LO SCUDO DELLA FEDE (254)

LO SCUDO DELLA FEDE (254)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (23)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

LA PARTECIPAZIONE

ossia la Comunione Divina.

ART.  II.

L’Orazione: Corpus Domini, etc.

L’ATTO DI AMORE.

« Il Corpo del Signore nostro Gesù Cristo custodisca l’anima mia in vita eterna. »

Spiegazione dell’orazione Corpus Domini.

L’anima finalmente si dà vinta all’amor di Dio, il suo Dio l’occupa tutta, dimentica la sua miseria, gettasi fra le braccia del suo Gesù: « o buon Gesù, o buon Gesù, o mio Dio, deh! la Divinità vostra, ovunque presente, accolga in me la vostra Persona divina: festeggiatevi, amatevi in me medesimo; io vi ricevo. Il vostro Corpo mi custodisca a vita eterna. Sì, lo spirito è, che vivifica: e ricevendovi m’incorporerò e mi trasmuterò in amore ed unità del vostro Spirito, o Gesù mio! (De Imit. Chr. lib. 4.) Eccomi sono a Voi; in Voi è riposto tutto, che io mi sappia e convengami desiderare. Signore Gesù Cristo, consolate l’anima del vostro servo, che oramai non può più vivere senza di Voi. Datemi Voi stesso; e mi basta. Oh! chi mi concede, che io ritrovi Voi solo, e a Voi apra il mio cuore, e come è desiderio dell’anima mia, io goda di Voi: e già nessuno mi signoreggi più, né creatura mi muova, né guardi a me; ma Voi solo mi guardiate come l’amico, come l’amante tratta l’amato suo! Questo Vi prego, questo desidero, di trasformarmi tutto in Voi, il mio cuore divellere da ogni cosa creata. Ah! Signore, quando sarò tutto unito a Voi, e in Voi assorto, e di me medesimo affatto dimentico! Veramente Voi siete il mio eletto fra mille, nel quale si diletta di stare l’anima mia in tutti i giorni della sua vita; ah! non solo in questa, ma nell’eternità. Veramente siete il mio pacificatore, nel quale è somma pace e vero riposo; e fuori di Voi travaglio, dolore e miseria infinita. » – « Possiedo Voi tutto interamente, Voi, mio Dio! Oh! qual creatura avete Voi avuto sì cara come l’anima, a cui Voi Vi comunicate, per pascerla di vostra Carne? Signore, prendetevi tutto intiero il mio cuore, e con Voi stringetelo intimamente. L’anima mia con Voi sia unita: allora si scuoteranno di giubilo le viscere mie; e se volete esser con me, io voglio esser con Voi ; questo è il mio desiderio, esser con Voi, ora, nel tempo, e per tutta l’eternità. Al paradiso adunque con Voi, o mio Gesù. » « Oh grazia da non potersi spiegare in parole! Oh ammirabile degnazione! Oh sviscerato amore in singolar maniera portato all’uomo! Ma che renderò io al Signore per grazia tale, per carità sì eccellente? Io non ho cosa, che Vi sappia donare, la quale più Vi possa essere a grado, fuorché ricevere il calice del Vostro Sangue. (De imit. Chri.) »

(Qui prende in mano il calice santissimo, e dice l’orazione seguente nell’atto dell’assunzione del santissimo Sangue.)

Orazione: Quid retribuam.

« Che cosa retribuirò io al Signore per tutto che Egli mi ha retribuito? Prenderò il calice della salute, ed invocherò il nome di Dio. Lodandolo invocherò il Signore, e sarò salvo da’ miei nemici. »

Esposizione.

« Che cosa retribuirò io al Signore per tutto che mi ha retribuito? » Col cuore così pieno di Dio, l’anima sente confusa che né tenerezza, nè gratitudine, nè tutti gli affetti umani non valgono a pezza a render merito e grazie, che degne siano. E che si debbe mai o potrà fare? Il Sacerdote nel bisogno di sfogargli in seno, se non le dovute grazie, almeno la nostra buona volontà, di essere infinitamente gratissimi, cerca collo sguardo se vi è chi lo intenda e l’aiuti in quel santissimo ufficio; ed oh! ha innanzi il calice del Sangue di Gesù Cristo: e sa, che Egli volle, che questo mistero d’amore sia eucaristico , cioè tutto fatto per ringraziare Dio di tutta sua bontà. Tremante d’amore, con tenerezza infinita, stringe subito fra le mani quel calice, e se lo pone in seno, dicendo col santo Profeta:

« Prenderò il calice della salute, ed invocherò il Nome di Dio. Chiamerò il mio Gesù a scendere dentro di me, e col mio a mischiare il suo Sangue SS., di questo riempirmi il cuore, sicché non d’altro palpiti che di gratitudine, e non per altro viva, che per rendergli grazie: e così Dio ringrazi Dio divinamente per sempre! » « Lodando invocherò il Signore. » – « Ah mio Signore (dobbiamo continuare col Sacerdote), troppo bene l’avete adempiuta la vostra promessa, di volere inebriare l’anime nostre ed il vostro popolo coll’abbondanza dei vostri doni (lerem. XXXI, 14). » Vi loderò sempre, sempre mi vi riposerò sul petto, a Voi tutto abbandonato. Ben sapendo che siete Voi il Signore onnipotente, tenendomi stretto a Voi v’ invocherò ad ogni istante, e da’ miei nemici andrò salvo sicuramente. Metterò la bocca al vostro Costato: e berrò io adunque il vostro Sangue? Ah! questo Sangue mi trasfonderà nelle vene quel sangue apostolico e sacerdotale, cristiano colle vostre virtù, eredità di eroi, per combattere colla forza della vostra Divinità i miei nemici. Ah! sorgano pure questi, e mi serrino intorno; io ho con me il Signore ! nelle loro battaglie otterrò salute e trionfo. »

(Prende qui il calice colla mano destra, fa con esso il segno di croce innanzi al petto, e dice):

Orazione: Sanguis.

« Il Sangue di Gesù Cristo Signor nostro custodisca l’anima mia nella vita eterna. »

Esposizione.

Egli segna di croce la persona sua, col Sangue di Gesù Cristo fra le mani, quasi per bagnarsi di quel Sangue divino le membra: anzi quasi volesse rinnovellare sopra delle sue membra le sacre stimmate del crocifisso suo Signore. Lo tiene un istante sollevato dinanzi, in atto di esclamare contemplandolo: « o Sangue divino, deh! scendi giù a mischiarti col sangue del povero uomo: e allora i palpiti del suo cuore pieno di questo Sangue saranno tanti slanci verso del Paradiso, dove finalmente vivremo eterna vita nel mio Dio.» – Beve il SS. Sangue, assumendo con esso anche il SS. Corpo, unito, come abbiamo detto, nel mistero della Risurrezione.

ART. IV.

Comunione del popolo.

Dio buono, a qual prodigio abbiamo noi assistito! Eh! si poteva, lo dobbiam dire ancora, si poteva immaginare un si grande miracolo di bontà di Dio? Dio si è abbassato all’uomo, l’uomo fu assorto in Dio. Così Gesù santissimo ci compenetra, e s’incorpora nelle nostre membra, mette in esse un’impressione delle sue piaghe, e sparge in noi l’unzione della Divinità. Colla bocca rosseggiante di Sangue divino, con l’anima in Dio rapita, e col cuor palpitante sul Cuore del Salvatore glorioso, appunto appunto noi non possiamo a meno che ricercargli ad una ad una le Piaghe sante! -;Ci si perdoni qui, se noi dimentichiamo l’ordine della santa azione. Il cuore colla potenza d’amore si slancia là, dove trova più tenero pascolo! E chi può frenare il cuore nei suoi impeti santi? Con in seno Gesù noi corriamo subito alla Madre del bell’amore perché ci aiuti nell’amarlo, come Ella sa troppo ben fare. Ora che faceva Maria? Povera Madre! si getta per terra sui sassi sotto la croce tutti bagnati del Sangue del Figliuol suo divino: e riceve Gesù morto, tutto straziato fra le sue braccia: lo stringe sul petto: e gli ripassa ad una ad una le piaghe. Par di vederla! con una mano a sollevargli i capelli tutti grommati di Sangue intorno al capo, e contandogli i fori delle spine: « Oh mio Gesù, esclamare, quante ferite han fatto quelle crude spine! Oh! ma queste ferite sono tante bocche, che gridano misericordia pei nostri figli. » Maria gli cercava le mani e i piedi e Maddalena doveva allora tentare di nasconderle, e dire col pianto: oh! non guardatele, o Madre, è troppo lo strazio !… E Maria: « lascia fare, son la sua Madre! » Nel veder quei piedi orribilmente squarciati diceva con gemito: « ma si avvieranno in Paradiso tanti che s’andavan perduti! » Maria pigliava tra le sue’ l’una mano santissima, e cogli occhi tutti in quella piaga e con ansioso lamento: « oh mio Gesù, prorompeva, che largo squarcio vi han fatto quei chiodi! » E ponendosela sul cuore, « questa, diceva, mi condurrà i figli dei nostri dolori in seno a Dio. » Maria prendeva l’altra mano trafitta, e ponendo la santa bocca su quella larghissima piaga: « salvatemeli tutti. » diceva gemendo, a grosse lagrime intanto le piovevano dagli occhi sulle piaghe immobili, Maria allargava il Costato, guardandovi dentro nella ferita. «Ah che largo squarcio vi ha fatto la lancia! oh Cuor mio, come vi vedo dentro! gemete Sangue ancora! »… e colla bocca convulsa sopra il Costato, versava dentro tutto il suo cuore: « e qui, qui, sclamava singhiozzando, qui metterò l’anime degli agonizzanti, che spirando con Voi o Gesù mi chiameran ad -aiutarle! E le porteremo in paradiso ….. » Maria… Ma baciamo col cuore in braccio a Maria le piaghe a Gesù, e diciamo: « O Gesù; io vi bacio il vostro Capo traforato di spine, e vi prometto sopra esso che appena mi verrà un brutto pensiero, griderò subito: Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia. O Gesù, io vi bacio i vostri Occhi grommati di Sangue per le cattive occhiate, la vostra bocca pesta di pugni per le bestemmie, piena di Sangue per i cattivi discorsi: e appena sarò tentato di occhiata, di parola cattiva, griderò subito): Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia! O Gesù, io vi bacio i vostri Piedi squarciati per le disobbedienze e per le «cattive occasioni; io vi prometto che quando sarò tentato di disobbedire, o di andare con persone e in occasioni pericolose, di andare a perdermi lontano da Voi, griderò subito: Gesù e Maria, vi raccomando l’ anima mia! O Gesù, io vi bacio il vostro Cuore lacerato; e Vi prometto che quando sarò affranto dai travagli, e non potrò più della vita, e nelle tentazioni più forti, farò la Comunione spirituale; mi getterò in braccio a Voi, o Gesù, appiè di Voi, o Maria: Io farò fino all’agonia, spirando in comunione spirituale nel vostro Costato tra le braccia a Voi, o Maria! » – Sì: abbiamo voluto fermarci in questo sfogo di pietà: perché sono diciotto secoli, che anime generose rispondono di atti eroici di virtù ad ogni piaga di Gesù; ed è nella Messa che vi depongono sopra di essa i più generosi proponimenti. – Comprendiamo anche che il Sacerdote, come l’Apostolo della carità, il tenero Giovanni, appresso appresso al Cuor di Maria addolorata, pigli sul Gesù la virtù di rigenerare figliuoli al cielo nel ministero dei Sacramenti. e come ne è cooperatore nel Sacrificio, così ne diventa poi delle anime Eccolo, eccolo quest’uom di Dio, che si rivolge al popolo, mostra sul petto sollevato il Santissimo, e dice: « Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo tutto. » Oh! bontà di Dio, pare voglia esclamare: Figliuoli, quanto è beata la nostra sorte; guardate qui! Iddio è nelle nostre mani, vedetelo; Egli è l’agnello che toglie tutti i peccati!… Ecco è Dio che viene a noi; umiliatevi, troppo vi è ragione di farlo, e dite pure che non siete degni, Domine, non sum dignus! umiliatevi ancora: Domine, non sum dignus! ma fatevi presso, non esitate, non vi ritirate per pietà; qui, qui, i miei figliuoli! O Signore, non siamo degni: Domine, non sum dignus! … Ma è il Corpo di Gesù Salvatore cotesto!… Ricevetelo, perché mira a questo fine il santo mistero di tutta la Redenzione, a venire cioè Dio Redentore in voi per portarvi seco in Paradiso. Ecco il fine della vita dei figliuoli di Dio, unirsi qui con Gesù, affine di essergli per sempre uniti a dar gloria a Dio in Paradiso. Adunque: « Il Corpo di Gesù Cristo custodisca l’anima vostra a vita eterna. » – Questo pensiero vale bene per tutto, affine di far vivere in modo i fedeli, da poter ricevere tutti i giorni il divin Redentore, come espresse il desiderio della Chiesa nel Concilio di Trento (Sess. 22, cap. 6.). Sicché il maggior castigo per i fedeli dovrebbe essere l’andarne privi per alcuni dì; per non esser ben disposti a poterlo fare (Imit. Chr., lib. 4.). Questo pensiero, più che tutto, dovrebbe animare i Sacerdoti a spendere ogni più cura, e fare della propria vita l’occupazione più cara nel preparare i fedeli, e condurli seco a questa Comunione ammiranda. Questa é la felicità del lor ministero: essere assunti in Dio, e dal seno a Dio ministrare le divine cose ai loro figliuoli (Heb. V,1). Destinati, i Sacerdoti ad ardere continuamente colle canoniche preci, come i Cherubini in cielo i loro incensi intorno a Gesù, che ci degna di sua presenza, questi uomini del Signore, amici del Dio vivente, ministri delle sue misericordie, angeli del nuovo Testamento, sposi della Divinità, che portano Cristo continuamente nel proprio petto, possono vivere nel mondo; ma saran collo spirito sempre nei tabernacoli del Signore. Devono conversare cogli uomini, coi quali camminano di conserva per compiere questo peregrinaggio; ma il cuor loro è là fisso, dove è tutto il tesoro. Partecipi dei disegni di Dio, essi hanno la missione degli Angioli custodi di accompagnare i fedeli, di salvarli dai pericoli e condurli a Dio. Né possono fare altrimenti, quando tutte le mattine, posando il capo sul Petto di Gesù, s’innebrian di carità al suo Costato. Ecco scendono giù dall’altare e corrono, come i buoni servi dell’Evangelo, in cerca dappertutto dei fedeli, e pregarli, eccitarli, fare istanza, sino all’importunità (2 Tim. IV,2) per fare ogni modo di obbligarli ad entrare al Convitto, perché partecipino di tanta beatitudine, tutti (Luc. XIV, 23), tutti i giorni, se lo potessero. E i fedeli?… O buon Gesù, non sapeste almeno con quale indifferenza ricevono i vostri inviti!… Eh! rispondono essi, che hanno i campi da coltivare, interessi da custodire, sposalizi e famiglie, a cui non possono togliere né anche un minuzzolo di tempo: né hanno voglia di donarsi per poco a Voi, a cui devono tutto! Se pure non rispondono di peggio, e la perdonano a chi ardisce venire ad essi cogli inviti divini a disturbarli di mezzo ai piaceri, che vogliono del miglior cuore godere (Luc. XIV). – Quindi il Sacerdote già si rivolgeva per dare nella santa Messa in comunione Iddio; ma ohimè! ora mai non vi è più chi ricevere lo voglia; tanto gli uomini sono sconoscenti! Il povero Sacerdote confuso e mortificato, che dovrà fare? Deh! esso almeno con quelle poche anime buone, che il Signore si conserva anche nei più poveri tempi si rivolga a far provare a Gesù, che vi è ancora sulla terra qualche cuore, che, si, lo sa amare teneramente! Essi si stringano al cuore Gesù con carità tenerissima, e lo preghino di perdonare a cotesti infelicissimi.

ORAZIONE DELLA PURIFICAZIONE,

Colle orazioni: Quod ore sumpsimus, et Corpus tuum, che darem tradotte nella spiegazione, il Sacerdote con ogni più fina cura, con tutto il cuor negli occhi e nelle mani, raccoglie i frammenti; e nell’atto di purificare il calice esclama in segreto a nome di tutti: « Quello che abbiamo ricevuto colla bocca, o Signore, concedeteci, di grazia che lo riceviamo anche collo spirito: e che, da questo dono che ci fate nel tempo, sempiterno rimedio noi riceviamo. » Intanto riceve nel calice un po’ di vino, con cui lo asterge. Di poi tenendo stretto al cuore Gesù, come si usa con persona carissima, a noi venuta, gli fa istanza a non volerlo più abbandonare, neppure colla reale sua presenza, e gli va dicendo: « il corpo vostro, che ho ricevuto, ed il vostro Sangue, che ho bevuto, compenetri le viscere mie, che così più non rimanga macchia di colpa in me, ricreato che sono da così puri e santi sacramenti. » E termina la preghiera rammentandogli che, essendo divenuto suo membro, ha un certo quale diritto di restar sempre con Lui, che vive e regna per tutti i secoli.

ART. V.

CONCLUSIONE DELLA SECONDA PARTE.

Deh! ci si permetta ancora uno sguardo sopra questo cumulo di misteriose maraviglie, in cui tutto, sì, tutto veramente è consumato! Questa è la vera magione del Padre celeste: e qui si rende immagine della città eterna descritta (Apoc. VI,9) da s. Giovanni. In mezzo alla Basilica, in fondo all’abside, ecco nel pontefice, o celebrante, quella figura umana, in cui Dio apparve al rapito Evangelista: nei preti i seniori, che genuflettono in adorazione: non vi mancano i candelabri ardenti, e i simbolici animali, e le coppe dei profumi, e l’Agnello… sì,l’Agnello divino, splendore del paradiso, in mezzo anche qui sull’altare! .. Altare di Dio santissimo! racchiude i santi corpi degli uccisi per la testimonianza resa al Verbo di Dio; mentre le anime beate di loro contemplano dal cielo. Sopra quelle vittime di trionfanti si posa il Salvatore che per tutti patì: e stanno a Lui d’intorno quelli, i quali per la passione di Lui sono redenti. Intanto già in Paradiso fu data una stola bianca a ciascuno, e fu detto loro di cantar l’Alleluia, e di darsi pace ancora per poco, fino a tanto che sia compiuto il numero dei conservi. Ora qui il buon padre di famiglia (Aug. serm. II de san. S. Giust. mur. 11; 4.) aduna i figli intorno alla mensa, ed aspetta che giungano tutti per la refezione comune. In questa dà il pegno di resurrezione anche dei corpi; nella quale sarà data anche un’altra stola, di che risplenderanno nell’eternità. Noi in questo tremendo istante e beatissimo, col cuore che palpita in Gesù Cristo, sublimati in tanta contemplazione, cerchiamo, se ci è dato, di comprendere la somma dei misteri, che nell’azione sacrosanta si sono compiuti, per più vivamente animarci al tenerissimo ringraziamento. Ecco in compendio tutto nel canone. Nella santa Messa si adora, si placa, si supplica, si ringrazia il Signore: perché sono questi i quattro fini, per cui si offerisce il gran Sacrificio. Ora noi crediamo di scorgere alla meglio questi quattro atti particolari nelle seguenti orazioni:

1° L’adorazione, nella quarta orazione del Canone, che consta di queste quattro parti:

Haec quotiescumque ecc.

Unde memores ecc.

Supra quae ecc.

Supplices te rogamus. ecc.

Qui secondo il volere di Dio preparata la vittima (Haec quotiescumque), con questo spettacolo divino dinanzi al cielo ed alla terra, nei misteri che si vanno misticamente rinnovando, della passione, risurrezione ed ascensione, se ne fa l’offerta solenne (nell’ oraz. Unde memores ). In essa tutte le promesse e le figure hanno compimento in modo degno di Dio (nell’ oraz. Supra quae). Il gran Pontefice eterno penetra a presentarla nel più alto dei cieli: e noi gli teniamo appresso coi cuori aperti, colle anime aspettanti la grazia, a cui ci acquista merito (nell’oraz. Supplices te rogamus). E qui al grande uopo dal Sacerdote si segna la croce sulla vittima, e dalla vittima, diremmo si deriva la croce sopra di noi per presentarci coperti delle Piaghe di Gesù Cristo a supplicare propiziazione.

2° La propiziazione si chiede nella quinta orazione del Canone, la quale consta del Memento ecc.

Nobis quoque peccatoribus ecc. Per quem omnia ecc. Per ipsum. ecc. cioè nella seconda parte del Canone. In questa parte il Redentore, raccolti intorno a Sè sotto la croce tutti i figli del suo Sangue, dà soddisfazione per tutti: per le anime del Purgatorio, per cui si chiede la pace eterna (nel Memento): poi peccatori per cui si domanda una parte di paradiso (nel Nobis quoque peccatoribus): Poi si stende l’influsso del divin sacrificio a tutte le creature (nel Per quem omnia). Finalmente, per usare l’espressione di san Bernardo, se santissimo e purissimo è Dio e troppo impuri e miserabili siamo noi, attaccandoci a Gesù Cristo, che ora penetra nel santuario celeste, noi troviamo in cielo la redenzione in esso (nel Per Ipsum). Di fatto abbiamo osservato, come col Corpo SS. fra le mani sollevato, a nome di tutti si dica dal celebrante: Per esso: cioè per Gesù così sacrificato non vi ha genere di riparazione che non si adempia: per Esso l’eternità di Dio onorata, la santità riverita, riconosciuta la sua giustizia, l’immensità divina dappertutto adorata. Finalmente assecondata la sua misericordia. Poiché coi peccati si fece un gran torto a Dio impedendo di usarla a tutti come vorrebbe la sua infinita bontà. Si dice con Esso; perché sì veramente qui tutto dai fedeli in unione con Gesù si eseguisce. Sì col Sacerdote alziamo gli occhi, e stendiamo le mani, e con Gesù, Pontefice e Vittima nostra: sospiriamo al Padre dal mistico Calvario: con Gesù allarghiamo le braccia vermiglie del Sangue divino: con Gesù imploriamo clemenza, mettendo innanzi al Padre l’immagine di quella orribile tristezza di sentirci quasi dal Padre abbandonati. Diciamo ancora: in Esso: perché troviamo la santità, e il fervore che ci manca, in Esso; come in Esso avremo la salute e la gloria. Poiché placato il Padre, lo Spirito Santo, Amor Sostanziale che unisce il Padre e il Figlio, perfezionerà l’opera della carità coll’unirci in Paradiso a cantare l’inno immortale 30 all’Eterno che ci redense.

3° L’ impetrazione delle grazie è nel Pater noster ecc., e nel Libera nos ecc. e nella preghiera della pace.

Come abbiamo osservato, Gesù in sacrificio, e noi, attaccatici a Gesù, ci slanciamo con Lui in seno al Padre: gli chiediamo la sua gloria, il suo regno, la sua giustizia, e per noi tutti i beni e la liberazione di tutti i mali (nel Pater noster, e nel Libera nos). Qui il Signore ci apre i tesori della bontà del suo Cuore divinamente paterno. Per compiere il misterioso sfogo della bontà divina, per la formazione della Chiesa versa dal Cuore aperto il Sangue, diremo, più vitale misto all’acqua, sopra di noi e in Lui nel bacio santo conglutinati della carità in Dio vivremo eternamente beati. (Vedansi Pax Domini ecc.: Haec commixtio ecc.) (Questo è il Canone della Chiesa Romana, come dalla madre di tutte le chiese dell’orbe fu ricevuto. Per questo troviamo in esso, massime nell’orazione Communicantes, i nomi dei Santi specialmente venerati in Roma – Card. Bona Iter. liturg. lib. 2, c. 17, n. 5.).

4° Il Ringraziamento, per compiere il quale noi ci abbracciamo a Gesù nella Comunione. Ah! qui noi allora unificati in Gesù Cristo ci gettiamo fra le braccia del Padre divino, rosseggianti del Sangue del suo Figlio, col calice in mano per ringraziarlo. Pretendiamo noi forse di avere compreso l’ordine degli altissimi misteri? Ah no! siamo troppo poveri di spirito. Resteremo col volto nella polvere ai piedi del santo Monte; mentre più pure anime e più sciolte dai legami terreni , salirono più in alto a contemplare da vicino il Roveto, che sempre arde e non mai si consuma. Noi qui anche ci consoliamo dal conforto di tanti Vescovi, i quali il Signore pose a reggere la sua Chiesa. Essi ci vanno assicurando che questo nostro lavoro, interpreta le intenzioni di nostra Madre, e riesce al bene dei nostri fratelli. Si vedano in parte le approvazioni al principio di questo Volume. – Vogliamo aggiungere coi palpiti della più viva consolazione l’approvazione che in modo privato ci mandò il SS. Papa Pio IX per mezzo di S. E. Mons. Sallua Arcivescovo di Calcedonia e Commissario Generale del S. Officio: mandandoci poi con grandissima degnazione una Medaglia d’oro, per mano del nostro Vescovo Mons. Sallua degnossi di scriverci che a questo nostro Libro è come tutto scritto col caldo Sangue di Gesù Cristo.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (23): il CONCILIO DI TRENTO “Sess. III-VI”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (22)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Il Concilio di Trento: Sess. I. – VI)

CONCILIO DI TRENTO (19° ecumenico)

13 Dicembre 1545 – 4 dicembre 1563.

1° periodo di Trento: 1ª – 8ª sessione – dicembre 1545 – 1547 Periodo di Bologna: 9ª e 10ª sessione: marzo 1547 (febbraio 1548) – settembre 1549 2° periodo di Trento: 11ª – 16ª sessione: maggio 1551 – aprile 1552 3° periodo di Trento: 17ª – 25ª sessione: gennaio 1562 – dicembre 1563

3a Sessione 4 febbraio 1546 – Decreto sul Simbolo della fede

1500. Questo santo Concilio ecumenico e generale di Trento, giustamente riunito nello Spirito Santo, sotto la presidenza dei tre legati della Sede Apostolica, e considerata l’importanza delle questioni da trattare, specialmente quelle comprese sotto i titoli dell’estirpazione delle eresie e della riforma dei costumi, motivi principali della riunione, . . ha ritenuto necessario esprimere il Simbolo di fede utilizzato dalla Santa Chiesa Romana come il principio in cui tutti coloro che professano la fede di Cristo si riuniscono necessariamente, e l’unico fondamento contro il quale le porte dell’inferno non prevarranno mai (Mt XVI, 18), usando le parole con cui viene detto in tutte le chiese. (segue il Simbolo di Nicea-Costantinopoli (cf. 150).

4a Sessione: 8 aprile 1546

1501. Il Santo Concilio Ecumenico e Generale di Trento, legittimamente riunito nello Spirito Santo, … ha sempre davanti agli occhi lo scopo, nel sopprimere gli errori, di conservare nella Chiesa la purezza stessa del Vangelo, che, promesso in precedenza dai Profeti nelle sacre Scritture, fu promulgato per la prima volta dalla bocca stessa di nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, il quale poi comandò che fosse predicato ad ogni creatura dai suoi Apostoli come fonte di ogni verità salvifica e di ogni regola morale (Mt XVI, 15). Vede anche chiaramente che questa verità e queste regole siano contenute nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte che, ricevute dagli Apostoli dalla bocca di Cristo stesso o trasmesse per così dire di mano in mano dagli Apostoli sotto la dettatura dello Spirito Santo, sono giunte fino a noi. Per questo motivo, seguendo l’esempio dei Padri ortodossi, lo stesso santo Concilio riceve e venera con lo stesso sentimento di pietà e lo stesso rispetto tutti i libri sia dell’Antico Testamento che del Nuovo Testamento, poiché Dio è l’Autore unico di entrambi, così come le tradizioni stesse riguardanti sia la fede che la morale, in quanto provenienti dalla bocca di Cristo o dettate dallo Spirito Santo e conservate nella Chiesa Cattolica da una successione continua. Ha ritenuto opportuno allegare a questo decreto un elenco dei libri sacri, affinché non sorga alcun dubbio su quali libri siano stati ricevuti dal Concilio. Questi libri sono menzionati qui di seguito.

1502. Dall’Antico Testamento cinque libri di Mosè, cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; i libri di Giosuè, Giudici, Rut, i quattro libri dei Re, i due libri dei Paralipomeni, il primo libro di Esdra e il secondo, detto di Neemia, Tobit, Giuditta, Ester, Giobbe, il Salterio di Davide comprendente centocinquanta salmi, Proverbi, Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici, Sapienza, Ecclesiastico, Isaia, Geremia con Baruc, Ezechiele, Daniele, i dodici Profeti minori, cioè Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia, i due libri dei Maccabei, il primo e il secondo.

1503. Nuovo Testamento: i quattro Vangeli, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni; gli Atti degli Apostoli scritti dall’Evangelista Luca; le quattordici epistole dell’Apostolo Paolo, ai Romani, due ai Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, due a Timoteo, una a Tito, Filemone, agli Ebrei, due dell’Apostolo Pietro, tre dell’Apostolo Giovanni, una dell’Apostolo Giacomo, una dell’Apostolo Giuda e l’Apocalisse dell’Apostolo Giovanni.

1504. Se qualcuno non accetta questi libri come sacri e canonici nella loro interezza, con tutte le loro parti, come si leggono abitualmente nella Chiesa cattolica e come si trovano nell’antica edizione della Vulgata latina; se ignora consapevolmente e intenzionalmente le tradizioni suddette, sia anatema.

1505. Tutti comprendano quindi l’ordine e il percorso che il Concilio seguirà, dopo aver posto le basi della confessione di fede, e soprattutto le testimonianze ed i supporti che utilizzerà per confermare i dogmi e ristabilire la morale nella Chiesa.

b) Decreto sull’edizione della Vulgata e sul modo di interpretare le Sacre Scritture.

Interpretazione delle Sacre Scritture

1506. Inoltre, lo stesso santo Concilio ritenne che potesse essere di grande utilità per la Chiesa di Dio sapere quale di tutte le edizioni latine dei libri sacri in circolazione dovesse essere considerata autentica: perciò stabilisce e dichiara che l’antica edizione della Vulgata, approvata nella Chiesa stessa da un lungo uso di tanti secoli, sia ritenuta autentica nelle lezioni pubbliche, nelle discussioni, nella predicazione e nelle spiegazioni, e che nessuno abbia l’audacia o la presunzione di rifiutarla con qualsiasi pretesto (3825).

1507. Inoltre, per frenare le menti indisciplinate. stabilisce che nessuno, in materia di fede o di morale che riguarda l’edificio della fede cristiana, osi, sulla base di un solo giudizio, interpretare la Sacra Scrittura in modo tale da deviarla verso il suo significato personale, andando contro il significato tenuto e tuttora tenuto dalla nostra santa Madre Chiesa, alla quale spetta giudicare il vero significato e l’interpretazione della Sacra Scrittura, o andando contro il consenso unanime dei Padri, anche se interpretazioni di questo tipo non dovessero mai essere pubblicate…

1508. Ma il santo Concilio vuole anche, come è giusto, imporre una regola in questo campo ai tipografi… perciò decreta e regola che d’ora in poi la Sacra Scrittura, specialmente questa antica edizione della Vulgata, sia stampata il più correttamente possibile; che a nessuno sia permesso di stampare o far stampare alcun libro che tratti di argomenti sacri senza il nome dell’autore, né di venderlo in futuro o di tenerlo in casa, se questi libri non siano stati prima esaminati e approvati dall’Ordinario…

5a Sessione, 17 giugno 1546: decreto sul peccato originale.

1510. Affinché la nostra fede cattolica, “senza la quale è impossibile piacere a Dio” (Eb XI,6), una volta liberata dagli errori, rimanga intatta nella sua purezza, e affinché il popolo cristiano non sia “trascinato da ogni vento di dottrina” (Ef IV, 14) – poiché il serpente antico (Ap XII,9 – Ap XX,2), il perpetuatore del peccato originale, è stato il primo ad essere portato via da Dio, (Ap XX, 2), nemico perenne del genere umano, tra i tanti mali che affliggono la Chiesa di Dio ai nostri giorni, ha dato origine non solo a nuove dispute sul peccato originale e sul suo rimedio, ma anche a vecchie dispute – il Santo Concilio Ecumenico e Generale di Trento. … vuole impegnarsi a riportare indietro coloro che stanno vagando e a rafforzare coloro che stanno vacillando. Pertanto, in base alla testimonianza delle Sacre Scritture, dei Santi Padri e dei Concili più approvati, nonché al giudizio e all’accordo della Chiesa stessa, esso stabilisce, confessa e dichiara quanto segue sul tema del peccato originale.

1511. 1. Se qualcuno non confessa che il primo uomo, Adamo, avendo trasgredito il comandamento di Dio nel Paradiso, perse immediatamente la santità e la giustizia in cui era stato stabilito e subì, per l’offesa costituita da questa prevaricazione, l’ira e l’indignazione di Dio e, successivamente, la morte con cui era stato precedentemente minacciato da Dio, e con la morte la prigionia sotto il potere di colui che in seguito “aveva l’impero della morte, cioè il diavolo” (He II,14); e che per l’offesa costituita da questa prevaricazione l’intero Adamo, nel corpo e nell’anima, fu mutato in uno stato peggiore (cf. 371): sia anatema!

1512. 2. “Se qualcuno afferma che la prevaricazione di Adamo abbia danneggiato solo se stesso e non i suoi discendenti”, e che ha perso la santità e la giustizia ricevute da Dio solo per sé e non anche per noi, o che, macchiato dal peccato di disobbedienza, “ha trasmesso solo la morte” e le pene “dal corpo a tutto il genere umano, ma non il peccato, che è la morte dell’anima”. Che sia anatema, “poiché contraddice l’Apostolo che dice: “Per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata in tutti gli uomini, avendo tutti peccato in lui (Rm V,12) cf. 372.

1513. 3 Se qualcuno afferma che questo peccato di Adamo – che è unico in origine e si trasmette per propagazione ereditaria e per via ereditaria – non sia stato commesso e trasmesso per propagazione ereditaria e non per imitazione, è proprio di ciascuno – , sia rimosso dalle forze della natura umana o da qualsiasi altro rimedio che non sia il merito dell’unico mediatore nostro Signore Gesù Cristo (cf. 1347) che ci ha riconciliati con Dio con il suo sangue (cf. Rm V,9 s.), “divenuto per noi giustizia, santificazione e redenzione” (1Co 1,30) o se nega che questo merito di Gesù Cristo sia applicato tanto agli adulti quanto ai bambini con il Sacramento conferito secondo la forma e l’uso della Chiesa: sia anatema. Perché “non c’è altro nome sotto il cielo dato agli uomini per mezzo del quale dobbiamo essere salvati” (At IV, 12). Da qui le parole: “Questo è l’Agnello di Dio, questo è colui che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,19), e questa: “Voi tutti che siete stati battezzati, vi siete rivestiti di Cristo” (Ga 3,27).

1514. 4 “Se qualcuno nega che i bambini appena nati dalla madre debbano essere battezzati”, anche se provengono da genitori battezzati. “Oppure dice che essi siano sì battezzati per la remissione dei peccati, ma che non portino nulla del peccato originale proveniente da Adamo che è necessario espiare con il bagno di rigenerazione” per ottenere la vita eterna, “da cui consegue che per loro la forma del Battesimo per la remissione dei peccati non ha un significato vero ma falso: sia anatema. Non c’è infatti altro modo di intendere ciò che l’Apostolo dice: “Per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e la morte per mezzo del peccato, e così la morte è passata in tutti gli uomini, avendo tutti peccato in lui” (Rm V,12), se non come l’ha sempre inteso la Chiesa cattolica ovunque. È infatti in virtù di questa regola di fede proveniente dalla tradizione degli Apostoli “che anche i neonati, i quali non hanno ancora potuto commettere alcun peccato proprio, sono tuttavia veramente battezzati per la remissione dei peccati, affinché ciò che hanno contratto per generazione sia purificato in loro mediante la rigenerazione (cf. 223). Infatti “nessuno può entrare nel Regno di Dio se non rinasce da acqua e Spirito Santo” (Gv III,5) .

1515. 5 Se qualcuno nega che, per la grazia di nostro Signore Gesù Cristo conferita nel Battesimo, la colpa del peccato originale sia rimessa, o anche se afferma che tutto ciò che è veramente e propriamente peccaminoso non è del tutto rimosso, ma è solo rasato o non imputato: sia anatema. Infatti, in coloro che sono nati di nuovo, nulla è oggetto dell’odio di Dio, perché “non c’è condanna” (Rm VIII,1) per coloro che sono veramente “sepolti nella morte con Cristo mediante il battesimo” (Rm 6,4), “che non camminano secondo la carne” (Rm 8,1). ma che, avendo deposto l’uomo vecchio e rivestito il nuovo, creato secondo Dio” (Ef IV,22-24 Col III,9s) sono diventati figli di Dio innocenti, senza macchia, puri, irreprensibili e amati, “eredi di Dio e coeredi con Cristo” (Rm VIII,17), in modo che nulla possa ostacolare il loro ingresso in cielo. Questo santo Concilio confessa e crede che la concupiscenza o il fuoco del peccato rimanga nei battezzati; poiché questa concupiscenza è lasciata da combattere, e non può nuocere a coloro che non vi acconsentono e vi resistono coraggiosamente per mezzo della grazia di Cristo. Inoltre, “chi combatte secondo le regole sarà coronato” (2 Tim II,5). Questa concupiscenza, che l’Apostolo chiama talvolta “peccato” (Rm 6,12-15 Rm 7,7 Rm 7,14-20), il santo Concilio la dichiara tale. La Chiesa cattolica dunque intende che sia stata chiamata peccato non perché sarebbe veramente e propriamente peccaminosa in coloro che sono nati di nuovo, ma perché viene dal peccato ed inclina al peccato. Se qualcuno la pensa diversamente, sia anatema.

1516. 6 Tuttavia, questo stesso santo Concilio dichiara che non è sua intenzione includere in questo decreto, in cui si tratta del peccato originale, la beata e Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, ma che le costituzioni di Papa Sisto IV, di felice memoria, debbano essere osservate sotto la minaccia delle pene in esse contenute, e le rinnova.

6a sessione, 13 gennaio 1547: decreto sulla giustificazione

Preambolo

1520. Non è senza perdita di molte anime e con grave danno per l’unità della Chiesa che si sia diffusa nel nostro tempo una dottrina errata sulla giustificazione. Pertanto, a lode e gloria di Dio onnipotente, per la pace della Chiesa e la salvezza delle anime, il Santo Concilio Ecumenico e Generale di Trento… si propone di esporre a tutti i Cristiani la vera e santa dottrina della giustificazione insegnata da Cristo Gesù, sole di giustizia (Ml IV,2), Autore della nostra fede, che la porta a perfezione (Eb 12,2), che gli Apostoli ci hanno tramandato e che la Chiesa cattolica, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ha sempre conservato, vietando severamente che in futuro qualcuno osi credere, predicare o insegnare diversamente da quanto stabilito e dichiarato dal presente decreto.

Cap. 1. L’impotenza della natura e della Legge a giustificare gli uomini.

1521. In primo luogo, il santo Concilio dichiara che. per avere una comprensione esatta e autentica della dottrina della giustificazione, sia necessario che ciascuno riconosca e confessi che, avendo tutti gli uomini perso la loro innocenza nella prevaricazione di Adamo (Rm 5,12 1Co 15,22 23), “sono diventati impuri” (Is 64,6) e (come dice l’Apostolo) “figli dell’ira per natura” (Eph 2,3) come è stato esposto nel decreto sul peccato originale, erano talmente “schiavi del peccato” (Rm VI, 20) e sotto il potere del diavolo e della morte, che non solo i pagani, per la forza della natura (cf. 1551), ma anche gli ebrei, per la stessa lettera della Legge di Mosè, non potevano liberarsi o sollevarsi da questo stato, anche se il libero arbitrio non era affatto estinto in loro (cf. 1555), sebbene indebolito e deviato nella sua forza (cf. 378).

Cap. 2. L’economia e il mistero della venuta di Cristo.

1522. Così avvenne che il Padre celeste, “Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione” (2Co 1,3), inviò Cristo Gesù agli uomini. Il Figlio suo (cf. 1551), annunciato e promesso prima della Legge e al tempo della Legge a molti santi Padri (Gn 49,10 Gn 49,18), quando venne quella benedetta “pienezza dei tempi” (Ep 1,10 Ga 4,4), affinché, da un lato, “riscattasse i Giudei soggetti alla Legge” (Ga 4,5) e, dall’altro, “i Gentili, che non perseguivano la giustizia, la raggiungessero” (Rm 9,30), e tutti ricevessero l’adozione filiale (Ga 4,5). È lui che “Dio ha fatto vittima propiziatoria con il suo sangue per mezzo della fede (Rm 3,25) per i nostri peccati, non solo per i nostri ma anche per quelli di tutto il mondo” (1Gv 2,2).

Cap. 3. Coloro che sono giustificati da Cristo.

1523. Ma sebbene egli sia “morto per tutti” (2 Cor V,15), non tutti ricevono il beneficio della sua morte, ma solo coloro ai quali viene comunicato il merito della sua Passione. Infatti, come in verità gli uomini non nascerebbero ingiusti se non fossero nati dalla discendenza corporea di Adamo, poiché quando vengono concepiti contraggono un’ingiustizia personale per il fatto di discendere corporalmente da lui, così non sarebbero mai giustificati se non rinascessero in Cristo, poiché attraverso questa rinascita viene loro concessa, per il merito della sua Passione, la grazia per cui diventino giusti. Per questa benedizione l’Apostolo ci esorta sempre a “rendere grazie al Padre, che ci ha resi degni di partecipare all’eredità dei santi nella luce, ci ha strappati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, nel quale abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati” (Col 1, 12-14).

Cap. 4. Schema della descrizione della giustificazione dell’empio, ed il modo del suo stato di grazia.

1524. Queste parole abbozzano una descrizione della giustificazione dell’empio, come trasferimento dallo stato in cui l’uomo è nato dal primo Adamo allo stato di grazia e di adozione dei figli di Dio (Rm VIII,15), attraverso il secondo Adamo, Gesù Cristo, nostro Salvatore. Dopo la promulgazione del Vangelo, questo trasferimento non può avvenire senza il bagno di rigenerazione (cf. 1618) o il desiderio di esso, secondo quanto è scritto “Nessuno può entrare nel Regno di Dio se non rinasce da acqua e Spirito Santo” (Gv 3,5).

Capitolo 5. La necessità per gli adulti di prepararsi alla giustificazione.

1525. Il Concilio dichiara inoltre che la giustificazione stessa negli adulti abbia origine nella grazia preveniente di Dio per mezzo di Gesù Cristo (cf. 1553), cioè in una chiamata da parte di Dio con la quale vengono chiamati senza alcun merito. In questo modo, coloro che si erano allontanati da Dio a causa dei loro peccati, spinti e aiutati dalla grazia, sono disposti a volgersi verso la giustificazione che Dio concede loro, acconsentendo e cooperando liberamente a questa stessa grazia (1554-1555). In questo modo, toccando Dio il cuore dell’uomo con l’illuminazione dello Spirito Santo, da un lato l’uomo stesso non è totalmente impotente, accogliendo questa ispirazione che gli è possibile rifiutare, dall’altro, però, senza la grazia di Dio, non gli è possibile, con la propria volontà, muoversi verso la giustizia al cospetto di Dio (cf. 1553). Perciò, quando nella Sacra Scrittura si dice: “Volgiti a me e io mi volgerò a te” (Zacc. 1,3), ci viene ricordata la nostra libertà; quando rispondiamo: “Volgici a te, o Signore, e ci convertiremo” (Lam. 5,21), riconosciamo che la grazia di Dio ce lo impedisce.

Cap. 6. Modalità di preparazione.

1526. Gli uomini sono disposti alla giustizia stessa (cf. 1557-1559) quando, mossi e aiutati dalla grazia divina, concependo in se stessi la fede che sentono predicare (Rm 10,17), vanno liberamente a Dio, credendo che sia vero tutto ciò che è stato divinamente rivelato e promesso (cf. 1562-1564) e, soprattutto, che Dio giustifichi gli empi “per sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù” (Rm 3,24); quando, comprendendo di essere peccatori e passando dal timore della giustizia divina, che li colpisce (cf.1558) molto utilmente, alla considerazione della misericordia di Dio, si elevano alla speranza, confidando che Dio, per amore di Cristo, sarà loro favorevole, cominciano ad amarlo come fonte di ogni giustizia e, per questo, si sollevano contro i peccati, animati da una sorta di odio e di detestazione (cf. 1559), cioè da quella penitenza che si deve fare prima del Battesimo (At 2,38); quando, infine, si propongono di ricevere il Battesimo, di iniziare una nuova vita e di osservare i comandamenti divini.

1527. Di questa disposizione è scritto: “Chi si avvicina a Dio deve credere che Egli è, e che ricompensa coloro che lo cercano” (Eb XI,6), e: “Abbi fiducia, figlio mio, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt IX,2), e “Il timore del Signore scaccia i peccati” (Sir 1,27) , e: “Fate penitenza e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei peccati e riceverete il dono dello Spirito Santo” (At 2,38), e “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt XXVIII,19-2) e : “Preparate i vostri cuori al Signore” (1Re VII,3).

Cap. 7 La giustificazione degli empi e le sue cause.

1528. A questa disposizione o preparazione segue la giustificazione vera e propria, che non è solo la remissione dei peccati (cf. 1561) ma anche la santificazione ed il rinnovamento dell’uomo interiore attraverso la ricezione volontaria della grazia e dei doni. In questo modo, l’uomo viene trasformato da ingiusto a giusto, da nemico ad amico, così da essere “erede della vita eterna nella speranza” (Tt III,7).

1529. Le cause di questa giustificazione sono queste: causa finale, la gloria di Dio e di Cristo e la vita eterna; causa efficiente: Dio che, nella sua misericordia, lava e santifica liberamente (1Co 6,11) con il sigillo e l’unzione (2Co 1,21-22) dello Spirito Santo promesso “che è il pegno della nostra eredità” (Eph 1,13-14); causa meritoria: l’unico Figlio prediletto di Dio, il nostro Signore Gesù Cristo, che, “mentre eravamo nemici” (Rm V,10), “per il grande amore con cui ci ha amati” (Ef II,4), con la sua santissima Passione sul legno della croce ha meritato la giustificazione per noi (cf. 1560) e ha soddisfatto Dio suo Padre per noi; causa strumentale, il sacramento del Battesimo, “sacramento della fede” senza il quale non c’è mai stata giustificazione per nessuno. Infine, l’unica causa formale è la giustizia di Dio, “non quella per cui Egli stesso è giusto, ma quella per cui ci rende giusti” (cf. 1560-1561), cioè quella per cui, avendola ricevuta in dono da Lui, siamo “rinnovati mediante una trasformazione spirituale della nostra mente” (Eph 4, 23) non solo siamo ritenuti giusti, ma siamo detti e siamo veramente giusti (1Gv 3,1), ciascuno ricevendo la giustizia in noi, secondo la misura che lo Spirito Santo condivide con ciascuno come vuole (1Co 12,11) e secondo la disposizione e la cooperazione di ciascuno.

1530. Infatti, sebbene nessuno possa essere giusto se non gli vengono comunicati i meriti della Passione del Signore nostro Gesù Cristo, tuttavia questo è ciò che viene fatto nella giustificazione degli empi, mentre, per il merito di questa santissima Passione, l’amore di Dio viene riversato dallo Spirito Santo nei cuori (Rm 5,5) di coloro che sono giustificati e abita in loro (cf. 1561). Perciò, con la remissione dei peccati, l’uomo riceve nella stessa giustificazione, per mezzo di Gesù Cristo, nel quale è inserito, tutti i seguenti doni infusi allo stesso tempo: fede, speranza e amore.

1531. Infatti, la fede senza la speranza e l’amore non ci unisce perfettamente a Cristo e non ci rende membra vive del suo Corpo. Per questo si dice veramente che la fede senza le opere è morta e inutile, (Gc II,17-20) (cf. 1569) e che in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né l’incirconcisione, ma la fede “che opera per mezzo dell’amore” (Ga V,6 Ga VI,15) . È questo che, secondo la tradizione degli Apostoli, i catecumeni chiedono alla Chiesa prima del Sacramento del Battesimo, quando chiedono “la fede che porta la vita eterna” che, senza speranza e amore, la fede non può portare. Per questo, quando ricevono la vera e cristiana giustizia, questa prima veste (Lc XV,22) che viene data loro da Cristo al posto di quella che, con la sua disobbedienza, Adamo ha perso per sé e per noi, a chi è appena rinato viene subito ordinato di mantenerla candida ed immacolata, per portarla davanti al tribunale di nostro Signore Gesù Cristo e avere la vita eterna.

Cap. 8. Come possiamo capire che gli empi siano giustificati per fede e gratuitamente?

1532. Quando l’Apostolo dice che l’uomo è “giustificato per fede” (cf. 1559) e gratuitamente Rm (III,22-24), è necessario intendere queste parole nel senso in cui ha sempre e unanimemente ritenuto ed espresso la Chiesa cattolica, cioè che se si dice che siamo giustificati per fede, è perché “la fede è l’inizio della salvezza dell’uomo”, il fondamento e la radice di ogni giustificazione, che senza di essa “è impossibile piacere a Dio” (Eb XI,6) e condividere la sorte dei suoi figli (2Pt 1,4); E si dice che siamo giustificati liberamente perché nulla di ciò che precede la giustificazione, sia la fede che le opere, merita la grazia della giustificazione. Infatti, “se è grazia, non è per opera; altrimenti (come dice lo stesso Apostolo) la grazia non è più grazia” (Rm XI,6).

Cap. 9. Contro la vana fiducia degli eretici.

1533. Sebbene sia indispensabile credere che i peccati siano e siano sempre stati perdonati solo gratuitamente dalla misericordia divina per amore di Cristo, tuttavia nessuno, vantando la sicurezza e la certezza che i suoi peccati siano perdonati e riposando su questo, deve dire che i suoi peccati siano o siano stati perdonati, mentre questa fiducia vana e lontana da ogni pietà può esistere tra gli eretici e gli scismatici, molto più di quanto ai nostri giorni esista e sia predicata con grande rumore contro la Chiesa cattolica (cf. 1562).

1534. Ma non si deve neppure affermare che tutti coloro che sono stati veramente giustificati debbano essere senza esitazione convinti in se stessi di essere stati giustificati, né che nessuno è assolto dai suoi peccati e giustificato se non colui che crede con certezza di essere stato assolto e giustificato, e che è per questa sola fede che l’assoluzione e la giustificazione siano effettuate (cf. 1564), come se chi non crede questo dubitasse delle promesse di Dio e dell’efficacia della morte e della risurrezione di Cristo. Infatti, come nessun uomo pio deve dubitare della misericordia di Dio, dei meriti di Cristo, della virtù e dell’efficacia dei Sacramenti, così chiunque consideri se stesso, la propria debolezza e le proprie cattive disposizioni, può essere pieno di timore e di paura riguardo alla sua grazia (cf. 1563), poiché nessuno può sapere, con una certezza di fede che escluda ogni errore, di aver ottenuto la grazia di Dio.

Cap. 10 L’aumento della grazia ricevuta.

1535. Così, coloro che sono stati giustificati e sono diventati “amici di Dio” e “membri della sua famiglia” (Gv XV,15 Eph II,19) camminando “di virtù in virtù” (Sal 83,8) si rinnovano (come dice l’Apostolo) di giorno in giorno (2Co IV,16) , cioè mortificando le membra della loro carne Col (III,5) e presentandole come armi di giustizia per la santificazione (Rm VI,13-19) , osservando i comandamenti di Dio e della Chiesa; crescono in questa giustizia ricevuta per grazia di Cristo, la fede cooperando con le opere buone Gc 2,22 e sono più giustificati (cf. 1574; 1582), secondo quanto è scritto: “Chi è giusto sarà ancora giustificato” (Ap 22,11) e anche: “Non temere di essere giustificato fino alla morte” Si (XVIII,22) e ancora “Vedete che l’uomo è giustificato dalle opere e non dalla sola fede” (Gc II,24). Questo aumento della giustizia, la santa Chiesa lo chiede quando dice nella preghiera: Signore, aumenta la nostra fede, speranza e amore.

Cap. 11. L’osservanza dei comandamenti. La sua necessità e possibilità.

1536. Nessuno, per quanto giustificato, deve pensare di essere libero dall’osservanza dei Comandamenti (cf. 1570). Nessuno deve usare quell’espressione avventata che i Padri hanno proibito, pena l’anatema, e cioè che per l’uomo giustificato i comandamenti di Dio sono impossibili da osservare (cf. 1568; 1572; 397). “Dio infatti non comanda cose impossibili, ma nel comandare invita a fare ciò che si può e a chiedere ciò che non si può, e aiuta a farlo; i suoi comandi non sono gravosi (1Gv V,3), il suo giogo è soave e il suo fardello leggero (Mt XI,30) Infatti, chi è figlio di Dio ama Cristo; chi lo ama (come egli stesso testimonia) osserva le sue parole (Gv XIV,23), cosa che gli è sempre possibile con l’aiuto di Dio.

1537. Sebbene in questa vita mortale, santi e giusti come sono, cadano talvolta almeno nei peccati leggeri e quotidiani, che sono chiamati anche veniali (cf. 1573), non per questo cessano di essere giusti. Anzi, l’espressione umile e autentica dei giusti è: “Rimetti a noi i nostri debiti” (Mt VI,12) (229ss.) Per questo i giusti stessi devono sentirsi tanto più obbligati a camminare nella via della giustizia, poiché, ormai “liberati dal peccato, fatti servi di Dio” (Rm VI,22), vivendo “nella temperanza, nella giustizia e nella pietà” (Tt II,12), possono progredire attraverso Cristo Gesù, che ha dato loro accesso a questa grazia (Rm V,2). Per coloro che ha giustificato una volta, “Dio non abbandona se prima non è abbandonato da loro”.

1538. Per questo nessuno deve consolarsi con la sola fede (1559; 1569; 1570), pensando che per la sola fede sia stato costituito erede e otterrà l’eredità, anche se non soffre con Cristo per essere glorificato con lui (Rm VIII,17). Infatti Cristo stesso (come dice l’Apostolo), “pur essendo Figlio di Dio, con le sue sofferenze imparò ad obbedire e, dopo aver compiuto ogni cosa, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb V,8-9). Per questo l’Apostolo stesso mette in guardia coloro che siano stati giustificati con queste parole: “Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo ottiene il premio? Correte perché possiate vincere. Per me, dunque, questo è il modo in cui corro, non a caso; questo è il modo in cui combatto, non lanciandomi nel vuoto. Ma castigo il mio corpo e lo rendo schiavo, per evitare che, dopo aver predicato agli altri, io stesso venga eliminato” (1Co IX,24 ss.). E Pietro, il principe degli Apostoli: “Siate diligenti nel rendere certa la vostra vocazione ed elezione con le vostre opere buone; così facendo non peccherete mai” (2Pt 1,10).

1539. È evidente che chi dice che in ogni azione buona il giusto pecchi almeno venialmente (cf. 1575; 1481 ss.) o (ciò che è più intollerabile) meriti la pena eterna; allo stesso modo coloro che dichiarano che il giusto pecca in tutte le sue azioni, se, volendo scrollarsi di dosso l’indolenza in esse e incoraggiarsi a correre nello stadio, considerano, insieme alla glorificazione messa al primo posto, la ricompensa eterna (cf. 1576; 1581), mentre è scritto: “Ho inclinato il mio cuore a compiere i tuoi comandamenti per la ricompensa” (Sal CXVIII,112), e che l’Apostolo dice di Mosè che “aveva gli occhi fissi sulla ricompensa” (Eb XI,26).

Cap. 12. Dobbiamo guardarci da un’avventata presunzione riguardo alla predestinazione.

1540. Nessuno, finché vive nella condizione mortale, deve presumere dal mistero nascosto della predestinazione divina di dichiarare con certezza di essere assolutamente nel numero dei predestinati (cf. 1565), come se fosse vero che una volta giustificato o non può più peccare (cf. 1573) o, se dovesse peccare, deve promettersi un sicuro pentimento. Infatti, se non per speciale rivelazione, non possiamo sapere chi Dio abbia scelto per sé (cf. 1566).

Cap. 13. Il dono della perseveranza.

1541. Lo stesso vale per il dono della perseveranza (cf. 1566). A questo proposito è scritto: “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt X,22; Mt XXIV,13): ciò può avvenire solo da parte di colui che “ha il potere di mantenere in piedi chi sta in piedi perché continui a stare in piedi” (Rm XIV,4) e di rialzare chi cade. Quindi nessuno prometta nulla a se stesso con assoluta certezza, anche se tutti devono riporre la loro più ferma speranza nell’aiuto di Dio. Dio infatti, se non saranno infedeli alla sua grazia, porterà a compimento l’opera buona, così come l’ha già iniziata (Fil 1,6), operando in loro la volontà e l’azione (Fil 2,13).(1572). Tuttavia, coloro che pensano di essere in piedi stiano attenti a non cadere (1 Cor 10,12) e lavorino alla loro salvezza con timore e tremore (Php II,12) con fatica, vigilanza, elemosina, preghiere e offerte, digiuno e castità (2 Cor VI,5-6). Sapendo, infatti, di essere rinati nella speranza della gloria (1Pt 1,3) ma non ancora nella gloria, devono temere la lotta che rimane loro contro la carne, contro il mondo, contro il diavolo, lotta nella quale potranno essere vittoriosi solo se, con la grazia di Dio, obbediranno alle parole dell’Apostolo: “Non siamo più tenuti a vivere secondo la carne. Perché se vivete secondo la carne, morirete. Ma se per mezzo dello Spirito mettete a morte le opere della carne, vivrete” (Rm VIII,12-13).

Cap. 14 I caduti e il loro recupero.

1542. Coloro che, dopo aver ricevuto la grazia della giustificazione, ne sono decaduti a causa del peccato, possono essere nuovamente giustificati (1579) quando, mossi da Dio, si attivano per recuperare la grazia perduta mediante il sacramento della penitenza, grazie ai meriti di Cristo. Questo metodo di giustificazione è il recupero del peccatore, che i Santi Padri hanno giustamente chiamato “la seconda tavola dopo il naufragio della perdita della grazia”. Per coloro che cadono in peccato dopo il battesimo, Cristo Gesù ha istituito il sacramento della penitenza quando ha detto: “Ricevete lo Spirito Santo, e a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi li riterrete saranno ritenuti” (Gv 20,22-23) .

1543. Dobbiamo quindi insegnare che la penitenza del cristiano dopo una caduta è molto diversa dalla penitenza battesimale. Essa comprende non solo l’abbandono dei peccati e la loro detestazione, o “un cuore contrito e umiliato”, (Sal 50,19), ma anche la confessione sacramentale di essi, o almeno il desiderio di farla a tempo debito, l’assoluzione da parte di un sacerdote e, inoltre, la soddisfazione attraverso il digiuno, l’elemosina, le preghiere e altri pii esercizi della vita spirituale, non per rimettere la pena eterna – che è rimessa contemporaneamente alla colpa dal sacramento o dal desiderio del sacramento – ma per rimettere la colpa temporale (cf. 1580) che (come insegna la Sacra Scrittura) non è sempre completamente rimessa, come nel battesimo, a coloro che, ingrati per la grazia di Dio che hanno ricevuto, hanno vessato lo Spirito Santo (Ef IV,30) e non hanno avuto paura di violare il Tempio di Dio (1Co III,17).

Di questa penitenza è scritto: “Ricordati da dove sei caduto, fa’ penitenza e torna alle tue opere prime” (Ap II,51) e anche: “La tristezza secondo Dio produce penitenza per una salvezza duratura” (2Co VII,10) e anche “Fa’ penitenza” (Mt 3,2 Mt IV,17) , e “Fa’ degni frutti di penitenza” (Mt III,8 Lc 3,8).

Cap. 15 Ogni peccato mortale causa la perdita della grazia, ma non della fede.

1544. Contro gli spiriti astuti di certi uomini che, “con dolci discorsi e benedizioni, seducono i cuori semplici” (Rm 16,18) , si deve affermare che la grazia della giustificazione, che è stata ricevuta, si perde non solo con l’infedeltà (1577) , con la quale si perde anche la fede, ma anche con qualsiasi peccato mortale, anche se poi la fede (1578) non si perde. Si difende così la dottrina della Legge divina che esclude dal Regno di Dio non solo gli infedeli, ma anche i fedeli fornicatori, adulteri, effeminati, sodomiti, ladri, avari, ubriaconi, maldicenti, rapaci (1Cor 6,9)-10 e tutti gli altri che commettono peccati mortali dai quali, con l’assistenza della grazia divina, possono astenersi e a causa dei quali sono separati dalla grazia di Cristo (1577).

Cap. 16. Il frutto della giustificazione: il merito, la opere buone. La sua natura.

1545. È dunque in questa prospettiva che dobbiamo proporre agli uomini giustificati, sia che abbiano conservato incessantemente la grazia ricevuta, sia che l’abbiano recuperata dopo averla perduta, le parole dell’Apostolo: “Siate ricchi di ogni opera buona, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (1Cor XV,58) perché “Dio non è così ingiusto da dimenticare ciò che avete fatto e la carità che avete dimostrato nel suo nome” (Eb VI,10) , e : “Non perdete la vostra fiducia; essa avrà una grande ricompensa” (Eb X,35) . Ed è per questo che, a coloro che agiscono bene “fino alla fine” (Mt X,22 Mt XXIV,13) e che sperano in Dio, la vita eterna deve essere proposta sia come la grazia misericordiosamente promessa da Cristo Gesù ai figli di Dio, sia “come la ricompensa” che Dio, secondo la promessa da lui stesso fatta, concederà alle loro opere buone e ai loro meriti (1576 ; 1582). Questa, infatti, è “la corona di giustizia” che l’Apostolo ha detto essere “riservata a lui dopo la sua lotta e la sua corsa e che gli sarà data dal giusto giudice, non solo a lui ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua venuta” (2 Tim IV,7-8).

1546. Cristo Gesù stesso comunica costantemente la sua forza a coloro che sono stati giustificati, come il capo alle membra (Ef IV,15) , come la vite ai tralci (Gv XV,5) forza che precede, accompagna e segue sempre le loro opere buone e senza la quale queste non potrebbero in alcun modo essere gradite a Dio e meritorie (cf 1552). Dobbiamo quindi credere che non manchi nient’altro nei giustificati stessi perché si possa ritenere che essi abbiano soddisfatto pienamente la Legge di Dio, nelle condizioni di questa vita, con queste opere compiute in Dio (Gv III,21), e che abbiano veramente meritato di ottenere, a suo tempo, la vita eterna (cf 1582), se però moriranno in grazia (Ap XIV,13). Cristo, nostro Salvatore, non ha forse detto: “Se uno beve dell’acqua che io gli do, non avrà mai più sete; essa diventerà in lui un pozzo d’acqua che sgorga fino alla vita eterna” (Gv IV,14)?

1547. Così la nostra giustizia personale non è stabilita come proveniente personalmente da noi (2Co III:5) e la giustizia di Dio non è né ignorata né rifiutata (Rm X:3). Infatti, questa giustizia è detta nostra, perché siamo giustificati da questa giustizia che abita in noi (cf. 1560; 1561); e questa stessa giustizia è di Dio, perché è riversata in noi da Dio e per i meriti di Cristo.

1548. Non dobbiamo dimenticarlo: La Sacra Scrittura attribuisce certamente un tale valore alle opere buone che Cristo promette che anche chi dà a uno dei suoi più piccoli una tazza di acqua fresca non perderà la sua ricompensa (Mt X,42 Mc IX,40); e l’Apostolo attesta che la nostra “leggera tribolazione di un momento ci prepara oltre misura un peso eterno di gloria nei cieli” (2Co IV,17) Tuttavia, lungi da noi pensare che il cristiano confidi o si glori di se stesso e non del Signore (1Co 1,31 2Co X,17) la cui bontà verso gli uomini è così grande che vuole che i suoi doni siano i loro meriti (cf 1582; 248).

1549. E poiché “tutti pecchiamo in molte cose” (Gc III,2), ognuno deve avere davanti agli occhi non solo la misericordia e la bontà, ma anche la severità e il giudizio, e non deve essere tentato di pensare di essere un peccatore. E non si deve giudicare se stessi, anche se non si è consapevoli di alcuna colpa. Infatti, tutta la vita dell’uomo deve essere esaminata e giudicata, non dal giudizio dell’uomo, ma dal giudizio di Dio, “che metterà in luce i segreti delle tenebre e renderà manifesti i segreti del cuore; e allora ciascuno riceverà da Dio la lode che gli è dovuta” (1 Cor IV,4 ss), il quale, come è scritto, “renderà a ciascuno secondo le sue opere” (Rom II,6).

1550. Avendo esposto la dottrina cattolica sulla giustificazione (cf. 1583), che ciascuno deve accogliere fedelmente e fermamente per essere giustificato, il santo concilio ha ritenuto opportuno allegare i seguenti canoni, affinché tutti sappiano non solo ciò che devono tenere e seguire, ma anche ciò che devono evitare e fuggire.

Canoni sulla giustificazione.

1551. (1) Se qualcuno dice che un uomo può essere giustificato davanti a Dio con le sue opere – siano esse compiute dalle forze della natura umana o dall’insegnamento della legge – senza la grazia divina che viene per mezzo di Gesù Cristo, sia anatema (cf 1521).

1552. (2) Se qualcuno dice che la grazia divina per mezzo di Gesù Cristo è data solo perché l’uomo possa più facilmente vivere rettamente e meritare la vita eterna, come se per libera scelta e senza la grazia potesse ottenere entrambe le cose, anche se con difficoltà e fatica, sia anatema (cf. 1524 ss.).

1553.3 Se qualcuno dice che senza l’ispirazione preveniente dello Spirito Santo e senza il suo aiuto un uomo può credere, sperare e amare, o pentirsi, come è necessario perché gli sia concessa la grazia della giustificazione, sia anatema (cf 1525).

1554.4 Se qualcuno dice che la libera volontà dell’uomo, mossa e spinta da Dio, non coopera in alcun modo quando acconsente a Dio, che lo spinge e lo chiama a disporsi e a prepararsi per ottenere la grazia della giustificazione, e che non può rifiutarsi di acconsentire, se vuole, ma che come un essere inanimato non fa assolutamente nulla e si comporta in modo puramente passivo: sia anatema (cf. 1525).

1555.5 Se qualcuno dice che, dopo il peccato di Adamo, il libero arbitrio dell’uomo è andato perduto e si è estinto, o che è una realtà che porta solo il suo nome, molto più un nome senza realtà, una finzione finalmente introdotta da Satana nella Chiesa, sia anatema (cf. 1521; 1525; 1486).

1556. 6 Se qualcuno dice che non sia in potere dell’uomo impegnarsi nelle vie del male, ma che è in potere dell’uomo impegnarsi nelle vie del male, ma che sia le sue cattive che le sue buone azioni siano opera di Dio, non solo perché egli le permette, ma anche propriamente e da sé, così che il tradimento di Giuda non sarebbe meno opera sua che la vocazione di Paolo: sia anatema.

1557.7 Se qualcuno dice che tutte le opere compiute prima della giustificazione, in qualunque modo, sono veramente peccati e meritano l’odio di Dio, o che quanto più ci si sforza di disporsi alla grazia, tanto più si pecca gravemente, sia anatema (cf. 1526.).

1558. (8) Se qualcuno dice che il timore dell’inferno, con il quale, addolorati per i nostri peccati, ci rifugiamo nella misericordia di Dio o ci asteniamo dal peccare, è un peccato o rende gli uomini peggiori, sia anatema (cf. 1526; 1456).

1559. 9. Se qualcuno dice che l’empio è giustificato dalla sola fede, intendendo con ciò che non è richiesto nient’altro per cooperare all’ottenimento della grazia, e che non è in alcun modo necessario che egli si prepari e si disponga con un movimento della sua volontà: sia anatema (cf. 1532; 1538; 1465; 1460 ss.).

1560. 10. Se qualcuno dice che gli uomini sono giustificati senza la giustizia di Cristo, con la quale egli ha meritato per noi, o che sono formalmente giusti grazie a questa giustizia, sia anatema (cf. 1523; 1529).

1561. 11. Se qualcuno dice che gli uomini sono giustificati o per la sola imputazione della giustizia di Cristo, o per la sola remissione dei peccati, escludendo la grazia e la carità che è riversata nei loro cuori dallo Spirito Santo (Rm V,5) e abita in loro, o che la grazia con cui siamo giustificati è solo il favore di Dio, sia anatema (cf. 1528-1531 1545 ss.).

1562. 12. Se qualcuno dice che la fede che giustifica non è altro che la fiducia nella misericordia divina, che rimette i peccati per amore di Cristo, o che è solo per questa fiducia che siamo giustificati, sia anatema.(cf. 1533).

1563. 13. Se qualcuno dice che è indispensabile che ogni uomo, per ottenere la remissione dei peccati, creda con certezza e senza alcuna esitazione derivante dalla sua personale debolezza o mancanza di disposizione che i suoi peccati gli sono rimessi: sia anatema (cf. 1533 s; 1460-1464).

1564. 14. Se qualcuno dice che un uomo è assolto dai suoi peccati e giustificato perché crede con certezza di essere assolto e giustificato, o che è veramente giustificato solo chi crede di essere giustificato, e che solo questa fede ottiene l’assoluzione e la giustificazione, sia anatema. (cf. 1533 s ; 1460-1464.).

1565. 15. Se qualcuno dice che un uomo nato di nuovo e giustificato è tenuto a credere per fede di essere certamente tra i predestinati, sia anatema (cf. 1540).

1566. 16. Se qualcuno afferma con assoluta e infallibile certezza che avrà certamente il grande dono della perseveranza fino alla fine (Mt X,22 Mt XXIV,13), a meno che non l’abbia appreso per speciale rivelazione: sia anatema (cf. 1540 s.).

1567. 17. Se qualcuno dice che la grazia della giustificazione spetta solo a coloro che sono predestinati alla vita, e che tutti gli altri che sono chiamati sono certamente chiamati, ma non ricevono la grazia, perché sono predestinati al male dalla potenza divina, sia anatema.

1568. (8) Se qualcuno dice che i comandamenti di Dio siano impossibili da osservare anche da un uomo giustificato e stabilito nella grazia, sia anatema (cf. 1536).

1569. 19. Se qualcuno dice che nel Vangelo non si comandi nulla all’infuori della fede, che le altre cose sono indifferenti, né comandate né proibite, ma libere, o che i dieci comandamenti non riguardino i Cristiani, sia anatema (cf. 1536s.).

1570. 20. Se qualcuno dice che un uomo giustificato, per quanto perfetto, non sia tenuto a osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa, ma solo a credere, come se il Vangelo fosse una pura e semplice promessa di vita eterna senza la condizione di osservare i comandamenti: sia anatema (cf. 1536s.).

1571. 21. Se qualcuno dice che Cristo Gesù sia stato dato da Dio agli uomini come Redentore in cui confidare, e non anche come legislatore a cui obbedire, sia anatema.

1572. 22. Se qualcuno dice che i giustificati possano perseverare nella giustizia senza un aiuto speciale da parte di Dio, o che non possano farlo con tale aiuto, sia anatema (cf. 1541.).

1573. 23. Se qualcuno dice che un uomo una volta giustificato non possa più peccare o perdere la grazia, e che quindi chi cade e pecca non sia mai stato veramente giustificato; o, al contrario, che possa in tutta la sua vita evitare tutti i peccati, anche quelli veniali, a meno che non sia per uno speciale privilegio di Dio, come la Chiesa ritiene a proposito della beata Vergine: sia anatema! (cf. 1537; 1549).

1574. 24. Se qualcuno dice che la giustizia ricevuta non sia conservata e neppure accresciuta davanti a Dio dalle opere buone, ma che queste opere siano solo il frutto e il segno della giustificazione ottenuta e non anche la causa del suo aumento, sia anatema (cf. 1535); per questo meriti la pena eterna; che non è dannato per questo solo motivo, perché Dio non imputa le sue opere per la dannazione: sia anatema (cf. 1539; 1481s).

1575. 25. Se qualcuno dice che in ogni buona opera il giusto pecchi almeno venialmente o (cosa ancor più intollerabile) mortalmente e che per questo meriti le pene eterne; che egli non sia dannato a causa di questo soltanto, perchè Dio non imputa le sue opere per la dannazione: sia anatema (cf. 1539, 1481 sg.).

1576. 26. Se qualcuno dice che, per le opere buone compiute in Dio (Gv III,21), i giusti non debbano aspettarsi e sperare la ricompensa eterna da Dio, a causa della sua misericordia e dei meriti di Gesù Cristo, se perseverano fino alla fine nel fare il bene e nell’osservare i comandamenti divini (Mt X,22 Mt XXIV,13): sia anatema. (cf. 1538).

1577. 27. Se qualcuno dice che non c’è peccato mortale se non quello di infedeltà, o che la grazia una volta ricevuta non possa essere persa da nessun altro peccato, per quanto grave ed enorme, se non quello di infedeltà: sia anatema (cf. 1544).

1578. 28. Se qualcuno dice che una volta perduta la grazia a causa del peccato, allo stesso tempo si perda la fede per sempre, o che la fede che rimane non sia una vera fede, perché non è viva (Gc II,26), o che chi ha fede senza carità non sia Cristiano, sia anatema (cf. 1544).

1579. 29. Se qualcuno dice che chi è caduto dopo il Battesimo non possa risorgere con la grazia di Dio, o che possa certamente recuperare la giustizia perduta, ma per sola fede, senza il Sacramento della Penitenza, come finora è stato professato, custodito e insegnato dalla santa Chiesa romana universale, istruita da nostro Signore e dagli Apostoli: sia anatema (cf. 1542).

1580. 30. Se qualcuno dice che, avendo ricevuto la grazia della giustificazione, ad ogni peccatore penitente venga perdonata la colpa e cancellata la condanna alla pena eterna, cosicché non resti da espiare alcuna condanna alla pena temporale, né in questo mondo né in quello a venire nel Purgatorio, prima che si possa aprire l’ingresso al regno dei cieli, sia anatema (cf. 1543).

1581. 31. Se qualcuno dice che il giustificato pecchi nel fare il bene in vista di una ricompensa eterna, sia anatema (cf. 1539).

1582. 32. Se qualcuno dice che le opere buone dell’uomo giustificato sono doni di Dio, in modo che non siano anche meriti buoni del giustificato; o che, con le opere buone che egli compie per mezzo della grazia di Dio e i meriti di Cristo (di cui è membro vivente), il giustificato non meriti veramente un aumento di grazia, la vita eterna e (se muore in grazia) l’ingresso nella vita eterna, nonché un aumento di gloria: sia anatema)! (cf. 1548, 1545-1550).

1583. 33. Se qualcuno dice che, con questa dottrina cattolica sulla giustificazione esposta dal santo Concilio nel presente decreto, faccia torto in parte alla gloria di Dio o ai meriti di Gesù Cristo nostro Signore, e non piuttosto che in tal modo vengano messe in luce la verità della nostra fede e la gloria di Dio e di Cristo Gesù: sia anatema!

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII: (24) IL CONCILIO DI TRENTO. “SESSIONE VII”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (22): “da PIO II a LEONE X”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (21)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da Pio II a Leone X)

PIO II: 19 Agosto 1458 – 14 agosto 1464

Condanna le proposte di Zanino de Solcia nella lettera “cum sicut accepimus“. 14 novembre 1459.

Errori di Zanino di Solcia.

1361. (1) Il mondo deve consumarsi e finire in modo naturale, il calore del sole consuma l’umidità della terra e dell’aria in modo che gli elementi si incendino.

1362. (2) E tutti i Cristiani devono essere salvati.

1363. (3) E ancora: Dio ha creato un altro mondo oltre a questo, e al tempo di quest’ultimo esistevano molti altri uomini e donne, e che quindi Adamo non era il primo uomo.

1364. (4) Allo stesso modo, Gesù Cristo non soffrì e morì per la redenzione per amore degli uomini, ma per la necessaria influenza delle stelle.

1365. (5) Allo stesso modo, Gesù Cristo, Mosè e Maometto hanno governato il mondo secondo il loro buon gusto.

1366. (6) Allo stesso modo: nostro Signore Gesù Cristo è nato illegittimo e non è nell’Ostia consacrata secondo l’umanità, ma solo secondo la divinità.

1367. (7) La lussuria al di fuori del matrimonio è un peccato solo a causa della sua proibizione da parte delle leggi positive, che quindi hanno regolato le cose meno bene, ed è solo per la sua proibizione da parte della Chiesa che gli viene impedito di seguire l’opinione di Epicuro come vera.

1368. (8) Inoltre: portare via le cose altrui non è un peccato mortale, anche se viene fatto contro la volontà del proprietario.

1369. (9) Infine, la Legge cristiana avrà fine attraverso la successione di un’altra Legge, così come la Legge di Mosè ebbe fine attraverso la Legge di Cristo.

Bolla “Exsecrabilis” 18 gennaio 1460 (1459 secondo il conteggio fiorentino).

La richiesta di un Concilio generale da parte del Papa.

1375. In questo tempo burrascoso è sorto quell’abuso esecrabile sconosciuto nei tempi antichi, per cui alcuni, pervasi da spirito di ribellione, non per desiderio di un giudizio più sano, ma per sfuggire a un peccato che hanno commesso, osano appellarsi al Romano Pontefice, il Vicario di Cristo, al quale fu detto nella persona del beato Pietro: “Pasci le mie pecorelle”, (Gv XXI: 17), e: “Tutto ciò che legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo”, (Mt XVI: 19), per un futuro concilio. … Perciò, volendo respingere questo pernicioso veleno dalla Chiesa di Cristo…, condanniamo appelli di questo tipo e li riproviamo come erronei e detestabili”.

Bolla “Ineffabilis summi Providentia Patris“, 1º agosto 1464

Il sangue di Cristo nei tre giorni della morte.

1385. .. In virtù dell’Autorità Apostolica, stabiliamo e ordiniamo che d’ora in poi nessuno dei suddetti frati (Minori e Predicatori) sia autorizzato a discutere, predicare o parlare pubblicamente o privatamente della suddetta questione dubbia, o di persuadere altri che è manifestamente un’eresia o un peccato ritenere o credere (come si presuppone) che il santissimo Sangue sia stato in qualche modo separato o distinto dalla Divinità durante i tre giorni della Passione di nostro Signore Gesù Cristo, e questo fino a quando con una decisione riguardante questo dubbio non sarà stato definito da Noi e dalla Sede Apostolica ciò che si debba ritenere.

PAOLO II: 30 agosto 1464-26 luglio 1471

SISTO IV: 9 agosto 1471 – 12 agosto 1484.

Proposte di Pietro da Rivo condannate nella bolla “Ad Christi vicariidel 3 gennaio – 1474 testo di ritrattazione.

Errori sulla verità degli eventi futuri.

1391. (1) Quando in Luca I Elisabetta parla e dice alla beata Vergine Maria “Beata te che hai creduto, perché si compirà in te ciò che ti è stato detto dal Signore” (Lc I, 45), sembra sottintendere che queste proposizioni, cioè “Partorirai un figlio e lo chiamerai Gesù, sarà grande” ecc. (Lc I,31ss). non fossero ancora vere.

1392. (2) Allo stesso modo, quando alla fine di Luca Cristo dice, dopo la risurrezione: “Bisogna che si compia tutto ciò che è stato scritto su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” (Lc XXIV, 44), sembra aver sottinteso che tali affermazioni erano prima prive di verità.

1393. (3) Allo stesso modo, Eb 10, dove l’Apostolo dice: “La legge è un abbozzo dei beni futuri” e “non un’espressione delle realtà stesse” Eb 10,1, sembra implicare che le proposizioni dell’antica Legge, che riguardano il futuro, non avevano ancora una verità certa.

1394. (4) Allo stesso modo, per la verità di una proposizione riguardante il futuro non è sufficiente che una cosa sia, ma si richiede che sia senza alcun ostacolo.

1395. (5) Allo stesso modo è necessario dire una delle due cose: o che non c’è alcuna verità attuale o effettiva negli articoli di fede riguardanti il futuro, o che ciò che è significato da essi non potrebbe essere impedito dalla volontà divina.

1396. (Censura🙂 scandalose e devianti dal cammino della fede cattolica.

Bolla “Salvator noster” a favore della Chiesa di San Pietro di Saintes, 3 agosto 1875.

Indulgenze per i defunti.

1398. E per procurare la salvezza delle anime, specialmente in un momento in cui esse sono più che mai bisognose dell’aiuto degli altri e meno che mai capaci di aiutare se stesse, desideriamo, in virtù della nostra Autorità Apostolica, venire in aiuto, con il tesoro della Chiesa, alle anime del Purgatorio che, avendo lasciato la luce del giorno unite a Cristo dall’amore, hanno meritato, durante la loro vita, di ricevere tale indulgenza. Con affetto paterno, per quanto ci è possibile presso Dio, concediamo e accordiamo, confidando nella misericordia e nella pienezza del potere divino, che se parenti, amici o altri devoti seguaci di Cristo diano – a beneficio delle anime che in Purgatorio sono esposte al fuoco per l’espiazione delle pene dovute al peccato – durante il suddetto periodo di dieci anni e al momento della visita della chiesa una determinata somma o valore per la riparazione della Chiesa di Saintes come ordinato dal decano e dal capitolo della suddetta chiesa o dal nostro collettore, o se la inviano per mezzo di un messaggero da loro scelto durante lo stesso periodo di dieci anni, vogliamo che questa indulgenza plenaria a titolo di suffragio (1405) sia per la remissione dei peccati di quelle anime del purgatorio per le quali – come si presuppone – sarà stata pagata la suddetta somma di denaro o di valore, e che sia a loro beneficio.

Costituzione “Cum præexcelsa” 27 febbraio 1477 (1476 secondo il secondo il computo della corte)

L’Immacolata Concezione di Maria.

1400 . Quando esaminiamo, con la dovuta considerazione, i segni insuperabili dei meriti con cui la Regina dei Cieli, la gloriosa Maria Madre di Dio, portata alle altezze del cielo, risplende tra le stelle come la stella del mattino. … riteniamo degno, anzi doveroso, invitare tutti i fedeli di Cristo, per il perdono e la remissione dei loro peccati, a rendere grazie e lode a Dio onnipotente per la mirabile concezione della Vergine Immacolata. La sua provvidenza, considerando da tutta l’eternità l’umiltà di questa Vergine, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana sottoposta alla morte dalla caduta del primo uomo, l’ha resa dimora del suo unico Figlio preparandola per mezzo dello Spirito Santo; da Lei ha potuto assumere la carne della nostra condizione mortale per redimere il suo popolo, pur rimanendo vergine dopo il parto. Invitiamo i fedeli a celebrare la Messa e gli altri uffici divini istituiti a questo scopo nella Chiesa di Dio, e a frequentarli, affinché per i meriti e l’intercessione di questa stessa Vergine diventino degni della grazia divina.

Enciclica “Romani Pontificis Provida“, 27 novembre 1477.

Il significato delle parole “per modum suffragii” (“per modalità di suffragio”)

1405. Ci è stato quindi riferito negli ultimi mesi che, in occasione della pubblicazione dell’indulgenza concessa in altra occasione alla Chiesa dei Santi (cf. 1398), siano sorti diversi scandali e pericoli, e che alcuni predicatori … hanno interpretato male i nostri scritti e che, in occasione della suddetta indulgenza da Noi concessa a titolo di suffragio per le anime del Purgatorio, hanno affermato e affermano ancora pubblicamente che non sia più necessario pregare o presentare pii suffragi per queste anime. Di conseguenza, molti sono stati trattenuti dal fare la cosa giusta. Volendo scongiurare tali scandali ed errori, in virtù del nostro ufficio di pastore, abbiamo scritto a vari prelati di questa regione per spiegare ai fedeli di Cristo che questa indulgenza plenaria in suffragio delle anime del purgatorio sia stata da Noi concessa non perché gli stessi fedeli di Cristo siano trattenuti dal compiere opere pie e buone, ma perché essa giovi, a titolo di suffragio, alla salvezza delle anime, e che questa indulgenza giovi tanto quanto se per la salvezza di queste anime si facessero o si offrissero devote preghiere e pie elemosine.

1406. Poco tempo fa, tuttavia, abbiamo appreso, non senza grande dispiacere per il nostro cuore, che alcuni abbiano interpretato queste parole in modo meno giusto e del tutto diverso da quella che era ed è la Nostra intenzione… Infatti Noi… non abbiamo scritto e spiegato ai suddetti prelati che la suddetta indulgenza plenaria sembri giovare alle anime del Purgatorio tanto quanto se si facessero devote preghiere e pie elemosine. Non che fosse o sia nostra intenzione o che volessimo dedurre che l’indulgenza non giovi e non possa giovare più delle elemosine e delle preghiere, o che le elemosine e le preghiere giovino e possano giovare quanto un’indulgenza a suffragio, poiché sappiamo che le preghiere e le elemosine sono ben lontane da un’indulgenza a suffragio; ma abbiamo detto che vale “quanto”, cioè nel modo, “come se”, cioè nel modo in cui valgono le mie preghiere e le mie elemosine. E poiché le preghiere e le elemosine valgono come suffragi per le anime, Noi, ai quali è stata conferita dall’Alto la pienezza del potere, desiderando portare alle anime del Purgatorio aiuti e suffragi attinti dal tesoro della Chiesa universale, che consiste nei meriti di Cristo e dei suoi Santi e che ci è stato affidato, abbiamo concesso la suddetta indulgenza in modo tale che i fedeli stessi presentino questi suffragi per le anime che i defunti non possono più presentare da sole. Questo è ciò che abbiamo pensato e pensiamo nei nostri scritti…

1407. Come dunque il nostro santo e lodevole desiderio non può essere condannato da nessuno a ragion veduta, così anche l’intenzione e la sana comprensione che mirano solo ad un bene manifesto non devono essere combattute con l’ambiguità, poiché secondo la regola della scienza teologica ogni proposizione che contenga un significato dubbio deve sempre essere intesa secondo il significato che porti ad un’affermazione vera. Pertanto… decidiamo e dichiariamo d’ufficio che in tutti i nostri scritti la nostra intenzione è sempre stata ed è anche ora che questa indulgenza plenaria a titolo di suffragio per le anime che soggiornano in Purgatorio, così concessa, sia utile e proficua nel modo in cui la posizione comune dei Dottori riconosce che sia utile e proficua.

Proposte di Pietro d’Osma condannate nella Bolla “Licet ea quae de nostro mandato”, 9 agosto 1479.

Errori relativi alla Confessione sacramentale e alle Indulgenze

1411. (1) La confessione dei peccati in dettaglio, che in realtà deriva da uno statuto della Chiesa universale, non è conosciuta per diritto divino.

1412. (2) Per quanto riguarda la colpa e la pena, i peccati mortali sono cancellati nell’altro mondo senza Confessione, con la sola contrizione del cuore,

1413. (3) e i pensieri depravati sono cancellati dal solo dispiacere.

1414. (4) Non è necessario che la Confessione sia segreta.

1415. (5) Chi si confessa non deve essere assolto prima di aver completato la penitenza.

1416. (6) Il Romano Pontefice non può rimettere le pene del Purgatorio…

1417. (7) né dispensare da ciò che sia stato stabilito dalla Chiesa universale.

1418. (8) Per quanto riguarda la collazione della grazia, il Sacramento della penitenza è un sacramento di natura, ma non di istituzione del vecchio o del nuovo Testamento.

1419. (Censura🙂 Per maggiore prudenza, dichiariamo… che le suddette proposizioni siano false, ognuna di esse, contrarie alla santa fede cattolica, erronee e scandalose, del tutto estranee alla verità del Vangelo, e contrarie anche ai decreti dei santi Padri ed alle altre Costituzioni apostoliche, e che contengono una manifesta eresia.

Costituzione “Grave nimis“, 4 settembre 1483.

L’Immacolata Concezione di Maria.

1425. – Sebbene la santa Chiesa romana celebri pubblicamente e solennemente la festa della Concezione dell’Immacolata e sempre Vergine Maria, e abbia istituito per essa un ufficio speciale e particolare, alcuni predicatori di vari ordini, come abbiamo appreso, non si sono vergognati finora di affermare pubblicamente al popolo di varie città e regioni, e non cessano di predicare ogni giorno, che tutti coloro che ritengano o affermino che questa stessa gloriosa e immacolata Madre di Dio fu concepita senza la macchia del peccato originale, sono mortalmente peccatori o eretici, e che sono mortalmente peccatori o eretici se celebrano l’ufficio di questa Immacolata Concezione e ascoltano le prediche di coloro che affermano che fosse concepita senza questa macchia.

1426. … Con l’intenzione di opporsi a queste temerarie audacie… riproviamo e condanniamo – di nostra iniziativa, non su richiesta di alcuna petizione presentateci in merito, ma unicamente in seguito ad una nostra deliberazione e ad una conoscenza certa – le affermazioni di questi e di altri predicatori, chiunque essi siano, che osano affermare che coloro che credono e sostengono che la madre di Dio sia stata preservata dal peccato originale nel suo concepimento, si macchierebbero di eresia o peccherebbero mortalmente, o che se celebrassero questo servizio del concepimento o ascoltassero queste prediche incorrerebbero nella colpa di un peccato; Queste affermazioni Noi le riproviamo e le condanniamo, in virtù dell’Autorità Apostolica, come false, erronee e totalmente contrarie alla verità, così come i suddetti libri che sono stati pubblicati con questo contenuto. Sottoponiamo alla stessa pena e censuriamo coloro che osino affermare che coloro che sostengono l’opinione contraria, cioè che la gloriosa Vergine Maria non sia stata concepita senza peccato originale, sono colpevoli di eresia o di peccato mortale, dal momento che la questione non è ancora stata decisa dalla Chiesa romana e dalla Sede Apostolica.

INNOCENZO VIII:

29 agosto 1484 – 25 giugno 1484

Bolla “Exposit tuæ devotionis” a Jean de Cirey, Abate del monastero di Citeaux, diocesi di Chalon-sur-Saône, 9 aprile 1489

L’estensione del potere d’ordine del Sacerdote.

1435. Come Ci è stato reso noto da una richiesta presentataci poco tempo fa da voi, a voi e agli abati dei quattro monasteri summenzionati è stata concessa, in virtù dei privilegi e degli indulti apostolici, per il tempo del loro ufficio, l’autorizzazione a conferire tutti gli Ordini minori alle persone di quell’Ordine all’interno dei monasteri summenzionati, a benedire le tovaglie dell’altare ed altri ornamenti della Chiesa, a usare la mitra, l’anello e le altre insegne pontificie, nonché di impartire nei propri monasteri e negli altri monasteri o priorati a loro soggetti, e nelle chiese parrocchiali o di altro tipo a loro appartenenti in tutto o in parte, anche se non sono a loro soggette di diritto, una benedizione solenne dopo la celebrazione della Messa, dei Vespri e del Mattutino, a condizione che nessun Vescovo o legato della Sede Apostolica sia presente a tale benedizione. .. : Noi, che circondiamo questo ordine prima degli altri con un amore affettuoso e che intendiamo gratificarlo con grazie e privilegi non inferiori a quelli concessi dai nostri predecessori, essendo disposti a rispondere alle vostre richieste in merito, vi concediamo come favore speciale, in virtù dell’Autorità Apostolica e della conoscenza certa, a voi e ai vostri successori e ai suddetti Abati degli altri quattro suddetti monasteri, affinché ora e durante il tempo in cui saranno in carica, voi e loro possiate in futuro benedire liberamente e legittimamente i suddetti paramenti ed ornamenti ecclesiastici e tutti gli altri. .. consacrare i calici… … , consacrare gli altari in tutti i luoghi dell’ordine con il santo crisma precedentemente ricevuto da un Vescovo cattolico, e dare anche la solenne benedizione dopo la celebrazione della Messa, dei Vespri e dei Mattutini, e in modo che i monaci del suddetto ordine non siano costretti a correre qua e là fuori dal monastero, per ricevere gli Ordini di suddiaconato e diaconato, potete regolarmente conferire questi altri Ordini di suddiaconato e diaconato a coloro che ritenete idonei, voi e i vostri successori, a tutti i monaci del suddetto ordine, e i quattro suddetti Abati e i loro successori ai religiosi dei suddetti monasteri. ..

ALESSANDRO VI: 11 agosto 1492-18 agosto 1503

PIO III: 22 settembre-18 ottobre 1503.

GIULIO II: 31 ottobre 1503-21 febbraio 1513.

5° Concilio Lateranense (18° ecumenico) 3 maggio 1512-16 marzo 1517

Continuazione del V Concilio Lateranense sotto LEONE X

LEONE X: 11 marzo 1513-1 dicembre 15

8a sessione: Bolla “Apostolici regiminis“.

Dottrina sull’anima umana, contro i neo-aristotelici

1440. Ai nostri giorni… il seminatore di malizia, l’antico nemico del genere umano (Mt XIII,25), ha osato di nuovo seminare e moltiplicare nel campo del Signore errori molto perniciosi, che sono sempre stati respinti dai fedeli, riguardo all’anima, e principalmente all’anima ragionevole, cioè che è mortale e unica in tutti gli uomini. E ci sono alcuni che, indulgendo avventatamente alla filosofia, sostengono che ciò sia vero, almeno secondo la filosofia: volendo applicare un rimedio efficace contro questa pestilenza, con l’approvazione di questo santo Concilio, condanniamo e rimproveriamo tutti coloro che affermIno che l’anima intellettiva è mortale o unica in tutti gli uomini, o che siano in dubbio su questo argomento. Infatti, non solo è realmente, intrinsecamente ed essenzialmente una forma del corpo umano, come afferma il canone del nostro predecessore, Papa Clemente V, pubblicato nel Concilio di Vienna (cf. 902), ma è in verità immortale, soggetta alla molteplicità secondo la molteplicità dei corpi in cui è infusa, effettivamente moltiplicata, e soggetta ad essere moltiplicata in futuro…

1441. Poiché la verità non può in alcun modo essere contraria alla verità, definiamo quindi completamente falsa qualsiasi affermazione contraria alla verità della fede illuminata, e vietiamo con il massimo rigore che venga insegnata una posizione diversa. E stabiliamo che tutti coloro che aderiscano all’affermazione di tale errore, diffondendo così le eresie più condannabili, siano assolutamente evitati e puniti, in quanto detestabili e abominevoli eretici ed infedeli che minano la fede cattolica.

10a sessione, 4 maggio 1515: Bolla “Inter multiplices

L’usura e i monti di pietà.

1442. Alcuni maestri e dottori affermano che questi monti non siano leciti quando, dopo un certo tempo, gli amministratori di tali monti esigano dai poverissimi a cui viene fatto il prestito qualcosa di più del capitale; per questo motivo, questi monti non sfuggirebbero al crimine di usura… poiché nostro Signore, come attesta l’Evangelista Luca (VI, 34ss.), ci ha obbligato con un chiaro precetto a non aspettarci da un prestito più del capitale. Infatti, l’usura si verifica proprio quando, in seguito all’uso di una cosa che non produce frutti, ci si sforza di ottenere un surplus e un frutto senza sforzo, senza costi e senza rischi. …

1443. Molti altri maestri e dottori affermano… che, per un bene così grande e così necessario alla cosa pubblica, non si debba pretendere o sperare nulla a causa del solo prestito, ma che, per compensare questi stessi monti per le spese degli stessi amministratori e per tutto ciò che è connesso al loro necessario mantenimento, sia permesso, senza lucro e purché sia necessario e moderato, esigere e prendere qualcosa da coloro che sono beneficiati da tale prestito, poiché la norma di legge prevede che chi beneficia del beneficio debba anche sopportarne l’onere, soprattutto quando l’autorità apostolica acconsenta. Questi ultimi maestri e dottori mostrano, inoltre, che questa posizione è stata approvata dai nostri predecessori, i Pontefici Romani di felice memoria, Paolo II, Sisto IV, Innocenzo VIII, Alessandro VI e Giulio II.

1444. Desideriamo, quindi, trattare la questione in modo corretto, da un lato, per una preoccupazione di giustizia, per non aprire l’abisso dell’usura, e, dall’altro, per amore della pietà e della verità, per provvedere alle necessità dei poveri. Tenendo presenti queste due preoccupazioni, che sembrano riguardare la pace e la tranquillità di ogni repubblica cristiana, e con l’approvazione del santo Concilio, dichiariamo e definiamo che i suddetti monti di pietà, creati dalle repubbliche e da allora approvati e confermati dall’autorità della Sede Apostolica in cui, come compenso e indennizzo per le sole spese sostenute per la loro amministrazione e per altre cose connesse al loro mantenimento, si riceva qualcosa di moderato in aggiunta al prestito, senza profitto e a titolo di indennizzo, non presentano alcuna apparenza di male, non incitano al peccato e non sono in alcun modo da condannare; Inoltre, dichiariamo e definiamo che tale prestito sia meritorio, da lodare e approvare, e in nessun modo da considerare usurario. .. Vogliamo che tutti coloro… che d’ora in poi oseranno predicare o argomentare, oralmente o per iscritto, contro la presente dichiarazione e decisione… incorrano nella pena della scomunica, che è già stata inflitta…

11a sessione, 19 dicembre 1516 – Bolla “Pastor aeternus gregem“.

Il rapporto tra il Papa e il Concilio.

1445. Riteniamo che non possiamo e non dobbiamo, senza venir meno alla nostra coscienza…, essere trattenuti o impediti dal revocare questa Sanzione (pragmatica) (di Bourges) che è così dannosa, né ciò che contiene. Il fatto che questa stessa Sanzione e il suo contenuto siano stati pubblicati al Concilio di Basilea e che, mentre il Concilio era in sessione, siano stati ricevuti e accettati dall’assemblea di Bourges, non deve impressionarci, poiché tutto ciò è stato fatto dopo il trasferimento dello stesso Concilio di Basilea (a Ferrara, il 18 settembre 1437) da parte di Papa Eugenio IV, nostro predecessore, attraverso il conciliabolo di Basilea… e quindi non poteva più avere alcun valore. Infatti, non solo dalla testimonianza della Sacra Scrittura, dalle affermazioni dei Santi Padri e degli altri Romani Pontefici, nostri predecessori, e dai decreti dei sacri canoni, ma anche per ammissione degli stessi Concili, è chiaro che solo il Romano Pontefice in carica, in virtù del fatto che ha autorità su tutti i Concili, abbia pieno diritto e potere di convocare, trasferire e sciogliere i Concili…

Decreto “Cum postquam” a Cajetan de Vio, legato pontificio, 9 novembre 1518.

Indulgenze

1447. … Affinché in futuro nessuno possa invocare l’ignoranza della dottrina della Chiesa romana riguardo a queste indulgenze e alla loro efficacia, né accampare scuse con il pretesto dell’ignoranza, né ricorrere ad una protesta priva di fondamento, ma affinché queste persone siano convinte di essere colpevoli di una notoria menzogna e giustamente condannate, abbiamo ritenuto di dovervi indicare con questa lettera ciò che la Chiesa romana, che gli altri devono seguire come loro madre, abbia insegnato.

1448. Il Romano Pontefice, successore di Pietro, detentore delle chiavi e Vicario di Gesù Cristo sulla terra, in virtù del potere delle chiavi che aprono il Regno dei Cieli, toglie ai fedeli ciò che li ostacola, cioè la punizione e la pena dovuta per i peccati attuali: La Chiesa può, per giusti motivi, concedere a questi fedeli, membri di Cristo attraverso il vincolo della carità, sia che si trovino in questa vita sia che si trovino in Purgatorio, indulgenze tratte dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo e dei Santi. Quando, in virtù della sua Autorità Apostolica, concede indulgenze sia per i vivi che per i morti, distribuisce secondo la sua consuetudine il tesoro dei meriti di Gesù Cristo e dei Santi, applicando l’indulgenza stessa con l’assoluzione o applicandola per intercessione. Pertanto tutti coloro, vivi o defunti, che hanno veramente ricevuto questa indulgenza, sono liberati dalla pena temporale dovuta, secondo la giustizia divina, per i loro peccati attuali, nella misura equivalente all’indulgenza concessa o acquisita.

1449. E decretiamo, in virtù dell’Autorità Apostolica e del tenore delle presenti, che così tutti debbano pensare e predicare sotto pena di scomunica latae sententiae.

Bolla “Exsurge Domine“, 15 giugno 1520.

Errori di Martin Lutero.

1451. (1) È un’opinione eretica ma frequente che i sacramenti della Nuova Legge diano la grazia santificante a coloro che non la ostacolano.

1452. (2) Negare che il peccato rimanga in un neonato dopo il battesimo significa calpestare sia Paolo che Cristo.

1453. 3. la concentrazione del peccato impedisce l’ingresso in paradiso dell’anima che lascia il corpo, anche se non c’è un peccato vero e proprio.

1454. 4. la carità imperfetta del morente include necessariamente una grande paura, che da sola è sufficiente a provocare la pena del Purgatorio, e che impedisce l’ingresso in Paradiso.

1455. 5. Le tre parti della penitenza, contrizione, confessione e soddisfazione, non hanno alcun fondamento né nella Sacra Scrittura né negli antichi Dottori del Cristianesimo.

1456. 6. La contrizione, che si prepara cercando, ricapitolando e detestando i peccati, quando si ripensa alla propria vita nell’amarezza del cuore, (Is 38,15), soppesando la gravità, il numero e la bruttezza dei peccati, vedendo la beatitudine eterna perduta e la dannazione eterna subita, questa contrizione rende ipocriti e ancora più peccatori.

1457. 7. Molto vero e più eccellente di tutti gli insegnamenti finora dati sui tipi di contrizione è il proverbio: “Non fare il male in futuro è una penitenza sovrana; la migliore penitenza è una nuova vita”.

1458. 8. Non presumete in alcun modo di confessare i peccati veniali e nemmeno tutti i peccati mortali, perché è impossibile conoscere tutti i vostri peccati mortali. Ecco perché nella Chiesa primitiva si confessavano solo i peccati mortali manifesti.

1459. 9. Quando vogliamo confessare chiaramente tutti i nostri peccati, intendiamo non permettere che nulla sia perdonato dalla misericordia di Dio.

1460. 10. A nessuno vengono rimessi i peccati se non crede che siano rimessi quando il Sacerdote li rimette; inoltre, il peccato rimarrebbe se non si credesse che è rimesso; perché non bastano la remissione dei peccati e l’elargizione della grazia, ma occorre ancora credere che il peccato sia rimesso.

1461. 11. Non dovete assolutamente credere di essere assolti grazie alla vostra contrizione, ma grazie alla parola di Cristo: “Quello che perderete”, ecc. (Mt 16,19). Perciò vi dico: se avete ottenuto l’assoluzione dal Sacerdote e credete fermamente di essere assolti, sarete veramente assolti, qualunque sia la contrizione.

1462. 12. Se per impossibilità un penitente non fosse contrito, o se il sacerdote non lo abbia assolto seriamente, ma per scherzo, se tuttavia il penitente si crede assolto, lo è veramente.

1463. 13. Nel sacramento della penitenza e nella remissione dei peccati, il Papa o un Vescovo non fa più del più piccolo dei sacerdoti; inoltre, dove non c’è un Sacerdote, qualsiasi cristiano, anche una donna o un bambino, può fare lo stesso.

1464. 14. Nessuno è tenuto a rispondere al Sacerdote che è contrito, e il Sacerdote non deve chiederlo.

1465. 15. Grande è l’errore di coloro che si accostano al sacramento dell’Eucaristia confidando di essersi confessati, di non essere a conoscenza di alcun peccato mortale, di aver fatto preghiere e preparazioni precedenti: tutti questi mangiano e bevono il loro giudizio. Ma se credono e confidano di ottenere la grazia, questa sola fede li rende puri e degni.

1466. 16. Sembra opportuno che la Chiesa decida in un concilio comune di dare la comunione ai laici sotto entrambe le specie, e i boemi che prendono la comunione sotto entrambe le specie non sono eretici ma scismatici.

1467. 17. I tesori della Chiesa con cui il Papa concede le indulgenze non sono i meriti di Cristo e dei Santi.

1468. 18. Le indulgenze sono una pia frode ai danni dei fedeli e una dispensa dalle opere buone; sono del numero delle cose permesse, non del numero delle cose utili.

1469. 19. Le indulgenze, per coloro che le guadagnano veramente, non hanno alcun valore nel rimettere la pena dovuta per i peccati attuali davanti alla giustizia di Dio.

1470. 20. Sbagliano coloro che credono che le indulgenze siano salutari e utili per il profitto spirituale.

1471. 21. Le indulgenze sono necessarie solo per gravi reati pubblici, e sono concesse in realtà solo agli induriti e agli impazienti.

1472. 22. Ci sono sei tipi di uomini per i quali le indulgenze non sono né necessarie né utili: i morti o i moribondi, gli ammalati, coloro che hanno un legittimo impedimento, coloro che non hanno commesso colpe gravi, coloro che hanno commesso colpe gravi ma non pubbliche e coloro che compiono opere migliori.

1473. 23. Le scomuniche sono solo pene esterne e non privano un uomo delle comuni preghiere spirituali della Chiesa.

1474. 24. I Cristiani devono essere educati ad amare la scomunica piuttosto che a temerla.

1475. 25. Il Romano Pontefice, successore di Pietro, non è il Vicario di Cristo istituito da Cristo stesso, nella persona di Pietro, su tutte le Chiese del mondo intero.

1476. 26. Le parole di Cristo a Pietro “qualunque cosa tu leghi sulla terra, ecc.”. (Mt XVI,19) si estende solo a ciò che Pietro stesso ha legato.

1477. 27. È certo che non è in alcun modo in potere della Chiesa o del Papa stabilire articoli di fede, tanto meno leggi riguardanti la morale o le buone opere.

1478. 28. Se il Papa pensasse a questa o quella questione con gran parte della Chiesa, non sbaglierebbe; tuttavia non è né peccato né eresia pensarla diversamente, soprattutto in una materia non necessaria alla salvezza, finché il Concilio universale non abbia condannato un’opinione e approvato l’altra.

1479. 29. È aperta la strada per minare l’autorità dei Concili, per contraddire i loro atti, per giudicare i loro decreti, per confessare con fiducia ciò che sembra essere vero, sia che sia stato approvato o disapprovato da qualche Concilio.

1480. 30. Alcuni articoli di Giovanni Hus che sono stati condannati nel Concilio di Costanza sono del tutto cristiani, verissimi ed evangelici: nemmeno tutta la Chiesa potrebbe condannarli.

1481. 31. In ogni opera buona il giusto pecca.

1482. 32. Un’opera buona perfettamente compiuta è un peccato veniale.

1483. 33. Che gli eretici siano stati bruciati è contrario alla volontà dello Spirito.

1484. 34. Combattere contro i Turchi significa opporsi a Dio che, attraverso di loro, si prende cura delle nostre iniquità.

1485. 35. Nessuno è certo di non peccare incessantemente per natura, a causa del vizio occulto di orgoglio.

1486. 36. Il libero arbitrio, dopo il peccato, è qualcosa solo di nome; e finché fa ciò che è in suo potere, pecca mortalmente.

1487. 37. Il Purgatorio non può essere provato da nessun testo della Sacra Scrittura che sia nel canone.

1488. 38. Le anime del Purgatorio non sono sicure della loro salvezza, almeno non tutte. Nessuna ragione e nessun testo della Scrittura prova che esse non si trovino in uno stato in cui meritino e in cui aumenti la loro carità.

1489. 39. Le anime del Purgatorio non cessano di peccare finché cercano il riposo e aborriscono la pena.

1490. 40. Le anime liberate dal Ppurgatorio grazie ai suffragi dei vivi sono meno felici che se si fossero soddisfatte da sole.

1491. 41. I prelati ecclesiastici e i principi secolari non farebbero male se distruggessero tutti i mendicanti.

1492. (Censura🙂 Ciascuno dei suddetti articoli o errori lo condanniamo, lo riproviamo e lo rigettiamo completamente, a seconda dei casi, come eretico, o scandaloso, o falso, o come offensivo per le orecchie pie, o come fuorviante per le menti semplici, e come contrario alla verità cattolica.

ADRIANO VI: 9 gennaio 1522-14 settembre 1523

ADRIANO VII: 19 novembre 1523-25 settembre 1534

PAOLO III: 13 ottobre 1534-10 novembre 1549

Breve “Pastorale officium” all’Arcivescovo di Toledo, 29 maggio 1537.

Il diritto umano alla libertà e alla proprietà.

1495. Siamo venuti a conoscenza del fatto che l’imperatore dei Romani Carlo (V), al fine di dissuadere coloro che, in preda all’avidità, sono animati da uno spirito di disumanità nei confronti degli uomini, ha proibito con un editto pubblico a tutti i suoi sudditi che qualcuno abbia l’ardire di ridurre in schiavitù gli Indiani d’Occidente o del Sud, o di privarli dei loro beni. Poiché è Nostra volontà che questi Indiani, anche se sono fuori dal seno della Chiesa, non siano privati della loro libertà o della disposizione dei loro beni, o considerati come se dovessero esserlo, finché sono uomini e quindi capaci di credere e di raggiungere la salvezza che non siano distrutti dalla schiavitù, ma invitati alla vita con la predicazione e l’esempio; e poiché, inoltre, desideriamo frenare le imprese di questi empi così vili, e fare in modo che non siano meno inclini ad abbracciare la fede di Cristo perché sono stati rivoltati dalle ingiustizie e dai torti subiti, chiediamo … alla vostra prudenza di … proibire con la massima severità, sotto pena di scomunica, a tutti e a ciascuno, qualunque sia il loro rango, di osare ridurre in schiavitù i suddetti Indiani in qualsiasi modo, o di privarli dei loro beni.

Costituzione “Altitudo divini consilii“, 1 giugno 1537.

“Privilegium fidei”

1497. Per quanto riguarda il loro matrimonio (degli Indiani), stabiliamo che si osservi quanto segue: coloro che prima della conversione avevano più mogli secondo le loro usanze e non ricordano quale abbiano preso per prima, quando si convertiranno alla fede cristiana, ne prenderanno una – quella che desiderano – e contrarranno matrimonio con lei con le parole relative al presente come al solito.

Ma coloro che ricordano quale abbiano presa per prima, terranno quella e lasceranno le altre.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (23): il CONCILIO DI TRENTO “Sess. III-VI”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A PIO XII (21): “da EUGENIO IV a CALLISTO III”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (21)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da Eugenio IV a Callisto III)

EUGENIO IV: 3 marzo 1431-23 febbraio 1447.

CONCILIO DI FIRENZE (17° ecumenico) 26 febbraio 1439-agosto (?) 1445

Bolla sull’unione con i Greci, “Laetentur cæli“, 6 luglio 1439.

Decreto per i Greci.

1300. (La processione dello Spirito Santo. ) Pertanto, in nome della Santa Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, con l’approvazione di questo santo Concilio universale di Firenze, definiamo questa verità di fede affinché sia creduta e accolta da tutti i Cristiani, e affinché tutti la professino: Che lo Spirito Santo è eternamente del Padre e del Figlio, e che deriva la sua Essenza e il suo Essere sussistente dal Padre e dal Figlio allo stesso tempo, e che procede eternamente da entrambi come da un unico principio e da un unico spirito (cfr. 2° Concilio di Lione 850).

1301. Dichiarando che ciò che dicono i santi dottori e Padri, cioè che lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio, tende a questa concezione, cioè che anche il Figlio è, secondo i Greci, la causa, secondo i Latini il principio della sussistenza dello Spirito Santo, oltre che del Padre. E poiché tutto ciò che è del Padre, il Padre stesso lo ha dato al suo Figlio unigenito generandolo, tranne il fatto di essere Padre, questa stessa cosa che lo Spirito Santo procede dal Figlio, il Figlio stesso la detiene eternamente dal Padre dal quale è stato anche eternamente generato.

1302. Definiamo inoltre la spiegazione contenuta in queste parole “… e del Figlio” come aggiunta al simbolo in modo lecito e ragionevole per far luce sulla verità, e per una necessità allora impellente.

1303. Allo stesso modo, nel pane di frumento, sia azzimo che fermentato, si forma veramente il Corpo di Cristo, e i Sacerdoti devono formare il Corpo stesso del Signore nell’uno o nell’altro pane, cioè secondo l’uso della sua Chiesa, sia occidentale che orientale.

1304. (La sorte dei defunti). Allo stesso modo, se coloro che sono veramente pentiti muoiono nell’amore di Dio, prima di aver riparato con frutti degni del loro pentimento le colpe commesse con azioni od omissioni, le loro anime sono purificate dopo la loro morte dalle pene purgatoriali, e affinché siano sollevati da pene di questo tipo, sono utili i suffragi dei fedeli viventi, vale a dire offerte di Messe, preghiere ed elemosine, e altre opere di pietà che sono ordinariamente compiute dai fedeli per altri fedeli, secondo le prescrizioni della Chiesa.

1305. Le anime di coloro che, dopo aver ricevuto il Battesimo, non si sono macchiati di alcun peccato e quelle che, dopo essersi macchiate di peccato, sia nel corpo sia dopo essere state spogliate del corpo, siano state purificate come è stato detto sopra, sono immediatamente accolte in cielo e contemplano chiaramente il Dio uno e trino, così come è; ma alcune più perfettamente di altre, secondo la diversità dei loro meriti.

1306. Quanto alle anime di coloro che scompaiono in stato di peccato mortale o solo originale, esse scendono immediatamente all’inferno, per esservi punite, però, con pene diseguali 856-858.

1307. (Il rango delle Sedi patriarcali; il Primato romano). Allo stesso modo definiamo che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice detengano il primato su tutto l’universo e che il Romano Pontefice è il successore del beato Pietro, Principe degli Apostoli, e il vero Vicario di Cristo, capo di tutta la Chiesa, padre e maestro di tutti i Cristiani, e che a lui è stato trasmesso da nostro Signore Gesù Cristo, nel beato Pietro, il pieno potere di pascere, dirigere e governare la Chiesa universale, come è contenuto negli atti dei Concili ecumenici e nei sacri Canoni.

1308. Rinnoviamo inoltre l’ordine attestato dai canoni per gli altri venerabili Patriarchi, in modo che il patriarca di Costantinopoli sia il secondo dopo il santissimo Pontefice Romano, il Patriarca di Alessandria il terzo, il Patriarca di Antiochia il quarto e il Patriarca di Gerusalemme il quinto, restando naturalmente intatti tutti i loro privilegi e diritti.

Decreto “Moyses vir Dei” contro il Concilio di Basilea, 4 settembre 1439.

La dipendenza del Concilio generale dal Papa.

1309. (I membri del Concilio di Basilea)… hanno pubblicato tre proposizioni che chiamano verità di fede, dichiarando eretici noi e tutti i principi, i prelati e gli altri fedeli devoti alla Sede Apostolica, e che sono parola per parola le seguenti: La verità sul potere del Concilio generale che rappresenta la Chiesa universale, dichiarato superiore a quello del Papa e di qualsiasi altro dai Concili generali di Costanza e attualmente di Basilea, è una verità di fede cattolica. È una verità di fede cattolica che il Papa non possa in alcun modo, di sua autorità, sciogliere un Concilio generale che rappresenti la Chiesa universale legittimamente riunito su una qualsiasi delle questioni esposte nella precedente verità, né può rinviarlo ad altra data, né trasferirlo in altro luogo, senza il consenso di quel Concilio. Chiunque si opponga ostinatamente alle suddette verità è da considerarsi eretico. (Condanna:)… le stesse proposizioni sopra ricopiate secondo la perversa interpretazione di questi basilesi, che mostrano essere contraria alla sana intenzione della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e dello stesso Concilio di Costanza, senza dimenticare la suddetta cosiddetta sentenza di dichiarazione o privazione con tutto ciò che ne è seguito e ne potrà seguire in futuro, in quanto empia e scandalosa, nonché tendente ad una manifesta scissione nella Chiesa di Dio e alla confusione dell’intero ordine ecclesiastico e del principato cristiano.

Bolla sull’unione con gli Armeni, “Exsultate Deo”, 22 novembre 1439.

Decreto per gli Armeni.

(Si citano prima: 1 – la professione di Costantinopoli, con l’inserimento del “Filioque” 150 2 – la definizione del Concilio di Calcedonia sulle due nature in Cristo 301-303 3 – la definizione del Concilio sui due testamenti di Cristo 557 4 – il decreto sull’autorità del Concilio di Calcedonia e di Leone Magno)

1310. Nel quinto luogo abbiamo riassunto la verità dei Sacramenti della Chiesa, per una più facile istruzione degli Armeni presenti e futuri, nella seguente brevissima formula: i Sacramenti della nuova Legge sono sette, cioè il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia, la Penitenza, l’Estrema unzione, l’Ordine e il Matrimonio, che differiscono molto dai sacramenti dell’antica Legge. Questi non erano la causa della grazia, ma solo la figura della grazia che doveva essere data dalla Passione di Cristo. I nostri, invece, contengono la grazia e la conferiscono a chi li riceve come si deve.

1311. I primi cinque sono stati ordinati per la perfezione spirituale di ogni uomo in se stesso, gli ultimi due per la guida e la moltiplicazione di tutta la Chiesa. Infatti, con il Battesimo rinasciamo spiritualmente; con la Confermazione cresciamo nella grazia e siamo rafforzati dalla fede. Rinati e rafforzati, siamo nutriti dal cibo della divina Eucaristia. E se, a causa del peccato, cadiamo in una malattia dell’anima, siamo guariti spiritualmente con la penitenza. Spiritualmente e corporalmente, come si addice all’anima, con l’Estrema Unzione. Ma con l’Ordine la Chiesa è governata e moltiplicata spiritualmente, con il Matrimonio è accresciuta corporalmente.

1312. Tutti questi Sacramenti sono realizzati da tre componenti: le cose che sono come la materia, le parole che sono come la forma e la persona del ministro che conferisce il Sacramento con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Se manca uno di questi elementi, il Sacramento non si compie.

1313. Tra questi sacramenti ce ne sono tre, il Battesimo, la Cresima e l’Ordine, che imprimono nell’anima un carattere, cioè un certo segno spirituale che lo distingue da tutti gli altri, in modo indelebile. Per questo non si ripetono nella stessa persona. Gli altri quattro non imprimono un carattere e possono essere ripetuti.

1314. Il primo posto di tutti i Sacramenti è occupato dal Santo Battesimo, che è la porta d’ingresso alla vita spirituale; con esso diventiamo membri di Cristo e del corpo della Chiesa. E poiché attraverso il primo uomo la morte è entrata in tutti (Rm 5,12), se non rinasciamo dall’acqua e dallo spirito non possiamo, come dice la Verità, entrare nel Regno dei cieli (Gv 3,5). La materia di questo Sacramento è l’acqua vera e naturale, e non importa se è fredda o calda. La sua forma è: “Io vi battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. – Tuttavia non neghiamo che con le parole: “Sia battezzato il tale e talaltro servo di Cristo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, oppure: “Per le mie mani sia battezzato il tale e talaltro nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, si compia un vero battesimo. Poiché la causa principale da cui il Battesimo trae la sua virtù è la Santissima Trinità, la causa strumentale il ministro che dà il Sacramento esterno; se l’atto che viene compiuto da questo ministro è espresso con l’invocazione della Santissima Trinità, il Sacramento è compiuto.

1315. Il ministro di questo Sacramento è il Sacerdote, che in virtù del suo ufficio è responsabile del Battesimo; ma in caso di necessità non solo un Sacerdote o un diacono, ma anche un laico o una donna, tanto più un pagano e un eretico, possono battezzare, purché rispettino la forma della Chiesa e intendano fare ciò che la Chiesa fa.

1316. L’effetto di questo Sacramento è la remissione di ogni colpa originale e presente, e di ogni pena dovuta per tale colpa; di conseguenza non si deve fare alcuna riparazione ai battezzati per i loro peccati passati, ma se muoiono prima di aver commesso qualsiasi colpa, ottengono subito il regno dei cieli e la visione di Dio.

1317. Il secondo Sacramento è la Cresima, la cui materia è il crisma fatto di olio, che significa la luce di coscienza, e balsamo, che significa odore di buona reputazione, benedetto dal Vescovo. La forma è “Ti segno con il segno della croce e ti confermo con il crisma della salvezza nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. “

1318. Il suo ministro ordinario è il Vescovo. E mentre il semplice Sacerdote può impartire tutte le unzioni, solo il Vescovo deve conferire questa, perché solo degli Apostoli, di cui i Vescovi ricoprono il ruolo, leggiamo che hanno conferito lo Spirito Santo con l’imposizione della mano, come dimostra la lettura degli Atti degli Apostoli. Infatti, poiché gli Apostoli, si dice, che erano a Gerusalemme, udirono che la Samaria aveva ricevuto la parola di Dio, mandarono da loro Pietro e Giovanni, i quali, arrivati, pregarono perché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora entrato in nessuno di loro, ma erano stati battezzati solo nel Nome del Signore Gesù, imposero loro le mani e ricevettero lo Spirito Santo” (Atti 8:14-17). Invece di questa imposizione delle mani, nella Chiesa si dà la cresima. Tuttavia, a volte si legge che per dispensa della Sede Apostolica, per un motivo ragionevole e abbastanza urgente, un semplice Sacerdote con il crisma fatto dal Vescovo, amministrava il Sacramento della confermazione.

1319. L’effetto di questo Sacramento è che, poiché in esso viene dato lo Spirito Santo per la forza, come fu dato agli Apostoli nel giorno di Pentecoste, il cristiano certamente confessa con coraggio il Nome di Cristo. Perciò colui che deve essere cresimato viene unto sulla fronte, dove si trova la sede del pudore, affinché non si vergogni di confessare il Nome di Cristo e soprattutto la sua croce, che è “scandalo per i Giudei, ma stoltezza per i Gentili” (1 Cor 1, 23) secondo l’Apostolo, e per questo la sua fronte viene segnata con il segno della croce.

1320. Il terzo Sacramento è l’Eucaristia, la cui sostanza è il pane di grano e il vino di vite, a cui va mescolata un po’ d’acqua prima della consacrazione. L’acqua viene mescolata ad esso per il motivo che, secondo le testimonianze dei santi Padri e Dottori della Chiesa recentemente presentate nella discussione, si ritiene che il Signore stesso abbia istituito questo Sacramento per mezzo del vino mescolato all’acqua. Inoltre, perché è adatto alla rappresentazione della Passione del Signore. Il Beato Papa Alessandro, quinto del Beato Pietro, dice infatti: “Nelle offerte dei Sacramenti che nelle solennità delle Messe si offrono al Signore, si offrano in sacrificio solo pane e vino mescolati con acqua. Infatti nel calice del Signore non si deve offrire solo vino o solo acqua, ma una mistura di entrambi, perché entrambi, cioè il sangue e l’acqua, sgorgarono dal costato di Cristo”, dice (Gv XIX,34). E anche perché è appropriato per significare l’effetto di questo Sacramento, che è l’unione del popolo cristiano con Cristo. L’acqua infatti significa il popolo secondo questo passo dell’Apocalisse: molte acque, molti popoli, (Ap XVII, 15). – E papa Giulio, il secondo dopo il beato Silvestro, dice: “Il calice del Signore, secondo la prescrizione dei canoni, deve essere offerto mescolato con vino e acqua, perché vediamo che con l’acqua si intende il popolo e con il vino il sangue del Signore; perciò quando nel calice si mescolano vino e acqua, il popolo è unito a Cristo e la folla dei fedeli è attaccata e unita a Colui nel quale credono”. Pertanto, poiché la santa Chiesa romana, istruita dai beatissimi Apostoli Pietro e Paolo, così come tutte le altre Chiese dei Latini e dei Greci, in cui le luci di conoscenza, hanno rispettato questa usanza fin dall’inizio della Chiesa nascente e lo fanno oggi, sembra del tutto improprio che qualsiasi altra regione non sia d’accordo con questa osservanza universale e ragionevole. Decretiamo quindi che anche gli Armeni si conformino a tutto il mondo cristiano e che i loro Sacerdoti, al momento dell’offerta del calice, mescolino al vino un po’ d’acqua, come è stato detto.

1321. – La forma di questo Sacramento è costituita dalle parole del Salvatore per le quali Egli compì questo Sacramento. Infatti il Sacerdote compie questo Sacramento parlando in persona di Cristo. Infatti, in virtù di queste parole, la sostanza del pane si trasforma nel corpo di Cristo e quella del vino nel suo sangue, così che Cristo è contenuto interamente sotto l’aspetto del pane e interamente sotto l’aspetto del vino. Anche sotto qualsiasi parte dell’ostia consacrata e del vino consacrato, una volta effettuata la separazione, Cristo è intero.

1322. L’effetto di questo Sacramento, che opera nell’anima di chi lo riceve degnamente, è l’unione dell’uomo con Cristo. E poiché per grazia l’uomo è incorporato a Cristo e unito alle sue membra, ne consegue che per mezzo di questo Sacramento la grazia è accresciuta in coloro che lo ricevono degnamente, e tutto l’effetto che il cibo e la bevanda materiali producono nei confronti della vita corporea, sostenendola, accrescendola, riparandola e dilettandola, questo Sacramento opera nei confronti della vita spirituale, poiché per mezzo di esso, come dice Papa Urbano (IV;) (cf. 846), riproduciamo nella nostra mente il ricordo pieno di grazia del nostro Salvatore, ci allontaniamo dal male, ci rafforziamo nel bene e progrediamo verso virtù e grazie maggiori.

1323. Il quarto Sacramento è la Penitenza, la cui materia è costituita dagli atti penitenziali, che si dividono in tre tipi: il primo è la contrizione del cuore, a cui è legato il dolore del peccato commesso con il proposito di non peccare più. La seconda è la confessione della bocca, per la quale è importante che il peccatore confessi per intero al suo Sacerdote tutti i peccati che ricorda. La terza è la riparazione dei peccati secondo il giudizio del Sacerdote; si fa soprattutto con la preghiera, il digiuno e l’elemosina. La forma di questo Sacramento è costituita dalle parole di assoluzione pronunciate dal Sacerdote quando dice: “Ti assolvo”. Il ministro di questo Sacramento è il Sacerdote che ha l’autorità di assolvere ordinariamente o per delega di un superiore. L’effetto di questo Sacramento è l’assoluzione dei peccati.

1324. Il quinto Sacramento è l’Estrema Unzione, la cui sostanza è l’olio d’oliva benedetto dal Vescovo. Questo Sacramento deve essere dato solo ad un malato di cui si teme la morte; deve essere unto in questi punti: sugli occhi per la vista, sulle orecchie per l’udito, sulle narici per l’olfatto, sulla bocca per il gusto e la parola, sulle mani per il tatto, sui piedi per la deambulazione e sui lombi per il piacere che vi ha vigore. La forma di questo Sacramento è la seguente: “Per questa unzione e per la sua misericordia, il Signore ti perdoni tutte le colpe che hai commesso con la vista” e così per tutti gli altri organi.

1325. Il ministro di questo Sacramento è il Sacerdote. Quanto al suo effetto, è la guarigione dello spirito e, nella misura in cui è utile all’anima, anche del corpo. Di questo Sacramento il beato Apostolo Giacomo dice: “Se qualcuno di voi è malato, mandi a chiamare i Sacerdoti della Chiesa perché preghino su di lui, ungendolo con olio nel Nome del Signore; la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo risusciterà e, se ha dei peccati, gli saranno perdonati” (Giacomo V:14).

1326. Il sesto è il Sacramento dell’Ordine, la cui materia è quella con cui l’Ordine viene conferito. Per esempio, il sacerdozio viene trasmesso con l’atto di tenere il calice con il vino e la patena con il pane. Il diaconato con la consegna del libro dei Vangeli e il suddiaconato con la consegna del calice vuoto con la patena vuota posta sopra. E allo stesso modo degli altri con l’assegnazione degli oggetti relativi ai loro ministeri. La forma del Sacerdozio è: “Ricevi il potere di offrire il Sacrificio nella Chiesa per i vivi e per i morti, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. “E così le forme degli altri Ordini, come sono ampiamente contenute nel Pontificale Romano. Il ministro ordinario di questo Sacramento è il Vescovo. Il suo effetto è l’aumento della grazia, affinché si possa essere un ministro qualificato di Cristo.

1327. Il settimo è il Sacramento del Matrimonio, che è il segno dell’unione di Cristo e della Chiesa, secondo l’Apostolo che dice: “Questo è un grande sacramento, ve lo dico io, in Cristo e nella Chiesa” (Ef V,32). La causa efficiente del Matrimonio è regolarmente il mutuo consenso espresso oralmente con le parole. Al Matrimonio è assegnato un triplice bene. Il primo è quello di avere figli e di educarli al culto di Dio. Il secondo è la fedeltà che ogni coniuge deve mantenere nei confronti dell’altro. Il terzo è l’indivisibilità del matrimonio, perché significa l’unione indivisibile di Cristo e della Chiesa. E sebbene sia lecito separarsi dal letto a causa della fornicazione, non è permesso contrarre un altro matrimonio, poiché il vincolo del Matrimonio legittimamente contratto è perpetuo.

(Seguono: 6 – la professione di fede detta di Atanasio; 7 – il decreto di unione con i Greci; 8 – un decreto che prescrive che alcune feste siano celebrate in comune con la Chiesa romana; poi tutto finisce così)

1328. Dopo aver spiegato questi punti, i suddetti oratori degli Armeni, a nome proprio e del loro Patriarca e di tutti gli Armeni, accettano, riconoscono e abbracciano con piena devozione e obbedienza questo salutarissimo decreto sinodale con tutti i suoi capitoli, le dichiarazioni, le definizioni, gli insegnamenti, le prescrizioni e gli statuti, e tutta la dottrina registrata in questo decreto, così come tutto ciò che è sostenuto e insegnato dalla Santa Sede Apostolica e dalla Chiesa Romana. Riconoscono inoltre con rispetto i Dottori ed i Santi Padri approvati dalla Chiesa romana. E tutte le persone e le cose che la Chiesa romana rimprovera e condanna, le ritengono anch’esse rimproverate e condannate.

Bolla sull’unione con i Copti e gli Etiopi, “Cantate Domino“, 4 febbraio 1442 (1441 secondo il computo di Firenze).

Decreto per i giacobiti.

1330. La santissima Chiesa romana, fondata dalla voce del nostro Signore e Salvatore, crede, professa e predica fermamente un solo vero Dio, onnipotente, immutabile ed eterno; il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; uno in essenza, tre in Persone, il Padre non generato, il Figlio generato dal Padre, lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio; il Padre non è il Figlio o lo Spirito Santo, lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio, ma il Padre è solo il Padre, il Figlio è solo il Figlio, lo Spirito Santo è solo lo Spirito Santo. Solo il Padre ha generato il Figlio dalla sua sostanza. Solo il Figlio è nato dal Padre. Solo lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Queste tre Persone sono un solo Dio, non tre dèi, perché delle tre una è la sostanza, una l’Essenza, una la natura, una la divinità, una l’infinità, una l’eternità, e tutte le cose sono una, dove non c’è opposizione di relazione.

1331. “In virtù di questa unità, il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo, il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo, lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio. Nessuno di loro precede l’altro nell’eternità o lo supera in grandezza o lo supera in potenza. Perché eternamente e senza inizio il Figlio è nato dal Padre, ed eternamente e senza inizio lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio”. Tutto ciò che il Padre è o ha, non lo ha da un altro, ma da se stesso, ed è Principio senza principio. Tutto ciò che il Figlio è o ha, lo ha dal Padre ed è principio da principio. Tutto ciò che lo Spirito Santo è o ha, lo ha dal Padre e dal Figlio. Ma il Padre e il Figlio non sono due principi dello Spirito Santo, bensì un unico Principio, così come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principi della creatura, bensì un unico Principio.

1332. Perciò tutti coloro che pensano cose opposte o contrarie, la Chiesa condanna, rimprovera, anatemizza e denuncia come estranei al corpo di Cristo che è la Chiesa. Di conseguenza condanna Sabellius che confonde le Sersone e toglie completamente la vera distinzione tra di esse, condanna gli ariani, gli eunomiani, i macedoniani che dicono che il Padre è l’unico vero Dio e pongono il Figlio e lo Spirito Santo tra le creature. Condanna anche tutti gli altri che stabiliscono gradi o disuguaglianze nella Trinità.

1333. Crede, professa e predica fermamente che il vero Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, è il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili, il quale, quando volle, creò con la bontà tutte le creature, sia spirituali che corporee, buone sì, perché fatte dal sovrano Bene, ma mutevoli, perché fatte dal nulla, e afferma che il male non è di natura, perché tutta la natura, in quanto natura, è buona.

1334. Essa professa che un solo e medesimo Dio è l’autore dell’Antico e del Nuovo Testamento, cioè della Legge e dei Profeti e dei Vangeli, poiché fu per ispirazione dello stesso Spirito Santo che parlarono i Santi di entrambi i Testamenti, i cui libri la Chiesa riconosce e venera con i seguenti titoli.

1335. Cinque di Mosè, cioè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Rut, quattro libri dei Re, due dei Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobito, Giuditta, Ester, Giobbe, Salmi di Davide, Parabole, Ecclesiaste, Cantici di Salomone, Sapienza, Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruc, Ezechiele, Daniele, i dodici Profeti minori, cioè Osea, Gioele, Amedeo, Amedeo, Geremia e Daniele: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia, i due libri dei Maccabei, i quattro Vangeli di Matteo, Marco, Luca, Giovanni; le quattordici Epistole di Paolo, ai Romani, le due ai Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, le due ai Tessalonicesi, ai Colossesi, le due a Timoteo e Tito, a Filemone, agli Ebrei; due di Pietro; tre di Giovanni; una di Giacomo; una di Giuda; gli Atti degli Apostoli e l’Apocalisse di Giovanni.

1336. Perciò anatemizza la follia dei manichei, che hanno stabilito due principi primi, uno delle cose visibili e l’altro delle cose invisibili, e hanno detto che c’è un Dio del Nuovo Testamento e un altro dell’Antico.

1337. Essa crede, professa e predica fermamente che una sola Persona della Trinità, vero Dio, Figlio di Dio nato dal Padre, consustanziale e coeterno con il Padre, nella pienezza dei tempi disposti dall’imperscrutabile profondità del disegno divino, assunse per la salvezza del genere umano nel grembo immacolato della Vergine Maria la vera e intera natura di uomo e la unì a Sé nell’unità di una Persona con un’unità così profonda che tutto ciò che in Lui è di Dio non è separato dall’uomo, e tutto ciò che è dell’uomo non è diviso dalla divinità, ma è una cosa sola e indivisibile, ciascuna delle due nature sussistendo nelle sue proprietà, Dio e uomo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo uguale al Padre secondo la divinità, inferiore al Padre secondo la sua umanità” (Professione di fede dello Pseudo-Atanasio: Simbolo. ” Quicumque”, dice Atanasio. immortale ed eterno per la natura della Divinità, passibile e temporale per la condizione dell’umanità assunta.

1338. Crede, professa e predica fermamente che il Figlio di Dio nell’umanità assunta è veramente nato dalla Vergine, ha veramente sofferto, è veramente morto e sepolto, è veramente risorto, è asceso al cielo, siede alla destra del Padre e verrà alla fine dei secoli per giudicare i vivi e i morti.

1339. Anatemizza, esecra e condanna tutte le eresie che sostengano tesi contrarie. In primo luogo condanna Ebio, Cerinto, Marcione, Paolo di Samosata, Fotino e tutti coloro che similmente bestemmiano, i quali, non riuscendo a comprendere l’unione personale dell’umanità con il Verbo Gesù Cristo, nostro Signore, hanno negato che Egli fosse vero Dio, riconoscendolo solo come un uomo che, per una maggiore partecipazione alla grazia divina che aveva ricevuto per merito della sua vita più santa, si era definito un uomo divino.

1340. Anatemizza anche Mani e i suoi seguaci, i quali, immaginando che il Figlio di Dio avesse assunto non un vero corpo ma uno apparente, sopprimevano del tutto la verità in Cristo.

1341. E anche Valentino, il quale sostiene che il Figlio di Dio non ha preso nulla dalla Vergine Madre, ma ha assunto un corpo celeste ed è passato attraverso il grembo della Vergine come l’acqua passa attraverso un acquedotto.

1342. Anche Ario, il quale, sostenendo che il corpo assunto dalla Vergine era privo di anima, avrebbe voluto che al posto dell’anima ci fosse stata la divinità.

1343. Ancora Apollinare, il quale, comprendendo che se si negava un’anima che informa il corpo, non c’era nemmeno una vera umanità in Cristo, poneva solo un’anima sensibile, ma diceva che la divinità del Verbo prendeva il posto di un’anima razionale.

1344. Anatemizza anche Teodoro di Mopsuestis e Nestorio, i quali sostengono che l’umanità sia stata unita al Figlio di Dio per grazia, e che per questo ci sono due persone in Cristo, così come professano che ci sono due nature, poiché non riuscivano a capire che c’era un’unione ipostatica dell’umanità con il Verbo, e per questo negavano che essa ricevesse la sostanza del Verbo. Infatti, secondo questa bestemmia, non fu il Verbo a farsi carne, ma il Verbo per grazia abitò nella carne, cioè non fu il Figlio di Dio a farsi uomo, ma fu il Figlio di Dio ad abitare nell’uomo.

1345. Anatemizza, esecra e condanna anche l’archimandrita Eutyches, il quale, comprendendo che secondo la bestemmia di Nestorio, la verità dell’Incarnazione sia esclusa, e che di conseguenza sia necessario che l’umanità sia stata unita al Verbo di Dio in modo tale che vi sia una sola e medesima Persona di divinità e umanità, e inoltre non potendo concepire l’unità della Persona se rimanesse la pluralità delle nature, come ha postulato che in Cristo c’è una sola persona della Divinità e dell’umanità, così ha postulato che in Cristo c’è una sola Persona della Divinità e dell’umanità. – Così come ha affermato che in Cristo c’è una sola Persona della Divinità e dell’umanità, ha anche sostenuto che c’è una sola natura, ammettendo con estrema blasfemia ed empietà sia che l’umanità sia stata mutata in Divinità, sia che la Divinità sia stata mutata in umanità.

1346. La Chiesa anatematizza, esecra e condanna anche Macario di Antiochia e tutti coloro che professano tesi simili, i quali, pur sostenendo con verità la dualità delle nature e l’unità della Persona, hanno tuttavia errato smodatamente riguardo alle operazioni di Cristo, dicendo che in Cristo le due nature non avevano che una sola operazione e una sola volontà. La sacra Chiesa romana anatemizza tutti questi uomini con le loro eresie, affermando che in Cristo ci sono due volontà e due operazioni.

1347. Essa crede, professa e insegna fermamente che nessuno concepito da un uomo e da una donna sia mai stato liberato dal dominio del diavolo, se non per fede nel Signore nostro Gesù Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, (1 Tm II,5), il quale, concepito, nato e morto senza peccato, solo con la sua morte ha abbattuto il nemico del genere umano, ha distrutto i nostri peccati e ci ha riaperto l’ingresso al regno celeste, che il primo uomo ha perso con il proprio peccato insieme a tutta la sua discendenza, e la cui futura venuta è stata annunciata da tutti i sacrifici, i sacramenti e le cerimonie dell’Antico Testamento.

1348. Crede, professa e insegna fermamente che le prescrizioni legali dell’Antico Testamento, che si dividono in cerimonie, sacrifici sacri e sacramenti, in quanto istituite per significare qualcosa di futuro, sebbene a quel tempo fossero adatte al culto divino, una volta che nostro Signore Gesù Cristo, che era significato da esse, era venuto a mancare, e i Sacramenti del Nuovo Testamento erano iniziati. Chi ancora dopo la Passione ripone la sua speranza nelle prescrizioni legali e si sottomette ad esse credendole necessarie per la salvezza, come se la fede in Cristo non potesse salvare senza di esse, ha peccato mortalmente. Non nega, tuttavia, che dalla Passione di Cristo fino alla promulgazione del Vangelo, esse possano essere state osservate almeno nella misura in cui erano ritenute necessarie per la salvezza. Ma dopo la promulgazione del Vangelo, la Chiesa afferma che non possano essere rispettati senza l’annullamento della salvezza eterna. Perciò denuncia come estranei alla fede di Cristo tutti coloro che da allora hanno osservato la circoncisione, il sabato e altre prescrizioni legali, e afferma che non possano avere alcuna parte nella salvezza eterna, a meno che un giorno non tornino indietro da questi errori. Pertanto, a tutti coloro che si fregiano del nome di Cristiani, prescrive assolutamente che in qualsiasi momento, sia prima che dopo il Battesimo, si debba rinunciare alla circoncisione, sia che si riponga in essa la propria speranza, sia che non la si possa osservare senza che ciò annulli la salvezza eterna.

1349. Riguardo ai neonati, a causa del pericolo di morte che spesso si può incontrare, poiché non è possibile aiutarli con altro rimedio che il Sacramento del Battesimo, con il quale vengono strappati al dominio del diavolo e adottati come figli di Dio, avverte che il Battesimo non debba essere differito di quaranta o ottanta giorni o di qualsiasi altro periodo, come fanno alcuni, ma che sia conferito il più presto possibile, ma in modo tale che, se c’è un pericolo immediato di morte, siano battezzati senza alcun indugio, anche da un laico o da una donna, nella forma della Chiesa, se manca un Sacerdote, come è più ampiamente contenuto nel decreto degli Armeni (cf. 1315).

1350. Crede, professa e predica fermamente che ogni creatura di Dio è buona” “e che nulla è da rifiutare, se accolto con rendimento di grazie” (1Tim IV, 4)perché secondo la parola del Signore: “Non è ciò che entra nella bocca che contamina l’uomo” (Mt XV,11), e afferma che la differenza fatta dalla Legge di Mosè tra cibi puliti e cibi impuri appartiene a ciò che è cerimoniale, che con la comparsa del Vangelo si è affievolito e ha cessato di essere efficace. Dice anche che la proibizione fatta dagli Apostoli “delle carni sacrificate agli idoli, del sangue, delle carni soffocate” (At XV, 29), era appropriata per il tempo in cui Giudei e Gentili, che vivevano con cerimonie e costumi diversi, erano nati in un’unica Chiesa, così che anche i Gentili osservavano alcune cose in comune con i Giudei, e che si offrisse l’opportunità di riunirsi nello stesso culto di Dio e nella stessa fede, e che si eliminasse un argomento di dissenso, dato che i Giudei, a causa della loro antica tradizione, consideravano abominevoli il sangue e la carne soffocata, e si poteva pensare che mangiando carne immolata i Gentili sarebbero tornati all’idolatria. Ma quando la Religione cristiana si diffuse a tal punto che non si vide più un solo giudeo carnale, ma tutti coloro che passavano per la Chiesa partecipavano agli stessi riti e cerimonie del Vangelo, credendo che “per i puri tutte le cose sono pure” (Tito I: 15), la causa di questa proibizione apostolica cessò. Proclama quindi che non si debba condannare nessun tipo di cibo accettato dalla società umana e che non si debba fare alcuna distinzione tra gli animali da parte di nessuno, maschi o femmine, e di qualunque tipo di morte essi muoiano, anche se per la salute del corpo, per l’addestramento alla virtù, per la disciplina regolare ed ecclesiastica molti di essi che non sono proibiti debbano essere scartati; infatti, secondo l’Apostolo “tutti sono permessi, ma non tutti sono vantaggiosi” (1Cor VI,12 -1Cor X,23)

1351. Essa crede, professa e predica fermamente che “nessuno di coloro che sono al di fuori della Chiesa cattolica, non solo i pagani, ma anche i Giudei o gli eretici e gli scismatici, possa diventare partecipe della vita eterna, ma andrà “nel fuoco eterno che è preparato dal diavolo e dai suoi angeli” (Mt XXV, 41) se prima della fine della loro vita non si saranno uniti ad essa. Professa inoltre che l’unità del corpo della Chiesa ha una tale forza che i Sacramenti della Chiesa sono utili alla salvezza solo per coloro che rimangono in essa, per i quali solo i digiuni, le elemosine e tutti gli altri doveri di pietà e gli esercizi della milizia cristiana producono ricompense eterne, e che “nessuno possa essere salvato, per quanto grande sia la sua elemosina, anche se versa il suo sangue per il nome di Cristo, se non è rimasto nel seno e nell’unità della Chiesa cattolica”. “

1352. Ma poiché nel decreto degli Armeni sopra riportato non è stata spiegata la formula che è sempre stata consueta nella consacrazione del Corpo e del Sangue del Signore da parte della sacrosanta Chiesa romana, stabilita dalla dottrina e dall’autorità degli Apostoli Pietro e Paolo, riteniamo necessario introdurla nel presente. Nella consacrazione del Corpo del Signore essa usa questa formula: “Questo è il mio corpo”; in quella del Sangue: “Perché questo è il calice del mio sangue, nuova ed eterna alleanza, mistero di fede, che per voi e per molti sarà versato per la remissione dei peccati”. Per quanto riguarda il pane di frumento in cui si compie il Sacramento, è assolutamente irrilevante che sia stato cotto in quel giorno o in precedenza; poiché, purché la sostanza del pane rimanga, non c’è dubbio che, dopo che le parole citate nella consacrazione del corpo siano state pronunciate dal Sacerdote con l’intenzione di compierla, esso sarà subito transustanziato nel vero Corpo di Cristo.

1353. Poiché, si afferma, alcuni respingono come condannati i quarti matrimoni, per evitare che si pensi che ci sia peccato dove non c’è [peccato], poiché secondo l’Apostolo quando il marito è morto la moglie è liberata dalla sua legge ed è autorizzata a sposare chi vuole nel Signore (Rm VII,2 1 – Cor VII,39) e non distingue se l’uomo morto è il primo, il secondo o il terzo marito, noi dichiariamo che non solo il secondo e il terzo, ma anche il quarto e più, possono essere contratti legittimamente, se non vi siano impedimenti canonici. Tuttavia, diciamo che sono più lodevoli coloro che si astengono dal matrimonio e rimangono casti, perché riteniamo che se la verginità è preferibile alla vedovanza, una vedovanza casta è giustamente lodata come preferibile al matrimonio.

NICOLÒ V: 6 marzo 1447 – 24/25 marzo 1455

CALLISTO III: 8 Aprile 1455 – 6 agosto 1458.

Costituzione “Regimini universalis” al Vescovo di Magdeburgo, Naumburg e Halbertstadt.

Usura e contratto di censo.

1355. Una supplica recentemente indirizzata a Noi diceva che da molto tempo, e a memoria d’uomo nessuno ricorda il contrario, in varie parti della Germania, per il bene comune degli uomini tra gli abitanti di queste terre e coloro che vi soggiornano, fosse stata stabilita e mantenuta fino ad oggi la seguente usanza: gli abitanti e i residenti, almeno quelli la cui condizione o i cui vantaggi lo suggerivano, erano soliti vendere i proventi o gli affitti annuali in marchi, fiorini e grossi – monete correnti in questi Paesi – dei loro beni, case, campi, terre, possedimenti o eredità, e, per ogni franco, fiorino o grosso ricevere in contanti dagli acquirenti di tali entrate o rendite un adeguato prezzo fisso, variabile di volta in volta, secondo gli accordi presi al riguardo tra i venditori e gli acquirenti stessi, ipotecando di fatto con il pagamento di tali entrate o rendite le proprietà, le terre, i campi, i tenimenti, i possedimenti e gli immobili espressamente menzionati in tali contratti. A favore di tali venditori è stato aggiunto quanto segue: Se questi ultimi restituiscono agli acquirenti, in tutto o in parte, la somma da loro ricevuta, sono del tutto liberi, in proporzione a tale restituzione, dall’obbligo di pagare le entrate o le rendite relative alla somma restituita, ma che gli stessi acquirenti, anche se tali beni, case, terre, campi, possedimenti e immobili. fossero interamente distrutti o devastati con il passare del tempo, non potrebbero recuperare la somma pagata di per sé, nemmeno ricorrendo ai tribunali.

Tutti gli articoli

1356. Alcuni, tuttavia, sono titubanti e preoccupati, chiedendosi se contratti di questo tipo debbano essere considerati leciti. Pertanto, alcuni che li considerano usurari, colgono l’occasione per rifiutare il pagamento delle rendite e dei vitalizi dovuti. …

1357. Noi dunque…, per eliminare ogni equivoco ed incertezza in materia, in virtù della nostra autorità apostolica, dichiariamo che i suddetti contratti siano leciti e conformi alla legge, e che questi venditori, cessata ogni opposizione, siano effettivamente tenuti al pagamento di queste rendite e redditi secondo il tenore dei contratti in questione.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (22): “da PIO II a LEONE X”

LO SCUDO DELLA FEDE (253)

LO SCUDO DELLA FEDE (253)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (22)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

CAPO IV

LA PARTECIPAZIONE ossia la Comunione Divina.

Divini Misteri contemplati nel mistero dell’amore.

Si veramente! nell’ultima cena Gesù non soffre più ritegno nel suo amore, e si lascia andare del cuore da non poter più in là! Non come a servi, ma come ad amici confida i più reconditi suoi misteri. Ora anche noi, come l’Apostolo dell’amore, siamo giunti a metterci presso presso a Gesù nel Convito, e qui a riposargli sul petto anche noi! Anche noi ad assistere appiè di Maria alle agonie divine!… E noi rapiti in santo entusiasmo, come l’innamorato Giovanni, vorremmo tremanti alzar la mente a contemplare i misteri divini, che Dio lascia scorgere per Gesù Cristo. – Povera ragione umana! Essa disdegna i misteri della Religione, rifiuta i dogmi, e non vuol altro che scienza; e pretendendo di comprender tutto da sé, comprende il tutto di niente ( Lo confessano i due grandi genii, Platone e Pascal). Così si trova gettata dalla scienza nel buio, nei più tenebrosi misteri, che la fan disperare. La Religione invece, mentre propone da credere, è la sola che spiega i più profondi misteri, così da contentare, anzi consolare la più esigente ragione, fosse pur di s. Agostino e s. Tommaso, i più grandi filosofi del mondo. Vorremmo qui dar prova, come la ragione barcolli alla cieca. Difatti i primi problemi, che la ragione vorrebbe sciogliere colla filosofia, sono certamente questi. Chi è l’Autore del tutto? e come esiston le cose? Ora domandate alla filosofia, che sono mille e mille anni che studia e specula, di scioglierci questo primo problema e di sapere dir qualche cosa di Dio; e se l’immagina, e lo veste a capriccio, e ne ritaglia l’idea e l’impicciolisce, per adattarla alle testoline pretendenti dei dotti suoi; poi astrae da tutto per formarsene la più sublime idea; domandate: chi è l’Autore del tutto, Iddio? Sentite: eh son le cime dei dotti suoi, che vi rispondono! Dio è un Ente, quello che è, che non può non essere, eterno, immenso, indeterminato, l’Ente in somma che si sviluppa nell’esistente, e crea per necessità le cose con cui esiste confusamente, quasi immensa macchina in movimento (e chi ha fatta così ben ordinata macchina?.., e chi la mette in moto? E questo è il Dio creatore definito dai filosofi, qual lo conosce la ragione da sé! Oh! un essere immenso, muto, cieco, sempre in moto nel vortice della eternità, che senza conoscersi e senza amarsi nella solitudine della eterna sua esistenza troverebbe la disperazione! Anzi che Dio, questo è un mostruoso fantasma che spaventa l’immaginazione! Atterriti da questo mostro d’idea ripariamo noi in seno a Gesù, che dal suo Cuore ardente ci piove sull’anime una mite luce celeste che ci fa scorgere Iddio: e non nello sfondato misterioso di un nebuloso ideale, ma nell’amabile realtà di Dio che è Padre: che dall’eternità conosce se stesso, e nel tesoro della onnipotente sua natura divina genera il suo Verbo, il suo Pensiero Sostanziale, il suo Figlio, eguale a se stesso, Dio uno con sé, come il pensiero nostro è uno coll’anima nostra (ce lo ha detto che siamo sua immagine): e il Figlio intende il Padre; gli parla divinamente nello eterno seno: e dal Padre e dal Figlio procede l’Amor sostanziale, lo Spirito Santo, come anche in noi, che siamo la smorta immagine sua, sentiamo tra l’anima nostra e i nostri pensieri svolgerà una potenza, l’amore… Ah! coperti colla croce di Gesù e di sotto le sue piaghe eleviamo colla mente il cuore; e in questa luce inaccessibile ci par di scorgere Dio col sorriso di Padre, ed il Salvator nostro a Lui in seno, e l’Eterno Amore che ha da alimentare l’anima nostra di eterna beatitudine in paradiso. O Platone, tu pur parlavi confusamente dell’Essenza divina, e intravedevi da Lei distinta la divina Sapienza, e in Dio quasi il vero Verbo: O Platone, se tu sentissi adesso i novellini del catechismo, ammessi alla prima Comunione, parlare colle più ardite, ma le più esatte espressioni così sublime verità e farti intendere ciò che tu presentivi in confusione; tu esclameresti consolato: « Colui, che io sospirava con Socrate mio, che venisse a tutto insegnarci, è venuto, è venuto sì veramente! » In quanto al secondo problema, quello della creazione, mentre filosofi ci mettono dinanzi irragionevoli e troppo ridicoli, anzi spaventosi sistemi, noi godiamo di contemplare come Dio, Volontà onnipotente, Virtù benevolissima, Lume eterno, Beatitudine somma, Padre della bontà, il sommo Bene vuol per isfogo di sua bontà dar del suo bene; per diffonderne fuori di sé e comunicarne, crea gli esseri a parteciparlo, li vivifica a sentirlo, crea le anime a conoscerlo, le santifica a meritarlo, e vuole alimentarle di sua beatitudine eterna. Sono queste le espressioni di s. Bernardo, che senza accorgersene diventa il più gran filosofo nell’amore di Dio. Ed oh! se è buono il Signor nostro Iddio! e se sa impicciolirsi per adattare il dono del ben suo alla capacità degli esseri i più minuti! Creandolo par che dica al granellino di sabbia: « ti do l’esistenza, di cui sono Io la fonte; » al fiorellino: « ti do una piccola immagine della bellezza mia, e della soavità dei miei profumi; » all’animaletto: « ti do un segno della mia vita. » Ma all’uomo volendo tutto comunicare se stesso, Egli crea un’anima vasta più che l’Oceano, in cui tutto che entra, che non è Dio, gli fa sentire maggiore il vuoto e la mancanza del proprio elemento. Consigliasi seco per farlo proprio ad immagine sua; e nel formarlo uomo gli lascia scorrere un raggio della sua intelligenza, che è il lume della ragione, e l’uom con esso scorge il ben di Dio in ogni cosa, che gli sveglia in cuor il desiderio di possederlo. Così Dio in ogni cosa gli fa veder del bene sommo ch’Egli è: nelle arti belle gli rivela della sua bellezza, nella musica gli lascia gustare della sua armonia, nella scienza del calcolo dell’ordine suo, nell’astronomia della sua potenza, nella virtù della sua bontà, nel genio della sua sublimità. Sì, sì dappertutto è Dio che ama, suscita ed agita ed inquieta l’uomo, con tanti assaggi l’invoglia del sommo Bene, tanto, che non ha pace più il cuor umano, finché non giunga a possederlo in Paradiso. Oh! mentre la Religione con tutta la potenza delle prove della verità ci fa conoscere così buono il Dio nostro, noi lo possiamo contemplare ancora nel Mistero dell’Amor Creatore e Salvatore! Come alla polvere unisce il moto della vegetazione, e crea le piante; come alla polvere organizzata alla vegetazione unisce la sensibilità, e crea gli animali: come alla polvere più perfettamente organizzata all’animalità unisce l’anima che lo intende e lo ama, e crea l’uomo: così crea l’uomo unito nella sua Divinità, e ne riesce il Capo d’opera dell’Amor Creatore, l’Uomo-Dio Salvatore!… Ah, ah! la ragione consolata qui cade in ginocchio davanti all’altare: il cuor batte forte sul Cuor di Gesù, e sente il palpito del Cuore dell’Uomo-Dio, che gli comunica un’aura di vita divina… Qui un cuor che ama divinamente con Gesù, s’inabissa smarrito in questo oceano d’amore, e nella luce che spande il Cuor ardente di Gesù sente proprio quasi di comprendere come Gesù poteva, anzi doveva morire, e poi restar qui nel Sacramento per questa sua onnipotenza d’amore, con queste sue creature, che senza di Lui si vanno a perdere.

La Comunione

Qui parleremo il linguaggio del cuore, che trova sempre dei cuori che sentono più in là che non può dire l’umana parola, e sanno perdonare, se ragioniamo miseramente così. Gesù è Dio fatto uomo per amore; e l’amore è così generosa potenza, che fa gustare quasi una felicità nel morire per chi si ama. In vero il soldato sa gettarsi ardente nel vortice della battaglia e sa morir generoso per la patria amata: e la madre per salvare il bambino delle viscere sue si getterebbe in gola alla morte! Deh! se un soldato ed una donna hanno tanta bontà da poter e dover morire per amore; non lo poteva, non lo doveva l’Uomo-Dio con quella onnipotenza di amore divino? Se lo stentiamo a capire, è perché non conosciamo l’amore. Sì, sì, se Gesù non fosse morto, gli avremmo potuto dire: Ecchè? Una misera creaturella sarà capace ad amare più dell’Uomo Dio?… Ma quando invece lo contempliamo al morir sulla croce, e lasciarsi squarciare il cuore per l’ultima goccia del più vitale suo Sangue, qui noi abbiamo compreso, Egli è l’Uomo-Dio, che ha amato divinamente; Vidimus gloriam eius… plenum gratiæ: l’abbiam veduto; Egli visse e morì da Uomo-Dio. Si (diceva anche un uomo di mondo, ma era un più gran genio dei tempi moderni, Napoleone I), sì, io conosco gli uomini; ma Gesù, credetelo, non è uomo; visse e morì da Dio! – Ancora vorremmo dire che ci par nel Cuor di Gesù comprendere, come Ei doveva darsi tutto nel Sacramento (ci si perdoni la povertà delle espressioni). Questo Gesù nostro è lo stesso Eterno Verbo, Creator dell’universo. Questo Figliuol di Dio, quando creava il tutto, pigliava un po’ di polvere, che in principio aveva creata (ché tutti i mondi pel firmamento altro non sono che un po’ di polvere in mano sua) , e gettando quel po’ di polvere nel firmamento, le disse colla creatrice Parola: « Sii tu il sole, e sii l’immagine della mia bontà; e getta luce, splendore e forza in tutte le creature che ti ho messo d’ intorno. » Ed il sole è creato: ed ecco da mille e mille anni il sole è li, che versa con una rapidità che spaventa il pensiero, forza, calore, luce nel mondo d’intorno, ed ha raggi per tutti gli esseri i più minuti! Ora un po’ di polvere, in cui spira il Figliuol di Dio la sua parola, diventa il sole che irraggia la sua potenza, ed è tutto, con tutti i suoi raggi, negli occhi di tutti!… Oh! Oh!… E Gesù con questo suo Cuore, in cui versa la pienezza della sua Divinità, non dovrà irraggiarsi (oh, che parole povere son mai le nostre!) ed esser qui, là, dovunque vuole, tutto col suo Corpo divinizzato? Oh via! se mai qualche carnale giudeo avesse ardimento di domandare, come lo domandarono i Giudei d’allora a Gesù, come Ei potesse dare il suo Corpo e il suo Sangue a nostro alimento? Noi risponderemo che ben lo potranno capire, quando colle loro testoline saran giunti a comprendere che cosa sia il corpo. Il corpo? oh si giungerà mai a capire che cosa sia il corpo, che pur ci tocca i sensi! Poi bisogna sappiano coi loro studi misurare il tesoro della bontà di Dio; e poi spiegare, come Dio creò l’amore; questa potenza che inspira l’entusiasmo del sacrificio negli esseri che più si assomigliano al Creatore. Così poi solo allora, quando sapranno tutto spiegare, saranno capaci a comprendere, come il Figliuol di Dio abbia potuto trovare un sottile ingegno e divinamente appropriarselo da poter con esso all’amor suo soddisfare pienamente. – Egli venne in terra a farsi uomo, per farci diventare Figliuoli di Dio, fattosi nostro fratello. – Dio e gli uomini, ecco i due termini che il Figliuol di Dio voleva avvicinare fra loro: ma trovava gli uomini troppo lontani e separati da Dio da un abisso di distanza infinita; questo abisso scompariva in Lui, in cui i due termini, Dio e l’uomo, si sono unificati, così che l’Uomo è Dio, Dio è l’uomo in una sola Persona, Gesù. Così avendo Dio presa la carne nostra, ed immolatala nel balsamo vivificante della Divinità, gli restava trovar modo da comunicare questa carne divinizzata agli uomini, per farli partecipi della divinità, e santificare tutto l’uomo; e tutto l’uomo è l’anima e il corpo. Questo non poteva far meglio, che col compenetrare della sua Sostanza Divina la nostra umana natura, ed immedesimarsi con noi come fa il cibo nostro. Gesù voleva farci amare dal Padre suo celeste; ma l’amore è sempre tra persone che hanno somiglianza, anzi una qualche eguaglianza, o di condizione e di età, o almeno di pensieri e di affetti: ma tra noi e Dio non vi è questa cotale eguaglianza; e Gesù trova il modo di entrare in noi, e di farci partecipi della sua Divinità umanizzata (participes divinæ naturæ): ci fa uomini che abbiam del divino (Ego dixi: dii estis). Oh! se siamo preziosi, amabili, quando è Gesù con noi, agli occhi di Dio! Mettete dell’oro col piombo, fondeteli al fuoco insieme: il piombo diventa prezioso anch’esso. Così per l’amore Gesù ci voleva unire con sé, perché l’amore vuole l’unione. Per ben comprendere come l’amore vuole l’unione, considerate una madre che si delizia col bambino, suo sangue. La madre è a vederla in quei cari vezzi, in quelle innocenti delizie, come guarda con tutta l’anima negli occhi il bimbo, amor suo: se lo stringe sul cuore, lo bacia: poi torna a riguardarlo, e lo ribacia più infervorata, quasi volesse la buona genitrice per la bocca versare l’anima in seno al bambino, e col cuore nel cuore compenetrarsi, e dargli tutto il suo bene; ma trova il suo corpo che si attraversa e l’impedisce; Ella quel corpicciuolo delle viscere sue si vorrebbe come assorbire in baciarlo: e con un cotal amoroso furore quasi come mangiarselo a forza di baci, per inviscerarsi, come sua cara porzione, quella cara vita. Ebbene! quello che non può la buona donna, e vorrebbe far per amore materno, lo può fare per amore divino Gesù. Contempliamolo in mezzo ai figliuoli del suo Sangue rigenerati! Egli sminuzza sotto le specie del pane il suo Corpo. Egli discioglie sotto le specie del vino il suo Sangue, e si dilegua, direm così, per penetrarci nelle viscere, e portarci dentro, divenuto nostro cibo, la sua carne, sposata alla Divinità. Apri adunque, par che dica Gesù, apri, o diletto, ché io sto per entrare: allarga il cuore, dammi te stesso, come io a te mi dono. Così entra nella nostra persona, compenetrandoci come cibo spirituale: la sua mischia alle nostre carni; il suo col sangue nostro: scende ad abbracciar l’anima nel più interno centro della vita umana. Qui l’umana persona si tocca, si bacia, s’unisce colla Divina: Dio è nell’uomo, e l’uomo è in Dio: sicché può dir qui ogni fedele: « Vivo io; non son io che vivo, ma vive in me il Figliuol di Dio. » Deh! anche noi nel trasporto dell’amore più vivo cadiamogli fra le braccia col Sacerdote, che s’inginocchia nell’atto di prendere il Corpo santissimo, e dice quest’orazione.

Orazione.

« Prenderò il Pane celeste, ed invocherò il nome di Dio. »

Esposizione.

L’anima da tanto amore di Dio beatificata, nell’atto di ricevere da Dio il dono di tutto Lui stesso, accoglie e ringrazia. È uno slancio del cuore, che troppo pieno di gratitudine vuol assicurare l’Amante divino, che mentre Egli troppo si degna, ella non potrà vivere per altro, che per ringraziarlo di tanta divina bontà, ed esclama: « Prenderò, sì prenderò il Pane celeste: ma invocheremo sempre il Nome di Dio per glorificarlo. » Cioè la creatura umana, forzata dal comando di Dio, attirata dai suoi bisogni al Signore, nello slanciarsi a Dio esclama: Oh! che sommo bene è il mio Dio ! Non potendo far altro, invocherò il Nome del mio Dio, per protestar che, se ardisco far tanto, è per la sola bontà di Dio! e tutta la vita mia sarà amarlo sempre! Poveri noi non sappiamo dir altro!

Orazione: Domine, non sum dignus.

« O Signore, io non son degno che Voi entriate nella casa mia; ma dite una parola solamente, e sarà salva l’anima mia, » – « O Signore, io non son degno che Voi entriate nella casa mia, ma dite una sola parola, e sarà salva l’anima mia! « O Signore, io non son degno che Voi entriate nella casa mia, ma dite una sola parola, e sarà salva l’anima mia!

Spiegazione.

« Domine, non sum dignus: Signore, non son degno. »

Per poco non si comprende, come un uomo possa avere cuore di tenere in mano il Corpo di Gesù Cristo. Oh Dio! oh Dio! La mente è confusa nel trovarsi tra le mani il suo Dio! Lascia cadere le sue braccia sull’altare, guarda fisso a Gestì! Si batte il petto, e mette il gemito: «Signore, non son degno, ma pur salvatemi per la vostra pietà. » ‘Signore, non son degno! Eppure già gli entra il suo Dio!… Ah! si mette di nuovo ad esclamare; « Signore, non son degno io! » e gli vuol dire: « ben io ho bisogno di miracoli della vostra carità: per questo ho supplicato con tante istanze; ma nel veder così pronto entrare in me Voi stesso in Persona, o Signore, io debbo dirvi, che non m’aspettava tanto: né di tanto avrei osato a supplicarvi. » Che venire in me Voi! Gli va ripetendo col buon Centurione. Questi, pregato Gesù di salvargli il servo con un miracolo da lungi, senza che si degnasse di scendere a lui, vedendolo avviarsi alla sua casa, andava dicendo: » Signore, non son degno, che Voi entriate nella mia casa, ma dite una parola, che basterà da qui ad operare al servo mio la guarigione (1). » Anche ciascuno di noi col Sacerdote ripeta: « o Signore, io son troppo meschino, e Voi troppo grande; la mia miseria mi confonde, e la vostra santità mi spaventa; restate per pietà! basta che diciate una sola parola, e varrà ben a salvarmi! « Signore, io non son degno.» – « Ma volete proprio venire? Sì sì, anch’io ho bisogno della vostra Divinità. Ma deh! Per pietà, o Signore, non ricusate di farmi degno con una vostra parola! » Vengo a ricevervi, perché se vado lontano da Voi vado a perdermi! (Prende colla destra il SS. Corpo, si segna con esso sospeso sopra la patena, tenuta innanzi colla sinistra, e dice:)

L’Orazione: Corpus Domini, etc.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (20): “da URBANO IV a MARTINO V”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (20)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da  Urbano VI a Martino V)

URBANO VI: 8 aprile 1378-15 ottobre 1389.

BONIFACIO IX: 2 novembre 1389-1 ottobre 1404

Bolle papali riguardanti il privilegio del monastero St. Osyth, nell’Essex, di conferire gli Ordini maggiori, a. 1400 e 1403

Potere di ordinare concesso ai Sacerdoti.

Bolla “sacræ religionis” del 1° febbraio 1400.

1145. L’onestà della santa pietà con cui i diletti figli, l’Abate e la congregazione del monastero degli Apostoli Pietro e Paolo e la santa vergine e martire Osyth dell’ordine di Sant’Agostino nell’Essex, nella diocesi di Londra, rendono all’Altissimo il loro devoto e zelante culto, merita che… per quanto possiamo presso Dio, ascoltiamo con favore le loro istanze. Pertanto, accogliendo le suppliche dell’Abate e della congregazione in questa materia, concediamo, in virtù dell’Autorità Apostolica, allo stesso Abate, ai suoi successori in eterno, durante il tempo in cui saranno in carica, che possano liberamente e lecitamente conferire, nei tempi previsti dal diritto, a ciascuno dei Canonici di questo monastero che hanno costituito, e che i detti Canonici che sono stati promossi dai detti Abati, possano liberamente e lecitamente esercitare le loro funzioni negli Ordini così ricevuti, senza che nessuna costituzione apostolica o nessun editto contrario che la contraddica – confermato da qualsiasi autenticazione – possa in alcun modo impedirlo. Come dono grazioso ancora più ricco, concediamo all’Abate e alla congregazione, e in virtù della stessa Autorità deliberiamo che se in futuro dovessero verificarsi grazie, permessi, privilegi o altre concessioni o lettere apostoliche in merito alla collazione o alla ricezione di tali Ordini o a qualsiasi altro argomento o questione che siano stati concessi dalla Sede Apostolica o in virtù della suddetta autorità, in modo non permanente o a tempo determinato, al suddetto Abate e alla congregazione o ad altri nel Paese d’Inghilterra o altrove, sia revocata, limitata o diminuita dalla stessa Sede, sia in generale che in particolare, purché la presente concessione non sia in alcun modo revocata, limitata o diminuita. Al contrario, a meno che non sia pienamente, esplicitamente e letteralmente dichiarato, questa lettera manterrà tutta la forza della sua validità, senza essere impedita da qualsiasi costituzione concessa… e da qualsiasi editto contrario.

Apostolicae Sedis, 6 febbraio 1403.

1146. L’avveduta lungimiranza della Sede Apostolica talvolta revoca e annulla ciò che è stato da essa concesso o ordinato, nella misura in cui… riconosce che ciò sia di grande utilità, specialmente per le cattedrali e per i prelati che le presiedono. Infatti, abbiamo ritenuto necessario, poco tempo fa, dare seguito alla pressante richiesta dei diletti figli, l’Abate e la congregazione del monastero di Sant’Osyth dell’ordine di Sant’Agostino nella diocesi di Londra, e permettere allo stesso Abate e ai suoi successori, in virtù dell’Autorità Apostolica e come grazia speciale, con un’altra nostra lettera del 1145, come è esplicitamente dichiarato in quella lettera:

1 – in primo luogo, che l’Abate stesso e i suoi successori abati, durante la loro carica, usino liberamente la mitra, l’anello e tutte le altre insegne pontificie, e che nel suddetto monastero e nei priorati da esso dipendenti, come pure nelle chiese parrocchiali o in altre chiese sotto la loro autorità, anche se non vi sono soggette di diritto, impartiscano occasionalmente una benedizione solenne dopo la celebrazione della Messa, dei Vespri o del Mattutino, purché a tale benedizione non sia presente un Vescovo o un legato della Sede Apostolica;

2. e in secondo luogo, che l’Abate e i suddetti successori possano liberamente e lecitamente conferire, nei tempi prescritti dal diritto, a ciascuno dei Canonici che hanno emesso o emetteranno la professione, tutti gli Ordini minori, nonché gli Ordini del suddiaconato, del diaconato e del presbiterato, senza che le costituzioni del nostro predecessore di felice memoria, Papa Alessandro IV, che iniziano con “Abbates“, e qualsiasi altra costituzione apostolica, lo impediscano in alcun modo. Tuttavia, poiché, come risulta dal contenuto della petizione che ci è pervenuta poco tempo fa dal nostro venerabile fratello Roberto, Vescovo di Londra, il suddetto monastero, sul quale lo stesso Vescovo ha il diritto di patronato, è stato fondato da alcuni predecessori di quel Vescovo… … e che tali lettere o concessioni hanno l’effetto di danneggiare gravemente il Vescovo stesso, la sua giurisdizione ordinaria e la Chiesa di Londra, siamo stati umilmente pregati da questo Vescovo di degnarci, nella nostra bontà apostolica, di fare in modo che non ci sia alcun danno per lui e per questa Chiesa in quanto sopra. Volendo provvedere a questo… e cedendo a queste richieste, in virtù della nostra Autorità Apostolica e di una conoscenza più certa, con la presente revocavamo, interrompevamo e annullavamo questa lettera e queste concessioni, e volevamo che fossero senza validità e senza portata.

INNOCENZO VII: 17 ottobre

1404-6 novembre 1406

GREGORIO XII: 30 novembre 1406-4 luglio 1415

CONCILIO DI COSTANZA (16° ecumenico)

5 dicembre 1414-22 aprile 1418

Sessione VIII, maggio 1415: decreto confermato da papa Martino V,  22 febbraio 1418

Errori di John Wyclif

1151. 1 La sostanza del pane materiale e la sostanza del vino materiale sussistono nel sacramento dell’altare.

1152. 2 Gli accidenti del pane non sussistono senza un soggetto nello stesso sacramento.

1153. 3. Cristo non è identicamente e realmente nello stesso sacramento nella sua persona corporea.

1154. 4. Se un vescovo o un sacerdote è in stato di peccato mortale, non ordina, non compie il sacramento dell’altare, non consacra e non battezza.

1155. 5. Non si trova nel Vangelo che Cristo abbia ordinato la celebrazione della Messa.

1156. 6. Dio deve obbedire al diavolo.

1157. 7. Se uno ha una contrizione adeguata, ogni confessione esterna è superflua e non necessaria per lui.

1158. 8. Se il Papa è reprobo (prescitus) e malvagio, e quindi membro del diavolo, non ha alcun potere sui fedeli conferitogli d a nessun altro se non, forse, da Cesare.

1159. 9. Da Urbano VI, nessuno deve essere accettato come papa, ma deve vivere alla maniera dei Greci, secondo le proprie leggi.

1160. 10. È contrario alle Sacre Scritture che gli uomini di Chiesa possiedano proprietà.

1161. 11. Nessun prelato deve scomunicare qualcuno, a meno che non sappia in anticipo che è stato scomunicato da Dio; chi così scomunica diventa per questo motivo eretico o scomunicato.

1162. 12. Un prelato che scomunica un chierico che si è appellato al re o al consiglio del regno, è in questo modo un traditore del re e del regno.

1163. 13. Coloro che cessano di predicare o ascoltare la Parola di Dio a causa della scomunica da parte degli uomini, sono scomunicati e saranno considerati traditori di Cristo nel giorno del giudizio.

1164. 14. È lecito a un diacono o a un Sacerdote predicare la Parola di Dio senza il permesso della Sede Apostolica o di un Vescovo cattolico.

1165. 15. Nessuno è signore civile, nessuno è prelato, nessuno è Vescovo, quando sia in stato di peccato mortale (cf. 1230).

1166. 16. I signori temporali possono, a loro piacimento, togliere i loro beni temporali alla Chiesa ai possessori che delinquono per abito abitualmente e non solo se in atto.

1167. 17. Il popolo può correggere i signori in errore secondo il proprio giudizio.

1168. 18. Le decime sono semplici elemosine e i parrocchiani possono rifiutarle a piacimento a causa dei peccati dei loro prelati.

1169. 19. A parità di condizioni, le preghiere speciali rivolte ad una singola persona da prelati o religiosi non sono più utili di quelle generali di altri.

1170. 20. Chi fa l’elemosina ai fratelli è scomunicato.

1171. 21. Se qualcuno entra in un qualsiasi stato religioso, sia con i possessori che con i mendicanti, diventa tanto più incapace ed inadatto a osservare i comandamenti di Dio.

1172. 22. I santi che hanno fondato ordini religiosi hanno peccato nel fondarli.

1173. 23. I religiosi che vivono in ordini religiosi non fanno parte della religione cristiana.

1174. 24. I frati devono procurarsi il cibo con il loro lavoro, non con l’elemosina. [censura in altro testo] … La prima parte è scandalosa e presuntuosa, in quanto se ne parla in modo generico e senza distinzioni; la seconda è errata, in quanto si afferma che la mendicità non sia permesso ai frati.

1175. 25. Tutti questi sono simoniaci ché si obbligano a pregare per gli altri che li aiutano materialmente.

1176. 26. La preghiera di un prescito (reprobo) non ha valore per nessuno.

1177. 27. Tutto avviene per assoluta necessità.

1178. 28. È a causa della brama di guadagni temporali e di onori che la Cresima dei giovani, l’Ordinazione dei chierici e la Consacrazione dei luoghi siano riservati al Papa e ai Vescovi.

1179. 29. Le università, gli studi, i collegi e il conferimento di lauree e specialità in essi, sono frutto di un vano paganesimo e sono utili alla Chiesa quanto il diavolo.

1180. 30. La scomunica da parte del Papa o di qualsiasi prelato non è da temere, perché è sentenza dell’Anticristo.

1181. 31. Coloro che hanno fondato i chiostri peccano e coloro che vi entrano sono uomini malvagi.

1182. 32. Arricchire un chierico è contrario al comandamento di Cristo.

1183. 33. Papa Silvestro e l’imperatore Costantino sbagliarono nel dotare la Chiesa.

1184. 34. Tutti i membri degli Ordini mendicanti sono eretici e chi fa loro l’elemosina è scomunicato.

1185. 35. Chi entra in una Religione o in un Ordine non è in grado di osservare i precetti divini (cf. 1171) e, di conseguenza, di raggiungere il regno dei cieli, a meno che non apostatizzi da essi. Sono anche incapaci di osservare i precetti divini e, di conseguenza, di raggiungere il Regno dei Cieli, a meno che non apostatino da essi, perché possiedono proprietà, e così anche coloro che sono d’accordo con loro, cioè tutti i signori secolari e altri laici.

1187. 37. La Chiesa romana è la sinagoga di satana (Ap II, 9) e il Papa non è il Vicario immediato e prossimo di Cristo e degli Apostoli.

1188. 3. Le lettere decretali sono apocrife e allontanano dalla fede in Cristo, e i chierici che le studiano sono stupidi.

1189. 39. L’imperatore e i signori secolari sono stati sedotti dal diavolo per dotare la Chiesa di beni temporali.

1190. 40. L’elezione del Papa da parte dei Cardinali è stata introdotta dal diavolo.

1191. 41. Non è necessario per la salvezza credere che la Chiesa romana sia superiore a tutte le altre. (Censura🙂 È un errore se per Chiesa romana si intende la Chiesa universale o il Concilio generale, o in quanto negherebbe il primato del Sommo Pontefice sulle altre Chiese particolari.

1192. 42. È stolto credere alle indulgenze del Papa e dei Vescovi.

1193. 43. I giuramenti fatti per far rispettare contratti umani e rapporti civili sono illeciti.

1194. 44. Agostino, Benedetto e Bernardo sono dannati a meno che non si siano pentiti di possedere proprietà, di fondare Ordini religiosi e di entrarvi; e così, dal Papa fino al più piccolo religioso, tutti sono eretici.

1195. 45. Tutti gli ordini religiosi senza distinzione sono stati introdotti dal diavolo.

Sessione XIII, 15 giugno 1415: decreto “Cum in nonnullisconfermato da Papa Martino V, 1° settembre 1425.

Decreto sulla comunione sotto le sole specie del pane.

1198. Ci sono alcuni che presumono di affermare avventatamente, in alcune parti del mondo, che il popolo cristiano debba ricevere il santo Sacramento dell’Eucaristia sotto le due specie del pane e del vino, e che tutti i laici debbano ricevere la Comunione non solo sotto la specie del pane, ma anche sotto quella del vino, anche dopo aver mangiato o senza aver digiunato; e si ostinano a sostenere che la comunione vada fatta contro la lodevole e ragionevolmente giustificata consuetudine della Chiesa, e che si sforzano di respingere in modo condannabile come sacrilego, a cominciare dal capo. Per questo motivo il presente Concilio Generale di Costanza dichiara, decide e definisce che, sebbene Cristo abbia istituito questo venerabile Sacramento dopo la Cena del Signore e lo abbia amministrato ai suoi Apostoli sotto le due specie del pane e del vino, tuttavia, nonostante ciò, la lodevole autorità dei santi Canoni e la consuetudine approvata della Chiesa hanno ritenuto e sostengono che tale Sacramento non debba essere celebrato dopo il pasto e che non debba essere ricevuto dai fedeli che non sono a digiuno, se non in caso di malattia e di altre necessità, concesse o ammesse dalla legge e dalla Chiesa.

1199. E poiché questa consuetudine era stata ragionevolmente stabilita per evitare certi pericoli e scandali, tanto più poteva essere stabilita e osservata una consuetudine simile, cioè che, sebbene nella Chiesa primitiva questo Sacramento fosse ricevuto dai fedeli sotto entrambe le specie, ma in seguito sarebbe stato ricevuto dai celebranti sotto entrambe le specie, e dai laici solo sotto la specie del pane, poiché si deve credere fermamente e non si può dubitare che tutto il Corpo ed il Sangue di Cristo siano realmente contenuti sia sotto la specie del pane che sotto quella del vino. Pertanto, poiché questa usanza è stata ragionevolmente stabilita dalla Chiesa e dai santi Padri, ed è stata osservata per molto tempo, deve essere considerata come una legge che non è lecito contestare o cambiare a piacimento senza il permesso della Chiesa.

1200. Per questo motivo, dire che sia sacrilego ed illecito osservare questa usanza o legge, è da considerarsi erroneo, e coloro che si ostinano ad affermare il contrario di quanto sopra siano da considerarsi eretici.

SESSIONE XV, 6 luglio 1415, decreto confermato da Martino V il 22 febbraio 1418.

Errori di Giovanni Hus

1201. 1. La santa Chiesa universale, composta da tutti i predestinati, è unica. Più avanti continua: C’è una sola santa Chiesa universale come c’è un solo insieme di tutti i predestinati.

1202. 2. Paolo non è mai stato un membro del diavolo, anche se ha commesso alcuni atti simili a quelli della Chiesa dei malvagi.

1203. 3. I “presciti” non sono parti della Chiesa, poiché nessuna parte di essa viene tagliata come fine, dato che la carità della predestinazione, che la unifica, non scompare (1Co XIII, 8) .

1204. 4. le due nature, la divinità e l’umanità, sono un solo Cristo.

1205. 5. il “prescito”, pur essendo in grazia secondo la giustizia attuale, non fa mai parte della santa Chiesa, e il predestinato rimane sempre membro della Chiesa, anche se talvolta si allontana dalla grazia avventizia, ma non dalla grazia della predestinazione.

1206. 6 Se la Chiesa è intesa come l’assemblea dei predestinati, che sia o meno in grazia secondo la giustizia attuale, è in questo modo un articolo di fede.

1207. 7. Pietro non era e non è il capo della santa Chiesa cattolica.

1208. 8. I Sacerdoti che vivono nel peccato offuscano in qualsiasi modo il potere del sacerdozio e, come figli infedeli, hanno una concezione infedele dei sette sacramenti delle chiavi, degli uffici, delle censure, della morale, delle cerimonie e delle cose sante della Chiesa, della venerazione delle reliquie, delle indulgenze e degli ordini.

1209. 9. La dignità papale si è sviluppata da Cesare, e la preminenza e l’istituzione del Papa sono nate dal potere di Cesare.

1210. 10. Nessuno può ragionevolmente affermare di sé, o di un altro, senza una rivelazione, di essere il capo di una particolare Chiesa santa; e il Romano Pontefice non è il capo della Chiesa romana.

1211. 11. Non si deve credere che un particolare Pontefice Romano sia il capo di una particolare santa chiesa, a meno che Dio non lo abbia predestinato.

1212. 12. Nessuno si pone al posto di Cristo o di Pietro, se non li imita con la sua condotta: nessun altro modo di seguirli è più pertinente, e riceve da Dio il potere di agire come procuratore; per questa offerta di un Vicario si richiede la conformità dei costumi e l’autorità di colui che istituisce.

1213. 13. Il Papa non è il vero e manifesto successore del Principe degli Apostoli, Pietro, se vive in modo contrario a quello di Pietro; se è avido di beni, allora è un vicario di Giuda Iscariota. Per la stessa ovvia ragione, i Cardinali non sono i veri e manifesti successori del collegio degli altri Apostoli di Cristo, se non vivono come gli Apostoli nell’osservanza dei comandamenti e dei consigli di nostro Signore Gesù Cristo.

1214. 14. I dottori che sostengono che colui che debba essere corretto dalla censura ecclesiastica e debba essere consegnato al giudizio secolare se non vuole correggersi, seguono sicuramente quei capi sacerdoti, scribi e farisei che consegnarono al giudizio secolare il Cristo che non voleva obbedire loro in tutto, dicendo: Non ci è lecito mettere a morte nessuno (Gv XVIII,31), per cui sono più colpevoli omicidi di Pilato.

1215. 15. L’obbedienza ecclesiastica è un’obbedienza approvata dai Sacerdoti della Chiesa, al di fuori dell’autorità esplicita della Scrittura.

1216. 16. La divisione immediata tra gli atti umani consiste nel fatto che siano virtuosi o viziosi: se un uomo è vizioso, agisce viziosamente in tutti i suoi atti; se è virtuoso, agisce virtuosamente in tutti i suoi atti. Infatti, come il vizio, che si chiama crimine o peccato mortale, infetta tutti gli atti dell’uomo vizioso, così la virtù vivifica tutti gli atti dell’uomo virtuoso.

1217. 17. Il Sacerdote di Cristo che vive secondo la sua legge, ha una conoscenza delle Scritture e desidera edificare il popolo, deve predicare, nonostante una finta scomunica. Inoltre, se il Papa o un qualsiasi superiore ordina aD un Sacerdote in questa situazione di non predicare, il subordinato non deve obbedire.

1218. 18. Chi accede al Sacerdozio riceve per mandato l’ufficio della predicazione; e deve esercitare questo mandato, nonostante una presunta scomunica.

1219. 19. Con le sanzioni ecclesiastiche della scomunica, della sospensione e dell’interdetto, il clero sottomette per la propria esaltazione il popolo secolare, moltiplica l’avarizia, protegge la malvagità e prepara la strada per

l’Anticristo. Il segno evidente di ciò è che le sanzioni, che nei loro processi sono chiamate fulminazioni e che il clero usa il più delle volte contro coloro che denunciano l’iniquità dell’Anticristo, di cui il clero si è appropriato per la maggior parte, provengono dall’Anticristo.

1220. 20. Se il Papa è malvagio, e soprattutto se è reprobo, è, come Giuda l’Iscariota, un demonio, un ladro e un figlio della perdizione, e non è il capo della santa Chiesa militante, poiché non ne è neppure membro.

1221. 21. La grazia della predestinazione è il vincolo con cui il corpo della Chiesa e ciascuno dei suoi membri sono indissolubilmente legati al capo stesso.

1222. 22. Un Papa o un prelato malvagio e reprobo è un pastore solo in modo equivoco; in realtà è un ladro ed un brigante.

1223. 23. Il Papa non deve essere chiamato santissimo nemmeno per il suo ufficio, perché allora il re dovrebbe essere chiamato santissimo per il suo ufficio, e i torturatori e i messaggeri sarebbero chiamati santissimi; molto più, il diavolo stesso dovrebbe essere chiamato santissimo, dato che detiene il suo ufficio da Dio.

1224. 24. Se il Papa vive in modo contrario a Cristo, anche se è stato istituito in virtù di un’elezione corretta e legittima secondo le comuni regole umane, tuttavia è stato promosso in modo diverso da Cristo, poiché è salito a questo ufficio solo con un’elezione fatta in primo luogo da Dio. Giuda Iscariota, infatti, è stato giustamente e legittimamente eletto all’apostolato da Cristo Gesù, eppure “è entrato nell’ovile per un’altra via”.

1225. 25. La condanna dei quarantacinque articoli di Giovanni Wyclif da parte dei dottori è irragionevole, iniqua e malvagia, e il motivo addotto da loro è inventato, cioè che nessuno di questi articoli sia cattolico, ma che ognuno sia eretico, erroneo o scandaloso.

1226. 26. Poiché gli elettori o la maggioranza di essi si sono accordati oralmente su una persona, secondo i riti degli uomini, questa persona non è per questo legittimamente eletta, oppure non è per questo il vero e manifesto successore o vicario dell’Apostolo Pietro o di qualsiasi altro Apostolo in un ufficio ecclesiastico. Di conseguenza, sia che gli elettori abbiano eletto bene o male, dobbiamo fidarci delle opere dell’eletto. Infatti, poiché qualcuno agisce più meritoriamente per il progresso della Chiesa, possiede un potere maggiore da parte di Dio.

1227. 27. Non c’è la minima indicazione apparente della necessità di un unico capo per governare la Chiesa nelle questioni spirituali, (capo) che dovrebbe sempre essere in relazione con la Chiesa militante.

1228. 28. Senza questi mostruosi capi, Cristo governerebbe meglio la sua Chiesa attraverso i suoi veri discepoli sparsi sulla terra.

1229. 29. Gli Apostoli e i fedeli sacerdoti di Cristo dirigevano con fermezza la Chiesa nelle cose necessarie alla salvezza prima che fosse introdotto l’ufficio del papa; e lo faranno fino al giorno del giudizio, nel caso di un possibile fallimento del papa.

1230. 30. Nessuno è signore civile, nessuno è prelato, nessuno è vescovo, se è in stato di peccato mortale (cf. 1165).

SESSIONE XV, 6 luglio 1415: decreto “Quilibet tyrannus“.

Proposta errata sul tirannicidio.

1235. La proposizione: Ogni tiranno può e deve essere legittimamente e meritoriamente ucciso da uno qualsiasi dei suoi vassalli o sudditi, anche per mezzo di insidie, lusinghe o adulazioni, nonostante qualsiasi giuramento o alleanza contratta con lui, e senza attendere la sentenza o l’ordine di un giudice, … è erroneo in materia di fede e di morale, e il Concilio lo riprova come eretico, scandaloso, sedizioso e foriero di frodi, inganni, menzogne, tradimenti e spergiuri. Inoltre, dichiara, decide e definisce che coloro che si ostinano a sostenere questa perniciosissima dottrina sono eretici.

MARTINO V: 11 novembre 1417-20 febbraio

Bolla “Inter cunctas” 22 febbraio 1418

Questionario per i Wicleftiti e gli Ussiti

1247. 5. Allo stesso modo se crede, ritiene e afferma che ogni concilio generale, e anche quello di Costanza, rappresenta la Chiesa universale.

1248. 6. Allo stesso modo, se crede che il santo Concilio di Costanza, che rappresenta la Chiesa universale, ha approvato e approva a favore della fede e per la salvezza delle anime, questo deve essere approvato e ritenuto da tutti i fedeli di Cristo; e che ciò che ha condannato e condanna come contrario alla fede e ai buoni costumi, questo deve essere ritenuto, creduto e affermato come tale da ogni cattolico.

1249. 7. Allo stesso modo, se crede che le condanne di Giovanni Wyclif d’Inghilterra, Giovanni Hus di Boemia e Girolamo di Praga, pronunciate dal santo Concilio generale di Costanza riguardo alle loro persone, ai loro scritti e alle loro dottrine, sono state giustamente e giustamente pronunciate, e che devono essere ritenute e fermamente affermate come tali da ogni cattolico.

1250. 8. Allo stesso modo se crede, ritiene e afferma che Giovanni Wyclif d’Inghilterra, Giovanni Hus di Boemia e Girolamo di Praga erano eretici e devono essere designati e riconosciuti come tali, e che i loro libri e le loro dottrine erano e sono falsi, e che fu a causa loro e della loro ostinazione che furono condannati come eretici dal santo concilio di Costanza.

1251. 11. Allo stesso modo si chiederà a un uomo colto se crede che la sentenza del santo Concilio di Costanza sui quarantacinque articoli di Giovanni Wyclif e sui trenta di Giovanni Hus sopra riprodotti sia vera e cattolica, cioè che i quarantacinque articoli di Giovanni Wyclif e i trenta di Giovanni Hus non siano cattolici, ma che alcuni di essi siano manifestamente eretici, altri erronei, altri temerari e sediziosi, e altri ancora offendano le orecchie pie.

1252. 12. Allo stesso modo se crede e afferma che non è lecito in nessun caso prestare giuramento.

1253. 13. Allo stesso modo, se crede che sia lecito giurare per dire la verità su mandato del giudice o per qualsiasi altro motivo opportuno, anche per disonorarsi.

1254. 14. Allo stesso modo se ritiene che lo spergiuro consapevolmente commesso, per qualsiasi motivo o occasione, per preservare la propria vita o quella di un altro, anche a favore della fede, sia un peccato mortale.

1255. 15. Allo stesso modo se crede che commette peccato mortale chi deliberatamente non rispetta il rito della Chiesa, le cerimonie dell’esorcismo, il catechismo e la consacrazione dell’acqua del battesimo.

1256. 16. Allo stesso modo se crede che dopo la Consacrazione fatta dal Sacerdote non c’è più nel Sacramento dell’altare, sotto il velo del pane e del vino, pane e vino materiali, ma in tutto lo stesso Cristo che ha sofferto sulla croce e siede alla destra del Padre.

1257. 17. Allo stesso modo se crede e afferma che dopo la Consacrazione fatta dal Sacerdote, sotto la sola specie del pane e indipendentemente dalla specie del vino, è presente la vera carne di Cristo, il suo sangue, la sua anima, la sua divinità, tutto Cristo; e che è lo stesso corpo in assoluto sotto ciascuna di queste specie prese separatamente.

1258. 18. Allo stesso modo se crede che la consuetudine osservata dalla Chiesa universale e approvata dal santo Concilio di Costanza di comunicare i laici solo sotto le specie del pane, sia da rispettare nel senso che non è lecito ripudiarla o modificarla a piacimento senza il permesso della Chiesa. E che coloro che affermano il contrario di quanto sopra siano allontanati e puniti come eretici o in odore di eresia.

1259. 19. Allo stesso modo se crede che un Cristiano che disprezza la ricezione dei Sacramenti della Cresima, dell’Estrema Unzione o la solennizzazione del matrimonio, commettA un peccato mortale.

1260. 20. Allo stesso modo se crede che un Cristiano sia tenuto, per essere necessariamente salvato, oltre alla contrizione del cuore, quando può trovare un Sacerdote qualificato, a confessarsi solo con il Sacerdote e non con un laico o dei laici, per quanto buoni e pii possano essere.

1261. 21. Allo stesso modo, se crede che il Sacerdote, nel caso in cui abbia giurisdizione, possa assolvere dai suoi peccati un peccatore che li confessi e abbia contrizione, e che possa imporgli una penitenza.

1262. 22. Allo stesso modo se crede che un cattivo Sacerdote che, con la materia e la forma prescritte, intende fare ciò che fa la Chiesa, consacri veramente l’Eucaristia, assolva veramente, battezzi veramente, conferisca veramente gli altri Sacramenti.

1263. 23. Allo stesso modo, se crede che il beato Pietro sia stato il vicario di Cristo, con il potere di legare e sciogliere sulla terra.

1264. 24. Allo stesso modo se crede che il papa canonicamente eletto, che è quello del momento, dopo la proclamazione del suo nome proprio è il successore del beato Pietro, avendo suprema autorità nella Chiesa di Dio.

1265. 25. Allo stesso modo, se crede che il potere di giurisdizione del Papa, di un Arcivescovo o di un Vescovo, di legare e sciogliere, sia maggiore di quello di un semplice Sacerdote, anche se incaricato di cura d’anime.

1266. 26. Allo stesso modo, se crede che il Papa possa, per giusti e pii motivi, concedere indulgenze per la remissione dei peccati a tutti i Cristiani veramente contriti che si sono confessati, specialmente a coloro che visitano i luoghi santi e tendono una mano.

1267. 27. Se ritiene che coloro che, approfittando di tale concessione, visitano le chiese e vi prestano aiuto, possano ricevere indulgenze.

1268. 28. Allo stesso modo, se ritiene che i Vescovi possano concedere ai loro sudditi, entro i limiti dei sacri canoni, indulgenze di questo tipo.

1269. 29. Allo stesso modo se crede e afferma che è lecito che le reliquie e le immagini dei Santi siano venerate dai fedeli.

1270. 30. Allo stesso modo, se crede che gli Ordini riconosciuti dalla Chiesa siano stati legittimamente e ragionevolmente introdotti dai santi Padri.

1271. 31. Allo stesso modo se crede che il Papa o un altro prelato, dopo aver nominato il Papa del momento, o i loro Vicari, possano scomunicare per disobbedienza il loro suddito ecclesiastico o secolare, e che quest’ultimo debba essere considerato come scomunicato.

1272. 32. Allo stesso modo se ritiene che se la disobbedienza o la ribellione dello scomunicato aumenta, i prelati o i loro vicari hanno il potere di aggravare e aggravare ulteriormente, di emettere l’interdetto e di chiamare il braccio secolare, e che i sudditi devono obbedire a queste censure.

1273. 33. Allo stesso modo, se crede che il Papa e gli altri prelati e i loro vicari per le questioni spirituali abbiano il potere di scomunicare i Sacerdoti e i laici disobbedienti e ribelli, e di sospenderli dall’ufficio, dal beneficio, dall’ingresso in Chiesa e dall’amministrazione dei Sacramenti.

1274. 34. Allo stesso modo, se crede che sia lecito, senza peccato, che le persone ecclesiastiche abbiano beni mondani e temporali.

1275. 35. Allo stesso modo se ritiene che non sia permesso ai laici di portarli via di propria iniziativa; che al contrario, se sottraggono questi beni ecclesiastici, li rimuovono e li occupano in questo modo, devono essere puniti come sacrileghi, anche se le persone ecclesiastiche che possiedono questi beni conducono una vita cattiva.

1276. 36. Allo stesso modo se ritiene che tale privazione o occupazione, indipendentemente dal Sacerdote, anche se di cattiva vita, a cui è stata inflitta o imposta in modo sconsiderato e violento, comporti un sacrilegio.

1277. 37. Allo stesso modo, se ritiene che sia lecito per i laici e le donne di entrambi i sessi predicare liberamente la parola di Dio.

1278. 38. Allo stesso modo se crede che sia permesso a ogni Sacerdote di predicare la parola di Dio liberamente, ovunque, in qualsiasi momento e a chiunque voglia, anche senza aver ricevuto l’incarico.

1279. 39. Allo stesso modo se crede che tutti i peccati mortali, e specialmente quelli manifesti, debbano essere pubblicamente corretti ed estirpati.

Bolla “Gerentes ad vos” all’Abate del monastero cistercense di Altzelle in Sassonia, 16 novembre 1427.

Concessione del potere di ordinare ai Sacerdoti.

1290. Sentendo per te e per il tuo monastero un senso di amore paterno, ci prendiamo volentieri cura dei tuoi benefici e accogliamo benevolmente le tue richieste, soprattutto quelle che rispondono alle tue petizioni. Pertanto, volendo conferire a te e al monastero stesso una prerogativa di grazia e di onore, concediamo a te, figlio Abate, in virtù dell’Autorità Apostolica e con le presenti, il permesso e anche la facoltà – ogni volta che sarà opportuno d’ora in poi e per cinque anni – di riconciliare tutte le chiese che in tutto o in parte ricadono sotto il diritto di collazione, di disposizione, di presentazione e di ogni altro diritto vostro e della vostra assemblea, così come i membri di detto monastero che si trovano nella diocesi di Meissen e i loro cimiteri che sono stati sporcati dal sangue o dal seme, nonché di conferire tutti gli Ordini sacri a tutti i monaci di detto monastero e a tutte le persone che sono soggette a voi come Abate, senza che a tal fine sia necessario il permesso del Vescovo locale e nonostante qualsiasi costituzione o editto apostolico che sia contrario.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A PIO XII (21): “da EUGENIO IV a CALLISTO III”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (19): “da BENEDETTO XII a GREGORIO XI”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (19)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da  Benedetto XII a Gregorio XI)

BENEDETTO XII: 20 dicembre 1334 – 25 aprile 1342

Costituzione “Benedictus Deus” 29 gennaio 1336

Il destino dell’uomo dopo la morte.

1000. (la visione beatifica di Dio). Con questa costituzione, che rimarrà in vigore per sempre, ed in virtù dell’Autorità Apostolica definiamo: Che, secondo la disposizione generale di Dio, le anime di tutti i Santi che hanno lasciato questo mondo prima della Passione di nostro Signore Gesù Cristo, così come quelle dei santi Apostoli, dei Martiri, dei Confessori, delle Vergini e degli altri fedeli che sono morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nei quali non c’era nulla da purificare quando sono morti, e nei quali non ci sarà nulla da purificare quando moriranno in futuro, o se c’è stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la loro morte, saranno stati purificati, – e che le anime dei bambini rigenerati da questo stesso Battesimo di Cristo o ancora da battezzare, una volta che lo saranno stati, se muoiono prima di aver usato il loro libero arbitrio, subito dopo la loro morte e la purificazione di cui abbiamo parlato per coloro che ne hanno bisogno, prima che riprendano i loro corpi e prima del giudizio, e questo dall’Ascensione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo in cielo sono stati, sono e saranno in cielo, nel Regno dei cieli e nel Paradiso celeste con Cristo, uniti alla compagnia dei santi Angeli, e che dalla Passione e morte del Signore Gesù Cristo hanno visto e vedono l’Essenza divina con una visione intuitiva e persino faccia a faccia senza la mediazione di alcuna creatura che sarebbe oggetto di visione; al contrario, l’Essenza divina si manifesta loro immediatamente nuda, chiaramente e apertamente, e che attraverso questa visione godono di questa stessa Essenza divina; e che, inoltre, a causa di questa visione e di questo godimento, le anime di coloro che sono già morti sono veramente benedette e possiedono la vita ed il riposo eterno, e che allo stesso modo le anime di coloro che moriranno in seguito vedranno questa stessa Essenza divina e la godranno prima del Giudizio generale.

1001. … e che questa visione dell’Essenza divina e il suo godimento cancellano in loro gli atti di fede e di speranza, in quanto la fede e la speranza sono virtù propriamente teologali; e che, dopo che questa visione e questo godimento intuitivo “faccia a faccia” sono o saranno iniziati, questa stessa visione e questo stesso godimento esistono continuamente, senza interruzione o diminuzione di quella visione e di quella intuizione, e rimangono senza fine fino all’ultimo Giudizio, e dopo di esso per sempre.

1002. (Inferno. – Giudizio generale.) Inoltre definiamo che, secondo la disposizione generale di Dio, le anime di coloro che muoiono in peccato mortale scendono subito dopo la morte nell’inferno, dove sono tormentate con pene eterne, e che tuttavia nel giorno del giudizio tutti gli uomini compariranno con i loro corpi “davanti al seggio del giudizio di Cristo” per rendere conto delle loro azioni personali, “affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto mentre era nel suo corpo, sia nel bene che nel male”.

ScrittoCum dudum” agli Armeni – Agosto 1341

Errori rimproverati agli Armeni

1006. 4. Allo stesso modo gli Armeni affermano e sostengono che il peccato personale dei primi genitori fosse così grave che tutti i loro figli generati dal loro seme, fino alla passione di Cristo, furono dannati a causa del peccato personale di quelli appena menzionati, e che dopo la loro morte furono gettati all’inferno, non perché essi stessi avessero contratto il peccato originale da Adamo – poiché dicono che i bambini non hanno assolutamente alcun peccato originale, né prima né dopo la Passione di Cristo – ma la dannazione di cui si parla li raggiunse prima della Passione di Cristo a causa della gravità del peccato personale commesso da Adamo ed Eva nel trasgredire il precetto divino dato loro; ma dopo la Passione di Cristo, in cui il peccato dei primi genitori è stato distrutto, i figli nati dai figli di Adamo non sono dannati e non devono essere gettati nell’inferno a causa del peccato menzionato, poiché Cristo ha distrutto interamente nella sua Passione il peccato dei primi genitori.

1007. 5. Allo stesso modo un maestro degli armeni di nome Mechitriz, che viene tradotto Paraclito, introdusse e insegnò di nuovo che l’anima umana del bambino si propaga dall’anima del padre, come il corpo dal corpo, e anche un Angelo dall’altro; poiché l’anima umana dotata di ragione e l’Angelo dotato di natura intellettuale sono in un certo senso luci spirituali, e propagano da sé altre luci spirituali.

1008. 6. Allo stesso modo, gli Armeni dicono che i bambini nati da genitori Cristiani dopo la Passione di Cristo, se muoiono prima di essere battezzati, vanno nel paradiso terrestre in cui si trovava Adamo prima del peccato; quanto alle anime dei bambini nati da genitori non Cristiani dopo la Passione di Cristo e che muoiono senza Battesimo, esse vanno nei luoghi in cui si trovano le anime dei loro genitori.

1009. Allo stesso modo gli Armeni affermano che le anime dei bambini battezzati e le anime degli uomini più perfetti entreranno, dopo il Giudizio generale, nel Regno dei Cieli, dove saranno libere da tutti i mali di questa vita che servono come punizione… Tuttavia non vedranno l’Essenza di Dio, perché nessuna creatura può vederla; ma vedranno lo splendore di Dio che emana dalla sua Essenza, come la luce emana dal sole e tuttavia non è il sole.

1010. 17. Allo stesso modo, gli Armeni ritengono comunemente che non ci sia un Purgatorio per le anime nell’aldilà, poiché, dicono, se il Cristiano riconosce i suoi peccati, tutti i peccati e le pene del peccato gli sono perdonati. Non pregano neppure per i defunti, affinché nell’altro mondo siano loro perdonati i peccati, ma pregano in modo generico per tutti i defunti, come ad esempio per la Beata Maria, gli Apostoli…

1011. 18. Anche gli Armeni credono e ritengono che Cristo sia disceso dal cielo e si sia incarnato per la salvezza degli uomini, non perché i figli nati da Adamo ed Eva abbiano contratto da loro, dopo il loro peccato, il peccato originale dal quale sono salvati dall’incarnazione e dalla morte di Cristo; infatti dicono che non c’è questo peccato nei figli di Adamo; ma dicono che Cristo si sia incarnato ed abbia sofferto per la salvezza degli uomini perché con la sua Passione i figli di Adamo che hanno preceduto la suddetta Passione siano stati liberati dall’inferno in cui si trovavano, non per il peccato originale che sarebbe stato in loro, ma per la gravità del peccato personale dei primi genitori. Credono anche che Cristo si sia incarnato e abbia sofferto per la salvezza dei bambini nati dopo la sua Passione, perché con la sua Passione ha distrutto totalmente l’inferno. …

1012. 19…. Affermano a tal punto che… la concupiscenza della carne sia un peccato e un male, che anche i genitori Cristiani, quando si uniscono in matrimonio, commettono un peccato…, poiché dicono che l’atto matrimoniale e persino il matrimonio siano un peccato.

1013. 40…. Altri, invece, affermano che i Vescovi e i Sacerdoti armeni non fanno nulla per la remissione dei peccati, né in modo principale né in modo ministeriale, ma che solo Dio rimette i peccati. I Vescovi ed i Sacerdoti intervengono per l’attuazione di questa remissione dei peccati solo perché hanno ricevuto da Dio il potere di pronunciare queste parole, e quindi dicono, quando danno l’assoluzione, “Che Dio rimetta i tuoi peccati”, oppure “Io rimetto i tuoi peccati sulla terra, e che Dio te li rimetta in cielo”.

1014. 42. Allo stesso modo gli Armeni affermano e ritengono che solo la Passione di Cristo, senza alcun altro dono di Dio che renda anche gratificante a Dio, sia sufficiente per la remissione dei peccati, e non dicono che per operare la remissione dei peccati sia necessaria la grazia che renda gratificante a Dio o che giustifichi, né dicono che nei Sacramenti della nuova Legge sia data la grazia che rende gratificante a Dio.

1015. 49. Allo stesso modo dicono che se uno… prende una terza (moglie), o una quarta e così via, non possa essere assolto dalla loro Chiesa, poiché dicono che tale matrimonio sia fornicazione.

1016. 58. Allo stesso modo gli Armei affermano e ritengono che, affinché un Battesimo sia vero, siano necessarie tre cose: l’acqua, il crisma… e l’eucaristia, cosicché se uno battezza un altro e dice: “Ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Amen”, e poi non viene unto con il crisma, non sia battezzato… E allo stesso modo, se non gli venisse data l’Eucaristia, non sarebbe battezzato.

1017. 66. Allo stesso modo tutti gli Armeni dicono e ritengono comunemente che con le parole che si trovano nel loro canone della Messa, quando viene detto dal Sacerdote: “Prese il pane e rese grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli scelti seduti a tavola: Prendete e mangiate tutti, questo è il mio Corpo…; allo stesso modo prese il calice… dicendo Prendete e bevetene tutti, questo è il mio Sangue… per la remissione dei peccati“, il Corpo e il Sangue di Cristo non siano realizzati, né intendano realizzarli, e dicono queste parole solo a titolo di recita, cioè recitando ciò che il Signore ha fatto quando ha istituito il Sacramento. E dopo queste parole il Sacerdote dice molte preghiere che si trovano nel loro canone, e dopo queste preghiere arriva al punto in cui nel loro canone si dice questo: “Ti adoriamo, ti supplichiamo e ti chiediamo, buonissimo Dio, di mandare su di noi e su questo dono che viene presentato, lo Spirito che è consustanziale con te, con il quale del pane che è stato benedetto farai veramente il Corpo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo – e queste parole il Sacerdote le dice tre volte, e poi il Sacerdote dice sul calice e sul vino che è stato benedetto: “Farete veramente il Sangue del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo“, e credono che sia con queste parole (chiamate “epiclesi”) che si fanno il Corpo e il Sangue di Cristo. …

1018. 67. Allo stesso modo gli Armeni non dicono che dopo le suddette parole di consacrazione abbia avuto luogo la transustanziazione del pane e del vino nel vero Corpo e Sangue di Cristo, che nacque da Maria Vergine, patì e risuscitò, ma ritengono che questo Sacramento sia una rappresentazione, o similitudine o figura del vero Corpo e Sangue del Signore… perciò non chiamano il sacramento dell’altare Corpo e Sangue di Cristo, ma ostia, sacrificio o comunione.

1019. 68. Allo stesso modo gli Armeni dicono e ritengono che se un Sacerdote o un Vescovo ordinato si dedichi alla fornicazione, anche in segreto, perde il potere di celebrare tutti i Sacramenti e di amministrarli.

1020. 70. Gli Armeni non dicono né ritengono che il Sacramento dell’Eucaristia, ricevuto degnamente, produca la remissione dei peccati in colui che lo riceve, o la remissione delle pene dovute per il peccato, o che con esso sia data la grazia di Dio o il suo aumento, ma dicono solo che… il Corpo di Cristo entra nel suo corpo ed è cambiato in esso, così come altri cibi sono cambiati in colui che è stato nutrito.

CLEMENTE VI: 7 maggio 1342 – 6 dicembre 1352

Bolla di Giubileo “Unigenitus Dei Filius” 27 gennaio 1343.

Il tesoro dei meriti di Cristo deve essere distribuito dalla Chiesa.

1025. L’unico Figlio di Dio… “che è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1, 30), “non con sangue di capri o di vitelli, ma con il proprio sangue, è entrato una volta per tutte nel santuario e ci ha acquistato una redenzione eterna” (Eb IX,12). Egli infatti non ci ha riscattati con qualcosa di corruttibile, oro o argento, ma con il proprio sangue prezioso, il sangue dell’Agnello puro e immacolato, (1 Pt I,18ss.); E questo sangue, sappiamo, lo ha versato, immolato innocente sull’altare della croce, non in una piccola goccia, che sarebbe stata sufficiente a causa della sua unione con il Verbo per la redenzione di tutto il genere umano, ma in abbondanza, come un fiume, in modo che “dalla pianta dei piedi fino alla corona del capo nulla rimase intatto” (Is I,6). Perciò Egli acquistò un tesoro così grande per la Chiesa militante, affinché la misericordia di tale effusione non fosse inutile, vana o superflua; come un buon Padre volle raccogliere tesori per i suoi figli, affinché con ciò “gli uomini avessero un tesoro inesauribile, dove coloro che vi attingono potessero partecipare all’amicizia di Dio” (Sap VII,14).

1026. Volle che questo tesoro fosse dispensato ai fedeli per la loro salvezza dal beato Pietro, portatore delle chiavi del cielo, e dai suoi successori, suoi Vicari sulla terra, e che, per giusti e ragionevoli motivi, al fine di rimettere a volte parzialmente e a volte completamente la pena temporale dovuta al peccato, fosse applicato misericordiosamente, sia in generale che in particolare (come avrebbero ritenuto utile davanti a Dio) a coloro che, veramente penitenti, si fossero confessati.

1027. All’abbondanza di questo tesoro contribuiscono, come sappiamo, i meriti della beata Madre di Dio e di tutti gli eletti, dal primo giusto all’ultimo, e non c’è da temere che si esaurisca o si riduca, sia per gli infiniti meriti di Cristo (come è stato detto), sia perché quanto più gli uomini sono portati alla giustizia quando questo tesoro viene applicato, tanto maggiore è l’abbondanza dei meriti.

Ritrattazione di Nicolas d’Autrecourt, 25 novembre 1347.

Errori filosofici di Nicolas d’Autrecourt.

1028. 1… Non si può avere certezza, per così dire, delle realtà per mezzo delle apparenze naturali, ma la si può avere rapidamente ed in modo modesto se gli uomini rivolgono il loro intelletto verso le realtà e non verso l’intelletto di Aristotele e dei commentatori.

1029. 2… Non si può, in virtù delle suddette prove, dedurre o concludere con evidenza da una cosa un’altra cosa, o dal non essere dell’una il non essere dell’altra.

1030. 3… Le proposizioni “Dio è” e “Dio non è” significano la stessa cosa, anche se in modo diverso.

1031. 9… La certezza dell’evidenza non ha gradi.

1032. 10… Non abbiamo la certezza dell’evidenza su una sostanza materiale che non sia la nostra anima.

1033. 11… Tranne la certezza della fede, non c’è altra certezza che la certezza del primo principio o di ciò che possa essere ridotto al primo principio.

1034. 14… Non sappiamo in alcun modo che qualcosa di diverso da Dio possa essere causa di un effetto – che qualsiasi causa, che non sia Dio, sia causa effettiva – che esista o possa esistere una causa efficiente naturale.

1035. 15… Non sappiamo con certezza che un effetto sia o possa essere prodotto in modo naturale.

1036. 17… Non sappiamo con certezza che un soggetto sia coinvolto in una qualsiasi produzione.

1037. 21… Se una realtà è dimostrata, nessuno sa con certezza che non superi tutte le altre in eccellenza.

1038. 22… Se una realtà è dimostrata, nessuno sa con evidenza che non è Dio, se per Dio intendiamo l’essere più eccellente.

1039. 25… Nessuno sa in modo evidente che questo non si possa ragionevolmente ammettere: “Se si produce una qualsiasi realtà, si produce Dio”.

1040. 26… Non si può dimostrare con evidenza che una qualsiasi realtà non sia eterna.

1041. 30… Queste deduzioni non sono ovvie: “C’è un atto di intellezione, quindi c’è l’intelligenza. C’è una volontà, quindi c’è una volontà”.

1042. 31… Non si può dimostrare con prove che tutto ciò che appare non è vero.

1043. 32… Dio e la creatura non sono qualcosa.

1044. 39… L’universo è pienamente perfetto in sé e in tutte le sue parti, e non ci può essere imperfezione né nel tutto né nelle parti, e quindi sia il tutto sia le parti devono essere eterni, e non passare dal non-essere all’essere, né viceversa, perché l’imperfezione nell’universo o nelle sue parti segue necessariamente.

1045. 40… Ogni cosa nell’universo è meglio se stessa che non se stessa.

1046. 42… La ricompensa dei buoni e la punizione dei cattivi è data dal fatto che, quando i corpi fatti di atomi si separano, rimane un certo spirito chiamato intelletto e un altro chiamato senso; e come nel bene questi spiriti erano in disposizione migliore, così si troveranno un numero infinito di volte, in accordo con il fatto che questi atomi si incontreranno un numero infinito di volte; e in questo il buono sarà ricompensato; ma il cattivo sarà punito perché un numero infinito di volte, quando l’incontro dei suoi atomi si ripeterà, avrà sempre la disposizione cattiva. Oppure, dice (Nicolas d’Autrecourt), si può ammettere in un altro modo che questi due spiriti del bene, quando il loro deposito è detto distrutto, diventino presenti in un altro deposito composto da atomi più perfetti. E allora, poiché tale deposito ha più flessibilità e perfezione, ciò che è intelligibile arriva a loro più di prima.

1047. 43… Il fatto di essere corruttibile include un antagonismo, una contraddizione.

1048. 53… Questo è il primo principio, e nessun altro: “Se qualcosa è, è qualcosa”. “

1049. 58… Dio può comandare a una creatura razionale di odiarlo e, se obbedisce, ha più merito che se lo amasse a causa di un precetto, perché lo farebbe con maggiore sforzo e più contro la propria inclinazione.

Lettera “Super quibusdam“, a Mekhitar (Consolatore), cattolico degli Armeni, 29 settembre 1351.

La preminenza della Sede romana.

1050. Nel primo capitolo della vostra risposta… chiediamo:

1. Se credete, voi e la Chiesa degli Armeni che vi obbedisce, che coloro che hanno ricevuto nel Battesimo la stessa fede cattolica e che in seguito si sono allontanati o si allontaneranno dalla comunione di fede con questa stessa Chiesa romana, che è la sola e unica cattolica, siano scismatici ed eretici se rimangono ostinatamente separati dalla fede di questa Chiesa romana.

1051. 2. Chiediamo se credete, voi e gli Armeni che vi obbediscono, che nessun uomo nella condizione di pellegrino possa essere salvato alla fine se non da questa Chiesa e dall’obbedienza ai Pontefici Romani.

1052. Nel secondo capitolo… chiediamo: 1. Se avete creduto, credete o siete disposti a credere, voi e la Chiesa degli Armeni che vi obbedisce, che il beato Pietro abbia ricevuto dal Signore Gesù Cristo il più completo potere di giurisdizione su tutti i fedeli cristiani; e che ogni potere di giurisdizione che Giuda Taddeo e altri Apostoli avevano in modo speciale e particolare in certi paesi o province e in varie parti dell’universo, fosse pienamente soggetto all’autorità e al potere che il beato Pietro ha ricevuto dal Signore Gesù Cristo stesso in tutte le parti dell’universo su tutti coloro che credono in Cristo; e che nessun Apostolo o nessun altro oltre a Pietro abbia ricevuto il potere plenario su tutti i Cristiani.

1053. (2) Se credete e avete creduto, o siete disposti a credere, voi e gli Armeni che vi sono soggetti, che tutti i Pontefici Romani che, succedendo al beato Pietro, sono entrati o entreranno nel loro ufficio secondo i canoni, siano succeduti e succederanno al beato Pontefice Romano Pietro nella stessa pienezza e potere di giurisdizione che Pietro stesso ha ricevuto dal Signore Gesù Cristo su tutto il corpo della Chiesa militante.

1054. 3. Se avete creduto e credete, voi e gli Armeni che vi sono soggetti, che coloro che sono stati i Romani Pontefici, e Noi che siamo il Romano Pontefice, e coloro che lo saranno successivamente, come legittimi e plenarissimi Vicari di Cristo con il loro potere, hanno ricevuto direttamente da Cristo, riguardo all’intero e universale corpo della Chiesa militante, tutta la giurisdizione connessa al potere che Cristo, come capo avente la stessa forma, deteneva nella vita umana.

1055. 4. Se avete creduto e credete che tutti coloro che sono stati Romani Pontefici, Noi che siamo e tutti coloro che saranno, hanno potuto e possono, in virtù della pienezza di potere e di Autorità di cui sopra, giudicare immediatamente, da Noi stessi e da loro stessi, riguardo a tutti in quanto sono soggetti alla Nostra e alla loro giurisdizione, e istituire e delegare come giudici ecclesiastici tutti coloro che Noi vorremo, per giudicare.

1056. 5. Se avete creduto e credete che l’autorità e il potere supremo e preminente di giudicare di coloro che furono pontefici romani, di Noi che siamo e di coloro che saranno, era, è e sarà tale che essi e Noi non hanno, non possono e non saranno giudicati da nessuno; ma che essi e Noi siamo stati, siamo e saremo lasciati al solo giudizio di Dio, e che non è stato possibile, non è possibile e non sarà possibile appellarsi alle nostre sentenze e ai nostri giudizi a nessun altro giudice.

1057. 6. Se avete creduto e credete tuttora che la pienezza del potere del Romano Pontefice si estenda a tal punto che egli possa trasferire i Patriarchi, i Catholicon, gli Arcivescovi, i Vescovi, gli Abati e qualsiasi altro prelato da qualunque dignità siano stati istituiti ad altre dignità comprendenti una giurisdizione maggiore o minore, o se le loro colpe lo richiedono, degradarli e deporli, scomunicarli o consegnarli a Satana (1Co V,5).

1058. 7. Se avete creduto e credete tuttora che l’autorità del Romano Pontefice non possa e non debba essere soggetta ad alcun potere imperiale, regio o altro potere secolare per quanto riguarda l’istituzione giudiziaria, la rimostranza o la rimozione.

1059. 8. Se avete creduto e credete che solo il Romano Pontefice possa stabilire i sacri canoni universali, concedete le indulgenze plenarie a coloro che visitano le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo o che vanno in pellegrinaggio in Terra Santa, o a tutti i fedeli che, veramente e pienamente pentiti, si saranno confessati.

1060. 9. Se avete creduto e credete che coloro che si sono opposti alla fede della Chiesa romana e alla fine sono morti senza pentirsi, siano stati dannati e siano scesi ai tormenti eterni dell’inferno.

1061. 10. Se avete creduto e credete ancora adesso che, per quanto riguarda l’amministrazione dei sacramenti della Chiesa, purché sia sempre tralasciato ciò che fa parte dell’integrità e della necessità dei sacramenti, il Romano Pontefice possa tollerare vari riti delle Chiese di Cristo e anche concedere che siano mantenuti.

1062. 11. Se avete creduto e credete che gli Armeni che in varie parti del mondo obbediscano al Pontefice della Chiesa romana e che osservino con zelo e devozione le forme e i riti della Chiesa romana nell’amministrazione dei Sacramenti, nel digiuno e in altre cerimonie, stanno facendo bene, e che così facendo meritino la vita eterna.

1063. 12. Se avete creduto e credete che nessuno può essere trasferito dalla dignità episcopale a quella arcivescovile, patriarcale o di catholicon in virtù della propria autorità o dell’autorità di un principe secolare, sia esso re o imperatore o qualsiasi altro che si basi su qualsiasi potere e dignità terrena.

1064. 13. Se avete creduto e credete tuttora che quando sorgono dubbi sulla fede cattolica, solo il Romano Pontefice possa porvi fine con una decisione autentica alla quale si deve aderire irrevocabilmente, e che ciò che egli stabilisca essere vero e cattolico in virtù dell’autorità delle chiavi trasmessegli da Cristo, sia vero e cattolico, e che ciò che egli stabilisca essere falso ed eretico è da considerarsi tale.

1065. 14. Se avete creduto e credete che il Nuovo e l’Antico Testamento, in tutti i libri che ci sono stati tramandati dall’autorità della Chiesa romana, contengano in tutto la verità inequivocabile…

Purgatorio

1066. Vi chiediamo se avete creduto e credete che esista un purgatorio in cui scendano le anime di coloro che muoiono in stato di grazia e che non hanno ancora soddisfatto i loro peccati con una penitenza completa.

1067. Allo stesso modo, se avete creduto e credete che esse siano tormentate dal fuoco solo per un periodo di tempo, e che non appena sono purificate, anche prima del giorno del giudizio, raggiungano la vera ed eterna beatitudine che consiste nel vedere Dio faccia a faccia e nella dilezione.

Soggetto e ministro della cresima.

1068. Lei ha dato risposte che ci inducono a interrogarla sui seguenti punti: 1. Riguardo alla consacrazione del crisma, se ritiene che il crisma non possa essere consacrato secondo le regole e come dovrebbe da un Sacerdote che non sia Vescovo.

1069. 2. Se si ritiene che il sacramento della Confermazione non possa essere amministrato ordinariamente ex officio da qualcuno che non sia un Vescovo.

1070. 3. se credete che solo il Romano Pontefice, che ha la pienezza del potere, possa concedere il permesso a Sacerdoti che non sono Vescovi di amministrare il sacramento della Confermazione.

1071. 4. Se credete che coloro che hanno ricevuto la crismazione per mano di sacerdoti che non sono Vescovi, e che non hanno ricevuto un mandato o un permesso dal Romano Pontefice per farlo, dovrebbero ricevere nuovamente la crismazione per mano di un Vescovo o di Vescovi.

Dottrine che si oppongono a particolari errori degli Armeni.

1072. Dopo tutto quanto precede siamo portati a meravigliarci molto che in una lettera che inizia con “Honorabilibus in Christo Patribus”, lei passi sotto silenzio quattordici dei primi cinquantatré capitoli: 1. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.

1073. 3. I piccoli figli contraggono il peccato originale dai primi genitori.

1074. 6. Le anime completamente purificate, separate dai loro corpi, vedono Dio in modo manifesto.

1075. 9. Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale scendono all’inferno.

1076. 12. Il battesimo distrugge il peccato mortale e il peccato attuale.

1077. 13. Cristo, scendendo all’inferno, non ha distrutto l’inferno.

1078. 15. Gli angeli sono stati creati buoni da Dio.

1079. 30. Lo spargimento del sangue degli animali non produce alcuna remissione dei peccati.

1080. 32. Chi mangia pesce e olio nei giorni di digiuno non deve essere giudicato.

1081. 39. Coloro che sono stati battezzati nella Chiesa cattolica, se diventano infedeli e poi si convertono, non devono essere battezzati di nuovo.

1082. 40. I neonati possono essere battezzati prima dell’ottavo giorno e il battesimo non può essere fatto con un liquido diverso dall’acqua vera.

1083. 42. Dopo le parole di consacrazione il corpo di Cristo è numericamente uguale al corpo nato dalla Vergine e sacrificato sulla croce.

1084. 45. Nessuno, nemmeno un santo, può realizzare il Corpo di Cristo se non è sacerdote.

1085. 46. È necessario per la salvezza confessare al proprio sacerdote, o con il suo permesso, tutti i peccati mortali, in forma piena e distinta.

INNOCENZO VI: 18 dicembre 1352 – 12 settembre 1362

URBANO V : 28 settembre 1362 – 19 dicembre 1370

Revoca imposta a Denys Foullechat dalla costituzione Ex supernae clementiae” del 23 dicembre 1368.

Errori relativi allo stato di perfezione e di povertà

1087. (Art. 4, conclusione 3) Che questa benedettissima e dolcissima Legge, cioè la Legge dell’Amore, … toglie ogni proprietà e ogni diritto di disporre … – La ritraggo come falsa, erronea ed eretica, perché Cristo e gli Apostoli hanno osservato questa legge nel modo più perfetto, e molti altri, in vari stati, … l’hanno osservata … che possedevano proprietà e avevano il diritto di disporne. …

1088. (Corollario 1) Che questa legge sposa i due pronomi possessivi, cioè “mio” e “tuo”.

(Corollario 2) Che la carità perfetta non rende tutte le cose meno comuni dell’estrema necessità. Ora dico che questi due corollari, così come derivano dalla conclusione precedente, sono falsi.

1089. (Corollario 4) Che Cristo ha dato questa Legge ai discepoli soprattutto perché la adempissero attualmente e non solo abitualmente … – Questo corollario – se questa Legge dell’amore viene intesa nel senso che toglie ogni proprietà ed ogni diritto di disporre, come dice la conclusione – se viene inteso in questo modo, lo considero falso, erroneo, eretico e contrario a ciò che la Chiesa ha stabilito.

1090. (Conclusione 4) Che la rinuncia effettiva alla volontà del cuore e al potere temporale, al diritto di disporre o all’autorità, manifesta e realizza lo stato più perfetto… Questa conclusione, intesa in senso generale, la considero falsa, erronea ed eretica…

1091. (Corollario 1) Il fatto che Cristo non abbia rinunciato a tale possesso e al diritto sui beni temporali non è sostenuto dalla nuova Legge, ma piuttosto il contrario… Mt VIII,20

(Corollario 2) Che Cristo insegnò questa Legge come regola di perfezione e la confermò con l’esempio. Questi due corollari li ritratto come falsi, erronei ed eretici, e come contrari a quanto stabilito dalla decretale del Signore Papa Giovanni (XXII) che inizia con: “Quia quorumdam“.

1092. (Corollario 4) Che la rinuncia ai beni temporali che si riferisce alla preparazione dello spirito non rappresenta e non raggiunge alcuna perfezione o una perfezione molto imperfetta e fragile… Ritratto questo articolo come falso e scandaloso.

1093. Rispondendo a un celibe [che diceva] … che Cristo non ha rinunciato a queste cose, ho negato questo e ho affermato che Cristo non ha tenuto nulla per sé. Queste due affermazioni le ritraggo come false ed eretiche, perché Cristo aveva risorse per gli ammalati e conservava ciò che gli veniva dato dai fedeli…

1094. (Ultimo corollario) Che Cristo non si preoccupava dei beni temporali più di quanto i ricchi si preoccupino dei poveri… – Ora dico che Cristo si preoccupava dei beni temporali perché non rinunciava a tutto…

Proposte aggiunte per la seconda ritrattazione (12 aprile 1369).

1095. Che Cristo, alla sua morte, ha rinunciato a tutto. – Questa proposizione la ritengo falsa, erronea ed eretica.

1096. Che quando il corpo (di Cristo) fu nel sepolcro, l’amore gli tolse ogni possesso e ogni diritto di disporne. – Questa proposizione la ritraggo come falsa, erronea ed eretica.

1097. Che il seggio universale del Signore sia stato vuoto fino ad oggi… – La ritratto come falsa ed erronea.

GREGORIO XI: 30 dicembre 1370 – 26/27 marzo

Lettera dei Cardinali dell’Inquisizione agli Arcivescovi di Tarragona e Saragozza,

Errori di Pietro di Bonageta e di Giovanni di Latona in merito aLl’eucaristia.

1101. (1). Quando un’ostia consacrata cade o viene gettata in una fogna, in un pantano o in un luogo ignobile, anche se le specie rimangono, il Corpo di Cristo cessa di essere sotto di esse, e la sostanza del pane ritorna.

1102. (2) Se un’ostia consacrata viene mangiata da un topo o divorata da una bestia, anche se le specie rimangono, il Corpo di Cristo cessa di essere sotto di essa e la sostanza del pane ritorna.

Quando un’ostia consacrata viene mangiata da un giusto o da un peccatore, quando le specie vengono schiacciate dai denti, Cristo viene rapito in cielo e non viene portato nel ventre dell’uomo.

Bolla “Salvator humani generis” all’Arcivescovo di Riga e ai suoi suoi suffraganei, 8

Principi di diritto errati contenuti nello “Specula saxonus“.

1110. Con questo scritto apostolico chiediamo a tutti i fedeli cristiani di non utilizzare d’ora in poi questi scritti o leggi riprovevoli… (Art. 1) Qualunque cosa un uomo abbia fatto al di fuori del tribunale, e per quanto nota, può liberarsi con il suo giuramento (di innocenza), e contro di esso nessuna testimonianza ha valore.

1111. (6) Se una persona è stata uccisa in una rapina o in un furto, e un parente della persona uccisa si presenta per duellare per lui, egli respingerà ogni testimonianza di duello, e il morto non potrà essere confuso senza duello.

1112. (7) Se due persone fanno contemporaneamente dichiarazioni contrarie in tribunale, può prevalere la dichiarazione di colui che ha più sostenitori.

1113. (8) Chiunque sia stato sfidato a duello, come stabilito in questo libro, non può rifiutare il duello, a meno che lo sfidante non sia meno ricco di lui.

1114. (9) Chi ha perso il suo diritto per furto o rapina, se viene accusato una seconda volta di furto o rapina non può liberarsi con un giuramento (di innocenza), ma può scegliere tra il ferro rovente, l’acqua bollente o il duello. Tuttavia, l’ultima parte di questo articolo è errata, in quanto consente la scelta tra il ferro rovente, ecc.

1115. (12) Un erede non risponde del furto o della rapina perpetrati da colui che eredita: questo è sbagliato almeno nel foro della coscienza.

1116. (Censura: gli scritti sono condannati come) falsi, temerari, iniqui e ingiusti, e in alcune cose come eretici, scismatici, contrari ai buoni costumi e pericolosi per le anime.

Errori di John Wyclif, condannati nella lettera “Super Periculosis” ai Vescovi di Canterbury e Londra, 22 maggio 1377.

Errori di John Wyclif sulla disposizione dei beni temporali.

1121. 1. l’intero genere umano, con l’eccezione di Cristo, non ha il potere di stabilire a priori che Pietro e tutta la sua discendenza abbiano il dominio politico sul mondo per sempre.

1122. 2. Dio non può dare la sovranità temporale a un solo uomo per sé e per i suoi eredi per sempre.

1123. 3. le carte dell’umanità inventate per l’eredità civile perpetua sono impossibili.

1124. 4. Chi è in grazia seriamente e fedelmente, non solo ha il diritto, ma ha davvero tutti i doni di Dio.

1125. 5. È solo come amministratore che un uomo può dare ad un figlio una sovranità, sia temporalmente, sia naturalmente che per imitazione alla scuola di Cristo.

1126. Se c’è Dio, i signori temporali possono giustamente togliere le ricchezze alla Chiesa se essa commette infrazioni.

1127. 7. Non sta a me discutere se la Chiesa sia o meno in tale stato, ma spetta ai signori temporali esaminarla e, in caso affermativo, agire con coraggio e togliere i beni temporali pena la dannazione eterna.

1128. 8. Sappiamo che non è possibile per il Vicario di Cristo conferire o togliere una capacità a qualcuno solo in virtù delle sue bolle, o in virtù di esse con la sua volontà e il suo assenso e quello del suo collegio.

1129. 9. Non è possibile che un uomo venga scomunicato se non sia stato scomunicato prima di tutto da lui stesso.

1130. 10. Nessuno è scomunicato, sospeso o tormentato da altre censure per metterlo in uno stato peggiore, a meno che non sia una questione di Dio.

1131. 11. Una maledizione o una scomunica non vincola in modo assoluto, ma solo quando è rivolta contro un oppositore della legge di Cristo.

1132. 12. Cristo non ha insegnato ai suoi discepoli, con l’esempio, il potere di scomunicare i subordinati, soprattutto non per aver messo in discussione i beni temporali, ma al contrario.

1133. 13. I discepoli di Cristo non hanno il potere di esigere i beni temporali con la coercizione delle censure.

1134. 14. Non è possibile, per il potere assoluto di Dio, che se il Papa o qualsiasi altra persona afferma di vincolare o liberare in qualche modo, in tal modo vincoli o liberi.

1135. 15. Dobbiamo credere che egli leghi o sciolga solo se si conforma alla legge di Cristo.

1136. 16. Questo è da credere in modo cattolico: qualsiasi Sacerdote regolarmente ordinato ha il potere di conferire qualsiasi sacramento in modo sufficiente, e di conseguenza di assolvere qualsiasi uomo contrito da qualsiasi peccato.

1137. 17. È lecito ai re togliere i beni temporali agli ecclesiastici, se questi ne abusano abitualmente.

1138. 18. Se i signori temporali, i santi Papi o il Capo della Chiesa, che è Cristo, hanno dotato la Chiesa di beni di ricchezza e di grazia, e se hanno scomunicato coloro che le sottraggono beni temporali, non è meno lecito, in virtù di una condizione implicita, spogliarla dei beni temporali se c’è stata un’offesa proporzionata.

1139. Un uomo di Chiesa, e persino il Romano Pontefice, può essere legittimamente rimproverato e persino messo in stato d’accusa da subordinati e laici.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (20): “da URBANO IV a MARTINO V”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (18) “da URBANO IV a GIOVANNI XXII”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (18)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da  Urbano IV a Giovanni XXII )

URBANO IV: 29 agosto 1261 – 2 ottobre 12

Bolla “Transiturus de hoc mundo“, 11 agosto 1264.

L’Eucaristia come memoriale di Cristo.

846. Ora, all’atto dell’istituzione di questo Sacramento, Egli stesso disse agli Apostoli: “Fate questo in memoria di me” (Lc XXII, 19), affinché questo sublime e venerabile Sacramento fosse per noi un memoriale eminente e significativo dello straordinario amore con cui ci ha amato. Un memoriale mirabile, dico… in cui sicuramente otteniamo aiuto in vita e in morte. Questo è il memoriale… salvifico in cui ricordiamo con gratitudine la nostra Redenzione, in cui siamo preservati dal male e rafforzati nel bene, e avanziamo nella crescita delle virtù e delle grazie, in cui anzi avanziamo grazie alla presenza corporea del Salvatore stesso. Altre realtà che ricordiamo, le abbracciamo nello spirito e nella mente, ma non ne possediamo la presenza reale. Ma in questa commemorazione sacramentale di Cristo, Gesù Cristo è presente a noi, anche se in un’altra forma, ma nella sua stessa sostanza. Prima di ascendere al cielo, disse agli Apostoli e ai loro successori: “Ecco, Io sono con voi fino alla fine dei tempi” (Mt XXVIII, 20), e li confortò con la benefica promessa che sarebbe rimasto e sarebbe stato con loro in una presenza corporea.

L’Eucaristia, cibo per l’anima.

847. Superando ogni pienezza di generosità, andando oltre ogni misura di amore, ha distribuito Se stesso come cibo. O generosità unica e ammirevole, in cui chi dà diventa il dono, e in cui ciò che viene dato è pienamente identico a chi lo dà! Così ha dato se stesso come cibo, affinché l’uomo, che era stato abbattuto dalla morte, fosse risuscitato dal cibo alla vita… Mangiare ferito e mangiare guarito. Ecco, da dove è nata la ferita è venuto anche il rimedio, e da dove è entrata la morte è venuta anche la vita. Di questo mangiare è detto: “Nel giorno in cui ne mangerai, morirai di morte” (Gen II, 17), ma di questo mangiare è detto: “Chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv VI, 52) … È stata anche una liberalità ed un atto appropriato che il Verbo eterno di Dio, che è il cibo ed il conforto della creatura ragionevole, essendo diventato carne, abbia dato se stesso come cibo alla carne ed al corpo della creatura ragionevole, cioè all’uomo… Questo pane si assume, ma non si consuma; si mangia, ma non si cambia, perché non si trasforma in alcun modo in colui che lo mangia, ma se è ricevuto degnamente, colui che lo riceve si conforma ad esso.

CLEMENTE IV: 5 febbraio 1265-29 Novembre 1268.

Lettera “Quanto sincerius” all’Arcivescovo Maurin di Narbonne, 28 ottobre 1267.

La presenza reale di Cristo nell’Eucaristia.

849. (Abbiamo sentito che voi…) avete detto che il santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo non sia sostanzialmente sull’altare, ma solo come ciò che è significato è sotto il segno, e che avete aggiunto che questa sia un’opinione che si sente spesso a Parigi. Ma questa affermazione si è diffusa… e quando infine Ci è giunta, Ci ha scandalizzato al massimo; e non ci è stato facile credere che voi abbiate detto cose che contengano un’eresia manifesta e deroghino alla verità di quel Sacramento in cui la fede si realizza più utilmente in quanto vince i sensi, tiene prigioniero l’intelletto e sottomette la ragione alle sue leggi… Tenete fermo ciò che la Chiesa ha in comune… che sotto le specie del pane e del vino, dopo che le sacre parole sono state pronunciate dalla bocca del Sacerdote, secondo il rito della Chiesa, il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo siano realmente e sostanzialmente presenti, anche se secondo il luogo in cui si trova, è in cielo.

GREGORIO X: 1

Settembre 1271 – 10 gennaio

2° Concilio di Lione (14° ecumenico) 7 maggio – 17 luglio 1274.

2a sessione, 18 maggio 1274: costituzione sulla Somma Trinità e la fede cattolica.

La processione dello Spirito Santo.

850. Professiamo con fedeltà e devozione che lo Spirito Santo procede eternamente dal Padre e dal Figlio, non come due principi, ma come un unico principio, non da due spiriti, ma da un unico e medesimo spirito. Questo è ciò che la santa Chiesa romana, madre e maestra di tutti i fedeli, ha finora professato, predicato e insegnato; questo è ciò che essa fermamente sostiene, predica, professa e insegna; questa è la dottrina immutabile e vera dei Padri e dei Dottori ortodossi, sia latini che greci. Ma poiché alcuni, per ignoranza della verità inconfutabile sopra enunciata, sono caduti in vari errori, Noi stessi, volendo chiudere la strada a tali errori, con l’approvazione del santo Concilio, condanniamo e riproviamo tutti coloro che osino negare che lo Spirito Santo proceda eternamente dal Padre e dal Figlio, o che addirittura, con temeraria audacia, si spingano ad affermare che lo Spirito Santo proceda dal Padre e dal Figlio come da due principi e non da uno.

4a sessione, 6 luglio 1274, lettera dell’imperatore Michele a Papa Gregorio X.

Professione di fede dell’imperatore Michele Paleologo.

851. (Professione di fede). Crediamo che la Santa Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, sia un unico Dio onnipotente, e che nella Trinità tutta la Divinità sia ugualmente essenziale, ugualmente consustanziale, ugualmente eterna, ugualmente onnipotente, che in essa vi sia un’unica volontà, un’unica potenza, un’unica maestà, che Essa sia la creatrice di tutte le creature, dalla quale, nella quale e per mezzo della quale sono tutte le cose che sono in cielo ed in terra, visibili ed invisibili, corporee e spirituali. Crediamo che ciascuna delle Persone della Trinità sia veramente, pienamente e perfettamente Dio.

852. Crediamo che il Figlio di Dio, il Verbo di Dio, sia nato eternamente dal Padre, consustanziale, ugualmente onnipotente ed uguale in tutto al Padre in divinità: nato nel tempo, dallo Spirito Santo e da Maria sempre Vergine, con un’anima ragionevole. Ha due nascite, una eterna, dal Padre, una temporale, da sua Madre. Vero Dio e vero uomo, propriamente e perfettamente in entrambe le nature; né figlio adottivo né figlio in apparenza, ma unico e solo Figlio di Dio, in due nature, la divina e l’umana, nell’unità di una sola Persona, incapace di soffrire ed immortale per la sua divinità, ma che nella sua umanità ha sofferto una vera e propria Passione corporea, per noi e per la nostra salvezza; è morto, è stato sepolto, è sceso negli inferi, ed il terzo giorno risuscitò dai morti, essendo veramente risorto, quaranta giorni dopo la sua risurrezione, con la sua carne risuscitata e la sua anima. È salito al cielo e siede alla destra di Dio Padre, da dove verrà a giudicare i vivi ed i morti e renderà a ciascuno secondo le sue opere buone o cattive.

853. Crediamo anche che lo Spirito Santo sia pienamente, perfettamente e realmente Dio, procedendo dal Padre e dal Figlio, uguale in tutto e consustanziale, ugualmente onnipotente, ugualmente eterno, in tutto come il Padre ed il Figlio. Crediamo che questa santa Trinità non sia tre dèi, ma un solo Dio onnipotente, eterno, invisibile ed immutabile.

854. Crediamo anche che la Chiesa santa, cattolica e apostolica sia l’unica vera Chiesa, nella quale è dato il santo Battesimo e la vera remissione di tutti i peccati. Crediamo anche nella vera resurrezione di questa carne che è ora nostra e nella vita eterna. Crediamo anche che ci sia un solo autore del Nuovo e dell’Antico Testamento, della Legge, dei Profeti e degli Apostoli, il Dio onnipotente e Signore.

(Aggiunte speciali contro gli errori degli orientali).

855. Questa è la vera fede cattolica che, negli articoli precedenti, è sostenuta e predicata dalla Santa Chiesa Romana. Ma a causa di vari errori che alcuni hanno introdotto per ignoranza ed altri per malizia, essa dice e predica: coloro che, dopo il Battesimo, cadono in peccato, non devono essere ribattezzati, ma ottenere il perdono dei loro peccati con una vera penitenza.

856. (La sorte dei morti) Che se, veramente penitenti, sono morti nella carità, prima di aver soddisfatto, con degni frutti di penitenza, per ciò che avevano commesso o omesso, le loro anime sono purificate dopo la morte da pene purgatoriali e purificatrici, come ha spiegato il nostro fratello Giovanni (Parastron, o.f.m.). Per attenuare queste pene, sono utili le intercessioni dei fedeli viventi, cioè il Sacrificio della Messa, le preghiere, le elemosine e le altre opere di pietà che i fedeli sono soliti fare per gli altri fedeli secondo le istituzioni della Chiesa.

857. Per le anime di coloro che, dopo aver ricevuto il Santo Battesimo, non abbiano assolutamente contratto alcuna macchia di peccato, e per quelle che, dopo aver contratto la macchia del peccato, siano state purificate, sia quando sono ancora nel corpo, sia dopo esserne state spogliate, come si è detto sopra, esse sono immediatamente accolte in cielo.

858. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all’inferno, dove ricevono una pena ineguale.

859. La stessa santa Chiesa romana crede e afferma fermamente che tuttavia, nel giorno del Giudizio, tutti gli uomini compariranno con i loro corpi davanti al tribunale di Cristo per rendere conto delle loro azioni (Rm XIV, 10 ss.)

860. La stessa santa Chiesa romana ritiene ed insegna che i Sacramenti della Chiesa siano sette: il Battesimo, di cui si è parlato sopra; un altro è il sacramento della Cresima, che i Vescovi conferiscono con l’imposizione delle mani nell’unzione dei battezzati; un altro è la Penitenza; un altro è l’Eucaristia, un altro il sacramento dell’Ordine sacro, un altro il Matrimonio, un altro l’Estrema unzione, che, secondo la dottrina del beato Giacomo, viene amministrata agli infermi. La stessa Chiesa romana fa il Sacramento dell’Eucaristia con il pane azzimo; ritiene ed insegna che in questo Sacramento il pane sia veramente transustanziato nel Corpo e il vino nel Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Sul matrimonio, sostiene che un uomo non abbia il diritto di avere più mogli contemporaneamente, né una donna più mariti. Quando un matrimonio legittimo viene spezzato dalla morte di uno dei coniugi, dichiara che il secondo e poi il terzo matrimonio siano successivamente leciti, se non ci siano altri impedimenti canonici per qualsiasi motivo.

861. Questa stessa santa Chiesa romana possiede anche il sovrano e completo primato e autorità su tutta la Chiesa cattolica. Essa riconosce sinceramente e umilmente di averlo ricevuto, con la pienezza dei poteri, dal Signore stesso, nella persona del beato Pietro, il capo degli Apostoli, il cui successore è il Romano Pontefice. E come essa deve, prima di ogni altro, difendere la verità della fede, così le questioni che possano sorgere riguardo alla fede devono essere definite dal suo giudizio. Ogni accusato può appellarsi ad essa nelle questioni che rientrano nella giurisdizione dei tribunali ecclesiastici; e in tutte le cause che riguardano la giurisdizione ecclesiastica, si può ricorrere al suo giudizio. Ad essa sono sottoposte tutte le Chiese, i cui prelati le prestano obbedienza e riverenza. La sua pienezza di potere è così consolidata che ammette le altre Chiese a condividere la sua sollecitudine. Questa stessa Chiesa romana ha onorato molte Chiese, soprattutto quelle patriarcali, con vari privilegi, la cui prerogativa è però sempre salvaguardata sia nei Concili generali che in altre occasioni.

INNOCENZO V: 21 gennaio -22 giugno 1276

ADRIANO V: 11 luglio-18 agosto 1276

GIOVANNI XXI: 8 settembre1276-20 maggio 1277

NICOLÒ III: 25 novembre 1277-22 agosto 1280

MARTINO IV: 22 febbraio 1281-28 marzo 1285

ONORIO IV: 2 aprile 1285-3 aprile 1287

NICOLÒ IV: 22 febbraio 1288-4 aprile 1292

CELESTINO V: 5 luglio-13 dicembre 1294

BONIFACIO VIII: 24 dicembre 1294-11 ottobre 1303

Bolla “Sæpe sanctam ecclesiam“, 1 agosto 1296.

Errori della setta secolare del Nuovo Spirito

866. Abbiamo infatti appreso che alcune persone, anche di sesso femminile, che si oppongono alla santa Chiesa cattolica, insegnano che hanno le chiavi per legare e sciogliere, che ascoltano le confessioni ed assolvono i peccati, che tengono assemblee, non solo di giorno ma anche di notte, in cui discutono delle loro assurdità … e che hanno l’ardire di predicare; abusando della tonsura clericale, contrariamente al rito della Chiesa, pretendono di dare lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani e che esso debba essere manifestato (completo: “di riverenza”? “di obbedienza”?) solo a Dio e non a chiunque altro, qualunque sia la sua condizione, dignità e stato. Affermano inoltre che le preghiere offerte da persone con il corpo completamente nudo siano più efficaci;… e negano che nella suddetta Chiesa vi sia il potere di legare e sciogliere… Pertanto dichiariamo questa setta… condannata ed eretica”.

Bolla “Antiquorum habet“, 22 febbraio 1300.

Indulgenze.

868. Un racconto attendibile degli antichi riferisce che a coloro che si recavano nella venerabile basilica del principe degli Apostoli in città venivano concesse grandi remissioni ed indulgenze per i peccati. Noi, dunque, che consideriamo legittimi e graditi ciascuno di questi condoni ed indulgenze, li confermiamo e li approviamo in virtù dell’Autorità Apostolica… Confidando nella misericordia di Dio onnipotente e nei meriti e nell’autorità di questi stessi Apostoli, su consiglio dei nostri fratelli ed in virtù della pienezza del potere apostolico, a tutti coloro che… visitano con riverenza queste basiliche, che abbiano veramente fatto penitenza e si siano confessati,… in questo e in ogni centesimo anno successivo, concediamo e accordiamo un perdono non solo ampio, ma il più pieno, di tutti i loro peccati.

Bolla “Unam sanctam“, 18 novembre 1302.

L’unità della Chiesa

870. La fede ci obbliga a credere e a ritenere una sola Chiesa santa, cattolica ed insieme apostolica, e noi la crediamo fermamente e la confessiamo semplicemente, al di fuori della quale non c’è salvezza né remissione dei peccati…; essa rappresenta l’unico Corpo mistico di cui Cristo è il capo, ma Dio è il capo di Cristo. In esso c’è “un solo Signore, una sola fede e un solo Battesimo” (Ef. IV, 5). Infatti, l’unica arca di Noè al tempo del diluvio fu il precursore dell’unica Chiesa; era completata ad un cubito e aveva un solo pilota e capo, cioè Noè, e fuori da essa, come abbiamo letto, fu distrutto tutto ciò che rimaneva sulla terra.

871. La veneriamo anche come l’unica, perché il Signore dice nel Profeta: “Dio, libera la mia anima dalla spada e dalla bocca del leone la mia unica” (Sal. XXI, 22). Egli infatti pregava sia per l’anima, cioè per se stesso, il Capo, sia per il corpo, poiché chiamava il corpo uno, cioè la Chiesa, a causa dell’unità dello sposo, della fede, dei sacramenti e della carità della Chiesa. Essa è la “tunica senza cuciture” del Signore (Gv XIX, 23), che non è stata tagliata, ma tirata a sorte.

872. Ecco perché questa unica e sola Chiesa ha un solo corpo, una sola testa, non due teste come per un mostro, cioè Cristo e il Vicario di Cristo, Pietro, e il successore di Pietro, perché il Signore stesso dice a Pietro: “Pasci le mie pecorelle” (Gv XXI,17). Dice “mie” in generale, e non questa o quella in particolare, quindi si capisce che tutte siano state affidate a lui. Se i greci o altri dicono che non sono stati affidati a Pietro ed ai suoi successori, devono riconoscere che non fanno parte delle pecore di Cristo, perché il Signore stesso dice in Giovanni: “C’è un solo ovile, un solo pastore” (Gv X,16).

Il potere spirituale della Chiesa.

873. Le parole del Vangelo ci insegnano che in essa e nel suo potere ci sono due spade, quella spirituale e quella temporale (Lc XXII, 38 Mt XXVI, 52). Entrambe sono quindi nel potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale. Tuttavia, l’una deve essere brandita per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa. L’una per mano del Sacerdote, l’altra per mano del re e del soldato, ma con il consenso e la volontà del Sacerdote. Ora è giusto che la spada sia sotto la spada, e che l’autorità temporale sia soggetta al potere spirituale… Poiché il potere spirituale prevale in dignità e nobiltà su ogni tipo di potere terreno, dobbiamo riconoscere ancora più chiaramente che le realtà spirituali abbiano la precedenza su quelle temporali… Come attesta la Verità: spetta al potere spirituale stabilire il potere terreno, e giudicarlo se non sia stato buono… Se dunque la potenza terrena devia, sarà giudicata dalla potenza spirituale; e se una potenza spirituale inferiore devia, sarà giudicata da quella superiore; ma se la potenza suprema devia, è solo da Dio e non dagli uomini che possa essere giudicata, come attesta l’Apostolo: “L’uomo spirituale giudica tutte le cose e non è giudicato da nessuno” (1 Cor II,15).

874. Questa autorità, tuttavia, benché data ad un uomo ed esercitata da un uomo, non è un potere umano, ma piuttosto divino. Data a Pietro per bocca di Dio, confermata per lui e per i suoi successori in Cristo stesso, che egli ha confessato, lui, la roccia, quando il Signore ha detto a Pietro stesso: “Tutto quello che leghi”, ecc. (Mt XVI, 19). Chi dunque resiste a questo potere ordinato da Dio, “resiste a ciò che Dio ha ordinato” (Rm XIII, 2), a meno che non immagini, come Manes, due principii, che giudichiamo falsi ed eretici, perché secondo la testimonianza di Mosè non è nei principii, ma “nel principio (che) Dio creò il cielo e la terra” (Gn I,1).

875. Pertanto dichiariamo, diciamo e definiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana essere soggetti al Romano Pontefice.

BENEDETTO XI: 22 ottobre

1303-7 luglio 13

Costituzione “Inter cunctas sollicitudines” 17 febbraio 1304.

La reiterazione della confessione.

880. Anche se non è non è necessario confessare di nuovo i peccati, tuttavia chiediamo fermamente – poiché, a causa della vergogna che rappresenta una grande parte della penitenza, riteniamo salutare che la confessione degli stessi peccati sia ripetuta – che i frati (predicatori e minori) ammoniscano essi stessi i penitenti e li esortino nella loro predicazione a confessarsi almeno una volta all’anno ai loro Sacerdoti, spiegando che ciò faccia indubbiamente parte del progresso delle anime.

CLEMENTE V: 5 giugno 1305-20 Aprile 1314

Concilio di VIENNE (15° ecumenico) 16 ottobre 1311-6 maggio 1312

3a sessione, 6 maggio 1312.

a) Costituzione “Ad nostrum qui“.

Errori dei Mendicanti e delle Beghine sullo stato di perfezione:

891. (1) Nella vita presente l’uomo potrebbe raggiungere un grado di perfezione così elevato da essere reso incapace di peccare e da non poter progredire ulteriormente nella grazia. Infatti, dicono, se uno potesse sempre progredire, potrebbe diventare più perfetto di Cristo.

892. (2) Un uomo non deve né digiunare né pregare dopo aver raggiunto questo grado di perfezione, perché la sensualità è allora così perfettamente sottomessa alla mente e allo spirito che un uomo può liberamente acconsentire al corpo ciò che gli piace.

893. (3) Coloro che hanno raggiunto il suddetto grado di perfezione e di libertà dello spirito non sono soggetti all’obbedienza umana e non sono obbligati ad obbedire ai precetti della Chiesa, perché, dicono, “dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà”.

894. (4) Nella vita presente l’uomo può raggiungere la beatitudine finale in tutta la sua perfezione, così come la otterrà nella vita beata.

895. (5) Ogni anima intellettuale è di per sé naturalmente beata e non ha bisogno della luce della gloria che la eleva per vedere Dio e goderlo nella beatitudine.

896. (6) La pratica degli atti di virtù è opera dell’uomo imperfetto e l’anima perfetta licenzia da sé le virtù.

897. (7) Baciare una donna quando la natura non vi è incline è peccato mortale, ma l’atto carnale quando la natura vi è incline non è peccato, soprattutto se chi lo compie sia tentato.

898. (8) Non devono alzarsi durante l’elevazione del corpo di Cristo Gesù, né mostrare riverenza verso di Lui, perché dicono che sarebbe un’imperfezione per loro scendere dalla purezza e l’elevazione della loro contemplazione per riflettere sul ministero o sul Sacramento dell’Eucaristia o sulla Passione dell’umanità di Cristo.

899. (Censura) Condanniamo questa setta con i suoi errori, la riproviamo completamente e proibiamo con il massimo rigore che qualcuno in futuro la sostenga, la approvi o la difenda.

b) Costituzione “Fidei catholica“.

Errori attribuiti a Pietro Olivi.

900. (Le due nature di Cristo.) Aderendo fermamente al fondamento della fede cattolica, al quale nessuno può sostituirne un altro, secondo la testimonianza dell’Apostolo (1Cor III, 11), confessiamo apertamente con la Santa Madre Chiesa che l’unigenito Figlio di Dio, che sussiste eternamente con il Padre in tutto ciò che il Padre esiste come Dio, assunto nel tempo e nel grembo verginale, sia stato unito a Cristo in una sola natura. nell’unità della sua ipostasi e della sua Persona, le parti della nostra natura che sono allo stesso tempo unite a Lui, per mezzo delle quali Egli, che esiste in se stesso come vero Dio, divenne vero uomo, cioè un corpo umano passibile ed un’anima intellettiva o razionale, che informa veramente da sé ed in modo essenziale il corpo stesso.

901. (Il costato trafitto di Cristo). Confessiamo anche che non solo il Verbo di Dio stesso volle essere inchiodato ad una croce nella natura così assunta e morirvi per compiere la salvezza di tutti, ma anche che, dopo aver consegnato il suo spirito, sopportò di essere trafitto al costato da una lancia, in modo che da essa sgorgassero acqua e sangue (Gv XIX, 34). La Chiesa, unica madre immacolata e vergine, sposa di Cristo, è stata formata ad immagine di Eva, che è stata formata dal costato del primo uomo addormentato per diventare la sua sposa (Gen. II, 21ss.), quindi ad immagine del primo ed antico Adamo, che, secondo l’Apostolo, “è l’immagine di Colui che verrà” (Rm. V, 14), cioè in Cristo. Questa, dico, è la verità sostenuta dalla testimonianza di quella grandissima aquila che il profeta Ezechiele (Ez 1,4-28), vide volare al di sopra degli altri animali evangelici, cioè il beato Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, nel descrivere la realtà e l’ordine di questo mistero, dice nel suo Vangelo: “Quando giunsero da Gesù, avendo constatato che era morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aprì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. E colui che ha visto lo ha testimoniato, e la sua testimonianza è vera, e sa di aver detto la verità perché crediate” (Gv XIX, 33-35). Alla luce di questa autorevole testimonianza e della spiegazione che i Padri ed i Dottori hanno dato dell’osservazione apostolica, con l’approvazione del Santo Concilio, dichiariamo che l’Apostolo ed Evangelista Giovanni, già menzionato, abbia rispettato l’ordine esatto dei fatti di cui sopra, nel riferire che uno dei soldati aprì il costato di Cristo con la sua lancia, quando questi era già morto.

902. (L’anima come forma del corpo). Inoltre, con l’approvazione del Santo Concilio, respingiamo come erronea e nemica della fede ogni dottrina o posizione che incautamente affermi o metta in dubbio il fatto che la sostanza dell’anima razionale o intellettiva non sia veramente e di per sé una forma del corpo umano. Affinché la verità dell’autentica fede cattolica sia conosciuta da tutti, e affinché la strada che conduce a tutti gli errori sia sbarrata e nessuno possa entrarvi, definiamo che chiunque osi affermare, mantenere o ostinarsi a sostenere che l’anima razionale o intellettiva non sia di per sé e per essenza una forma del corpo umano sia da considerarsi un eretico.

903. (Effetto del Battesimo). Per questo tutti devono confessare fedelmente che un solo Battesimo rigenera tutti coloro che sono battezzati in Cristo, poiché c’è un solo Dio e una sola fede (Ef IV,5), e che, celebrato nell’acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, crediamo sia un rimedio perfetto per la salvezza sia degli adulti che dei bambini.

904. In effetti, per quanto riguarda l’effetto del Battesimo sui bambini, ci sono teologi che hanno avuto opinioni contrarie, alcuni affermando che con l’efficacia del Battesimo la colpa sia stata rimessa ai bambini, ma che la grazia non sia stata loro conferita; altri, al contrario, che con il Battesimo la colpa sia stata loro rimessa, e che le virtù e la grazia informante siano state infuse in loro nello stato di habitus.(780). Considerando l’efficacia generale della morte di Cristo, che si applica ugualmente a tutti i battezzati, abbiamo deciso che la seconda opinione, che afferma che la grazia informante e le virtù siano conferite ai bambini come agli adulti con il Battesimo, è da mantenere come più probabile e conforme alle affermazioni dei Santi e dei moderni dottori di teologia.

c) Costituzione “Ex gravi ad Nos“.

L’usura

906 … Se qualcuno cade in questo errore al punto da presumere di affermare ostinatamente che non sia peccato praticare l’usura, Noi decidiamo che debba essere punito come eretico.

d) Costituzione “Exivi de paradiso“.

Errore sull’obbligo del voto di povertà (francescano).

908. È sorta una questione tra i frati, non priva di scrupoli, se essi siano tenuti, in virtù del voto di povertà, a fare voto di povertà. della regola che professano, a un uso povero, limitato e parsimonioso dei beni: – Alcuni di loro credono e dicono che, avendo abbandonato completamente con il voto il diritto di proprietà sulle cose, sia loro richiesta la massima restrizione e parsimonia nell’uso delle stesse; – al contrario, altri affermano di non essere vincolati dalla loro professione ad alcun uso non espresso nella regola, sebbene siano tenuti ad un uso moderato secondo la temperanza, che è ancora più adatto a loro che agli altri Cristiani. Desiderosi quindi di dare pace alle coscienze di detti frati e di porre fine alle loro controversie, dichiariamo che i frati minori siano tenuti, in virtù della loro professione, a quell’uso limitato e povero che è contenuto nella loro regola, e secondo il modo di obbligazione contenuto o specificato nella regola per tale uso. Riteniamo presuntuoso e avventato affermare, come alcuni sembrano affermare, che sia eretico ritenere che l’uso povero sia incluso o meno nel voto di povertà evangelica.

GIOVANNI XXII: 7 agosto 1316-4 dicembre 1334

Costituzione “Gloriosam Ecclesiam“, 23 gennaio 1318.

La Chiesa e i Sacramenti, contro i Fraticelli.

910. I predetti figli della temerarietà e dell’empietà sono caduti, come riferiscono attendibili indizi, ad un punto tale di povertà di mente da pensare empiamente contro la più eminente e salutare verità della fede cristiana, che disprezzano i venerabili Sacramenti della Chiesa e, mossi dal desiderio di vederla rapidamente rovinata, cercano con cieco furore di minare il glorioso primato della Chiesa romana tra tutte le nazioni.

911. (1) § 14. Il primo errore, dunque, che scaturisce dal loro oscuro ufficio, inventa due Chiese, una carnale, schiacciata dal benessere, traboccante di ricchezze e macchiata di misfatti, e sulla quale, a loro dire, regnano il Pontefice romano e altri prelati inferiori; l’altro spirituale, puro nella sua frugalità, ornato di virtù, cinto dalla povertà, in cui sono soli con i loro compagni, e su cui essi stessi presiedono per il merito di una vita spirituale, se le loro menzogne possono essere accreditate.

912 (2) § 16. Il secondo errore che infanga la coscienza di questi arroganti afferma a gran voce che i venerabili Sacerdoti e gli altri servitori della Chiesa siano così privi del potere di giurisdizione e di ordine, da non poter emettere sentenze, né celebrare i Sacramenti, né istruire e insegnare al popolo che è loro sottoposto, e pretendono di essere privati di ogni potere ecclesiastico quando vedono che sono estranei al loro tradimento, poiché è solo presso di loro (secondo le loro farneticazioni) che risiede la santità della vita spirituale, e quindi l’autorità; e in questo seguono l’errore dei donatisti.

913. (3) § 18. Il loro terzo errore si combina con quello dei Valdesi, poiché entrambi affermano che non si debba giurare in nessun caso ed insegnano che coloro che sono vincolati dagli obblighi di un giuramento siano macchiati da un peccato mortale e destinati alla punizione.

914. (4) § Paragrafo 20. La quarta bestemmia di questi empi, che scaturisce dalla fonte velenosa dei già citati Valdesi, inventa che i Sacerdoti che siano stati regolarmente e legittimamente ordinati secondo il rito della Chiesa, ma che siano accusati di qualche misfatto, non possano compiere o conferire i Sacramenti della Chiesa.

915. (5) § 22. Il quinto errore acceca a tal punto le menti di questi uomini, che essi affermano che il Vangelo si sia compiuto solo in loro nel tempo presente, e che finora (secondo i loro vaneggiamenti) fosse velato, se non del tutto spento.

916. (6) §24. Ci sono molte altre cose; si dice, che questi uomini presuntuosi inveiscano contro il venerabile Sacramento del Matrimonio, molte altre cose che affermano riguardo al corso dei tempi e alla fine del mondo, molte cose che nelle loro deplorevoli menzogne diffondono tra il popolo riguardo alla venuta dell’Anticristo, che affermano essere imminente. Tutto questo, che consideriamo in parte eretico, in parte malsano, in parte inventato, riteniamo necessario condannarlo con coloro che ne sono gli autori, piuttosto che citarlo o confutarlo per iscritto.

Costituzione “Vas electionis” 24 luglio 1321.

Errori di Giovanni di Polliaco riguardo alla giurisdizione in materia di

giurisdizione confessionale.

921. (1) – Chi si è confessato a confratelli che hanno la facoltà generale di ascoltare le confessioni è tenuto a confessare di nuovo al proprio Sacerdote gli stessi peccati che ha confessato.

922. (2) – Finché vale la prescrizione Omnis utriusque sexus del Concilio generale dell’812, il Romano Pontefice non può far sì che i parrocchiani non siano tenuti a confessare tutti i loro peccati almeno una volta all’anno al proprio Sacerdote, che si dice parroco; neppure Dio potrebbe farlo, poiché, come ha detto, implica una contraddizione.

923. (3) – Il Papa non può dare un potere generale di ascoltare le confessioni, nemmeno a Dio, senza che chi si è confessato da qualcuno con una facoltà generale sia tenuto a confessarsi di nuovo dal proprio Sacerdote che egli dice (come si presuppone) essere il parroco.

924. (Censura): … Abbiamo riconosciuto che i suddetti articoli contengono una dottrina non sana, ma molto pericolosa e contraria alla verità. Questi articoli, lo stesso Maestro Giovanni… li ha ritrattati tutti, senza eccezione. Tutti questi articoli e ciascuno di essi Noi condanniamo e rigettiamo, su consiglio dei nostri fratelli, in virtù della nostra Autorità Apostolica, in quanto falsi, erronei e lontani dalla sana dottrina, e assicuriamo che la dottrina contraria ad essi è vera e cattolica…

Lettera “Nequaquam sine dolore” agli Armeni 21 novembre 1321

Il destino dei morti

925. (La Chiesa romana insegna) … Le anime di coloro che, dopo aver ricevuto il Sacramento del Battesimo, non hanno assolutamente contratto alcuna macchia di peccato, come pure quelle che, dopo aver contratto la macchia del peccato, sono state purificate, sia quando sono ancora nel corpo, sia dopo esserne state spogliate, sono immediatamente accolte in cielo.

926. Le anime, invece, di coloro che muoiono in stato di peccato mortale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all’inferno, dove ricevono pene diverse in luoghi diversi.

Costituzione “Cum inter nonnullos” 12 novembre 1323.

Errori degli spirituali sulla povertà di Cristo.

930. Poiché accade spesso tra alcuni scolastici che si dubiti se sia da considerarsi eretico affermare ostinatamente che il nostro Salvatore e Signore Gesù Cristo e i suoi Apostoli non possedessero nulla, né personalmente né in comune, e che su questo argomento hanno opinioni diverse e persino contraddittorie. Essendo ansiosi di porre fine a questa controversia, dichiariamo, in accordo con il consiglio dei nostri fratelli, con questo editto perpetuo che questa ostinata affermazione, – poiché contraddice espressamente le Sacre Scritture, che affermano in molti punti che essi possedevano certe cose, e implica apertamente che la stessa Sacra Scrittura, che in verità autentica gli articoli della fede ortodossa, contenga il fermento della falsità per quanto appena detto, e quindi, distruggendo completamente la credibilità che le è propria, rende dubbia e incerta la fede cattolica togliendole ciò che l’accredita, deve d’ora in poi essere considerata erronea ed eretica.

931. E ancora (se si vuole essere considerati eretici) affermare in futuro con ostinazione che non si debba riconoscere che il nostro suddetto Salvatore ed i suoi Apostoli avessero il diritto di usare ciò che la Scrittura testimonia che possedevano, e che non avessero il diritto di venderlo o di darlo via, o di usarlo per qualsiasi altro scopo, quando la Scrittura testimonia che lo fecero di ciò che è stato menzionato, o che avrebbero potuto fare, come espressamente implica, poiché tale affermazione, che non è corretta nelle sue premesse, include evidentemente ciò che essi usarono e fecero, e che in ogni caso pensare questo dell’uso e delle azioni del nostro Salvatore, il Figlio di Dio, è empio, contrario alla Sacra Scrittura e nemico della dottrina cattolica, dichiariamo, in accordo con il consiglio dei nostri fratelli, che questa ostinata affermazione è d’ora in poi giustamente da considerarsi erronea ed eretica.

Costituzione “Licet iuxta Doctrinam” al Vescovo di Worcester 23/10/1327

Errori di Marsilio di Padova riguardo alla costituzione della Chiesa

941. (1) – Ciò che leggiamo di Cristo nel Vangelo del beato Matteo (Mt XVII, 27), e cioè che egli pagò un tributo a Cesare quando ordinò che uno statere preso dalla bocca di un pesce fosse dato a coloro che chiedevano un didramma, non lo fece per condiscendenza, per la liberalità della sua pietà, ma costretto dalla necessità.

942. (2) – Il beato Apostolo Pietro non era capo della Chiesa più di qualsiasi altro Apostolo, né aveva più autorità degli altri Apostoli; e Cristo non ha lasciato alcun capo alla Chiesa e non ha fatto di nessuno il suo Vicario.

943. (3) – Spetta all’imperatore correggere e punire il Papa, istituirlo e deporlo.

944. (4) – Tutti i Sacerdoti, siano essi Papa, Arcivescovo o semplice Sacerdote, hanno, per istituzione di Cristo, uguale autorità e giurisdizione; ma ciò che l’uno ha più dell’altro corrisponde a ciò che l’Imperatore abbia concesso in più o in meno, e, avendolo concesso, può revocarlo.

945. (5) – Il Papa o tutta la Chiesa riunita non possono punire un uomo, per quanto scellerato possa essere, con alcuna pena vincolante, a meno che l’Imperatore non abbia dato loro il potere di farlo.

946. (Censura: i suddetti articoli) … Dichiariamo con sentenza che sono contrari alla Sacra Scrittura e nemici della fede cattolica, eretici o analoghi alle eresie ed erronei, e che i suddetti Marsilio e Giovanni siano eretici e addirittura eresiarchi manifesti e noti.

Costituzione “In agro dominico” 27 marzo 1329.

Errori di Eckhart sulla relazione di Dio con il mondo e con l’uomo.

950. Dall’indagine … dell’Arcivescovo di Colonia, e infine ripresa per nostro comando nella Curia Romana, abbiamo appreso, dalle confessioni dello stesso Eckhart, come risulti che egli predicasse, insegnasse e scrivesse ventisei proposizioni, il cui contenuto è il seguente:

951. (1) – Poiché una volta gli fu chiesto perché Dio non avesse prodotto il mondo prima, egli rispose allora, come fa ancora adesso, che Dio non avrebbe potuto produrre il mondo prima, perché una cosa non può agire prima di essere, quindi, non appena Dio fu, creò il mondo.

952. (2) – Inoltre, si può ammettere che il mondo esistesse da tutta l’eternità.

953. (3) – Inoltre, nello stesso momento e nello stesso tempo, dal momento in cui Dio era, generò il Figlio, Dio co-eterno e co-uguale in tutte le cose, e creò anche il mondo.

954. (4) – Inoltre, in ogni opera, anche in quella cattiva, dico cattiva sia per il male del dolore che per il male della colpa, si manifesta e risplende anche la gloria di Dio.

955. (5) – Inoltre, chi insulta un altro loda Dio proprio per il peccato che commette con questi insulti, e loda Dio tanto più quanto più insulta e pecca più gravemente.

956. (6) – Inoltre, chi bestemmia Dio stesso loda Dio.

957. (7) – Inoltre, chi chiede questo o quello chiede il male, perché chiede la negazione del bene e la negazione di Dio, e prega Dio di negare se stesso.

958. (8) – Coloro che non cercano né i beni, né gli onori, né il piacere, né l’utilità, né la devozione interiore, né la santità, né la ricompensa, né il Regno dei Cieli, ma che al contrario hanno rinunciato a tutto questo e a tutto ciò che sia loro proprio, in tali uomini Dio è onorato.

959. (9) – Ultimamente mi sto chiedendo se mi piacerebbe ricevere o desiderare qualcosa da Dio. Voglio pensarci molto seriamente, perché se accettassi qualcosa da Dio, sarei sotto di Lui o inferiore a Lui, come un servo o uno schiavo, mentre Lui stesso, nel dare, sarebbe come un padrone, e non è così che dovremmo essere nella vita eterna.

960. (10) – Siamo totalmente trasformati in Dio e cambiati in Lui; come nel Sacramento il pane è cambiato nel corpo di Cristo, così io sono cambiato in Lui, perché Egli mi fa suo e non solo simile. Per il Dio vivente è vero che non ci sia più alcuna distinzione.

961. (11) – Tutto ciò che Dio Padre ha dato al suo unico Figlio nella natura umana, lo ha dato a me. Qui non escludo nulla: né l’unione né la santità. Me l’ha dato nella sua interezza come l’ha dato a Lui.

962. (12) – Tutto ciò che la Sacra Scrittura dice di Cristo è pienamente vero per ogni uomo buono e divino.

963. (13) – Tutto ciò che è proprio della natura divina è anche nella sua interezza proprio dell’uomo giusto e divino; perciò quest’uomo opera tutto ciò che Dio opera ed egli, insieme a Dio, ha creato il cielo e la terra ed è il generatore del Verbo eterno e Dio non potrebbe fare nulla senza tale uomo.

964. (14) – L’uomo buono deve conformare la sua volontà alla volontà di Dio in modo tale da volere tutto ciò che Dio vuole: e poiché Dio vuole, per così dire, che io abbia peccato, non vorrei non aver commesso peccati, e questa è la vera penitenza.

965. (15) – Se un uomo avesse commesso mille peccati mortali, e fosse disposto bene, non vorrebbe non averli commessi.

966. (16) – Dio non comanda, a rigore, alcun atto esterno.

967. (17) – L’atto esterno non è propriamente buono o divino, e non è propriamente Dio che lo compie o lo produce.

968. (18) – Portiamo il frutto non di atti esterni che non ci rendono buoni, ma di atti interni che il Padre che abita in noi compie e produce.

969. (19) – Dio ama le anime, non le opere esterne.

970. (20) – L’uomo buono è l’unico Figlio di Dio.

971. (21) – L’uomo nobile è l’unico Figlio di Dio, che il Padre ha generato da tutta l’eternità.

972. (22) – Il Padre mi genera come suo figlio e come lo stesso figlio. Tutto ciò che Dio fa è uno; perciò mi genera come suo figlio, senza alcuna distinzione.

973. (23) – Dio è Uno in ogni forma e sotto ogni aspetto, cosicché in Lui non si può trovare alcuna molteplicità, né reale né di ragione. Chi vede la dualità o la distinzione non vede Dio, perché Dio è uno, fuori dal numero e al di sopra del numero, e non fa numero con nulla. Da ciò consegue (e cioè in un passo successivo) che in Dio stesso non ci possa essere e non si possa concepire alcuna distinzione.

974. (24) – Ogni distinzione è estranea a Dio nella natura e nelle persone. La prova di ciò è che la natura è una e Una, e anche ogni persona è una e la stessa “Uno” come la natura.

975. (25) – Quando si dice: “Simone, mi ami tu più di tutti costoro?”, (Gv XXI.,15), il significato di “più di tutti costoro” è buono, ma non perfetto. Perché nel primo e nel secondo, nel più e nel meno, c’è una gradazione e un ordine, ma nell’unità non c’è né gradazione né ordine. Perciò chi ama Dio più del suo prossimo ama bene, ma non ancora perfettamente.

976. (26) – Tutte le creature sono puro nulla; non dico che sono poco o qualcosa, ma che sono puro nulla. Il suddetto Eckhart è stato inoltre rimproverato per aver predicato altri due articoli in questi termini:

977. (1) – C’è qualcosa nell’anima che è increato ed increabile; se tutta l’anima fosse tale, sarebbe increata e increabile; e questo è l’intelletto.

978. (2) – Dio non è né buono, né migliore, né il migliore; quando chiamo Dio buono, parlo male come se chiamassi nero ciò che è bianco.

979. (Censura)… Perché Noi… abbiamo constatato che i primi quindici articoli citati e anche gli ultimi due, sia per i termini usati che per la sequenza delle idee, contengano errori o siano contaminati dall’eresia, ma gli altri undici, il primo dei quali comincia con le parole “Dio non comanda, ecc. [966] li abbiamo trovati del tutto sconvenienti, molto avventati e sospetti di eresia, anche se con molte spiegazioni e integrazioni possono assumere o avere un senso cattolico: affinché articoli di questo tipo, o il loro contenuto, non continuino a corrompere i cuori dei semplici che li hanno ascoltati, … Noi… condanniamo e riproviamo espressamente come eretici i primi quindici articoli e gli ultimi due, e come malsani, avventati e sospetti di eresia gli altri undici articoli sopra menzionati, e allo stesso modo tutti i libri o gli opuscoli che contengano i suddetti articoli o uno qualsiasi di essi…

980. Inoltre… Desideriamo rendere noto, come risulta dal protocollo redatto successivamente, che il suddetto Eckhart, confessando alla fine della sua vita la fede cattolica, ha revocato il significato e persino sconfessato i ventisei articoli suddetti che riconosceva di aver predicato, così come tutte le altre cose scritte o insegnate da lui … che potrebbero indurre le menti dei fedeli ad adottare un significato eretico o erroneo, contrario alla vera fede…, sottoponendo sia la sua persona che tutti i suoi scritti e le sue parole alla decisione della Sede Apostolica, la nostra Sede.

Bolla “Ne super bis” del 3 dicembre 1334.

Ritrattazione di Giovanni XXII – La Beatitudine dei Santi.

990. Perciò ciò che è stato spesso detto sulle anime purificate separate dal corpo (se prima di riprendere i corpi vedono l’essenza divina di quella visione che l’Apostolo chiama faccia a faccia), sia da Noi che da alcuni altri in nostra presenza, con la citazione della Sacra Scrittura e dei detti autentici dei Santi o con altri ragionamenti, che sono stati detti e compresi, e che sono detti e compresi da Noi, dichiariamo come segue il pensiero che è ed era nostro, con la santa Chiesa cattolica, su questo argomento.

991. Professiamo e crediamo, dunque, che le anime purificate separate dai corpi siano riunite in cielo, nel regno dei cieli e in paradiso, con Cristo in compagnia degli Angeli, e che, secondo il diritto comune, vedono Dio e l’essenza divina faccia a faccia e chiaramente, per quanto lo stato e la condizione dell’anima separata lo permettano. Ma se in qualche modo su questo argomento qualcosa di diverso fosse stato detto da Noi, o detto diversamente, lo abbiamo detto nella disposizione della fede cattolica, e affermiamo di averlo detto così trattandolo ed esponendolo, e vogliamo che sia stato detto così. Inoltre, se rispetto a ciò che riguarda la fede cattolica, la Sacra Scrittura o i buoni costumi, abbiamo detto altre cose nella predicazione, nella spiegazione, nella dottrina, nell’insegnamento o in qualsiasi altro modo, le approviamo nella misura in cui concordano con la fede cattolica, la determinazione della Chiesa, la Sacra Scrittura e i buoni costumi. – In caso contrario, vogliamo che sia considerato come non detto e non lo approviamo in alcun modo, anzi, se non è conforme a ciò che abbiamo menzionato – la fede cattolica, la determinazione della Chiesa, la Sacra Scrittura, i buoni costumi o una qualsiasi di queste cose – lo rimproveriamo; e allo stesso modo tutto ciò che abbiamo detto e scritto su qualsiasi argomento, ovunque sia, in qualsiasi luogo sia, e qualunque sia il nostro stato o sia stato fino a quel momento, lo sottoponiamo alla determinazione della Chiesa e dei nostri successori.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (19): “da BENEDETTO XII a GREGORIO XI”

LO SCUDO DELLA FEDE (252)

LO SCUDO DELLA FEDE (252)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (21)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

CAPO IV

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LA PARTECIPAZIONE

ossia la Comunione Divina.

ART.  II.

L’orazione: Hæc commixtio.

« Questa mescolanza del Corpo e del Sangue di di Gesù Cristo torni per noi, che la riceveremo, a vita eterna. » Il che vuol significare appunto, che Gesù Redentore, per rendere perfetta la redenzione, secondo il disegno dell’amore divino, si ha da frammischiare con noi, ha da compenetrarci colla consacrazione del suo Corpo, si ha da unire indivisibilmente così, che portandoci seco identificati  (Io. Chrys. Hom. 24, in I ad Cor.) in seno al Padre, possa dire con gaudio eterno: « Padre, quelli che mi avete raccomandati, Io non li ho perduti, ma ve li porto col sacrificio mio in seno a Voi; acciocché siamo una sola cosa; Io in essi, e Voi, o Padre, in me, affinché siam consumati in unità » (Ioan. 17). – Il Sacerdote nel recitare quest’orazione tiene fra le mani il calice col SS. Corpo e col Sangue, nelle specie riuniti insieme. Pare anzi che il Sacerdote col Redentore, che adora risorto dinanzi, voglia col cuore esclamare: « eccovi, o fratelli, eccovi il pegno di vita eterna. Come risorge il Capo, risorgeremo anche noi che ne siamo le membra, per vivere eternamente con Lui in Paradiso » (Coloss. c. 3, I Cor. 15. 48.). Così ci è qui dato comprendere ciò che aveva Gesù predetto; che Egli verrebbe sulla croce esaltato (Ioan. 3. 11) per trarci seco a salute. Eccolo di fatto, che glorioso come è in cielo, lo vediamo colla fede abbassarsi a noi sino ai piè della croce sull’altare, per unirci nel Sacramento, affine di compiere la sua promessa. Adunque pigliamo lena a correre alla beata immortalità; e sia pur alto il cielo, e noi troppo in basso; ma diamoci pace, ché ne abbiamo ragione, e anche così lontani in esilio, confidiamo; perché tra il cielo e la terra si frappone Gesù Uomo-Dio: e per Esso a noi si fa vicino il paradiso.

La Vita eterna.

Verrà adunque così compiuto per Gesù Cristo il numero degli eletti, e nella consumazione del tempo, tutta la Chiesa, assunta nell’immortalità, sarà coronata di gloria in paradiso! Dio buono, quanti misteri! Mentre col monte di Sion e con tutto l’universo piangono ancora i fedeli con tanta pietà sulla morte del Redentore, all’improvviso escon dal lutto: e come giubilavano gli Ebrei lieti al banchetto degli azimi intorno all’ agnello sacrificato, succinti alle reni, col bordone in mano, in atto d’uom sopra viaggio, avviati alla terra promessa; così i fedeli col paradiso aperto sul capo fanno festa negli azimi di una pura coscienza intorno all’Agnello divino, e vanno già celebrando colle più allegre speranze il passaggio all’immortalità coi beati del paradiso. Benché così poveri di cuore, ed umili di spirito: tuttavia, dall’altare al cielo breve essendo il tragitto, perché di qui la croce è la via di mezzo che ci conduce all’eterna vita (S. Io. Chrys. Min. 79, in Matth.); confortati leviamo gli occhi della fede a quell’altezza; sulle ali della speranza varchiamo le nubi, le sfere, i secoli, i mondi del tempo; facciamoci presso al soglio della gloria del Dio immortale. Pioveteci di cielo, o Signore, una stilla di quel gaudio, un piccol raggio di quell’eterno splendore che deve sorprendere un’anima nell’entrar in paradiso. Verrà per ciascuno di noi l’ora di nostra Pasqua finale. Allora quando in questo frale, logorato, cadavere ancor respirante, cogli occhi annebbiati, con rumor confuso all’orecchio, con l’immaginazione sconvolta, sentirà l’anima nostra rompersi intorno i vincoli dei sensi, sopra l’abisso dell’eternità…. allora in tetro silenzio, solitudine negra, confusione e tenebrore, dirà seco l’anima buona: « O mio Dio! che sia questa la morte? No, no pel Cristiano, che risorge con Gesù Cristo, non è morte; è il passaggio alla vita del paradiso!… Oh, paradiso!… Oh, paradiso!… Città eterna, dove la verità è la luce, la carità è la vita, l’eternità, il termine della beatitudine! . Là che folgori di intelligenze! che tratti di delizie! che trascendimenti d’interminabil gaudio! Colà, sciolto il legame dei sensi, contempleremo Gesù, Sostanzial Verbo, sole della eterna giustizia con quello sguardo con cui si possiede l’oggetto amato; i nostri omaggi in affetti infuocati passeranno immediati dai cuori nostri, senza più velo in mezzo, nel suo Cuore santissimo, siccome i raggi corrono al centro: Gesù ricevendoli ognora spandendo in noi del suo amore divino, vivremo alimentati di beatitudine. Oh eternità beata !… Fermiamoci un istante a questa elevati col pensiero: di là cerchiamo che cosa è mai la terra, questa aiuola, in che strisciamo così alteri… che questo granello anzi di arena, che noi appelliamo con enfatica vanità i mari ed i continenti dell’universo!… Di là misuriamo i monti e le valli delle frivole disuguaglianze delle miserie di questo mondo d’un’ora! E queste son le cose che turbano la nostra pace!… Oh, misero chi pascola quest’anima in vanità, quando ella è creata per bearsi di Dio in paradiso! Oh paradiso!… Oh paradiso! Ma e che oseremo noi dire, anzi pensare, che degno sia del paradiso? Anche s. Paolo, al terzo cielo elevato, tornato in terra si trovava confuso perché le parole umane non bastavangli ad espimere (1) ciò che occhio non vide, né orecchio ascoltò, né cuor di uomo poteva sentire, quanto prepara nel regno suo Iddio. Non andremo più in là, perché lo splendor di quella gloria ci sfolgora lo smarrito pensiero. Per noi basta contemplare sull’altare aperto il paradiso… E già compartecipi col cuore di quella beatitudine eterna, come udimmo i beati in paradiso glorificare l’Agnello divino Redentore santissimo, l’Uomo-Dio, che beatifica gli eletti nella immortale città; anche noi aggrega quella Chiesa celeste, concittadini di loro diremo sant’Agostino (August. Pe. En. P… in 149, I), anche noi vogliamo innalzare cantico nuovo. Ché sì veramente a noi s’addice un cantico nuovo, poiché sappiamo che dopo il Sacrificio dell’Agnello divino anche in cielo si canta un nuovo cantico (Apoc. 4, 9). Se al vecchio Testamento (Cor. 12, 3.) cantico vecchio si canta; al Testamento nuovo, saldato nel Sangue di Dio, un cantico al tutto nuovo. E quale sarà questo cantico intorno a Gesù, se nonmil cantico dell’eterna pace! Ecco appunto in tanta piena d’affetti divini, in tanta povertà di concetti umani, s’alza dal coro, a far eco al cielo, un canto.

Agnus Dei,

Orazione ed esposizione.

« Agnello di Dio, che togli i peecati del mondo, abbi misericordia di noi. »

« Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi di noi misericordia. »

« Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. »

Questo cantico è intuonato dal Sacerdote cogli occhi e col cuore tutto in Gesù, con una mano attaccata all’altare, coll’altra picchiandosi il petto per umiltà. – Egli ricorda Giovanni Battista, che quando vide Gesù comparire nel deserto, « io non son degno, diceva, di sciogliere a Lui i calzari; » e da lungi adorandolo: « Ecco, esclamava, l’Agnello di Dio: ecco colui che toglie i peccati del mondo » (Ioan. I, 29). Così mentre Gesù si mostra tra il cielo e la terra, e dai beati in cielo e dai fedeli in terra s’adora il Redentore sacrificato, acclamandolo Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo; anche noi picchiandoci il petto gridiamogli: « abbi di noi pietà! » E con S. Cipriano (De duplici martyrio) vogliamo esclamare: « niuno mai poté col sangue degli agnelli farsi innanzi al trono dell’altissimo Dio: Ora Voi, Gesù, presentate Voi stesso in cielo come un agnello in offerta, cadete innanzi al trono di Dio, versate il vostro Sangue, e trovate in cielo la redenzione! » Ah! Signore, fatene parte a noi per la vostra misericordia « miserere nobis. » Acclamiamo ancora con S. Cìpriano: « Ecco l’Agnello del Signore, che toglie i peccati del mondo; non i peccati dell’uno o dell’altro uomo, né i peccati di questo o di quell’altro popolo, ma i peccati del mondo universo. » Ah! dunque per pietà distruggete, o Signore, i nostri peccati: « miserere nobis. » « Agnello di Dio, acclamiamo lo vuole il cuore ancora, dateci la vostra pace! » Pace! pace! pace! E gli Angeli, intervenuti dal cielo a cantare sulla terra, quando comparve nato tra le virginali braccia di Maria Immacolata il Bambino Gesù; ora che il cielo s’abbassa alla terra ancora così, e le cose divine alle umane si mischiano e si confondono: gli Angeli della pace che fremevano per tremendo dolore al veder sul calvario Gesù trafitto sul petto a Maria or che manda vivo sangue dall’altare per la sua Chiesa; volando dalla terra al cielo cantano: « pace, pace, pace. » La Chiesa poi, dopo di avere salutato e festeggiato lo Sposo divino, che l’amò fino a versare per lei il Sangue, affin di pacificarla come agnello in sacrificio; chiesta a Lui misericordia e pace di suo diritto, perché se la guadagna tuttora col Sangue, che egli le ha dato in mano da versare; fa che il sacerdote si prostri colle mani giunte innanzi a Lui, e gli ricordi le sue promesse coll’orazione seguente.

Orazione: Domine Iesu Criste etc. detta per la pace.

« Signor, Gesù Cristo, che avete detto agli Apostoli: lascio a voi la mia pace: la mia pace a voi dò: non riguardate i miei peccati; ma sì la fede della vostra Chiesa: e secondo la vostra volontà degnatevi di pacificarla e di adunarla in unità. Voi che vivete e regnate Dio per tutti i secoli dei secoli. così sia. »

Spiegazione dell’Orazione:

Domine Jesu Christe.

« Signore, Gesù Cristo, voi l’avete già detto agli Apostoli: io lascio a voi la pace mia: dono la pace mia a voi ecc. ecc. » Questa pace adunque vi domandiamo, che è vostra, e l’avete fatta tutta di nostra ragione col guadagnarla per noi, che siamo popolo col vostro Sangue santificato. « Non guardate a’ miei peccati: ma bensì deh guardate alla fede della vostra Chiesa ecc. » Di questa Chiesa, che essendo la vostra sposa, abbracciandovi sull’altare può dirvi: « questo è il mio Corpo. » Ora voi che formate con essa un solo corpo, e si può dire anzi, che essa è il vostro più caro corpo (S. Bern. Serm. 12 in Cant.), togliete dal seno ogni divisione, ogni radice di scisma, che può sturbare l’unità con Voi, suo Capo. – « Degnatevi di pacificarla ed adunarla ecc. ecc., » come una sola famiglia di figliuoli col loro santo Padre, il sommo Pontefice. Fate di tutti un solo ovile che tutti ascoltiamo la voce del Pastore, Vostro Vicario. Così si formi il regno vostro in terra, come è disegno della volontà di Dio, di adunare per essa gli eletti in paradiso. » Il Sacerdote bacia l’altare nelle Messe solenni, e dà con un abbraccio la pace al diacono, che l’aspetta in ginocchio. Poi il Diacono porta la pace ai sacri ministri. Nella Messa poi dei defunti, stando noi col pensiero in quel mare di dolore, che è il purgatorio, dimenticandoci quasi di noi stessi in quell’istante, tutti pieni di compassione e desiderio di affrettare a quelle anime il riposo eterno; in esse non essendo più colpe da piangere, ma solo pene da alleviare; andiam ripetendo con lamentevole tenerezza: « o Agnello di Dio, dona a loro riposo, riposo sempiterno!. »

Il bacio di pace.

La Chiesa nell’istante, diremo così, di cominciare qui sulla terra quell’unione con Dio, che deve essere la nostra vita eterna, vuol che ci stringiamo, come membra in un sol corpo, nell’unione della carità che ci ha da coadunare in Dio. Diamoci adunque il bacio di pace in Esso, stringendo la mano a vicenda, e porgendoci l’un l’altro il braccio, facciamo di aiutarci, per giungere a goderla inalterabile in seno a Dio. S. Pietro scrivendo ai fedeli raccomandava loro di salutarsi a vicenda nel bacio di pace (I, 5. 1); saluto usato dagli Apostoli (Ad Rom. 1; ad Tessal. V, I Cor. 16.); e d’allora nel santo rito il bacio di pace fu segno di carità. Per conoscere quanto fosse santa questa pratica in quella semplicità di costumi, e in quel fervore dei primi Cristiani, è bello riconoscere qual era l’ordine in cui erano disposte le persone nel luogo santo.

(Ecco un monumento dell’ordine mantenuto nel luogo santo. Un concilio del secolo III dice: gli ostiari si fermino all’ingresso degli uomini, e le diaconesse a quello delle donne, per invigilarli come i capitani di nave che tengono conto dei passeggieri. Tal era la regola e la forma, che si conservava nel Tabernacolo del Testimonio e nel tempio di Dio. Se alcuno si troverà seduto in luogo non a lui conveniente, il diacono, come proreta (pilota), lo ripigli e lo conduca al luogo proprio. Perocché la Chiesa è somigliante non solo a nave, ma a greggia, e come i pastori collocano le capre e le pecore secondo la ragione del sesso e dell’età, in modo che ogni simile si raduni col suo simile, così nella Chiesa i giovani siedano separati; se non v’ha luogo, stiano in piedi; gli adulti siedano anch’essi in giusto ordine; padri e madri abbiano vicini i loro fanciulli, in piedi stanti. Le giovani abbiano, possibilmente, luogo separato; se no, dopo le donne mature. Le maritate e le matrone stiano pure distinte: le vergini, le vedove, le vecchie tengano il primo luogo, in piedi o assise. Il diacono presiederà alla distribuzione dei posti, sicché ognuno abbia il suo e non sieda indecentemente. Farà pure attenzione che non si ciarli, né si faccia rumore, o si dormicchi, o rida, o gestisca: dovendo ognuno in chiesa contenersi con saviezza, moderazione, vigilanza, e tender le orecchie alla parola di Dio. Tutti poi ad un tempo si levino da sedere, e usciti che sieno i catecumeni ed i penitenti, colla faccia verso Oriente preghino a Dio, che salì sopra il cielo dei cieli, e vi salì verso Oriente. – Sac. Conc. nov. et amplis. collect. or. io. Mansi T. I. coll. 362). – Così allora essendo separate in vari ordini le persone, era tolta ogni occasione di scandalo, non che di divagamento. Ora la Chiesa sostituì a questa pratica l’uso dell’istrumento della pace. Il Sacerdote bacia l’altare nel mezzo, e anticamente baciava proprio il Corpo SS. (Ben. XIV) affine di attingere la pace alla sorgente, nel Cuor di Gesù Cristo, che porta pace a chi santamente lo riceve. Poi con un amplesso bacia il diacono, o l’istrumento che gli presenta. Il diacono porta con questo segno la pace a quelli che servono all’altare, al clero, ai principi, od anche ai rappresentanti delle città, ai benefattori delle chiese, ed in qualche chiesa ancora a quelli che si vogliono comunicare. Nell’atto della cerimonia si dice « la pace sia con voi; » e si risponde da chi riceve la pace con un bacio e colle parole; « sia pur con lo spirito vostro. » Nell’istrumento, che si presenta a baciare, è scolpita ordinariamente l’immagine del Redentore morto, tra le braccia di Maria SS. Addolorata. Quanta pietà inspira questo devotissimo rito! Il Redentore morto che pacificato il cielo, chiede che vogliamo fare pace anche noi, sopportandoci e perdonandoci; Maria che lo presenta, allargandoci le braccia come a suoi figliuoli! Affrettiamoci, baciamo lagrimando per tenerezza nel petto Gesù, trafitto per noi, baciamolo tra le braccia di nostra Madre, come tutti fratelli, che veniamo a versare in seno a Gesù e Maria il nostro cuore, tanto pieno di compassione e di carità, esclamando: Gesù e Maria, accoglieteci tutti in cuore! Gesù morendo avrebbe voluto fino tutti i carnefici, che lo bistrattavano in agonia, portare in paradiso, e chiedeva con un gemito per loro perdono! Conchiudiamo con l’osservazione di S. Agostino, il quale parla di questo costume come di una tradizione apostolica. « Dopo l’orazione domenicale, così questo padre, noi diciamo: la pace sia con voi! Allora i Cristiani si danno a vicenda un bacio: egli è un segno di pace, che presentano sulle labbra. Il cuore vada con esso: e mentre la •bocca si appressa al vostro fratello, guardatevi bene, che non se ne ritiri il cuore. » Adunque dopo d’aver pregato Gesù che perdoni a noi, come noi perdoniamo ai fratelli; noi ci affrettiamo a darci la pace a vicenda. Con ragione facciamo così, anzi con tutto il nostro vantaggio: perché vogliamo per Esso avere una caparra del perdono di Dio in quel momento in cui tanto ne abbiamo bisogno, dovendo in noi ricevere il Signore nostro.

ART. III.

LA COMUNIONE.

Quanto è mai vero, che il Crocifisso è il gran libro, in cui leggiamo i più profondi misteri, tenerissimi e divini! (Bossuet Ser. Su. Io. Chrys.). L’atteggiamento, che la croce fece prendere al Figliuolo di Dio è sublime! Quale contrasto con quelle braccia al cielo elevate, e la incurvazione del Corpo, e di quel Capo verso di noi inclinato! Gesù Cristo ci si mette sott’occhi in quell’atto, ad esprimerci che ha compiuto il sacrificio, che l’offerta fu accettata, e che Egli è Dio-Uomo in seno al Padre con noi pacificato in paradiso. Ma che pure una qualche cosa pare che gli manchi in paradiso: e quello che gli manca siamo noi, finché restiamo in questa povera terra. Perciò dalla croce s’abbassa a raccoglierci: anzi da quella a noi si getta in braccio. Accorriamo, accorriamo a riceverlo, ad attaccarci a questo Corpo Santo: e questo vuol dire fare la Comunione divina. – Ricordiamo quanto abbiamo già detto, cioè che gli uomini avessero un qualche sentore di essere destinati da Dio a questa stupenda, ineffabile comunicazione. Quando essi si affollano intorno a quegli altari, per mangiare carni divenute sacre per loro coll’essere offerte in sacrificio, dando segno di sentire addentro la fame di un bene più che mondano, cercano di succhiare in esse qualche cosa di divino, e come d’assorbire gl’influssi della Divinità. Eh! bisogna ben che ci persuadiamo con grande nostra consolazione, che la Religione cattolica, quando all’uomo prostrato in umiltà, percuotendosi il petto a’ piè del santo altare, fa coraggio e dice: » Prendi: questo è il Corpo Divino, che ti custodisce a vita eterna; » essa provvede al più gran bisogno del cuore umano, irrequieto sempre finché non giunga a Dio. È un crudele inganno questo travagliare senza fine, per saziare di beni di terra quest’anima nostra! Se venisse pure a possederli tutti, in un quarticello d’ora di possesso rifinirebbe e consumerebbe tutto il mondo, che non è Dio. L’ anima umana è un oceano vuoto di acqua; e quando vi viene il suo elemento, che è Dio, allora si comincia a godere veramente. La nostra grandezza forma l’immenso vuoto dell’anima, e ci dà la fame di Dio: così la nostra grandezza forma in terra la nostra infelicità. Tutto ciò che vi entra di altro, ad altro non giova che a farle sentire il vano più grande: e non mai satolla di tutto che ha divorato, si precipita in seno a Dio! Ma dove Dio così vicino vicino, e tutto per noi e alla nostra portata se non nella Comunione divina? Viva Dio! è la sola Religione cattolica adunque, che può dire: » Co’ miei dogmi e coi miei misteri io sola posso dare agli uomini ciò che desideran per istinto dell’umanità, il sommo Bene, Iddio anche qui in terra. » Sublime spettacolo per i fedeli! Nell’angusta cerimonia, allo splendor di cento doppieri, tra una musica che imparadisa i sensi, appiè di un altare tutto lucente d’oro, col cuor troppo pieno, che non sa più come esprimersi, dover ricevere Dio! L’immaginazione cede: l’anima resta invasa, commossa, appena può respirare, si scioglie da ogni oggetto terreno, si slancia in seno a Dio (Chateaubriand). Tacciamo. Il fedele ha il suo Dio nel petto, e l’anima sua si è ricoverata nel Cuor dell’amabilissimo Redentore, l’uomo fra le sue braccia respira il profumo d’una vita divina: Ci vien pur bene qui il sospiro di un’anima bella in seno al suo diletto Gesù: Amo, e sovra il mio cuor palpitò il cuore del mio diletto: ed era – ah si il proclamo all’universo in faccia – era il Signore. Io lo vidi, il conobbi. E m’ama; io l’amo. È Silvio Pellico: con questo sospiro d’amore faceva l’ultima sua comunione nel fine del 1853, e volava abbandonatosi al suo Signore in paradiso. In tutta la Messa, come abbiam potuto osservare, la Chiesa mira a preparare i fedeli all’unione con Dio: ma in questo istante, in mezzo a questo cumulo di misteri, ella lasciò per molto tempo la libertà ai Sacerdoti di sfogare il cuore, si come suggeriva loro la pietà. Poi si è fatta interprete degli affetti più fervorosi: e li tradusse nelle due seguenti orazioni, che contengono i migliori e più santi atti di preparazione alla santa Comunione.

Le orazioni avanti la SS. Comunione,

ossia gli atti della medesima.

Orazione la: Domine Jesu Christe.

» Signore Gesù Cristo, Figliuol di Dio vivo, che per la volontà del Padre, cooperando lo Spirito Santo, per mezzo della vostra morte avete il mondo vivificato, liberatemi per questo sacrosanto Corpo e Sangue vostro da tutte le iniquità mie, e da tutti i mali universali, e fate che io sempre stia attaccato ai vostri comandamenti, e non permettete che mai mi separi da Voi: il quale col medesimo Dio Padre, e con lo Spirito Santo vivete e regnate Dio nei secoli dei secoli. Così sia. »

Spiegazione dell’orazione la.

» Signor Gesù Cristo, Figliuol di Dio vivo ecc. » Questo è un

ATTO DI FEDE.

Il fedele, nel beato istante di unirsi al sommo Bene, sente un bisogno di espandersi tutto in Lui: e fa questo atto di fede, in cui per godersi meglio della sua beata sorte, se ne vuole rendere più pienamente consapevole. Si ferma, direm quasi, in questo atto a contemplare il suo diletto, e contemplandolo gli va dicendo: » Signore mio Gesù, così meschino come sono, ho da ricevere proprio Voi, Figliuolo di Dio vivo, il quale sapeste morire per amore?… Il mio buon Signore, cosi grand’ Iddio, che ci amò fino a darsi alla morte per guadagnarci la vita eterna, vuol discendere adunque in questo carcere del corpo mio ?… » Qui, come amante infervorato, passa l’anima a sfogarsi in tenerezza, con fargli le sue confidenze con un

ATTO D’AMORE.

» Voi il quale per volontà del Padre, cooperando lo Spirito Santo, avete il mondo vivificato ecc. ecc. » In quest’atto vuol dirgli, che sa di quanto amore lo abbia sempre amato il suo Amor Crocifisso e Dio suo! Anzi prima di riceverlo ancora in questo momento, gli vuol mettere innanzi le sue misericordie, vuole con santa cortesia tenerissima raccontargli come è a parte dei misteri della Divinità; come già sappia bene quanto in Lui l’ami il suo gran Padre divino, che determinò il tempo, il luogo, le circostanze del nascimento, la vita ed il sacrificio di Lui suo Unigenito, e come a questo mistero ha cooperato il suo amore Sostanziale, che è lo Spirito Santo. Così viene a dire col cuore a Dio Padre: « Questo così amabile Salvatore è vostro dono, o Padre celeste: è opera del vostro amore, o Paraclito divino. » Ed in Gesù Cristo adora in tale modo l’augustissima Trinità: a cui ha offerto il sacrificio che il Padre esigeva, che il Figlio eseguiva, e che santificava lo Spirito Santo. Con tutta l’anima in tali meraviglie divine, vedendosi innanzi un Dio che si sacrifica, l’Eterno che ha voluto morire; il mondo per lui vivificato; e Gesù che ha tali prodigi operato, e che sta per portargli in seno i tesori della sua bontà e della vita eterna (Io. V, 21):  se lo guarda e gli si getta dinanzi di tutto cuore a supplicarlo con un

ATTO DI DOMANDA

« Liberatemi per questo vostro ecc. » È questa una preghiera piena di confidenza; m piena eziandio della più sincera umiltà. Qui il sacerdote cogli altri sta per stringersi al seno il Corpo SS. Con questo suo pegno d’amor di Dio dinanzi, come cosa già tutta sua, si sente allargare il cuore ad ogni speranza. Nella bontà e misericordia sua affidato, vuol gettarsi in braccio, meschinello!… al suo gran Salvatore; affamato e sitibondo!… alla fonte della vita; bisognoso al Re del cielo: servo!… al Signore: creatura!… al Creatore; abbandonato, che nessun bene ha da sé, al divino consolatore (De imit Chr. lib. 4). Ed alzando gli occhi sulle sue Piaghe, che sono la nostra salute; a quelle Piaghe si mette di riscontro le piaghe e le debolezze proprie, e gli grida; « Signore che mi avete cavato di bocca all’inferno, e che, morto al peccato, in Voi m’avete convivificato (Ephes. 2, ): deh! liberatemi da tutte le mie iniquità. Voi le conoscete tutte, le povere opere mie; deh) pel vostro Corpo e Sangue santissimo, in cui adoro i sigilli della pagata soddisfazione, ristorate 1’opera delle vostre mani: colle vostre Piaghe guarite le piaghe mie, e tenetemi poi stretto in seno a Voi, sicché io adempia il voler vostro, che è la mia salute. Cresce la confidenza nel pensare che questo Redentore benedetto, già tutto suo, regna col Padre e collo Spirito Santo per tutta l’eternità: e per Esso concepisce speranza vivissima di partecipare a quella vita divina, inviscerandosi con Lui come membra in un sol corpo identificate (Io. Chrys. Hom. 24, ‘in 1 Cor.). Ma si ha proprio da ricevere Iddio? Oh confusione! Non si può a meno dì tremare. Provi l’uomo se stesso, si sente dire, e così mangi di quel Corpo, e beva di quel Calice (1. Cor. 28.). Deh! si sia pure provato: per l’uomo miserabile orrenda cosa deve essere cadere nelle mani del Dio vivente (Heb. 10, 31) non resta altro adunque che far proteste con atto di umiltà.

ATTO DI UMILTÀ.

Orazione 2′: Perceptio.

« La comunione del vostro Corpo e Sangue, o Signor Nostro Gesù Cristo, a me non torni in giudizio e condannazione: ma per la vostra pietà mi giovi a difesa dell’anima e del corpo, ed a ricevere il rimedio. O Signore, Voi che regnate con Dio Padre in unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. » • – « Il vostro Corpo, o Signor nostro Gesù Cristo, che io indegno presumo di ricevere, ecc. » Con questo atto di umiltà s’accusa di presunzione nel dover ricevere il suo Dio. E l’uomo che trema sato il peso delle sue miserie, e par che dica col pubblicano umilmente: « è vero che voi mel permettete, di spingere tanto in alto i miei desideri: ma conscio delle mie colpe, non posso a meno che tremare: e per poco mi manca il cuore di farmi tanto vicino a Voi, o mio Dio! E di fatto qual presunzione sarebbe, se non ci scusasse la vostra sola bontà, anzi il vostro comando? » Perciò deve ben l’ uomo provare se stesso e deporre con umiltà lo stato della sua coscienza, e nel giudizio della misericordia mettere la sua causa in mano al confessore: perché sarebbe troppo terribile disgrazia con una comunione indegna, portando il peccato sino in seno alla Divinità, e cadendo nelle mani del Dio vivente, provocar il suo sdegno con far orribile insulto alla sua santità! Noi abbiamo dette le più tenere cose da inspirar la maggior confidenza per ricevere Gesù; ma pensando che nell’ora stessa, in cui Gesù donava il suo Corpo, ha potuto seder al convito anche il traditor Giuda, nel sentir queste terribili parole: « Signore, il vostro Corpo non mi provenga in ‘giudizio a condannarmi: » mentre Gesù è sull’altare ed il popolo sta per parteciparvi, non possiamo fare a meno di esprimere il nostro orrore per una

COMUNIONE SACRILEGA.

Qui vorremmo scrivere a lagrime di sangue per esprimere l’enormità del delitto di un sacrilegio commesso sopra il Corpo di Gesù Cristo, dopo di aver assistito a tante meraviglie dell’infinita sua bontà. Fra questo spettacolo di misericordia, che consola sino gli Angioli in paradiso, avere ardimento di ricevere Gesù in peccato?! Questo propriamente è un voler mangiare la propria condannazione, e commettere, anzi che un sacrilegio, un orrendo delitto come di dar la morte al Signore (Io. Chrys. Hoin. 27, in 1. Cor.); è un vero tinger le mani nel Sangue di Gesù Cristo (Io. Chrys. opusc.). Perché col farsi reo del Corpo e del Sangue di Gesù, chi s’accosta indegnamente, è vero alla lettera che, in quanto a lui, crocifigge di nuovo il Salvatore; ma in circostanze le mille volte più tristi che non si fece là sul Calvario (Massillon. Com. sacra). E di fatto almeno i Giudei, quando gridavano: « alla croce, al Calvario, alla morte Gesù! » essi non credevano che Gesù fosse Figliuol di Dio, e loro pietosissimo Salvatore: perché per fermo, se l’avesser creduto Signore della gloria, non l’avrebbero mai crocifisso. Ma il Cristiano proterva che s’avvicina all’altare in peccato, ardisce rizzare il capo con audacia da demonio contro del Redentore suo, contro al Figliuol di Dio, in atto di scagliargli l’insulto, e abusando della Parola stessa di Gesù farlo scender dal trono della gloria, per ‘avvilirlo audacemente qui! Almeno i Giudei, quando ruppero addosso a Gesù, lo bistrattarono malvagiamente, lo caricarono di catene, l’urtarono ad una colonna; strappategli le vesti, gli piombarono sul petto, sul dorso, sul capo, su tutta la persona quella tempesta di battiture; poi lo incoronarono di spine con orribili scherni!… ma almeno quei brutali maltrattarono quella Carne, che era ancora soggetta alle umane infermità; mentre l’empio, che lo riceve in sacrilegio, cerca strapparlo, diremo così, dal seno della gloria del Padre, e buttare in mezzo a nuove contumelie quelle Carni santissime rivestite dell’immortalità: così osa far guerra al Figliuol divino fin nel più alto del cielo, nello splendor della gloria, in seno al Padre! Almeno i Giudei, quando stramazzarono per terra Gesù, lo tirarono sopra la croce e gli piantarono, ahi crudeltà! i chiodi nelle mani e nei piedi a colpi di martello, dandogli morte nel più orribil modo, uccidevano Gesù, che ancor non era morto per loro; ma l’orrendo uomo del sacrilegio, quando con atra bocca morde il Corpo di Gesù Cristo, maltratta quel Corpo, che ha combattuto fino alla morte per lui, e versa in peccato quel Sangue, che si è versato sino all’ultima goccia a sua eterna salute! Egli è vero, viva Iddio! (e questo è il solo conforto dei buoni) che Gesù è risorto immortale e non patisce più; ma egli è pur vero, che tale è l’attentato del sacrilego coll’ardire di farsi reo del Sangue divino! Ma v’ha di più ancora: poiché i Giudei, quando ebbero morto Gesù, lo lasciarono in pace. Allora poi vennero su quel monte quei buoni, che verso di Lui compirono i pietosi offici deponendone il Corpo in seno alla santissima Madre, ed involtolo tra purissimi lini, coi balsami i più preziosi, lo misero in un sepolcro nuovo colla maggior divozione e pietà: e l’anima di Gesù, mentre riposava il Corpo nel mondo sepolcro, scese al limbo, e in quel tenebrore portò col trionfo la luce; rovesciò il trono del diavolo, l’incatenò a suoi piedi; trasse in gloria una legione grande di trionfanti (Io. Chrys. Hom. 24, in 1 Cor.), che erano le anime dei Santi Padri, che lo sospiravano, e che Egli introdusse in paradiso. Ma ahi! ora scendendo nel cuor del sacrilego tra le sozzure di un’anima guasta, Gesù si vede d’intorno a schernirlo i demoni, padroni di quel cuore da Lui conquistato col proprio Sangue; da cui è forzato per la sua santità ad uscire come scacciato, e così adunque pare che il demonio, per mezzo del sacrilego, trionfi sopra Gesù. E par che gli dica: andate, morite un’altra volta per questi uomini che vi trattano in questo bel modo. – Dobbiamo dir tutto? Almeno i Giudei venivano giù da quel monte inorriditi dal deicidio, e si percuotevano il petto, e molti si salvarono ancora; ma Giuda, primo comunicante sacrilego, conobbe si l’enorme delitto di aver venduto a morte Gesù, pure non ebbe le lagrime da piangere il suo peccato. In orribile disperazione dà di mano ad un capestro, se lo lega al collo, s’appicca ad un albero, e scoppiando del ventre, sforza le porte d’inferno proprio nell’istante che Gesù apriva a tutti il paradiso. Tanto è vero, che chi mangia il Corpo di Gesù Cristo con sacrilegio, mangia la propria condannazione! Quasi a dirsi che non ha più bisogno che sia condannato: che la condannazione gl’imbeve l’anima, e l’ha con sé. Abbiamo adunque ragione di dire col Sacerdote, con l’anima raccapricciata: « Signore, per la vostra misericordia, mi giovi il Corpo SS. a difesa dell’anima e del corpo, ed a ricevere rimedio. » – Qui tuttavia è meglio sgombrar dalla mente ogni pauroso pensiero, ed accontentare l’amor di Gesù col gettarci in braccio alla sua bontà, e supplicarlo che il suo Corpo ci custodisca l’anima e il corpo; e ci sia di difesa contro le insidie del demonio, che da noi, stretti con Dio, fuggirà: sia difesa contro le lusinghe del mondo, che perderà le attrattive per noi, che possediamo il sommo Bene: ci sia rimedio contro la concupiscenza della carne, che rifiorirà per Gesù all’innocenza, e darà frutto di anime sante. Per allargare il cuore alle più grandi speranze, meditiamo…

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (17) “da INNOCENZO III ad ALESSANDRO IV”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (17)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da Innocenzo III ad Alessandro IV)

4° Concilio di Laterano (12° Concilio ecumenico)

11-30 novembre 1215

Cap. 1 – La fede cattolica

Definizione contro gli Albigesi ed i Catari

800. Crediamo fermamente e confessiamo con semplicità che esista un solo e vero Dio, eterno ed immenso, onnipotente, immutabile, che non si può afferrare né dire, Padre e Figlio e Spirito Santo, tre Persone, ma una sola essenza, sostanza o natura assolutamente semplice. Il Padre non viene da nessuno, il Figlio viene solo dal Padre e lo Spirito Santo anche da entrambi, sempre senza inizio e senza fine. Il Padre che genera, il Figlio che nasce e lo Spirito Santo che procede, consustanziali e ugualmente uguali, ugualmente onnipotenti, ugualmente eterni. L’unico principio di tutte le cose, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili, spirituali e corporee, che, con la sua onnipotenza, ha creato dal nulla, fin dall’inizio dei tempi, sia le cose spirituali che quelle corporee, cioè gli Angeli ed il mondo, e poi la creatura umana fatta sia di spirito che di corpo. Infatti, il diavolo e gli altri demoni sono stati creati da Dio per essere buoni per natura; ma sono loro che si sono resi cattivi. Quanto all’uomo, è per istigazione del diavolo che egli abbia peccato. Questa santa Trinità, indivisa secondo la comune Essenza e distinta secondo le proprietà delle Persone, ha dato al genere umano la dottrina della salvezza attraverso Mosè, i santi Profeti e gli altri suoi servitori, secondo una disposizione perfettamente ordinata dei tempi.

801. Infine, l’unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, incarnato per opera comune di tutta la Trinità, concepito da Maria sempre Vergine con la cooperazione dello Spirito Santo, fatto vero uomo composto di un’anima ragionevole e di carne umana, una sola Persona in due nature, mostrò più manifestamente la via della vita. Mentre secondo la divinità è immortale ed incapace di soffrire, secondo l’umanità si è reso capace di soffrire e mortale; molto più per la salvezza del genere umano ha sofferto ed è asceso al cielo; ma è disceso nella sua anima ed è risorto nel suo corpo ed è asceso in entrambi allo stesso modo; verrà alla fine dei tempi per giudicare i vivi ed i morti e per rendere a ciascuno secondo le sue azioni, ai reprobi come agli eletti. Tutti risorgeranno con il proprio corpo che ora hanno, per ricevere, secondo ciò che abbiano meritato facendo il bene o il male, alcuni un castigo senza fine con il diavolo, e altri una gloria eterna con Cristo.

802. Esiste un’unica Chiesa universale dei fedeli, al di fuori della quale nessuno si salva, e nella quale Cristo stesso è sia il Sacerdote che il Sacrificio, il cui Corpo e il cui Sangue nel Sacramento dell’altare sono realmente contenuti sotto le specie del pane e del vino, essendo il pane transustanziato nel Corpo ed il vino nel Sangue per opera della potenza divina, affinché, per realizzare il mistero dell’unità, noi stessi possiamo ricevere da Lui ciò che Lui ha ricevuto da noi. E certamente nessuno può compiere questo Sacramento se non il Sacerdote che è stato legittimamente ordinato secondo il potere delle chiavi della Chiesa che Gesù Cristo stesso ha concesso agli Apostoli ed ai loro successori. Il sacramento del Battesimo, che si compie nell’acqua invocando la Trinità indivisa, cioè il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, legittimamente conferito da chiunque secondo la forma della Chiesa, serve alla salvezza sia dei bambini che degli adulti. E se, dopo aver ricevuto il Battesimo, uno è caduto in peccato, può sempre essere ristabilito nel suo stato con una vera penitenza. Non sono solo le vergini e i continenti, ma anche gli sposati che, graditi a Dio con la retta fede e le buone opere, meritano di ottenere la vita eterna.

Cap. 2. La falsa dottrina di Gioacchino da Fiore.

La Trinità

803. Perciò condanniamo e riproduciamo l’opuscolo o trattato che l’abate Gioacchino pubblicò contro il maestro Pietro Lombardo sul tema dell’unità o dell’essenza della Trinità, chiamandolo eretico e stolto a causa di ciò che disse nelle sue sentenze: “C’è una realtà suprema che è Padre e Figlio e Spirito Santo, e questa non genera, non è generata e non procede”. Perciò afferma di aver eretto in Dio non tanto una trinità quanto una quaternità, cioè tre Persone e, per così dire, una quarta che sarebbe questa essenza comune, mentre manifestamente professa che non ci sia nessuna realtà, né essenza, né sostanza, né natura che sia Padre e Figlio e Spirito Santo, pur ammettendo che Padre e Figlio e Spirito Santo siano una sola essenza, una sola sostanza ed una sola natura. Ma riconosce che tale unità non sia né vera né propria, ma in qualche modo collettiva e analogica, allo stesso modo in cui si dice che molti uomini sono un solo popolo e molti fedeli una sola Chiesa, in conformità a quanto si dice: “La moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola” At. IV, 32 e “Chi aderisce a Dio è un solo spirito” (1Co VI, 17) con Lui; e ancora: “Colui che innaffia e colui che pianta sono una cosa sola” (1Co III, 8); e tutti “siamo un solo corpo in Cristo” (Rm XII, 5; e ancora, nel libro dei Re: “Il tuo popolo e il mio popolo sono una cosa sola” (3Re XXII, 5). Ma per fondare questa affermazione, egli ricorre soprattutto a ciò che Cristo dice dei fedeli nel Vangelo: “Voglio che siano una cosa sola, Padre, come noi siamo una cosa sola, perché siano perfettamente una cosa sola” (Gv XVII, 22ss). Infatti, dice, i fedeli di Cristo non sono uno, cioè un’unica realtà comune a tutti; sono solo uno, cioè una sola Chiesa per l’unità della fede cattolica ed un solo Regno per l’unione nella carità indissolubile. Allo stesso modo, leggiamo nell’Epistola canonica di Giovanni: “Tre sono infatti i testimoni nei cieli, il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, e questi tre sono una cosa sola” (1Gv V, 7); e Giovanni aggiunge subito dopo: “E tre sono i testimoni sulla terra, lo spirito, l’acqua ed il sangue, e questi tre sono una cosa sola” (1Gv V, 8), secondo quanto si trova in alcuni codici.

804. Da parte nostra, con l’approvazione del santo Concilio universale, crediamo e confessiamo con il Maestro Pietro, che esista una sola realtà suprema, che non si possa afferrare né dire, che è veramente Padre e Figlio e Spirito Santo, le tre Persone insieme e ciascuna di esse in particolare. Perciò in Dio c’è solo Trinità e non quaternità, perché ognuna delle tre Persone è questa realtà, cioè la sostanza, l’essenza e la natura divina. Essa sola è il principio di tutte le cose, al di fuori della quale non si può trovare nessun altro principio. E questa realtà non genera, non è generata e non procede, ma è il Padre che genera, il Figlio che è generato e lo Spirito Santo che procede, così che c’è distinzione nelle Persone e unità nella natura.

805. Pertanto, “sebbene il Padre sia altro, il Figlio sia altro e lo Spirito Santo sia altro, tuttavia non è un’altra realtà”, ma ciò che il Padre è, il Figlio è e lo Spirito Santo è assolutamente lo stesso, cosicché, secondo la fede ortodossa e cattolica, crediamo che siano consustanziali. Infatti, il Padre, generando il Figlio da tutta l’eternità, gli ha dato la sua sostanza, e questo stesso Figlio lo testimonia: “Ciò che il Padre mi ha dato è più grande di ogni altra cosa” Gv. X, 29. E non si può dire che gli abbia dato una parte della sua sostanza e ne abbia trattenuta una parte per sé, poiché la sostanza del Padre è indivisibile, essendo assolutamente semplice. Ma non si può dire che il Padre abbia trasferito la sua sostanza nel Figlio generandolo, come se l’avesse data ad un figlio senza trattenerla per sé: altrimenti avrebbe cessato di essere sostanza. È chiaro, dunque, che il Figlio, nascendo, abbia ricevuto la sostanza del Padre senza alcuna diminuzione di essa e che, quindi, il Padre e il Figlio abbiano la stessa sostanza e, quindi ancora, il Padre e il Figlio ed anche lo Spirito Santo, che procede da entrambi, siano la stessa realtà.

806. Perciò, quando la Verità prega il Padre per i suoi fedeli, dicendo: “Voglio che siano una cosa sola in noi, come noi siamo una cosa sola” (Gv. XVII, 22), questa parola “una” è presa per i fedeli nel senso che significa l’unione della carità nella grazia, e per le Persone divine nel senso che sottolinea l’unità dell’identità nella natura, come la Verità dice altrove: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Mt V., 48, come se fosse detto più chiaramente: “Siate perfetti nella perfezione della grazia”, “come è perfetto il Padre vostro celeste” nella perfezione della natura, ciascuno a suo modo. Infatti, per quanto grande sia la somiglianza tra il Creatore e la creatura, c’è ancora una maggiore dissomiglianza tra loro. Se dunque qualcuno osi difendere o approvare su questo punto l’affermazione o la dottrina del suddetto Gioacchino, sia confutato da tutti come eretico.

807. Tuttavia, non vogliamo in alcun modo danneggiare il monastero di Flore, che fu istituito dallo stesso Gioacchino, perché la sua istituzione è regolare e la sua osservanza salutare. E ciò tanto più che questo stesso Gioacchino ci ha fatto consegnare tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti dal giudizio della Sede Apostolica, dettando una lettera, firmata di suo pugno, in cui confessa fermamente di tenere la fede della Chiesa romana, madre e maestra di tutti i fedeli per disposizione del Signore.

808. Riproviamo e condanniamo anche la stravagante opinione dell’empio Amalrico, la cui mente è stata talmente accecata dal padre della menzogna che la sua dottrina non debba essere considerata tanto eretica, quanto sciocca.

Cap. 3. Sugli eretici (Valdesi).

La necessità della missione canonica.

809. Poiché “alcuni – secondo quanto dice l’Apostolo – avendo l’apparenza della pietà, ma negando la forza”, (2 Tm III,5), si arrogano il diritto di predicare, mentre lo stesso Apostolo dice: “Come potranno predicare se non saranno mandati?”. (Rm X,15), tutti coloro ai quali questo sia stato proibito o che non siano stati mandati, e che osino usurpare, pubblicamente o privatamente, l’ufficio della predicazione senza il permesso dato dalla Sede Apostolica o dal Vescovo cattolico del luogo”, (v. 761), saranno colpiti con la scomunica; se non torneranno prontamente alla resipiscenza, saranno puniti con altra pena adeguata.

Cap. 4. L’insolenza dei Greci nei confronti dei Latini.

Il disprezzo per i riti sacramentali della Chiesa latina.

810. Pur volendo incoraggiare e onorare i Greci che ai nostri giorni stanno tornando all’obbedienza della Sede Apostolica, accettando, per quanto possiamo nel Signore, le loro abitudini e i loro riti, non vogliamo né dobbiamo tollerare ciò che metta in pericolo le anime e deroghi all’onestà ecclesiastica. Infatti, dopo che la Chiesa greca, con alcuni complici e sostenitori, si era ritirata dall’obbedienza alla Sede Apostolica, i Greci cominciarono ad aborrire i Latini a tal punto che, tra le altre pratiche empie che ne segnavano il disprezzo, se i Sacerdoti latini celebravano sui loro altari, essi stessi non offrivano il Santo Sacrificio su quegli altari se prima non li avessero lavati, come se fossero stati contaminati da questo solo fatto. E addirittura, con temeraria audacia, questi stessi Greci osarono ribattezzare coloro che erano stati battezzati dai Latini; e abbiamo appreso che ancora oggi alcuni non temono di farlo. Pertanto, volendo allontanare dalla Chiesa di Dio un così grande scandalo, su consiglio del santo Concilio, ordiniamo assolutamente che essi non osino più agire in questo modo, conformandosi come figli obbedienti alla loro madre, la santa Chiesa romana, affinché ci sia “un solo gregge ed un solo pastore” (Gv. X,16). Se qualcuno agisse in questo modo, verrebbe colpito con la spada della scomunica e deposto da tutti gli uffici ed i benefici ecclesiastici.

Capitolo 5. Il rango dei Patriarchi.

La preminenza della Sede romana.

811. Rinnovando gli antichi privilegi delle Sedi patriarcali, con l’approvazione del santo Concilio universale, prescriviamo quanto segue: dopo la Chiesa romana, che, per disposizione del Signore, detiene il primato del potere ordinario su tutte le altre Chiese come madre e padrona di tutti i Cristiani, la Chiesa di Costantinopoli avrà il primo posto, quella di Alessandria il secondo, quella di Antiochia il terzo, quella di Gerusalemme il quarto.

Cap. 21. L’obbligo di confessarsi, il segreto della confessione, la ricezione della comunione a Pasqua.

L’obbligo della confessione annuale e della comunione pasquale.

812. Ogni fedele di ambo i sessi, raggiunta l’età della ragione, confessi personalmente e fedelmente tutti i suoi peccati almeno una volta all’anno al proprio parroco e si sforzi, per quanto gli sia possibile, di compiere la penitenza impostagli, ricevendo con riverenza il Sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua, a meno che, su consiglio del proprio parroco e per qualche valido motivo, non ritenga necessario astenersene per un certo tempo; altrimenti gli sarà impedito di entrare in Chiesa mentre è in vita e sarà privato della sepoltura cristiana alla sua morte, in modo che nessuno possa avere una scusa per la sua ignoranza. Se qualcuno desidera, per una giusta causa, confessare i propri peccati ad altro Sacerdote, deve prima chiedere ed ottenere il permesso del suo parroco, perché altrimenti quell’altro Sacerdote non potrebbe assolverlo o vincolarlo.

813. Questo Sacerdote sia uomo di discernimento e prudente, affinché, come un medico esperto, versi vino e olio sulle ferite del ferito, informandosi diligentemente sulle circostanze sia del peccatore che del peccato; capirà così, con prudenza, quale consiglio debba dargli, quale rimedio applicare, usando vari mezzi per guarire il malato.

814. Avrà cura di non tradire mai il peccatore né con parole, né con segni, né in alcun modo; ma se avrà bisogno di un consiglio più illuminato, lo chiederà con prudenza senza rivelare nulla della persona; perché se qualcuno oserà rivelare un peccato che gli è stato scoperto nel tribunale della penitenza, decretiamo non solo che sia deposto dal ministero sacerdotale, ma anche che faccia voto di penitenza in un monastero di stretta osservanza per tutta la vita.

Cap. 22. I malati devono prendersi cura della loro anima prima di prendersi cura del loro corpo.

Mezzi proibiti per ripristinare la salute.

815. Inoltre, poiché l’anima è molto più preziosa del corpo, proibiamo sotto pena di anatema che un medico consigli ad un malato, per il bene del corpo, di fare qualcosa che potrebbe diventare un pericolo per l’anima.

Cap. 41. La necessità della buona fede per la prescrizione.

La necessità della buona fede per la prescrizione.

816. Poiché “tutto ciò che non procede dalla fede è peccato” (Rm. XIV, 23), lo definiamo con sentenza sinodale: senza la buona fede, nessuna prescrizione è valida, sia canonica che civile, poiché, in modo generale, si debba derogare ad ogni costituzione e ad ogni consuetudine che non possa essere osservata senza peccato mortale. Chi prescrive, quindi, non deve mai essere consapevole di avere qualcosa che appartenga ad un altro.

Cap. 51. Proibizione dei matrimoni clandestini.

Inammissibilità dei matrimoni clandestini.

817. Seguendo le orme dei nostri predecessori, proibiamo formalmente i matrimoni clandestini, vietando anche che qualche Sacerdote osi essere presente a tali matrimoni. Pertanto, estendendo una consuetudine propria di alcuni luoghi a tutti gli altri, stabiliamo che quando si debbano contrarre matrimoni, essi siano annunciati pubblicamente nelle chiese dai Sacerdoti, entro un congruo periodo di tempo fissato in anticipo, durante il quale chiunque voglia e possa farlo, possa opporre un legittimo impedimento. Tuttavia, i Sacerdoti stessi indagheranno se ci siano impedimenti al matrimonio.

Cap. 62. Reliquie dei santi.

Uso indegno delle reliquie.

818. La Religione cristiana viene troppo spesso denigrata perché alcuni espongono le reliquie dei Santi per venderle od esporle ovunque. Affinché ciò non accada in futuro, decretiamo che le reliquie antiche non possano più essere esposte fuori dal loro reliquiario o messe in vendita. Per quanto riguarda quelle ritrovate di recente, nessuno le veneri pubblicamente se non siano state precedentemente approvate dall’autorità del Romano Pontefice. In futuro, i responsabili non permettano che coloro che si rechino nelle loro chiese per venerare le reliquie siano ingannati da vane finzioni o falsi documenti, come è stata abitudine in molti luoghi di fare per guadagno.

Abusi relativi alle indulgenze.

819. … Poiché, a causa di indulgenze indiscrete o superflue che certi prelati non temono di concedere, il potere delle chiavi della Chiesa viene disprezzato e la soddisfazione penitenziale viene privata della sua forza, decretiamo che, quando venga dedicata una basilica, l’indulgenza non superi un anno…; poi, nell’anniversario della dedicazione, che la remissione delle penitenze imposte non superi i quaranta giorni. Ordiniamo che anche le lettere di indulgenza, concesse per vari motivi, si conformino a questo numero di giorni, poiché il Romano Pontefice, che detiene la pienezza del potere, è solito seguire questa regola in materia.

Cap. 63. Simonia.

820. … In molti luoghi molte persone – come i venditori di colombe nel Tempio – commettono esazioni ed estorsioni vergognose ed esecrabili per la consacrazione dei Vescovi, la benedizione degli abati e l’ordinazione dei chierici. Si fa pagare a questo o a quell’altro il prezzo e, come se non bastasse, c’è chi si sforza di giustificare questa vergogna e questa depravazione in nome di una consuetudine osservata da tempo. Desiderando quindi abolire un così grande abuso, riproviamo in toto tale usanza, il cui vero nome è corruzione; stabiliamo formalmente che, per la collazione o la ricezione di Ordini, nessuno osi chiedere ed estorcere alcunché con qualsiasi pretesto; in caso contrario, sia colui che riceve, sia colui che dà una somma così assolutamente proibita, saranno condannati insieme a Gehazi (2Re V, 20-27) e a Simone (At VIII,9-24).

ONORIO III: 18 luglio 1216 – 18 marzo 1227

Lettera “Perniciosus valde” all’Arcivescovo Olaf di Uppsala, 13 dicembre 1220.

L’acqua mescolata al vino nel sacrificio della Messa.

822. Come abbiamo sentito dire, nella vostra regione si è sviluppato un abuso molto pernicioso, cioè che nel Sacrificio si usi più acqua che vino: secondo la fondata consuetudine di tutta la Chiesa, infatti, si dovrebbe usare più vino che acqua. Perciò ordiniamo alla vostra fraternità, con lettera apostolica, che d’ora in poi non facciate questo, né permettiate che venga fatto nella vostra provincia.

GREGORIO IX: 19 marzo 1227 – 22 agosto 1241

Lettera “Ab Ægyptiis argentea” ai teologi di Parigi, 7 luglio 1228.

Il mantenimento della terminologia e della tradizione teologica.

824. È certamente compito della mente teologica presiedere, come l’uomo, a qualsiasi facoltà e, come lo spirito lo fa sulla carne, esercitare il suo potere su di essa e indirizzarla sulla via della rettitudine, affinché non si smarrisca… In verità, siamo colpiti interiormente dal dolore del cuore (Gen VI, 6) e saturi dell’amarezza dell’assenzio (Lam. III,15), perché alcuni di voi sono desiderosi di spostare con novità empie “i confini fissati dai Padri” (Pr. XXII, 28); perché la comprensione delle Scritture celesti, che è delimitata dagli sforzi dei santi Padri, dai limiti dell’interpretazione, che è non solo avventato ma empio trasgredire, essi trasformano in dottrina filosofica riguardante le cose naturali, in modo da sfoggiare la loro Scienza e non a beneficio degli uditori, in modo da non apparire come uomini che insegnino Dio o come teologi, ma come uomini che parlino malamente di Dio. Infatti, pur esponendo la dottrina di Dio secondo le tradizioni riconosciute dei Santi e non con armi carnali, ma con armi “la cui potenza è quella di Dio, capace di distruggere ogni potenza altera che si opponga alla conoscenza di Dio, e di far prigioniero ogni pensiero per portarlo all’obbedienza di Cristo” (2 Cor. X, 4ss), sedotti da varie dottrine (Eb XIII, 9), fanno del capo la coda (Dt. XXVIII, 13 – Dt. XXVIII, 44) e costringono la regina a servire la serva, cioè ciò che è celeste a servire le dottrine terrene, attribuendo alla natura ciò che appartiene alla grazia. Infatti, occupandosi delle cose della natura più di quanto sia giusto, tornando… agli elementi deboli e poveri del mondo e servendoli di nuovo (Ga. IV, 9), come deboli in Cristo si nutrono “di latte e non di cibo solido” (Eb. V, 12) e non sembrano aver rafforzato i loro cuori con la grazia (Eb. XIII, 9); perciò, “spogliati dei doni gratuiti e feriti nei loro doni naturali”, non ricordano questa parola dell’Apostolo… “Evitate le novità, le espressioni empie e le opinioni di una falsa scienza; per averla cercata, alcuni si sono allontanati dalla fede” (1Tim VI, 20ss.) … E quando si sforzano più del dovuto di dimostrare la fede con la ragione naturale, non la rendono in qualche modo inutile e vana? Perché “la fede non ha alcun merito se la ragione umana ne fornisce la prova”. Infatti, la natura crede a ciò che ha compreso, ma la fede coglie ciò che è creduto con le sue forze e con la comprensione che le è stata data dalla grazia, che penetra con audacia e temerarietà ciò che l’intelligenza naturale non è in grado di raggiungere.

Lettera “Consultationi tuae” all’Arcivescovo di Bari, 12 novembre 1231.

Il carattere sacramentale ricevuto nell’Ordinazione.

825. Alla vostra consultazione rispondiamo come segue: coloro che hanno ricevuto gli Ordini sacri al di fuori dei tempi stabiliti, hanno indubbiamente ricevuto il carattere; dopo che è stata loro imposta un’adeguata penitenza per questa trasgressione, potete ammettere che essi esercitino il loro ministero negli ordini ricevuti.

Lettera “Presbyter et diaconus” al Vescovo Olaf di Lund, 9 dicembre 1232.

Materia e forma dell’ordinazione.

826. Quando il presbitero e il diacono vengono ordinati, ricevono l’imposizione delle mani per contatto corporeo, secondo il rito stabilito dagli Apostoli (1 Tm IV, 14 – 1 Tm V, 22 – 2 Tm. I,6 –  At. VI, 6); ma se questo è stato omesso, non è necessario ripeterlo in alcun modo, ma al momento stabilito per il conferimento di questi Ordini, ciò che è stato omesso per errore sarà prudentemente sostituito. Tuttavia, le mani devono essere alzate quando la preghiera viene stesa sul capo dell’ordinando.

Decreto frammentario “Si condiciones“, tra il 1227 e il 1234.

La nullità del matrimonio sotto condizione.

827. Se si inseriscono condizioni contrarie alla sostanza del matrimonio, ad esempio se uno dice all’altro “contraggo (matrimonio) con te se eviti di generare prole”, oppure “finché non trovo un altro più degno per onore o fortuna”, oppure “se ti abbandoni all’adulterio dietro compenso”, il contratto matrimoniale, per quanto favorevole, è nullo; tuttavia, altre condizioni aggiunte al matrimonio, se disoneste o impraticabili, sono da ritenersi non aggiunte a causa del favore (diritto) di cui godono.

Lettera “Naviganti vel” al fratello R., tra il 1227 e il 1234.

Usura.

828. Chi presta una certa somma di denaro ad un altro che si reca al mercato, per terra o per mare, e che, accettando un rischio per sé, intende ricevere qualcosa oltre al capitale, deve (non deve?) essere considerato un usuraio. Allo stesso modo, una persona che dà X sostanze per riceverne indietro in un altro momento altrettante misure di grano, vino e olio che, anche se valgono di più in quel momento, è probabile che valgano di più o di meno al momento del pagamento, non deve essere considerato un usuraio per questo motivo. Per questo dubbio è scusato anche colui che vende stoffe, grano, vino, olio ed altri beni per riceverne in un determinato momento più di quanto valgano al momento del contratto, a condizione però che non stesse per venderli in un altro momento del contratto.

Lettera “Cum sicut ex” all’Arcivescovo Sigurd di Trondheim

(Norvegia), 8 luglio

La questione del Battesimo.

829. Poiché, come abbiamo appreso dalla vostra relazione, nel vostro Paese accade talvolta che i bambini vengano battezzati con gli spiriti (alcool) per mancanza di acqua, vi rispondiamo che, poiché secondo l’insegnamento del Vangelo bisogna rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo (Gv III, 5), coloro che sono stati battezzati con gli spiriti devono essere considerati non battezzati, in un modo non conforme al Vangelo.

CELESTINO IV: 25 ottobre -10 novembre 1241.

INNOCENZO IV: 25 giugno 1243 -7 dicembre 1254.

1° Concilio di Lione (13° ecumenico) 28 giugno-17 luglio 1245

Lettera “Sub catholicæ professione” al Vescovo di Tuscolo, legato della Sede Apostolica presso i Greci, 6 marzo 1254.

I riti e le dottrine che devono essere inculcati ai Greci.

830. § 3 (altro § 4). 1. A questo proposito la nostra riflessione ci ha portato a decidere che i Greci di questo regno (Cipro), per quanto riguarda le unzioni che di solito si fanno in relazione al Battesimo, seguano e osservino la consuetudine della Chiesa romana. 2. Ma se il rito o l’usanza che dicono essere la loro, cioè di ungere interamente il corpo di coloro che devono essere battezzati, non può essere soppresso o scartato senza scandalo, sarà tollerato, poiché è irrilevante per l’effetto o l’efficacia del Battesimo che sia fatto o meno.  3. Allo stesso modo non importa se battezzano in acqua fredda o in acqua calda, poiché secondo le loro affermazioni il Battesimo ha la sua virtù e il suo effetto in entrambi i casi.

831. §4 (§ 5). Solo i Vescovi, tuttavia, devono segnare la fronte dei battezzati con il crisma, dal momento che questa unzione debba essere conferita solo dai Vescovi. Infatti, come si legge, solo gli Apostoli, il cui posto è occupato dai Vescovi, conferivano lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani, che è la confermazione o crismazione della fronte, (At VIII, 14-25). 5. I singoli Vescovi possono anche fare il crisma nelle loro chiese durante la Cena del Signore e secondo la forma della Chiesa, cioè con balsamo e olio d’oliva. Perché nell’unzione con il crisma viene conferito il dono dello Spirito Santo. E infatti, come si legge, la colomba, che designa lo stesso Spirito Santo, portò un ramo d’ulivo nell’arca. Ma se in questa materia i Greci preferiscono mantenere il loro antico rito, secondo cui il Patriarca con gli Arcivescovi ed i suoi Vescovi suffraganei, fanno il crisma insieme, questa loro usanza deve essere tollerata.

832. 6 Ma nessuno deve essere semplicemente unto dai Sacerdoti o dai confessori in luogo della soddisfazione della penitenza.

833. 7. Ma secondo la parola dell’Apostolo Giacomo, (Giacomo V, 14), l’estrema unzione deve essere conferita ai malati.

834. 8 (§ 6). Inoltre, quando aggiungono acqua, fredda, calda o tiepida, al Sacrificio dell’altare, i Greci devono seguire la loro usanza, se vogliono, purché credano e confessino che, rispettando la forma del Canone, il Sacrificio è fatto allo stesso modo da entrambi i riti. 9 Ma non tengano l’Eucaristia consacrata nella Cena del Signore per tutto l’anno con il pretesto dei malati, cioè per dare loro la Comunione prendendola da lì. Tuttavia, è permesso consacrare il corpo di Cristo per gli ammalati e conservarlo per quindici giorni, ma non di più, cosicché conservandolo più a lungo le specie non si alterino e non diventino meno adatte al consumo, anche se la verità e l’efficacia rimangono pienamente le stesse e non scompaiono mai a causa di un periodo più lungo o del passare del tempo.

835. 18 (§ 14) Per quanto riguarda la fornicazione commessa da un uomo non sposato con una donna non sposata, non c’è dubbio che si tratti di un peccato mortale, poiché l’Apostolo ci assicura che sia i fornicatori che gli adulteri sono esclusi dal regno di Dio (1 Cor. VI, 9ss.)

836. 19 (§ 15). Inoltre, desideriamo e prescriviamo espressamente che d’ora in poi i Vescovi greci conferiscano sette Ordini secondo l’uso della Chiesa romana, poiché leggiamo che finora hanno trascurato od omesso tre degli Ordini minori tra gli ordinandi. Ma coloro che sono già stati ordinati in questo modo da loro, a causa del loro numero troppo elevato, devono essere tollerati negli Ordini così ricevuti.

837. 20 (§ 16). Ma poiché secondo l’Apostolo la donna è liberata dalla sua legge dopo la morte del marito, così da essere completamente libera di sposare nel Signore chi vuole (Rm VII, 2 1Co VII, 39), i Greci non biasimino o condannino in alcun modo le seconde e le terze nozze, o anche altre, ma piuttosto le riconoscano tra persone che possono essere altrimenti unite legittimamente in matrimonio. 21. Tuttavia, i sacerdoti non benedicano in alcun modo coloro che si sposano una seconda volta.

838. (Il destino dei morti) 23 (§ 18). Infine, poiché la Verità afferma nel Vangelo che se qualcuno ha bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello a venire – il che ci fa capire che alcuni sono liberati dalla loro colpa nel mondo presente, e che l’Apostolo dice che “il fuoco metterà alla prova l’opera di ciascuno secondo quello che è e che “colui la cui opera è consumata subirà una perdita, ma egli stesso sarà salvato, ma come attraverso il fuoco” (1Co XIII, 15) e poiché si dice che gli stessi Greci credano e affermino in tutta verità e senza dubbio che le anime di coloro che muoiono dopo aver ricevuto la penitenza ma senza averla compiuta, o che muoiono senza peccato mortale ma con peccati veniali e minimi, siano purificate dopo la morte e possano essere aiutate dai suffragi della Chiesa, poiché essi affermano che nessun nome certo e definito designi tra i loro dottori il luogo di tale purificazione, e poiché secondo la tradizione e l’autorità dei santi Padri noi lo chiamiamo “purgatorio“, vogliamo che d’ora in poi sia così chiamato anche tra di loro. Infatti questo fuoco temporaneo purifica i peccati, non però quelli mortali o capitali che non sono stati prima perdonati con la penitenza, ma quelli leggeri e minori che pesano ancora dopo la morte, anche se sono stati perdonati in vita.

839. 24. (§ 19). Ma se qualcuno muore senza penitenza in stato di peccato mortale, non c’è dubbio che sarà tormentato per sempre dalle fiamme dell’inferno eterno. 25 (§ 20). Ma le anime dei bambini che muoiono dopo il bagno del Battesimo e quelle degli adulti che muoiono in stato di carità, che non sono trattenute dal peccato né tenute ad alcuna soddisfazione per il loro peccato, passano immediatamente alla patria eterna.

ALESSANDRO IV: 12 dicembre

1254 – 25 maggio 126

Costituzione “Romanus Pontifex de summi, 5 ottobre 1256.

Errori di Guglielmo di Saint-Amour riguardo ai monaci mendicanti

840. (Lo scritto di Guglielmo) è stato da loro letto con attenzione ed esaminato a fondo e con rigore, e ce ne è stato dato un resoconto completo; infatti abbiamo appreso che in esso alcune cose sono palesemente false e condannabili, contro il potere e l’autorità del Romano Pontefice e dei suoi Vescovi,

841. … e contro coloro che, per amore di Dio, chiedono l’elemosina nella più rigorosa povertà, superando così il mondo con i suoi beni con l’indigenza volontaria;

842. … ed altri contro coloro che, animati da un ardente zelo per la salvezza delle anime ed interessati agli studi sacri, fanno molti progressi spirituali nella Chiesa di Dio e portano molti frutti;

843. … alcune cose contro lo stato salutare dei poveri monaci, o mendicanti, che sono i nostri cari figli, i frati predicatori e i frati minori, i quali nella forza dello Spirito abbandonano il mondo con le sue ricchezze ed aspirano con tutte le loro forze solo alla patria celeste; nonché diverse altre cose sconvenienti e perciò degne di essere respinte e condannate all’infamia per sempre;

844. … e perché questo scritto è stato anche fonte di grande scandalo, ha dato origine a molti problemi ed ha causato anche danni alle anime, poiché ha distolto i fedeli dalla devozione a cui erano familiari e dalla loro abituale liberalità in materia di elemosina, nonché dalla conversione e dall’ingresso nella Religione: Su consiglio dei nostri fratelli ed in virtù dell’Autorità Apostolica respingiamo e condanniamo per sempre come iniqua, sacrilega ed esecrabile la scrittura che inizia così: “Ecce videntes clamabunt foris“, e che porta il titolo “Tractatus brevis de periculis novissimorum temporum“, e gli insegnamenti e le dottrine in esso contenuti. Li condanniamo come erronei, falsi ed empi.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (18) “da URBANO IV a GIOVANNI XXII”