ANNUNZIAZIONE DI MARIA
[A. Carmignola: La porta del cielo – S. E. I. ed. – Torino, 1895]
DISCORSO X
L’Annunziazione di Maria.
Il grande S. Agostino considerando la sublimità della prima pagina del Vangelo di S. Giovanni, ove è dichiarata l’eterna e inenarrabile generazione del Verbo, desiderava che una tal pagina fosse stata scolpita a lettere d’oro in tutte le chiese del mondo. Ma quella pagina così sublime ha un degnissimo riscontro in un’altra pagina del Vangelo di S. Luca, ove si narra del Divin Verbo la generazione umana, o dirò meglio in qual tempo, in qual luogo ed in qual modo il Figliuolo di Dio, che è generato dal Padre da tutta l’eternità, siasi incarnato nel seno purissimo di una Vergine per abitare in mezzo a noi. Questa pagina, che si potrebbe riguardare come la più bella tra le pagine infinite, scritte per narrare la storia umana, devesi senza dubbio riguardare come la più importante. Difatti la scena umile e sublime ad un tempo dell’Annunziazione di Maria, che ivi è narrata, è l’autentica rivelazione del più profondo consiglio della SS. Trinità, e l’avveramento di quell’unione tanto necessaria della misericordia con la verità, della giustizia con la pace, è il termine della prima alleanza ed il principio del nuovo Testamento. Le figure scompaiono per dar luogo alla realtà, le grandi profezie si adempiono, la religione assume in terra la sua forma più perfetta e Dio prendendo da Maria l’umana carne comincia a far apparire la luce, a diffondere la grazia, a portare la libertà, a vincere la morte e a donarci la vita. Ecco il complesso delle grandezze del mistero dell’Annunziazione, il primo e l’unico un po’ diffuso che il Vangelo ci presenti della vita di Maria. Noi tuttavia lasciando da parte ogni altra considerazione, ci contenteremo oggi di studiare questo mistero solo in relazione a Maria e ci adopreremo a conoscere l’infinita grandezza, che racchiude per lei:
1° Per l’onore che le vien reso.
2° Per l’ossequio che ella presta a Dio.
3° Per il ricambio che ne riceve.
I. — Pur troppo l’onore, che noi giustamente tributiamo a Maria, non solo è contestato dai poveri protestanti, ma eziandio da certi Cristiani, che, smarrita la fede, arrivano al punto di chiamare la nostra divozione per Lei follia e superstizione. Ciechi che sono! E chi dunque fu tra noi primo a darne l’esempio? Chi primo incominciò ad onorare questa Vergine Immacolata? Forse qualche femminetta, tratta dalla semplicità del suo cuore? Forse qualche tenera madre, che vedendo il suo pargoletto in pericolo si pensò d’implorare per la prima la Madre di Gesù, nella dolce illusione, che madre Ella stessa si sarebbe dato pensiero della sua materna afflizione? Forse fu un moribondo alle prese con la morte, che il primo pregò la madre del dolore ad assisterlo nell’ultima sua agonia? No; Egli è un ben più grande, un ben più alto personaggio. E quale? Un Padre della Chiesa? Un apostolo di Gesù Cristo? Un profeta inspirato dallo Spirito Santo? Più, più ancora. Egli non è già un debole mortale, un abitatore di questa terra di esilio, ma un abitatore del cielo, più che un santo Padre, più che un apostolo, più che un profeta, egli è uno di quegli spiriti beati, che veggono del continuo Iddio a faccia a faccia, una di quelle celesti intelligenze che notte e giorno ritte dinnanzi al trono del tre volte santo, cantano senza fine le sue eterne lodi. Egli è un Angelo dell’Altissimo, e non solo uno degli ordini inferiori, ma uno dei possenti capitani della milizia celeste, uno dei principi della corte del Re dei re, quegli che Iddio ha destinato ai più grandi annunzi, che cinquecento anni prima aveva ammaestrato Daniele intorno all’epoca precisa in cui nascerebbe il Messia, che da poco tempo aveva accertata a Zaccaria la nascita miracolosa del precursore di Cristo, in una parola egli è l’Arcangelo Gabriele. E in qual congiuntura questo principe degli eserciti del Signore presenta egli pel primo i suoi omaggi alla Vergine benedetta? Forse allora che ella entra trionfante nel cielo il giorno della sua gloriosa assunzione, quando le porte eternali si aprirono dinanzi a Lei come dinanzi alla Regina degli uomini e degli Angeli? No, ma allora, che Ella ancor viveva nella solitudine, ignota agli altri ed a se stessa, in una povera casa, in una città antica, sì, ma oscura e screditata. Ma forseché questo beato Arcangelo sia venuto ad onorare Maria di proprio volere o così alla ventura? No, egli viene in nome di tutti gli Angeli e gli Arcangeli; in nome di tutti i Troni e di tutte le Dominazioni, in nome di tutte le Virtù, di tutti i Principati e di tutte le Podestà, in nome di tutti i Cherubini e di tutti i Serafini. Che dico io? Egli viene in nome della santissima ed adorabile Trinità. Sì, egli è a nome di Dio e di tutta la corte celeste, che Gabriele si presenta a Maria. Fu mandato l’Angelo Gabriele da Dio, così narra S. Luca (I. 26), ad una città della Galilea chiamata Nazaret, ad una Vergine il cui nome era Maria: Missus est Angelus Gabriel a Deo, m civitatem Galilææ cui nomen Nazareth ad Virginem et nomen Virginis Maria. E finalmente come la saluta? Ecco. Ed entrato da Lei, prosegue l’evangelista, le disse: Ave, piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra tutte le donne: Ave, grafia piena, Dominus tecum, benedicta in mulieribus. « Ave » vale a dire ti riverisco, ti onoro, ti fo mille ossequi. « Piena di grazia » perché con unico privilegio fosti da Dio preservata da ogni peccato, persino dall’originale e sollevata a tale altezza di grazia da superare noi medesimi tutti. « Il Signore è teco »cioè come in nessun’altra persona per effetto di inaudita manifestazione di potenza, di sapienza, di bontà e di amore. « Benedetta fra le donne » vale a dire più benedetta di Eva innocente, di Sara, di Rebecca, di Anna, di Giuditta, di Ester, di quante grandi donne ti hanno preceduta e ti seguiranno, benedetta infine, perché tu stessa sei una benedizione, essendo che per te saranno benedette tutte quante le tribù della terra. Questo fu il saluto dell’Angelo. E dopo tutto questo vi sarà ancora chi ardisca di chiamare follia e superstizione l’onore, che noi rendiamo a Maria? Ma chi l’onora di più fra noi e Dio? Chi più la riverisce e la esalta? Riconoscendo pertanto l’onore altissimo, che Dio stesso per mezzo dell’Angelo ha reso a Maria in questo mistero della sua Annunziazione, gloriamoci di essere nel numero di coloro, che seguono un sì sublime esempio e non sia mai che lo scherno dei nostri infelici fratelli ci trattenga o ci impedisca dal rendere a Maria quegli onori, che ella si merita.
II — Il Mistero dell’Annunziazione di Maria grande anzi tutto per 1′ onore che le vien reso è grande in secondo luogo per 1’ossequio, che Ella presta a Dio. Ed invero se l’Arcangelo Gabriele è mandato a Lei da Dio medesimo non è solamente perché le faccia un onorifico saluto, ma per qualche cosa di ben più importante, per trattare cioè con Lei dell’esecuzione di quell’eterno disegno, che doveva riparare al passato, al presente, ed al futuro, fare stupire gli Angeli, gli uomini ed i demoni, consolare la terra, riaprire il cielo, e confondere l’inferno. È mandato a Lei per trattare dell’adempimento di quella promessa di misericordia, che formò l’unica speranza di Adamo e di Eva nella loro caduta, l’unico intento di tutti i desideri dei patriarchi, di tutte le predizioni dei profeti, l’aspettazione generale di tutte le genti, la gioia del cielo, il terrore dell’abisso, per trattare dell’Incarnazione del Figliuolo di Dio e della Redenzione degli uomini. Difatti a Maria, che per umiltà si turba per il suo saluto l’Angelo dice prontamente di non temere, poiché avendo trovato grazia presso Dio, ella concepirà e darà alla luce un Figlio che sarà il Salvatore del mondo. Ed a Maria, che oppone il voto di verginale purezza, col quale si è consacrata a Dio, scioglie ogni difficoltà rispondendole: « Lo Spirito Santo sopravverrà in te, e la virtù dell’Altissimo ti adombrerà: epperò quegli, che nascerà da te il Santo, sarà chiamato Figliuolo di Dio ». Ecco adunque Iddio e Maria, per così dire, faccia a faccia, cuore a cuore; da una parte Iddio, che guarda Maria e a lei si offre e cogli inviti e cogli stimoli, lasciandole tuttavia una piena libertà di accettare o no l’altissima dignità di essere Madre di Dio e per conseguenza il sublime sacrificio di cooperatore a redimere il genere umano, dall’altra parte Maria, che umiliata, attonita, raccolta sta per mandare dal cuore alle labbra la risposta, che sia più degna di Dio. Finché tace, tutto è sospeso. Alla proposta di Dio, fatta dall’Angelo, Ella può dire di sì, e può dire di no. E da questo sì e da questo no dipende tutto il compimento degli eterni consigli di Dio tutto il bene per il genere umano. Qual momento solenne e decisivo! Ah se l’umano genere sapesse che cosa succede e quali destini si trattino tra l’augusta Trinità e questa Vergine fanciulla, quale commozione lo sorprenderebbe e quali grida di supplichevole angoscia, di appassionato e ardente desiderio sfuggirebbero dalle sue viscere! O Vergine, o Donna, o sorella, tu hai nelle tue mani la nostra vita e la nostra morte, la nostra eterna felicità e la nostra disperata rovina. Tu sei adunque l’unica nostra speranza. Deh! Non ci illudere, non ci abbandonare. È vero la maternità, che t i viene offerta, ti impone carichi schiaccianti, fatiche senza pari e dolori insoffribili, ma
pure abbi pietà di noi. Di’, di’ adunque quel sì per noi indispensabile; apriti o porta del cielo; o stella del mattino brilla sul nostro orizzonte, ed annunziaci l’aurora del sole di giustizia! Così immagina S. Bernardo, che avrebbe gridato il mondo a Maria se avesse conosciuto quel che si trattava tra Dio e Lei in quell’istante. E Maria che risponderà Ella? Umile, serena, forte, soave e candida ella risponde col dire: Ecco l’ancella del Signore si faccia di me secondo la tua parola: ecce anelila Domini, fiat mihi seenndum verbum tuum. Oh risposta sopra ogni immaginazione ammirabile! Da quattro mila anni il cuore di Dio è oppresso; da quattro mila anni trattenuto dalla sua sapienzae legato dalla sua giustizia, il Signore aspettal’ora e il mezzo di avere pietà di noi e farci provare l’infinito suo amore e Maria col dire: « Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondola tua parola », pone in mano a Dio questo mezzo, e gli fa suonare quest’ora. No! giammai, né prima né dopo, né dall’uomo, né dall’Angelo, venne reso a Dio un ossequio, una gloria, una gioia più grande, perché giammai dalle sue creature venne fatto a Dio un’oblazione più grande, più libera, più totale di quella, che fece allora Maria nel pronunciare quel fiat, neldare quella risposta.
III. — Ma quale ricambio riceve Maria al suo ossequio! Non appena ella finisce di parlare che la Divinità le è sopra e la invade. In meno che il lampo squarcia la nube, lo Spirito Santo forma dal sangue di Maria un corpo umano perfetto sì animato da un’anima perfetta, creata in questo corpo dal Padre onnipotente; e il Figlio si unisce personalmente a quest’anima, che rende beata nella sua cima e a questo corpo, al quale conserva tutta la sua passibilità. Il mistero è dunque compiuto; la Vergine è madre, il Verbo è fatto carne ed abita in mezzo a noi; Dio è un uomo; un uomo è Dio. E così Iddio ha in Gesù Cristo il Figlio delle sue compiacenze ed in Maria ne ha la Figlia, la creazione ha in Gesù Cristo il suo Re ed in Maria la sua Regina, gli Angeli hanno in Gesù Cristo il loro sovrano, ed in Maria la loro sovrana, gli uomini hanno in Gesù Cristo il loro Redentore ed in Maria la loro Corredentrice, la Chiesa ha in Gesù Cristo il suo capo ed in Maria la sua protettrice, i miseri peccatori hanno in Gesù Cristo il loro avvocato ed in Maria la loro avvocata, insomma Gesù Cristo è il Figliuol di Dio ed il Figliol di Maria, Maria è la Madre di Gesù Cristo e la Madre di Dio. E qual ricambio maggiore poteva ricevere Maria dell’ossequio da lei prestato a Dio? Qual premio più grande poteva Ella toccare per l’umiltà, per la fede, per l’amore, per la conformità al divino volere, per la totale donazione di se stessa a Dio, addimostrata nella sua risposta all’Angelo? Non è egli vero insomma, che questo mistero dell’Annunziazione anche per l’ossequio che Maria presta a Dio e per il ricambio che Iddio ne fa a Maria, è per Lei un mistero sommamente grande? Ma tutto ciò, sebbene sia sempre per noi uno fra i più meravigliosi ed incomprensibili misteri, non deve tuttavia passare senza che ne abbiamo a ricavare un importante profitto. – Noi tutti, dal Papa e dal Monarca all’operaio della città e al pastore dei campi, benché esternamente di condizioni diverse ed eziandio ineguali, rimaniamo sempre uguali e simili in ciò che siam servi di Dio. Come tutti siamo fattura delle sue mani e di tutti Egli è il Fattore, perciò tutti senza distinzione di sorta gli apparteniamo e dobbiamo essere ai suoi cenni. Or bene riconoscendo questa verità, che ha da essere la legge maestra della nostra vita, noi dobbiamo eziandio essere sempre pronti a rispondere a Dio come fece la Vergine: Eccomi, si faccia di me secondo la tua parola. Signore, Voi con la vostra legge, col vostro Vangelo, con la vostra Chiesa, coi vostri ministri, con la vostra ispirazione, vi degnate di farmi sentire la vostra parola; ebbene si faccia di me, come Voi avete detto. Voi mi dite che io preghi, ed io pregherò; Voi mi dite che io lavori ed io lavorerò, Voi mi dite che io combatta ed io prenderò le armi somministratemi dalla vostra grazia e combatterò; Voi mi dite che io soffra e sebbene ciò mi costi sacrificio, dirò tuttavia: Eccomi, o Signore, son qua per bere il calice del dolore, per portare la croce della tribolazione. E quando infine voi mi direte, che io mi disponga a lasciare il mondo per entrare nel seno dell’eternità ed io vincendo tutte le ripugnanze della inferma natura mi disporrò. Sarà l’ultimo « eccomi » che io pronuncerò, sarà l’ultima oblazione, che io vi farò, dietro alla quale verrà il vostro ricambio, la vostra mercede ed oh quale mercede! quella stessa che è toccata alla Vergine, poiché voi l’avete solennemente giurato e il vostro giuramento non verrà meno in eterno: Ego… merces tua magna nimis(Gen. XV, 10). – Io, io stesso sarò la tua eterna ricompensa. Oh noi felici se ai voleri di Dio daremo sempre questa risposta. E sull’esempio di Maria e per amor di Maria noi la daremo senza dubbio, sicché l’anima nostra d’ora innanzi non ripeterà più altro a Dio che questo cantico: Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola: Ecce ancilla Domini, fiat mini secundum verbum tuum!
Esempio e preghiera.
Quella illustre Compagnia di Gesù, che rese mai sempre alla Chiesa tanto segnalati servizi, può ben a ragione ricordare la sua prima origine in quel giorno, che la Chiesa consacra ogni anno a ricordare il mistero dell’Annunziazione di Maria. S. Ignazio di Loyola fin dai più teneri anni aveva sentito desiderio di acquistar fama e gloria, poi si era dato alla milizia, aveva mostrato valore; ma pur troppo aveva ceduto al giogo della schiavitù dei vizi. Pur non tralasciava di praticare certe sue divozioni a Maria Santissima ed al principe degli Apostoli S. Pietro. Intanto nella carriera militare saliva di grado in grado, sino a che gli fu assegnato un posto assai onorevole per sostenere l’assedio di Pamplona contro le soldatesche Francesi di Francesco I. Ma né il valor delle milizie Spagnole, né il coraggio di Ignazio valse a sorreggere quella città e fortezza; e Ignazio, che si esponeva ai più ardui rischi, ebbe ferita la gamba sinistra da alcune scaglie di pietra e fracassata la destra da una palla. In tale stato fu dapprima recato al quartiere generale dei Francesi, fu medicato e poi trasportato a Loyola; ma le ferite parevano minacciar cancrena e si temé fortemente pe’ suoi giorni. Senonché la notte della festa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo provò un mirabile miglioramento, il che si ebbe per una grazia del Principe degli Apostoli. Quindi volle sottomettersi al taglio di un nodo osseo, che nella cura si era formato sopra il ginocchio destro e lo rendeva deforme; la quale operazione lo trattenne sebbene quasi sano nel resto della persona, lungamente a letto. Per passare il tempo, chiese che gli si portasse un romanzo o qualche narrazione cavalleresca; ma buon per luì, che in casa sua non si trovavano cotali libri! Sì che gli si recarono la vita di Gesù Cristo e le vite dei Santi. Ma Ignazio preso affetto a questa lettura si trovò mutato in un altro da quello che era; non più stimava la gloria mondana, ma anzi reputava indegni di un giovane Cristiano i mondani affetti: insomma aveva risoluto di farsi santo. Appena guarito sparì di Loyola, andò al famoso santuario della Vergine di Monserrato per ringraziarla di quel benefizio, che da Lei massimamente riconosceva. Ed ivi fatta la confessione generale delle sue colpe e ricevuto Gesù nella Santa Comunione, per pegno di addio al mondo appese la sua spada dinanzi all’immagine di Maria. Or bene quello era il giorno 25 Marzo del 1522, sacro all’Annunziazione di Lei. Dopo quel giorno il giovane Ignazio, che aveva corrisposto prontamente ed esattamente alla volontà di Dio, visse veramente da santo e fondata poscia la Compagnia di Gesù, operò mirabili cose per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Oh grazie veramente magnifiche, che suol fare la Vergine nei giorni a Lei consacrati! Ma e questo mese non è tutto sacro a Maria? Or dunque, per quanto gravi siano le nostre necessità, in questo mese rivolgiamoci con fiducia a Maria e dessa farà sentire anche sopra di noi la sua ammirabile bontà e potenza. A Voi dunque, o Santissima Vergine, noi ricorriamo pieni di speranza in questi bei giorni per implorare il vostro santo aiuto, e per essere ognor più certi di ottenerlo vi facciano oggi con maggior riverenza il saluto, che l’Angelo vi fece in quel giorno che vi annunziò l’Incarnazione del Verbo, e vi diremo perciò: Iddio ti s alvi, o Maria piena di grazia, il Signore è teco e Tu sei benedetta fra tutte le donne:
Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedieta tu in mulieribus.