La strana sindrome di nonno Basilio: 22

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La strana sindrome di nonno Basilio -22

  Caro direttore, eccomi pronto a riprendere il filo diretto con lei ed i suoi lettori che avranno la pazienza di sorbirsi le mie quattro chiacchiere che sono però, come sempre ho cercato di spiegarle, la richiesta di aiuto per intendere quanto la mia mente, supportata da una memoria smarrita, non riesce più a comprendere nell’interpretare le verità di fede da sempre conosciute e praticate nella santa Chiesa Cattolica. L’altro giorno, durante una giornata di afa oppressiva, approfittando della pennichella di Genoveffa, la mia cara mogliettina che, preoccupata oltre modo per le mie condizioni di salute, mi soffoca un poco con il suo amore iperprotettivo (non glielo dica mai, … per carità, la prego, … è una confidenza che faccio solo a lei … mi raccomando!), inizio, non visto, un giro di ispezione per la casa, e così finisco per giungere in soffitta, … in vero con il fiato un po’ corto (ma non lo dica in giro, la prego … soprattutto a mia moglie!), e noto uno scatolo ben coperto che non ricordo di aver mai utilizzato e che ovviamente suscita la mia curiosità. Mi guardo intorno e, cercando di non fare rumore, apro lo scatolo e … sorpresa! Indovini un po’ direttore? …: ci sono delle lettere che risalgono al periodo dell’inizio della mia malattia, che la mia buona Genoveffa, evidentemente per preservarmi da emozioni a suo parere nocive, mi ha tenuto celate, riservandosi probabilmente di farmele leggere quando le mie condizioni mentali fossero migliorate. Poi se ne sarà dimenticata, credo, anche perché le mie condizioni non sono certamente tornate ad essere brillanti. Apro così a caso, prendo una lettera ingiallita dal tempo, con un francobollo francese e, inforcati gli occhialoni appannati dai vapori del caldo, leggo: la data non si evidenzia bene … sembra 1961, la lettera è indirizzata a me, ed indovini un po’ il mittente: lo zio Pierre!! … che emozione, dunque il “professorino” non si era scordato di me e mi aveva scritto … direttore, mi sa che Genoveffa aveva proprio ragione a tenermi nascoste le lettere ma … non glielo dica mai, per carità! Però mi permetta di farla partecipe almeno di un po’ dello scritto, giusto per farle meglio comprendere la personalità di questo personaggio, bislacco per certi versi, ma profondo e lungimirante nelle sue analisi storiche! Ad un certo punto parla della “globalizzazione” (… poi la farò leggere pure a Mimmo, che è un fanatico dell’argomento, come in passato le ho già accennato!), ascolti: “La globalizzazione è un tema entrato di prepotenza nell’immaginario collettivo, uno dei grandi nodi della storia da cui l’umanità non può prescindere. Essa costituisce, però, nient’altro che la prima tappa della “grande opera”, quella che dovrà avvincere i popoli e gli Stati nelle ferree catene del libero mercato, o meglio del “mercato unico”, instaurandosi così un vero e proprio totalitarismo, quello che invece i burattinai, che lavorano nell’ombra, e gli obbedienti e ben foraggiati burattini, che i popoli pensano di eleggere con libero voto, vogliono far passare alla storia come unica ed incontrovertibile via verso il progresso liberista. La seconda tappa proseguirà con il processo politico, con la decolonizzazione e la fine dei Grandi Imperi, la costituzione di organismi unitari tra Stati diversi specie in America ed Europa: oltre agli Stati Uniti già realizzati, avremo l’Europa Unita, gli Stati sovietici indipendenti (si fa per dire!), poi le federazioni africane ed asiatiche costituendo così cinque aree geografiche che confluiranno a loro volta in una grande federazione mondiale sotto un unico governo. In via di preparazione è però già l’ultimo obiettivo, il “controllo spirituale”, quello ritenuto il superiore, destinato a completare gli altri, ad unificarli, a farne lo scopo vero dell’intera lunga, pervicace operazione, iniziata con la riforma luterana, proseguita con la rivoluzione francese, figlie entrambe dell’anticattolicesimo accanito. Se e quando il preannunziato governo mondiale avrà avuto vita, esso sarà espressione non solo della globalizzazione in campo economico-finanziario e del mondialismo in campo socio-politico, ma anche e soprattutto dell’ecumenismo realizzato in campo culturale-religioso, proprio quello sempre inesorabilmente stroncato e condannato dal Magistero della Chiesa. Per il conseguimento del dominio mondiale non sarebbe davvero sufficiente limitarsi al controllo della politica, dell’economia e delle finanze, tralasciando un intervento altrettanto deciso e totale sulla religione, su qualunque religione, beninteso, ma soprattutto su quella Cattolica, che tra le altre è quella che ha tratto vita dallo stesso Dio attraverso l’incarnazione del Figlio, fatto della sua sostanza e dunque Dio Egli stesso; è quella che ha avuto una gloriosa storia bi-millenaria, è quella sulla quale è fondata la civiltà di almeno tre continenti, è quella che si è formata rifiutando qualunque compromesso con altre false e pagane idealità, … e rappresentata da una Autorità il cui prestigio non può essere discusso, a meno che non venga surrogata da qualche attore-buffone! [ma guardi un po’ che modo di esprimersi!]. Le correnti positivistiche ed illuministiche hanno portato feroci attacchi alla Chiesa Cattolica con l’accusa di integralismo, di soffocare la libertà di coscienza e di pensiero e con i pretesti più falsi ed assurdi; ora nei programmi delle “conventicole” mondialiste si tende ad istituire un opposto tipo di integralismo diretto a cancellare, dalle menti e dalle coscienze degli uomini, ogni possibile riferimento alla Dottrina Cattolica, nel tentativo di omologarle tutte in senso contrario, e di sincronizzarle, senza che se ne avvedano, in una visione dell’uomo universalistica e perciò indifferenziata ed uniforme. Per raggiungere il traguardo concepito per abbattere il Cattolicesimo, “si fieri potest”, e perseguirlo con tenacia e pazienza, nell’arco di due secoli sono state battute molte strade: a) la prima è stata quella visibile della politica internazionale e militare (pensa ad esempio a Napoleone e alla prigionia di Pio VI!); b) la seconda è quella occulta della subdola infiltrazione nel corpo della Chiesa di mortali germi patogeni (uno in particolare l’ho battezzato AIDS, acronimo di “A”bbattere i dogmi, “I”dolatrare l’uomo, “D”emolire la liturgia, e “S”cardinare sacerdozio e Papato, ti piace, che ne dici … avrà futuro questa sigla!?). c) La terza infine è quella del cosiddetto “ecumenismo” (eresia denunciata da vari Papi, quelli con la tiara del “Triregno” in … testa, e … con la testa al … suo posto); queste vie sono state e sono percorse in contemporanea. Abbattere il potere temporale del Papa non ha portato, come pensavano le empie “conventicole”, alla fine della Chiesa, (nonostante gli eventi provocati ad arte per cancellare lo Stato della Chiesa e sostituire l’asse cattolico Francia-Austria con quello protestante Gran Bretagna-Germania e poi Stati Uniti), ed anzi il potere spirituale ne è uscito rafforzato per tanti aspetti, dimostrando così che l’autorità della Cattedra di San Pietro non dipende dall’esercizio di un potere temporale, per quanto legittimo nella difesa della propria autonomia ed indipendenza, ma dall’autenticità del suo messaggio cristiano e dalla solidità della sua costituzione dogmatica. Non si è ancora esaurita, perché ancora in corsa verso la sua finalizzazione ben profetizzata, come ben sai, dalle apparizioni della Vergine a La Salette e a Fatima, la seconda delle tre strade, quella diretta ad infiltrare nel corpo della istituzione ecclesiale cattolica, quei pericolosi germi destinati ad infettarla e a corromperla (ti piace il termine AIDS? Che ne dici…!?, non so perché, ma penso che se ne sentirà parlare moltissimo in un prossimo futuro!). Primo tra tutti il Modernismo che, nonostante la ferma reazione di Pio X e gli anatemi eterni, scaturiti dal Magistero infallibile ed irreformabile, è oggi subdolamente penetrato nei seminari, nelle parrocchie e presso gli alti vertici della Santa Sede, dando al Cattolicesimo un volto “stravolto” (scusa il bisticcio di parole!) e deformato, ben lontano dalla Tradizione, non solo sul piano dottrinale, ma anche, spudoratamente e vergognosamente, sul piano liturgico, dal momento che si cerca di far diventare un’agape rosacrociana la Santa Messa di sempre! [… ma cosa mai voleva dire lo zio? Questo punto è molto strano e lo studierò poi con calma con i nipoti –n.d.Bas.- ]. E tutto questo senza che i Cattolici abbiano la possibilità di rendersene conto, proprio perché la tattica primaria di questa dottrina eretica ed apostatica è quella di lavorare nell’ombra, senza combattere apertamente i dogmi ed i principi della dottrina cattolica, ma agendo per svuotarli dal di dentro e renderli privi del loro significato originale (una specie di tarlo del legno, per cui i mobili apparentemente solidi, improvvisamente si sgretolano irrimediabilmente!), cosicché i Cattolici, con l’inesorabile trascorrere del tempo, finiranno per dimenticarli o per trascurarne l’importanza, consentendo che, inavvertitamente, il loro spirito e le loro coscienze restino penetrati e corrotti da questo silenzioso tarlo della rivoluzione spirituale, apportatrice della “nuova e falsa religione”, quella “dell’UOMO”, che soppianterà, senza colpo ferire, quella di CRISTO. Così i dogmi della Tradizione, non potendo essere ufficialmente aboliti o riformati, verranno “addormentati”, narcotizzati e superati nella prassi, in modo che di fatto, risulteranno eliminati nel tempo, quando le nuove generazioni non avranno neanche il più pallido ricordo degli originali principi del Cattolicesimo e del loro significato. Il Modernismo è la “secolarizzazione del divino”, tutto ciò che finora era appartenuto al mondo della Divinità, viene sistematicamente ridotto ad una realtà banalizzata, soltanto umana e terrena. La radice ultima di questo errore è la perenne tentazione di voler conciliare ad ogni costo lo spirito del mondo con lo Spirito di Nostro Signore, le massime del primo con quelle del Secondo, ed in quella tremenda illusione di poter piacere nel contempo ai due padroni, a DIO e a mammona, cosa che il divin Maestro ha assolutamente escluso dalle possibilità di salvezza! Insomma a quella visione teocentrica, nella quale si sostanzia il Cattolicesimo, si vuole sostituire una visione antropocentrica, in cui l’uomo, e non più DIO, si pone al centro dell’universo: “non è DIO che crea l’uomo, ma è l’uomo che crea DIO a sua immagine e somiglianza”! Il movimento neo-modernista ha esteso la sua nefasta influenza penetrando in tutti gli ambiti della società umana, non solo religiosa. Ad esempio l’opera disgregatrice di un movimento che apparirà, io penso, da qui a poco, intorno alla fine di questi anni ‘60 (direttore, non le ricorda nulla il famigerato “Sessantotto”…! -N.d.Bas.-), che determinerà un radicale cambiamento di costumi e mentalità come effetto non spontaneo di una “enorme manipolazione del mondo giovanile”, dalla famiglia alla morale sessuale, dal condizionamento psichico, con l’introduzione massiva dell’uso della droga e la psicoanalisi, veicolo di cabala e gnosticismo talmudico, allo svuotamento del senso della vita e di ogni punto di riferimento, utilizzando giornali, cinema, televisione, musica leggera e classica “artefatta” (atonale, dodecafonica), etc. Guarda che gli errori denunciati da Pio X hanno continuato ad essere seminati negli ambienti ecclesiastici, in modo ancora più subdolo e scaltro, contaminando i giovani preti e propagandosi anche negli stessi vertici della Chiesa, sostenuti da una massoneria palesemente ecclesiastica, che usa le medesime dinamiche degli “Illuminati” ai quali essa è asservita [direttore, ma questo era proprio matto, non le pare?]. Essenzialmente gli errori più grossolani da seminare sono: – 1) la concezione immanentistica che, negando una divinità trascendente e riconoscendo all’uomo la stessa essenza di Dio (“scintilla divina” gnostica), afferma che la natura esigerebbe la grazia e quindi tutti avrebbero la grazia “d’ufficio”: “Gesù Cristo, essendo morto per tutti, tutti sarebbero salvi, che lo sappiano o no, che lo accettino o no” … “ogni uomo dotato di religiosità, nell’esercitare il suo istinto religioso sarebbe implicitamente cristiano”. – 2) La negazione di una Divinità trascendente, che comporta la radicale deformazione dell’assetto teologico, dottrinale e storico del Cattolicesimo con continue “riforme” ecumeniche per l’apporto di laici; – 3) l’alterazione della figura di Cristo, del Quale si nega la divinità, o Lo si riduce addirittura ad un simbolico “punto omega” dell’umanità, quello messo in auge dal luciferino Theilard de Chardin; – 4) la negazione dell’esistenza di verità oggettive con “relativismo” filosofico e morale, trasformando la Religione Cattolica in una generica spiritualità priva di veri Comandamenti e la consequenziale creazione di una nuova e artificiosa religione “universale” della “libera coscienza”, vero capolavoro satanico all’inverso. – 5) Il riconoscimento di un “sincretismo religioso”, meta finale del movimento modernista, parto distocico dello gnosticismo talmudico, per effetto del quale, se tutte le religioni sono uguali tra loro, nessuna di esse, nemmeno la Cattolica, può essere vera. Questo indirizzerà anche i vertici della Chiesa su questa sciagurata via, non solo quando invocherà il perdono per i presunti errori della Chiesa, con interpretazioni superficiali ed insensate, assurde e volutamente autolesioniste, ma lasciando intendere necessario il dialogo, o la fusione delle tre religioni pretese monoteiste, dimenticando tra l’altro di considerare la “quarta religione” monoteista esistente, oggi più che mai preponderante e dominante, l’adoratrice di satana, la “contro-chiesa”, quella che alla fine si imporrà, secondo le “conventicole” che infiltrano e logorano tutti gli ambiti, ed alla fine, quando a progetto realizzato non serviranno più, saranno bruciate dagli stessi “maestri superiori sconosciuti”. Delle altre devastanti conseguenze potrai poi rendertene facilmente conto da solo a breve termine. In altre successive lettere ti anticiperò le mie considerazioni e previsioni, che oramai sono abbastanza semplici da farsi, perché “ineluttabili!”, e sappi che ci sono in giro tanti falsi teologi che, come scriveva Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vostro compaesano, «senza preoccuparsi del vero, scrivono per piacere al mondo. Sempre pronti a mettere guanciali sotto il capo dei peccatori, li addormentano nel vizio (…). Questi teologi causano un danno immenso alla Chiesa, perché chi ama la via facile si affretta a seguire le loro massime». Direttore, io sono allibito, per queste previsioni che “sicuramente” non si realizzeranno mai … questo è un complottista vero, come si dice di Mimmo che però a suo paragone è solo un “dilettante allo sbaraglio” …, è uno che vede satana sciolto dalle catene dell’inferno, dappertutto, finanche all’apice della Chiesa [… questo però, a pensarci bene, lo ha detto anche la Vergine Santa a La Salette e a Fatima!]; se non fosse per l’affetto che sempre gli ho portato, meriterebbe di essere disconosciuto e crocifisso … non capisco come sia potuto sfuggire questo “lapsus” mi perdoni; si vede che ora sono esausto, tant’è che ho appena la forza di citarle il vv. 14-15 del Salmo XXXVII “Io, come un sordo, non ascolto e come un muto non apro la bocca; sono come un uomo che non sente e non risponde”. Ne riparleremo, saluti! Suo, e dei suoi lettori, nonno Basilio.

Omelia della Domenica III dopo Pentecoste

Omelia della Domenica III dopo Pentecoste

[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. II -1851-]

Abuso della Divina Misericordia

GesùBuonPastore

Mio Dio, dunque egli è vero che quell’istessa via da voi aperta per nostra salvezza, si cangia ora in via di perdizione per nostra malizia? E quell’istesso balsamo da voi preparato per nostro rimedio si converte sovente per nostra colpa in micidiale veleno? Così è, ascoltatori umanissimi, e ne abbiamo l’esempio nell’odierno Vangelo. Il divin Salvatore discende dal cielo a farci misericordia, dipinge sé stesso sotto l’allegoria di un buon pastore, che va in cerca della pecora errante, e trovatala se la pone in su le spalle e la riconduce all’ovile. E perché la figura corrisponda al figurato, egli va in cerca de’ peccatori, li accoglie, al suo seno e siede con essi a mensa. E pure la malignità de’ Farisei di questa sua bontà Lo incolpa e Lo condanna. E mirate, dicono, con chi ci conversa e con chi siede a tavola. “Hic peccatores recipit, et manducat eum illis”. Piacesse a Dio che stravolgimento consimile non si rinnovasse tra noi. Che cos’ha in effetti di più santo, di cui non abusi l’umana amicizia? Osservate: Iddio è il Padre delle misericordie: “Pater misericordiarum, et Deus totius consolationis” (2 ad Cor. I, 3), verità consolante, verità salutevole, ma al tempo stesso, per il mal uso che se ne fa, diviene per tanti una verità infruttuosa e dannevole. E come? Dio è buono, dice taluno, Dio è misericordioso, è vero, ma io appunto mi son prevaluto della sua bontà per oltraggiarLo. Come dunque volete ch’io speri? Dio è la stessa misericordia, dice un altro, ho peccato e pecco, è vero, ma sa compatire e saprà perdonarmi. Ed ecco la misericordia di Dio, nel passato abusata, dà motivo al primo di diffidenza e disperazione, la stessa misericordia, sperata in futuro, dà spinta al secondo di più liberamente peccare, e presumerne il perdono. Ad allontanare da questi due scogli fatali qualche anima ingannata, eccomi a confortare il peccatore che dispera, ed atterrire il peccatore che presume. Uditemi attentamente, ché ben lo merita l’importante argomento.

.I . Della divina misericordia (così un peccator disperato nell’agitazione de’ torbidi suoi pensieri e nelle fitte de’ suoi fieri rimorsi), della divina misericordia io ho disseccato il fonte, la mia vita è una catena di misfatti, anzi una mostruosa guerra tra me e Dio, Egli in beneficarmi, io in servirmi de’suoi benefizi come di tante armi per oltraggiarLo. Pazienza del mio Dio, io v’ho stancata, è troppo giusto che finalmente vi armiate contro il più perfido de’ vostri nemici a tremenda vendetta. Altro che la pecora errante descritta nell’odierno Vangelo, sono stato una vipera, che ha squarciate le viscere di quel seno che mi portò; per me dunque non v’è più né misericordia, né pietà. – Se vi fosse tra voi, uditori miei cari, chi, delirando così parlasse, ah! vorrei dirgli proteso a’ suoi piedi, abbiate, figlio , abbiate pietà di voi e della vostr’anima, non colmate la misura delle vostre colpe colla maggiore di tutte, qual è il disperare della divina misericordia: non imitate Caino primogenito de’ presciti, non imitate Giuda traditore. Fu grande il misfatto di Caino in uccidere l’innocente suo fratello; ma fu immensamente maggiore il suo reato, allorché disse con orrenda bestemmia, che la sua iniquità non era capace di perdono. Fu atrocissimo il delitto di Giuda in vendere per trenta danari, e tradir con un bacio il suo divino maestro; ma senza paragone più grave fu il disperare della divina clemenza. Confessò l’infelice aver tradito un sangue innocente, ma la disperazione lo condusse ad un laccio, che compì la sua malizia e la sua riprovazione. Disperare della misericordia di Dio, è il peccato più ingiurioso a Dio e il più nocivo all’uomo: il più ingiurioso a Dio, perché lo va direttamente a colpire in quell’attributo, di cui più si pregia, qual è la sua bontà; il più nocivo all’uomo, perché distruggendo in lui la speranza, estingue la carità, attacca la fede, e per conseguenza fa morire nell’uomo cristiano tutt’i princìpi della vita, della grazia e della salute. Di che temete, fratello carissimo, in ritornare a Dio? Ch’Ei vi rigetti, perché peccatore di molta età e di molta malizia? Pensate! anzi i più gran peccatori sono da Lui i più ricercati, i più ben accolti. Un Davide, un S. Pietro, una Maddalena, un Agostino, una Maria Egiziaca, una Margarita da Cortona, e mille altri di voi forse peggiori, non furono tutti accolti, abbracciati, careggiati come prede della sua carità, come trofei della sua grazia, come figli del suo cuore? Temete che non vi accolga? Oh Dio! Quegli che vi venne dietro quando da Lui fuggiste, come vi scaccerà se gli correte incontro? Chi vi desidera, chi vi cerca, chi vi vi prega a venire a Lui, come potrà rigettarvi? Osservate una immagine del suo buon cuore in un tenero tratto di S. Agostino. Scrivendo questi a Dioscoro, tu vuoi perderti, gli dice, o Dioscoro. Tu agitato da uno spirito di vertigine pronunzi la tua sentenza con dire, voglio dannarmi, ed Io rispondo non voglio. Vale più il mio non voglio, che il tuo voglio. Il tuo “voglio” è parto di un’insensata mania. Il mio non voglio è figlio d’un cuore tutto compassione ed amore per te. “Plus valet meum nolle, quam tuum velle”. E non son queste l’espressioni e le proteste del misericordioso nostro Signore a riguardo de’ peccatori? E di quanto vincono il paragone? “Nolo , dice egli , nolo mortem impii, sed ut convertatur, et vivat (Ez. XXXIII, 11). Peccatori miei cari, no, non voglio la vostra morte, non voglio la vostra dannazione. Se nulla mi costasse l’anima vostra, potreste forse diffidare della pienezza di mia volontà , ma costandomi tutto il sangue mio, ah! no, non voglio né la vostra né la mia perdita: “Nolo mortem impii”. Qual pro avere sparso per voi tutto il mio sangue, se poi vi perdo, se voi vi perdete? “Quae utilitas in sanguine meo?”- Se voi ancor dubitate è segno che voi non conoscete né la preziosità della vostr’anima, né la bontà del mio cuore, né il mio disgusto in perdervi , né la mia consolazione in acquistarvi. Venite orsù a farmi contento col vostro ritorno. Venite, o almeno non fuggite da me, ché anche fuggendo confido raggiungervi e stringervi al seno. Le vostre colpe vi fanno orrore? Appunto per questo nol fanno a me, e mi muovono a pietà e non a sdegno. Temete forse che me ne ricordi? Non sarà così, me ne dimenticherò totalmente, me le getterò dietro le spalle, anzi perché più non mi tornino sott’occhio le seppellirò nel più profondo del mare. Sono queste le patetiche espressioni, colle quali Iddio pietoso, ricco in misericordia, per la bocca de’ suoi Profeti per vincere le nostre ritrosie, per dileguare i nostri timori, per trarci a sé, per assicurarci di quel tenerissimo accoglimento, che ebbe già il figliuol prodigo in quella dolce parabola, in cui co’ più vivi colori dipinse la nostra miseria, e la sua misericordia. Ma ohimè! che queste amorevoli proteste del buon Dio servono di lusinga e di pretesto a più d’un peccatore, per durarla in peccato sulla falsa speranza della divina misericordia!

.II. Io son divoto, dice taluno, d’una gran Santa che ne ha salvati tanti. Questa mia avvocata singolarissima è la è la misericordia di Dio, che è un mare di infinita bontà, io mi getto in seno a questo gran mare, ei può salvarmi, spero mi salverà. – Mirate quanto sono irragionevoli le vostre lusinghe, e mal fondate le vostre speranze. Voi dite che la divina misericordia è un mare in seno al quale vi abbandonate. Dite ora a me. Se trovandovi in alto mare, vicino ad imminente naufragio, diceste così: per non andare a fondo insieme colla nave, mi lascerò nel mare, esso ha tanta forza per cui sostiene navi di peso immenso, a più forte ragione sosterrà il mio corpo; e gittatovi in mare pretendeste che vi tenesse a galla, senza adoperare né braccia, né piedi al nuoto, non sarebbe ridicola, non sarebbe da pazzo la vostra pretensione? E il mare con tutta la sua capacità a sostenervi non vi lascerebbe lasciar andare a fondo naufragato e perduto? Mare immenso senza fondo e senza lido è la divina misericordia; ma se voi non fate le vostre parti, se non vi date ad opere di penitenza, se non alzate neppur la voce ad implorare il suo soccorso, è certo che vi lascerà cadere nell’abisso di eterna perdizione. Come pretendere che vi salvi, se nulla volete fare per salvarvi, se anzi fate di tutto per perdervi? Quel Dio, dice S. Agostino che ha creato voi senza di voi, non vi salverà se voi non vi adoperate per la vostra salvezza: “Qui creavit le sine te, non salvabit te sine te”. – Aspettate che Dio faccia un miracolo per farvi risorgere dallo stalo di morte, in cui giacete? Egli più volte si è accinto per farlo. Non è egli vero, che come a Lazzaro quatriduano, vi ha fatto sentire la sua voce per mezzo de’ suoi ministri, e coll’interne ispirazioni e co’ salutari rimorsi che ha eccitati nel vostro cuore? “Lazare, veni foras” (Io. 11, 43). Esci, o figlio dall’error del tuo sepolcro, sorgi dal fango di tante disonestà, che più di Lazzaro ti rendon fetente. E voi, sordo alle sue chiamate, avete amata la vostra tomba e la vostra morte. La sua misericordia però non si è stancata, ha rinnovate le prove per richiamarvi a vita, e come usò verso il defunto figliuolo della vedova di Naim col toccare il suo feretro, “tetigit loculum (Luc. VII, 14), fe’ sentire la sua mano sopra di voi, e vi toccò con quella infermità, con quella disgrazia, con quella tribolazione, e voi non vi curaste di alzarvi dal vostro peccato, né di aprire gli occhi sul vostro stato infelice. Ed ora per colmo di cecità e di follia pretendete persistere in questo stesso stato di morte, e che intanto la misericordia di Dio vi sopporti finché abbiate sfogato a sazietà le vostre passioni, e dopo poi quando vi piacerà, faccia il maggior di tutti i miracoli con risuscitarvi a vita di grazia, e prendendovi per i capelli come Abacuc vi porti di volo al Paradiso. Che deliri son questi, che diaboliche pretensioni? – Peggio ancora. Un’anima in peccato, e massime se nel peccato voglia persistere, ella è attuale nemica li Dio; sperare che la misericordia di Dio le sia propizia, è lo stesso che servirsi della misericordi stessa come di scudo e di riparo per oltraggiare impunemente, e con maggiore franchezza la sua maestà. Che vi pare? Può andare più oltre l’insensataggine e la temerità? – Iddio, peccatori miei cari, coll’abbondanza di pietà vi domanda la pace: voi ostinati volete guerra, che potete aspettarvi? Immaginate una città, come è avvenuto più volte, che scosso il gioco del proprio Sovrano abbia innalzato lo stendardo della ribellione. Il re clemente, compassionando l’infelice città, a condizione che dismetta le armi, le accorda un generale perdono. Quella vuol guerra e non perdono: egli la cinge con forte assedio, ella è combattuta, e combatte. Rinforza il re le batterie, apre la breccia, intima la resa: tutto è vano non vuol arrendersi: si dà finalmente la scalata, l’esercito nemico inonda le strade della città: pace, pace, perdono, gridano i rivoltosi, gettando le armi a terra. Che pace, che perdono, ferro, fuoco, sangue, strage, sterminio! Ecco ciò che dovete aspettarvi se a tempo non vi arrendete ai tratti pacifici della divina bontà. – Padre giusto, esclamava Gesù Cristo, il mondo non vi conobbe, non vi conosce : “Pater iuste, mundus te non cognovit” (Io. XVII, 14) . Non dice, Padre onnipotente, Padre misericordioso, ma Padre giusto, perché da taluni non si crede, né si vuol credere la severità della sua giustizia, e il rigore de’ suoi tremendi giudizi. Iddio a nostro modo d’intendere, con due mani regge e governa il mondo, colla misericordia cioè, e colla giustizia. Or l’una or l’altra adopera di queste mani. Ditemi ora, se dopo aver Egli steso la mano di sua misericordia in tollerarvi, non debba mai più venire il tempo, che alzi la sua destra a punirvi? Viva Dio! Che questa destra armata di spada fulminatrice si scaricherà sopra di voi con piaga insanabile. Volete sottrarvi da questo colpo? Opponete lo scudo della penitenza: distruggete in voi il peccato con dolore sincero, e rotta cadrà la spada della sua giustizia: volete misericordia da Dio? Usate misericordia all’anima vostra e fate pace con Dio; Egli stesso arriva a pregarvi che abbiate pietà della vostr’anima. “Miserere animae tuae placens Deo” [Eccl. XXX, 21]. Chi sa che questa non sia per voi l’ultimata chiamata? Schivate, carissimi, quei due scogli fatali, la disperazione e la presunzione della divina misericordia. Non disperate, ma non presumete; non disperate, che infinita è la sua misericordia: non presumete, ché di sua misericordia non sono infiniti gli effetti. Non disperate, avete a far con un Dio infinitamente buono; non presumete: avete a fare’ con un Dio infinitamente giusto!

La consacrazione dell’umanità al sacro Cuore di Gesù

Leone XIII

00207-Leone XIII 4

Annum sacrum

Lettera Enciclica

La consacrazione dell’umanità al sacro Cuore di Gesù

[25 maggio 1899]

Con nostra lettera apostolica abbiamo recentemente promulgato, come ben sapete, l’anno santo, che, secondo la tradizione, dovrà essere tra poco celebrato in quest’alma città di Roma. Oggi, nella speranza e nell’intenzione di rendere più santa questa grande solennità religiosa, proponiamo e raccomandiamo un altro atto veramente solenne. E abbiamo tutte le ragioni, se esso sarà compiuto da tutti con sincerità di cuore e con unanime e spontanea volontà, di attenderci frutti straordinari e duraturi a vantaggio della religione cristiana e di tutto il genere umano. – Più volte, sull’esempio dei nostri predecessori Innocenzo XII, Benedetto XIII, Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Pio IX, ci siamo adoperati di promuovere e di mettere in sempre più viva luce quella eccellentissima forma di religiosa pietà, che è il culto del sacratissimo Cuore di Gesù. Tale era lo scopo principale del nostro decreto del 28 giugno 1889, col quale abbiamo innalzato a rito di prima classe la festa del sacro Cuore. Ora però pensiamo a una forma di ancor più splendido omaggio, che sia come il culmine e il coronamento di tutti gli onori, che sono stati tributati finora a questo Cuore sacratissimo e abbiamo fiducia che sia di sommo gradimento al nostro redentore Gesù Cristo. La cosa, in verità, non è nuova. Venticinque anni fa infatti, all’approssimarsi del II centenario diretto a commemorare la missione che la beata Margherita Maria Alacoque aveva ricevuto dall’alto, di propagare il culto del divin Cuore, da ogni parte, non solo da privati, ma anche da vescovi, pervennero numerose lettere a Pio IX, con le quali si chiedeva che si degnasse di consacrare il genere umano all’augustissimo Cuore di Gesù. Si preferì, in quelle circostanze, rimandare la cosa per una decisione più matura; nel frattempo si dava facoltà alle città, che lo desideravano, di consacrarsi con la formula prescritta. Sopraggiunti ora nuovi motivi, giudichiamo maturo il tempo di realizzare quel progetto. – Questa universale e solenne testimonianza di onore e di pietà è pienamente dovuta a Gesù Cristo proprio perché Re e Signore di tutte le cose. La sua autorità infatti non si estende solo ai popoli che professano la fede cattolica e a coloro che, validamente battezzati, appartengono di diritto alla Chiesa (anche se errori dottrinali li tengono lontani da essa o dissensi hanno infranto i vincoli della carità), ma abbraccia anche tutti coloro che sono privi della fede cristiana. Ecco perché tutta l’umanità è realmente sotto il potere di Gesù Cristo. Infatti Colui che è il Figlio unigenito del Padre e ha in comune con Lui la stessa natura, “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb I,3), ha necessariamente tutto in comune con il Padre e quindi il pieno potere su tutte le cose. Questa è la ragione perché il Figlio di Dio, per bocca del profeta, può affermare: “Sono stato costituito sovrano su Sion, suo monte santo. Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio; io oggi ti ho generato. Chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra” (Sal II,6-8). Con queste parole Egli dichiara di aver ricevuto da Dio il potere non solo su tutta la Chiesa, raffigurata in Sion, ma anche su tutto il resto della terra, fin dove si estendono i suoi confini. Il fondamento poi di questo potere universale è chiaramente espresso in quelle parole: “Tu sei mio Figlio”. Per il fatto stesso di essere il figlio del Re di tutte le cose, è anche erede del suo potere universale. Per questo il salmista continua con le parole: “Ti darò in possesso le genti”. Simili a queste sono le parole dell’apostolo Paolo: “L’ha costituito erede di tutte le cose” (Eb I, 2). – Si deve tener presente soprattutto ciò che Gesù Cristo, non attraverso i suoi apostoli e profeti, ma con le stesse sue parole ha affermato del suo potere. Al governatore romano che gli chiedeva: “Dunque tu sei re”, Egli, senza esitazione, rispose: “Tu lo dici; io sono re” (Gv XVIII,37). La vastità poi del suo potere e l’ampiezza senza limiti del suo regno sono chiaramente confermate dalle parole rivolte agli apostoli: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt XXVIII,18). Se a Cristo è stato concesso ogni potere, ne segue necessariamente che il suo dominio deve essere sovrano, assoluto, non soggetto ad alcuno, tanto che non ne può esistere un altro né uguale né simile. E siccome questo potere gli è stato dato e in cielo e in terra, devono stare a Lui soggetti il cielo e la terra. Di fatto Egli esercitò questo suo proprio e individuale diritto quando ordinò agli apostoli di predicare la sua dottrina, di radunare, per mezzo del battesimo, tutti gli uomini nell’unico corpo della Chiesa, e di imporre delle leggi, alle quali nessuno può sottrarsi senza mettere in pericolo la propria salvezza eterna. – E non è tutto. Cristo non ha il potere di comandare soltanto per diritto di nascita, essendo il Figlio unigenito di Dio, ma anche per diritto acquisito. Egli infatti ci ha liberato “dal potere delle tenebre” (Col 1,13) e “ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1Tm II,6). E perciò per lui non soltanto i cattolici e quanti hanno ricevuto il battesimo, ma anche tutti e singoli gli uomini sono diventati “un popolo che egli si è conquistato” (1Pt II,9). A questo proposito sant’Agostino osserva giustamente: “Volete sapere che cosa ha comprato? Fate attenzione a ciò che ha dato e capirete che cosa ha comprato. Il sangue di Cristo: ecco il prezzo. Che cosa può valere tanto? Che cosa se non il mondo intero? Per tutto ha dato tutto”. – San Tommaso, trattando della questione, indica perché e come gli infedeli sono soggetti al potere e alla giurisdizione di Gesù Cristo. Posto infatti il quesito se il suo potere di giudice si estenda o no a tutti gli uomini, risponde che, siccome “il potere di giudice è una conseguenza del potere regale”, si deve concludere che “quanto alla potestà, tutto è soggetto a Gesù Cristo. anche se non tutto gli è soggetto quanto all’esercizio del suo potere”. Questa potestà e questo dominio sugli uomini lo esercita per mezzo della verità, della giustizia, ma soprattutto per mezzo della carità.

Tuttavia Gesù, per sua bontà, a questo suo duplice titolo di potere e di dominio, permette che noi aggiungiamo, da parte nostra, il titolo di una volontaria consacrazione. Gesù Cristo, come Dio e Redentore, è senza dubbio in pieno e perfetto possesso di tutto ciò che esiste, mentre noi siamo tanto poveri e indigenti da non aver nulla da poterGli offrire come cosa veramente nostra. Tuttavia, nella sua infinita bontà e amore, non solo non ricusa che Gli offriamo e consacriamo ciò che è suo, come se fosse bene nostro, ma anzi lo desidera e lo domanda: “Figlio, dammi il tuo cuore” (Pro XXIII,26). Possiamo dunque con la nostra buona volontà e le buone disposizioni dell’animo fare a Lui un dono gradito. Consacrandoci infatti a Lui, non solo riconosciamo e accettiamo apertamente e con gioia il suo dominio, ma coi fatti affermiamo che, se quel che offriamo fosse veramente nostro, Glielo offriremmo lo stesso di tutto cuore. In più Lo preghiamo che non Gli dispiaccia di ricevere da noi ciò che, in realtà, è pienamente suo. Così va inteso l’atto di cui parliamo e questa è la portata delle nostre parole. – Poiché il sacro Cuore è il simbolo e l’immagine trasparente dell’infinita carità di Gesù Cristo, che ci sprona a renderGli amore per amore, è quanto mai conveniente consacrarsi al suo augustissimo Cuore, che non significa altro che donarsi e unirsi a Gesù Cristo. Ogni atto di onore, di omaggio e di pietà infatti tributati al divin Cuore, in realtà è rivolto allo stesso Cristo. – Sollecitiamo pertanto ed esortiamo tutti coloro che conoscono e amano il divin Cuore a compiere spontaneamente questo atto di consacrazione. Inoltre desideriamo vivamente che esso si compia da tutti nel medesimo giorno, affinchè i sentimenti di tante migliaia di cuori, che fanno la stessa offerta, salgano tutti, nello stesso tempo, al trono di Dio. – Ma come potremo dimenticare quella stragrande moltitudine di persone, per le quali non è ancora brillata la luce della verità cristiana? Noi teniamo il posto di Colui che è venuto a salvare ciò che era perduto e diede il suo sangue per la salvezza di tutti gli uomini. Ecco perché la nostra sollecitudine è continuamente rivolta a coloro che giacciono ancora nell’ombra di morte e mandiamo dovunque missionari di Cristo per istruirli e condurli alla vera vita. Ora, commossi per la loro sorte, li raccomandiamo vivamente al sacratissimo Cuore di Gesù e, per quanto sta in noi, a Lui li consacriamo. – In tal modo questa consacrazione che esortiamo a compiere, potrà giovare a tutti. Con questo atto, infatti, coloro che già conoscono e amano Gesù Cristo, sperimenteranno facilmente un aumento di fede e di amore. Coloro che, pur conoscendo Cristo trascurano l’osservanza della sua legge e dei suoi precetti, avranno modo di attingere da quel divin Cuore la fiamma dell’amore. Per coloro infine che sono più degli altri infelici, perché avvolti ancora nelle tenebre del paganesimo, chiederemo tutti insieme l’aiuto del cielo, affinchè Gesù Cristo, che li tiene già soggetti “quanto al potere”, li possa anche avere sottomessi “quanto all’esercizio di tale potere”. E preghiamo anche che ciò si compia non solo nel mondo futuro, “quando Egli eseguirà pienamente su tutti la sua volontà, salvando gli uni e castigando gli altri”, ma anche in questa vita terrena con il dono della fede e della santificazione, in modo che, con la pratica di queste virtù, possano onorare debitamente Dio e tendere così alla felicità del cielo. – Tale consacrazione ci fa anche sperare per i popoli un’era migliore; può infatti stabilire o rinsaldare quei vincoli, che, per legge di natura, uniscono le nazioni a Dio. – In questi ultimi tempi si è fatto di tutto per innalzare un muro di divisione tra la Chiesa e la società civile. Nelle costituzioni e nel governo degli stati, non si tiene in alcun conto l’autorità del Diritto sacro e divino, nell’intento di escludere ogni influsso della Religione nella convivenza civile. In tal modo si intende strappare la fede in Cristo e, se fosse possibile, bandire lo stesso Dio dalla terra. Con tanta orgogliosa tracotanza di animi, c’è forse da meravigliarsi che gran parte dell’umanità sia stata travolta da tale disordine e sia in preda a tanto grave turbamento da non lasciare vivere più nessuno senza timori e pericoli? Non c’è dubbio che, con il disprezzo della Religione, vengono scalzate le più solide basi dell’incolumità pubblica. Giusto e meritato castigo di Dio ai ribelli che, abbandonati alle loro passioni e schiavi delle loro stesse cupidigie, finiscono vittime del loro stesso libertinaggio. – Di qui scaturisce quella colluvie di mali, che da tempo ci minacciano e ci spingono con forza a ricercare l’aiuto in Colui che solo ha la forza di allontanarli. E chi potrà essere questi se non Gesù Cristo, l’unigenito Figlio di Dio? “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At IV,12). A Lui si deve ricorrere, che è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Si è andati fuori strada? bisogna ritornare sulla giusta via. Le tenebre hanno oscurato le menti? è necessario dissiparle con lo splendore della verità. La morte ha trionfato? bisogna attaccarsi alla vita. – Solo così potremo sanare tante ferite. Solo allora il diritto potrà riacquistare l’autentica autorità; solo così tornerà a risplendere la pace, cadranno le spade e sfuggiranno di mano le armi. Ma ciò avverrà solo se tutti gli uomini riconosceranno liberamente il potere di Cristo e a Lui si sottometteranno; e ogni lingua proclamerà “che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil II,11). – Quando la Chiesa nascente si trovava oppressa dal giogo dei Cesari, a un giovane imperatore apparve in cielo una croce auspice e nello stesso tempo autrice della splendida vittoria che immediatamente seguì. Ecco che oggi si offre ai nostri sguardi un altro divinissimo e augurale segno: il Cuore sacratissimo di Gesù, sormontato dalla croce e splendente, tra le fiamme, di vivissima luce. In Lui sono da collocare tutte le nostre speranze; da Lui dobbiamo implorare e attendere la salvezza. – Infine non vogliamo passare sotto silenzio un motivo, questa volta personale, ma giusto e importante, che ci ha spinto a questa consacrazione: l’averci Dio, autore di tutti i beni, scampato non molto tempo addietro da pericolosa infermità. Questo sommo onore al Cuore sacratissimo di Gesù, da Noi promosso, vogliamo che rimanga memoria e pubblico segno di gratitudine di tanto beneficio. Ordiniamo perciò che, nei giorni 9, 10 e 11 del prossimo mese di giugno, nella chiesa principale di ogni città o paese, alla recita delle altre preghiere si aggiungano ogni giorno anche litanie del sacro Cuore da noi approvate. Nell’ultimo giorno poi si reciti, venerabili fratelli, la formula di consacrazione, che vi mandiamo con la presente lettera. – Come pegno di favori divini e testimonianza della nostra benevolenza, a voi, al clero e al popolo affidato alle vostre cure, impartiamo di cuore, nel Signore, l’apostolica benedizione.

Roma, presso San Pietro, il 25 maggio 1899, anno XXII del nostro pontificato 

cuore di gesù

AD SACRATISSIMUM COR IESU

FORMULA COSECRATIONIS RECITANDA

“Iesu dulcissime, Redemptor humani generis, respice nos ad altare tuum humillime provolutos. Tui sumus, tui esse volumus; quo autem Tibi coniuncti firmius esse possimus, en hodie Sacratissimo Cordi tuo se quisque nostrum sponte dedicat. — Te quidem multi novere numquam: Te, spretis mandatis tuis, multi repudiarunt. Miserere utrorumque, benignissime Iesu: atque ad sanctum Cor tuum rape universos. Rex esto, Domine, nec fidelium tantum qui nullo tempore discessere a te, sed etiam prodigorum filiorum qui Te reliquerunt: fac hos, ut domum paternam cito repetant, ne miseria et fame pereant. Rex esto eorum, quos aut opinionum error deceptos habet, aut discordia separatos, eosque ad portum veritatis atque ad unitatem fidei revoca, ut brevi fiat unum ovile et unus pastor. Rex esto denique eorum omnium, qui in vetere gentium superstitione versantur, eosque e tenebris vindicare ne renuas in Dei lumen et regnum. Largire, Domine, Ecclesiae tuae securam cum incolumitate libertatem; largire cunctis gentibus tranquillitatem ordinis: perfice, ut ab utroque terrae vertice una resonet vox: Sit laus divino Cordi, per quod nobis parta salus: ipsi gloria et honor in saecula: amen”.

 

[Formula di consacrazione da recitarsi al sacratissimo Cuore di Gesù

O Gesù dolcissimo, o redentore del genere umano, riguardate a noi umilmente prostesi dinanzi al vostro altare. Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere; e per poter vivere a voi più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi oggi si consacra al vostro sacratissimo Cuore. Molti purtroppo non vi conobbero mai; molti, disprezzando i vostri comandamenti, vi ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbiate misericordia e degli uni e degli altri; e tutti quanti attirate al vostro Cuore santissimo. O Signore, siate il re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da voi, ma anche di quei figli prodighi che vi abbandonarono; fate che questi quanto prima ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame. Siate il re di coloro che vivono nell’inganno dell’errore o per discordia da voi separati: richiamateli al porto della verità e all’unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni del gentilesimo, e non ricusate di trarli dalle tenebre al lume e al regno di Dio. Largite, o Signore, incolumità e libertà sicura alla vostra chiesa, largite a tutti i popoli la tranquillità dell’ordine: fate che da un capo all’altro della terra risuoni quest’unica voce: sia lode a quel Cuore divino da cui venne la nostra salute; a lui si canti gloria e onore nei secoli. Così sia.]

la festa del CUORE DI GESU’ – l’ATTO di RIPARAZIONE

cuore di gesù

Nella straordinaria Festa del CUORE DI GESU’, rileggiamo l’enciclica del S.S. Pio XI [musica celestiale per le orecchie del vero cattolico] dedicata a questo culto centrale della fede Cattolica, ricordandoci soprattutto di recitare con cuore contrito l’ATTO DI RIPARAZIONE AL CUORE SACRATISSIMO Dl GESÙ, in unione col S.P. GREGORIO XVIII e la Gerarchia in esilio.  W il Cuore di Gesù, W il PAPA!

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 Pio XI

Miserentissimus Redemptor

INTRODUZIONE

Il Redentore divino presente alla sua Chiesa sempre…

  1. – Il nostro misericordiosissimo Redentore, dopo aver compiuto sul legno della croce la salvezza del genere umano, prima di ascendere da questo mondo al Padre, nell’intento di sollevare gli apostoli e i discepoli dalla loro afflizione, disse: a Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt XXVIII,30). – Parole assai gradite e fonte di ogni speranza e di ogni sicurezza, che vengon da sé alla Nostra mente, Venerabili Fratelli, quando da questa, per chiamarla così, più alta specola, osserviamo la società umana afflitta da tanti mali e miserie, non ché la Chiesa fatta oggetto, senza intermittenza, di attacchi e di insidie. – Questa divina promessa, che sollevò gli animi abbattuti degli apostoli e così rianimati li accese e li infervorò di zelo per andare a spargere su tutta la terra il seme della dottrina evangelica, ha anche sostenuto in seguito la Chiesa, fino a farla prevalere sulle potenze degli inferi….ma in modo speciale nei tempi più critici,
  2. – Sempre il Signore Gesù Cristo ha assistito la sua Chiesa, ma più potente è stato il suo aiuto e più efficace la sua protezione quando la Chiesa s’è trovata in pericoli e sciagure più gravi. Fu allora che nella sua divina sapienza, che “si estende da un confine all’altro con forza e governa con bontà eccellente ogni cosa” (Sap VIII,1), offrì i rimedi più adatti alle esigenze dei tempi e delle circostanze. – E non “si è accorciata la mano del Signore” (Is LIX,1) in tempi a noi più vicini, come quando penetrò e largamente si diffuse l’errore che faceva temere che negli animi degli uomini, allontanati dall’amore e dalla familiarità con Dio, venissero a inaridirsi le fonti della vita cristiana.

Argomento dell’Enciclica: la riparazione

  1. – C’è nel popolo cristiano chi ignora o non si cura di quel che l’amatissimo Gesù ha lamentato nelle sue apparizioni a Margherita Maria Alacoque e quel che ha indicato di aspettare e volere dagli uomini, in vista del loro stesso vantaggio. – Perciò vogliamo, Venerabili Fratelli, trattenerci alquanto con voi a parlare di quella giusta riparazione che abbiamo il dovere di compiere verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, affinché ciascuno di voi procuri diligentemente di insegnare ed esortare il proprio gregge a mettere in pratica quel che abbiamo in animo di esporvi.

LA RIVELAZIONE DEL CUORE DI GESÙ PER I NOSTRI TEMPI

Nel S. Cuore rivelate le ricchezze della bontà divina

  1. – Fra le testimonianze della benignità infinita del nostro Redentore, emerge in maniera particolare il fatto che mentre nei Cristiani s’andava raffreddando l’amore verso Dio, è stata proposta la stessa carità divina ad essere onorata con speciale culto, e sono state chiaramente rivelate le ricchezze di questa bontà divina per mezzo di quella forma di devozione con cui si onora il Cuore Sacratissimo di Gesù, “nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col II,3).

Il Cuore di Gesù vessillo di pace e di amore

  1. – Infatti, come un tempo al genere umano che usciva dall’arca di Noè, Dio volle far risplendere “l’arcobaleno che appare sulle nubi” (Gn II,14, in segno di alleanza e d’amicizia, così negli agitatissimi tempi più recenti, quando serpeggiava l’eresia giansenista -la più insidiosa fra tutte, nemica dell’amore e della pietà verso Dio- che predicava un Dio non da amarsi come padre ma da temersi come giudice implacabile, il benignissimo Gesù mostrò agli uomini il suo Cuore Sacratissimo, quasi vessillo spiegato di pace e di amore preannunziando certa vittoria nella battaglia..

Nel Cuore di Gesù tutte le nostre speranze

  1. – Perciò, molto a proposito, il nostro predecessore di f.m., Leone XIII, nella sua Lettera Enciclica “Annum Sacrum” osservando la meravigliosa opportunità del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, non dubitò di affermare: “Quando la Chiesa nascente era oppressa dal giogo dei Cesari, apparve in cielo al giovine imperatore una croce, auspice e in pari tempo autrice della splendida vittoria che seguì immediatamente. Ecco che oggi si offre ai nostri sguardi un altro consolantissimo e divinissimo segno: il Cuore Sacratissimo di Gesù, sormontato dalla croce, rilucente di splendidissimo candore tra le fiamme. In esso sono da collocarsi tutte le speranze, da esso è da implorare ed attendere la salvezza dell’umanità”.

Il Cuore di Gesù compendio della Religione

  1. – Ed è giusto, Venerabili Fratelli. Infatti, in quel felicissimo segno e in quella forma di devozione che ne deriva, non è forse contenuto il compendio dell’intera Religione e quindi la norma d’una vita più perfetta, dal momento che essa costituisce la via più spedita per condurre le menti a conoscere profondamente Cristo Signore e il mezzo più efficace per muovere gli uomini ad amarLo più intensamente e a imitarLo più fedelmente? – Nessuna meraviglia, dunque, che i nostri predecessori abbiano sempre difeso questa ottima forma di culto dalle accuse dei denigratori e l’abbiano esaltata con grandi lodi e propagata con grande impegno, secondo le esigenze dei tempi e delle circostanze.

Provvidenziale l’incremento di questa devozione

  1. – Ed è per ispirazione divina che la devozione dei fedeli verso il Cuore Sacratissimo di Gesù è andata crescendo di giorno in giorno, sono sorte pie Associazioni per promuovere il culto al divin Cuore, come pure la pratica, oggi largamente diffusa, di fare la Comunione ogni primo venerdì del mese, secondo il desiderio espresso da Gesù stesso.

LA CONSACRAZIONE AL CUORE Dl GESÙ

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Significato della consacrazione

  1. – Tra gli atti che sono propri del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, emerge -ed è da rammentarsi- la consacrazione, con la quale offriamo al Cuore divino di Gesù noi e tutte le nostre cose, riferendole all’eterna carità di Dio, da cui le abbiamo ricevute. – E fu lo stesso Salvatore, il quale, mosso dal suo immenso amore per noi più che dal diritto che ne aveva, manifestò alla innocentissima discepola del suo Cuore, Margherita Maria quanto bramasse che tale ossequio di devozione gli venisse tributato dagli uomini. E lei per prima, insieme al suo padre spirituale Claudio de la Colombière, fece questa Consacrazione. Col tempo l’esempio fu seguito da singole persone, da famiglie private e associazioni, e poi anche da autorità civili, città e nazioni.

La consacrazione argine contro l’empietà dilagante

  1. – In passato, e anche nel nostro tempo, per l’azione cospiratrice di uomini empi, s’è giunti a negare la sovranità di Cristo Signore e a dichiarare apertamente guerra alla Chiesa con la promulgazione di leggi e mozioni popolari contrarie al diritto divino e naturale, fino al grido di intere masse: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi” (Lc. XIX,14). Ma dalla consacrazione, di cui abbiamo parlato, erompeva e faceva vivo contrasto la voce unanime dei devoti de] S. Cuore, intesa a rivendicarne la gloria e affermare i suoi diritti: a Bisogna che Cristo regni” (1 Cor XV,25), “Venga il tuo regno”! Di qui il gioioso avvenimento della consacrazione al Cuore Sacratissimo di Gesù di tutto il genere umano – che per diritto nativo appartiene a Cristo, nel quale si ricapitolano tutte le cose (Cf Ef I,10) – che all’inizio di questo secolo, tra il plauso di tutto il mondo cristiano, fu compiuta dal nostro predecessore Leone XIII di f.m.

Consacrazione riaffermata con la festa di Cristo Re

  1. – Queste felici e confortanti iniziative, Noi stessi, come dicemmo nella nostra Enciclica “Quas primas” abbiamo condotto, per grazia di Dio, a pieno compimento, quando aderendo agli insistenti desideri e voti di moltissimi Vescovi e fedeli, al termine dell’anno giubilare, abbiamo istituito la Festa di Cristo Re dell’universo, da celebrarsi solennemente da tutto il mondo cristiano. – Con questo atto non solo mettemmo in luce la suprema autorità che Cristo ha su tutte le cose, nella società sia civile che domestica e sui singoli uomini, ma pregustammo pure la gioia di quell’auspicatissimo giorno in cui il mondo intero, liberamente e coscientemente, si sottometterà al dominio soavissimo di Cristo Re. – Perciò ordinammo pure che in occasione di tale festa, ogni anno si rinnovasse questa consacrazione. nell’intento di raccoglierne più sicuramente e più copiosamente il frutto, e stringere nel Cuore del Re dei re e Sovrano dei dominatori, tutti i popoli, in cristiana carità e comunione di pace.

LA RIPARAZIONE

Alla consacrazione segue la riparazione

  1. – A questi ossequi, e in particolare a quello della consacrazione – tanto fruttuosa in sé e che è stata come riconfermata con la solennità di Cristo Re – conviene che se ne aggiunga un altro, del quale, Venerabili Fratelli, vogliamo parlarvi alquanto più diffusamente: del dovere, cioè, della giusta soddisfazione o riparazione al Cuore Sacratissimo di Gesù. – Nella consacrazione s’intende, principalmente, ricambiare l’amore del Creatore con l’amore della creatura; ma quando questo amore increato è stato trascurato per dimenticanza o oltraggiato con l’offesa, segue naturalmente il dovere di risarcire le ingiurie qualunque sia il modo con cui sono state recate. – È quel dovere che comunemente chiamiamo “riparazione”. – Richiesta dalla giustizia e dall’amore.
  2. – Sono le medesime ragioni che ci spingono sia alla consacrazione che alla riparazione. Vero è però che al dovere della riparazione e dell’espiazione siamo tenuti per un titolo più forte di giustizia e di amore. Di giustizia, perché dobbiamo espiare l’offesa recata a Dio con le nostre colpe e ristabilire con la penitenza l’ordine violato; di amore al fine di patire insieme con Cristo sofferente e “saturato di obbrobri” e recarGli, per quanto può la nostra debolezza, qualche conforto. – Siamo, infatti, peccatori e gravati di molte colpe; dobbiamo perciò rendere onore al nostro Dio non solo con quel culto che è diretto sia ad adorare, con i dovuti ossequi, la sua Maestà infinita, sia a riconoscere, mediante la preghiera, il suo supremo dominio e a lodare, con azioni di grazie, la sua infinita generosità; ma è necessario inoltre che offriamo anche a Dio giusto vindice, soddisfazioni per i nostri “innumerevoli peccati, offese e negligenze”. – Per questo, alla consacrazione per mezzo della quale ci offriamo a Dio e diventiamo a Lui sacri – con quella santità e stabilità che è propria della consacrazione, come insegna l’Angelico (2-2, q. 81, a. 8, c.) – si deve aggiungere l’espiazione al fine di estinguere totalmente le colpe, affinché l’infinita santità e giustizia di Dio non abbia a rigettare la nostra proterva indegnità e rifiuti, anzi ché gradire, il nostro dono.

Dovere che grava su tutto il genere umano

  1. – Questo dovere di espiazione grava su tutto il genere umano, giacché, come insegna la fede cristiana, dopo la funesta caduta di Adamo, l’umanità, macchiata della colpa ereditaria, soggetta alle passioni e in stato di grave depravazione, avrebbe dovuto finire nell’eterna rovina. – Non ammettono questo stato di cose i superbi sapienti del nostro tempo, i quali, seguendo il vecchio errore di Pelagio, rivendicano alla natura umana una bontà congenita, che di suo interno impulso spingerebbe a perfezione sempre maggiore. – Ma queste false invenzioni della superbia umana sono respinte dall’Apostolo che ammonisce che a eravamo per natura meritevoli d’ira” (Ef II,3). E di fatti, fin dagli inizi, gli uomini, hanno riconosciuto in qualche modo il debito che avevano d’una comune espiazione e mossi da naturale istinto si adoperarono a placare Dio anche con pubblici sacrifici.

La riparazione adeguata fu offerta dal Redentore

  1. – Nessuna potenza creata però era sufficiente ad espiare le colpe degli uomini, se il Figlio di Dio non avesse assunto la natura umana per redimerla. – È ciò che lo stesso Salvatore degli uomini annunziò per bocca del Salmista: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo” (Eb X,5-7). – E realmente “Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; è stato trafitto per i nostri delitti” (Is LIII,4-5). a Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce” (1 Pt II,24), “annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce” (Col II,14), “perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia” (1 Pt II,24).

È richiesta però anche la nostra riparazione

  1. – È vero che la copiosa redenzione di Cristo ci ha abbondantemente perdonato tutti i peccati (Cf Col II,13), tuttavia, in forza di quella mirabile disposizione della divina Sapienza per cui si deve completare nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo, che è la Chiesa (Cf Col 1, 24), noi possiamo, anzi dobbiamo aggiungere le nostre lodi e soddisfazioni alle lodi e soddisfazioni che “Cristo tributò in nome dei peccatori”…. che ha valore per l’unione al sacrificio di Cristo.
  2. – Si deve però sempre tenere a mente che tutto il valore espiatorio dipende dall’unico Sacrificio cruento di Cristo, che senza intermittenza si rinnova nei nostri altari. Infatti “una sola e identica è la vittima, il medesimo è l’offerente che un tempo si offrì sulla croce e che ora si offre mediante il ministero dei sacerdoti; differente è solo il modo di offrire” (Conc. Trid. Sess. XXII, c. 2). – A questo augustissimo Sacrificio Eucaristico, perciò, si deve unire l’immolazione sia dei ministri che dei fedeli, in modo che anch’essi si dimostrino a ostie viventi, sante e gradite a Dio” (Rm XII,1). -Anzi S. Cipriano non dubita di affermare che “non si celebra il sacrificio di Cristo con la conveniente santificazione, se alla passione di Cristo non corrisponde la nostra offerta e il nostro sacrificio” (Ep. 63, n. 381). – Perciò ci ammonisce l’Apostolo che “portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù” (2 Cor IV,10), e sepolti con Cristo e completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua (Cf Rm VI,4-5), non solo crocifiggiamo la nostra carne con le sue passioni e i suoi desideri (Cf Gal V,24) a fuggendo alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza” (2 Pt I,4), ma anche che “la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2 Cor IV,10) e resi partecipi del suo sacerdozio eterno, offriamo “doni e sacrifici per i peccati” (Eb V,1).

Tutti i cristiani partecipi del sacerdozio di Cristo…

  1. – Partecipi di questo misterioso sacerdozio e dell’ufficio di offrire soddisfazioni e sacrifici, non sono soltanto quelle persone delle quali il nostro Pontefice Cristo Gesù si serve come ministri per offrire l’oblazione pura al Nome divino, dall’oriente all’occidente in ogni luogo (Cf Ml 1,11), ma tutti i cristiani – chiamati a ragione dal Principe degli Apostoli “stirpe eletta, il sacerdozio regale” (1 Pt II,9) – devono offrire per i peccati propri e per quelli di tutto il genere umano (Cf Eb V,2), a un di presso come ogni sacerdote e pontefice “scelto fra gli uomini viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio” (Eb V,1). – E quanto più perfettamente la nostra oblazione e il nostro sacrificio saranno conformi al Sacrificio del Signore – cosa che si compie immolando il nostro amor proprio e le nostre passioni e crocifiggendo la carne con quel genere di crocifissione di cui parla l’Apostolo – tanto più copiosi saranno i frutti di propiziazione e di espiazione che raccoglieremo per noi per gli altri.

…e per l’unione in Cristo si aiutano a vicenda

  1. – C’è, infatti, un mirabile legame dei fedeli con Cristo, simile a quello che vige tra il capo e le membra del corpo. Parimenti, per quella misteriosa comunione dei Santi, che professiamo per fede cattolica, sia gli uomini singoli che i popoli, non solo sono uniti fra loro, ma anche con Colui “che è il capo, Cristo, dal Quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef IV,15-16). Che è quel che lo stesso Mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù, vicino a morire, domandò al Padre: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità” (Gv XVII,23).

LA RIPARAZIONE NEL CULTO AL CUORE Dl GESÙ

La riparazione nell’intenzione di Gesù

  1. – La consacrazione esprime e rende stabile l’unione con Cristo; l’espiazione inizia questa unione con la purificazione dalle colpe, la perfeziona partecipando alle sofferenze di Cristo e la porta all’ultimo culmine offrendo sacrifici per i fratelli. – Tale appunto fu l’intenzione che il misericordioso Signore Gesù ci volle far conoscere nel mostrare il suo Cuore con le insegne della passione e le fiamme indicanti l’amore, che cioè riconoscendo noi da una parte l’infinita malizia del peccato e dall’altra ammirando l’infinita carità del Redentore, detestassimo più vivamente il peccato e rispondessimo con maggior ardore al suo amore.

Preminenza della riparazione nel culto al S. Cuore

  1. – Lo spirito di espiazione e di riparazione ha avuto sempre la prima e principale parte nel culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, e tale spirito è senza dubbio il più conforme all’origine, all’indole, all’efficacia e alle pratiche proprie di questa devozione, come appare dalla storia, dalla prassi, dalla liturgia e dagli atti dei Sommi Pontefici. – Infatti, nel manifestarsi a Margherita Maria, Gesù, mentre proclamava l’immensità del suo amore, al tempo stesso, in atteggiamento di addolorato, si lamentò dei molti e gravi oltraggi che Gli venivano recati dagli uomini ingrati, e pronunziò queste parole che dovrebbero rimanere sempre scolpite nelle anime pie e mai dimenticate: “Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e li ha ricolmati di ogni genere di benefici, e che in cambio del suo amore infinito non solo non ha avuto alcuna gratitudine, ma, al contrario, dimenticanza, indifferenza, oltraggi, e questi recati, a volte, anche da coloro che sono tenuti per dovere, a rispondere con uno speciale amore”.

Atti di riparazione richiesti da Gesù stesso

  1. – In riparazione di tali colpe, tra le molte altre cose, raccomandò questi atti, a Lui graditissimi; che cioè i fedeli, con l’intenzione di riparare si accostassero alla S. Comunione – chiamata perciò “Comunione riparatrice” – e compissero atti e preghiere di riparazione per un’ora intera, che per questo viene giustamente chiamata “Ora santa”. – Tali pratiche la Chiesa non solo le ha approvate ma le ha anche arricchite di favori spirituali.

Come si può consolare il Cuore di Gesù glorioso

  1. – Ma, se Cristo regna ora glorioso in cielo, come può venir consolato da questi nostri atti di riparazione? “Dà un’anima amante, e comprenderà ciò che dico”, rispondiamo con le parole di S. Agostino (Sul Vang. di Giovanni, tr. XXVI, 4) che qui vengono a proposito. – Infatti, un’anima ardente di amor di Dio, guardando il passato vede e contempla Gesù affaticato per il bene dell’umanità, addolorato e sottoposto alle prove più dure; Lo vede “per noi uomini e per la nostra salvezza” oppresso da tristezza, angoscia, quasi annientato dagli obbrobri, “schiacciato per le nostre iniquità” (Is. LIII,5) e che con le sue piaghe ci guarisce. Queste cose le anime pie le meditano con maggiore aderenza alla realtà per il fatto che i peccati e i delitti, in qualsiasi tempo siano stati commessi, costituiscono la causa per cui il Figlio di Dio fu dato a morte, e anche al presente cagionerebbero a Cristo la morte accompagnata dai medesimi dolori ed angosce, dal momento che ogni peccato rinnova in qualche modo la passione del Signore: “Per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia” (Eb VI,6). – Pertanto, se a motivo dei nostri peccati che sarebbero stati commessi nel futuro, ma che furono previsti allora, l’anima di Cristo divenne triste fino alla morte, non vi può esser dubbio che abbia provato anche qualche conforto già da allora a motivo della nostra riparazione anch’essa prevista, quando “gli apparve un angelo dal cielo” (Lc XXII,43) per consolare il suo Cuore oppresso dalla tristezza e dall’angoscia. – Sicché, anche ora, in modo mirabile ma vero, noi possiamo e dobbiamo consolare quel Cuore Sacratissimo che viene continuamente ferito dai peccati degli uomini ingrati. Ed è Cristo stesso, come si legge nella Liturgia, che si duole per bocca del Salmista dell’abbandono dei suoi amici: “L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati” (Sal LXVIII,21).

Si consola Gesù anche nelle sue membra sofferenti

  1. – A ciò s’aggiunga che la passione espiatrice di Cristo si rinnova e in certo modo continua e si completa nel suo corpo mistico, che è la Chiesa. – Infatti, per servirci ancora delle parole di S. Agostino, “Cristo patì tutto quello che doveva patire; ormai nulla più manca al numero dei patimenti. Dunque i patimenti sono completi, ma nel Capo; rimanevano ancora le sofferenze di Cristo da compiersi nel corpo” (In Sal 86). – Che è quel che il Signore Gesù stesso ha voluto dichiarare quando, parlando a Saulo “sempre fremente minaccia strage contro i discepoli” (At IX,1), disse: “Io sono Gesù, che tu perseguiti” (At IX,5). – Con ciò significò chiaramente che le persecuzioni mosse alla Chiesa, andavano a colpire e affliggere lo stesso Capo della Chiesa. – Giusto, dunque, che Cristo, sofferente ancora adesso nel suo corpo mistico, voglia averci compagni della sua espiazione, cosa che richiede la stessa nostra unione con Lui, perché essendo noi “corpo di Cristo e sue membra” (1 Cor XII,27), ciò che soffre il capo bisogna che con Lui soffrano anche le membra (Cf 1 Cor XII,26).

LA RIPARAZIONE RICHIESTA PER I NOSTRI TEMPI

Offensiva attuale contro Dio e la cristianità

  1. – Quanto sia urgente, specialmente in questo nostro tempo, l’espiazione o riparazione appare manifesto, come abbiamo detto all’inizio, a chiunque osservi con gli occhi e la mente questo mondo che giace sotto il potere del maligno” (1 Gv V,19). – Da ogni parte giunge a Noi il grido di popoli afflitti, dove capi e governanti sono, nel vero senso, insorti e congiurano insieme contro il Signore e contro la sua Chiesa (Cf Sal II,2). – Vediamo in quelle regioni calpestato ogni diritto divino e umano. I templi demoliti e distrutti, i religiosi e le sacre vergini cacciati dalle loro case, insultati, tormentati, affamati, imprigionati; strappati dal grembo della madre Chiesa schiere di fanciulli e fanciulle, spinti a negare e a bestemmiare Cristo e a commettere i peggiori crimini di lussuria; il popolo cristiano gravemente minacciato e oppresso, e in continuo pericolo di apostatare dalla fede o andare incontro a morte anche la più atroce. – Cose tanto tristi, che con tali avvenimenti sembra si preannunzi e si anticipi fin da ora “l’inizio dei dolori”, quali apporterà “l’uomo iniquo che s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto” (2 Ts II,4).

Deficienze tra i cristiani

  1. – Ma è ancor più doloroso il fatto, Venerabili Fratelli, che tra gli stessi Cristiani, lavati col sangue dell’Agnello immacolato nel battesimo e arricchiti della sua grazia, ce ne siano tanti, appartenenti ad ogni classe, i quali ignorando in maniera incredibile le verità divine e infetti da false dottrine, vivono una vita viziosa, lontana dalla casa del Padre; una vita che non è illuminata dalla vera fede, non confortata dalla speranza nella futura beatitudine, non sostenuta né ravvivata dall’ardore della carità, sicché sembra davvero che costoro siano nelle tenebre e nell’ombra di morte. – Inoltre, va sempre più crescendo tra i fedeli la noncuranza della disciplina ecclesiastica e delle antiche istituzioni, da cui è sorretta tutta la vita cristiana, regolata la società domestica e difesa la santità del matrimonio. – Trascurata affatto è poi o deformata da troppe delicatezze e lusinghe l’educazione dei fanciulli e perfino tolta alla Chiesa la facoltà di educare cristianamente la gioventù. – Il pudore cristiano purtroppo dimenticato nel modo di vivere e di vestire, specialmente nelle donne. Insaziabile la cupidigia dei beni transitori, gli interessi civili predominanti, sfrenata la ricerca del favore popolare rifiutata la legittima autorità, disprezzata la parola di Dio, per cui la fede stessa vacilla o è messa in grave pericolo. Al complesso di questi mali si aggiunge l’ignavia e l’infingardaggine di coloro che, a somiglianza degli apostoli addormentati o fuggitivi, mal fermi nella fede, abbandonano Cristo oppresso dai dolori e circondato dai satelliti di Satana. E c’è anche la perfidia di coloro che seguendo l’esempio di Giuda traditore, con sacrilega temerarietà si accostano all’altare o passano al campo nemico. – E così, anche senza volerlo, si presenta alla mente il pensiero che si stiano avvicinando i tempi predetti dal Signore: e Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà” (Mt XXIV,12).

Ci sono però anche confortanti reazioni

  1. – Riflettendo su queste cose i buoni fedeli, infiammati d’amore per Cristo sofferente, non potranno fare a meno di dedicarsi ad espiare con maggiore impegno le proprie colpe e quelle commesse da altri, risarcire l’onore di Cristo e promuovere la salvezza delle anime. – E possiamo davvero descrivere la nostra età adattando in qualche modo il detto dell’Apostolo: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm V,20). – Infatti, è vero che è cresciuta di molto la perversità degli uomini, ma è anche vero che va meravigliosamente aumentando, per impulso dello Spirito Santo, il numero dei fedeli dell’uno e dell’altro sesso, i quali con animo volenteroso si adoperano a dare soddisfazione al divin Cuore per tante ingiurie che gli si recano e giungono anche ad offrire a Cristo le loro stesse persone come vittime. – Certo che chi riflette con spirito di amore a quanto abbiamo fin qui rammentato e l’imprime, per così dire, nell’intimo del cuore, arriverà non solo ad aborrire il peccato come il sommo dei mali e a fuggirlo, ma anche ad abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio e risarcire l’onore leso della divina Maestà con la preghiera assidua, le volontarie penitenze e col sopportare pazientemente le eventuali calamità, fino a vivere tutta la vita in spirito di riparazione. – E così che sono sorte molte famiglie religiose di uomini e di donne, le quali, con ambito servizio, si propongono di fare in qualche modo, giorno e notte, le veci dell’Angelo che conforta Gesù nell’orto. – Di qui pure le pie associazioni di uomini, approvate dalla Sede Apostolica e arricchite di indulgenze, che si assumono il compito dell’espiazione con opportuni esercizi di pietà e atti di virtù. – Di qui, infine, per non parlare di altre, quelle pratiche religiose e solenni attestazioni d’amore, introdotte allo scopo di riparare l’onore divino violato, usate frequentemente non solo da singoli fedeli ma anche da parrocchie, diocesi e città.

Atto di riparazione da farsi nella festa del S. Cuore

  1. – Ebbene, Venerabili Fratelli, come la pratica della consacrazione, cominciata da umili inizi e poi largamente diffusasi, ha raggiunto lo splendore desiderato con la nostra conferma, così grandemente bramiamo che la pratica di questa espiazione o riparazione, già da tempo santamente introdotta e propagata, abbia con la nostra apostolica autorità il più fermo suggello e diventi più solenne e universale nel mondo cattolico. – Stabiliamo perciò e ordiniamo che tutti gli anni, nella festa del Cuore Sacratissimo di Gesù – che in questa occasione abbiamo disposto che sia elevata al grado di doppio di prima classe con ottava – in tutte le Chiese del mondo si reciti solennemente, con la formula di cui uniamo esemplare in questa Lettera, la preghiera espiatrice o ammenda onorevole, com’è chiamata, per esprimere con essa il pentimento delle nostre colpe e risarcire i diritti violati di Cristo sommo Re e Signore amatissimo.

Frutti che si sperano

  1. – Non dubitiamo, Venerabili Fratelli, che da questa pratica santamente rinnovata ed estesa a tutta la Chiesa, molti e segnalati siano i beni che ne verranno non solo alle singole persone, ma anche alla società religiosa, civile e domestica. – Lo stesso Redentore nostro, infatti, ha promesso a Margherita Maria che “avrebbe colmato con l’abbondanza delle sue grazie celesti tutti coloro che avessero reso questo onore al suo Cuore”. – I peccatori “volgendo lo sguardo a Colui che hanno trafitto” (Gv XIX,37) e commossi dai gemiti e dalle lacrime di tutta la Chiesa, pentiti per le ingiurie recate al Sommo Re, “rientreranno in se stessi” (Cf Is XLVI,8), perché non avvenga che ostinandosi nei loro peccati, quando vedranno “venire sulle nubi del cielo” (Mt XXVI,64) colui che trafissero, troppo tardi e inutilmente piangano su di Lui (Cf Ap I,7). I giusti diventeranno più giusti e più santi (Cf Ap XXII,11) e si consacreranno con rinnovato fervore al servizio del loro Re che vedono tanto disprezzato e combattuto e oggetto di tante e così gravi ingiurie. Soprattutto s’infiammeranno di zelo per la salvezza delle anime, nel meditare il lamento della vittima divina: “Quale vantaggio dal mio sangue” (Sal XXIX,10), e nel riflettere al gaudio che avrà quel Sacratissimo Cuore “per un peccatore convertito” (Lc XV,7). – Ma quel che principalmente desideriamo e speriamo è che la giustizia divina, la quale per dieci giusti avrebbe usato misericordia e perdonato a Sodoma, molto più voglia perdonare a tutto il genere umano, in vista delle suppliche e delle riparazioni che dappertutto innalza la comunità dei fedeli, insieme con Cristo Mediatore e Capo.

Sia propizia Maria Riparatrice

  1. – Sia propizia a questi nostri voti e a queste nostre disposizioni la benignissima Vergine Madre di Dio, la quale col dare alla luce il nostro Redentore, col nutrirlo e offrirlo come vittima sulla croce, per la mirabile unione con Cristo e per sua grazia del tutto singolare, è divenuta anch’essa Riparatrice e come tale è piamente invocata. Noi confidiamo nella sua intercessione presso Cristo, il quale pur essendo il solo “Mediatore fra Dio e gli uomini” (1 Tm II,5) volle associarsi la Madre come avvocata dei peccatori, dispensatrice e mediatrice di grazia.

L’apostolica benedizione

  1. – Auspice dei divini favori e in testimonianza della paterna nostra benevolenza, a Voi, Venerabili Fratelli, e all’intero gregge affidato alle vostre cure, impartiamo di cuore l’apostolica benedizione. Dato a Roma presso S. Pietro, il giorno 8 del mese di maggio dell’anno 1928, settimo del nostro Pontificato.

Pio Papa XI

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PRECATIO PIACULARIS
AD SACRATISSIMUM COR IESU

“Iesu dulcissime, cuius effusa in homines caritas, tanta oblivione, negligentia, contemptione, ingratissime rependitur, en nos, ante altaria tua provoluti, tam nefariam hominum socordiam iniuriasque, quibus undique amantissimum Cor tuum afficitur, peculiari honore resarcire contendimus. – Attamen, memores tantae nos quoque indignitatis non expertes aliquando fuisse, indeque vehementissimo dolore commoti, tuam in primis misericordiam nobis imploramus, paratis, volontaria expiatione compensare flagitia non modo quae ipsi patravimus, sed etiam illorum, qui, longe a salutis via aberrantes, vel te pastorem ducemque sectari detrectant, in sua infidelitate obstinati, vel, baptismatis promissa conculcantes, suavissimum tuae legis iugum excusserunt. – Quae deploranda crimina, cum universa expiare contendimus, tum nobis singula resarcienda proponimus: vitae cultusque immodestiam atque turpitudines, tot corruptelae pedicas innocentium animis instructas, dies festos violatos, exsecranda in Te tuosque Sanctos iactata maledicta atque in tuum Vicarium ordinemque sacerdotalem convicia irrogata, ipsum denique amoris divini Sacramentum vel neglectum vel horrendis sacrilegiis profanatum, publica postremo nationum delicta, quae Ecclesiae a Te institutae iuribus magisterioque reluetantur. – Quae utinam crimina sanguine ipsi nostro eluere possemus! Interea ad violatum divinum honorem resarciendum, quam Tu olim Patri in cruce satisfactionem obtulisti quamque cotidie in altaribus renovare pergis, hanc eandem nos tibi praestamus, cum Virginis Matris, omnium Sanctorum, piorum quoque fidelium expiationibus coniunctam, ex animo spondentes, cum praeterita nostra aliorumque peccata ac tanti amoris incuriam firma fide, candidis vitae moribus, perfecta legis evangelicae, caritatis potissimum, observantia, quantum in nobis erit, gratia tua favente, nos esse compensaturos, tum iniurias tibi inferendas pro viribus prohibituros, et quam plurimos potuerimus ad tui sequelam convocaturos. Excipias quaesumus, benignissime Iesu, B. Virgine Maria Reparatrice intercedente, voluntarium huius expiationis obsequium nosque in officio tuique servitio fidissimos ad mortem usque velis, magno illo perseverantiae munere, continere, ut ad illam tandem patriam perveniamus omnes, ubi Tu cum Patre et Spiritu Sancto vivis et regnas Deus in saecula saeculorum. Amen”.

[ATTO DI RIPARAZIONE AL CUORE SACRATISSIMO Dl GESÙ]

Prostrati dinanzi al tuo altare, noi intendiamo riparare con particolari attestazioni di onore una così indegna freddezza e le ingiurie con le quali da ogni parte viene ferito dagli uomini il tuo amatissimo Cuore. –

[“Gesù dolcissimo: il tuo amore immenso per gli uomini viene purtroppo, con tanta ingratitudine, ripagato di oblio, di trascuratezza, di disprezzo. – Memori però che pure noi altre volte ci macchiammo di tanta ingratitudine, ne sentiamo vivissimo dolore e imploriamo la tua misericordia. – Desideriamo riparare con volontaria espiazione non solo i peccati commessi da noi, ma anche quelli di coloro che, errando lontano dalla via della salvezza, ricusano di seguire Te come pastore e guida, ostinandosi nella loro infedeltà, o, calpestando le promesse del Battesimo, hanno scosso il soavissimo giogo della tua legge. – E mentre intendiamo espiare il cumulo di sì deplorevoli delitti, ci proponiamo di ripararli ciascuno in particolare: l’immodestia e le brutture della vita e dell’abbigliamento; le insidie tese alle anime innocenti dalla corruzione dei costumi; la profanazione dei giorni festivi; le ingiurie scagliate contro di Te e i tuoi Santi; gli insulti rivolti al tuo Vicario e l’ordine sacerdotale; le negligenze e gli orribili sacrilegi con i quali è profanato lo stesso Sacramento dell’amore divino e in fine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da Te fondata. Intanto come riparazione dell’onore divino conculcato, Ti presentiamo quella soddisfazione che Tu stesso offristi un giorno sulla croce al Padre e che ogni giorno si rinnova sugli altari: Te l’offriamo accompagnata con le espiazioni della Vergine Madre, di tutti i Santi e delle anime pie. Promettiamo con tutto il cuore di voler riparare, per quanto potremo, con l’aiuto della tua grazia, i peccati commessi da noi e dagli altri e l’indifferenza verso sì grande amore, con la fermezza della fede, la santità della vita, l’osservanza perfetta della legge evangelica e specialmente della carità. Inoltre d’impedire, con tutte le forze, le ingiurie contro di Te e attrarre quanti più potremo, a seguire e imitare Te. Accogli, te ne preghiamo, o benignissimo Gesù, per intercessione della B.V. Maria Riparatrice, questo volontario ossequio di riparazione, e conservaci nella fedele obbedienza a Te e nel tuo servizio fino alla morte, col dono della perseveranza, così che possiamo un giorno pervenire a quella patria, dove Tu col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. – Amen.”]

ETERNITA’

ETERNITA’

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[da: I tesori di Cornelio Alapide, vol. II, Torino, 1930]

  1. VI È UN’ETERNITÀ — La ragione dell’esistenza divina riposa nell’immutabilità stessa di Dio. E impossibile che Dio non sia sempre esistito: se non fosse sempre stato, chi l’avrebbe tolto dal niente? Certamente un Essere increato, eterno è necessario; ed eccoci di bel nuovo a D i o . E Dio sarà sempre: egli è indistruttibile di sua natura; egli ha essenzialmente e al sommo grado la vita in se medesimo: è insomma la vita eterna. Egli non può essere in nessun modo toccato né da assalto, né da alterazione, né da distruzione. L’eternità è Dio medesimo. Ma Dio ha dato l’eternità futura agli Angeli e agli uomini? Sì, tale è la volontà di Dio: Egli lo ha rivelato; tutte le nazioni lo hanno creduto; è questo un dogma di fede universale: l’uomo desidera l’immortalità, egli ne prova il bisogno… Dio ha fatto gli uomini e gli Angeli a sua somiglianza ed immagine per l’eternità… « I reprobi andranno, secondo la sentenza di Gesù Cristo, al fuoco eterno; e i giusti all’eterna vita » — “Ibunt hi in supplicium aeternum; iusti autem in vitam aeternam” (MATTH. XXV, 46). « L’uomo, dice l’Ecclesiastico, se n’andrà alla casa della sua eternità » — Ibit homo in domum aeternitatis suae (XII, 5). «Chi di voi, domanda Isaia, potrà dimorare in mezzo alle fiamme eterne! » — Quis habitabit de vobis cum ardoribus sempiternisi (XXXIII, 14). E S. Paolo ci assicura che i reprobi saranno condannati a pene eterne: — Dabunt poenas in interitu aeternas (II Thess. I , 9). L’eternità dei castighi e dei premi è un dogma di fede, di cui tutti i secoli, tutte le nazioni, anche pagane, ebbero conoscenza. « Dio ha fatto l’uomo imperituro» “Creavit hominem inexterminabilem” (Sap. I, 23).
  2.  CHE COSA È L’ETERNITÀ. — « La sua origine, dice Michea parlando di Gesù Cristo, è dal principio, dai giorni dell’eternità » — “Egressus eius ab initio, a diebus aeternitatis” (V, 2). Egli è uscito dall’eternità passata che comprende l’eternità futura; perché in Dio che è l’eternità, non vi è né passato, né avvenire: tutto è eternamente presente… – L’eternità è un principio senza principio, un cominciamento senza cominciamento e il principio di ogni principio … Oh com’è lunga, com’è profonda, com’è immensa, com’è felice od infelice questa eternità, signora di tutti i secoli, interminabile, sempre vivente! … Oh quanto sei lunga, o eternità!… eppure oh quanto poco di te si occupano gli uomini!… Che cosa è l’eternità? è un circolo che si rigira in se stesso, il cui centro si chiama sempre; la circonferenza si chiama nessuna parte, cioè senza fine. Che cosa è l’eternità? È un globo perfetto che non ha né principio né fine. Che cosa è l’eternità? È una ruota che si volge sempre sopra se stessa e che girerà sempre senza mai né logorarsi né spostarsi… Che cosa è l’eternità? È un anno che nasce l’istante che muore, e questo per sempre… Che cosa è l’eternità? Una fontana le cui acque, via via che scorrono, rimontano alla, sorgente, senza che se ne perda neppure una goccia; è una fonte perenne donde zampillano senza interruzione acque di benedizione o di maledizione… Che cosa, è l’eternità? È un labirinto a mille andirivieni e giravolte, che fa camminare del continuo chi vi entra, lo aggira e lo smarrisce… Che cosa è l’eternità? Un abisso senza fondo e che si rinserra quando uno vi entra … L’eternità è un principio senza cominciamento, senza mezzo, senza fine. È un principio continuo, interminabile, sempre cominciante; principio nel quale i beati contemplano ognora la felicità e abbondano sempre di nuove gioie, mentre i reprobi muoiono ad ogni istante e, dopo tutte le agonie e tutte le morti, cominciano da capo le agonie e le morti. E come fu al principio così è ora, e così sarà per tutti i secoli dei secoli. Finché Dio sarà Dio, gli eletti saranno sommamente felici e regneranno e trionferanno. Quanto tempo durerà Dio, altrettanto i dannati soffriranno in mezzo ai tormenti … « La vera eternità, dice S. Anselmo, è una vita interminabile, che esiste tutta intera in ogni istante di tempo» (Menolog. c. XXIV). L’eternità, è una durata senza cominciamento, senza fine, e senza moto …
  3. BISOGNA VIVERE PER L’ETERNITÀ. — Andiamo ripetendo a noi medesimi quel detto del famoso pittore Zeusi: « Io dipingo per l’eternità, vivo per l’eternità [“Pingo aeternitati, vivo aeternitati” (Anton, in Meliss.)]». Lavoriamo intorno all’opera di una santa vita per l’eternità… Noi gettiamo quaggiù il dado per la nostra eternità, e sta a noi il gettarlo bene. Una volta gettato, non si può più riprendere … Crediamo…, studiamo…, lavoriamo…, viviamo per l’eternità… Regoliamoci in modo che abbiamo a vivere eternamente… Prima di ogni azione, pensate e dite: Io lavoro per l’eternità, io vivo per l’eternità: lavorerò dunque e vivrò santamente, per tracciare nell’anima mia e nel mio esteriore l’immagine e l’idea della virtù; cosicché Dio, gli Angeli, gli uomini, possano lodare la mia condotta. Ognuno di noi dica tra sè e sè: è in mio arbitrio il dipingere, in ogni mio pensiero e parola e azione, la ricca e preziosa immagine della virtù, ovvero gli orribili tratti del vizio; io lavorerò per la virtù affinché le opere mie risplendano come stelle per la mia gloria e felicità nel cielo, e non per il vizio che la divina giustizia condannerà al fuoco eterno. Ah! io dipingerò per l’eternità; lavorerò sì bene, che mi abbia da rallegrare, per tutta l’eternità, del mio lavoro; io penserò, parlerò, opererò come vorrei aver pensato, parlato, operato nell’eternità… Quando comparisce l’eternità, non vi è più tempo, dice l’Apocalisse: — Tempus non erit amplius (X, 6)… « Voi dormite, esclama S. Ambrogio, e intanto il vostro tempo cammina » — “Tu dormis et tempus tuum ambulat” (Serm.). E dove mi conduce questo tempo così veloce? All’eternità… O eternità! come sei grande, immensa, fortunata! Eppure, o quanti ti dimenticano!… Quanto pochi sanno stimarti al tuo giusto valore! Nessuno ti penetra, pochi ti pesano!… Ottimamente dice S. Gregorio: « Se siamo avidi di beni, cerchiamo quelli che possederemo senza fine; se abbiamo paura di mali, temiamo quelli che i reprobi soffriranno eternamente – [“Si bona quaerimus, illa diligamus quae sine fine habebimus; si autem mala pertimescimus, illa timeamus quae a reprobis sine fine tollerantur” (Lib. VI, Epistola XCV)]». Quindi conchiude in altro luogo: « Quantunque le opere nostre si compiano nel tempo, coll’intenzione però dobbiamo guardare all’eternità [“Quamvia in usu operis sit temporalitas; tamen in intentione, debet esse aeternitas (Moral.).]». S. Bonaventura ci insegna sette vie che conducono all’eternità felice. La prima è l’intenzione che guarda dirittamente all’eternità: bisogna che si occupi unicamente dell’eternità, che non intenda fuorché all’eternità, che non si diriga altrove che all’eternità; che solo nell’eternità dimori, a cagione del Dio eterno che è il solo vero bene, il solo necessario, e che giunta la sua fine, tutte le sue brame si compiano in colui che non le sarà mai più tolto. È questo il bene che Gesù Cristo assegnò alla Maddalena (Luc. X, 42). La seconda via all’eternità, è l’attenta meditazione delle cose eterne… La terza, è la chiara contemplazione delle medesime… La quarta, l’amore di quello che appartiene all’eternità. Quando le persone pie, dice S. Gregorio, ardono della brama dell’eternità, poggiano a tale altezza di vita, che anche il solo parlare di cose mondane riesce loro grave e le tiene in disagio; poiché per esse è intollerabile tutto ciò che è estraneo a quello che esse amano. La quinta via è la rivelazione segreta delle cose eterne: la meditazione assidua delle rivelazioni spirituali produce un continuo ingrandimento della vista e delle cognizioni dell’anima; per questo mezzo ella valuta al giusto i beni futuri, penetra il segreto delle verità eterne. Infatti coloro che amano con trasporto, scoprono meglio, distinguono più chiaramente, conoscono più a fondo. Perciò, più si amano le cose eterne e più addentro vi si penetra. Il che ha fatto dire a S. Gregorio: «L’eternità si verifica nei santi, per la considerazione dell’eternità di Dio » — “In sanctis fìt aeternitas, aspiciendo Dei aeternitatem (Mordi.). La sesta via all’eternità, è una certa esperienza che si è fatta delle dolcezze eterne. Questo assaporava il re al profeta, allorché diceva: « Gustate e provate come dolce è il Signore » — Gustate, et videte quoniam suavis est Dominus (Psalm. XXXIII, 8); questo celebrava la Sposa dei Cantici con quelle parole: « Dolce è al mio palato il frutto del mio celeste Sposo » — “Fructus eius dulcis gutturi meo” (Cant. II, 3). La settima via all’eternità, sono le buone opere, conformi agl’impulsi di Dio; i costumi puri ed una vita santa, poiché, dice la Scrittura, « le opere loro li accompagneranno» — “Opera enim illorum sequuntur illos(Apoc. XIV, 13 — In Speculo). Gesù Cristo che è la via , la verità, la vita, ci guida per le sue strade; Egli si adopera perché la nostra conversazione sia nei cieli; Egli ci ha aperto la porta dell’eternità con la sua vittoria su la morte. Fortunato chi va all’eternità per queste strade! Felice chi, liberandosi al di sopra della brevità del tempo e della volubilità dei secoli, ferma la sua mente sulla salda ed immobile eternità! Beato chi tiene a vile i beni vani e transitori della terra e si nutre di quelli solidi ed eterni! S. Agostino designa i quattro gradi della scala che poggia all’eternità beata, nella lettura, nella meditazione, nella preghiera, nella contemplazione. Poi conchiude: «Congiungi il tuo cuore all’eternità di Dio, e sarai eterno con esso [“Iunge cor tuum aeternitati Dei, et cum illo aeternus eris” (In Psalm. XCI)] ». Supponiamo che Dio dicesse a Giuda, o a qualsiasi altro reprobo: Ogni mille anni tu spargerai una lacrima per i tuoi peccati, e quando così facendo, tu avrai versato tante la crime da formare un diluvio che basti ad inondare la terra, io avrò pietà di te e ti caverò dalle pene e dal fuoco dell’inferno; grande sarebbe il giubilo, ineffabile la gioia che ne proverebbe quel dannato, perché egli avrebbe finalmente una speranza di salute. Ma ohimé! Non vi sono più lacrime per i dannati e quindi mai più perdono. Versiamo quaggiù amare lacrime sulle nostre colpe; esse ci chiuderanno l’eternità infelice … l’eternità è un abisso; diciamolo cento volte, diciamolo cento volte, diciamolo mille, diciamolo senza fine … o eternità! eternità!… meditiamo sull’eternità …

Lo SPIRITO SANTO nel Nuovo Testamento

Lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento

-prima creazione –

[J.-J. GAUME: Trattato dello Spirito Santo: Vol. II, cap. XI e XII]

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Ricollegando l’azione incessante e universale dello Spirito Santo nell’ antico mondo, alla sua azione del pari incessante e universale nel mondo nuovo, due grandi dottori uno dell’Oriente l’altro dell’Occidente si esprimono con una precisione che reca all’anima avida di verità, la luce e la gioia. Dice san Basilio che : « Tutte le creature del cielo e della terra debbono la loro perfezione allo Spirito Santo. Quanto all’uomo, tutte le benevole disposizioni del Padre e del Verbo Salvatore, chi può negare che non siano esse state realizzate dallo Spirito Santo? Sia che voi consideriate i tempi antichi, le benedizioni dei patriarchi, la promulgazione della legge, le figure, le profezie, le gesta militari, i miracoli degli antichi giusti, ossia che voi riguardiate tutto ciò che concerne la venuta del Signore nella carne; tutto è stato fatto per mezzo dello Spirito Santo.1 » [Lib. de Spir. sanct., CXVI, n. 39].

San Leone non è meno esplicito : « Non bisogna dubitarne, scrive l’immortale Pontefice, se nel giorno della Pentecoste, lo Spirito Santo ha riempito gli apostoli, ciò non fu principio dei suoi benefizi, ma accrescimento di liberalità. I patriarchi, i profeti, i sacerdoti, tutti i santi che vissero negli antichi tempi, dovettero allo stesso Spirito Santo la vena santificante che fece la loro forza e la loro gloria. Senza la sua grazia, questi sacri segni non furono mai stabiliti, né mai celebrati come misteri; di guisa che la sorgente dei benefizi fu sempre la stessa, sebbene differente nella misura dei suoi doni. » [Serm. II de Pentecost.] – Ora, le effusioni parziali dello Spirito Santo sugli uomini e sulle donne illustri dell’antica legge, sulla sinagoga, sul semplice ebreo medesimo, dovevano far capo nel seguito dei tempi ad una effusione completa, manifestata da quattro grandi creazioni: la santissima Vergine, Nostro Signore, la Chiesa ed il cristiano. – Prima creazione dello Spirito Santo nel Nuovo Testamento, fu la santissima Vergine. — Iddio ha parlato all’uomo e parlato per istruirlo. La sua parola non é dunque, né può essere, un libro sigillato. Quindi l’indispensabile necessità di una interpretazione autentica. Questa interpretazione o non si trova in nessun luogo, ovvero essa è nella tradizione universale della Sinagoghe della Chiesa. – Questa tradizione ci dice che tutte le donne illustri del’antico Testamento sono tanti embrioni, tanti disegni, tante figure della donna per eccellenza, Maria. I doni che esse non possedettero altro che in parte e transitoriamente, Maria li possiede nella loro pienezza ed in un modo permanente. – Come i diversi corsi d’ acqua che irrigano la terra vanno a perdersi nell’oceano, così tutte le effusioni parziali dello Spirito Santo’ su queste donne della Bibbia, si danno un convegno nella donna del Vangelo, per creare l’incomparabile meraviglia del suo sesso, la Vergine madre, Maria. – In quella guisa che noi vediamo spuntare la rosa nel bottone, cosi noi vediamo in Eva Maria, spuntare madre dei viventi, l’irreconciliabile nemica del serpente del quale schiaccerà il capo. Essa risplende in Rebecca, modesta verginella, ingenua, bella e pudica, ricercata tra tutte dal venerando Abramo, per il figlio della sua tenerezza, Isacco. «Tutti i secoli l’ammirano nella coraggiosa Giuditta, la quale ponendo a rischio la sua vita, uccide il crudele Oloferne, e salva la patria. Ester presenta un riflesso della sua incomparabile bellezza, della sua potenza sul cuore del gran Re, della sua compassione per gli infelici. Salomone la canta con tutte le sue attrattive, con tutte le sue virtù, con tutti i suoi benefizi, nella sposa immacolata del Cantico dei cantici. – Tutti questi doni sparsi, sono riuniti in Maria; ma non basta. Posta dallo Spirito Santo tra il mondo antico e il nuovo, essa è come un oceano nel quale vanno a confondersi tutte le meraviglie dei due Testamenti: Tutti i fiumi, dice il Serafico Dottore, entrano in mare e il mare non trabocca mai: così tutte le qualità dei santi si danno convegno in Maria. Il fiume della grazia degli angeli entra in Maria. Il fiume della grazia dei patriarchi e dei profeti entra in Maria. Quello della grazia degli apostoli entra in Maria; quello della grazia dei martiri entra in Maria; quello dei confessori entra in Maria; tutti i fiumi entrano in questo mare, e questo mare non straripa mai. Che cosa vi è di sorprendente che ogni grazia vada a versarsi in Maria poiché ogni grazia da Maria discende?1 »? [In Specul. B. M. V., post Med,]. – Qual è quest’oceano? Quest’oceano senza limiti e senza fondo si compone di tutte le ricchezze della natura della grazia, e di tutte le virtù teologali e cardinali, e di tutti i doni dello Spirito Santo e di tutte le grazie gratuite, in un grado sovraeminente. « Il Verbo incarnato, dice san Tommaso, possedette nella sua perfezione la pienezza della grazia; ma ella fu cominciata in Maria. 2 »2 [“Sicut gratiae plenitudo perfecte quidem fuit in Christo, et tamen aliqua ejus inchoatio praecessit in matre”. III, p. q. 28, art. 3, ad 2]. – Quanto alle grazie gratuite, quelle cioè che sono date per utilità altrui, a fine di faticare a prò della loro salute, sia operando la loro conversione, ossia assicurando la loro perseveranza, vogliamo noi conoscere sotto questo rapporto le ricchezze di Maria? Ascoltiamo san Paolo che specifica le nove specie di grazie gratuite distribuite ai diversi membri della Chiesa; « All’uno, dice egli, è dato, per mezzo dello spirito, il linguaggio della sapienza, all’ altro il linguaggio della scienza; a un altro il dono della fede; a un altro il dono delle guarigioni pel medesimo Spirito; a un altro l’operazione de’ prodigi; a un altro la profezia; ad un altro la discrezione degli spunti; a un altro ogni genere di lingue; a un altro l’interpretazione delle favelle.1 »1 [I Cor., XII, 8]. – Possedere una sola di queste grazie insigni basta per essere eminente nella Chiesa. Ora san Tommaso, seguito dalla teologia cattolica, insegna che Maria le aveva tutte in abito ed in atto: « Non bisogna dubitare, dice, che la beata Vergine non abbia ricevuto eccellentemente il dono di sapienza e dei miracoli, come pure lo spirito di profezia. Pur tuttavia essa non ha ricevuto l’uso di tutte le grazie gratuite; ciò è privilegio esclusivo del Verbo incarnato. Essa ha esercitato quelle che erano convenienti alla sua condizione. A questo modo essa ha ricevuto il dono di sapienza, per innalzarsi a sublimi contemplazioni ; ma non ne ha avuto l’uso per predicare pubblicamente il Vangelo, perché non era convenevole al suo sesso. – « Essa possedeva veramente il dono dei miracoli ; ma non ne ha avuto l’uso sopratutto nel tempo che lo stesso Figliuolo predicava il Vangelo. Era conveniente infatti, che per confermare la sua dottrina Egli solo facesse miracoli, in persona o per mezzo dei suoi organi accreditati, come i discepoli e gli apostoli. Di qui deriva ciò che è scritto di Giovan Battista medesimo, che non fece nessun miracolo. Doveva essere così, affinché l’attenzione del popolo non fosse divisa tra parecchi, ma che tutti gli occhi fossero volti verso il Verbo divino. Quanto al dono di profezia, Maria ne ha fatto uso nel suo cantico immortale. » [III p., q. 27, art. 5, ad 3]. – Come i raggi del sole colorano, nell’ attraversarla, una nuvola diafana, cosi le bellezze interiori della figlia del Re, irradiavano sul suo corpo verginale, e le davano una grazia incomparabile. Maria fu più bella di Rachele, più bella di Rebecca, più bella di Giuditta, più bella di Ester, più bella di tutte le bellezze dell’antico mondo. Siccome il Nostro Signore fu il più bello dei figli degli uomini, così Maria fu la più bella delle figlie degli uomini. Come tipo perfetto della bellezza morale, fu essa pure il tipo perfetto della beltà fisica. [B. Albev. magn., apud Canisium, De M aria Deipv lib. I, c. xm, p. 92, ediz. in-fol.].Da chi è stato formato quest’oceano di perfezioni? Dallo Spirito Santo. Maria è ciò che abbiado già detto e mille volte ancora più, perché tra tutte le creature del cielo e della terra, dei tempi passati e dei secoli futuri, Essa é la sola in cui la terza Persona dell’augusta Trinità sia sopraggiunta con la pienezza dei suoi doni. Se voi domandate a quale scopo lo Spirito Santo si è cosi riposato in Maria, gli angeli e gli uomini rispondono: perché Maria doveva essere sua sposa, la madre del Verbo incarnato, la base della Città del bene, la donna per eccellenza madre di un lignaggio perpetuo di donne eroine.Meditiamo il Fiat creatore di Maria: « L’angelo Gabriele fu mandato da Dio ad una città della Galilea chiamata Nazaret, ad una vergine, sposata ad un uomo per nome Giuseppe, della casa di Davide: e la vergine si chiamava Maria. Ed entrato l’angelo da Lei disse: Io ti saluto, o piena di grazia, il Signore è teco: Benedetta in fra le donne.1 » [ Luc. I, 28]. Notiamolo bene, l’angelo non dice: Tu sarai piena di grazia, ma: Tu “sei” piena di grazia, e benedetta sopra tutte le donne. Le perfezioni ineffabili di Maria non datano dalla visita del celeste messaggero. Essa non le ripete da lui, ma le possiede senza di lui e prima di lui. Il divino Artefice, dopo essersi esercitato, come scherzando in mille preludi, costruì nel crear Maria, il suo santuario vivente. Sino dal primo istante della di Lei esistenza, Egli aveva ornato la sua futura sposa della pienezza di grazia. Oggetto delle sue compiacenze infinite, Essa era la sua colomba, unica, tutta bella, senza macchia, né ombra di macchia, bianca come il giglio, graziosa come la rosa, rilucente come lo zaffiro, trasparente come il diamante. Tale era Maria nel momento della visita dell’angelo, e tale era sempre stata. Né al suo concepimento, né alla sua nascita, né durante la sua vita, l’alito impuro del principe della Città del male, aveva mai tocco Colei che doveva schiacciarle il capo. Noi non abbiamo più da provare il plenario possesso e perpetuo della grazia mediante Maria, dacché la Chiesa compendiando la credenza universale dei secoli, ha formulato in domma di fede l’Immacolato Concepimento della sposa dello Spirito Santo. Ci rimane solamente da dire con l’angelo, nei trasporti della riconoscenza e della fede: Io ti saluto piena di grazia: Ave gratia piena. Ripigliamo la storia di questa creazione assai più meravigliosa di quella del cielo e della terra. Gabriele aggiunge: « Non temere, o Maria, tu concepirai e partorirai un figlio. Lo Spirito Santo scenderà sopra di te, e la virtù dell’Altissimo ti adombrerà. E per questo ancora quello che nascerà di te Santo, sarà chiamato Figliuolo di Dio.1 »1 [Lue., I, 29]. – La lingua degli angeli sarebbe impotente a spiegare questi misteri profondi; o figuriamoci quella dell’uomo! – La prima cosa che colpisce nell’angelico messaggio è la parola: Non temere o Maria. Quale n’è il senso e la ragione? « Voi avete sentito, risponde un Padre della Chiesa, che per un mistero incomprensibile, Iddio e l’uomo saranno messi in uno stesso corpo, e che la fragile natura della nostra carne deve portare tutta la gloria della Divinità, Per tema che in Maria il grano di sabbia del nostro corpo, non fosse schiacciato sotto il peso immenso del celeste edificio, e che Maria, stelo delicato, destinato a portare il frutto di tutto il genere umano non fosse troncato, l’angelo incomincia dal bandire ogni timore, dicendo: Non temer punto, o Maria. » [S. Pet. Chrys., Ser. CXVII, De Ànnuntiat.]. – Perché la verginella di Giuda deve essere senza timore? L’angelo si dà premura di dirlo, annunziandole il concorso delle tre Persone della Trinità. Il Padre comparisce come sostegno, lo Spirito Santo come sposo, il Verbo come figlio. Perché questo concorso cosi espressamente indicato? gli interpreti rispondono: « Fino a Maria le figlie illustri di Giuda avevano ricevuto lo Spirito Santo parzialmente, per una missione speciale; la Vergine sposa deve ricevere dallo Spirito Santo tutta la sostanza del Verbo eterno, il Verbo medesimo in Persona, il Creatore dei mondi. Gabriele conosce il peso opprimente del miracolo. Perciò ei non si contenta di dire: Lo Spirito Santo scenderà sopra di te; ma si affretta ad aggiungere: E la virtù dell’Altissimo ti adombrerà. Essa lo farà in un modo ineffabile, affinché tu possa sostenere il peso del tuo concepimento. Che cosa doveva infatti concepire questa fanciulla, due volte fragile pel suo sesso e per la sua condizione mortale? – L’Onnipotente, Verbo di Dio, la solida sostanza dell’Eterno, discesa dalla pura sostanza di Dio Padre, e il cui solo sguardo fa tremare gli angeli? È dunque ben detto: Tu sarai sostenuta dalla virtù dell’Altissimo, virtù potente in miracoli, sola capace di associare la sostanza di una donna al Verbo Dio.1 » [Rupert.7 De Trinit. et oper. ejus, lib. XLII, De Spir. sanct, lib, I, c. IX].Un dotto panegirista della Santa Vergine, il padre D’Argentan, porge una nuova ragione di questo premuroso concorso. Ricordando la parola di sant’Esichio di Gerusalemme che dice che in Maria era il complemento di tutta la Trinità. [Serm. de S. Maria Deip.] scrive il seguente commento: « È vero in qualche maniera che Maria dà alle tre Persone dell’adorabile Trinità un certo complemento di perfezione, che esse non avrebbero mai avuto senza di Lei, e che almeno va alla gloria esteriore di Dio.« Incominciamo dal Padre. Non si può dubitare ch’Egli non possegga la perfezione infinita della divina paternità, poiché Egli comunica tutto il suo essere all’unico Figlio suo. Ma questo Figlio essendo ad Esso eguale in tutte le cose non può rendergli nessuno dei doveri della pietà figliale, come servigio, obbedienza e rispetto. Secondo le nostre deboli idee, non parrebbe che facesse un complemento d’onore per il Padre, se questo stesso Figliuolo, rimanendo sempre in possesso della maestà infinita Gli obbedisse nonostante e Gli rendesse profondi omaggi? Qual gloria vedersi adorato da un Dio grande, quanto Lui! Chi la procura al Padre? Maria. Il Padre che vede avanti tutti i secoli il suo figlio nascere dal suo seno, il suo eguale; Lo vede nel tempo nascere dal seno di Maria, come suo inferiore, talmente devoto, e talmente sottomesso, che Gli darà la sua propria vita sopra una croce. Si può negare che rispetto al Padre, l’augusta Vergine non sia il complemento della Trinità: “universum Trinitatis complementum”? «Quanto al Figliuolo, lo stesso ragionamento. Egli possiede eternamente tutte le perfezioni, poiché è Dio di Dio, luce di luce, vero Dio del vero Dio. Ma questo Verbo eterno di Dio dimora nascosto nel seno di Colui che l’ha prodotto. Ora questa parola vivente di Dio, è come quella dell’uomo suscettibile di due nascimenti; uno interno, l’altro esterno. Il primo ha luogo allorquando il nostro spirito concepisce un pensiero che considera in se medesimo.Sant’Atanasio appella ciò il Verbo e la parola dell’ intelletto, verbum mentis. Il secondo si fa quando, per mezza di una parola sensibile noi produciamo al di fuori il nostro pensiero. Questa parola esterna, secondo nascimento dell’interno, le dà il suo complemento. « Cosi avviene della Parola eterna, la quale nata in seno del Padre, era in lui innanzi a tutti i secoli. Nessuno la conosceva, ma era capace di un secondo nascimento che l’esponesse al di fuori e la rendesse sensibile. Secondo il nostro modo d’intendere, questo secondo nascimento Gli dava il suo ultimo complemento. Ora, Maria è stata la bocca, con la quale il Padre ha prodotto ‘il suo Verbo al di fuori. È Lei che gli ha dato un corpo e l’ha reso visibile e sensibile. Essa può dunque essere chiamata rispetto al Figliuolo nello stesso modo che rispetto al Padre, il complemento della Trinità, universum Trinitatis complementum. – « La cosa è ancor più palpabile rispetto allo Spirito Santo. Iddio possiede tutte le perfezioni, tutta la bontà, tutta la fecondità che è nel Padre e nel Figliuolo. La fecondità del Padre apparisce nella generazione eterna del suo unico Figliuolo; la fecondità del Padre e del Figliuolo rifulge nella produzione dello Spirito Santo. Sola questa terza Persona, cosi ricca in fecondità quanto le due altre, rimane sterile, essendole impossibile di produrre una quarta persona della Trinità. Maria fa sparire questa inferiorità apparente. Per mercé sua, lo Spirito Santo diverrà fecondo: e si produrrà un Dio uomo e un Uomo Dio, capo d’opera di potenza e di amore. Non sembra forse che in ciò l’augusta Vergine gli dia un accrescimento di gloria, e che essa meriti una terza volta di essere appellata il complemento di tutta la Trinità : universum Trtnilatis complementum ? »Vedremo ben tosto ciò che produrrà in Maria medesima il concorso premuroso delle tre Persone divine. [Grandezze della Santa Vergine, c. i, § 3].

Verg. con Bambino

Maria è creata dallo Spirito Santo.

Maria è creata dallo Spirito Santo, capo d’ opera unico della Potenza infinita. « Verso di voi, le grida san Bernardo, come verso 1’arca di Dio, e verso la causa e il centro degli avvenimenti, come verso la gran faccenda di tutti i secoli, negotium omnium saeculorum, volgono i loro sguardi e gli abitatori dei cieli e gli abitatori della terra, e quelli che ci hanno preceduto, e noi che passiamo, e quelli che ci seguiranno, ed i figli de’ loro figli. Tutta da creazione fìssa gli occhi su di Voi, e con ragione. Di Voi, in Voi, per voi, la mano benefica dell’Onnipotente ha rigenerato tutto ciò che essa aveva creato. » [“Merito in te respiciunt oculi onmis creaturae, quia in te, et per te et de te benigna manus Omnipotentis quid quid creaverat, ricreavi”. Ser. II, de Pentecoste]. – Lo stesso Creatore contempla l’opera sua con infinite compiacenze. Maria è creata per essere la Sposa dello Spirito Santo e la madre del Verbo. Il matrimonio suppone il libero consenso delle parti: vediamo in qual modo é sollecitato quello della augusta Vergine. Le tre Persone della SS. Trinità inviano un messaggero, incaricato di chiederLa in matrimonio. Meravigliata di tanto onore, Maria si turba; ma ella stabilisce le sue condizioni e tratta con Dio anche da pari a pari. Io acconsentirò, dice, a patto di conservare intatto il giglio della mia verginità. Cosi una fanciullina di dodici anni tiene in sua mano la salute del mondo. Dalla sua volontà dipende il compimento dell’opera, alla quale si riportano sin dall’eternità tutti i divini consigli. L’augusta Trinità apparisce quasi supplichevole dinanzi a Maria. Ineffabile procedere! che contiene tutta una rivoluzione morale. La donna, fino allora l’essere il più abietto, diviene tutt’ad un tratto l’essere il più rispettato. Il genere umano avrà egli un Salvatore? La risposta di una donna deciderà. Maria riflette. Accettando il duplice titolo di Sposa dello Spirito Santo e di madre del Verbo, sa che essa accetta quello di regina dei martiri. Dinanzi ai suoi occhi si spiega una lunga serie di lugubri immagini; il presepio, la croce, il calvario saranno per Lei, poiché essi saranno pel suo Figliuolo. « Acconsentite, acconsentite, le grida sant’Agostino, non ritardate la salute del mondo. L’angelo vi ha data la sua parola; voi resterete vergine e sarete madre; voi avrete un figlio e la vostra verginità non patirà alcun danno. Felice Maria! tutto 1’uman genere schiavo vi supplica di acconsentire. Il mondo vi stabilisce presso Dio come l’ostaggio della sua fede. Non tardate; rispondete una parola al messaggero; acconsentite a diventar madre, impegnate la vostra fede, e conoscerete la virtù dell’Onnipotente. » [“Jam audisti quomodo fìet hoc; responde mane verbum. Vitam quid tricas mundo? Noli morari, Virgo; nuncio festinanter responde verbum, et suscipe filium; da fidem, et senti virtutem”. Ser. XVIII, de Sanct S. Bem., Ber. III, sup. Missus]. – Maria ha chinato dolcemente il suo capo verginale e ha detto: Io sono l’ancella del Signore, che sia fatto secondo la tua parola. Essa è sposa, è madre, e la sua corona nuziale è una corona di spine e le sue gioie materne sono il principio di un lungo martirio. Intanto il mondo è salvo, salvo per una donna; e l’anatema quaranta volte secolare, che pesava sulla donna è tolto via per sempre, imperocché da qui in poi Ella appare alla cima d’ogni bene. – Peraltro lo Spirito Santo è sceso sopra di Maria, e l’Essere santo che nascerà da Lei sarà chiamato il Figliuolo di Dio. – Perché il Figliuolo di Dio e non dello Spirito Santo? Per bocca dei dottori la fede cattolica risponde: Non sarà chiamato né sarà Figliuolo dello Spirito Santo, perché non sarà formato della sostanza dello Spirito Santo. La sua carne sarà la carne di Maria, e Maria sarà sua madre; ma la sua carne non essendo formata della sostanza dello Spirito Santo, lo Spirito Santo non sarà suo Padre. – Notiamo la precisione meravigliosa del divino linguaggio. – L’angelo non dice: Egli sarà chiamato, ovvero: Sarà Santo, ma dice: “L’essere Santo che nascerà da te, sarà chiamato il Figliuolo di Dio. Difatti, quegli che Maria concepisce era da lungo tempo; Egli era santo per essenza e Figliuolo di Dio. Restava dunque di appellarlo ciò che era, e appellandolo, a manifestare ch’Egli era Figliuolo di Dio non per adozione, ma per natura. – « L’angelo non dice: Il Santo che nascerà di te, ma: La cosa santa, l’Essere santo che nascerà di te. – Perché? Perché un gran numero sono chiamati o santificati, ma non vi ha che una cosa santa, un Essere santo, la stessa santità, da cui emana quella di tutti i santi. Quest’Essere santo è il Santo dei santi, il Figliuolo di Maria. Estraneo alla prevaricazione di Adamo, concepito per opera dello Spirito Santo, nato da una vergine senza màcchia, Ei non ha avuto bisogno, né al suo concepimento, né alla sua nascita di una santificazione accidentale, ma è santo per essenza e la santità medesima. » [Rupert., De Spir. sanct, lib. I, c. x.] – Ecco dunque la Verginella di Giuda divenuta la sposa dello Spirito Santo, la madre del Verbo, la parente di tutta la Trinità, “consanguinea Trinitatis”. Tanta gloria non è per essa sola. Come Eva e Adamo furono le basi della Città del male, cosi Maria e suo Figlio saranno le basi della Città del bene, innalzata sulla terra alla sua più gran perfezione. Conosciuta nel mondo tutto sotto il nome incomunicabile di Chiesa cattolica, questa gloriosa città riconosce Maria per sua Madre e sua padrona. Ai Cinesi, ai Tibetani, ai selvaggi d’oggidì, come ai Greci ed ai barbari d’un tempo, i quali le domandano la sua origine, essa risponde: Io sono figlia del Verbo eterno concepito di Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria : conceptus de Spiritu Sancto natus ex Maria Virgìne”.Essendo Madre e padrona della Chiesa, questa prerogativa di Maria spiega un mistero altrimenti inesplicabile.’Quando si conosce l’affezione reciproca di Gesù e di Maria si domanda con meraviglia, perché il Salvatore salendo al cielo non vi condusse seco la sua dilettissima Madre? Non aveva Essa più di qualunque altro partecipato ai suoi travagli, alle sue umiliazioni, a’ suoi patimenti? Ohi dunque meritava più d’essere associata alle sue glorie ed alle sue gioie? Mentre Egli medesimo, il migliore dei figli, va a godere di una felicità immutabile, senza fine, perché lascerà la più tenera delle madri nelle tristezze dell’esilio? I giusti dell’antico mondo che formano il suo corteggio, sono essi di miglior condizione di Maria? I loro desideri del cielo, più vivi dei suoi? Lo stesso buon ladrone sale al cielo, e Maria rimane sulla terra! Qual è il mistero di una simile condotta? Ritornando ora a suo Padre, Nostro Signore, lasciava la Chiesa nella culla. Come piccola e tenera bambina essa aveva bisogno di latte e di cure materne: Ei le dà sua madre, per nutrice, “ecce Fitius tuus”. Maria, sempre obbediente, accetta questo ufficio che prolungherà il suo esilio, e se ne sdebiterà con una premura ineffabile. Essa nutrisce la giovine sposa del suo Figliuolo, delle sue preghiere, de’ suoi esempi e delle sue lezioni, siccome Essa aveva nutrito del suo latte verginale lo Sposo della Chiesa, mentre era bambino. Come per esempio, in una casa, nell’assenza o dopo la morte del padre, la madre prende cura della famiglia e ne fa le faccende; cosi il Capo della Chiesa avendo cessato d’essere visibilmente presente in mezzo a lei, è Maria che vi si sostituisce. [Corn, a Lap., in Act, v, 42]. Ecco perché gli apostoli ed i discepoli La circondano del loro rispetto e della loro obbedienza filiale. Questa missione di Maria spiega la sua presenza nel Cenacolo con gli apostoli e con le sue preghiere continue per ottenere loro lo Spirito Santo. Essa spiega la fedeltà degli apostoli nel consultarla nelle faccende importanti. Possedendo di per sé sola più grazie e lumi che tutto il collegio apostolico, allorché gli organi del Verbo hanno bisogno di un supplemento d’istruzione, o d’una testimonianza per confermare l’interpretazione delle Scrittura, fanno ricorso a Colei che durante nove mesi fu la sede vivente della sapienza, “Sedes sapientiae”. Quindi san Bonaventura chiama Maria la maestra dei maestri, la maestra degli Evangelisti. [“Magistra magistrorum et magistra evangelista rum”. S. Bonaven Psalt. Mar.]. – I bei giorni della Chiesa primitiva ce la mostrano nel pieno esercizio di questa prerogativa. La sua parola. sovrana chiarisce tutti i dubbi, la sua materna autorità riconduce tutte le divergenze all’unita. È Essa che al concilio di Gerusalemme tronca la questione delle osservanze legali; questione delicata, vivamente discussa, cagione di serie turbolenze per la Chiesa nascente, e che anche per un istante aveva diviso Paolo e Cefa. « Non perchè, dice Ruperto, abbia Maria presieduto al Concilio; un simile ufficio non conveniva ad una donna, ma essa ne aveva dettati i decreti.1 » [Corn. a Lap., in Act., XV, 13]. -Prima della dispersione degli apostoli è Maria che apre la sua bocca in mezzo all’assemblea dei santi, ed emette, come la rugiada, le parole della sua sapienza per illuminare i principi della Chiesa. [Eccl, xv, 5. — Ps. CIV, -21]. – Come avrebbero gli apostoli e i discepoli potuto naturalmente conoscere i misteri della santa infanzia e della vita nascosta di Nostro Signore, se la santa Vergine non li avesse istruiti.? Chi altri se non la divina Madre poteva loro raccontare ‘l’annunzio del Precursore, la visita di Gabriele e il suo colloquio con Maria, la Visita a santa Elisabetta, la santificazione di Giovanni Battista nel seno di sua madre, il cantico virginale, la nascita ammirabile di Lui, e il cantico di Zaccaria, la nascita del Salvatore, la sua circoncisione, la sua presentazione al Tempio, il cantico e la profezia di Simeone, la venuta dei Magi, la fuga in Egitto, il ritorno a Nazaret, l’insegnamento di Gesù al Tempio, la sua sottomissione a’ suoi genitori ed una moltitudine d’altri particolari? – Dove sono i testimoni di questi misteri, compiuti la maggior parte nel segreto della vita domestica? Chi li conosceva come Maria? Essa sola poteva insegnarli agli apostoli. Questi alla loro volta ne hanno istruito il genere umano, consegnando nel Vangelo il racconto dell’augusta Madre. San Luca specialmente si dà incarico di descrivere le prime circostanze dell’incarnazione del Verbo. « Ho scritto, dice, secondo il racconto di quelli che hanno visto co’ loro propri occhi, sino da principio, e che sono stati i ministri del Verbo.1 » [Luc. I, 2]. Senza dubbio esistevano tuttora molti testimoni che avevano assistito al principio della predicazione del Salvatore, i quali avevano visto ciò che faceva, e sentito quel che diceva; ma fino al suo trentesimo anno, Maria sola lo sapeva, solo Essa poteva dirlo, poiché al tempo in cui san Luca scriveva, san Giuseppe era morto da lungo tempo. In conseguenza san Luca, storico della vita nascosta, è chiamato il segretario della Santa Vergine, Notarius Virginis. – Così prendendo ad imprestito il linguaggio di sant’Ilario, Maria sola insegnò agli apostoli ciò che fu sin da principio, quel che Ella sentì, ciò che vide co’suoi occhi. Essa manifestò pubblicamente ciò che contemplò, ciò che le sue mani toccarono del Verbo di vita, ciò che aveva veduto in segreto. Quel che le sue orecchie sole avevamo udito, ella l’annunziò sui tetti, affinché i predicatori apostolici lo facessero conoscere all’ intero mondo.1 « Qual riconoscenza dobbiamo noi a Maria, aggiunge Eusebio Emisseno, per avere custodite tante verità importanti, le quali non avremmo mai sapute senza di lei: Nisì enim ipsa conservasset, non ea haberemus. » – Dal canto suo san Bernardo, scandagliando con la sua consueta penetrativa i misteri di Maria, domanda perché l’Arcangelo Gabriele gli annunzia lo stato di Santa Elisabetta? Egli risponde: « Lo stato di santa Elisabetta è manifestato a Maria, affinché essendo informata a quando a quando della venuta del Precursore e di quella del Verbo, Ella conoscesse il tempo e l’ordine degli avvenimenti per modo, da potere più tardi rivelare agli apostoli ed agli evangelisti, la verità intorno alla quale Essa era stata sin dall’origine pienamente e divinamente istruita. – Non solamente l’augusta Madre nutre la giovine Chiesa dei più dolci e più importanti misteri, ma la fortifica,, la consola e le assicura una gloriosa immortalità. La Passione del suo divin Figliuolo non dee finire al Calvario. Ivi essa non fa che cominciare, perpetuandosi nei fratelli del Verbo incarnato, in tutti i punti del globo, sino alla fine dei secoli. Il giovine e coraggioso diacono Stefano, è arrestato, giudicato e condannato a morte. Maria non l’abbandona, come non aveva abbandonato il suo figliuolo che saliva sul Calvario. Scesa in fondo alla valle di Giosafat, non lungi dal torrente di Cedron, dove il giovine diacono deve essere lapidato, la dolce Vergine accompagnata da san Giovanni, si pone in ginocchio, e le preghiere della Regina dei martiri ottengono la palma della vittoria al primo di essi.[Corn, a Lap. in Act, VII, 57]. – Il fuoco della persecuzione si accende ognora più: tantoché gli Apostoli hanno bisogno di consigli, e i fedeli di consolazioni. Maria si fa tutta a tutti; la Chiesa di Gerusalemme è una famiglia della quale essa è madre. Intorno a Lei si riuniscono i suoi figliuoli; ciascuno le espone i suoi dolori ed i. suoi timori. Nessuno la lascia senza essere illuminato e consolato. Fortunati colloqui! un’ora dei quali si acquisterebbe a prezzo di una vita di ottant’anni. Ciò che sant’Agostino dice della sua buona madre, deve con molta più ragione dirsi di Maria: Essa era, o mio Dio! la serva de’ vostri servi, essa pigliava cura di loro, come se tutti fossero stati suoi figli, ed Ella si prestava ai loro desideri come se di tutti fosse stata la figlia.» [“Erat serva servoram tuorum, o Domine…. Ita curam gessit, quasi omnes genuisset.; ita servivit, quasi ab omnibus genita fuisset”. Confess, lib. IV, c. ix]. – La missione di consolare la Chiesa, di incoraggiarla, di proteggerla, non finisce colla vita mortale della santa Vergine. Immortale come la parola che ne compone il titolo, durerà quanto i secoli. Ecco il vostro Figlio, ecce filius tuus, le dice il Salvatore morendo. Finché questo figlio viaggerà sulla terra d’esilio, esposto agli assalti del principe della Città del male, egli avrà bisogno di voi; voi gli terrete luogo di madre, ecce filius tuus. La fedeltà di Maria al divino mandato è scritta in tutte le pagine della storia. – Da una parte, la Chiesa non esita di farle omaggio della distruzione di tutte le eresie: “cunctas haereses sola interemisti in universo mundo”. Dall’altra, essa le dà il nome glorioso di aiuto dei Cristiani: “Auxilium christianorum”. Con gli splendidi santuari eretti in suo onore in tutti i punti del globo, con le manifestazioni entusiastiche della loro figliale fiducia, del loro amore e della loro riconoscenza, gli individui ed i popoli ripetono, dall’origine del Cristianesimo in poi ad una voce, che 1’empietà non potrà mai ridurre al silenzio che Maria è l’aiuto dei cristiani, la colonna della Chiesa, il terrore di satana, la speranza dei disperati, la consolatrice degli afflitti, la salute degli infermi, quella del mondo, e la pietra angolare della Città del bene. – La Sinagoga fa eco alla Chiesa, e, per bocca dei suoi dottori, proclama le glorie, la potenza e le bellezze della Vergine di Giuda. «Dicono essi che é per amore alla Vergine immacolata, che Dio ha creato il mondo. Non solamente egli l’ha creato per amore verso di Lei, ma per amor suo Egli lo conserva. Da lungo tempo i delitti del mondo l’avrebbero fatto perire, se la potente intercessione della dolce Vergine non l’avesse salvato. » [R. Onkelos, apud Cor. a Lap., in Prov., VIII, 22].San Bernardo mostra che la fede più ortodossa non trova alcuna esagerazione nelle parole dei rabbini, allorquando esclama: « Per Maria tutta la scrittura è stata fatta: per Lei tutto l’universo è stato creato. Come piena di grazia, per Lei il genere umano è stato redento, il Verbo fatto carne, Dio umile e l’uomo Dio. » S. Bern in Serm. IV in Assumpt.].Sposa dello Spirito Santo, Madre del Verbo, pietra angolare della Città del bene, capo d’opera di interiore ed esteriore bellezza, Maria è la perla dell’universo.Tante gloriose prerogative sono forse 1’ultima parola della sua creazione? Nient’affatto. Per un privilegio unico, Maria riunisce in sé le due glorie incompatibili della donna, la verginità e la maternità. Vergine e Madre, mistero di santità e mistero d’ amore: mistero di grazia, di pudore, di timida modestia, e mistero di coraggio e di sacrificio sublime; tipo di una nuova donna, ignota all’antico mondo: stipite eternamente fecondo di un glorioso lignaggio di donne, vergini per la loro purità senza macchia, e madri per l’eroismo della loro carità: tale è Maria, e tale essa doveva essere. – Dopo la primitiva prevaricazione, un anatema speciale pesava sulla donna: bisognava che una donna venisse a levarlo. Ed era necessario; affinché il Principe della Città del male avesse la vergogna d’esser vinto da Quella stessa, di cui si era fatto un istrumento di vittoria. Era necessario, perché la donna, causa principale della rovina dell’uomo, diventasse la sua salute. Come colpevole messaggera del demonio, aveva essa recato la morte all’ uomo; come messaggera benefica di Dio, essa doveva apportargli la vita’. [“Per foeminam mors, per foeminam vita; per Evam interitus, per Mariani salus”. S. Aug. De Symbol, ad catechum., tract. m, § 4]. – II genere umano lo sapeva ; tutte le tradizioni dell’antico mondo ponevano la donna alla testa del male; e tutte le tradizioni del nuovo mondo dovranno porla alla testa del bene. Le antiche generazioni col ripetersi a vicenda : è la donna la causa di tutte le nostre disgrazie, avevano accumulato sul capo della donna un mucchio d’odio e di disprezzo, da fare dell’antica compagna dell’uomo, il più abietto e il più miserabile degli esseri. Per conseguenza ripetendosi fin sul limitare dell’ eternità: “Alla donna noi andiamo debitori dì tutti ì beni”, le novelle generazioni circonderanno essa di una venerazione e di una riconoscenza, che ne formeranno l’essere il più rispettato ed il più santamente amato di tutti quelli che Iddio ha tratti dal nulla. – Come Vergine e Madre, Maria è ciò che fu la donna nella mente del Creatore: l’aiuto dell’uomo, simile a lui : Adjutortum simile sibi. Essa medesima partorisce figli simili a Lei, madri come Lei, e madri degne di questo nome. – Siccome Maria aveva assunto in sé tutte le glorie delle donne bibliche, le sue preparazioni e le sue figure; così essa comunica le sue qualità alle donne evangeliche, la sua continuazione ed il suo prolungamento. Tutte sono sue figlie; ma qualunque siano le loro ricchezze e le loro bellezze, Maria le supera tutte. Agnese é sua figlia, Lucia è sua figlia, Cecilia, Agata e Caterina parimente. Tutte queste vergini, tutte queste donne, risplendenti di virtù, ricche di meriti e di glorie, sono figlie di Maria, ma essa tutte le supera. [S. Bonav., in Specul., c. II.] – Bisognerebbe scorrere gli annali di tutti i popoli cattolici, se si volessero nominare queste donne nuove, figlie gloriose di Maria; queste madri di famiglia così grandi, così rispettate, così predilette e cosi devote; queste vergini eroine, fiori graziosi del giardino dello Sposo, api infaticabili, le quali compongono delle più rare virtù, un balsamo sovrumano per tutte le infermità. Considerate piuttosto e vedete tutto ciò che il mondo deve alla donna rigenerata da Maria. Esso deve a Lei la famiglia; ed è alla famiglia che la società cristiana è debitrice di tutta la sua superiorità. La donna è una potenza cristiana. Quest’elemento di civilizzazione mancava al mondo antico; manca altresì al mondo idolatra; e con lui manca e mancherà sempre la civiltà. Esso deve a Lei la più splendida varietà di gratuiti servigi per tutti i bisogni dell’anima e del corpo. Esso Le deve la conservazione di ciò che resta di fede sulla terra. – Come la prima alle catacombe, così la donna è l’ultima ai piè degli altari. Le deve infine, anche oggi, Io spettacolo forse il più bello, ma certamente il più misterioso che egli abbia visto giammai. – Fin qui le donne e le vergini cattoliche, figlie e sorelle di Maria, erano rimaste nell’interno del focolare domestico o non avevano varcato mai, almeno per l’apostolato, le frontiere del mondo civilizzato. Tutt’ad un tratto lo Spirito del Cenacolo si è diffuso su di esse. Il suo ardore le anima, la sua forza le sostiene. Trasformate come gli apostoli, volano esse alla conquista delle anime. – Timidità, delicatezza, pregiudizi, vincoli di sangue, tutto è sparito, la donna dà luogo all’eroina. – Simile a quei leggeri granelli,che nei giorni di autunno il vento trasporta in tutte le direzioni, per dar nascita a delle pepiniere di fiori e di arboscelli, cosi esse vanno, portate sulle ali della Provvidenza, a riposarsi alle quattro parti del mondo. Alla vista loro, l’Arabo, il Cinese, il Mussulmano, il Selvaggio rimangono colpiti di stupore. Domandano ingenuamente se esse sono femmine, e non piuttosto angeli discesi direttamente dal cielo! Tante virtù eroiche in un sesso che non hanno mai saputo altro che disprezzare, è per essi un mistero palpabile che le dispone a credere tutti gli altri. – Maria essendo quel che essa è, facendo ciò che noi sappiamo e anche molto più, si può prevedere sino a qual grado di potenza e di perfezione la sua influenza innalzerà la Città del bene. Satana l’aveva compresa meglio dell’uomo. L’anatema primitivo era a lui sempre presente; egli, orgoglio incarnato, sapeva che un giorno il capo gli, sarebbe schiacciato da una donna! Questo pensiero fa salire il suo odio sino al parossismo. Per quattro mila anni ei si vendica della donna oltraggiandola in tutti i modi; ma non basta; egli vuole ad ogni costo impedire la vittoria che egli teme. Ei sa che la Donna il cui piede gli schiaccerà la testa, sarà Vergine e Madre di Dio; perciò egli adopera tutti i suoi artifizi per far disconoscere Maria, e paralizzare la sua azione salutare sul mondo. – Come grande scimmia di Dio, molto tempo innanzi, ei moltiplica presso tutti i popoli le caricature dell’augusta Vergine; « Per timore, dice egli, che la mia nemica non sia riconosciuta e onorata come Madre di Dio, io ne inventerò un’altra.» E sino dalla più remota antichità inventa Cibele, la madre di tutti gli dei, la moglie del vecchio Saturno, di essi il più antico. Il suo culto, celebre per tutta la terra, impedirà all’uomo di non fare alcun caso di un’altra madre di Dio, più recente e meno feconda; ma una sola non gli basta. Tutte le antiche mitologie dell’ Occidente, come tutte le mitologie attuali dell’Oriente, sono piene di dee, madri di dei! – “Senza dubbio che la mia Nemica farà mostra del suo Figliuolo; poiché l’orgoglio di una madre si è di portare il suo figlio nelle braccia. Questo spettacolo farà si che tutti ameranno lei e il suo figliuolo.” Ed egli inventa Venere, tipo della sensuale bellezza; tra le sue braccia le pone un figlio, Cupido, il quale con le sue trecce accende l’amore in tutti i cuori. Tutto quanto il genere umano farà il cambio, e crederà che questa madre col figlio, non è che una copia di Venere e di Cupido. « Senza fatica si attribuirà un gran credito alla mia Nemica sul cuore di Dio. Il mondo sarà condotto ad implorarla; e questa fiducia affermerà il suo impero. » – Ed egli inventa Giunone, la regina dell’Olimpo, potente sul cuore di Giove, suo sposo, e il padrone degli dei. – « La mia Nemica sarà l’ausiliatrice degli infanti, degli infelici e delle persone del suo sesso. I suoi santuari saranno assediati da moltitudini che verranno ad esporle i loro bisogni dell’anima e del corpo. Le grazie ottenute renderanno popolare il suo culto, ed il mio cadrà a poco a poco in dispregio. » Affinché dunque niuno faccia ricorso a Maria, egli inventa Diana, dea a tutti benefica. I pastori ed i villici l’invocheranno, perché sarà creduto che essa presegga alle selve ed ai monti. Le donne incinte ricorreranno a lei, come pure i viandanti di notte e quelli che avranno male agli occhi, poiché sotto il nome di Lucina o luminosa, si crederà che essa aiuti l’infante a venire alla luce, e che dissipi le tenebre e renda ai ciechi la vista. [Vedi il Padre d’Argentari, Grandezze della santa Vergine, t. Ili, o. xxv, §11]. Il ‘pensiero satanico di screditare Maria non é vecchio. – Un missionario scrive dalle Indie: « Mariamacovil è una grossa borgata, vicino a Tanjaour. Le sue case stanno aggruppate intorno all’enorme pagoda di Mariamél, falsa divinità, che ha dato il suo nome alla piccola città. Il furibondo demonio contro Colei che gli ha schiacciato il capo, ha voluto travestire il culto della nostra buona Madre del cielo. Egli ha dunque ispirato a suoi sacerdoti d’immaginare una dea che portasse il nome di Maria, e di presentarla ai loro balordi come una divinità malefica, che non si dee cercare altro che di pacificare, per impedirle di far del male. Questa orribile bestemmia contro la Madre di bontà è ben degna dell’inferno. Perciò questo borgo è un dei baluardi del paganesimo. » [Annali della santa Infanzia, n. 89, p. 411, dicem. 1862.] – Insomma, molti secoli avanti la nascita di Maria, satana riempì il mondo pagano di un numero infinito di dee e di semidee, di Palladi, di Minerve, di Cereri, di Proserpine e cento altre, che tutte insieme formano un’immensa contraffazione di Maria, all’oggetto di oscurare la sua gloria, come una nuvola di polvere che nasconde la faccia del sole. – Vani sforzi! «La Santissima Vergine, dice Eutimio, ha stritolato gli altari degli idoli, rovesciato i templi dei gentili, fatto asciugare i torrenti di sangue cristiano sparsi in tutte le parti del mondo. ». satana non si dà per questo vinto. Per mezzo delle eresie, ei ricomincia la lotta. Ancora qui, come l’abbiamo osservato, tutti i suoi sforzi tendono a distruggere il domma del Verbo incarnato, e per conseguenza a detronizzare Maria. Disperato tentativo! Tutte le volte che l’antico serpente alza il capo, egli sente il piede verginale di Maria che lo schiaccia; imperocché bisogna che l’anatema divino abbia eternamente il suo effetto; Ipsa conteret caput tuum. Sino alla fine della prova riserbata alla specie umana, la lotta ricomincerà sotto un nome o sotto un altro, con la stessa onta per satana e la stessa gloria per Maria.

Aspirazioni di un’anima rassegnata

All’ateo miscredente che, pensando con il “diritto alla morte” di sfuggire alle brevi sofferenze del mondo, corre verso quelle ben peggiori ed eterne dell’inferno, il Cristiano risponde così:

Una PREGHIERA per il cristiano che soffre

getsemani

Aspirazioni di un’anima rassegnata

Care sofferenze, che venite dalle mani di Dio, siate le benvenute…

Care sofferenze che ….

siate le benvenute!

(si ripete ogni volta).

… che mi collocate fra le mani predilette del Signore, …

… che attirate su di me le compiacenze divine …

… che mi fate vero discepolo di Gesù Cristo …

… che mi date a gustare il calice delle amarezze del mio Salvatore …

… che mi fate degno di essere crocifisso con Gesù …

… che mi preservate dai pericoli delle gioie mondane …

… che mi distaccate da tutte le vanità della terra …

… che purificate ogn’or più l’anima mia …

… che mi giovate a soddisfare alla divina giustizia …

… che mi fate evitare le pene del Purgatorio …

… che mi fate conoscere quanto io sia miserabile …

… che mi innalzate e mi unite maggiormente a Dio …

… che mi costringete ad umiliarmi sotto la mano onnipotente di Dio …

… che mi spingete a gettarmi nelle braccia della misericordia del Signore ..

… che mi ispirate le più calde preghiere …

… che mi fate trovare in Dio solo la vera pace …

… che mi tenete sulla via dell’eterna salvezza …

… che mi arricchite di tanti meriti …

… che mi rendete simile a Gesù Redentore …

… che mi aiutate a suffragare le anime purganti …

… che mi arruolate fra le schiere dei martiri …

… che mi fate sprezzare questa misera vita …

… che mi fate sospirare il momento della morte …

… che mi assicurate il bel Paradiso …

… che fra breve formerete la mia gioia e la mia felicità …

… che brevi e leggere vi muterete in gaudi immensi ed eterni …

Care sofferenze, tesori veramente preziosi, io vi amo, vi desidero, vi abbraccio di tutto cuore.

O Gesù, che per amor mio vi assoggettaste a tanti patimenti, fate che anch’io soffra per amor vostro.

O Gesù, che avete sofferto tutta la vita con tanta pazienza, fate che anch’io soffra con rassegnazione.

 

O Gesù, che con gaudio andaste incontro alla morte di croce, fate che anch’io soffra con gioia ogni tribolazione, finché mi sia dato di venire a godervi per tutti i secoli nel regno dei cieli. E così sia.

SAN BONAVENTURA sermone, “per aquaeductum”

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Homilia Sancti Bonaventurae Episcopi

Sermo de regia dignitate Beatae Mariae Virginis Beata Maria Virgo, summi Regis mater est per generosam conceptionem, secundum quod dicitur in verbo sibi dicto ab Angelo: Ecce inquit, concipies et paries filium; et postea: Dabit ei Dominus sedem David patris eius, et regnabit in domo Iacob in aeternum, et regni eius non erit finis. Ac si aperte dicat: Concipies et paries filium Regem, in regali solio aeternaliter residentem, ac per hoc tamquam Mater Regis regnabis, et ut Regina in regali solio residebis. Si enim decet filium honorem matri dare, decet ut ei communicet thronum regalem; unde Virgo Maria, quia concepit eum, qui habet in femore scriptum: Rex regum et Dominus dominantium, statim ex quo concepit Filium Dei, Regina fuit, non solum terrae, sed etiam caeli, quod designatum est in Apocalypsi ubi dicitur: Signum magnum apparuit in caelo: mulier amicta sole, et luna sub pedibus eius, et in capite eius corona stellarum duodecim.

Maria Regina est praeclarissima quantum ad gloriam, quod bene designat Propheta in psalmo qui specialiter est de Christo et Virgine Maria, ubi primo dicitur de Christo: Sedes tua, Deus, in saeculum saeculi, et paulo post de Virgine: Adstitit regina a dextris tuis, hoc est in potioribus bonis, quod quidem dictum est quantum ad gloriam mentis. Sequitur: In vestitu deaurato, in quo exprimitur vestitus gloriosae immortalitatis, quem decuit habere Virginem in sua Assumptione. Absit enim ut vestimentum illud quo opertus est Christus, quod etiam fuit perfecte sanctificatum in terra per Verbum incarnatum, fiat cibus vermium. Sicut decuit Christum dare gratiam Matri suae plenissimam in sua Conceptione, sic decuit tribuere plenissimam gloriam in ipsius Matris Assumptione. Et ideo tenendum est quod Virgo, gloriosa in anima et corpore, sedeat iuxta Filium.

Maria Regina est et dispensatrix gratiae, quod designatum fuit in libro Esther, ubi dicitur: Parvus fons qui crevit in fluvium, et in lucem et solem conversus est. Virgo Maria sub figura Esther comparatur diffusioni fontis et luminis, propter diffusionem gratiae quantum ad duplicem usum, actionis licet et contemplationis. Gratia enim Dei, quae est medicativa generis humani, per ipsam ad nos descendit quasi per aquaeductum, quia ad ipsam Virginem pertinet dispensatio gratiae non per modum principii, sed per modum meriti. Merito igitur Virgo Maria est excellentissima Regina in comparationem ad plebem, cum impetrat veniam, superat pugnam, et distribuit gratiam, et consequenter perducit ad gloriam.

-S_Maria-Regina

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[Omelia di s. Bonaventura vescovo: Sermone sulla regia dignità della Beata Maria Vergine La beata vergine Maria è diventata madre del sommo Re mediante una maternità del tutto singolare, secondo quanto si sentì dire dall’angelo: «Ecco, concepirai e darai alla luce un figlio»; e inoltre: «Il Signore gli darà il trono di David suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà fine». È come se dicesse apertamente: Concepirai e darai alla luce un figlio che è re, che eternamente abita sul suo trono regale, e per questo tu regnerai come madre del Re, e come Regina siederai tu pure sul trono regale. Se infatti è giusto che il figlio onori la madre, è altrettanto giusto che partecipi ad essa il trono regale; per questo, per il fatto cioè che la vergine Maria ha concepito colui che porta scritto sul suo femore «Re dei re e Signore dei dominanti», nell’istante stesso in cui concepì il Figlio di Dio, divenne Regina non soltanto della terra, ma anche del cielo. E questo era stato preannunciato nell’Apocalisse dove si dice : «Un grande prodigio apparve nel cielo: una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle».

Anche riguardo alla sua gloria, Maria è regina illustre. Il Profeta esprime ciò in modo adeguato in quel salmo, che si riferisce in modo particolare a Cristo e alla vergine Maria. In esso si afferma in un primo luogo di Cristo: «Il tuo trono, o Dio, è eterno». Poco dopo si dice della Vergine: «Alla tua destra è assisa la regina». Ciò si riferisce alle qualità più elevate, e perciò viene attribuito alla gloria del cuore. Poi il testo prosegue: «Vestita in laminato d’oro»: qui si intende il vestito di quella gloriosa immortalità che Maria acquistò con l’assunzione. Non si può credere che il vestito che aveva circondato il Cristo e che sulla terra era stato santificato totalmente dal Verbo incarnato, fosse distrutto dalla corruzione. Come fu opportuno che Cristo donasse a sua Madre la grazia totale quando ella fu concepita, così fu pure opportuno che donasse la gloria completa con l’assunzione di sua Madre. Ne consegue che è da ritenere vero il fatto che la Vergine, entrata nella gloria con l’anima e con il corpo, sia assisa accanto al Figlio.

Maria è regina e distributrice di grazie: ciò fu. intuito nel libro di Ester, dove è scritto: «La fonte crebbe diventando fiume, e poi si trasformò in luce e in sole». La vergine Maria, raffigurata nella persona di Ester, è paragonata al dilatarsi dell’acqua e della luce, proprio perché diffonde la grazia che aiuta l’azione e la contemplazione. La stessa grazia di Dio che curò l’umanità, fu comunicata a noi attraverso Maria, come attraverso un acquedotto: è un compito della Vergine distribuire la grazia, non perché sia creatrice di grazia, ma perché ce la guadagna con i suoi meriti. Giustamente, quindi, la vergine Maria è regina nobile di fronte al suo popolo, proprio perché ci ottiene il perdono, vince le difficoltà, distribuisce la grazia e finalmente, introduce nella gloria.]

31 maggio: la Festa di MARIA REGINA

La festa di Maria Regina fu istituita infallibilmente ed irrevocabilmente da S.S. Pio XII, e fissata per il 31 maggio. Chi ne ha cambiato la data, a distanza di pochi anni, con un atto illecito e contrario al Magistero ecclesiale, e quindi alla volontà di DIO, ha così dimostrato, in modo palese e sfacciato, di non possedere alcuna autorità, di non essere cioè il Vicario di Cristo, bensì il suo antagonista ed un fantoccio luciferino, pieno di odio verso Dio e la Vergine Maria, Regina di tutte le creature che amano Dio. Ed ancora una volta la Donna della Genesi e dell’Apocalisse stana il serpente velenoso in attesa che ne schiacci definitivamente la testa “… il mio Cuore Immacolato alla fine trionferà”. W Maria, w la nostra Madre e REGINA.

PIO XII

LETTERA ENCICLICA

AD CAELI REGINAM (1)

DIGNITÀ REGALE DELLA SANTA VERGINE MARIA

Maria Regina

Fin dai primi secoli della chiesa cattolica il popolo cristiano ha elevato supplici preghiere e inni di lode e di devozione alla Regina del cielo, sia nelle circostanze liete, sia, e molto più, nei periodi di gravi angustie e pericoli; né vennero meno le speranze riposte nella Madre del Re divino, Gesù Cristo, mai s’illanguidì la fede, dalla quale abbiamo imparato che la vergine Maria, Madre di Dio, presiede all’universo con cuore materno, come è coronata di gloria nella beatitudine celeste.

Ora, dopo le grandi rovine che, anche sotto i Nostri occhi, hanno distrutto fiorenti città, paesi e villaggi; davanti al doloroso spettacolo di tali e tanti mali morali, che si avanzano paurosamente in limacciose ondate, mentre vediamo scalzare le basi stesse della giustizia e trionfare la corruzione, in questo incerto e spaventoso stato di cose, Noi siamo presi da sommo dispiacere e perciò ricorriamo fiduciosi alla Nostra regina Maria, mettendo ai piedi di lei, insieme col Nostro, i sentimenti di devozione di tutti i fedeli, che si gloriano del nome di cristiani.

È gradito e utile ricordare che Noi stessi, il 1° novembre dell’anno santo 1950, abbiamo decretato, dinanzi a una grande moltitudine di em.mi cardinali, di venerandi vescovi, di sacerdoti e di cristiani, venuti da ogni parte del mondo, il dogma dell’Assunzione della beatissima Vergine Maria in cielo,(2) dove, presente in anima e corpo, regna tra i cori degli Angeli e dei santi, insieme al suo unigenito Figlio. Inoltre, ricorrendo il centenario della definizione dogmatica fatta dal Nostro predecessore, Pio IX, di imm. mem., sulla Madre di Dio Concepita senza alcuna macchia di peccato originale, abbiamo indetto l’anno mariano,(3) nel quale con gran gioia vediamo che non solo in questa alma città – specialmente nella Basilica Liberiana, dove innumerevoli folle continuano a professare apertamente la loro fede e il loro ardente amore alla Madre celeste – ma anche in tutte le parti del mondo la devozione verso la Vergine, Madre di Dio, rifiorisce sempre più; mentre i principali santuari di Maria hanno accolto e accolgono ancora pellegrinaggi imponenti di fedeli devoti.

Tutti poi sanno che Noi, ogni qualvolta Ce n’è stata offerta la possibilità, cioè quando abbiamo potuto rivolgere la parola ai Nostri figli, venuti a trovarci, e quando abbiamo indirizzato messaggi anche ai popoli lontani per mezzo delle onde radiofoniche, non abbiamo cessato di esortare tutti coloro, ai quali abbiamo potuto rivolgerCi, ad amare la nostra benignissima e potentissima Madre di un amore tenero e vivo, come conviene a figli. In proposito, ricordiamo particolarmente il radiomessaggio, che abbiamo indirizzato al popolo portoghese, nell’incoronazione della taumaturga Madonna di Fatima,(4) da Noi stessi chiamato radiomessaggio della «regalità» di Maria.(5)

Pertanto, quasi a coronamento di tutte queste testimonianze della Nostra pietà mariana, cui il popolo cristiano ha risposto con tanta passione, per concludere utilmente e felicemente l’anno mariano che volge al termine e per venire incontro alle insistenti richieste, che Ci sono pervenute da ogni parte, abbiamo stabilito di istituire la festa liturgica della «beata Maria Vergine Regina».

Non si tratta certo di una nuova verità proposta al popolo cristiano, perché il fondamento e le ragioni della dignità regale di Maria, abbondantemente espresse in ogni età, si trovano nei documenti antichi della chiesa e nei libri della sacra liturgia.

Ora vogliamo richiamarle nella presente enciclica per rinnovare le lodi della nostra Madre celeste e per renderne più viva la devozione nelle anime, con vantaggio spirituale.

I

Il popolo cristiano ha sempre creduto a ragione, anche nei secoli passati, che colei, dalla Quale nacque il Figlio dell’Altissimo, che «regnerà eternamente nella casa di Giacobbe» (Lc 1, 32), (sarà) «Principe della pace» (Is 9, 6), «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19, 16), al di sopra di tutte le altre creature di Dio ricevette singolarissimi privilegi di grazia. Considerando poi gli intimi legami che uniscono la madre al figlio, attribuì facilmente alla Madre di Dio una regale preminenza su tutte le cose.

Si comprende quindi facilmente come già gli antichi scrittori della Chiesa, avvalendosi delle parole dell’arcangelo san Gabriele, che predisse il regno eterno del Figlio di Maria (cf. Lc 1, 32-33), e di quelle di Elisabetta, che s’inchinò davanti a Lei, chiamandola «madre del mio Signore» (Lc 1, 43), abbiano, denominando Maria «madre del Re» e «madre del Signore», voluto significare che dalla regalità del Figlio dovesse derivare alla Madre una certa elevatezza e preminenza.

Pertanto sant’Efrem, con fervida ispirazione poetica, così fa parlare Maria: «Il cielo mi sorregga con il suo braccio, perché io sono più onorata di esso. Il cielo, infatti, fu soltanto tuo trono, non tua madre. Ora quanto è più da onorarsi e da venerarsi la madre del Re del suo trono!».(6) E altrove così egli prega Maria: «… Vergine Augusta e Padrona, Regina, Signora, proteggimi sotto le tue ali, custodiscimi, affinché non esulti contro di me satana, che semina rovine, né trionfi contro di me l’iniquo avversario».(7)

San Gregorio di Nazianzo chiama Maria: Madre del Re di tutto l’universo», «Madre Vergine, [che] ha partorito il Re di tutto il mondo»,(8) mentre Prudenzio ci parla della Madre, che si meraviglia «di aver generato Dio come uomo sì, ma anche come sommo Re».(9)

La dignità regale di Maria è poi chiaramente asserita da coloro che la chiamano «Signora», «Dominatrice», «Regina». Secondo un’omelia attribuita a Origene, Elisabetta apostrofa Maria «Madre del mio Signore», e anche: «Tu sei la mia Signora».(10)

Lo stesso concetto si può dedurre da un testo di san Girolamo, nel quale espone il suo pensiero circa le varie interpretazioni del nome di Maria: «Si deve sapere che Maria, nella lingua siriaca, significa Signora».(11) Ugualmente si esprime, dopo di lui, san Pietro Crisologo: «Il nome ebraico Maria si traduce “Domina” in latino: l’angelo dunque la saluta “Signora” perché sia esente da timore servile la madre del Dominatore; che per volontà del Figlio nasce e si chiama Signora».(12)

Sant’Epifanio, vescovo di Costantinopoli, scrive al sommo Pontefice Ormisda, che si deve implorare l’unità della Chiesa «per la grazia della Santa e consostanziale Trinità e per l’intercessione della nostra Santa Signora, gloriosa Vergine e Madre di Dio, Maria».(13)

Un autore di questo stesso tempo si rivolge con solennità alla beata Vergine seduta alla destra di Dio, invocandone il patrocinio, con queste parole: «Signora dei mortali, santissima Madre di Dio».(14)

Sant’Andrea di Creta attribuisce spesso la dignità regale alla Vergine; ne sono prova i seguenti passi: « (Gesù Cristo) portò in questo giorno come regina del genere umano dalla dimora terrena (ai cieli) la sua Madre sempre Vergine, nel cui seno, pur rimanendo Dio, prese l’umana carne».(15) E altrove: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose».(16)

San Germano poi così si rivolge all’umile Vergine: «Siedi, o Signora: essendo tu Regina e più eminente di tutti i re ti spetta sedere nel posto più alto»;(17) e la chiama. «Signora di tutti coloro che abitano la terra».(18)

San Giovanni Damasceno la proclama «Regina, Padrona, Signora»(19) e anche «Signora di tutte le creature»;(20) e un antico scrittore della chiesa occidentale la chiama «Regina felice», «Regina eterna, presso il Figlio Re», della quale «il bianco capo è ornato di aurea corona».(21)

Sant’Ildefonso di Toledo riassume tutti i titoli di onore in questo saluto: «O mia Signora, o mia Dominatrice: tu sei mia Signora, o Madre del mio Signore… Signora tra le ancelle, regina tra le sorelle».(22)

I teologi della Chiesa, raccogliendo l’insegnamento di queste e di molte altre testimonianze antiche, hanno chiamato la beatissima Vergine Regina di tutte le cose create, Regina del mondo; Signora dell’universo.

I sommi pastori della Chiesa non mancarono di approvare e incoraggiare la devozione del popolo cristiano verso la celeste Madre e Regina con esortazioni e lodi. Lasciando da parte i documenti dei Papi recenti, ricorderemo che già nel secolo settimo il Nostro predecessore san Martino I, chiamò Maria «Nostra Signora gloriosa, sempre Vergine»;(23) sant’Agatone, nella lettera sinodale, inviata ai padri del sesto concilio ecumenico, la chiamò «Nostra Signora, veramente e propriamente Madre di Dio»;(24) e nel secolo VIII, Gregorio II, in una lettera inviata al patriarca san Germano, letta tra le acclamazioni dei padri del settimo concilio ecumenico, proclamava Maria «Signora di tutti e vera Madre di Dio» e «Signora di tutti i cristiani».(25)

Ricorderemo parimenti che il Nostro predecessore di immortale memoria Sisto IV, nella lettera apostolica Cum praeexcelsa,(26) in cui accenna con favore alla dottrina dell’Immacolata Concezione della beata Vergine, comincia proprio con le parole che dicono Maria «Regina, che sempre vigile intercede presso il Re, che ha generato». Parimenti Benedetto XIV, nella lettera apostolica Gloriosae Dominae, chiama Maria «Regina del cielo e della terra», affermando che il sommo Re ha, in qualche modo, affidato a Lei il suo proprio impero.(27)

Onde sant’Alfonso, tenendo presente tutta la tradizione dei secoli che lo hanno preceduto, poté scrivere con somma devozione: «Poiché la Vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la Chiesa l’onora col titolo di Regina».(28)

II

La sacra liturgia, che è lo specchio fedele dell’insegnamento tramandato dai Padri e affidato al popolo cristiano, ha cantato nel corso dei secoli e canta continuamente sia in Oriente che in Occidente le glorie della celeste Regina.

Fervidi accenti risuonano dall’Oriente: «O Madre di Dio, oggi sei trasferita al cielo sui carri dei cherubini, i serafini si onorano di essere ai tuoi ordini, mentre le schiere dei celesti eserciti si prostrano dinanzi a te».(29)

E ancora: «O giusto, beatissimo (Giuseppe), per la tua origine regale sei stato fra tutti prescelto a essere lo sposo della Regina immacolata, la quale darà alla luce in modo ineffabile il Re Gesù».(30) E inoltre: «Scioglierò un inno alla Madre Regina, alla quale mi rivolgo con gioia, per cantare lietamente le sue glorie. … O Signora, la nostra lingua non ti può celebrare degnamente, perché Tu, che hai dato alla luce Cristo, nostro Re, sei stata esaltata al di sopra dei serafini. … Salve, o Regina del mondo, salve, o Maria, Signora di tutti noi».(31)

Nel «Messale» etiopico si legge: « O Maria, centro di tutto il mondo … tu sei più grande dei cherubini pluriveggenti e dei serafini dalle molte ali. … Il cielo e la terra sono ricolmi della santità della tua gloria».(32)

Fa eco la liturgia della chiesa latina con l’antica e dolcissima preghiera «Salve, regina», le gioconde antifone «Ave, o regina dei cieli», «Regina del cielo, rallégrati, alleluia» e altri testi, che si recitano in varie feste della beata Vergine Maria: «Come Regina stette alla tua destra con un abito dorato, rivestita di vari ornamenti»;(33) «La terra e il popolo cantano la tua potenza, o regina»;(34) «Oggi la vergine Maria sale al cielo: godete, perché regna con Cristo in eterno».(35)

A tali canti si devono aggiungere le Litanie lauretane, che richiamano i devoti a invocare ripetutamente Maria Regina; e nel quinto mistero glorioso del santo Rosario, la mistica corona della celeste Regina, i fedeli contemplano in pia meditazione già da molti secoli, il regno di Maria, che abbraccia il cielo e la terra.

Infine l’arte ispirata ai principi della fede cristiana e perciò fedele interprete della spontanea e schietta devozione popolare, fin dal Concilio di Efeso, è solita rappresentare Maria come Regina e Imperatrice, seduta in trono e ornata delle insegne regali, cinta il capo di corona e circondata dalle schiere degli Angeli e dei santi, come colei che domina non soltanto sulle forze della natura, ma anche sui malvagi assalti di satana. L’iconografia, anche per quel che riguarda la dignità regale della beata vergine Maria, si è arricchita in ogni secolo di opere di grandissimo valore artistico, arrivando fino a raffigurare il divino Redentore nell’atto di cingere il capo della Madre sua con fulgida corona.

I pontefici romani non hanno mancato di favorire questa devozione del popolo, decorando spesso di diadema, con le proprie mani o per mezzo di legati pontifici, le immagini della vergine Madre di Dio, già distinte per singolare venerazione.

III

Come abbiamo sopra accennato, venerabili fratelli, l’argomento principale, su cui si fonda la dignità regale di Maria, già evidente nei testi della tradizione antica e nella sacra liturgia, è senza alcun dubbio la sua divina maternità. Nelle sacre Scritture infatti, del Figlio, che sarà partorito dalla Vergine, si afferma: «Sarà chiamato Figlio dell’Altissimo e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà nella casa di Giacobbe eternamente e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 32-33); e inoltre Maria è proclamata «Madre del Signore» (Lc 1, 43). Ne segue logicamente che ella stessa è Regina, avendo dato la vita a un Figlio; che nel medesimo istante del concepimento, anche come uomo, era Re e Signore di tutte le cose, per l’unione ipostatica della natura umana col Verbo. San Giovanni Damasceno scrive dunque a buon diritto: «È veramente diventata la Signora di tutta la creazione, nel momento in cui divenne Madre del Creatore»(36) e lo stesso Arcangelo Gabriele può dirsi il primo araldo della dignità regale di Maria.

Tuttavia la Beatissima Vergine si deve proclamare Regina non soltanto per la maternità divina, ma anche per la parte singolare che, per volontà di Dio, ebbe nell’opera della nostra salvezza eterna. «Quale pensiero – scrive il Nostro predecessore di felice memoria Pio XI – potremmo avere più dolce e soave di questo, che Cristo è nostro re non solo per diritto nativo, ma anche per diritto acquisito e cioè per la redenzione? Ripensino tutti gli uomini dimentichi quanto costammo al nostro Salvatore: “Non siete stati redenti con oro o argento, beni corruttibili, … ma col sangue prezioso di Cristo, agnello immacolato e incontaminato” (1 Pt 1;18-19). Non apparteniamo dunque a noi stessi, perché “Cristo a caro prezzo” (1 Cor 6, 20) ci ha comprati».(37)

Ora nel compimento dell’opera di redenzione Maria santissima fu certo strettamente associata a Cristo, onde giustamente si canta nella sacra liturgia: «Santa Maria, regina del cielo e Signora del mondo, affranta dal dolore, se ne stava in piedi presso la croce del Signore nostro Gesù Cristo».(38) E un piissimo discepolo di sant’Anselmo poteva scrivere nel medioevo: «Come … Dio, creando tutte le cose nella sua potenza, è Padre e Signore di tutto, così Maria, riparando tutte le cose con i suoi meriti, è la Madre e la Signora di tutto: Dio è Signore di tutte le cose, perché le ha costituite nella loro propria natura con il suo comando, e Maria è Signora di tutte le cose, riportandole alla loro originale dignità con la grazia che Ella meritò».(39) Infatti: «Come Cristo per il titolo particolare della redenzione è nostro Signore e nostro Re, così anche la Vergine beata (è nostra Signora) per il singolare concorso prestato alla nostra redenzione, somministrando la sua sostanza e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando in modo singolare la nostra salvezza».(40)

Da queste premesse si può così argomentare: se Maria, nell’opera della salute spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo, principio di morte, sicché si può affermare che la nostra redenzione si compì se­condo una certa «ricapitolazione»,(41) per cui il genere umano, assoggettato alla morte, per causa di una vergine, si salva anche per mezzo di una Vergine; se inoltre si può dire che questa gloriosissima Signora venne scelta a Madre di Cristo proprio «per essere a Lui associata nella redenzione del genere umano»(42) e se realmente «fu Lei, che esente da ogni colpa personale o ereditaria, strettissimamente sempre unita al suo Figlio, Lo ha offerto sul Golgota all’eterno Padre sacrificando insieme l’amore e i diritti materni, quale nuova Eva, per tutta la posterità di Adamo, macchiata dalla sua caduta miseranda»;(43) se ne potrà legittimamente concludere che, come Cristo, il nuovo Adamo, è nostro Re non solo perché Figlio di Dio, ma anche perché nostro Redentore, così, secondo una certa analogia, si può affermare parimenti che la beatissima Vergine è Regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva è stata associata al nuovo Adamo.

È certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e uomo, è Re; tuttavia, anche Maria, sia come madre di Cristo Dio, sia come socia nell’opera del divin Redentore, e nella lotta con i nemici e nel trionfo ottenuto su tutti, ne partecipa la dignità regale, sia pure in maniera limitata e analogica. Infatti da questa unione con Cristo Re deriva a Lei tale splendida sublimità, da superare l’eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo nasce quella regale potenza, per cui Ella può dispensare i tesori del regno del divin redentore; infine dalla stessa unione con Cristo ha origine l’inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.

Nessun dubbio pertanto che Maria santissima sopravanzi in dignità tutta la creazione e abbia su tutti il primato, dopo il suo Figliuolo. «Tu infine – canta san Sofronio – hai di gran lunga sopravanzato ogni creatura. … Che cosa può esistere di più sublime di tale gioia, o Vergine Madre? Che cosa può esistere di più elevato di tale grazia, che per volontà divina tu sola hai avuto in sorte?».(44) E va ancora più oltre nella lode san Germano: «La tua onorifica dignità Ti pone al di sopra di tutta la creazione: la tua sublimità Ti fa superiore agli Angeli».(45) San Giovanni Damasceno poi giunge a scrivere la seguente espressione: «È infinita la differenza tra i servi di Dio e la sua Madre».(46)

Per aiutarci a comprendere la sublime dignità che la Madre di Dio ha raggiunto al di sopra di tutte le creature, possiamo ripensare che la santissima Vergine, fin dal primo istante del suo concepimento, fu ricolma di tale abbondanza di grazie da superare la grazia di tutti i santi. Onde – come scrisse il Nostro predecessore Pio XI di fel. mem. nella lettera apostolica Ineffabilis Deus – «ha con tanta munificenza arricchito Maria con l’abbondanza di doni celesti, tratti dal tesoro della divinità, di gran lunga al di sopra degli angeli e di tutti i santi, che Ella, del tutto immune da ogni macchia di peccato, in tutta la sua bellezza e perfezione, avesse tale pienezza d’innocenza e di santità che non se ne può pensare una più grande al di sotto di Dio e che all’infuori di Dio nessuno riuscirà mai a comprendere».(47)

Inoltre la beata Vergine non ha avuto soltanto il supremo grado, dopo Cristo, dell’eccellenza e della perfezione, ma anche una partecipazione di quell’influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna sulla mente e sulla volontà degli uomini. Se infatti il Verbo opera i miracoli e infonde la grazia per mezzo dell’umanità che ha assunto, se si serve dei sacramenti dei suoi santi come di strumenti per la salvezza delle anime, perché non può servirsi dell’ufficio e dell’opera della Madre sua Santissima per distribuire a noi i frutti della redenzione? «Con animo veramente materno – così dice lo stesso predecessore Nostro Pio IX di imm. mem. – trattando l’affare della nostra salute Ella è sollecita di tutto il genere umano, essendo costituita dal Signore Regina del cielo e della terra ed esaltata sopra tutti i cori degli Angeli e sopra tutti i gradi dei santi in cielo, stando alla destra del suo unigenito Figlio; Gesù Cristo, Signore nostro, con le sue materne suppliche impetra efficacissimamente, ottiene quanto chiede, né può rimanere inesaudita».(48) A questo proposito l’altro predecessore Nostro di fel. mem., Leone XIII, dichiarò che alla beata Vergine Maria è stato concesso un potere «quasi immenso» nell’elargizione delle grazie;(49) e san Pio X aggiunge che Maria compie questo suo ufficio «come per diritto materno».(50)

Godano dunque tutti i fedeli cristiani di sottomettersi all’impero della Vergine Madre di Dio, la Quale, mentre dispone di un potere regale, arde di materno amore.

Però in queste e altre questioni, che riguardano la beata Vergine, i teologi e i predicatori della divina parola abbiano cura di evitare certe deviazioni per non cadere in un doppio errore; si guardino cioè da opinioni prive di fondamento e che con espressioni esagerate oltrepassano i limiti del vero; e dall’altra parte si guardino pure da un’eccessiva ristrettezza di mente nel considerare quella singolare, sublime, anzi quasi divina dignità della Madre di Dio, che il dottore angelico ci insegna ad attribuirle «per ragione del Bene infinito, che è Dio».(51)

Del resto, in questo, come in altri campi della dottrina cristiana, «la norma prossima e universale» è per tutti il Magistero vivo della Chiesa, che Cristo ha costituito «anche per illustrare e spiegare quelle cose, che nel deposito della fede sono contenute solo oscuramente e quasi implicitamente».(52)

IV

Dai monumenti dell’antichità cristiana, dalle preghiere della liturgia, dall’innata devozione del popolo cristiano, dalle opere d’arte, da ogni parte abbiamo raccolto espressioni e accenti; secondo i quali la Vergine Madre di Dio primeggia per la sua dignità regale; e abbiamo anche mostrato che le ragioni, che la sacra teologia ha dedotto dal tesoro della fede divina, confermano pienamente questa verità. Di tante testimonianze riportate si forma un concerto, la cui eco risuona larghissimamente, per celebrare il sommo fastigio della dignità regale della Madre di Dio e degli uomini, la quale è stata «esaltata ai regni celesti, al di sopra dei cori angelici ».(53)

EssendoCi poi fatta la convinzione dopo mature ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla Chiesa se questa verità solidamente dimostrata risplenda più evidente davanti a tutti, quasi lucerna più luminosa sul suo candelabro, con la Nostra autorità apostolica, decretiamo e istituiamo la festa di Maria Regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio. Ordiniamo ugualmente che in detto giorno sia rinnovata la “Consacrazione del genere umano al Cuore Immacolato della beata vergine Maria. In questo gesto infatti è riposta grande speranza che possa sorgere una nuova era, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della Religione.

Procurino dunque tutti di avvicinarsi ora con maggior fiducia di prima, quanti ricorrono al trono di grazia e di misericordia della Regina e Madre nostra, per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e, ciò che conta più di tutto, si sforzino di liberarsi dalla schiavitù del peccato, per poter presentare un ossequio immutabile, penetrato dalla fragrante devozione di figli, allo scettro regale di sì grande Madre. I suoi templi siano frequentati dalle folle dei fedeli, per celebrarne le feste; la pia corona del Rosario sia nelle mani di tutti per riunire insieme, nelle chiese, nelle case, negli ospedali, nelle carceri, sia i piccoli gruppi, sia le grandi adunanze di fedeli, a cantare le sue glorie. Sia in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma; e nessuno osi pronunciare empie bestemmie, indice di animo corrotto, contro questo nome ornato di tanta maestà e venerando per la grazia materna; e neppure si osi mancare in qualche modo di rispetto ad esso.

Tutti si sforzino di imitare, con vigile e diligente cura, nei propri costumi e nella propria anima, le grandi virtù della Regina celeste e nostra Madre amantissima. Ne deriverà di conseguenza che i cristiani, venerando e imitando sì grande Regina e Madre, si sentano infine veramente fratelli, e, sprezzanti dell’invidia e degli smodati desideri delle ricchezze, promuovano l’amore sociale, rispettino i diritti dei poveri e amino la pace, Nessuno dunque si reputi figlio di Maria, degno di essere accolto sotto la sua potentissima tutela, se sull’esempio di Lei non si dimostrerà mite, giusto e casto, contribuendo con amore alla vera fraternità, non ledendo e nuocendo, ma aiutando e confortando.

In molti paesi della terra vi sono persone ingiustamente perseguitate per la loro professione cristiana e private dei diritti umani e divini della libertà: per allontanare questi mali nulla valgono finora le giustificate richieste e le ripetute proteste. A questi figli innocenti e tormentati rivolga i suoi occhi di misericordia, che con la loro luce portano il sereno allontanando i nembi e le tempeste, la potente Signora delle cose e dei tempi, che sa placare le violenze con il suo piede verginale; e conceda anche a loro di poter presto godere della dovuta libertà per la pratica aperta dei doveri religiosi, sicché servendo la causa dell’evangelo, con opera concorde e con egregie virtù, che nelle asprezze rifulgono ad esempio, giovino anche alla solidità e al progresso della città terrena.

Pensiamo anche che la festa istituita con questa lettera enciclica, affinché tutti più chiaramente riconoscano e con più cura onorino il clemente e materno impero della Madre di Dio, possa contribuire assai a che si conservi, si consolidi e si renda perenne la pace dei popoli, minacciata quasi ogni giorno da avvenimenti pieni di ansietà. Non è Ella l’arcobaleno posto sulle nubi verso Dio, come segno di pacifica alleanza? (cf. Gn 9, 13). «Mira l’arcobaleno e benedici colui che l’ha fatto; esso è molto bello nel suo splendore, abbraccia il cielo nel suo cerchio radioso e le mani dell’Altissimo lo hanno teso» (Eccli 43, 12-13). Chiunque pertanto onora la Signora dei celesti e dei mortali – e nessuno si creda esente da questo tributo di riconoscenza e di amore – La invochi come Regina potentissima, mediatrice di pace; rispetti e difenda la pace, che non è ingiustizia impunita né sfrenata licenza, ma è invece concordia bene ordinata sotto il segno e il comando della volontà di Dio: a fomentare e accrescere tale concordia spingono le materne esortazioni e gli ordini di Maria Vergine.

Desiderando moltissimo che la Regina e Madre del popolo cristiano accolga questi Nostri voti e rallegri della sua pace le terre scosse dall’odio, e a noi tutti mostri, dopo questo esilio, Gesù, che sarà la nostra pace e la nostra gioia in eterno, a voi, venerabili fratelli, e ai vostri fedeli, impartiamo di cuore l’apostolica benedizione, come auspicio dell’aiuto di Dio onnipotente e in testimonianza del Nostro amore.

Roma, presso San Pietro, nella festività della maternità di Maria vergine, l’11 ottobre 1954, XVI del Nostro pontificato.

PIO PP. XII

(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Ad caeli Reginam de regali Beatae Mariae Virginis dignitate eiusque festo instituendo, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 11 octobris 1954: AAS 46(1954), pp. 625-640.

pioxii-4

Istituzione della festa della regalità di Maria s.ma. La devozione costante dei popoli per Maria s.ma, culminata con la proclamazione del dogma della sua Assunzione. Coronare l’opera istituendo la festa di Maria Regina, in realtà non nuova, ma già espressa in ogni età: dalla sacra Scrittura, dai padri e scrittori ecclesiastici con dottrina profonda e poetici accenti, dai sommi pontefici, dalla liturgia romana e orientale e infine dall’arte d’ogni tempo. Principali argomenti dogmatici e di convenienza. È giusto perciò che tutti riconoscano questo potere regale: la festa al 31 maggio; ricorrere alla Madre di Dio, imitandone le virtù, impetrando la forza nelle tribolazioni, la pace fra i popoli e la visione eterna del suo divin Figlio.

(2) Cf. Const. apost. Munificentissimus Deus: AAS 42 (1950), p. 753ss; EE 6/1931ss.

(3) Cf. Litt. enc. Fulgens corona: AAS 45(1953), p. 577ss; EE 6/944ss.

(4) Cf. AAS 38(1946), p. 264ss.

(5) Cf. L’Osservatore Romano, 19.5.1946.

(6) S. EPHRAEM, Hymni de B. Maria, ed. Th. J. Lamy, t. II, Mechliniae 1886, Hymn. XIX, p. 624.

(7) S. EPHRAEM, Oratio ad Ss.mam Dei Matrem: Opera omnia, ed. Assemani, t. III (graece), Romae 1747, p. 546.

(8) S. GREGORIUS NAZ., Poemata dogmatica, XVIII, v. 58: PG 37, 485.

(9) PRUDENTIUS, Dittochaeum, XXVII: PL 60, 102A; Obras completas de Aurelio Prudencio (edicion bilingüe), BAC, Madrid 1981, p. 758.

(10) Hom. in S. Lucam, hom. VII: ed. Rauer, Origenes Werke, t. IX, p. 48 (ex catena Macarii Crysocephali). Cf. PG 13, 1902D.

(11) S. HIERONYMUS, Liber de nominibus hebraeis: PL 23, 886.

(12) S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 142, De Annuntiatione B.M.V.: PL 52, 579C; cf, etiam 582B, 584A: «Regina totius exstitit castitatis».

(13) Relatio Epiphanii Ep. Constantin.: PL 63, 498D.

(14) Encomium in Dormitionem Ss.mae Deiparae (inter opera S. Modesti): PG 86, 3306B.

(15) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia II in Dormitionem Ss.mae Deiparae: PG 97, 1079B.

(16) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia III in Dormitionem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.

(17) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.

(18) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, II: PG 98, 315C.

(19) S. IOANNES DAMASCENUS, Homilia I in Dormitionem B.M.V.: PG 96, 719A.

(20) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa,1. IV, c.14: PG 44,1158B.

(21) De laudibus Mariae (inter opera Venantii Fortunati): PL 88, 282B et 283A.

(22) ILDEFONSUS TOLETANUS; De virginitate perpetua B.M.V.: PL 96, 58AD.

(23) S. MARTINUS I, Epist. XIV: PL 87, 199-200A.

(24) S. AGATHO: PL 87; 1221A; Dz 547.

(25) HARDOUIN, Acta Conciliorum, IV, 234 et 238: PL 89, 508B.

(26) XYSTUS IV, Bulla Cum praeexcelsa, 28 febr. 1476.

(27) BENEDICTUS XIV, Bulla Gloriosae Dominae, 07 sept. 1748.

(28) S. ALFONSO, Le glorie di Maria, p. I. c. I, § 1.

(29) Ex liturgia Armenorum: in festo Assumptionis, hymnus ad Matutinum.

(30) Ex Menaeo (byzantino): Dominica post Natalem, in Canone, ad Matutinum.

(31) Officium hymni Akátistos (in ritu byzantino).

(32) Missale Aethiopicum, Anaphora Dominae nostrae Mariae, Matris Dei.

(33) Breviarium Romanum, Versiculus sexti Respons.

(34) Festum Assumptionis, Hymnus Laudum.

(35) Festum Assumptionis, ad Magnificat II Vesp.

(36) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa, 1. IV, c. 14: PG 94, 1158s.B.

(37) PIUS XI, Litt. enc. Quas primas: AAS 17(1925), p. 599; EE 5/147.

(38) Festum septem dolorum B. Mariae Virg., Tractus.

(39) EADMERUS, De excellentia Virginis Mariae, c. 11: PL 159, 508AB.

(40) F. SUAREZ, De mysteriis vitae Christi, disp. XXII, sect. II: éd. Vivès, XIX, 327.

(41) S. IRENAEUS, Adv. haer., V, 19, 1: PG 7, 1175B.

(42) PIUS XI, Epist. Auspicatus profecto: AAS 25(1933), p. 80.

(43) PIUS XII, Litt, enc. Mystici corporis: AAS 35(1943), p. 247; EE 6/258.

(44) S. SOPHRONIUS, In Annuntiationem Beatae Mariae Virginis: PG 87, 3238D et 3242A.

(45) S. GERMANUS, Hom. II in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 98, 354B.

(46) S. IOANNES DAMASCENUS, Hom. I in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 96, 715A.

(47) PIUS IX, Bulla Ineffabilis Deus: Acta Pii IX, I, pp. 597-598; EE 2/app.

(48) Ibidem, p. 618; EE 2/app.

(49) LEO XIII, Litt. enc. Adiutricem populi: AAS 28(1895-96), p.130; EE 3.

(50) PIUS X, Litt. enc. Ad diem illum: AAS 36(1903-04), p. 455; EE 4/27.

(51) S. THOMAS, Summa theol., I, q. 25, a. 6, ad 4.

(52) PIUS XII, Litt. enc. Humani generis: AAS 42(1950), p. 569; EE 6/721.

(53) Ex Brev. Rom.: Festum Assumptionis Beatae Mariae Virginis.

ABUSO DELLE GRAZIE

ABUSO DELLE GRAZIE

[E. Barbier “i Tesori di Cornelio Alapide, vol. I, Torino,1930]

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  1. L’abuso delle grazie è una grande disgrazia. — O città ingrata! esclamava Gesù Cristo versando lagrime sopra Gerusalemme che abusava di tante sue grazie; o città sventurata! Ah se tu conoscessi, almeno ancora in questo giorno, quel che importa alla tua pace! ma ora questo è a’ tuoi occhi celato (Luc. XIX, 41-42); tu ti rifiuti di vedere i miei favori per non approfittarne. O figlia di Sionne, tu sei pur quella ch’io ho tanto amato, onorato, arricchito, istruito, ed or non mi conosci, ma mi rigetti, mi condanni, mi perseguiti, mi crocifiggi!… Io son disceso per te dal Cielo in terra; per te son nato e vissuto tra continui stenti, dolori e privazioni : io t’ho visitata, coltivata; ho guarito i tuoi lebbrosi, i tuoi malati, i tuoi ossessi, risuscitato i tuoi morti: e tu mi fuggi, mi disprezzi, mi fai guerra!… Non son forse tratteggiati in questo quadro i cristiani infedeli ed ingrati? non son essi gli imitatori de’ Giudei?… Udite S. Agostino che mette sulle labbra di Gesù queste parole: O uomo, sono io che t’ho fatto colle mie mani dal fango della terra, che t’ho inspirato il soffio della vita; che mi son degnato crearti a mia immagine e somiglianza, e tu, trascurando i miei precetti, fatti per darti la vita, hai preferito il Demonio al tuo Dio. Quando fosti cacciato dal Paradiso e incatenato coi ceppi della morte per cagione del tuo peccato, io presi carne, stetti esposto in una mangiatoia, coricato ed avviluppato in fasce; tollerai affronti e privazioni senza numero; sopportai gli schiaffi e gli sputi di coloro che di me si burlavano; fui flagellato, coronato di spine; e finalmente spirai su la croce. Perché hai tu lasciato perdersi il frutto di quello ch’io soffrii per te? Perché, ingrato, non volesti riconoscere e accettare i doni della Redenzione? Perché attaccarmi alla croce de’ tuoi misfatti, croce mille volte più dolorosa di quella del Golgota? Sì, la croce de’ tuoi peccati è per me molto più pesante che la croce del Calvario: perché a questa io mi sottoposi volentieri per compassione di te e vi morii per rendere a te la vita; ed a quella io mi veggo da te inchiodato contro mio volere (Enchiridion). Udite quel che fa l’uomo il quale abusa delle grazie: ecco i malanni che attira sopra di lui questo abuso. « La vigna del mio diletto, dice Isaia (V, 1-4), è piantata in colle ubertoso. Egli l’ha munita tutt’intorno di siepe; la sgombrò dalle pietre, la fornì d’elette viti, v’ha costrutto nel bel mezzo una torre, vi stabilì uno strettoio, poi aspettò che desse uve ed ella portò lambrusche. – Or dunque, abitanti di Gerusalemme, o voi uomini di Giuda, giudicate tra di me e la mia vigna. Che cosa potevo io fare per lei, che non l’abbia fatto? Perché invece d’uve m’ha prodotto lambrusche?». Non è forse questa la condanna di chi abusa delle grazie? Non siamo noi tutti la vigna del Signore? Non s’è egli studiato in ogni modo di schiantare dal nostro cuore i bronchi e le cattive piante? Non ci ha forse scelti con quella cura, con cui il vignaiuolo sceglie le piante per la sua vigna per averne frutto? Non siamo noi stati circondati d’attenzioni e colmati di grazie? Che poteva far di più per noi il Signore? Ci ha creati a sua immagine, e noi quest’immagine l’abbiamo profanata, sfigurata nelle lordure del peccato; ci ha riscattati a prezzo del suo sangue; ha istituito i Sacramenti, quasi torre insuperabile che doveva servire a proteggerci, e noi tutti questi benefizi abbiamo resi inutili. Che pesante fardello! che terribile disgrazia!… Noi abusiamo della creazione, della Redenzione, de’ Sacramenti, delle sante inspirazioni, della parola e della legge di Dio. Abusiamo degli occhi, delle orecchie, della lingua, de’ piedi, delle mani, di tutto il corpo, della sanità, delle forze, degli anni. Abusiamo di tutti gli elementi, del giorno e della notte; abusiamo dell’anima e delle sue potenze, memoria, intelligenza, volontà; abusiamo del cuore, come delle ricchezze, degli onori, dei piaceri, del cibo, della bevanda, de’ vestimenti. Abusiamo della vita, del tempo, dell’eternità, degli Angeli, degli uomini, delle creature tutte, di Dio medesimo!… O delitto inconcepibile! o sventura micidiale!
  2. Castighi dell’abuso delle grazie. — « Ed ora vi spiegherò quel che son per fare alla mia vigna ingrata, dice il Signore: ne estirperò la siepe ed ella sarà devastata; getterò a terra il suo muro ed ella sarà conculcata». (Isai. V, 5). « La renderò deserta, e non sarà potata, né sarchiata; vi cresceranno sterpi e spine; comanderò alle nuvole che non piovano stilla sopra di lei » (Ib. 6). « Coloro che abusano delle grazie, soggiunge S. Paolo a’ Romani, s’accumulano un monte d’ira pel giorno dell’ira e della manifestazione del giudizio di Dio» (II, 5). Noi, scrive S. Gregorio, i quali abbiamo ricevuto molte più grazie che non parecchi altri, dovremo anche sottostare a più severo giudizio. Poiché a proporzione che aumentano le grazie, s’accresce pure il conto che dovremo renderne. Tanto più umili dunque dobbiamo essere e più pronti a servire Dio, approfittando de’ favori ricevuti, quanto più stretto conto vediamo di doverne rendere in ragione del loro numero e valore. « E benedetta dal Signore quella terra, notava già S. Paolo agli Ebrei, che bevendo la pioggia, che di frequente le cade in grembo, produce per chi la coltiva utili erbe: ma se germoglia triboli e spine, è riprovata e prossima a maledizione, e il suo fine sarà d’essere bruciata ». Il Signore aguzzerà la sua collera in forma di lancia, sta scritto nel Libro della Sapienza, contro coloro che abusano dei suoi doni: (Sap. V, 21). Ora, commenta S. Gregorio, « siccome noi abusiamo di tutto, saremo quindi colpiti in tutto. Tutto ciò che riceviamo per l’uso della vita, è da noi impiegato al peccare; ma badiamo che tutto ciò che noi, mancando al nostro fine, volgeremo a cattivo uso, diverrà per noi strumento di vendetta ». E dice la Sapienza: « Il mondo intero combatterà a fianco di Dio contro gl’insensati che abusano delle sue grazie » (Sap. V, 21). Il sole, gli astri, la terra, le piante, gli animali, gli elementi tutti grideranno vendetta contro quelli che avranno abusato dei loro doni che sono benefizi di Dio. « Noi sacrifichiamo la nostra sanità ai vizi, soggiunge S. Gregorio, e impieghiamo l’abbondanza dei beni terreni non a sovvenire alle necessità della vita, ma a pervertirci. È dunque giusto che tutte le cose, le quali servirono alle nostre passioni, tutte a un tempo ci feriscano, così che alla fine ci strazino tanti tormenti quanti furono i godimenti provati prima ».