APPARIZIONE A LA SALETTE 1846 (III)

LA SALETTE (III)

[Some account of the APPARITION OF THE BLESSED VIRGIN Of LA SALETTE London 1853]

Non sarà necessario il produrre estratti di altre numerose lettere e pubblicazioni apparse in Francia e altrove su questo evento; non resta che accertare se la verità del racconto dei bambini sia stata in qualche modo sostenuta da un’interposizione soprannaturale, cioè se siano stati fatti o meno dei miracoli. Di miracoli nell’ordine della grazia sarebbe facile citarne molti; come l’improvvisa conversione di peccatori incalliti e infedeli dopo aver visitato la montagna o dopo aver preso, contro la loro volontà, alcune gocce d’acqua dalla misteriosa sorgente. Una grande conversione c’è, e si manifesta a tutti: la completa riforma portata avanti in tutto il cantone e nel quartiere di Corps dalle parole di due bambini, che sono state più efficaci degli appelli infuocati di pastori zelanti e di missionari evangelici. Sì, tutto il Paese si è convertito; e le loro preghiere e le penitenze, insieme a quelle delle centinaia di migliaia di forestieri che hanno visitato il luogo, indubbiamente hanno evitato la punizione di cui la Santa Vergine ha minacciato il “suo popolo” nel caso non si fosse pentito. Di miracoli nell’ordine della natura, compiuti con l’uso dell’acqua di La Salette, accompagnati da una novena, i commissari ecclesiastici di Grenoble ne hanno ricevuto così tanti resoconti debitamente autenticati dalla testimonianza di medici, che è utile un esame molto rapido per fugare ogni dubbio su questo punto. Tra i tanti riportati nell’opuscolo di M. Rousselot, che non sono altro che una selezione tra i tanti di cui egli sia venuto a conoscenza, se ne noteranno qui solo due o tre, che si caratterizzano per la particolarità di portare con sé tutti i segni di autenticità richiesti.

I – Guarigione della Suora Saint Charles, del Convento di San Giuseppe, nella città di Avignone. Di seguito si riporta la dichiarazione della Superiora del convento : – « La suora Saint Charles è entrata nella nostra casa a diciassette anni e mezzo; la sua costituzione era molto delicata: poco dopo la professione la sua salute ha ceduto del tutto; e prima della fine del noviziato si era ridotta in uno stato gravissimo con dolori allo stomaco, frequenti vomiti sanguinolenti, dissenteria, febbre bassa e continua, che la tennero per più di otto anni sul letto di dolore. Durante questo periodo le è stato più volte somministrato ed ha ricevuto il Viatico. Tutti i medici che l’avevano visitata avevano dichiarato il suo stato senza speranza alcuna. Poteva ella alzarsi dal letto solo molto raramente, e solo per un tempo molto breve; non assisteva al santo Sacrificio della Messa più di cinque o sei volte all’anno al massimo; e poi lo sforzo che faceva era accompagnato da una tale stanchezza tanto da ridursi ad un grado estremo. Più di una volta è stato necessario portarla via in uno stato di completa incoscienza; per cui questo favore le è stato accordato solo in considerazione del suo ardente desiderio, e non per affliggerla troppo. Nel mese di dicembre 1846, i suoi sintomi si aggravarono molto; e noi ripetutamente ci aspettavamo di perderla ad ogni momento. Lo stato infiammatorio si diffuse alla gola e alla bocca; ingoiava con grande difficoltà. Quest’affezione presentava tutti i sintomi di un’ulcera: ne derivava un odore così corrotto da essere quasi insopportabile; un’abbondante espettorazione mista a sangue contribuiva ancora di più ad indebolirla e a rendere il suo stato deplorevole. Da questo periodo fino al 16 aprile non ha potuto assaggiare né pane né alcunché di solido; viveva alimentandosi solo di brodo, o di latte ed acqua, che poteva assumere solo in piccolissima quantità, anche se era costretta a bere spesso; perché, se non lo faceva, la sua gola collassava. Il 14 febbraio 1847 ricevette l’Estrema Unzione, ed il Viatico le fu somministrato due o tre volte nelle settimane successive. Tale era la condizione della sorella quando si cominciò a parlare dei miracoli provocati dall’uso dell’acqua di La Salette. Riconosco, a mia confusione, di non aver dato credito a tutte queste voci; ma avendo sentito parlare della guarigione di una suora del “Sacro Cuore”, ho sentito nascere in me una convinzione, e ho proposto una Novena alla nostra povera inferma. Per quanto grande fosse il desiderio che avevo della sua guarigione, avevo ancora di più in vista la gloria della Santa Vergine, la confermazione della sua apparizione ai due pastorelli e la conversione dei peccatori. Fu per questi motivi che tra le nostre sorelle malate, che allora erano molto numerose, scelsi la suora Saint Charles come colei che, essendo la più conosciuta in conseguenza della lunga durata della sua malattia, poteva meglio servire al fine che mi proponevo. Le comunicai la mia idea: lei mi sembrò, la prima volta, molto indifferente, e mi dichiarò che non aveva alcun desiderio di recuperare la sua salute, che le avrebbe solo impedito di tornare nell’eternità, e che preferiva morire, o rimanere nello stato in cui si trovava fino a quando sarebbe piaciuto a Dio. Le feci la stessa proposta più volte; ma trovandola sempre nelle stesse disposizioni, pensai che avrei dovuto usare la mia autorità. Ottenuta una piccola quantità d’acqua da La Salette, le dissi che non avrebbe dovuto considerare tanto se stessa quanto la gloria di Dio, e la maggior devozione verso la Santa Vergine, che ne sarebbe risultata da una guarigione, o da una straordinaria opera in suo favore. Le ordinai allora di unirsi alla Novena che la comunità avrebbe fatto per lei, e di prendere l’acqua che le avevo portato. Fu convinta fin dall’inizio che se avesse fatto questa Novena sarebbe stata guarita, e si sottomise nel farlo in obbedienza. Le feci anche indicare le preghiere e gli esercizi da seguire durante la Novena. Ogni giorno una delle suore si recava alla santa Comunione in spirito di riparazione per i peccati principali che la Vergine aveva indicato ai pastorelli, e con l’intenzione di ottenere la conversione dei bestemmiatori e dei profanatori della domenica. Abbiamo anche digiunato tre volte con la stessa intenzione; e ogni giorno abbiamo recitato la “Salve Regina”, tre Ave, con le invocazioni “O Maria concepita senza peccato etc. “, e “Mater admirabilis“. La Santa Vergine sembrava mettere la nostra fiducia a dura prova, perché la nostra povera sorella era sempre molto malata e sofferente. Il giovedì, al settimo giorno della Novena, ebbe uno svenimento, seguito da un’abbondante espettorazione di materia purulenta mescolata al sangue. Questo incidente ci ha molto allarmato. Vedendola in questo stato, le ho detto: « Penso che la Santa Vergine ti curerà portandoti in cielo ». Ella rispose: « Le mie malattie non indeboliscono la mia coscienza, e siccome ho solo altri tre giorni per soffrire, prego la mia buona Madre di non risparmiarmi; e ho grandi speranze di poter andare sabato alla santa Messa e di potermi comunicare ». In una parola, ha fatto tutti i preparativi necessari per farlo, e ha implorato che le venissero portati i suoi vestiti ed il suo velo, di cui non aveva fatto uso per molto tempo. Il venerdì 16 aprile, dopo aver trascorso una notte molto brutta, sputava ancora sangue al mattino. Monsignor de Prilly, Vescovo di Chalons, doveva celebrare la Messa nella nostra cappella alle sette. Per ottenere le indulgenze legate alla Messa del prelato, ho proposto per un giorno la Comunione generale, che doveva essere il sabato, per la fine della Novena. Questo cambiamento affliggeva molto la sorella Saint Charles, che era molto addolorata per non essere riuscita a unirsi quel giorno alla comunità, ed aveva paura di rimanere sola alla sua Comunione del mattino, che sarebbe stato, secondo lei, il giorno della sua guarigione. Mentre noi assistevamo alla Messa, lei faceva i suoi progetti e proponeva di chiedere al nostro confessore un’altra Comunione generale, per potersi presentare alla santa Mensa con tutte le sue sorelle ed essere più certamente accetta a Dio. La sua mente era abbastanza piena di quest’idea, quando all’improvviso si rese conto che era avvenuto in lei un totale cambiamento. Tutti i suoi mali cessarono improvvisamente, « … come se una mano invisibile li avesse portati via »: questa era la sua stessa espressione; non riconosceva più se stessa e non poteva credere a ciò che aveva vissuto. Si mise alla prova in vari modi, per essere sicura di non soffrire di un’illusione; e percependo di aver recuperato completamente le forze, non esitò a credere di aver ricevuto la grazia che le era stata chiesta e gridò: « Sono guarita! ». La sorella Saint Joseph, che era a letto nella stessa stanza, non capiva quello che diceva, e pensava, al contrario, che stesse peggiorando; era tanto più allarmata, perché in quel momento era sola e troppo malata per andare ad aiutarla. La sorella Saint Charles, sentendola piangere, si alzò dal letto e andò a consolarla. Lo stesso fece con la portinaia, che si prendeva cura del convento durante la Messa, e fu terribilmente spaventata nel sentire qualcuno correre nella stanza in cui aveva lasciato a letto, solo persone malate. Arrivò di corsa, senza fiato, e si sentì male. La suora Saint Charles la calmò, le diede qualcosa da bere, così come alla suora Saint Joseph, e assicurò loro che fosse guarita. Erano appena arrivati al Vangelo della Messa. La suora si è vestita di fretta e si è recata all’anticapella, dove ha ascoltato il resto della Messa in ginocchio e senza alcun sostegno. Quando lasciammo il coro, venne ad incontrarmi per abbracciarmi. Le ho detto che doveva tornare, per ringraziare la sua Benefattrice celeste. Mi rispose che lo aveva già fatto, avendo ascoltato gran parte della Messa e avendo recitato il “Te Deum“, ma che desiderava molto qualcosa da mangiare, perché aveva un grande appetito. Ho affrettato il passo e le ho detto di seguirmi, per provare le sue forze; lei ha camminato in fretta, ed è scesa le scale con la stessa velocità con cui l’ho fatto io. Le diedi un pezzo di biscotto, che mangiò quasi con avidità. In seguito entrò nella sala della comunità per abbracciare le suore, che rimasero stupefatte da questo avvenimento meraviglioso, e per ricevere la benedizione di Monsignor de Prilly. Questo santo prelato la esortò a ringraziare Dio e la sua beata Madre e ad essere molto fedele ai doveri del nostro santo stato. La mattina, ora, si pone in ginocchio in preghiera per un’ora, dopo di che si reca al lavoro, stira la biancheria per un tempo considerevole, segue subito tutte le osservanze della casa e si reca al refettorio, dove mangia la cena ordinaria della comunità. Lo stesso giorno, ricordando che le avevano preparato del brodo di carne, che non le era ormai più necessario, mi chiese il permesso di portarlo ad una povera ammalata che era tra le nostre mura e che noi assistevamo. Per andare da lei, era necessario salire una lunga e scomoda scala; la sorella lo fece con grande facilità. La fama di questo evento, che si diffuse presto all’esterno in città, attirò nel nostro convento una moltitudine di persone, che vollero accertarsi di persona della verità di un fatto così straordinario. Le nostre sale sono state affollate per molti giorni; e la fatica che tante visite devono aver causato alla suora, non è stata che una piccola ulteriore prova della sua forza. Lei ha sostenuto tutto questo in un modo che ci ha stupito, e non ne è stata affatto affranta, anche se è stata costretta a parlare quasi tutto il giorno. Soprattutto i medici non potevano credere ai loro occhi. Uno di loro, che veniva molto spesso, e che aveva seguito tutto l’andamento della malattia della sorella, mi aveva spesso detto: « Nel momento in cui meno te lo aspetti, la vedrai morire, perché non so cosa possa essere che la tenga ancora in vita ». Le ho parlato della novena che stavamo facendo, e gli avevo chiesto se avesse potuto fare un’attestazione nel caso in cui le nostre preghiere fossero state accettate. « Se sarà guarita – rispose – ti darò mille attestati, perché per lei tutto è inutile ». Mi affrettai ad informarlo di tutto ciò che era accaduto; e gli permisi di raccontare da se stesso, nella sua attestazione, di quale sia stata la sua sorpresa, la sua meraviglia, e le prove alle quali ha sottoposto la sorella per essere certamente sicuro della guarigione. Poiché la suora Saint Charles aveva potuto unirsi alla Novena solo in parte, aveva promesso di digiunare per tre giorni, nel caso fosse guarita; ha adempiuto al suo voto pochi giorni dopo, senza provare la benché minima stanchezza. Aveva anche fatto i digiuni dei giorni della quatempora e del giubileo, che avvenivano nello stesso periodo. Sono passati ormai quindici mesi da quando questa guarigione si è verificata; e da allora la suora Saint Charles continua a seguire gli esercizi della comunità, si alza alle cinque del mattino, e gode di uno stato di salute perfetto, considerando la delicatezza abituale della sua costituzione. Desidero che questo rapporto possa contribuire alla gloria di Dio, all’incremento della fede, e possa essere un eterno monumento della nostra gratitudine verso la nostra gloriosa Benefattrice, che ha concesso alla nostra comunità una prova così toccante della sua potente protezione. È con questa convinzione che firmo questo testimonianza, certificando che in essa non c’è nulla che non sia conforme alla più esatta verità.

J. PINEAU, Superiora delle Sorelle di San Giuseppe ».

A questa lettera si aggiungono gli attestati di due medici che erano stati costantemente presenti nella malattia della sorella Saint Charles, e che di conseguenza conoscevano bene da tempo il suo caso. L’uno fornisce un dettagliato resoconto scientifico del suo disturbo, e dichiara che la sua guarigione è contraria alle leggi della natura. L’attestazione dell’altro è così formulata: « Il sottoscritto dottore in medicina, primario onorario dell’ospedale di Avignone, dopo trentasei anni di servizio attivo, dichiara che la guarigione imprevista ed inattesa da una condizione considerata, secondo le leggi della medicina, mortale, nella persona della suora Saint Charles, sopra citata, ad uno stato di perfetta salute di tutti i suoi organi e di tutte le loro funzioni, è stata operata istantaneamente, senza l’intervento di alcuna applicazione dell’arte, e che quindi è di natura prodigiosa. Rooms, D.M. ». – Durante la vacanza nella sede di Avignone, causata dalla morte dell’Arcivescovo, i tre Vicari generali che poi hanno diretto gli affari della diocesi, su richiesta del Vescovo di Grenoble circa il loro parere sul tema della guarigione della suora Saint Charles, hanno risposto come segue: « -1). La guarigione di questa suora, tanto completa quanto improvvisa, fu operata il 16 aprile 1847, ottavo giorno di una novena che la comunità stava facendo in onore di Nostra Signora di La Salette, per ottenere questa grazia. -2) I due medici che avevano curato la suora durante la sua malattia, e che da allora hanno reso rapporto della sua guarigione, sono degni di ogni credito. – 3) Il defunto Arcivescovo di Avignone era pienamente convinto che la sorella fosse stata guarita per miracolo. – 4). La suora Saint Charles continua a godere di buona salute e segue le regole ordinarie della comunità. Avignone, 23 giugno 1848 ».

II. Ad Avallon, nella diocesi di Sens, si è verificato un caso clamoroso di guarigione, dopo una novena fatta a Nostra Signora di La Salette, che da allora è stata autorevolmente dichiarata miracolosa dal Vescovo.

Il medico che l’ha assistita ha redatto una lunga e dettagliata dichiarazione rispetto alla sua malattia e alla successiva guarigione. Le sue dichiarazioni conclusive sono le seguenti:

« – 1). Per diciassette anni A. Bollenat rimetteva tutto i cibi solidi che ingoiava, e poteva solo con difficoltà digerire qualche cucchiaio di latte o di zuppa di carne. Negli ultimi tre mesi precedenti il 21 novembre, non ha praticamente ingerito nulla.

– 2). Per tre anni A. Bollenat non aveva mai potuto camminare; era rimasta seduta, riuscendo a malapena a fare qualche leggero movimento delle estremità inferiori.

– 3). Per dieci anni A. Bollenat non era stata mai n grado di sdraiarsi sul fianco sinistro; era stata anche quasi completamente privata del sonno.

– 4). Per diciannove anni i dolori allo stomaco, che erano alla fine diventati insopportabili, non erano mai cessati.

– 5). Da diciassette anni si apprezzava un enorme tumore sul fianco, e per molto tempo non avevo usato nessun tipo di rimedio né per guarire questo tumore né per fermarne lo sviluppo.

 – 6). Il 19 novembre 1847, Antoinette Bollenat presentava tutti i segni di morte imminente.

1. Il 21 novembre, alle sei di sera, senza alcuna transizione, senza che si manifestasse alcuna crisi, mangiò e digerì una zuppa solida, verdura e frutta.

2. Il 21 novembre A. Bollenat si è alzata dal letto, si è vestita ed ha camminato nella sua stanza.

3. Il 21 novembre A. Bollenat si è sdraiata sul fianco sinistro dormendo tutta la notte.

4. Dal 21 novembre non è residuato alcun dolore interno in nessuna parte del corpo.

5. Il 21 novembre il tumore è completamente scomparso; non c’è stata alcuna crisi, né alcuna fuoriuscita di materia liquida di alcun tipo dal tumore, né internamente né esternamente.

6. Il 21 novembre e i giorni successivi l’ho vista piena di salute.

Gagniard, D.M. »

Le autorità ecclesiastiche della diocesi hanno preso conoscenza di questo caso; e dopo un minuzioso esame, l’Arcivescovo ha rilasciato una dichiarazione sul caso in oggetto, in cui dice: « Dopo aver esaminato le prove dei vari testimoni e del medico curante; dopo aver esaminato la relazione presentata dalla Commissione incaricata di esaminare il caso; dopo aver ascoltato il parere del Consiglio Episcopale, e dopo aver invocato il santo Nome di Dio, dichiariamo, a gloria di Dio, e ad onore della Santissima Vergine, per l’edificazione dei Fedeli, che la guarigione di Antonietta Bollenat, avvenuta il 21 novembre 1847. dopo un Novena alla Santissima Vergine Madre di Dio, invocata sotto il nome di “Nostra Signora di La Salette”, presenta tutte le condizioni e tutti i caratteri di una guarigione miracolosa, e costituisce un miracolo del terzo ordine.

Dato a Sens, sotto la nostra mano, con il sigillo delle nostre braccia, e il contro sigillo del nostro Vicario generale e segretario privato, il 4 marzo dell’anno di grazia 1849. (Firmato)  MELLON, Arcivescovo di Sens. »

III. Nel grande seminario della diocesi di Verdun è avvenuta un’altra sorprendente guarigione nella persona di uno degli studenti.

« Il Vescovo gli ordinò di redigere un resoconto del suo caso, della sua malattia e della sua guarigione. In esso egli racconta come – secondo il parere dei suoi medici – tutta la sua costituzione era stata completamente debilitata, in parte a causa dei terribili attacchi nervosi e dei dolori a tutte le articolazioni di cui aveva sofferto, in parte a causa delle medicine che aveva assunto per alleviarli. Era stato costretto due volte a lasciare il seminario e, dopo aver ottenuto a casa qualche piccolo miglioramento delle sue sofferenze, vi era tornato per la terza volta. Egli continua: « Sono tornato il giorno stabilito; ma nuove e più terribili prove mi aspettavano in seminario. Dal 7 marzo le mie pene, invece di diminuire, aumentavano rapidamente, e mi costringevano continuamente a trattenere grida disperate, e solo il pensiero di Maria le ha fermate. Infatti questo mi faceva ricordare vivamente le sofferenze di suo Figlio, ed io mi nascondevo nelle sue ferite. Poi mi ha visto il medico al quale mostrai come fosse ridotta la mia gamba, in uno stato di atrofia e rigida come una sbarra di ferro; gli provai che non potevo fare un passo senza la più crudele delle sofferenze, e che il dolore saliva fino alle mie reni, e attraverso la spina dorsale fino alla testa. Mi disse, per tutta consolazione: « Ebbene, amico mio, dobbiamo aspettare il caldo; allora userò bagni alcalini aromatici; poi, se questo non dovesse servire a nulla, faremo qualcos’altro; e se anche questo dovesse fallire, allora … addio, mio caro. Quindi sono andato dal mio direttore per consolarmi nelle mie pene; perché la consolazione mi era necessaria. Sono stato felice di sentirgli esprimere un’idea che avevo a lungo meditato, ma che ero deciso a non menzionare per primo: egli ha proposto una Novena alla Madonna di La Salette. Il giorno dopo scrissi alla confraternita di Nostra Signora delle Vittorie a Parigi, di cui ero membro, per implorare le loro preghiere. Il primo aprile, domenica delle Palme, la nostra Novena è iniziata con l’offerta del santo Sacrificio, che molti Sacerdoti della città mi hanno applicato. Molte Comunioni sono state offerte secondo la mia intenzione da molte persone caritatevoli delle diverse comunità di Verdun, che hanno invocato specialmente Nostra Signora di La Salette. Nel frattempo le mie sofferenze continuavano esattamente come prima. Quel giorno, come in quelli precedenti, per rispettare la regola, andai a passare il tempo libero nel luogo dove si recava il resto della comunità. Scesi le scale con estremo dolore, sostenuto sulle braccia da un compagno di studi, al quale devo un debito di eterna gratitudine per la sua gentilezza nei miei confronti. Dopo un quarto d’ora di dolorosissimo esercizio fisico, provai una stanchezza in tutto il corpo. Ho dovuto fare grandi sforzi per rimontare la scala. Sono andato in cappella e vi sono rimasto solo cinque o sei minuti. Non era lì che Dio mi aspettava, ma in quella povera cella in cui avevo tanto sofferto. Finalmente ci arrivai, e mi gettai davanti all’immagine di Maria, alla quale tanto spesso avevo rivolto gli occhi. Pieno di fiducia in Maria, afferrai la sua immagine e caddi in ginocchio senza accorgermene. Per molto tempo mi era stato impossibile piegare la mia gamba irrigidita. Poi, afferrando il mio piccolo flacone di acqua di La Salette, l’ho premuto sulle labbra e, contemplando l’immagine di Maria, ho gridato: « O Maria! O Madre mia! sì, tu mi guarirai, e io mi consacro a te ». Poi sono caduto in uno stato di totale insensibilità, non pensavo più a nulla, non ricordo cosa abbia detto; ero come schiacciato sotto l’azione divina, che però non ho sentito. – Questo stato durò per circa sei o otto minuti; e dopo, riprendendomi da questo tipo di insensibilità, e senza sentire il cambiamento che era avvenuto in me, mi precipitai giù per una lunga scalinata per dire ancora una volta al mio compagno di studi: « Siate di buona coscienza, sarò guarito ». Più tardi, questo eccellente amico, che mi aveva curato così bene durante la mia malattia, mi assicurò che il mio passo e la mia espressione di condiscendenza lo avevano stranamente sorpreso; che non capiva le mie parole, e che diceva in tono basso a se stesso: « Sarai guarito? Ma lo sei già! ». Continuai senza preoccuparmi di lui, ma poco dopo incontrai un altro studente, che mi afferrò e gridò: « Sei guarito! ». Solo allora ho percepito il cambiamento che si era avvenuto in me. Mi resi conto della mia felicità, e andai in giro a proclamare la mia guarigione, non come se fosse in procinto, ma come se fosse realmente già accaduta. Io non ero lontano dalla cappella dove poco prima non avevo potuto pregare: ora mi sentivo irresistibilmente spinto lì. Durante il quarto d’ora che passai ai piedi dell’altare in ginocchio, senza sentire il minimo dolore, non so cosa dissi, né quale preghiera abbia rivolto al mio Salvatore. Andai prima dal mio direttore, che mi strinse tra le sue braccia, poi dal superiore, che si rifiutò di credermi, finché non udì la parola « La Salette ». Andai poi in refettorio così in fretta, che due compagni non riuscirono a stare al passo con me. Il mio stomaco, debilitato da tante malattie e sofferenze, ricevette senza disgusto e digerì facilmente il mio cibo, cosa che poi continuò a fare. All’uscita dal refettorio, ero circondato dalla comunità, che mi ha fatto dare tutte le prove della completa guarigione. Corsi, piegai la gamba, colpii violentemente il piede contro il terreno e feci tutto quello che mi chiesero durante tutta la ricreazione, che passai tra i miei compagni di scuola come se non fossi mai stato malato. Il giorno dopo, un’ora di cammino non mi ha affaticato minimamente. Quello stesso giorno, tre persone hanno esaminato la mia gamba e si sono convinte che aveva recuperato la vitalità che essa aveva perso. Posso affermare che prima della mia guarigione era almeno di due terzi più piccola dell’altra.

Manrm, chierico negli Ordini minori. Gran Seminario di Verdun, 26 luglio 1849 ».

Questa relazione, quando fu presentata al medico, fu da lui dichiarata esatta in tutti i suoi dettagli.  – Il superiore e i professori del seminario hanno fatto una dichiarazione sul caso, nella quale concludono dicendo: « Questa guarigione ha prodotto l’impressione più vivida in tutto il seminario, frequentato da più di cento studenti. I seminaristi la considerano un prodigio, la cui natura miracolosa si ammette senza dubbio. Noi stessi, dopo aver esaminato e ponderato attentamente le circostanze di questo evento, non vediamo come possa essere spiegato da cause puramente naturali ». Il Vescovo di Verdun, nella costatazione ufficiale della guarigione, dice: « Abbiamo visto senza sorpresa che gli studenti del nostro seminario attribuiscono all’unanimità la guarigione ad un intervento soprannaturale della Santa Vergine. >X< LOUIS, vescovo di Verdun.

Dato a Verdun, presso il Palazzo episcopale, agosto 1849 ».

IV. L’ultimo miracolo di cui si darà notizia è la guarigione di un ufficiale di stanza a Calais, avvenuta dopo una novena fatta a Nostra Signora di La Salette. M. Delattaignant, agente di dogana di Calais, quarantadue anni, ha deposto come segue: « Nel mese di maggio del 1848 ho scoperto che non riuscivo più a dormire regolarmente; nel mese di giugno non riuscivo a dormire affatto, uno stato che durò fino al lunedì della settimana di Pasqua del 1849. Ero in un continuo stato di sofferenza, senza conoscerne la causa. Mi consultai con i medici, che mi dissanguarono, e mi ordinarono delle correnti d’aria rinfrescanti, ma senza risultati soddisfacenti. L’idea del suicidio era continuamente presente nella mia mente, e mi pesava. Ero in un tale stato di agitazione nervosa, che a volte non avevo alcun potere sulle mie membra. Non volevo vedere nessuno. Quando si parlava di pazienza e di rassegnazione alla volontà di Dio, mi sentivo esasperato, convinto che non potevo guarire, che ero disgustato dalla vita, e più volte ho aperto il coltello per pugnalarmi, cosa che non facevo se non pensando a mia moglie e ai miei figli. Forse devo la mia conservazione alle mie preghiere, che non ho mai smesso di fare. Uno dei miei amici cominciò a farmi visita per incoraggiarmi ad avere fiducia in Dio, « Dio – dissi io – nella mia esasperazione, c’è un Dio buono? Se ci fosse, non mi farebbe soffrire così » Poi ho cominciato a piangere. Avevo perso del tutto la memoria e riuscivo a malapena a svolgere i compiti del mio ufficio. Non scrissi più alla mia famiglia. Le mie facoltà morali erano scomparse. Non avevo più alcun affetto nemmeno per mia moglie e per i miei figli. Se qualcuno mi avesse offerto una fortuna considerevole o un rango elevato, ai miei occhi non sarebbe stato assolutamente nulla. Tutto il mio essere era annientato. Di dolore fisico non ne sentivo nessuno in una parte più che in un’altra; ma il mio corpo svolgeva le sue funzioni con difficoltà. Il mio stomaco era molto dilatato. Avevo un appetito straordinario e insaziabile; niente mi faceva male, e mangiavo come quattro persone. Un giorno, mentre mangiavo, mi è venuta una tale crisi che ho lasciato l’impronta dei miei denti sul cucchiaio. Sono rimasto trentasei ore senza mangiare, senza riuscire a spiegarmi il perché, sperando così di morire di fame. Su suggerimento di un pio ecclesiastico ho fatto una novena alla Madonna di La Salette, ma senza alcun risultato. Poi ne iniziai un’altra; mia moglie e i miei figli fecero la Comunione per la mia intenzione. Alla fine di questa novena, il lunedì della settimana di Pasqua, ho assistito in modo meccanico alla Messa, e quel giorno sono caduto in un tale stato di irritazione che avrei voluto distruggermi; mia moglie si è gettata tra le mie braccia, abbiamo pianto insieme, e da quel momento sono guarito. Da allora non ho più avuto un solo momento di tristezza o di insonnia. Sto bene secondo i miei desideri. La mia memoria e le mie facoltà morali sono ritornate. La mia guarigione è stata istantanea, e senza alcuna transizione. Non attribuisco la mia guarigione a nessun rimedio umano; poiché, a parte alcune correnti d’aria rinfrescanti, per diversi mesi ho rifiutato ogni presidio medico. Ringrazio Dio e la sua benedetta Madre per la mia guarigione.

DELATTAIGNANTE.

Calais, 2 giugno 1849. »

La verità di questa deposizione è certificata da trentasei firme, tutte apposte in forma legale davanti al sindaco di Calais, con il sigillo della città. Tra queste firme ci sono quelle di sette sacerdoti. – Sarebbe facile moltiplicare la citazione di un gran numero di esempi di guarigioni miracolose tanto notevoli quanto quelle sopra menzionate. Questo, tuttavia, non sarà oramai più considerato necessario; la questione dell’apparizione non è più un argomento aperto di discussione da dimostrare con delle prove. La Chiesa si è pronunciata su di essa; e tutto ciò di cui il lettore avrà ora bisogno sarà un resoconto del modo in cui questo autorevole riconoscimento della sua verità sia stato fatto. Il primo maggio 1852, il Vescovo di Grenoble pubblicò una lettera pastorale in cui, dopo averne dichiarato l’accettazione universale in Francia, Belgio, Inghilterra, Germania e Italia, accordata ad una precedente lettera da lui inviata il 19 settembre dell’anno precedente, in cui dichiarava la verità dell’apparizione, annunciava che era allora suo dovere comunicare allo stesso modo l’erezione di una chiesa e di un presbiterio a Salette, e fissare per il 25 maggio la posa della prima pietra. Questo evento si svolse infatti il giorno stabilito. Nel seguente estratto del numero dell’Università del 1° giugno 1852, c’è il rapporto che ne fa il giornale locale del dipartimento: « Ieri si è svolta la cerimonia di posa della prima pietra del Santuario di La Salette. È stata una magnifica solennità, anche se il tempo è stato piuttosto poco clemente. Alla vigilia un gran numero di pellegrini è arrivato sulla scena dell’Apparizione e vi ha trascorso la notte. All’una del mattino c’erano già 2000 comunicanti; non c’erano abbastanza Sacerdoti per soddisfare il desiderio dei fedeli. Ma quando arrivò il giorno, lo spettacolo era ancora più imponente. Da tutte le parti arrivarono pellegrini che apparivano come se fossero usciti dalla montagna stessa. Nulla poteva essere, allo stesso tempo, più grandioso e più pittoresco di queste processioni, che arrivavano con striscioni esposti e canti di inni pii. Il numero di stranieri che erano concorsi a questa cerimonia è stato stimato essere più di 15.000 persone. L’entusiasmo più vivo si manifestava tra la moltitudine quando si vide arrivare il Vescovo di Grenoble, che, nonostante la sua veneranda età, non aveva esitato ad intraprendere le fatiche dolorose di un tale viaggio onde presiedere a questa cerimonia. Tutta la compagnia riunita si recò ad incontrare il venerabile prelato, e lo accolse con espressioni di profondo rispetto e di gioia; mille voci si levarono ad accoglierlo. È stato un momento molto toccante. Il volto di Mons. de Bruillard ha tradito le profonde emozioni della sua anima. In seguito la cerimonia è iniziata in mezzo alla profonda attenzione di tutti. Il ricordo di questa santa e imponente cerimonia non sarà mai cancellato dalla memoria di chi ne è stato testimone. Non è l’unica chiesa che sta per essere eretta sotto il patrocinio di Nostra Signora di La Salette: una in Bretagna e un’altra in Belgio sono già state annunciate essere in corso di costruzione.

Pensiamo di aver detto abbastanza per fornire al lettore una chiara documentazione delle circostanze dell’apparizione stessa, e anche delle prove scientifiche a sostegno della sua credibilità. Dal suo riconoscimento pubblico da parte del Vescovo di Grenoble, non è più necessario accumulare ulteriori prove a suo favore. Per più di cinque anni l’apparizione è stata oggetto di ogni tipo di obiezione, non solo da parte degli scrittori francesi, ma anche da parte di coloro che erano più ansiosi di crederlo vero, ma che pensavano fosse loro dovere cedere a nient’altro che ad una certezza. – Tutte le opposizioni, però, ora tacciono; è ormai un fatto approvato dalla Chiesa, che la Santa Vergine abbia scelto questi due pastorelli come portatori di un messaggio al « suo popolo », minacciandoli di vendicarsi di suo Figlio se non si pentiranno; ed è anche la convinzione di tutti, che il Vescovo nella sua lettera pastorale riconosca che le preghiere, le penitenze, e la vita riformata, che sono così largamente derivate da questo evento, siano state il mezzo per arrestare al braccio di nostro Signore e scongiurare il castigo minacciato ». In effetti, non è quasi possibile considerare le prove attraverso le quali la Francia sia passata dall’anno dell’Apparizione, il 1846, senza notare gli elementi di disordine e di confusione che sono stati ovunque percepibili, e senza al tempo stesso riconoscere chiaramente la .presenza di qualche misteriosa influenza, che fino ad ora ha calmato la formidabile eccitazione e ha trasformato tutto in bene. La Madre di Dio è la “Mater misericordiæ”, la Madre della misericordia; le sue interposizioni visibili, di cui si registrano diversi casi nella storia ecclesiastica, non sono mai state considerate come presagio di sventure, ma piuttosto come significative di un tempo prossimo di accettazione; ed è in tale luce che la sua gloriosa apparizione a La Salette è stata finora considerata dai fedeli. 

FINE.

[Ribadiamo qui, che la Congregazione dell’Indice non si è mai sognata di negare la veridicità dell’apparizione mariana de La Salette, come farfugliano ancora i satanisti modernisti o scismatici attuali, ma che la condanna riguardava solo un libricino in lingua francese che riportava in modo improprio i fatti dell’apparizione. Eccone ancora il testo:

DAMNATUR OPUSCULUM: « L’APPARITION DE LA TRÈS SAINTE VIERGE DE LA SALETTE ».

DECRETUM

Feria IV, die 9 maii 1923

In generali consessu Supremæ Sacræ Congregationis S. Officii Emi. ac R.mi Domini Cardinales fidei et moribus tutandis præpositi proscripserunt atque damnaverunt opusculum: L’apparition de la très Sainte Vierge sur la sainte montagne de la Salette le samedi 19 septembre 1845. – Simple réimpression du texte intégral publié par Melanie, etc. Société Saint-Augustin, Paris-Rome-Bruges, 1922; mandantes ad quo spectat ut exemplaria damnati opusculi e manibus fidelium retrahere curent.

Et eadem feria ac die Sanctissimus D. ST. D. Pius divina providentia

Papa XI, in solita audientia R. P. D. Assessori S. Officii impertita, relatam sibi Emorum Patrum resolutionem approbavit.

Datum Romæ, ex ædibus S. Officii, die 10 maii 1923.

Aloisius Castellano,

Supremæ S. C. S. Officii Notarius.]

FESTA DELL’ANNUNZIAZIONE – Messa (2020)

Santa Messa del 25 MARZO.

Annunciazione della Beata Vergine Maria.

Doppio di I classe. • Paramenti bianchi.

Oggi commemoriamo il più grande avvenimento della storia: l’incarnazione di nostro Signore (Vang.) nel seno di una Vergine. (Ep.) In questo giorno il Verbo si è fatto carne. Il mistero dell’incarnazione fa sì che a Maria competa il titolo più bello: quello di « Madre di Dio » (Or.) in greco « Theotocos »; nome, che la Chiesa d’Oriente scriveva sempre in lettere d’oro, come un diadema, sulle immagini e sulle statue. « Avendo toccato i confini della Divinità »  (Card. Cajetano, 2a 2æ p. 103, art. 4) col fornire al Verbo di Dio la carne, alla quale si unì ipostaticamente, la Vergine fu sempre onorata di un culto di sepravenerazione o di iperdulia: « II Figlio del Padre e il Figlio della Vergine sono un solo ed unico Figlio », dice San Anselmo. Maria è da quel momento la Regina del genere umano e tutti la devono venerare (Intr.). Al 25 marzo, corrisponderà, nove mesi più tardi, il 25 dicembre, giorno nel quale si manifesterà al mondo il miracolo che non è conosciuto oggi che dal cielo e dall’umile Vergine. La data del 25 marzo, secondo gli antichi martirologi, sarebbe anche quella della morte del Salvatore. Essa ci ricorda, dunque, in questa Santa Quarantena, come canta il Credo che « per noi uomini e per la nostra salute, il figlio di Dio discese dal cielo, si incarnò per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, si fece uomo, fu anche crocefisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, e fu seppellito e resuscitò il terzo giorno ». Poiché il titolo di Madre di Dio rende Maria onnipotente presso suo Figlio, ricorriamo alla sua intercessione presso di Lui (Or.), affinché possiamo arrivare per i meriti della Passione e della Croce alla gloria della Risurrezione (Postc).

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XLIV: 13, 15 et 16.
Vultum  tuum deprecabúntur omnes dívites plebis: adducántur Regi Vírgines post eam: próximæ ejus adducántur tibi in lætítia et exsultatióne.

[Ti rendono omaggio tutti i ricchi del popolo: dietro di lei, le vergini sono condotte a te, o Re: sono condotte le sue compagne in letizia ed esultanza.

Ps 44:2.
Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi.
[Dal mio cuore erompe una fausta parola: canto le mie opere al Re.

Vultum tuum deprecabúntur omnes dívites plebis: adducántur Regi Vírgines post eam: próximæ ejus adducántur tibi in lætítia et exsultatióne.

[Ti rendono omaggio tutti i ricchi del popolo: dietro di lei, le vergini sono condotte a te, o Re: sono condotte le sue compagne in letizia ed esultanza.

Oratio

Orémus.

Deus, qui de beátæ Maríæ Vírginis útero Verbum tuum, Angelo nuntiánte, carnem suscípere voluísti: præsta supplícibus tuis; ut, qui vere eam Genetrícem Dei crédimus, ejus apud te intercessiónibus adjuvémur.

[O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi tuoi sùpplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.]

Lectio

Léctio Isaíæ Prophétæ.
Is VII: 10-15.
In diébus illis: Locútus est Dóminus ad Achaz, dicens: Pete tibi signum a Dómino, Deo tuo, in profúndum inférni, sive in excélsum supra. Et dixit Achaz: Non petam ei non tentábo Dóminum. Et dixit: Audíte ergo, domus David: Numquid parum vobis est, moléstos esse homínibus, quia molésti estis et Deo meo? Propter hoc dabit Dóminus ipse vobis signum. Ecce, Virgo concípiet et páriet fílium, et vocábitur nomen ejus Emmánuel. Butýrum ei mel cómedet, ut sciat reprobáre malum et elígere bonum.

[In quei giorni: Così parlò il Signore ad Achaz: Domanda per te un segno al Signore Dio tuo, o negli abissi degli inferi, o nelle altezze del cielo. E Achaz rispose: Non lo chiederò e non tenterò il Signore, E disse: Udite dunque, o discendenti di Davide. È forse poco per voi far torto agli uomini, che fate torto anche al mio Dio ? Per questo il Signore vi darà Egli stesso un segno. Ecco che la vergine concepirà e partorirà un figlio, il cui nome sarà Emmanuel. Egli mangerà burro e miele, affinché sappia rigettare il male ed eleggere il bene.]

Graduale

Ps XLIV: 3 et 5.
Diffúsa est grátia in lábiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum.
V. Propter veritátem et mansuetúdinem et justítiam: et dedúcet te mirabíliter déxtera
tua.
Ps XLIV: 11 et 12.
Audi, fília, et vide, et inclína aurem tuam: quia concupívit Rex speciem tuam.
Ps XLIV: 13 et 10.
Vultum tuum deprecabúntur omnes dívites plebis: fíliæ regum in honóre tuo.
Ps XLIV: 15-16.
Adducéntur Regi Vírgines post eam: próximæ ejus afferéntur tibi.
V. Adducéntur in lætítia et exsultatióne: adducántur in templum Regis.

[La grazia è riversata sopra le tue labbra, perciò il Signore ti ha benedetta per sempre,
V. per la tua fedeltà e mitezza e giustizia: e la tua destra compirà prodigi.
Ps 44: 11 et 12.
Ascolta e guarda, tendi l’orecchio, o figlia: il Re si è invaghito della tua bellezza.
Ps 44: 13 et 10.
Tutti i ricchi del popolo imploreranno il tuo volto, stanno al tuo seguito figlie di re.
Ps 44: 15-16.
Le vergini dietro a Lei sono condotte al Re, le sue compagne sono condotte a Te.
V. Sono condotte con gioia ed esultanza, sono introdotte nel palazzo del Re.]

Evangelium

Luc 1: 26-38.
In illo témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quæ cum audísset, turbáta est in sermóne ejus: et cogitábat, qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce, concípies in útero et páries fílium, et vocábis nomen ejus Jesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David, patris ejus: et regnábit in domo Jacob in ætérnum, et regni ejus non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te, et virtus Altíssimi obumbrábit tibi. Ideóque et quod nascétur ex te Sanctum, vocábitur Fílius Dei. Et ecce, Elísabeth, cognáta tua, et ipsa concépit fílium in senectúte sua: et hic mensis sextus est illi, quæ vocátur stérilis: quia non erit impossíbile apud Deum omne verbum. Dixit autem María: Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum.

[In quel tempo: L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, ad una Vergine sposata con un uomo della stirpe di Davide che si chiamava Giuseppe, e il nome della Vergine era Maria. Ed entrato da lei, l’Angelo disse: Ave, piena di grazia: il Signore è con te: benedetta tu tra le donne. Udendo ciò ella si turbò e pensava che specie di saluto fosse quello. E l’Angelo soggiunse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia davanti a Dio, ecco che concepirai e partorirai un figlio, cui porrai nome Gesù. Esso sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo; e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine. Disse allora Maria all’Angelo: Come avverrà questo, che non conosco uomo ? E l’Angelo le rispose. Lo Spirito Santo scenderà in te e ti adombrerà la potenza dell’Altissimo. Perciò quel santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco che Elisabetta, tua parente, ha concepito anch’essa un figlio, in vecchiaia: ed è già al sesto mese, lei che era chiamata sterile: poiché niente è impossibile a Dio. E Maria disse: si faccia di me secondo la tua parola.]

Il Figliuolo di Dio, seconda Persona della santissima Trinità, il quale si fa uomo e prende nel seno della Vergine Maria un’anima e un corpo formati per opera dello Spirito Santo, è il mistero che adoriamo in questo giorno. Noi non comprendiamo questo mistero, ma lo crediamo. Si tratta ancora d’imitarlo in quello che possiamo, di lodarne Dio, e di approfittarne. – Vi sono principalmente due cose da imitarsi in questo mistero. Bisogna che noi cerchiamo di entrare, con una sincera e profonda umiltà, nel sentimento di Colui che essendo eguale al Padre suo, ed un medesimo Dio con lui, si annichilò prendendo la forma di servo col farsi uomo. Egli ha cominciato oggi l’umiliazione di quella obbedienza che spingerà fino alla morte di croce. Bisogna che ci sottoponiamo ed interamente ci consacriamo di buon’ora a Dio, per obbedire alla sua legge, e seguire in tutto la sua volontà, sull’esempio di Colui sull’esempio di Colui che entrando in questo mondo disse: Ecco che io vengo, voi mi avete formato un corpo; sta scritto in capo al libro che io farò la vostra volontà, o mio Dio! Io porterò la vostra legge in mezzo al cuore. – All’esempio di un Dio che si è fatto uomo per poter essere da noi imitato, torna bene qui l’unire in questo giorno l’esempio di quella che egli si scelse per Madre, e che trae da lui tutta la sua virtù e la sua gloria. – Proponiamoci, e meditiamo nel Vangelo di questo giorno la semplicità, la modestia, la fede, l’umiltà, la sottomissione agli ordini di Dio, e il perfetto abbandono alla santa provvidenza di lui, virtù che risplendono in Maria nella sua Annunziazione.

PREGHIERA

O Dio, che annientandovi nella vostra Incarnazione avete innalzata Maria alla dignità di vostra Madre, fatemi onorare degnamente la sua divina maternità, e meritare per l’imitazione delle sue virtù quella suprema felicità, che voi avete promessa a quelli, i quali come Ella porteranno in opera la vostra parola, quando diceste: Chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, è mio fratello e mia sorella e mia madre. Datemi parte, Signore, di quella singolare purità che chiamò i vostri sguardi sopra questa Vergine senza macchia, di quella profonda umiltà con la quale Ella vi concepì, di quella perfetta sommissione :he le fece sopportare i tormenti della vostra passione, di quell’amore sì forte e sì ardente che consumando la sua vita, la mise in possesso del premio eterno da Lei meritato. – Madre del Salvatore del mondo, che godete da lungo tempo il premio delle vostre virtù, rammentatevi che siete la Madre delle membra siccome del Capo, e che dopo di Lui, i figli dell’infelice Eva, divenuti vostri, aspettano dalla vostra potente intercessione gli aiuti dei quali abbisognano nel loro esilio; degnatevi adunque di domandare per me al vostro divin Figlio le grazie che mi sono necessarie, per imitarvi quanto può una creatura così imperfetta come io sono, affinché dopo aver partecipato in qualche modo ai vostri meriti, io possa sperar di partecipare anche alla vostra gloria ed alla vostra felicità.

OMELIA: https://www.exsurgatdeus.org/2020/03/25/festa-dellannunciazione-2020/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/03/25/festa-dellannunciazione-2019/

https://www.exsurgatdeus.org/2018/04/09/festa-dellannunciazione-2018/

https://www.exsurgatdeus.org/2017/03/25/25-marzo-annunciazione-della-vergine-santissima/

Credo…

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/

Offertorium

Orémus

Luc 1:28 et 42.
Ave, Maria, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui.

Secreta

In méntibus nostris, quǽsumus, Dómine, veræ fídei sacraménta confírma: ut, qui concéptum de Vírgine Deum verum et hóminem confitémur; per ejus salutíferæ resurrectiónis poténtiam, ad ætérnam mereámur perveníre lætítiam.

[Conferma nelle nostre menti, o Signore, Te ne preghiamo, i misteri della vera fede: affinché noi, che professiamo vero Dio e uomo quegli che fu concepito dalla Vergine, mediante la sua salvifica resurrezione, possiamo pervenire all’eterna felicità.]

Comunione spirituale

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/

Communio

Is VII: 14.
Ecce, Virgo concípiet et páriet fílium: et vocábitur nomen ejus Emmánuel.

[Ecco, una vergine concepirà e partorirà un figlio: al quale si darà il nome di Emmanuel.]

Postcommunio

Orémus.
Grátiam tuam, quǽsumus, Dómine, méntibus nostris infúnde: ut, qui. Angelo nuntiánte, Christi Fílii tui incarnatiónem cognóvimus; per passiónem ejus et crucem, ad resurrectiónis glóriam perducámur.

[La tua grazia, Te ne preghiamo, o Signore, infondi nelle nostre anime: affinché, conoscendo per l’annuncio dell’Angelo, l’incarnazione del Cristo Tuo Figlio, per mezzo della sua passione e Croce giungiamo alla gloria della resurrezione.]

Ultimo Evangelio e preghiere leonine:

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/

Ringraziamento dopo la Comunione:

https://www.exsurgatdeus.org/2018/09/14/ringraziamento-dopo-la-comunione-2/

Ordinario: https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

FESTA DELL’ANNUNCIAZIONE (2020)

 [Sac. Dott. Emilio Campana,

Pro-delegato vescovile della diocesi e Professore di Teologia dogmatica del seminario di Lugano

MARIA NEL DOGMA CATTOLICO –

Torino, P. MARIETTI ed., 1909]

Libro I, parte III, Maria nel Vangelo:

CAPO III.

L’annunciazione dell’Angelo.

Sommario.

I . Si racconta colle parole stesse dell’Evangelo il fatto della annunciazione, che teologicamente è la base di tutta la grandezza di Maria, ma che noi dobbiamo esaminare con criteri storici. II. Maria ricevette la visita dell’Angelo, prima del suo matrimonio, quando era solo fidanzata con Giuseppe. — III. Il celeste messaggero è Gabriele; suoi rapporti coll’Incarnazione; forma e luogo in cui apparve. — IV. Perché l’annunciazione. — V. Perché il messaggio di un Angelo. VI. — Autenticità del colloquio passato tra Maria e l’Angelo. — Conazione della critica razionalista. — Logico concatenamento delle cose dette dall’Angelo. — VII. La psicologia di Maria nel grande dramma dell’Annunciazione: sua prudenza, sua umiltà, suo amore alla verginità, tua fede, sua obbedienza, sua ardente carità.

I. — L’Evangelo che ha taciuto della nascita e dell’adolescenza di Maria, d’un tratto ci parla di lei per dirci che un Angelo, l’arcangelo Gabriele, le apparve ad annunziarle che sarebbe diventata Madre di Dio. È il primo avvenimento che della vita di Maria conosciamo dai libri ispirati. Ce lo narra Luca nei termini seguenti: Il sesto mese (dacché Elisabetta aveva concepito Giovanni Battista) fu mandato l’Angelo Gabriele da Dio in una città di Galilea chiamata Nazareth, ad una vergine sposata ad un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe, e la vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l’Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è con te. Benedetta  tu fra le donne. — Ciò udendo ella sbigottì alle sue parole e pensava che specie di saluto fosse quello. E l’Angelo aggiunse: Non temere, Maria: che hai trovato grazia avanti a Dio; ecco, concepirai nel seno e partorirai un figlio, cui porrainome Gesù. Questo sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore gli darà il trono di David, suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine. — Allora Maria disse all’Angelo: Come avverrà questo mentre io non conosco uomo? — E l’Angelo le rispose: Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo t’adombrerà. Per ciò, quel che n’è generato santo, sarà chiamato figlio di Dio. Ed ecco Elisabetta, tua parente, ha concepito anch’essa un figlio nella sua vecchiaia; ed è questo per lei il sesto mese, detta sterile: che niente è impossibile avanti a Dio. — E Maria disse: Ecco l’ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola. — E l’Angelo si partì da lei „ (S. Luca I, 26 seg.). Questo breve tratto dell’Evangelo contiene in germe tutta la teologia mariana. Tutto quello che di sublime si può e si deve dire di Maria, va attinto, come alla sua fonte inesauribile, al racconto dell’annunciazione che ci fa S. Luca. Perché fu subito dopo il colloquio con l’Angelo che Maria divenne Madre di Dio: fu per il modo con cui accettò di diventar Madre del Salvatore, che si trovò associata a Lui nell’opera della redenzione, e meritò il titolo di nostra Madre e Corredentrice. La chiave che dogmaticamente ci introduce nell’imponente edificio della dignità di Maria, sta nei suoi rapporti cristologici. Ebbene, questi rapporti si rannodano tutti al fatto dell’annunciazione. Ma quel che si può teologicamente cavare da questo fatto, già lo vedemmo altrove. Ora. noi dobbiamo esaminarlo con criteri storici.

II. — Dal punto di vista storico, importa anzitutto far rilevare che l’Angelo apparve a Maria prima che ella fosse definitivamente congiunta in matrimonio con Giuseppe, quando cioè era semplice fidanzata di lui. Questo risulta anzitutto dal significato ovvio, naturale e spontaneo della parola latina dessposatae della greca “imnesteumenen” ,a cui quella fedelmente corrisponde. Ma soprattutto ci risulta evidente confrontando quel che di Maria dice S. Luca, con quel che ce ne fa sapere S. Matteo! Dalla narrazione dell’annunciazione, e soprattutto della visita a S. Elisabetta che si legge in S. Luca, è fuor di dubbio che Maria divenne Madre di Dio subito dopo ch’ella disse all’Angelo: “Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola.„ Ora S. Matteo ci dice a proposito: “La nascita di Gesù Cristo poi avvenne così: Maria, sua madre, sposata a Giuseppe, prima che fossero insieme, si trovò incinta di Spirito Santo. — Christi autem generatio sic erat; cum esset desponsata mater ejus Maria Joseph, antequam convenirent, inventa est in utero habens de Spirita Sancto „ Matth. I, 18. Quel antequam convenirent, getta troppa luce sul significato del desponsata, perché ci possa essere ancor dubbio. Maria dunque portava già in sé il Salvatore prima che coabitasse con S. Giuseppe; poiché tale è il significato della frase antequam convenirent. La parola convenire qui non può significare l’uso del coniugio, per il quale l’Evangelista usa il verbo cognoscere, ma indica semplicemente la coabitazione. Tale è pure il significato della frase originale greca  (“pris e suneltein aghios”). Essa dice letteralmente prima di unirsi a coabitare, prima di venire nella stessa casa. E che qui si debba ritenere il significato letterale, è confermato dall’avviso che l’Angelo, secondo S. Matteo, diede a Giuseppe, angustiato per lo stato in cui si trovava Maria, e che egli non sapeva spiegare. L’Angelo disse a lui: “Giuseppe, non esitare a prendere Maria in tua consorte. — Joseph, noli timere accipere Mariam conjugem tuam. „ Nel greco per accipere ci sta “paraladein”, che vuol dire letteralmente condurre a casa tua, cioè prendere in moglie, per consorte. – È dunque evidente che quando Maria concepì il Figlio di Dio, e quando fu visitata da Gabriele, che le dava un tanto annuncio, ella non stava ancora nella di Giuseppe. Abitava con lui nello stesso paese, ma in casa distinta. Che avesse ancora i suoi genitori?… Che fosse presso qualche prossimo parente che le faceva le veci dei genitori morti?… Sono domande a cui sarebbe inutile tentar di dare una risposta, perché  sarebbe sempre arbitraria. L’Evangelo non ci ha voluto dare informazioni su questo punto, ed a noi altro non resta che reprimere insoddisfatta la nostra curiosità. Ci preme però di mettere il lettore in guardia perché non pensi che il fidanzamento, lo sposalizio, presso gli Ebrei avesse quel medesimo valore che ha presso di noi. No!, presso gli Ebrei il vincolo che ne nasceva era molto più intimo, i diritti più. ampii. Il fidanzamento degli Ebrei aveva il valore del matrimonio rato presso i Cristiani. Gli sposi non coabitavano ancora, ma potevano trattarsi come marito e moglie. Se la sposa avesse mancato di fedeltà era dalla legge trattata come adultera, e viceversa se avesse avuto dei figli dal suo fidanzato questi non erano considerati come illegittimi. Il celebre rabbino Maimonide, del quarto secolo, che ben conosceva gli usi ebraici, scrive a proposito: Si sponsa in domo patris sui ex sponso concepisset, infans ut legitimus habebatur (De prohib. congr., cap. xv, n. 17). Per questo, lo stesso Maimonide dice che alla fidanzata ebrea si poteva con verità dare anche il titolo di moglie: Desponsata, tametsi nondum maritata, nec in domum viri introducta, illìus tamen est uxor (nel libro Ascetk, ossia La Donna). Il fidanzamento durava un anno, e passava in matrimonio coll’introduzione della sposa nella casa dello sposo; la quale introduzione ora si faceva solennemente, coll’invito cioè di molti amici, ai quali non si lasciava mancare lieta e copiosa mensa, ed ora si faceva tacitamente, senza fasto né  esteriori dimostrazioni. – Ammesso che Maria, quando fu salutata dall’Angelo, fosse semplice fidanzata di Giuseppe nel senso testé spiegato, si comprendono chiaramente tante cose, che a prima vista sembrano oscure. Si spiega, anzitutto, come Maria abbia potuto subito dopo lasciare Nazareth ed andare da Elisabetta senza essere accompagnata da Giuseppe. Che Giuseppe non sia andato da Elisabetta è fuor di dubbio. Lo dimostra il turbamento che provò quando si accorse della gravidanza di Maria, che non poteva in niuna maniera spiegare. Questa scoperta la fece certamente al ritorno di Maria in Nazareth. Se fosse andato anche lui dalla madre di Giovanni Battista, avrebbe inteso il saluto di lei a Maria, avrebbe inteso il Magnificat, avrebbe partecipato alle confidenze di Maria alla sua vecchia parente; per dir tutto in breve, lo stato della sua sposa non sarebbe più stato per lui ricoperto dall’impenetrabile velo del mistero. Giuseppe dunque non fu con Maria nelle regioni montuose, in montana; il che si comprende benissimo supposto che Maria ancora non coabitasse con lui. Si spiega ancora come la gravidanza di Maria non abbia suscitato in pubblico nessuna meraviglia, come il suo onore non ne fosse stato menomamente compromesso. Ella era legalmente fidanzata: dunque non c’era più nulla da obbiettare contro le condizioni in cui si trovava. In tutti doveva naturalmente formarsi la convinzione, che il frutto aspettato era il legittimo rampollo dello sposo Giuseppe. Questi però che sapeva di non aver mai usato i suoi diritti coniugali, ne restava meravigliato e turbato. Ma era il solo che poteva provare una simile impressione. In altri termini, il lettore si ricorda certamente quali siano state le ragioni per cui Dio volle la Vergine Maria, non

ostante il voto di verginità, unita in matrimonio con Giuseppe. Ebbene, quelle ragioni cominciavano ad avere tutto il loro valore dal giorno del fidanzamento di Maria.

III. — L’Angelo apparso a Maria fu Gabriele. Il suo nome etimologicamente vuoi dire forza di Dio, eroe di Dio. Non era questa, secondo la Scrittura, la prima apparizione da lui fatta ai mortali. Dal libro di Daniele risulta che si manifestò più volte a quel profeta, sotto forma di uomo alato, per istruirlo su varii punti, e, fra altro, per spiegargli il vero senso delle settanta settimane che dovevano trascorrere prima della venuta del Messia. S. Luca, nel capo medesimo in cui narra l’annunciazione a Maria, ci fa sapere che Gabriele era già prima apparso a Zaccaria, per annunciargli- che sarebbe diventato il padre del Precursore. Con Zaccaria si manifestò in questi termini: “Io sono Gabriele che sto in presenza di Dio„ (Luc. I, 19). Egli è dunque come Raffaele, del quale è detto nel libro di Tobia: “che è uno dèi sette spiriti che stanno davanti al trono di Dio„ (Tob. XII, 15). Stanno davanti al trono di Dio, s’intende, per ricevere e mandare ad esecuzione i suoi ordini. Per questo Gabriele si connumera tra gli arcangeli. S. Tommaso pensa che Gabriele non sia dell’ordine più sublime tra gli spiriti celesti, ma che sia sufficiente l’ammettere che ha il primo posto nell’ordine degli arcangeli, il cui officio è quello di annunciare agli uomini le cose di maggior importanza: Ad quartum dicendum, quod quidam dicunt Gabrielem fuisse de supremo ordine angelorum: propter quod Gregorius dicit: “Summum angelum venire dignum fuerat, qui summum omnium nuntìabat. „ Sed ex hc non habetur quod fxerit summus inter omnes ordines, sed respectu angelorum: fuit enim de ordine archangelorum: unde et Ecclesia eum archangelum nominat: et Gregorius ipse dicit in hom. de centum ovibus) quod “archangeli dicuntur qui summa annutiant „ satis est ergo credibile., quod sii summus in ordine archangelorum (III p., q. xxx, art. 2). Per la parte da lui avuta nell’annunciare i misteri riguardanti l’Uomo-Dio, Gabriele vien chiamato anche “l’Angelo dell’Incarnazione, „ ed è fuor di dubbio, come opportunamente fa osservare S. Gregorio, che il suo nome conveniva molto bene agli offici da lui compiuti. La Redenzione è certamente opera di potenza: è la manifestazione più bella dell’illimitato potere di Dio; era ben giusto quindi che il portare la novella di un tanto mistero fosse affidato all’angelo che si chiama la forza di Dio. Hoc nomen officio suo congruit. Gabriel enim Dei fortitudo nominatur. Per Dei ergo fortitudinem nuntiandus erat, qui virtutum Dominus, et potens in prœlio ad debellandas potestates aereas venlebat (S. Tho.). Gabriele apparve a Maria in forme d’uomo: questo è fuor di dubbio: altrimenti non si capirebbe più come sia “entrato _ da lei, come abbia materialmente “parlato „ con lei, come da lei si sia partito. „ Quale però sia stato precisamente l’aspetto assunto dall’Angelo, l’Evangelo propriamente non lo dice: a Daniele apparve alato; ma nel caso della Vergine si ritiene che non sia apparso in quest’atteggiamento. Il suo entrare e partire da Maria, è descritto da S. Luca con parole che fanno supporre nell’Angelo forme umane comuni. L’Arcangelo entrò dalla Vergine. Questo vuol dire che la salutò, e le annunciò il mistero dell’Incarnazione mentre Maria si trovava in casa: è troppo naturale il supporre che in quel momento fosse immersa nell’orazione e nella contemplazione dei divini misteri. Certo era sola. Di qui svanisce la leggenda diffusa presso gli Orientali, che Gabriele sia apparso a Maria mentre si trovava alla fontana per attingere acqua. Ciò urta col testo di S. Luca. Più strana ed infondata ancora è l’opinione di alcuni, che, per conciliare ogni cosa, ammettono una duplice apparizione: la prima alla fontana, la seconda in casa. E evidentemente contro la narrazione dell’Evangelo il duplicare l’annuncio dell’Angelo.

IV. — Perché Dio volle che il mistero dell’Incarnazione fosse prima annunciato che compiuto; e, di più, perché farlo annunciare da un Angelo? A queste due domanda risponde molto bene S. Tommaso nella terza parte della Summa Theologica, alla questione trentesima. Non si trattava certo di necessità assoluta. Iddio, padrone assoluto di ogni cosa, avrebbe potuto rendere Maria madre del suo Figlio anche senza inviarle nessun previo messaggio, anche senza aspettare il di lei consenso. Ma fu conveniente che Maria venisse prima edotta di ciò che stava per compiersi in lei, per quattro ragioni. La prima si fu per dar campo a Maria di prepararsi a ricevere degnamente in s’è il Verbo divino. Prima di concepire in sé materialmente il Figlio di Dio, era conveniente che lo concepisse spiritualmente, concentrando su di Lui in uno sforzo supremo tutti i suoi affetti, e tutti i suoi pensieri. Al Re dell’universo che entrava nel mondo, per quanto volesse da principio conservare l’incognito, era però troppo giusto che almeno la Madre sua facesse festa e rendesse grazie per tanta degnazione. Congruum fuit, dice S. Tommaso, B. Virgini  annuntiari quod esset Christum conceptura. Primo quidem ut, servaretur congruus ordo conjunctionis Filli Dei ad Virginem: ut scilicet priusmens ejus de ipso’ instrueretur, quam carne enm conciperet (l. c.). Poi, facendo questa rivelazione, Dio pensava a noi: Egli volle che Maria ne fosse diligentemente istruita, affinché ella poi, alla sua volta, fosse in grado di rendere davanti all’umanità una testimonianza inoppugnabile di questo mistero. In realtà, le informazioni che S. Luca ci dà sul modo con cui Dio s’incarnò, le ebbe appunto da Maria. Secundo, è sempre l’Angelico che parla, ut posset (Maria) esse certior testis hujus sacramenti, quando super hoc divinitus erat instructa. L’annunciazione fu conveniente anche, perché, come diremo tosto, fornì a Maria l’occasione di esercitare le più mirabili virtù. Tertio, ut voluntaria sui obsequii munera Deo offerret a quod se promptam obtulit, dicens: Ecce ancilla Domini. Infine, tenendo questa condotta, Dio ha mostrato una volta di più, come Egli ami trattare agni cosa secondo la sua natura, e come abbia sempre un delicato rispetto verso l’umano libero arbitrio. Ad un essere libero, l’amicizia, l’alleanza non, s’impone, ma convenienza vuole che si offra e si lasci alla libera accettazione. Coll’incarnazione Dio entrava in più intimi rapporti coll’umanità; era un indissolubile connubio che contraeva con lei. Ci voleva dunque la libera accettazione anche da parte dell’umanità. Questo libero consenso, in nome di noi tutti, lo diede Maria, rispondendo all’Angelo. Un’altra donna, col suo libero consenso all’angelo malvagio, ci aveva rovinati, Maria ci restituisce liberamente all’amicizia di Dio rispondendo a Gabriele. Quarto, ut ostenderetur esse quoddam spirituale matrimonium inter Filium Dei et humanam naturam. Et ideo per annuntiationem expectabatur consensus Virginis loco totius humanæ naturæ? (l. c., art. 1).

V. — Una volta decretato di manifestare a Maria il mistero dell’Incarnazione, prima di mettervi mano, nessuna maniera era più congrua o delicata per annunciarlo, che quella di incaricare di ciò un Angelo. Certo, Dio avrebbe potuto manifestarlo Lui direttamente; avrebbe anche potuto mandare a Maria un profeta. Ma questo secondo partito, l’intromissione cioè di un uomo, forse non sarebbe stata troppo decorosa, data la superiorità di Maria a tutto il restante dell’uman genere. Fu molto conveniente che di questo divino messaggio venisse incaricato un angelo, specialmente, secondo S. Tommaso, per tre ragioni. Anzitutto perché è la via ordinariamente seguita dalla divina Provvidenza, quella cioè di manifestare i suoi sovrannaturali disegni agli uomini per mezzo degli Angeli. E non vi sarebbe stato nessun motivo di fare un’eccezione per Maria. Ella, è vero, per un lato è superiore agli Angeli: è superiore a loro per dignità e santità; ma da un altro è inferiore ad essi: lo è per natura, e, mentre viveva quaggiù, lo era anche per condizione di viatrice. Anche Gesù Cristo, per la sua condizione di uomo e di viatore, fu per poco inferiore agli Angeli. Sentiamo S. Tommaso: Respondeo, dice nell’articolo secondo della questione citata, quod conveniens fuit Matri Dei annuntiari per Angelum divinæ incarnationis mysterium propter trio. Primo quidem ut in hoc etiam servaretur divina ordinatio, secundum quam mediantibus angelis divina ad homines perveniunt. E nella risposta ad primum soggiunge: Ad primurn ergo dicendum, quod Mater Dei superior erat angelis quantum ad dignitatem, ad quam divinitm eligebatur; sed quantum ad statum præsentis vitæ inferior erat angelis, quia et ipse Christus ratione passibilis vita, modico ab angelis minoratus est. – Di più, un angelo delle tenebre aveva col suo intervento iniziato l’opera della nostra caduta; era ben dunque conveniente che un altro angelo, un Angelo di luce, trattasse con un’altra donna per il nostro riscatto. Secundo, continua il santo Dottore, hoc fuit conveniensreparationi humanæ quæ futura erat per Christum; unde Beda dicit: Aptum humanai restauraiionis principium, ut angelus a Deo mitteretur ad Virginem partii consecrandam divino, quìa prima perditionis humanai fuit causa, cum serpens a diabolo mittebatur ad mulierem spiritu superbice decipiendam. „ Da ultimo un tal messaggero celeste era il meglio indicatoper presentarsi a colei che, diventando madre, non avrebbe cessatodi essere vergine. Vi hanno legami strettissimi tra la purezza angelica e la purezza verginale: vivete nel mondo conservandosempre illibato il candore verginale, e, più che umanadeve dirsi vita angelica. Tertio, così conchiude l’Angelico, quia hoc congruebat virginitati Matris Dei; unde Hieronymus dicit in sermone Assumptionis (è il discorso falsamente attribuito a lui): ” Bene angelus ad virginem mittitur quia semper est angelis cognata virginitas. Profecto, in carne, præter carnem vivere, non terrena vita est, sed cœlestis „ (l. c.).

VI. Alla critica razionalistica il racconto che S. Luca ci dà dell’annunciazione dell’Angelo, riesce troppo molesto, preso così com’è, e si è data quindi la briga di rifarlo a suo piacimento. Non parliamo di quelli che più radicali, ma certamente più coerenti, sopprimono addirittura i due primi capi di S. Luca, il così detto Vangelo dell’infanzia. Abbiamo in vista solo coloro, che più pudibondi, ma d’un pudore illogico, e non privo di sapore comico, ammettono sì i racconti dell’infanzia, ma vogliono far sparire l’affermazione della verginità di Maria. Questo insigne privilegio della Madre di Dio brilla di luce meridiana nel colloquio che Ella ebbe con l’Angelo; ed è appunto contro questa luce che si fa ribelle la critica razionalista, e precisamente quella che vorrebbe passar per più moderata, e dare ai propri argomenti l’aureola di scientifici. Ecco come procedono: Il Kattenbusch propone di eliminare dal colloquio quattro parole che l’Evangelista mette in bocca a Maria, « Epei andra u ghinoskopoiché non conosco uomo]. Solo quattro parole!… – Harnack non si accontenta di così poco, che pur sarebbe già un arbitrio intollerabile. Per meglio e più sicuramente eliminare l’idea del concepimento virgineo di Gesù, sostiene che debbansi riguardare come interpolati i versicoli 34, 35. come pure l’appellativo di vergine dato a Maria in principio del racconto. Nel testo primitivo, dunque, secondo Harnack, non si leggevano queste parole: 34. Allora Maria disse all’Angelo: come avverrà questo, mentre io non conosco uomo? 35. E l’Angelo rispose: lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà. Per ciò quel che ne è generato santo sarà chiamato Figlio di Dio. Quali sono le ragioni che hanno indotto il Professore di Berlino, il quale del resto è meritamente celebrato per la sua erudizione, e che ragiona egregiamente solo quando il pregiudizio non gli fa ombra, quali sono, domandiamo, le ragioni su cui appoggia quest’asserita interpolazione? Se si trattasse di noi cattolici che volessimo sopprimere qualche testo molesto, ci si richiamerebbe agli antichi codici, e ci si imporrebbe per essi un sacro rispetto. E la cosa sarebbe giusta. Ma appunto perché questo criterio è giusto, va rispettato sempre. La questione dunque dell’interpolazione bisognerebbe giudicarla in base ai documenti, e non con semplici supposizioni speculative. Ma quelli che si vantano di essere i monopolizzatori del sapere positivo, questa volta trovano troppo volgare il piegarsi davanti ai codici. Preferiscono ragionare a priori; e del resto non possono far altro, perché neppure uno dei codici è dalla loro parte. Tutti riferiscono, come è al presente, il fatto dell’annunciazione. Quali sono dunque gli argomenti di Harnack? Egli li espose nel 1901 [in Luk]e li deduce tutti dall’esame dei versetti 34 e 35 in relazione col contesto, e si riducono ai seguenti: 1° Anzitutto vi sono in questo brano delle parole e precisamente delle particelle, che tradiscono la mano dell’ interpolatore. Vi è per esempio la particella “epei”,poiché, che non si trova in nessun’altra parte degli scritti di S. Luca; non nell’Evangelo, non negli Atti degli Apostoli. Vi è ancora un’altra particella “Sto”, perciò, che si trova più volte negli Atti degli Apostoli, ma nell’Evangelo solo un’altra volta, al capo VII, al versicolo 7, il quale del resto manca in alcuni codici, per esempio nel codice D e nei codici dell’Itala. Queste particelle dunque accusano dei ritocchi posteriori. Ma perché mai? Se questo criterio valesse qualche cosa, allora non resterebbe più nulla, si può dire, dell’Evangelo di S. Luca, poiché l’uso di parole e di espressioni singolari non s’incontra solo in questi due versetti, ma nel terzo Evangelo è frequente, e proprio in quei passi, dei quali è fuor di dubbio, anche a giudizio dell’ Harnack, l’autenticità. Fermiamoci per esempio al prologo, di cui Harnack difese l’autenticità nell’anno 1899, in una conferenza tenuta all’Accademia reale prussiana di scienze. — Nel brevissimo tratto dunque che costituisce il prologo — è un solo periodo — troviamo delle parole, che invano si cercherebbero in seguito nello stesso Evangelo. La stessa prima parola “epeidepes”-poiché, non si riscontra più in questa forma. Solo ricorre negli Atti, c. xv, v. 24, ma nella forma più breve “epeide”. Né questo ricorrere di singolari parole in S. Luca ci deve sorprendere, poiché egli, come lo attesta nel prologo, ha fatto uso di altri scritti, e può essere che qualche volta li riporti integralmente. E si sa che riportando passi altrui, uno scrittore si mette con ciò nell’occasione di usare parole che, del resto, non sono familiari nel suo stile personale. Questa prima obbiezione cade dunque da sé.

2° Ma Harnack insiste, e trova che se fossero genuini i versicoli 34 e 35, l’Angelo avrebbe parlato molto inabilmente: avrebbe commesso delle inutili ripetizioni, anzi sarebbe caduto in aperte contraddizioni, adir poco, e nel suo filo di ragionamento non avrebbe tenuto troppo calcolo del senso comune. Infatti, così ragiona Harnack:

a) Il buon ordine logico esige che il versicolo 36 venga subito dopo il pensiero espresso nei versicoli 31, 32, 33. In essi l‘Angelo promette aMaria che concepirà un figlio di cui dà i connotati: ecco,concepirai nel seno, ecc. Poi nel versicolo 36 usa la medesima espressione: ed ecco Elisabetta tua parente ha concepito, ecc. Lo stesso giro delle due frasi esige che si succedano immediatamente; e quindi i versicoli 34 e 35 sono ingombranti; separano troppo violentemente le due frasi; furono dunque interpolati e perciò debbono scomparire. Ma questa è davvero una fantasia bella e buona. Da quando mai le frasi identiche debbonsi succedere immediatamente? Del resto il versicolo 36 non è posto per spiegare i versicoli 31, 32, 33, ma per rispondere alla domanda di Maria, che chiedeva come mai potesse Ella diventare madre, mentre era in condizione di non poter moralmente violare la propria verginità.

b) Ma l‘Harnack insiste: ilcontenuto del verso 35 è una ripetizione dei versi 31 e 32.

31, 32. E d ecco tu concepirai epartorirai un figlio… Egli sarà grandee Figlio dell’Altissimo sarà chiamato;e il Signore Iddio gli darà il tronodi David suo padre.

35. Lo Spirito Santo verrà in tee la potenza dell’Altissimo ti adombrerà.Per ciò quel che vi è generatosanto, sarà chiamato Figlio di Dio.

Anzi, più che una semplice ripetizione, ci sarebbe in questi versi una reale opposizione, poiché, mentre nei versi 31, 32 il promesso è un figliuolo di Davide, che sarà nominato Figlio dell’Altissimo, nel versicolo 35 il promesso sarà invece nominato Figlio di Dio, perché generato da Dio. – Ma questa osservazione pure è priva di fondamento. Per quanto il versicolo 35 si presenti simile agli altri due 31, 32. in realtà contiene qualche idea di più: non è dunque una mera ripetizione, una biasimevole tattologia, ma una vera spiegazione data da un crescendo. Il chiamare che fa l’Angelo, nel versicolo 35, il promesso nascituro “Figlio di Dio, „ mentre prima 1’aveva qualificato per “figlio di Davide, „ non è una contraddizione, ma un vero crescendo. In realtà il promesso Messia, nella sua qualità di Uomo-Dio, era ad un tempo figlio di Davide, generato da Davide, e figlio di Dio, generato da Dio. Solo una sistematica ed aprioristica opposizione al mistero, può rendere oscuri questi concetti per loro natura così limpidi. c) Continua l’illustre opponente. Se non si sopprimono i versicoli 34, 35, l’argomento portato dall’Angelo nei versicoli 36, 37 diventa inefficace allo scopo. Le parole: « 36. Ed ecco Elisabetta la tua parente ha concepito anch’essa un figlio nella sua vecchiaia, e questo è il sesto mese per lei detta sterile;

37. perché niente è impossibile avanti a Dio, »

sono, secondo Harnack, bastantiad accertare che il figlio ch’ella concepirà naturalmente, saràil Messia. Ma allora devono venire immediatamente dopo ilversicolo 33, e si deve leggere: 33. e regnerà in eterno sulla casa di David ed il suo regno non avrà fine. 36. Ed ecco Elisabetta la tua parente, essa pure, ecc. Ma, posto dopo i versicoli 34, 35, ilversicolo 36 farebbe servire l’esempio di Elisabetta a dimostrarela possibilità del concepimento verginale. Il che sarebbeillogico, perché non è con un fatto minore che si deve provarela possibilità di un fatto più grande.

Rispondiamo: L’Angelo vuol illustrare la potenza divina; ne adduce come esempio un fatto già in corso, di carattere miracoloso. Questo fatto non è della grandezza dell’altro che sta per compiersi in Maria: ma tra tutti, è uno di quelli che più gli si avvicinano. Che offesa ne riceve di qui la logica? L’Angelo non ha inteso con ciò di dare un argomento apodittico: ha voluto semplicemente dare un’idea dell’onnipotenza divina, arrecando in mezzo un altro fatto miracoloso. Harnack, e nessun altro al mondo, avrebbe potuto fare diversamente.

d) L’ultimo argomento il critico-razionalista lo desume dalle parole di Maria: Come mai avverrà questo, poiché non conosco uomo? Egli osserva: 1° è strana questa meraviglia in una donna sposata; 2° queste parole di lei dimostrano incertezza e dubbio di fronte alle parole dell’Angelo, mentre in realtà credette, e della sua fede ne ebbe lode da Elisabetta; 3° questa risposta di Maria all’Angelo contraddice alla di lei indole taciturna, quale risulta dall’Evangelo. – Cominciamo da quest’ultima osservazione: Maria, secondo l’Evangelo, non deve poi ritenersi taciturna, come la vorrebbe far credere Harnack. Certo non era garrulamente loquace. Ma quanto sapesse sapientemente ed eloquentemente parlare a tempo debito, lo dimostra, se non altro, il Magnificat. E vero. l’Harnack attribuisce questo cantico inarrivabile ad Elisabetta e non a Maria; ma con qual fondamento lo vedremo in seguito. Le parole di Maria all’Angelo non sono indice di incredulità, ma manifestazione di sapiente prudenza. Ella si sentiva legata dal voto di verginità. Ora le si annunzia che diventerà madre. La cosa è troppo delicata perché Maria si accontenti senz’altra spiegazione. A lei importa di sapere come potrà, in seguito a quest’annunzio, rimaner fedele al voto con cui s’è legata a Dio. – Questo voto: ecco la vera causa che fa meravigliare Maria, quantunque sposata a Giuseppe, quando ella sente che dovrà diventar madre. Gli argomenti di Harnack dunque non hanno maggior consistenza della statua di Nabucco: basta un sassolino per mandarli in frantumi. Una mente ben più acuta ed assuefatta al maneggio della logica, di quello che lo possa essere qualsiasi razionalista, S. Tommaso d’Aquino, ha esaminato precisamente sotto l’aspetto della correttezza logica il colloquio avuto dall’Angelo con Maria, e lo ha trovato inappuntabile. Nessuno avrebbe mai potuto parlare con maggior ordine, e con un procedimento più razionale: tale è il giudizio che ne dà il S. Dottore. Di fatti, secondo S. Tommaso, si debbono distinguere nel discorso dell’Angelo tre punti, marcatamente differenti. Egli vuole anzitutto attirare a sé tutta l’attenzione della Vergine, la vuol istruire sul mistero che le annuncia, vuole avere da lei il consenso definitivo. Quanto al primo atto, per attirare cioè l’attenzione di Maria, l’Angelo la saluta in termini cosi elogiosi, che non potevano a meno di fare la più grande impressione su Maria tanto umile e sommamente schiva di pensare grandi cose di sé.Egli la saluta piena di grazia, e con ciò riconosce in Lei la disposizione a diventar Madre di Dio; le soggiunge che il Signore è con Lei, vale a dire che si compiace in Lei in una maniera tutta speciale, che l’assiste con una provvidenza singolarissima; termina il saluto preannunciando l’onore che a lei deriverà da questo singolare favore che gode presso Dio: Ella sarà benedetta fra tutte, cioè sopra tutte le donne. Per l’umiltà e la modestia verginale di Maria, c’era più che a sufficienza per rimanerne sbalordita: e l’Angelo opportunamente si ferma a rassicurarla. Insiste nel dirle che il favore di cui Ella gode non è fallace, perché è presso Dio; e per meglio dissipare i di lei timori stavolta la chiama col suo nome Maria (Beda, Curs. Script. Sac. del Migne). Guadagnata così 1’attenzione e la confidenza di Maria, l’Angelo passa ad esporle l’oggetto della sua ambasciata. Procede con quest’ordine: annuncia anzitutto a Maria che diventerà madre: Ecco concepirai nel seno, e partorirai unfiglio, cui porrai nome Gesù. — Poscia descrive i pregi e la dignità di questo figlio: Questo sarà grande, e sarà chiamato figlio dell’Altissimo, ed il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine. Prese in sé, queste parole indicano abbastanza chiaramente che il futuro figlio di Maria era il Messia. Ma l’umiltà di Maria non le permetteva di credersi, così senza ulteriori spiegazioni, la vergine predetta dal profeta Isaia, e oppone all’Angelo con mirabile candore il proprio voto di verginità. Ciò dà occasione all’Angelo di spiegare meglio il proprio concetto, e parla quindi del modo con cui Ella concepirà: concepirai di Spirito Santo, per la virtù dell’Altissimo, e così manifesta in maniera evidentissima che il di lei Figlio sarà il Figlio di Dio. Lo Spirito Santo scenderà in te, e la potenza dell’Altissimo t’adombrerà. Per ciò quel che n’è generato santo, sarà chiamato Figlio di Dio. – ‘Angelo prima di partire deve avere il consenso della Vergine; e perché questo consenso sia più pieno e spontaneo, appoggia tutte le grandi cose, a cui Maria deve acconsentire sulla onnipotenza divina, la quale ha già operato un gran prodigio in Elisabetta, che è sul punto di diventar madre, non ostante la sua sterilità. Ma quello non è che una pallida figura (S. Tommaso dice quoddam figurale exemplum, ad III) di quanto sta per operare in Maria. Maria non può resistere alla volontà divina, e dà il suo consenso: Si faccia di me secondo la tua parola; e cosi la missione dell’Angelo ha un esito felice. – Il colloquio dunque succede col miglior ordine desiderabile e non c’è da far stralcio di nessun versicolo.

VII. — Ed ora s’impone un rapido sguardo alla psicologia di Maria, nell’atto di diventar madre di Dio, quale appare dal suo atteggiamento di fronte all’Angelo e dalle risposte a lui date. L’Evangelo ha cura di dirci che Maria, sentendosi salutata dall’Angelo, si sentì turbata: turbata est. Perché questo timore? Stando al testo della Volgata latina, si dovrebbe dire che rimase turbata soltanto al saluto dell’Angelo: le sue parole e non la sua presenza originarono questo turbamento. Di fatto il testo latino dice: Quæ cum audisset, turbata est in sermone ejus, et cogitabat qualis esset ista salutatio. Quindi è che molti spiegano che Maria non sia rimasta turbata dalla presenza dell’Angelo, adducendo per ragione che era assuefatta a quelle visite: “E ponete ben mente, scrive il P. Curci, essa si turbò alla parola, “epì, to logo”, in sermone, e ripensava che cosa volesse dire quel saluto: ma qui non si dice che si turbasse all’aspetto dell’Angelo, come era avvenuto a Zaccaria, e come vi dissi, destarsi comune e naturale lo sbigottimento nell’ uomo alla presenza di esseri così diversi da lui. Il perché non mi sembra da rigettare ciò che alcune anime pietose meditarono: che cioè, alla designata Regina degli angeli dovesse essere familiare l’apparimento di questo spirito celeste „ Ma, se ben si osserva il testo greco, si deve conchiudere che la presenza dell’Angelo in forma di uomo non fu estranea al turbamento della Vergine. Di fatto nel greco e così pure nel siriaco, al posto di quae, cum, audisset, si legge quæ cum vìdisset. E per questo S. Ambrogio dice espressamente: Ad virilis sexus speciem peregrinam turbatur aspectus Virginia (lib. I Off., c. XVIII). Ed a lui fa eco S. Gerolamo nella lettera settima a Leta, al capo quarto: Imitetur Mariam, quam Gabriel solam in suo cubiculo reperiti et ideo for san timore perterrita est, quia virum, quem non solebat, aspexit. E così possiam ritenere che Maria sia rimasta perplessa anzitutto all’aspetto insolito di un uomo che improvvisamente le apparve, ma soprattutto al sentire le sue parole ed il suo saluto. Pensa S. Bernardo, che al sentire quel linguaggio tanto per lei elogioso, Maria si sia sentita attraversare la mente dall’idea di un inganno diabolico, e che l’angelo delle tenebre volesse indurla in superbia (Serm. 3 super Missus), Questa congettura del Dottor Mellifluo però non garba a tutti. Il Serry, per esempio, la trova non concordante col testo evangelico, il quale dice che Maria pensava bensì qual specie di saluto fosse quello, ma non chi fosse il salutante. Ma l’osservazione del dotto Domenicano non è in realtà di quel peso che egli crede. Quando si dice che Maria era incerta e turbata intorno al saluto, niente vieta che sotto la denominazione di “saluto „ s’intendano tutti gli elementi che lo costituiscono, e, prima d’ogni altra cosa, colui che lo pronuncia. E così Maria, non mostrandosi facile a credere ad ogni spirito, ma volendo prima accertarsi della verità, ha dato un bell’esempio di prudenza. Maria fu con l’Angelo prudente, quanto Eva era stata con un altro angelo imprudente. Ma i dubbi quanto alla natura dell’apparizione non dovettero durar molto. Da tutto l’atteggiamento del suo misterioso interlocutore, dalla riverenza che mostrava pronunciando il nome di Dio, in forza di quel fiuto, di quel divino istinto che hanno le anime sante di distinguere le opere celesti de quelle diaboliche, Maria comprese ben tosto che chi le parlava era un messaggero di Dio. Ma il turbamento perseverava ancora. Non più sostenuto dalla prudenza, era però alimentato dall’umiltà. L’Angelo diceva senza dubbio grandi cose di lei: che era piena di grazia, che possedeva Dio in maniera singolare, che a lei era riservata una benedizione che la distingueva fra tutte le donne. Per Maria, che era assuefatta soltanto a pensare il proprio nulla, al di fuori dei benefizi divini, questo cumulo di lodi è di un peso schiacciante, poiché, come osserva S.Tommaso, non c’è cosa tanto sbalordiente per un animo veramente umile, quanto al sentire l’esaltazione dei propri pregi: animo humili nìhil est mìrabilius, quam audìtus suo? excellentio? ( III p., q. xxx, a. 4 ad 1). Anche qui, qual differenza tra Eva e Maria! Eva, al sentire dall’infernale ingannatore che sarà simile a Dio, messa a parte di ogni segreto, non può più resistere alla lusinga: la vanità e la superbia le fanno sentire dei fatali capogiri. Maria invece, che veramente è il compendio di tutte le divine meraviglie, non può sentire senza una profonda scossa di turbamento il proprio panegirico, che per quanto magnifico, èancora inferiore alla realtà. Ma vari Padri trovano che a suscitare in Maria questo turbamento, ad un sentimento di prudenza e di umiltà, se ne intrecciava un altro, quello del pudor verginale. Questo pudor verginale, che la turbò anzitutto per la semplice presenza dell’Angelo in forma umana, aumentò questa perplessità allorché Maria sentì che ella era benedetta fra le donne. La benedizione di una donna presso gli Ebrei, aveva un senso più determinato e specifico di quello che abbia fra noi. La benedizione di una donna, secondo il modo di giudicare degli Ebrei consisteva soprattutto nel dono della maternità. Quando l’Angelo dunque disse a Maria che sarebbe stata benedetta fra le donne, le faceva capire in termini abbastanza chiari, che avrebbe avuto una maternità straordinaria. Per questo Maria, conscia dei propri propositi di verginità, si mise a riflettere sul senso di questo saluto: cogitabat qualis esset ista salutatio. Le parole dell’Angelo le facevano intravedere, in un presentimento angoscioso, il pericolo di quel che essa aveva di più caro. Cosìpensano fra altri sant’ Agostino, Serm. 2 de Ann., e S. Gregorio Nisseno, Orat. de Christi Nativ. E l’osservazione si presenta da sola piena di giustezza e di ponderazione. Di fatto, quando l’Angelo si spiega meglio, e non lascia dubbio che davvero annuncia a Maria l’onore di un futuro Figlio, straordinario per dignità e grandezza, ella con mirabile semplicità, ma con franchezza premurosa gli oppone: Come avverrà questo, mentre io non conosco uomo? Già altre volte abbiamo avuto occasione di valutare tutta la portata di queste parole. Esse manifestano il grande amore di Maria per il candor verginale; più ancora, esse ci garantiscono che era preceduto in lei un vero e proprio voto di verginità. Di fatti, come ben osserva il P. Curci, perché quella domanda sia vera difficoltà, deve necessariamente importare: non conosco, ne posso conoscere uomo. Senza ciò la richiesta non ha nessun valore, come non l’avrebbe se si dicesse, che la tal fanciulla avrà un figlio cosi e cosi: tutti intenderebbero che lo avrà pel modo ordinario, onde si hanno i figliuoli. Se dunque questa via ordinaria non si poteva supporre in Maria Vergine, neppure nell’imminente e già conchiuso connubio, vuol dire che vi doveva occorrere un impedimento insormontabile. Or questo non poteva essere altro, che il voto di perpetua verginità, fatto da lei da bambina, ed il fatto di conservarla intatta con lo sposo castissimo, anche nel connubio: due punti a noi assicurati dalla Tradizione, e tenuti per fermissimi dal popolo cristiano, ed eziandio da. autori protestanti; ma mi è parso bello averli potuto inferire con facile discorso dalle parole stesse dell’Evangelo „ Maria dunque, parlando coll’Angelo, dimostra insieme ad una rara prudenza, ad una profondissima umiltà, un amore impareggiabile per la verginità. Ma importa qui mettere il lettore in guardia contro un’esagerazione, da cui non sono alieni alcuni brani del Bossuet, che riportammo altrove, ma che il Serry chiama imprudente ed inconsulta, e contro la quale non mancano in genere di protestare i migliori teologi. L’esagerazione consiste nel dire che Maria, messa nel bivio di rinunciare o alla verginità, o alla divina maternità a lei richiesta da Dio, avrebbe, per conservar quella, rifiutato questa. La cosa non è esatta, perché la verginità in urto alla volontà di Dio, cessa di essere virtù: e, benché consacrata prima con voto, questo voto evidentemente cessa allorché Dio manifesta i suoi desideri in contrario. Diremo adunque con più esattezza, che l’amore di Maria per la verginità fu cosi grande, che nemmeno l’idea della divina maternità le dissipava l’amarezza di doverla perdere. Una volta conosciuta la volontà di Dio, ella non avrebbe mancato di ossequiarvi, ma in pari tempo la verginità perduta avrebbe lasciato nel di lei cuore un rammarico incancellabile. Così ha creduto di dover interpretare i sentimenti di Maria S. Bernardo, quando nel Serm. 4 Super Missus, le mise in bocca queste parole: Sì oportuerit me frangere votum (per comando di Dio, s’intende), ut pariam talem filìum, gaudeo de filio, et doleo de proposito. – Infondata e da rigettarsi, benché soffulta dall’autorità di qualche Padre, per esempio di S. Agostino e di S. Proclo, l’idea che le parole di Maria “come avverrà questo, mentre io non conosco uomo, „ esprimano un atto di incredulità simile a quello di cui si rese reo Zaccaria, per cui lo stesso Gabriele lo punì rendendolo muto. In realtà, tra la risposta di Zaccaria e quella di Maria, ci passa una enorme differenza, Zaccaria aveva risposto: “Onde conoscerò io tal cosa? Che  io sono vecchio e mia moglie avanzata in età (Luc. I, 18). „ Ognuno capisce subito che qui Zaccaria non si limita ad esporre le proprie difficoltà, ed a domandare il modo con cui saranno superate, ma non senza un petulante ardimento vuol le prove dell’asserzione dell’Angelo, dicendo: “Onde conoscerò io tal cosa? „ Questo linguaggio tradisce troppo chiaramente la non modesta intenzione di volersi erigere a giudice di ciò che  l’Angelo gli disse. Le parole di Maria sono invece di persona che crede, ma che con semplicità domanda di essere istruita. Per questo, dice molto acutamente S. Ambrogio: Temperantìor est Mariæ responsio, quam verba sacerdotìs: hæc ait: QUOMODO EI ET ISTUD? Ille respondit: UNDE HOC SCIAM?Negat Me se credere, qui negat se scire: ista se facere profitetur, nec dubitat esse faciendum, quod quomodo fieri possit inquirit – Cfr. da S.TOMMASO (III p, q. xxx, art. 4, ad 2) – E che di fatto Maria abbia creduto, lo afferma lo stesso Evangelo riferendo le parole che a lei ebbe poscia a dire S. Elisabetta: “‘Beata quæ credidisti, quoniam perficientur ea quæ dieta sunt tibi a Domino. — Beata te che hai creduto, perché s’adempiranno le cose dette a te dal Signore „ (Luc. c. I, 45). S. Tommaso chiama quel sapore di dubbio, che a prima vista sembrano contenere le parole di Maria, non incredulità, ma ammirazione, e per questo l’Angelo addusse delle prove della sua affermazione, non per togliere la di lei mancanza di fede, ma semplicemente per dissipare la sua meraviglia: Talis dubitatio magìs est admirationis, quam incredulitatis: et ideo probationem Angelus inducìt, non ad auferendam infidelitatem, sed magìs ad removendam ejus admìratìonem (III p., q. xxx, art. 4 ad 2). Rimossa cosi ogni ammirazione dal suo animo, Maria diede il suo consenso alle richieste dell’Angelo, e lo fece in termini che hanno destato e desteranno ancora la meraviglia dei secoli. Dice: Ecco la serva del Signore, sì faccia di me secondo la tua parola! Queste parole sono di per sé il più eloquente ed impressionante elogio dell’umiltà di Maria e della sua prontezza nel servir Dio. Non ci soffermiamo a commentarle, perché  nessun commento raggiungerebbe la loro natural forza e limpidezza. E dietro questa solenne manifestazione di umiltà e di obbedienza, non è difficile intravedere il cuore di Maria ardente di una carità da altri non mai raggiunta. Da principio Maria, per umiltà, non pensò ch’ella fosse la vergine predetta dai profeti. Ora che l’Angelo s’è spiegato meglio, non ha più dubbio che il suo figlio, è il Figlio di Dio, il promesso Messia. E benché il mistero dell’umana redenzione non brillasse ancora davanti a Maria, illuminato in tutte le sue minute circostanze, pure, almeno in confuso, ella perita nelle Scritture, intravedeva che al Figlio da lei nascituro erano riservati grandi patimenti e grandi umiliazioni, a cui Ella pure sarebbe stata associata. Insieme ai futuri patimenti vedeva però anche gli alti onori che le erano riservati; è da supporsi che già in quel momento sapesse quel che pochi giorni dopo disse ad Elisabetta, che tutte le genti l’avrebbero chiamata beata. Ma in quel momento il suo pensiero non si fermò su queste visioni: se le attraversarono la mente, fu un passaggio rapido, che non lasciò traccia nelle parole della Vergine. Tutta la sua attività vitale era concentrata su Dio che veniva al mondo per salvarlo. Due soli oggetti allora fecero battere forte il suo cuore: Dio e la salute del mondo. Quanto a sé non pensò: abituata a dimenticarsi sempre, si dimenticò anche in quell’ora suprema, ed in uno slancio di carità, di cui noi possiamo solo da lontano intravedere la smisurata grandezza, disse la formola, che doveva essere l’esordio del trattato di pace tra il cielo e la terra: “Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola! „ Queste parole sono il suggello di un amore che è superato solo dall’amor che ha Iddio, ma che non è uguagliato da nessun altro! Noi rinunciamo a descriverlo, perché  tenteremmo l’impossibile. L’idea di questo amore lascia l’impressione che si ha quando si affaccia ad un abisso. Per poco che si consideri, si capisce subito, che davanti alla carità di Maria, che dà il consenso all’Angelo, si è sulla soglia dell’infinito.

L’APPARIZIONE A LA SALETTE 1846 (II)

LA SALETTE (II)

[Some account of the APPARITION OF THE BLESSED VIRGIN Of LA SALETTE London 1853]

Qui non faremo altro che alludere alle numerose lettere che di tanto in tanto sono apparse scritte da ecclesiastici e da altre illustri personalità che avevano visitato quella che ora cominciava ad essere chiamata la “Montagna Santa”.

Una testimonianza di grande valore, tuttavia, dobbiamo rendere “a tutto tondo”, sia a motivo del carattere eminente del suo autore, sia per il modo accuratamente efficace e privo di pregiudizi in cui l’intero argomento è trattato. L’attuale Vescovo di Orleans, allora già molto noto nella Chiesa francese, Mgr. M. Dupanloup, scrive così ad un amico che aveva sollecitato la sua opinione sulla questione dell’apparizione: « Mio caro amico, ho seguito il suo consiglio e ho fatto una visita a La Salette. Sono appena tornato dal mio viaggio. Credo che sia vostro desiderio che vi comunichi, in tutta semplicità, il risultato delle osservazioni che ho fatto e delle impressioni che ne ho ricevuto. Innanzitutto, devo riconoscere che ho intrapreso questo pellegrinaggio senza alcuna inclinazione favorevole; non che voglia in alcun modo sminuire il merito dovuto alle numerose pubblicazioni apparse sull’argomento e che avevo attentamente studiato; ma tutto il tono di entusiasmo e di vivacità con cui quelle opere sono state scritte, mi aveva ispirato dei pregiudizi contro il fatto che fossero destinate a conservarsi. Ho passato quasi tre giorni tra Corps e La Salette: le impressioni personali che vi ho ricevuto sono state, devo dirlo, senza alcun fascino, quasi senza emozione. Sono tornato così come sono andato, senza provare alcun attaccamento alla scena; direi quasi senza interesse, almeno senza quell’interesse che nasce dall’entusiasmo. Eppure, più mi allontano dal luogo, e più mi metto a riflettere su tutto ciò che ho visto e sentito là, e più forte è la convinzione che la riflessione produce in me, e che mi assale in qualche modo contro la mia volontà. Non mi posso astenere dal dire a me stesso continuamente: « Non può essere che la fonte di Dio sia qui ». Tre circostanze in particolare sembrano offrire forti segni di verità: in primo luogo, la semplicità di carattere che i bambini hanno sempre mantenuto. In secondo luogo, le numerose risposte, assolutamente al di sopra della loro età e capacità, che hanno mostrato nei diversi interrogatori subiti. In terzo luogo, la fedeltà con cui hanno mantenuto i segreti che dicono siano stati loro conferiti. – Primo: L’immutata semplicità di carattere dei bambini. Ho visto questi due bambini. Il primo incontro che ho avuto con loro, ha suscitato in me un’impressione sgradevole; il ragazzino in particolare mi è stato fortemente sgradevole. Ho visto molti bambini nella mia vita, e ne ho incontrato pochi, quasi nessuno, che mi abbiano così poco attratto. Le sue maniere, i suoi movimenti, il suo sguardo, tutto il suo aspetto è ripugnante, almeno ai miei occhi. Una cosa che forse ha rafforzato la brutta impressione che mi ha dato è stata quella di avere una singolare somiglianza con uno dei ragazzi più sgradevoli e peggiori che abbia mai dovuto educare. Parlando così dell’idea che mi sono fatto di questo ragazzino, non pretendo di attaccare in nessun modo le impressioni più favorevoli che ha lasciato sugli altri. Voglio solo esprimere i miei sentimenti. Almeno, se la mia testimonianza sarà finalmente favorevole a questi bambini, sarà senza sospetti; certamente non sarà stato nulla di per sé a sedurmi. C’è una grande maleducazione in Maximin; il suo continuo svagare è davvero fuori dal comune; ha un’indole singolarmente leggera e fantasiosa, ma accompagnata da una tale maleducazione e finanche da occasionale violenza, che il primo giorno in cui l’ho visto non solo ero rattristato, ma anche così scoraggiato, che mi sono detto: « Perché sono venuto fin qui per vedere un bambino così? che follia ho mai commesso! » Ho avuto tantissimi problemi per impedirmi dall’intrattenere i sospetti più gravi. Quanto alla bambina, anche lei mi è apparsa a suo modo repellente. Il suo modo di fare, però, è, direi, migliore di quello del ragazzino; i diciotto mesi che ha passato con le Suore della Provvidenza al Corps, dicono, l’hanno un po’ formata. Nonostante ciò, però, mi è sembrata ancora una personcina imbronciata, sciatta, silenziosa, che non diceva mai niente, e quando rispondeva, si esprimeva semplicemente a monologhi: “sì” e “no”. Se dice qualcosa di più, nelle sue risposte c’è sempre una certa rigidità e una timidezza che deriva dall’essere imbronciata, e che non mette affatto a proprio agio. In una parola, dopo aver visto più volte ognuno di questi bambini, non ho trovato in loro nessun’attrattiva particolare legata alla loro età; non hanno, o almeno non sembrano averne, nessuna di quella pietà e di quel candore infantile che tocca e attira ed ispira fiducia. Il ragazzino in particolare l’ho osservato a lungo e spesso, soprattutto il giorno in cui è salito con me a La Salette. In quell’occasione abbiamo passato circa quattordici ore insieme. Egli venne a trovarmi alla locanda alle cinque del mattino; mi accompagnò alla montagna dell’Apparizione, e non ci separammo fino alle sette di sera. Sicuramente ho avuto tutto il tempo di guardarlo bene, di studiarlo attentamente e di esaminarlo a mio piacimento. E ho fatto del mio meglio per farlo. Non c’è stato un momento, devo dire, in cui non sia stato oggetto del mio più attento esame e, anzi, di una profonda diffidenza. Non c’è stato un solo momento in cui mi sia stato simpatico; ed è stato solo nel pomeriggio, quando si stava facendo tardi, che per gradi, per così dire mio malgrado, un’impressione favorevole si è impadronita di me. Quasi senza esserne consapevole, e contrariamente ai miei sentimenti personali, mentre osservavo e ascoltavo tutto ciò che vedevo e sentivo, ero costretto a esclamare: « Nonostante tutto sia così ripugnante in questi bambini, tutto ciò che dicono, tutto ciò che vedo e sento, è spiegabile solo sulla base della supposizione della verità della loro storia ». A Grenoble ero stato informato del modo in cui i bambini mi avrebbero recitato gli episodi della loro narrazione. Mi è stato detto che l’hanno vissuto come una lezione. Si aggiunse che si poteva trovare per loro una qualche attenuante, perché durante diciotto mesi avevano ripetuto la stessa storia così tante migliaia di volte, che non era da ipotizzare che sia diventata per loro una mera routine. Ero disposto a scusarli su questo punto, purché la routine e la recitazione non fossero assolutamente ridicole; ma l’impressione che avevo in mente era ben diversa da quella che avevo previsto. Anche se i bambini non mi piacevano affatto prima che raccontassero la loro storia, e continuavano ad essere ugualmente poco attraenti ai miei occhi anche dopo, devo riconoscere che hanno affrontato la recita con una semplicità, una gravità, una serietà ed un certo rispetto religioso, che, in contrasto con il tono volgare e abitualmente scortese del ragazzino ed il carattere solitamente cupo della bambina, mi hanno colpito particolarmente. Devo aggiungere pure che questo stupore si è costantemente rinnovato nell’arco di questi due giorni, soprattutto per quanto riguarda il ragazzino, che è passato, come ho già detto, un’intera giornata con me. L’ho poi messo perfettamente a suo agio, e gli ho permesso di prendersi tutte le libertà che gli sono piaciute; tutti i suoi difetti, tutte le sue maleducazioni, poi sono apparsi in modo molto discreto. Eppure, ogni volta che questo bambino maleducato è stato sollecitato, anche di soppiatto, a parlare del grande evento, c’è stato in lui uno strano, profondo ed istantaneo cambiamento; e lo stesso è stato per la giovane ragazza. Il ragazzino conserva ancora il suo sgradevole aspetto esteriore, ma ciò che era eccessivo nella sua maleducazione è ormai del tutto perduto. Diventano all’improvviso così gravi e seri; assumono, per così dire, involontariamente, qualcosa di così singolarmente semplice e ingenuo, così pieno di rispetto di se stessi, oltre che per il soggetto di cui parlano, da ispirare in chi li ascolta, e quasi impone loro, come una soggezione religiosa per le cose che raccontano, ed una sorta di rispetto per le loro persone. Ho vissuto costantemente e molto vivamente queste impressioni, senza perdere per un attimo, in prima persona, il mio sentimento di avversione per i bambini. Farò qui un’osservazione riferita a quanto ho appena detto. Quando parlano del grande evento di cui professano essere stati testimoni, o quando ci si rivolge a loro con riferimento ad esso, questo singolare rispetto per ciò che dicono si spinge così lontano, che quando accade che diano una di queste risposte, veramente stupefacenti e perfettamente inaspettate, che confondono i loro interlocutori, tagliano corto a tutte le domande indiscrete, e risolvono semplicemente, profondamente, e completamente, le più grandi difficoltà, e non assumono alcuna aria di trionfo. I loro esaminatori sono sbalorditi, ma essi da parte loro, rimangono inalterati. Sulle loro labbra non passa mai anche per un solo istante il benché minimo sorriso. Inoltre, essi non rispondono mai alle domande che vengono loro rivolte, se non nel modo più semplice e breve possibile. La loro semplicità è a volte rozzaa, ma l’esattezza e la precisione delle loro risposte lascia sempre senza parole. Appena la conversazione accenna al “grande evento”, sembrano non avere più nessuno dei difetti ordinari della loro età; soprattutto si può osservare come in quei momenti non siano affatto chiacchieroni e ciarlieri. In altre occasioni Maximin parla molto; quando è a suo agio, è un pettegolare continuo. Durante le quattordici ore che abbiamo trascorse insieme, mi ha dato una prova continua di questa sua qualità; mi ha parlato di tutto con una grande cascata di parole, facendomi domande senza ritegno, finanche ad essere il primo a darmi la sua opinione, e contraddicendo la mia. Ma rispetto all’evento di cui parla, rispetto alle sue impressioni, alle sue paure o alle sue speranze per il futuro, e tutto ciò che ha un riferimento all’Apparizione, non è più lo stesso bambino. Su questo punto non prende mai l’iniziativa nella conversazione, né commette alcuna pur minima colpa contro il buon costume. Non si addentra nel dettaglio mai più di quanto sia necessario per rispondere alla domanda che gli viene rivolta, alla quale risponde con grande precisione. Quando si è esaminato il segreto che gli è stato chiesto di custodire, ed abbia risposto agli interrogatori ai quali è stato sottoposto, tiene la lingua a freno. – Si è ansiosi, si desidera che si parli, che si fornisca qualche dettaglio, che si entri in qualche dichiarazione sui propri sentimenti in quel momento e dopo l’evento: non aggiunge una parola al di là della risposta necessaria. Presto riprende il filo della conversazione che la sua storia ha interrotto, parla con grande libertà di qualsiasi altro argomento, o se ne va. È certo che non hanno né l’uno né l’altra desiderio di parlare dell’evento che li ha resi così famosi. Da quanto ho potuto imparare sul posto, non parlano mai inutilmente dell’argomento con nessuno, né con i loro compagni, né con le Suore della Provvidenza che li educano, né con gli estranei. Quando vengono interrogati, rispondono; se si tratta della storia dell’evento che viene loro chiesto, lo ricordano semplicemente; se viene proposta una difficoltà, ne danno una soluzione chiara; non aggiungono nulla di superfluo, e allo stesso tempo non dicono null’altro. Non si rifiutano mai di rispondere alle domande che vengono loro poste, ma è impossibile far loro perdere di vista per un solo istante, in ciò che dicono, il giusto criterio di correttezza. Potete porre loro tutte le domande indiscrete che volete, non c’è mai alcuna indiscrezione nelle loro risposte. In effetti, la discrezione, la più difficile di tutte le virtù, è (solo su questo argomento) naturale per loro in misura inaudita. Spremendoli quanto si voglia, si trova in essi qualcosa di invincibile, che non riescono a spiegare nemmeno a se stessi, che abbatte tutti gli attacchi, e si fa beffe involontariamente e con sicurezza delle tentazioni più forti e difficili. Chi conosce bene i bambini e ne abbia studiato la natura, così leggera, instabile, vanitosa, chiacchierona, indiscreta, curiosa, e farà gli stessi esperimenti che ho fatto io, condividerà la mia meraviglia e il mio stupore, e si chiederà, se sia beffato  dai due bambini, o ci sia in gioco qualche potere superiore e divino. Aggiungo che negli ultimi due anni i due bambini ed i loro genitori sono rimasti poveri come prima. – Questo è un dato di fatto che ho verificato sufficientemente per mia soddisfazione, e che è più facile da dimostrare al di là di ogni dubbio. Qui riporto un’osservazione che ho già fatto, e cioè che i due bambini, e più in particolare Maximin, di cui ho visto molto più dell’altra, sembrano aver conservato, nonostante l’onore che hanno ricevuto e la celebrità che gli si attribuisce, una semplicità e, dirò, uno spirito di umiltà così profondo, che queste qualità appaiono loro del tutto naturali, e non si possono chiamare virtù acquisite. Sembra come se sia impossibile per loro essere diversi da quelli che sono; e tutto questo con una sorta di indifferente candore, che è abbastanza sorprendente quando li si vede da vicino e si riflette sui loro comportamenti. Il fatto è che non capiscono gli onori che hanno ricevuto e sembrano non avere la più pallida idea dell’interesse che susciti il loro nome. Hanno visto migliaia di pellegrini, 60.000 in un giorno, venuti in seguito alla loro storia sulla montagna di La Salette. E per questo non si sono dati delle arie, né alcuna importanza, né hanno mostrato alcuna presunzione nelle loro parole e nei loro atteggiamenti. Considerano tutto questo senza alcuno stupore, senza un riguardo, senza alcun riferimento a se stessi. E, in una parola, se quello che dicono è vero, guardano alla loro missione nella stessa luce in cui la Vergine stessa l’ha considerata. Ella non ha professato di far loro un onore; ha professato solo di scegliere per sé alcuni testimoni che dovevano essere al di sopra di ogni sospetto, con una semplicità così profonda, così completa, e così straordinaria, che nulla poteva esserle paragonabile, e che non poteva essere spiegata o compresa per mezzo di cause naturali; ed è riuscita perfettamente nella sua scelta. Questo è il primo segno di verità che scopro in questi bambini. – 2) Il secondo segno appare dalle numerose risposte, complessivamente al di sopra della loro età e capacità, che hanno dato liberamente nei diversi interrogatori a cui sono stati sottoposti. Va infatti osservato che mai, in una corte di giustizia, i colpevoli siano stati così tormentati con domande sul reato di cui sono accusati, come questi due poveri bambini contadini indagati per due anni sulla questione della visione che raccontano. Difficoltà spesso premeditate, a volte lungamente ed insidiosamente pianificate, hanno sempre ricevuto da loro risposte pronte, precise e chiarissime. È palpabile che sarebbero assolutamente incapaci di tale presenza di spirito se ciò che dicono non fosse vero. Sono stati condotti come malfattori nel luogo stesso dell’Apparizione, o dell’impostura, [se è impostura], e non sono mai stati sconcertati dalla presenza delle persone più illustri, né spaventati dalle minacce e dagli abusi, né sedotti dalle minacce e dai soprusi, né convinti dalle persuasioni e dalle carezze, né affaticati dagli esami più lunghi; inoltre, il ripetersi frequente di tutte queste prove non li ha mai indotti a contraddire né se stessi né l’altro. Non è possibile che due esseri umani abbiano l’aria di essere complici di una frode; e se fossero davvero tali, devono avere un genio come non si è mai conosciuto finora, per poter essere così costantemente uniformi nel loro racconto, e in accordo con se stessi e tra di loro, durante i due anni che hanno assistito, senza interruzione, a questo strano e rigoroso processo. A tutta questa coerenza si aggiunge il contrasto che deriva dalla loro maleducazione, dall’impazienza e da un certo broncio dell’umorismo, e nello stesso tempo, quando l’Apparizione è l’oggetto della conversazione, si passa ad una dolcezza di comportamento, ad una calma ed una presenza di spirito del tutto imperturbabili, e sono al servizio, con impenetrabile discrezione a tutti, genitori, compagni, conoscenti, a tutti coloro che hanno sempre conversato con loro. Vi darò ora alcune delle domande e delle risposte che mi vengono fornite, sia dai miei ricordi personali, sia dalle relazioni redatte in debita forma e depositate a Grenoble, di cui posso garantire l’autenticità. D. A Mélanie. La Signora, allora, le ha dato un segreto e le ha proibito di raccontarlo. Bene, benissimo; ma mi dica almeno se questo segreto si riferisce a lei o a qualcun altro.

Melanie. Chiunque sia la persona a cui si riferisce, Ella ci ha proibito di raccontarlo. D. Il tuo segreto è qualcosa che devi fare?

Melanie. Che sia qualcosa che debba fare o meno, non sono affari di nessuno: ci ha proibito di dirlo.

D. Non sei forse consapevole che Dio non ha rivelato il tuo segreto ad una santa suora ma ho preferito affidarlo a te?, … assicurarmi che tu dica la verità.

Melanie. Se questa suora lo conosce, può dirlo a voi. Io non lo dirò.

D. Devi però dire il tuo segreto al tuo confessore, al quale non devi nascondere nulla. Maximin. Il mio segreto non è un peccato; in confessione si è obbligati a dire solo i propri peccati.

D. E se dovessi dire il tuo segreto o morire?

Maximin (con fermezza). Morirei. Non lo direi.  

D. Se il Papa ti chiedesse il tuo segreto, tu saresti obbligato a dirglielo; perché il Papa è più grande della Santa Vergine.

Maximin. Il Papa è più grande della Beata Vergine! Se il Papa fa bene il suo dovere, sarà un santo, ma sarà sempre meno della Beata Vergine.

D. Ma forse è stato il diavolo a darti il tuo segreto?

Maximin. No, perché il diavolo non porta il crocifisso, e il diavolo non proibisce la bestemmia.

Melanie (alla stessa domanda). Il diavolo sa parlare bene, ma non credo che possa raccontare segreti del genere. Non proibirebbe di imprecare, non porterebbe una croce e non ordinerebbe alla gente di andare a Messa.

D. Non voglio chiederle il suo segreto. Ma questo segreto riguarda, senza dubbio, la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Deve essere conosciuto dopo la sua morte; e questo è ciò che le consiglio di fare: scriva il suo segreto in una lettera, che lei stesso sigillerà, e farà recapitare nell’ufficio del Vescovo. Dopo la morte del Vescovo e di te stesso la lettera sarà letta, e così avrai mantenuto il tuo segreto.

Maximin. Ma qualcuno potrebbe essere tentato di togliere il sigillo alla mia lettera. Inoltre, non conosco coloro che entrano in questo ufficio. Allora dite: “Mettetegli la mano prima sulla bocca e poi sul cuore: Il mio migliore ufficio è qui”.

D. a Maximin: Tu desideri essere sacerdote: bene, dimmi il tuo segreto e io mi occuperò di te. Scriverò al Vescovo, che ti farà compiere i tuoi studi gratuitamente. R. Maximin. Se per essere sacerdote è necessario che io dica il mio segreto, vuol dire che non lo sarò mai.

D. a Melanie. Lei non capiva il francese e non andava a scuola; come poteva allora ricordare cosa le dicesse la Signora in quella lingua? L’ha detto tante volte?

R. Melanie. Oh, no; l’ha detto solo una volta, e io me lo ricordo perfettamente. E poi, anche quando non l’ho capito esattamente io stessa nel ripetere quello che ci ha detto, chi capiva il francese lo capiva; è stato sufficiente, anche quando non l’ho capito io stessa.

D. a Maximin La Signora l’ha ingannata, aveva previsto una carestia, eppure il raccolto è buono ovunque.

R. Maximin. Che importa a me? Mi ha detto così; sono affari suoi. A questa domanda i bambini hanno risposto in altre occasioni: « Ma forse hanno fatto penitenza? »

D. Sa che la signora che ha visto è al sicuro nella prigione di Grenoble?

R. Maximin. Era senz’altro un uomo intelligente quella che l’ha rapita.

D. La signora che ha visto non era che una nuvola luminosa e splendente.

R. Maximin. Ma una nuvola non parla.

D. Un sacerdote. Lei è un piccolo bugiardo, e non le faccio la morale.

R Maximin. Che cosa importa a me! Mi è stato chiesto di dirti questo, non di fartelo credere.

D. Un altro sacerdote. Guarda tu, io non ti credo, tu sei un bugiardo!

R. Maximin (con vivacità). Allora perché sei venuto fino a qui per interrogarmi?

D. Un prete. La signora è scomparsa in una nuvola.

R. Melanie. Ma non c’era nessuna nuvola.

D. Il curato insiste. Ma è molto facile circondarsi di una nuvola e scomparire.

R. Melanie (con vivacità). Potete allora, signore, circondarvi di una nuvola e scomparire?

D. Un Sacerdote. Non sei stanco di dover dire ogni giorno sempre la stessa cosa?

R. Maximin. E lei, signore, si stanca forse di dover dire Messa ogni giorno?

Risposte ancora più sorprendenti sono state date da loro spesso. M. Repellin, sacerdote, scriveva il 19 novembre 1847: « Ho chiesto alla bambina se la persona meravigliosa che aveva visto non fosse uno spirito maligno che voleva seminare il disordine nella Chiesa ». Mi rispose, come ha risposto agli altri: « Ma, signore, il diavolo non porta la croce ». Continuai: « Ma, figlia mia, il diavolo portò nostro Signore sulla cima del tempio e sulla cima di un’alta montagna, e così poteva ben portare la sua croce ». No, signore – disse lei, con una certa sicurezza, – No! Dio non avrebbe permesso che la sua croce fosse portata in quel modo: è sulla croce che è morto ».  Ma Egli stesso ha sofferto per esservi trasportato!. Ma è stato con la croce che ha salvato il mondo. La sicurezza di questa bambina, e il significato profondo di questa risposta, di cui probabilmente non ha percepito la bellezza, mi ha chiuso la bocca. In un’altra occasione si spiegò ancora più acutamente. Le dissero che il diavolo aveva portato il Signore in persona. « Sì – disse lei – ma Lui non era ancora glorificato ».

D. Il tuo Angelo custode conosce il tuo segreto?

R. Mélanie « Sì, signore ». C’è qualcuno, allora, che lo sa? « Ma il mio Angelo custode non è uno del popolo ».

Uno dei miei amici, due giorni prima del mio viaggio a La Salette, disse a Maximin: « Tutti noi che andiamo a La Salette, tutti dobbiamo obbedienza al Papa ». Ebbene, se il Papa ti dicesse: « Figlio mio, non devi credere a nulla, tu cosa gli diresti? » Il bambino rispose, con la massima dolcezza e rispetto: « Gli direi: vedrà! ». Queste sono alcune delle innumerevoli risposte di questi bambini. Non so se li giudicherete come me, ma sono sicuramente, a dir poco, molto sorprendenti; e questo stupore aumenterà dopo aver considerato le osservazioni che ho fatto su questi bambini e che ora vi presenterò. – 3). Non ho potuto fare a meno di riconoscere, nella fedeltà con cui hanno mantenuto il segreto che essi professano di aver ricevuto, un segno caratteristico della verità, e che sono due: possedere ciascuno un segreto, e questo da quasi due anni. Ognuno di loro ha un segreto distinto, l’uno non si è mai vantato di conoscere quello dell’altro. I loro genitori, i loro padroni, i loro curatori, i loro compagni, le migliaia di pellegrini, li hanno interrogati su questo segreto, e hanno chiesto loro di rivelarlo in qualche modo: a questo scopo sono stati fatti sforzi inesplorati; ma né motivi di amicizia, né interesse personale, né promesse, né minacce, né l’autorità civile o ecclesiastica, nulla ha potuto in alcun modo influenzarli su questo punto; e ora, dopo due anni di sforzi continui, non si sa nulla, assolutamente nulla. Io stesso ho fatto i più grandi tentativi di penetrare in questo segreto. Alcune singolari circostanze mi hanno reso capace di portare avanti i miei attacchi più di altri; per un momento ho persino pensato di esserci riuscito. È andata così: « Avevo portato, come ho detto, il piccolo Maximin sulla montagna con me. Nonostante la ripugnanza che questo ragazzo mi ispirava, non avevo mai cercato di essere gentile e amabile con lui, e avevo fatto tutti i tentativi in mio potere per cercare di aprirgli e di conquistare il suo cuore. Non ci ero riuscito molto bene. Ma arrivando in cima alla montagna, qualcuno che era lì gli ha dato due fotografie, una delle quali rappresentava la lotta del 24 febbraio per le strade di Parigi. In mezzo ai combattenti c’era un prete che aspettava i feriti. Il ragazzino pensò di vedere una certa somiglianza tra questo ecclesiastico e me; e sebbene gli dissi che si era completamente sbagliato, si convinse che ero io la persona rappresentata, e da quel momento mi mostrò un’amicizia più vivace e più aperta. D’allora in poi apparve del tutto a suo agio, e mi si mostrò molto familiare. Ne ho approfittato con entusiasmo, siamo diventati i migliori amici del mondo, senza però che lui smettesse di essere, allo stesso tempo, perfettamente sgradevole per me. Ora lui mi pendeva dal braccio, e non la smetteva per tutto il giorno; così scendemmo insieme dalla montagna. Gli preparai la colazione e cenammo insieme. Parlava di tutto con la massima cura e libertà, della Repubblica, degli alberi, della libertà, etc. etc.. Quando ho riportato la conversazione all’unico argomento che mi interessava, ha risposto, come ho detto, brevemente e semplicemente; tutto ciò che si riferiva all’apparizione della Beata Vergine era sempre come qualcosa di diverso nella nostra conversazione. Si è fermato subito pur nel completo fluire torrenziale delle sue chiacchiere. La sostanza, l’espressione, il tono, la voce, la precisione di ciò che poi mi ha detto, sono diventati all’improvviso singolarmente gravi e religiosi. Poi è passato ben presto a qualche altro argomento con tutta la libertà della conversazione familiare e vivace. Allora ripresi i miei sforzi e le più abili insinuazioni per approfittare di questa libertà ed apertura, e per fargli parlare di ciò che mi interessava, e più in particolare del suo segreto, senza che lui percepisse il mio intento ed il mio oggetto. Ho deciso di vedere chiaro in quest’anima, di coglierla in fallo, e di trarre la verità dal profondo del suo cuore, che lo fosse o no. Ma devo confessare che dal mattino tutti i miei tentativi erano stati sventati: nel momento in cui ho pensato di aver ottenuto qualcosa e di aver raggiunto il mio fine, tutte le mie speranze sono svanite; tutto ciò che pensavo di avere in mano è sfuggito all’improvviso, e una risposta del bambino mi ha rimandato nella mia incertezza. Questa riserva mi appariva così ordinaria in un bambino, dirò in qualsiasi essere umano, che senza fargli alcuna violenza morale, sarebbe stata ripugnante per la mia coscienza, volevo andare il più lontano possibile, e fare qualche ultimo sforzo per conquistarlo con qualcosa, e ottenere il suo segreto di sorpresa. Era il possesso di questo singolare segreto che mi stava particolarmente a cuore. Per sfondare con lui su questo punto, non ho risparmiato nessuna seduzione che mi sembrasse possibile. Dopo molti sforzi e tentativi assolutamente vani, una circostanza mi ha offerto un’opportunità che per un attimo ho pensato potesse avere successo. Avevo portato con me una borsa da viaggio, il cui lucchetto si apriva e si chiudeva con un trucchetto, che non richiedeva l’uso di una chiave. Siccome questo ragazzino è molto curioso, tocca tutto, guarda tutto, e sempre nel modo più puntiglioso, non ha mancato di esaminare la mia borsa da viaggio; e vedendomi aprirla senza chiave, mi ha chiesto come abbia fatto. Gli ho risposto che era un segreto. Mi ha pressato molto urgentemente per rivelarglielo. La parola segreto mi aveva ricordato il suo stesso mistero; e per approfittare della circostanza, gli dissi: « Figlio mio, questo è il mio segreto; tu non sei stato disposto a rivelarmi il tuo e io non ti dirò il mio ». Questo è stato detto per metà sul serio e per metà per scherzo. « Non è la stessa cosa – disse egli subito – perché a me è stato proibito di dire il mio segreto e a te non è stato proibito di dire il tuo ». La risposta era giusta. Mi considerai scoperto; e fingendo di non aver capito perfettamente, gli dissi con lo stesso tono: « Poiché non sei stato disposto a dirmi il tuo segreto, io non ti dirò il mio ». Lui ha insistito; ho fatto quello che potevo per eccitare la sua bramosia e la sua curiosità; ho aperto e chiuso il mio misterioso lucchetto senza che lui potesse capire il mio segreto. Mi spinsi al punto di tenerlo impaziente, smanioso e in attesa, per molte ore. Dieci volte in questo periodo il ragazzino è tornato impetuosamente alla carica. « Molto bene – gli dissi – ma dimmi anche il suo segreto ». A queste parole di tentazione, nel bambino riapparve nel suo carattere religioso, e tutta la sua curiosità sembrò svanire. Qualche tempo dopo, mi fece di nuovo pressione. Gli diedi la stessa risposta, e trovai sempre la stessa resistenza da parte sua. Vedendolo così, gli dissi finalmente: « Ma, figlio mio, visto che vuoi che ti dica il mio segreto, dimmi almeno qualcosa del tuo ». Non ti chiedo di raccontarmelo del tutto, ma dimmi, almeno, quello che puoi dirmi; dimmi, almeno, che sia una buona o cattiva notizia e non mi dirai il tuo segreto ». « Non posso », era l’unica risposta. Solo che, dato che eravamo così amici, ho notato che c’era un’espressione di rammarico nel suo rifiuto. Alla fine mi sono arreso e gli ho rivelato il segreto del mio lucchetto. Era incantato, saltava di gioia, apriva e chiudeva la borsa molte volte. « Vedete – gli dissi – io vi ho detto il mio segreto e voi non mi avete detto il vostro ». È apparso dispiaciuto per questo nuovo attacco, e per il tipo di rimprovero espresso nelle mie parole. Ora ho pensato che non avrei dovuto fare altri tentativi; e sono rimasto convinto, come tutti coloro che conoscono l’indiscrezione umana, e più in particolare quella dei bambini, che questo ragazzino aveva appena vinto una delle tentazioni morali più violente che si possano immaginare. Ben presto, però, ho ripreso la questione con un tono ancora più serio, e gli ho fatto subire un nuovo assalto. È andata così: Gli avevo dato delle foto che avevo scattato in cima alla montagna. Avevo solo un cappello di paglia molto brutto; ne comprai un altro per lui quando tornammo a Corps. Oltre a questo, mi offrii di dargli tutto quello che desiderava; mi chiese una camicetta, gli dissi di andare a comprarne una, che gli costava 48 dollari, e che pagai. Andò a mostrare le foto, la camicetta e il cappello a suo padre, e tornò per dirmi che suo padre era stato molto contento. Mi aveva già parlato con un certo affetto delle disgrazie e dei problemi di suo padre. Approfittai anche della recente morte di sua madre; e sebbene mi rimproverassi interiormente di aver fatto subire al ragazzo tali tentazioni, gli dissi: « Ma, figlio mio, se tu raccontassi solo quello che puoi dire sul tuo segreto, la gente farebbe molto per tuo padre ». Andai ancora più lontano, e gli dissi: « Io stesso – mio caro bambino – potrei procurargli molte cose, e riuscire a far sì che egli viva a casa con te in pace e felicità, senza volere nulla ». Perché sei così ostinato a rifiutarti di dire quello che puoi dire sul tuo segreto, quando questo solleverebbe tuo padre dai suoi problemi e lo consolerebbe? » In verità, la tentazione era forte. Il bambino mi ha creduto pienamente, ed io ero disposto a fare per lui tutto quello che gli avevo promesso. Lo vide chiaramente; ma rispose a tono basso: « No, signore, non posso ». Bisogna riconoscere che se avesse inventato una favola, non sarebbe stato difficile per lui fingere, e raccontarmi un segreto o altro in linea con la sua storia, quando i grandi vantaggi che ne sarebbero derivati sarebbero stati per lui, se me l’avesse raccontata. Non mi considerai però completamente sconfitto; e spinsi la tentazione ancora più in là, forse troppo in là, ma certamente fino al limite massimo. Giudicherete voi stessi, e forse darete la colpa a me. Avevo addosso, per cause accidentali, una grossa somma in oro. Mentre si aggirava per la mia stanza, guardando i miei bagagli e rovistando dappertutto, la mia borsa e quest’oro attirarono la sua attenzione; lo afferrò avidamente, tirò fuori i denari sul tavolo, e cominciò a contarne i pezzi, dividendoli in più lotti; poi si divertì a sistemare e riordinare continuamente questi piccoli cumuli d’oro. Quando l’ho visto così completamente preso dalla vista e dalla manipolazione di questi soldi, ho pensato che fosse giunto il momento di metterlo alla prova, e di mettere alla prova la sua veracità in modo infallibile. Gli dissi in tono amichevole: « Ebbene – figlio mio – tu mi dirai quello che potrai dirmi del tuo segreto, ed io ti darò tutto questo oro a te e a tuo padre. Te lo darei tutto, e subito: e non pensare che io lo voglia, perché non ho più soldi con cui continuare il mio viaggio ». Sono stato testimone di un fenomeno morale molto singolare, e ne sono ancora colpito mentre ve lo racconto. Il bambino era completamente assorbito da quest’oro: si dilettava a guardarlo, a toccarlo e a contarlo. All’improvviso, alle mie parole, si rattristò, abbandonò bruscamente la tavola e la tentazione e mi disse: « Signore, non posso ». Ho insistito: « Eppure c’è un modo per rendere felice tuo padre e te stesso ». Mi rispose ancora una volta: « No, non posso! »; e in un modo e con un tono così fermo, anche se molto semplice, che mi sentii sconfitto. Tuttavia, per non apparire così, aggiunsi, con un tono di scontento, disprezzo e ironia, « Ma forse non racconterai il tuo segreto perché non ne hai da raccontare: è tutto uno scherzo ». Non sembrava offeso da queste parole, ed anzi mi ha risposto in modo vivace: « Oh, ne ho solo uno infatti, ma non posso dirlo ». « Chi te l’ha proibito? » « La Beata Vergine ». Ho rinunciato allora a una gara senza speranza. Sentivo che il bambino aveva più dignità morale di me. Misi, con amicizia e rispetto, la mia mano sulla sua testa, e facendo il segno della croce sulla sua fronte, gli dissi: « Adieu, caro bambino: Spero che la Santa Vergine perdonerà il modo in cui ti ho pressato. Sii fedele per tutta la vita alla grazia che hai ricevuto ». E pochi istanti dopo ci siamo separati, per non rivederci più. – A simili interrogatori ed offerte la bambina ha risposto: « Oh, ne abbiamo abbastanza: non c’è bisogno di essere così ricchi ». Questo è il terzo segno di verità che ho osservato in questi bambini. E ora, cosa pensare di tutto questo? È verità, errore o impostura? Tutto questo non può essere spiegato ragionevolmente se non con una delle quattro seguenti supposizioni:  – 1). O si deve ammettere la verità soprannaturale dell’apparizione, la storia e il segreto dei bambini. Ma questo è molto grave, e porta con sé gravi conseguenze. Se ci dovesse essere un inganno, che un giorno dovesse essere scoperto, praticato da questi bambini o da altri, di quanti cuori religiosi non sarà stata ferita la sincerità? – 2). Oppure sono stati ingannati, e sono ancora vittime di qualche allucinazione. Ma chi ha fatto il viaggio a La Salette, e ha esaminato tutto, non esiterà ad affermare che questa supposizione è assolutamente ridicola e inammissibile. – 3). Oppure i bambini sono gli inventori di questa favola, che hanno imbastito essi stessi, e che sostengono da soli per due anni contro tutti, senza mai contraddirsi. Da parte mia, non posso ammettere neanche per un momento questa terza supposizione. La favola mi sembrerebbe più sorprendente della verità. – 4). O supponiamo, finalmente, che ci sia stato un qualche escamotage, un impostore nascosto dietro ai bambini, e che questi si siano prestati ad interpretare il personaggio che egli ha preparato per loro, e che ogni giorno insegna loro a rinnovare. Senza andare in fondo a questa domanda, come ha fatto M. Rousselot, risponderò solo che tutto ciò che precede ripugna a questa supposizione. L’inventore mi sembrerebbe, allo stesso tempo, molto abile a scegliere come attori e testimoni di un’impostura così straordinaria questi bambini, e molto abile ad insegnare loro come sostenere una tale parte per due anni davanti a due o trecentomila spettatori successivi, osservatori, investigatori, interrogatori di ogni genere, senza che questi bambini non si siano mai impegnati in nulla in nessun momento, senza che nessuno abbia scoperto questo impostore dietro le quinte, senza una sola indiscrezione da parte dei bambini che potesse far sospettare di qualcuno, e senza che nessun segno di frode si sia mai manifestato fino a questo momento. Non c’è nulla, quindi, da sostenere se non la prima supposizione, cioè la verità soprannaturale dell’insieme; che è, peraltro, molto fortemente confermata. 1) Dal carattere che i bambini hanno mantenuto immutato. 2). Dalle risposte, del tutto ben oltre la loro età e capacità, che hanno dato nei diversi interrogatori a cui sono stati sottoposti. 3). Dalla straordinaria fedeltà con cui mantengono il segreto che dicono sia stato loro confidato. Se fossi obbligato a pronunciarmi su questa rivelazione e a dire “sì” o “no”, e dovessi essere giudicato su questo argomento dalla rigorosa sincerità della mia coscienza, direi “sì” piuttosto che “no”. La prudenza umana e cristiana mi costringerebbe a dire “sì” piuttosto che “no”; e non credo di dover temere di essere condannato dal giudizio di Dio come colpevole di imprudenza e di precipitazione. Sempre tuo, DUPANLOUP. Gap, 11 giugno 1848. – La lettera che è stata appena consegnata è forse la prova più conclusiva che sia apparsa sul tema dell’Apparizione. Fu scritta da un personaggio noto in tutta la Francia per la sua grande capacità e sobrietà di giudizio, che si recò sul posto deciso a mettere alla prova la storia semplicemente secondo le regole della prudenza umana, con pregiudizi nei confronti dei bambini, che rimasero indifferenti, e con la volontà di formarsi un’opinione unicamente da ciò che egli stesso avrebbe potuto vedere e sentire. Egli afferma il suo credo senza alcun tipo di entusiasmo; ed è stato attento ad usare, nel dare il suo giudizio, i termini più sobri. –

[2. – Continua]

https://www.exsurgatdeus.org/2020/03/26/apparizione-a-la-salette-1846-iii/

L’APPARIZIONE A LA SALETTE 1846 (I)

Oggi Iniziamo la pubblicazione di un opuscolo che riguarda l’Apparizione della Vergine Maria a La Salette. Vogliamo però innanzitutto tranquillizzare i nostri lettori e smascherare le vergognose contestazioni di parte dei modernisti e pseudo tradizionalisti non-preti lefebvriani (è di questi giorni il raglio di una bestia-asino della fraternità non-sacerdotale di Sion, di uno degli eredi del cavaliere kadosh Lienart e del suo degno “compariello” LEFEBVRE, sul loro bestiario: la tradizione (anti) cattolica), circa il riconoscimento canonico della apparizione stessa. Questi ultimi faziosi [non possiamo infatti ritenerli semplicemente degli ignoranti non informati dei fatti, ma dobbiamo indicarli obbligatoriamente come servi di satana], citano un decreto del Santo Uffizio del 1923 – Pio XI  regnante – che renderebbe falsa l’apparizione stessa, approvata da numerosissimi Vescovi e dalla stessa Autorità massima, nella persona di Pio IX. Il decreto della Congregazione del Santo Uffizio, poneva all’indice un opuscolo edito in Francia che riportava un presunto segreto di Melania, senza imprimatur imposto a garanzia. Riportiamo il testo del decreto, che ognuno può leggere consultando gli Atti della Sede Apostolica, vol. 15 del 1923, p. 287 e seg.:

DAMNATUR OPUSCULUM: « L’APPARITION DE LA TRÈS SAINTE VIERGE DE LA SALETTE ».

DECRETUM

Feria IV, die 9 maii 1923

In generali consessu Supremæ Sacræ Congregationis S. Officii Emi. ac R.mi Domini Cardinales fidei et moribus tutandis præpositi proscripserunt atque damnaverunt opusculum: L’apparition de la très Sainte Vierge sur la sainte montagne de la Salette le samedi 19 septembre 1845. – Simple réimpression du texte intégral publié par Melanie, etc. Société Saint-Augustin, Paris-Rome-Bruges, 1922; mandantes ad quo spectat ut exemplaria damnati opusculi e manibus fidelium retrahere curent.

Et eadem feria ac die Sanctissimus D. ST. D. Pius divina providentia

Papa XI, in solita audientia R. P. D. Assessori S. Officii impertita, relatam sibi Emorum Patrum resolutionem approbavit.

Datum Romæ, ex ædibus S. Officii, die 10 maii 1923.

Aloisius Castellano,

Supremæ S. C. S. Officii Notarius.

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Da questa banale costatazione, si evince che ad essere condannato è semplicemente questo opuscolo francese del 1922, che riportava evidentemente notizie e commenti non autorizzati da un’Autorità competente, e non  – come amano ripetere gli adoratori modernisti del demonio – la veridicità dell’apparizione con relativo segreto direttamente consegnato peraltro nelle mani di S. S. PIO IX . Tanto, per smontare le assurde faziosità ed imbecillità riportate da satanisti che spargono la zizzania della condanna da parte della Chiesa dell’apparizione della Vergine a La Salette, apparizione che evidentemente vogliono contrastare perché da essa vergognosamente smascherati. Noi consigliamo loro di pentirsi sinceramente, lasciare i falsi culti da essi praticati [modernismo della chiesa dell’uomo, sedevacantismi vari, fraternità paramassoniche non autorizzate prive di giurisdizioni e missione, tesisti, etc. etc. ] e tornare alla vera Religione Cattolica, che solo può loro assicurare la salvezza. Chiediamo allo Spirito Santo il dono della Pietà per potere impetrare il perdono per essi per le falsità che seminano.  

Il libricino che ci accingiamo a pubblicare, dall’originale inglese del 1853, è fornito di tutte le autorizzazioni richieste con la testimonianza del Vescovo di Grenoble e la personale costatazione, all’epoca dei fatti, di Mgr. Dupanloup, notissimo prelato francese, poi Vescovo di Orleans.

LA SALETTE (I)

[Some account of the

APPARITION OF THE BLESSED VIRGIN Of LA SALETTE

London 1853]

Le pagine seguenti sono intese come una nuova edizione di un piccolo libro che è stato pubblicato qualche tempo fa, contenente un breve resoconto dell’Apparizione della Beata Vergine riportata da due pastorelli a La Salette in Francia. La precedente edizione è andata esaurite; e, in conseguenza della crescente importanza attribuita all’evento miracoloso in questione, è sembrato bene preparare per la stampa un’altra narrazione più completa. La sostanza della presente pubblicazione è stata tratta dai “Rapporti” sull’argomento di M. Rousselot, Canonico di Grenoble e Vicario generale onorario della diocesi, che fu redatto e presentato al Vescovo di Grenoble, a seguito delle indagini della Commissione ecclesiastica che era stata nominata per esaminare la questione dell’Apparizione. Coloro che sono interessati a notizie più esaurienti di quelle che si troveranno qui, sono pregati di consultare le due opere di M. Rousselot, in cui viene prodotto ogni tipo di documento che l’incredulità possa richiedere per cui tutte le ragionevoli obiezioni vengono respinte; mentre è esposta con chiarezza e semplicità l’unanime adesione che è stata data alla veridicità della storia da tutta la popolazione religiosa della Francia. Nel corso dello scorso anno, i bambini hanno confidato i loro segreti al Papa e il Santo Padre non ha esitato ad esprimere la sua convinzione privata sulla veridicità del loro racconto; e così è stata generale la devozione dei Fedeli a Nostra Signora di La Salette, al punto tale che il Vescovo della diocesi, dopo aver meditato a lungo sul suo dovere di scoraggiarlo, ha concesso poi la sua autorevole autorizzazione; e il 25 maggio di quest’anno, nonostante la sua veneranda età, si fece condurre sulle altezze alpine dove l’evento si era verificato, posando la prima pietra di una chiesa e di un grande edificio destinato all’accoglienza di una comunità di sacerdoti, colà stabiliti per servire l’altare e per fornire assistenza spirituale ai pellegrini che arrivando ogni giorno la richiedano. Di seguito verranno fornite alcune spiegazioni di queste circostanze, come anche una parte delle prove che sono state prodotte a sostegno della verità dell’Apparizione. – Prima di dare un resoconto dell’Apparizione stessa, sarà bene descrivere in poche parole la località in cui si dice sia avvenuta, e dire anche qualcosa sul carattere generale e le abitudini dei due bambini sulla cui autorità si basa il tutto.

Il villaggio di La Salette è situato tra le montagne, a circa quattro miglia dalla cittadina di Corps, che si trova in basso sulla strada alta tra Grenoble e Gap. La scena dell’Apparizione è ancora più in alto, e a circa quattro miglia dalla chiesa di La Salette. Situata in mezzo ad una cerchia di montagne, questa contrada non è praticabile dalle carrozze; la salita deve essere fatta a piedi o a cavallo attraverso un sentiero, che è facile fino a quando si estende il terreno coltivato, ma dopo questo punto diventa sempre più ripido e difficile, anche se non pericoloso, fino ad arrivare sull’ampio pianoro della montagna chiamata Sous les Baisses. Questo spazio pianeggiante, formato da tre montagne che si innalzano dalla stessa base, e che non si separano subito in eminenze separate, ma si elevano insieme, per così dire, per un lungo tratto in salita, si estende da nord a sud, ed è ricoperto di vegetazione; come lo sono anche le tre montagne stesse, che, dopo la loro separazione e fino alle loro cime, non offrono alla vista altro che un’estensione di rada erba verde. Non si vede un sasso, né il più piccolo albero o cespuglio, tutto intorno. In questa ampia pianura tra le colline c’è un piccolo dirupo, formato da due strisce di terreno in salita che passano da nord e da sud, in fondo al quale scorre il piccolo ruscello chiamato Sézia. È nella cavità di questo burrone, sulla riva destra del ruscello, e nel punto in cui ora sgorga la celebre fontana, che la “bella Signora” è stata vista, secondo il racconto. È a circa due o tre gradoni più in basso, sullo stesso lato, che Ella parlava ai bambini; ma è dopo aver attraversato il ruscello, e aver fatto venticinque o trenta gradini in salita all’opposto, che è scomparsa, a poco a poco, dagli occhi dei bambini che l’avevano seguita, e che erano a meno di tre passi da Lei quando si è levata in aria. Nel corso del tempo, quando l’evento aveva cominciato ad attrarre l’attenzione, attirando ogni giorno folle di visitatori sul luogo, sono state erette quattordici croci lungo il percorso che “la Signora” ha attraversato, come indicato dai bambini. Davanti a queste croci è sorta tra i visitatori l’usanza di fare “la via crucis”; e su alcune di esse sono stati di volta in volta sospesi diversi oggetti, come fiori, ghirlande, stampelle, catene d’oro, gioielli, anelli, orecchini, etc., “ex voto” doni di devozione o di gratitudine per i favori ricevuti. I due lati del piccolo burrone erano, prima dell’evento, ricoperti di erba verde come il resto del terreno circostante. Tutta quest’erba, però, è stata da tempo consumata, perché non solo il luogo è stato calpestato dai piedi di innumerevoli pellegrini, ma viene continuamente raschiato e l’erba strappata da coloro che sono ansiosi di portare via come reliquie i fili dell’erba stessa, una zolla di terreno, o qualche pezzo di pietra. Le croci stesse non sono state risparmiate, e vengono quotidianamente tagliuzzate e sgretolate da coloro che vogliono portarne via alcuni pezzi. La fontana, che prima era intermittente e, qualche tempo prima dell’Apparizione abbastanza asciutta, da quel giorno non ha più smesso di presentare continuamente il suo flusso. I pellegrini ritengono che la sua acqua gelida, anche se bevuta in grande quantità e da coloro che sudano più abbondantemente, non produca mai effetti negativi; ed è stata cercata con avidità, portata via e distribuita in quasi tutti i paesi d’Europa. Quanto al mucchio di pietre su cui i bambini hanno visto per la prima volta “la Signora” seduta, esso è letteralmente sparito. La gente della zona ed i pellegrini ne hanno portati via i sassi come monumenti commemorativi: quella pietra, però, sulla quale, secondo la testimonianza, “Ella” si è posata direttamente, è entrata in possesso del curato di La Salette, che la conserva con rispetto. Dagli stessi bambini, è stato pubblicato nell’anno 1848 il seguente resoconto, nel “Rapporto” di M. Rousselot. –

Peter Maximin Giraud è nato a Corps, il 27 agosto 1835, da genitori poveri, che si guadagnano da vivere col sudore della fronte. Suo padre è un carrettiere. Maximin è di piccola statura, con un viso paffuto e giocondo; la sua espressione è dolce, e guarda senza paura e senza arrossire i volti di chi lo interroga. Non può rimanere un istante senza muovere le braccia e le mani. Gesticola quando parla, e a volte è così animoso che colpisce con la mano qualsiasi oggetto si trovi vicino a lui, soprattutto quando il suo interlocutore non sembra essere d’accordo con ciò che dice. Non si arrabbia mai, anche quando viene considerato un bugiardo, come nei lunghi esami che ha dovuto subire. A volte però, esausto dalla stanchezza e stanco di vedere che ogni parola che dice è inutile, si mostra impaziente; … almeno alcuni dicono di averlo osservato così. – Ma, in verità, in queste occasioni i poveri bambini erano stati molestati da una moltitudine di minuscole e cavillose obiezioni, che avrebbero messo in imbarazzo e persino provocato le persone più ragionevoli. Inoltre, quando Maximin ha raccontato la sua storia, e ha risposto alle principali difficoltà che gli erano state contestate, naturalmente desiderava andarsene, e tornare ai suoi giochi.  Prima dell’evento non era mai andato a scuola; non sapeva né leggere né scrivere, e non aveva alcuna educazione. Quando veniva portato in chiesa, spesso se ne scappava per andare a giocare con i suoi piccoli compagni; così, privo di ogni insegnamento religioso, non poteva essere ammesso tra i bambini che il curato stava preparando per la prima Comunione. Suo padre dice di aver avuto grandi difficoltà ad insegnargli a dire il “Pater Noster” e l’ “Ave Maria”, e che ci sono voluti tre o quattro anni prima che li imparasse. Fu solo nell’anno 1848, il 7 maggio, più di un anno e mezzo dopo l’evento, che lui e Mélanie furono ammessi a fare la prima Comunione con gli altri bambini della parrocchia di Corps. Anche se Maximin ha i difetti propri della sua età, sembra essere sempre stato sincero e aperto. Peter Selme, il suo padrone di lavoro a La Salette, alla domanda di M. Rousselot e della commissione episcopale, quando gli chiesero cosa avesse notato nel ragazzo durante i pochi giorni in cui era stato al suo servizio, rispose: « Maximin era un bambino innocente, senza malizia e senza alcun pregiudizio. Prima che partisse per condurre le nostre mucche sulla montagna gli facemmo mangiare un po’ di zuppa; poi gli mettemmo nella sua camiciola e nel sacchetto una scorta di cibo per la giornata. Ebbene, lo abbiamo sorpreso quando ancora in viaggio, aveva già mangiato tutte le sue provviste, avendole condivise in gran parte con il cane; e quando gli abbiamo detto: « Ma cosa mangerai durante il giorno? », ha risposto: « Ma io non ho fame! » Il ragazzo sembra essere semplice e sincero. Riconosce con grande ingenuità la miseria della sua condizione precedente e la mancanza delle sue occupazioni. Quando gli è stato chiesto: « Dove vivevi e cosa facevi prima di andare a servizio da Peter Selme? », ha risposto: « Vivevo con i miei genitori, e andavo a raccogliere letame sulla strada principale ». Si spinge ancora più in là; dichiara i suoi difetti e le sue cattive inclinazioni; così quando M. Rousselot gli disse: « Maximin, mi è stato detto che prima dell’apparizione a La Salette eri un po’ un fanfarone », il ragazzo, con un sorriso e con aria di candore, rispose: « Quello che ti hanno detto è vero; ho detto delle bugie, ed imprecavo mentre lanciavo sassi alle mie mucche quando si allontanavano dal sentiero ». Dall’evento del 19 settembre, Maximin va a scuola nel convento delle Suore della Provvidenza. Passa la giornata qui e vi prende i suoi pasti. La Superiora delle Suore, persona di forte senso, si è fatta carico, con il consenso del Vescovo, della sua educazione. Alla domanda della Commissione su ciò che aveva osservato negli ultimi dieci mesi nel bambino, ha risposto: « Maximin sembra avere solo capacità ordinarie. Gli insegniamo a leggere e scrivere e ad imparare il Catechismo. È tollerante ed obbediente, ma instabile, ama il gioco, è sempre in movimento. Non ci parla mai della vicenda di La Salette; e noi abbiamo evitato di menzionarla per paura di dargli un’idea della sua importanza. Mai, dopo i frequenti e lunghi interrogatori a cui ha dovuto sottoporsi, non ha mai detto a nessuno, né a noi né ai suoi compagni di scuola, come fossero gli esaminatori e quali domande gli  avessero poste. Dopo le sue numerose passeggiate a La Salette con i visitatori, torna a casa in modo semplice e naturale, come se non avesse alcun interesse per la vicenda. Non ha voluto ricevere il denaro che alcuni pellegrini gli hanno offerto; ma quando, in alcune occasioni, è stato costretto ad accettarlo, me l’ha dato fedelmente e non ha chiesto se fosse stato speso per sé o per i suoi genitori. Quanto agli oggetti di pietà, come libri, croci, rosari, medaglie, quadri, che gli vengono regalati, non ne tiene conto: a volte li regala ai primi dei suoi piccoli compagni che incontra; spesso li perde o li smarrisce per la sua naturale incostanza caratteriale. Non è pio per natura; tuttavia va volentieri a Messa, e fa le sue preghiere con buon sentimento quando gli venga ricordato questo dovere. In una parola, il bambino non sembra per nulla impressionato dall’essere stato per dieci mesi oggetto della curiosità e dell’attenzione di una moltitudine così grande di persone; non lo colpisce il fatto che sia la causa primaria del prodigioso movimento di gente estranea a La Salette ». Qualche tempo dopo la Superiora ha detto, davanti alla Commissione nel palazzo vescovile di Grenoble: « Maximin, anche se nell’ultimo anno è stata impiegato quasi tutti i giorni per servir Messa, non ha ancora imparato a farlo bene; né Mélanie può dire perfettamente a memoria gli atti di fede, di speranza e di carità, anche se glieli ho fatti ripetere ad entrambi due volte al giorno ». –

Anche la ragazzina, Francoise Mélanie Matthieu, è nata a Corps, il 7 novembre 1831, da genitori molto poveri. Da giovanissima è stata messa a servizio per guadagnarsi da vivere occupandosi delle mucche. Raramente andava in chiesa, perché i suoi padroni la tenevano occupata nei giorni di domenica e nei giorni di festa come negli altri giorni della settimana. Non aveva quasi nessuna conoscenza della Religione, e la sua debole memoria non riusciva a farle ricordare due righe di Catechismo, tanto che non era stata ammessa alla prima Comunione. Al momento dell’apparizione aveva quasi quindici anni, ma non era ben nutrita, non era forte e non si era sviluppata in proporzione alla sua età. La sua espressione è dolce e gradevole. C’è una grande aria di modestia nel suo portamento e nell’aspetto. Anche se piuttosto timida, non è angosciata o imbarazzata in presenza di estranei. Nove mesi prima del 19 settembre, era al servizio di Baptiste Pra, proprietario di un piccolo terreno in una delle frazioni in cui è divisa La Salette. Questa persona, interrogata sul carattere di Mélanie, la descriveva come di una timidezza eccessiva, e così incurante, che quando dalla montagna tornava a casa di sera, bagnata dalla pioggia, non chiedeva nemmeno di cambiarsi i vestiti. A volte, per la disattenzione del suo carattere, dormiva nella stalla, altre volte, se non fosse stata vista, avrebbe passato la notte all’aria aperta. » Baptiste Pra ha anche deposto che prima del giorno dell’apparizione riportata, Mélanie fosse oziosa, disobbediente e imbronciata, per cui non sempre rispondeva a chi le parlava; ma che da quell’evento era poi diventata attiva e obbediente, e più attenta alle sue preghiere. Erano questi i due bambini che si ritiene che la Santa Vergine abbia scelto per essere portatori di un messaggio di avvertimento al “suo popolo”, ed essere depositari di alcuni misteriosi segreti. Mélanie era già residente, come abbiamo detto, da nove mesi nella parrocchia di La Salette, in qualità di custode delle mucche di Baptiste Pra. Maximin era lì solo da quattro giorni e mezzo prima del sabato 19 settembre. Era venuto per una settimana solo per sostituire il ragazzo che faceva l’allevatore di Peter Selme, e che in quel momento era malato. Peter Selme era stato a Corps per implorarne il padre perché facesse quel servizio, e il giorno di lunedì era andato lui stesso a prenderlo. Anche se nati nella stessa città di Corps, non sembra che i bambini si conoscessero tra loro; o perché i loro genitori vivevano a due estremità opposte di essa, o perché Mélanie, prima di andare al servizio di Baptiste Pra, aveva vissuto due anni come serva a Quet, e altri due a Saint-Luc. Durante i quattro giorni e mezzo che Maximin aveva trascorso a La Salette, sembra che non si sia incontrato con Mélanie fino al venerdì, il giorno precedente l’apparizione. Il suo datore di lavoro ne dà conto in questi giorni, in una dichiarazione redatta, su sua dettatura, da M. Dumanoir, dottore in giurisprudenza, e giudice del Tribunale di Montelimart, che ha fatto molti viaggi a La Salette, vi ha passato un po’ di tempo, e ha preso sul posto informazioni più precise su tutte le questioni relative all’argomento. Peter Selme dice: « Sono andato a prendere Maximin lunedì, e l’ho portato a casa con me; lui è venuto e nei giorni successivi si è preso cura delle mie quattro mucche nel campo che ho sul declivio meridionale del monte Aux Baisses. Questo declivio è suddiviso in proprietà private; il comune di La Salette ha il diritto di pascolo sull’ampio pianoro che si trova nel declivio nord, e sul quale si sono svolti gli eventi di cui parlano Mélanie e Maximin. Temendo che il ragazzino non fosse attento alle mucche, che potevano facilmente cadere in alcuni dei numerosi burroni della montagna, mi sono recato al lavoro in questo campo il lunedì, il martedì, mercoledì e venerdì della stessa settimana. Dichiaro che in questi giorni non l’ho perso d’occhio neanche per un istante, mi è stato facile vederlo in qualsiasi parte del campo si trovasse, perché non c’è un’elevazione che possa nasconderlo. Aggiungo solo che il lunedì l’ho portato al largo di cui ho parlato, per indicargli una piccola sorgente in un piccolo burrone a cui doveva portare le mucche a bere. Le portava lì ogni giorno a mezzogiorno, e tornava subito a mettersi sotto il mio sguardo. Il venerdì l’ho visto giocare con Mélanie, che guardava le mucche di Baptiste Pra, il cui campo è accanto al mio. Non li ho mai viste insieme al villaggio. Sabato 19 settembre sono andato come al solito nel mio campo con il piccolo Maximin. Verso le undici e mezza gli ho detto di portare le mucche alla fontana. Il bambino ha detto: « Vado a chiamare Melanie e ci andiamo insieme ». Quel giorno non è tornato come al solito dopo aver portato le mie mucche a bere: non l’ho visto fino a sera, quando è tornato a casa. – Gli ho detto allora, « Perché – Maximin – come mai non sei tornato nel mio campo questo pomeriggio ». « Oh – mi ha detto lui – ma non sai cosa è successo! ». « Che cosa è successo? » – dissi io – e lui rispose: « Abbiamo trovato vicino al ruscello una bella Signora, che ci ha intrattenuto a lungo, ed ha parlato con Melanie e me. All’inizio avevo paura e non osavo andare a prendere il mio pane, che era vicino a Lei; ma Lei mi ha detto: « Non abbiate paura, figli miei, avvicinatevi; sono qui per darvi una grande notizia », … e poi mi fu ripetuta la storia esattamente come la racconta attualmente ». La dichiarazione continua dicendo: « Durante i quattro giorni e mezzo in cui il ragazzino ha tenuto le mie mucche, non l’ho mai perso di vista, e non ho visto nessuno, prete o laico, avvicinarsi a lui. Mélanie è andata più volte a tenere le sue mucche nel campo del suo padrone mentre Maximin era con me. L’ho vista in piedi da sola; e se qualcuno fosse venuto a parlarle, io l’avrei visto, perché il mio campo e quello di Baptiste Pra sono uno accanto all’altro, sullo stesso versante della montagna, e presentano una superficie piana, in modo che chiunque sia in piedi possa vederli entrambi ». – La conoscenza, quindi, tra i due bambini, non essendo niente di più di quanto abbiamo descritto, è stato semplicemente dovuta al caso della loro similitudine di occupazione che, la mattina del 19 settembre 1846, li ha portati insieme sulla montagna, sul cui ampio crinale si trovava il pascolo del loro bestiame. Avevano sotto la loro responsabilità quattro mucche a testa, oltre ad una capra appartenente al padre di Massimino: la giornata era perfetta, il cielo era limpido e il sole autunnale, chiaro e limpido. Verso mezzogiorno, che i pastori conoscevano grazie al tintinnio dell’Angelus, presero la loro piccola scorta di cibarie e andarono a bere alla fontana che sgorga nella cavità del burrone. Terminato il pasto, scesero al ruscello che scorre lungo il fondo e, dopo averlo attraversato, depositarono i loro sacchetti di provviste vicino alla bocca di un’altra sorgente intermittente, che all’epoca era asciutta; e dopo aver fatto qualche passo, si sdraiarono, contrariamente alla loro usanza, a pochi passi l’uno dall’altro, e si addormentarono. – La storia continua con le parole di Mélanie. « Mi svegliai la prima volta e non riuscii a vedere le mucche. Svegliai Maximin, e gli dissi: “Vieni presto, Maximin, andiamo dietro alle nostre mucche”. Abbiamo attraversato il ruscello, percorso la piccola salita davanti a noi, e abbiamo visto le nostre mucche sdraiate sull’erba dall’altra parte: non erano lontane. Ci siamo girati e siamo scesi a prendere i sacchetti che avevamo lasciato vicino al ruscello. Io vi giunsi per prima; e quando ero a circa cinque o sei passi dal ruscello, ho visto una luce splendente, come il sole, e ancora più luminosa, ma non dello stesso colore; e dissi a Maximin: « Vieni presto, guarda quella luminosità laggiù »; e Maximin scese, dicendomi: « Dov’è? » Indicai con il mio dito la piccola fontana; e quando la vide, egli si fermò. Poi vedemmo una Signora nella luminosità: era seduta e aveva la testa tra le mani. Avevamo paura. Lasciai cadere il mio bastone. Allora Maximin mi disse: « Tieni il tuo bastone; se ci fa qualcosa, gli darò un bel colpo ». Allora questa Signora si alzò volgendosi a destra, incrociò le braccia e ci disse: « Venite, figli miei, non abbiate paura; sono qui per annunciarvi una grande notizia ». Poi abbiamo superato il ruscello, e Lei si è fatta avanti nel punto in cui avevamo dormito. Era in mezzo a noi. Piangeva per tutto il tempo in cui ha parlato: Ho visto chiaramente le lacrime scorrere sul suo viso. Diceva: « Se il mio popolo non si sottomette, sarò costretta a lasciare cadere la mano di mio Figlio. Essa è così forte e così pesante che non riesco più a trattenerla ». Quanto tempo sono stata in pena  per voi? Se desidero che mio Figlio non vi abbandoni, devo pregarlo incessantemente. E voi, voi non rendete conto di questo. « Potete pregare e fare tutto quello che volete, mai potrete ricompensarmi per quello che ho fatto per voi. Vi ho dato sei giorni per il lavoro; il settimo l’ho riservato a me stesso; e voi non lo osservate affatto. » [Fin dalla prima volta che è stata fatta ai bambini l’osservazione che questo cambiamento nella prima persona non era in accordo grammaticale con il resto delle parole della Signora, essi si accontentarono di rispondere che lo dicevano come lo avevano sentito. In verità, questo cambiamento nella prima persona è tanto più impressionante, e ricorda l’ « Io, il Signore » nella bocca di Mosè.] Questo è ciò che tanto pesa sulla mano di mio Figlio. Gli uomini bestemmiano mentre guidano i loro carri, e mettono il Nome di mio Figlio nei loro giuramenti. Queste sono le due cose che appesantiscono il braccio di mio Figlio. Se il raccolto fallisce, è a causa dei vostri peccati: ve l’ho fatto vedere l’anno scorso per le patate; non ci avete badato; al contrario, quando avete trovato le patate rovinate, avete bestemmiato e avete messo il Nome di mio Figlio nei vostri giuramenti: la malattia continuerà, e quest’anno a Natale non ci saranno più “patate”. Io non capivo cosa significasse “pommes de terre”; “Stavo per chiedere a Maximin cosa significasse appunto “pommes de terre”, e la Signora ha detto: “Ah, figli miei, non capite; parlerò in modo diverso”; e poi ha continuato nel “patois”, [dialetto locale]: « Se le patate sono viziate, è colpa vostra: ve l’ho fatto vedere l’anno scorso, e non avete voluto occuparvene; al contrario, quando avete trovato le “patate” … [A Corps, e in molte parti del Dauphiny, le patate sono chiamate “truffes”] viziate, avete bestemmiato, e avete messo il Nome di mio Figlio nei vostri giuramenti. La malattia durerà, cosicché quest’anno a Natale non ci saranno patate. Se avrete del mais, non è detto che lo vediate: tutto ciò che seminerete sarà divorato dagli animali, o, se crescerà, cadrà in polvere quando lo trebbierete. Ci sarà una grande carestia. Prima della carestia, i bambini sotto i sette anni avranno convulsioni e moriranno tra le braccia di chi li tiene; gli altri faranno penitenza con la fame. Le noci diventeranno cattive, l’uva marcirà. Se gli uomini si convertiranno, le pietre e i sassi saranno trasformati in cumuli di grano e le patate saranno seminate su tutto il terreno. Siete regolari nel dire le vostre preghiere, figli miei? » Rispondemmo, tutti e due: « Non molto, signora ». Dovete essere molto assidui, sia al mattino che alla sera: quando non potete fare di più, dite solo un Pater e un Ave; ma quando avete tempo, dite di più. Nessuno va a Messa se non qualche anziana signora: il resto lavora la domenica per tutta l’estate, e d’inverno, quando non sanno cos’altro fare, i ragazzi ci vanno, ma solo per prendere in giro la Religione. Durante la Quaresima vanno come i cani ai negozi dei macellai. Non hai visto il mais viziato, figlia mia? Maximin rispose: « Oh no, signora ». Non sapevo a chi di noi due avesse fatto questa domanda, e ho risposto molto gentilmente: « No, signora; non ne ho visto mai ». « Tu devi averne visto un po’, tu figlio mio – (e si è rivolta a Maximin), una volta al campo chiamato “l’angolo”, con tuo padre. Il proprietario del terreno ha detto a tuo padre di andare a vedere il suo mais guasto. Tu sei andato a vederlo. Hai preso in mano due o tre spighe, le hai strofinate e tutte sono cadute in polvere; poi sei tornato a casa. Quando eri a circa mezz’ora di distanza da Corps, tuo padre ti diede un pezzo di pane e ti disse: “Prendi questo, figlio mio, quest’anno hai ancora del pane da mangiare”. Non so chi ne avrà da mangiare l’anno prossimo, se il grano continua così”, rispose Maximin: « Oh sì, signora, ora mi ricordo, ma prima non me lo ricordavo ». Dopo di che la Signora ci disse in francese: « Bene, figli miei, lo farete sapere a tutto il mio popolo ». Attraversò il ruscello e ci disse una seconda volta: « Bene, figli miei, lo farete sapere a tutto il mio popolo! ». Poi è salita nel punto in cui eravamo andati a cercare le nostre mucche. I suoi piedi non toccavano terra: scivolò lungo le punte dei fili d’erba. L’abbiamo seguita. Io andavo davanti alla signora, e Maximin un po’ di lato, a due o tre passi distante da Lei. E poi questa bella Signora si alzò un po’ in aria (Mélanie qui indicava con la mano l’altezza da terra che voleva esprimere, – circa due o tre piedi) – Quando Maximin raccontò a casa, a Corps, quello che gli era successo sulla collina, la sua famiglia non gli credette; ma quando menzionò l’incidente raccontato sopra, suo padre scoppiò in lacrime, e si convinse che qualche essere soprannaturale aveva parlato a suo figlio. – Poi Ella guardò in alto verso il cielo, poi in basso verso la terra; poi non si vedeva più la sua testa, poi non si vedevano più le sue braccia e poi non si vedevano più i suoi piedi. Non vedevamo altro che una luminosità nell’aria; e presto anche la luminosità sparì. E io dissi a Maximin: « Forse è una grande Santa »; e Maximin mi disse: « Se avessimo saputo che era una grande Santa, le avremmo detto di portarci con lei »; e io gli dissi: « Oh, vorrei che fosse ancora qui! » Poi Maximin ha tirato fuori la mano per catturare un po’ di luminosità; ma non ne è rimasto nulla. E abbiamo guardato a lungo per vedere se potevamo vederla ancora; ed io ho detto: « Non si lascerà vedere, … così non vedremo dove va ». Dopo di che siamo andati ad occuparci delle nostre mucche. – D. C’è un segreto? R. Sì, signore. Ma ci ha detto di non dirlo. D. Di cosa ha parlato? R. Se vi dico di cosa si tratta, scoprirete di cosa si tratta. D. Quando vi ha detto questo segreto? R. Dopo aver parlato delle noci e dell’uva; ma prima che me lo dicesse, mi sembrava che avesse parlato con Maximin; e non ho sentito nulla di quello che gli ha detto. D. Ti ha detto il tuo segreto in francese? R. No, signore; in patois. D. Com’era vestita? R. Aveva delle scarpe bianche, con vicino delle rose ».  [Maximin nel suo racconto aggiunge, « … e per prendere i fiori che erano vicino ai suoi piedi » ]. Le rose erano di tutti i colori. I suoi calzini erano gialli; il suo grembiule giallo; e il suo vestito bianco, con perle dappertutto. Aveva un fazzoletto bianco con rose intorno; un cappello alto, un po’ piegato davanti; una corona intorno al cappello con delle rose. Aveva una catena molto piccola, alla quale era attaccato un crocifisso; a destra c’erano delle pinzette, a sinistra un martello; alle estremità della croce c’era un’altra grande catena, che cadeva come le rose intorno al suo fazzoletto. Il suo viso era bianco e lungo. Non potei guardarla per molto tempo, perché ci abbagliò ». Il resoconto che abbiamo dato sopra è più esatto di quello che è apparso finora, esso dà, parola per parola, ciò che i bambini hanno detto il primo giorno dopo l’evento, e ciò che hanno poi ripetuto tanto spesso. Lo dicono ora come una lezione a loro familiare; ma i padroni di lavoro dei due bambini, i loro genitori, il sindaco di La Salette, gli abitanti di Corps e di La Salette, così come un gran numero di ecclesiastici e di persone illustri, estranei al paese, che hanno visitato il luogo subito dopo l’evento, dopo che i bambini hanno dato fin dall’inizio esattamente la stessa versione dei fatti, se non con la stessa volubilità e facilità, almeno senza la minima variazione nella sostanza, o anche nelle espressioni, sia che siano stati interrogati separatamente o insieme. Nell’opuscolo di M. Rousselot la narrazione di Maximin è data anche così come è stata tratta da lui stesso al suo esame davanti alla Commissione episcopale. Ci sono alcune differenze verbali tra essa e quella di Mélanie; ma tutto il racconto è talmente simile nella sostanza, e anche nella fraseologia, che non è sembrato necessario aggiungerlo all’altro. Rispetto ai segreti che sono stati loro conferiti, essi hanno mantenuto dal primo giorno ad oggi un silenzio impenetrabile, tranne che nel caso del Papa, al quale hanno spontaneamente svelato il loro mistero. Quando “la Signora” ha dato il segreto all’uno, l’altro non ha sentito e ha visto solo le sue labbra muoversi. Il segreto fu dato prima a Maximin, poi a Mélanie; ma l’una non sapeva che l’altro avesse ricevuto un segreto. Solo dopo la fine della visione, Maximin aveva detto a Mélanie: « Si è fermata a lungo senza parlare; ho visto solo le sue labbra muoversi; cosa diceva? Mélanie risponde: « Mi ha detto una cosa, ma non posso dirtela, perché mi ha detto di non farlo ». Maximin rispose subito: « Oh, sono così contenta, Mélanie; anche a me ha detto qualcosa, ma non devo dirla neanche a te ». Fu così che compresero che ognuno di loro era in possesso di un segreto. Questo è forse il luogo per affermare ciò che si sa sulla trasmissione dei loro segreti al Papa. ~ Nell’ultimo anno 1851 i bambini, alla presenza di alcune persone nominate dal Vescovo di Grenoble, scrissero ciascuno su un foglio di carta, che fu piegato e sigillato dallo scrivente, i segreti loro affidati. Il Vescovo diede poi ordine a M. Rousselot e ad un altro sacerdote di portare questi pacchetti sigillati a Roma, e di consegnarli nelle mani del Santo Padre. Questo fu fatto. Sua Santità ruppe per primo il sigillo dell’uno e lo lesse senza fare commenti. Dopo averlo letto, disse: « Non è solo la Francia che ha peccato, ma anche la Germania, l’Italia, tutta l’Europa”. Quando M. Rousselot andò a congedarsi dal Cardinale Lambruschini, il Cardinale disse: « Conosco il segreto; il Santo Padre me lo ha confessato ». Per continuare la narrazione: i bambini rimasero sulla collina fino al momento di condurre le loro mucche a casa, cosa che fecero come al solito; e, dopo averle sistemate nelle loro stalle, cominciarono, secondo le istruzioni che avevano ricevuto dalla “Signora”, per annunciare nel villaggio gli eventi del giorno. « Sabato – dice Baptiste Pra, nella sua dichiarazione – sono venuti entrambi insieme per dirmi cosa avevano visto e sentito sulla collina. Durante questo e i primi giorni non ho dato credito alla storia, e spesso ho esortato Mélanie ad accettare il denaro che le era stato offerto a condizione che mantenesse il silenzio sull’argomento. Lei insisteva nel rifiutarsi di farlo, ed era altrettanto insensibile alle minacce e alle promesse di ricompensa. – Il sindaco di La Salette, tra gli altri, impiegò invano ogni sorta di mezzo per far contraddire la bambina. Non ci riuscì. Le offrì allora del denaro; lei lo rifiutò, e in risposta alle sue minacce disse che avrebbe sempre ripetuto ovunque ciò che la Vergine le aveva detto. Il sindaco l’ha interrogata per un’ora intera durante la domenica 20 settembre. La domenica i bambini sono stati portati al curato, al quale hanno raccontato la loro storia. Era un brav’uomo anziano, di grande semplicità, che sembra aver loro creduto subito, e aver pianto con tenerezza alla loro recita. Si spinse fino a menzionarlo dal pulpito lo stesso giorno, anche se dalla commozione dei suoi sentimenti fu con grande difficoltà che riuscì a parlare dell’argomento. Dieci giorni dopo fu trasferito dal Vescovo ad un’altra parrocchia, e al suo posto fu nominato un sacerdote più giovane. Durante la Domenica tutta la parrocchia era in movimento sul posto. Naturalmente non avevano modo di giudicare se la storia dei bambini fosse vera o falsa; ma una cosa colpì subito tutti coloro che conoscevano la località, cioè che la fontana, che il giorno prima e per qualche tempo era stata asciutta, ora mandava un getto pieno di acqua purissima, non avendo nulla del sapore salmastro del ruscello che ivi scorreva. Questa sorgente continua da allora a zampillare; ed è grazie all’uso dell’acqua che ne scorre, che tanti miracoli meravigliosi sono stati fatti per il miracolo dell’Apparizione. Fu nel corso di questo stesso giorno che il sindaco di La Salette, il cui compito era quello di reprimere un tale scandalo se la storia fosse stata un inganno, sottopose Mélanie ad un’ora di interrogatorio. Le offrì una grossa somma di denaro, la minacciò con il giudizio di Dio, e in definitiva con la prigione, a meno che non dicesse chi fosse stato a spingerla a questo, e non tenesse la lingua a freno. Qualche giorno dopo l’invio a Corps di Maximin, li fece passare entrambi attraverso lo stesso controinterrogatorio, utilizzando gli stessi mezzi, duri o persuasivi, per indurli a scoprire la frode. Egli stesso ha redatto una dichiarazione in tal senso, e dice che i bambini gli rispondevano sempre: « Non possiamo fare a meno di raccontare ciò che abbiamo visto e ciò che abbiamo sentito; ci è stato ordinato di raccontarlo ». Si aggiunga che il resoconto che hanno dato allora era lo stesso in ogni particolare di quello che danno attualmente ». Maximin era stato portato a casa da suo padre a Corps dal suo datore, Peter Selme, durante questa domenica mattina, poiché la settimana per la quale era stato ingaggiato era scaduta. Mélanie è rimasta al servizio del suo datore di lavoro fino a quasi Natale. Nel frattempo la fama di questo evento si stava estendendo in tutte le direzioni e veniva rafforzata dalla notizia che vari miracoli erano stati fatti sul posto, e anche a distanza, grazie all’uso dell’acqua della sorgente; si stava portando sulla scena dell’Apparizione un numero di visitatori, che ogni giorno aumentava. Infine, l’autorità civile, per conto del figlio del magistrato del distretto, ritenne necessario prendere conoscenza della vicenda; e il 22 maggio 1847, otto mesi dopo l’evento, i bambini furono convocati separatamente, e poi insieme, perché essendo ora davanti a un tribunale di giustizia, dicessero l’esatta verità. Furono poi interrogati a parte, uno dopo l’altro, e poi insieme, e minacciati seriamente di punizione in caso di contraddizioni nelle loro dichiarazioni. Il loro resoconto non variava in alcun modo da quello che avevano redatto la prima sera, e che hanno poi dato ad ogni interrogante. Un rapporto di questo esame è stato redatto sul posto, trasmesso all’avvocato del re a Grenoble, e presentato formalmente all’ufficio della corte d’appello di quella città. Il magistrato di Corps, nella sua lettera all’avvocato del re, dice: « Questo resoconto non differisce in alcun modo da quello che hanno dato ai loro padroni la sera del 19 settembre, dopo il loro ritorno dalla collina. Se c’è una differenza, è nelle parole; ma la sostanza è la stessa ».

[1 – Continua]

https://www.exsurgatdeus.org/2020/03/24/lapparizione-a-la-salette-1846-ii/

FESTA DELL’ARCICONFRATERNITA DEL SS. ED IMMACOLATO CUORE DI MARIA (2020)

DOMENICA PRECEDENTE LA DOMENICA DI SETTUAGESIMA:

FESTA DELL’ARCICONFRATERNITA DEL SS. ED IMMACOLATO CUORE DI MARIA

[Dufriche Desgenettes – Notizie storiche intorno all’Arciconfraternita del Ss. CUORE DI MARIA , Imola, Baracani St. Vesc. 1843 –

Con dedica a S. E. Cardinal Giovanni Maria Mastai Ferretti, futuro Papa Pio IX)

PRŒMIO

Se ella è opera di uomo cotesta, dicea Gamaliele ai seniori di Gerusalemme, cadrà di per se stessa, ma se la vien da Dio, sussisterà; ed avete a temere non forse opponendovi a quella, vi opponiate a’ disegni di Dio. – Questa appunto si fu la sola risposta che ci permettemmo fare a coloro che sebbene con intenzione retta, biasimaron però sulle prime l’istituzione dell’Arciconfraternita del Sacro Cuor di Maria per la conversione de’ peccatori. Le obbiezioni loro, fondate sulla umana prudenza, non valsero a farci cader di animo, né ad arrestarci ne’ nostri sforzi, da che resistere non sapevamo all’interno nostro sentimento. – Oggimai dell’opera si farà giudizio agli effetti stupendi, sigillo verace delle òpere di Dio manifestato all’uomo; e così gli uomini che altra fiata la guardavano con animo pregiudicato, colpiti dal vasto e rapido suo incremento, sbalorditi pe’ copiosissimi frutt i che ella non cessa di produrre, le fanno essi stessi giustizia, e benedicono il nome di Maria, il cui intervento attrae tante grazie ed opera tanto meravigliose conversioni. – Senza prevalerci di. Un successo che vince della mano tutte nostre speranze, confessiam francamente che se fossimo stati consultati sul partito da prendersi per ricondurre a cristiana vita gli uomini del secol nostro, non avremmo noi pensato mai, parlando secondo uomo, a consigliare l’erezione di una arciconfraternita siccome mezzo efficace per convertire i peccatori. La parola stessa era un obbietto di derisione, qualche anno innanzi. Sarebbonsi tutti senza dubbio burlati della semplicità di un sacerdote che cercando satisfare alla necessità de’ tempi nostri e calmar le grida dei miserabili del nostro secolo, proposto avesse una meschina confraternita, rimembranza del medio evo. I Cristiani anche i più fedeli per poco istruiti del carattere dell’attuale incivilimento, avrebbero disdegnato questo strano e vieto rimedio, né avrebbero mai avvisato che sotto questo nome e con questa forma si potessero ricondurre all’ovile le smarrite pecorelle. – A così grandi bisogni si volean contrapporre più grandi aiuti; ogni uom serio che gemeva sulle nostre calamità e sul traviare de’ più alti intelletti, inculcava la necessità di un intero rinnovellamento di scienza e di una nuova diffusione di luce per guarire le piaghe del secolo, spegner la sete di sapere che crucia gli ingegni, saziare la fame degli umani desideri. Noi pur siamo stati d’avviso, che giammai la face della scienza cristiana non ebbe a fugare più folte e sparse tenebre. Intanto, diciamolo pur chiaramente, non mancò alla Chiesa questo soccorso; e se altri si fa a rimembrare le innumerevoli difficoltà che negli ultimi tempi opprimevano il sacerdozio ed attraversavano gli alti studi del clero, dovrà trasecolare al vedere le penne e gl’ingegni che a’ nostri dì si esercitano, negli scritti religiosi e ne’ pulpiti evangelici. I diversi rami dell’umano sapere non furono per avventura mai coltivati con più zelo e splendore di quel che si faccia presentemente da que’ medesimi che annunziano al mondo la divina parola. – Ma basta egli questo rimedio? La sola scienza può mai sopperire a tutti i bisogni? Ed acciò sia feconda e si coroni de’ divini frutti non debbe ella forse andar di conserva, nel cuor dei Cristiani, coll’amore e la pratica della carità? – La vera scienza, la scienza, che getta luce di fede e converte lo spirito, è dono del cielo, scaturisce dal Padre dei lumi, procede dall’amore; che per servirci delle espressioni del pio Cardinal di Berulle: Dall’amore appunto si fa passaggio alla luce e non è mai che dalla luce si passi all’amore. E così ad ottener scienza e luce si debbe amare, pregare, domandare e cercare con umiltà e confidenza. Tal si è la condizione ad ogni grazia: Cercate in prima il regno di Dio, e la sua giustizia, e ‘l rimanente vi sarà dato quasi per soprappiù. – La divina luce adunque impedita dalle tenebre di orgoglio che s’innalzano attorno a noi, ci è stata offerta; ma d’appressarvisi non è dato che all’umiltà, sol può vederla l’occhio obbediente della fede. Il perché in tutti i tempi l’incredulità della umana sapienza, poiché salse al suo più alto grado di esaltazione, ha dovuto esser confusa dai mezzi che a lei si parvero una follia. – L’arciconfraternita rinnova a’ giorni nostri una di queste sante follie. Col suo titolo ella comanda l’umiltà a coloro ch’ella accoglie; col suo obbietto risveglia la cristiana e fraterna carità; colle sue condizioni esige la preghiera; col suo fruttificare muove a riconoscenza ed amore; e l’amore alla sua volta riconduce gli animi e i cuori alla buona via, alla verità ed alla vita. – Se oggimai ci facciamo a considerare che l’Arciconfraternita nel sesto anno di sua esistenza conta già due milioni incirca di fratelli sparsi in tutte le contrade del mondo; che sonovi aggregate oltre a 1900 parrocchie, sì in Francia, sì presso le straniere nazioni; che ogni dì si accresce il novero, e che da ultimo infra sì gran moltitudine di fedeli riuniti nel sentimento di una stessa preghiera, noi osserviamo un considerevol numero di giovani e di uomini di mondo, d’ogni ordine della società, tutti parteciperanno alle speranze nostre sull’avvenire, ed agevole tornerà il comprendere l’interesse che può venire dal pubblicare periodicamente cotesti Annali.

D’altra parte non pretendiamo noi di fornire la istoria contemporanea di soli documenti; non offriamo alla cristiana pietà solo i fatti di edificazione: un altro disegno abbiamo in cuore, un più serio e dolce pensiero ci stringe e ci predomina. A Maria, Madre del nostro Signor Gesù Cristo dedichiam questi Annali; e glieli presentiamo siccome novello monumento innalzatole dai riconoscenti figli della Chiesa. – Maria sì, Maria e il compassionevole suo Cuore implorato abbiamo, con confidenza invocato; e questo Cuore mosso dai nostri gemiti, si è mostrato al nostro come un emblema dell’amore materno, come un simbolo di grazia, come l’iride che annunzia serenità dopo la procella e che conferma l’alleanza di Dio cogli uomini.

La santa Vergine, dal primo momento della incarnazione del Verbo, è divenuta mediatrice alla nostra riconciliazione, trono di grazie, pegno ed istrumento alle divine misericordie, aureo anello che conferma e stringe l’umanità colla Divinità. Che che ne dica l’eretico, questa immacolata Vergin Maria sarà eternamente il sostegno del popol di Dio, il rifugio dei peccatori, l’onore e la gloria della umanità rigenerata dal Sangue di Gesù Cristo. Ella è pur la Madre dei Cristiani non per figurato vocabolo di lingua, ma secondo la verità della eterna parola; dappoiché ella è Madre veramente: Madre di Dio fatto uomo, Madre di Gesù Cristo, Madre della Chiesa ch’è il corpo di Gesù Cristo; Madre d’ogni e singolo membro di questo mistico corpo, Madre di tutti i veri fedeli. – Questa saldissima verità, il dogma della maternità verginale e della materna verginità, questo dogma appunto fu altamente annunciato, e consacrato dall’alto della croce: Ecce Mater tua! Egli è questa lultima asserzione di un Dio moriente, il testamento di Gesù Cristo, il compimento del Cristianesimo, la pienezza dei doni di Dio. – Or se dalla prima pagina della santa Scrittura, la vittoria fu promessa alla Vergine che stritolerebbe il capo del serpente, ei si conveniva invocare questa Vergine vittoriosa sotto il nome di Nostra Signora delle Vittorie; e dappoiché l’umiltà fu sempre sua divisa e suo vessillo, ben si spiega la scelta da lei fatta di una delle più umili chiese della capitale della Francia per collocarvi il centro dell’Arciconfraternita. – Lasceremo ora che parlino i fatti, i quali ci mostreranno in più eloquente maniera, che il languido nostro parlare, i tesori del Cuor di Maria, l’inesauribile sua indulgenza, la possente sua mediazione a favor delle anime dolenti e traviate, l’efficacia di sua misericordiosa intercessione presso Gesù Cristo, nostro Salvatore, a cui la gloria e l’impero ne’ secoli de’ secoli si appartiene. Amen.

(Se rimanemmo tanto edificati in leggendo sì pii concetti espressi con tutta semplicità dal ch. autore, non ci sorprenderà meno la perspicuità e la forza di Logica ch’egli adopera in un primo articolo che tien dietro al proemio, ov’ei prende a dimostrar con invitti argomenti divini e umani, come 1’opera dell’Arciconfraternita sia opera della divina Misericordia. A farne intesi i lettori estrarremo la miglio parte di esso, volgendolo in volgar nostro, lasciando di sovente parlar lui stesso e non aggiungendo che qualche frase a legare i sentimentitolti qua e là all’uopo di farne un ristretto giusta lo scopo della presente appendice alle notizie storiche.)

https://www.exsurgatdeus.org/2016/10/28/larciconfraternita-del-cuore-immacolato-di-maria/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/02/09/istruzioni-intorno-allarciconfraternita-del-ss-ed-immacolato-cuore-di-maria/

MESSA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE (2019)

MESSA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE (2019)

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Is LXI: 10
Gaudens gaudébo in Dómino, et exsultábit ánima mea in Deo meo: quia índuit me vestiméntis salútis: et induménto justítiæ circúmdedit me, quasi sponsam ornátam monílibus suis. [Mi rallegrerò nel Signore, e l’ànima mia esulterà nel mio Dio: perché mi ha rivestita di una veste di salvezza e mi ornata del manto della giustizia, come sposa adorna dei suoi gioielli.
Ps XXIX: 2
Exaltábo te, Dómine, quóniam suscepísti me: nec delectásti inimícos meos super me. [Ti esalterò, o Signore, perché mi hai rialzato: e non hai permesso ai miei nemici di rallegrarsi del mio danno.]
Gaudens gaudébo in Dómino, et exsultábit ánima mea in Deo meo: quia índuit me vestiméntis salútis: et induménto justítiæ circúmdedit me, quasi sponsam ornátam monílibus suis. [Mi rallegrerò nel Signore, e l’ànima mia esulterà nel mio Dio: perché mi ha rivestita di una veste di salvezza e mi ornata del manto della giustizia, come sposa adorna dei suoi gioielli.]

Oratio

Orémus.
Deus, qui per immaculátam Vírginis Conceptiónem dignum Fílio tuo habitáculum præparásti: quǽsumus; ut, qui ex morte ejúsdem Filii tui prævísa eam ab omni labe præservásti, nos quoque mundos ejus intercessióne ad te perveníre concédas.

[O Dio, che mediante l’Immacolata Concezione della Vergine preparasti al Figlio tuo una degna dimora: Ti preghiamo: come, in previsione della morte del tuo stesso Figlio, preservasti lei da ogni macchia, cosí concedi anche a noi, per sua intercessione, di giungere a Te purificati.]

Lectio

Léctio libri Sapiéntiæ
Prov. VIII: 22-35
Dóminus possedit me in inítio viárum suárum, ántequam quidquam fáceret a princípio. Ab ætérno ordináta sum, et ex antíquis, ántequam terra fíeret. Nondum erant abýssi, et ego jam concépta eram: necdum fontes aquárum erúperant: necdum montes gravi mole constíterant: ante colles ego parturiébar: adhuc terram non fécerat et flúmina et cárdines orbis terræ. Quando præparábat coelos, áderam: quando certa lege et gyro vallábat abýssos: quando æthera firmábat sursum et librábat fontes aquárum: quando circúmdabat mari términum suum et legem ponébat aquis, ne transírent fines suos: quando appendébat fundaménta terræ. Cum eo eram cuncta compónens: et delectábar per síngulos dies, ludens coram eo omni témpore: ludens in orbe terrárum: et delíciæ meæ esse cum filiis hóminum. Nunc ergo, filii, audíte me: Beáti, qui custódiunt vias meas. Audíte disciplínam, et estóte sapiéntes, et nolíte abjícere eam. Beátus homo, qui audit me et qui vígilat ad fores meas quotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Qui me invénerit, invéniet vitam et háuriet salútem a Dómino.

[Il Signore mi possedette dal principio delle sue azioni, prima delle sue opere, fin d’allora. Fui stabilita dall’eternità e fin dalle origini, prima che fosse fatta la terra. Non erano ancora gli abissi e io ero già concepita: non scaturivano ancora le fonti delle acque: i monti non posavano ancora nella loro grave mole; io ero generata prima che le colline: non era ancora fatta la terra, né i fiumi, né i càrdini del mondo. Quando preparava i cieli, io ero presente: quando cingeva con la volta gli abissi: quando in alto dava consistenza alle nubi e in basso dava forza alle sorgenti delle acque: quando fissava i confini dei mari e stabiliva che le acque non superassero i loro limiti: quando gettava le fondamenta della terra. Ero con Lui e mi dilettava ogni giorno e mi ricreavo in sua presenza e mi ricreavo nell’universo: e le mie delizie sono lo stare con i figli degli uomini. Dunque, o figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Udite l’insegnamento, siate saggi e non rigettatelo: Beato l’uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno all’ingresso della mia casa, e sta attento sul limitare della mia porta. Chi troverà me, troverà la vita e riceverà la salvezza dal Signore.]

Graduale

Judith XIII:23
Benedícta es tu. Virgo María, a Dómino, Deo excélso, præ ómnibus muliéribus super terram,
[Benedetta sei tu, o Vergine Maria, dal Signore Iddio Altissimo, piú che tutte le donne della terra].

Judith XV:10
Tu glória Jerúsalem, tu lætítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri. Allelúja, allelúja
[Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu l’allegrezza di Israele, tu l’onore del nostro popolo. Allelúia, allelúia]

Cant IV: 7
Tota pulchra es, María: et mácula originális non est in te. Allelúja.
[Sei tutta bella, o Maria: e in te non v’è macchia originale. Allelúia].

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Lucam
Luc I: 26-28
In illo témpore: Missus est Angelus Gábriël a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus.
[In quel tempo: Fu mandato da Dio l’Àngelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nàzaret, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei, l’Àngelo disse: Ave, piena di grazia: il Signore è con te: Benedetta tu fra le donne.]

OMELIA

[G. Perardi, La Vergine Madre di Dio, Libr. del Sacro Cuore, Torino 1908]

L’Immacolata Concezione di Maria

Funestissima fu pel genere umano quell’ora in cui Adamo ed Eva, prestando ascolto alla mendace parola di Satana, stesero, contro il divieto di Dio, la mano al frutto proibito. Dio, prima di ammettere Adamo all’eterna felicità del cielo, volle, — come già prima dagli Angeli, — una prova di fedeltà, prova che sottometteva a Dio la mente e la volontà di Adamo. Il peccato di Adamo, che a tutta prima sembra non altro che una semplice disubbidienza, ci si rivela mostruosa infedeltà quando ne scrutiamo la natura e le circostanze. L’astenersi dal frutto vietato era per Adamo la prova della sua fedeltà a Dio, come l’onore che il militare tributa alla bandiera è prova della sua fedeltà al re ed alla patria.

Adamo fu ribelle a Dio: non mangerai, disse Dio; … mangia, disse il demonio. Adamo non ascoltò Dio, ma ascoltò il demonio; fu infedele: morrai, disse Dio; … non morrai, disse il demonio. Adamo non credette a Dio, credette al demonio; fu superbo della superbia stessa di Lucifero: sarete come dèi, conoscitori del bene e del male, disse il demonio. Per questo il comando di Dio fu trasgredito. Adamo, che era stato da Dio elevato nella creazione all’ordine soprannaturale, col suo misfatto si spogliò di tutti i doni sovrannaturali di cui Dio l’aveva favorito. Perdette la grazia santificante, il diritto al Paradiso; perdette l’immortalità del corpo, soggettandolo alla morte ed a quel cumulo di miserie e di dolori che sono indivisibili dalla morte; rotta l’armonia ch’era si perfetta tra la sua anima e Dio, venne pur meno l’armonia che regnava tra lo spirito e il corpo. Adamo aveva ricevuto quei doni per trasmetterli alla sua posterità, precisamente come un padre che riceva una fortuna da godere e trasmettere ai figli; ma se questi la dissipa, ai figli non trasmette che la povertà. Adamo dissipò quei doni sovrannaturali che avrebbe potuto e dovuto trasmettere ai figli, e questi vengono al mondo privi della grazia santificante, coll’anima macchiata, infetta della colpa del padre. E nessuno sfugge a tanta sventura. Ricchi e poveri, nobili e plebei sono uguali. Venga il bambino, quando apre gli occhi alla luce, raccolto in poveri cenci e in misera culla, o in serici panni e culla dorata, l’anima di lui porta impresso il marchio della sua disgrazia, la colpa originale, e la porterà fino a che ne sia mondato dalle acque rigeneratrici nel Battesimo. – Questa è la comune sventura dei figli d’Adamo dal primo nato, Caino, fino all’ultimo bambino che vagirà sulla terra. La sventura di tutti? Nessuno eccettuato? Oh! la festa che oggi celebriamo mi dice che vi fu nel corso dei secoli una eccezione a favore di Maria, che oggi onoriamo Immacolata nella sua Concezione. Che cosa vuol dire Immacolata Concezione? Chi ci dice che Maria sia Immacolata nella Concezione? Qual frutto dobbiamo ricavare da questa verità? Ecco le tre domande cui mi studierò oggi di brevemente rispondere a comune edificazione e vantaggio.

I. — Che cosa s’intende per Immacolato Concepimento di Maria? Quantunque la divozione e venerazione a Maria Immacolata sia tanto generale nei Cristiani vi sono molti che non solo non saprebbero rispondere ad una tal domanda, ma ne hanno essi stessi un’idea molto confusa. Mentre tanto si coltiva la scienza, si trascura così gravemente la scienza religiosa. Il mondo, che protesta di non volere ignoranti, in materia religiosa lascia poi, anzi procura che regni l’ignoranza più supina. Taluni intendono per Immacolata Concezione la perpetua Verginità di Maria; verità già definita nel V secolo dal Papa S. Siricio. Altri intendono la vita sempre pura e innocente di Maria, per cui non commise mai neppure il più piccolo peccato veniale; verità insegnata dal S. Concilio di Trento. Altri intendono semplicemente che Maria è nata già santificata. Cose tutte vere, ma che nulla hanno a fare con l’odierna festività.Ognun sa che in quell’istante in cui il corpo umano lavorato dalla potenza di Dio è capace delle funzioni vitali, Iddio lo rende animato col creare e nell’atto medesimo infondere in esso l’anima ragionevole, la quale ad esso si unisce così intimamente da formare la persona. La fede insegna che questo istante, felice pel corpo che riceve la vita, è funestissimo per l’anima che riceve la morte per la privazione della grazia. Perocché appena toccato quel corpo corrotto nella natura peccatrice del primo padre, tosto ne contrae l’infezione e la bruttura della colpa; a quella guisa – dice sant’Agostino – che un liquore, benché ottimo, vien guasto dal vaso infetto in cui viene versato. E la medesima fede ci dice che Maria per privilegio unico è per la previsione dei meriti del suo divin Figlio Gesù, Salvatore degli uomini, fu preservata dal contrarre quella colpa, quella macchia, funesta eredità di tutti i figli di Adamo; che quindi Maria in quel primo istante della vita non andò soggetta al naufragio universale, ma, per usare le parole stesse del Pontefice « fu preservata immune da ogni macchia di colpa originale ». Direte: In che cosa consiste questa colpa originale? Dice San Tommaso che la colpa originale in noi « è la privazione della giustizia originale alla quale si congiunge la «concupiscenza ». Per comprendere questo osservate ancora Adamo prima del suo peccato. Iddio l’aveva creato qual Padre di tutto il genere umano. A lui per benefizio gratuito conferì: a) la grazia santificante che elevandolo ad uno stato superiore a tutto l’ordine naturale lo disponeva all’eterna beatitudine; b) vi aggiunse la prerogativa di un intero dominio della ragione sopra i sensi, sicché questi non le si potessero mai ribellare; c) e il corpo stesso, dotò dell’immortalità, perché fosse degno dell’anima, e perciò, mediante la sottomissione a Dio e col frutto dell’albero della vita, non patisse mai danno dal contrasto dei suoi elementi. Questi doni, i quali formavano quella che è detta giustizia originale, dovevano da Adamo trasmettersi ai suoi discendenti, dov’egli si fosse conservato fedele a Dio e sottomesso ai precetti di Lui. Adamo nella sua prevaricazione, perdette i ricevuti tesori e le nobili prerogative, e conseguentemente impoverì e degradò l’umana natura, che allora tutta accoglievasi in lui, perdette i doni della giustizia originale: e noi ereditando da lui la natura umana, la prendiamo tal quale esso l’ha degradata, cioè soggetta alla morte, priva della grazia santificante, priva della sottomissione degli appetiti inferiori alla ragione. Di queste tre cose, la prima, cioè la mortalità e i dolori d’una vita corruttibile (benché siano pena della colpa di Adamo) non hanno in sé alcuna intrinseca reità, e però la vediamo assunta da Gesù Cristo nella sua Persona e non ne andò esente la divina sua Madre. Le altre due, cioè la privazione della grazia e la ribellione dei sensi, ossia la concupiscenza ribelle, costituiscono il peccato originale, con questa differenza però, dice San Tommaso, che l’essenza di questo peccato consiste propriamente nella prima, cioè nella privazione della grazia, per la quale mancanza e per la quale privazione avviene che la nostra volontà non è più sottomessa a Dio, e quindi è priva della debita rettitudine. In questo consiste l’essenza del peccato originale.Direte: si parla tanto di macchia causata nell’anima dal peccato originale. È vero; osservo però che questo si dice non per esprimere che la macchia del peccato originale sia qualche cosa di positivo, ma per adattamento al nostro modo d’intendere, e per esprimere che l’anima è priva di quella bellezza soprannaturale, che dovrebbe avere per l’elevazione allo stato soprannaturale, e di cui invece si trova spoglia per causa del peccato di Adamo. Questa privazione di bellezza è come una macchia nello stesso modo che il silenzio è mancanza di suono, il freddo mancanza di calore: « L’atto del peccato (cioè l’azione peccaminosa in Adamo) produce l’allontanamento da Dio. Al quale allontanamento tien dietro la diminuzione della bellezza, a quel modo che il moto locale importa un locale allontanamento; e come cessato il moto locale non si toglie il locale allontanamento; così cessato l’atto del peccato (di Adamo), non si toglie la macchia e perciò (per il peccato di Adamo) non rimane nell’anima nostra alcunché di positivo, ma solo alcunché di privativo; la privazione cioè dell’unione col lume divino » (S. Tommaso, S. Theol., 1-2, q. LXXXVI, a. 2). Ciò posto ci è possibile farci un’idea del singolare privilegio di Maria Immacolata nella sua Concezione, che si potrebbe esprimere così: la Concezione Immacolata consiste in questo che Maria, per singolare disposizione di Dio e in previsione dei meriti di Gesù Cristo, fu preservata dall’incorrere, come noi incorriamo, nella perdita della grazia santificante e della intera soggezione dei sensi alla volontà ragionevole; il che vuol dire che l’anima benedetta di Maria venne, dal primo istante che fu creata e unita al corpo, adorna della divina grazia, ebbe pieno dominio sul corpo e sulle passioni, di guisa che non vi fu tempo, neppure un istante, in cui non sia stata tutta bella nell’anima, tutta santa, tutta cara a Dio, non vi fu istante in cui le passioni potessero ribellarsi alla ragione. Dicendo questo non si sottrae Maria alla Redenzione, ma si riconosce redenta in modo singolare e, diremmo, più perfetto. La grazia di Gesù, che ha potere di riscattare il genere umano dal peccato originale, ha ben potuto preservare Maria: ha potuto applicare a Lei come antidoto quello che ha amministrato a noi come rimedio. E perciò dobbiamo dire di Maria nella sua Concezione che « raggiante come l’aurora del più bel giorno, bella più che la luna, eletta come il sole, esce dalle mani dell’Eterno, santa, pura, immacolata».

II. — Chi ci assicura che tutto questo sia verità, che Maria sia veramente Immacolata nella Concezione? Ce lo dicono: Dio, l’Arcangelo Gabriele, il Papa e Maria stessa.

Dio. — Dio apparve ai nostri progenitori dopo la caduta per giudicarli e consolarli. Loro strappò dapprima la confessione del loro delitto; poi, volgendosi all’autore di ogni male, che li aveva sedotti, gli disse: « Porrò inimicizia tra te e la donna, e tra il seme tuo e il seme di lei. Ella schiaccerà la tua testa e tu tenderai insidie al calcagno di lei » (Gen. III, 15). Dio è solito fare che le profezie siano tanto men chiare quanto più lontano è il giorno in cui debbono avverarsi, coperte come d’un velo che si va poi rischiarando nel corso dei tempi o con altre profezie o con serie di avvenimenti che ne precorrono il compimento. – Questa regola generale si applica alla profezia di cui trattiamo. Essa è la prima, e non ve n’è altra che abbia ricevuto poi maggior luce e maggiori schiarimenti nel corso dei secoli. Tutte le predizioni dell’antico Testamento che riguardano il Messia e la sua SS. Madre si rappiccano a quella prima promessa, come una lunga catena al suo primo anello. Adamo ed Eva non l’hanno intesa così bene come Abramo, né Abramo così bene come Davide, né Davide così bene come noi. Tuttavia Adamo ed Eva ne hanno compreso il significato generale, ne hanno tratto motivo di speranza per l’avvenire, di conforto e di gratitudine a Dio pel tempo presente. – Siccome il grado d’intelligenza che ne acquistarono serve di base alla esplicazione che ne abbiamo noi oggidì, determiniamo con precisione il senso che le hanno dato, per meglio afferrare il senso che dobbiamo darle noi. Le penose circostanze in cui si trovavano allora dopo la caduta, i pensieri che turbavano la loro mente, l’affanno che opprimeva il loro cuore, ci spiegano l’impressione che la profezia dovette produrre nell’anima loro. – La ribellione di cui si erano resi colpevoli verso Dio, aveva scompigliato la loro esistenza; lo sapevano, lo sentivano. La passata loro felicità era sparita come un sogno e l’avvenire si presenta loro minaccioso. Intorno ad essi le creature che fino a quel giorno li avevano invitati con l’armonia e bellezza loro a lodare il Signore, sembravano rinfacciar ad essi la follia e l’ingratitudine in cui eran caduti. Gli animali, che prima scherzavano vicino ad essi ed ubbidivan loro come a sovrani del mondo, fuggivano quand’essi s’avvicinavano e li minacciavano della loro collera. Il Paradiso, che fino allora era stato per essi luogo di delizie, aveva perduto le sue incantevoli bellezze; non aveva ombra per nascondere la loro onta, nè ritiro da calmare i loro terrori. Il contraccolpo della ribellione di cui si erano resi colpevoli, rimbombava sino al fondo della loro anima, e loro rivelava ad un tratto una guerra intestina di cui non avevano avuto idea. La loro nudità li faceva arrossire, il loro turbamento li copriva di vergogna; la coscienza, torturata dai rimorsi, era diventata per essi un carnefice crudele. I legami d’amore e di riconoscenza che li univano a Dio, si trovavano rotti: da figliuoli amatissimi del Padre celeste erano divenuti schiavi del demonio. Dio appariva ormai loro soltanto qual Giudice irritato. In chi potevano ancora sperare? Ingrati e ribelli, come sollevar lo sguardo a Dio? Erano ridotti alla vergogna, alla disperazione. – E intanto stava a loro dinanzi, per accrescerne il supplizio, il serpente infernale, l’artefice della loro disgrazia. Rallegravasi il demonio della loro rovina, si gloriava del suo trionfo. Aveva gettato nell’opera di Dio, il disordine. Appare il Signore: Adamo ed Eva ne hanno timore e si nascondono. Ma Dio li chiama alla sua presenza, essi ed il serpente, e mentre si aspettavano di udirsi pronunziare la terribile sentenza, che avevano meritato, odono uscire da Dio queste parole indirizzate al serpente: Porrò inimicizia tra te e la donna e tra il seme tuo e il seme di lei. Ella schiaccerà la tua testa. Che cosa intesero Adamo ed Eva di questo linguaggio di Dio? Certamente tre cose: Una Donna prodigiosa col suo Figliuolo suscitato da Dio per vendicare il loro infortunio; un’inimicizia mortale posta tra questa Donna ed il serpente; infine la vittoria totale di questa Donna e del Figlio sul serpente, vittoria che doveva annientare quella che il demonio aveva or ora riportato. Ecco quello che intesero Adamo ed Eva; ecco come nella loro sventura videro subito spiccare benigna la misericordia di Dio. E noi che cosa intendiamo adesso di quelle divine parole? – Studiamole e vi ravviseremo la promessa di Maria, Immacolata nella Concezione. – Iddio annunzia inimicizia tra il demonio e la donna: san Giovanni Grisostomo dice che questa inimicizia deve essere perpetua, perché le parole di Dio sono assolute, che perciò la Donna di cui parla Dio dev’essere perpetua ed irreconciliabile nemica del demonio; cioè dal primo istante della sua esistenza deve odiare il demonio ed esserne odiata. – Iddio dà a tale inimicizia un’importanza capitale. Lascia indeterminato il modo di redenzione, passa sotto silenzio i particolari del suo disegno; ma dice che la riparazione avverrà per l’inimicizia tra la Donna ed il demonio. Questa inimicizia ha carattere di riparazione, in quanto il peccato ha stabilito la schiavitù dell’ uomo sotto il demonio e l’inimicizia dell’uomo contro Dio; mentre l’inimicizia della Donna col demonio deve infrangere i ceppi della schiavitù umana e ristabilire l’amicizia dell’uomo con Dio. È una inimicizia singolare, diversa da quella di qualsiasi Santo, contro il demonio. È inimicizia vendicativa contro il demonio, preannunziata come oggetto di terrore al demonio quattro mila anni prima, per cui il demonio la teme, la detesta. Inimicizia reciproca tra il demonio e la Donna, per cui quella Donna sarà sempre odiata dal demonio, ed il demonio dalla Donna. In una parola è inimicizia riparatrice e vendicativa, che non deve permettere nella persona che ne è strumento ed oggetto nessuna di quelle conseguenze che sono da riparare e vendicare. Ora perché la inimicizia predetta da Dio sia tale, è necessario che Maria sia Immacolata. A questa sola condizione è possibile l’inimicizia quale fu predetta da Dio. – Ma l’inimicizia porta alla lotta, la lotta alla vittoria o alla sconfitta. Ora essendo stabilito che l’inimicizia di essere riparatrice e vendicativa contro il demonio, ne segue che di Maria dev’essere la vittoria, del demonio la sconfitta. È una vittoria predetta da Dio, vendicativa contro il demonio, e quindi il trionfo di Maria dev’essere completo. È una vittoria singolare, ben più straordinaria che non quella dei Santi. È una vittoria che dev’essere per la Donna la riparazione della sua prima sconfitta. Ed anche qui dobbiamo conchiudere che Maria dev’essere, secondo la parola di Dio, Immacolata affinché il suo trionfo sia rivestito di tutti quei caratteri che furono preannunziati da Dio. Perciò appunto Iddio volle figurato il trionfo di Maria nei trionfi di Debora, Giaele, Giuditta, Ester. Quando Ester si presentò ad Assuero per domandare la salute sua e del suo popolo, il re le disse: « Questa legge è fatta per tutti e non per te ». Ed Ester, che non è soggetta alla legge di sterminio, intercede pel suo popolo e lo salva. La legge del peccato originale non è fatta per Maria. Essa, Immacolata, intercede per l’umanità e la salva.

L’Angelo. — Il tratto più spiccante nella vita di Maria è certamente il mistero dell’Annunciazione: la domanda che Iddio per mezzo dell’Angelo fa a Maria di consentire alla divina maternità e di cooperare al più grande prodigio che Iddio si degni di operare: l’Incarnazione del Verbo. Innanzi tutto vediamo l’Angelo inchinarsi a salutare Maria. Appare l’Arcangelo Gabriele in Nazaret a Maria, ed a nome di Dio la saluta: Ave, gratia plena… benedicta tu in mulieribus. Le parole pronunziate dall’Angelo, sono del cielo; e queste parole ancora ci annunziano che Maria è Immacolata nella Concezione. Per natura l’uomo è inferiore all’Angelo, e perciò gli Angeli, apparendo agli uomini, si manifestarono sempre come superiori ad inferiori, venuti non già a recare, ma a ricevere omaggi. Qui avviene il contrario: l’Angelo s’inchina a Maria, la onora. La saluta dicendola piena di grazia. Che significano queste parole? L’Angelo non dice: « Maria, diventerai piena di grazia »; ma la saluta già piena di grazia. Quando e come Maria diventò piena di grazia? Nella sua Concezione Immacolata. L’Angelo parla di una pienezza unicaA nessuno mai è stato recato un sì prezioso annunzio. È una pienezza prodigiosa come ci dirà più tardi Maria sulle montagne di Ebron: Fecit mihi magna qui potens est. È una pienezza illimitata e pel tempo e per l’estensione. Pel tempo, e perciò dobbiamo riconoscerla piena di grazia fin dall’istante della sua Concezione. Per l’estensione: una pienezza che non ha limiti. Come potremmo noi dire a Maria: Sì, sei piena di grazia, ma non avesti la grazia d’essere Immacolata? Con qual diritto potremmo noi porre una limitazione a tale pienezza? Noi dobbiamo almeno riconoscerla piena di tutte quelle grazie che non debbono negarsi a Maria quale Madre di Dio; almeno di quelle che era conveniente fossero in Maria destinata ad essere Madre di Dio. Ora io domando: Può dirsi pienezza di grazia quella che incomincia dal peccato? quella che manca della grazia prima e principale?L’Angelo ha soggiunto: Benedetta tu fra le donne. Potreste voi ancora chiamare Maria benedetta fra le donne, quand’Ella non fosse immacolata nella sua Concezione? No, perché almeno Eva, prima del peccato, avrebbe meritato maggiori benedizioni di Maria, perché allora Eva era tutta pura, tutta santa. E ciò non potrebbe dirsi di Maria. Perché la parola dell’Angelo sia vera (e dev’essere vera perché l’Angelo l’ha pronunziata, e non come parola sua, ma di Dio di cui era messaggero), è necessario che riconosciamo Maria Immacolata.

Papa. — Gesù Cristo ha costituito la sua Chiesa affinché ci sia maestra di verità. La Chiesa è edificata sul Papa, come sua pietra fondamentale, secondo la parola di Gesù Cristo. Ora se mi domandate chi sia il Papa, vi rispondo: Il Papa è l’oracolo di Dio in terra, è il portavoce di Dio, quando c’insegna quello che dobbiamo credere o praticare per salvarci. Ascoltate: Gesù Cristo è presente nella sua Chiesa in due modi: di presenza personale, reale nell’Eucarestia. Quando noi ci prostriamo innanzi al divin Sacramento, ci prostriamo innanzi a Gesù, parliamo a Gesù, adoriamo Gesù. È pur presente di presenza d’autorità, come maestro e capo, nel Papa. Gesù nell’Eucarestia è nostra forza e nostro conforto, nostro cibo, ma non maestro. Se volete la sua parola, dovete udirla dal Papa [… il Papa “vero”, naturalmente! -ndr.-]. Egli parla in nome e con l’autorità di Gesù; o meglio: Gesù parla, insegna, ammaestra per mezzo del Papa. La parola del Papa è parola di Gesù. Il Papa c’insegna che Maria è stata Immacolata nella sua Concezione. Lo insegnò sanzionandone la festa istituita a celebrare questo mistero, incuorando alla pratica di tale divozione, solennizzandone la festività con ottava, intimando silenzio agli oppositori di tale verità, e finalmente, per bocca di Pio IX, proclamando, riconoscendo dogma di fede l’Immacolato Concepimento di Maria. – Il Papa non ha creato una verità nuova. Con la sua suprema Autorità ha riconosciuto verità di fede la dottrina della Concezione Immacolata di Maria rivelata da Dio, affermata dalle generazioni cristiane.

Maria. — E Maria fa eco alla parola del Papa. Ascoltate: Era circa il mezzodì dell’11 febbraio 1858 ed a Lourdes, una fanciulla di 14 anni, Bernardina Soubirous, aggiravasi, con due altre compagne, presso le rocce di Massabielle, in cerca di rami secchi. Le compagne passarono a guado un piccolo torrente ed essa si disponeva ad imitarle quando udì un forte rombo, come di temporale. Guardò meravigliata attorno, ma non vide nulla. Si chinò di bel nuovo per levarsi le scarpe ed entrar nell’acqua, ma fu scossa da nuovo rombo simile al primo. Ancor più sorpresa si alza e volge gli sguardi verso una vicina grotta e li posa sopra una nicchia che v’era aperta nella viva roccia. Il rosaio selvatico che tappezzava il basso di quella coi lunghi rami brulli di foglie era leggermente agitato dal vento. Ma tosto la nicchia s’illumina d’un chiarore celeste e una bellezza incomparabile risplende in mezzo a quella luce in forma di graziosa Signora, vestita d’una veste candidissima, coi fianchi cinti d’una fascia celeste, la quale, annodata sul davanti a mezzo il corpo, pendeva fino ai piedi duplicata. Avvolgevale il capo un bianco velo, il quale, svolto, copriva le spalle e scendeva giù lungo tutta la persona. Sotto la candida veste apparivano i piedi, che posavano leggermente sui rami del rosaio selvatico senza farli piegare, e sopra ciascuno di essi fioriva una rosa d’oro. Una corona da Rosario, i cui grani erano bianchi come gocce di latte e la croce d’oro, pendeva dalle sue mani fervorosamente congiunte. Dopo questa, ben altre diciassette volte ebbe Bernardina la stessa apparizione. Il 25 marzo Bernardina, che più volte aveva domandato alla Signora chi fosse, fu esaudita: Io sono, disse la Signora, l’Immacolata Concezione. La fontana scaturita ad un suo cenno, la splendida basilica ivi innalzata, i milioni di pellegrini accorsi a Lourdes sono splendide prove della verità della parola di Maria. Gli innumerevoli infermi d’ogni specie (ciechi, sordi, zoppi, paralitici, tisici, ecc.) che ogni anno guariscono con l’uso dell’acqua di Lourdes, sono l’eco continua della parola del Papa: Maria è Immacolata nella sua Concezione; sono l’ininterrotta acclamazione alla parola di Maria; Io sono l’Immacolata Concezione. Maria, con le sue grazie, coi suoi favori, coi miracoli che opera a pro dell’umanità sofferente si proclama Immacolata. E noi, con le nostre virtù, con le nostre opere buone dobbiamo proclamarci figli dell’Immacolata.

III. — La conclusione pratica ci è data dalla parola con cui Dio ci annunzia Maria Immacolata: l’inimicizia di Lei col demonio. Dio anzi annunziò l’inimicizia della progenie di Maria col demonio. Questa progenie non è solamente Gesù Redentore, ma sono ancora i Cristiani, i devoti dell’Immacolata. L’odio col demonio, e quindi una lotta continua, incessante, ecco il frutto che dobbiamo ricavare dall’odierna considerazione. L’inimicizia nostra col demonio deve quindi essere perpetua, assoluta. Tra noi ed il demonio non vi deve mai essere né tregua né pace. I sentimenti del cuore di Maria contro il demonio debbono essere i nostri. Ma non è nemico del demonio, non ha in cuore i sentimenti di Maria chi commette il peccato. Il peccato è opera del demonio. E noi lo dobbiamo fuggire. Fuggite, temete il peccato, qualunque peccato: a questa sola condizione sarete devoti dell’Immacolata e continuerete nella vostra vita l’inimicizia di Maria contro il nostro capitale nemico, il demonio. E notate che la parola profetica di Dio ha un’estensione così ampia da abbracciare di necessità tutti i Cristiani, tutti i devoti di Maria. Difatti disse Iddio al demonio: Porrò inimicizia tra te e la donna e tra il seme tuo ed il seme di Lei (Gen. III, 15). “Seme” è generalmente interpretato per progenie, ossia tutti i figli a qualunque distanza abbiano a trovarsi dalla prima Madre. E noi, come Cristiani, come devoti e perciò figli di Maria siamo progenie di Lei. Dio quindi ha posto pure come doverosa questa inimicizia tra noi e il demonio. – Oh! sentiamo tutti che il demonio è nostro nemico. E perciò siamo noi pure sempre nemici del demonio. Non è progenie di Maria chi non è nemico del demonio; cessa di essere progenie di Maria, chi cessa di essere nemico del demonio; e cessa di esser nemico del demonio chi commette il peccato. Ricordatevene!

FIORETTO. — Innanzi ad un’immagine dell’Immacolata reciteremo tre Ave, con l’invocazione: Gloria Patri, ecc, e con la giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi, che ricorriamo a voi. Di più prometteremo all’Immacolata di compiere sempre, d’or innanzi, mattina e sera, quest’ossequio e, inoltre, di portare sempre al collo la medaglia della Immacolata.

ESEMPIO. — Alfonso Ratisbone. — Alfonso Ratisbone, giovine ebreo di una delle più ricche famiglie dell’Alemagna, nemico acerrimo del Cristianesimo, recossi l’anno 1812 per diporto in Roma. Quivi crebbe il suo odio contro la Religione cristiana, e l’ardor suo per l’ebraismo. Era ormai sul punto di partire dall’eterna citta, quando andò a prendere congedo dal barone di Russiere, uomo pio e dotto, da qualche tempo di protestante convertitosi al Cattolicismo. Tento egli di condurre Alfonso alla vera Religione; ma, trovatolo ostinatissimo nell’ebraismo, lo pregò, almeno per cortesia, di lasciarsi mettere al collo la medaglia di Maria; al che egli, pur protestandosi alieno dal Cattolicismo, acconsenti. – Era il 20 gennaio 1812: Alfonso, condottovi da un amico, entra nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte: quando ad un tratto ecco scomparirgli dagli occhi l’edificio, ed una piena di luce riversandosi sopra di lui, riempire il luogo, ove si trovava. Di mezzo a quello splendore vede, ritta in pie sull’altare, piena di maestà e di dolcezza la Vergine Maria, come sta appunto sulla medaglia miracolosa di cui parleremo domani, medaglia che è un monumento del dogma dell’Immacolata. Con la mano gli fa segno che si inginocchi, ed una forza irresistibile lo trae verso di Lei. In quel fortunato istante Alfonso apre gli occhi alla verità: e, illuminato dalla Fede, rompe in dirotto pianto. Il cuor suo non trova conforto che nello sfogarsi in caldi ringraziamenti, e domandare con le più vive istanze il Battesimo. Vi si apparecchiò per undici giorni: ed il 31 gennaio veniva rigenerato a Gesù Cristo, e Maria Santissima numerava un figliuolo di più. Tale conversione è stata dalla Santa Sede, dopo diligente esame, dichiarata miracolosa. Ogni anno si fa una festa in Roma in memoria di tanto prodigio nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte, ove accadde il miracolo. Siamo devoti dell’Immacolata, e saremo sempre i nemici dichiarati del demonio, lo terremo sempre lontano dal nostro cuore, la grazia di Gesù abiterà sempre in noi, e Maria Immacolata ci riguarderà sempre con occhio materno, sarà sempre nostra madre e nostra DIFESA.

Preghiera di consacrazione:

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/07/consacrazione-di-se-stesso-a-gesu-cristo-sapienza-incarnata-per-le-mani-di-maria/

CREDO …

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/

Offertorium

Orémus
Luc 1: 28
Ave, María, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, allelúja.

[Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne. Allelúia].

Secreta

Salutárem hóstiam, quam in sollemnitáte immaculátæ Conceptiónis beátæ Vírginis Maríæ tibi, Dómine, offérimus, súscipe et præsta: ut, sicut illam tua grátia præveniénte ab omni labe immúnem profitémur; ita ejus intercessióne a culpis ómnibus liberémur.

[Accetta, o Signore, quest’ostia di salvezza che Ti offriamo nella solennità dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria: e fa che, come la crediamo immune da ogni colpa perché prevenuta dalla tua grazia, cosí, per sua intercessione, siamo liberati da ogni peccato].

Præfatio de Beata Maria Virgine

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubique grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Conceptióne immaculáta beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit: et, virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Jesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes: Sanctus …

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Te, nella Conceptióne immaculáta della Beata sempre Vergine Maria, lodiamo, benediciamo ed esaltiamo. La quale concepí il tuo Unigenito per opera dello Spirito Santo e, conservando la gloria della verginità, generò al mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore. Per mezzo di Lui, la tua maestà lodano gli Angeli, adorano le Dominazioni e tremebonde le Potestà. I Cieli, le Virtú celesti e i beati Serafini la célebrano con unanime esultanza. Ti preghiamo di ammettere con le loro voci anche le nostre, mentre supplici confessiamo dicendo: Santo …]

COMUNIONE SPIRITUALE

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/

Communio

Ps LXXXVI: 3, Luc I: 49
Gloriósa dicta sunt de te, María: quia fecit tibi magna qui potens est. [Cose gloriose sono dette di te, o Maria: perché grandi cose ti ha fatte Colui che è potente].

Postcommunio

Orémus.
Sacraménta quæ súmpsimus, Dómine, Deus noster: illíus in nobis culpæ vúlnera réparent; a qua immaculátam beátæ Maríæ Conceptiónem singuláriter præservásti.

[I sacramenti ricevuti, o Signore Dio nostro, ripàrino in noi le ferite di quella colpa dalla quale preservasti in modo singolare l’Immacolata Concezione della beata Maria].

PREGHIERE LEONINE

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/

ORDINARIO DELLA MESSA

https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

LA VERA DEVOZIONE A MARIA VERGINE (3)

La vera devozione a MARIA VERGINE (3)

P. VITTORIO M. BERTON monfortano

CATECHISMO DELLA VERA DEVOZIONE A MARIA VERGINE

EDIZIONI MONFORTANE

CENTRO MARIANO MONFORTANO Via Cori, 4 ■ ROMA (401) -1954

Art. III – L’ECCELLENZA DELLA PERFETTA CONSACRAZIONE

OSSIA I MOTIVI PER ABBRACCIARE LA PERFETTA CONSACRAZIONE

93. Può dirsi dunque la pratica più eccellente di Vera Devozione questa Perfetta Consacrazione a Maria?

Questa Perfetta Consacrazione a Maria può dirsi davvero la pratica più eccellente di Vera Devozione, sia considerata in se stessa, sia considerata in rapporto alle altre Devozioni e Consacrazioni.

§ 1° – CONSIDERATA IN SE STESSA

94. Perché la Perfetta Consacrazione è « la più eccellente » pratica di Vera Devozione considerata in se stessa?

La Perfetta Consacrazione è « la più eccellente » pratica di Vera Devozione considerata in se stessa:

1° – perché è la più gloriosa per Dio;

2° – perché è la più santificante per l’anima;

3° – perché è la più utile al prossimo (Tr., 118).

A) La più gloriosa per Dio

95. Perché la Perfetta Consacrazione è « la più gloriosa per Dio »?

La Perfetta Consacrazione a Maria è « la più gloriosa per Dio » perchè:

1° – ci consacra interamente al suo servizio (Tr., 135-138);

2° – ci fa imitare la condotta della SS. Trinità e l’umiltà di Gesù (Tr., 139-143);

3° – ci fa procurare la maggior gloria di Dio (Tr., 151).

96. Con la Perfetta Consacrazione a Maria ci diamo davvero interamente al servizio di Dio?

Con la Perfetta Consacrazione a Maria ci diamo davvero al servizio di Dio interamente, continuamente e generosamente, anzi nella maniera più degna ed efficace perché Lo serviamo per mezzo di Maria; e ciò anche se non ci pensassimo, purché la nostra donazione mai sia stata espressamente ritrattata (Tr., 135-138).

97. In che modo la Perfetta Consacrazione ci fa imitare la condotta della SS. Trinità e l’umiltà di Gesù?

La Perfetta Consacrazione ci fa imitare la condotta della SS. Trinità e l’uTniltà di Gesù perché ci obbliga a servirci di Maria per andare a Dio, come Dio si servì di Lei per venire a noi, e inoltre perché ci sottomette a Maria totalmente come fece Gesù, il quale non trovò mezzo più perfetto e spedito per glorificare Dio suo Padre che quello di sottomettersi alla Madre per ben 30 anni (Tr., 140-143 et 139).

98. In che modo la Perfetta Consacrazione ci fa procurare la maggior gloria di Dio?

La Perfetta Consacrazione ci fa procurare la maggior gloria di Dio perchè fa nostre le intenzioni e i sentimenti di Maria, la sola che abbia dato e dia tuttora a Dio la maggior gloria possibile, e ciò con fedeltà indefettibile (Tr-, 151, 175).

B) La più santificante per l’anima

99. Perché  la Perfetta Consacrazione è « la più santificante per l’anima »?

La Perfetta Consacrazione è « la più santificante per l’anima » perché:

1° – procura all’anima i buoni uffici materni di Maria (Tr., 144-150).

2° – conduce 1’anima all’unione con Gesù (Tr., 152-168);

3° – dona all’anima una grande libertà di spirito (Tr., 169-170);

4° – è per l’anima mezzo mirabile di perseveranza (Tr., 173-182).

Procura all’anima i buoni uffici materni di Maria,

100. Come la Perfetta Consacrazione procura all’anima i buoni uffici materni di Maria?

La Perfetta Consacrazione procura all’anima i buoni uffici materni di Maria inducendo la Vergine a « darsi al suo schiavo d’amore, in una maniera ineffabile e con una generosità senza pari (Tr., 144-145).

101. In che modo Maria « si dà al suo schiavo d’amore »?

Maria « si dà al suo schiavo d’amore »:

1° – amandolo teneramente ed efficacemente (Tr., 201-202);

2° – provvedendolo per l’anima e per il corpo con innumerevoli grazie (Tr., 208);

3° – guidandolo attraverso il mare burrascoso del mondo e per l’erta faticosa della santità (Tr., 209);

4° – difendendolo e proteggendolo contro i nemici spirituali (Tr., 210);

5° – intercedendo in suo favore, mentre avvalora le sue buone opere e le rende accette a Dio (Tr., 211-212 et 146-150).

Conduce l’anima all’unione con Dio.

102. La Perfetta Consacrazione conduce davvero t’anima all’unione con Gesù?

Sì, la Perfetta Consacrazione conduce l’anima all’unione con Gesù, infatti è una via facile, breve, perfetta e sicura per raggiungere la perfezione cristiana, che consiste appunto nell’unione con Cristo (Tr., 152).

103. Che cosa s’intende per « via facile »?

Per « via facile » s’intende via sulla quale non vi sono ostacoli, oppure sono facilmente superabili per i buoni uffici di Maria Madre nostra (Tr., 152-154).

104. Che cosa s’intende per « via breve »?

Per « via breve » s’intende via sulla quale si corre di vittoria in vittoria, arricchendosi di meriti in poco tempo, per i buoni uffici di Maria Madre nostra (Tr., 155-156).

105. Che cosa s’intende per « via perfetta »?

Per « via perfetta » s’intende via corredata di tutti i ineriti e le virtù di Gesù e di Maria (Tr-, 157-158).

106. Che cosa s’intende per « via sicura »?

Per « via sicura » s’intende via al sicuro da ogni errore, da ogni imboscata nemica, conducente all’ideale della santità, che è per l’appunto l’unione nostra con Dio (Tr., 159-168).

107. Perché la Perfetta Consacrazione è « al sicuro da ogni errore» ?

La Perfetta Consacrazione è « al sicuro da ogni errore » perché è una devozione molto antica e perché non è altro che una perfetta rinnovazione dei voti battesimali (Tr., 159- 163 et 126-130): cui aggiungiamo il riconoscimento della Maternità di Maria a nostro personale riguardo.

108. Come la Consacrazione monfortana è una perfetta rinnovazione dei voti del S. Battesimo?

La Consacrazione Monfortana è una perfetta rinnovazione dei voti del S. Battesimo perchè con essa si rinuncia al demonio alle sue pompe e alle, sue opere, per darsi a Gesù in qualità di schiavo d’amore nella maniera più perfetta, servendosi cioè del più perfetto di tutti i mezzi, che è Maria SS. (Tr., 126 et 130).

109. Perché  la Perfetta Consacrazione è « al sicuro da ogni imboscata nemica »?

La Perfetta Consacrazione è « al sicuro da ogni imboscata nemica », perché ci pone tra le braccia di Colei che è terribile al demonio « come un esercito schierato in ordine di battaglia » (Tr., 210).

110. Per qualche anima non potrebbe Maria costituire un inciampo o comunque un ritardo nel raggiungimento dell’unione con Dio?

No, assolutamente no! poiché « è proprio di Maria Vergine condurci sicuramente a Gesù Cristo, come è proprio di Gesù Cristo condurci sicuramente all’Eterno Padre » (Tr., 164).

Dona all’anima unagrande libertà di spirito.

111. Come la Perfetta Consacrazione dona all’anima « una grande libertà di spirito »?

La perfetta Consacrazione dona all’anima una grande libertà di spirito » :

1° togliendo all’anima ogni scrupolo o timore servile ;

2° dilatando il cuore con una santa fiducia nella Paternità di Dio;

3° ispirandole un amore tenero e filiale (Tr., 169).

112. La devozione di « santa schiavitù d’amore » è dunque vera libertà di figli?

Sì, la devozione di « santa schiavitù d’amore » è vera libertà di figli, poiché ci pone per tutta la vita in istato di infanzia spirituale di fronte a Dio, alle dipendenze di Mamma Maria.

113. Sono dunque equivalenti « schiavitù d’amore » e <c infanzia spirituale »?

Sì, « schiavitù d’amore » e a infanzia spirituale » sono equivalenti nella sostanza; anzi, la prima perfeziona la seconda: richiede infatti la totalità e perpetuità dell’abbandono e della dipendenza del figlio dalla madre, e ciò con sviscerato amore.

114. Credete allora insostituibile il termine « schiavitù d’amore »?

Sì, noi crediamo insostituibile il termine « schiavitù d’amore », d’accordo con S. Luigi- Maria Grignion di Montfort, (17., 69-77; 245- 247), pur non ritenendo opportuno, oggi, di insistere troppo con le anime e gli spiriti non preparati.

È per l’anima mezzo mirabile di perseveranza,

115. Come la Perfetta Consacrazione è per l’anima mezzo mirabile di perseveranza?

La Perfetta Consacrazione è per l’anima mezzo mirabile di perseveranza in quanto che per essa ci affidiamo alla fedeltà stessa della fedelissima Maria, sulla sua potenza ci appoggiamo e sopra la sua misericordia e carità ci fondiamo, sicuri di non essere mai confusi in eterno (27., 173-175).

116. Davvero sì miseri siamo noi impotenti ed infedeli?

Sì, « non abbiamo per retaggio che l’orgoglio e l’accecamento nello spirito, l’indurimento nel cuore, la debolezza e l’incostanza nell’anima, la concupiscenza, le passioni in rivolta » (Tr., 78-79).

117. La Perfetta Consacrazione è dunque un vero segreto di grazia ?

Precisamente, la Perfetta Consacrazione è un vero segreto di grazia, « segreto sconosciuto dalla maggior parte dei cristiani, conosciuto da pochi devoti, praticato da più pochi ancora » (Tr, 82-et 177).

118. E non ve della esagerazione in questa stima per la « santa schiavitù d’amore »?

No, chi pensa all’esagerazione in questa stima per la « santa schiavitù d’amore », « non capisce, sia perché è uomo carnale, che non gusta le cose dello spirito, sia perchè è del mondo, che non può ricevere lo Spirito Santo, sia perchè è un critico orgoglioso » (Tr., 180).

C) La più utile al prossimo

119. Come la Perfetta Consacrazione è « la più  utile al prossimo »?

La Perfetta Consacrazione è a la più utile al prossimo » in quanto che ei spoglia di tutto il valore impetratorio e soddisfattolo delle nostre buone opere in prò’ del prossimo, e ciò con la massima efficacia, quale ci può essere garantita da Maria (Tr., 171).

120. In qual modo Maria garantisce efficacia alla nostra carità verso il prossimo?

Maria garantisce efficacia alla nostra carità verso il prossimo donando maggior purezza alle nostre azioni, aumentandone così il valore, e inoltre prendendo a cuore, come se fosse suo, ogni nostro desiderio di giovare a quanti ci sono cari, vivi e defunti (Tr., 172).

121. L’Atto eroico » in favore delle anime del Purgatorio è compatibile con la Perfetta Consacrazione a Maria?

L’« Atto eroico » emesso prima della Consacrazione è certamente compatibile con la Perfetta Consacrazione a Maria, poiché l’impegno assunto con esso viene affidato alla Madonna come tutti gli altri nostri impegni e doveri; dopo la Consacrazione, invece, non si potrebbe emettere se non condizionato al beneplacito della nostra Madre e Padrona.

§ 2° – CONSIDERATA IN RAPPORTO ALLE ALTRE DEVOZIONI E CONSACRAZIONI

122. Perché la Perfetta Consacrazione è « la più eccellente pratica di Vera Devozione,, anche considerata in rapporto alle altre devozioni e consacrazioni »?

La Perfetta Consacrazione è « la più eccellente pratica di Vera Devozione anche considerata in rapporto alle altre Devozioni e Consacrazioni », perchè è tutta interiore, esige da un’anima maggiori sacrifici per Iddio, la vuota maggiormente di sè stessa e la conserva più fedelmente alla grazia, come l’attesta il Santo di Montfort e l’esperienza (Tr., 118).

123. E che cosa dire della Consacrazione del mondo a Maria fatta dalla Santità di Pio XII?

Tale Consacrazione, come ogni altra consacrazione fatta da qualche Superiore nei riguardi dei suoi sudditi, ha valore di vera consacrazione per quanto costituisce la potestà del medesimo; ma riferendosi a persone libere, non sarà per queste efficace se non quando verrà da esse ratificata personalmente.

124. La consacrazione a Maria fatta nel giorno della Prima Comunione, o in altra occasione, può considerarsi vera consacrazione?

In tali occasioni generalmente non si tratta di vera consacrazione, bensì di un semplice atto di devozione con il quale l’anima intende mettersi sotto la protezione di Maria per la vita e per la morte, a meno che coscientemente non intenda altrimenti.

125. La Perfetta Consacrazione potrebbe paragonarsi ad una Professione Religiosa?

Sì, la Perfetta Consacrazione può paragonarsi benissimo ad una Professione Religiosa; di questa però è assai più vasta, anzi è un vero Olocausto, pur non esigendo alcun voto, ed è anche alla portata di ogni Cristiano (Tr., 123).

126. Non si potrebbe emettere la Perfetta Consacrazione come voto?

Sì, la Perfetta Consacrazione può emettersi anche come voto, ma per questo ci vuole tanta discrezione.

127. In qual senso si potrebbe con discrezione fare il voto di santa schiavitù d’amore »?

Si potrebbe con discrezione fare il voto di « santa schiavitù d’amore » dopo prudente consiglio del proprio direttore spirituale, nel senso di non voler mai più ritrattare con atto formale la Consacrazione così fatta.

128. Che cosa s’intende per atto formale?

Per atto formale s’intende un atto che significhi ritrattazione dell’offerta di se stessi fatta a Maria (cfr. Taccuino inedito del Santo di Montfort).

129. Quale formula potrebbe servire al caso?

Potrebbe servire al caso la formula stessa del Santo di Montfort: « Faccio voto a Nostro  Signor Gesù Cristo di non revocare giammai con atto formale l’offerta di schiavitù d’amore che presento in questo momento alla Madre sua. In virtù di questa attuale intenzione voglio che ogni momento di mia vita e ognuna delle mie azioni Le appartenga né più né meno che se Gliele offrissi ciascuna in particolare ». (ibidem).

130. Il voto di « schiavitù d’amore » non potrebbe paragonarsi al voto di vittima?

Sì, il voto di « schiavitù d’amore » può benissimo paragonarsi al voto di vittima; anzi la semplice Consacrazione di « schiavitù d’amore » pone l’anima in istato di vittima tra le mani di Maria e secondo il suo beneplacito.

131. Il voto di vittima può sussistere con la Perfetta Consacrazione ?

Il voto di vittima emesso prima della Consacrazione diviene con essa un impegno consacrato a Maria; dopo la Consacrazione non lo si potrebbe emettere se non generico e condizionato al volere della Madonna.

132. Un religioso di qualsiasi Ordine o Congregazione potrebbe abbracciare la Perfetta Consacrazione a Maria?

Sì, qualsiasi religioso di qualsivoglia Ordine o Congregazione può abbracciare la Perfetta Consacrazione a Maria, sempre perché la Madonna ci prende con tutti i nostri doveri ed impegni, dei quali anzi rendesi garante (77., 124).

133. Ha bisogno il religioso del permesso dei suoi Superiori per abbracciare la Perfetta Consacrazione a Maria?

No, non ha bisogno il religioso del permesso dei suoi Superiori per abbracciare la Perfetta Consacrazione a Maria, perchè si tratta di una devozione tutta interiore; non così, invece, se volesse iscriversi all’Arciconfratemita di Maria Regina dei cuori, perchè atto esterno.

134. Il religioso, come un semplice fedele, ha bisogno almeno del permesso del proprio confessore o direttore spirituale per abbracciare la Perfetta Consacrazione?

Sì, ogni fedele, religioso o no, dovrebbe ottenere l’illuminato consenso del proprio confessore o direttore spirituale per abbracciare la Perfetta Consacrazione, perché Essa dà un indirizzo tutto nuovo alla propria vita spirituale.

135. La Perfetta Consacrazione può costituire per il religioso una perfezione della sua stessa vita religiosa specifica?

Sì, la Perfetta Consacrazione può costituire per qualsiasi religioso di qualsivoglia Ordine o Congregazione una perfezione della sua stessa vita religiosa specifica perchè diviene più accorto e più fervoroso e fedele, alle dipendenze di una tale Madre e Regina qual’è Maria (cfr. Tr., 125).

136. Il consacrato « schiavo d’amore di Maria » potrebbe chiamarsi il «religioso di Maria »?

Sì, il consacrato « schiavo d’amore » può benissimo chiamarsi il « religioso di Maria » benché non sia legato con voto, e ciò per il fatto che ha tutto sacrificato a Maria senza riserva alcuna, allo scopo di essere più perfettamente il « religioso di Dio » (Tr., 125).

Àrt. IV – Effetti meravigliosi della Perfetta Consacrazione fedelmente vissuta

137. Si possono dunque sperare buoni frutti dalla Perfetta Consacrazione a Maria?

Sì davvero, dalla Perfetta Consacrazione a Maria, fedelmente vissuta, si possono sperare ottimi frutti spirituali.

138. Quanti e quali potrebbero essere, di grazia, i frutti spirituali di questa pratica monfortana?

Oltre ai già numerati sopra e che costituiscono l’eccellenza della Perfetta Consacrazione, e dipendono esclusivamente dalla generosità del Cielo, ottimi frutti spirituali sono quelle virtù che l’anima, fedele alla grazia, viene grado grado acquistando, e che preparano alla trasformazione totale in Cristo Gesù per mezzo di Maria.

139. E quali sono le virtù che preparano Vanima alla sua trasformazione in Gesù per mezzo di Maria?

Le principali virtù che preparano l’anima alla sua totale trasformazione in Gesù per mezzo di Maria sono:

1° una profonda umiltà nella conoscenza e nel disprezzo di se (2V., 213):

2°una vivissima fede partecipata da quella stessa di Maria (Tr., 214):

3° una sincera e purissima carità verso Dio (Tr. 215);

4° una illimitata fiducia in Maria e per lei in Dio (Tr., 216).

140. E come giungerà l’anima monfortana alla sua trasformazione in Cristo Gesù?

Così purificata e preparata l’anima monforfana parteciperà ben presto degli stessi sentimenti e dello spirito di Maria (Tr,, 217), e per Lei ed in Lei verrà trasformata in Cristo Gesù (Tr,,218-222),conseguendo così alla più alta perfezione il fine per cui è stata creata, redenta e santificata, cioè la maggior gloria di Dio (Tr, 222-225).

Art. V – La pratica della Perfetta Consacrazione

A) Pratiche esteriori

141. Vi sono delle pratiche esteriori più confacenti allo spirito della Perfetta Consacrazione?

Sì, vi sono delle pratiche esteriori più confacenti allo spirito della Perfetta Consacrazione, suggerite dal Santo di Montfort (Tr., 227-255).

Esercizi preparatori.

142. Qual’è la principale pratica esteriore monfortana?

La principale pratica esteriore monfortana è l’atto di consacrazione, da farsi preferibilmente nel giorno dell’Annunciazione o dell’Immacolata, previa adeguata preparazione (Tr., 227).

143. Come prepararsi all’Atto di Consacrazione?

Il Santo di Montfort suggerisce il suo Mese di Esercizi Spirituali, detti ormai Monfortani (Tr., 228-231).

144. Come si svolgono gli Esercizi Spirituali Monfortani?

Gli Esercizi Spirituali Monfortani si iniziano con dodici giorni dedicati alla conoscenza e al disprezzo del mondo, si proseguono quindi per tre settimane: la prima allo scopo di conoscere il proprio cattivo fondo e purificarsi, la seconda per conoscere Maria SS. ed affidarsi a Lei, la terza infine per conoscere bene Gesù Cristo ed unirsi a Lui per mezzo di Maria (Tr., 228).

145. Che cosa fare allora nei primi dodici giorni?

Nei primi dodici giorni conviene meditare sul fine dell’uomo e delle creature e sulla falsità delle massime e delle pratiche mondane, esercitandosi ad un odio implacabile per esse ed alla loro irrevocabile fuga (cfr. « Amore dell’Eterna Sapienza » n. 74-89).

146. E che cosa fare nella Prima Settimana?

Nella Prima Settimana conviene dirigere tutte le proprie preghiere ed opere buone allo scopo di ottenere la conoscenza di se stessi e la contrizione dei propri peccati, meditando sui sette vizi capitali e sui Novissimi (77., 228).

147. Nella Seconda Settimana che cosa si dovrà fare?

Nella Seconda Settimana ci applicheremo in tutte le nostre preghiere ed azioni quotidiane a conoscere Maria SS., meditando le sue Grandezze, i suoi Privilegi, la sua Missione di Mediatrice e Madre nostra (Tr., 229).

148. E come passare la Terza Settimana?

Passeremo la Terza Settimana nella conoscenza di Gesù Cristo, nostro Salvatore, meditando la sua origine divina, la sua vita, le sue virtù, la sua dottrina, le sue opere, sforzandoci di imitare i suoi luminosi esempi (Tr., 230).

149. Quando e come poi converrà fare VAtto di Consacrazione ?

Conviene fare l’Atto di Consacrazione al termine degli Esercizi preparatori, preferibilmente dopo la Comunione, con la formula dettata dal Santo di Montfort stesso, dopo averla firmata di proprio pugno (Tr., 231).

150. Nessun altra formalità è richiesta per l’Atto di Consacrazione?

Il Santo di Montfort consiglia di pagare nel giorno della Consacrazione qualche tributo a Gesù e a Maria, sia in penitenza della passata infedeltà ai voti del Battesimo, sia quale simbolo della nuova schiavitù d’amore (Tr., 131).

151. In che cosa potrebbe consistere il suddetto tributo?

Il suddetto tributo potrebbe consistere in un digiuno, una mortificazione, un’elemosina, ecc., secondo la devozione e la capacità di ciascuno (cfr. ibidem).

152. E’ bene rinnovare qualche volta l’Atto di Consacrazione così fatto a Maria?

Sì, ottima cosa e raccomandabilissima sarà il rinnovare ad ogni anniversario la propria Consacrazione a Maria, osservando la medesima pratica già esposta; anzi non si tralasci di ripetere ogni mattina e ogni sera, e più volte nella giornata, qualche giaculatoria contenente la consacrazione (Tr., 233).

153. Potete suggerirci qualche breve formula di consacrazione o giaculatoria?

Col Santo di Montfort possiamo suggerire la seguente: « Io sono tutto vostro e tutto quanto posseggo ve l’offro, amabile mio Gesù, per mezzo di Maria vostra SS. Madre » (Tr., 233).

Altre pratiche esteriori.

154. Vi sono altre pratiche esteriori nello spirito della Perfetta Consacrazione a Maria?

Sì, il Santo di Montfort ne enumera parecchie, come la Coroncina delle dodici Stelle(Tr., 234-235), il culto speciale per il Mistero dell’Incarnazione (Tr., 243-248), la recita devota dell’Ave Maria e del S. Rosario (Tr., 249-254), la recita del Magnificat (Tr., 255) ed altre ancora (cfr. Tr., 256), non esclusa la iscrizioneall’Arciconfraternita di Maria Regina dei cuori.

B) Pratiche interiori

155. E vi sono pratiche interiori specifiche di questa Perfetta Consacrazione a Maria?

La Perfetta Consacrazione ha questo di speciale che è tutta interiore, sarà quindi vero segreto di santità l’attuare nella propria vita, giorno per giorno, momento per momento, la formula monfortana: « Tutto per mezzo di Maria, con Maria, in Maria, per Maria », come fu spiegato più sopra (cfr. DD. 75-88).

156. Ma non sarà questo un compito difficile?

Potrà essere questo un compito difficile, ma sarà reso facile dalla grazia assicurataci con la nostra Consacrazione e dallo sforzo volonteroso di unirci a Maria soprattutto nelle principali nostre azioni, come nella S. Comunione e nella preghiera, nel lavoro e nel riposo e nelle relazioni col prossimo (Tr., 266- 273 e passim).

157. Che cosa fare nel caso di totale aridità o di tentazione?

Nel caso di totale aridità o di tentazione si esamini bene la coscienza per sapere se qualcosa di noi e di nostro sia stato da noi sottratto al dominio della nostra Madre e Regina Maria, si rinnovi di cuore la consacrazione e si viva quindi di fede, poiché « il giusto vive di fede » (Tr., 51, 273).

Consacrazione di se stesso a Gesù Cristo

TESTO DI S. LUIGI-MARIA DI MONTFORT

O eterna e incarnata Sapienza! O amabilissimo e adorabilissimo Gesù, vero Dio e vero uomo, Unigenito dell’Eterno Padre e di Maria sempre vergine! io vi adoro profondamente nel seno e fra gli splendori del Padre vostro durante l’eternità, e nel seno virgineo di Maria, vostra degnissima Madre, durante il tempo della vostra Incarnazione.

Vi ringrazio che vi siete voluto annientare, prendendo forma di schiavo, per trarmi dalla crudele schiavitù del demonio; vi lodo e glorifico di aver voluto vivere sottomesso in ogni cosa a Maria, vostra santa Madre, a fine di rendermi per suo mezzo vostro schiavo fedele. Ma, ohimè! ingrato ed infedele ch’io sono, non ho mantenuto le promesse che vi ho sì solennemente fatte nel mio Battesimo, né ho punto adempito ai miei obblighi. Io non merito di essere chiamato figliuolo vostro, né vostro schiavo; e siccome non v’è nulla in me che non meriti le vostre ripulse e il vostro sdegno, non oso più accostarmi da me stesso alla vostra santissima ed augustissima Maestà. Ricorro perciò all’intercessione e alla misericordia della vostra SS. Madre, che mi avete data per Mediatrice presso di Voi, e per suo mezzo spero di ottenere da Voi la contrizione ed il perdono dei miei peccati, l’acquisto e la conservazione della Sapienza.Ti saluto dunque, Maria Immacolata, vivo tabernacolo della Divinità, in cui nascosta l’Eterna Sapienza vuole essere adorata dagli angeli e dagli uomini; ti saluto, Regina del Cielo e della terra, al cui impero è sottomesso tutto ciò che è al di sotto di Dio; ti saluto, sicuro rifugio dei peccatori, la cui misericordia a nessuno vien meno; esaudisci i desideri che ho della divina Sapienza, e ricevi a tal fine i voti e le offerte che la mia pochezza ti presenta.Io, N. N., peccatore infedele, rinnovo oggi e ratifico nelle tue mani i voti del mio Battesimo. Rinunzio per sempre a satana, alle sue pompe e alle sue opere, e mi dò interamente a Gesù Cristo, Sapienza incarnata, per portare dietro a Lui la mia croce tutti i giorni di mia vita e per esserGli più fedele che nel passato.  Ti scelgo oggi, alla presenza di tutta la Corte Celeste, per mia Madre e Padrona. A te come uno schiavo, io abbandono e consacro il mio corpo e l’anima mia, i miei beni interni ed esterni, e il valore stesso delle mie buone opere passate, presenti e future, lasciandoti un intero e pieno diritto di disporre di me e di tutto ciò che mi appartiene, senza veruna eccezione, a tuo piacimento, alla maggior gloria di Dio, nel tempo e nell’eternità.

Accogli, Vergine benigna, questa piccola offerta della mia schiavitù, ad onore e in unione della sommissione che l’eterna Sapienza si compiacque di avere alla tua Maternità; in ossequio al potere che avete Entrambi sopra questo vermiciattolo e miserabile peccatore; in ringraziamento dei privilegi di cui la SS. Trinità ti volle dotare, protesto che d’ora innanzi io voglio, qual tuo vero schiavo, cercare l’onore tuo e ubbidirti in tutto.  – O Madre ammirabile, presentami al tuo caro Figliuolo siccome suo eterno schiavo, affinché avendomi Egli riscattato per mezzo tuo, pure per mezzo tuo mi riceva. O Madre di misericordia, fammi la grazia di ottenere la vera Sapienza di Dio, e mettimi a tal fine nel numero di coloro che Tu ami, istruisci, dirigi, nutrì e proteggi come tuoi figli e schiavi tuoi. – O Vergine fedele, rendimi in ogni cosa un sì perfetto discepolo, imitatore e schiavo dell’incarnata Sapienza, Gesù Cristo, tuo Figliuolo, ch’io giunga, per la tua intercessione e a tuo esempio, alla pienezza dell’età sua qui in terra e della sua gloria lassù nel Cielo. Così sia.

“ Sia in ciascuno l’anima di Maria per glorificare il Signore ”

(S. Ambrogio)

 Sapienza Incarnata per le mani di Maria

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/07/consacrazione-di-se-stesso-a-gesu-cristo-sapienza-incarnata-per-le-mani-di-maria/

LA VERA DEVOZIONE A MARIA VERGINE (2)

La vera devozione a MARIA VERGINE (2)

P. VITTORIO M. BERTON monfortano

CATECHISMO DELLA VERA DEVOZIONE A MARIA VERGINE

EDIZIONI MONFORTANE

CENTRO MARIANO MONFORTANO Via Cori, 4 ■ ROMA (401) -1954

Art. II – Devozione falsa e Devozione Vera a Maria

47. Perché insistere a chiamare la devozione a Maria « vera devozione? »

Insistiamo a chiamare la devozione a Maria « vera devozione » per distinguerla dalle false devozioni verso di Lei (Tr., 90).

48. Quali devozioni dobbiamo considerare come false devozioni?

Dobbiamo considerare come false devozioni a Maria:

1) quella dei superbi, tutta riserve e scrupoli (Tr., 93-95);

2) quella dei mondani, tutta esteriorità, ipocrisia presunzione (Tr., 96-100, 102);

3) quella dei tiepidi, tutta incostanza ed interesse (Tr., 101, 103-104).

49. In che cosa consiste allora la « vera devozione » a Maria?

La « vera devozione » a Maria consiste almeno in un sincero ossequio di lode per le sue Grandezze, in un amoroso ossequio di riconoscenza per i suoi benefici, e in un fiducioso ricorso a Lei nelle nostre necessità.

50. La « vera devozione » può significare anche qualcosa di meglio?

Sicuro, la “vera devozione” può e deve significare anche qualcosa di meglio, cioè una « dedizione di sé stesso al servizio di Lei » : per questo è chiamata dalla Chiesa culto di iperdulia.

51. Che cosa significa « iperdulia? »

Mentre « latria » significa Adorazione da tributarsi esclusivamente a Dio, e « dulia » significa Servizio da tributarsi ai Santi, « iperdulia » significa « superservizio » o sia pure « schiavitù volontaria » cioè d’amore.

52. Quali sono allora le note essenziali della cc vera devozione » a Maria?

Le note essenziali della « vera devozione » a Maria sono le seguenti:

1) interiore, cosciente e voluta, intelligente ed operarne (Tr., 106);

2) tenera, nella semplicità dell’infanzia spirituale (Tr., 107);

3) santa, che impegni a fuggire il peccato e ad esercitarsi nella virtù (Tr., 108);

4) costante, malgrado gli umori o gli avvenimenti (Tr., 109);

5) disinteressata, praticata cioè per amore (Tr., 110).

53. Vi sono delle pratiche speciali di « vera devozione? »

Sì, oltre alle pratiche essenziali di « vera devozione » a Maria, vi sono delle pratiche speciali interiori ed esteriori consigliate dalla Chiesa.

54. Quali sono le pratiche essenziali di pietà mariana?

Le pratiche essenziali di pietà mariana sono:

1) onorare Maria specialmente nelle sue  principali feste liturgiche;

2) invocarLa più volte nella vita, particolarmente nelle grandi necessità e nell’ora della morte.

55. Quali sono le pratiche speciali di pietà mariana consigliate dalla Chiesa?

Le pratiche speciali di pietà mariana consigliate dalla Chiesa sono molteplici e di varia importanza, come:

1) meditare ed imitare le virtù della Madonna;

2) farLe spesso atti di lode, di amore e di riconoscenza;

3) vivere in unione con Lei a fine di vivere più uniti a Gesù:

4) entrare in qualche Ordine o Congregazione o Confraternita istituiti sotto il suo Nome;

5) recitare ogni giorno il S. Rosario o almeno una terza parte di esso;

6) festeggiare e venerare tutte le sue festività, i suoi titoli e le sue immagini;

7) consacrarsi a Lei in una maniera speciale e solenne (Tr., 116-117).

56. Qual è la pratica di pietà mariana più perfetta?

La pratica di pietà mariana più perfetta è senza dubbio quella che le racchiude tutte, è la Perfetta Consacrazione, e secondo il Santo di Montfort detta anche « schiavitù d’amore a Maria » (Tr., 118; Cfr. infra, DD. 95-135).

CAPITOLO II

LA VERA DEVOZIONE IN SPECIE

ossia

LA PERFETTA CONSACRAZIONE A MARIA

Art. I – Natura della Perfetta Consacrazione

57. Che cosa intendete per Consacrazione a Maria?

Per consacrazione a Maria s’intende “ un dono totale di sé per tutta la vita e per l’eternità…, un dono effettivo, realizzato nella intensità della vita cristiana e mariana„ (Pio XII ai Congr. Mar, 21-1-1945).

58. In che cosa consiste allora la perfetta Consacrazione Monfortana?

La Perfetta Consacrazione Monfortana consiste allora in un atto di donazione volontaria, totale e perpetua a Maria, e in una vita di dipendenza da Lei totale, perpetua e d’amore, come di figlio alla Madre; tale donazione e dipendenza sono i due elementi essenziali della “schiavitù d’amore” (Tr, 120).

§ 1° – DONAZIONE VOLONTARIA TOTALE PERPETUA

59. Che cosa si intende per a donazione volontaria »?

Per « donazione volontaria » s’intende lo slancio libero, pronto e gioioso del cuore a Maria, per cui il fedele abbandona a Lei ogni cosa senza alcuna riserva (Tr., 70).

60. Che cosa comprende in pratica la « donazione totale » a Maria?

La « donazione totale » a Maria comprende in pratica tutto quanto siamo, tutto quanto abbiamo e tutto quanto avremo nell’avvenire, nell’ordine della natura, della grazia e della gloria (Tr., 121).

61. Donando a quanto siamo » che cosa consacriamo in pratica a Maria?

Donando « quanto siamo » noi consacriamo in pratica a Maria la nostra anima con le sue potenze, intelletto e volontà; e il nostro corpo con i suoi sensi (Tr., 121, 1°, 2°).

62. E donando « quanto abbiamo e avremo in avvenire » che cosa in pratica consacriamo a Maria?

Donando « quanto abbiamo e avremo in avvenire » noi consacriamo in pratica a Maria tutti i nostri tesori spirituali e temporali presenti e futuri (Tr., 121).

63. Quali sono i nostri « tesori temporali »?

I nostri « tesori temporali » sono tutti quei doni che Dio ci elargisce in questa vita, per questa vita (Tr., 121, 3°).

64. E quali sono i nostri « tesori spirituali »?

I nostri « tesori spirituali » sono tutte quelle grazie e virtù che Dio ci elargisce per il triplice valore delle nostre buone opere (Tr., 122).

65. Quali sono i tre valori delle nostre buone opere?

I tre valori delle nostre buone opere sono i seguenti: il valore meritorio, il valore impe- tratorio, e il valore soddisfattorio.

66. Che cosa s’intende per « valore meritorio »?

Per « valore meritorio » s’intende il merito propriamente detto, ossia di giusta retribuzione delle nostre buone opere, per cui ci è dovuto dalla Bontà di Dio l’aumento di Grazia santificante quaggiù e di Gloria in Paradiso.

67. Che cosa s’intende per « valore impetratorio »?

Per « Valore impetratorio » s’intende quel merito detto di convenienza per cui la Bontà divina è pronta ad elargire grazie speciali di ordine spirituale o temporale.

68. Che cosa s’intende per « valore soddisfattorio »?

Per « valore soddisfattorio » s’intende quel merito di convenienza, per il quale la Bontà di Dio condona a noi, in parte o nella totalità, i debiti che abbiamo contratti con la Sua Giustizia infinita.

69. Perché e in qual misura consacriamo a Maria questo triplice valore delle nostre buone opere?

Noi consacriamo a Maria il valore meritorio perché ce lo custodisca per la Vita Eterna; Le consacriamo invece il valore impetratorio e soddisfattorio perché se ne serva per chi Ella vuole e come crede più opportuno (Tr., 122).

70. E questa donazione totale sarà perpetua?

Sì, questa donazione totale a Maria, nella pratica della Perfetta Consacrazione, dev’essere anche perpetua, poiché altrimenti né sarebbe totale nel tempo, né sarehbe perfetta, come esige l’amore.

71. Lasciando libera Maria di disporre dei nostri beni spirituali, non ci mettiamo al rischio di aver tanto da soffrire noi, sia in vita che dopo morte?

Non sarà mai detto che Gesù e Maria si lascino vincere in generosità: no, saranno generosissimi con noi in questo mondo e nell’altro, nell’ordine della natura, della grazia e della gloria (Tr., 133).

§ 2° – DIPENDENZA TOTALE PERPETUA D’AMORE

72. La Perfetta Consacrazione a Maria ci impegna dunque ad una vita mariana?

Sì, la Perfetta Consacrazione a Maria ci impegna ad una vita mariana, cioè di dipendenza da Lei qual Madre e Regina; dipendenza che sarà totale, perpetua e d’amore.

73. Che cosa s’intende in pratica per dipendenza « totale e perpetua »?

Per dipendenza « totale e perpetua » s’intende una vita spesa a gloria di Dio secondo il beneplacito di Maria, abitualmente e per sempre sotto il materno suo influsso (Tr., 198).

74. Esiste una formula che sintetizzi questa dottrina e semplifichi la pratica di questa vita mariana?

Sì, esiste la formula monfortana che è un vero orogramma di vita spirituale mariana semplificata: «fare ogni nostra azione per mezzo DI MARIA, CON MARIA, IN MARIA E PER MARIA » (Tr., 257 in fine).

§ 3° – LA FORMOLA MONFORTANA

Per messo di Maria

75. Che cosa significa « fare le nostre azioni per MEZZO DI MARIA »?

« Fare le nostre azioni per mezzo di Maria » significa rinunziare alla nostra volontà e al nostro spirito corrotto e corruttore per lasciarci condurre dalla volontà e dallo spirito di Maria (Tr., 259).

76. Sotto quanti e quali aspetti dobbiamo allora riguardare la Vergine nella pratica interiore «per mezzo di Maria »?

Nella pratica interiore « per mezzo di Maria » dobbiamo riguardare la Vergine qual Madre e Regina che tutto vede e tutto sa e tutto ordina al maggior nostro bene.

77. Quali sono le virtù specifiche richieste per questa prima pratica interiore monfortana?

Le virtù specifiche richieste per questa prima pratica interiore monfortana sono l’umiltà nel disprezzo di noi stessi, e la docilità nel seguire i voleri e lo spirito di Maria.

Con Maria

78. Che cosa significa a fare le nostre azioni CON MARIA »?

« Fare le nostre azioni con Maria » significa stare alla scuola di Lei con impegno e gioia (Tr., 260).

79. Sotto quali e quanti aspetti dobbiamo allora riguardare la Vergine nella pratica interiore « con Maria »?

Nella pratica interiore « con Maria » dobbiamo riguardare la Vergine quale nostra Mamma sempre presente, quale nostra Maestra e guida, quale nostro Modello da imitare, quale valido Aiuto, e, al bisogno, anche provvidenziale nostro Supplemento.

80. Quali sono le virtù specifiche richieste per questa seconda pratica interiore monfortana?

Le virtù per questa seconda pratica Interiore monfortana sono la mortificazione dei sensi interni ed esterni ed una singolare pietà e vita interiore.

In Maria

81. Che cosa significa « fare le nostre azioni in MARIA »?

« Fare le nostre azioni in Maria » significa perdersi in Lei nella pace e nell’efficacia della sua azione trasformatrice in Gesù Cristo (Tr., 264).

82. Sotto quanti e quali aspetti dobbiamo riguardare la Vergine nella pratica interiore a in Maria »?

Nella pratica interiore « in Maria » dobbiamo riguardare la Vergine quale nostra Mediatrice e Madre, nostro Santuario e nostra Dimora spirituale, vero Paradiso terrestre nel quale incontrarci ed unirci con Gesù Cristo.

83. Qual è la virtù specifica richiesta per questa terza pratica interiore monfortana?

La virtù specifica richiesta per questa terza pratica interiore monfortana è la carità spinta fino al sacrificio supremo e all’abbandono di se.

84. Queste tre pratiche interiori monfortane non potrebbero paragonarsi alle Tre Vie tradizionali della vita spirituale?

Queste tre pratiche interiori monfortane possono benissimo paragonarsi alle Tre Vie tradizionali della vita spirituale; si può infatti vedere nella prima, « per mezzo di Maria », la Via Purgativa; nella seconda, «CON MARIA», la via Illuminativa e nella terza, « IN MARIA », la Via Unitiva; col beneficio, anzi, dell’incanto di Maria, considerata quale mezzo efficace di santificazione.

Per Maria

85. Che cosa significa infine a fare le nostre azioni PER MARIA »?

« Fare le nostre azioni per Maria » significa avere di mira soltanto la gloria di Colei cui ci siamo totalmente consacrati (Tr., 265).

86. Sotto guanti e quali aspetti dobbiamo allora riguardare la Vergine nella pratica interiore «. per Maria » ?

Nella pratica interiore « per Maria » dobbiamo riguardare la Vergine quale nostra sovrana Padrona, fine prossimo di tutte le nostre azioni.

87. Quali sono le virtù specifiche di questa quarta pratica interiore monfortana?

Le virtù specifiche di questa quarta pratica interiore monfortana sono la retta intenzione nell’agire, la fiducia e la generosità.

88. Esiste un paragone che riassuma e spieghi la quadruplice formula monfortana?

Sì, esiste un bel paragone che riassume e chiaramente spiega la quadruplice formula monfortana: « Gettarsi nella Forma di Dio che è Maria, per lasciarsi modellare in Gesù Cristo » (Tr., 219-220).

Art. II – Il FINE DELLA PERFETTA CONSACRAZIONE A MARIA.

89. Qual è il fine principale della Perfetta Consacrazione a Maria propagata dal Santo di Montfort?

Il fine principale della Perfetta Consacrazione a Maria propagata dal Santo di Montfort non può essere altro che l’Avvento più celere e più facile del Regno di Gesù Cristo nei cuori (Tr., 62).

90. La Consacrazione a Maria ha dunque soltanto ragione di mezzo?

Sì, la Consacrazione a Maria, in vista del fine principale, ha soltanto ragione di mezzo per andare a Gesù, per farLo regnare nei cuori (Tr., 1 et 75).

91. La Perfetta Consacrazione a Maria ha pure dei fini secondari?

Sì, la Perfetta Consacrazione a Maria ha pure dei fini secondari, i quali sono:

1° – onorare ed imitare l’ineffabile dipendenza del Figlio di Dio da Maria (Tr., 243);

2° – ringraziare la SS. Trinità delle grazie incomparabili che fece a Maria (Tr., ib.);

3° – tributare a Maria tutto l’onore e tutta la riconoscenza che Le dobbiamo per le Sue grandezze e privilegi e per la sua grande bontà verso di noi.

92. La Perfetta Consacrazione a Maria, come devozione speciale mariana, ha un motto-programma tutto proprio?

Sì, la Perfetta Consacrazione a Maria ha un motto-programma tutto proprio, che è: « Ad Jesum per Mariam », a Gesù per mezzo di Maria; oppure: Ut adveniat regnum tuum, adveniat regnum Mariæ! Affinché venga il tuo regno, o Gesù, venga il regno di Maria! (Tr., 217).

[2- Continua…]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/12/05/la-vera-devozione-a-maria-vergine-3/

LA VERA DEVOZIONE A MARIA VERGINE (1)

La vera devozione a MARIA VERGINE (1)

P. VITTORIO M. BERTON monfortano

CATECHISMO DELLA VERA DEVOZIONE A MARIA VERGINE

EDIZIONI MONFORTANE

CENTRO MARIANO MONFORTANO Via Cori, 4 ■ ROMA (401) -1954

Ex parte nostra nihil obstat quominus imprimatur Romae, die 15 augusti 1953

A. BUONDONNO Sap. Provdis s. m. m.

Nihil obstat quominus imprimatur

Bergomi, 12 – 2 – 1954 Sac. Al, Sonzogtiì, Cens. Ece .

IMPRIMATUR

Bergomi, die 15 Februari 1954

JOSEPHUS EPISCOPUS

A MARIA MADRE MIA GRANDE MISTERO DI AMORE E DI GRAZIA

AI LETTORI

In seguito alle insistenti domande pervenuteci un po’ da ogni parte, ci permettiamo di pubblicare questo nuovo piccolo a Catechismo della Vera Devozione a Maria Vergine ».

L’autore, nostro carissimo Confratello — già abbastanza noto perché da qualche anno tratta l’argomento in forma analoga su « Madre e Regina » — ha cercato di esporre tutto l’essenziale della dottrina monfortana in poco più di centocinquanta domande e risposte. In un « Catechismo » non è facile dire tutto, e dirlo in forma breve, chiara ed esatta! Ci sembra, però, che l’autore vi sia riuscito lodevolmente. Per questo gliene siamo quanto mai grati.

Come saremo grati a quei benevoli lettori che, studiando il presente opuscolo, ci vorranno gentilmente segnalare quelle modifiche che essi riterranno utili a migliorare  l’opera stessa in una eventuale riedizione.

La Madonna, Sedes Sapientiae, supplisca all’insufficienza delle parole umane con quella luce interiore che, illuminando la mente, accende la volontà e trasforma i buoni pensieri in opere di virtù e di santità.

INTRODUZIONE

1. La Madonna deve essere oggetto di speciale devozione?

Sì, la Madonna dev’essere oggetto di speciale devozione per tutti i Cristiani.

2. Perché la Madonna deve essere oggetto di speciale devozione per tutti?

La Madonna deve essere oggetto di speciale devozione per tutti, considerata l’eccellenza della sua dignità e l’eccellenza della sua missione tra gli uomini.

3. In che cosa consisterà questa speciale devozione a Maria?

Questa speciale devozione a Maria consisterà in una Consacrazione di se stessi al suo Cuore Immacolato, che potrà anche essere perfetta Consacrazione, quella chiamata « schiavitù d’amore ».

4. Chi scoprì la speciale devozione a Maria chiamata la schiavitù d’amore »?

Difficile sarebbe indicare chi scoprì nel Cristianesimo questo « mirabile segreto di santità »; è certo però che fu San Luigi Maria Grignion di Montfort a farlo conoscere e ad esporlo con metodo teologico ed ascetico (Tr. 82; 112; 118).

5. Chi è San Luigi Maria Grignion di Montfort?

E’ un Santo Missionario vissuto in Francia due secoli fa, fondatore di due Congregazioni religiose, aventi per iscopo specifico la propagazione della perfetta Consacrazione a Maria, chiamata « schiavitù d’amore », della quale Egli fu l’Araldo.

6. Il Santo scrisse qualcosa su questa speciale devozione a Maria Vergine?

Sì, il Santo di Montfort scrisse appunto il famoso « Trattato della Vera Devozione a Maria Vergine » e il « Segreto di Maria ».

7. Fu il Santo di Montfort a chiamare la « Perfetta Consacrazione « Vera Devozione »?

Non fu il Santo di Montfort a chiamare «Vera Devozione » la « Perfetta Consacrazione », bensì i posteri, e ciò fu fatto per due ragioni:

1) perché il Santo di Montfort nel suo Trattato pone la « Vera Devozione » a base della « Perfetta Consacrazione» a Maria;

2) perché la « Perfetta Consacrazione può dirsi la « Vera Devozione » per eccellenza, cioè la più perfetta, come si vedrà in seguito,

8. Come fu chiamata allora dal Montfort la sua speciale devozione a Maria?

Il Santo di Montfort chiamò la sua speciale devozione a Maria, per l’appunto, una «perfetta ed intera Consacrazione a Maria » (Tr. 9 120) ed anche il « Regno di Gesù per mezzo di Maria » (Tr., 217 e 113; Segr., 59) ed ancora « schiavitù d’amore di Gesù in Maria » (cfr. IX, 244-247; 70 e 77; Segr. 33 e 34).

9. Che cosa ci indicano queste diverse denominazioni?

Mentre la denominazione di « schiavitù d’amore » ci indica la natura della devozione monfortana; quella di « Regno di Gesù per mezzo di Maria » ce ne indica il fine ultimo e il mezzo o fine prossimo (Tr., 125); e il titolo di « vera » e « perfetta » ce ne indica l’eccellenza, come apparirà in seguito.

CAPITOLO I

LA VERA DEVOZIONE IN GENERALE

Art. I – Fondamenti Teologici

10. Qual è, prima di tutto, il fondamento teologico della « Vera Devozione » a Maria?

Il fondamento teologico della Vera Devozione » a Maria in genere e della « Perfetta Consacrazione » in ispecie, è la Suprema Condotta dell’Eterno Iddio nei riguardi di Maria (Tr., 15).

11. E quale fu la condotta dell’Eterno nei riguardi di Maria?

L’Eterno Iddio volle servirsi di Maria nel piano dell’umana Redenzione, e perciò La elevò all’eccelsa dignità di Madre del Salvatore e Le affidò l’eccelsa missione di Compagna e Collaboratrice di Lui nell’opera della nostra salvezza: vera Corredentrice, Madre, Mediatrice e Regina nostra.

12. Ma quale necessità aveva Iddio di una Creatura?

Nessuna necessità aveva Iddio di una creatura per compiere la Redenzione degli uomini, ma volle fare di Maria un « Mistero d’Amore e di Grazia » per noi (Tr., 14).

13. In qual senso Maria è un « Mistero di Amore e di Grazia » per noi?

Maria è un « Mistero di Amore e di Grazia » per noi nel senso che per Lei l’Infinito ed Eterno Iddio si rese accessibile alla nostra miseria, ed in Lei è stata allietata la nostra vita ed assicurata la nostra salvezza (Tr., 157).

§ I – MARIA GRANDE MISTERO D’AMORE E DI GRAZIA

A) Eccelsa dignità

Maria Madre di Gesù

14. Maria è dunque vera Madre di Gesù?

Sì, Maria è vera Madre di Gesù, Uomo-Dio, come ci afferma il S. Vangelo e la S. Chiesa c’insegna.

15. Che cosa significa essere vera Madre di Gesù?

Essere vera Madre di Gesù significa averLo concepito nel suo Seno Immacolato, sia pur con miracolo di Spirito Santo, averLo quindi generato, nutrito e cresciuto con amore (Tr., 18).

16. Ma chi è Gesù?

Gesù Cristo è la seconda Persona della SS. Trinità, cioè il Figliuolo di Dio fatto Uomo (cfr. Catech. di Pio X, D. 23).

17. È mai possibile che una creatura possa diventare Madre di Dio?

È possibile soltanto per un miracolo di Dio stesso, il Quale può far sì che due nature — la divina e l’umana — sussistano nell’unità di una Persona Divina; Maria, somministrando al Figlio di Dio fatto uomo, Gesù, la natura umana, ne divenne la vera Madre.

18. Di quale e quanto amore è dunque oggetto Maria da parte della SS. Trinità?

Maria è oggetto dell’Amore infinito di Dio Padre che La predestinò avanti ogni pura creatura; di Dio Figlio che La scelse per amatissima Madre; di Dio Spirito Santo che La volle per Sua Unica Sposa (Tr., 16).

19. E chi potrà misurare l’amore di Gesù per Maria?

Nessuno mai! Gesù amò Maria sua Madre tanto da sottomettersi a Lei in ogni cosa (Tr., 18, 139).

20. Quale grandezza e santità v’è dunque in Maria?

Smisurata la grandezza di Maria, incommensurabile la sua santità, superiore a quella degli Angeli e dei Santi insieme: miracolo di natura, di grazia e di gloria! (Tr.^ 6-7; 261-262).

21. Era, necessaria al Figlio di Dio una Madre sulla terra?

Assolutamente parlando no; ma Dio nella sua Sapienza e Bontà così volle per noi; ecco perché Maria ci appare un « Mistero d’Amore e di Grazia » e noi La salutiamo Corredentrice e Madre nostra.

B) Eccelsa Missione

Maria Corredentrice nostra

22. Maria può dirsi davvero nostra Corredentrice?

Sì, con sicurezza teologica Maria può dirsi davvero nostra Corredentrice, ossia Collaboratrice di Gesù nell’Opera della nostra salvezza; per questo è chiamata la « Novella Èva » al fianco del « Nuovo Adamo », Gesù.

23. Che cosa fece Gesù per salvarci?

Gesù per salvarci si incarnò, patì e morì sulla Croce.

24. E che cosa fece Maria per noi?

Maria con le sue preghiere e virtù ci accelerò la venuta di Gesù; Maria poi lo allevò, preparò e quindi l’offerse vittima d’espiazione per i nostri peccati nello strazio del suo Cuore materno, compiendo così insieme con Lui un unico Sacrifìcio (17., 16-18).

25. Era necessaria la cooperazione di Maria nell’Opera della nostra salvezza?

Non era necessaria la cooperazione di Maria nell’Opera della nostra salvezza, ma Dio volle fare di Lei un « Mistero di Amore e di Grazia » per noi; per questo La salutiamo « Rifugio dei peccatori », « cara nostra Madre ».

Maria Madre nostra

26. Maria può dirsi davvero anche Madre nostra?

Sì, Maria può dirsi vera nostra Madre, perchè Madre della vera Vita in noi, quella della Grazia (17., 30); è questo l’insegnamento della Chiesa e della Tradizione, e non altrimenti risulta dalla S. Scrittura, e tale L’ha sempre creduta il popolo cristiano.

27. Che cosa è la Grazia?

La Grazia è appunto la Vita soprannaturale o divina in noi, dono gratuito di Dio, che ci fa figli adottivi di Lui, fratelli di Gesù Cristo ed eredi del Paradiso (cfr. Cat., di S. Pio X, D. 270).

28. Quando ed in qual modo Maria divenne Madre nostra?

Maria divenne Madre di tutti gli uomini in generale al Mistero dell’Incarnazione accettando di diventare Madre di Gesù, e sul Calvario compiendo insieme con Lui il supremo Sacrificio dal quale nacque il Corpo Mistico di Cristo.

29. Che cos’è il a Corpo Mistico di Cristo? »

Il « Corpo Mistico di Cristo » è l’insieme di tutti i Cristiani uniti al loro Capo Cristo Gesù, e viventi della medesima vita di Lui: del Capo e delle membra è Madre Maria (27., 32).

30. Come poteva Maria essere Madre nostra prima ancora che noi esistessimo?

Maria, diventando Madre del Corpo Mistico di Cristo, diventava Madre come in potenza di tutte le membra future destinate ad integrare nei secoli il Corpo Mistico di Cristo; Madre però effettiva di ciascuno di noi Ella diventa al momento del nostro Battesimo quando ci comunica insieme con Gesù la Vita della Grazia (Tr., 33).

31. E come Maria esercita poi la sua missione di Madre del Corpo Mistico?

Maria esercita poi la sua missione di Madre del Corpo Mistico attuando l’ufficio di Distributrice della Grazia: della grazia santificante, attraverso i Sacramenti applicati dai Sacerdoti; della grazia attuale, intervenendo direttamente in nostro aiuto.

32. Ma quale necessita aveva Dio di Maria per comunicare le sue Misericordie?

Nessuna necessità aveva Dio di Maria per comunicare le sue Misericordie, ma volle fare

di Maria un a Mistero di Amore e di Grazia » per noi; per questo La chiamiamo « Madre di Misericordia », « Mediatrice di tutte le Grazie ».

Maria Mediatrice nostra

33. Maria è anche Mediatrice nostra?

Sì, Maria è anche Mediatrice nostra presso il Mediatore Gesù, e come tale è Lei che ci impetra da Dio tutte le grazie e ce le distribuisce a suo volere e piacere (Tr., 85, 44).

34. Come provare un affermazione così importante?

Possiamo provare tale affermazione dal Magistero Ecclesiastico, dall’insegnamento dei SS. Padri, dal S. Vangelo stesso, dalla fede unanime dei Cristiani e da parecchie altre solide ragioni (Tr., 25-26, 86).

35. Era proprio necessaria una Mediatrice presso il Mediatore Gesù?

Non era strettamente necessaria, ma Dio nella sua infinita Sapienza e Bontà volle fare di Maria un « Mistero di Amore e di Grazia » per noi, affinché con minore indegnità e con maggior fiducia potessimo accostarci all’Unico Mediatore Gesù (Tr., 83-85); ecco perché La invochiamo « nostra Avvocata » e « dolce Regina ».

Maria Regina nostra

36. Maria può dirsi anche nostra Regina?

Sì, Maria può dirsi anche nostra Regina, Regina del Cielo e della terra, Regina dell’Universo (Tr., 38): tale è l’insegnamento della Chiesa e della Tradizione, ricavato dalla S. Scrittura.

37. A qual titolo Maria è nostra Regina?

Maria è nostra Regina per il titolo di Madre di Dio, di Corredentrice e Mediatrice nostra, nonché per la sua eccellenza su tutte le creature.

38. Qual è la natura di questa « regalità » di Maria?

La natura di questa a regalità » di Maria non può essere che l’ufficiale e suprema funzione sociale della sua Maternità o Mediazione materna, nel Regno di Dio.

39. In che cosa consiste questa « funzione sociale » della Maternità o Mediazione materna di Maria?

Questa « funzione sociale » della Maternità o Mediazione materna di Maria consiste:

1) nell’intercedere presso il Re Gesù a favore di tutti i singoli sudditi e a favore dell’intero Regno, la Chiesa;

2) nel disporre il cuore dei sudditi a voler compiere le volontà del Supremo Re;

3) nel cooperare in unione con Cristo alla vita della Chiesa; e questo nell’opera missionaria per la conversione degli infedeli e dei peccatori, nell’opera cristianizzatrice della società in tutte le sue manifestazioni sociali, e nell’opera santificatrice della Chiesa tendente a formare pienamente il Regno di Dio.

40. Ma era proprio necessaria Maria nel Regno di Dio per il governo delle anime?

Non era affatto necessaria Maria nel Regno di Dio per il governo delle anime, ma Gesù volle, ripetiamo ancora una volta, fare di Lei un « Mistero di Amore e di Grazia « per noi, onde La potessimo invocare « Regina dei cuori » (Tr,, 37-38).

§ 2° – NECESSARIA NOSTRA RISPOSTA DI FEDE E D’AMORE

Necessità di Maria

41. Maria è dunque necessaria agli uomini per volontà manifesta di Dio?

Sicuro, essendo Maria Vergine necessaria a Dio stesso, di una necessità detta ipotetica, perché effetto della Sua Volontà, è ben più necessaria agli uomini per raggiungere il loro ultimo fine (Tr., 39); così manifestamente ci appare sia dalla suprema Condotta di Dio a suo riguardo, sia dalla molteplice missione ch’Ella ricevette a riguardo nostro.

42. Dinanzi a così manifesta volontà di Dio e a sì grande necessità di Maria per noi, quale dovrà essere la nostra risposta?

Dinanzi a così manifesta volontà di Dio e a sì grande necessità di Maria per noi, la nostra risposta non può essere che una vera devozione verso di Lei, che sia di fede e di amore provato con le opere.

Necessità di devozione a Maria

43. È dunque necessaria per gli uomini la devozione a Maria?

Evidentemente, la Vera Devozione a Maria è moralmente necessaria per gli uomini, se vogliono andar salvi, a differenza di quella agli altri Santi che è soltanto conveniente ed utile; molto più necessaria poi a coloro che sono chiamati ad una speciale perfezione; soprattutto necessaria infine nelle lotte degli ultimi tempi (Tr., 39-49).

44. Nessuno allora potrà andar salvo senza la devozione a Maria?

Nessuno potrà andar salvo senza una vera devozione a Maria, che sia almeno implicita; « le figure e le parole dell’Antico e del Nuovo Testamento lo provano, i sentimenti e gli esempi dei Santi lo confermano, la ragione e l’esperienza l’insegnano e lo dimostrano » (Ir., 41).

45. E perché la devozione a Maria è molto più necessaria a coloro che son chiamati ad una speciale perfezione?

La vera devozione a Maria è molto più necessaria a coloro che son chiamati ad una speciale perfezione:

1) perché « solo Maria trovò grazia innanzi a Dio senza aiuto di alcun’altra pura creatura, e solo per mezzo suo hanno trovato grazia davanti a Dio quanti dopo di Lei la trovarono » (Tr., 44);

2) perché soltanto Maria attira nell’anima lo Spirito Santo il Quale « vi entra con pienezza e le si comunica tanto più abbondantemente quanto maggior posto quest’anima fa alla sua Sposa » (Ir., 36).

46. E perché la devozione a Maria è necessaria soprattutto nelle lotte degli ultimi tempi?

La vera devozione a Maria è necessaria soprattutto nelle lotte degli ultimi tempi:

1) perché  Maria è la sola che saprà tener fronte all’Anticristo e ai suoi alleati (Tr.., 51-54);

2) perché è proprio negli ultimi tempi che l’Altissimo Iddio vuol formarsi, insieme con Maria, i grandi Santi che combatteranno le ultime battaglie contro il potere infernale (Tr., 47-48; 55-59).

[1 – Continua …]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/12/03/la-vera-devozione-a-maria-vergine-2/