San Lorenzo Martire

Omelia del S. S. GREGORIO XVII nel giorno di S. LORENZO – S. Messa (1981)

Le parole di Gesù: “Se il chicco di grano non cade in terra e non muore, non reca frutto” (cfr. Gv XII, 24), sono state dette per spiegare agli Apostoli il mistero della Sua Passione e Morte, del Suo sacrificio completo. Erano duri a comprendere: avrebbero fatto presto capire se si parlava di gloria, ma si parlava di Croce. Ecco lo scopo per cui queste parole sono state dette. Ora vediamo di dipanare queste parole e apprenderle in tutto il loro significato, quello che segue non è altro che un commento, una continuazione del concetto, fino all’invito: “Chi vuol venire dietro a me, faccia come ho fatto io: mi segua nella via della croce”(cfr. Gv XII, 26). Ripeto: cerchiamo di dipanare. Che cosa vuol dire Nostro Signore? Vuol dire questo: “ per salvare il mondo peccatore ci vogliono dei sacrifici”. Questa è l’affermazione generale. ” E per questo il sacrificio ultimo, determinativo lo prendo io stesso”. Ma dice a noi: “La vostra parte ve la dovete prendere”. C’è un altro elemento compreso in queste parole, l’elemento più propizio per un mondo che è soltanto di prova per la vita eterna: è la sofferenza, il sacrificio. In realtà queste parole per noi suonano dure, però, quando guardiamo ai nostri genitori, capiamo che hanno fatto la loro parte a prezzo di sacrifici; quando guardiamo a degli amici, se ne abbiamo,  guardiamo se per noi sanno fare sacrifici. Tutto diventa siglato da un’eterna Provvidenza, quando porta con sé il sacrificio. – Ma andiamo avanti. Il sacrificio è necessario per gioire. Guardate: il mondo oggi muore di noia; per togliersi questa noia, fa cose incredibili, che noi non oseremmo dare per penitenza anche a chi avesse commesso cento omicidi; le fa tutti i sabati e tutte le domeniche: fugge! E che cosa trova? Guardate le facce al lunedì mattina, e vi diranno che cosa hanno trovato. Non è forse vero che per mangiare bene bisogno avere appetito, cioè bisogna che prima preceda quella tal cosa che in se stessa è desiderabile, ma che non è gaudiosa, perché aver fame non è proprio una gioia? Per poter dormire bene di sera bisogna essere stanchi morti. Chi apre la porta della gioia – attenti – è sempre il sacrificio; non è quello, il sacrificio, che apre la porta soltanto della gioia, ma è anche la premessa di tutti i gaudi possibili, onesti e duraturi in questo mondo. Ecco il significato del Vangelo. – Siccome i veri commentatori del Vangelo sono i Santi. Il commento a questo Vangelo oggi lo fa S. Lorenzo, del quale in questa chiesa a lui dedicata da almeno dodici o tredici secoli celebriamo il ricordo della sua nascita al cielo, perché per i martiri, ma anche per gli altri, il giorno della morte è il giorno della nascita al cielo. Noi ricordiamo questo santo. Badate bene che questo poteva fuggire, perché, quando hanno preso e ucciso immediatamente il Papa Sisto II, del quale lui era diacono, nelle catacombe di Callisto, l’hanno lasciato. Lorenzo poteva fuggire; non è fuggito. Era il cancelliere della Chiesa romana; nello stesso posto aveva l’ufficio, dove oggi sorge il palazzo della Cancelleria apostolica. Sapeva che Valeriano aveva indetto la persecuzione dei cristiani per poter ricapitalizzare lo Stato che era estenuato – cosa facile a succedere in tutti i tempi – e sperava di metter mano sopra il tesoro della Chiesa, che al secolo III per il mantenimento della Chiesa stessa e dei poveri romani era già costituito. Lui ha distribuito tutto ai poveri, e, nonostante la boria imperiale, di poveri a Roma ce ne erano molti. Ha distribuito tutto. Dopo tre giorni dall’uccisione di Sisto, vanno a prendere lui e gli chiedono i denari, l’oro, e lui dice, mostrando una turba di poveri: “Ecco i tesori: sono questi”. Si sono sentiti burlati (perché anche in questa burla, l’aspetto di burla, si vede la grandezza dell’uomo) e per questo motivo, nonostante il fatto che era cittadino romano sebbene nato in Spagna e aveva diritto di morire semmai con l’unico colpo di scure, non hanno osservato la legge e lo hanno condannato a morire di fuoco lento. Sopra la sua tomba, nella basilica di S. Lorenzo in Campo Verano a Roma, c’è ancora la tavola di marmo bucherellata; ha un grande spessore, ha i buchi radi per potere prolungare al massimo il martirio. Se lo avessero messo su una semplice graticola, come quella che il Tavarone ha dipinto nell’affresco dell’abside, dopo cinque minuti era fritto; no, è stato un martirio lentissimo, atroce, superato con la dignità di un uomo, che sapeva di servire Iddio e sapeva che il dolore era l’anticamera della gioia. – Perché l’insegnamento che lascia S. Lorenzo è questo: quello che a noi sembra sacrificio, di fatto è sempre, anche nelle piccole cose umane, l’anticamera della gioia. Questo non per voler rovesciare il mondo, no; perché il mondo quando è rovesciato – e lo è – per metterlo a posto bisogna rovesciarlo un’altra volta!