L’INFALLIBILITA’ DEL PAPA (II)

UNA LEZIONE DI CATECHISMO: L’INFALLIBILITÀ DEL PAPA (II)

H. MONTROUZIER. S. J.

[Lettera sul futuro Concilio ecumenico. In Rév. Des  Sc. Eccl. 3a SERIE, T. I.  — APRILE 1870.]

III.

D. Come mai, però, diversi Pontefici sono accusati di aver sbagliato nella definizione delle questioni di fede?

R. « La costante applicazione dei nemici dell’autorità dei sovrani Pontefici si è sempre esercitata nel trovare errori nelle loro definizioni: ma essi non hanno mai potuto scoprire alcun errore contro i dogmi, che sia stato enunciato da alcun Romano Pontefice, come Pontefice e Dottore della Chiesa. » Così dice S. Liguori (P. Jacques, op. cit., p. 171). Non potendo seguire il santo Vescovo nello sviluppo delle sue prove, mi limito ad una breve riflessione sui Pontefici più gravemente incriminati, che sono i Papi San Liberio, Vigilio e Onorio. – Ora, la caduta di Papa San Liberio è così incerta che Bossuet non credeva di poterne trarre un argomento contro l’infallibilità. Inoltre, è stato dimostrato mille volte che il santo Papa non ha mai disertato l’ortodossia. Deve essere menzionato il magnifico lavoro di M. Edouard Dumont nella Revue des questions historiques. – Per quanto riguarda Papa Vigilio, non solo non ha sbagliato nella fede, ma il famoso Pierre de Marca, poco sospettabile di parzialità a favore dei Papi, ha composto una dissertazione per stabilire l’alta prudenza di cui il Pontefice fece prova negli atti per i quali è così duramente rimproverato.  – Per quanto riguarda Onorio, il vescovo di Grenoble ha recentemente dichiarato al suo clero (20 luglio 1868). « Che né la fede cattolica, né la dottrina dell’infallibilità del Papa, che definisce ex Cathedra, e nemmeno la fede personale di Onorio sono in discussione nei dibattiti sollevati in occasione del sesto Concilio. San Alfonso de’ Liguori, che tratta molto bene la questione di Onorio, giunge alla conclusione: « Egli doveva tranciare l’errore dal principio, ed è sotto questo aspetto che ha mancato (ibid., p. 179. Si veda la notevole dissertazione di Pierre de Marca nella Patrologia del Migne, t . LXIX, p. 127 e seguenti). » – Perché non dire di sfuggita che tutti coloro che predicano la moderazione oggi raccomandano ai Padri del Concilio di imitare la condotta che essi rimproverano così duramente nel Papa? Se Onorio ha prevaricato tacendo sull’errore che osava mostrarsi, perché i Padri del Concilio non dovrebbero “prevaricare” a loro volta tacendo anche sugli errori che pervadono il nostro secolo? Avviso a P. Gratry! (il p. Gratry ritrattò poi completamente la sua posizione fallibilista – ndr. -) Ma torniamo indietro. Che valore ha l’obiezione dedotta dagli errori più o meno numerosi commessi dai Papi nell’esercizio della loro suprema autorità? Rispondo che questa obiezione non ha alcun valore, finché non si portano fatti positivi e incontestabili. Ora, questi fatti non saranno mai portati. I critici più maligni si sono consumati senza successo. Tournély concorda volentieri sul fatto che le presunte colpe dei Papi non esistono e non provano nulla; arriva a rammaricarsi che si screditi la causa gallicana volendola sostenere con argomenti così speciosi (De Ecclesia, t. II., p. 183 ss.). E ora, cosa si può dire di quegli uomini che passano il loro tempo a ripetere calunnie che sono state confutate già mille volte? È la loro ignoranza o la loro malafede che deve essere stigmatizzata? – Che dire, soprattutto, dell’impudenza che insulta la Chiesa universale imputandole la falsificazione calcolata del suo libro di preghiere; così che, per tre secoli, la Chiesa, che è la colonna della verità, ha costretto i suoi sacerdoti ad aprire ogni giorno la bocca per recitare odiose menzogne? È una follia, una bestemmia? O Dio, vendicate la vostra Chiesa!

D. Bisogna convenire che l’infallibilità difficilmente può essere concepita in uomini viziosi, come purtroppo sono stati troppi Papi.

R. Prima di tutto, vi prego di osservare che il numero dei Papi viziosi è stato molto sopravvalutato; tanto che oggi i protestanti onesti sono essi stessi i vendicatori dei nostri Pontefici ingiustamente calunniati. Nientemeno che pure Papa Alessandro VI è stato in qualche modo riabilitato dall’anglicano Roscoë! Ma dopo tutto, cosa dimostra l’obiezione? Se potesse avere una qualche forza, essa proverebbe che un sacerdote indegno è, per il fatto stesso della sua indegnità, privato del potere di amministrare validamente le cose sante. Eccoci dunque in piena eresia di Wicleff, e nella Chiesa invisibile dei luterani, come il Vescovo di Rodez osservò con perfetta precisione al Vescovo Maret, autore dell’obiezione. – Una volta per tutte, dobbiamo essere convinti che le grazie concesse da Nostro Signore ai suoi ministri per la guida delle anime sono indipendenti dalle disposizioni del soggetto che le riceve. L’infallibilità del Romano Pontefice non gli è data per il suo bene, così come il potere di perdonare i peccati non è dato al sacerdote per il suo bene. Il Papa è infallibile, e il sacerdote è investito di poteri soprannaturali solo a beneficio dei fedeli. Sono in tutti i casi strumenti di Dio. Che siano santi o no, lo Spirito Santo continuerà a servirsi di loro per la dispensazione delle sue grazie. Egli è, infatti, il primo Autore dei prodigi da loro compiuti, e questo musicista celeste produrrà la sua divina armonia con una lira d’oro così come con una lira di legno il più grezzo.  Ancora una volta, l’infallibilità del Papa non è né il suo talento né la sua virtù; è lo Spirito Santo che assiste la debolezza del suo ministro. Ecco come, quante difficoltà svaniscono così!

IV.

D. Se l’infallibilità del Papa è una verità così profondamente radicata nella tradizione, perché la Chiesa non l’ha ancora definita solennemente?

R. « È vero. Gesù Cristo non ha affermato nulla con più amore e ricchezza di espressione nel Vangelo che i due dogmi che possono essere chiamati il cuore e il capo della sua Chiesa: il dogma dell’Eucaristia e il dogma del sovrana potenza, e quindi della fallibilità di Pietro. È vero che nella Chiesa, come nel Vangelo, nell’opera vivente come nell’opera scritta, nulla brilla con un bagliore più divino del Tu es Petrus e di Ego sum panis vivus qui de cœlo descendi (Lettera di Mons. Dechamps di Malines a Mons. Dupanloup.). » Tuttavia, bisogna osservare, con l’Arcivescovo di Malines, che « la Chiesa definisce i dogmi solo quando sono negati dall’eresia o contestati dalla buona fede. » (Ibid.) Questo spiega perché il dogma dell’Immacolata Concezione sia stato proclamato così tardi. La Chiesa non ha sempre creduto nella gloriosissima prerogativa di Maria?  « Ora, la Chiesa ha sempre vissuto della fede dell’infallibilità del Romano Pontefice, e l’ha vissuta ovunque, anche dove è stata contestata in buona fede. (Ibid.) » Testimoni sono le eresie che, durante i primi tre secoli, sono state soppresse dal solo braccio del Papa; testimoni il Giansenismo ed il Quietismo e mille altri errori che, negli ultimi tre secoli, sono stati soppressi dalla Santa Sede; testimoni quelle dichiarazioni dottrinali e persino quelle definizioni dogmatiche che più di una volta la Chiesa ha pregato il Pontefice di pronunciare. Non è questo un vivere della fede nell’infallibilità? E la Chiesa avrebbe dovuto ritenersi obbligata a formulare una definizione dogmatica, quando vedeva tutta la società cristiana unanime nel riconoscere nel Papa la regola vivente della fede? Al Concilio di Trento, si trattò di opporre una definizione di infallibilità a qualche raro dottore che la contestava: ma i Padri ritennero giustamente di dover disprezzare questi dissidenti, come avevano fatto con i pochi oppositori dell’Immacolata Concezione… Ora che il clamore è più forte, la Chiesa può alzare la sua grande voce. Chi sa se non sia suonata l’ora della sentenza suprema?

D. Un’altra domanda. Se la Chiesa crede nell’infallibilità del Papa, perché convoca i Concili?

R. La ragione è abbastanza semplice. Benché dotato di infallibilità, il Papa è tuttavia tenuto a circondarsi di tutte le precauzioni che la prudenza umana suggerisce a chiunque voglia trovare la verità. Lo Spirito Santo assiste il Papa non per rivelargli la dottrina, ma solo per impedirgli di ingannare se stesso e gli altri. È quindi naturale che il Papa consulti i suoi fratelli nell’Episcopato, e si avvalga così dei loro lumi e della loro saggezza: questo viene fatto soprattutto nei Concili Generali.  Ascoltiamo la risposta di San Alfondo de’ Liguori a Febronio: « Ma, si dirà, se i giudizi del Sommo Pontefice sono infallibili, e se la sua autorità è suprema e indipendente, a che servono i Concili? La risposta è che servono a diversi scopi molto importanti. Servono a far sì che i Vescovi si applichino più energicamente per soffocare i dissensi; servono a reprimere le contese; servono, infine, a farli aderire più scrupolosamente ai dogmi della fede, come scrive San Vincenzo di Lerino: Qual risultato – egli dice – ha ottenuto la Chiesa con i decreti dei Concili, se non quello di far ammettere CON MAGGIORE IMPRESSIONE ciò che prima era oggetto di semplice credenza? « Aggiungiamo che talvolta i sovrani Pontefici convocano i Concili per essere più illuminati dallo Spirito Santo attraverso la discussione in un Concilio su qualche dubbio in materia di fede: perché, dice il Cardinale Du Perron, l’infallibilità del Papa non consiste nel suo ricevere sempre dallo Spirito Santo la luce necessaria per decidere tutte le questioni di fede, ma nel suo pronunciare un giudizio libero da errori su quelle questioni in cui si sente sufficientemente illuminato da Dio. Quanto alle questioni in cui non si sente sufficientemente illuminato, le rimanda alla decisione del Concilio, per pronunciare in seguito il proprio giudizio.  Ma non fraintendiamo il significato di queste ultime parole. « – dice Monsignor Dechamps – il Papa rimette certe questioni al Concilio, non come ad un tribunale superiore, ma per essere illuminato dal giudizio dei Vescovi, e per confermare il giudizio di questi vari giudici, se lo ritiene opportuno, con il proprio giudizio supremo » (Lettera al vescovo Dupanloup).

CONCLUSIONE.

Questo è ciò che tutti i fedeli dovrebbero sapere. Si dovrebbe inculcare loro una completa e pronta obbedienza ai giudizi della Santa Sede, che, secondo San Vincenzo de’ Paoli, è il miglior mezzo per discernere i veri figli della Chiesa dagli ostinati. – Essi dovrebbero essere persuasi che, lungi dal meritare il rimprovero di un’adulazione servile del Papa, i difensori dell’infallibilità servono soprattutto i loro propri interessi; perché se il Papa è infallibile, è perché noi possiamo essere infallibili; se egli ha il potere di non ingannare, è perché noi abbiamo il diritto di non essere ingannati (Mons. Berteaud, discorso predicato a S. Eustachio il 19 novembre 1864).  – Infine, si dovrebbe far loro apprezzare il vero valore del triste coraggio « di alcuni uomini rancorosi e schiavi che sognano una Chiesa separata dal suo Capo; mostrandoci così, con una contraddizione piuttosto strana, un corpo mutilato che può fare a meno della vita per giudicare, e i cui giudizi non hanno forza perché mancano di vita; mostrandoci con compiacenza la Chiesa costruita su Pietro, convocando Pietro al suo tribunale per condannarlo, perché probabilmente non sarà stato un fondamento abbastanza solido per essa, nonostante le preghiere e le promesse di Gesù Cristo. Figli ingrati ed ingenerosi, che rivendicano, come un diritto inalienabile, la libertà di contraddire il loro padre, e di contestare il suo diritto di mantenere la pace in casa e la subordinazione all’interno della famiglia. Dottori inquieti e irrequieti, sempre pronti a chiamare il Papa al Concilio, e quindi a distruggere il capo della Chiesa, o a crearne due, poiché un appello al Concilio implicherebbe che il Concilio è il capo della Chiesa. Senza entrare in ulteriori discussioni con loro, rispondiamo con Sant’Avito, Vescovo di Vienne, parlando a nome dei Vescovi delle Gallie, che non c’è nessuna legge o ragione per sottoporre il capo della Chiesa ai suoi inferiori, e che se il Vescovo della città di Roma è chiamato in giudizio, non è un Vescovo che è minacciato, ma l’intero Episcopato che è scosso.  (Istruzione pastorale di Mons. de Donald, Vescovo di Le Puy, per il periodo quaresimale del 1838, sul Capo visibile della Chiesa. In questo magnifico scritto, l’infallibilità del Papa è mirabilmente stabilita. Sarebbe auspicabile che l’opera del venerabile Cardinale fosse ancora una volta data alle stampe. Sarebbe un meritato omaggio alla memoria di una persona che tutta la Chiesa considererà sempre come una delle sue luci più vive.

 (H. MONTROUZIER. S. J.)