SALMI BIBLICI: “TE DECET, DEUS, HYMNUS IN SION” (LXIV)

SALMO 64: “TE DECET HYMNUS, DEUS, IN SION”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR – 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 64

In finem. Psalmus David, canticum Jeremiæ, et Ezechielis, populo transmigrationis, cum inciperent exire.

[1] Te decet hymnus, Deus, in Sion,

et tibi reddetur votum in Jerusalem.

[2] Exaudi orationem meam; ad te omnis caro veniet.

[3] Verba iniquorum prævaluerunt super nos, et impietatibus nostris tu propitiaberis.

[4] Beatus quem elegisti et assumpsisti: inhabitabit in atriis tuis. Replebimur in bonis domus tuæ; sanctum est templum tuum,

[5] mirabile in æquitate. Exaudi nos, Deus, salutaris noster, spes omnium finium terræ, et in mari longe.

[6] Præparans montes in virtute tua, accinctus potentia;

[7] qui conturbas profundum maris, sonum fluctuum ejus. Turbabuntur gentes,

[8] et timebunt qui habitant terminos a signis tuis; exitus matutini et vespere delectabis.

[9] Visitasti terram, et inebriasti eam; multiplicasti locupletare eam. Flumen Dei repletum est aquis; parasti cibum illorum; quoniam ita est præparatio ejus.

[10] Rivos ejus inebria, multiplica genimina ejus; in stillicidiis ejus lætabitur germinans.

[11] Benedices coronæ anni benignitatis tuæ, et campi tui replebuntur ubertate.

[12] Pinguescent speciosa deserti, et exsultatione colles accingentur.

[13] Induti sunt arietes ovium, et valles abundabunt frumento; clamabunt, etenim hymnum dicent.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXIV

Questo Salmo si dice cantico di Aggeo, ecc., per questi profeti predissero la liberazione dalla schiavitù di Babilonia e il ritorno in Gerusalemme, applica al giusto che desidera uscire dal pellegrinaggio di questa vita per giungere alla Gerusalemme celeste. Si può anche intendere della vocazione dei popoli alla fede.

Per la fine: salmo di David; cantico di Aggeo, Geremia ed Ezechiele al popolo della trasmigrazione, quando principiavano a partire.

1. A te son dovuti, o Signore, gl’inni di Sionne; e a te saranno renduti i voti in Gerusalemme.

2. Esaudisci, o Dio, la mia orazione; verranno a te tutti gli uomini.

3. Le parole degli iniqui hanno prevaluto sopra di noi; ma tu sarai propizio alle nostre empietà.

4. Beato colui cui tu eleggesti e prendesti in tua società; egli avrà stanza nel tuo tabernacolo. Sarem ripieni dei beni della tua casa; santo è il tuo tempio, ammirabile per la giustizia.

5. Ascolta le nostre preghiere, o Dio, Salvator nostro, speranza di tutte le parti della terra e delle isole più remote.

6. Tu che dai a’ monti fermezza col tuo potere; tu cinto di potenza;

7. tu che sconvolgi il profondo del mare, e fai romoreggiare i suoi flutti.

8. Saranno in agitazione le genti, impauriti gli ultimi abitatori della terra, a causa dei tuoi prodigi; tu spanderai l’allegrezza, e dove nasce il mattino e dove nasce la sera.

9. Tu hai visitato la terra, e l’hai inzuppata; tu l’hai arricchita di molte maniere.

10. Il fiume di Dio è ripieno di acque; hai preparato il loro cibo; perocché cosi la terra è preparata.

10. Inebria i rivi di lei; moltiplica i suoi germogli; dell’inaffiamento di lei si rallegrerà tutto quello che germina.

11. Tu benedirai la corona dell’anno di tua benignità, e saranno grandemente ubertosi i tuoi campi.

12. S’impingueranno i monti del deserto, e di letizia cinte saranno le pendici.

13. Gli arieti de’ greggi son ben vestiti, e le valli abbonderanno di frumento; e alzeranno le voci, e canteranno inni di laude.

Sommario analitico

In questo salmo, uno dei più notevoli per la bellezza dei pensieri e dello stile, Davide, che lo compose probabilmente in occasione della festa dei tabernacoli, per ringraziare, a nome del popolo, Dio dei suoi benefici, e soprattutto della benedizione del cielo sui beni della terra.

I.Espone l’oggetto e il fine dei suoi desideri:

– 1° Che Dio sia lodato in Gerusalemme dai suoi fedeli servitori (1); – 2° che la conoscenza della fede sia data a tutte le nazioni (2); – 3° che il perdono dei peccati sia accordato a tutti i peccatori; – 4° che siano riempiti e colmati dei beni della casa di Dio (3, 4); – 5° che essi ammirino e celebrino la santità del tempio (5).

II. – Egli descrive i beni sparsi tra tutti i popoli con cui attira a riconoscere il Signore, ma soprattutto su Israele:

– 1° Le montagne rafferme e indistruttibili; – 2° la mobilità che lascia alle onde, ugualmente contenute dalla sua potenza (7); – 3° i loro nemici compressi e stupiti alla vista dei prodigi che Dio ha operato in loro favore; – 4° un sole sempre puro e vivificante (8); – 5° visitando Dio stesso questa terra prediletta, e moltiplicando le sue ricchezze (9); – 6° un fiume abbondante che porta fecondità con i corsi di acqua che da esso scorrono (10); – 7° i frutti degli alberi e le messi dei campi che ne derivano nel corso dell’anno (11); – 8° il deserto stesso che diviene fecondo, e le colline ricoperte di ricchi vitigni (12); – 9° le greggi numerose e le vallate ripiene di messi abbondanti, e risuonanti di cantici gioiosi (13).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-5.

ff. 1-4. –  « Un inno che vi conviene, o mio Dio », ma dove? « In Sion ». Non conviene in Babilonia! In effetti chiunque cominci a rinnovarsi, canta già di cuore in Gerusalemme, secondo questa parola dell’Apostolo: « La nostra conversazione è nei cieli » (Fil. III, 20). « Perché, benché camminiamo nella carne, noi non combattiamo con la carne » (2 Cor. X, 3). Già con il desiderio noi stiamo in cielo; già noi abbiamo riposto la speranza, come un’ancora sulla terra, per paura che, battuti dalla tempesta, non facciamo naufragio nel mare di questo mondo. Cosicché pure noi diciamo con ragione, di un naviglio all’ancora, che ha già preso terra, perché se ancora è sui flutti, è già come condotto a terra, e messo in sicurezza contro i venti e le tempeste; similmente, contro le tentazioni del nostro esilio, la nostra speranza che si appoggia su questa santa città di Gerusalemme, fa che noi non siamo ancora gettati sulle rocce. Colui dunque che qui canta, canta secondo questa speranza, egli con il profeta dice: « un inno vi conviene, o mio Dio, in Sion ». In Sion e non in Babilonia. Ma siete ancora in Babilonia, con il corpo, ma non con il cuore. Ecco perché l’Apostolo, esortando gli Efesini a cantare i cantici di amore e ad esprimere il loro desiderio per questa magnifica città, per queste visione di pace dice loro: « Cantate degli inni al Signore nei vostri cuori » (Efes. V, 19). –  Si compiono tutti gli oracolo del Re-Profeta che hanno annunciato che la lode di Dio risuonerà nella Chiesa, nella grande assemblea dei santi, in mezzo ad un popolo numeroso riunito davanti agli altari, ed è in Sion, o Dio, che ascoltate  l’inno che conviene, l’inno in armonia con la vostra perfezione infinita; è in Gerusalemme che vi saranno offerti gli omaggi degni della vostra suprema maestà. Tenete per certo, dice Bossuet, che la Chiesa Cattolica è il solo tempio universale di Dio, come lo chiama Tertulliano: « Catholicum Dei templum », e che è pure il solo luogo ove Dio è adorato in verità. (Serm. sur le culte dû à Dieu), cosa che vuol dire che è la sola scuola ove gli attributi divini siano insegnati così completamente e luminosamente come Dio ha potuto rivelarli, confessando con tutto l’ardore e la purezza che esige dai suoi adoratori. La Chiesa è questa città di cui ha parlato il Profeta Ezechiele, questa città che si chiama: « Dio è là » (Ps. XLVIII, 55). Pertanto, poiché Essa sola ha questa pienezza, adoriamo Dio in questo grande ed augusto tempio ove Egli abita tra di noi, cioè a  dire nell’unità della Chiesa Cattolica; adoriamolo nella pace e nell’unità della Chiesa Cattolica; adoriamolo nella fede della Chiesa Cattolica, così sicuri di rendergli l’onore che Egli vuole ricevere da noi  (Mgr PIE, Sur les princip. erreurs du temps prés..). – Quanto è difficile resistere all’impressione che producono i discorsi dei malvagi; essi offuscano la ragione, corrompono lo spirito, lo riempiono di falsi principi e di false idee. Questa falsità, che nascono da discorsi di uomini, attaccano così fortemente che nessuno ne è perfettamente guarito in questo mondo. Nati su questa terra, noi vi abbiamo trovato i malvagi di cui abbiamo inteso i discorsi. In qualunque luogo nasca un uomo egli apprende la lingua di questa contrada, di questo paese e di questa città; egli si impregna dei suoi costumi e della sua vita (S. Agost.).

ff. 5. – Non c’è felicità comparabile a quella di essere chiamato ed avvicinato da Dio. L’Apostolo dice agli Efesini che prima della loro vocazione alla fede, essi erano senza promesse e senza Dio in questo mondo; ma che dopo la predicazione del Vangelo, essi si sono avvicinati a Dio in virtù del sangue di Gesù-Cristo, e che con questo essi hanno acquistato la pace. Quali frutti immensi di salvezza! Il Profeta dice che quando si abita nella casa del Signore si è ricolmati di ogni bene, che si gode della santità e della giustizia che regnano nel tempio di Dio; che si ha fiducia nel rivolgere le preghiere al Signore, nel considerarlo l’unico appoggio, fosse anche alle estremità della terra e nelle isole dei mari più lontani. Il mondo non concepisce né gusta questi vantaggi, il Cristiano lasso ed indifferente non ne gode più; è l’uomo di fede che entra in questo santo commercio. Ah! Diceva ancora S. Paolo a questi ferventi efesini, voi non siete più stranieri, siete concittadini dei santi, siete della casa di Dio, siete costituiti sulle fondamenta degli Apostoli e dei Profeti, e su Gesù-Cristo stesso, che è la pietra angolare sulla quale si eleva tutto l’edificio destinato ad essere il Tempio santo del Signore. Ma tutto questo edificio non si costruisce che per lo Spirito-Santo e nello Spirito-Santo, come aggiunge l’Apostolo. Questa casa spirituale non si costruisce sul tumulto del mondo, tra i conflitti delle passioni, nella foga dei desideri corrotti. È nella solitudine del cuore, nel silenzio della preghiera, nel distaccarsi dagli interessi temporali che si eleva questo Tempio ove il Padre, il Figlio e lo Spirito-Santo abitano, come sottolinea eloquentemente san Crisostomo (Berthier). – « Noi saremo ricolmati di beni nella vostra casa ». Quali sono i beni della casa di Dio? Ricostruiamo, nella nostra immaginazione qualche ricca casa; di qualunque bene sia riempita, qualunque sia la sovrabbondanza di questi beni, qualunque sia il numero di vasi e di mobili d’oro e d’argento che essa contiene, o il numero di servitori, di greggi o di animali; qualunque sia infine la magnificenza di questa casa in quadri, opere di marmo, rivestimenti dorati, colonne, gallerie, camere abitabili; benché questi beni siano i più desiderati, non c’è nulla che non appartenga alla confusione di Babilonia. Eliminate tutti questi desideri, cittadini di Gerusalemme, eliminateli. Se volete ritornare nella patria, la cattività non faccia le vostre delizie. Forse avete già iniziato ad uscire da Babilonia? Cercate di non guardare indietro, cercate di continuare il cammino … « Noi saremo ricolmati dei beni della vostra casa; il vostro tempio è santo, la giustizia lo rende ammirabile ». Tali sono i beni della vostra casa. Il Profeta non ha detto: il vostro tempio è santo, mirabile per le sue colonne, per i suoi marmi, per i soffitti dorati, ma « … la giustizia lo rende ammirabile ». Voi avete gli occhi esteriori per ammirare l’oro e il marmo; ma internamente l’occhio vede la bellezza della giustizia … Ecco i beni della casa di Dio: preparatevi a saziarvene. Ma per saziarvene, quando sarete giunto a questa casa, occorrerà prima aver fame e sete durante il vostro esilio sulla terra: abbiate fame di questi beni, abbiate sete perché tali saranno per voi i beni di Dio (S. Agost.). – Il tempio dell’antica legge, era mirabile per la sua magnifica struttura, le sue pietre colossali, gli ornamenti ricchi. Il tempio della legge nuova, è mirabile a causa della santità e della giustizia che vi regna. – Il tempio di Dio è santo e voi siete questo tempio (1 Cor. III, 17). E se dunque il tempio di Dio è santo e pieno di giustizia, bisogna che coloro che lo abitano siano essi stessi santi e giusti (Dug.).

II. – 6-12.

ff. 6. – Predizione della conversione delle nazioni più lontane dalla conoscenza, al culto ed all’amore del vero Dio. – Dio non era solo il Salvatore degli Israeliti, ma anche la speranza di tutte le nazioni della terra e dei mari, perché la grazia della vocazione dei gentili doveva abbracciare, senza eccezione, tutti i popoli del mondo (Dug.).

ff. 7, 8. – Dio rafforza, con la virtù della grazia, coloro che sembrano i più elevati nella Chiesa, i predicatori della verità, che possono essere comparati alle montagne in rapporto gli altri fedeli: « … che le montagne ricevano la pace per il popolo e le colline la giustizia. » (Ps. LXXI, 3). – Egli agita pure in modo salutare il fondo del mare, quando Egli spaventa, per il terrore dei suoi giudizi, il cuore e la coscienza degli uomini del secolo per assoggettarseli. Agitazione salutare è questa che fa concepire lo spirito di compunzione e generare la salvezza. – Si tratta di segni eclatanti della potenza di Dio, nonché soggetto di gioia e di consolazione per i buoni e di terrore per i malvagi. La grazia del Vangelo, che è la vera gioia del mondo, è diffusa fin nell’oriente e nell’occidente, e su coloro che abitano le estremità della terra (Dug.).

ff. 9. – La pioggia è giustamente segnalata dalle sante Scritture come uno dei doni più preziosi che Dio conserva tra i suoi tesori. « La pioggia scende dal cielo – dice il Profeta Isaia – irrora la terra, la penetra, la fertilizza, dà il grano a chi lo semina ed il pane a chi lo mangia » (Is. LV, 10). Nel contratto dell’antica Alleanza, la pioggia figurava al primo posto delle promesse e delle minacce divine (Lev. XXVI, 3, 4, 5, 12, 19). Benché il patto speciale fatto con Israele non esista più e che, sotto la legge del Vangelo, il Padre celeste ci venga mostrato come Colui che fa sorgere il sole e cadere la pioggia sui malvagi e sui buoni, l’Altissimo non è dispensato dal diritto di esercitare, quando gli piace, la sua giustizia nel tempo, e di porre a servizio della sua provvidenza il doppio risalto del buon governo, la dispensa intelligente ed equa della ricompensa e del castigo modificando a suo arbitrio le leggi che seguono gli elementi anche se molti spiriti ciechi, estranei agli insegnamenti della tradizione cristiana, alle prime nozioni della libertà di Dio e della potenza che Egli ha dato alla preghiera, si ostinano a ritenerle un effetto fortuito di cause cieche e capricciose, una fantasia della natura o un risultato necessario di combinazioni atmosferiche (Mgr, PIE, M. dem 1861). – Il senso morale nascosto sotto le espressioni poetiche del Profeta è di una abbondanza che gli uomini di preghiera avvertiranno bene. Quando Dio si comunica ad un’anima, la inebria in qualche modo del suo amore; Egli moltiplica i suoi sentimenti e le sue buone opere; allora questa terra, irrorata dalle influenze del cielo, è nella gioia; i suoi anni scorrono come in un cerchio di benedizioni. Il cielo, sempre liberale per essa, sembra distillare l’abbondanza; essa cresce in virtù, man mano che i giorni di questa vita si accumulano (Berthier).

ff. 10, 11. – « Colui che crede in me, dice Nostro Signore Gesù Cristo, fiumi di acqua viva scorreranno nelle sue viscere ». Tali fiumi, in effetti, sono scaturiti dalle viscere di Pietro, di Paolo, di Giovanni, degli Apostoli, degli Evangelisti; ma tutti questi fiumi non ne fanno che uno solo, perché si confondono nell’unità. Ci sono molte chiese, e non c’è che una Chiesa; ci sono molti fedeli, e non c’è che una Sposa di Gesù-Cristo; ci sono tanti fiumi, e non c’è che un fiume … Ed è questo fiume, questa meravigliosa unione di grazie, di tutte le sante parole, di tutti i doni dello Spirito; è questo fiume la cui impetuosità fa la gioia della città di Dio. Questo bel fiume non si prosciuga mai … e quando le sorgenti dei peccatori sono aride, quando le loro cisterne sfondate lasciano colare l’acqua senza ritorno, il fiume di Dio è sempre pieno, ci dice il Re-Profeta (S. Agost.). – « Inebriate i suoi solchi, moltiplicate le sue generazioni, ed ogni pianta nascente gioirà per le gocce d’acqua che la irrorano », attendendo, senza dubbio, che essa diventi così forte per sopportare le acque abbondanti del fiume. Ogni pianta nascente gioirà delle gocce d’acqua che convengono alla debolezza. In effetti su quelle che sono ancora piccole e deboli, si lascia cadere goccia a goccia qualche cosa dei sacri misteri, perché essi non potrebbero ancora sopportare la pienezza della verità… e colui che sta per nascere e che inizia a crescere gioisce di queste gocce d’acqua che riceve; più tardi, quando sarà divenuto forte, riceverà anche la pienezza della saggezza (S. Agost.). – Il fiume di Dio è lo Spirito-Santo le cui grazie e i doni così diversi e variati, sono come tanti ruscelli che si spandono nelle anime per renderle ricche in virtù ed in buone opere. È Dio solo che prepara loro il nutrimento, che non è che di questo tipo, per l’influenza di queste acque divine che le prepara a portare del frutto. – Le anime così preparate sono come dei solchi atti ad essere irrorati ed inebriati da queste acque celesti (Dug.). – Quando rinasciamo nelle acque del Battesimo, noi proviamo una gioia grandissima, sentendo fuori di noi le prime impressioni dello Spirito-Santo, che ci comunica l’intelligenza dei Sacramenti, il dono della interpretazione delle Scritture, il dono di parlare con saggezza, la fermezza della speranza, il potere di guarire e di comandare ai demoni. Queste grazie ci penetrano come tante gocce di rugiada che rendono feconda la nostra terra, fertilizzano i germi della santità, la ricolmano di gioia e, moltiplicandosi, formano dei ruscelli e dei fiumi (S. Ilar.). – Le anime così preparate sono come dei solchi idonei ad essere irrorati e inebriati dalle acque celesti (Dug.).

ff. 12. – Nella vostra bontà, Voi benedirete la corona di tutto l’anno. La messe che si raccoglierà alla fine dei secoli è qui chiamata la fine dell’anno. « Nella vostra bontà, Voi benedirete la corona dell’anno ». Se intendete parlare di corona, è perché si tratta della gloria di una vittoria. « Trionfate del demonio e riceverete la corona, e voi benedirete, nella vostra bontà, la corona dell’anno ». Il Profeta richiama qui la bontà di Dio, per timore che non ci si glorifichi come per meriti propri (S. Agost.). – Annata veramente favorevole, è l’annata di bontà e di misericordia di Dio; sono i tempi di salvezza, nei quali questa bontà ci ha salvato diffondendo il suo Santo Spirito su di noi con una ricca effusione. – È questa effusione del Santo Spirito che ha fatto produrre con abbondanza dei frutti di giustizia a coloro che, nella Chiesa, sono chiamati i campi di Dio che Egli coltiva con la sua grazia. – È questo stesso Spirito che ha rimpinguato in maniera tutta spirituale, con la sua unzione sacra, i luoghi deserti. – Le colline ripiene di gioia, sono le persone più elevate delle altre che per la loro dignità, per il loro spirito e per le loro ricchezze sono state ammesse alla grazia della salvezza. –  Gli arieti, cioè i pastori e i capi delle greggi, si sono visti circondati da una grande moltitudine di pecore, per la moltiplicazione quasi infinita dei loro greggi. (Duguet). – La valli comparate alle montagne esprimono principalmente l’umiltà delle anime umili … le vallate dell’umiltà hanno dei fiori, esse sono anche dei frutti. « Le vallate abbondano in frumento », è la parola del salmista; perché, aggiunge S. Agostino: « Gli umili portano molti frutti e la santa Sposa dei Cantici lascia gli abbracci del suo Sposo, e discende nel suo giardino per ammirarvi i frutti delle vallate ». –  Le vallate abbondano in frumento; San Gregorio lo spiega così: « avviene – egli dice – che coloro che sono dolci, semplici e disprezzati dal mondo, ricevono con abbondanza l’alimento della verità ». (XL Hom. in Ev.). – Ma non c’è un altro alimento celeste se non quello della divina parola? Si, il frumento degli eletti, il corpo sacro del Salvatore, la divina Eucaristia! Solo gli umili la ricevono degnamente. Dio resiste ai superbi, e si dà interamente agli umili. Egli non si nutre che tra di essi, e non impingua che le vallate (Mgr DE LA BOUILLERIE, Symb. 221).

SALMI BIBLICI: “EXAUDI, DEUS, ORATIONEM MEAM CUM DEPRECOR” (LXIII)

SALMO 63: EXAUDI, DEUS, ORATIONEM MEAM cum deprecor”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 63

In finem. Psalmus David.

[1] Exaudi, Deus, orationem meam cum deprecor;

a timore inimici eripe animam meam.

[2] Protexisti me a conventu malignantium, a multitudine operantium iniquitatem. [3] Quia exacuerunt ut gladium linguas suas; intenderunt arcum rem amaram,

[4] ut sagittent in occultis immaculatum.

[5] Subito sagittabunt eum, et non timebunt; firmaverunt sibi sermonem nequam. Narraverunt ut absconderent laqueos; dixerunt: Quis videbit eos?

[6] Scrutati sunt iniquitates; defecerunt scrutantes scrutinio. Accedet homo ad cor altum;

[7] et exaltabitur Deus. Sagittae parvulorum factæ sunt plagae eorum;

[8] et infirmatæ sunt contra eos linguae eorum. Conturbati sunt omnes qui videbant eos;

[9] et timuit omnis homo. Et annuntiaverunt opera Dei; et facta ejus intellexerunt.

[10] Lætabitur justus in Domino, et sperabit in eo; et laudabuntur omnes recti corde.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXIII

Questo Salmo è specialmente in persona di Cristo, sebbene possa in parte intendersi anche di Davide e dei martiri.

Per la fine: salmo di David.

1. Esaudisci, o Dio, l’orazione mia, mentre t’invoco; dal timore dell’inimico custodisci l’anima mia.

2. Tu m’hai difeso dalla cospirazione dei maligni, dalla turba di gente data al mal fare.

3. Perocché affilarono come spade le loro lingue, tesero il loro arco (1) (amara cosa) per saettare al buio l’innocente.

4. Lo saetteranno all’improvviso, e non temeranno; si sono ostinati nello scellerato disegno.

5. Preser consiglio di nascondere i loro lacci, e dissero: Chi gli scoprirà?

6. Studiarono invenzioni per far del male; gl’indagatori venner meno nell’indagare. (2)

7. Si alzerà l’uomo a grandi disegni; ma Dio sarà esaltato.

8. Le ferite, ch’essi fanno, son ferite di frecce lanciate da fanciullini; e senza forza son rimaste le loro lingue per loro danno.

9. Si sbigottirono tutti quei che gli videro, e ogni uomo si intimorì. E annunziarono le opere di Dio, e meditarono sopra le cose fatte da lui.

10. Il giusto si allegrerà nel Signore, e in lui spererà, e lode avranno tutti gli uomini di cuore retto.

(1) Il verbo ebraico significa letteralmente: essi hanno schiacciato l’arco per preparalo, tenderlo, perché per questo, vi si pone sopra il piede.

(2) Letteralmente: Essi hanno tramato iniquità contro di me, cioè macchinano le cose più oscure, e giungono fino ad ordire le trame meglio combinate, fino a fiaccare la malizia dello spirito dell’uomo e l’abisso della malvagità del suo cuore.

Sommario analitico

Davide, circondato da trappole e da calunnie nella ribellione di suo figlio Assalonne, è figura di Gesù-Cristo nella sua passione.

I – Chiede a Dio di essere liberato dal timore dei suoi nemici dei quali descrive:

– 1° la malizia e la moltitudine (2); – 2° le calunnie aperte, che compara ad una spada; – 3° le calunnie segrete, che paragona a frecce acute (3, 4); – 4° la loro impudenza: essi non temono nulla; – 5° la loro ostinazione, perché i raffermano nei loro disegni perversi – (5); 6° la loro ipocrisia, poiché essi si uniscono insieme per nascondere le oro insidie; – 7°  le loro empie blasfemie: « essi hanno detto, chi potrà scoprirle » (5); – 8° la loro curiosità maligna: « essi hanno cercato con cura delle iniquità contro di me » (6).

II – Egli prevede e predice il loro castigo:

– 1° Dio annienterà i loro disegni orgogliosi (7); – 2° essi stessi si trafiggeranno con le proprie frecce, e rivolteranno le loro lance contro se stessi (8); – 3° tutti coloro che li vedranno saranno pieni di turbamento, ammireranno e loderanno le opere di giustizia di Dio (9); – 4° i giusti si gioiranno e metteranno la loro speranza in Dio, che sarà lodato da coloro che hanno il cuore retto (10).    

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1-6.

ff. 1, 2. – Chi teme Dio come si conviene, non teme null’altra cosa. « Non temete coloro uccidono il corpo e non possono uccidere l’anima, ma piuttosto temete colui che può precipitare l’anima ed il corpo nell’inferno » (Matth. X, 28). – La sola paura legittima, è non tenere Dio che con timore filiale che è sempre un misto di amore e fiducia. – Un solo nemico, benché sia debole, è da temere, quando non si è soccorsi da Dio; un’assemblea, una moltitudine di malvagi nulla può contro colui che Dio protegge. – Dio protegge qui il giusto in due maniere: coprendolo con la sua potente protezione, anche in mezzo ai pericoli, e dal contatto con i malvagi, allontanandolo completamente dai loro attacchi, facendo ciò che ci comanda per mezzo della bocca del saggio: « Figlio mio – dice il saggio – se i peccatori cercano di sedurti, fuggi dalle loro carezze. Se essi dicono: vieni con noi, scaviamo delle fosse di morte, tendiamo delle trappole all’innocente perché vi cada … non camminare con loro, allontana i passi dai loro sentieri » (Prov. I, 40 etc.). « È così che Egli ha liberato il giusto Lot dall’oltraggio delle infamie e della loro vita vergognosa » (II Piet. II, 7).

ff. 3, 5. – Il profeta non teme né la spada né le frecce che trafiggono. La lingua solo è oggetto del suo timore. Egli teme le sue spade, i suoi giavellotti, ma la fiducia che ripone in Dio solo, lo mette al riparo dai loro colpi. « Voi mi avete protetto contro l’assemblea dei malvagi ». Ma l’arco di una lingua omicida è sempre brandito, e la punta della sua spada è sempre aguzza. Le sue frecce mortifere non cessano di colpire, ed i loro colpi sono certi: essi trafiggono nell’oscurità colui che è innocente. Comprendiamo qui il senso di questa parola; non è colui che è santo, fedele, giusto, ad essere colpito, ma colui che è innocente, colui che il Sacramento del Battesimo ha lavato recentemente dalle macchie del peccato, ma che ancora non è ferrato nella fede, né profondamente istruito dalla dottrina di salvezza, né esercitato contro gli attacchi di una lingua di cui tutti i colpi sono mortali (S. Ilar.). – Questa doppia comparazione di una spada e di un arco, fa risaltare vivamente la malizia dei nemici, sia di Davide, sia di Gesù-Cristo, sia della Chiesa, sia di ogni fedele. Le loro parole sono taglienti come una spada, sono scoccate come delle frecce; la spada colpisce da vicino, la freccia da lontano, e gli attacchi, da lungo tempo preparati in segreto, sono improvvisi ed impietosi (Rendu.). – Quando voi colpite in segreto coloro che carezzate in pubblico, quando lo trafiggete di cento ferite mortali con colpi incessantemente raddoppiati con la vostra lingua pericolosa, quando artificiosamente mescolate il vero ed il falso, per dare verosimiglianza alla vostra storia maliziosa, quando violate il sacro deposito del segreto che un amico troppo semplice ha travasato per intero nel vostro cuore, e vi servite per i vostri interessi della sua fiducia che vi obbligava a pensare ai suoi, quando prendete delle precauzione per non comparire, quando guardate a destra ed a sinistra e se non scorgete un testimone che possa rimproverare la vostra lassità nel mondo, se avete teso le vostre trame così sottilmente da essere impercettibili agli sguardi umani, allora voi dite: « … chi ci ha visto? » e dice il Salmista: « Colui che ha formato l’orecchio, non ascolta? E Colui che ha fatto l’occhio, è forse cieco? » perché non pensate che Egli tutto vede, tutto ascolta, tutto comprende? … che i vostri pensieri Gli parlano, che il vostro cuore Gli scopre tutto, che la vostra coscienza è la sua sorvegliante e sua testimone contro voi stessi? (BOSSUET, Nécessité de travailler à son salut.).

ff. 6. – Più essi credevano di mettere abilità nei loro complotti, più grande era la loro impotenza, perché, allontanandosi dalla luce della verità e della giustizia, cadevano negli abissi dei loro disegni criminali. La giustizia ha una luce a sé propria; essa penetra fino al fondo dell’anima che si attacca ad essa, e la inonda di chiarore; ma quanto all’anima che si allontana dalla luce della giustizia, più essa cerca espedienti contro la giustizia, più essa è spinta lontana dalla luce e piombata in spesse tenebre (S. Agost.). – L’occupazione quasi unica dei malvagi è quella di cercare dei mezzi ingiusti per perdere le persone per bene, la cui vita gli è d’incomodo. Essi si affaticano per questo, ma spesso inutilmente, e si affannano per non giungere che alla loro medesima perdita. 

II. 7-10.

ff. 7, 8. – Dio fa apparire quanto sia elevato al di sopra di tutti gli uomini, la profondità della malizia del cuore umano servendo così in qualche modo a misurare l’altezza della saggezza e dei consigli del Signore; così, più il cuore dell’uomo  scende profondamente nell’abisso della sua corruzione, più Dio fa brillare la sua grandezza, dissipando tutti i loro disegni con una onnipotente facilità (Dug.). – Voi sapete come i bambini fabbricano frecce con delle canne. Quali sono i colpi che essi lanciano e da dove partono questi colpi? Quale mano e qual caratteristica! Quali armi e quali membra! Sono piccoli bambini che scoccano delle frecce, e le loro lingue non hanno forza se non verso se stessi (S. Agost.). 

ff. 9, 10. – Chi non può essere turbato e colpito da tremore alla vista dei grandi castighi che Dio infligge talvolta nel mondo? Possa Dio annoverarci tra coloro che hanno timore e che hanno manifestato le sue opere. È perché noi temiamo, che vi annunciamo le opere di Dio. Noi vediamo qual sia la vostra alacrità nell’intendere la parola divina, vediamo con quale ardore di desiderio voi la reclamate da noi, vediamo quali siano i sentimenti del vostro cuore. La pioggia ha penetrato la terra, possa essa produrre del grano e non delle spine; il granaio è per il grano ed il fuoco per le spine. Voi sapete cosa fare del vostro campo, e Dio non saprebbe cosa fare dei suoi servi? La pioggia che cade nel campo fertile è dolce, e quella che cade nel campo coperto di rovi è dolce ugualmente. Il campo che produce rovi, può mai accusare la pioggia? E la pioggia non renderà testimonianza contro di esso al tribunale di Dio e non dirà: non sono io caduta su tutti con eguale dolcezza? Vedete dunque cosa producete, alfine di sapere ciò che vi è preparato. Producete del grano, sperate nel granaio; producete delle spine, aspettatevi del fuoco: preparatevi dunque per tempo, e non avrete nulla da temere (S. Agost.). Chi sono gli uomini dal cuore retto? Coloro che non attribuiscono al caso tutti i mali di cui soffrono in questa vita, ma che li considerano come effetto della volontà di Dio per la loro guarigione; … coloro che non presumono della propria giustizia pensando di soffrire ingiustamente quando soffrono, o tacciare Dio di ingiustizia, perché colui che pecca di più non è sempre colui che soffre di più … se, al contrario scontenti di Dio e contenti solo di voi, vi date alla bestemmia, il vostro cuore è depravato e tortuoso; e quel che vi è di peggio, è che voi pretendete di correggere il cuore di Dio e condurlo al vostro, per fargli fare ciò che volete, mentre siete voi a dover fare quel che Egli vuole. Che dunque, volete allontanare il cuore di Dio che è sempre retto, per ridurlo alla perversità del vostro cuore? Non è preferibile piuttosto correggere il vostro cuore per riportarlo alla rettitudine di quello di Dio? (S. Agost.). 

SALMI BIBLICI: “DEUS, DEUS MEUS, AD TE LUCE VIGILO” (LXII)

SALMO 62: “DEUS, DEUS MEUS, ad te luce vigilo”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 62

Psalmus David, cum esset in deserto Idumææ.

[1] Deus, Deus meus, ad te de luce vigilo.

Sitivit in te anima mea; quam multipliciter tibi caro mea!

[2] In terra deserta, et invia, et inaquosa, sic in sancto apparui tibi, ut viderem virtutem tuam et gloriam tuam.

[3] Quoniam melior est misericordia tua super vitas, labia mea laudabunt te.

[4] Sic benedicam te in vita mea; et in nomine tuo levabo manus meas.

[5] Sicut adipe et pinguedine repleatur anima mea, et labiis exsultationis laudabit os meum.

[6] Si memor fui tui super stratum meum, in matutinis meditabor in te.

[7] Quia fuisti adjutor meus, et in velamento alarum tuarum exsultabo.

[8] Adhæsit anima mea post te; me suscepit dextera tua.

[9] Ipsi vero in vanum quæsierunt animam meam: introibunt in inferiora terræ;

[10] tradentur in manus gladii; partes vulpium erunt.

[11] Rex vero lætabitur in Deo; laudabuntur omnes qui jurant in eo, quia obstructum est os loquentium iniqua.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXII

Davide si nascose nel deserto della Giudea, detto forse dell’Idumea per magnificarne l’estensione. La materia del Salmo è un’orazione, con cui Davide, in nome suo e di tutti i giusti, prendendo occasione dal luogo in cui si trovava, deplora il deserto del mondo, e sospira alla patria celeste.

Salmo di David, quando stava nel deserto dell’Idumea.

1. Dio, Dio mio, a te io aspiro al primo apparir della luce. Di te ha sete l’anima mia; in quante maniere ha sete di te la mia carne.

2. In una terra deserta, che vie non ha ed è mancante di acque, mi presentai a te come nel santuario, per contemplare la tua potenza e la tua gloria.

3. Perocché miglior delle vite ell’è la tua misericordia; a te le labbra mie daran laude.

4. Quindi io ti benedirò nella mia vita; e nel nome tuo alzerò le mie mani.

5. Sia come ingrassata e impinguata l’anima mia; e con voci di giubilo te loderà la mia bocca.

6. Se io mi son ricordato di te nel mio letto, al bel mattino mediterò sopra di te;

7. Perocché mio aiuto se’ tu.

8. E all’ombra dell’ali tue io esulterò: dietro a te va anelando l’anima mia; la tua destra mi ha sostenuto.

9. Eglino però indarno cercano la mia vita; entreranno nelle cupe viscere della terra,

10. Saranno dati in poter della spada, saran preda delle volpi.

11. Ma il re in Dio si allegrerà: avranno laude tutti coloro che per lui giurarono; perché  è stata chiusa la bocca di coloro che parlavano iniquamente.

Sommario analitico

Davide, fuggendo da suo figlio Assalonne, e trovandosi nel deserto dell’Idumea (1):

I.Fa conoscere le condizioni richieste per la preghiera e quale debba esserne il fine:

1° Condizione:

.- a) la vigilanza dall’aurora; – b) il desiderio ardente dell’anima di unirsi a Dio; – c) il desiderio naturale del corpo e dell’appetito inferiore di raccogliere qualche briciola di questo sacro banchetto, alcune gocce di questa divina fontana (1);

2° Fine della preghiera è: –  a) la potenza di Dio che ci aiuta e ci fortifica, – b) la gloria di Dio (2).

II. – Esprime tutta la sua riconoscenza per la misericordia di Dio, che pone al di sopra di tutti i beni (3):

1° per lodare e celebrare questa misericordia, egli fa concorrere: – a) la sua bocca e le sue labbra, – b) le sue opere (4), – c) il suo cuore e la sua volontà (5), – d) la sua memoria e la sua intelligenza (6);

2° espone gli effetti di questa divina misericordia, considerato: – a) dal lato di Dio, 1) che lo soccorre nel combattimento (7), 2) lo protegge nel riposo, 3) lo precede nel cammino e lo tiene nella sua mano (8); – b) dal lato dei suoi nemici, per cui egli prevede: 1) che essi saranno frustrati dalla preda che essi desiderano (9); 2) che cadranno nei precipizi, votati alle ferite della spada diventando preda di bestie feroci (10); – c) dal lato di Davide stesso, egli predice: 1) che sarà ristabilito sul suo trono; 2) che coloro hanno abbracciato la sua causa saranno coperti di gloria; 3) che la bocca degli artefici della menzogna sarà chiusa (11).

(1) Il ricordo della patria ha raramente sollevato una così viva, una così ardente aspirazione come quella di questo salmo, nel cuore di un esiliato. Oppresso dal calore e dalla sete, in un deserto senza fine, il Profeta si  ricorda di Gerusalemme, la città prediletta, che era contento di abbellire, ed il suo pensiero torna soprattutto alla collina di Sion, sulla cui sommità era stato costruito il tempio di Jéhowah: la c’è il riposo e l’ombra, la felicità e l’abbondanza, la preghiera e la poesia. Così, di notte la sogna sul suo letto, mentre di giorno il suo essere si agita e prorompe in un  indicibile slancio verso questo luogo sacro, ove planano le ali del Signore. La sua fede è incrollabile, la sua speranza infinita: Dio coronerà la sua perseveranza e ricondurrà i suoi piedi fino a respirare la voluttà del santuario. I suoi nemici saranno confusi ed annientati, i suoi fedeli al contrario, siederanno con il loro re ritrovato nel banchetto della gioia inesauribile, ai festini del Signore. (CLAUDE, Les Psaumes.)

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1, 2.

ff. 1. – Necessità della vigilanza: – 1° la vigilanza aumenta la nostra vita, mentre il sonno, che è immagine della morte, la riduce. « Più si veglia, più si vive; Chi somiglia più ad un morto che ad un vivo, di un uomo che dorme? Quale vita è più piena se non in colui che veglia? » (S. Chrys.) – 2° la vigilanza ci difende da tutti i nostri nemici; – 3° essa è la fonte di tutte le nostre virtù; – 4° essa ci fa acquisire i meriti più grandi. – Bisogna vegliare per Dio perché Egli veglia sempre su di noi; Egli incessantemente ha gli occhi aperti per esaudire le nostre preghiere, e diffonde la sua luce su coloro che vegliano (S. Bas., de Spirt. Sanct. I, IX). – Cosa significa vegliare? Non è sicuramente dormire. Che cosa significa dormire? Vi sono due tipi di sonno: quello dell’anima e quello del corpo. Noi tutti abbiamo bisogno del sonno del corpo, perché se questo viene a mancare, l’uomo deperisce, il corpo stesso si indebolisce. In effetti la fragilità del nostro corpo non può sostenere a lungo la veglia e l’applicazione attiva dell’anima. Se l’anima si applica per molto tempo al lavoro, il corpo fragile e terrestre diviene incapace di sostenerla e sopportare la sua azione, cade in disfunzione e soccombe. Ecco perché Dio dà ai corpi il sonno che ripara le forze delle membra affinché possano sostenere l’anima durante tutto il tempo che essa veglia. Ma quel che dobbiamo evitare è lasciare che la nostra  anima dorma; perché il sonno dell’anima è un sonno funesto. Salutare è il sonno del corpo, che ripara i languori del corpo; ma il sonno dell’anima è l’oblio di Dio. Ogni anima che dimentica il suo Dio è addormentata. Questo spiega il linguaggio dell’Apostolo a quelli che dimenticano Dio: « … levatevi, voi che dormite, levatevi tra i morti, ed il Cristo spanderà su di voi la sua luce » (Efes. V, 14). Era il corpo che dormiva in quelli che l’Apostolo voleva svegliare? Era un’anima addormentata che piuttosto voleva svegliare, e la svegliava perché il Cristo la illuminava. È dunque nell’esortare al risveglio in questo modo che il Salmista dice: « O mio Dio, mio Dio! Da quando sorge la luce io veglio ed aspiro a voi ». Voi in effetti non sapreste vegliare nella vostra anima se non si levasse una luce su di voi, a tirarvi dal vostro sonno (S. Agost.). –  Bisogna vegliare per Dio, cercare Dio, implorare il suo soccorso fin dall’aurora. « Il saggio si applicherà a volgere fin dall’aurora il suo cuore verso il Signore che lo ha creato, e pregherà in presenza dell’Altissimo » (Eccli. XXXIV, 6). La saggezza è conosciuta facilmente da coloro che l’amano e trovata da coloro che la cercano. Essa previene coloro che la desiderano, per mostrandosi per prima. Chi veglierà per essa al mattino non si stancherà; perché la troverà seduta alla sua porta (Sap. VI, 13, 15).  – C’è una fame dell’anima, c’è una sete dell’anima, c’è dunque anche un pane di vita per l’intelletto ed il cuore, c’è una bevanda per le vene dell’anima. La Scrittura eccelle nel dipingere tutti i movimenti dell’anima e tutte le forme della vita, la Scrittura ci fornisce in ogni pagina numerose testimonianze di questa verità; essa ci parla delle anime che hanno fame; essa assicura che Dio le disseterà; afferma che certe anime sono tormentate da una sete violenta. – Dio, è la sorgente di vita: non si viene ammessi ad attingere a questa sorgente finché non si abbia sete. È Dio che invita gli uomini alle acque della sua grazia, ma Egli invita coloro che sono assetati. Egli vuole donarsi di buon grado, ma a coloro che bruciano di sete ardente per Lui. – Dio ha sete che noi abbiamo sete di Lui; – Dio dà questa sete a coloro che non ce l’hanno. – Questa sete è la fame e la sete di giustizia, questa sete è il desiderio dell’anima. Quanto pochi sono quelli che hanno sete di Dio! Contate le aspirazioni, i desideri che si elevano ogni istante del giorno dal cuore degli uomini sulla superfice del mondo abitato: quanta poca parte vi ha Dio! – Ecco di quale sete brucia il Profeta, ma vedete anche che è il bene che egli desidera: « la mia anima ha sete di Voi ». Ci sono in effetti di coloro che hanno sete, ma essi non hanno sete di Dio; chiunque voglia ottenere qualcosa è nell’ardore del desiderio, e questo desiderio è una sete dell’anima. Ora vedete quanti desideri diversi si trovano nel cuore degli uomini: l’uno desidera dell’oro, l’altro il denaro, questi delle proprietà, quello delle eredità, chi una grossa somma di denaro, chi mandrie numerose, un altro ancora una grande casa, un altro una sposa, un altro degli onori, un altro dei figli. Vedete come mille desideri agitano il cuore degli uomini. Tutti gli uomini sono consumati da desideri, e a mala pena si trova uno che dice: « la mia anima ha sete di Voi ». In effetti gli uomini hanno sete dei beni di questo mondo, essi non comprendono che sono nel deserto dell’Idumea (S. Agost.). – Per quanto poco la mia anima abbia sete di Voi, la mia carne pure sente la medesima sete, ma se l’anima è dissetata in Dio, come la mia carne può essere dissetata da Lui? È la resurrezione promessa alla nostra carne. Così come la beatitudine è stata promessa alla mia anima, così la resurrezione è stata promessa alla nostra carne (S. Agost.). – « La mia anima ha sete di Voi, in quanti modi la mia carne Vi desidera! » Sì, la mia carne prende parte al desiderio dell’anima; perché è in essa che si compie ciò che causa all’anima questi trasporti: « Il mio cuore e la mia carne si riuniranno nel Dio vivente » (Ps. LXXXIII, 2). Tutte le mie ossa grideranno. « Signore, chi è simile a Voi, chi Vi è simile in potenza? Ma chi Vi è simile in bontà ed amore? (BOSSUET, Méd. LVII j.). – « Ogni creatura attende con gran desiderio la manifestazione dei figli di Dio » nella speranza che essa stessa sarà liberata da questo asservimento alla corruzione, per entrare nella libertà e nella gloria dei figli di Dio (Rom. VIII, 19, 21).

ff. 2. – Ma in quel luogo questa sete è avvertita dalla nostra anima, e così tante volte anche dal nostro corpo, sete che non è affatto il nostro volgare appetito, ma il bisogno di possedervi, Signore nostro Dio? « … In una terra deserta, senza strade e senza acqua ». Questa terra è il mondo, è il deserto di Idumea, di cui il salmo ha ricevuto il suo titolo: « in una terra deserta ». È poco che essa sia deserta, cioè senza alcun uomo che la abiti; essa è per di più « senza strade e senza acqua ». Piacesse al Cielo che in questo deserto vi sia almeno una strada! Volesse il cielo che un uomo caduto in questo deserto stia almeno per uscire o ne sia uscito! Ma non c’è alcun uomo per consolarlo, non c’è alcune strada per uscirne! Egli vi soggiorna dunque. E questo deserto è funesto. Piacesse al Cielo ci fosse dell’acqua almeno per riparare le proprie forze, solo ne potesse uscire. Quanto è funesto questo deserto, è orribile e spaventoso! E comunque Dio ha pietà di noi: Egli ci dà una strada nel deserto, Nostro-Signore Gesù-Cristo stesso (Giov. IV, 4). Ecco dunque che in questo deserto noi possediamo ogni cosa, ma queste non vengono dal deserto. Il Salmista vi ha fatto dapprima conoscere ciò che è il deserto stesso, affinché conoscendo l’estensione del vostro malore, se gusterete quaggiù qualche consolazione, incontrando degli amici, un cammino, dell’acqua, voi non lo attribuiate al deserto, ma lo rapportiate a Colui che si è degnato di visitarvi nel deserto (S. Agost.). – « Per vedere la vostra potenza e la vostra gloria ». Dapprima la mia anima e spesso anche la mia carne hanno sete di Voi nel deserto, in questa terra senza strada e senza acqua; e così « io sono comparso davanti a Voi nel vostro santuario, per vedere la vostra potenza e la vostra gloria ». Nessuno, se non ha dapprima sete in questo deserto, cioè nello stato deplorevole in cui si trova, non giunge mai al Bene sovrano, che è Dio. Ma, egli dice, « io sono comparso davanti a Voi nel vostro santuario ». Già trovarsi nel santuario è una grande consolazione. Cosa vuol dire: « … io sono comparso davanti a Voi  per vedervi ». Egli non ha detto: « io sono comparso davanti a Voi per essere visto da Voi »; ma: « io sono comparso davanti a Voi per vedere la vostra potenza e la vostra gloria ». Ecco perché l’Apostolo ha detto: « Ed ora conoscete Dio, o piuttosto Dio vi conosce » (Galat. IV, 9). In effetti  voi siete prima comparso davanti a Dio, affinché Dio possa apparirvi. « Per vedere la vostra potenza e la vostra gloria ». Sicuramente, in questo deserto, cioè in questo isolamento, se un uomo chiede al deserto stesso ciò di cui ha bisogno per essere salvato, non contemplerà mai la potenza e la gloria del Signore; ma egli vi resterà, destinato a morire di sete, se non vi troverà né la strada né consolazione, né acqua che gli dia la forza di sussistere nel deserto. Al contrario, se quest’uomo si eleva fino a Dio, se Gli dice, dal profondo del suo cuore e delle sue viscere: « La mia anima ha sete di Voi, e tante volte anche la mia carne, egli riceverà grandi consolazioni » (S. Agost.).- È soprattutto nell’orazione, nella meditazione che Dio ci manifesta innanzitutto la sua potenza, poi la sua gloria, come Dio lo permetteva a Mosè: « Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere » (Esod. XXXIII, 21, 23).

II. — 3-11

ff. 3. – Tutte le vite che sono nel mondo possono avere i loro vantaggi, ma cosa sono esse son separate dalla misericordia e dalla grazia di Dio? « La vostra misericordia è meglio di tutte le vite ». Quali vite? Quelle che gli uomini hanno scelto. Tutte queste vite sono differenti; « ma la vostra misericordia è meglio di tutte queste vite che vengono da noi. Vale più ciò che voi date a coloro che sono tornati al bene, che ciò che viene scelto dai perversi. Voi non date che una vita, ma essa è preferibile a tutte le nostre, qualunque siano quelle che possiamo scegliere in questo mondo » (S. Agost.).

ff. 4. – Noi non dobbiamo dare altro fine alla vita se non le lodi a Dio e le nostre buone opere. – Io vi benedirò nella vita che Voi mi avete dato, non in quella che io ho scelto secondo il mondo, con gli altri uomini, tra numerose altre vite, ma in quella che Voi mi avete dato per misericordia vostra, affinché io possa lodarvi. « Così io Vi benedirò nella mia vita ». Che vuol dire. « Così? » È attribuire alla vostra misericordia e non al mio merito la vita nella quale vi loderò. « Ed io alzerò le mie mani verso di Voi invocando il vostro Nome ». Levate dunque le vostre mani verso Dio con la preghiera. Nostro-Signore ha alzato le sue mani per noi sulla croce, e le sue mani sono state stese per noi, le sue mani sono state stese sulla croce perché le nostre mani si stendessero verso le buone opere, perché la sua croce ci ha procurato la misericordia divina. Egli ha in effetti elevato le sue mani e per noi si è offerto da se stesso in Sacrificio a Dio, e tutti i nostri peccati sono stati cancellati da questo sacrificio. Leviamo dunque anche le nostre mani verso Dio con la preghiera, e queste mani così alzate verso Dio, non saranno confuse se si esercitano a fare delle buone opere (S. Agost.). – Noi alziamo le nostre mani nella preghiera per ricordarci: 1° che dobbiamo domandare le cose del cielo; 2° che solo da Dio ci attendiamo il soccorso; 3° che le opere debbano aggiungersi alle preghiere.

ff. 5. – E cosa dirò nell’alzare le mie mani verso di Voi, invocando il vostro Nome? Cosa chiederò? Quando elevate le vostre mani verso Dio, cercate ciò che Lui vi chiede. Domandate dunque qualcosa di grande, e non delle cose da nulla, come comandano quelli che non hanno ancora fede in Lui. Voi vedete ciò che vien dato pure agli empi. Chiederete a Dio del denaro? Dio ne da anche agli scellerati che non credono in Lui? Cosa potete chiedergli di grande di tutto ciò che Egli dà anche ai malvagi? Ma non rifiutate nulla, perché i beni che Egli da anche ai malvagi, sono assai futili per meritare di essere anche dati, ed essi sono dati loro per timore che ciò che possa essere dato loro non vi sembri importante. Senza dubbio tutti questi doni terrestri vengono da Dio, ma comprendete che tutto ciò che può essere anche dato ai malvagi, non debba essere considerato prezioso. Ciò che ci riserva è ben diverso. Cosa ha domandato il Profeta: « Io alzerò le mie mani verso di Voi – egli dice – invocando il vostro Nome ». Cosa vuol ricevere? « Che la mia anima sia dissetata dal nutrimento più grasso » … – « … c’è per l’anima una grassa vivanda che le è propria; essa può essere dissetata e ingrassata dalla saggezza; perché le anime alle quali manca la saggezza si disseccano e giungono a tal punto di magrezza che cadono spossate quando si tratta di qualche opera buona. Perché esse diventano incapaci di qualunque opera buona? Perché non hanno sazietà né sovrappeso? » (S. Agost.) – Lo spirito del Profeta si eleva ad un oggetto più eccellente ancor della vita: è la misericordia di Dio, la sua grazia ed il suo amore. Così nella concorrenza tra la perdita della nostra vita e la perdita della grazia di Dio, non c’è da dubitare: tra il sacrificio della nostra vita e la perdita della grazia di Dio, non c’è da oscillare. Il sacrificio della nostra vita è necessario, ma il sacrificio è il beneficio più segnalato dalla misericordia divina, perché Dio lo ricompensa con una corona eterna (Berthier). –  Sì, l’anima ha bisogno della tavola divina, e diviene esigente a motivo della sua origine e della sua grandezza, essa non aspirerà a nulla meno che a nutrirsi della sostanza stessa di Dio, che a riempirsi e rimpinguarsi della pura essenza di Dio, come dice Tertulliano. È questa comunione con l’Essere infinito che fa tutta la gloria e tutta la forza della nostra anima;  è essa che dà ai Cristiani pienezza di vita morale, la sovrabbondanza di una energia divina che lascia al cuore il riposo e la calma di una dolce sazietà. Come diceva Sant’Agostino (Du lib. Arb., L. II n° 38), gli uomini si dicono felici quando siedono ad una splendida tavola, ma non desiderano la felicità che si prova nel nutrirsi ed abbeverarsi di verità! Gli uomini si credono felici quando respirano i soavi odori delle piante e dei profumi, quando le loro orecchie godono dei suoni e delle armonie, quando i loro occhi si dilatano al chiarore sereno della luce, e sorridono increduli quando si fa loro apprendere la verità dei profumi incomparabili, di una armonia interiore che appaga ogni agitazione, ed una luce più dolce di quella di tutti gli astri del firmamento!  (Mgr. LANDRIOT, L’Eucharistie).

ff. 6. – Utilità del ricordo di Dio durante la notte, per assicurarsi il successo della meditazione del mattino: « … Quando riposate nel vostro letto vorrei che facciate come una catena di salmi e di orazioni domenicali, sia quando vi svegliate, che prima che il sonno si impadronisca del vostro corpo ». (S. AMBR., Lib. in de Virg.) – « La mia anima vi ha desiderato durante la notte, e fin dall’aurora io mi risveglierò per cercarvi con il mio spirito ed il mio cuore ». (Isa. XXVI. 9). – Con il suo giaciglio, il Profeta designa il tempo del suo riposo. Quando l’uomo gusta qualche riposo, si sovvenga di Dio; quando l’uomo riposa, il riposo non lo rammollisca e non gli faccia dimenticare Dio; se si ricorda di Dio durante il riposo, nelle sue azioni, mediti su Dio. In effetti, il mattino significa gli atti della vita; perché al mattino ogni uomo inizia a fare qualche cosa. Cosa dice dunque? « Se mi sono ricordato di Voi sul mio giaciglio, al mattino medito su Dio ». Se dunque io non mi ricordo di Voi sul mio giaciglio, io non posso meditare su di Voi al mattino. Colui che non pensa a Dio quando riposa, può pensare a Lui quando agisce? Al contrario colui che si ricorda di Dio nei momenti del riposo, medita su di Lui anche quando agisce, per timore di mancare in qualcuna delle sue azioni. Così, cosa ha aggiunto? « E al mattino io meditavo su di Voi, perché Voi siete diventato il mio aiuto ». In effetti se Dio non ci aiuta nelle nostre buone opere, noi siamo incapaci di compierle con le nostre stesse forze (S. Agost.).

ff. 7, 8. – « E sotto l’ombra delle vostre ali, io mi rallegrerò ». Io gioirò nelle opere buone, perché sono al coperto sotto le vostre ali. Se mi proteggete, io che non sono che un pulcino, sarò preso dall’aquilone. Noi siamo ancora piccoli; che Dio ci protegga dunque all’ombra delle sue ali. Ma che sarà quando saremo diventati più grandi? Sarà allora per noi salutare che Egli ci protegga ancora, e che, sempre davanti a Lui che è così grande, noi restiamo dei pulcini. In effetti qualunque accrescimento noi facciamo, Egli è sempre più grande di noi. Che nessuno dica: Egli mi protegge fin quando sono piccolo, come se potessi mai giungere ad essere grande per essere sufficiente a me stesso. Senza la protezione di Dio, voi non siete niente. Desideriamo essere sempre protetti da Lui, così noi potremo ingrandirci con Lui, se sappiamo essere ogni giorno piccoli sotto di Lui. (S. Agost.).

ff. 9. – « La mia anima si è stretta a Voi come incollata ». Vedete i desideri del Profeta, vedete il suo attaccamento a Dio. Possa questo stesso amore nascere in voi!  Se già è in germe nel vostro cuore, possa una pioggia feconda farla ingrandire! Possa diventare assai forte, perché possiate dire con tutto il vostro cuore: « La mia anima è stretta a Voi come con la colla! » E qual è questa colla? Questa colla è la carità. Che la carità sia in voi e che essa sia la colla che attacchi la vostra anima presso Dio. Non a Dio, ma presso Dio, affinché vi preceda e voi lo seguiate; perché colui che vuol precedere Dio vuol vivere e governarsi da se stesso, e non seguire i Comandamenti di Dio (S. Agost.). 

ff. 10. – Ecco l’inutilità del lavoro degli ingiusti persecutori degli innocenti, che per tutta ricompensa di tante fatiche a cui si sono sottoposti per sopraffare la debolezza dei giusti che essi non possono soffrire, entrano al momento della morte nella parte più bassa della terra, cioè nell’inferno. Essi saranno consegnati alla spada vendicatrice della giustizia divina per esserne eternamente le vittime, e diventeranno parte delle volpi, cioè dei demoni, le cui indicazioni ingannatrici li hanno impegnati in un disastro dal quale non potranno mai uscire (Dug.). – I miei nemici hanno cercato invano la mia anima (Ps. XLII, 10). Cosa hanno fatto coloro che hanno cercato la mia anima per perderla? Che potevano mai fare? Essi non potevano togliere la colla che stringe la mia anima a Voi; « perché, … chi ci separerà dall’amore di Cristo? L’afflizione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità o la spada? » (Rom. VIII, 35). « La vostra destra mi ha preso sotto la sua protezione ». Ecco perché grazie a questa colla ed alla vostra onnipotente mano « i miei nemici cercano invano la mia anima » (S. Agost.).  

ff. 11. – Se gioisco in Dio solo, ogni altra gioia è vana e pericolosa. – Osservare fedelmente i giuramenti che si fanno a Dio al Battesimo e negli altri Sacramenti, è la sola cosa che merita delle lodi vere. – Dio, col suo potere sovrano, chiude, quando Gli piace, la bocca dei calunniatori dei suoi fedeli servitori (Dug.).

SALMI BIBLICI: “NONNE DEO SUBIECTA ANIMA MEA (LXI)

SALMO 61: “NONNE DEO SUBIECTA anima mea”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS -LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 61

In finem, pro Idithun. Psalmus David.

[1] Nonne Deo subjecta erit anima mea?

ab ipso enim salutare meum.

[2] Nam et ipse Deus meus et salutaris meus; susceptor meus, non movebor amplius.

[3] Quousque irruitis in hominem? interficitis universi vos, tamquam parieti inclinato et maceriae depulsae?

[4] Verumtamen pretium meum cogitaverunt repellere; cucurri in siti; ore suo benedicebant, et corde suo maledicebant.

[5] Verumtamen Deo subjecta esto, anima mea, quoniam ab ipso patientia mea;

[6] quia ipse Deus meus et salvator meus, adjutor meus, non emigrabo.

[7] In Deo salutare meum et gloria mea; Deus auxilii mei, et spes mea in Deo est.

[8] Sperate in eo, omnis congregatio populi; effundite coram illo corda vestra; Deus adjutor noster in æternum.

[9] Verumtamen vani filii hominum, mendaces filii hominum in stateris, ut decipiant ipsi de vanitate in idipsum.

[10] Nolite sperare in iniquitate, et rapinas nolite concupiscere; divitiæ si affluant, nolite cor apponere.

[11] Semel locutus est Deus; duo hæc audivi: quia potestas Dei est,

[12] et tibi, Domine, misericordia: quia tu reddes unicuique juxta opera sua.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXI

L’argomento del presente è la pazienza nelle tribolazioni, e la confidenza in Dio e non nelle ricchezze terrene.

Per la fine: per Idithum; salmo di David.

1. Non sarà ella soggetta a Dio l’anima mia, mentre da lui dipende la mia salute?

2. Imperocché ed egli è mio Dio e mio Salvatore; egli mia difesa, non sarò più in agitazione.

3. Fino a quando assalite un uomo, e voi tutti cercate di dar morte ad uno, che è quasi muro che casca, e come scommossa macerie?

4. Ma eglino pensarono a levarmi quello che ho di prezioso: corsi sitibondo; e’ benedicevano colla bocca e in cuor loro maledicevano.

5. Ma tu, anima mia, sii soggetta a Dio, imperocché da lui (viene) la mia pazienza.

6. Perché egli è il mio Dio e il mio Salvatore; egli mio aiuto, e io non vacillerò.

7. In Dio la mia salute e la mia gloria; egli il Dio di mia difesa, e la mia speranza è in Dio.

8. Confidate in lui, o popoli quanti voi siete, spandete dinanzi a lui i vostri cuori: Dio nostro aiuto in eterno.

9. Certamente vani sono i figliuoli d’Adamo, bugiardi i figliuoli degli uomini posti sulle bilance; onde tutti insieme ingannano più che la vanità. (1)

10. Non vogliate confidar nell’iniquità, e non vogliate amar le rapine; se le ricchezze vi vengono in copia, non ponete in esse il cuor vostro.

11. Una volta ha parlato Dio, queste due cose io udii: Che la potenza è di Dio;

12. e che in te, o Signore, è misericordia, perché tu renderai a ciascheduno secondo le sue operazioni.

(1) I figli degli uomini sono mendaci nelle bilance, vale a dire che quando li si mette sulla bilancia della giustizia, salgono, perché sono senza peso, come le cose più vane, è il senso dell’ebraico: “in bilance ascendunt”.

Sommario analitico

In questo salmo, che si riporta alla persecuzione di Saul o ai tempi della ribellione di Assalonne, allorché Davide era stato destituito dal suo trono e cacciato dalla sua città capitale, il Re-Profeta:

I. Mette tutta la sua fiducia in Dio:

gli sottomette la sua anima: – a) perché è il suo Dio, – b) perché è il suo Salvatore, – c) perché è il suo sostegno ed il suo protettore (1, 2).

Rimprovera ai suoi nemici: – a) il loro ardore e la violenza nel cacciarlo; – b) la loro crudeltà, perché cercano di togliergli la vita; – c) la loro follia, pensando di cacciarlo come se Dio lo abbia abbandonato (3); – d) la loro ambizione, perché  vogliono prendergli la corona; – e) la loro ostinazione, in quanto lo perseguitano nella sua fuga e lo spingono verso l’estremo pericolo; – f) la loro ipocrisia e la loro malizia, poiché lo benedicono con la bocca e lo maledicono con il cuore (4).

3° Egli loda Dio: a) che gli dà la pazienza di sopportare l’afflizione; b) gli ha dato aiuto e protezione per riportare la vittoria (5, 7). 

II. – Esorta coloro che sono riuniti intorno a lui e tutto il suo popolo a condividere questa speranza:

1° effondendo il loro cuore davanti a Lui; 2° aspettando da questo potente Protettore il soccorso di cui hanno bisogno (8); 3° disprezzando il soccorso e l’appoggio degli uomini, che non sono che menzogna ed inganno (9); 4° non confidando nelle ricchezze acquisite spesso con la frode occulta o con rapine scoperte (10); 5° mettendo tutta la loro fiducia in Dio, – a) che può e vuole ricoprili con la sua potenza e la sua misericordia; – b) che, per la sua giustizia, rende a ciascuno secondo le sue opere (11, 12).

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1-7.

ff. 1, 2. – L’inizio di questo Salmo è dedicato a tranquillizzare ogni anima agitata e turbata. Occorre dire a se stessi: Ma come, non sarò io sottoposto al Signore? Non aspetterò la sua visita in pace ed in silenzio? E allora, da chi posso sperare la mia salvezza? La mia difesa? Non è Egli il mio Dio, mio asilo, la roccia indistruttibile sulla quale stabilirmi? Queste considerazioni si estendono a tutte le traversie della vita, senza eccezioni, anche nei rimorsi che causano i nostri peccati; perché dopo averli ricacciati nel fondo del nostro cuore, il peso che ci resta del ricordo di queste miserie, deve essere messo ai piedi di Dio, ed è solo da Lui che bisogna attendere la consolazione interiore. Se il Profeta si è rassegnato completamente nelle mani di Dio, quanto più noi dobbiamo prendere i medesimi sentimenti dal momento che abbiamo Gesù-Cristo come mediatore, avvocato, vittima! « Ah, diceva S. Ambrogio, noi abbiamo tutto in Gesù-Cristo e Gesù-Cristo in tutto. Se vogliamo essere guariti dalle nostre ferite, Egli è il nostro medico; se siamo brucianti per la febbre ardente dei piaceri, Egli è nostro refrigerio; se siamo schiacciati dal peso dei nostri peccati, Egli è nostra giustizia, se abbiamo bisogno di soccorso, Egli è nostra forza; se temiamo la morte, Egli è nostra vita; se fuggiamo le tenebre, Egli è nostra luce; se desideriamo il Cielo, Egli è la nostra via; se siamo affamati, è nostro alimento » (Berthier). 

ff. 3, 4. – « Voi vi riunite insieme per ucciderlo », il corpo di un solo uomo offre tanti spazi per i colpi, che tutti gli uomini possono colpirlo a morte! Così noi dobbiamo vedere in quest’uomo la nostra persona, la persona della nostra Chiesa, la persona del corpo del Cristo. Gesù-Cristo non è in effetti che un solo uomo, la testa ed il corpo, il Salvatore del corpo e le membra di questo corpo, due in una stessa carne (Gen. II, 24 e Efes. V, 30), in una stessa voce, in una stessa sofferenza, e più tardi, quando l’iniquità sarà passata, in uno stesso riposo (S. Agost.). – I ministri e gli strumenti del demonio, non si contentano di gettarsi una sola volta sulla loro vittima, essi uniscono e raddoppiano i loro sforzi, finché non abbiano rovesciato colui che attaccano e lo abbiano reso simile ad una muraglia che pende ed ad un tugurio diroccato. Finché una muraglia resta dritta e sul suo asse, conserva la propria solidità; ma dal momento che è inclinata, essa è necessariamente destinata a cadere. È la figura della natura umana fortemente inclinata dal peccato e che si è voluta distruggere dal fondo per ricostruirla su nuove fondamenta e renderla indistruttibile agli attacchi del nemico. – San Gregorio dà un eccellente avviso per incoraggiarci a combattere questa truppa scatenata contro di noi, cioè il demonio, la carne ed il mondo, i cattivi esempi, le rivolte dell’amor proprio, i falsi timori, le gioie sconvenienti, le inclinazioni sregolate; in una parola, tutto ciò che ci allontana dalla via della salvezza. Considerate – egli dice – dove siete stati, dove sarete, e dove siete o non siete. Voi siete stati peccatori, sarete presentati al giudizio di Dio, siete circondati da pericoli, non siete nella vostra vera patria (Berthier). – « Essi hanno iniziato a spogliarmi della nostra gloria ». La nostra gloria è la castità, che ci distingue dagli animali senza ragione e ci rende simili agli Angeli; la nostra gloria è la misericordia che si esercita nei riguardi degli indigenti, e ci riscatta dalla morte; la nostra gloria è la fede che conquista a Gesù-Cristo tutti gli uomini oppressi sotto il giogo dell’errore e dell’idolatria; la nostra gloria è la buona reputazione di cui godiamo presso gli uomini che vedono ed apprezzano il merito delle nostre buone opere; la nostra gloria è la purezza e la semplicità, perché non c’è niente di più prezioso di un uomo semplice (S. Ambr.) – Questo bene prezioso, questo prezzo dell’uomo, è il sangue di Gesù-Cristo. « Voi non siete stati riscattati a caro prezzo,  né diventate gli schiavi dell’uomo » (1 Cor. VII, 23). Questo bene che gli accoliti del demonio cercano di rendere inutile, reimmergendo nella servitù del peccato dal quale Gesù-Cristo ci aveva liberato (S. Basil.). – « Pertanto essi hanno costituito il disegno di distruggere la mia gloria ». Essi sono stati vinti nel momento in cui mettevano a morte degli uomini che non resistevano loro; « … il sangue delle loro vittime ha moltiplicato il numero dei fedeli; a loro volta essi hanno ceduto ai Cristiani non potendo distruggerli tutti. Pertanto hanno ordito un disegno per distruggere la mia gloria ». Or dunque che non si possono massacrare i Cristiani, si cerca di togliere loro la gloria come Cristiani. In effetti la gloria dei Cristiani genera oggi il tormento degli empi (S. Agost.). – Benedire con la bocca, maledire con il cuore, lodare in pubblico, distruggere la reputazione in segreto, è una oscura tradizione, molto comune nel mondo. Ma fare la stessa cosa riguardo a Dio « … onorarlo con le labbra ed avere il cuore ben lontano da Lui » (Matt. XV, 8), è una ipocrisia detestabile, e degna di tutti gli anatemi del cielo e della terra.

ff. 5-7. – Qual è la fonte della nostra pazienza in mezzo a tali scandali spaventosi, se non che noi speriamo ciò che non vediamo, e che attendiamo con pazienza? (Rom. VIII, 25). – La sofferenza mi è arrivata, il riposo mi verrà, la tribolazione mi è venuta, verrà anche il momento in cui sarò purificato da ogni peccato. Come brilla l’oro nel crogiuolo dell’orafo? Esso brillerà sul di un monile, su qualche ornamento, ma nell’attesa sopporta la fiamma del crogiuolo, per arrivare alla luce liberata da ogni mescolanza impura. In questo crogiuolo c’è della paglia, c’è del fuoco: l’orafo accende la fiamma; la paglia brucia nel crogiuolo, mentre l’oro si purifica; la paglia vien ridotta in cenere, e l’oro è liberato da ogni impurità. Il crogiuolo è il mondo; la paglia, gli empi; l’oro i giusti; il fuoco, le tribolazioni; l’orafo è Dio. Ciò che vuole, l’orafo la fa; laddove mi pone l’orafo io resto pazientemente; a me il dovere di sopportare, a Lui la scienza nel purificarmi. La paglia brucia per infiammarmi e per purificarmi. La paglia brucia per infiammarmi e per consumarmi, essa viene ridotta in cenere, ma io mi sono liberato da tutte le mie sozzure. Perché? « Perché la mia anima sarà sottomessa a Dio, perché la mia pazienza viene da Lui. » (S. Agost.). – Il Profeta torna ai due versetti precedenti, per mostrare la grandezza delle tentazioni dalle quali egli è assalito e la profondità della sua fiducia in Dio. Malgrado i fremiti dei miei nemici, la mia anima resta sottomessa a Dio in silenzio, perché è da Lui che viene la mia pazienza. Nel versetto 7, egli conclude mostrando che attende tutto da Dio, il fine ed i mezzi. Il fine è la liberazione di tutti i mali o la salvezza, ed il bene del sovrano Bene e della gloria; ed i mezzi che sono espressi testualmente, sono la nostra speranza ed il soccorso di Dio (Bellarm.).  

II. 8-13.

ff. 8. – Grande soggetto di fiducia per un Cristiano, è il tenersi legato all’assemblea del popolo di Dio. Si ha diritto di sperare in Lui se non si rompe mai il legame sacro di questa unità necessaria. È nell’assemblea che la carità unisce insieme e si può liberamente espandere il suo cuore alla presenza che Colui che dichiara che là dove due o tre sono riuniti nel suo nome, Egli si trova la in mezzo ad essi. È infine questa assemblea veramente cattolica che sola può glorificarsi di avere Dio eternamene come protettore, perché Egli non abbandonerà mai la sua Chiesa, e nessuna potenza, sulla terra e nell’inferno potrà mai prevalere contro di essa! (Duguet). – L’effusione del cuore davanti a Dio si fa in due maniere; innanzitutto quando lo si svuota da ogni affezione terrestre, per riceverne in seguito le impressioni dell’amore divino; (S. Basil.); in secondo luogo quando si espongono a Dio tutti i propri bisogni, tutte le miserie, affinché Egli rimedi con la sua grazia. Queste due maniere di pregare sono eccellenti, e di conseguenza, molto rare. La prima è la più difficile, perché bisogna spogliare l’anima da ogni passione, ridiscutere i suoi gusti, contrariarla nelle sue propensioni. Il caos non ha resistito al Signore, poiché esso era vuoto; l’anima piena di se stessa, non riceverà l’operazione divina, perché essa è già tutta occupata; bisogna svuotarla affinché la mano di Dio vi operi grandi cose. La parola del Profeta, « effondetevi davanti al Signore », deve essere meditata … essa comprende tutta la scienza dell’orazione, che non è altro che l’effusione del cuore nel seno di Dio (Berthier). – Noi non esporremo i nostri discorsi né i nostri pensieri che procedono dalla porzione spirituale della nostra anima, quella che noi chiamiamo ragione e per la quale siamo diversi dagli animali, se non con le nostre parole e di conseguenza per mezzo della bocca; così, versare il proprio cuore ed espandere il proprio cuore, non è altra cosa che parlare: « … versate davanti a Dio il vostro cuore », dice il Salmista, cioè esprimete e pronunciate le affezioni del vostro cuore con le parole. E la devota madre di Samuele, pronunziava le sue preghiere così fluidamente che appena si vedevano i movimenti delle labbra: « … io espando – ella diceva – la mia anima » (I  Re, I, 15), (S. Franc. De Sales, T. de l’am. de Dieu, L. 1, cap. IX).

ff. 9. – Non è possibile tracciare un ritratto più vero e nello stesso tempo più umiliante, della vanità dell’uomo, di quello che ci è stato presentato dal Profeta nel testo di questo versetto. Egli immagina una bilancia sulla quale gli uomini sono messi in contrappeso con la vanità, o piuttosto col niente; perché la parola che si legge nel testo significa “ciò che non ha solidità”, sostanza, ciò che non è niente. Ora, a questa prova, arriveranno, secondo lui, tutti gli uomini, sia i grandi che i piccoli, e saranno sollevati da questo niente; e questo niente li farà risalire sulla bilancia quasi come il piombo fa risalire la piuma. Da questo si conclude che gli uomini sono men che nulla. Il Profeta dice allora che l’uomo è divenuto simile alla vanità, cioè al niente; ma qui egli cambia il quadro, e lo dipinge ancor più come inferiore al niente. Fuggiamo – diceva a questo riguardo S. Ambrogio – fuggiamo da un luogo dove non c’è nulla, ove ciò che si considera come importante e magnifico è vuoto di esistenza, ove ciò che si stima qualcosa è un niente. –  Il Profeta reale ha ben ragione di dire che i figli degli uomini sono vacui, che le loro bilance sono ingannevoli e che, per solo difetto di conoscenza, non c’è nella maggior parte dei loro giudizi che illusione e menzogna; perché non c’è forse nulla di più comune al mondo che giudicare sulle apparenze, giudicare nelle azioni le intenzioni, giudicare i rapporti degli altri, o se si giudica da se stessi giudicare con precipitazione, giudicare con sicurezza piena di presunzione, far valere dei semplici sospetti come cose dimostrate e convinzioni, che abusare delle proprie vedute seguendole eccessivamente e portandole troppo lontane, estendendole al di là di quel che ci scoprono? Tutte queste, essendo delle fonti di falsi giudizi che ci formiamo gli uni contro gli altri, ci traviano e distruggono assolutamente la società. (BOURD., Jugem. témér.). – Di quale bilancia vuole parlare qui il Salmista? Tutti gli uomini non si si servono di bilance, o esercitano delle professioni ove è necessario l’uso dei pesi e delle bilance? Cosa vuole dire qui? Che in ognuno di noi il nostro Creatore ha posto il libero arbitrio come una bilancia nella quale possiamo pesare e discernere la natura del bene e del male. « Io ho posto davanti a voi la vita e la morte, il bene ed il male » (Deuter. XXX, 15), due cose diametralmente opposte; esaminatele al vostro tribunale, pesate con grande attenzione ciò che vi è più vantaggioso, scegliere un piacere effimero ed essere condannato per questa scelta ad una morte eterna, o scegliere una vita di tribolazione nell’esercizio della virtù, e pervenire così all’eterna felicità. Gli uomini sono dunque mendaci, ed i giudizi del loro spirito, corrotti, quando essi preferiscono – come fanno – il male al bene, la menzogna alla verità, le cose del tempo alle cose dell’eternità, una voluttà di un giorno ad una gioia che non deve mai aver fine.

ff. 10. – « Se le ricchezze affluiscono ». – « La natura delle ricchezze è lo scorrere ». Ammirate la verità di questa espressione. La natura delle ricchezze è lo scorrere: esse passano al di là di coloro che le possiedono, e necessitano di un cambio di possessori. Come un fiume che, scorrendo da un luogo sopraelevato, si avvicina a coloro che stanno sulla rive, ma se ne allontanano ben presto, così l’instabilità delle ricchezze non permette loro di restare per lungo tempo nelle stesse mani. Questo campo appartiene oggi a costui, e domani a quest’altro, dopodomani ad un altro ancora. Vedete le case della città, quanti nomi hanno portato da quando sono state costruite! Lo stesso vale per l’oro che passa incessantemente da mano in mani, e vi sarà più facile trattenere l’acqua nelle vostre mani che conservare per lungo tempo le ricchezze che possedete! « Se dunque esse affluiscono nelle vostre mani, non attaccatevi i vostri cuori. Usatene come uno strumento, un mezzo, ma badate a non considerarle, ammirarle, amarle come il bene sovrano « (S. Basilio). – « Non sperate nell’iniquità ». Non desiderate le ricchezze che sono la fonte dell’orgoglio, dell’arroganza, gli ausili della voluttà, gli architetti e i fabbricanti di ogni vizio, e privano l’uomo dell’amicizia di Dio, ma desiderate la virtù, che ci libera da ogni male. (S. ISID. ad Mart. presbit.). Davide condanna qui l’eccessivo amore delle ricchezze anche legittime. Sant’Agostino nota ingegnosamente che coloro che tolgono i beni agli altri, sono derubati a loro volta nello stesso tempo dal diavolo, che ruba loro l’anima; egli sottolinea ancora, con San Basilio e Sant’Ambrogio, che la parola « affluiscono », che ricorda il termine « fluente », avverte del passaggio rapido dei beni della terra, rapidità che deve impedirci di dare a loro il nostro cuore, affinché non scorra con esse, ma le faccia dirigere verso il cielo per renderle utili, così come il contadino che, invece di lasciarsi travolgere da una corrente d’acqua, la destreggi per dirigerla sia verso un mulino e farlo girare, sia verso un giardino onde irrigarlo, sia verso un altro utile scopo.

ff. 11. 12. – Dio è potente e nel contempo misericordioso nel suo giudizio. Non sperate dunque nell’iniquità, non attaccate il vostro cuore alle ricchezze, non abbracciate la vanità e non lasciate corrompere il giudizio del vostro spirito. Voi sapete che il nostro Dio è potente, temete la sua forza e la sua potenza e quindi non disperate della sua bontà e della sua misericordia (S. Basilio). – Comprendete la potenza di Dio e la misericordia di Dio. Quasi tutte le scritture sono contenute in queste due cose; è a causa di esse che son venuti i Profeti, a causa di esse che son venuti i Patriarchi, per loro che è venuta la Legge, a causa loro che è venuto Nostro Signore Gesù-Cristo stesso, a per causa loro che la parola di Dio è annunciata e resa pubblica in tutta la Chiesa, a causa, io dico, di queste due cose: a causa della potenza e della misericordia di Dio. Temete la sua potenza, amate la sua misericordia. Non presumete della sua misericordia in modo da disprezzare la sua potenza; non temete la sua potenza in modo da disprezzare la sua misericordia. In Lui è la potenza, in Lui la misericordia. Egli umilia gli uni ed eleva gli altri (Ps. LXXIV, 8): Egli umilia gli uni con la sua potenza, ed eleva gli altri con la sua misericordia. « In effetti, dice l’Apostolo, Dio volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione » (Rom. IX, 22). – Voi cercate di comprendere la potenza, cercate ora la misericordia:  « … per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria » (Idem 23). Appartiene a questa potenza il condannare gli ingiusti. E chi Gli dirà: « cosa avete fatto? » – « O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? » (Ibid. 20). Temete dunque, e abbiate paura della sua potenza, ma sperate nella sua misericordia (S. Agost.). – Il Signore ha parlato una volta, ha pronunciato una parola, ed io ne sento due, cioè: Egli è onnipotente e pieno di misericordia. Cosa vuol dire questo – si chiede S. Agostino – ? È vero, risponde questo Padre, che Dio non ha mai proferito che una sola parola all’interno di Se stesso, che è il suo Verbo; ma questo Verbo, questa parola uscita da Dio, ci ha fatte ascoltare due voci, quella della misericordia e quella della giustizia. La voce della giustizia ci minaccia, e la voce della misericordia ci rassicura (BOURD., Prédest.). – Dio ha parlato una volta, dice Davide, e cosa ha detto, dice il gran Profeta? « Egli ha parlato una volta ed io – egli dice – ascolto queste due cose: che a Dio appartiene la potenza, e a Lui appartiene la misericordia », per cui vedete manifestamente che Dio si gloria della sua potenza e della sua bontà. È la vera gloria di Dio, perché la misericordia divina, piena di compassione per la bassezza delle creature, sollecitando in loro favore la potenza,  nello stesso tempo orna ciò che non ha nessun ornamento da se stesso, e fa ritornare tutto l’onore a Dio, che solo è capace di sollevare ciò che non è niente dalla sua condizione naturale (Bossuet, Vertu de la Croix).

SALMI BIBLICI: “EXAUDI DEUS, DEPRECATIONEM MEAM” (LX)

SALMO 60: EXAUDI DEUS, Deprecationem meam

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 60

In finem. In hymnis David.

[1] Exaudi, Deus, deprecationem meam,

intende orationi meæ.

[2] A finibus terræ ad te clamavi, dum anxiaretur cor meum; in petra exaltasti me. Deduxisti me,

[3] quia factus es spes mea, turris fortitudinis a facie inimici.

[4] Inhabitabo in tabernaculo tuo in sæcula; protegar in velamento alarum tuarum.

[5] Quoniam tu, Deus meus, exaudisti orationem meam; dedisti hæreditatem timentibus nomen tuum.

[6] Dies super dies regis adjicies; annos ejus usque in diem generationis et generationis:

[7] Permanet in æternum in conspectu Dei: misericordiam et veritatem ejus quis requiret?

[8] Sic psalmum dicam nomini tuo in sæculum sæculi, ut reddam vota mea de die in diem.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LX

Orazione dell’uomo giusto e della Chiesa, peregrinante in mezzo alle tribolazioni dell’esilio, ed aspirante alla quiete della patria celeste.

Per la fine: su’ cantici di David.

1. Esaudisci, o Dio, le mie suppliche; porgi orecchio alla mia orazione.

2. Dalle estremità della terra a te alzai le mie grida; mentre il mio cuore era in affanno, sopra un’alta pietra mi collocasti.

3. Tu fosti mia guida, perché tu se’ mia speranza, torre fortissima contro il nemico.

4. Abiterò per sempre nel tuo tabernacolo; sarò protetto sotto il velo delle tue ali.

5. Perché tu, o Dio, hai esaudita la mia orazione; hai data l’eredità a quelli che temono il nome tuo.

6. Giorni tu aggiungerai a’ giorni del re; gli anni di lui fino al di d’una e d’altra generazione.

7. Egli dura in eterno al cospetto di Dio; chi potrà penetrare la misericordia di lui e la verità?

8. Così io per tutti i secoli canterò inno di laude al nome tuo; per rendere ogni giorno i miei voti.

Sommario analitico

Davide, esiliato lontano dal tabernacolo, nella città di Malianaïm, sul monte Galaad, durante la ribellione di suo figlio Assalonne, rappresenta qui la Chiesa ed il fedele che, nell’esilio di questa vita, sospira al cielo.

I. – Egli fa professione di quattro virtù nei riguardi di Dio:

1° La preghiera, di cui determina: – a) il luogo, « delle estremità della terra »; – b) il modo « io ho invocato »; – c) il tempo « quando il mio cuore era nella tristezza »; (2);

2° la fede, per mezzo della quale Dio lo eleva sulla pietra ferma che è Gesù-Cristo;

3° la speranza, che gli merita di avere Dio come conduttore e guida (3);

4° la carità, per la quale deve essere conservato e difeso da Dio stesso (3).

II. – Egli loda la bontà di Dio nei suoi confronti.

1° Dio allontana da lui i mali che lo minacciano: a) traendolo nel suo tabernacolo come in un asilo sicuro (4); b) mettendolo al coperto sotto le sue ali (4).

2° Egli lo ricolma di beni: – a) dei beni di fortuna, esaudendo la sua preghiera e ristabilendolo sul suo trono (5); – b) dei beni del corpo, aggiungendo alla sua vita nuovi giorni, ed estendendo la sua protezione sui suoi discendenti (6); – c) dei beni dell’anima, dandogli la gloria eterna e come riconoscimento di questi magnifici doni, Davide promette di cantare nel corso dei secoli, le lodi di Dio (7,8).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-3.

ff. 1. – L’ardore del Profeta in preghiera, condanna quasi tutte le nostre preghiere, perché noi le facciamo con cuore lasso, insensibile, vuoto di un desiderio vero. « Se voi pregate – dice S. Agostino – abbiate dunque il cuore elevato a Dio. Io dico il cuore elevato verso Dio, non contro Dio. Se voi avete il cuore pieno di orgoglio, esso è levato contro Dio, e non verso Dio. Colui che leva sinceramente il suo cuore verso Dio, lo depone tra le mani di Dio. Dio ricede il suo cuore, lo tiene nella sua potenza e gli impedisce di tornare verso terra ». (S. Agost.).

ff. 2. – È sempre dai confini della terra che noi gridiamo verso il Signore. Egli è infinitamente elevato al di sopra di noi, e noi siamo infinitamente lontani da Lui (Berthier).

ff. 3. – « Voi mi avete condotto, perché siete diventato mia speranza ». Se il Signore non fosse diventato la nostra speranza, Egli non ci condurrebbe. Egli ci conduce come nostro capo; Egli ci conduce in Lui come nostra via; Egli ci conduce come nostra ricompensa nella patria. Egli dunque ci conduce. Perché? Perché Egli è divenuto la nostra speranza. Come è divenuto nostra speranza?  Per la ragione che noi sappiamo che Egli è stato tentato, ha patito ed è stato resuscitato: è divenuto così la nostra speranza. In Lui voi vedete la vostra sofferenza e la vostra ricompensa: la vostra sofferenza, nella sua passione; la vostra ricompensa nella sua Resurrezione. È così dunque che Egli è diventato la nostra speranza; perché noi abbiamo due vie, una nella quale siamo oggi, l’altra nella quale noi speriamo. Quella nella quale noi siamo, ci è sconosciuta. Sopportate pazientemente quel che avete, ed otterrete ciò che non avete ancora (S. Agost.). – Gesù-Cristo è questa torre forte contro il nemico, il fondamento indistruttibile, fuori dal quale non vi sono altri, questa pietra angolare e ferma sulla quale la Chiesa e tutti i membri della Chiesa sono elevati e raffermati contro tutte le tentazioni del demonio. Voi temete di essere colpiti dal demonio? Rifugiatevi allora nella fortezza. Giammai – in questa fortezza – i dardi del demonio potranno colpirvi: voi dimorerete in un rifugio sicuro. Ma come rifugiarsi in questa fortezza? Essa è davanti a voi, chiamate il Cristo ed entrate nella fortezza. Ma come richiamare il Cristo? Se qualche sofferenza vi opprime, pensate che Egli ha sofferto prima di voi, e pensate poi per quale scopo: per morire e resuscitare (S. Agost.). 

II. — 4 – 8.

ff. 4, 5. – Il tabernacolo di Dio è la patria dei giusti. Essi si considerano in questo mondo come degli stranieri; tutto ciò che li circonda quaggiù, sembra loro un’ombra fuggitiva; essi hanno dei desideri, ma solo per il cielo. « Io cerco – diceva S. Agostino – un essere semplice, veritiero, durevole, e non si trova che nella santa Gerusalemme, sposa del mio Dio. Nel suo soggiorno non c’è né morte, né imperfezione, né giorno che passa; ma c’è un giorno permanente, perché esso non è preceduto né dal giorno di ieri, né cancellato dal giorno di domani » (S. Agost.). –  « Io sarò al coperto sotto le vostre ali ». Ecco perché noi siamo in sicurezza in mezzo a sì gravi tentazioni, fin quando arriverà la fine dei secoli, ed i secoli eterni ci riceveranno: eccoci al riparo coperti dalle ali di Dio. Il calore in questo mondo è terribile, ma c’è un’ombra di frescura sotto le ali di Dio (S. Agost.). 

ff. 6. – Questo Re, è il Cristo, nostro capo e nostro Re. Voi gli avete dato giorni su giorni, non solo i giorni di questo tempo che avrà fine, ma dei giorni senza fine oltre questi primi giorni. Io abiterò – Egli dice – nella casa del Signore, per tutta la durata dei giorni, (Ps. XXII, 6). E perché dire: per la durata dei giorni, se non perché i giorni presenti non conoscono che brevità? In effetti ogni cosa che deve aver fine, è breve; ma questo Re possiede giorni su giorni, di modo che non solo regnerà sulla sua Chiesa in questi giorni passeggeri, ma ancora i Santi regneranno con Lui per tutti i giorni senza fine. In cielo non c’è che un solo giorno, e questo giorno racchiude giorni interminabili. È perché questi giorni sono numerosi che il Profeta ha detto, come sta per ricordare: « durante il corso dei giorni »; perché questo giorno è unico, egli dice in questo senso: « Voi siete mio Figlio, io oggi Vi ho generato » (Ps. II, 7).  Oggi non designa che un giorno, ma questo giorno non è posto tra una veglia e un indomani. La fine di una veglia non è il suo inizio, e l’inizio dell’indomani non è una fine; perché è detto degli anni di Dio: « Ma Voi, Voi siete sempre lo stesso, ed i vostri anni non finiranno mai » (Ps, CI, 28).  Anni, giorni, un giorno solo, è la stessa cosa: Dite quel che volete per esprimere l’eternità. Voi potrete dire quel che volete per esprimere l’eternità. Voi potrete dire ciò che vi pare dell’eternità, perché, qualunque cosa diciate, non direte mai troppo poco. Ma occorre che diciate qualche cosa per almeno pensare ciò che non potete esprimere (S. Agost.). – I giorni dell’eternità siano aggiunti ai giorni caduchi di questa vita: è la sola legittima speranza dei Cristiani.

ff. 7. – Gesù-Cristo dimora eternamente alla presenza di Dio, sempre vivente, al fine di intercedere per noi (Heb. VII, 25). Chi può approfondire questa misericordia con la quale ha riscattato gli uomini, e queste verità per la quale si è impegnato, e si impegna tuttora fedelmente nelle sue promesse? – « Chi cercherà presso il Signore la sua misericordia e la sua verità? » Che vuol dire « presso il Signore »? Non è sufficiente dire: « Chi cercherà »? perché il Profeta ha aggiunto « presso di Lui », se non perché molti sono coloro che cercano di conoscere la misericordia e la verità di Dio nei libri di Dio e che, dopo averla conosciuta, vivono per se stessi e non per Lui (II Cor. V, 15); cercando i propri interessi e non quelli di Cristo (Filip. II, 12); predicano la misericordia e la verità e non praticano né la misericordia né la verità? Ma predicandole essi le conoscono; perché non le predicheranno senza che le conoscano. Ma colui che ama Dio ed il Cristo, predicando la sua misericordia e la sua verità, le cercheranno per il Cristo e non per se stessi, cioè allo scopo non di trarre da questa predicazione dei vantaggi temporali, ma di essere utili ai membri del Cristo, distribuendo loro, in spirito di verità, ciò che hanno appreso. (S. Agost.).

ff. 8. – Se cantate dei salmi in onore del nome di Dio, non vi limitate a cantare per un certo tempo. Volete cantare nei secoli dei secoli? Volete cantare per l’eternità? Offritegli le vostre voci di giorno in giorno. Che vuol dire offrite le vostre voci di giorno in giorno? Dal giorno attuale al giorno dell’eternità. Perseverate nell’offrire a Lui voci in questo giorno finché non arriviate al giorno che non finisce mai; ciò equivale a dire che « … colui che avrà perseverato fino alla fine, sarà salvato » (Matt. XXIV, 13) – (S. Agost.). – Vi sono tre punti di vista importanti in questo versetto: il Nome di Dio, l’obbligo di rendergli omaggio tutti i giorni, il ricordo degli impegni che noi abbiamo assunto con Lui al Battesimo. Rendere omaggio al Nome di Dio, santo, ammirevole, al di sopra di ogni nome, è cominciare fin da questa vita ciò che farà la nostra gloria e la nostra felicità nell’eternità; le promesse fatte al Battesimo con Dio, sono come il giogo di Gesù-Cristo: piene di dolcezze. (Berthier).

SALMI BIBLICI: “DEUS REPULISTI NOS ET destruxisti nos” (LIX)

SALMO 59: DEUS REPULISTI NOS et destruxisti nos.

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME PREMIER.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 59

In finem. Pro his qui immutabuntur, in tituli inscriptionem ipsi David, in doctrinam, cum succendit Mesopotamiam Syriæ, et Sobal, et convertit Joab, et percussitIdumaeam in valle Salinarum duodecim millia.

[1] Deus, repulisti nos, et destruxisti nos;

iratus es, et misertus es nobis.

[2] Commovisti terram, et conturbasti eam; sana contritiones ejus, quia commota est.

[3] Ostendisti populo tuo dura; potasti nos vino compunctionis.

[4] Dedisti metuentibus te significationem, ut fugiant a facie arcus; ut liberentur dilecti tui,

[5] salvum fac dextera tua, et exaudi me.

[6] Deus locutus est in sancto suo: lætabor, et partibor Sichimam; et convallem tabernaculorum metibor.

[7] Meus est Galaad, et meus est Manasses; et Ephraim fortitudo capitis mei. Juda rex meus;

[8] Moab olla spei meae. In Idumæam extendam calceamentum meum: mihi alienigenæ subditi sunt.

[9] Quis deducet me in civitatem munitam? quis deducet me usque in Idumaeam?

[10] Nonne tu, Deus, qui repulisti nos? et non egredieris, Deus, in virtutibus nostris?

[11] Da nobis auxilium de tribulatione, quia vana salus hominis.

[12] In Deo faciemus virtutem; et ipse ad nihilum deducet tribulantes nos.

[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LIX

L’occasione di questo Salmo è accennata nel titolo che segue. Facilmente si applica alla Chiesa, nella quale il sangue dei martiri fu semenza di Cristiani e cagione di aumento e di gloria.

Per la fine: per quelli che saranno cangiati. Iscrizione da mettersi sopra una colonna; allo stesso David per istruzione, quando egli messe a fuoco e fiamma la Mesopotamia della Siria e Sobal, e tornato Gioab vinse l’Idumea con istrage di dodici mila uomini nella valle delle Saline.

1. Tu ci rigettasti, o Dio, e ci distruggesti; ti sdegnasti e avesti misericordia di noi.

2. Scuotesti la terra, e la spaccasti; sana le piaghe di lei, perocché ella è scommossa.

3. Dure cose facesti provare al tuo popolo; ci abbeverasti con vino d’amarezza.

4. Tu che desti a coloro che ti temevano un segno, perché dalla faccia dell’arco fuggissero,

5. Affinché fosser liberati i tuoi diletti; salvami con la tua destra, ed esaudiscimi.

6. Ha parlato Dio pel suo santo; mi consolerò, e spartirò la Samaria, e misurerò la valle dei tabernacoli.

7. Mio è Galaad, e mio è Manasse, ed Ephraim fortezza della mia testa.

8. Giuda mio re; Moab vaso di mia speranza. Col mio piede calcherò l’Idumea; gli stranieri a me saran soggetti.

9. Chi mi condurrà nella città munita? Chi mi condurrà fino nell’Idumea?

10. Chi, se non tu, o Dio, il quale ci rigettasti? e non verrai tu, o Dio, co’ nostri eserciti?

11. Aiutaci tu nella tribolazione; perocché invano si aspetta salute dall’uomo.

12. Con Dio farem cose grandi; ed egli annichilerà coloro che ci affliggono.

Sommario analitico

Davide, dopo una prima vittoria sugli Idumei, che avevano fatto irruzione in Palestina, mentre egli combatteva al nord i re di Aram, apprende che i soldati che aveva lasciato nelle diverse città dell’Idumea per contenere i loro abitanti ed esigerne il tributo, erano stati messi a morte.

I – Egli deplora la grandezza di questa calamità, nella quale:

– 1° Dio pareva aver rigettato e distrutto il suo popolo, nella sua collera e nella sua misericordia (1); – 2° che ha sconvolto, ha sbigottito ed afflitto tutta la Giudea (2, 3); – 3° Egli ha dato un segnale a coloro che lo temono per fuggire l’invasione dei loro nemici (4,5).

II – Egli enumera le sue vittorie

1° sugli abitanti della Giudea, che tiene sotto la sua dominazione (6, 7); 2° sulle nazioni straniere limitrofe (8).

III – Chiede a Dio di sottomettergli ugualmente l’Idumea.

– 1° la capitale fortificata di questa contrada e l’Idumea intera (9), – 2° ciò che Dio solo può fare e farà, malgrado l’afflizione che il suo popolo ha provato (10), – 3° è nella tribolazione, e dal seno stesso della tribolazione Egli ha l’usanza di trarre il soccorso che dà ai suoi servitori (11); – 4° è dunque solo in Dio, che lo rende forte e riduce a nulla i suoi nemici, che egli ripone la sua speranza (12).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-5.

ff. 1. – È la caratteristica della grande misericordia di Dio verso i peccatori, il non lasciarli vivere per lungo tempo secondo i loro desideri, ma il punirli subito (II Macc. VI, 13). È un tenero abbandono, un richiamo paterno, che rigetta l’uomo per richiamarlo, che lo consegna alla morte per rendergli la vita, che lo umilia per esaltarlo, che lo distrugge per riedificarlo … o collera piena di misericordia, o indignazione salutare, che rendono vita feconda e fruttuosa la vita più sterile; o collera misericordiosa che si irrita contro di noi per venire in nostro aiuto, che ci minaccia per risparmiarci, che ci consegna ai nostri nemici per liberarcene (Berengos). « Mio Dio, voi ci avete respinti e ci avete distrutto; vi siete irritato, ed avete avuto pietà di noi ». Voi ci avete distrutto per riedificarci, Voi ci avete distrutto perché eravamo fondati sopra cattive fondamenta; voi avete distrutto in noi ciò che non era che vanità e vetustà per elevare in noi l’uomo nuovo, affinché questa costruzione sussistesse per l’eternità. È con ragione che « Voi siate irritato, e che abbiate avuto pietà di noi ». – « Voi non avreste avuto modo di esercitare la vostra misericordia, se non vi foste irritato ». Voi ci avete distrutto nella vostra collera; ma la vostra collera cade sull’uomo vecchio, per distruggere in lui la vetustà. Ma Voi avete avuto pietà di noi, in vista della nostra vita nuova, perché se l’uomo esteriore si corrompe in noi, almeno l’uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. (II Cor. IV, 6) (S. Agost.).

ff. 2. – Come è stata turbata la terra? Nella coscienza dei peccatori. Ove andremo? Ove fuggiremo, essi dicono, se un braccio vendicatore brandisce questa spada?: « Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino ». (Matt. III, 2). Voi avete scosso la terra e Voi l’avete turbata. Guaritene le ferite, perché essa è tutta tremante. Essa non è degna di essere guarita se non è tremante; voi parlate, voi pregate, minacciate in nome di Dio, voi non cessate di perseguire il peccatore, ricordate il giudizio che arriva, fate intendere i comandamenti di Dio: se il colpevole che vi sfugge non è preso dal timore di Dio, egli non è tremante, non è degno di essere guarito. Un altro vi sfugge: egli è scosso è pungolato interiormente, si batte il petto, si scioglie in lacrime … « … guarite le ferite di questa terra, perché essa è tutta lacerata.» (S. Agost.).

ff. 3. – Dopo tutte queste grandi cose, dopo tutto ciò che era di terrestre è stato colpito, la vetustà ridotta in cenere, l’uomo rinnovato nel bene, e la luce prodotta in coloro che non erano che tenebre, viene ciò che è stato scritto in un altro punto: « figlio mio, entrando al servizio di Dio, resta fermo nella giustizia e nel timore, e prepara la tua anima alla tentazione » (Eccli. II, 1). Il vostro primo lavoro, deve essere quello di essere contriti, di denunciare i vostri peccati e di cambiare migliorandovi; il secondo lavoro, in vista del quale voi siete stato cambiato, è sopportare le afflizioni e le tentazioni di questo mondo, perseverare attraversandolo fino alla fine. Ma parlando di questo secondo lavoro e predicendolo, come si esprime il profeta? « … voi avete fatto vedere al vostro popolo delle dure prove », questo popolo che già è vostro e che David, con le sue vittorie, si è reso tributario. « Voi avete fatto vedere al vostro popolo delle dure prove ». In cosa? Nelle persecuzione che la Chiesa di Cristo ha sofferto, quando il sangue dei martiri è stato così abbondantemente sparso (S. Agost.). – Uomini colpiti da tante frecce, affannati da tante miserie, esposti a tante persecuzioni, che Dio sembra aver rigettati e distrutti, e la sua collera sembra non aver limiti a loro riguardo. Tutti i loro appoggi sono stati distrutti, essi hanno perso in qualche modo i princîpi della vita, il loro stato, la loro patria, la loro fortuna, la loro considerazione, la loro tranquillità, la loro salute, si direbbe che sono destinati a bere il calice dell’afflizione fino alla feccia. Questi uomini sono maledetti? Sì, se essi dimenticano che tutte queste disgrazie vengono loro dalla mano di Dio, perché essi devono allora abbandonarsi ai mormorii, alle lamentazioni, alla disperazione. Il profeta non mette senza ragione tutte le calamità di cui parla, sul conto della Provvidenza; egli indica il rimedio parlando dei mali: è sufficiente per essere risollevati ed anche guariti da tutto ciò che si soffre, pensare che Dio sia l’Autore di queste sofferenze (Berthier).

ff. 4. – « Voi avete suggerito a coloro che vi temono di fuggire davanti all’arco che minaccia ». Per le afflizioni temporali, dice il Profeta, voi avete detto ai vostri di fuggire il furore del fuoco eterno. In effetti l’Apostolo San Pietro, ha detto. « Ecco venire il tempo in cui Dio comincerà il suo giudizio dalla casa sua propria »; perché, per esortare i martiri a sopportare le sofferenze, mentre il mondo si scatenava contro di essi, e i loro persecutori li votavano allo sterminio, in tutti i luoghi e in tutti i paesi il loro sangue veniva versato, e nelle catene, in prigioni, con torture, i fedeli soffrivano i più duri supplizi, lo stesso Apostolo dice loro: « … ecco venire il tempo in cui Dio comincerà il proprio giudizio dalla sua casa; e se comincia da noi, quale sarà la fine per quelli che non credono nel Vangelo di Dio? È se il giusto appena si salva, cosa diventeranno il peccatore e l’empio? » (I Piet. IV, 18). Che avverrà in questo giudizio? L’arco è teso, esso è teso per minacciare, ma non ancora per colpire. E vedete cosa succede quando si tira l’arco; non si tratta di lanciare la freccia in avanti? Anche se la corda è tesa all’indietro, nel senso contrario a quello in cui la freccia sarà lanciata, e più la corda sarà tesa lontano all’indietro, più violenta sarà la velocità con la quale la freccia sarà lanciata in avanti. Cosa significa ciò che sto dicendo? Che più il giudizio sarà differito, più terribile sarà l’impetuosità con la quale arriverà. Noi dobbiamo quindi rendere a Dio delle azioni di grazie per le nostre tribolazioni temporali, perché Dio se ne serva per significare al suo popolo di fuggire davanti all’arco minacciante; Egli vuole che i fedeli, esercitati dalle tribolazioni temporali, siano degni di sfuggire al supplizio del fuoco eterno che attenderà tutti coloro che non credono in queste verità. (S. Agost.). – « O Signore, Voi avete dato un segno a coloro che vi temono, affinché essi possano evitare l’arco teso contro di loro ». O Signore, voi avete aguzzato le vostre frecce, esse spirano sangue, il vostro arco è pronto al tiro ed i nostri cuori saranno trapassati dai colpi; ma prima di lasciare la mano, minacciate, avvertite, affinché si fugga la vostra collera minacciante: è il segno della salvezza che Voi ci date. Ma Voi non lo date se non a coloro che vi temono, gli altri, addormentati nei loro peccati, vogliono solo non intendere, non ascoltare altra voce se non quella che porti al piacere; ma coloro ai quali resta ancora qualche timore dei vostri giudizi, o Dio, tremino alle vostre minacce, affinché evitino i vostri colpi. (BOSSUET. Méd. sur l’Ev. der. Sem. LXXI, j.) – Il segnale che Dio dà ai giusti per premunirsi contro i tentativi dei nemici della salvezza, è la vigilanza su se stessi, e l’esercizio della sua santa Presenza. Essi sanno che il loro fine ultimo può giungere in qualunque momento, e che Dio chiederà loro conto di tutto ciò che essi pensano, di tutto ciò che dicono, di tutto ciò che fanno. Questo occhio eterno sempre aperto e questo ultimo giorno sempre minacciante, li tengono incessantemente attenti, e cosa potrebbe allora il nemico della salvezza con tutti i suoi artifici? (Berthier).

ff. 5. – Che la vostra destra mi salvi, salvatemi in modo che io sia posto alla vostra destra. Che la vostra destra mi salvi: io non domando la salute temporale; su questo punto, che sia fatta la vostra volontà, io la riporto alla vostra volontà. Per il tempo presente, noi ignoriamo interamente quel che c’è utile; perché noi non sappiamo chiedere come si conviene, (ROM. VIII. 33.). « Ma che la vostra destra mi salvi », affinché se debba soffrire in questo tempo una qualche tribolazione, almeno, finché non sia passata la notte di queste afflizioni, io mi trovi alla vostra destra, tra le pecore, e non alla sinistra, tra i capri (Matth. XXV, 33) (S. Agost.).

II. 6-8.

ff. 6-8. – Dio ha parlato nei tempi passati ai nostri  padri per mezzo dei profeti, ma negli ultimi tempi ci ha parlato, ed ancora ci parla, per mezzo del suo Santo, cioè per mezzo di Gesù-Cristo suo Figlio. – Questa enumerazione dei popoli fedeli a Davide, o sottomessi con la forza alle sue leggi, è una immagine dello stato di un’anima maestra delle sue facoltà e delle sue passioni. La carità vi regna sovrana, come Giuda aveva la preminenza su tutte le altre tribù; il corpo faceva le funzioni di Moab, destinato ai ministeri inferiori e propri degli schiavi; gli oggetti esterni, simili ai Filistei, sono tenuti nella dipendenza, e non turbano affatto l’impero dell’amore divino. Ogni giorno quest’anima fa delle conquiste sui nemici della salvezza, figurati dagli Idumei. Infine le virtù che contribuiscono a mantenere la vita soprannaturale, come la fede, la speranza, la pazienza, l’umiltà, la pietà, la mortificazione, dimorano nel pieno esercizio delle loro funzioni, come gli abitanti di Galaad e Manasse, rappresentate come inviolabilmente legate a Davide (Bethier).

ff. 12. – Nelle grandi imprese, o nei pericoli pressanti, i figli del secolo non pensano che ai mezzi umani. Quali saranno le mie forze? … essi dicono, chi sarà il mio protettore? Dove troverò risorse? Da dove verrò fuori? Come sfuggirò a questo pericolo? Non viene loro in mente di ricorrere al Signore, di implorare il suo soccorso e contare sulla sua protezione. Se riusciranno, è al loro industriarsi ed alla loro prudenza che attribuiranno il successo; se decadono dalle loro speranze, essi lo imputano alla malvagità degli uomini, o anche mormorano contro la Provvidenza. Si rendono colpevoli in ogni maniera: dapprima per i loro progetti, che sono spesso ingiusti; in seguito, per i mezzi che impiegano e che sono ancora il più delle volte criminali; infine con i loro rivolgimenti di vanità o di impazienza, di falso entusiasmo di se stessi, o di frivole recriminazioni sulla fatalità degli avvenimenti. Siccome nel mondo vi sono più mali che beni, il linguaggio ordinario è che i tempi sono cattivi. Si diceva questo fin dai tempi di S. Agostino, come lo si dice oggi, e come lo si dirà ancora fra mille anni. Eh! Riprendeva su questo il santo Dottore, viviamo bene, ed I tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi; come siamo noi, così sono i tempi! Due cose rendono cattivi i tempi, la miseria dell’uomo e la malvagità dell’uomo; la miseria è comune, è il male di tutti; perché rendiamo comune anche la malvagità? Come potranno essere buoni i tempi, se noi siamo tutti cattivi? (Berthier).

SALMI BIBLICI: “ERIPE ME DE INIMICIS MEI, DEUS MEUS” (LVIII)

SALMO 58: “ERIPE ME DE INIMICIS MEI, Deus meus”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME PREMIER.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 58

In finem, ne disperdas. David in tituli inscriptionem, quando misit Saul, et custodivit domum ejus, ut eum interficeret.

[1] Eripe me de inimicis mei, Deus meus,

et ab insurgentibus in me libera me.

[2] Eripe me de operantibus iniquitatem, et de viris sanguinum salva me.

[3] Quia ecce ceperunt animam meam; irruerunt in me fortes.

[4] Neque iniquitas mea, neque peccatum meum, Domine; sine iniquitate cucurri, et direxi.

[5] Exsurge in occursum meum, et vide: et tu, Domine Deus virtutum, Deus Israel, intende ad visitandas omnes gentes; non miserearis omnibus qui operantur iniquitatem.

[6] Convertentur ad vesperam, et famem patientur ut canes; et circuibunt civitatem.

[7] Ecce loquentur in ore suo, et gladius in labiis eorum: quoniam quis audivit?

[8] Et tu, Domine, deridebis eos; ad nihilum deduces omnes gentes.

[9] Fortitudinem meam ad te custodiam, quia, Deus, susceptor meus es.

[10] Deus meus, misericordia ejus præveniet me.

[11] Deus ostendet mihi super inimicos meos; ne occidas eos, nequando obliviscantur populi mei. Disperge illos in virtute tua, et depone eos, protector meus, Domine;

[12] delictum oris eorum, sermonem labiorum ipsorum; et comprehendantur in superbia sua. Et de execratione et mendacio annuntiabuntur,

[13] in consummatione, in ira consummationis; et non erunt. Et scient quia Deus dominabitur Jacob, et finium terræ.

[14] Convertentur ad vesperam, et famem patientur ut canes; et circuibunt civitatem.

[15] Ipsi dispergentur ad manducandum; si vero non fuerint saturati, et murmurabunt.

[16] Ego autem cantabo fortitudinem tuam, et exsultabo mane misericordiam tuam; quia factus es susceptor meus, et refugium meum in die tribulationis meæ.

[17] Adjutor meus, tibi psallam, quia Deus susceptor meus es; Deus meus, misericordia mea.

[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LVIII.

Perchè Davide di notte non fuggisse e potesse ucciderlo la mattina, Saulle assediò la casa (1 dei Re, c. 19). Ma Michol lo salvò, calandolo dalla finestra. Il Salmo è scritto, imminente questo pericolo; egli prega e predice al solito la perdita de’ suoi nemici. S’applica a Cristo, trattenuto nel sepolcro. E alla Chiesa, impedita nella sua predicazione; si può anche raffigurarvi la sorte de’ giusti e degli empii.

Per la fine: non mandare in perdizione; a David, iscrizione da mettersi sopra una colonna: quando Saul mandò ad assediar la sua casa per ammazzarlo.

1. Salvami da miei nemici, o mio Dio, e liberami da coloro che insorgono contro di me.

2. Toglimi dalle mani di quei che lavorano iniquità, e salvami dagli uomini sanguinarii.

3. Perocché ecco che avran presa l’anima mia: uomini di gran possa son venuti ad assalirmi.

4. Nò ciò, o Signore, per la mia iniquità, né per mia colpa: senza iniquità io corsi e regolai i miei passi.

5. Sorgi, e vienmi incontro, e considera. E tu, o Signore Dio degli eserciti, Dio d’Israele, Svegliati per visitare tutte le nazioni; non far misericordia a verun di coloro che operano l’iniquità.

6. Verranno alla sera, e patiranno fame canina, e gireranno intorno alla città. (1)

7. Ecco che apriranno la loro bocca, avendo un coltello nelle loro labbra (dicendo): Chi ci ha ascoltati?

8. Ma tu, o Signore, ti burlerai di loro; stimerai come un nulla tutte le genti.

9. La mia fortezza riporrò in te, perché tu se’, o Dio, il mio difensore:

10. La misericordia del mio Dio mi preverrà.

11. Dio mi ha fatto vedere la vendetta de’ miei nemici; non gli uccidere; affinché non se ne scordi il popol mio. Dispergili colla tua possanza, e degradagli, o Signore, protettor mio,

12. A motivo del delitto della loro bocca e per le parole delle loro labbra; e siano presi dalla propria lor superbia. (2)

13. E per lo spergiuro e per la menzogna saran chiamati alla perdizione dall’ira che li consuma; ed e’ più non saranno. E conosceranno come il Signore regnerà sopra Giacobbe e sino alla estremità della terra.

14 . Si convertiranno alla sera, e saranno affamati come cani, e gireranno attorno alla città.

15. Eglino andran vagabondi, cercando cibo; e se non saran satollati, ancora mormoreranno.

16. Ma io canterò la tua fortezza, e inni di letizia offrirò al mattino alla tua misericordia. Perché tu se’ stato mia difesa e mio rifugio nel di della mia tribolazione.

17. Aiuto mio, te io canterò, perché tu, o Dio, tu sei mia difesa; Dio mio, mia misericordia.

(1) Davide esprime la delusione dei suoi nemici che, essendo venuti per prenderlo, non lo trovano, poiché egli era scappato dalla finestra, e tornando nel cuore della notte, latrando come dei cani ai quali hanno strappato la preda, cercano Davide per tutta la città.

(2) C’è chi ha tradotto: ed a causa della maledizione (delle loro bestemmie), e della menzogna, si annuncerà loro lo sterminio, lo sterminio per la collera ed essi non saranno più.

Sommario analitico

Davide, circondato nella sua casa dai compagni di Saul che cercano di impadronirsi di lui per metterlo a morte, è figura di Nostro-Signore preso e catturato dai suoi nemici nell’orto degli ulivi.

I.  – Egli implora il soccorso di Dio:

1° Esponendo il pericolo imminente che gli fanno correre i suoi nemici: – a) essi sono pieni di meraviglia a suo riguardo; – b) si dichiarano contro di lui nei consigli di Saul; (1) – c) aggiungo atti alle parole; – d) cercano anche di versare il suo sangue e di togliergli la vita (2,3);

2° Per la sua innocenza (4).

II. – Egli predice la sua liberazione:

1° mostra quali siano i disegni dei suoi nemici, frustrati dai loro attentati e cospiranti di nuovo contro di lui, e prega Dio che lo liberi e li punisca (6,7);

2° Dio riderà dei loro sforzi e li annienterà (8); 3° egli dichiara tutta la sua fiducia che ripone in Dio, la sua forza, la sua difesa, la sua misericordia (9, 10);

3° descrive la punizione dei suoi nemici che sarà: a) manifesta; b) gloriosa per lui; c) perdurante, d) ignominiosa per la loro dispersione ed il loro abbassamento (11), e) giusta, a causa dei loro discorsi e dei loro atti (12); f) piena di dolore: 1) perché essi sapranno che Dio ne è l’autore (13), 2) perché soffriranno una fame crudele (14), 3) perché mormoreranno nella loro estrema miseria (15).

III. – Egli promette di rendere azioni di grazie a Dio:

.a) Forte contro i suoi nemici, b) misericordioso al suo riguardo (16), c) suo protettore e suo rifugio nel giorno dell’afflizione, d) suo difensore nei combattimenti (17).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1 – 4

ff. 1, 3. – È la voce di Davide assediato nella propria casa dai soldati di Saul; – è la voce di Gesù-Cristo nella sua passione e nel suo sepolcro circondato dalle guardie; – è la voce di un’anima giusta oppressa dai nemici della sua salvezza: il demonio, la propria concupiscenza, la presunzione delle proprie forze, l’orgoglio e tutte le altre passioni che si accaniscono su di essa per catturarla (Dug.). – Ciò che dice qui il salmista si compie nella carne di Cristo e si compie anche in noi. In effetti i nostri nemici, cioè il demonio ed i suoi angeli, non cessano di scagliarsi ogni giorno contro di noi; essi tentano senza tregua di trionfare della nostra debolezza e della nostra fragilità, e ci ingannano, ci suggeriscono il male, ci assalgono con tentazioni; essi voglio farci cadere in ogni tipo di insidia mentre viviamo sulla terra. Ma la nostra voce vegli davanti a Dio e gridi nelle membra di Cristo, sotto la sorveglianza del nostro capo, stabilita nel cielo (S. Agost.). – Questi sono dei nemici potenti di per se stessi, ma deboli quando si ha Dio per protettore, perché, cosa può l’uomo contro Dio?

ff. 4. – Si sente, in queste nobili parole, tutta la superiorità della verità sulla figura. Né Davide, né alcun altro uomo ha potuto dire, in mezzo ai mali che i suoi nemici gli facevano soffrire, che egli soffrisse perfettamente innocente. Solo l’Uomo-Dio ha potuto, con tutta verità, concepire questo pensiero ed usare questo linguaggio, ed è così che nel Vangelo Gesù-Cristo dice ai Giudei: « Chi di voi mi accuserà di peccato? » Così, quale dignità, quale prezzo infinito, questa intera innocenza, questa incomparabile santità, dà in sacrificio una vita così pura, all’immolazione della vittima senza macchia! Così ne risulta, secondo ogni giustizia, il diritto di ottenere la salvezza del mondo e di far revocare le sentenze pronunciate contro la razza umana, almeno per tutti coloro che crederanno ed ameranno, e che proveranno con le loro opere, la loro fede ed il loro amore! (Rendu). – Gesù-Cristo propriamente parlando, ha il diritto di dire che né la sua iniquità, né il suo peccato sono stati la causa dei trattamenti che soffriva da parte degli uomini; Egli che ha potuto dire ai suoi nemici: Chi tra voi potrà accusarmi di peccato? (Jov. VIII, 46). I giusti nondimeno lo possono dire in un senso vero, vale a dire, con pur riconoscendo davanti a Dio, in mezzo alle persecuzioni che li hanno fatto soffrire, che essi sono peccatori, essi però non soffrono propriamente come peccatori, ma solo perché si porta loro invidia, perché è necessario che tutti coloro che vogliono vivere nella pietà, siano perseguitati (II Tim. II, 12), e che tutta le gloria di un Cristiano è di soffrire non da colpevole, ma da giusto e da innocente (1 Piet. IV 15).

II. – 6-15.

ff. 5. – Sembra inutile domandare a Dio che si alzi per venire incontro a noi, poiché, riempiendo tutto con la sua presenza, Egli è sempre vicino ai suoi servi, e considera il pericolo in cui siamo, poiché nulla è nascosto alla sua luce divina. Ma Egli vuole, per noi che meritiamo di essere esauditi, che veniamo convinti, in vista del nostro stato, del gran bisogno che abbiamo del suo soccorso. (Dug.). – « Non abbiate pietà di tutti quelli che commettono l’iniquità ». Queste sono parole da terrore. Chi non ne sarebbe colpito? E quale anima, rifacendo un esame sulla propria coscienza non ne tremerebbe? Quand’anche potesse rendere testimonianza di qualche atto di pietà, sarebbe sorprendente se non possa anche rendersi testimone di qualche iniquità. In effetti chiunque commetta peccato, commette l’iniquità. (Giov. III, 4). « Ora, se esaminate le iniquità dell’uomo, Signore, Signore, chi potrà sostenere questo esame? » (Ps. CXXIX, 3). E benché queste parole siano vere, esse non sono state dette invano, non possono e non potrebbero mai se non compiersi (S. Agost.). – Ogni iniquità, piccola o grande, deve necessariamente essere punita, o con la penitenza dell’uomo colpevole, o con il castigo del Dio vendicatore; perché colui che si pente si punisce da solo. Puniamo dunque i nostri peccati, se cerchiamo di ottenere la misericordia di Dio. Dio non può aver pietà di coloro che commettono l’iniquità. Da voi stessi o da Dio, occorre assolutamente che vi sia una punizione. Volete che Egli non punisca? Punitevi da soli, voi stessi; perché avete commesso un’azione che non può restare impunita; ma è maglio che la punizione venga da voi e che facciate quel che il Profeta ha scritto in un altro Salmo: « Preveniamo la severità del suo volto, confessando i nostri peccati » (S. Agost.).

ff. 6. – Immagine suggestiva è questa, dei riprovati nel giorno del giudizio finale, allorché, divorati dalla fame di questa sapienza che avranno disdegnato quando ancora erano in vita, essi percorreranno, come cani affamati, la città, l’assemblea dei santi, per vedere se alcuno voglia soccorrerli, e nessuno li soccorrerà in questo giorno di sventura (Bellar.). – Penitenza tardiva ed ordinariamente inutile, che non si fa che sulla sera della vita; penitenza spesso cominciata all’agonia, che non è stata mai provata, di cui mai si è visto il frutto; penitenza imperfetta; penitenza nulla, senza forza, senza riflessione, senza tempo per ripararne i difetti (Bossuet). – Si soffre allora una fame spaventosa, perché, mancando in questo momento il mondo che si ama e che sfugge, si sente in fondo al cuore un vuoto impossibile da riempire, e che riduce, come le vergini stolte, a fare inutilmente il giro della città, cioè ad indirizzarsi a tutti i giusti, per domandar loro qualche goccia di olio (Dug.).

ff. 7, 8. – Non c’è nulla di più pericoloso che una tentazione violenta giunta con l’occasione di peccare in segreto e con impunità. È ciò che rese la moglie di Putifar sì audace: cosa che rende infinitamente rilevante il merito di Giuseppe. Chi ti vedrà, chi ti ascolterà? … dice la passione! Questa parola è più formidabile della spada; essa ha perso più anime che il mondo con tutte le sue illusioni, che il demonio con tutti i suoi artifici. Per rifiutare questa parola bisogna ricordarsi di quella che S. Agostino indirizza a tutti gli uomini passionali, soprattutto agli impudichi: dove vai a sprofondarti? Guarda Gesù-Cristo in te; risparmia questo affronto a Gesù-Cristo. E che! Disprezzerai Gesù-Cristo di cui sei membro? Disprezzerai lo Spirito-Santo di cui sei tempio? In qualunque parte tu vada, sei visto da Gesù-Cristo che ti ha creato, che ti ha riscattato, che è morto per te. Questa potente apostrofe del santo Dottore ci insegna che la voce della coscienza ed il ricordo della presenza di Dio sono le sole cose degne che noi possiamo opporre al torrente di una passione violenta che ci sollecita, e che autorizza al segreto, al silenzio ed all’impunità (Berthier). – Castigo di ogni ingiustizia e che la santa Scrittura ci richiama frequentemente è quello per cui i peccatori hanno riso di Dio durante la loro vita, Dio riderà di loro alla loro morte! – Mantenere, conservare la propria forza in Dio, e mettersi interamente al suo servizio; questo non è attribuirsi tale forza, ma attribuirla a Dio solo, senza il Quale non possiamo niente; occorre confidare in Lui affinché la riguardi come un deposito, la conservi e l’aumenti.

ff. 9, 10. – « È in voi che conserverò la mia forza ». In effetti tutti questi forti sono caduti perché essi non hanno riposto la loro forza sotto la vostra custodia; vale a dire, coloro che si sono levati contro di me, hanno posto la loro fiducia in se stessi. « Quanto a me è in Voi che manterrò la mia forza »; perché se mi allontano da Voi, io cado; quando mi avvicino a Voi, io divento più forte. Vedete in effetti qual è la condizione dell’anima umana: essa non ha luce da se stessa; ora tutto ciò che è bene nell’anima, è la forza e la saggezza; ma per se stessa essa non ha la saggezza; per se stessa essa non ha la forza; essa non è né la propria luce né la propria forza. Ma per essa c’è un principio ed una fonte di forza; c’è per essa una radice di saggezza; c’è per essa, se così è permesso parlare, una regione di immutabile verità: se l’anima se ne allontana, cade nelle tenebre; se vi si avvicina, vi trova luce. « Avvicinatevi a Dio e sarete illuminati »; (Ps. XXXIII, 5); se invece vi allontanate da Lui, sarete nelle tenebre. « Io dunque serberò in Voi la mia forza »; io non mi allontanerò da Voi e non metterò più la mia fiducia in me stesso. « Io serberò la mia forza in Voi, perché Voi siete il mio protettore ed il mio Dio ». Dove siete Voi in effetti, e dove son io? Da dove mi avete tratto? Quali iniquità mi avete rimesso? Dove ero disteso, dove sono stato innalzato? (S. Agost.). – Il mondo cieco ed appassionato vorrebbe far passare la testardaggine nell’errore e l’incredulità come una certa forza di spirito. Ah! Signore, non permettete mai che me ne formi mai una simile, e non soffra mai che il mio spirito si fortifichi a spese della mia fede. No, mio Dio, non sarà così: tra le debolezze estreme alle quali sento che il mio cuore è soggetto, se mi resta ancora qualche forza, questa è per Voi, e non contro di Voi io pretendo conservarla, perché io voglio potervi dire come Davide: « … è per voi che io serberò la mia forza », e vedo che queste parole dimorano ben impresse nel mio cuore, per poter essere la prima regola della mia condotta. I libertini impiegano la forza del loro spirito contro la vostra Religione, gli eresiarchi contro la vostra Chiesa, tutti unanimemente contro di Voi, ma io, Signore, che faccio professione di fedeltà, io la conserverò e la userò per Voi. In luogo di coloro che mettono la loro forza nel non credere o nel credere a ciò che piace loro, io metterò la mia nel sottomettermi e nell’essere prigioniero; la mia forza sarà la mia sottomissione, e quando vi farò, o mio Dio, il sacrificio di questa sottomissione, che è il più grande sforzo dello spirito umano, io mi consolerò nel pensiero che io lo faccio per Voi e non per altri. Che mi si tratti da spirito debole, che il mondo giudichi secondo le proprie vedute, poco mi importerà, dal momento che io mi lego a Voi con una fede viva e che niente sia capace di portarmi alla risoluzione di non avere né spirito né forza se non per Voi, ed in rapporto a Voi. Ecco – dice S. Agostino – come un uomo cristiano deve parlare a Dio, ed ecco ciò che fa la sua gloria; perché cosa c’è di più glorioso che essere vinto, o piuttosto di voler essere vinto dalla verità: « Quid enim gloriosius quam vincta veritate. » (BOURD. Panég. de S. Thomas). – « La misericordia mi preverrà ». Io non presumerò in alcun modo di me stesso. Cosa ho portato di buono perché Voi abbiate pietà di me e mi abbiate giustificato? Cosa avete trovato in me, se non solo i miei peccati? Voi non avete trovato in me se non la natura che avete creato; tutto il resto erano i miei peccati, che Voi avete cancellato. Io non mi sono levato per primo per venire a Voi; ma Voi siete venuto a me per eccitarmi; perché « la sua misericordia mi preverrà ». Prima che abbia fatto qualcosa di buono, « la sua misericordia mi verrà in aiuto » (S. Agost., VII, 12).

ff. 11, 12. – Questo grande crimine del deicidio doveva essere la salvezza del genere umano. I Giudei, cioè i nemici accaniti, i carnefici di Gesù-Cristo, dovevano essere gli immortali testimoni e rinascendo incessantemente, avrebbero deposto in tutto il corso dei secoli, in favore della loro vittima. Era il loro destino e Gesù-Cristo stesso, per bocca di Davide, lo ha loro annunciato dall’alto della sua croce. Essi saranno dati come spettacolo al mondo, sempre puniti e sempre viventi; sempre ribelli e sempre cacciati; sempre attestanti la verità delle Scritture sacre, e sempre ricusando di credere ciò che essi proclamano per persuadere tutte le nazioni; dispersi tra tutti i popoli, non si confondono con alcuno; odiati, disprezzati, perseguitati e sempre pieni di vita, sempre attivi. Sempre moltiplicati sulla faccia della terra. – Finché sia invincibilmente provato che Dio che li tiene sotto il suo impero, li fa servire per i suoi disegni, e come ultima prova della sua onnipotente misericordia, li conduce umiliati e pentiti ai piedi di quella croce sulla quale hanno inchiodato Gesù di Nazareth, il Re dei Giudei (Rendu). – L’esecrazione di cui parla qui Davide fu evidentemente quella orribile parola: « Che il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli », parola per la quale essi chiesero per essi la pena più infame degli attentati; la menzogna, queste parole: « … noi non abbiamo altro re che Cesare », perché è costante che essi non vollero pagare il loro tributo a Cesare, perché si vantavano di essere liberi, e di non aver mai servito nessuno, cosa che era una terribile menzogna, smentita da tutta la loro storia (Bellarm.). – I giusti prevedono spesso i castighi che Dio vuol far soffrire ai loro nemici; ma, ben lontani dal sentirne una maligna gioia, essi ne hanno, al contrario, solo dolore perché li amano. Essi pregano Dio di non farli morire, o se vuol far morire qualcosa in essi, questa sia la loro volontà colpevole e non la loro persona (Dug.).

ff. 13. – La collera consumata di cui parla il profeta è terribile: colui che ne è l’oggetto cessa di esistere ai nostri occhi, ma non lascia il far comprendere che Dio è il padrone supremo che domina su tutto. Come colui che non è più, può avere quella conoscenza? È che la sua esistenza, peggio del niente, non riceve che i flagelli di un gioco inesorabile e di un vendicatore spietato. I riprovati sono in questo pietoso stato; essi non sono più, perché la vita di Dio non è più in essi, e provano la vendetta del Dio vivente, che essi hanno negletto ed abbandonato. I malvagi si burlano di questa grande verità, dal momento che potrebbero profittarne, e non resta loro che disperarsi, quando potevano invece applicarsi con frutto. Albero infruttuoso, diceva S. Agostino, non ridere, perché ti si dà del tempo per portare frutto. L’ascia è pronta, essa ti minaccia; profitta del lasso di tempo, non credere che Colui che l’ha in mano non venga ben presto a colpirti. (Berthier).

ff. 14, 15. – È questo un quadro energico della triste e deplorevole sorte dei Giudei. Essi non riconosceranno giammai che Cristo è il padrone dei Giudei e quello dei Gentili, se non nell’ultimo giorno, ma oramai sarà troppo tardi. Essi si rivolgeranno ai loro profeti urlando verso di essi come dei cani affamati, e poiché non ne riceveranno consolazione, cominceranno a mormorare e a dolersi del loro dolore (Bellar.). – Il peccatore morente è all’ultimo atto della sua scandalosa storia; in questo momento, egli cerca ancora di nutrirsi degli alimenti del mondo, chiama in suo aiuto tutto ciò che può immaginare per conservare il soffio di vita che sta per rendere. Forma dei progetti per soddisfare le sue passioni, soprattutto quelle che ha avuto al primo posto nella sua anima, … l’orgoglio, l’avarizia, la voluttà: sforzi inutili, tutto manca in lui; egli prova una carenza generale. Dio lo rigetta ed il mondo lo abbandona; non gli resta – dice San Gregorio Magno – che il ricordo del male che ha fatto, del bene che ha omesso, dei rimproveri che merita, delle virtù che gli mancano, dei castighi che gli sono riservati (Berthier).

ff. 16. – Mentre i peccatori, in qualunque abbondanza vivano, sono sempre affamati come cani, perché tutti i beni della terra non sono capaci di saziarli, il giusto, al contrario, trova in Dio di che saziarsi pienamente, per quanto si possa fare in questa vita. Dio tiene conto di tutto: se ha fame o sete, Egli è suo nutrimento, è sua bevanda, se ha freddo è suo abito, se è malato è la sua medicina, se è triste Egli è la sua gioia. Egli canta con una gioia per cui solo lui è capace di gustare la potenza e la misericordia di Dio. (Duguet).

ff. 17. – « Mio Dio, voi siete la mia misericordia ». Considerando tutti i beni – qualunque essi siano – che noi possiamo possedere, in ragione della nostra natura, sia in ragione delle leggi che ci reggono, o della direzione data alla nostra vita nella fede, nella speranza, nella carità, nei buoni costumi, nella giustizia o nel timore di Dio; vedendo anche che noi non possediamo questi vantaggi che grazie ai doni del Signore, il Profeta termina così: « … Mio Dio, Voi siete la mia misericordia ». Colmato di benefici da Dio, egli non ha trovato altro nome da dare che quello della sua misericordia. O nome pieno di dolcezza, sotto il quale non si deve disperare! « Mio Dio – egli dice – Voi siete la mia misericordia. » Cosa vuol dire: « la mia misericordia »? Se voi dite, mia salvezza, io comprendo che Dio dà la salvezza, se dite: mia forza, io comprendo che Egli vi dà la forza; ma che vuol dire: « mia misericordia »? Tutto ciò che io sono, viene dalla vostra misericordia! Ma ho forse meritato invocandovi? Che ho fatto per esistere? Cosa ho fatto per esistere in modo da potervi invocare? Si, in effetti io ho fatto qualcosa per esistere, io esistevo già prima di essere; ma se io non ero assolutamente niente prima di esistere, io non ho potuto dapprima meritare verso di Voi, né rendermi degno dell’esistenza. Voi mi avete dato di esistere e non mi avreste dato di essere buono? Se Voi mi aveste dato di esistere e qualcun altro mi avesse concesso di essere buono, colui che mi ha dato di essere buono sarebbe migliore di colui che mi ha dato di esistere. Ma poiché nessuno è migliore di Voi, nessuno è più potente di Voi, nessuno è più prodigo della sua misericordia di Colui dal quale ho ricevuto di essere buono, « … mio Dio, Voi siete la mia misericordia. » (S. Agost.). – Davide, alla vista dei travagli, delle afflizioni di questa vita, chiama Dio suo aiuto, suo ausilio, e siccome Dio ci fa passare dalle tribolazioni della vita presente al riposo della vita eterna, gli dice: siete Voi che mi prendete, Voi che mi ricevete. Ma considerando che Egli si carica dei nostri mali, che sopporta le nostre colpe, con la penitenza, Egli ci permette di aspirare alle ricompense eterne, e non grida solo il nome di Dio misericordioso, ma Gli dice. « Mio Dio, mia misericordia ». Rimettiamo davanti ai nostri occhi tutto il male che abbiamo fatto, meditiamo su questa longanimità di Dio che ci sopporta per lungo tempo, consideriamo questa tenerezza eterna e veramente eccessiva che, non contento di perdonarci le nostre colpe, si degna ancora di promettere il suo regno ai peccatori pentiti, e diciamo tutti dal fondo del nostro cuore: « … Mio Dio, mia misericordia ». (S. Greg.).

SALMI BIBLICI: “SI VERE UTIQUE JUSTITIAM LOQUIMINI (LVII)

SALMO 57: Si vere utique justitiam loquimini

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME PREMIER.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 57

In finem, ne disperdas. David in tituli inscriptionem.

[1] Si vere utique justitiam loquimini,

recta judicate, filii hominum.

[2] Etenim in corde iniquitates operamini; in terra injustitias manus vestræ concinnant.

[3] Alienati sunt peccatores a vulva; erraverunt ab utero, locuti sunt falsa.

[4] Furor illis secundum similitudinem serpentis, sicut aspidis surdae et obturantis aures suas,

[5] quae non exaudiet vocem incantantium, et venefici incantantis sapiente. (1)

[6] Deus conteret dentes eorum in ore ipsorum; molas leonum confringet Dominus.

[7] Ad nihilum devenient tamquam aqua decurrens; intendit arcum suum donec infirmentur.

[8] Sicut cera quae fluit auferentur; supercecidit ignis, et non viderunt solem.

[9] Priusquam intelligerent spinæ vestræ rhamnum, sicut viventes sic in ira absorbet eos.(2)

[10] Laetabitur justus cum viderit vindictam; manus suas lavabit in sanguine peccatoris.

[11] Et dicet homo: Si utique est fructus justo, utique est Deus judicans eos in terra.

[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LVII

Quello che accadrà a Saulle, accadrà a tutti gli empii; periranno, e la giustizia di Dio trionferà, terror de’ malvagi e consolazione de’ giusti.

Per la fine: non mandare in perdizione; a

David, iscrizione da mettersi sopra una colonna.

1. Se veramente voi parlate per la giustizia, siano retti i vostri giudizi, o figliuoli degli uomini.

2. Ma voi nel cuore operate l’iniquità; le vostre mani lavorano ingiustizie sopra la terra

3. Si sono alienati da Dio i peccatori fino dal loro nascere, fin dal seno della madre han deviato: han parlato con falsità.

4. Il loro furore è simile a quello di un serpente, simile a quello di un’aspide sorda, che si chiude le orecchie;

5. La quale non udirà la voce dell’incantatore, e del mago perito degli incantesimi. (1)

6. Dio stritolerà i loro denti nella lor bocca; il Signore spezzerà le mascelle de’ lioni.

7. Si ridurran nel niente come acqua che scorre; egli tien teso il suo arco, per fino a tanto che siano abbattuti.

8. Saranno strutti come cera che si fonde; cadde il fuoco sopra di essi, e non vider più il sole.

9. Prima che queste vostre spine si sentano fatte un roveto, così ei li divorerà nel suo sdegno, quasi ancor vivi. (2)

10. Si allegrerà il giusto nel veder la vendetta; laverà le mani sue nel sangue del peccatore.

11. E l’uomo dirà: Certamente, se v’ha frutto pel giusto, v’ha certamente un Dio, che giudica costoro sopra la terra.

(1). Due sentimenti su questi maghi: l’opinione comune, seguita da S. Agostino, è che si tratti di coloro che esercitano la magia nera, che fanno cioè delle cose sorprendenti per opera del demonio. La seconda è che il Profeta parli di coloro che esercitano la magia bianca, vale a dire che fanno delle cose straordinarie col soccorso della fisica e delle scienze naturali, senza alcuna relazione con il demonio. È certo che la musica opera effetti singolari su diverse specie di serpenti, ma ce n’è qualcuna che non si lasci vincere dal fascino dell’armonia, ed è a questo che il Salmista fa allusione. I serpenti sono sensibili alla musica, ma una volta messi in furore, non ascoltano più il suono degli strumenti, ed è in questo senso che si può dire che essi chiudono le orecchie, o che sono sordi.

(2). Tutti questi paragoni indicano la rapidità della punizione che piomberà sui malvagi; quella del versetto 9 è presa dagli usi del deserto, ove si tagliano dei rovi per preparare degli alimenti. Nel breve tempo che ci vuole perché le spine giungano alla forza di un arbusto, Egli farà sparire tutti questi uomini ingiusti. Il rhamnum o nerprun, è un arboscello spinoso che cresce nel deserto; le spine verdi, come quelle infiammabili, saranno portate via dalle tempeste, paragone riferito a ciò che spesso accade ai viaggiatori nel deserto (Rosen-Muller).

Sommario analitico

Davide, condannato dai consiglieri di Saul come colpevole di lesa maestà, predice loro i castighi riservati ai giudici iniqui ed ai calunniatori.

I – Egli rimprovera loro:

1° L’ingiustizia dei loro giudizi e dei loro atti (1,2); 2° la perversità congenita del loro spirito e del loro cuore accentuato dalla ipocrisia (3); 3° l’indurimento del loro cuore nel fare il male e nell’allontanarsi dal bene. (4, 5).

II – Ne predice il castigo che meritano con diversi paragoni:

– 1° il castigo distruggerà ed annienterà i più forti, come se Dio frantumasse la mascella dei leoni (6); – 2° la loro potenza sarà di breve durata, e non lascerà alcuna traccia (7); – 3° Dio annienterà la loro potenza con la stessa facilità con cui il fuoco fonde la cera (8); – 4° la loro rovina arriverà prima che essi possano compiere il male che meditano (9).

III – Oppone al castigo dei suoi nemici la gioia dei giusti:

1° Gioia interiore alla vista della giustizia vindice di Dio e della loro vittoria sui nemici (10); 2° gioia esteriore nel ricevere la ricompensa delle loro buone opere e nel vedere la gloria del giusto e sovrano Giudice (11).

Spiegazioni e Considerazioni

I — 1-5.

ff. 1. – Non abbiate solo una giustizia fatta di parole, ma abbiate una giustizia di azioni. Si, in effetti, voi agite diversamente da come parlate: parlate bene e giudicate male. Agite come giudicate? (S. Agost.). – Colui che non ha la vera giustizia fortemente radicata nel cuore, che si lascia corrompere dal denaro, che si lascia influenzare dall’amicizia, che cerca di vendicare una ingiuria o di piacere al potere, non potrà mai rendere un giusto giudizio. È a lui che qui viene detto: se voi parlate con verità e secondo giustizia, giudicate secondo equità; perché un indice certo che le idee di diritto ed equità regnano in un cuore, è l’equità e la giustizia nei giudizi (S. Basilio). – O uomini, voi avete sempre in bocca l’equità e la giustizia; nei vostri affari, nelle vostre assemblee, nei vostri ritrovi, si intende dappertutto risuonare questo nome sacro, e quando appena si toccano i vostri interessi, non cessate di chiamare la giustizia a vostro soccorso. Ma se è sinceramente e con buona fede che voi parlate della sorte, se guardate alla giustizia come l’unico asilo della vita umana, che voi credete di aver ragione nel ricorrere, quando vi si fa torto, a questo rifugio comune di buon diritto e di innocenza, giudicate dunque voi stessi equamente, contenetevi nei limiti che vi sono dati, e non fate agli altri ciò che non volete sia fatto a voi. Perché in effetti cosa c’è di più violento ed iniquo che il gridare all’ingiustizia e ricorrere a tutte le leggi in nostro aiuto appena veniamo toccati, mentre non temiamo di attentare altamente ai diritti degli altri; come se queste leggi che noi imploriamo non servissero che a proteggerci, e non ad istruirci sui nostro obblighi verso gli altri, e che la giustizia non ci sia stata data che come un bastione per coprirci, e non come una barriera posta per fermarci nei nostri rapporti reciproci? – Fuggiamo un eccesso così grande, guardiamoci dall’introdurre in questo commercio di cose umane questo abuso così riprovato dalle sante lettere: due misure, due bilance, due pesi ineguali; una grande misura per esigere ciò che ci è dovuto, una piccola misura per rendere ciò che noi dobbiamo (BOSSUET, Sur la Justice, 1° P.)

ff. 2. – « Nel vostro cuore, voi commettete delle iniquità sulla terra ». Queste iniquità saranno solo nel cuore? Ascoltate quanto segue: le mani seguono il cuore, le mani obbediscono al cuore; è un pensiero ed una azione, non è che non vogliamo, ma noi non lo possiamo. Tutto ciò che volete ma non potete fare, Dio lo considera come effettuato. « Nel vostro cuore, voi commettete iniquità sulla terra ». Cosa dice dopo il Profeta: « … le vostre mani formano una catena di iniquità ». Che vuol dire: « formano una catena » ? Dal peccato viene il peccato, ed il peccato si aggiunge al peccato a causa del peccato. Egli ha visto, e si cerca di uccidere colui che ha visto; al peccato si è incatenato un altro peccato. Dio, con un giudizio nascosto, ha permesso che si commettesse questo omicidio, ma questi comprende che questo secondo crimine sia stato notato: vuole allora uccidere un nuovo testimone; ai suoi due crimini ne viene incatenato un terzo. (S. Agost.).

ff. 3. – È dolore degno di lacrime, l’essere soggetto al peccato dalla propria nascita, ed ancor prima della nascita. – Dire cose false, mentire, è ordinariamente il primo peccato che commettono i bambini; essi cominciano col mentire, peccato quasi sempre senza eccezione. Questo peccato sembra all’inizio leggero, ma diviene ben più grave e criminoso in seguito. Il pastore o il predicatore ne è colpevole quando agisce diversamente dal non parlarne; quando non appare esternamente ciò che ha dentro; quando cade nelle stesse sregolatezze che riprende, e non cammina per la via che mostra agli altri. Egli dice allora delle cose false, delle menzogne, se non con le parole, almeno con le sue azioni che smentiscono quel che egli dice (Duguet).

ff. 4, 5 – Al quadro della depravazione naturale, il Profeta aggiunge la malvagità libera e volontaria. I peccatori di cui parla, sono divenuti artificiosi, furiosi, supponenti, incapaci di correzione; questi sono dei serpenti malfattori, delle aspidi insidiose, che si rendono volontariamente sordi alla verità che loro si annunzia (Berthier). C’è qualcosa di spaventoso in questo peccato di accecamento spirituale e di resistenza volontaria alla verità, e sovente si è ben lontani dall’aver questa volontà sincera di essere illuminati da Dio, anzi ne abbiamo una tutta contraria, ed in luogo di dire a Dio: Signore, come io voglio, noi diciamo segretamente a noi stessi con un attaccamento pertinace ai nostri disordini: io non voglio mai ciò che mi imbarazza e che non servirebbe che a turbarmi. Peccato che oso definire un furore pari a quello dell’aspide che, secondo il paragone dello Spirito Santo, chiude le orecchie per non sentire la voce dell’incantatore, con questa differenza – dice San Bernardo – che quando l’aspide tura le sue orecchie, è per conservare la sua vita; al contrario, quando noi chiudiamo gli occhi alla verità, ciò avviene per nostra rovina e nostra morte. (BOURD. Aveugl. spirit.).

II — 6 – 11.

ff. 6. –  « Il Signore ha rotto le mascelle dei leoni! ». Egli non solo ha rotto i denti delle aspidi. Che fanno la aspidi? Le aspidi cercano di mordere con astuzia, per lanciare il loro veleno e diffonderlo nella ferita, in mezzo ai loro sibili. Ma le nazioni hanno apertamente scatenato il loro furore, ed hanno ruggito come dei leoni. « Perché le nazioni hanno fremuto, ed i popoli hanno formato vani complotti »? Coloro che tendevano insidie al Signore domandando: « è permesso o no pagare il tributo a Cesare »? (Matt. XXII, 17), erano delle aspidi e dei serpenti; i loro denti sono stati frantumati nella loro bocca. Più tardi essi grideranno: “Crocifiggilo, crocifiggilo!” (Matt. XXVII, 23, e Giov. XIX, 6). Questa non è più la lingua delle aspidi, è il ruggito dei leoni « Ma il Signore ha spezzato le mascelle dei leoni » (S. Agost.). – I castighi che il profeta descrive qui arrivano talvolta in questa vita. Dio spezza le cattive lingue, abbatte gli orgogliosi, dissipa i progetti degli ambiziosi, lancia i suoi strali sugli empi. Ma quando Egli non dà questi esempi di terrore in questo mondo, la sua giustizia vendicatrice non perde i suoi diritti: « … l’inferno si aprirà – dice S. Agostino – l’empio vi discenderà, senza più ritorno per lui. Questo abisso si richiuderà sulla sua testa, si estenderà sotto i suoi piedi. Sarà sprofondato, dopo aver perduto tutti i beni della terra; … sarà morto per la vita, e vivrà eternamente per la morte ». (Berthier).

ff. 7. – Questa è un’altra immagine di un peccatore che, come l’acqua del torrente che le piogge hanno gonfiato tutto d’un colpo, scorre e sparisce ben resto. Il torrente scende con impeto dall’alto dei monti, ed il suo corso inonda le valli; ma, come già abbiamo detto, ingrossato dalle piogge dell’inverno, si dissecca con gli ardori dell’estate; è immagine dell’empio che, scendendo dalle altezze divine, abbandona la speranza della patria celeste per le cose di quaggiù. Nel corso di questa vita presente, comparabile al freddo dell’inverno, la sua fortuna si accresce e si dilata, ma quando, nel giorno del giudizio supremo, il sole della divina giustizia farà sentire i suoi raggi, tutte le sue gioie si muteranno in tristezza, e tutta la sua gloria si disseccherà. Anche Davide scrive dei peccatori che: saranno ridotti a niente, come l’acqua che corre (S. GRÉG. Mor. VII, 25.).

ff. 8. –  « Il fuoco è caduto su di essi, non hanno più visto il sole ». Il fuoco è caduto su di essi; il fuoco dell’orgoglio, fuoco pieno di fumo, il fuoco della concupiscenza, il fuoco della collera. Qual è la forza di questo fuoco? Colui sul quale esso cadrà, non vedrà il sole. Ecco perché è detto: « … che il sole non tramonti sulla vostra collera » (Efes. IV, 26). Temete dunque il fuoco dei cattivi desideri, se non volete colare come la cera fusa e sparire davanti alla faccia di Dio; perché questo fuoco cadrà su di voi e non vedrete più il sole. Quale sole? Non si tratta di questo sole che vedono come voi le mandrie o le mosche, i buoni ed i malvagi, facendo Dio sorgere il sole sui buoni e sui cattivi (Matt. V, 45); ma vi è un altro sole del quale i malvagi saranno obbligati a dire: « e il sole non si è levato per noi, e la luce della giustizia non è per noi ». (Sap. V, 6). Perché? Se non perché « … il fuoco è caduto su coloro che non hanno visto il sole ». Il piacere della carne li ha vinti (S. Agost.). – Ancora un terzo paragone della debolezza dei grandi e dei potenti della terra, che Dio annienta con la stessa facilità con cui il sole fonde la cera: il fuoco delle loro passioni li acceca invece di rischiararli; essi non vedono più questo sole divino, che solo spande la vera luce nelle anime; perché vedere il sole senza amarlo, è vederlo solo per accecarsi di più, e questo non è un vedere (Dug.).

ff. 9. – Quarto paragone, nuova minaccia dei castighi che Dio riserva ai malvagi, è che Dio lascia raramente in questa vita il tempo di eseguire tutti i loro progetti di malvagità. – Perché il profeta non ha detto: tutti i viventi, ma « come tutti i viventi », se non perché la vita degli empi è una falsa vita? In effetti, essi non vivono, ma credono di vivere. E perché non ha detto: nella collera, « ma come nella collera », se non perché Dio fa tutte questa cose con tranquillità? Perché egli scrive: « Ma Voi, Signore degli eserciti, Voi giudicherete con calma » (Sap. XII, 18). Quando dunque Egli minaccia, non è in collera, perché non prova alcun turbamento; ma è “come” in collera, perché punisce e vendica la giustizia; allo stesso modo coloro che rifiutano di correggersi sono “come” viventi, ma in realtà essi non vivono (S. Agost.).

ff. 10. – La gioia del giusto non è per principio la sua soddisfazione, ma lo è la giustizia e la gloria di Dio. Egli si rallegrerà non in se stesso, ma in Colui che prende la difesa contro gli empi. Egli non augura a lui rovine, ma gioisce della salvezza del giusto; egli si rallegra ancora quando Dio colpisce i peccatori con flagello salutare che li farà rientrare in se stessi. È allora la carità ad essere il principio della sua gioia.

ff. 11. – Due grandi verità sono contenute in questo versetto: la prima, che i giusti hanno speranza nella ricompensa del loro lavoro e delle loro virtù; la seconda, che Dio governa le cose umane, e giudica tutte le azioni degli uomini. – E si dirà: « Sì, è una ricompensa per il giusto ». Prima che le promesse di Dio si compiano, prima che non dia al giusto la vita eterna, prima che gli empi siano precipitati nel fuoco eterno, Egli è anche quaggiù, anche in questa vita, una ricompensa per il giusto. Quale ricompensa? « Noi gioiamo nella nostra speranza e siamo pazienti nell’afflizione » (Rom. XII, 12). Quale ricompensa? « … Noi ci glorifichiamo nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza la virtù provata, la virtù provata la speranza, e che la speranza non conduce alla confusione, perché la carità di Dio è stata effusa nei nostri cuori dallo Spirito-Santo che ci è stato dato » (ROM. V, 3 e segg.). Colui che è ubriaco gioisce, e non gioisce il giusto? È nella carità la ricompensa del giusto. L’intemperante è infelice anche nella sua ebbrezza; il giusto è felice anche quando ha fame o sete. L’uno è ingozzato dall’ubriachezza, l’altro è saziato dalla speranza. Che il giusto consideri dunque il castigo del peccatore e la gioia propria e si chieda che sarà il possesso di Dio. Se Dio, già al presente dà al giusto una tal gioia con le dolcezze della fede, della speranza, della carità, della verità delle sue Scritture, quale gioia gli prepara alla fine? Se lo nutre così per strada, quale festino gli servirà in patria? (S. Agost.).

SALMI BIBLICI: “MISERERE MEI, DEUS, MISERERE MEI (LVI)

SALMO 56: Miserere mei, Deus, miserere mei

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME PREMIER.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 56

In finem, ne disperdas. David in tituli inscriptionem, cum fugeret a facie Saul in speluncam.

[1] Miserere mei, Deus, miserere mei,

quoniam in te confidit anima mea. Et in umbra alarum tuarum sperabo, donec transeat iniquitas.

[2] Clamabo ad Deum altissimum, Deum qui benefecit mihi.

[3] Misit de caelo, et liberavit me; dedit in opprobrium conculcantes me. Misit Deus misericordiam suam et veritatem suam,

[4] et eripuit animam meam de medio catulorum leonum; dormivi conturbatus. Filii hominum dentes eorum arma et sagittæ, et lingua eorum gladius acutus.

[5] Exaltare super cœlos, Deus, et in omnem terram gloria tua.

[6] Laqueum paraverunt pedibus meis, et incurvaverunt animam meam. Foderunt ante faciem meam foveam, et inciderunt in eam.

[7] Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum; cantabo, et psalmum dicam.

[8] Exsurge, gloria mea; exsurge, psalterium et cithara; exsurgam diluculo.

[9] Confitebor tibi in populis, Domine, et psalmum dicam tibi in gentibus;

[10] quoniam magnificata est usque ad caelos misericordia tua, et usque ad nubes veritas tua.

[11] Exaltare super cælos, Deus, et super omnem terram gloria tua.

 [Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LVI

La storia, occasione di questo Salmo, è nel libro 1 dei Re, c. 24; dove si racconta di Saulle, che entrò nella spelonca di Engaddi, in cui si trovavano Davide co’ suoi.

Per la fine: non mandare in perdizione; iscrizione da mettersi sopra una colonna; a

David quando, fuggendo Saul, si ritirò in una spelonca.

1. Abbi misericordia di me, o Dio, abbi misericordia di me, perché in te confida l’anima mia. E all’ombra dell’ali tue spererò, sino a tanto che passi l’iniquità.

2. Alzerò le mie grida a Dio altissimo, a Dio mio benefattore.

3. Mandò dal cielo a liberarmi; svergognò coloro che mi conculcavano.

4. Mandò Dio la sua misericordia e la sua verità, e liberò l’anima mia di mezzo ai giovani leoni; conturbato mi addormentai. Dei figliuoli degli uomini sono i denti lance e saette, e affilato coltello la loro lingua.

5. Innalza te stesso, o Dio, sopra de’ cieli, e la tua gloria per tutta la terra.

6. Tesero un laccio a’ miei piedi, e vi fecero piegare l’anima mia. Scavarono dinanzi a me una fossa, e in essa sono caduti.

7. Il mio cuore, o Dio, egli è preparato: egli è preparato il cuor mio; canterò e salmeggerò.

8. Sorgi, o mia gloria, sorgi tu, salterio, e tu, cedra; io sorgerò coll’aurora.

9. A te darò laude, o Signore, tra popoli; e inni a te canterò tra le genti;

10. Imperocché si innalzata fino ai cieli la tua misericordia, e fino alle nubi la tua verità.

11. Innalza te stesso, o Dio, sopra dei cieli, e la tua gloria per tutta quanta la terra.

Sommario analitico

Davide, rinchiuso nella oscura caverna di Engaddi (II Re, XXII e XXIII, 4), implora il soccorso di Dio.

I. – Egli ci insegna i mezzi per evitare, o almeno superare la calunnia e le persecuzioni dei nostri nemici:

– 1° l’umile preghiera che indica la vivacità del desiderio e la grandezza dell’afflizione: – 2° una piena fiducia in Dio, fiducia che riposa nel fondo dell’anima; – 3° la perseveranza; – 4° il fervore (1); – 5° la riconoscenza per i benefici ricevuti (3).

II. – Espone la bontà di Dio nei suoi riguardi:

– 1° lo ha liberato da ogni pericolo con la sua misericordia (3): – 2° ha distrutto i suoi nemici con la sua giustizia e la sua verità: – 3° Egli descrive i suoi sforzi comparando i denti mostrati a mo’ di lance e frecce, e la lingua come una spada, e la loro caduta nella fossa che essi stessi hanno scavato (4-6).

III. – In riconoscenza di questi benefici:

1° egli dichiara la disposizione in cui si trova, di conformità alla volontà di Dio (7);

2° esprime le virtù prodotte da questa perfetta conformità della sua intelligenza e della sua volontà alla volontà di Dio: – a) la gioia spirituale stessa in mezzo alle prove (8); – b) una santa attività nel culto di lode che rende a Dio (9); – c) un sentimento profondo di riconoscenza per le testimonianze di bontà, di misericordia e di giustizia di cui Dio lo ha colmato (10), – d) il desiderio della gloria di Dio (11).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — I, 2.

ff. 1, 2. – La fiducia in Dio da dunque diritto alla sua misericordia e non c’è se non per coloro la cui fede è viva che hanno soggetto di sperare. – Niente di più toccante di questa comparazione, spesso ripetuta nella Scrittura, e della quale Gesù-Cristo si è servito, Egli stesso, per farci conoscere tutta la tenerezza del suo amore: « Gerusalemme. Gerusalemme, quante volte ho già dovuto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le sue ali! E tu non lo hai voluto » (Luca XII, 21). – Le ali di Dio sono la sua misericordia e la sua verità. – Rifugiarsi sotto le ali del Signore fin quando passi l’iniquità, è implorare il suo soccorso in tutte le circostanze della vita fino alla morte; fin tanto che questo mondo sussisterà, e che noi saremo nel mondo, l’iniquità non cesserà di accrescersi in misura diretta al raffreddamento della carità, e per questo le nostre prove e le nostre miserie non finiranno che al momento in cui lasceremo la terra, per passare ad una vita migliore.

II. — 3 – 11.

ff. 3. – Questo grido significa due cose: 1° la violenza dell’afflizione; 2° la vivacità, l’ardore a la devozione. – Questo grido parte piuttosto dal cuore che dalla lingua. È quello che Dio ascolta meglio, e benché sia l’Altissimo, ed infinitamente elevato sopra di noi, questo grido non lascia di giungere fino alle sue orecchie.

ff. 4. – Quando non speriamo più alcun soccorso da parte della terra, Dio si compiace di soccorrerci dall’alto del cielo. – La misericordia di Dio, è effetto della tenerezza che Dio ha per gli uomini, la verità è fondata sulle promesse. Con queste due inviate, non è possibile che l’uomo sia maledetto. La misericordia fa che si detestino i propri peccati senza perdere la pace dell’anima; e la verità fa che si attenda con fiducia una vita migliore, con le grazie necessarie per pervenire ad essa. La misericordia e la verità sono state inviate con Gesù-Cristo; esse hanno camminato davanti a Lui, non vi perdono di vista, ci ricevono sempre nel loro seno, come questo santo Profeta dice ancora nei suoi sacri Cantici (Berthier). – La bontà di Dio non deve ispirarci un riposo lasso e una mollezza oziosa, come se noi fossimo in piena sicurezza; noi non dobbiamo dormire se non pieni di turbamenti. È già soccombere alla tentazione il dormire invece che il pregare. (Dug.). – « I figli degli uomini hanno i loro denti come armi e frecce, e la loro lingua come spada affilata ». Non dite che le loro mani sono disarmate, fate attenzione perché la loro bocca è amara (S. Agost.).

ff. 5. – Dio è sempre grande nel cielo e sulla terra, ma non dispiega sempre in modo sensibile, eclatante e particolare, i tratti della sua grandezza. Egli lascia gli uomini nelle vie della pura fede; ma talvolta opera meraviglie, là dove batte dei colpi che fanno dire che il dito di Dio è là (Berthier).

ff. 6. – Chiunque prepari una fossa per farvi cadere suo fratello, vi finisce inevitabilmente egli stesso. Riflettete, osservate tutte queste cose con gli occhi cristiani e non lasciatevi ingannare dalle cose visibili. Forse, in effetti, qualcuno di voi, ascoltando le mie parole, si ricorderà di aver visto un uomo cercare di ingannare suo fratello, tendergli delle imboscate, e riuscendovi: suo fratello è caduto nell’insidie ed è stato spogliato od oppresso, o gettato in prigione o accusato da un falsa testimonianza, o coinvolto in una occasione calunniosa; questo disgraziato sembrava oppresso e l’altro oppressore; il primo sembra vinto e l’altro vincitore. Voi vedete i vostri nemici trasportati dalla gioia, la loro stessa gioia è la fossa nella quale essi cadono; perché vale più la tristezza di colui che soffre l’ingiustizia, che la gioia di colui che la commette. La gioia di colui che commette l’ingiustizia, … ecco la fossa, e chiunque vi cade, perde la vista. Voi vi lamentare perché avete perso un vestito, e non vi lamentate di quest’uomo che ha perso la fede? Chi di voi due ha sofferto il danno più rude? (S. Agost.). – Di tre tipi sono di danni che corre la nostra anima: quello della seduzione, dello scoraggiamento, dello scandalo. Il demonio ci seduce, le passioni ci indeboliscono, il mondo ci trascina con i suoi cattivi esempi. Ci vuole vigilanza per non cadere nel laccio dell’inferno, forza per resistere alle passioni, solitudine per non essere coinvolti negli scandali del mondo (Berthier).

ff. 7. – La pazienza dei buoni, prepara i loro cuori a sottomettersi alla volontà di Dio; essi si glorificano nelle afflizioni, e come il profeta essi dicono: « il mio cuore è pronto, o mio Dio, il mio cuore è pronto; io canterò e salmeggerò ». – Cosa mi ha fatto il mio nemico? Egli ha preparato una fossa per ingannarmi ed io non preparerò il mio cuore per soffrire i suoi oltraggi? Egli ha preparato una fossa per opprimermi ed io non preparerò il mio cuore per sopprimere l’oppressione? Ecco perché egli cadrà in questa fossa, io canterò e vi celebrerò nei miei cantici. Ascoltate l’Apostolo: il suo cuore è pronto, perché ha imitato il Signore: « Noi ci glorifichiamo – egli dice – delle afflizioni perché l’afflizione produce pazienza, la pazienza la virtù provata, la virtù provata la speranza, e la speranza non sarà confusa, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito-Santo, che ci è stato dato » (Rom. V, 3 e segg.), (S. Agost.). – Per poco che si ricerchi il senso nascosto di questa parola « preparazione », vi si scopre facilmente un mistero al quale si può ridurre tutta l’economia della santificazione delle anime. Nessun dubbio, in effetti, che colui che può dire con il Salmista: « il mio cuore è pronto, o mio Dio, il mio cuore è pronto », non sia nella disposizione propria ad onorare Dio. In questo grido del cuore c’è tutta una religione: la fede, la speranza, l’amore, l’adorazione, l’abbandono, il sacrificio, dopo questa prima parola, è da aggiungere con il Profeta reale: « si, io canterò le vostre lodi, o Signore, in mezzo alla mia gloria; io le farò sentire sugli strumenti che manifesteranno a tutti i sentimenti del mio cuore! » La preparazione del cuore è la disposizione dell’anima che non si apparta più, ma è tutta del suo benamato e che, nei languori dell’amore, si consuma per Lui aspettando la sua venuta. Così è specialmente raccomandato di preparare il proprio cuore prima della preghiera, perché è per mezzo della preghiera che si compie questo divino commercio dello Sposo e della Sposa; è con la preghiera che il cuore, chiudendo la porta a tutte le affezioni della terra e ritirato in se stesso, chiama a sé il benamato, ed entra nella ineffabile relazione con Lui. Prima quindi di dedicarsi a questo sublime atto, bisogna che l’anima si prepari, cioè si purifichi, si adorni, si offra a Dio suo sposo e si ecciti, con santi desideri, a riceverlo in essa e ad abbandonarsi in Lui (Mgr. BAUDRY, Le Coeur de Jésus, p, 485).

ff. 8. – Talvolta l’anima del giusto sonnecchia e riposa; essa dorme in mezzo ai flutti agitati del mare, resta inattiva in mezzo ai nemici che la combattono. In questo stato, essa non vuole il bene che a metà; essa agisce mollemente in tutto ciò che riguarda la salvezza, senza attrattiva per la preghiera, senza gusto per le altre opere di pietà. In questo stato pericoloso occorre risvegliarla, bisogna eccitare la sua arpa e la sua lira, vale a dire il suo fervore, i santi desideri e le affezioni del suo cuore, e svegliarsi sul far del giorno, senza cedere all’abulia ed al languore (Dug.). – Nella disposizione in cui è il Salmista di testimoniare la sua riconoscenza al Signore, egli mette in azione tutte le sue potenze e tutti gli strumenti del culto divino. Egli risveglia la sua gloria, ciò che esprime tutta l’estensione del suo spirito profetico, risveglia la sua arpa, la sua lira, cioè tutti gli strumenti che accompagnano i santi cantici; si svegli egli stesso per celebrare il Signore fin dall’alba del giorno. Che impressione, zelo, amore in tutte queste espressioni! È così che noi eccitiamo la lode e la benedizione dell’Altissimo? (Berthier). – Fate come i viaggiatori che cantano, e che cantano anche di notte. Mille brusii paurosi si fanno intendere intorno ad essi, o piuttosto non si fanno intendere, tutto tace intorno ad essi, ma più il silenzio è profondo, più è pauroso. I viaggiatori cantano comunque, anche quelli che temono i ladri. Con quanta maggiore sicurezza non si debba cantare per il Cristo? (S. AUG., PS. LXVI).

ff. 9, 11. – La Gloria degli uomini si trova raramente nelle lodi che essi danno ad altri uomini; essi esaltano delle virtù equivoche, preconizzano talenti mediocri, e quante volte non accade loro di vantarsi di passioni vergognose! Non è lo stesso per le lodi che si rendono a Dio: più si è eloquenti nel celebrare le sue perfezioni, più si onora se stessi, perché così si testimonia che si ha una grande idea dell’eccellenza del suo Essere. Le lodi che si danno agli uomini umiliano per il tono stesso di grandezza che ci si affetta di prendere, mentre quelle che si danno a Dio, elevano per l’umiltà stessa che le accompagna (Berthier). Non c’è differenza tra l’attività, la vigilanza, la solerzia del Profeta, e l’attività, la vigilanza, la solerzia dell’uomo di mondo che pensa alla sua fortuna; ma l’oggetto è molto differente. Si è scritto a ragione che l’ambizione era la scimmia della carità; che essa tutto soffre, tutto crede; che essa è paziente, attiva, compiacente; che non si irrita, che non fa passi falsi. Ma le sue vedute sono differenti da quelle che animano la carità! Anche lo schiavo del mondo al mattino dice: svegliatevi, interessi della mia gloria, strumenti della mia fortuna, molle pubbliche e segrete che potete condurmi all’obiettivo al quale aspiro; io rinuncio alle dolcezze del riposo, mi metto al lavoro; che l’intero giorno sia impiegato nel progresso del successo dei miei disegni. Si dirà forse che questo uomo abbia preso in prestito i sentimenti ed il linguaggio del nostro Profeta? Ma non è che la scimmia della virtù: tutto il suo ardore si concentra sopra oggetti frivoli in se stessi, e soggetti quindi a disingannare le sue speranze; egli insegue dei fantasmi che svaniscono prima che possa raggiungerli! Il profeta mette in movimento tutte le risorse della sua anima per piacere a Colui che non gli verrà meno, né nel tempo, né nell’eternità; egli corre dietro una carriera al cui termine c’è una corona; persegue con ardore il Bene unico, il vero essenziale, il Bene per eccellenza. Diciamo con lui: O anima mia, o cuore mio! Svegliatevi, uscite dall’assopimento letargico dove vi ha confinato il frivolo spettacolo del mondo (Berthier). – Lodare Dio in mezzo ai popoli e cantare la sua gloria tra le nazioni, non è arrossire di Dio e delle sue parole, ma è dichiarare altamente che si è di Dio e non del mondo. È anche cantare le lodi di Dio nella Chiesa, Maestra sovrana dei popoli e delle nazioni, nell’unione di uno stesso spirito e di uno stesso cuore. – La misericordia e la verità, o la giustizia di Dio, sono pure elevate al di sopra della terra. Noi non abbiamo ordinariamente che delle false idee, delle idee troppo imperfette della misericordia e della giustizia di Dio. Dio è infinitamente buono, così come è infinitamente giusto; Egli non perde né la sua giustizia, esercitando la sua bontà, né la sua bontà facendo mostra della sua giustizia. – La misericordia e la verità sono elevate fino alle nubi, è dunque giusto che le sue lodi e la sua gloria risplendano in cielo e su tutta la terra (Duguet).

SALMI BIBLICI: “MISERERE MEI, DEUS, QUONIAM CONCULCAVIT” (LV)

SALMO 55: “Miserere mei, Deus, quoniam conculcavit”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME PREMIER.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 55

In finem, pro populo qui a sanctis longe factus est. David in tituli inscriptionem, cum tenuerunt eum Allophyli in Geth.

[1] Miserere mei, Deus, quoniam conculcavit

me homo; tota die impugnans, tribulavit me.

[2] Conculcaverunt me inimici mei tota die; quoniam multi bellantes adversum me. [3] Ab altitudine diei timebo: ego vero in te sperabo.

[4] In Deo laudabo sermones meos; in Deo speravi; non timebo quid faciat mihi caro.

[5] Tota die verba mea execrabantur; adversum me omnes cogitationes eorum in malum.

[6] Inhabitabunt, et abscondent; ipsi calcaneum meum observabunt. Sicut sustinuerunt animam meam,

[7] pro nihilo salvos facies illos; in ira populos confringes.

[8] Deus, vitam meam annuntiavi tibi; posuisti lacrimas meas in conspectu tuo, sicut et in promissione tua;

[9] tunc convertentur inimici mei retrorsum: in quacumque die invocavero te, ecce cognovi quoniam Deus meus es.

[10] In Deo laudabo verbum; in Domino laudabo sermonem. In Deo speravi: non timebo quid faciat mihi homo.

[11] In me sunt, Deus, vota tua, quae reddam, laudationes tibi:

[12] quoniam eripuisti animam meam de morte, et pedes meos de lapsu, ut placeam coram Deo in lumine viventium.

 [Vecchio Testamento Secondo la Volgata

Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LV

Davide, cercato a morte da Saulle (1 dei Re, c. 21, va ad Achis re dei Filistei: conosciuto e trattato ostilmente, si finge pazzo, e cosi può rifugiarsi in una spelonca; dov’è raggiunto da 400 de’ suoi pur esulanti, e perciò impediti di partecipare alle cose sante del popolo di Dio. Anche questo Salmo è di facile e viva applicazione a Cristo.

Per la fine: per la gente allontanata dalle cose sante; iscrizione da mettersi sopra una colonna, per David, quando gli stranieri lo ebbero in Geth.

1. Abbi misericordia di me, o Dio, perocché l’uomo mi ha conculcato; tutto giorno assalendomi, mi ha afflitto.

2. Tutto giorno mi han conculcato i miei nemici; perocché sono molti quei che combattono contro di me.

3. Nel pieno giorno sarò in timore: ma io spererò in te.

4. In Dio loderò la parola detta a me, in Dio ho posta la mia speranza; non temerò quel che possa farmi la carne.

5. Tutto giorno ebbero in abbominazione le mie parole, tutti i loro pensieri son rivolti contro di me ad offendermi.

6. Si uniranno insieme, e si terranno nascosi; noteranno però i miei passi.

7. Siccome essi sono stati attendendo al varco l’anima mia, tu per nissun modo li salverai; nell’ira tua dispergerai questi popoli.

8. A te, o Dio ho esposto qual sia la mia vita; le mie lacrime ti se’ tu poste dinanzi agli occhi tuoi.

9. Come sta nelle tue promesse; e allora saran messi in fuga i miei nemici. In qualunque giorno io t’invochi, ecco che io riconosco che tu se’ il mio Dio.

10. In Dio loderò la parola, nel Signore loderò la promessa; ho sperato in Dio, non temerò quel che possa farmi un uomo.

11. Son presso di me, o Dio, i voti di laude, che ho a te fatti, i quali io scioglierò.

12. Perocché liberasti l’anima mia dalla morte e i miei piedi dalle cadute, ond’io sia accetto dinanzi a Dio nella luce dei vivi.

Sommario analitico

Davide, inseguito dai suoi nemici e arrestato dai Filistei nella città di Geth,

I. – Espone la loro crudeltà nei suoi confronti:

1° Essi lo calpestano; 2° lo attaccano senza tregua giorno e notte, ed in gran numero (1, 2).

II. – Egli esprime tutta la sua fiducia in Dio, e forte di questa fiducia:

1° supera il timore che gli ispira la felicità e la potenza dei suoi nemici (3);

2° trionfa di gioia a causa delle promesse che gli sono state fatte (4).

3° si beffa degli sforzi dei suoi nemici: – a) che hanno in esecrazione le sue parola; – b) i cui pensieri non tendono che alla sua rovina (5); – c) che non si applicano se non a tendergli insidie (6).

III. – Egli predice:

1° la rovina dei suoi nemici: a) Dio li perderà e li distruggerà (7); b) li metterà in fuga a causa della sua umile preghiera e delle sue lacrime (8, 9).

2° la sua liberazione, nella quale – a) riconosce la potenza di Dio che lo esaudisce nel giorno in cui Lo invoca e – b) la sua fedeltà nel compiere le sue promesse (10); – c) egli concepisce in Dio una sì grande fiducia che non ha più paura di quello che un uomo possa fare contro di lui; – d) loda il suo liberatore e promette di renderGli solenni azioni di grazie, perché: – 1° Egli ha salvato la sua vita dalla morte, – 2) ha preservato i suoi piedi da ogni caduta; – 3) lo ha reso capace di giungere nella terra dei viventi (11, 12).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-2.

ff. 1. –  Opporre Dio all’uomo: « Abbiate pietà di me, Signore, perché un uomo mi affligge ». Io levo gli occhi al cielo, poiché non attendo alcun soccorso dalla terra. Io ho fatto ricorso al sovrano Padrone, perché il servo mi riempie di afflizioni (Dug.). – Un grappolo d’uva attaccato alla vigna, resta intero con tutta la sua beltà, ma non vi cola nulla; finché non lo si metta sotto pressione, lo si ammassi e lo si schiacci, sembrando che gli si faccia oltraggio; ma un tale oltraggio non è senza frutto; al contrario, se non viene oltraggiato in tal modo, esso sarebbe sterile, e non produrrebbe nulla di buono. (S. Agost.).

II. — 3-6.

ff. 3. –  Nel senso spirituale non c’è nulla da temere di più che l’altezza del giorno, sia che la si intenda come l’ardore dell’età, sia che la si prenda come l’elevazione della fortuna, sia che si intenda come assemblea del mondo. Si deve temere in giovinezza il fuoco delle passioni o la mancanza di esperienza; nell’elevazione della fortuna, l’orgoglio e la durezza verso i poveri; nelle società del mondo, la perdita del tempo, il cattivo esempio, la maldicenza e l’oblio di Dio (Berth.).

ff. 4. – «Io loderò Dio con i miei discorsi, io ho messo in Dio le mie speranze; io non temerò nulla di tutto ciò che la carne potrà fare contro di me ». Perché? Perché metterò in Dio la mia speranza. Perché? Perché io loderò Dio con i miei discorsi. Se voi con i vostri discorsi lodate voi stessi, io non vi dico di non temere, io dico che è impossibile che non temiate. In effetti o voi terrete i vostri discorsi come menzogneri, e saranno certamente vostri, perché sono menzogneri; oppure, se essi sono veri, da dove pensate che essi vengano: non da Dio ma dal vostro fondo, allora essi saranno veri, ma voi sarete mendaci. Se al contrario voi riconoscerete che non potete dire nulla di vero sulla saggezza divina e sulla vera fede, non lo avrete ricevuto se non da Colui di cui è detto: « cosa possedete che non abbiate ricevuto? » (I Cor. IV, 7), allora voi lodate Dio con i vostri discorsi e voi stessi sarete lodati in Dio dai discorsi di Dio … ma se io lodo Dio nei miei discorsi, perché essi sono miei? Se lodassi Dio, essi sarebbero miei: in Dio, perché vengono da Lui; miei perché io li ho ricevuti. Colui che me li ha dati, ha voluto che fossero i miei, per l’amore che ho per Colui dal quale essi sono; e venendo da Lui a me, essi sono divenuti miei (S. Agost.).

ff. 5, 6. – Le parole delle persone che fanno professione di pietà e di virtù in esecrazione agli empi ed agli uomini del mondo perché condannano le loro massime:  queste persone devono molto vegliare sulle loro parole e sulle loro azioni, perché il mondo dal canto suo, li sorveglia da vicino, ed osserva tutti i loro passi, per trovare come riprenderli, ed indirizzar loro delle insidie. (Dug.).

ff. 7. – Non è un desiderio questo che il Profeta esprime, egli espone semplicemente ciò che capita in realtà ai persecutori delle persone dabbene: Dio li tratta come essi hanno trattato i suoi servi. Come essi hanno atteso il momento per toglier loro la vita, Dio la toglie loro effettivamente. Sembra a volte differire, ma è solo per rendere la sua vendetta più eclatante e distruggere infine – nella sua collera – questi popoli ingiusti (Dug.).

ff. 8. – Dio conosce perfettamente la vita di ciascun uomo, senza che sia necessario esporgliela, e la conosce molto meglio di quanto noi stessi possiamo conoscerla. È bene tuttavia esporgliela, per poterla esporre a noi stessi, e trarne occasione di piangerne. (Dug.). – « Mio Dio, io ho raccontato la mia vita davanti a voi. Voi avete posto le mie lacrime davanti ai vostri occhi ». Voi avete ascoltato le mie suppliche, « come avete promesso ». Voi avete detto che avreste esaudito colui che piangesse: io ho creduto, io ho pianto, io sono stato esaudito; io vi ho trovato misericordioso nelle vostre promesse, e fedele nel loro compiersi « come avete promesso » (S. Agost.). – Colui che fa penitenza, che si affligge, non deve enumerare le sue buone opere, ma piuttosto i suoi peccati. È quanto ci insegna il Re-Profeta con queste parole. « Signore, io vi ho esposto la mia vita, Voi avete posto le mie lacrime alla vostra presenza ». E non è come un uomo innocente che egli espone la sua vita perché lo fa versando lacrime che sono come le mediatrici dell’uomo che vuole ottenere da Dio il perdono dei suoi peccati. (S. Ambr.). – Quando versiamo delle lacrime, Dio le raccoglie nel suo seno, vale a dire che la sua misericordia condiscende alla nostra afflizione; ma bisogna che queste lacrime abbiano come oggetto la nostra miseria ed i nostri peccati. Se noi piangiamo la perdita dei nostri beni, dei nostri amici, della nostra reputazione, della nostra salute, noi piangiamo da uomini; e questo termine è consacrato nella scrittura per esprimere la natura corrotta, le inclinazioni terrene. Dio non ascolta affatto questi gemiti, ma piangiamo, come i Santi, per essere ancora così deboli per l’amore di Dio, sì rampanti nei nostri desideri, così poco toccati dalle sofferenze di Gesù-Cristo (Bethier).

ff. 9. – In qualunque giorno io Vi invocherò, io so che siete il mio Dio. È la grande scienza. Egli non dice: io so che Voi siete Dio; ma « che Voi siete il mio Dio ». Ed in effetti è il vostro Dio, quando viene in vostro soccorso: Egli è il vostro Dio quando non vi rendete estraneo e Lui. Ecco perché è detto: « felice il popolo del quale il Signore è Dio! (Ps. CXLIII, 15) ». Perché: di chi Egli è Dio? Egli è in effetti il Dio di coloro che Lo amano, di coloro che Lo temono, di coloro che Lo posseggono, di coloro che Lo onorano, di coloro che sono come nella sua casa, che formano la sua grande famiglia, e che sono stati riscattati dal sangue divino del suo Figlio unico. Quanto Dio ci ha dato, perché noi facessimo a Lui quel che Egli ha fatto per noi! (S. Agost.).

ff. 10. – Per quanto un uomo sia furioso contro di me, possa dare libero corso al suo furore, o abbia pieno potere di compiere tutto il male che si sforza di farmi, cosa potrà togliermi? … Dell’oro, dell’argento, delle truppe, dei servi, degli schiavi, delle terre, delle case? Che mi tolga tutte queste cose, ma potrà forse togliere i voti che sono in me ed i sacrifici di lode che io offro a Dio? Tutti gli altri beni, il nemico non può togliermeli, malgrado lui; questi, il nemico non può prenderli se voi non acconsentite. Questi beni terreni, l’uomo li perderà suo malgrado, egli vorrà conservare la sua casa, ma … perderà la sua casa; però nessuno perderà la fede se non la disprezza volontariamente (S. Agost.).

ff. 11. – Quali voti farete? Quali promesse compirete? Gli offrirete per caso, qualcuno degli animali che venivano altre volte presentati davanti ai suoi altari? No, non Gli offrite niente di questo: è in voi ciò che dovete versargli e rendergli. Dal segreto del vostro cuore, estraete un incenso di lode; dalla cella della vostra buona coscienza, traetene un sacrificio di fede. Quanto Gli offrite consumatelo con la carità (S. Agost.).- Che abbiate in apparenza i più bei sentimenti; che esprimiate la lode, la più sublime, la più elevata, o la più viva e la più toccante, anche se non vedrete nessun effetto, non contate né su quel che direte, né su ciò che voi penserete, o che voi crederete di pensare. Voi avete in voi stessi tutto ciò che può contribuire alla vostra santificazione, e potrete dire a Davide: « i miei auspici sono nel mio cuore ». Si Signore, io riconosco che tutto ciò che Voi desiderate da me è in me, ed è per questo che sono assolutamente inescusabile se io non ve lo do (BOURD. Pour la fête de Ste Mad.).

ff. 12. – Il compendio, e come il resoconto dei benefici di Dio, è che Egli ci libera dalla morte dell’anima, ed i nostri piedi dalla caduta, in mezzo alle tentazioni causate da una lunga e violenta persecuzione, per rendersi gradito a Dio nella luce dei viventi, nella luce della fede e della grazia, di cui sono privi gli infedeli ed i peccatori, o meglio ancora, nella luce della gloria, che possiedono coloro che, a propriamente parlare, sono i soli viventi (Dug.).