AL DI FUORI DELLA CHIESA CATTOLICA NON C’È SALVEZZA -4-

georgehay

Vesc. George Hay

PARTE VII

 D. 21. Come si dimostra che quando un uomo resiste o trascura le grazie di Dio, esse sono da lui prese? E che: se le avesse perse, la colpa è solo sua?

R. Questo fatto è evidente da tutta la Scrittura; ma perché possa essere pienamente compreso, dobbiamo considerare le diverse fatali conseguenze che derivano da un abuso ostinato di queste grazie:

(1) Queste grazie sono ritirate da loro; infatti, Dio, nella sua misericordia infinita, aspetta non una sola volta pazientemente i peccatori, rinnovando le sue iniziative volte alla loro conversione; ma se essi ancora resistono o abusano caparbiamente delle sue grazie, queste vengono diminuite, poi sempre più rarefatte. Così il nostro Salvatore dice del servo inutile, “Toglietegli la mina” …. e “ … a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” [Luca XIX: 24, 26]. E questo in che senso? Se egli non ha, come gli si può prendere qualcosa? Il senso è, che chi non ha migliorato quello che già possiede, gli sarà tolto anche quello che ha. Lo stesso si ripete in diverse altre occasioni.

(2) Quanto più le grazie di Dio sono indebolite o ritirate dai peccatori per i loro abusi ripetuti, più le loro passioni si rafforzano nei loro cuori, acquisendo così esse una maggiore padronanza di essi, fino a renderli loro miserabili schiavi; “Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito. L’ho abbandonato alla durezza del suo cuore, che seguisse il proprio consiglio. ” [Ps. LXXX: 12] E S. Paolo ci assicura che, mentre i saggi tra le nazioni pagane, con la luce della ragione stessa, sono pervenuti ad una chiara conoscenza dell’esistenza di Dio e della sua potenza e Divinità, questi, “… , pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa” [Rom. I: 21].

(3) Se la loro ostinazione aumenta ancora, essi chiudono gli occhi alla luce della verità che Dio offre loro, permettendo loro di essere sedotti dalla menzogna, e “… dare retta a spiriti dell’errore e a dottrine diaboliche “. [1 Tim. IV: 1] Così: “… con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità” [2 Ts. II: 10]. Questo testo molto duro, mostra chiaramente due grandi verità: in primo luogo, che Dio offre la verità a tutti; e, in secondo luogo, che la fonte della loro dannazione è del tutto proveniente da se stessi, per il rifiuto di riceverLo.

(4) Se, pertanto, continuano, nella loro perversione, e muoiono nei loro peccati, la loro parte sarà una condanna terribile per sempre; a loro “Dio, nella sua ira, giura che essi non entreranno nel suo riposo”. [Ps. XCIV: 2] Su di essi Egli pronuncia quella frase terribile: ” Poiché vi ho chiamato e avete rifiutato, ho steso la mano e nessuno ci ha fatto attenzione; avete trascurato ogni mio consiglio, e la mia esortazione non avete accolto; anch’io riderò delle vostre sventure, mi farò beffe quando su di voi verrà la paura, quando come una tempesta vi piomberà addosso il terrore, quando la disgrazia vi raggiungerà come un uragano, allora mi invocheranno, ma io non risponderò, mi cercheranno, ma non mi troveranno. Poiché hanno odiato la sapienza e non hanno amato il timore del Signore; non hanno accettato il mio consiglio e hanno disprezzato tutte le mie esortazioni; mangeranno il frutto della loro condotta e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni.” [Prov. I: 24-30]. – La loro condanna è prefigurata in quella di Gerusalemme che era stata ribelle a tutte le chiamate di Dio, e la cui sorte il nostro Salvatore lamenta in queste parole impressionanti: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sarà lasciata deserta! “. [Matt. XXIII: 37]! “… vorrei, e Tu non hai voluto”. Questa è il loro grande crimine: ti ho inviato il mio profeti e servi, le mie grazie e le luci, i profeti e i santi, ma questi li hai abbattuti e distrutti, e non hai dato nessun ascolto a loro! Il destino miserabile di tutti questi peccatori infelici, così come pure profetizzata a Gerusalemme, strappa le lacrime dagli occhi di Gesù, quando Egli, piangendo su quella città, disse: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace! Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. [S. Luca XIX: 42-44] – Costoro sono quelli che, essendo stati invitati al matrimonio-cena del gran Re, ne hanno respinto l’invito uccidendone i servi; per cui: “… ha inviato le sue truppe a sterminare quegli omicidi, e bruciato la loro città,” [Matt. XXII: 7], dichiarando alfine che: “… nessuno di loro dovrebbe gustato della sua cena”.

D. 22. Qual è la conclusione di tutte queste verità?

R. La conclusione è molto semplice – e cioè, se Dio Onnipotente si è compiaciuto di enunciare che nessuno sarà salvato se non ha la vera fede di Gesù Cristo e non è in comunione con la Sua Santa Chiesa; questo non è in contrasto con l’infinita bontà di Dio, perché Egli dà a tutti le grazie sufficienti, per mezzo delle quali tutti possono, se corrispondono ad esse, essere portati alla vera fede e alla Chiesa di Cristo; e se qualcuno si perde, questo non è dovuto certamente ad alcuna mancanza della bontà di Dio, ma al loro abuso delle grazie loro elargite. Su alcuni, anzi, Egli dona queste grazie più abbondantemente, dando loro cinque talenti, mentre agli altri ne ha dato, più parsimoniosamente, a chi due, e a qualcuno uno solo; ma Egli dà a tutti sufficientemente per il loro presente volere, e darà ancor più se questi si migliorano, finché al termine li possa portare alla conoscenza della sua verità e alla salvezza.

D. 23. Ma supponiamo che una persona viva nella selvaggia Tartaria o in America dove il nome di Cristo non è mai stato ascoltato: supponiamo anche che questa persona partecipi ai dettami della coscienza illuminata dalle grazie che Dio si compiace di dargli, e costantemente si conformi ad esse: ancora, come è possibile che possa essere portato alla conoscenza ed alla fede di Gesù Cristo?

R. Questo caso è certamente possibile; e se dovesse capitare non può essere messo in dubbio, ma Dio Onnipotente, con i tesori della sua infinita saggezza, fornisce i mezzi per portare una persona alla conoscenza della verità, anche se dovesse inviare un Angelo dal cielo per istruirlo. “La mano del Signore non è accorciata, perché Egli non possa salvare” [Isa.], in qualunque difficoltà una povera anima possa essere; Egli ha, fatto cose meravigliose nel passato in casi di questo genere, ed è certamente in grado di fare nuovamente lo stesso: e dal momento che ha così chiaramente annunziato, che fuori della Vera Chiesa e senza vera fede in Cristo non c’è salvezza, non ci può essere alcun dubbio che, nel caso supposto, si sarebbe preso cura efficacemente nel portare una persona alla felicità.

D. 24. C’è nella Scrittura qualche passo che con autorità dimostri questo?

R. Non ci può essere più valida prova della Scrittura di alcuni fatti non correlati. Abbiamo infatti in essa due bellissimi esempi dell’agire di Dio in tal fatta per casi simili, il che dimostra che potrebbe fare ancora lo stesso, se qualche evenianza lo richiedesse. L’uno è quello dell’eunuco di Candace, regina d’Etiopia: egli, seguendo le luci che Dio gli aveva dato, pur vivendo a grande distanza da Gerusalemme, aveva conosciuto il culto del vero Dio, tanto che era solito passare, di tanto in tanto, del tempo a Gerusalemme per adorarLo. Quando, però, il Vangelo cominciò ad essere annunciato, la religione ebraica non poteva più salvarlo; ma essendo egli ben disposto dalla fedeltà alle grazie che aveva fino a quel momento ricevute, non venne abbandonato da Dio Onnipotente; infatti quando stava tornando al suo paese da Gerusalemme, il Signore gli inviò, portato da un Angelo, San Filippo affinché lo incontrasse, lo istruisse nella fede di Cristo, e lo battezzare. [Atti VIII: 26]. – L’altro valido esempio è quello di Cornelio, un ufficiale dell’esercito romano della truppa italica cresciuto nell’idolatria. Nel corso degli eventi storici, il suo reggimento giunse in Giudea, ove vigeva una religione diversa dalla propria: il culto di un solo Dio. Per la grazia attivata nel suo cuore, credette in questo unico Dio, e seguendo gli ulteriori movimenti della grazia divina, si mise a dare molte elemosine ai poveri, pregando intensamente questo Dio che gli dicesse direttamente cosa fare. Dio lo ha abbandonato? No assolutamente; ma mandò un Angelo dal cielo a dirgli da chi doversi recare al fine di essere pienamente istruito nella conoscenza e nella fede di Gesù Cristo, ed essere accolto nella sua Chiesa mediante il Battesimo. Ora, ciò che Dio ha fatto in questi due casi, non è forse in grado di farlo analogamente in tutti gli altri casi, Lui che ha mille modi nella sua saggezza per condurre le anime che desiderano in modo veramente serio la conoscenza della verità e la salvezza? Ed anche se una tale anima si trovasse nelle più remote regioni selvagge del mondo, Dio non potrebbe inviarle un Filippo o un Angelo dal cielo per istruirlo e così, con la sovrabbondanza della sua grazia interna o con innumerevoli altri modi a noi sconosciuti, non potrebbe infondere nella sua anima la conoscenza della verità? La faccenda in verità è: che dobbiamo attentamente fare la nostra parte nel rispettare ciò che Dio ci concede; in virtù di questo noi siamo certi, che se non ci mancherà il desiderio di Lui, Dio non sarà mai manchevole verso di noi, e quando comincia il buon lavoro in noi, questo sarà anche portato alla perfezione se siamo attenti ad assecondarlo e a non frapporre ostacoli ai suoi disegni.

D. 25. Ma se non si è portati alla fede ed alla Chiesa di Cristo, come che si può corrispondere alle grazie ricevute?

R. Dio non voglia; sebbene sia certo che Dio non mancherà di portare tutte le persone alla fede ed alla Chiesa di Cristo se esse corrispondono fedelmente alle grazie che Egli dona loro, Egli stesso non si limita comunque nel conferire quella singolare pietà a tutti gli altri. Se fosse infatti questo il caso, pochi in effetti avrebbero potuto riceverla! Ma Dio, per mostrare le infinite ricchezze della sua bontà e la sua misericordia, la dona a molti anche tra i più immeritevoli; l’ha conferita infatti anche a molti degli ebrei increduli che avevano crocifisso Gesù Cristo, ed ai sacerdoti che Lo perseguitavano a morte, anche se si erano ostinatamente opposti a tutti i mezzi che Egli aveva precedentemente utilizzati, alla sua dottrina ed ai miracoli per convertirli. In questo Egli agisce come Signore e Maestro, e come un “dissipatore” elargisce i suoi doni; Egli dà a tutti gli aiuti necessari e sufficienti nel loro stato attuale; a coloro che cooperano, Egli non manca mai di dare sempre più abbondantemente aiuto; e al fine di mostrare le ricchezze della sua misericordia, al numero dei più immeritevoli Egli dona i suoi favori più singolari per la loro conversione. Quindi nessuno ha motivo di lamentarsi; tutto dovrebbe essere solleciti a collaborare con quanto già possiedono; nessuno dovrebbe darsi alla disperazione a causa della propria ingratitudine passata, ma dovrebbe invece confidare con certezza che Dio, ricco di misericordia, avrà ancora pietà, in caso si ritorni a Lui. Solamente devono temere e tremare coloro che rimangono ostinati nelle loro vie perverse, e continuano a resistere alle chiamate della sua misericordia, rimandando la loro conversione da un giorno all’altro. Infatti, anche se la sua misericordia infinita non conosce limiti nel perdono dei peccati, per quanto numerosi e gravi essi siano, se ci pentiamo, le offerte della sua misericordia sono limitate, e qualora si superino questi limiti per la nostra caparbietà, non ci sarà più misericordia per noi. Il tempo della misericordia è fissato per tutti, e se non riusciamo ad abbracciare le sue offerte entro un certo termine, le porte della misericordia saranno per noi chiuse per sempre. Una volta che lo sposo è entrato nella camera matrimoniale, le porte vengono chiuse, e le vergini stolte che erano impreparate sono per sempre escluse, con questo rimprovero terribile da parte di Gesù Cristo: “non so voi chi siete; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità”. Poiché non si sa quindi per quanto ancora durerà il tempo della misericordia, non si dovrebbe ritardare di un attimo l’occasione; se si rifiuta l’attuale offerta, questa potrebbe essere l’ultima. “L’ora verrà come un ladro nella notte, quando meno ce lo aspettiamo”, come Cristo stesso ci assicura, e quindi Egli ci comanda di essere sempre pronti.

PARTE VIII

D. 26. Che opinione, quindi, possiamo formarci circa la salvezza di chi, in particolare, è fuori della vera Chiesa di Cristo e vive in una falsa religione?

R. In risposta a questo, io posso fare un’altra domanda: “Che opinione ci si forma, riguardo alla salvezza di chi vive nello stato evidente di peccato mortale, come l’adulterio, la rapina, l’impurità, o cose simili? Nessuno può certo presumere di dire che quell’individuo sarà certamente perduto; ma ognuno può capire e dire che se questi muore in quello stato, senza pentimento, non può assolutamente essere salvato. Se interviene la volontà di Dio positivamente per salvarlo, questi, prima di morire, avrà la grazia del pentimento sincero: questo perché Dio Onnipotente richiede espressamente dai peccatori un sincero pentimento come condizione “sine qua non” per poter essere salvati: “… Se non vi ravvedete,” dice, “voi tutti similmente perirete.” [S. Luca XIII: 3]. Lo stesso vale per una persona che è fuori della “Vera” Chiesa, e vive in una falsa religione. Se egli muore in quello stato, non può essere salvato; e se c’è la volontà di Dio nel volerlo salvare, senza dubbio lo condurrà alla vera fede, rendendolo un membro della Chiesa di Cristo prima di lasciare questo mondo; e il motivo è lo stesso come per l’altro caso. Dio, come abbiamo visto in precedenza, richiede che tutti gli uomini siano uniti alla Chiesa nella Vera Fede come condizione di salvezza, e : “… quindi tutti i giorni aggiungeva alla Chiesa, coloro che dovevano essere salvati” [Atti II: 47]. Ora, anche se un uomo è al momento un grande avversario della Chiesa di Cristo, ed un altro è membro della Chiesa ma grande peccatore, nessuno può sapere che cosa Dio attuerà per entrambi, prima di morire, di modo che nessun possa dire che o l’uno o l’altro verranno persi; perché se Dio vuole, Egli può dare sia la luce della vera fede all’uno, sia la grazia del vero pentimento all’altro, anche nei loro ultimi momenti di vita, e quindi salvarli.

D. 27. Ma supponiamo che una persona viva in una falsa religione, e muore senza essere unito alla comunione della Chiesa di Cristo: si può dire di un tale che egli è certamente perduto?

R. Devo qui porre un’altra domanda. Supponiamo che un grande peccatore continui a vivere nei suoi peccati, e muore senza alcuna apparenza di pentimento: si potrebbe dire di un tale che egli è certamente perduto? Certamente no; perché nessun uomo conosce, o può sapere quello che potrebbe essere passato tra Dio e l’anima di quel peccatore nei suoi ultimi momenti; tutto ciò che si può dire è che, se egli è effettivamente morto senza pentimento, di certo è perduto; ma se Dio, nella sua infinita bontà, ha gli ha dato la grazia di un ravvedimento perfetto, ed egli ha corrisposto da parte sua ad un così grande favore, sarà salvo. Allo stesso modo, si potrebbe supporre che una persona che viva in una falsa religione muoia senza dare alcun segno di abbracciare la vera fede, o senza essersi riconciliati con la Chiesa di Cristo: non possiamo mai dire di un tale con certezza che egli è perduto; tutto ciò che possiamo dire è che questi si trova ad essere nelle stesse condizioni dell’altro caso: se è effettivamente morto come ha vissuto, separato dalla vera Chiesa di Cristo e senza la vera fede di Cristo, egli non può essere salvato. Ma se Dio, nella sua grande misericordia, gli ha dato nei suoi ultimi momenti la luce e la grazia di vedere e abbracciare la vera fede, e lui ha corrisposto ad un così grande favore, come Dio richiede, sarà salvo. Ora, siccome nessun uomo sa o può sapere, che cosa possa esser passato nell’anima dell’uno o dell’altro nei loro ultimi momenti, nessun può pronunciare la sentenza definitiva della loro perdita con assoluta certezza.

D. 28. Ma, nel caso proposto, se una persona, nei suoi ultimi istanti di vita, deve ricevere la luce della fede da parte di Dio e abbracciarla con tutto il cuore, non sarebbe questo sufficiente a fare di lui un membro della Vera Chiesa agli occhi di Dio?

R. Certamente, senza dubbio; il caso è lo stesso di quello del Battesimo. Anche se Gesù Cristo dice espressamente, “… se uno non nasce da acqua e Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio” [Giovanni III: 5], cosa che stabilisce l’assoluta necessità del Battesimo per la salvezza, supponiamo che un pagano istruito nella fede di Cristo l’abbracci con tutto il cuore, ma muore improvvisamente senza il Battesimo, o venga portato via da amici infedeli, o sia messo nell’assoluta impossibilità di ricevere il Battesimo e muoia nelle disposizioni di cui sopra, cioè con sincero pentimento e con il desiderio del Battesimo: questa persona senza dubbio riceverà tutti i frutti del Battesimo da parte di Dio, e quindi si dice che è “battezzato nel desiderio”. Allo stesso modo, supponiamo che una persona cresciuta in una falsa religione abbracci con tutto il cuore la luce della vera fede che Dio gli dà nei suoi ultimi momenti, quando è assolutamente impossibile per lui in quello stato aderire alla “Comunione esterna alla Chiesa agli occhi degli uomini”, certamente sarà considerato unito ad essa agli occhi di Dio per mezzo della vera fede che abbraccia ed il suo desiderio di essere unito alla Chiesa, se fosse stato nelle sue possibilità.

D. 29. C’è qualche ragione per credere che Dio Onnipotente spesso dia la luce della fede o la grazia del pentimento, nell’ora della morte, a coloro che hanno vissuto tutta la loro vita nell’eresia, o nel peccato?

R. Che Dio possa convertire in un solo istante il cuore più ostinato, sia alla vera fede, che al pentimento, è evidente dagli esempi di S. Paolo, Zaccheo il pubblicano, San Matteo Apostolo e molti altri; ed in particolare, di San Pietro, al quale in un attimo Egli ha rivelato la divinità di Gesù Cristo, che per questo motivo così gli si rivolge: “Benedetto sei tu, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ha rivelato questo a te, ma il Padre mio che è nei cieli. ” [Matteo. XVI: 17]; Egli allora può fare questo in punto di morte con la stessa facilità con la quale può farlo in qualsiasi altro momento della vita, e questo non può essere messo in dubbio, perché è cosa già vista per il buon ladrone sulla croce: Egli è lo stesso Dio onnipotente in ogni momento. Ma deve essere ben compreso che c’è motivo di pensare che questo non sia un caso molto frequente. Sì, certamente nella rivelazione ci sono ben pochi motivi di pensare questo, anzi la Scrittura, come abbiamo visto sopra, minaccia proprio il contrario. Tutto ciò che si può dire è che, siccome Dio è in grado di farlo, potrebbe farlo; e siccome Egli è misericordioso, Egli potendo, lo fa; e questa possibilità è sufficiente per impedirci di emettere un giudizio sullo stato di ogni anima che ha lasciato questo mondo: ma sarebbe certamente al limite della follia, ed un tentare manifestamente Dio, se una persona prosegua in un strada malvagia nella speranza di trovare simile misericordia all’ultimo momento.

D. 30. Non vediamo, anche tra le false religioni, molti buone persone ben disposte, che vivono una buona vita, e sono anche devote e pie a modo loro; non è forse difficile pensare che queste persone non verranno salvate?

R. Ma non è forse molto più ragionevole, e oltretutto più conforme a tutto il tenore di ciò che Dio ha rivelato, supporre che, se esse sono veramente tali davanti a Dio, così come appare agli occhi degli uomini, e sapendo che continueranno a corrispondere alle grazie che dà loro, Egli non permetterà loro di morire nella loro falsa religione, e senza dubbio li porterà alla vera fede prima che esse muoiano? La porta della salvezza non è affatto chiusa a queste persone in nessun caso qui prospettato; l’unica difficoltà è il modo in cui si può arrivare a questo. Supporre che possano raggiungere la salvezza anche coloro che muoiono nella loro falsa religione, è supporre che Dio agisca in contrasto con se stesso ed in opposizione a tutto ciò che ha rivelato agli uomini su questa materia; ma aderendo alla Sua Santa Parola, e credendo fermamente che Dio ” … aggiunge ogni giorno alla Chiesa, quelli che devono essere salvati”, e che la maggior parte di quelli di cui si parla senza dubbio potrebbero essere aggiunti ad essa, se sono di quel numero felice, non rendiamo la loro salvezza più difficile sia per se stessi che per Dio, evitando la conseguenza terribile di supporre che Dio agisca in contrasto con se stesso e la sua volontà rivelata? Se queste persone sono veramente tali agli occhi di Dio, come appaiono agli uomini, e se Gesù Cristo, prevedendo la loro perseveranza, accresce le grazie che dona loro, e le riconosce tra il numero delle sue pecore “… alle quali Egli dona la vita eterna”, allora è evidente che queste sono nella condizione di quelli di cui Egli stesso dice nel Vangelo: “… ho altre pecore che non sono di questo ovile,” [S. Giovanni X: 16] sia le une che le altre sono considerate come appartenenti a Lui, secondo la sua legge riconosciuta, per quanto concerne la loro salvezza; ma l’una delle due non si unisce ala comunione visibile della sua Chiesa. Ora di queste ultime Egli aggiunge subito: “… Anche loro devo portare, ed esse ascolteranno la mia voce, e non ci sarà che un solo gregge ed un solo pastore”. Non era sufficiente per la loro salvezza riconoscere che fossero le sue pecore? Ma poiché non era così, era necessario che esse dovessero essere unite al gregge al quale quindi non appartenevano. Lo stesso quindi deve essere il caso di coloro di cui qui parliamo: anche esse sono le pecore di Gesù Cristo, perché Egli prevede che alla fine saranno salvate; ma in quanto non sono attualmente nell’alveo della sua Chiesa, al fine di “garantire la loro salvezza “, anche loro deve portare, prima che esse muoiano, affinché ci possa essere “un solo gregge ed un solo pastore.”

D. 31. Questo è molto forte. Ma non è proprio questo è il caso da cui molti pretendono di porre una grande questione, dalla quale sembra trarre forza in loro favore l’opinione che si salvano coloro che muoiono in una falsa religione?

R. Il loro errore nasce dall’idea che si fanno delle opere buone, e dal loro non osservare la grande differenza che c’è tra le buone azioni morali naturali e le buone opere soprannaturali cristiane, che sole porteranno l’uomo al cielo. Essendo infatti danneggiata la nostra natura dal peccato, ci sono pochi o nessuno della progenie di Adamo che abbiano buone disposizioni naturali, ma alcuni sono più inclini ad una virtù, altri ad un’altra. Così alcuni sono di una umana, benevola disposizione, un po’ tenera e compassionevole verso gli altri in difficoltà; alcuni sono magari in posizione più verticale nei loro rapporti, un po’ temperati e sobri; alcuni un po’ miti e pazienti; alcuni hanno anche sentimenti naturali di devozione e di rispetto per l’Essere Supremo. Ora, tutte queste buone disposizioni naturali da se stesse sono ben lungi dall’essere “virtù cristiane”, e sono del tutto incapaci di portare un uomo al Cielo. Esse infatti fanno di lui una persona gradita agli uomini procurandogli stima e riguardi tra quelli con cui vive; ma non sono di alcuna utilità davanti a Dio per quanto riguarda l’eternità. Per convincersene basti osservare che le buone disposizioni naturali di questo tipo si trovano in maomettani, in ebrei e pagani, così come tra i cristiani; ancora nessun cristiano può supporre che un maomettano, Ebreo, o pagano, che muore in quello stato, otterrà il regno dei cieli per mezzo di queste virtù! I farisei, tra il popolo di Dio, sono stati notevoli per molte di tali virtù; avevano una grande venerazione per la legge di Dio; avevano fatto aperta professione di pietà e devozione, davano larghe elemosine ai poveri; digiunavano e pregavano tanto; erano assidui in tutte le osservanze pubbliche della religione; erano particolarmente ligi nella loro rigorosa osservanza del sabato, e avevano in orrore tutti la profanazione del santo Nome di Dio; ma Gesù Cristo stesso dichiara espressamente: “… Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” [Matteo V: 20]. Ci viene detto di uno di loro, andato al tempio per pregare, e che agli occhi del mondo era un uomo molto buono e conduceva una vita innocente, priva di quei crimini più grossolani che sono così comuni tra gli uomini, digiunava due volte alla settimana, e dava le decime di tutto ciò che possedeva; ma Cristo stesso ci assicura che agli occhi di Dio egli era condannato. Tutto questo dimostra che nessuna delle suddette buone disposizioni naturali è in grado di per sé di portare qualsiasi uomo al Cielo. E la ragione è questa: perché “… non vi è infatti altro Nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo essere salvati, se non il nome di Gesù solo,” [Atti IV: 12]; quindi le opere buone di qualsiasi sorta, eseguite solo attraverso buone disposizioni naturali, non potranno certamente essere coronate da Dio con la felicità eterna. Per ottenere questo glorioso premio, le nostre buone opere devono essere santificate dal sangue di Gesù-Cristo, e diventare virtù cristiane. Ora, se si cerca nella Sacra Scrittura, troviamo due condizioni assolutamente necessarie per rendere le nostre buone opere gradite a Dio, e favorevoli alla nostra salvezza: 1) In primo luogo, se siamo uniti a Gesù Cristo con la vera fede, che è la radice ed il fondamento della virtù tutta cristiana; S. Paolo dice infatti espressamente: “Senza la fede è impossibile piacere a Dio.” (Hebr.XI: 6) Osservate la parola “impossibile”; non dice che è difficile, ma che è “impossibile”. Mettiamo quindi che un uomo abbia così tante buone disposizioni naturali, che sia il più caritatevole, devoto e mortificato come lo erano i farisei, ma se non ha la vera fede in Gesù Cristo, non potrà entrare nel regno dei cieli. I farisei si sono rifiutati di credere in Lui, e quindi tutte le loro opere non erano buone a nulla per ottenere loro la salvezza; e se la nostra giustizia non li supera in questo punto, come Cristo stesso ci assicura, non potremo mai entrare nel suo Regno celeste. Ma anche la vera fede in sé, per quanto necessaria, non è sufficiente da sola a rendere le nostre buone opere decisive per la salvezza, benché necessarie. – 2) In secondo luogo, dobbiamo essere nella carità con Dio, nella sua amicizia e la grazia, senza la quale nemmeno la stessa vera fede potrà mai salvarci. Per convincersene, dobbiamo solo dare ascolto a S. Paolo, il quale dice: “… Anche se dovessi avere tutta la fede, in modo da trasportare le montagne, anche se dovessi distribuire tutti i miei beni per nutrire i poveri, anche se dovessi dare il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi carità, nulla mi giova. ” [1 Cor. XIII: 2]. – Di modo che occorre pensare che un uomo, benché pacifico, moderato, inoffensivo e religioso a suo modo, caritatevole verso i poveri, e che goda di numerosi altri favori, se non ha la vera fede di Gesù Cristo, e non ha la carità con Dio, tutte le sue virtù apparenti non portano a nulla; è impossibile per lui piacere a Dio attraverso di esse; e se si vive morendo in quello stato, queste non gli saranno di alcun profitto. Quindi è chiaro che coloro che muoiono in una falsa religione, quantunque ineccepibile possa essere la loro condotta morale agli occhi degli uomini, in quanto non hanno la vera fede di Cristo e non sono nella carità con Lui, non sono sulla via della salvezza; niente ci può valere in Cristo, se non “… la fede che opera per mezzo della carità”. [Gal. V: 6]. [Continua]

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DEDICAZIONE DELLE BASILICHE DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO – 18 novembre

DEDICAZIONE DELLE BASILICHE

DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO

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18 NOVEMBRE.

Come l’anniversario del Tempio di Gerusalemme era giorno solenne presso gli Ebrei, così le nostre Chiese, divenute per la dedicazione il tempio del Dio vivente presso di noi, solennizzano ogni anno l’anniversario di questo memorabile avvenimento. La Liturgia che unisce il pensiero della chiesa materiale a quello della Chiesa mistica di Cristo, non fa oggi che ripeterci la Casa del Signore essere luogo di rifugio, di preghiera e di santificazione. Tra questi luoghi sacri che i prodi guerrieri di Cristo resero celebri, e che i Cristiani venerano da tempo immemorabile, il primo è sempre stata la Confessione o tomba di S. Pietro. – Dicesi che l’illustre Principe degli Apostoli fosse sepolto subito dopo la morte, nel luogo stesso del martirio, sul colle Vaticano. Nel medesimo giorno S. Paolo, decapitato alle Acque Salvie, ove ora si vede la Chiesa delle Tre Fontane, venne deposto lungo la via Ostiense, fuori le mura di Roma, e precisamente ove ora sorge l’attuale e grandiosa Basilica. Se pensiamo che gli stessi pagani erano soliti di dedicare agli dèi bugiardi, con speciale atto consacrativo, gli edifici destinati al culto divino, non dobbiamo meravigliarci se a maggior diritto troviamo nel Cristianesimo istituzioni corrispondenti. Infatti, cessate le persecuzioni, vediamo svolgersi una grande magnificenza nelle costruzioni delle Chiese. – Il pio Imperatore Costantino dopo aver fondato la prima Chiesa Madre in Laterano, ne fece fabbricare sette altre a Roma ed un numero maggiore in Italia. La prima di queste sette situata sul colle Vaticano, fu dedicata in onore di S. Pietro; e un’altra ne fece sorgere lungo la Via Ostiense, poco distante dal luogo del martirio di S. Paolo a lui dedicata. – La ricchezza e la magnificenza di questi grandiosi templi non la cedevano punto a quanto l’architettura aveva prodotto di più perfetto in tutto l’impero. Papa S. Silvestro ne fece la solenne consacrazione. Dopo oltre 11 secoli l’antica Basilica Vaticana minacciava di cadere, quando sotto il pontificato di Giulio II nel 1506, fu riedificata su l’attuale grandioso disegno e nuovamente consacrata da Urbano VIII al 18 Novembre del 1626. Per opera dei sommi artisti del tempo, quali il Bramante, Raffaello, Michelangelo e Bernini, essa è riuscita il più vasto tempio del mondo. Sotto i suoi altari si conservano le reliquie di un grande numero di Papi, martiri, ed altri santi; ma le più preziose sono quelle di S. Pietro, poste sotto un magnifico altare detto della “Confessione” su cui solo il Romano Pontefice [attualmente impedito – ndr.-] può celebrar Messa. – La ricchissima Basilica di S. Paolo che ai 18 Luglio 1823 fu distrutta da un incendio venne riedificata anch’essa col nuovo splendore di un’arte perfetta, e riconsacrata con grandissima pompa dal Pontefice Pio IX il 10 Dicembre 1854 tra immenso stuolo di. Cardinali e Vescovi convenuti da tutto l’Orbe cristiano a Roma per la proclamazione del dogma dell’Immacolata. Oggi dunque, come 15 secoli addietro, veneriamo in esse le gloriose spoglie dei Principi degli Apostoli. Quivi le turbe devote, dice S. Giovanni Crisostomo, e l’imperatore, benché ammantato di porpora, viene a visitarle, le onora con un bacio rispettoso, e prostrato, riguarda come favore del Cielo l’avere per protettori un pescatore ed un tessitore di tende.

RICORDO. — La chiesa è la casa del Signore; è luogo di preghiera e perciò merita rispetto, decoro e devozione.

PREGHIERA. — Ti preghiamo, Dio Onnipotente che in questi luoghi da noi indegni dedicati al Tuo nome, tu porga le orecchie di tua pietà a quanti ti invocano. Così sia. [da: I Santi per ogni giorno dell’anno – 1933]

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In questo giorno di festa grande per la Chiesa di Cristo, il cuore dei cattolici è oggi purtroppo pieno di mestizia, perché si è avverata la profezia di S. Luigi Maria Grignion de Montfort, nitidamente esposta nella sua “preghiera infuocata”:

La divina legge è trasgredita, il vostro Vangelo abbandonato, i torrenti di iniquità inondano sulla terra e travolgono perfino i vostri servi. Tutta la terra si trova in uno stato deplorevole, l’empietà regna sovrana; il vostro santuario è profanato e l’abominio è fin nel luogo santo. Giusto Signore, Dio delle vendette, lascerete nel vostro zelo, che tutto vada in rovina? Ogni luogo diverrà alla fine come Sodoma e Gomorra?”

C’è da restare attoniti nell’osservare la situazione di attuale apostasia diffusa nella società, nei popoli, soprattutto fin nelle chiese e nei sacri palazzi di un tempo, gestiti dalla “setta” dei marrano-modernisti, i falsi sacerdoti mai validamente consacrati, che tutto vuol distruggere, consegnando ciò che eventualmente resta al “nemico di Dio e di tutti gli uomini”; è uno stato di profonda amarezza, anche se tutto era già stato ampiamente profetizzato fin dalle origini della Chiesa dallo stesso Maestro divino. Lo sgomento deve lasciar posto però alla speranza, cominciando magari a rileggere la lettera di S. Anastasio al suo gregge, quando la peste giudaico-ariana sembrava aver definitivamente preso possesso della Chiesa Cattolica: “Dio solo vi consoli! … Che cosa vi rattrista … è il fatto che altri hanno occupato le chiese con la violenza, mentre voi, durante questo periodo, ne siete fuori? È un dato di fatto che essi hanno i palazzi: ma voi avete la Fede Apostolica! Essi possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete fuori dai luoghi di culto, ma la Fede abita in voi! Prendiamo in considerazione: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente! Chi ha perso e chi ha vinto nella lotta: colui che occupa gli edifici, o colui che custodisce la Fede? Vero è che le premesse sono buone solo quando è predicata la Fede Apostolica: tutto è santo, solo quando tutto si svolge là in modo Santo … –

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Quel che resta della Chiesa di Cristo …

Penitenza e preghiera ci confortino allora in attesa che il “soffio della bocca” del Signore bruci l’empia setta relegandola nell’imo degli inferi, e tutto torni, nella Chiesa di Cristo, la Chiesa Cattolica, a splendere come una volta:

“Et ambulabunt gentes in lumine ejus: et reges terrae afferent gloriam suam et honorem in illam. Et portae ejus non claudentur per diem: nox enim non erit illic. Et afferent gloriam et honorem gentium in illam. Non intrabit in eam aliquod coinquinatum, aut abominationem faciens et mendacium, nisi qui scripti sunt in libro vitae Agni”- [E le genti cammineranno dietro alla sua luce, e i re della terra le porteranno la loro gloria e il loro onore. E le sue porte non si chiuderanno nel giorno, perché non vi sarà notte. E a lei sarà portata la gloria e l’onore delle genti. Non entrerà in essa nulla d’immondo o chi commette abominazione e menzogna, bensì quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. Apo 21:24-27].

Preghiamo in particolare con i salmi del Re-Profeta:

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Leva manus tuas in superbias eorum in finem. Quanta malignatus est inimicus in sancto! Et gloriati sunt qui oderunt te in medio solemnitatis tuae; posuerunt signa sua, signa; et non cognoverunt sicut in exitu super summum. Quasi in silva lignorum securibus exciderunt januas ejus in idipsum; in securi et ascia dejecerunt eam. Incenderunt igni sanctuarium tuum, in terra polluerunt tabernaculum nominis tui. Dixerunt in corde suo cognatio eorum simul: quiescere faciamus omnes dies festos Dei a terra. Signa nostra non vidimus; jam non est propheta; et nos non cognoscet amplius. Usquequo, Deus, improperabit inimicus? irritat adversarius nomen tuum in finem? Ut quid avertis manum tuam, et dexteram tuam de medio sinu tuo in finem?

[Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne: il nemico ha devastato tutto nel tuo santuario. Ruggirono i tuoi avversari nel tuo tempio, issarono i loro vessilli come insegna. Come chi vibra in alto la scure nel folto di una selva, con l’ascia e con la scure frantumavano le sue porte. Hanno dato alle fiamme il tuo santuario, hanno profanato e demolito la dimora del tuo nome; 8pensavano: “Distruggiamoli tutti”; hanno bruciato tutti i santuari di Dio nel paese. Non vediamo più le nostre insegne, non ci sono più profeti e tra di noi nessuno sa fino a quando… Fino a quando, o Dio, insulterà l’avversario, il nemico continuerà a disprezzare il tuo nome? Perché ritiri la tua mano e trattieni in seno la destra? – Ps. LXXIII, 3-11;

Salmo LXXVIII

      Deus, venerunt gentes in haereditatem tuam; polluerunt templum sanctum tuum; posuerunt Jerusalem in pomorum custodiam. Posuerunt morticina servorum tuorum escas volatilibus caeli, carnes sanctorum tuorum bestiis terrae. Effuderunt sanguinem eorum tamquam aquam in circuitu Jerusalem, et non erat qui sepeliret. Facti sumus opprobrium vicinis nostris, subsannatio et illusio his qui in circuitu nostro sunt. Usquequo, Domine, irasceris in finem? accendetur velut ignis zelus tuus? Effunde iram tuam in gentes quae te non noverunt, et in regna quae nomen tuum non invocaverunt; quia comederunt Jacob, et locum ejus desolaverunt. Ne memineris iniquitatum nostrarum antiquarum; cito anticipent nos misericordiae tuae, quia pauperes facti sumus nimis. Adjuva nos, Deus, salutaris noster; et propter gloriam nominis tui, Domine, libera nos, et propitius esto peccatis nostris, propter nomen tuum. Ne forte dicant in gentibus: Ubi est Deus eorum? et innotescat in nationibus coram oculis nostris ultio sanguinis servorum tuorum qui effusus est. Introeat in conspectu tuo gemitus compeditorum; secundum magnitudinem brachii tui posside filios mortificatorum; et redde vicinis nostris septuplum in sinu eorum; improperium ipsorum quod exprobraverunt tibi, Domine. Nos autem populus tuus, et oves pascuae tuae, confitebimur tibi in saeculum; in generationem et generationem annuntiabimus laudem tuam. –

[O Dio, nella tua eredità sono entrate le nazioni, hanno profanato il tuo santo tempio, hanno ridotto in macerie Gerusalemme. Hanno abbandonato i cadaveri dei tuoi servi in pasto agli uccelli del cielo, la carne dei tuoi fedeli agli animali selvaggi. Hanno versato il loro sangue come acqua intorno a Gerusalemme, e nessuno seppelliva. Siamo divenuti l’obbrobrio dei nostri vicini, scherno e ludibrio di chi ci sta intorno. Fino a quando, Signore, sarai adirato: per sempre? Arderà come fuoco la tua gelosia? Riversa il tuo sdegno sui popoli che non ti riconoscono e sui regni che non invocano il tuo nome, perché hanno divorato Giacobbe, hanno devastato la sua dimora. Non imputare a noi le colpe dei nostri padri, presto ci venga incontro la tua misericordia, poiché siamo troppo infelici. Aiutaci, Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome, salvaci e perdona i nostri peccati per amore del tuo nome. Perché i popoli dovrebbero dire: “Dov’è il loro Dio?”. Si conosca tra i popoli, sotto i nostri occhi, la vendetta per il sangue dei tuoi servi. Giunga fino a te il gemito dei prigionieri; con la potenza della tua mano salva i votati alla morte. Fa’ ricadere sui nostri vicini sette volte l’affronto con cui ti hanno insultato, Signore. E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo, ti renderemo grazie per sempre; di età in età proclameremo la tua lode.]

Salmo LXXXIII :

 Quam dilecta tabernacula tua, Domine virtutum! Concupiscit, et deficit anima mea in atria Domini; cor meum et caro mea exsultaverunt in Deum vivum. Etenim passer invenit sibi domum, et turtur nidum sibi, ubi ponat pullos suos. Altaria tua, Domine virtutum, rex meus, et Deus meus. Beati qui habitant in domo tua, Domine; in saecula saeculorum laudabunt te. Beatus vir cujus est auxilium abs te, ascensiones in corde suo disposuit, in valle lacrimarum, in loco quem posuit. Etenim benedictionem dabit legislator; ibunt de virtute in virtutem, videbitur Deus deorum in Sion. Domine Deus virtutum, exaudi orationem meam; auribus percipe, Deus Jacob. Protector noster, aspice, Deus, et respice in faciem christi tui. Quia melior est dies una in atriis tuis super millia; elegi abjectus esse in domo Dei mei magis quam habitare in tabernaculis peccatorum. Quia misericordiam et veritatem diligit Deus, gratiam et gloriam dabit Dominus. Non privabit bonis eos qui ambulant in innocentia. Domine virtutum, beatus homo qui sperat in te.

 [Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L’anima mia languisce e brama gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. Anche il passero trova la casa, la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio. Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio. Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion. Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera, porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe. Vedi, Dio, nostro scudo, guarda il volto del tuo consacrato. Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove, stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi. Poiché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine. Signore degli eserciti, beato l’uomo che in te confida.]