la misericordia di Dio è senza confini: è quello del Figliuol prodigo, che dopo aver domandato al padre suo quanto gli poteva spettare, andò in paese straniero. Ivi dissipò tutta la sua sostanza, vivendo da libertino e scostumato. La sua cattiva condotta lo ridusse in tal miseria che diventato guardiano di porci, stimavasi troppo fortunato di potersi sfamare colle loro ghiande, sebbene non ne avesse quante la sua fame esigeva. Riflettendo un giorno sulla grandezza della sua miseria, diceva al padrone presso il quale era custode degli immondi animali. “Datemi almeno quanto mangiano le vostre bestie.„ Quale miseria, F. M,, è paragonabile a questa? Eppure nessuno lo soccorreva. Vedendosi ridotto a morir di fame, e vivamente commosso del suo infelice stato, apre gli occhi, e si ricorda di avere un padre tanto buono e che tanto l’amava. Risolve di ritornare alla casa paterna, dove i più umili servi avevano pane più del bisogno. Diceva a se stesso: “Ho errato assai abbandonando il padre mio che tanto mi amava: ho dissipato tutto il mio, menando una vita cattiva: sono tutto lacero e sucido; come potrà il padre mio riconoscermi per suo figlio? Ma mi getterò ai suoi piedi, glieli bagnerò di lagrime: gli domanderò di mettermi solo nel numero dei suoi servi. „ Eccolo che si alza e parte, tutto preoccupato dello stato infelice a cui l’aveva ridotto il suo libertinaggio. Il padre, che ne piangeva da lungo tempo la perdita, vedendolo da lungi venire, dimenticò la tarda età sua, e la cattiva condotta del figlio, si gettò al suo collo per abbracciarlo. Il povero giovane, commosso dell’amore del padre suo: “Ah! padre mio, esclama, ho peccato contro di te e contro il cielo! non merito più d’essere chiamato tuo figliuolo, mettimi solo nel numero dei tuoi servi. — No, no, figlio mio, grida il padre pieno di gioia per la felicità di aver ritrovato il figliuolo che credeva perduto: no, figlio mio, tutto è dimenticato, non pensiamo che a rallegrarci. Gli si porti l’antica veste per ricoprirlo, gli si metta un anello al dito, ed i calzari ai piedi: si uccida un vitello ben pingue, e si faccia festa: perché mio figlio era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato.„ (Luc. XV). Bella immagine, F. M., della grandezza della misericordia di Dio per i più sventurati peccatori! Infatti, allorché abbiam la sventura di peccare ci allontaniamo da Dio, e ci riduciamo, seguendo le nostre passioni, ad uno stato più miserabile dei porci, gli animali più immondi. O mio Dio! quanto il peccato è spaventoso! come si può commetterlo? Ma, per quanto siamo colpevoli, da quando risolviamo di convertirci, al primo segno di conversione le viscere di sua misericordia sono mosse a compassione. Questo tenero Salvatore colla sua grazia va innanzi ai peccatori, li previene favorendoli di consolazioni le più deliziose. Infatti, mai un peccatore prova maggior piacere di quando lascia il peccato per darsi a Dio: gli sembra che niente potrà arrestarlo: né preghiera, né penitenza: niente gli appar troppo duro. O momento delizioso! O quanto saremmo felici, se avessimo la fortuna di comprenderlo! Ma ahimè! non corrispondiamo alla grazia, e quindi questi felici momenti si dileguano. Gesù Cristo dice al peccatore per bocca dei suoi ministri: – Si indossi a questo Cristiano convertito il primo suo abito, che è la grazia perduta del battesimo: lo si rivesta di Gesù Cristo, della sua giustizia, delle sue virtù e meriti tutti.„ Ecco, F. M., il modo con cui ci tratta Gesù Cristo quando abbiam la fortuna di abbandonare il peccato per darci a Lui. Ah! F. M., qual motivo di confidenza per un peccatore, anche se assai colpevole, il sapere che la misericordia di Dio è infinita!

II. — No, F. M., non è la gravità dei nostri peccati, né il loro numero che ci devono spaventare; ma solo le disposizioni che dobbiamo avere. Eccovi, F. M., un altro esempio che ci mostra, che, per quanto colpevoli, siamo sicuri del perdono se vogliamo domandarlo a Dio. Leggiamo nella storia che un gran principe nella sua ultima malattia fu attaccato da una tentazione orribile di diffidenza nella bontà e misericordia di Dio. Il sacerdote che l’assisteva, vedendo che perdeva la confidenza, faceva il possibile per ispirargliela, dicendogli che mai il buon Dio negò il perdono a chi glielo domandò. “No, no, disse l’ammalato, non v’ha più perdono per me, ho fatto troppo male.„ Il sacerdote non trovando altra risorsa, si mise a pregare. In quel mentre Dio gli pose sulle labbra quelle parole che il santo Re profeta pronunciò prima di morire: “Principe, dissegli, ascoltate il profeta penitente; siete peccatore come lui, dite sinceramente con lui: Signore, avrete pietà di me, perché i miei peccati sono grandi, ed è appunto la gravità dei miei peccati il motivo che vi impegnerà a perdonarmi. „ A queste parole il principe svegliandosi come da un profondo sonno, stette un momento come in un trasporto di gioia, e mandando un sospiro profondo: “Ah! Signore, proprio per me furono pronunziate queste parole! Sì, mio Dio, appunto perché ho fatto molto male avrete pietà di me! „ Si confessa, e riceve tutti i Sacramenti versando torrenti di lagrime: fa con gioia il sacrificio di sua vita, e muore con in mano il crocifisso che inonda di lagrime. Infatti, F. M., che cosa sono i nostri peccati, se li paragoniamo alla misericordia di Dio? un granellino in confronto ad una montagna. O mio Dio! come si può acconsentire di andar dannati, mentre costa sì poco il salvarsi, e Gesù Cristo desidera tanto la salvezza nostra? – Però, F. M., se Dio è sì buono da attenderci e riceverci, non bisogna stancare la sua pazienza: se ci chiama, ci invita di venire a Lui, dobbiamo andargli incontro: se ci riceve, dobbiamo essergli fedeli. Invece, F. M., sono forse più di cinque o sei anni che il buon Dio ci chiama: perché restiamo nei nostri peccati? Egli è sempre pronto ad offrirci la grazia, perché non lasciamo il peccato? Infatti, M. F., S. Ambrogio ci dice: “Dio, per quanto buono e misericordioso, non ci perdona se non gli domandiamo perdono, se non uniamo la nostra volontà a quella di Gesù Cristo. „ Ma quale volontà, F. M., domanda Dio da noi? Ecco: è una volontà che corrisponda alle sante sollecitazioni della sua misericordia, che ci faccia dire con S. Paolo: “Voi avete sentito raccontare quali furono la mia condotta e le mie azioni prima che Dio mi facesse la grazia di convertirmi. Perseguitavo la Chiesa di Gesù Cristo con tanta crudeltà, che ne ho orrore io stesso ogni volta che vi penso. Chi avrebbe creduto che appunto questo momento aveva scelto Gesù Cristo per chiamarmi a Lui? In quell’istante fui circondato da una luce: udii una voce che mi disse: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? „ (Gal. I, 13-15). Ah! F. M.! quante volte il buon Dio non ci ha fatto la medesima grazia? Quante volte in peccato, o vicini a cadervi, udimmo una voce interna che ci gridava: Ah! figlio mio, perché vuoi farmi soffrire, e perdere l’anima tua? „ Eccone un bell’esempio. Leggiamo nella storia che un figlio incollerito, uccise il padre suo. Ne concepì un rimorso tale, che sembravagli udir continuamente una voce che gli gridasse: “Ah! figlio mio, perché mi hai ucciso? „ Ne soffriva tanto che egli stesso andò a denunziarsi al giudice. Non solo, F. M., dobbiamo abbandonare il peccato, perché Dio è tanto buono di perdonarci: ma dobbiamo anche piangere di riconoscenza. Ne abbiamo un bell’esempio nel giovane Tobia, guidato e ricondotto dall’Angelo (Tob. XII): il che ci mostra quanto piaccia a Dio essere ringraziato. Leggiamo che quella donna, che da dodici anni soffriva di perdita di sangue, guarita da Gesù Cristo, per riconoscenza e per mostrare a tutti la bontà di Dio con lei, fece erigere vicino alla casa sua una bella statua rappresentante una donna davanti a Gesù Cristo che l’aveva guarita. Parecchi autori ci dicono che attorno vi nasceva un’erba sconosciuta, che quando arrivava alla frangia del vestito della statua guariva ogni sorta di malattie. Vedete S. Matteo, per ringraziar Gesù Cristo della grazia che gli aveva fatto l’invitò a casa sua. e resegli tutti gli onori possibili. Vedete il lebbroso samaritano: vedendosi guarito ritorna su’ suoi passi, si getta ai piedi di Gesù Cristo per ringraziarlo della grazia che gli aveva fatta (Luc. XVII, 16). S. Agostino ci dice che il miglior rendimento di grazie è che l’anima vostra sia sinceramente riconoscente verso la bontà di Dio, dandosi tutta a Lui con tutti i suoi affetti. Vedete il Salvatore quando ebbe guarito i dieci lebbrosi, vedendo che uno solo ritornava a ringraziarlo: “E gli altri nove, dissegli Gesù, non furono parimente guariti? „ (Luc. XVII, 17). Come se avesse detto: Perché gli altri non vengono a ringraziarmi? S. Bernardo ci dice che bisogna essere assai riconoscenti verso il buon Dio, perché ciò lo impegna ad accordarci molte altre grazie. Davvero, F. M.! quante grazie non dobbiam rendere a Dio, di averci creati, di averci redenti colla sua passione e morte, di averci fatto nascere nel seno della sua Chiesa, mentre tanti altri vivono e muoiono fuori del suo seno. Si, F. M., poiché la bontà e la misericordia di Dio sono infinite, procuriamo di ben approfittarne, e così avremo la ventura di piacergli e di conservar le anime nostre nella sua grazia: il che ci procurerà la felicità d’andar un giorno a godere la sua santa presenza con tatti i beati in cielo. Ecco quanto vi auguro.

IL CREDO

 Offertorium

Orémus: Ps IX: 11-12 IX: 13 Sperent in te omnes, qui novérunt nomen tuum, Dómine: quóniam non derelínquis quæréntes te: psállite Dómino, qui hábitat in Sion: quóniam non est oblítus oratiónem páuperum.

[Sperino in te tutti coloro che hanno conosciuto il tuo nome, o Signore: poiché non abbandoni chi ti cerca: cantate lodi al Signore, che àbita in Sion: poiché non ha trascurata la preghiera dei poveri.]

 Secreta

Réspice, Dómine, múnera supplicántis Ecclésiæ: et salúti credéntium perpétua sanctificatióne suménda concéde.

[Guarda, o Signore, ai doni della Chiesa che ti supplica, e con la tua grazia incessante, fa che siano ricevuti per la salvezza dei fedeli.]

COMUNIONE SPIRITUALE

 Communio

Luc XV: 10. Dico vobis: gáudium est Angelis Dei super uno peccatóre poeniténtiam agénte.

[Vi dico: che grande gaudio vi è tra gli Angeli per un peccatore che fa penitenza.]

 Postcommunio

Orémus.

Sancta tua nos, Dómine, sumpta vivíficent: et misericórdiæ sempitérnæ praeparent expiátos. [I tuoi santi misteri che abbiamo ricevuto, o Signore, ci vivifichino, e, purgandoci dai nostri falli, ci preparino all’eterna misericordia.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: SULLA MISERICORDIA DI DIO

DISCORSI DI SAN G. B. M. VIANNEY

CURATO D’ARS

[Vol. III, Marietti Ed. Torino-Roma, 1933

Visto nulla osta alla stampa. Torino, 25 Novembre 1931.

Teol. TOMMASO CASTAGNO, Rev. Deleg.

Imprimatur.

C . FRANCISCUS PALEARI, Prov. Gen.]

Sulla misericordia di Dio.

Erant autem appropinquantes ei publicani et peocatores, ut audirent illum.

(Luc. XV, 1).

La condotta di Gesù Cristo, durante la sua vita mortale, ci mostra la grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Vediamo infatti che tutti vengono presso di Lui: ed Egli, anziché rigettarli o allontanarsi da essi, cerca invece tutti i modi possibili di trovarsi con loro, per attirarli al Padre suo. Li va cercando coi rimorsi della coscienza, li riconduce colle attrattive della sua grazia e li guadagna coi suoi modi amorevoli. Li tratta con tanta bontà, che li difende perfino contro gli scribi ed i farisei che volevano biasimarli e non potevano soffrirli vicino a Gesù Cristo. Giunge anche più oltre; vuol giustificarsi della sua condotta a loro riguardo con una parabola, che dipinge, come meglio non si potrebbe, la grandezza del suo amore pei peccatori, in questo modo: “Un buon pastore, che aveva cento pecore, avendone perduta una, lascia tutte le altre per correr dietro a quella che s’è smarrita: ed avendola trovata, se la mette sulle spalle per evitarle la fatica della strada: riportatala all’ovile, invita i suoi amici a rallegrarsi con lui d’aver trovato la pecora che credeva perduta. „ Aggiunge anche la parabola della donna, che possedendo dieci dramme., ed avendone perduta una, accende la lampada per cercarla in tutti gli angoli di casa sua, e trovatala invita le amiche a rallegrarsene. “Così, disse loro, il cielo tutto gioisce pel ritorno d’un peccatore che si converte e fa penitenza. Non son venuto pei giusti, ma per i peccatori: i sani non hanno bisogno del medico, bensì gli ammalati. „ E Gesù Cristo applica a se stesso queste vive immagini della grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Ah! Fratelli miei, qual felicità per noi il sapere che la misericordia di Dio è infinita! Qual forte desiderio non dobbiam sentire nascere in cuore di gettarci ai piedi d’un Dio che ci riceverà con tanta gioia! F. M., se ci danneremo non avremo scuse, quando Gesù Cristo stesso ci mostrerà che la sua misericordia fu sempre grande abbastanza per perdonarci, per quanto fossimo colpevoli. E per darvene un’idea, oggi vi mostrerò: 1° la grandezza della misericordia di Dio verso i peccatori; 2° ciò che dobbiamo fare da parte nostra, per meritarci la fortuna di ottenerla.

I. — F. M., tutto è consolante, tutto è incoraggiante nella condotta di Dio verso di noi. Quantunque colpevoli, la sua pazienza ci attende, il suo amore ci invita ad uscir dal peccato per ritornare a Lui, la sua misericordia ci riceve fra le sue braccia. Colla pazienza, dice il profeta Isaia, Dio ci attende per usarci misericordia. Appena commesso il peccato, meritiamo d’essere puniti. Niente è più dovuto al peccato quanto la punizione. Dacché l’uomo s’è ribellato al suo Dio, le creature tutte domandano vendetta, dicendo: Signore, volete facciam perire quel peccatore che v’ha oltraggiato? Volete, gli dice il mare, ch’io l’inghiottisca nei miei abissi? E la terra: Signore, debbo aprire le mie viscere per farlo discendere vivo nell’inferno? E l’aria: Signore, mi permettete di soffocarlo? Ed il fuoco: Ah! di grazia lasciatemelo abbruciare. E così tutte le altre creature domandano vendetta ad alte grida. I lampi ed i fulmini vanno avanti al trono di Gesù Cristo domandandogli licenza di annientarlo e divorarlo. — Ma no, risponde il buon Gesù, lasciatelo sulla terra sino al momento stabilito dal Padre mio; forse avrò la fortuna di convertirlo. Se il peccatore si svia ognor più, questo tenero Padre piange su di lui, e non lascia di perseguitarlo colla sua grazia, facendo in lui nascere violenti i rimorsi della coscienza. ” O Dio delle misericordie, esclama S. Agostino, quand’era peccatore m’allontanavo da voi sempre più; i miei passi e le mie azioni tutte erano altrettante nuove cadute nel male; le passioni s’infiammavano ognor più vivamente; eppure avevate pazienza, e m’aspettavate. O pazienza del mio Dio! son tanti anni che vi offendo, e non mi avete ancora punito: donde può venire questa lunga attesa? Davvero, o Signore, è perché volete ch’io mi converta, e ritorni a voi colla penitenza. „ È possibile, F. M., che nonostante il desiderio del buon Dio di salvarci, noi ci perdiamo così deliberatamente? Sì, F. M., se vogliamo percorrere le differenti età del mondo, vediamo la terra ricoperta dappertutto delle misericordie del Signore, e gli uomini avvolti nei suoi benefizi. Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono; ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore, e lo fa ritornare a sé. Ne volete un bell’esempio? Vedete come fece oon Adamo dopo il suo peccato. Invece di punirlo, come si meritava, per quella ribellione contro il suo Creatore, che avevagli concesso tanti privilegi, che l’aveva ornato di tante grazie e destinato per un fine così beato: quello d’esser suo amico e di non morir mai; Adamo, dopo il peccato, fugge la presenza di Dio: ma il Signore, come un padre desolato che ha perduto il figliuol suo, corre a cercarlo, e lo chiama quasi piangendo: “Adamo, Adamo, dove sei? Perché fuggi la presenza del tuo Creatore? „ (Gen. III, 9). Desidera tanto di perdonargli, che neppure gli dà tempo di domandar perdono: subito gli annuncia che vuol perdonargli, che manderà il Figliuol suo, il quale nascerà da una Vergine e riparerà il danno che il peccato ha cagionato a lui ed ai suoi discendenti, e che questa riparazione si farà in un modo ammirabile. Infatti, F. M. , senza il peccato di Adamo, mai avremmo avuto la fortuna d’aver Gesù Cristo per Salvatore, né di riceverlo nella santa Comunione, e neppure di possederlo nelle nostre chiese. Nei lunghi secoli durante i quali l’eterno Padre attese di mandare sulla terra il Figliuol suo, Egli non cessò di rinnovare queste consolanti promesse per bocca dei patriarchi e dei profeti. O carità di Dio, quanto sci grande pei peccatori! Vedete, F. M., la bontà di Dio pel peccatore? Potremo ancora disperare del nostro perdono? Giacché il Signore mostra tanto il desiderio di perdonarci, se restiamo nel peccato è tutta colpa nostra. Vedete che cosa fece con Caino, dopoché questi uccise il fratello. Va a trovarlo per farlo rientrare in se stesso, e potergli perdonare: perché bisogna necessariamente domandargli perdono, se vogliam che ce lo dia. Ah! mio Dio, è troppo! “Caino, Caino, che hai fatto? Domandami perdono, perché io possa perdonarti. „ Caino non vuole, dispera della sua salvezza, si ostina nel peccato. Eppure vediamo il buon Dio che lo lascia a lungo sulla terra per dargli tempo, se avesse voluto, di convertirsi. Vedete ancora la sua misericordia verso il mondo, quando i delitti degli uomini avevano ricoperto la terra infangandola nelle più infami passioni: il Signore era costretto a punirli: ma prima di decidersi, quante precauzioni, quanti avvertimenti, quanti indugi! Li minaccia molto tempo prima di punirli, per iscuoterli e farli rientrare in se stessi. Vedendo che i delitti andavano sempre aumentando, mandò loro Noè, al quale comandò di costruire un’arca, impiegandovi cento anni, e di dire a tutti quanti glielo domandassero, il perché di quella costruzione; che, cioè il Signore voleva far perire il mondo intero, con un diluvio universale, ma che se volevano convertirsi e fare penitenza, cambierebbe il suo decreto. Infine però, vedendo che a nulla servivano tutti questi avvertimenti e che gli uomini si ridevano delle sue minacce, fu obbligato di punirli. E tuttavia sappiamo che il Signore disse che si pentiva d’averli creati: il che ci mostra la grandezza di sua misericordia. E come se avesse detto: Preferirei non avervi creati piuttosto che vedermi costretto a punirvi (Gen. VI). Ditemi, F. M., poteva Egli, quantunque Dio, spingere più lungi la sua misericordia? F. M., cosi Egli aspetta i peccatori a penitenza e ve li invita coi movimenti interiori della sua grazia, e la voce dei suoi ministri. Vedete ancora come si diporta verso Ninive, questa grande città peccatrice. Prima di punirne gli abitanti, comanda al suo profeta Giona, d’andare da parte sua ad annunciar loro che fra quaranta giorni li avrebbe puniti. Giona, invece d’andare a Ninive, fugge in altro luogo. Vuol attraversare il mare: ma Dio, invece di lasciare i Niniviti senza avviso prima di punirli, fa un miracolo per conservare il suo profeta durante tre giorni e tre notti nel seno d’un cetaceo, che al terzo dì miracolosamente lo rigetta sul lido. Allora il Signore dice a Giona: “Va ad annunciare alia grande città di Ninive che fra quaranta giorni sarà distrutta. „ Non mette condizioni. Il profeta, andatovi, annuncia a Ninive che fra quaranta giorni sarebbe perita. A questa notizia, tutti si danno alla penitenza ed alle lagrime, dal contadino fino al re. “Chi sa, dice loro il re, che il Signore non abbia ancora pietà di noi?„ Il Signore, vedendoli ricorrere alla penitenza, sembrò gustare la gioia di perdonarli. Giona, vedendo passato il tempo del castigo, si ritirò fuori della città, per aspettare che il fuoco del cielo cadesse su di essa. Vedendo che non cadeva: “Ah! Signore, esclama, mi fate forse passare per un falso profeta? fatemi piuttosto morire. Ah! io so bene che siete troppo buono; non cercate che di perdonare! — Ecchè, Giona! gli disse il Signore; vorresti ch’Io facessi perire tante persone, che si umiliarono davanti a me? Oh! no, no, Giona, non ne avrei il coraggio: invece li amerò e li conserverò (Jon. I-IV) .„ Ecco precisamente, F. M., quanto fa Gesù Cristo a nostro riguardo: alcune volte sembra voglia punirci senza misericordia: ma al più piccolo pentimento ci perdona e ci rende la sua amicizia. Vedete, quando volle far discendere il fuoco dal cielo sopra Sodoma, Gomorra e le città vicine. Sembrava non potervisi risolvere senza consultare il suo servo Abramo; quasi per sentire che cosa dovesse fare. “ Abramo, dissegli il Signore, i delitti di Sodoma e Gomorra giunsero sino al mio trono; non posso più soffrirli quegli uomini; li farò perire col fuoco del cielo. — Ma, Signore, risponde Abramo, punirete i giusti insieme ai peccatori? — Oh! no, no, gli dice il Signore. — Ebbene! soggiunge Abramo: se vi fossero trenta giusti in Sodoma, la punireste, o Signore? — No, disse, se ne trovo trenta, perdono a tutta la città per amore dei giusti. „ (Gen. XVIII). Arrivò sino a dieci. Ahimè! in una città sì grande non si trovavano dieci giusti! Vedete che il Signore sembrava gioisse di consultare il suo servo su quanto voleva fare. Vedendosi costretto a punirli, mandò subito un Angelo a Lot per dirgli di uscire lui e tutta la sua famiglia, per non andar puniti coi colpevoli (idem XIX). Ah! mio Dio, quale pazienza! quanti indugi prima dell’esecuzione! Volete sapere qual peccato obbligò il Signore a far piombar sulla terra tanti castighi? Ahimè! è il maledetto peccato dell’impurità, di cui la terra era tutta coperta. Volete vedere come Dio tarda a punire? Vedete che cosa fece per castigar Gerico (Gios. VI) . Ordinò a Giosuè di far portare in processione l’arca dell’alleanza, oggetto sacro che mostrava la grandezza della misericordia di Dio. Volle che fosse portata dai sacerdoti, depositari di sua misericordia. Comandò di fare per sette giorni il giro delle mura della città, facendo suonare le medesime trombe che servivano ad annunciare l’anno del giubileo, che era un anno di riconciliazione e di perdono. Eppure vediamo che le stesse trombe destinate ad annunciare loro il perdono, fecero cadere le mura della città, per mostrarci che se non vogliamo approfittare delle grazie che Dio vuol accordarci, diventiamo perciò più colpevoli: ma che se abbiamo la fortuna di convertirci, Egli ne prova una gioia sì grande da dirci che ci dà il perdono con maggior prontezza di quella con cui una madre estrae il suo bambino dal fuoco. Vedemmo, F. M., che dal principio del mondo, sino alla venuta del Messia, tutto è misericordia, grazia, benefizi. Eppure possiamo dire che sotto la legge di amore i benefizi, di cui Dio ha colmato il mondo, sono ancor più abbondanti e preziosi. Quale misericordia nell’eterno Padre il quale non ha che un Figlio, ed acconsente che perda la vita per salvarci tutti! Ah! F. M., se percorressimo tutta la storia delle sofferenze di Gesù Cristo con cuore riconoscente, quante lagrime non verseremmo! Vedendo il tenero Gesù nella culla, ecc.. Vedete che la misericordia del Padre non può andar oltre, poiché avendo un sol Figlio, che è la cosa sua più cara, lo sacrifica per salvarci. Ma se consideriamo l’amore del Figlio, che cosa ne diremo noi? Egli acconsente volontariamente di soffrire tanti tormenti, ed anche la morte per procurarci la felicità del cielo! Ah! F. M., che cosa non ha Egli fatto durante i giorni di sua vita mortale? Non contento di chiamarci a Lui colla sua grazia, e di fornirci tutti i mezzi per santificarci, vedete come corre dietro le pecorelle smarrite: vedete come attraversa le città e le campagne per cercarle e ricondurle nel luogo della sua misericordia: vedete come lascia gli apostoli per aspettare la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe, dove sapeva sarebbe venuta: la previene Lui stesso; comincia a parlarle, perché la sua parola piena di dolcezza, unita alla sua grazia, la tocchi e la commuova: le domanda acqua da bere, perché ella stessa gli chieda qualche cosa di più prezioso, la sua grazia. Fu così contento d’aver guadagnato quell’anima che quando gli apostoli lo pregarono di cibarsi: “Oh! no, disse loro.„ Sembrava dicesse: “Ah! no, no, io non penso al cibo del corpo, tanto gioisco d’aver guadagnata un’anima al Padre mio! „ (Giov. IV) Vedetelo nella casa di Simone il lebbroso: non vi si reca per mangiare, ma perché sapeva che vi verrebbe una Maddalena peccatrice: ecco, F. M., che cosa lo conduce a quel banchetto. Osservate la gioia che mostra in volto, vedendo Maddalena a’ suoi piedi, bagnarli di lagrime ed asciugarli co’ suoi capelli. Ma il Salvatore, dal canto suo, la ricompensa: versa a piene mani la grazia nel cuore di lei. Vedete come prende le sue difese contro chi se ne scandalizza (Luc. VI) . Giunge tant’oltre che non contento di perdonarle tutti i peccati e cacciare i sette demoni che aveva in cuore, vuol anche sceglierla per una delle sue spose: vuole che l’accompagni in tutto il corso di sua passione, e che “ … dove sarà predicato il Vangelo, si racconti quanto ella fece per Lui (Matt. XXVI, 13):„ non vuole che si parli de’ suoi peccati, perché son già tutti perdonati coll’applicazione anticipata dei meriti del suo sangue adorabile, che Egli deve spargere. Vedetelo prender la via di Cafarnao per andar a trovare un altro peccatore al suo banco; era S. Matteo, di lui voleva fare uno zelante apostolo (Matt. IX). Domandategli perché prende la via di Gerico; soggiungerà che v’è un uomo chiamato Zaccheo, il quale è in voce di pubblico peccatore; vuol andarlo a trovare per salvarlo, per farne un perfetto penitente. Fa come un buon padre, che ha perduto il suo figliuolo, lo chiama: “Zaccheo, gli dice, discendi, perché oggi voglio venire in casa tua, e vengo per concederti la mia grazia. „ È come se Egli dicesse: “Zaccheo, lascia questo orgoglio e quest’attaccamento ai beni del mondo: discendi, cioè scegli l’umiltà e la povertà.„ Per ben farlo comprendere a quanti erano con Lui, aggiunge: “Questa casa oggi riceve la salute. ,,

1. — O mio Dio! quant’è grande la vostra misericordia pei peccatori! Domandategli ancora perché passò per quella piazza pubblica. “Ah! vi dirà, perché aspetto una donna adultera, che vien condotta alla lapidazione: ed io prenderò la sua difesa contro i suoi nemici, la commuoverò e convertirò.„ Vedete il tenero Salvatore vicino a quella donna, come si comporta, come prende le sue difese? Vedendola circondata dal popolaccio che aspettava solo il segnale per lapidarla, il Salvatore sembra dir loro: “Un momento, lasciatemi fare, poi toccherà a voi. „ Si piega verso terra, scrive, non la sentenza di morte, ma la sua assoluzione. Rialzatosi li guarda. Non sembra dir loro: “Ora che questa donna è perdonata, non è più peccatrice, ma una santa penitente: chi di voi è uguale ad essa? Se siete senza peccato, gettatele la prima pietra.„ Tutti quegli ipocriti, vedendo che Gesù il Cristo leggeva nella loro coscienza, si ritirarono; primi i più vecchi che certamente erano i più colpevoli, poi gli altri. Gesù Cristo, vedendola rimasta sola, le disse con bontà: “Donna, chi ti ha condannato?„ come per dirle: dopo che io ti ho perdonato, chi avrebbe osato condannarti? ,, Ah! Signore, risposegli la peccatrice, nessuno. — Ebbene! va, e bada di non più peccare (Giov. VIII).„ Vedete ancora che bontà Egli rivela per quella donna che da dodici anni soffriva perdita di sangue. Essa si getta umilmente a’ suoi piedi: “perché, pensava, se posso toccar soltanto il lembo del suo manto, son certa di guarire.„ Gesù Cristo, voltandosi con aria di dolcezza, dice: “Chi mi tocca? Andate, figlia mia, abbiate fiducia, siete guarita nell’anima e nel corpo. „ (Matt. IX). Vedetelo come ha compassione di quel padre, che gli presenta il figlio posseduto dal demonio sin dall’infanzia (Marc. IX)… Vedetelo piangere avvicinandosi a Gerusalemme, che era la figura dei peccatori, che non voglion lasciarsi toccare il cuore. Vedete come piange sulla sua rovina eterna. “Oh! quante volte, ingrata Gerusalemme, volli io ricondurti al seno di mia misericordia, come una chioccia raccoglie i pulcini sotto le ali: ma tu non volesti. O ingrata Gerusalemme che hai ucciso i profeti, e fatto morire i servi di Dio! oh! se almeno volessi ricever la grazia che ti porto! „ (Matt. XIII). Vedete, P. M., come il buon Dio piange la perdita delle anime nostre, quando vede che non vogliamo convertirci? Ora che vediamo quanto Gesù Cristo ha fatto per salvarci, come potremmo disperare della sua misericordia, giacché il suo più grande piacere è di perdonarci: e, per quanto numerosi siano i nostri peccati, se vogliamo lasciarli e pentircene siamo sicuri del perdono? Quand’anche le colpe nostre uguagliassero il numero delle foglie della foresta, saremo perdonati, se il nostro cuore è veramente pentito. Per convincervene, eccone un bell’esempio. Leggiamo nella storia che un giovane, chiamato Teofilo, sacerdote, fu accusato presso il suo Vescovo, e deposto dalla sua dignità. Questa pena lo infuriò talmente, che chiamò il demonio in suo soccorso. Lo spirito maligno gli apparve, promettendogli di fargli ricuperare la sua dignità, a patto che rinnegasse Gesù e Maria. Accecato dal furore, lo fece; e diede al demonio una rinuncia scritta di sua mano. Il giorno dopo il Vescovo, riconosciuto il suo errore, lo chiamò in chiesa, gli domandò perdono d’aver troppo facilmente creduto a quanto gli era stato detto, e lo ristabilì nella sua dignità. Il sacerdote. allora si trovò in grave imbarazzo: per lungo tempo si sentì straziato dai rimorsi della coscienza. Gli venne il pensiero di ricorrere alla Vergine Ss., sentendosi troppo indegno di domandar perdono a Dio. E andò a prostrarsi dinanzi ad un’immagine della Ss. Vergine, pregandola di ottenergli perdono dal suo divin Figliuolo, e a tal fine, digiunò quaranta giorni, e pregò continuamente. Dopo i quaranta giorni, la Vergine gli apparve, dicendogli che gli aveva ottenuto il perdono. Fu consolato da questa grazia: ma gli restava ancora una spina ben profonda da togliersi: era lo scritto dato al demonio. Pensò che Dio non rifiuterebbe questa grazia alla sua Madre: continuò per tre giorni a pregarla, e, finalmente, svegliatosi trovò la carta sul suo petto. Pieno di riconoscenza va in chiesa, e, davanti a tutti, pubblica la grazia che il buon Dio gli aveva concessa per intercessione della sua santa Madre. Facciamo altrettanto: se ci troviamo troppo colpevoli per domandar perdono a Dio, indirizziamoci alla Ss. Vergine, e stiam sicuri del perdono. Ma per incoraggiarvi ad aver gran confidenza nella misericordia di Dio che è infinita, eccone un esempio che il Vangelo ci mette innanzi, il quale ci fa intendere che la misericordia di Dio è senza confini: è quello del Figliuol prodigo, che dopo aver domandato al padre suo quanto gli poteva spettare, andò in paese straniero. Ivi dissipò tutta la sua sostanza, vivendo da libertino e scostumato. La sua cattiva condotta lo ridusse in tal miseria che diventato guardiano di porci, stimavasi troppo fortunato di potersi sfamare colle loro ghiande, sebbene non ne avesse quante la sua fame esigeva. Riflettendo un giorno sulla grandezza della sua miseria, diceva al padrone presso, il quale era custode degli immondi animali. “Datemi almeno quanto mangiano le vostre bestie.„ Quale miseria, F. M,, è paragonabile a questa? Eppure nessuno lo soccorreva. Vedendosi ridotto a morir di fame, e vivamente commosso del suo infelice stato, apre gli occhi, e si ricorda di avere un padre tanto buono e che tanto l’amava. Risolve di ritornare alla casa paterna, dove i più umili servi avevano pane più del bisogno. Diceva a se stesso: “Ho errato assai abbandonando il padre mio che tanto mi amava: ho dissipato tutto il mio, menando una vita cattiva: sono tutto lacero e sucido; come potrà il padre mio riconoscermi per suo figlio? Ma mi getterò ai suoi piedi, glieli bagnerò di lagrime: gli domanderò di mettermi solo nel numero dei suoi servi. „ Eccolo che si alza e parte, tutto preoccupato dello stato infelice a cui l’aveva ridotto il suo libertinaggio. Il padre, che ne piangeva da lungo tempo la perdita, vedendolo da lungi venire, dimenticò la tarda età sua, e la cattiva condotta del figlio, si gettò al suo collo per abbracciarlo. Il povero giovane, commosso dell’amore del padre suo: “Ah! padre mio, esclama, ho peccato contro di te e contro il cielo! non merito più d’essere chiamato tuo figliuolo, mettimi solo nel numero dei tuoi servi. — No, no, figlio mio, grida il padre pieno di gioia per la felicità di aver ritrovato il figliuolo che credeva perduto: no, figlio mio, tutto è dimenticato, non pensiamo che a rallegrarci. Gli si porti l’antica veste per ricoprirlo, gli si metta un anello al dito, ed i calzari ai piedi: si uccida un vitello ben pingue, e si faccia festa: perché mio figlio era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato.„ (Luc. XV). Bella immagine, F. M., della grandezza della misericordia di Dio per i più sventurati peccatori! Infatti, allorché abbiam la sventura di peccare ci allontaniamo da Dio, e ci riduciamo, seguendo le nostre passioni, ad uno stato più miserabile dei porci, gli animali più immondi. O mio Dio! quanto il peccato è spaventoso! come si può commetterlo? Ma, per quanto siamo colpevoli, da quando risolviamo di convertirci, al primo segno di conversione lo viscere di sua misericordia sono mosse a compassione. Questo tenero Salvatore colla sua grazia va innanzi ai peccatori, li previene favorendoli di consolazioni le più deliziose. Infatti, mai un peccatore prova maggior piacere di quando lascia il peccato per darsi a Dio: gli sembra che niente potrà arrestarlo: né preghiera, né penitenza: niente gli appar troppo duro. O momento delizioso! O quanto saremmo felici, se avessimo la fortuna di comprenderlo! Ma ahimè! non corrispondiamo alla grazia, e quindi questi felici momenti si dileguano. Gesù Cristo dice al peccatore per bocca dei suoi ministri: – Si indossi a questo Cristiano convertito il primo suo abito, che è la grazia perduta del battesimo: lo si rivesta di Gesù Cristo, della sua giustizia, delle sue virtù e meriti tutti.„ Ecco, F. M., il modo con cui ci tratta Gesù Cristo quando abbiam la fortuna di abbandonare il peccato per darci a Lui. Ah! F. M., qual motivo di confidenza per un peccatore, anche se assai colpevole, il sapere che la misericordia di Dio è infinita!

II. — No, F. M., non è la gravità dei nostri peccati, né il loro numero che ci devono spaventare; ma solo le disposizioni che dobbiamo avere. Eccovi, F. M., un altro esempio che ci mostra, che, per quanto colpevoli, siamo sicuri del perdono se vogliamo domandarlo a Dio. Leggiamo nella storia che un gran principe nella sua ultima malattia fu attaccato da una tentazione orribile di diffidenza nella bontà e misericordia di Dio. Il sacerdote che l’assisteva, vedendo che perdeva la confidenza, faceva il possibile per ispirargliela, dicendogli che mai il buon Dio negò il perdono a chi glielo domandò. “No, no, disse l’ammalato, non v’ha più perdono per me, ho fatto troppo male.„ Il sacerdote non trovando altra risorsa, si mise a pregare. In quel mentre Dio gli pose sulle labbra quelle parole che il santo Re profeta pronunciò prima di morire: “Principe, dissegli, ascoltate il profeta penitente; siete peccatore come lui, dite sinceramente con lui: Signore, avrete pietà di me, perché i miei peccati sono grandi, ed è appunto la gravità dei miei peccati il motivo che vi impegnerà a perdonarmi. „ A queste parole il principe svegliandosi come da un profondo sonno, stette un momento come in un trasporto di gioia, e mandando un sospiro profondo: “Ah! Signore, proprio per me furono pronunziate queste parole! Sì, mio Dio, appunto perché ho fatto molto male avrete pietà di me! „ Si confessa, e riceve tutti i Sacramenti versando torrenti di lagrime: fa con gioia il sacrificio di sua vita, e muore con in mano il crocifisso che inonda di lagrime. Infatti, F. M., che cosa sono i nostri peccati, se li paragoniamo alla misericordia di Dio? un granellino in confronto ad una montagna. O mio Dio! come si può acconsentire di andar dannati, mentre costa sì poco il salvarsi, e Gesù Cristo desidera tanto la salvezza nostra? – Però, F. M., se Dio è sì buono da attenderci e riceverci, non bisogna stancare la sua pazienza: se ci chiama, ci invita di venire a Lui, dobbiamo andargli incontro: se ci riceve, dobbiamo essergli fedeli. Invece, F. M., sono forse più di cinque o sei anni che il buon Dio ci chiama: perché restiamo nei nostri peccati? Egli è sempre pronto ad offrirci la grazia, perché non lasciamo il peccato? Infatti, M. F., S. Ambrogio ci dice: “Dio, per quanto buono e misericordioso, non ci perdona se non gli domandiamo perdono, se non uniamo la nostra volontà a quella di Gesù Cristo. „ Ma quale volontà, F. M., domanda Dio da noi? Ecco: è una volontà che corrisponda alle sante sollecitazioni della sua misericordia, che ci faccia dire con S. Paolo: “Voi avete sentito raccontare quali furono la mia condotta e le mie azioni prima che Dio mi facesse la grazia di convertirmi. Perseguitavo la Chiesa di Gesù Cristo con tanta crudeltà, che ne ho orrore io stesso ogni volta che vi penso. Chi avrebbe creduto che appunto questo momento avevascelto Gesù Cristo per chiamarmi a Lui? In quell’istante fui circondato da una luce: udii una voce che mi disse: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? „ (Gal. I, 13-15) Ah! F. M.! quante volte il buon Dio non ci ha fatto la medesima grazia? Quante volte in peccato, o vicini a cadervi, udimmo una voce interna che ci gridava: Ah! figlio mio, perché vuoi farmi soffrire, e perdere l’anima tua? „ Eccone un bell’esempio. Leggiamo nella storia che un figlio incollerito, uccise il padre suo. Ne concepì un rimorso tale, che sembravagli udir continuamente una voce che gli gridasse: “Ah! figlio mio, perché mi hai ucciso? „ Ne soffriva tanto che egli stesso andò a denunziarsi al giudice. Non solo, F. M., dobbiamo abbandonare il peccato, perché Dio è tanto buono di perdonarci: ma dobbiamo anche piangere di riconoscenza. Ne abbiamo un bell’esempio nel giovane Tobia, guidato e ricondotto dall’Angelo (Tob. XII): il che ci mostra quanto piaccia a Dio essere ringraziato. Leggiamo che quella donna, che da dodici anni soffriva di perdita di sangue, guarita da Gesù Cristo, per riconoscenza e per mostrare a tutti la bontà di Dio con lei, fece erigere vicino alla casa sua una bella statua rappresentante una donna davanti a Gesù Cristo che l’aveva guarita. Parecchi autori ci dicono che attorno vi nasceva un’erba sconosciuta, che quando arrivava alla frangia del vestito della statua guariva ogni sorta di malattie. Vedete S. Matteo, per ringraziar Gesù Cristo della grazia che gli aveva fatto l’invitò a casa sua. e resegli tutti gli onori possibili Vedete il lebbroso samaritano: vedendosi guarito ritorna su’ suoi passi, si getta ai piedi di Gesù Cristo per ringraziarlo della grazia che gli aveva fatta (Luc. XVII, 16). S. Agostino ci dice che il miglior rendimento di grazie è che l’anima vostra sia sinceramente riconoscente verso la bontà di Dio, dandosi tutta a Lui con tutti i suoi affetti. Vedete il Salvatore quando ebbe guarito i dieci lebbrosi, vedendo che uno solo ritornava a ringraziarlo: “E gli altri nove, dissegli Gesù, non furono parimente guariti? „ (Luc. XVII, 17). Come se avesse detto: Perché gli altri non vengono a ringraziarmi? S. Bernardo ci dice che bisogna essere assai riconoscenti verso il buon Dio, perché ciò lo impegna ad accordarci molte altre grazie. Davvero, F. M.! quante grazie non dobbiam rendere a Dio, di averci creati, di averci redenti colla sua passione e morte, di averci fatto nascere nel seno della sua Chiesa, mentre tanti altri vivono e muoiono fuori del suo seno. Si, F . M., poiché la bontà e la misericordia di Dio sono infinite, procuriamo di ben approfittarne, e così avremo la ventura di piacergli e di conservar le anime nostre nella sua grazia: il che ci procurerà la felicità d’andar un giorno a godere la sua santa presenza con tatti i beati in cielo. Ecco quanto vi auguro.

LO SCUDO DELLA FEDE (160)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (28)

FIRENZE – DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA – 1861

SECONDA PARTE.

Genuino prospetto del Cattolicismo, e del Pretestantismo, delineato dai Protestanti.

PRATTENIMENTO III

Prospetto del Protestantesimo

PUNTO II.

Effetti e orride dottrine della Riforma: putrefazione e disfacimento del Protestantismo.

44. « Le conseguenze di ciò, per rispetto alla morale del popolo, furono tali quali dovevano necessariamente aspettarsi. Tutti gli storici convengono in asserire, che: vizj d’ogni genere, ed i misfatti d’ogni maniera non erano mai per l’addietro avvenuti né così orribili, né così numerosi. Ciò venne altresì confessato dagli stessi maestri della Riforma, e tuttora i protestanti hanno magnificato questo regno come il regno della coscienza e della Religione! Egli era così evidente che il cangiamento era iniquo, che gli uomini non poterono procedere per errore! » (Cobbet, Ivi, Lett. 7, § 201)

45. « Sin dal principio i Protestanti cominciarono ad esser fra se stessi discordi; ma tutti sostenevano, che la sola fede bastava ad assicurare la salvezza; mentre i Cattolici sostenevano che le opere buone pur anco son necessarie. Il più malvagio degli uomini, il più brutale e sanguinario de tiranni esser puote (secondo questa dottrina) uno zelatore credente, poiché gli stessi diavoli credono: ed è perciò che a prima giunta, sembraci veramente cosa strana, che Enrico VIII non divenisse subito uno zelator protestante, vale a dire uno de’ più devoti discepoli di Lutero. Egli lo sarebbe stato senza dubbio; ma Lutero cominciò la sua Riforma alcuni anni troppo presto pel Re… Se cominciato avesse dodici anni dopo, il Re sarebbe divenuto ad un tratto protestante, nel vedere specialmente che questa novella religione permetteva a Lutero e a sette altri de’ suoi fratelli, fautori della Riforma, di accordare di loro propria autorità una licenza al Langravio di Assia, di aver due mogli ad un tempo stesso!!… Una religione sì compiacente e sì tollerante senza dubbio sarebbe stata, ed era precisamente secondo il gusto del Re all’epoca del divorzio; ma ebbe luogo dodici anni troppo presto per lui.  » (Il medes: Op, cit. Lett, 3, § 10). Insomma, ritornando al punto …

« I Riformatori differivano l’uno dall’altro nella più parte delle cose, come i colori dell’iride; ma essi tutti accordavansi in questo, cioè che le opere buone non eran necessarie alla salvezza, e che i Santi (come avean la modestia di chiamar sè stessi) non potevan perdere il lor diritto al cielo per quantunque peccati, comunque molti ed enormi si fossero.! » (Cobbet ivi, Lett. XI, § 328)

« La nostra Chiesa, seguendo il corso del tempo, che cosa ella mai divenne, se non una nuova e vera Babilonia?? » (Giul. di Mueller, nel periodico: La Chiesa Cristiana nella sua idea, T, 1, p. 59).

« Fra tanti dicitori non ve ne son neppur due, i quali sieno d’accordo fra loro. In quella guisa stessa che ciascuno ha la sua peculiare fisonomia, ciascuno in pari tempo ha un’opinione tutta sua propria e speciale. Non sarebbe in verità cosa soverchiamente meravigliosa, se noi banditori di religione fossimo annoverati nella cerchia di quegli antichi aruspici, i quali per avventura incontrandosi insieme, e non sapendo che dirsi, scambievolmente si deridevano. E Tullio che così li descrive. » (I. H. Tiestrunk, Critica del dogma cristiano protestante, 1799, T, 1, prefazione).

« Ecco poi perché il popolo fa le risa e si burla di essi, come farebbe di falsi profeti; ecco perché in esso l’apatia e l’indifferenza s’intromette in luogo di un fervoroso e sublime amore alla religione. Ciò è un gran motivo di sofferenza per il nostro stato ecclesiastico. Quanto per lo meglio si può, fannosi le beffe de’ predicatori, perché non veggono in essi che falsi profeti » (Luedke, Dialoghi sull’abolizione dello stato ecclesiastico).

« Si scorge facilmente, e questo è cagione di non poca meraviglia, che nel breve spazio di due leghe si vuol far credere a quattro, cinque ed eziandio a più sorte di Vangeli; ed il popolo che esamina attentamente, ben se ne avvede…. Egli molto se ne querela, e disprezza e non cura i suoi maestri; che anzi con male parole li vilipende e li umilia;… niun’altra stima egli ne ha che di uomini di pessima fiducia», o per lo meno ignorantissimi… Il popolo semplice, secondo che è, crede esser la verità una sola, e non cape nell’intelletto, per beneficio della Provvidenza, come mai ciascuno di cotali signori si abbia una sua propria e speciale verità. » (Fischer, Introduzione alla dogmatica della Chiesa evangelico-protestante. Tubinga 1828, p. 210.) Nè questo è il peggio! Ascolta.

46. « Le Confessioni protestanti si sono dilungate dalla Chiesa (Cattolica). Perocchè appellando esse alla Scrittura come ad unico fondamento, hanno rinunziato al Divin Paracleto, e all’influenza che Egli si ha nella Chiesa universale che tanto vale fin nella stessa Scrittura, che ne è anzi il fondamento. E se per avventura l’ammettono, ciò non addiviene altrimenti, se non perché gli danno una certa azione entro di sé medesimi soggettivamente. Però togliendo via a questo modo l’ordine statuito dal Fondatore, con propria autorità, é avvenuto che lo Spirito Santo non gli ha più assistiti col divino suo lume. » (Binder, Il discioglimento completo del protestantismo, T. I, p. 10, Sciaffusa 1844).

« La Scrittura salì in quel grado medesimo di autorità che per l’avanti l’antica gerarchia avea posseduto, e questa in un colla sua forza ordinatrice ed unitiva venne meno e scomparve dalla Chiesa (protestante)… Se con buona volontà, con retta fede e con mano esperta si fosse purgata la Chiesa, in vece di rovinarla, ben avrebbe potuto ringiovanire la fede, levare in alto i sentimenti e dar novella e giusta vita all’obbedienza. » (Enrico Steffens, Op. cit., p 14, Nota 1, p. 298).

« L’unione della fede e della libertà, che i Riformatori volevano porre in effetto, non ha resistito; e l’età a noi più vicina ha cacciato fuori l’una appresso l’altra le pietre, delle quali si compone l’edificio della Chiesa. » (Hullmann, Studi teologici, cc. 1832).

« Moltissime prediche fatte dai così detti sopraintendenti e sopraintendenti generali della Corte, si potrebbero convenevolmente e con efficacia tenersi dinanzi alle Sinagoghe degli Ebrei, e dalle Moschee de’ Turchi! Né vi mancherebbe altro, se non torne la parola – Cristianesimo, – e il nome venerando di Cristo, che quivi veramente si trovano per causa di disonore nominati !… e sostituirvi, indovinando così la mente degli uditori, dettati ed insegnamenti de’ più savi fra i pagani, come a cagion di esempio Socrate, Platone, Confucio, Zoroastro, Maometto, ed altri di tal guisa. » (Corrispondenza omiletica, liturgica del 1830, N. 116.). Ma vi è ancora di peggio!… Ascolta.

47. « Niuno sale i pergami, o monta sulle cattedre, che uomo vile o vendereccio non ‘sia, o incredulo mercenario, o parassita, o cane mutolo, o lima sorda! » (H. Dietz, Sermone in onora della festa tresecolare della Riforma, 1830).

« La nostra scuola popolare, per quello che si appartiene principalmente alle istituzioni primarie, è pagana. Il principio cristiano o è del tutto scientemente sbandito, o pure per non curanza scomparisce; e se in qualche maniera se ne fa cenno, lo si fa per guisa accidentale, e toccandogli il primo, gli si dà l’ultimo posto. Le nostre scuole sono profanate. Sono istituti intesi a metter la gioventù per entro gli artifizii e gli addestramenti, cui si crede menar diritto a’ guadagni terreni, all’industria ed alle arti; e ciò facendo, si spera di formar buoni cittadini, quasi che potesse altri essere un vero e buon cittadino di uno Stato cristiano, senza esser Cristiano, ovvero che il Cristianesimo non fosse il fondamento e la colonna de nostri Stati cristiani e della loro Costituzione.! » (F. A. Krummacher, Sermoni di vario argomento, p. 81).

« L’anticristianesimo si vede e si ode chiaramente; perocché a voce alta se ne leva la troppo subita fama. Avevamo noi la Bibbia, ed era essa il fondamento della nostra fede; ma adesso non oso dirlo, né lo potrei dire; giacché essa s’interpreta per modo, che là dove le nostre Università spingano più innanzi, per questo riguardo, io temo forte che da sé stesse si scavino la fossa, e si procaccino la loro estrema rovina. » (2 Giul. di Mueller, nel foglio periodico del Archenholz, intitolato. La Minerva, Luglio 1809, p. 67).

» Tanto è il novero di quei tali che spiegano naturalmente i miracoli del Nuovo Testamento nella Chiesa protestante, che senza tema di dare in fallo si può chiamare una legione, sicché i loro seguaci sono innumerabili come le stelle del firmamento. » (Op. Sulla Bibbia ed i libri liturgici 1798, Coburgo, p. 21) « Non vi ha dogma del Cristianesimo Evangelico-protestante, come che sia fondamentale, contro del quale non si volga in istile ed in modo oltre ogni credere pungente una copia abbondevolissima di scritti. » (I. R. Piderit, Considerazioni in difesa e schiarimento del Canone della Scrittura Etc. , Erlangen, 1775, p. 85.).

« Che diremo oggimai dei libri protestanti in fatto di cristiana morale? Che vi ha in essi che pur sappia, sia pur debolmente; di cristianesimo oltre il titolo? » (De Wette, Almanacco della Riforma 1819)

«Se vi fosse una legge pur tale, che mediante la sua censura desse proibizione di stampare cosa alcuna contro la Chiesa, converrebbe dichiarare proscritta tutta intiera la moderna letteratura teologica, se già non se n’accettassero alcuni trattatelli.! » (H. Hase, Gnosis, ossia, Dottrina evangelica per gli uomini colti, 1829, 1-3,).

« Si può anche tenere, che Lucifero stesso caduto a basso creda assai più che parecchi. di questi nostri espositori della Sacra Scrittura, e che Maometto sia di più gran lunga di costoro migliore. » (Ewald, Considerazioni sopra le parabole di Gesù Cristo, Annover).

« Il Maomettano crede pur anco ai miracoli di Cristo, e per conseguente più si avvicina ai Cristiani che questi moderni dottori protestanti. » (Trembley, Sur l’Etat present du Christianisme, P. 13).

« In mezzo a’ Turchi (incredibile a dirsi!) non è dato di bestemmiare a chicchesia, né così alla sfacciata e senza alcun timore di pena; il nome di Cristo, di Abramo e di Mosè, come per una rea usanza fra i Cristiani Evangelici, e nei loro scritti continuamente arcade! » (E F, de Marees, Lettere nuove in difesa della fede.)

48. « La Chiesa protestante è presso ad esser ridotta in fascio. Conciossiachè talmente sia guasta, da tornar vana ed inutile qualunque opera di ristorazione  o di puntello si opponga alla rovina di lei. » (F. Boll, nella Gazzetta ecclesiastica di Darmstadt 1831, N. 150).

« L’altezza di questo edificio a vero dire, è già crollata, e la religione Evangelica è pur ridotta in un punto da cui più non si  risorge. » (Di Woltmann, Storia della Riforma etc. 1800, T. 1, prefazione, p. 13.).

« E facendoci fin dalle prime a veder tritamente in che consista, e d’onde abbia avuto principio cotanta corruzione della Chiesa, ben si scorge chiaramente che l’idea del Cristianesimo non solamente in mezzo ai predicatori, ma eziandio per entro le recenti coetanee generazioni si è ecclissata e si è spenta. Insieme alla forma già travalicata nella vecchiezza, essa ha perduto anche lo spirito, e la Vita, e le luci; che perfino non si presta credenza ed ossequio a un Dio personale, cosicché appena si osa pronunziar colle labbra tremanti questo nome!!! Da tutto ciò che andiamo discorrendo si pare chiaro che non vi ha fondamento alcuno, per poco buono e saldo che sia, su cui posarsi. » (Zimmermann, nella Gazzetta ecclesiastica universale di Darmstadt; 1851, N. 70).

49. « Non vi occorrono dimostrazioni, tanto la cosa è facile, ed è stata messa le mille volte in luce: il Protestantismo non può metter bene addentro le radici, e produrre ed allargare i suoi rami in altro terreno che di razionalismo non sia. Perocchè appunto su questo sì reggono e si fondano î protestanti. » (Sittig, nella stessa Gazzetta, 1830, n. 66).

« Oltre chè il razionalismo ben si pare una continua manifestazione dell’Anticristo. » (GA Rudelbach, La natura del razionalismo, 1830).

«Non vi è angolo di terra della Germania protestante, il quale di novelli panteisti non sia fecondissima. Il panteismo è la religione dei nostri più grandi pensatori, dei più eccellenti fra gli artisti. Nessuno si prova di farne parola, ma non vi ha neppur uno che non sappia il panteismo essere nella Germania il mistero pubblico, la segreta religione della Germania » (Heine, Sala di conversazione. Lipsia 1845, T. 2 p. 17)

« Sarà il mondo presente giunto a sì alto acume ed a così sublime raffinamento, da reputar cosa ridevole il credere in un Dio, come è ridicola la fede dell’esistenza degli spettri ? » (Lichtemberg. Opere varie, T. 1, p. 166).

« O protestantismo!… o protestantismo!…ove mai ti sei condotto ? Non ti accorgi che i medesimi tuoi seguaci al cospetto delle intelligenze protestano contro qualunque religione ? » (H. Jenisch. Sull’adorazione di Diop e sulle riforme ecclesiastiche, 1803).

« Lutero edificò la sua Chiesa; noi ci riuniamo insieme come per tributarne lodi e grazie senza fine a Dio: ma ohimè! Mentre preghiamo, essa già non esiste più. »