UNA PAROLA AL FEDELE NEO-CONVERTITO (fr. UK)

Una parola al fedele neo-convertito.

Caro fedele,

poiché alcuni di voi hanno chiesto di darvi un’istruzione almeno sommaria, qui potete trovare alcune indicazioni sul come organizzare la vita cattolica nelle circostanze in cui la maggior parte del clero ha cessato di praticare la Fede cattolica e è divenuto seguace della religione del “Novus Ordo”.

Il Papa e pochissimi sacerdoti continuano a servire la Chiesa Cattolica in esilio, e i Cattolici possono fare la loro confessione, partecipare alla Santa Messa e ricevere la Santa Comunione non più di due volte all’anno.

Bisogna capire che non solo è in esilio l’alta Gerarchia, ma bensì anche tutta la gerarchia ed i fedeli. Tutta la Chiesa conduce la sua missione in Eclissi.

Tale situazione non è nuova per la Chiesa di Cristo. La Beata Vergine Maria, gli Apostoli, molti Santi in tempi di persecuzione, furono esiliati e finanche Nostro Signore fu esiliato: per un po’ fu “nascosto in un campo … come una perla preziosa di grande valore” (San Matteo XIII: 44-46), poi però, nel momento giusto, essa fu ritrovata per brillare sulla croce.

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. » [Filip. II, 4-8]

E così non è una novità per la Sua Chiesa seguirlo sulla via della Croce, verso l’esilio!

Nostro Signore Gesù Cristo creò questo mondo, ma il mondo lo mandò in esilio: “Era nel mondo, e il mondo fu creato da lui, e il mondo non lo conobbe. Venne tra i suoi, e i suoi non lo accolsero “(San Giovanni 1: 9-11). Ma quelli che lo accolsero, divennero figli di Dio: “Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo Nome, che sono nati non da sangue, né dalla volontà della carne, né dalla volontà dell’uomo, ma da Dio “(San Giovanni 1: 12-13).

Purtroppo, coloro che hanno accolto il Nostro Signore Gesù Cristo, sono una minoranza, e questa minoranza è permanentemente perseguitata dal mondo che “non Lo ha ricevuto”. “Se il mondo ti odia, sappi che ha odiato Me, prima di te … Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche te” (San Giovanni XV: 18-23).

Ma questa non è una causa di disperazione o di panico, poiché abbiamo il “Sommo Sacerdote Misericordioso e Fedele” (Ebrei II:17), che è in grado di aiutarci: “… infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova “.[Ebr. II, 18], abbiamo il Buon Pastore che dice: ” Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno”. [Luc. XII, 32]

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” [Matt. VII, 13-14].

Quando qualcuno si converte dal “Novus Ordo” alla Religione Cattolica, non cambia solo il luogo di culto, né la giurisdizione… cambia totalmente la fede, la morale e la disciplina. Ciò significa che i Cattolici non hanno il diritto di sentirsi liberi di fare ciò che vogliono, come hanno fatto in passato, quando erano membri della larga e comoda falsa religione del “Novus Ordo”.

La via verso il Regno di Dio è una via di numerose e benefiche limitazioni. Coloro che vogliono entrare nel Regno di Dio devono prendere su di sé il giogo di Gesù Cristo ed imparare da Lui ad essere miti ed umili di cuore, così come Lui stesso è mite ed umile di cuore. (San Matteo XI: 29-30).

Falso culto:

Molti convertiti non sapevano ad esempio, che violando il primo comandamento, un uomo commette peccato mortale. Ma dal momento stesso in cui un convertito conosce la verità, è obbligato ad abbandonare tutte le pratiche proibite, per tutto il resto della vita.

I Cattolici sono obbligati ad osservare tutti i Dieci Comandamenti di Dio, i Precetti della Chiesa nonché la Fede, la Morale e la Disciplina nella sua integrità.

Spesso dopo la conversione alcune persone cercano ancora di continuare in pratiche e costumi falsi, assolutamente inutili e persino dannosi per i Cattolici. Lo fanno “per inerzia”, ​​o perché pensano che la fede del “Novus Ordo” e la Fede della Chiesa Cattolica siano uguali o solo un po’ diversi. E se qualcuno, dopo essersi unito alla Chiesa Cattolica, intende ancora praticare la falsa fede, la morale e la disciplina precedente, la sua conversione è nulla, e non si è unito affatto alla Chiesa Cattolica!

Il primo Comandamento tra l’altro, proibisce di credere in “messaggi”, “rivelazioni”, “ispirazioni”, “voci” ecc., ricevuti in un sogno o in una “visione”.

Se qualcuno dice che ha visto Gesù, o la Madre di Dio, o gli Angeli o i Santi, e che tutti devono fare ciò che “essi hanno loro detto”, bisogna essere cauti e tenere presente questo avvertimento di Dio: “Quindi, se c’è qualcuno che ti dirà: Ecco, ecco Cristo, o eccolo là; non credergli. Perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e mostreranno grandi segni e prodigi, tanto da ingannare (se possibile) persino gli eletti. Ecco, te l’ho detto prima “(San Matteo XXIV: 23-25). E anche  San Paolo, l’Apostolo, dice: ” … nessuna meraviglia; poiché satana stesso si trasforma in un angelo di luce “(2 Corinzi XI:14).

Una credenza in una strana “immagine” su una pietra, su un legno, su una superficie  d’acqua, su un vetro, ecc., che in qualche modo ricorda remotamente strane creature, o anche un uomo, un Angelo, ecc., è una sorta di falsa adorazione … Spesso accade questo, quando qualcuno vuole presentare la “propria” immaginazione come “messaggio molto importante dal cielo” per il mondo.

Quando vediamo il mondo che ci circonda, creato da Dio, non dovremmo adorare la creazione stessa, perché è proibito dal primo comandamento, ma dovremmo piuttosto glorificare e ringraziare Dio Creatore per la sua potenza e la eterna carità nei nostri confronti. La via migliore per la glorificazione di Dio è il ringraziamento è l’adempimento dei Comandamenti di Dio.

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L’approvazione della Chiesa delle rivelazioni private, significa semplicemente che esse non contengono nulla contro la fede e la morale. Non pecca mai mortalmente chi li nega perché non è convinto che vengano da Dio. (Teologia morale)

Vera adorazione:

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I. Il Sacrificio.

Il culto di Dio richiede l’offerta del Santo Sacrificio della Messa, a cui i fedeli sono obbligati ad assistere nelle occasioni comandate.

II. L’Adorazione.

Concetto. L’adorazione è l’atto dell’adorazione divina con la quale riconosciamo l’Infinita Maestà e la Signoria di Dio, la nostra dipendenza da Lui e la sottomissione a Lui.

Obbligo.

a) L’adorazione nel senso proprio (cultus latriæ) può e deve essere resa a Dio solamente.

È reso a Lui e Lui soltanto è adorato in quanto Dio stesso  (ad esempio: la Santissima Trinità, Gesù Cristo, il Santissimo Sacramento) a causa della Sua eccellenza; Gli viene offerto relativamente, quando sono venerate le immagini di Dio, gli strumenti della Sacra Passione, ecc., per l’eccellenza di Dio con cui hanno una relazione così stretta.

b) Un culto speciale (cultus duliæ) è dovuto agli Angeli e ai Santi, poiché come amici di Dio anch’essi partecipano alla Sua eccellenza.

Una maggiore adorazione (cultus hyperduliæ) di quella offerta a qualsiasi altra creatura, è dovuta alla Madre di Dio, perché anche Ella condivide in modo speciale la Sua eccellenza.

– I Santi canonizzati possono essere venerati ovunque sulla terra con qualsiasi atto di culto di dulia; il Beato invece, solo in quei luoghi dove la Santa Sede permette la loro venerazione e nella maniera da essa approvata (C. 1277).

– Il titolo di “Venerabile”, o di “Servo di Dio” non consente la pratica della venerazione pubblica (C. 2115); la venerazione privata di una tale persona non è però proibita.

– Solo gli Angeli e quei Santi e Beati che sono stati riconosciuti come tali dalla Chiesa possono essere invocati pubblicamente. In privato possiamo implorare tutti i giusti in cielo e sulla terra, ed in particolare anche i bambini battezzati che muoiono prima di raggiungere l’uso della ragione, così come anche le Anime del Purgatorio. (Teologia morale)

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Alcune parole sulla preghiera:

I Cattolici dovrebbero pregare quotidianamente con preghiere mattutine, preghiere serali, notturne, con varie preghiere da rivolgere a nostro Signore, alla Madre di Dio, agli Angeli e ai Santi, il Credo, le preghiere ai pasti e prima di ogni azione, ecc., le Novene, fare spesso il segno della croce.

È ottima cosa che i Cattolici preghino il Santo Rosario uniti  nelle loro famiglie quotidianamente o tutte le volte che possono, almeno la domenica e le festività di obbligo, secondo gli orari di lavoro dei membri della famiglia.

È molto consigliabile fare un esame quotidiano di coscienza e un atto di contrizione perfetta; ma l’obbligo di confessare i peccati davanti a un sacerdote rimane sempre, appena sia possibile.

Ed è molto bello ricevere frequentemente la Comunione Spirituale, quando non si ha la possibilità di partecipare alla Santa Messa.

Quando un Vescovo o un Sacerdote saranno in grado di venire dai fedeli, allora essi potranno confessare i peccati e ricevere la Santa Comunione.

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L’omissione volontaria delle preghiere quotidiane è raramente esente da ogni colpa, poiché è il risultato di negligenza e tiepidezza. (Teologia morale)

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Altro sulla preghiera:

Se i fedeli saranno in grado, potranno riunirsi in una sala, in gruppo di tre o più persone per pregare il Santo Rosario. I giorni preferibili sono le domeniche e le feste comandate. Nessuno può essere un leader, né un “capo”, né un “profeta” in quelle riunioni del Rosario. Un Fedele per volta può condurre una decina del Rosario. Se è presente un uomo ad un incontro di preghiera, egli ha la priorità di condurre il Santo Rosario, oppure può delegare le donne nel condurre una, due o tre decine del Rosario.

A causa delle circostanze molto difficili della Chiesa in Eclissi, l’alta Gerarchia non vieta la preghiera del Santo Rosario, fatta in un piccolo gruppo  di due persone, anche per telefono. Tale pratica è una forma di devozione non ufficiale, ma straordinaria, ed è consentita a mo’ di privilegio per coloro che vivono lontani e non possono essere fisicamente presenti alle riunioni del Rosario, o per coloro che hanno bisogno di preghiere in circostanze difficili. Non sono consentite “video-conferenze”.

Le cosiddette “conferenze telefoniche di preghiera” per gruppi più grandi, costituiti da più di due persone, non sono consentite, perché non sono sicure. Lo stesso vale per le “videoconferenze”.

Nessun fedele laico o laica può far da predicatore, catechista, insegnante durante le riunioni del Rosario, né in sala né per telefono (vedi: Falsa adorazione).

È proibito ai Cattolici di pregare insieme ai non cattolici.

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La partecipazione attiva dei Cattolici ai servizi di culto non cattolici è del tutto vietata (C. 1258).

Chiunque si oppone alle prescrizioni del C. 1258 e prende parte a servizi non cattolici è sospettato di eresia (C. 2316).

La presenza passiva è consentita solo per una buona ragione, ad esempio: Soldati e prigionieri possono partecipare a tali servizi se comandati a farlo per ordine, ma non se imposti in odium fidei. (Teologia morale)

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I due corpi della Chiesa Cattolica:

[dal Catechismo di Baltimora] :

490. Come possono essere divisi i membri della Chiesa sulla terra?

I membri della Chiesa sulla terra possono essere divisi in: coloro che insegnano e coloro che vengono istruiti. Coloro che insegnano, cioè il Papa, i Vescovi e i Sacerdoti, sono chiamati: Chiesa docente, o semplicemente la Chiesa. Coloro che vengono istruiti sono chiamati: Chiesa discente, o semplicemente i fedeli.

http://www.baltimore-catechism.com/lesson11.htm

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[da: Il “Catechismo spiegato”, del Rev. Francis Spirago]:

“La Chiesa Cattolica consiste in un corpo docente ed un corpo discente. Al primo appartengono il Papa, i Vescovi e i Sacerdoti; al secondo tutti i fedeli. I sacerdoti sono gli assistenti dei Vescovi; essi ricevono i loro ordini dal Vescovo e sono anche suoi figli spirituali; il loro compito è quello di eseguire i comandi del Vescovo; anche quando sono chiamati ad assistere ai Concili, non votano come giudici, ma solo come consiglieri, né hanno poteri per scomunicare. I sacerdoti hanno solo una parte del potere episcopale, e il loro ufficio può essere esercitato solo con il mandato del Vescovo. Questa mandato è detto: missione canonica (missio canonica).

“Manuale per sacerdoti, insegnanti e genitori a cura del Rev. S.G. Messmer, D.D., D.C.L., Vescovo di Green Bay. IL CATECHISMO SPIEGATO dall’originale di Rev. Francis Spirago, professore di teologia, a cura del rev. Richard F. Clarke S.J., data di pubblicazione 1899.

Nel Concilio di Trento, è scritto: [CANON V]:  Se qualcuno dovesse dire, che nella Chiesa Cattolica non c’è una Gerarchia nell’ordinazione divinamente istituita, composta da Vescovi, Sacerdoti e Ministri, sia anatema “.

http://www.thecounciloftrent.com/ch23.htm

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I doveri dei laici derivano principalmente dalla legge naturale, dalla legge divina positiva e dai precetti della Chiesa.

I diritti dei laici sono in gran parte riducibili al diritto fondamentale di ricevere dal clero i beni spirituali necessari alla salvezza, secondo le regole della disciplina ecclesiastica. – Questi diritti possono essere fortemente limitati, ad es. in una persona che si unisce ad una setta non-cattolica o incorre in una censura ecclesiastica, in particolare la scomunica (C. 87). Ma un battezzato non può mai essere privato di nessuno dei diritti che ha in virtù del carattere indelebile del Battesimo, né può perdere la sua inalienabile pretesa della speciale sollecitudine della Chiesa, e, in pericolo di morte, se è giustamente disposto, ai Sacramenti necessari alla salvezza.(Teologia morale).

I fedeli non appartengono alla Chiesa docente o alla Gerarchia. Un fedele può essere un insegnante o un catechista solo con l’esplicito permesso di un Vescovo o di un prete. Quando i fedeli reclamano un’autorità sulla Gerarchia, essi agiscono in contrasto con l’insegnamento della Chiesa.

In alcuni, casi dei fedeli possono avere autorità su altri fedeli.

I genitori hanno autorità sui propri figli naturali ed adottivi, hanno il dovere di governare, educare ed insegnare ai bambini. – Nell’estremo bisogno un laico può amministrare il Battesimo, se sa come agire secondo il rito della Chiesa.

 Sacramento del Battesimo:

Il Battesimo dell’acqua è necessario per il raggiungimento della salvezza come mezzo indispensabile per raggiungere il fine. Solo in casi eccezionali può prenderne il posto il Battesimo del desiderio o del sangue.

Il Battesimo del sangue consiste nel soffrire la morte per Cristo. Funziona quasi ex opere operate, cioè non è richiesto alcun atto soggettivo, e quindi anche i bambini possono essere giustificati in questo modo.

Il Battesimo del desiderio consiste in un atto di contrizione perfetta o di amore perfetto, che agisce in qualche modo come un desiderio del Battesimo.

Né il Battesimo del desiderio né quello del sangue, imprimono un carattere indelebile.

Il Battesimo condizionale è sempre necessario ogni volta che ci sia un dubbio, anche minimo, sulla validità del Battesimo ricevuto. Se non vi sono dubbi sulla validità del Battesimo ricevuto, non si può essere battezzati, nemmeno condizionatamente, sebbene il Battesimo sia stato amministrato da un laico o da un eretico. Prima di ribattezzare condizionatamente a causa di un dubbio, si deve cercare di rimuovere il dubbio con un’indagine accurata.

Gli effetti del Battesimo sono:

la remissione dei peccati, sia l’originale che i personali, e la pena dovuta al peccato;

l’imprinting del carattere battesimale,

l’infusione della grazia santificante,

delle virtù soprannaturali e dei doni dello Spirito Santo,

e soprattutto il conferimento di un diritto alle grazie necessarie per condurre una vita cristiana.

I peccati personali e le pene così contratte, sono rimessi solo in seguito ad con una contrizione almeno imperfetta. – Pertanto, se un adulto deve essere battezzato, deve essere esortato a produrre un atto di contrizione.

 

Ministro del Battesimo solenne.

Il ministro ordinario è un qualsiasi sacerdote. Battezzare è un diritto pastorale. L’Ordinario o il pastore locale possono permettere ad altri di battezzare. A parte il caso della necessità, è mortalmente peccaminoso battezzare senza il permesso almeno presunto del parroco.

Ministro straordinario è il diacono.

II. Ministro del Battesimo valido e privato, può essere qualsiasi persona.

Perciò anche il Battesimo amministrato dai non credenti e dagli eretici è valido. Per quanto riguarda l’intenzione si veda al n. 451.

Lecitamente i laici possono battezzare solo in pericolo di morte e quando non ci sia un sacerdote (C. 742). Fare altrimenti è mortalmente peccaminoso. – Un’eccezione è permessa e persino necessaria quando un bambino deve essere battezzato nel grembo materno. – Un’usanza contraria è prevalente nei distretti missionari, dove i catechisti o altri fedeli laici battezzano, al di fuori della necessità impellente, ogni volta però che non sia presente alcun sacerdote.

Se possibile, dovrebbero essere presenti nel Battesimo privato due o almeno un testimone, dai quali possa essere attestata l’amministrazione del Battesimo stesso (C. 742).

Nel Battesimo privato si userà sempre l’acqua ordinaria.

La materia prossima legale presso la Chiesa occidentale consiste nella triplice infusione, cioè, il battezzante versa tre volte l’acqua sulla testa di chi viene battezzato mentre pronuncia la forma.

La formula del Battesimo prescritto per la Chiesa latina recita:

Ego te baptizo in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti“.

Battesimo degli adulti. È valido il Battesimo di chiunque abbia l’uso della ragione ed abbia l’intenzione di essere battezzato. – Nel dubbio sull’intenzione di una persona in pericolo di morte, il Battesimo è amministrato condizionatamente.

(451). Il battesimo è valido se amministrato da un medico ebreo che agisce con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, o come fanno i Cristiani.

Non viene amministrato nessun Sacramento se si compiono semplicemente i gesti sacramentali come per la pratica (ad es. di un seminarista), o per burla.

Una sola e medesima persona deve impiegare la materia e recitare la formula. Pertanto, il Battesimo non è valido se una persona versa l’acqua mentre un’altra pronuncia le parole. (Teologia morale).

Il Battesimo in un gruppo che si pretende tradizionale, dove i ministri usano la forma di rito latino o la forma di rito bizantino, può essere ritenuto valido. Il Battesimo in tutti gli altri gruppi deve essere investigato secondo l’insegnamento della Chiesa Cattolica.

La forma del battesimo condizionale è:

… nome … “Si non es baptizatus (a), ego te baptizo in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti“.

Ogni volta i laici intendano battezzare privatamente, al di fuori del caso di necessità (in pericolo di morte), devono chiedere per iscritto il permesso ad un sacerdote.

Un laico maschio ha sempre la priorità di battezzare rispetto ad una donna. Una donna può battezzare qualora non sia disponibile nessun uomo. Nel Battesimo privato, dovrebbero essere presenti due o almeno un testimone.

Sacramento della Penitenza.

La Penitenza è il Sacramento in cui i peccati di un peccatore pentito, commessi dopo il Battesimo, sono perdonati dall’assoluzione di un sacerdote.

a) La materia necessaria sono tutti i peccati mortali commessi dopo il Battesimo che non siano stati direttamente rimessi dal Potere delle Chiavi.

Se uno confessa un peccato mortale subito dopo aver ricevuto l’assoluzione, questa deve essere data di nuovo.

b) La materia libera e sufficiente sono tutti i peccati veniali commessi dopo il Battesimo, ed anche tutti i peccati mortali già confessati in precedenza e direttamente rimessi.

Un’accusa generale è sufficiente quando si ha solo la materia libera.

c) La materia insufficiente sono tutti i peccati commessi prima del Battesimo, le imperfezioni ed i peccati incerti.

Se uno confessa solo i peccati commessi prima del Battesimo o menziona solo le imperfezioni, non può essere assolutamente assolto.

Se si confessano solo i peccati dubbi, l’assoluzione può essere data condizionatamente.

Modo di dare l’Assoluzione.

L’assoluzione deve essere data:

– Oralmente; l’assoluzione per iscritto o mediante altri segni non è valida.

– Ad un soggetto personalmente presente.

– L’assoluzione è dubbiamente valida se il sacerdote e il penitente sono in stanze diverse tra le quali non ci sia comunicazione. (Teologia morale).

Santa Messa:

La Santa Eucaristia è Sacramento e Sacrificio.

 Il Santo Sacrificio della Messa è il vero e proprio Sacrificio del Nuovo Testamento in cui Cristo viene offerto, sotto le apparenze del pane e del vino, continuando così il Sacrificio della Croce in modo incruento.

Essenza del Sacrificio della Messa. Il sacrificio della Messa consiste essenzialmente nella Consacrazione; la Santa Comunione, tuttavia, è parte integrante del Sacrificio.

Poiché la Chiesa comanda la partecipazione a tutta la Messa, non adempie il suo obbligo domenicale chi è presente solo alla Consacrazione.

Il Sacramento della Santa Eucaristia nella sua realizzazione è inseparabilmente legato all’offerta di una oblazione. Il Santissimo Sacramento dell’Altare è il Sacramento in cui il Corpo e il Sangue di Cristo sono presenti sotto le forme del pane e del vino per il nutrimento spirituale delle nostre anime.

Il consacratore della Santa Eucaristia è solo il sacerdote validamente ordinato.

Per la ricezione della Santa Comunione è richiesta la pulizia esteriore.

Pertanto, non si può comparire alla Tavola Santa con abiti sporchi, lacerati o sconvenienti.

Anche il viso, le mani e tutto il corpo devono essere puliti. (Teologia morale).

 

CENSURE LATÆ SENTENTIÆ

– sono sostenute “ipso facto” dal commettere un reato. Scomunica individuale: Una scomunica “speciale modo”, riservato alla Santa Sede è comminata a: Chiunque, non essendo un prete, simula dicendo Messa o udendo una Confessione (C.2322). (Teologia morale).

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È una pratica insolita per i fedeli recitare una “versione abbreviata” della Santa Messa la domenica o nelle feste d’obbligo, o nei giorni feriali senza sacerdote. La comunione spirituale durante queste “messe abbreviate” senza sacerdote, sembra essere una simulazione del dire Messa. È proibito dal diritto canonico dire la santa Messa senza un prete.

Il Papa San Pio X ha espresso la sua speranza e il suo desiderio che il Messale Romano sia usato più comunemente dai fedeli di tutte le classi durante la loro partecipazione alla Messa.

Il Messale può essere utilizzato dai fedeli fuori dalla Santa Messa per lo studio. Anche i fedeli possono leggerne parti separate, come Salmi, preghiere, Epistola o Lezione, il Vangelo, le Antifone, il Credo ecc.  senza l’intenzione di simulare la Messa.

Per ricevere la Comunione spirituale al di fuori della Santa Messa, i fedeli non hanno alcun obbligo di leggere tutta la Messa o alcune parti da soli senza un sacerdote. Hanno solo bisogno di fare un atto di comunione spirituale, come il seguente:

Preghiere per la Comunione spirituale

Gesù mio, credo che voi state nel Santissimo

Sacramento. V’amo sopra ogni cosa e vi desidero

nell’anima mia. Giacché ora non posso ricevervi

sacramentalmente, venite almeno

spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io vi

abbraccio e tutto mi unisco a Voi: non permettere

che io mi abbia mai a separare da Voi.

(Indulg. di tre anni ogni volta, leggendo qualsiasi formula; indulg. plenaria alle consuete condizioni se fatta ogni giorno per un intero mese).

Donne in Chiesa:

Secondo la Legge di Dio una donna è un aiuto per un uomo (Genesi II: 18-24), quindi la Chiesa non riconosce la guida delle donne in Chiesa. San Paolo, l’Apostolo, dice: “Le donne tengano il silenzio nelle chiese; perché non è permesso loro di parlare, ma di essere soggetti, come anche la legge dice. Ma se imparassero qualcosa, che chiedessero ai loro mariti a casa. Perché è una vergogna per una donna parlare in chiesa “(1 Corinzi 1XIV: 34-35), e “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo” (1 Timoteo II: 11-13).

Il ruolo proprio di una donna cattolica è quello di essere una buona figlia, una buona sorella, moglie, madre, parrocchiana, cittadina. Alcune donne hanno la vocazione per essere suora. Secondo la legge ecclesiastica, una donna può essere superiora, ad esempio in una congregazione religiosa femminile, canonicamente approvata  e stabilita dall’altaGerarchia .

LA DONNA NELLA CHIESA:

Codice di  ABBIGLIAMENTO

Durante la recita del Rosario per telefono, durante le riunioni del Rosario e la Santa Messa i Cattolici dovrebbero tenere un abbigliamento modesto.

Non è permesso alle donne e alle ragazze cattoliche di ricevere la Santa Comunione se i loro volti e le loro labbra sono dipinte, perché sarebbe un atteggiamento indecoroso al cospetto del Santo Sacrificio della Croce. La Santa Messa è il culto davanti all’Altare di Dio, non una cena a un tavolo comune, per cui le donne cattoliche non devono venire alla S. Messa con il viso truccato.

È proibito alle donne cattoliche di partecipare alla Santa Messa e alle riunioni di preghiera, indossando jeans, pantaloncini, pantaloni, ampi decolté, camicie senza maniche e t-shirt, in abbigliamento da spiaggia o da sport, vestiti con scritte e messaggi, loghi di grandi marchi, loghi sportivi, vestiti trasparenti. Una gonna o un vestito dovrebbero essere lunghi, così che quando ella è seduta, le sue ginocchia devono essere coperte. Anche le maniche dovrebbero essere abbastanza lunghe, fino al palmo delle mani o un po’ sotto i gomiti, nei tempi caldi dell’estate. La testa dovrebbe essere sempre coperta. Scarpe o sandali a seconda dei tempi; le calze sono richieste soprattutto quando la donna indossa sandali estivi aperti.

Anche gli uomini ed i ragazzi cattolici dovrebbero indossare un consono abbigliamento nel partecipare alla Santa Messa e agli incontri di preghiera. Vietati sono: jeans, pantaloncini, magliette senza maniche e t-shirt, vestiti da spiaggia, vestiti sportivi, vestiti con scritte o messaggi, loghi di grandi marchi, loghi sportivi, indumenti trasparenti. Essi dovrebbero indossare abiti composti, come un abito classico con cravatta o anche senza, pantaloni di stile classico e camicie a maniche lunghe. Scarpe o sandali semiaperti a seconda della stagione; le calze sono obbligatorie. Il principio essenziale del codice di abbigliamento nel culto cattolico è una manifestazione esterna di Fede, morale e disciplina. Poiché il centro del culto cattolico c’è la Croce di Gesù Cristo, si devono indossare abiti casti e modesti, specialmente quando si riceve la santa Comunione durante la santa Messa.

Sacramentali:

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I sacramentali sono oggetti o azioni che la Chiesa usa, ad imitazione dei Sacramenti, per ottenere favori, specialmente quelli spirituali, attraverso la loro intercessione (1144 C. J. C.).

I Sacramentali non conferiscono mai direttamente un aumento di grazia santificante o di remissione dei peccati. – Vero ministro dei sacramentali è un chierico a cui la Chiesa ha concesso le relative facoltà ed al quale non sia vietato l’esercizio di queste facoltà (C. 1146).

È vietato dare pubblicamente i sacramentali a non cattolici. Quindi, non dovrebbero essere date loro le candele benedette durante la Festa della Purificazione, le ceneri del mercoledì, le palme della Domenica di Passione.(Teologia Morale).

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Quando un cattolico dà un oggetto sacramentale a un non cattolico, potrebbe aspettarsi che l’acattolico usi il sacramentale per uno scopo superstizioso, per un rituale pagano, o gettar via l’oggetto sacramentale.

Digiuno ed astinenza

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La legge del digiuno obbliga tutti coloro che hanno completato il loro ventunesimo anno di età fino al sessantesimo anno (C. 1254).

La legge dell’astinenza obbliga tutti coloro che hanno completato il loro diciassettesimo anno di età fino al termine della loro esistenza (C. 1254).

L’impossibilità fisica o morale scusa dalla legge del digiuno.

Per esempio, persone malate o convalescenti, in condizioni di salute delicate, coloro che sono nevrotici o che sono soggetti a forti mal di testa, che non possono dormire quando digiunano, donne incinte o che allattano, donne durante il periodo delle mestruazioni, i poveri che non hanno abbastanza da mangiare in una unica volta per soddisfare la loro fame;

Una maggiore quantità di cibo in quaresima viene concessa a persone soggette a lavori stressanti fisicamente e mentalmente, a coloro che dovrebbero intraprendere un viaggio lungo e faticoso. Non si può intraprendere un duro lavoro allo scopo di eludere la legge del digiuno. Mogli, figli e servi sono scusati se il padrone di casa non consente loro altro cibo. Un invito a mangiare fuori, dove verrà servito cibo proibito, non deve essere accettato. Si potrebbe, tuttavia, accettare un simile invito se lo stesso comporterebbe una grave perdita per sè, o creerebbe inimicizia, ecc. (Teologia Morale).

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Da ricordare che la cremazione non è una pratica Cristiana., ma è condannata espressamente dalla Chiesa Cattolica, tanto che il diritto al funerale e alla Messa di anniversario viene rifiutato a coloro che richiedono che i loro corpi vengano cremati. (Teologia Morale).

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Per conoscere la fede

I fedeli possono studiare la fede cattolica attraverso siti approvati dall’alta gerarchia in esilio.

I fedeli hanno l’obbligo di studiare la Fede Cattolica

La Gerarchia in esilio consiglia:

Il Catechismo di Baltimora:

http://www.baltimore-catechism.com

Il Concilio di Trento

http://www.thecounciloftrent.com/

Anche dai Catechismi, che si possono scaricare in PDF e stampare su un foglio per tutti o per ogni famiglia.

C’è un buon Catechismo Cattolico in tre volumi che è conveniente stampare su fogli:

CATECHISM MADE EASY

Being A Familiar Explanation of The Catechism of Christian Doctrine

In Three Volumes

By The Rev. Henry Gibson, Catholic Chaplain to the Kirldale Gaol and Kirkdale Industrial Schools. Publication dates 1865, 1874, 1877

https://archive.org/details/CatechismMadeEasyV1

https://archive.org/details/CatechismMadeEasyV2

https://archive.org/details/CatechismMadeEasyV3

Il “Catechismo dogmatico” di G. Frassinetti

https://archive.org/details/ADogmaticCatechism1872

The Catechism explained, by Rev. Francis Spirago

By Rev. Francis Spirago, Professor of Theology
Edited by Rev. Richard F. Clarke S.J.

Publication date 1899

https://archive.org/details/catechismexplain00spiruoft

Spesso è utile rinfrescare alla memoria le parole pronunciate durante l’abiura dell’eresia e la professione di fede:

“Io, NN, dichiaro sinceramente e solennemente che sono stato educato nella falsa Religione (novus ordo, protestantesimo, o altra Religione, a seconda del caso), ma ora per grazia di Dio, essendo stato portato alla conoscenza della Verità, io credo fermamente e professo tutto ciò che la Santa Chiesa Cattolica e Apostolica romana crede e insegna, ed io rifiuto e condanno tutto ciò che essa rifiuta e condanna ”

La forma completa della professione di fede è qui:

http://www.tcwblog.com/182861443

Ricezione di convertiti e professione di fede 

[Rituale Romano, 1944, Supplemento per il Nord America]

(Secondo il modello approvato dalla Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, il 20 luglio 1859 e con la nuova formula per l’abiura e la professione di fede che deve essere fatta dai convertiti, approvata dalla Suprema Sacra Congregazione del Sant’Uffizio come data in: la “Rivista ecclesiastica”, maggio 1942)

Nel caso di un convertito, prima di tutto bisogna fare un’indagine accurata sulla validità del suo precedente battesimo. Se si scopre che non è stato Battezzato o che il Battesimo ricevuto non sia valido, deve essere battezzati incondizionatamente. Se, tuttavia, dopo un’indagine diligente, rimane un ragionevole dubbio sulla validità del loro precedente Battesimo, deve essere battezzato in modo condizionale. Se, in terzo luogo, il battesimo fosse giudicato valido, deve richiedersi solo l’abiura o la professione di fede. In conformità, quindi, con la loro condizione ci sono tre metodi di ricezione delle conversioni:

I. Se non è battezzato o se il precedente battesimo non era valido – il convertito è battezzato incondizionatamente, e non seguono né l’abiura né l’assoluzione, poiché il Sacramento della rigenerazione lava via tutto.

II. Se il precedente battesimo è dubbio: il convertito è battezzato condizionatamente, osservando la seguente procedura: 1. Abiura o professione di fede e assoluzione condizionata dalle censure. 2. Battesimo condizionale. 3. Confessione sacramentale con assoluzione condizionale.

III. Se il precedente battesimo era valido: – 1. Abiura e professione di fede. 2. Assoluzione dalle censure. 3. Volendo si può procedere alle cerimonie supplementari del Battesimo (vedi modulo per adulti [o di bambini, secondo decreti più recenti]).

Il sacerdote rivestito di cotta e stola viola, siede davanti al centro dell’altare o, se è presente il Santissimo Sacramento, sul lato dell’Epistola. Il convertito si inginocchia davanti a lui e con la mano destra sul libro dei Vangeli (o il messale) legge quanto segue: (Se il convertito non può leggere il sacerdote, glielo legge lentamente e distintamente, in modo che possa capire e ripetere le parole.)

PROFESSIONE DI FEDE

Io, N.N., ______ anni, nato fuori dalla Chiesa cattolica, ho tenuto e creduto in errori contrari al suo insegnamento. Ora, illuminato dalla grazia divina, mi inginocchio davanti a voi, Reverendo Padre _____________, avendo davanti ai miei occhi e toccando con mano i santi Vangeli.  Con fede ferma, credo e professo ciascuno e tutti gli articoli contenuti nel Credo degli Apostoli e cioè: Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, il Suo unico Figlio, nostro Signore, che fu concepito dallo Spirito Santo, nato da Maria Vergine, soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; Discese all’inferno, il terzo giorno risuscitò dai morti; Salì al cielo e siede alla destra di Dio, il Padre onnipotente, da lì verrà per giudicare i vivi e i morti. Io credo nello Spirito Santo; la santa Chiesa Cattolica; la comunione dei santi; il perdono dei peccati; la risurrezione dei corpi e la vita eterna. Amen.

– Ammetto e abbraccio fermamente le Tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e tutte le altre costituzioni e prescrizioni della Chiesa.

– Ammetto la Sacra Scrittura secondo il senso che è stato sempre tenuto ed è tenuto dalla Santa Madre Chiesa, il cui compito è quello di giudicare il vero senso e l’interpretazione delle Sacre Scritture, e io non le accetterò mai né le interpreterò se non in accordo all’unanime consenso dei Padri.

– Professo che i Sacramenti della nuova legge sono in verità e precisamente, sette di numero, istituiti per la salvezza dell’umanità, sebbene non siano tutti necessari per ogni individuo: battesimo, confermazione, santa Eucaristia, penitenza, estrema unzione, ordini sacri, e Matrimonio. Professo che tutti conferiscono grazia, ed alcuni tra essi, il battesimo, la confermazione e l’ordine sacro non possono essere ripetuti senza commettere sacrilegio.

– Accetto e ammetto anche il rituale della Chiesa Cattolica nella solenne amministrazione di tutti i suddetti Sacramenti.

– Accetto e professo, in ogni parte, tutto ciò che è stato definito e dichiarato dal Sacro Concilio di Trento riguardo al peccato originale e alla Giustificazione. Professo che nel Santo Sacramento dell’Eucaristia ci sia veramente e sostanzialmente il Corpo ed il Sangue insieme con l’Anima e la Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, e che lì avviene ciò che la Chiesa chiama transustanziazione, cioè il cambiamento di tutta la sostanza del pane nel Corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel Sangue di Cristo. Confesso anche che, ricevendo anche una sola di queste specie, si riceve Gesù Cristo, integro ed intero.

– Io sostengo fermamente che il Purgatorio esiste e che le anime ritenutevi possono essere aiutate dalle preghiere dei fedeli. Allo stesso modo, ritengo che i santi, che regnano con Gesù Cristo, devono essere venerati e invocati, perché essi offrono preghiere a Dio per noi e che le loro reliquie devono essere venerate.

– Professo fermamente che le immagini di Gesù Cristo e della Madre di Dio, sempre Vergine, così come di tutti i santi, devono ricevere il dovuto onore e venerazione. Affermo anche che Gesù Cristo ha lasciato alla Chiesa la facoltà di concedere le indulgenze, e che il loro uso è molto salutare per il popolo cristiano. Riconosco la Chiesa santa, romana, cattolica e apostolica come madre e maestra di tutte le chiese, e prometto e giuro la vera obbedienza al Romano Pontefice, successore di San Pietro, Principe degli Apostoli e Vicario di Gesù Cristo.

– Accolgo inoltre senza esitazione e professo tutto ciò che è stato tramandato, definito e dichiarato dai Sacri Canoni e dai Consigli generali, specialmente dal Concilio di Trento e dal Concilio Vaticano, e in modo speciale ciò che riguarda il primato e l’infallibilità del Romano Pontefice. Allo stesso tempo condanno e riprovo tutto ciò che la Chiesa ha condannato e riprovato. Questa stessa fede cattolica, al di fuori della quale nessuno può essere salvato, ora professo liberamente e ad essa quale aderisco sinceramente; lo stesso prometto e giuro di mantenerla e professarla con l’aiuto di Dio, intera, inviolata e con ferma costanza fino all’ultimo soffio di vita; e cercherò, per quanto possibile, che questa stessa Fede sia tenuta, insegnata e professata pubblicamente da tutti coloro che dipendono da me e da coloro di cui sarò incaricato.

Quindi mi aiuti Dio e questi santi Vangeli.

Il convertito rimane in ginocchio, e il sacerdote ancora seduto dice il Miserere (Salmo 50) o il De profundis (Salmo 129), aggiungendo alla fine un Gloria Patri.

Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. A che serve all’ uomo, guadagnare il mondo intero e subire poi la perdita della propria anima? “(San Matteo XVI: 24-27).

Possa Dio Onnipotente darmi la forza di essere umile soldato di Cristo in esilio ed un membro buono della Chiesa in Eclissi.

Un sac. della Chiesa in Eclissi:  fr. UK.

[trad. redaz. G.D.G.]

LA BESTEMMIA

 LA BESTEMMIA.

[G. Dalla Vecchia: Albe Primaverili; G. Galla ed. 1911]

Et vos inhonorastis me.

E voi mi avete vituperato.

( Joan. VIII. 49).

ESORDIO. — Gesù nel Tempio affollato dichiara apertamente

che non è figlio di Dio chi non ascolta le sue parole di verità e di vita. Propterea vos non auditis, quia ex Deo non estis (Ioan. VIII, 47). — Ma un’empia bestemmia risuona e si scaglia contro di Lui; lo si chiama Samaritano e posseduto dal Demonio (v. 48). — Gesù ne resta addolorato, e con una pazienza inarrivabile risponde: Io non sono indemoniato (49); ma onoro il Padre mio, e voi mi avete vituperato. Et vos inhonorastis me! Quanti cristiani, ai nostri giorni, alzano temerari la loro voce per offendere e bestemmiare Dio, la Vergine, i Santi, le cose sacre… Oh ! non vi pare di  sentire da questo Crocefisso la voce di Gesù: Voi, tanto amati da me, voi che siete il mio popolo eletto, voi che avete nelle vostre chiese il Sacramento dell’amor mio, voi redenti al prezzo infinito di tutto il mio Sangue, voi mi bestemmiate? Vos inhonorastis me?  – Vediamo dunque il grave delitto, che è la bestemmia e, santamente inorriditi, giuriamo odio eterno a questo linguaggio d’Inferno.

PARTE PRIMA

1° La bestemmia è un parlare ingiurioso contro Dio ed i santi. — Ereticale, se contiene un errore contro la fede, purché coll’animo di offenderlo, o di negargli qual che attributo … Semplice, o comune, quando con aggettivi ingiuriosi si offende il nome di Dio, il SS. Sacramento, la Madonna …, o per sfogo di rabbia, od altro motivo…

(a) Chi infrange un Comandamento della legge di Dio, offende il Signore; ma è un’offesa indiretta … Chi bestemmia, offende ed assale direttamente Dio stesso. — Un cittadino disobbedisce alle leggi, offende il re nei suoi ordini …; ma se gli va vicino e gli dice villanie … , in questo caso l’ingiuria è più grave… ; è reo di lesa maestà… Ecco quello che fa il bestemmiatore! E come osare di profanare quel nome santo, che gli Angeli e saltano venerabono? Sanctus, sanctus… Dominus Deus Sabahot… I cieli e la terra narrano le sue glorie… Coœli enarrant gloriam Dei… Terra tremuit et quievit; (Salmi) i demoni tremano a quel Nome potente… Et in nomine Iesu omne genuflectatur cœlestium,, terrestrium, et ìnfernorum (Filipp. II, 10), ed un cristiano oserà gettare contro di Lui i titoli più ingiuriosi, le parole più empie, le imprecazioni più triviali?

(b) È peccato gravissimo. — Il Crisostomo lo chiama il peccato più orrendo … ; nullum hoc peccato deterius; insegna che esso irrita singolarmente il Signore ; nihil ita exacerbat Deum. sicut quando nomen eius blasphematur.

— S. Girolamo aggiunge, che al suo confronto ogni colpa sembra leggera, che niente è più mostruoso della bestemmia. Nihil horribilius blasphemia. Omne peccatum, comparatum blasphemiæ, levius est. — E S. Bernardino: La lingua del bestemmiatore è come una spada, che penetra il cuore di Dio; e perciò nessun peccato racchiude in sé tanta iniquità, quanta ne contiene la bestemmia. È un peccato di pretta malizia.

(c) Il bestemmiatore è peggiore dei demoni. — Essi bestemmiano sotto i flagelli della giustizia di Dio … ; tu, nel momento, in cui Egli fa scorrere sul tuo capo 1’onda delle sue grazie … Ti conserva … , ti provvede…, ti . ama … Lo dovresti benedire…,, ed invece, ingrato, ti avventi su di Lui … , lo strazi col tuo parlare ingiurioso. E che ti ha fatto di male? — Quello che sei … , possiedi … , tutto suo dono. — La fede, i sacramenti, i rimorsi, le ispirazioni, le forze, la salute … ; tutto da Lui … Dunque sei un perfido…, un ingrato …

(d) Ne ricavi forse vantaggio ? — Il ladro … ha la cosa rubata … Il voluttuoso … qualche diletto… Ma tu niente … ; cioè sì; hai una colpa gravissima … sulla coscienza.

Forse ottieni onore ? — No; anzi sei disprezzato dagli Angeli; da chi ti sente proferire quei detti sacrileghi … Sei forse temuto ? — Allora ti mostri insolente, temerario contro il divino Benefattore… ; quindi un vile. — Le persone, che si rispettano, non pronunciano simili insulti. — L’è dei vigliacchi … , dei viziosi … Ti riesce meglio il lavoro ? — Ma ti manca allora la benedizione del Signore: e la casa, che non è benedetta da Dio, cadrà in rovina … — Ne sei forse contento ? — Il bestemmiatore, ha torvo lo sguardo, bieca la faccia, è irrequieto … ; sembra un dannato…

(e) E tu, sì povero e meschino, tu misero verme, osi ribellarti, ingiuriare 1’Onnipotente? — Ti può colpire di morte…, gettare in un inferno … Bisogna dire che ti manchi la fede… ; altrimenti non lo faresti di certo.

(f) Dai scandalo. — Da te i fanciulli imparano a maledire il loro Dio… E intanto la bestemmia dilaga con un crescendo pauroso… ; e l’immoralità procede di pari passo con questo parlare d’inferno. Iugiter tota die nomen meum blasphematur (Isaia LII, 4).

2° – Ed i castighi?

(a) Dio nel Levitico (XXIV., 16) minaccia la morte ai bestemmiatori:  et qui blasphemaverit nomen Domini, morte moriatur. — Al cenno di Mosè la terra inghiotte vivi i bestemmiatori del nome di Dio. Salumit della tribù di Dan è lapidato dal popolo… Oloferne viene ucciso da Giuditta … Golia dalla pietruzza di Davide … Sennacherib vede il suo esercito distrutto … Antioco muore ricoperto di piaghe…

— Se il Signore assicura, che non lascerà impunito chi nomina il suo nome invano, che sarà di chi lo bestemmia? Non enim habebit insontem Dominus eum, qui assumpserit nomen Dei sui frustra (Esodo XX)

(b) Nei primi secoli della Chiesa il bestemmiatore doveva fare per sette settimane pubblica penitenza… ; se non 1’accettava, era privato dei sacramenti e della sepoltura ecclesiastica … — I principi di Francia fecero leggi severe contro la bestemmia: si traforava e poi si tagliava la lingua a chi insultava il nome di Dio.

(c) S. Gregorio narra, che un fanciullo, a sei anni, proferì una bestemmia…, e morì all’istante … S. Bernardino racconta, che un soldato, cenando con gli amici, si pose a bestemmiare… Stramazzò a terra morto.

— La bestemmia provoca i pubblici flagelli … ; la peste, la guerra, la fame, le inondazioni. — Roberto, re di Francia, pregava un dì ai piedi del Crocefisso per ottenere la pace al desolato suo regno; ed una voce gli risponde: Punisci i bestemmiatori, ed avrai la pace. —

Sulle montagne della Salette la Vergine avverte il popolo cristiano di cessare dalle bestemmie, per non provare i fulmini della divina Giustizia … Per la bestemmia tante sventure pubbliche e private… Messina (Sicilia) crollava scossa dal terremoto, il giorno dopo, (1908) che un empio giornale pubblicava una poesia d’insulto al celeste Bambino.

(d) Il bestemmiatore sul letto di morte. — Il suo parlare è quello dell’Inferno; e già presenta i sintomi della dannazione … Oppresso dai dolori…, teme, si agita, trema … ; non invoca la Madonna ed i Santi … , che li ha tanto bestemmiati … Intorno al suo guanciale i demoni fanno una ridda infernale. — Muore…, è condannato. Imitaris linguam blasphemantem ? Condemnabit te os suum (Iob. XV 5, 6). – Per tutta 1’eternità sarà maledetto. Maledicti qui contempserint te, Domine… Damnati erunt omnes, qui blasphemaverint te, Domine (S. Scritt. passim.).

(e) Pretesti e scuse. 1° Io bestemmio solo quando vado in collera; del resto mai … Bella davvero! un peccato capitale, com’è la collera, un peccato, che rende l’uomo quasi una bestia, sarà scusa sufficiente per potere bestemmiare… In altre parole, invece di un peccato, farne due. – Mettiamo caso: Vai in casa di un amico; lo trovi irritato con la moglie, con i figli. Egli appena ti vede, ti regala un ceffone sulla faccia … ; e poi ti dice: Perdonami; ero in collera, e per questo ti ho percosso… Gli faresti buona questa scusa? — Ed un cristiano, perché in collera coi figli, con gli affari, con le bestie, si crederà lecito di bestemmiare ed offendere Dio?

2° – Ho provato tante volte a correggermi, ma non ne sono capace!

— Proprio – ? — Scommetto che, se ad ogni bestemmia dovessi sborsare cinque lire , oppure scontare due mesi di prigione, metteresti tutto 1’impegno per correggerti, e riusciresti davvero. È invece, che non ami e non temi il Signore; languida è la tua fede; dell’anima poco t’importa, e per questo bestemmi… Ma con Dio non si scherza; ed egli ti giudicherà severamente sulle parole che hai pronunciato. Et vos inhonorastis norastis me. — Propter peccata labiorum ruina proximat malo (Prov. XII, 13).

PARTE SECONDA

3° – La bestemmia dunque è un orribile delitto, che offende direttamente Dio stesso, provoca sulle famiglie, sulla società, sui miseri bestemmiatori la collera dell’Altissimo … Preme dunque togliere questa colpa orrenda dalla faccia della terra.

I mezzi, che deve usare il bestemmiatore per correggersi di quest’orrido vizio, sono:

(a) La mattina, fare una generosa risoluzione di non pronunciare in quel giorno la minima parola di offesa contro il Signore.

(b) Ti è sfuggita?… Subito, una breve giaculatoria. — Gesù mio misericordia!…

(c) L a sera, prima di coricarti, esamina se hai bestemmiato … , al caso, bacia tante volte i piedi del tuo Crocefisso, quante sono le bestemmie dette durante il giorno.

(d) Ti imponi qualche piccola preghiera per ottenere la grazia di smettere un parlare cosi esecrabile …, che ti rende peggiore dei Turchi …, che disonora la nostra patria … Con questi mezzi ti correggerai, e te ne chiamerai contento.

— Ma tutti siamo figli di Dio, dunque a tutti deve premere 1’onore del santo suo Nome. Tutti dobbiamo provare profondo il rammarico per gli strappazzi, le villanie, che 1’amoroso Signore riceve continuamente dalle labbra di tanti …, anche in giovane età… ; i quali proprio non sanno, almeno sembra, quello che fanno col loro linguaggio satanico. Ut unanimes uno ore honorificetis Deum (Rom. XV, 6). Tutti uniti, come in una santa crociata, muoviamo guerra alla bestemmia.

— Voi, o genitori, con l’esempio…, con la correzione…, coi castighi, fate che i vostri figli non prendano un abito così detestabile…

— Voi, o padroni, proibite ai vostri dipendenti simile parlare …; intimate loro: In casa mia non si bestemmia.

— Non si correggono ? — Licenziateli.

— Voi, fanciulle, se il vostro fidanzato bestemmia, abbandonatelo… Il padre, che bestemmia, attira sulla famiglia le maledizioni divine.

— Nessuno stringa amicizia con chi strapazza il Nome benedetto di Dio. — Chi gode di qualche autorità sugli altri, corregga, rimproveri …; chi non ne ha, volti le spalle al bestemmiatore, e lo consacri all’isolamento, al disonore.

— Preghiamo per la conversione dei miseri bestemmiatori … Sanctificetur nomen tuum…

— Se udiamo qualcuno prorompere in linguaggio sì empio, ripetiamo: Sia benedetto .. il nome di Gesù… ; Dio sia benedetto. « Sit Nomen Domini benedictum! » [indulgenza di 500 giorni ogni volta che, udendo una bestemmia, si reciti devotamente la giaculatoria suddetta (S. C. Indulg., 28 nov. 1903; S. Pæn. Ap., 9 dec. 1932). Così daremo lode al Signore; concepiremo un odio sempre più acerrimo contro questa colpa tanto detestabile … Remove a te os pravum (Prov. IV, 24). Guai! guai a chi bestemmia, e non si sforza di correggersi! Egli si associa al delitto dei Giudei, che deridevano ed insultavano il Figlio di Dio pendente dalla Croce, agonizzante in un mare di spasimi, per la nostra salute …- Moltiplica le iniquità, accumula a suo danno debiti enormi verso la divina Giustizia …; si priva dell’intercessione dei due potenti Avvocati, Gesù e Maria … Chi allora, se non si emenda, lo salverà dall’eterna dannazione? — Odio, dunque, odio eterno alla bestemmia.

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SIT NOMEN DOMINI BENEDICTUM!

[Ps. CXII]

(Indulg. 500 giorni ogni volta che, udendo una bestemmia contro Dio, si reciti devotamente la preghiera giaculatoria . – S. C. Indulg., 28 nov. 1903; S. Pæn. Ap.., 9 dec. 1932)

CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: APRILE 2018

APRILE [2018]

è il mese della Santa PASQUA e delle ROGAZIONI Maggiori

 LITANIE O ROGAZIONI.

[Dom Guéranger: “Istituzioni liturgiche”, vol. I]

ISTRUZIONE.

Litania, che vuol dire Preghiera, è parola greca derivata dal verbo lìtanevo, che significa: “prego”. Le Litanie Maggiori cadono nel giorno 25 Aprile, e si dicono maggiori, o perché ebbero origine dalla maggiore delle Chiese, quale si è Roma, o perché comandate in tutta la Cristianità da S. Gregorio, detto “Magno”, il quale, se non ne fu l’istitutore, dacché egli stesso ne parla come di cosa già in uso, fu però quel Papa che le universalizzò dopo di averle celebrate con una solennità tutta particolare, allorquando nel 598, per impetrare la cessazione della peste che desolava tutta Roma, chiamò tutto il Clero e, tutto il Popolo ad una Processione di penitenza che fece capo alla chiesa di Santa Maria Maggiore e durante la quale si serenò il cielo, cessò la mortalità, e si vide sulla mole Adriana un Angelo che rimetteva nel fodero la propria spada, per significare che il flagello era cessato. Fu in quella circostanza che all’antica mole Adriana si mutò il nome in quello di Castel sant’Angelo, e vi fu eretta la grande statua di S. Michele.

PER I GIORNI DELLE LITANIE

Dio della bontà e della misericordia, Padre amoroso ed Arbitro sovrano di tutta quanta la natura, che regolando ogni cosa secondo i consigli della vostra sapientissima Provvidenza, avete a noi assoggettate tutte le creature dell’universo perché ci fornissero, giusta il bisogno, il cibo, il vestito l’ alloggio, la difesa, e fino conveniente ricreazione; Voi da cui solo dipende 1’opportunità delle stagioni, la fecondità della campagna, la prosperità del commercio, la tranquillità degli Stati, la salute dei nostri corpi e la santificazione delle nostre anime, degnatevi di volger propizio il vostro sguardo sopra di noi, e fate che tutto ci serva ad alleviare le miserie del tempo per assicurarci beata la eternità. – Come liberaste Noè dalle acque del Diluvio, Lot dalle fiamme di Sodoma, Davide dagli orsi, Daniele dai leoni, e poi Naaman dalla lebbra, Tobia dalla cecità, la casa di Raab dall’eccidio, e la Samaria dalla fame, liberate ancor tutti noi da ogni inondazione, da ogni incendio, da ogni carestia, da ogni contagio, da ogni persecuzione e da ogni guerra. Purgate l’aria da ogni influsso cattivo, la terra da ogni insetto dannoso”, e mandate a suo tempo il vento e la rugiada, la serenità e la pioggia, onde ogni seme fruttifichi in abbondanza. Togliete ai nostri nemici, così pubblici come privati, cosi visibili come invisibili, la volontà e la forza di nuocere, onde tra noi regni costantemente la sicurezza e la pace. Allontanate insomma da noi tutti quanti i vostri flagelli, onde alle nostre preghiere uniamo sempre più fervorosi i nostri sinceri ringraziamenti. – Che se mai pei nostri peccati voleste visitarci con qualche traversia, dateci nel tempo stesso lo spirito della cristiana pazienza, onde, ricevendo dalle vostre mani, e sopportando in espiazione dei nostri falli i vostri paterni castighi, ci assicuriamo quel premio che voi tenete preparato nel cielo a chi porterà con rassegnazione la propria croce sopra la terra. Pater, Ave, Gloria.

Di seguito le Feste di APRILE

1 Aprile Dominica Resurrectionis    Duplex I.

2 Aprile Die II infra octavam Paschæ    Duplex I. classis

3 Aprile Die III infra octavam Paschæ    Duplex I. classis

4 Aprile Die IV infra octavam Paschæ    Semiduplex

5 Aprile Die V infra octavam Paschæ    Semiduplex

6 Aprile Die VI infra octavam Paschæ    Semiduplex – Primo Venerdì

7 Aprile Sabbato in Albis    Semiduplex  – Primo Sabato

8 Aprile Dominica in Albis in Octava Paschæ    Duplex I. classis

9 Aprile In Annuntiatione Beatæ Mariæ Virginis    Duplex I. classis *L1*

11 Aprile S. Leonis I Papæ Confessóris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

13 Aprile S. Hermenegildi Martyris    Semiduplex

14 Aprile S. Justini Martyris    Duplex *L1*

15 Aprile Dominica II Post Pascha    Semiduplex Dominica minor

17 Aprile S. Aniceti Papæ et Martyris    Simplex

21 Aprile S. Anselmi Epíscopi Confessóris et Ecclésiæ Doctóris    Duplex

22 Aprile SS. Soteris et Caii Summorum Pontificum et Mártyrum    Semiduplex

23 Aprile S. Georgii Martyris  Simplex

24 Aprile S. Fidelis de Sigmaringa Martyris    Duplex

25 Aprile S. Marci Evangelistæ    Duplex II. classis

26 Aprile SS. Cleti et Marcellini Summorum Pontificum et Mártyrum    Semiduplex

27 Aprile S. Petri Canisii Confessóris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

28 Aprile S. Pauli a Cruce Confessóris    Duplex

29 Aprile S. Petri Martyris    Duplex

30 Aprile S. Catharinæ Senensis Virginis    Duplex

LO SCUDO DELLA FEDE -V- LE FALSE PROFEZIE

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LO SCUDO DELLA FEDE

V – LE FALSE PROFEZIE E L’IPNOTISMO.

Le false profezie delle false religioni. — Le sibille. — I gabbammondi odierni. — Il Sonnambulismo, il magnetismo e l’ipnotismo. —  È desso lecito, sì o no?

— Per altro, ho inteso ad accertare che tutte le religioni hanno delle profezie. Se ciò fosse vero, tali profezie si dovrebbero conoscere. Ma io ti sfido a trovarmele in qualunque libro, di qualsiasi autore.

— Eppure ho appreso dalla storia, che presso tutti i santuari dei pagani vi erano delle pitonesse, degli indovini, che indicavano l’avvenire. So che a tal fine vi erano gli Aruspici che guardavano le viscere degli uccelli scannati, gli Auguri che osservavano il loro volo, l’Ariolo che si teneva stretto agli altari, il Fatidico che consultava la potenza del destino? L’Astrologo che mirava la posizione degli astri, … eccetera, eccetera.

E a simile genìa vorresti tu dare il nome di profeti? A loro riguardo non posso dirti se non che o erano bricconi matricolati, che si giovavano ad esempio della loro condizione di ventriloqui, di epilettici, di isterici, o di arti ciarlatanesche per ingannare i gonzi, come fanno pur troppo anche ai dì nostri per attestazione dei missionari e dei viaggiatori certi stregoni scellerati tra le tribù selvagge o barbare; oppure erano miserabili posti in qualche modo in comunicazione con satana, che alle volte dava loro dei segni per mezzo di treppiedi od altri simili strumenti, come li dà oggidì per mezzo di tavole parlanti, scriventi o semoventi. – E non ti salta agli occhi la differenza enorme, che passa tra questa cattiva razza e i profeti biblici? Gli indovini e pitonesse pagane, quando pretendevano indicar il futuro, si abbandonavano a grida, a gesti strani, ad agitazioni e convulsioni, a singulti, ad un linguaggio rotto ed equivoco, ad operazioni in fondo in fondo ridicole, e ciò facevano fra le tenebre o la semiluce, alla presenza di pochi fidi; al contrario i veri profeti, come attestano i Sacri libri, parlavano seriamente, chiaramente, in pubblico, nell’atrio dei templi, sulle vie o sulle piazze, senza far dei misteri, senza ricorrere a statue, a treppiedi, o ad altri simili strumenti, senza interesse personale, anzi affrontando talora, come già dissi, con santo coraggio lo sdegno del popolo. – E poi dimmi francamente; erano predizioni certe, quelle che gl’indovini pagani andavano facendo ? Ricordi quei famosi oracoli: Ibis, redibis, non, morieris in bello. — Dico tibi, Pyrrhe, populum romanum te victurum esse?

— Ma io non m’intendo di latino.

Se tu t’intendessi, vedresti come il primo di tali oracoli, secondo che si metta il non unito a redibis oppure a morieris, voglia dire queste due cose diverse: Andrai, non ritornerai, morrai in guerra — e —Andrai, ritornerai, non morrai in guerra, e che il secondo si può prendere in questi due opposti sensi: Dico a te o Pirro, che vincerai il popolo romano, e: Dico a te, o Pirro, che il popolo romano  vincerà te. Ora questi ghiribizzi di parole appositamente studiati per potersi poi scusare, qualora l’evento non riuscisse conforme al senso desiderato, erano desse profezie e valevano forse qualche cosa in favore di quelle religioni, in cui si andavano facendo?

— Certamente, che stando così le cose, tali predizioni tutt’altro che valere in favore di quelle religioni non potevano servire che a screditarle.

Dici giustamente; ed è perciò che lo stesso Cicerone asseriva, che non era possibile che due àuguri, due indovini, sapendo bene quanto ciurmassero il popolo, potessero guardarsi tra di loro senza ridere.

— Ma le sibille non furono vere profetesse! Mi pare che anche la Chiesa nel Dies iræ porti la testimonianza della Sibilla.

In quanto alle sibille può essere che siano esistite davvero. Si dice che fossero dieci, la Cumana, l’Ellesponziaca, la Frigia, la Tiburtina, l’Europea, l’Egiziana, la Persiana, la Libica, la Delfica e l’Eritrea. Si dice anzi, che abbiano fatto delle profezie riguardanti Gesù Cristo e Maria Vergine, e mi piace di fartele conoscere, almeno per una curiosità.

« Iam redit Virgo — Già torna la Vergine ». Cumana.

« De Virgine Hæbrea — Da una Vergine Ebrea ». Ellesponziaca.

« Annuntiabitur Virgo— La Vergine sarà annunziata ». Frigia.

« O felix mater 0 madre felice ». Tiburtina.

« Egredietur de utero Virginis — Uscirà dal seno di una Vergine ». Europea.

« De matre Deus — Da una madre Dio ». Egiziana.

« Et salus in gremio Virginis — E la salute nel seno di una Vergine ». Libica.

« De stirpe Judæorum — Dalla stirpe dei Giudei ». Delfica,

« Jacebit in fœno— Giacerà sul fieno». Eritrea,

Ma i libri sibillini, in cui sono contenute queste profezie, sono affatto apocrifi ed inventati dagli ebrei o dai primi cristiani col pio intento di indurre i pagani al conoscimento della verità. Ed in vero l’esistenza delle sibille si confonde con le favole mitologiche, Figurati che della sibilla di Cuma, che fu la più celebre, e che avrebbe abitato in ima spelonca vicina a quella città, si dice niente meno che Apollo la fece vivere tanti anni quanti granelli d’arena avrebbe potuto tenere in mano, sì che venuta decrepita non le rimase altro che la voce per profetare!

— Ma allora perché la Chiesa lascia nel Dies iræ quel cum Sibilla?

La Chiesa nella sua liturgia ha preso e adottato quell’inno, del resto grandioso ed efficacissimo, quale l’ha composto Fra Tommaso da Celano, uno dei primi e dei più celebri figli di S. Francesco, senza badar a questa minuzia, ma anche senza volere con ciò che si dia fede alle sibille ed ai loro libri.

— Ho inteso. Ma non vi sono però anche ai dì nostri di coloro, che predicono l’avvenire sulle pubbliche piazze e nei gabinetti magnetici

Coloro che anche ai dì nostri sulle piazze e nei gabinetti magnetici pretendono di predire l’avvenire, il più delle volte sono ciarlatani, impostori, gabbamondi, che abusano per loro interesse della dabbenaggine altrui. – Se poi vi sono degli spiritisti, dei mediums, che facciano realmente qualche vera divinazione, egli è perché si trovano o si mettono in comunicazione col diavolo, che, come ti dissi, con la intelligenza, di cui fu dotato da Dio quando fu creato angelo, e che ha conservato nella sua natura di spirito, benché maligno e dannato, può vedere molto più a fondo di noi, e da cause naturali, che gli stanno sotto lo sguardo, prevedere, o per lo meno arguire certe conseguenze che ne seguono o seguiranno. – Ma anche in questo caso non c’è profezia vera perché, benché si tratti di una predizione che l’uomo, con la sua debole intelligenza non potrebbe fare, si tratta sempre non di meno di una previsione e predizione di ciò che si può prevedere e predire nelle cause naturali. – E da ultimo poi ti osservo che accadendo durante il sonnambulismo, procurato altrui con arte (e specialmente alle donne nervose, deboli, isteriche), procurato cioè con la magnetizzazione e con l’ipnotismo, che si indovinino certe cose occulte e si faccia anche qualche predizione, in tutto ciò di profezie propriamente dette non c’è neppure l’ombra, essendo che tali divinazioni e predizioni non sono altro che o cognizioni più vive e profonde, che si acquistano nello stato di sonnambolismo, o induzioni da cause naturali, che si conoscono.

— A proposito, che cosa si ha da pensare del sonnambolismo, del magnetismo e dell’ipnotismo?

Il sonnambulismo è di due sorta: spontaneo o procurato altrui con arte. Il primo, si capisce, non dipende dal paziente che lo subisce; epperò non comporta responsabilità di sorta, tanto più perché, passato lo stato di sonnambolismo, il paziente non si ricorda più di nulla di quanto in tale stato gli è accaduto. Durante il sonnambolismo il soggetto non solo si alza a passeggiare durante il sonno, come esprime la parola, ma più assai che la parola esprima, mostra le relazioni abituali dello spirito e del corpo sospese, invertite, trasformate ed elevate ad un grado di potenza superiore allo stato di veglia. In questo stato il sonnambolo parla, discorre con altri su cose le più svariate, e conosce gl’individui tenendo gli occhi chiusi, compone dei versi, va e viene passando anche tranquillamente per luoghi pericolosi, e fa altre cose simili. Ora questo stato si può produrre in taluno artificialmente gettandolo nello stato di ipnotismo, ossia addormentamento, col magnetismo, cioè provocando in lui quei fenomeni che accadono durante il sonnambolismo naturale ed anche maggiori. Di fatti il magnetizzato, o ipnotizzato artificialmente, in quanto al corpo può restare rigido oppure prendere una flessibilità affatto insolita, cessando in lui le impressioni e l’uso dei sensi; e in quanto alla mente può diventare più perspicace, più energico, più attivo. Dicesi che allora veda cose e persone lontane, oda le loro parole, veda persino l’interno del corpo, e così ai malati sappia indicare la sede del male e suggerire i mezzi per guarire. Nota bene però il mio dicesi, perchè questi fatti, chi li ammette, chi no affatto. Di qual maniera il magnetizzante con la sua volontà produca nel soggetto lo stato d’ipnotismo, e stabilisca relazione con lui, e lo metta in relazione con altri, stante le diverse sentenze non si può ben dire. Chi parla di un fluido magnetico, che il magnetizzante irraggia nel magnetizzando, chi lo nega. Ma comunque siano le cose, è certo: 1° che questi fenomeni meravigliosi, se sono certi, non avvengono che a qualche indispensabile condizione, che sebbene occulta può essere del tutto naturale; 2° che l’uso dell‘ipnotismo è per lo meno pericoloso e può degenerare in aperti e gravissimi disordini morali d’ogni genere.

— Eppure ho letto varie volte sulla quarta pagina dei giornali ed ho anche inteso ad asserire, che ai dì nostri vi sono dei celebri magnetizzatori e delle valentissime sonnambole da loro magnetizzate, che anche di lontano indovinano molte malattie e indicano con precisione il modo di guarirle, purché si mandi loro qualche cosa appartenente all’ammalato, fosse anche solo il pezzetto d’un pannolino.

Avresti detto meglio « purché si mandi loro un buon vaglia postale ». Credilo, novantanove volte su cento in questo affare tutto mira lì, a carpire destramente del denaro a tanti poveri goccioloni, che nell’intendimento di essere guariti da qualche male preferiscono essere gabbati dalle sonnambole che dire una sola Ave Maria di cuore alla Madonna. E così quelli che negano fede alla potenza di Dio, della Vergine e dei Santi, confidano poi ciecamente in un ciurmatore qualsiasi.

— Credo anch’io che il più delle volte si tratti più di inganno e ciarlataneria che d’altro, e che però sia da sciocchi ricorrere a questi mezzi in caso di infermità. Ma quando si tratti di vero ipnotismo allora è lecito, sì o no, prender parte ad esperimenti in proposito per tentare la guarigione?

Ecco come ha risposto a questa domanda la Chiesa per mezzo della Suprema Congregazione del S. Ufficio in data 26 luglio 1899: « Se si tratta di fatti, che certamente siano superiori alle forze della natura, non è lecito. Quando la cosa è dubbia, si potrà tollerare purché si premetta la protesta di non volere aver parte a fatti preternaturali e non vi sia pericolo di scandalo ».

— E quando mai si tratterrebbe di fatti superiori alle forze della natura e quando no?

Se mercé l’ipnotismo ad esempio si ottiene davvero di conoscere ciò che altri pensa, di imporre ad altri di fare questa o quell’altra cosa, di sapere con certezza ciò che altrove, in luogo lontano si fa e si dice, e cose simili, allora si tratta di fatti superiori alle forze della natura e ben puoi capire se in tal caso l’ipnotismo, che può cagionare disordini gravissimi e spingere eziandio ad azioni le più capricciose e nefande, sia illecito. Quando invece si trattasse solo di una certa qual azione suggestiva, che procaccia ad un infermo conforto, accrescimento di forze, e serve anche a guarirlo, benché quell’azione suggestiva abbia carattere un po’ dubbioso, tuttavia se si intende di non voler affatto aver parte a fatti preternaturali, e non c’è alcuno che si scandalizzi, perché è conosciuto il buon intendimento che si ha, allora non ci sarebbe in ciò alcun male, epperò sarebbe lecito.

— Son contento di quanto ho appresso, e mi rimetto in carreggiata.

IMITARE GESU’ CRISTO

IMITARE GESÙ CRISTO.

[G. Dalla Vecchia: Albe Primaverili; G. Galla ed. Vicenza. 1911 – impr.]

“Sed induimini Dominum Jesum Christum. ,,

Ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo.

(Rom. XIII, 14)

ESORDIO. — Povero Gesù! dopo circa due anni di predicazione, di miracoli, di fatiche e di stenti, vede assottigliarsi le file dei suoi uditori; anche i suoi parenti dubitavano di lui. Neque enim fratres eius credebant in eum (Ioan. VII., 5).

Nella festa dei tabernacoli giunge, quasi solo, a Gerusalemme; nel Tempio cerca di persuadere il popolo, che la sua dottrina, non era sua, ma del Padre che lo aveva mandato. Indarno: chi ne dubita, altri muove obbiezioni, qualcuno sprezza le sue parole. — Ne nasce un tumulto ; si mandano soldati per catturarlo… Ma non era giunto ancora il momento prestabilito dall’eterno Genitore…

— Non è quello forse che succede anche al presente nel mondo? Anche adesso si mettono in dubbio e si negano le verità della fede; si perseguita la Chiesa, s’infrangono i suoi ordini, s’insultano i suoi ministri… Anche fra i buoni, come pochi meditano la vita di Gesù! come pochi si studiano d’imitare le sue virtù ed i suoi esempi, di seguire da vicino i suoi passi!

E Voi? — Deh! vi dirò coll’Apostolo, induimini Dominum Jesum Christum; rivestitevi di Gesù, Cristo, cercando di assomigliarlo nei pensieri, negli affetti, nelle intenzioni, nel suo operare. — Imitare Gesù Cristo è per noi cosa al tutto necessaria, della massima utilità per raggiungere con certezza e facilità il regno dei cieli. — Lo vedremo con tutta brevità.

PARTE PRIMA.

Per praticare la vera virtù, per farci santi, e salvare così 1’anima nostra, ci occorre un modello pronto e perfetto: questo modello è Gesù Cristo. — Quindi dobbiamo imitarlo.

1° – È necessario. — Sei creatura di Dio, devi servirlo… ; non a tuo capriccio…, ma come Egli vuole… Devi servirlo coll’imitare Gesù Cristo. — Hic est filius meus dilectus… ipsum audite (Luca IX, 35). — È la tua vocazione di cristiano; christianus alter Christus, così S. Gregorio; altrimenti non ti salvi. — Egli è la via, la verità e la vita… Per questo sei stato battezzato; hai rinunciato al demonio, ed alle sue opere malvagie… Gesù deve essere come la tua veste nuziale, con cui prendere parte alle nozze celesti… In hoc vocati sumus, ut sequamur vestigia eius ( I. Petri 2°, 21).

Tutti formiamo il corpo mistico della Chiesa; Gesù è il capo, noi le membra…; dunque dobbiamo operare, parlare, pensare come Lui, altrimenti vi sarà separazione… e ci mancherà la vita… Unum corpus sumus in Christo; singuli autem alter alterius membra (Rom. XII, 5). Divisi da Lui periremo, come tralci recisi dalla vite. — Si quis in me non manserit, mittetur foras sicut palmes, et arescet…, et in ignem mittent, et ardet (Ioan. XV, 6).

— Gesù Cristo insiste su questo punto tanto necessario: Io vi ho dato 1’esempio: come ho fatto io, dovete fare anche voi (Ioan. XIII, 15). — E poi: Voi mi chiamate maestro, e dite bene; lo sono infatti… Imparate dunque da me, perché sono mite ed umile di cuore…

— D’altra parte nessuno potrà arrivare fino al suo Padre celeste, se non imiterà Gesù Cristo. Nemo venit ad Patrem nisi per me • cioè, dice Cornelio a Lapide, me imitando (Ioan. XIV, 6).

2° – Imitare Gesù Cristo ci apporta una grandissima utilità nella vita spirituale.

(a) Siamo avvolti dalle tenebre della superbia…; dai dubbi, dalle incertezze… — Gesù è la vera luce che illumina ogni uomo, che viene a questo mondo (Ioan. VIII, 12).

— Chi lo segue ed imita le sue virtù, è certo di non sbagliare… Per godere di questa luce, occorre retta intenzione…, santa indifferenza nel seguirlo dovunque… Eamus et nos ut moriamur cum eo (Ioan. XI, 16).

(b) Si è deboli: si conosce il bene, lo si apprezza, eppure giù al male, perché non si vuole il sacrificio delle proprie inclinazioni. — Ma Gesù ti fortifica con la sua grazia…, col suo esempio…, coi consigli dei suoi ministri. Prope est Dominus omnibus invocantibus eum in veritate (Salmo CXLIV, 18).

(c) Tu soffri. Ma che cosa sono le tue pene al confronto di Gesù? — Sei malato? Ed Egli è tutto una piaga… Sei umiliato? — Eccolo vilipeso, calunniato, condannato…. a morire sopra una croce, tra due malfattori… Sei abbandonato? — E Gesù è derelitto dai suoi cari … ; Giuda lo tradisce, Pietro lo rinnega… — Segui Gesù, e le pene diventeranno dolci, soavi… Al punto di morte esclamerai contento: Ave Crux, spes unica…

(d) Santifica le tue azioni. — Perché le opere tue siano sante, occorre:

1° Un fine retto… Ebbene unisci nel lavoro… le tue intenzioni a quelle di Gesù — Egli diceva: Io non cerco la mia gloria, ma dò onore al Padre mio. Sed honorifico Patrem meum (Ioan. VIII).

2° – Fare sempre quello che vuole il Signore, — E Gesù proclama: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma quella di Colui che mi ha mandato… ; quæ placita sunt ei, facio semper. E questa volontà del Padre suo, la chiama suo cibo, suo calice… Meus cibus est, ut faciam voluntatem eius, qui misit me (Ioan. IV, 34). — Calicem, quem dedit mihi Pater, non bibam illum? (Ioan. XVIII, 11).

(e) Ti rende simile a Gesù. Cristo. — Noi siamo i suoi membri, Egli il nostro capo… Dunque dobbiamo continuare, in qualche modo, in noi stessi le sue azioni, i suoi patimenti… Dobbiamo procurare, che la nostra vita si avvicini, al possibile, alla sua…, perché non si veda troppa differenza… Questo, l’otterremo coll’imitare Lui, nostro divino Modello… Adimpleo ea quæ desunt passionum Christi in carne mea. (Ad Colos. I, 24). Di più Gesù è il nostro fratello primogenito (Rom. VIII, 29) Quindi cerca di ritrarre in te le sue virtù, di renderti simile a Lui nelle parole, nel pensiero, nel lavoro, nella tribolazione…, per diventare in Lui veramente perfetto. Ut exhibeamus omnem hominem perfectum in Christo lesu (Coloss. I , 28). Allora potrai ripetere coli’ Apostolo: Non sono più io che vivo, ma è Gesù Cristo, che vive in me. “Vivo autem jam non ego, vivit vero in me Christus (Galatas. III, 20). Ecco la perfezione.

PARTE SECONDA.

Dunque è per noi assolutamente indispensabile imitare il divin Redentore, fino al punto di rivestirci completamente di Lui.

3° – Ma che devi fare per riuscire in un lavoro così importante e difficile? Come condurti per imitare il divino Maestro?

I . — Bisogna conoscerlo. — Leggi, medita spesso la sua vita… Betlemme, l’Egitto, Nazaret, il Cenacolo, la Croce, il Tabernacolo …, sono i grandi centri in cui si aggruppano i Misteri della vita del Salvatore… Contemplali con calma… ; studiali con costanza…, applicali alle tue circostanze… Inspice et fac secundum exemplar, quod Ubi in monte monstratum est (Esodo XXV, 10).

II — Bisogna amarlo. — Tu ami un amico…, ed a poco per volta, quasi senza accorgerti, prendi le sue abitudini, i suoi gusti… Amicus alter ego, dicevano gli antichi.

— Ama Gesù…, e sentirai il bisogno di vivere della sua vita… A parole non si ama; fatti ci vogliono… L’amore ti condurrà a seguirlo non solo nelle vie facili, ma ancora nei sentieri dirupati, anche nelle difficoltà, nelle privazioni, negli strazi, nei disprezzi. Sequar te quocumque ieris (Matth. VIII., 19).

III. — Confronta spesso la tua vita con quella di Gesù.

Lo scultore esamina con diligenza il modello, che deve ritrarre sul marmo; ad ogni tratto lo confronta col suo lavoro… Tu pure avvicina la tua umiltà, obbedienza, energia, purità, dolcezza… a quelle di Gesù… Vedi se corrispondano al suo gusto…, se siano difettose… Chiedi spesso a te medesimo: Come penserebbe Gesù in questa circostanza?

— Quali le sue parole? — Come si diporterebbe?

Poi mettiti all’opera. — Pregalo di aiuto; ché senza di Lui nulla puoi fare, neppure un buon pensiero meritorio per il cielo. – Ecco il modo pratico di imitare Gesù Cristo. Egli solo sia la tua scienza, la tua gloria… Non piegare, né a destra, né a sinistra… Ascolta la sua voce, che ti chiama con pietosa insistenza, con amoroso comando… Quid ad te? Tu me sequere (Ioan. XXI., 22). Studialo, amalo, seguilo, imitalo…, e tu sei virtuoso, perfetto, santo. Quos præscivit, et prædestinavit conformes fieri immagini Filii sui, (Rom. VIII, 29) ut sit ipse primogenitus in multis fratribus!

 

LUNEDI’ IN ALBIS (2018)

Lunedì in albis

Incipit
In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus
Exod XIII:5; XIII:9
Introdúxit vos Dóminus in terram fluéntem lac et mel, allelúja: et ut lex Dómini semper sit in ore vestro, allelúja, allelúja.  [Il Signore vi ha introdotti in una terra ove scorrono latte e miele, allelúia: affinché la legge del Signore sia sempre sulle vostre labbra, allelúia, allelúia.]
Ps CIV:1
Confitémini Dómino et invocáte nomen ejus: annuntiáte inter gentes ópera ejus.  [Glorificate il Signore, e invocate il suo nome: annunziate tra le genti le sue opere.]
Introdúxit vos Dóminus in terram fluéntem lac et mel, allelúja: et ut lex Dómini semper sit in ore vestro, allelúja, allelúja.   [Il Signore vi ha introdotti in una terra ove scorrono latte e miele, allelúia: affinché la legge del Signore sia sempre sulle vostre labbra, allelúia, allelúia.]

Oratio
Orémus.
Deus, qui sollemnitáte pascháli, mundo remédia contulísti: pópulum tuum, quǽsumus, coelésti dono proséquere; ut et perféctam libertátem consequi mereátur, et ad vitam profíciat sempitérnam. [O Dio, che nella solennità pasquale procurasti al mondo i mezzi di salvezza: accompagna il tuo popolo, Te ne preghiamo, col celeste aiuto, affinché consegua la perfetta libertà e avanzi verso la vita eterna.]

Lectio
Léctio Actuum Apostólorum.
Act. X, 37-43.
Aperiens autem Petrus os suum, dixit: In veritate comperi quia non est personarum acceptor Deus;  sed in omni gente qui timet eum, et operatur justitiam, acceptus est illi. Verbum misit Deus filiis Israel, annuntians pacem per Jesum Christum (hic est omnium Dominus). In diébus illis: Stans Petrus in médio plebis, dixit: Viri fratres, vos scitis, quod factum est verbum per universam Judaem: incípiens enim a Galilaea, post baptísmum, quod prædicávit Joánnes, Jesum a Názareth: quómodo unxit eum Deus Spíritu Sancto et virtúte, qui pertránsiit benefaciéndo, et sanándo omnes oppréssos a diábolo, quóniam Deus erat cum illo. Et nos testes sumus ómnium, quæ fecit in regióne Judæórum et Jerúsalem, quem occidérunt suspendéntes in ligno. Hunc Deus suscitávit tértia die, et dedit eum maniféstum fíeri, non omni pópulo, sed téstibus præordinátis a Deo: nobis, qui manducávimus et bíbimus cum illo, postquam resurréxit a mórtuis. Et præcépit nobis prædicáre populo et testificári, quia ipse est, qui constitútus est a Deo judex vivórum et mortuórum. Huic omnes Prophétæ testimónium pérhibent, remissiónem peccatórum accípere per nomen ejus omnes, qui credunt in eum.

Omelia I

[Mons. Bonomelli, Nuovo saggio di Omelie, Vol. II, om. XIII – Marietti ed. 1898]7

“Pietro disse: Fratelli, con tutta certezza io ho compreso, che Dio non è accettatore di persona; che anzi chiunque lo teme edopera la giustizia, a qualunque nazione egli  appartenga, gli è accetto. Iddio mandò la parola ai figli d’Israele, annunziando la pace per Gesù Cristo (è questi il Signore di tutti); voi conoscete ciò che è avvenuto per tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; come Iddio unse Gesù di Nazaret di Spirito Santo e di potenza, il quale andò attorno facendo beneficii e liberando quanti erano posseduti dal demonio, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutto ciò ch’egli fece nel paese dei Giudei e in Gerusalemme. Essi, i Giudei, lo uccisero, sospendendolo ad un legno. Dio lo ha risuscitato il terzo giorno ed ha fatto che fosse conosciuto, non già a tutto il popolo, ma a testimoni preparati da Dio, cioè a noi che abbiamo mangiato e bevuto con Lui, dopo ché fu risorto dai morti. Ed Egli ci comandò di predicare al popolo e di attestare, ch’esso è costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti. A lui rendono testimonianza tutti i profeti, che nel suo nome si riceve la remissione dei peccati da quanti credono in Lui „ (Atti apost, X, 34-43).

Nulla di più conveniente quanto il ricordare ai fedeli il grande mistero della risurrezione di Gesù Cristo anche in questa seconda festa della santa Pasqua. E perciò la Chiesa ci fa leggere nell’Epistola della Messa odierna il compendio di un bellissimo discorso, nel quale S. Pietro annunzia il miracolo della risurrezione ad alcuni Gentili. E perché conosciate la ragione di questo discorso di S. Pietro, compendiato da S. Luca, è necessario fare un po’ di storia. – I profeti in modo chiarissimo avevano annunziato che il futuro Messia avrebbe chiamato al conoscimento della verità anche i Gentili: Cristo più e più volte l’aveva insegnato agli Apostoli, anzi fatto loro un comando formale di predicare il Vangelo dovunque e battezzare tutte le genti. Gli Apostoli pertanto sapevano benissimo che anche i Gentili dovevano essere chiamati alla fede ed alla Chiesa di Gesù Cristo; ma trovavano una fiera opposizione, non solo nei Giudei avversi al Vangelo, ma ciò che era peggio, anche nei Giudei già divenuti cristiani. Questi, ancorché credenti in Gesù Cristo, non sapevano persuadersi, che i Gentili dovessero essere pareggiati a loro, figliuoli di Abramo: non potevano tollerare che ricevessero il battesimo come loro, se prima non professavano il mosaismo e non si sottomettevano alla circoncisione. Gli Apostoli, ancorché conoscessero perfettamente la volontà di Cristo, erano sospesi quanto al modo e al tempo di procedere in cosa sì grave e sì delicata per non offendere troppo apertamente questi Ebrei cristiani, sì deboli nella fede. Aspettavano che la Provvidenza aprisse loro la via, e l’aperse col fatto narrato da San Luca nei versetti precedenti a quelli che vi ho recitati. A Cesarea viveva un centurione romano, della coorte detta Italica; era gentile, ma religioso, pio, caritatevole, pregava Dio che lo illuminasse: e come lui, era tutta la sua famiglia. Un giorno gli apparve un Angelo e gli impose di chiamare Pietro, che si trovava a Joppe, l’odierna Giaffa. Vi mandò due suoi domestici e un soldato fedele, e Pietro, a cui Iddio con una mirabile visione aveva fatto conoscere, che l’ora di chiamare alla fede anche i Gentili era venuta, andò con loro a Cesarea, entrò nella casa di Cornelio, dov’erano raccolti molti altri Gentili: vi fu ricevuto come un Angelo del cielo. A questo gruppo di Gentili, che cercavano la verità con tanto amore, che vivevano piamente, Pietro rivolge il discorso, del quale lo scrittore degli Atti apostolici ci ha conservato un brevissimo sunto. Ora commentiamolo. – S. Pietro parlava ad una piccola radunanza di Gentili, che l’avevano chiamato affinché li istruisse: due miracoli erano avvenuti, l’apparizione dell’Angelo a Cornelio e la visione manifestata a Pietro, ed entrambi i miracoli erano evidentemente volti a provare che anche i Gentili dovevano essere ricevuti nella Chiesa. Ciò posto, nulla di più naturale di queste prime parole di S. Pietro: “Con tutta certezza ho compreso che Dio non è accettatore di persona. „ Comprendo, dice l’Apostolo, che ora è venuto il tempo della salute anche per i Gentili: la volontà di Dio ora è manifesta: “Egli non è accettatore di persona. „ È una espressione ripetuta più volte nei Libri del nuovo Testamento, e significa che nella distribuzione dei suoi doni il Signore non guarda alle qualità personali di nazione o di patria, d’ingegno, di dottrina, di ricchezza o povertà, od altre doti, come sogliono fare gli uomini. Iddio non è tenuto di dare le sue grazie a chicchessia appunto perché sono grazie. Nondimeno per sua bontà e perché l’ha promesso, le grazie necessarie a salute, mediatamente o immediatamente, le dà a tutti. – Ciò non toglie ch’Egli poi sia più largo con gli uni che con gli altri, secondochè a Lui piace secondo i consigli della sua sovrana sapienza, che a noi non è dato di scrutare. – Credevano i Giudei d’avere essi soli diritto alla fede, perché figli di Abramo, e ne volevano esclusi i Gentili, perché Gentili. No, dice S. Pietro, Dio non guarda se siano Giudei o Gentili, non distingue gli uni dagli altri, ed offre a tutti la sua grazia, perché tutti sono opera delle sue mani e per tutti Gesù Cristo è morto. Una cosa sola Dio esige, ed è “che lo si tema e si operi la giustizia: chi fa questo, a qualunque nazione egli appartenga, è accetto a Dio. „ Qui si affaccia una difficoltà: noi sappiamo per fede, che nessun uomo può fare cosa alcuna che lo renda accetto a Dio, se prima non riceve la sua grazia, e qui il Principe degli Apostoli afferma ch’Egli, Dio, ha per accetto, ossia dà la grazia a chi lo teme e opera la giustizia: sembra dunque che le opere buone dell’uomo debbano precedere la grazia, che è errore manifesto ed eresia. Come dunque si ha da intendere? Ecco, o carissimi. Le grazie di Dio sono come una catena, nella quale un anello tira con sé l’altro. Dio comincia e dà la prima grazia ai poveri Gentili, giacché in questo luogo si parla a Gentili: li muove a pregare, a fare limosine, a cercare la verità; se essi corrispondono a questa grazia prima, per una cotale convenienza e per la bontà e promessa di Dio, si rendono in qualche modo meritevoli d’altre grazie maggiori, finché si compia l’opera della loro conversione e santificazione. Il timore adunque di Dio e l’opera della giustizia, di cui parla San Pietro, e che a Dio rendono accetto l’uomo, suppongono sempre la grazia precedente, senza della quale l’uomo non può né cominciare, né proseguire opera buona alcuna. Voi, il paragone è di S. Francesco di Sales, voi, viaggiando verso la patria, stanchi vi addormentate all’ombra d’un albero. Il sole, continuando il suo cammino, drizza i suoi raggi sul vostro volto e vi costringe ad aprire gli occhi: voi allora vi accorgete che l’ora è tarda, che bisogna ripigliare il cammino: vi alzate  alla luce del sole e proseguite la via. Fu il sole che vi destò, il sole che vi mostrò la via da percorrere e alla luce del sole camminaste. Così fa la grazia di Dio col peccatore, col Gentile: comincia a fargli conoscere la verità, lo eccita a fare alcune opere, che lo preparano alla conversione, e finalmente lo converte, rinnova il suo cuore, lo rende figlio di Dio, e cominciando con la grazia attuale, finisce con la abituale e santificante. – Ma ascoltiamo S. Pietro. Dio dà la gtazia a tutti senza far distinzione tra Giudeo e Gentile, ed io, dice l’Apostolo, son venuto ad annunziarvela. Sappiate adunque che Dio mandò la parola ai figliuoli d’Israele, „ cioè fece loro conoscere la verità per mezzo della parola e della predicazione di Gesù Cristo, predicazione annunziatrice della pace, che deve stabilirsi tra Dio e gli uomini, riconciliando questi con quello; predicazione di Gesù Cristo, che è, sappiatelo bene, il Signore di tutti, perciò Signore degli Ebrei non meno che dei Gentili, e dispensatore egualmente a tutti delle sue grazie. – E qui S. Pietro in poche parole accenna alla predicazione di Gesù Cristo, che ebbe principio nella Galilea, dopo il battesimo ricevuto da Giovanni, e poi si sparse ampiamente per tutta la Giudea. Voi conoscete, prosegue S. Pietro, come Iddio unse Gesù da Nazaret di Spirito Santo e potenza. I Gentili, ai quali parlava S. Pietro, senza dubbio dovevano, almeno per fama, conoscere Gesù Cristo e le opere che aveva compiuto, giacché il fatto qui narrato avvenne cinque o sei anni circa dopo la sua morte, e grande era il rumore che si era levato in tutta la Palestina e cresceva ogni giorno mercé la predicazione degli Apostoli. E che unzione è questa, della quale parla il sacro testo? Un’unzione qualunque suppone chi la dà e chi la riceve, e naturalmente significa non solo una applicazione esterna del liquido che si adopera, ma una penetrazione intima del medesimo, a talché la parte unta ne rimane, a così dire, tutta imbevuta. Che cosa raffigura questa unzione? Senza dubbio la grazia divina, che a guisa d’olio o di balsamo tutta penetra e imbeve l’anima, risanandola, nutrendola, rafforzandola e trasformandola. Chi è Colui, che dà questa unzione, che sparge questo balsamo divino? È Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, con un solo e medesimo atto. E perché poi qui si attribuisce al solo Spirito Santo? Non sono esclusi il Padre ed il Figlio, ma si nomina il solo Spirito Santo, perché questa unzione o grazia è dono di Dio, è atto di amore, e lo Spirito Santo è l’Amore sostanziale del Padre e del Figlio, e però dice un rapporto particolare allo Spirito Santo. E chi è Colui che riceve questa unzione dello Spirito Santo? È Gesù Cristo in quanto uomo. Nell’atto istesso, in cui l’anima sua fu creata e congiunta al corpo, e anima e corpo congiunti alla Persona del Verbo di Dio in guisa che Egli poté dire: Io sono Dio, ed Io sono Uomo; in quell’istante istesso dalla Persona del Verbo si riversò nell’umanità assunta tutta la pienezza della grazia quanta ve ne capiva: l’umanità assunta, anima e corpo, fu come una massa d’oro posta in mezzo ad un fuoco immenso, che tutta la investe, la penetra, la trasforma, senza mutare la sua natura di oro. È questa l’unzione che Gesù in quanto uomo ricevette, e in quell’istante divenne Re e Sacerdote e Mediatore dell’umanità tutta. S. Pietro poi dice che questa unzione fu anche unzione di potenza, accennando al potere stabile e proprio di operare miracoli, che Gesù ebbe nell’atto stesso in cui si compì l’unione ipostatica. E questa potenza sovraumana e divina, che Gesù Cristo ebbe per l’unione personale, la esercitò a benefìcio degli uomini: Pertransiit benefaciendo: liberando i corpi e le anime dalla tirannica signoria del peccato e del demonio. In queste parole S. Pietro annunziò a quei buoni Gentili la divinità di Gesù Cristo, e le prove della sua divinità, che furono i miracoli onde fu ripiena la sua vita pubblica. Ecco, grida S. Pietro, ecco le prove della divinità di Gesù Cristo, della sua missione e della nostra: i miracoli; e di questi miracoli, continua il Principe degli Apostoli con l’accento della più profonda convinzione che gli sgorga dall’anima, noi, noi stessi siamo testimoni. Noi l’abbiamo seguito in Giudea, a Gerusalemme: noi l’abbiamo visto darsi nelle mani dei suoi nemici, i Giudei: noi l’abbiamo visto appeso ad un legno e messo a morte: noi, noi, al terzo dì l’abbiamo veduto risorto, come aveva promesso: Egli apparve a noi, così Pietro prosegue come rapito da un sacro entusiasmo; no, non si mostrò a tutti, ma a quelli che erano stati alla sua scuola e preparati all’ufficio di annunziare la sua dottrina; si mostrò a noi in guisa che non ci fu, né ci è possibile ingannarci: noi l’abbiamo veduto, noi abbiamo mangiato, noi abbiamo bevuto con Lui. Come dunque potevamo dubitare della sua risurrezione, e perciò della verità delle dottrine per Lui insegnate? Voi vedete, o cari, come il Principe degli Apostoli dopo aver esposta la vita di Cristo e accennati i suoi miracoli, collochi la prova massima e irrecusabile della divinità di Gesù Cristo e del dovere di credere alla sua dottrina sul fatto, sul miracolo splendidissimo fra tutti della sua risurrezione. E veramente questo è la corona ed il suggello di tutti gli altri; la risurrezione è per se stessa il sommo dei miracoli, perché il ridare la vita a chi non l’ha domanda una potenza al tutto divina: Dio solo è padrone della vita; perché qui è un morto, anzi uno ucciso dai suoi nemici, che si è dato in loro mano vivo e morto, che risuscita se stesso; perché predisse la sua morte e il modo della morte, e predisse la risurrezione e ne determinò il tempo, e perché volle che gli stessi suoi nemici ne fossero testimoni. – In tutta la sua vita appellò costantemente a questo miracolo della risurrezione e a questo miracolo, per così dire, ridusse tutte lo prove della sua missione, onde questo miracolo è come la conferma degli altri, e tutti li lega insieme e formano tal fascio di prove, che schiacciano la ragione più esigente e più ribelle. S. Pietro dice che Gesù-Cristo si mostrò risorto “non a tutto il popolo, ma sì a testimoni preordinati o preparati da Dio. „ Perché ciò? Non sarebbe stato meglio che Gesù risuscitato si fosse dato a vedere, non ai soli Apostoli e discepoli, ma a tutti, anche ai suoi nemici, e a questi sopra tutto? In tal guisa non li avrebbe umiliati e conquisi e chiusa la bocca della incredulità? Senza dubbio Dio così poteva fare, ma se non lo fece, è forza conchiudere che non era questa la via che meglio conveniva ai disegni della sua sapienza. Era troppo giusto che le sue apparizioni dopo la risurrezione fossero riserbate ai suoi cari discepoli, quasi premio della loro fedeltà e conforto ai patimenti sofferti e argomento fortissimo, che li doveva sostenere nella missione loro affidata di annunziare da per tutto il Vangelo del Maestro. Né punto era scemata la certezza della risurrezione di Gesù Cristo, poiché gli Apostoli, i discepoli e i testimoni della medesima pel numero, per la qualità, per la varietà delle apparizioni erano tanti e tali da togliere qualunque ombra di dubbio e da generare la più assoluta certezza del miracolo. Che si poteva volere di più? Oltrediché è da por mente che Iddio dà e deve dare gli argomenti e le prove, che mettano al di sopra d’ogni dubbio la verità della fede, ma lascia e sta bene che lasci sempre libero l’assenso dell’uomo, affinché non gli sia tolto il merito della fede istessa ed abbia modo di rendere omaggio alla autorità divina, che gli dice: Credi. Ponete che Gesù Cristo si fosse mostrato solennemente a tutti, ai suoi nemici e crocifissori: che ne sarebbe avvenuto? O avrebbe quasi a forza estorto il loro assenso, o questi, perfidiando, avrebbero negato l’apparizione istessa, spiegandola coi sofismi sempre pronti a servigio delle passioni: quelli che negarono tanti miracoli di Gesù Cristo, e specialmente l’ultimo della risurrezione di Lazzaro, avrebbero trovato modo di revocare in dubbio anche la solenne apparizione di Cristo, se loro fosse stata concessa. – Iddio dispone ogni cosa con ordine e soavità; Egli rispetta la libertà dell’uomo, e porge alla sua ragione prove sufficienti della verità, ma rifiuta di appagare la sua curiosità e secondare la sua pervicacia e i suoi capricci. – S. Pietro chiude il suo discorso con queste due sentenze: “Gesù ci comandò di predicare al popolo e di attestare ch’Egli è costituito giudice da Dio dei vivi e dei morti. A Lui rendono testimonianza i profeti, che si riceve nel suo nome la remissione dei peccati da quanti credono in Lui. „ Gesù Cristo si dice costituito giudice dei vivi e dei morti, che è quanto dire, Egli ha potere sovrano su tutti gli uomini, buoni e cattivi, viventi e già morti, e renderà a suo tempo a ciascuno secondo le opere sue. Verità fondamentale, con cui si termina ogni simbolo, che deve scuotere ogni uomo, il quale pensi al suo avvenire, e che S. Pietro non poteva tacere a quei Gentili, che l’avevano chiamato e volevano udire la novella dottrina. Il giudizio divino, che sarà fatto alla fine dei secoli, ci attende tutti. Guai a coloro, che si troveranno innanzi a Lui schiavi del peccato! Bisogna liberarci dai peccati ottenerne il perdono prima di quel giorno; e chi ce lo darà questo perdono dei peccati? Lui stesso, che deve essere il nostro giudice, Gesù Cristo. Tutti i profeti, annunziando la sua venuta, ci attestano che la remissione dei peccati non ci può venire che da Gesù Cristo, il quale ha dato il prezzo del nostro riscatto, ha versato per noi il suo sangue ed è divenuto la nostra riconciliazione, la nostra redenzione e santificazione, come scrive san Paolo. E come otterremo noi questa remissione dei nostri peccati? “Credendo in Lui. „ Non già che per ottenerla basti la sola fede, come dissero alcuni eretici; ma credendo in Lui e facendo ciò che Egli insegna. La fede sola senza le opere a nulla giova; essa ci segna la via che dobbiamo battere, ci dice ciò che dobbiamo fare per salvare le anime nostre, e in questo senso le Scritture sante affermano che la fede ci salva; così diciamo assai volte: Il medico mi ha salvato, il maestro mi ha appreso la verità, l’amico mi ha messo sulla buona via, in quanto che m’hanno suggerito il rimedio efficace, m’hanno insegnato ciò che dovevo fare per apprendere la verità, mi hanno consigliato di tenere la retta via; ma certamente questi beni non sono opera esclusivamente del medico, del maestro o dell’amico. È sempre la stessa fondamentale verità, che si ribadisce: la fede è il principio e la radice della giustificazione: è il seme, che germoglia la spiga e l’albero. Se voi non aveste il seme non potreste mai avere la spiga e l’albero: ma potreste avere il seme senza avere la spiga e l’albero quando lo spegneste, oppure non fosse debitamente coltivato, irrigato dall’acqua e riscaldato dal sole. Senza la fede è impossibile la vita cristiana: ma perché la fede ci salvi e produca i suoi frutti si domanda l’opera nostra, dirò meglio, la nostra cooperazione. Conservate adunque con somma cura il seme della fede e con l’opera vostra rendetela feconda e fruttuosa. Se noi riandiamo al discorso di S . Pietro, troviamo che è come l’epilogo del catechismo, il compendio del Simbolo. Ci insegna che Dio offre a tutti la sua grazia, Giudei e Gentili, purché facciano quanto per loro è possibile; che Iddio mandò il Figliuol suo Gesù Cristo; annunziò la verità e la confermò coi miracoli; ch’Egli patì e morì in croce e risuscitò da morte; che la sua risurrezione, il massimo dei miracoli, è indubitata, perché gli Apostoli e i discepoli tutti lo videro; che Gesù Cristo è il giudice supremo dei vivi e dei morti, che per Lui solo si può avere la remissione dei peccati, facendo ciò ch’Egli con la fede ci insegna. Eccovi in queste poche parole compendiato il Simbolo.

Alleluja
Allelúja, allelúja.
Ps CXVII:24; 2.
Hæc dies, quam fecit Dóminus: exsultémus et lætémur in ea.
V. Dicat nunc Israël, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus. Allelúja, allelúja.
Matt XXVIII:2.
Angelus Dómini descéndit de cœlo: et accédens revólvit lápidem, et sedébat super eum. [Alleluia, alleluia Questo è il giorno che fece il Signore: esultiamo e rallegriàmoci in esso. – Dica, Israele quanto è buono: la sua misericordia nei secoli. Alleluja, alleluja. – Un Angelo del Signore discese dal cielo: e, avvicinatosi, fece rotolare la pietra e sedette su di essa.]

Sequentia
Víctimæ pascháli laudes ímmolent Christiáni.
Agnus rédemit oves: Christus ínnocens Patri reconciliávit peccatóres.
Mors et vita duéllo conflixére mirándo: dux vitæ mórtuus regnat vivus.
Dic nobis, María, quid vidísti in via?
Sepúlcrum Christi vivéntis et glóriam vidi resurgéntis.
Angélicos testes, sudárium et vestes.
Surréxit Christus, spes mea: præcédet vos in Galilaeam.
Scimus Christum surrexísse a mórtuis vere: tu nobis, victor Rex, miserére.
Amen. Allelúja.

[Alla Vittima pasquale, lodi offrano i Cristiani.
L’Agnello ha redento le pécore: Cristo innocente, al Padre ha riconciliato i peccatori.
La morte e la vita si scontràrono in miràbile duello: il Duce della vita, già morto, regna vivo.
Dicci, o Maria, che vedesti per via?
Vidi il sepolcro del Cristo vivente: e la glória del Risorgente.
I testimonii angélici, il sudario e i lini.
È risorto il Cristo, mia speranza: vi precede in Galilea.
Noi sappiamo che il Cristo è veramente risorto da morte: o Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc. XXIV:13-35
In illo témpore: Duo ex discípulis Jesu ibant ipsa die in castéllum, quod erat in spátio stadiórum sexagínta ab Jerúsalem, nómine Emmaus. Et ipsi loquebántur ad ínvicem de his ómnibus, quæ accíderant. Et factum est, dum fabularéntur et secum quaererent: et ipse Jesus appropínquans ibat cum illis: óculi autem illórum tenebántur, ne eum agnóscerent. Et ait ad illos: Qui sunt hi sermónes, quos confértis ad ínvicem ambulántes, et estis tristes? Et respóndens unus, cui nomen Cléophas, dixit ei: Tu solus peregrínus es in Jerúsalem, et non cognovísti, quæ facta sunt in illa his diébus? Quibus ille dixit: Quæ? Et dixérunt: De Jesu Nazaréno, qui fuit vir Prophéta potens in ópere et sermóne, coram Deo et omni pópulo: et quómodo eum tradidérunt summi sacerdótes et príncipes nostri in damnatiónem mortis, et crucifixérunt eum. Nos autem sperabámus, quia ipse esset redemptúrus Israël: et nunc super hæc ómnia tértia dies est hódie, quod hæc facta sunt. Sed et mulíeres quædam ex nostris terruérunt nos, quæ ante lucem fuérunt ad monuméntum, et, non invénto córpore ejus, venérunt, dicéntes se étiam visiónem Angelórum vidísse, qui dicunt eum vívere. Et abiérunt quidam ex nostris ad monuméntum: et ita invenérunt, sicut mulíeres dixérunt, ipsum vero non invenérunt. Et ipse dixit ad eos: O stulti et tardi corde ad credéndum in ómnibus, quæ locúti sunt Prophétæ! Nonne hæc opórtuit pati Christum, et ita intráre in glóriam suam? Et incípiens a Móyse et ómnibus Prophétis, interpretabátur illis in ómnibus Scriptúris, quæ de ipso erant. Et appropinquavérunt castéllo, quo ibant: et ipse se finxit lóngius ire. Et coëgérunt illum, dicéntes: Mane nobiscum, quóniam advesperáscit et inclináta est jam dies. Et intrávit cum illis. Et factum est, dum recúmberet cum eis, accépit panem, et benedíxit, ac fregit, et porrigébat illis. Et apérti sunt óculi eórum, et cognovérunt eum: et ipse evánuit ex óculis eórum. Et dixérunt ad ínvicem: Nonne cor nostrum ardens erat in nobis, dum loquerétur in via, et aperíret nobis Scriptúras? Et surgéntes eádem hora regréssi sunt in Jerúsalem: et invenérunt congregátas úndecim, et eos, qui cum illis erant, dicéntes: Quod surréxit Dóminus vere, et appáruit Simóni. Et ipsi narrábant, quæ gesta erant in via: et quómodo cognovérunt eum in fractióne panis.

OMELIA II

[Id. Omelia XIV.]

“Il giorno medesimo due dei discepoli di Gesù se ne andavano ad una borgata, lontana sessanta stadi da Gerusalemme, chiamata Emmaus. E ragionavano fra loro di tutto ciò che era accaduto. E avvenne che ragionando ed investigando tra loro, appressatosi lo stesso Gesù, camminava con essi; ma i loro occhi erano trattenuti dal conoscerlo. Ed Egli disse loro: Che discorsi son questi che scambiate tra voi per via, e perché vi mostrate tristi? E rispondendo uno di loro, che aveva nome Cleofa, gli disse: Sei tu solo nuovo in Gerusalemme e non conosci le cose che vi sono avvenute in questi giorni? E disse loro: Quali? E quelli a Lui: di Gesù Nazareno, il quale fu profeta, potente in opere e parole innanzi a Dio e a tutto il popolo: e come i nostri principali sacerdoti e magistrati lo deferirono a giudizio capitale e lo confissero in croce. Noi poi speravamo, ch’Egli fosse per riscattare Israele, e frattanto in mezzo a queste cose, oggi siamo al terzo dì che sono avvenute. Anzi alcune delle nostre donne ci hanno stupiti perché, prima di giorno andate al sepolcro e non trovatovi il sepolto, vennero a dirci d’avere anche veduta una visione di Angeli, i quali dicono Lui essere vivo. E alcuni dei nostri andarono al sepolcro e trovarono le cose come dicevano le donne; ma Lui non lo trovarono. Ed Egli disse loro: O stolti e tardi di cuore a credere a quanto i profeti hanno detto! Non era forse necessario, che il Cristo ciò patisse e così entrasse nella sua gloria? E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, interpretava loro le cose che lo riguardavano in tutte le Scritture. E si avvicinarono alla borgata, dove andavano, ed Egli fece vista di andar oltre. Ma essi gli fecero forza, dicendo: “Resta con noi, che ormai è sera, ed il giorno tramonta”; ed entrò con essi. E accadde, che essendo a mensa con essi, Egli, preso il pane, lo benedisse, e spezzatolo lo porse loro. Allora i loro occhi si apersero e lo conobbero, ma Egli sparì da loro. E dissero l’un l’altro: Ora il nostro cuore non ardeva in noi, allorché Egli ci parlava per via e ci spiegava le Scritture? E in quell’ora stessa levatisi, ritornarono in Gerusalemme, e trovarono radunati gli undici e gli altri con loro, i quali dicevano: Il Signore è veramente risorto, ed è apparso a Simone „ (S. Luca, XXIV, 13-34).

Questo racconto evangelico, benché alquanto lungo, è d’un candore, d’una bellezza, d’una precisione di contorni, d’una vivezza di tinta, d’una naturalezza al tutto meravigliosa, e ci fa conoscere lo stato di timore, di speranza, di dubbi angosciosi, di confusione e d’ignoranza, in cui si dibattevano i poveri Apostoli dopo la catastrofe imprevista del Calvario. Non vi è bisogno alcuno di commento, trattandosi di cose chiarissime per se stesse, ed io perciò mi limiterò a fare qua e là alcune riflessioni pratiche secondoché verranno a taglio. – Il giorno stesso due dei discepoli di Gesù se ne andavano ad una borgata lontana sessanta stadi da Gerusalemme, chiamata Emmaus. „ Gesù risuscitò in sullo spuntare della domenica, come è manifesto da tutti gli Evangelisti. Le donne che andarono al sepolcro per tempo, lo trovarono aperto e non vi invennero il corpo del Maestro: corsero a darne avviso agli Apostoli: la Maddalena rimase presso il sepolcro, e poco appresso vide Gesù, che a prima giunta scambiò con l’ortolano del luogo: Pietro e Giovanni corsero al sepolcro e trovarono come le donne avevano detto. Intanto la voce della risurrezione di Gesù Cristo si era diffusa, e gli Apostoli e i discepoli erano sossopra, ondeggianti tra la speranza e il timore. Quel giorno istesso, due dei discepoli di Gesù, l’uno dei quali chiamato Cleofa (forse il marito di Maria, cugina della Vergine e padre di Giacomo il Minore), uscirono da Gerusalemme per recarsi ad Emmaus, borgata posta a nord-ovest di Gerusalemme, a sessanta stadi circa, cioè dodici chilometri e tre ore di viaggio o poco più. E siccome apprendiamo dal Vangelo che i due discepoli giunsero ad Emmaus sul far della sera e sappiamo che il fatto accadde sugli ultimi di marzo, così è da credere che uscissero da Gerusalemme intorno alle tre dopo il mezzodì. I due discepoli camminando discorrevano, come suole avvenire, tra loro. E di che cosa potevano essi discorrere se non di ciò ch’era avvenuto al Maestro, e specialmente delle voci udite della sua risurrezione e dell’apparizione fatta alla Maddalena ed alle altre donne? Mentre essi discorrevano tra loro, ecco appressarsi, camminando nello stesso senso e accompagnandosi loro, Gesù. Ma essi non lo conobbero e lo presero per uno dei tanti pellegrini, che a quei giorni andavano e ritornavano da Gerusalemme. “I loro occhi, dice S. Luca, erano trattenuti dal conoscerlo, „ e S. Marco dice, che Egli era in altra forma. „ Come ciò, o dilettissimi? Il corpo di Gesù era vero e reale corpo, ma glorioso, e qual sia la natura d’un corpo glorioso, noi non lo sappiamo. Esso partecipa delle qualità dello spirito e può apparire e sparire, velarsi e lasciarsi vedere, modificare e cangiare la sua figura, come vuole, passare da un luogo all’altro con la rapidità del baleno. – E perché Gesù Cristo apparve ai due in altra forma e in guisa, che a principio non lo poteron conoscere? Nelle apparizioni di Gesù Cristo dopo la risurrezione vi è un fatto che è meritevole di considerazione. Più volte egli apparisce sotto forme diverse, sicché a principio quelli che lo vedono non lo riconoscono. Alla Maddalena, presso il sepolcro, apparisce sotto le forme di ortolano; ai discepoli, che pescavano sulle rive del lago di Genesaret, come narra S. Giovanni, si mostra in sembianze tali che in sulle prime non lo ravvisano, e argomentano che sia Lui dal miracolo della pescagione: qui si presenta ai due discepoli come un estraneo, un pellegrino, che viaggia con loro. Quali possono essere i motivi di queste apparizioni sotto altre sembianze? Perché, rispondono S. Agostino e san Gregorio, Gesù vuole mostrarsi in quel modo che meglio risponde allo stato di coloro ai quali si dà a vedere. Dubitano di Lui e delle sue promesse? Ed egli apparisce loro come estraneo, un pellegrino. Più: Gesù Cristo nelle sue apparizioni si conforma alla gran legge di natura, e che osservò in tutta la sua vita terrena. Egli manifestò le verità eterne a poco a poco, fece conoscere la sua stessa divinità per gradi, progressivamente, per non offendere e quasi opprimere le intelligenze e la volontà di quelli che lo ascoltavano. Similmente dopo la risurrezione non si scopre nella maestà della sua grandezza, nello splendore della sua gloria: Egli trova questi poveri discepoli dubbiosi, agitati, ancora ignari del grande mistero della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione: si adopra pazientemente ad istruirli, come soleva fare in vita: fa penetrare la verità nella loro mente, la carità nel loro cuore, e poi si manifesta qual è. Se si fosse tosto fatto conoscere in tutta la grandezza e bellezza del suo corpo glorioso, come avrebbe potuto istruire quei due discepoli, ed essi come avrebbero potuto ascoltarlo? La verità sarebbe entrata nelle loro menti come un lampo di luce improvvisa, non come un raggio che a poco a poco cresce ed illumina tranquillamente, come vuole la natura umana. Ritorniamo al racconto evangelico. Gesù, raggiunti i due discepoli e scambiati, credo io, contemporaneamente i saluti, per bel modo disse loro: “Che discorsi son questi, che tenete tra voi per via, e perché vi mostrate sì tristi? „ Così il divino Maestro bellamente si introduce nei discorsi dei due discepoli. — E l’uno di loro, chiamato Cleofa, in tono di giusta meraviglia, rispose: “Sei tu solo nuovo in Gerusalemme e non conosci le cose che vi sono avvenute in questi giorni? — E quali? ripigliò tosto Gesù Cristo, all’intento che aprissero il loro cuore ed Egli potesse guarirli dal dubbio, che li tormentava. — E quelli a Lui: — Di Gesù Nazareno, il quale fu profeta potente in opere e parole dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. „ Voi vedete come sia imperfetta e manchevole la fede di questi due discepoli: essi lo riconoscono uomo grande nelle opere, nei miracoli, nelle virtù e nella predicazione della verità (potens in opere et sermone), ma non vanno più oltre: non lo confessano pel Messia, e molto meno per il Figliuolo di Dio fatto uomo, e ciò dopo tre anni d’una scuola qual era quella di Gesù Cristo! – E noi meravigliamo e meniamo alti lamenti se il popolo, il povero popolo, talora non conosce i misteri della fede? Impariamo a compatirlo, come fece Gesù, e studiamoci di istruirlo con carità. È questo un grande esempio particolarmente per noi che abbiamo il dovere di istruire il popolo. Nei quattro versetti che seguono, i due buoni discepoli espongono con tutta schiettezza lo stato del loro animo e, ricordata prima la morte di Gesù in croce, esprimono la speranza avuta che Gesù fosse per riscattare Israele. E di qual riscatto d’Israele intendono essi di parlare? Io non dubito ch’essi intendevano parlare del riscatto temporale della patria loro e della sua ricostituzione politica, spezzando il giogo romano. Era l’idea fissa della grande maggioranza degli Ebrei, comune agli stessi discepoli di Gesù Cristo anche più tardi, poco prima della sua ascensione al cielo, come leggiamo negli Atti apostolici (cap. I, 6). È cosa che fa veramente stupore vedere questi discepoli di Gesù Cristo, formati alla sua scuola e ai suoi esempi, cresciuti nei campi o sulle rive del lago di Tiberiade, aver tanto a cuore la libertà e la grandezza della patria, e Gesù Cristo istesso aspettare che il tempo li illumini. Poi essi parlano del timore ch’ebbero all’udire le donne state la mattina al sepolcro e che non vi avevano ritrovato il corpo di Gesù: ricordano in confuso l’apparizione degli Angeli alle donne istesse, che assicuravano Gesù vivere, e come quelli dei loro compagni che furono al sepolcro, trovarono per l’appunto ciò che le donne avevano detto. È veramente strano che i due discepoli non parlino mai della risurrezione del Maestro. Le loro parole rivelano sgomento, sfiducia, leggerezza, e una confusione di idee, che hanno dell’incredibile. I due discepoli con un candore infantile hanno aperto il loro cuore al creduto pellegrino: hanno confessato i loro dubbi e i loro timori, hanno mostrato le piaghe del loro spirito, e allora comincia l’opera di Gesù, del medico delle anime. Egli comincia a rimproverarli fortemente e dolcemente della durezza del loro cuore, in credere a quanto del promesso Messia avevano tanti secoli prima annunziato i profeti. Egli comincia a rovesciare il primo e massimo pregiudizio, ch’era pur quello di quasi tutta la nazione, cioè che il Messia dovesse essere un grande condottiero, un conquistatore, un liberatore materiale del popolo, come Mosè, Davide, i Maccabei ed altri: con le Scritture alla mano Egli prende a mostrar loro che il Messia doveva patire e morire Egli stesso, anziché mettere in fuga ed uccidere i nemici: che in questo stava la sua vera gloria. In questa sentenza di Cristo: “Era necessario che Cristo patisse e così entrasse nella sua gloria, „ si racchiude tutto l’insegnamento dogmatico e morale del Vangelo: patire per santificarci e salvarci: ecco tutto. Questo insegnamento faceva cadere tutte le illusioni, tutte le stravolte idee dei due discepoli, ed apriva la loro mente alla luce della verità. Questo insegnamento il divino Pellegrino veniva confortando con la testimonianza di Mosè, dei profeti e di tutte le Scritture, che si adempivano perfettamente in quel Gesù di Nazaret, ch’era stato il loro Maestro e nel quale avevano collocate le loro speranze. Il discorso dovette durare buona pezza, giacché non occorre il dirlo, S. Luca ce ne presenta appena un cenno, ce ne dà l’argomento e niente più. I due discepoli, taciti, meravigliati e commossi lo ascoltavano, e tratto tratto dovevano mirarlo in volto con un cotal senso di riverenza e di amore, e nelle sue parole dovevano riconoscere un eco fedele di quelle che tante volte avevano udite dal divino Maestro. Pareva che, udito quel pellegrino, ch’erasi trasformato in maestro sì dotto ed eloquente, avrebbero dovuto darsi per vinti, confessare la propria ignoranza e riconoscere che Gesù di Nazaret era veramente il Messia aspettato, e protestare con un impeto generoso di fede. — Ora comprendiamo tutto: Gesù è il Messia, e non dubitiamo ch’Egli sia risorto, come ci fu detto. — Eppure non ne fu nulla. Questo fatto ci mostra che non sempre la verità annunziata produce tosto i suoi effetti: essa aspetta d’essere fecondata, aspetta l’ora della grazia, aspetta l’opera, che fa brillare e sentire la verità: l’esca è pronta e si aspetta la scintilla che l’accenda. E così avvenne ai due discepoli. – In quella, senza quasi accorgersene, erano giunti presso alla borgata di Emmaus, anzi presso la casa dei due discepoli, e Gesù, come pellegrino che prosegue la sua via, fece vista di passar oltre, accomiatandosi dai due compagni. Ma non fu possibile: essi tanto lo pregarono che per poco lo costrinsero a rimanere con loro: il sacro testo dice: Coegerunt eum, per mostrare le loro vive e ripetuto istanze, e per avvalorarle, aggiunsero: “Rimani con noi. Vedi: ornai si fa sera e già tramonta il giorno. „ Quanta semplicità! Quanta cordialità in queste parole e in questa preghiera dei due discepoli verso uno straniero che aveva fatto con loro il cammino di due o tre ore! Essi si sentirono dolcemente legati a Lui con quella effusione, che viene dalla stima e da quella riverenza verso chi parla altamente della verità e di Dio e parla al cuore. A quei tempi (e in quei paesi le cose non sono guari mutate nemmeno al presente) erano ignoti gli alberghi, quali noi abbiamo anche nei più umili villaggi, e perciò l’ospitalità era una necessità della vita sociale largamente praticata in Oriente, una vera carità, tantoché Cristo la mette tra le opere di misericordia: “Io ero pellegrino, e voi mi accoglieste. „ E fu questa ospitalità, questa carità sì schietta e cordiale, che meritò ai due discepoli l’onore di ospitare Gesù Cristo e d’essere tra i primi a riconoscerlo dopo la risurrezione. — Figliuoli carissimi! la carità è somigliante ad un albero: è un solo, eppure ci dà i frutti, i fiori e si ammanta di foglie, e così non solo ci nutre, ma diletta il gusto, l’occhio, l’odorato, e ci rallegra dell’ombra sua. Così la carità deve non solo soccorrere il fratello sofferente e bisognoso, ma con la parola amorevole, col tratto cordiale, coi modi soavi e delicati lo deve anche rallegrare e dilettare. Una carità burbera, dura, ruvida è sempre per sé cosa buona e santa, ma non è amabile e perde assai del suo valore: è un albero carico di soli frutti, senza un fiore, che l’abbellisca, senza le foglie, che l’adornano. La nostra carità sia dunque dolce, amabile, erompa dal cuore, sia simile a quella dei due discepoli, che bellamente obbligarono Gesù ad accettare la loro ospitalità. “E accadde, che seduti a mensa, Gesù preso il pane, lo benedisse, e spezzatolo lo porse loro. „ Molti credettero che quel pane benedetto, spezzato e porto da Gesù ai due compagni di viaggio, fosse la stessa Eucaristia è la rinnovazione di ciò che nell’ultima cena aveva fatto tre giorni innanzi. E sentenza abbastanza fondata, ma alla quale mi sembra da preferire quell’altra, la quale tiene, che quel pane non fu l’Eucaristia. E da sapere che presso i Giudei l’ospite soleva benedire e porgere il pane ai commensali: inoltre qui Gesù non pronunciò le parole consacratrici, né è verosimile che Gesù porgesse loro la santa Eucaristia senza averli preparati e quasi per sorpresa: onde inclino a credere che quel pane fosse pane comune. In quell’istante “… i loro occhi furono aperti e conobbero Gesù, ed Egli in quel momento stesso sparve. „ Vuol dire l’Evangelista, che Gesù in quel momento lasciò vedere la sua forma, togliendo quell’impedimento, quale che fosse, che prima aveva posto, ed essi lo riconobbero perfettamente. È certo in quell’istante, attoniti e ricolmi di meraviglia, essi dovettero levarsi, buttarsi ai suoi piedi, ma Gesù era sparito. La vista di Gesù, il suo conoscimento dovette essere sì chiaro, sì evidente, sì sfolgorante, che loro non ne rimase ombra di dubbio, che non era poca cosa per loro che non avevano creduto alle apparizioni delle donne ed erano sì lontani dal crederle. E perché mai Gesù Cristo, appena è riconosciuto dai discepoli, si toglie ai loro occhi e si rende invisibile? Perché non lasciarli beare della propria vista e trattenersi con loro e consolarli ed istruirli, come soleva fare prima della sua morte? Mistero! che noi dovremmo venerare, ancorché non vi scorgessimo un solo raggio di luce: è opera di Lui che è la stessa Sapienza, e per noi basta. Ma se vi fissiamo alcun poco riverente l’occhio della ragione, non è difficile trovarvi un po’ di luce. Sparve tosto per mostrare, che il corpo suo era glorioso, simile allo spirito, e di tal guisa anziché scemare, accresceva, se era possibile, la certezza della sua risurrezione. Il subito dileguarsi a quei suoi cari mostrava che la sua vita non era più sulla terra, ma in cielo, accendeva in essi più cocente il desiderio di rivederlo e d’essere con Lui e li obbligava a ritornare tosto a Gerusalemme e dare essi stessi la novella della risurrezione ai compagni raccolti nel cenacolo. I due discepoli, rapiti fuor di sé per la gioia, guardandosi stupefatti, e rimasti per qualche istante senza parola, sclamarono: “E non ardeva il nostro cuore in noi allorché Egli ci parlava per via e ci spiegava le Scritture? “Volevano dire, quasi rimproverandosi di non averlo conosciuto prima: Noi dovevamo ben conoscerlo lungo la via: la sapienza, con cui interpretava i Libri santi e la fiamma di fede e d’amore che accendeva nei nostri cuori, ce lo dicevano chiaramente. Non altri che Lui poteva parlare a quel modo e muovere ed infiammare i nostri cuori! — Sì, o cari; Dio parla ai nostri occhi coi Libri santi, parla ai nostri orecchi con la voce della sua Chiesa e dei suoi ministri, e nello stesso tempo parla ai nostri cuori coi forti impulsi e con i soavi attraimenti della sua grazia. La sua voce esterna non si scompagna mai dalla voce interna, sì cara, sì dolce, che fa beato chi l’ode. E volete voi conoscere questa voce e distinguerla dalla voce degli uomini e dalla voce che sì spesso vi frammischiano le nostre passioni? Allorché nel fondo del vostro cuore, al di sopra del santuario della vostra coscienza, udite una voce senza suono materiale, senza strepito, tranquilla, sicura, che vi invita a romperla col vizio, a finirla con quelle passioni che vi tormentano, che vi rimprovera le vostre debolezze, le vostre colpe, che v’invita a correre le vie della virtù, che vi porta ad amare la modestia, l’umiltà, la  giustizia, la carità, che vi spinge ad essere migliori che non siete, quella voce, o cari, è la voce di Dio, è quella stessa che si faceva sentire sì forte nel cuore dei due discepoli. Ascoltatela e non errerete mai. Quei due buoni discepoli pensarono tosto ai loro compagni in Gerusalemme, che sapevano immersi nel dubbio e nel dolore: la verità, quand’è qui dentro nei nostri cuori, ha bisogno di uscire, di comunicarsi a quelli che amiamo: siamo impazienti di farla conoscere. Allorché voi avete una novella felice, non potete chiuderla nel vostro cuore: siete costretti a correre da quelli con i quali avete comuni le gioie e le pene, e a versare nel loro il vostro cuore: è una necessità e sembra di raddoppiare la vostra gioia, comunicandola a chi amate. Ciò avvenne ai due discepoli: lasciarono il loro povero desco, dimenticarono il cibo e tosto a gran passi ripresero la via di Gerusalemme, senza sentirne la fatica e ad ogni istante ripetendo a se stessi i particolari della apparizione e riandando le parole udite dal divino Maestro. Potevano essere le sei ore della sera allorché lasciarono Emmaus, e poterono arrivare in Gerusalemme intorno alle nove, trafelati, ansanti e pur lietissimi di recare ai compagni la felice novella: “Gesù è risorto, noi l’abbiamo visto. „ Ma là loro gioia, se era possibile, si raddoppiò, allorché entrati là dove erano raccolti gli undici Apostoli e gli altri con loro, se li videro venire incontro sfavillanti di gioia e gridanti ad una voce: “Il Signore è veramente risorto, ed è apparso a Simone. „ Essi accennavano alla apparizione poco prima fatta nel cenacolo stesso e descritta da S. Giovanni (XX, 19), e ad un’altra fatta al solo Pietro, non ricordata distintamente dai Vangelisti, ma qui indicata e indicata pure da S. Paolo (I ai Corinti, capo XV, vers. 5), e che doveva essere notissima tra i Cristiani. Dilettissimi! E cosa che rallegra, che gioconda il cuore vedere la gioia e la felicità di questi Apostoli e discepoli, allorché possono avere la certezza che il Maestro è risorto: è uno spettacolo commovente questo degli Apostoli e dei discepoli che si amano come fratelli, che vivono della stessa vita, che non hanno che un solo pensiero, un solo amore, il pensiero e l’amore del loro divino Maestro! E perché nelle nostre vicendevoli relazioni, almeno nelle nostre famiglie, non potremmo rispecchiare l’armonia, la carità fraterna, che regnava tra gli Apostoli?

Credo …

 Offertorium
Orémus
Matt 28:2; 28:5-6
Angelus Dómini descéndit de coelo, et dixit muliéribus: Quem quaeritis, surréxit, sicut dixit, allelúja.
[Un Angelo del Signore discese dal cielo, e disse alle donne: Colui che cercate è risuscitato, come aveva detto, allelúia.]

Secreta
Súscipe, quǽsumus, Dómine, preces pópuli tui cum oblatiónibus hostiárum: ut, paschálibus initiáta mystériis, ad æternitátis nobis medélam, te operánte, profíciant.  [O Signore, Ti supplichiamo, accogli le preghiere del pòpolo tuo, in uno con l’offerta di questi doni, affinché i medésimi, consacrati dai misteri pasquali, ci sérvano, per òpera tua, di rimédio per l’eternità.]

Communio
Luc XXIV:34
Surréxit Dóminus, et appáruit Petro, allelúja. [Il Signore è risorto, ed è apparso a Pietro, allelúia.]

 Postcommunio
Orémus.
Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritátis infúnde: ut, quos sacraméntis paschálibus satiásti, tua fácias pietáte concórdes.
[Infondi in noi, o Signore, lo Spírito della tua carità: affinché coloro che saziasti coi sacramenti pasquali, li renda unànimi con la tua pietà.]

 

 

UN RAGIONAMENTO AL GIORNO, TOGLIE L’INCREDULO GNOSTICO DI TORNO: RISURREZIONE DI CRISTO E LA RAGIONE UMANA

Risurrezione di Cristo e la ragione umana.

[mons. G. Bonomelli: Misteri Cristiani, vol. II, Queriniana, Brescia, 1894]

Nell’augusta nostra Religione vi è un fatto solenne e strepitoso, che è il vertice della vita di Cristo, che getta una luce sfolgorante sulla sua divina missione, che suggella tutta l’opera sua e fa scintillare sulla sua fronte gli infiniti splendori della sua divinità: voi mi avete già compreso: esso è il fatto della sua Risurrezione, che la Chiesa in questo giorno, con tutta la pompa del sacro rito e con santo tripudio del suo cuore, rammenta e festeggia. Tutta la nostra Religione, tutta la nostra fede poggia, come sulla sua pietra fondamentale, su questa verità: Gesù Cristo è vero Dio! – Ora le prove svariatissime della divinità di Gesù Cristo si legano e si intrecciano tra loro per guisa che, tutte mettono capo e quasi si incentrano nel gran fatto della Risurrezione. È questo il miracolo dei miracoli, la prova delle prove della sua Divinità: se questa non regge agli assalti della ragione umana e della miscredenza, tutto intero si sfascia l’edificio della nostra fede: se questa prova sta salda di fronte agli assalti dei nemici tutti, con essa e per essa sta ritta in piedi la grand’opera di Cristo: la Chiesa e, con la Chiesa e per la Chiesa, la sua dottrina. Ecco perché gli Apostoli, fin dal primo dì che annunziarono il Vangelo, appellarono costantemente al miracolo della Risurrezione: ecco perchè l’Apostolo gridava ai Corinti: “Se Cristo non è risuscitato, è vana la nostra predicazione, vana ancora la nostra fede; noi siamo falsi testimoni di Dio, voi siete ancora nei vostri peccati…. e siamo i più miserabili di tutti gli uomini” (I ai Cor. XV, 14, 15, 17, 19) – Questo gran fatto, questo gran miracolo della Risurrezione da oltre diciotto secoli, cioè dal dì che fu annunziato fino ad oggi, è divenuto il bersaglio degli assalti più fieri della miscredenza. Dopo tante e sì lunghe prove, dopo tante e sì vergognose sconfitte, pareva che la miscredenza, fatta più savia, dovesse darsi per vinta e cessare dagli assalti. Ma non è così: gli uomini della miscredenza moderna, simili ai giganti della favola, proseguono nella loro lotta e confidano di dare la scalata al cielo, di balzare dal suo trono Cristo stesso, ed eccoli tutti affaccendati intorno al fondamento della sua Divinità, il miracolo della Risurrezione: agli ordigni antichi di guerra aggiungono i nuovi e fanno ogni sforzo per scrollarlo e rovesciarlo. Ma sono fanciulli  che, martellando la base granitica della più superba vetta dell’Alpi, credono di atterrarla. Si, dilettissimi figli! È certamente cosa che affligge e addolora il vederci costretti dopo tanti secoli a ripigliare le armi usate già dai primi apologisti per difendere il fatto e insieme il dogma capitale della nostra fede. Ma se è necessità il farlo, si faccia. La nostra fede non teme né le occulte insidie, né gli scoperti assalti della miscredenza, sia antica, sia moderna, da qualsivoglia parte le vengano. Essa attende a pie’ fermo i suoi nemici e sul terreno della pura ragione accetta qualunque combattimento, ad armi uguali. Il fatto, su cui poggia la massima prova della Divinità di Cristo, è la sua Risurrezione: gli nomini della miscredenza lo negano: la Chiesa l’afferma ed oggi canta per tutto il mondo: Resurrexit Dominus vere -. Io vi do parola di mostrarvi a tutto rigore questo fatto e questo miracolo, e di mostrarvelo, notatelo bene, con la sola ragione. Voi, che tenete salda la fede, vi sentirete in essa rinfrancati: e se tra voi che mi ascoltate, vi fosse alcuno che ha smarrita la fede, o in essa vacilla, dovrà toccare con mano che il fondamento della nostra Religione non paventa la luce della più severa discussione, della critica più inesorabile e non domanda di meglio che d’essere chiamato in giudizio. L’argomento è vasto e vi prego che non mi venga meno la vostra attenzione e la vostra pazienza, di cui forse avrò bisogno. Gesù Cristo è Egli veramente risorto? Si può dimostrare con la sola ragione ? L’una e l’altra cosa io affermo e voi siate giudici se attengo la mia promessa. – Il fatto o miracolo, che siamo per esaminare, ha due parti distinte, ma inseparabili, la morte e la Risurrezione: non vi è Risurrezione vera di Cristo se non è preceduta da una morte vera: non occorre dimostrarlo. Ora la morte e la Risurrezione di Cristo sono due fatti, e come tutti i fatti, non si possono provare che con la testimonianza. Nessuno adunque esiga prove matematiche o metafisiche; l’argomento non le comporta. Né vi sia chi creda la certezza dei fatti essere inferiore alla certezza delle prove matematiche. Chi di voi dubita che i Romani siano stati disfatti a Canne, che Cesare sia stato trucidato, che Napoleone sia morto a S. Elena? Nessuno. E come e perché voi tenete questi fatti con assoluta certezza? Li avete voi veduti? No. Ve li accertano uomini degni di fede e vi basta: la vostra certezza è incrollabile. Ma quali condizioni si domandano perché voi possiate prestare pienissima fede ai testimoni che affermano un fatto qualunque? Due condizioni sono necessarie e bastevoli: che i testimoni non si ingannino, né vogliano ingannare: in altri termini, si domanda in essi la scienza di ciò che asseriscono e la probità o sincerità. Poste queste due condizioni essenziali, la loro testimonianza è irrecusabile e la certezza che ne deriva, assoluta. Sulla affermazione di due o tre testimoni forniti di queste due doti, un tribunale condanna a vita ed anche all’estremo supplizio un uomo come uno scellerato. Si può dare certezza maggiore? Ed ora a noi, o fratelli. Eccovi i due fatti della morte e della Risurrezione di Cristo: sono due fatti esterni, che cadono entrambi sotto dei sensi e che per conseguenza non si possono provare che con la testimonianza di uomini degni di fede. Li abbiamo noi questi uomini degni di fede? Sì, e tali che per numero e qualità non potrebbero essere più autorevoli. E da prima accertiamoci sulla verità della morte di Cristo. Abbiamo quattro scrittori di quattro libri distinti, che si chiamano Vangeli: Matteo, Marco, Luca e Giovanni: tutti e quattro sono contemporanei ai fatti che narrano e due han visto ciò che scrivono. Tutti e quattro, narrati i patimenti di Cristo e la sua crocifissione, dicono semplicemente: – Egli spirò -. Altri testimoni, Pietro, Paolo, Giacomo, lo ripetono nelle loro lettere, e con loro lo attestano in modo diretto e indiretto tutti quelli che vissero con Gesù Cristo e lo seguirono. Per voi, uomini della critica e della scienza, basta l’autorità di Platone, di Cicerone, di Tacito e di Svetonio per essere certi della morte di Socrate, di Cesare, di Caligola, di Claudio: perché per essere certi della morte di Cristo non vi basterà la testimonianza dei biografi di Lui e degli storici o scrittori contemporanei? Testimoni della morte di Cristo sono i Giudei, gli Scribi, i Sacerdoti, gli Anziani, i Farisei e tutta quella gran folla, che lo seguì sul Calvario, che contemplò e contò con gioia crudele le ore e quasi i minuti della sua agonia. Era la vigilia della maggior festa d’Israele,, la Pasqua, e una moltitudine immensa da ogni angolo della Palestina traeva a Gerusalemme. Il nome di Gesù, del gran profeta e taumaturgo, risuonava dovunque, e immaginate voi qual turba dovesse accorrere al Calvario, appena si sparse la voce ch’Egli là doveva essere confitto in croce. In mezzo a quella turba e più presso alla croce, su cui agonizzava Gesù, stavano senza dubbio i suoi implacabili nemici, lieti della vittoria e aspettanti l’estremo anelito della odiata loro vittima. Pensate voi se, memori della promessa ripetuta da Cristo – Risorgerò dopo tre dì – non dovevano accertarsi della sua morte! Non è tutto: Gesù la sera del giorno innanzi aveva sofferto tale stretta di cuore da cadere in deliquio e sudar sangue: la notte era stata orribile: abbandonato, rinnegato e tradito dai suoi cari, lasciato in balìa d’una soldatesca feroce, che ne aveva fatto ogni strapazzo; al mattino spietatamente flagellato e coronato di spine; poi trascinato sul colle, inchiodato sulla croce, esposto così straziato e sanguinolente all’aria, al sole, divorato dalla febbre, colmo di dolori morali senza nome, senza una stilla di conforto, tutto lacero e pesto, ridotto ad una sola piaga, doveva soccombere; anzi fa meraviglia che dopo tanti dolori e sì orrida carneficina potesse vivere tre ore in croce. Aveva chinato il capo, era cessato l’anelito affannoso, il corpo tutto s’era abbandonato, un pallore mortale si era diffuso sul suo volto e la folla spettatrice aveva gridato: Egli è morto – La festa era imminente: i corpi dei giustiziati dovevano essere levati di là e i manigoldi venuti per il tristo ufficio, visti ancor vivi i due ladroni crocifissi a lato di Gesù, secondo la barbara usanza, a colpi di mazza, fracassarono loro le gambe e li finirono. Venuti a Gesù e, vistolo già morto, non gli ruppero le gambe, ma uno di loro, quasi per assicurarsi della sua morte, gli diede una lanciata nel petto, che gli dovette squarciare il cuore. Poco appresso un discepolo di Gesù ne chiese il corpo a Pilato per seppellirlo; e Pilato, prima di concederglielo, ebbe a sé il centurione, che presiedeva il drappello dei soldati presenti al supplizio e, accertatosi che Gesù era veramente morto, glielo accordò. Non basta ancora: il corpo di Gesù in sul calare della notte, fu tolto dalla croce, avvolto in un lenzuolo con una mistura di cento libbre di aloe e mirra e deposto in un sepolcro nuovo scavato, secondo l’uso dei Giudei, nella viva roccia e chiusane la bocca con una grossa pietra, che fu suggellata dai Giudei stessi, i quali vi posero a guardia alcuni soldati finché fosse passato il terzo dì, entro il quale Gesù aveva promesso di risorgere. Siamo sinceri, o signori. Poniamo che Gesù non fosse veramente morto sulla croce; che la sua morte fosse un deliquio, una sincope, o se vi piace meglio, una finta morte; vi domando: poteva Egli sopravvivere chiuso là nel sepolcro, avviluppato in tanti aromi, stretto nel lenzuolo, senz’aria, senza soccorso, senza cura di sorta? Riconosciamolo; se non era morto, doveva certamente morire. – Finalmente non vogliate dimenticare che gli Ebrei non posero mai in dubbio la realtà della morte di Cristo, che era pure il partito più sicuro per negare il miracolo della Risurrezione; ma ricorsero, come vedremo, al ridicolo espediente del furto del cadavere e della menzogna dei discepoli. Qual prova più evidente che non era possibile negare la verità della morte di Cristo? Concludiamo adunque questa prima parte del nostro ragionamento, affermando con la massima sicurezza: Gesù, allorché fu calato nella tomba, era indubitatamente morto – È Egli veramente risorto? Come è certissimo il primo fatto della morte, è certissimo altresì il secondo della Risurrezione. Sì: quei testimoni che provano il primo fatto, provano pure anche il secondo, e, se ci si permette il dirlo e se è possibile, anche con maggior forza. Come poc’anzi ho fatto avvertire, intanto si potrebbe dubitare ragionevolmente della testimonianza di quelli che affermano un fatto qualunque in quanto ché, o li possiamo supporre ingannati e allucinati, o li possiamo credere bugiardi e ingannatori. Dimostrata la impossibilità di queste due ipotesi, la certezza del fatto rimane là in tutto lo splendore della evidenza. La critica più sottile e più diffidente può essa dar luogo al sospetto che i testimoni della Risurrezione di Cristo si fossero ingannati, che fossero vittima d’una allucinazione? Il terzo dì dopo la morte di Cristo, il sepolcro dove fu collocato il corpo esangue, è aperto e l’intera Gerusalemme lo può vedere vuoto a tutto suo agio. Che è avvenuto di quel corpo? Non lo si saprà mai, risponde il Renan. Come, non lo si saprà mai? Volete voi gettare le tenebre sulla luce del sole e far ammutolire le mille lingue, che lo predicano dovunque e a tutti, a costo della vita? Quel Gesù, che fu deposto nel sepolcro e che là si cerca indarno, è visto da parecchie donne lungo la via; è visto dalla Maddalena presso il sepolcro; è visto da Pietro; è visto da Giacomo, è visto il giorno stesso della Risurrezione da due discepoli, che se ne andavano ad un vicino castello. È visto da sette discepoli insieme sulla riva del lago di Genezaret; è visto nel Cenacolo da dieci discepoli e poco dopo da undici ivi raccolti; è visto da centoventi persone presso Betania; è visto, scrive S. Paolo, da circa cinquecento persone, molte delle quali vivevano ancora quando l’Apostolo dettava la sua lettera. È visto da uomini, da donne, ora insieme, ora separatamente, di giorno, di notte, in casa, a mensa, sulle sponde del lago, sulla via, sul monte, in un giardino; parlano con Lui, con Lui mangiano, lo toccano, ascoltano le sue parole, lo interrogano, risponde e ciò per quaranta giorni, in Gerusalemme, nella Giudea, nella Galilea. E tutte queste apparizioni non sarebbero che illusioni e allucinazioni? Illusioni e allucinazioni, che durano sì a lungo, in tanti e sì diversi luoghi, in centinaia di persone di sesso e di carattere diverse, che cominciano nello stesso giorno e finiscono lo stesso giorno? Non nego, o signori, la potenza meravigliosa della allucinazione, gli scherzi stranissimi della fantasia. So che Teodorico vedeva sulla mensa il teschio sanguinoso di Simmaco per suo comando ucciso; so che di Socrate e di Torquato Tasso si narra come si vedessero a fianco un genio: e celebre è l’ombra di Banco, creazione del sommo tragico inglese, creazione stupenda perché rispondente alla natura umana. Ma chi mai potrebbe pareggiare a queste creazioni del genio poetico o a quegli scherzi di fantasia le apparizioni di Cristo registrate nei Vangeli, negli Atti e nelle Lettere degli Apostoli? Teodorico solo vedeva sulla sua mensa la testa di Simmaco, una sola volta e se ne comprende il perché: nessuno di quei commensali la vedeva e compativano il misero re ed erano più che certi, la sua essere una illusione. Socrate e Tasso vedevano il loro genio, ma non lo vedevano gli amici, gli scolari: era una allucinazione momentanea, conosciuta come tale, senza importanza pratica, senza nesso alcuno con la Religione. Quale immensa differenza tra queste allucinazioni e le apparizioni di Cristo per il numero, per i testimoni, per il modo, per le circostanze e per 1’importanza del fatto e della dottrina, con cui sono strettamente unite? In tutta la storia della Umanità è impossibile trovare alcun che, non dico di uguale, ma di simile alla narrazione evangelica. – Se la storia delle apparizioni di Cristo potesse dare anche solo l’ombra di sospetto d’una continuata allucinazione, dovremmo rinunciare ad ogni certezza dei sensi, la storia intera perderebbe ogni base, nessun giudice potrebbe pronunciare una sentenza, nemmeno sopra la deposizione di dieci testimoni consenzienti e cadremmo in un desolante scetticismo. E dire, o signori, che questa è la spiegazione dell’autore troppo celebre della vita di Gesù! [Renan] – Alle pie donne, e sopra tutto alla Maddalena, ai discepoli non pareva vero che Gesù fosse morto: credevano confusamente alla immortalità dell’anima; intesero alcune espressioni di Cristo come una cotal promessa della sua Risurrezione: alla Maddalena, nell’ardore della sua fede, parve di udirlo e di vederlo nell’orto: le sfuggì nell’impeto della gioia la magica parola – È risorto -. Gli Apostoli erano chiusi e silenziosi nel Cenacolo: parve loro di sentire un lieve soffio che passava sul loro capo e taluno affermò d’aver udito in quel silenzio il saluto ordinario di Gesù – Pace – Bastò: si disse: È risorto: lo abbiamo udito: l’abbiamo veduto: e così nacque e si stabilì universale e fermissima la fede nella Risurrezione di Gesù e nella sua dottrina e così nacque e si stabilì il Cristianesimo. Esso poggia sopra la allucinazione d’una donna, per un cotal contagio e per una certa tendenza alla imitazione comunicata ad altre donne ed ai discepoli! – Fratelli, arrestiamoci. Voi forse credete ch’io scherzi riportandovi questa spiegazione della Risurrezione di Cristo e che io insulti alla memoria d’un uomo, a cui non fe’ difetto l’ingegno e la coltura e un senso estetico non comune. No, non ischerzo, né insulto chichessia: ho riferito fedelmente il pensiero e la spiegazione di quell’uomo, che parve compendiare in sé tutta la scienza razionalistica moderna. Siffatte ipotesi o spiegazioni non si confutano: accennarle è sfatarle. È più facile concepire che 1’eccelso colosso del Montebianco poggi sopra la punta di un ago di quello che 1’intero Cristianesimo con tutti i suoi dogmi, con tutta la sua morale, con lo stupendo organismo della sua gerarchia poggi sulla affermazione d’una donna, che in un istante di allucinazione esclama: – Gesù è risorto! – Né qui vi spiaccia, o fratelli, por mente ad un’altra osservazione, che mi parrebbe colpa passare sotto silenzio. Non nego che le allucinazioni siano possibili, ancorché non mai nelle proporzioni, che il razionalismo gratuitamente attribuisce ai testimoni della Risurrezione di Cristo. Ma quando queste allucinazioni sono possibili? Quando gli animi sono preparati a subirle, in preda a grande aspettazione, ad ardentissimi desideri, a passioni violente. Una madre che aspetta con ansia febbrile il ritorno d’ un figlio, che piange sconsolata sopra un bambino perduto, facilmente potrà credere di vederlo, di abbracciarlo. La fantasia dà esistenza reale al desiderio vivissimo. È forse questo il caso degli Apostoli? Ma se le donne non credono a ciò che vedono? Se credono involato il corpo di Cristo? Se gli Apostoli le reputano colte da delirio? Se essi stessi, vedendo Gesù, non credono ai propri occhi e pensano di trovarsi alla presenza d’un fantasma? Se è necessario che Gesù faccia loro toccare le mani, le cicatrici del suo corpo, segga e mangi con loro? Se uno dei discepoli si ostina a negar fede ai compagni, che affermano d’ aver veduto Gesù risorto e solo allora si arrende quando con le sue mani tocca le cicatrici delle sue mani e del suo costato? Gli Apostoli adunque e le donne erano ben lungi dal dar corpo alle ombre, dall’essere vittime d’una allucinazione, essi che spinsero la incredulità oltre i confini del verosimile. Ma tutti questi testimoni della Risurrezione di Cristo, si dice, eran rozzi, ignoranti, creduli, inchinevoli ad ammettere tutto ciò che è meraviglioso e sovrannaturale. La maggior parte, si; non tutti. Ma diasi che lo fossero tutti. Qui non si tratta di lunghi e sottili ragionamenti, di cose ardue, sulle quali 1’autorità degli ignoranti non ha peso alcuno. Qui trattasi di un morto che è risuscitato: trattasi d’un fatto visibile, materiale, ripetutamente e in vari modi avvenuto. Qui non si domandano ragionamenti, discussioni, esperienze difficili: basta aver occhi, orecchi e mani, per vedere, udire e toccare e gli Apostoli e le donne avevano tutto questo al pari e forse meglio di tutti gli accademici di Parigi e del mondo. Dov’è il tribunale, che dovendo verificare il fatto d’un ferimento o d’un omicidio avvenuto sopra una piazza, rifiuti la testimonianza di dieci, di venti persone con la ragione, che sono ignoranti, rozze, illetterate? Esso esigerà soltanto di conoscere con sicurezza se hanno veduto od udito ciò che attestano e se siano moralmente degne di fede. Due cose, o fratelli, sin qui son poste fuori d’ogni controversia: Cristo veramente morì: gli Apostoli e i testimoni della Risurrezione di Lui non furono ingannati, non poterono ingannarsi, non si possono supporre giuoco d’una illusione od allucinazione. Ora procediamo nel nostro ragionamento. – Giunti a questo punto della nostra dimostrazione, per negar fede alla testimonianza degli Apostoli, dei Discepoli e delle donne affermanti d’aver visto Gesù Cristo risorto, una sola via rimane aperta ed è l’affermare francamente, che essi vollero ingannare od ingannarono. Ebbene: io assumo di provare che non solo non vollero ingannare, ma che non avrebbero potuto ingannare quando pure 1’avessero voluto. A me il dimostrarlo, a voi l’ufficio di giudici severissimi. Uno sguardo, o fratelli, a questi testimoni della Risurrezione di Cristo: sono uomini semplici, rustici, ignoranti, timidi, ignari delle cose del mondo finché volete; ma sinceri, schietti,, pieni di candore, come fanciulli, impotenti a mentire. Venuti dalla Galilea, ove avevano lasciato le reti e le loro barchette, portavano seco la semplicità della campagna, la felice ignoranza degli inganni e dei raggiri. È una lode, che più volte rende loro chi ce li rappresentò come poveri illusi. Tanta è la loro schiettezza, che negli scritti lasciatici, confessano al mondo intero i loro difetti, le loro debolezze, le gare e gelosie, che tra loro si manifestavano, la grossolana loro ignoranza, i rimproveri avuti dal Maestro, i loro timori, la fuga, gli spergiuri del loro capo, il tradimento orribile del loro compagno, gli inganni, in cui caddero, le loro illusioni, la loro ostinata incredulità, e il tutto narrano senza arte, senza debolezza, senza fasto, senza scusarsi o difendersi, con una semplicità infantile. E si vorrebbe che questi uomini ingannassero i loro fratelli, il mondo intero? Questi testimoni si presentano ai loro fratelli, a tutti gli uomini, annunziatori della dottrina del loro Maestro, a cui protestano di non aggiungere, né levare una sillaba. La dottrina ch’essi professano e che predicano in pubblico e in privato, come necessaria a salute, condanna e abbomina la menzogna e l’inganno sotto qualsivoglia forma; essa si compendia in questa sentenza del Maestro: – È, è; no, no – Possiamo noi credere che i discepoli e i maestri di questa dottrina si facessero artefici e propagatori della più scellerata menzogna, del più sacrilego inganno? A chi mai può bastare 1’animo di credere tutti i discepoli di Cristo e le donne stesse sì pie, sì generose, di crederli, dico, tutti bugiardi, sacrileghi, che si beffano di Dio e degli uomini? E poi veniamo a ragionamento più serrato e decisivo. O gli Apostoli e le donne credevano alla Risurrezione di Cristo, o non credevano: se credevano od anche solo ne dubitavano, a qual partito dovevano naturalmente appigliarsi? È chiaro: dovevano dire: Cristo risorgerà, come ha promesso: aspettiamo che risorga e lo annunzieremo: Egli avrà provata la sua divina missione; e non dovevano nemmeno pensare ad architettare 1’inganno e la menzogna. O non credevano alla Risurrezione, e allora perché mentire, ingannare i fratelli, gettarsi in una lotta disperata per far servigio ad un uomo, che conoscevano per un impostore? E non dimenticate che gli Apostoli e le donne erano Giudei credenti, pieni di venerazione per Mosè e per la legge, in cui erano nati, cresciuti ed educati. Vi sembra possibile che a questa legge loro, e dei padri loro ad un tratto potessero osare di sostituirne un’altra, che troppo bene sapevano essere fondata sulla impostura? Questi Apostoli e queste pie donne, dopo la catastrofe del Calvario e perdute le speranze della Risurrezione, dovevano rientrare in se stessi; dovevano vedere la difficilissima condizione, in cui li aveva messi il Maestro; resi invisi o sospetti a tutte le autorità per Lui, che dopo promessa la Risurrezione non risorgeva. E per Lui avrebbero mentito? Lui proclamato Messia e Redentore del mondo; Lui adorato come Dio; Lui che li aveva ingannati? Che altro sperare dall’insano tentativo che vessazioni, persecuzioni e una morte come quella del Maestro, il cui cadavere doveva stare loro sotto gli occhi? Senza capo, senza amici, senza forza, fuggiti da tutti, tremanti sui pericoli che li circondavano, dovevano in fretta pigliare la via di Galilea e farsi dimenticare, ritornando alle loro barchette e alle loro reti. Ma contro ogni verosimiglianza supponiamo che non temessero né Dio, né gli uomini; che spingendo il coraggio fino all’audacia, anzi alla disperazione, persistessero nella folle idea di fondare la nuova Religione sul fatto della Risurrezione del Maestro, ch’essi sapevano impossibile: supponiamo ch’essi volessero ripigliare l’opera, in cui il maestro era sì miseramente perito, e predicandolo risorto, farlo credere Salvatore del mondo e Figlio di Dio. Per riuscire nell’intento, dovevano ordire la trama e per modo, che presentasse almeno la possibilità della riuscita. i discepoli e le pie donne e tutti i testimoni della Risurrezione dovevano darsi la parola e riunirsi a consiglio. Quando? Precisamente in quel brevissimo spazio di tempo, che corse tra la morte di Cristo e l’affermazione che era risorto; non prima, perché non credevano possibile la sua morte; non dopo, perché il profeta era già chiarito falso profeta. Vi pare possibile siffatta riunione in quei momenti di trepidazione, di confusione e di suprema angoscia? Ma diasi possibile. Il più audace tra i convenuti doveva ragionare in questi sensi: Noi sappiamo che il Maestro non risorgerà; che per Lui tutto è ornai finito; ma noi dobbiamo compire l’opera per Lui iniziata e fondare la nuova Religione, ch’Egli aveva ideato. Affermiamo audacemente la sua Risurrezione; facciamone il capo saldo della Religione e predichiamo che il Maestro è Dio, che bisogna credere in Lui; morire per Lui; è una menzogna enorme, che ci costerà carceri, esili, la morte; ma non importa: così vendicheremo il Maestro e noi stessi. Giuriamo tutti di affermare sempre e dovunque, a costo della vita, che Gesù è risorto. L’empia e insensata proposta come doveva essere-accolta? Quei poveri Apostoli conoscevano abbastanza se stessi da sentire l’impossibilità dell’impresa: – Vivente il Maestro, siamo fuggiti tutti ieri sera; l’abbiamo abbandonato, negato; uno di noi 1’ha tradito; abbiamo contro di noi l’autorità dei Romani e del nostro Sinedrio: se il Maestro fu messo in croce, che sarà di noi? Come terremo il segreto, tutti, anche le donne? Se un solo tradisce, e scopre la congiura, siamo perduti tutti. E poi come e perché ingannare il mondo? Quale il guadagno qui in terra? E potremo sfuggire al braccio di Dio? – Erano riflessioni troppo ovvie perché non si affacciassero nemmeno alla mente degli Apostoli e delle donne e rendessero impossibile 1’impresa. Ma passiamo anche su questo e poniamo che la stoltissima ed empia proposta fosse accolta da tutti. Bisognava recarla ad effetto e subito prima che passasse il terzo dì, termine ultimo della prova fissato da Cristo stesso. La cosa più necessaria ed urgente era quella di levare il corpo del Maestro dal sepolcro e farlo sparire. Ma presso quel sepolcro stavano le guardie, probabilmente straniere, e senza dubbio vegliavano più che mai, avvertite del pericolo. Si potevano corrompere e guadagnare col danaro. Sì: ma ci voleva danaro e non poco e subito: chi lo forniva, se tutti erano poveri? Chi avrebbe assunto la pericolosissima missione di farne la proposta a quei soldati? Se avessero respinta l’offerta e trascinato chi la faceva dinanzi al Sinedrio? Se, avuto il danaro, non avessero mantenuta la promessa e denunziato i corruttori? Chi poteva assicurare il segreto tanto necessario? Potevasi rapire il corpo con la forza, mettendo in fuga i soldati. Ci volevano armi e coraggio: supporre quelle e più questo in quegli uomini, in quelle angustie, è un sogno. Ma supponiamo che tentassero un colpo di mano e assaltassero le guardie. Queste vincitrici, il corpo rimaneva: vinte, avrebbero detto: siamo state soverchiate dal numero e il corpo fu involato dai discepoli e la trama nell’uno e nel1’altro caso era svelata. Ma i soldati potevano dormire e lo si disse dai Giudei: i discepoli vennero e se ne portarono il corpo di Cristo e fu possibile 1’affermazione: – Gesù è risorto -. I soldati dormivano! Tutti? E gli Apostoli e i discepoli potevano supporre che dormissero? E nessuno si destò al rumore dei discepoli, che venivano e tornavano, al rumore della grossa pietra levata dalla bocca del sepolcro? È troppo. E chi disse che i soldati dormivano? I soldati istessi. E i dormenti sono testimoni? E non furono puniti come infedeli al loro dovere? È troppo. Setto od otto anni appresso un Evangelista afferma solennemente, che i capi del popolo con danaro guadagnarono i soldati, perché spacciassero la favola, che mentre essi dormivano, i discepoli avevano fatto sparire il corpo di Cristo. Chi levossi a smentire il Vangelista? Nessuno! prova evidente che non era calunnia. Ma sovrabbondiamo in concessioni con i nostri avversari. Che donne e discepoli entrassero nell’infame ed empia congiura di affermare la Risurrezione di Cristo; che riuscissero a far scomparire il cadavere di Lui e tutto ciò fosse stabilito ed eseguito in quelle quarant’ore, che trascorsero fra la morte di Cristo e il grido emesso: – E risorto -. Voi vedete che è un cumolo di cose affatto moralmente impossibili. — Non im porta. — Si conceda tutto. – Esiste la congiura di ingannare la nazione e il mondo intero: ne fanno parte necessaria tutti i discepoli e le donne e spetta a queste fare i primi passi. Una congiura di questo genere, ordita in fretta e in furia, di cui fanno parte alcune decine di uomini e parecchie donne! Consci tutti della propria e dell’altrui debolezza, provata testè a fatti, potevano essi fidarsi a vicenda? Dove tra congiurati non sia sicura ed assoluta la fiducia, la congiura non è possibile. Perché quelle donne e quei discepoli di Cristo potessero accingersi alla scelleratissima impresa, bisogna supporli tutti, senza eccezione, tristi e malvagi in sommo grado: bisogna crederli tutti senza Religione, senza coscienza. Ingannare i loro fratelli e ingannarli in ciò che vi è di più augusto e di più santo, la Religione! Tener mano ad una congiura, che ha per iscopo di rovesciare la Religione propria e de’ loro padri per fondarne un’altra, il cui autore sarebbe un impostore od un pazzo! Dite: vi sembra possibile che Apostoli ignoranti, grossolani sì, ma onesti e retti; che codeste donne pie potessero e volessero prestarsi all’opera nefanda? – E proseguiamo ancora: Chi si accinge ad una impresa scabrosa e in cui sono in giuoco non la sola quiete, ma l’onore, la libertà e la vita istessa, a due cose particolarmente deve badare: l’impresa è possibile? Se è possibile, offre essa la speranza d’una mercede proporzionata ai pericoli e alle fatiche, che si devono sostenere? Per quanto li supponiamo ignoranti e inesperti del mondo codesti Apostoli e codeste donne, è forza convenire che dovevano vedere chiarissimamente la impossibilità della disperata impresa. Si riconoscevano poveri, ignoranti, timidi, nuovi del mondo, senza credito, senza amici, senza capo; vedevano di fronte a sé l’autorità della Sinagoga, per scienza, credito, ricchezza, potere, prestigio del passato, onnipotente; vedevano dietro ad essa l’autorità romana stessa, che nel terribile dramma del Maestro per timore aveva ceduto alla Sinagoga e l’aveva abbandonato al suo furore dopo averne tentato invano la difesa. Potevano essi nutrire speranza di riuscire là dov’era fallito il Maestro? E qual mercede attendere da un’ impresa sì dissennata se non le carceri, i flagelli, gli esili, la morte più crudele e il disprezzo e l’infamia nella memoria dei futuri? Erano tutte considerazioni d’una evidenza massima, che rendevano impossibile la congiura negli uomini più audaci e più perversi; che dire poi negli Apostoli e nelle donne, sì timidi, sì onesti e sì religiosi? E tempo di conchiudere il nostro ragionamento. Non si può sollevare il più lieve dubbio sulla verità della morte di Cristo: la certezza della sua Risurrezione non può essere maggiore per il numero e per la qualità dei testimoni, che l’affermano; essi non poterono essere ingannati, né allucinati; essi non ingannarono, né poterono ingannare, quand’anche per una ipotesi assurda l’avessero voluto. – Mi sembra d’aver mostrato a punta eli logica, tutto questo e chiusa ogni via a qualunque sofisma e ne appello a voi stessi, o fratelli, alla vostra ragione. Quale la conseguenza che ne discende? Questa: – Cristo è veramente risorto -. Dunque la dottrina ch’Egli ha insegnato è vera; dunque Egli è veramente Dio, il nostro Salvatore; prostrandoci pieni di fede e d’amore per Lui, coll’apostolo Tommaso esclamiamo: – Mio Signore e mio Dio! -.

 

 

DOMENICA DI PASQUA [2018]

DOMENICA DI PASQUA

Incipit
In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps CXXXVIII:18; CXXXVIII:5-6.

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuísti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja. [Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: miràbile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Ps CXXXVIII:1-2.

Dómine, probásti me et cognovísti me: tu cognovísti sessiónem meam et resurrectiónem meam. [O Signore, tu mi provi e mi conosci: conosci il mio riposo e il mio sòrgere.] 

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuísti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja. [Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: miràbile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Oratio

Deus, qui hodiérna die per Unigénitum tuum æternitátis nobis áditum, devícta morte, reserásti: vota nostra, quæ præveniéndo aspíras, étiam adjuvándo proséquere. [O Dio, che in questo giorno, per mezzo del tuo Figlio Unigénito, vinta la morte, riapristi a noi le porte dell’eternità, accompagna i nostri voti aiutàndoci, Tu che li ispiri prevenendoli.] Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. R. Amen.

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corinthios. 1 Cor 5:7-8

“Fratres: Expurgáte vetus ferméntum, ut sitis nova conspérsio, sicut estis ázymi. Etenim Pascha nostrum immolátus est Christus. Itaque epulémur: non in ferménto véteri, neque in ferménto malítiae et nequitiæ: sed in ázymis sinceritátis et veritátis.” 

[Fratelli: Purificàtevi dal vecchio liévito per essere nuova pasta, come già siete degli àzzimi. Infatti, il Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato. Banchettiamo dunque: non col vecchio liévito, né col liévito della malízia e della perversità, ma con gli àzzimi della purezza e della verità.]

Alleluja 

Alleluia, alleluia Ps. CXVII:24; CXVII:1 Hæc dies, quam fecit Dóminus: exsultémus et lætémur in ea. [Questo è il giorno che fece il Signore: esultiamo e rallegriàmoci in esso.] V. Confitémini Dómino, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus. Allelúja, allelúja. [Lodate il Signore, poiché è buono: eterna è la sua misericòrdia. Allelúia, allelúia.] 1 Cor V:7 V.Pascha nostrum immolátus est Christus. [Il Cristo, Pasqua nostra, è stato immolato.]

Sequentia

“Víctimæ pascháli laudes ímmolent Christiáni. Agnus rédemit oves: Christus ínnocens Patri reconciliávit peccatóres. Mors et vita duéllo conflixére mirándo: dux vitæ mórtuus regnat vivus. Dic nobis, María, quid vidísti in via? Sepúlcrum Christi vivéntis et glóriam vidi resurgéntis. Angélicos testes, sudárium et vestes. Surréxit Christus, spes mea: præcédet vos in Galilaeam. Scimus Christum surrexísse a mórtuis vere: tu nobis, victor Rex, miserére. Amen. Allelúja.” [Alla Vittima pasquale, lodi òffrano i Cristiani. – L’Agnello ha redento le pécore: Cristo innocente, al Padre ha riconciliato i peccatori. – La morte e la vita si scontràrono in miràbile duello: il Duce della vita, già morto, regna vivo. – Dicci, o Maria, che vedesti per via? – Vidi il sepolcro del Cristo vivente: e la glória del Risorgente. – I testimónii angélici, il sudàrio e i lini. – È risorto il Cristo, mia speranza: vi precede in Galilea. Noi sappiamo che il Cristo è veramente risorto da morte: o Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Allelúia.]

Evangelium 

Sequéntia  sancti Evangélii secúndum Marcum

 Marc. XVI:1-7.

“In illo témpore: María Magdaléne et María Jacóbi et Salóme emérunt arómata, ut veniéntes úngerent Jesum. Et valde mane una sabbatórum, veniunt ad monuméntum, orto jam sole. Et dicébant ad ínvicem: Quis revólvet nobis lápidem ab óstio monuménti? Et respiciéntes vidérunt revolútum lápidem. Erat quippe magnus valde. Et introëúntes in monuméntum vidérunt júvenem sedéntem in dextris, coopértum stola cándida, et obstupuérunt. Qui dicit illis: Nolíte expavéscere: Jesum quǽritis Nazarénum, crucifíxum: surréxit, non est hic, ecce locus, ubi posuérunt eum. Sed ite, dícite discípulis ejus et Petro, quia præcédit vos in Galilǽam: ibi eum vidébitis, sicut dixit vobis.” [In quel tempo: Maria Maddalena, Maria di Giacomo, e Salòme, comperàrono degli aromi per andare ad úngere Gesú. E di buon mattino, il primo giorno dopo il sàbato, arrivàrono al sepolcro, che il sole era già sorto. Ora, dicévano tra loro: Chi mai ci sposterà la pietra dall’ingresso del sepolcro? E guardando, vídero che la pietra era stata spostata: ed era molto grande. Entrate nel sepolcro, vídero un giòvane seduto sul lato destro, rivestito di càndida veste, e sbalordírono. Egli disse loro: Non vi spaventate, voi cercate Gesú Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è qui: ecco il luogo dove lo avévano posto. Ma andate, e dite ai suoi discépoli, e a Pietro, che egli vi precede in Galilea: là lo vedrete, come vi disse.]

Omelia

[M. Billot, Discorsi parrocchiali, II ediz. S. Cioffi ed. Napoli, 1840 – impr. ]

Sopra la risurrezione dì Gesù Cristo.

“Surrexit, non est hic”. Marc. XVI.

 Asciugate le vostre lacrime, fratelli miei, e date un libero corso alla vostra allegrezza; Colui che è stato dato alla morte per i vostri peccati, è risuscitato per vostra giustificazione; Colui che faceva pochi giorni orsono il soggetto della vostra tristezza, deve in quest’oggi essere l’oggetto del vostro gaudio; non cercate Gesù Cristo tra i morti; non è più nel sepolcro, Egli è risuscitato. Questa fu la felice e gradita nuova che l’Angelo del Signore annunziò a quelle pie donne che vennero al sepolcro di Gesù Cristo tre giorni dopo la sua morte, per imbalsamare il suo corpo. “Voi venite a cercare, disse loro quell’Angelo, Gesù nazareno che è stato crocefisso; ma non lo troverete, non è più qui. Affrettatevi solamente di andare ad annunziare la risurrezione del vostro Maestro ai suoi discepoli, e dite loro che lo ritroveranno in Galilea, dove va a precederli”. Ibi eum videbitis, sicut dixit vobis (Marc.XVI). Tale è, fratelli miei, il gran mistero che celebriamo in questo giorno, che il Profeta chiama il “giorno del Signore” per eccellenza, giorno di grazia e di allegrezza per gli uomini: Hæc dies quam fecit Dominus, exultemus et lætemur in ea (Psal.CXVII). Questo giorno è il giorno del Signore, perché ce ne manifesta la gloria e la possanza in un nuovo prodigio, che fin’ora non ha avuto l’eguale; voglio dire nella risurrezione di un uomo-Dio, che si libera Egli stesso dagli orrori del sepolcro per riprendere una vita più gloriosa di quella che la morte gli ha tolta. Si è in questo giorno che quel tempio misterioso distrutto dai Giudei è ristabilito nel suo pristino stato; che la pietra angolare che essi han rigettata riprende tutto il suo splendore; che il secondo Giona esce dal seno della terra, come il primo usci dal seno della balena; che il vero Sansone spezza le porte della morte che lo tenevano in prigione, e porta con lui le sue spoglie, conducendo seco un gran numero di prigionieri da esso redenti. O morte, dove è la tua vittoria? Potenze delle tenebre, a che sono andati a finire i vostri sforzi? Non han servito che a far conoscere la gloria e la possanza di Colui alla cui vita voi avete osato attentare: Hæc dies quam fecit Dominus. Questo giorno è altresì un giorno di gioia per gli uomini; mentre se Gesù Cristo e risuscitato per sua gloria, lo è ancora per nostra salute e nostra felicità. Noi troviamo nella sua resurrezione la cagione ed il modello della nostra risurrezione  alla grazia: exultemus et lætemur in ea. Noi troviamo nella risurrezione di Gesù Cristo la cagion di nostra risurrezione, perché essa ce ne fornisce i motivi i più forti: Resurrexit propter iustificationem nostram (Rom. IV). Noi troveremo il modello della nostra risurrezione, perché questa risurrezione di Gesù Cristo ne dà le regole le più certe: Quomodo Christus surrexit a mortuis, ita et nos in nocitate vitæ ambulemus ( Rom. VI). In una parola, la risurrezione di Gesù Cristo è il fondamento ed il modello della nostra risurrezione; ecco tutto il mio disegno: tratterollo in un sol punto. Incominciamo. – Io osservo nella risurrezione di Gesù Cristo due qualità che deve avere la nostra risurrezione alla vita della grazia: la verità e la costanza. Gesù Cristo è veramente risuscitato: surrexit vere (Luc. XXIV). Egli è risuscitato per non più morire: Cristus resurgens ex mortuis iam non moritur (Rom.VI). Ecco, cristiani, il modello della vostra risurrezione spirituale. – Non bisogna contentarsi di una risurrezione apparente; ma bisogna sinceramente convertirsi, bisogna perseverare nella vita nuova, che è il frutto  di una sincera conversione: Quomodo Christus surrexit a mortuis, ita et nos in novitate vitæ ambulemus.

I. Gesù Cristo è veramente risuscitato: non se ne può più dubitare dopo tutte le prove che ne abbiamo; il cielo e la terra, gli Angeli e gli uomini hanno reso testimonianza a questa risurrezione. Gesù Cristo ne ha dato delle prove nelle diverse apparizioni che fece ai suoi Apostoli dopo la sua risurrezione; surrexit et apparuit. Esaminiamo tutte le circostanze di questa risurrezione per istruirci delle qualità che deve avere la nostra. Per risuscitare convien morire: Gesù Cristo è morto, e per far vedere che lo era veramente, rimase tre giorni nel sepolcro. Ma siccome la morte non era in Lui la pena di un peccato che gli fosse personale, poiché era impeccabile per natura, e non ha sofferto la morte che per cancellare, come dice s. Paolo, il chirografo del peccato che eraci cotanto contrario, cosi la morte non esercitò sul suo corpo lo stesso impero ch’ella esercita sui colpevoli, che riduce in uno stato di corruzione: Non dabis sanctum tuum videre corruptionem (Sal. XV). – Cosi tosto che ebbe consumata la sua opera ed adempiti gli oracoli, fece chiaramente vedere che non gli avevano tolta la vita, se non perché Egli aveva voluto, e che aveva il potere di riprenderla quando vorrebbe. Non fece dunque, per cosi dire, che addormentarsi nelle prigioni della morte (come dice per bocca del suo profeta): Ego dormivi et soporatus sum (Psal.III), mentre ben presto dopo trionfò degli orrori del sepolcro e si assicurò per sempre l’immortalità. In segno della sua vittoria, fece Egli tremare la terra, levò la pietra che lo copriva e lasciò nel suo sepolcro i sudari che lo involgevano, i soldati che lo custodivano si ritiravano in disordine, e le pie donne come gli Apostoli, che vennero al sepolcro, non vel trovarono più: Non est hic. Tutto queste circostanze sono altrettante figure di ciò che deve accadere nella conversione del peccatore. Primieramente deve egli morire. Oimè! peccatori, non è che troppo vero che voi siete morti per il peccato, che vi ha tolta la vita della grazia, voi siete nella tomba del peccato, coperti di una grossa pietra pel cattivo abito che avete contratto. Or, per uscire da questa tomba e distruggere la morte del peccato, bisogna condannarvi ad un altro genere di morte con un intero staccamento dal peccato, con una rinunzia generale a tutto ciò che è stato per voi occasione di peccato, di modo che possiate dire col grande Apostolo: noi siamo morti al peccato, come mai potremo ancora vivere al peccato? Mortui sumus peccato, quomodo adhuc vivemus in illo ( Rom. VI)? Ecco il genere di morte che deve procedere la vostra risurrezione alla grazia o piuttosto che deve accompagnarla, che ne è la condizione essenziale: mentre morire al peccato si è risuscitare alla grazia. Ma per questo che dovete voi fare? Siccome la terra tremò alla risurrezione di Gesù Cristo, così bisogna che il vostro cuore tremi, che sia commosso, spezzato dal dolore, lacerato ed attristato dal pentimento. Non basta concepire qualche desiderio di conversione che vi lasciasse nel medesimo stato, ma il vostro cuore deve, cangiando d’oggetto, cangiar d’inclinazione: cangiamento che deve essere sì perfetto che il vostro cuore non sia più il medesimo cuore; di maniera che se ne crei uno affatto puro ed affatto nuovo in mezzo di voi medesimi, come lo chiedeva per sé il profeta: Cor mundum crea in me Deus. (Ps. L). Ecco il primo passo che convien fare per passare ad una nuova vita. Voi dovete in appresso, peccatori, levar la pietra del sepolcro, cioè rompere il cattivo abito che vi tiene prigioniero nei legami della morte e che impedisce la rugiada del cielo di entrare nella vostra anima. Questa pietra è grossa, è vero, l’abito è talmente radicato in voi che egli è divenuto come una seconda natura. Ma questo abito, questa pietra, fosse bene ancora più difficile a levare di quella che copriva il corpo di Gesù Cristo, voi dovete imitare il coraggio di quelle pie donne, che andarono di buon mattino per imbalsamare il corpo del Salvatore senza essere spaventate né dalla grossezza della pietra né trattenute dal timore dei Giudei e dei soldati che custodivano il sepolcro. Convien farvi delle sante violenze per resistere a quegli abiti, con gli atti delle virtù contrarie. Se quegli abiti non fanno ancora che nascere, incominciate sul mattino, cioè abbiate cura di soffocarne i primi moti. Rendetevi superiori a tutti i rispetti umani che sarebbero un ostacolo alla vostra conversione: il timore di dispiacere agli uomini non vi trattenga giammai dove si tratta della vostra eterna salute. Convien anche togliere il sigillo del peccato, cioè rompere quelle ree corrispondenze, allontanarvi da quelle case, da quelle persone, da quelle occasioni di peccato che erano come le guardie che tenevano la vostr’anima cattiva nelle prigioni della morte. Si è a questo segno che riconosceremo che voi siete veramente risuscitati, in guisa che dire possiamo di voi per riguardo a quelle occasioni ciò che l’Angelo disse di Gesù nazareno a quelle sante donne che lo cercavano nel suo sepolcro: Surrexit, non est hic. Voi cercate quel peccatore in quelle case che frequentava, con quelle persone che erano uno scoglio alle sue virtù; ma non le frequenta più. Quell’ubbriaco non va più in quelle osterie; quelle persone han rotto il commercio pericoloso che avevano insieme, non si vedono più l’una con l’altra: Non est hic. Quest’uomo è vivo, non bisogna più cercarlo tra i morti: Quid quæritis viventem cum mortuis (Luc. XXIV)? Ha lasciato nel sepolcro tutte le spoglie della morte, ha purgato il vecchio lievito che era in lui, per diventar una nuova creatura in Gesù Cristo: in una parola: egli non è quel che era, è interamente cambiato. – Ecco, fratelli miei, ciò che è assolutamente necessario per una vera risurrezione. Imperciocché altrimenti invano pretenderete voi essere risuscitati alla grazia ed aver parte alla risurrezione del Salvatore: non basta di aver dato nel tempo pasquale, come il resto dei fedeli, segni esteriori di religione, di esservi accostati ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia; se voi non siete veramente convertiti, se conservate ancora in voi qualche fermento del peccato, se voi avete qualche attacco all’idolo della vostra passione, se voi non siete ancora riconciliati col vostro nemico, e se rimane nel vostro cuore qualche fiele contro di lui; se voi non avete soddisfatto o se non siete risoluti di soddisfare al più presto al prossimo cui avete fatto qualche torto, la vostra risurrezione è una risurrezione apparente, che può bensì ingannare gli uomini, ma, non già Dio. Voi sembrate del numero dei viventi, ma effettivamente siete nel numero dei morti: Nomen habes quod vivas, et mortuus es (Apoc. II). Oimè! quanti ve ne ha forse tra voi di questo carattere, i quali non sono risuscitati che in apparenza? Non tocca a me giudicarne, Dio solo li conosce; ma voi potete benissimo giudicarvi da voi medesimi, per le disposizioni in cui vi trovate riguardo al peccato e alle occasioni del peccato: voi conoscerete che la vostra risurrezione è vera e sincera per la somiglianza che essa deve avere con quella di Gesù Cristo. Or, siccome abbiam detto, Gesù Cristo con la sua risurrezione ha ripigliata una nuova vita, tutta diversa da quella che aveva prima: il suo corpo non è solamente uscito dal sepolcro, ma ha ricevuto delle doti che lo rendono partecipe della natura degli spiriti, da passibile e mortale Egli è divenuto impassibile ed immortale; non è più un corpo grave per la materia, ma un corpo agile e sottile che penetra e che va ovunque gli piace; è un corpo, in una parola, che, sebbene sulla terra, non appartiene più alla terra, che è divenuto affatto celeste e tutt’altro da quel che era prima. Tal deve essere il Cristiano veramente risuscitato alla grazia; egli è un uomo che non appartiene più alla terra, che usa di questo mondo come non usandone, che non cerca se non le cose del cielo: Si consurrexistis cum Christo, quæ sursum sunt quærite (Coloss. III). Un Cristiano risuscitato con Gesù Cristo è un uomo indifferente ai piaceri e alla gloria, il quale, riguardandosi sulla terra come di buon grado viaggiatore, non respira che pel cielo, sua cara patria. Egli è un uomo che non ha ardore che per far del bene, che di buon grado è volto alle buone opere e all’adempimento dei suoi doveri; che apre le sue mani all’indigente, che visita Gesù Cristo nel luogo santo o nei suoi membri che soffrono: egli è un uomo finalmente divenuto del tutto celeste, i cui pensieri e le parole non mirano che al regno di Dio, e le cui azioni non tendono che a questo fine. – A questi segni, fratelli miei, riconoscete voi che siete veramente risuscitati con Gesù Cristo? Ah! che io non temo la vostra coscienza vi renda una testimonianza contraria. Se i vostri pensieri e i vostri desideri, le vostre parole, le vostre azioni non hanno per oggetto che i beni di questo mondo, voi siete del tutto terreni, e la vostra vita non rassomiglia punto a quella di Gesù Cristo risuscitato. Riformatevi dunque su questo modello, purificando il vecchio fermento che è in voi, correggendo le vostre inclinazioni, basse e terrene, mortificando le vostre passioni, per divenir una nuova creatura e per celebrare la pasqua di Gesù Cristo con gli azimi di sincerità e di verità, cioè con i sentimenti e con le inclinazioni d’un uomo interamente rinnovato, Expurgate vetus fermentimi, ut sitis nova conspersio; epulemur in azimis sinceritatis et veritatis ( 1 Cor. V). – Affinché la vostra risurrezione sia vera, bisogna ancora darne dei segni, come Gesù Cristo ne diede della sua nelle diverse apparizioni che fece ai suoi Apostoli: apparuit. E perché crediamo noi, fratelli miei, che il Salvatore risuscitato abbia dimorato ancora quaranta giorni sulla terra prima della sua ascensione al cielo, se non per dare ai suoi Apostoli prove sensibili della sua risurrezione? Ed è per questo che si manifestò ad essi diverse fiate ed in diversi luoghi; quest’oggi in Gerusalemme, domani nel castello d’Emmaus, indi in Galilea, ora ad alcuni in particolare, ora a tutti insieme raccolti. Non voleva Egli lasciare loro alcun dubbio della sua risurrezione, ma voleva anche insegnarci che non basta essere convertiti, ma bisogna comparirlo in realtà: voleva principalmente insegnare ai peccatori che lo hanno disonorato avanti gli uomini, a riparare con una vita esemplare l’oltraggio che gli hanno fatto; ai peccatori che col loro scandalo hanno indotti gli altri nelle vie dell’iniquità ad edificarli con una condotta regolata: voleva, in una parola, che ogni peccator convertito si mostrasse avanti agli uomini quale è avanti a Dio, sia per l’interesse della sua gloria, sia per l’edificazione dei suoi fratelli. Perciocché se ogni uomo deve rendere testimonianza al Vangelo, deve confessare Gesù Cristo in faccia al mondo, se vuole esser riconosciuto davanti al Padre celeste. Egli è principalmente il peccatore chi gli ha rapita la gloria che gli era dovuta, perciò la testimonianza di questo peccatore, riparando l’ingiuria ch’egli ha fatto a Dio, sarà per gli altri una attrattiva potente per la virtù. Voi dunque che vi fate gloria d’assentarvi dai divini uffizi, che per mancanza di devozione vi fermate all’entrata delle chiese; voi che non vi accostate quasi mai ai sacramenti; voi che con le bestemmie, con le parole oscene portaste un odore di morte nelle vostre famiglie, e nel cuore di coloro che vi frequentavano; bisogna che d’ora in poi vi facciate veder assidui vicino ai santi altari, che vi accostiate ai sacramenti, che vi facciate udire a non più proferire che parole edificanti; bisogna che siate il buon odore di Gesù Cristo con una condotta regolata, che vi diportiate finalmente in guisa affatto diversa da quella di prima: si è in tal modo e non altrimenti che potremo dire di voi che siete veramente risuscitati e che ne date i segni: surrexit vere et apparuit (Luc.XXIV). Ma non basta risuscitare alla vita della grazia; bisogna che questa risurrezione sia costante, come è stata quella di Gesù Cristo. Perché mai non si propone la risurrezione di Lazaro, per modello d’una perfetta risurrezione? Perché Lazaro, dopo aver ricuperata la vita per la possanza di Gesù Cristo, fu in appresso soggetto all’impero della morte. Ma Gesù Cristo risuscitato non muore più: Christus resurgens iam non moritur ( Rom. VI). In quel meraviglioso combattimento in cui la vita e la morte sono state alle prese, Egli ha fatto perdere alla morte il suo stimolo, l’ha interamente assorbito nella vittoria ch’Egli ha su di essa riportata: Absorpta est mors in Victoria (1 Cor. XV). Giudei inumani, voi avete potuto esercitare una volta su di lui il vostro furore coi tormenti che gli avete fatto soffrire; ma l’ora delle tenebre è passata, la vostra possanza è finita, tutti i vostri sforzi per attentare alla sua vita sarebbero inutili. Egli ha bensì voluto soffrire la morte per l’infermità di nostra natura che aveva presa; ma Egli vive al presente per la virtù di Dio: Crucìfixus est ex infirmitate, sed vivit ex virtute (2 Cor. XIII), e la sua vita uguaglierà la durata di tutti i secoli: Ecce sum vivens in sæcula sæculorum (Apoc. 1). Tale deve essere, fratelli miei, la vostra risurrezione alla grazia; deve essa portare un carattere d’immortalità che vi renda invincibili ai colpi dei vostri nemici. Mentre a che vi servirebbe d’essere usciti per un tempo, come Lazaro, dal sepolcro, se voi ricadete in uno stato di morte, ricadendo nel peccato, che vi fa perdere la vita della grazia? Qual ingiuria non fareste voi a Dio, e qual torto a voi medesimi? Ingiuria a Dio, perché paghereste con la più nera ingratitudine la pazienza ch’Egli ha avuto d’aspettarvi a penitenza, la bontà che ha avuto di ricevervi ed il bene che vi ha fatto di calarvi delle ombre della morte per rendervi alla vita. Voi rechereste ancora un danno considerabile a voi medesimi, perché, ricadendo nel peccato e perdendo la grazia di Dio, vi esponete al rischio di non ricuperarla giammai, sia perché la morte può sorprendervi, sia perché avete a far più di fatica a rilevarvi. Oimè! forse il primo peccato che voi commetterete porrà il sigillo alla vostra riprovazione, e Dio non vi darà più il tempo né la grazia di far penitenza; pensatevi bene, affinché questo pensiero vi ritenga nel felice stato in cui la grazia vi ha ristabiliti. Ma oimè! Quanto pochi cristiani si manterranno nelle loro risoluzioni! Quanti di quelli che mi ascoltano ripiglieranno la strada delle loro ree passioni che hanno per qualche tempo abbandonata! Hanno essi voluto soddisfare ad un dovere che la religione comanda, e per essere ammessi a cibarsi dell’Agnello pasquale, si sono privati di certi piaceri cui il loro cuore è sempre attaccato, si son fatta qualche violenza, ma non cadranno alla prima occasione? Tutto il popolo senza dubbio soddisferà in questa parrocchia al dovere pasquale; ma sarà quindi più pio verso Dio, più caritatevole verso il suo prossimo, più vigilante sopra se stesso? Oimè! non è forse a temere che non sia sempre ugualmente soggetto ai medesimi difetti? Ecco, fratelli miei, ciò che è capace di cangiare la gioia ed il gaudio di queste solennità in lutto ed in tristezza; perché noi vediamo ogni anno che le feste non sì tosto sono passate, che il vizio ed il libertinaggio, che sembravano estinti, si ravvivano e risuscitano a cosi dire, per far soffrire a Gesù Cristo nel cuore dei peccatori una seconda morte, in qualche modo più crudele di quella che gli han data i Giudei. Deh non sia così di voi, miei fratelli, perdete piuttosto quanto avete di più caro al mondo, che perdere la grazia del vostro Dio. – Pratiche. Fate, durante queste feste frequenti visite a Gesù Cristo, per domandargli la grazia della perseveranza: fuggite le occasioni, le assemblee, le partite di piacere interrotte durante il tempo della penitenza e che si ripiglieranno per compenso di quelle che si son tralasciate. La gloria della risurrezione di Gesù Cristo non deve farvi dimenticare i suoi patimenti: è per farcene ricordare ch’Egli ha conservate le sue sacre piaghe; così la bella sorte di una santa risurrezione non deve mettere fine alla vostra penitenza. Si è al contrario con la penitenza, con la mortificazione unita a ferventi preghiere, che voi conserverete la grazia della risurrezione; non è che seguendo le tracce di Gesù paziente che si può sperare di regnar con Gesù Cristo glorioso e trionfante: si compatimur, ut et glorificemur (Rom.VIII). Gemete e fate ammenda onorevole a Gesù Cristo degli oltraggi atroci che tanti cattivi Cristiani gli fanno con le comunioni sacrileghe di cui si rendono colpevoli in questo tempo pasquale: pregate il Signore che si degni illuminare questi temerari sulla loro sorte, e sollecitatelo che voglia conservare preziosamente il frutto delle buone comunioni in quelli che han mangiato o mangeranno il pane degli Angeli con sante disposizioni: questi sentimenti di zelo vi meriteranno grazie abbondanti che vi condurranno alla vita eterna: io ve la desidero. Così sia.

  Credo…

Offertorium 

Orémus 

Ps. LXXV:9-10.

Terra trémuit, et quiévit, dum resúrgeret in judício Deus, allelúja. [La terra tremò e ristette, quando sorse Dio a fare giustizia, allelúia.]

Secreta

Súscipe, quaesumus, Dómine, preces pópuli tui cum oblatiónibus hostiárum: ut, Paschálibus initiáta mystériis, ad æternitátis nobis medélam, te operánte, profíciant. [O Signore, Ti supplichiamo, accogli le preghiere del pòpolo tuo, in uno con l’offerta di questi doni, affinché i medésimi, consacrati dai misteri pasquali, ci sérvano, per òpera tua, di rimédio per l’eternità.] –

Communio 1 Cor 5:7-8

Pascha nostrum immolátus est Christus, allelúja: itaque epulémur in ázymis sinceritátis et veritátis, allelúja, allelúja, allelúja.[Il Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato, allelúia: banchettiamo dunque con gli àzzimi della purezza e della verità, allelúia, allelúia, allelúia.]

Postcommunio 

 Orémus.

Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritátis infúnde: ut, quos sacraméntis paschálibus satiásti, tua fácias pietáte concordes. [Infondi in noi, o Signore, lo Spírito della tua carità: affinché coloro che saziasti coi sacramenti pasquali, li renda unànimi con la tua pietà.]

NELLA SETTIMANA SANTA: MEDITAZIONE PER IL SABATO

MEDITAZIONE PER IL SABATO.

Sopra la sepoltura di Gesù Cristo.

Mediteremo sulla sepoltura di Gesù. Deposto il corpo del Signore nel sepolcro, e discesa la sua anima al limbo, l’uno e l’altra, per la potenza della divinità a loro congiunta, si preparano alla gloriosa risurrezione. C’immagineremo di vedere l’amabilissimo Gesù, che anche dopo morte si manifesta sovrano padrone della vita ed opera a suo piacimento, continuando a darci prove del suo infinito amore. Ammireremo una potenza e sovranità così grande e lo ringrazieremo ch’Egli le adoperi non solo per sua gloria, ma altresì per nostro vantaggio.

PUNTO 1°.

Il corpo sacratissimo di Gesù è portato al sepolcro.

Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, discepoli prima occulti ed ora palesi di Gesù, dopo la morte di lui, accostatisi alla sua croce, ne distaccano il Corpo sacratissimo e, tutto intriso di sangue, lo spalmano di balsami odorosi, lo coprono con una sindone monda e lo recano in un sepolcro nuovo scavato poco lontano di là nella pietra e dentro ve lo chiudono. Anche qui Gesù vuol farci da maestro e darci a comprendere la grande verità che noi pure, per essere a lui somiglianti, dobbiamo riguardarci come morti e sepolti. Tutti coloro, dice S. Paolo, che ebbero la grazia del Battesimo, non la ebbero altrimenti, se non per esprimere in se stessi, nella loro fede, nelle loro virtù, nei loro sacrifici, nella loro vita nascosta la morte e la sepoltura di Gesù: conseguiti ei in Baptismo (Gal., II, 12); mortui estis et vita vestra abscondita cum Christo in Deo (Col., III, 3). Bisogna dunque morire al mondo, alle sue vanità, alle sue massime; bisogna morire al nostro orgoglio, al nostro amor proprio, ai nostri peccati, e seppellirci insieme con Gesù Cristo in quella vita di nascondimento, per cui non si cerca di sapere che cosa si pensi e si dica di noi, non si ama di essere veduti nel bene che si fa, non si ambisce di far conoscere i propri meriti, ma si è contenti di venir trascurati, dimenticati, lasciati da parte e in abbandono. Certo, contro questa vita di seppellimento la nostra cattiva natura leverà la sua voce, amando essa la stima e la riputazione degli uomini, la loro lode e la loro esaltazione; ma, se vogliamo essere di Cristo, fa d’uopo assolutamente che ci atteniamo al suo esempio e al suo insegnamento, e che però arriviamo anche a dire: Signore, se voi volete che mi sia tolto l’onore, che io sia tenuto in nessun conto, che sia vilipeso e aborrito, ne sono contento, perché in tal guisa avrò l’onore di essere morto e sepolto con voi!

PUNTO 2°.

L’anima benedetta di Gesù discende al limbo.

Non appena Gesù sulla croce ebbe mandato l’ultimo respiro, la sua anima benedetta avrebbe potuto, dipartendosi dal suo corpo, riposare nel seno di Dio dopo tanti dolori; ma invece, sempre per amore degli uomini, volle discendere nel limbo a consolare e liberare le anime dei santi padri, annunziando loro che fra quaranta giorni le avrebbe condotte seco in paradiso. – Là si trovavano tutte le sante donne e tutti i santi uomini che avevano creduto e sperato nel Salvatore ed erano vissuti in conformità alla divina legge. All’apparire dell’anima di Gesù coi segni della grande vittoria testé riportata sopra l’inferno, chi sa dire il giubilo che invase quelle sante anime? Chi può narrare la festa che dovettero farle? Chi vale a esprimere i sentimenti di amore, di benedizione, di grazie, che le andarono manifestando, e i cantici di letizia, di riconoscenza e di lode, coi quali la esaltarono? O caro Gesù, come è vero che voi al pari del Padre vostro operate sempre! (Jo., V, 17). Come è vero che il vostro amore per noi non ha mai riposo. Oh! se anche noi comprendessimo appieno, come le sante anime del limbo, le prove di amore che ci date ogni qualvolta non solo con la vostra anima, ma altresì col vostro Corpo e col vostro Sangue discendete nel limbo del nostro cuore! Ah! datemi la grazia, o caro Gesù, che anch’io vi faccia festa quando venite a consolare l’anima mia per mezzo della santa Comunione! Che non resti più così indifferente davanti ad una vostra così immensa degnazione! Che anch’io mi effonda in atti di adorazione, di fede, di amore, di benedizione, di lode e di ringraziamento!

PUNTO 3°.

Il corpo e l’anima di Gesù si preparano alla risurrezione.

Nei tre giorni, in cui l’anima di Gesù sta nel limbo e il suo corpo giace nel sepolcro, si prepara la gloriosa risurrezione; giacché, se la morte ha potuto spezzare i legami che univano quest’anima e questo corpo, non potrà più altramente esercitare sopra di Gesù alcun impero: Mors illi ultra non dominabitur! Ma con questo trionfo che Gesù si prepara a riportare sulla morte, egli intende diventare l’esemplare e la causa della risurrezione nostra; giacché risorgendo, come dice S. Paolo, ei risorgerà come primizia di coloro che dormono il sonno della morte: primitiæ dormientium (I Cor., XV, 20). O morte, fa pure quel che ti aggrada dei nostri cadaveri. Corrompi, dividi, disperdi, riduci al nulla la nostra carne; tutto ciò non sarà che per un po’ di tempo. Ma quando per volere di Dio il mondo finirà e le trombe degli Angeli ci desteranno dal tuo sonno, l’azione vivificante dell’Umanità di Gesù Cristo ci strapperà al tuo potere, ci farà risorgere e configurerà il nostro corpo, stato nell’umiliazione della polvere, al corpo suo tutto pieno di celestiale chiarezza: reformabit corpus humilitatis nostræ configuratum corpori claritatis suæ (Philipp., III, 2). Oh bontà, oh potenza, oh gloria di Gesù Cristo! I suoi nemici hanno apposto le guardie al sepolcro per impedirne la risurrezione o il trafugamento; ma essi non sanno che al corpo e all’anima di Gesù, benché divisi, è rimasta unita la divinità e che questa al tempo stabilito li riunirà, perché la risurrezione si compia e sia pegno e causa della risurrezione nostra. Rallegriamoci con Gesù benedetto, ringraziamolo del pensiero che volge a noi anche dal sepolcro e dal limbo, e prepariamoci a celebrarne il trionfo con pura e santa gioia.

L’AGONIA DI GESU’: SETTIMO VENERDI’ DI QUARESIMA

SETTIMO VENERDÌ DI QUARESIMA

(VENERDÌ SANTO)

[Don U. Banci: L’AGONIA DI GESU’, F. Pustet ed. Roma, 1935 – impr.]

In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Actiones nostras, quæsumus  Domine, adspirando præveni et adiavando prosequere, ut cuncta nostra oratio et operatio a Te semper incipiat et per Te cœpta finiatur. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

[Nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia. Inspira, o Signore, le nostre azioni ed accompagnale col tuo aiuto, affinché ogni nostra preghiera e opera da Te sempre incominci e col tuo aiuto sempre si compia. Per Cristo nostro Signore. Così sia.]

INVITO

Già trafitto in duro legno/Dall’indegno popol rio

La grand’alma un Uomo Dio, / Va sul Golgota a spirar.

Voi, che a Lui fedeli siete, /Non perdete, o Dio, i momenti

Di Gesù gli ultimi accenti /Deh! venite ad ascoltar.

SETTIMA PAROLA DI GESÙ IN CROCE

Pater, in manus tuas commendo spiritum meum. (LUCA, Cap. XXIII, v . 46).

Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio.

CONSIDERAZIONE

In questo giorno in cui la Chiesa, con le sue meste cerimonie, cerca di far rivivere nella tua mente e più nel tuo cuore la tragedia sanguinosa del Calvario, raccogliti, anima cristiana, ancora una volta ai piedi della croce per ascoltare l’ultima parola, con la quale Gesù volle chiudere la sua vita mortale, e per meditare, nello stesso tempo, il suo passaggio da questa all’altra vita. Per compiere la volontà adorabile del Padre suo non gli rimaneva che morire; questo momento è ormai giunto, ma prima di mandare l’ultimo respiro, volge per un’ultima volta gli occhi al cielo ed esclama a gran voce: Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio.  E forse il dubbio, il timore, che turba in questo momento Gesù, e lo muove a raccomandare al Padre l’anima sua? No, Egli sa di essere amato di amore infinito dal Padre, poiché è sempre l’Unigenito prediletto, sul quale il Padre ha riposto tutte le sue compiacenze; se in quel momento si raccomanda a Lui è perché, come sempre, ha te nel suo pensiero. Poiché anche tu devi un giorno tornare al Padre, che ti ha dato la vita, affinché tu possa trovare nel suo seno quella felicità piena, senza nubi e senza fine, per la quale sei stata creata. Egli, che poco prima ti aveva dato in Maria una Madre, ora nel suo celeste Padre vuol darti un protettore; ed additandoti l’ultima stazione del tuo destino, alle sue mani potenti e paterne affida te, sua dolce eredità, facendo così del cielo e della terra una sola e grande famiglia, di cui Egli è il Primogenito. Intanto la natura che aveva salutato con gioia la sua nascita a Bethelem, e che si vela di tristezza al momento della crocifissione, come pervasa da un senso di orrore, manifesta con fenomeni spaventosi il suo dolore. Il prezioso velo, intessuto di giacinto, di porpora e di scarlatto, che nascondeva il Sancta Sanctorum, si squarcia in due parti da capo a fondo, la terra trema, le pietre si spezzano, le tombe si aprono e molti corpi di santi addormentati risuscitano. – Fra la croce di Gesù e quella del cattivo ladro si apre una larga fenditura, che anche oggi rimane come monumento della giustizia divina. Ed in mezzo a questo sconvolgimento della natura Gesù china il capo e spira; Gesù muore, ma la sua morte non fu l’effetto del supplizio a cui gli uomini lo avevano condannato. Non a caso gli Evangelisti notano come Gesù raccomandasse al Padre lo spirito suo, non già con flebile voce come coloro che entrano nell’ultimo sonno vinti dalla spossatezza, ma con un grande grido, udito  da tutti i presenti. È per farti intendere che non i flagelli, non le spine, non i chiodi, come nessun altro dei mezzi umani sarebbero stati capaci a togliergli la vita. Egli pur esangue si mostrava nel pieno vigore delle sue forze, e con quella stessa facilità con cui tante volte aveva disarmata l’ira dei suoi nemici ed aveva reso vane le loro astuzie sfuggendo alle loro più scaltre insidie, avrebbe potuto ora, se lo avesse voluto, scendere dalla croce e restituirsi salvo nelle braccia della Madre sua addolorata, poiché nessuno, aveva detto, può togliermi la vita; Io l’offro spontaneamente; Io solo ho il potere di darla. Ma Egli era venuto per fare non la sua ma la volontà del Padre suo, e non scenderà dalla croce finché tutto non sarà compiuto. E quell’abbassamento del capo, che accompagna l’ultimo suo respiro, è un segno esterno del pieno consenso a quell’adorabile volontà, che gli chiede quest’ultima e grande umiliazione. Cristo è stato obbediente; così gli Evangelisti compendiano i suoi anni trascorsi nella pace famigliare di Nazareth, e così S. Paolo compendia tutta la sua vita. Rileggile ancora oggi quelle parole dell’Apostolo che la Chiesa in questi santi giorni spesso ripete: Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e morie di croce, e subito soggiunge: per la qual cosa Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome. Dunque dopo l’umiliazione l’esaltazione. E quale trionfale accoglienza non dovette avere quell’anima benedetta alle soglie dell’eternità! Gli antichi e venerandi Patriarchi, che da lontano lo avevano riguardato, i Profeti, che avevano predetto i suoi dolori e le sue glorie, gli Angeli tutti del Paradiso gli vengono incontro cantando l’inno del trionfo: Alzate, o principi, le vostre porte, alzatevi voi, porte eterne, ed entrerà il Re della gloria [Salmo XXIII, v. 7]. Ed il divino trionfatore a capo delle schiere interminabili dei Santi, trofei gloriosi della sua vittoria, entra nella sua gloria. E quello stesso corpo ora pendente dalla croce nudo e insanguinato; quel cadavere freddo e straziato lo vedrai all’alba della Domenica rivestito di gloria e di splendore, risuscitato a nuova vita, primizia gloriosa di coloro che dormono nella polvere di questo mondo. E dunque una festa di morte quella che la Chiesa celebra oggi, ma nel tempo stesso è una festa di vita. E se per la festa di morte ci domanda dolore e lacrime, per la festa di vita ci domanda la gioia, sì, la gioia, o anima cristiana, perché la morte di Cristo è una vittoria. – Egli muore per uccidere la morte : Ero mors tua, o mors (sarò la tua morte, o morte) Osea, cap. XIII, v. 14] E la Chiesa, esaltando questo mistero nella sua liturgia, canta nei prossimi giorni di gioie pasquali: Mortem nostram, moriendo destruxit (morendo ha distrutto la morte) [MONSABRÈ, Ritiri pasquali, 1888]. – Intanto sul Calvario cessa il tumulto, cessano le urla sediziose, gli insulti e le bestemmie, si fa il vuoto intorno a Gesù, perché tutti fuggono in preda allo spavento, percuotendosi il petto; e sulle labbra di chi aveva schernito e bestemmiato il Crocifisso risuona quel grido, che sarà poi ripetuto attraverso i secoli: Quest’uomo davvero era figlio di Dio 3. [S. MARCO, cap. XV, v. 39]. – Anche tu, anima cristiana, un giorno forse non lontano dovrai lasciare il corpo alla terra e tornare nelle mani del tuo Creatore. È una legge questa, che non ammette eccezione; è morto Gesù, morrai certamente anche tu. E in quel momento estremo, quando il mondo sarà per scomparire per sempre dal tuo sguardo, mentre stringerai tra le mani tremanti il Crocifisso, si affaccerà alla tua mente tutta la vita trascorsa; e allora felice te, se come Gesù potrai dire: Signore io ho fatto sempre ciò che a Voi piaceva [GIOVANNI, cap. VIII, v. 29]. Ho camminato sulla via dei vostri precetti [Salmo CXVIII, v. 32], allora guarderai con occhio tranquillo alla morte che si avvicina. E quando Gesù verrà nella tua cameretta per esserti viatico santo e si poserà sulla tua lingua, che fu sempre casta, e scenderà nel tuo cuore, che fu sempre puro, si rinnoverà in te quel santo fervore dei giorni più belli, più santi della tua vita penitente e mortificata. E ti sentirai proprio da Lui ripetere quelle consolanti parole: Oggi sarai con me in Paradiso; poiché Io stesso voglio essere la tua grande mercede. E a te non rimarrà che ripetere con dolce abbandono tra le braccia della infinita misericordia di Dio: Nelle tue mani, o Signore, raccomando lo spirito mio. Ed all’invocazione del Sacerdote assistente, i cori degli Angeli, il senato degli Apostoli, l’esercito dei Martiri, la turba rutilante dei Confessori e delle Vergini, Maria stessa, la Madre tua, verranno ad incontrarti, e tu entrando nella gloria del tuo Signore, nell’amplesso beatifico di Dio, stamperai un bacio nel Cuore glorificato di Gesù. O anima cristiana, come è dolce e quanto è preziosa al cospetto di Dio la morte dei Santi suoi! Pretiosa in conspectu Domini, mors sanctorum eius [Ps. CXV]. Ma ricordati che una santa morte è la corona di una vita santa; vivi dunque da santo se vuoi da santo morire.

Breve pausa, quindi si reciti la seguente

PREGHIERA

O Gesù mio amabilissimo, che vittima della divina giustizia, ma ancor più della immensa vostra carità, pendete morto dalla croce, io vi ringrazio di tutti i patimenti e gli obbrobri che avete voluto soffrire per rendere più copiosa la nostra redenzione. Di quanta confusione non dovrei essere compreso dinanzi al vostro corpo straziato! Quel capo coronato di spine, quelle mani e quei piedi trafitti dai chiodi, quel petto lacerato, tutto quel corpo nudo, sfinito e rigato di sangue, è opera mia; tutti i peccati della carne e dello spirito, del cuore e dei sensi, tutti, o Gesù, ve li siete voluti addossare; e sono questi che vi hanno ucciso: Attritus est propter scelera nostra [Isai. LIII, 5]; a causa dei nostri peccati siete stato fatto passare per il crogiuolo di tutti i tormenti. Eppure se foste sazio di obbrobri, non foste sazio di amore. Gli uomini sono sempre gli stessi verso di Voi; in mezzo ad essi Voi non trovate che la più strana indifferenza, la più inesplicabile freddezza e spesso il più inqualificabile disprezzo. Pur tuttavia vedo rinnovarsi continuamente intorno a me i prodigi della vostra carità. Ogni Chiesa è un Cenacolo, ogni altare è un Calvario, dove Voi, o mio Gesù, moltiplicate in ogni ora i tesori delle vostre grazie, e dove rinnovate il sacrificio di Voi stesso, per la mia salvezza. Vi ringrazio, o mio salvatore, di tanta generosità, e con la stessa fede del Centurione vi voglio riconoscere ed adorare per Creatore e mio Redentore. E fin da ora raccomando nelle vostre mani lo spirito mio; ve lo raccomando ora non solo per il momento della mia morte, ma per tutto il corso della mia vita. Voi vedete, o Signore, la lotta incessante che debbo combattere, costituito come sono in mezzo a tanti pericoli. Il vostro Cuore amabilissimo mi sia dolce e sicuro rifugio; fatemi partecipe dei vostri desideri e dei sentimenti vostri, affinché muoia al mondo e viva solo di amore e di dolore; di amore per un Dio che mi ha tanto amato, di dolore per un Dio che ho tanto offeso. – O Maria santissima, che per disposizione della Divina Provvidenza siete la via che conduce a Gesù, anche a Voi raccomando l’anima mia, anche nelle vostre mani materne ripongo la cura della mia salvezza. Mostratevi anche verso di me Madre di misericordia, e siate anche per me la porta del cielo: Janua Cœli ora pro me.

Pater, Ave e Gloria.

Gesù Morì ! … Ricopresi

Di nero ammanto il Cielo;

I duri sassi spezzansi;

Si squarcia il sacro velo,

E l’universo attonito

Compiange il suo Signor.

Gesù morì …! Insensibile,

In mezzo a tanto duolo,

Più dei macigni stupido,

Resterà l’uomo solo

Che, con i suoi falli, origine

Fu del comun dolor?

 

GRADI DELLA PASSIONE

1. V. Jesu dulcissime, in horto mœstus, Patrem orans,

et in agonia positus, sanguineum sudorem effundens;

miserere nobis.

R). Miserere nostri Domine, miserere nostri.

2. V. Jesu dulcissime, osculo traditoris in manus

impiorum traditus et tamquam latro captus et ligatus

et a discipulis derelictus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

3. V. Jesu dulcissime ab iniquo Iudæorum concilio

reus mortis acclamatus, ad Pilatum tamquam malefactor

ductus, ab iniquo Herode spretus et delusus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

4. V . Jesu dulcissime, vestibus denudatus, et in

columna crudelissime flagellatus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

5. V. Jesu dulcissime, spinis coronatus, colaphìs

cæsus, arundine percussus, facie velatus, veste purpurea

circumdatus, multipliciter derisus et opprobriis

saturatus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

6. V . Jesu dulcissime, latroni Barabbæ postpositus,

a Judæis reprobatus, et ad mortem crucis injuste condemnatus;

miserere nobis.

R). Miserere etc.

7. V . Jesu dulcissime, tigno crucis oneratus,

ad locum supplicii tamquam

ovis ad occisionem ductus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

8. V. Jesu dulcissime, inter latrones deputatus,

blasphematus et derisus, felle et aceto potatus, et

horribilibus tormentis ab hora sexta usque ad horam

nonam in ligno cruciatus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

9. V. Jesu dulcissime, in patibulo crucis, mortuiis et

coram tua sancta Matre lancea perforatus simul

sanguinem et aquam emittens; miserere nobis.

R). Miserere etc.

10. V . Jesu dulcissime, de cruce depositus et lacrimis

mœstissimæ Virgiuis Matris tuæ perfusus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

11. Jesu dulcissime, plagis circumdatus, quinque

vulneribus signatus, aromatibus conditus et in

sepulcro repositus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

V . Adoramus Te Christe, et benedicimus Tìbi.

R). Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

OREMUS

Deus, qui prò redemptione

mundi nasci voluisti,

circumcìdì, a Judæis reprobavi

et Judæ traditore

osculo tradi, vinculis alligavi,

sic ut agnus innocens

ad victimam duci, atque

conspectibus Annæ, Caiphæ,

Pilati et Herodis

indecenter offevri, a falsis

testibus accusari, flagellis

et colaphis cædi, opprobriis

vexari, conspui, spinis

coronari, arundine percuti,

facie velari, vestibus

spoliari, cruci clavis afFigi,

in cruce levari, inter

latrones deputari, felle et

aceto potari et lancea vulnerari;

Tu Domine, per

has sanctissimas pœnas,

quas ego indignus recolo,

et per sanctissimam crucem

et mortem tuam libera

me a pœnis inferni et perducere

digneris quo perduxisti

latronem tecum

crucifixum. Qui cum Patre

et Spiritu Sancto vivis

et regnas in sæcula sæculorum.

Amen.

[1. V . O dolcissimo Gesù, triste nell’orto, al Padre con la preghiera rivolto, agonizzante e grondante sudore di sangue; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi, o Signore, abbi di noi pietà.

2. V . O dolcissimo Gesù, con un bacio tradito e nelle mani degli empi consegnato, e come un ladro preso e legato e dai discepoli abbandonato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

3. V . O Gesù dolcissimo, dall’iniquo Sinedrio giudaico reo di morte proclamato, e come malfattore a Pilato presentato, e dall’iniquo Erode disprezzato e schernito; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

4. V . O dolcissimo Gestì, delle vesti spogliato, e c rudelmente alla colonna flagellato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

5. V. O dolcissimo Gesù, di spine coronato, schiaffeggiato, con la canna percosso, bendato, di rossa veste rivestito, in tanti modi deriso e di obbrobri saziato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

6. V. O dolcissimo Gesù, al ladro Barabba posposto, dai Giudei riprovato; ed alla morte di croce ingiustamente condannato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

7. V. O dolcissimo Gesù, del legno della croce gravato, e come agnello al luogo del supplizio condotto, per esservi immolato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

8. V. O dolcissimo Gesù, tra i ladroni annoverato, bestemmiato e deriso, di fiele e di aceto abbeverato, e con orribili tormenti dall’ora sesta fino all’ora nona nel legno straziato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

9. V. O dolcissimo Gesù, sul patibolo della croce morto, ed alla presenza della tua santa Madre con la lancia trafitto versando insieme sangue ed acqua; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

10. V. O dolcissimo Gesù, dalla croce deposto, e dalle lacrime dell’afflittissima tua Vergine Madre bagnato; abbi di noi pietà

R). Pietà di noi ecc.

11. V. O dolcissimo Gesù, di piaghe coperto, da cinque ferite trafitto, di aromi cosparso, e nel sepolcro deposto; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

V. Ti adoriamo, o Cristo, e Ti benediciamo.

R). Poiché con la tua santa croce hai redento il mondo.

PREGHIAMO

O Dio, che per la redenzione del mondo volesti nascere, essere circonciso, dai Giudei riprovato, da Giuda traditore con un bacio tradito, da funi avvinto, come agnello innocente al sacrifizio condotto, ed in modo indegno ad Anna, Caifa, Pilato ed Erode presentato, da falsi testimoni accusato, con flagelli e schiaffi percosso, con obbrobri oltraggiato, sputacchiato, di spine coronato, con la canna percosso, bendato, delle vesti spogliato, alla croce con chiodi confitto, sulla croce innalzato, tra i ladroni annoverato, di fiele e di aceto abbeverato, e con la lancia ferito; Tu, o Signore, per queste santissime pene, che io indegno vado considerando, e per la tua croce e morte santissima, liberami dalle pene dell’inferno e, desiati condurmi dove conducesti il ladrone penitente con Te crocifisso. Tu che col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia.]

CANTO DEL TEMPO DI QUARESIMA

Attende, Domine, et miserere, quia peccavìmus Tìbi.

R). Attende, Domine, et miserere, quia peccavimus Tibi.

1. Ad Te, rex summe,

omnium redemptor,

oculos nostros sublevamus

flentes; exaudi Christe,

supplicantium preces.

R). Attende etc.

2. V. Dextera Patris, lapis

angularis, via salutis,

janua cœlestis, ablue nostri

maculas delicti.

R). Attende etc.

3. V . Rogamus, Deus,

tuam majestatem, auribus

sacris gemitus exaudi; crimina

nostra placidus indulge.

R). Attende etc.

4. V. Tibi fatemur crimina

admìssa; contrito corde

pandimus occulta; tua, Redemptor,

pietas ignoscat.

R). Attende etc.

5. V. Innocens captus,

nec repugnans ductus, testibus

falsis prò impiis damnatus,

quos re demisti Tu

conserva, Christe.

R). Attende etc.

OREMUS

Respice, quæsumus Domine, super hanc familiam tuam, prò qua Dominus noster Jesus Christus non dubitavit manibus tradì nocentium, et Crucis subire tormentum.  Qui tecum vivit et regnat in sæcula sæculorum. Amen.

[R). Ascolta, o Signore, ed abbi misericordia, perché abbiamo peccato contro di Te.

R). Ascolta, o Signore, ed abbi misericordia, perché abbiamo peccato contro di Te.

1. V. A Te, o Sommo Re, redentore universale, eleviamo i nostri occhi piangenti;  esaudisci, o Cristo, la preghiera di chi a Te si raccomanda. R). Ascolta ecc.

2. V. O destra del Padre, o pietra angolare, o via di salvezza, o porta del cielo, tergi le macchie del nostro peccato. R). Ascolta ecc.

3. V. Preghiamo, o Dio, la tua maestà, porgi le sacre orecchie ai gemiti, e perdona benigno i nostri delitti. R). Ascolta ecc.

4. V. A Te confessiamo i peccati commessi; con cuore contrito manifestiamo ciò che è nascosto; la tua pietà, o Redentore, ci perdoni. R). Ascolta ecc.

5. V. Imprigionato innocente, condotto non riluttante, da falsi testimoni per i peccatori condannato, Tu, o Cristo, salva coloro che hai redento. R). Ascolta ecc.

PREGHIAMO

Riguarda benigno, o Signore, a questa tua famiglia, per la quale nostro Signore Gesù Cristo non dubitò di darsi in mano ai nemici e di subire il supplizio di croce. Egli che vive e regna Teco nei secoli dei secoli. Così sia.]

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PENSIERI DINANZI A GESÙ MORTO (1)

La morte è per l’uomo il termine supremo e il momento decisivo della vita. E dinanzi alla morte che egli appare veramente grande; fino a questo giorno solenne, per quanto potente e felice possa essere stato, tuttavia non ha raggiunto ancora l’apogeo della grandezza, poiché finché vive è sempre capace di sentimenti e di atti che possono distruggere in un istante tutto un passato di virtù e di gloria. Quindi come le virtù, così anche gli uomini perché si mostrino nel loro vero splendore e lascino nel cuore e nella memoria delle generazioni una traccia indelebile è necessario abbiano non solo la sanzione del tempo, ma anche la consacrazione della morte. Gesù non ignorava questa potenza della morte; Egli sapeva bene che essa è il coronamento della vita e che l’uomo il quale ha ricevuto una grande missione deve aspettarsi da lei per sé e per le opere proprie la consacrazione che assicura l’immortalità. Per questo come il Cristo era stato predestinato alla dottrina più sublime, alla virtù più eroica, alla gloria dei miracoli, alla maestà che faceva risplendere d’una luce divina il suo nome, la sua persona, la sua vita, così era stato predestinato alla morte. Questo il momento decisivo da cui dovevasi rilevare se Egli fosse un Dio, ovvero un semplice sapiente o un uomo qualunque. Ma Gesù che era stato così grande nella sua vita, più grande ancora si mostrò nella morte, dove rifulse di nuova luce la sua divinità. E dal fascino di tanta grandezza non poterono sottrarsi nemmeno coloro, che per Lui vivente non avevano avuto che insulti e disprezzo. Pochi momenti prima che spirasse intorno alla croce si agitava il tumulto delle urla sediziose, degli insulti e delle bestemmie del popolo; gli Scribi, i Farisei, gli Anziani e i Principi dei Sacerdoti schernivano la loro vittima. Ma ecco che il buon ladrone, il quale qualche momento fa aveva mescolato i suoi agli insulti della folla, ora protesta in favore della divinità di Gesù contro le bestemmie del suo compagno e con la sua preghiera, a Lui rivolto, confessa altamente che Egli è Dio. Gli ultimi insulti sono appena cessati, il Cristo ha appena esalato l’ultimo respiro che molti dei suoi nemici, ostinati e contraddicenti, scendono umiliati e pentiti quella china, che poco fa avevano salito con l’odio in cuore e con la bestemmia sul labbro; ed il Centurione alla vista dell’amore, che ha seguito Gesù fino al Calvario, della pazienza eroica della vittima, della potenza della Croce e sulla morte e sulla natura, il Centurione rappresentante glorioso del genere umano si percuote il petto e dice ad alta voce: Quest’uomo era veramente figlio di Dio [MARCO, cap. XV, v. 39]. E questo grido ha risuonato e risuonerà nel mondo fino alla consumazione dei secoli; mentre il Crocifisso del Golgota dall’un capo all’altro della terra, sui monti e sui mari, dal sorgere al tramontar del sole, è riconosciuto ed adorato per il Redentore del mondo. In questo modo la morte del Cristo rende testimonianza alla sua vita divina. Anche tu, anima cristiana, in questo momento abbracciata alla croce di Gesù, commossa e piangente per la sua dolorosa passione, compresa di meraviglia e di riconoscenza per la sua morte gloriosa, fa la solenne professione della tua fede; di’ a Gesù che lo vuoi riconoscere per il tuo Salvatore, che lo adori per il tuo Dio e che lo vuoi amare e seguire sempre fino al Calvario, per poi un giorno raggiungerlo in cielo. Così sia.

(1) Questi pensieri sono stati tolti dal LACORDAIRE, La Passione di N. S. G. C..