IL SEGNO DELLA CROCE (10)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (10)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA NONA.

4 dicembre.

Il segno della croce fra i  pagani. — Nuovi dettagli di una forma esteriore di questo segno presso i primitivi Cristiani. — I martiri nell’anfiteatro. — Etimologia della voce adorare. — I pagani adoravano facendo il segno della croce. Como lo facessero. — Prima maniera.

Del segno della croce presso i pagani ti parlerò in questa mia lettera, e per tutto correre il filo tradizionale, che rannoda la Sinagoga alla Chiesa, desidero dirti una parola del segno della croce de’ primi Cristiani. Tu già sai ch’eglino lo facessero di continuo, ma tu ignori, io credo, che per non interromperlo, pregando rendevano se stessi segno di croce. Per fermo che i tuoi compagni l’ignorano. Quanto Mosè, Sansone, David, gl’Israeliti facevano ad intervallo, i nostri padri facevano di continuo, e tu ne vedi la ragione. Amalec, i Filistei, Eliodoro erano de nemici che passavano, ma il Colosso romano non deponeva mai le armi, tra lui ed i padri nostri s’era ingaggiata una lotta sanguinolente, e senza tregua. In tali circostanze ciascun di loro era un Mosè sul monte, e non per un giorno solo, ma per tre secoli tennero le braccia distese verso il cielo, per ottenere la vittoria a’ martiri discesi nell’arena, e la conversione dei loro persecutori.  Del loro pensiero e della maniera di loro preghiera, lasciamo che parli un testimone oculare. « Noi preghiamo, dice Tertulliano, con gli occhi rivolti al cielo, e con le mani distese, comechè innocente; a capo nudo, non avendo di che arrossirci; senza ammonitore, perchè preghiamo col cuore. In siffatto modo noi imploriamo per gl’imperatori lunga vita, regno felice, sicurtà nella regia, armate valorose, sudditi Virtuosi, il mondo tranquillo, un Senato fedele, a dir breve, quanto l’uomo e Cesare desidera » (Apolog. c. XXX).  – Così pregavano in Oriente ed Occidente gli uomini e le donne, le vergini e le matrone, i giovani ed i vecchi, i senatori, i fedeli d’ogni condizione. Questo misterioso atteggiamento era da essi usato non solo nelle striassi, nel fondo delle catacombe, raccomandando gli altrui interessi; ma altresì quando erano trascinati negli antiteatri, dove doveano combattere per se stessi al cospetto d’immenso popolo trattosi a vedere i grandi atleti del martirio. Immagina, se il puoi, mio caro, uno spettacolo più tenero di quello che Eusebio ci racconta. La persecuzione diocleziana con violenza procedeva nella Bitinia, e conduce in un sol giorno nell’anfiteatro un gran numero di Cristiani dinanzi alle bestie. Per quanto snaturati fossero gli spettatori, un fremito di compassione corse loro per le vene a vista della moltitudine di teneri fanciulli, di delicate avvenenti donzelle, di cadenti vegliardi, che, con gli occhi al cielo elevati, con le braccia distese, impavidi procedevano nel mezzo delle tigri, e degli affamati leoni. Il timore che posseder dovea i condannati, padroneggiava l’animo de’ giudici e degli spettatori! (2 Euseb. Hist. Eccl. lib. VIII, c. 5). – Siffatta attitudine de’ martiri non era eccezionale. Lasciamo la parola allo stesso storiografo, che,come testimone oculare non v’ha altri, che meriti maggior fede. « Voi avreste veduto, cosi egli, un giovane non ancora giunto a’ venti anni, libero da’ ceppi, star tranquillo in piede nel mezzo dell’anfiteatro con le braccia distese in forma di croce, il suo cuore più che il suo sguardo levato e fisso al cielo, essere circondato da orsi e leopardi il cui furore spirava la morte. Ma che! Questi terribili animali sul punto di dilaniargli le carni, da una potenza sovrumana hanno le bocche serrate, e spaventati si danno alla fuga. » (Ibid. C. VII).  – L’Occidente ti presenta uno spettacolo ancor più tenero per la delicatezza della vittima. Nel mezzo della gran Roma giammai una moltitudine uguale avea gremito gli scalini del circo. L’eroina è una giovinetta su tredici anni, la bella Agnese condannata al fuoco.. « Vedila, è santo Ambrogio che il racconta, dessa monta coraggiosa il rogo, e distende le sue mani verso il Cristo, per elevare tra le fiamme istesse il vittorioso stendardo del Signore! Con le braccia distese attraverso le fiamme, cosi prega: O Signore, cui ogni adorazione, santo timore ed onore è dovuto, vi adoro! O Padre Eterno del nostro Signore Gesù Cristo, vi benedico! È per la grazia del Figliuol vostro, ch’io son libera dalle mani degli nomini impuri, e senza sozzura alcuna ho scansate le immondizie di satana. Benedetto siate deh! altresì, perché la rugiada dello Spirito Santo estingue le fiamme divoratrici che mi circondano: queste si dividono, e gli ardori del mio rogo minacciano quelli che lo attizzano » (Lib. 1, De Virginib. Tendere Christo inter ignes manus, atque ipsis sacrilegis focis trophæum Domini signare victoris.). Tal’era la forma eloquente del segno della croce in uso fra i Cristiani della primitiva Chiesa, i Mosè della novella alleanza, e tu puoi ancora averne una prova nelle pitture delle catacombe. Questa forma del segno trionfale durò lungo tempo fra i Cattolici, ed io l’ho vista, son trent’anni, presso qualche popolazione cattolica d’Alemagna. Ma se questa s’è perduta tra i fedeli, la Chiesa l’ha religiosamente conservata. I duecento mila preti che ciascun giorno ascendono all’altare, su tutti i punti del pianeta, sono gli anelli visibili della catena tradizionale, che da noi si estende sino alle catacombe, e da queste al Calvario, di dove arrivano al monte Rafidim, e di là si perdono nella notte de’ tempi.  – Arriviamo a’ pagani. Questi ancora hanno fatto il segno della croce, nelle loro preghiere, ed a ragione lo hanno creduto di una forza misteriosa, di grande importanza. Dimanda a tuoi camerata l’etimologia della voce adorare. Eglino non avranno pena alcuna a dirtela, che, se questa voce fosse una creazione della Chiesa potresti dispensarti dal domandargliela; ma poiché è una voce del latino del secolo d’oro, secondo l’espressione di collegio, bacellieri, com’eglino sono, devono saperlo. – Ora decomponendo la voce adorare, questa, secondo tatti gli etimologisti vuol dire, portar la mano alla bocca e baciarla manum ad tu admovere. Tale era la maniera con che i pagani adoravano i loro dei. Le prove sono abbondanti. « Quando noi adoriamo, dice Plinio, noi portiamo la mano destra alla bocca e la baciamo; quindi descrivendo un cerchio giriamo intorno il nostro corpo » (In adorando dextram ad osculum referimus, totumque corpus circumagimus (Plin. Hist. nat. lib. XXVIII). — Noi ci rivolgiamo intorno a noi medesimi — Che significa questo genere di adorazione? Col portare la mano alla bocca, l’uomo fa omaggio della sua persona alla divinità; col rivolgersi sopra se stesso, imita il movimento degli astri, e fa alla divinità omaggio del mondo intero, di cui i corpi celesti sono la più nobile porzione. – Questa maniera di adorare fa parte del sabeismo o dell’adorazione degli astri, forma d’idolatria che risale alla più alta antichità. Per mezzo dei Pitagorici essa era venuta a Numa, che prescriveva questo rivolgimento: circumage te cum Deos adoras. « Si dice, aggiunge Plutarco, che questa è una rappresentazione del giro che fa il cielo col suo movimento – (Vita di Numa, capo XII) -. Questa pratica profondamente misteriosa era molto diffusa in America prima della scoperta; ed è ancora oggidì in uso presso i Dervis giratori dell’ Oriente.). E Minuzio Felice : « Cecilio com’ebbe visto la statua di Serapide portò la mano alla bocca e baciolla, secondo l’uso del volgo superstizioso » (Minut Felice in Octav.). Apuleo dice: « Emiliano sino al presente non ha pregato alcun Dio, nè ha usato a tempio alcuno. Se passa dinanzi un luogo sacro erede delitto portar la mano alla bocca per adorare » (Nulli Deo ad hoc aevi supplicavit; nullum templum frequentavit; si fanum aliquod prætereat, nefas habet adorandi gratia, manum labris admovere. – Apul. Àpol.. I, vers. fin.). – Ma perché mai questo gesto esprimeva il culto supremo, l’adorazione? Eccolo in due parole. L’uomo è l’immagine di Dio, e Dio è nel suo Verbo, per lo mezzo del quale ha tutto fatto. Portar la mano sulla bocca è comprimere la parola, è, in certa maniera, annientarsi. Farlo come i pagani per onorar satana, era dichiararsene suddito, vassallo e schiavo, riconoscerlo per Dio. Tu sai qual delitto enorme questo sia. -Per questo Giobbe facendo la sua difesa dicea: « Quando ho visto il sole brillare con tutti i suoi raggi, e la luna avanzarsi abbellita dalla luce, il mio cuore nel suo segreto ne gioiva, e mai ho baciata la mano, perché sarebbe la maggiore delle iniquità, e la negazione dell’Altissimo: iniquitas maxima et negatio contro Deum altimmum » (Si vidi solem, cum ralgeret, etlunamincedentem dare; et lætatum est in abscondito cor meum, et osculatus sum manum meam ore meo; quia est iniquitas maxima, et negatio contra Deum Altissimum. (Job, cap. XXXII, v. 86, e segg.). – Questo gesto misterioso era siffattamente un segno d’idolatria, che Dio parlando degl’Israeliti rimasti fedeli, diceva: « Conserverò in Israele sette mila uomini, che non hanno piegato il ginocchio dinanzi a Baal, ed ogni bocca, che non l’ha adorato, baciando la mano » (Derelinquam mini in Israel septem millia virorum, quorum genua non sunt incurvata ante Baal, et omne os, quod non adoravit eum oseulans manus. (III, Reg. cap. XIX, v. 18).  – Vedi questo pagano, col ginocchio a terra, ed il capo chino avanti i suoi idoli? Vedi ch’egli passa il pollice della destra sotto il dito indice e lo riposa sul medio in maniera da formarne una croce; quindi bacia questa croce mormorando qualche parola in onore de’ suoi cari dei? Fa tu stesso un tale gesto, e vedrai che il segno della croce non potrebbe meglio essere rappresentato. Che tale fosse il bacio di adorazione, fra molti altri pagani, Apuleo ne ne fa fede: Una moltitudine di cittadini estranieri, dic’egli, era accorsa per la fama dell’ eccelso spettacolo. Fuor di se alla vista della incomparabile bellezza, baciavano la destra di cui il pollice riposava sul dito indice, e la onoravano con religiose preghiere quasi fosse la stessa divinità » (Multi civium et advenæ copiosi, quoseximii spectaculi rumor studiosa celebritate congregabat, inaccessæ formositatis admiratione stupidi, admoventes oribus suis dexteram, priore digito in erectum pollicem residente, ut ipsam prorsus deam Venerem religiosis orationibus venerabantur. – Apulej. Asin. Aur. lib. IV). In quanto al mormorio con che accompagnavano il gesto, si conoscono i versi di Ovidio, Melamorph. VI. 1: Resistit, et pavido, faveas mihi murmur edixit. Dux meus: et simili, faveas mihi, murmure dixi.). Siffatta maniera del segno della croce è si reale ed espressiva, che presentemente è comune presso molti Cristiani in tutti i paesi. Ma questa non era la sola maniera con che era eseguito presso i pagani, poiché, i più pii, lo facevano crociando le mani sul petto. Noi troviamo questa maniera usitata in una delle circostanze la più solenne, e nello stesso tempo la più misteriosa della loro vita pubblica. Lascio la tua curiosità nell’aspettativa sino a domani.

IL SEGNO DELLA CROCE (11)

IL SEGNO DELLA CROCE (9)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (9)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA OTTAVA.

3 dicembre.

Il segno della croce noto ed in uso di poi la origine del mondo. — Contraddizione apparente. — Sette modi di fare il segno della trote. — Giacobbe, Mosè, Sansone lo hanno fatto. — Testimonianza de’ Padri. — David, Salomone, e tutto il popolo giudeo ne conoscevano il valore. — Prove.

Mio caro Federico il tuo orecchio, come quello di ben molti altri, farà il zufolo alla prima frase di questa mia lettera. Il segno della croce rimonta all’origine del mondo. Desso è stato eseguito da tutti i popoli, ancorché pagani, nelle solenni preghiere, e nelle contingenze, in che era da ottenere una qualche grazia decisiva. Innanzi tratto è da osservare, che questa proposizione non contraddice a quanto abbiamo detto nella precedente lettera; avvegnacché ieri fu parola del segno della croce nella sua forma completa, e perfettamente compresa, com’è in uso da poi il Cristianesimo; oggi l’è della forma elementare, benché reale, e più o meno misteriosa per quelli, che ne usavano avanti la predicazione del Vangelo. Uno schiarimento ti sembra necessario; ed eccolo.

Il segno della croce è si naturale all’uomo, che presso tutti i popoli, in tutte le religioni, ed in tutte le epoche, non s’è messo egli in rapporto con Dio per lo mezzo della preghiera senza eseguirlo. Hai tu conoscenza di un qualche popolo che pregasse con le braccia pendenti? Per me, lo ignoro; solo conosco che i pagani, i Giudei, ed i Cattolici, hanno pregato facendo questo segno della croce. V’hanno sette modi di fare questo segno. Le braccia distese: l’intiero nomo diviene segno di croce. – Le mani congiunte, e le dita commesse insieme; ecco cinque segni di croce.  Le mani applicate l’una contro l’altra, ed un pollice sovrapposto all’altro, nuovo segno di croce. – Le mani congiunte innanzi al petto, formano un altro segno di croce. Le braccia al petto conserte ti presentano di nuovo la croce. – Il dito pollice della mano destra passando sotto l’indice e posandosi sul medio forma un altro segno di croce, limitatissimo, come fra poco vedremo. – Infine, la mano destra passando dal mezzo della fronte al petto e da questo alle spalle, lo rappresenta più esplicitamente, come tu a pezza conosci. Sotto l’una o l’altra di queste forme, il segno della croce è stato conosciuto e praticato dappertutto e sempre, nelle circostanze solenni con una conoscenza più o meno chiara della sua efficacia.  Giacobbe è sul punto di morire. Dodici figli, futuri patriarchi di dodici grandi tribù, lo circondano. Il santo patriarca, per divina inspirazione predice a ciascun di loro quanto ad essi accadrebbe nel seguito de’ secoli. Alla vista di Efraim e di Manasse, i due figli di Giuseppe, il vecchio è commosso ed implora sopra di loro tutte le divine benedizioni (Genes. XLVII, 13. seq.). Ad ottenerle qual cosa mai fa egli? Incrocia le braccia, dice la scrittura, e poggia la mano sinistra sul capo del figlio che avea a destra, e la mano destra su quello, che avea a sinistra. Ecco il segno della croce, sorgente eterna di benedizioni! La tradizione non s’è ingannata; Giacobbe era la figura del Messia. In questo momento solenne, parole ed azioni, tutto nel patriarca dovea essere profetico. Giacobbe, dice san Giovanni Damasceno, incrocia le mani per benedire i figli di Giuseppe, forma il segno della croce, nulla v’ha di più evidente (Jacob, alternates cancellatisque manibus, filios Joseph benedicens, signum Crucis manifestissime scripsit. (De fide orthod. lib. I, c.18). – Fin da’tempi apostolici, Tertulliano constata lo stesso fatto, e dalla istessa interpretazione. «L’antico Testamento, dic’egli, ci mostra Giacobbe, che benedice i figli di Giuseppe con la mano sinistra sul capo di quello che avea a destra, e la destra sulla testa di chi era a sinistra. In questa posizione, esse formavano la croce ed annunziavano le benedizioni di che il Crocifisso sarebbe inesauribile fonte » (Sed est hoc quoque de veteri Sacramento, quo nepotes suos ex Joseph, Ephraim et Manasses, Jacob, impositis capitibus et intermutatis manibus  benedixerit; et quidem ita transversim obliquatis in se, ut Christum deformantes, jam tunc protenderet benedictionem in Cristum futuram – De Baptism). Sormontiamo i tempi della cattività in Egitto ed arriviamo a Mosè. Nel mezzo del deserto gli Ebrei si trovano di rincontro ad Achimalec, che alla testa di fortissima oste sbarra loro la via, ed una battaglia decisiva è inevitabile. Che farà Mosè? Invece di restare nel piano e dar coraggio a’ combattenti d’Israele col gesto e con la voce, egli ascende il monte, che resta a cavaliere del campo di battaglia, e durante la zuffa che fa egli il legislatore inspirato da Dio? Il segno della croce; non altro che questo segno, lungo tutto il tempo dell’azione, non leggendosi che abbia pronunziato parola alcuna. Egli tiene le mani aperte e le braccia distese verso il cielo, facendo di se un segno di croce, Dio lo vede in tale atteggiamento e la vittoria è riportata (Exod. XVII, 10). Non credere che vana supposizione sia questa. Ascolta quanto ne dicono i Padri. Amalec, esclama san Giovanni Damasceno, sono queste mani distese in croce, che ti hanno vinto! (Manus Crucis extensæ Amalech repulerunt. (De Fide Ortodox. lib. IV, c. 2). Ed il gran Tertulliano: « Perché… Mosè, quando Giosuè combatte Amalec, fa quanto mai ha fatto, cioè, pregare in piedi e con le braccia distese? In circostanza si decisiva era da pregare, per rendere più efficace la sua preghiera, in ginocchio, battendosi il petto, e con la fronte prostrata nella polvere. Niente di tutto questo: e perché? La battaglia, contro Amalec prefigurava la guerra del Verbo incarnato contro satana, ed il segno della croce, col quale questi riporterebbe la vittoria » (Jam vero Moyses quid utique nunc tantum, cum Jesus adversus Amalech præliabatur, expansis manibus orat resi-dens, quando in rebus tam altonitis, magia utique genibus depositis, et manibus cædentibus pectus, et facie numi volutami, orationem commendare debuisset; nisi quia illic, ubi nomen Domini dimicabat, dimicaturæ quandoque adversus diabolum crucis quoque erat habitus necessarius, per quam Jesus victoriam esset relaturus? (Contra Marcion. lib. III). Ed il filosofo martire san Giustino, che arriva fino agli apostoli : « Mosè sul monte fino al tramonto del sole, con le braccia distese sostenute da Ur e da Aronne, che cosa è mai, se non il segno della croce » (Moyses expansis manibus in colle ad vesperam usque permansi!, cum manus ejus susteiitarentur, quod sane nullam nisi crucis figuram exhibebat. {Dialog, cum Tryph. n. 111)? Insensibili ai miracoli di paterno amore, di che erano oggetto i Giudei pronunziavano male voci contro Mosè, e contro Dio. Dalle parole passano ai fatti, ed irrompono a rivolta ostinata. Ma la pena è pronta, e con i medesimi caratteri della colpa. De’ serpenti, rettili spaventevoli, il cui veleno brucia qual fuoco, si gettano su i colpevoli facendone strazio con i loro morsi, e coprono il campo di morti e di morenti. Alla preghiera di Mosè Dio si placa; per mettere in fuga i serpenti, e guarire gl’innumerevoli infermi, qual mezzo indica Egli? Delle preghiere? no. Dei digiuni? nemmeno. Un altare, o una colonna di espiazione? nulla di tutto questo. Comanda si faccia un segno di croce permanente e visibile a tutti, segno che ciascun infermo farà col desiderio guardandola, e tale sarà la potenza di questo segno, che un solo sguardo restituirà la perduta sanità. Il significato di questo segno divinamente comandato non è oscuro, avvegnacchè il vero segno della croce, il segno della croce vivente per tutta l’eternità, N. S. istesso ha rivelato al genere umano che il segno del deserto era sua immagine. « Come Mosè elevò nel mezzo del deserto il serpente, così è mestieri che il Figlio dell’uomo sia elevato, affinché chiunque crede in lui non perisca , ed abbia vita eterna » (1 Joan. III, 15). Se i limiti di una lettera lo permettessero, noi percorreremmo insieme gli annali del popolo figurativo, e vedresti, mio caro, che in tutte le importanti occasioni, chesono pervenute a nostra notizia, desso fece ricorso al segno della croce. Lascia che io te ne citi qualcuna. Nei sacrifizii il sacerdote, secondo il rito prescritto, elevava l’ostia, e la trasportava dall’Oriente all’Occidente, come ci dicono gli stessi Giudei, e con ciò formava una figura della croce, e con un movimento simile il gran sacerdote ed i semplici sacerdoti benedicevano il popolo dopo i sacrifizii (Duguet. Trait. de la croix de N. S. c. VIII). Dalla chiesa giudaica, questo segno è passato nella Chiesa cristiana. I primi fedeli ammiratori dell’antico modo di benedire con la figura della croce, ed ammaestrati dagli Apostoli del misterioso significato di questo segno lo hanno continuato accompagnandolo con le parole che lo spiegano. Le abbominazioni di Gerusalemme erano giunte al loro colmo, quando Dio mostrò al profeta Ezechiele il personaggio misterioso, che dovea attraversare la città e segnare del T la fronte de’ gementi sulla iniquità della colpevole capitale (Ezecb. IX, 4). Ai fianchi di esso camminavano sei individui muniti di armi micidiali con ordine di massacrare quanti non trovassero marcati del segno salutare. Come non vedervi una figura del segno della croce, ch’è fatto sulla nostra fronte? I Padri della Chiesa l’intendono a questa maniera, e fra gli altri, Tertulliano e s. Girolamo. Come, questi dicono, il segno del T impresso sulla fronte di quelli che gemevano sulla iniquità di questa città, li protesse contro gli angeli sterminatori; così il segno della croce, di che l’uomo segna la sua fronte, è certo argomento ch’egli non sarà la vittima di satana, né degli altri inimici del suo bene, s’egli geme sinceramente sulle abominazioni che questo segno combatte (Tertull. adv. Marc. 1, III, c. 22 – Hier, in Exech. c. X.). – I Filistei hanno ridotto Israele alla più umiliante delle servitù. Sansone comincia a liberarla, ma sventuratamente il forte d’Israele è sorpreso, incatenato, privato della vista degli occhi, ed i Filistei si servono di lui come di trastullo nelle loro feste. Sansone medita la vendetta, e con un sol colpo vuole schiacciare migliaia d’inimici, e la Provvidenza ha siffattamente disposto, che il suo disegno col segno della croce venga eseguito. Posto fra due colonne, sostegno dell’edilizio, dice S. Agostino, il forte d’Israele distende le sue braccia in forma di croce, ed in tale atteggiamento fortissimo, scuote le colonne, le abbatte, e schiaccia i nemici suoi, e come il Crocifisso, di che era figura, muore sepolto nel suo trionfo (Jam hic imaginem crucis attendite: expansas enim manas ad duas columnas, quasi ad duo signa crucis extendit; sed adversarios suos interemptos oppressit, et illius passio interferito facta est persequentium – Serm. 107. de temp.). – David pieno di amarezze è ridotto agli estremi, che possa patire un re ! Un figlio parricida, i sudditi in rivolta, un trono vacillante, la vecchia età che si avanza, lo appenano tanto, ch’egli n’è prostrato. Qual cosa fa il monarca inspiralo per lenire la forza del dolor suo? Prega. Ma come? Facendo il segno della croce. (Expandi manus meas ad te. (Ps. LXXXIII, CXLII, etc. etc.) – Salomone compisce il tempio di Gesusalemme, ed il magnifico edificio è consacrato con pompa degna di un tale sovrano; resta solo attirare le benedizioni divine sulla nuova casa del Dio d’Israele, ed ottenerne i favori per quelli, che vi pregheranno, Salomone all’uopo prega il Signore ed in atteggiamento di croce. In piedi, dinanzi l’altare del Signore, dice il sacro testo, al cospetto di tutto il popolo d’Israele, distende le mani verso il cielo, e dice: Signore, Dio d’Israele, non v’ha un Dio simile a voi ne’ cieli e sulla terra. Guardate la preghiera del vostro servo. I vostri occhi guardino questa casa notte e dì, onde le preci del vostro servo, e del vostro popolo sieno esaudite (stetit autem Salomon ante altare Domini in conspectu ecclesiæ Israel, et expandit manus suas in cœlum, et ait: Domine Deus Israel, non est similis tui, Deus in cœlo desuper, et super terram deorsum réspice ad orationem servi tui, et ad preces ejus ut sint oculi aperti super domum hanc nocte et die. . . ut exaudías deprecationem servi tui, et populi tui Israel. – III Reg. VIII, 22, 23, 28, 2», 30). Credere che i soli patriarchi, i giudici, i veggenti d’Israele conoscessero il segno della croce, e lo praticassero sarebbe un ingannarsi; tutto il popolo lo conosceva e ne’ pubbiici pericoli religiosamente ne usava. Sennacherib marcia di vittoria in vittoria, la maggior parte della Palestina è soggiogata, Gerusalemme è minacciata. Vedi tu quel che questo popolo, uomini, femmine e fanciulli, operano per respingere l’inimico? Come Mosè si rendono immagine della croce; eglino invocano il Signore delle misericordie, e distese le mani, le innalzano verso il cielo, ed il Signore li esaudì (Et invocaverunt Dominum misericordem , et expandentes manus suas, extulerunt ad Cœlum et sanctus Dominus Deus audivit cito vocem ipsorum. (Eccli. XLVIII, 22). Ma un altro pericolo li minaccia. Eliodoro s’avanza seguito dall’esercito per saccheggiare il tesoro del tempio, di già ha passato la soglia, un’istante ed il sacrilegio sarà compiuto. I Sacerdoti prostesi sul suolo innanzi all’altare del Signore pregavano; ma nulla arresta il sacrilego spogliatore: il popolo invoca a suo soccorso l’arma tradizionale, prega facendo il segno della croce: tu sai il resto (II Macab. III, 20). Se non è da porre in dubbio che pregare con le braccia distese è un formare la figura dalla croce, tu vedi chiaro ed aperto che, da’ tempi i più remoti, i Giudei hanno conosciuto e praticato il segno della croce, per un istinto più o meno misterioso della sua onnipotenza. Dimani noi vedremo se i pagani erano meno istruiti.

IL SEGNO DELLA CROCE (8)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (8)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA SETTIMA.

Quel che fosse il mondo innanzi apprendesse il segno della croce. — Quel che diviene il mondo cassando di fare questo segno. — Nuova considerazione. — Il segno della croce è un tesoro, che ci arricchisce.

Caro Amico

Quelli che fanno del segno della croce un oggetto di disdegno e disprezzo, non sospettano neppure il ministero che da esso si esercita nel mondo. Eglino appartengono alla categoria degli esseri, sì numerosa di presente, che non sospetta nulla, perché non conosce nulla. Liscia per un istante il tuo seggio da giudice, dammi la tua mano, ed uniti facciamo un piccolo viaggio nel mondo antico e moderno. – Visitiamo innanzi la brillante antichità, prima che l’umanità sapesse segnarsi, e pellegrini dalla verità percorriamo l’Oriente e l’Occidente. Menfi, Atene, Roma queste tre grandi centri di lume ci chiamano alla scuola de’ saggi. Quali cose dicono questi illustri maestri sui punti, che più è imposto conoscere? Il mondo è eterno, o è creato? se è stato creato, r perché? l’autore della natura è corporeo, o spirituale? è desso eterno, libero, indipendente? è un solo, o sono molti? Risposta: espressioni imperfette, incertezze, contraddizioni. Che cosa è il bene, e che cosa è il male? Donde vengono essi? come si trova nel mondo e nell’ uomo? V’ha un rimedio pel male, o è irreparabile? Qual n’è il rimedio? chi lo possiede? come ottenerlo? come applicarlo? – Risposta: vane parole, incertezze, contraddizioni manifeste. Che cosa ò l’uomo? ha egli un’anima, e qual n’è la natura? È fuoco, è un soffio, è uno spirito, una materia aeriforme? Quest’anima è destinata a perire col corpo, o lo sopravvive? Se lo soppravvive, qual n’è la destinazione? Qual è lo scopo della sua esistenza? A tutte queste questioni ed a mille altre, qual èla profonda, e filosofica risposta? vane parole, incertezze, contraddizioni manifeste! – Ahi! Pretesi grandi uomini, e grandi popoli impotenti a dire la prima parola di risposta a queste grandi questioni, voi non siete che de’ grandi ignoranti! Che c’importa che voi sappiate formar de’ sistemi, sottilizar sofismi, innondar di vostra facondia le scuole, i senati e gli areopaghi: condurre de’ carri nel Circo, fabbricare città, dare delle battaglie, conquistare delle Provincie, rendere la terra ed il mare tributari alle vostre concupiscenze. Quando voi ignorate chi vi siate, donde venite, e dove andate, voi non siete, per parlarvi come uno de’ vostri, che un’essere più o meno grasso dell’armento di Epicuro, Epicuri de grege porci.  – Ecco il mondo avanti il segno della croce ! questo eloquente segno apparso, queste vergognose tenebre si son dissipate. Il  genere umano, letterato ed ignorante che fosse, ha appreso la scienza di se stesso, del mondo, di Dio, e ripetendola di continuo l’ha impressa nel fondo dell’anima di modo, da non più dimenticarla. Che ché se ne dica, [mercè l’uso di questo segno della croce in tutte le classi della società, si nelle città che nelle campagne, il mondo cattolico de’ primi secoli e del Medio Evo, conservò in un grado sconosciuto innanzi e dopo lui la scienza divina, madre di tutte le altre, e lume della vita. Né poteva essere altrimenti; che se nel corso di quarant’anni, un uomo si ripete seriamente dieci volte al giorno un errore qualunque, egli finirà coll’esserne completamente imbevuto, e si identificherà con esso. Perché non sarà lo stesso per la verità? – Desideri tu la contro prova di quanto dico? Continuiamo il nostro viaggio e passiamo nel mondo moderno. Desso ha abbandonato il segno della croce. Di poi quel fatale momento, esso non ha a’ suoi fianchi l’ammonitore, che gli ripeta a ciascun momento i tre dogmi necessari alla sua vita morale; esso li dimentica, o per lui è un come non fossero. Or vedi qualsia divenuta la sua scienza. Come del mondo di altri tempi tu ascolti le vergognose sue vane parole sui principi i più elementari della religione, sul dritto, sulla famiglia e sulle proprietà. Qual fondo di vanità alimenta le sue conversazioni! Di che mai sono pieni i suoi libri di politica e filosofia? alla luce di quali fiaccole cammina la sua vita pubblica e privata? I giornali! di questi nuovi padri della Chiesa, qual è il tuo pensiero? In quel torrente di parole, con che inondano ogni giorno la società, qual sana idea potrai tu ritrovare sul conto di Dio, dell’uomo e del mondo? – Qual cosa mai conosce questo mondo moderno, questo secolo di lumi, che ignora come si faccia il segno della croce? Esso conosce, né più né meno di quello, che i pagani suoi maestri e modelli conoscevano. Desso conosce ed adora lo Dio Me, lo Dio Commercio, lo Dio Cotone, lo Dio Scudo, lo Dio Ventre, Deus venter. Esso conosce ed adora la Dea Industria, la Dea Vapore, laDea Elettricità. Per soddisfare alle sue cupidigie, conosce ed adora la scienza della materia, la chimica, la fisica, la meccanica, la dinamica, i sali, le essenze, le quintessenze, i solfati, i nitrati, i carbonati. Ecco i suoi dei, il suo culto, la sua teologia, la filosofia, la politica, la morale, la sua vita. Un altro passo nel progresso e sarà scienziato alla maniera de’ contemporanei di Noè, destinati a morire pel diluvio (Matth. XXIV, 37, 38, 39. – Luc. XVII, 38. – Gen. VI. 12.). Per quelli tutta la scienza era riposta nel conoscere ed adorare gli dei moderni; a bere, a mangiare, a fabbricare, vendere e comprare, maritare e maritarsi. L’uomo aveva concentrato la sua vita nella materia, egli stesso era divenuto carne; e com’essa ignorante e lordo.  – Quale di tutte queste tendenze manca al mondo moderno? La sua scienza benché meno avanzata di quella de’ giganti non ne ha forse la natura? Non sapendo, né facendo più il segno della croce si materializza; ed in virtù della legge di gravitazione morale, cade necessariamente nello stesso stato in che trovavasi il genere umano innanzi che apprendesse saper fare il segno della croce!

Ignoranti, il segno della croce è un libro, che c’istruisce. A questo nuovo punto di vista, tu puoi giudicare se i nostri padri aveano torto facendolo continuamente. Che l’ignoranza contemporanea, grandemente da deplorare, debba essere attribuita, in gran parte, all’abbandono di questo segno, tu ne sarai fra poco senza manco convinto. Che cosa è l’ignoranza? L’ignoranza è l’indigenza dello spirito. In fatto di religione, dessa importa soventemente l’indigenza del cuore, per difetto di forza a praticare la virtù, ed evitare il male. Perché questa debolezza? l’uomo trascura i mezzi capaci di ottenergli la grazia, o di renderla efficace, fra i quali primeggia, come più comune, più pronto e facile, la preghiera. E fra tutte le preghiere la più facile, la più pronta e la più comune, ed altresì, può essere la più efficace, è il segno della croce. Ecco un nuovo studio per te, e per i primi Cristiani, una nuova giustificazione.

Poveri, il segno della Croce è un tesoro, che ci arrichisce. Povero è colui che ciascun giorno passando di porta in porta accatta il suo pane: Creso era un povero, Cesare un povero, Alessandro un povero, gl’imperatori ed i re, le imperatrici e le regine sono de’ poveri mendicanti, e mendicanti coronati, ma sempre mendicanti e non altro. Chi è l’uomo, per quanto ricco si supponga, che non debba ciascun giorno alla porta del gran Padre di famiglia dire: Dateci il nostro pane quotidiano? Il più possente de’ monarchi può formare un granello di frumento? Vita fisica e morale, mezzi di conservazione per l’una e per l’altra, l’uomo ha tutto ricevuto, quid habes quod non accepisti? – Nulla egli possiede di proprio, neppure un capello del suo capo, e quanto egli ha ricevuto, non l’ha ricevuto una sola volta per sempre. La sua indigenza è continua in tutti i giorni, in tutte le ore, in tutti i minuti secondi. Se Dio cessasse di tutto donargli egli perirebbe all’istante. Di che segue, mio caro Federico, una legge del mondo morale, a che per fermo, i tuoi compagni non hanno giammai riflettuto: dico la legge della preghiera. – I popoli pagani d’altri tempi, gli idolatri ed i selvaggi dei nostri, hanno, più o meno, perduto il patrimonio delle verità tradizionali, ma nessuno ha perduto la conoscenza della legge della preghiera. Sotto di una, od altra forma, il genere umano di poi ch’egli è apparso sul pianeta, l’ha invariabilmente osservata. L’istinto della conservazione, più forte che tutte le passioni, e più eloquente che i sofismi, gli ha appreso che da questa invariabile fedeltà dipenderebbe la sua esistenza. Non s’èingannato! Il giorno in cui una preghiera umana o angelica non si elevasse verso Dio, ogni rapporto tra la creatura ed il Creatore, tra il ricco e il povero, cesserebbe il corso della vita, sarebbe all’istante medesimo sospeso. – Non èquesto il profondo mistero che il Verbo incarnato ha rivelato al mondo, dicendo: È mestiere sempre pregare, e non desistere dalla preghiera: Opportet semper orare et nunquam deficere?

Osserva quanto v’ha d’imperativo in queste parole. Il legislatore non invita, ma comanda, e siffatto comando ènecessità, assoluto, oportet, né ammette intermittenza alcuna né di giorno né di notte, per l’osservanza della legge oportet semper. Fino a che innanzi a Dio il genere umano è un povero, la legge della preghiera non sarà modificata, né sospesa, e comechè il genere umano sarà sempre un povero, la legge della preghiera conserverà il suo impero fino agli ultimi giorni del mondo: et nunquam deficere. Il  mondo fisico istesso è stato organizzato in vista dell’osservanza continua di questa legge conservatrice del mondo morale, che il passaggio successivo del sole d’un emisfero all’altro tiene la metà del genere umano svegliato per pregare.  – Ora una delle preghiere la più potente èil segno della croce, per comune sentir dell’intiero genere umano. Egli lo ha creduto, perché Io ha appreso, e non ha potuto apprenderlo che da Dio, da cui tutto ha appreso. Ho detto il genere umano tutto intiero a disegno. I tuoi compagni può essere che credano che il segno della croce cominciato col Cristianesimo, o per lo meno, che l’uso ne sia stato circoscritto presso il popolo giudeo ed il popolo cattolico. La mia prima lettera ti farà avvisato della confidenza, che la loro opinione merita.

IL SEGNO DELLA CROCE (9)

IL SEGNO DELLA CROCE (7)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (7)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA SESTA.

Il 1 dicembre.

Sunto della lettera precedente. — Il segno della croce è un libro che istruisce — Creazione, Redenzione, Glorificazione, tre parole, che riassume la conoscenza di Dio, dell’uomo, del mondo. — Il legno della croce dice queste tre parole con autorità — con chiarezza — e profondamente. — Le insegna a tutti — dappertutto — e sempre.

Segno divino, distintivo del fiore della umanità, stemma del cattolico: tal è, mio caro Federico, il segno della croce considerato sotto il primo punto di vista. Se è vero che nobiltà obbliga, io non conosco, per inspirare all’ uomo il sentimento della sua dignità ed il rispetto di se stesso, un mezzo più semplice, più facile, e più efficace del segno della croce, fatto soventemente, attentamente e religiosamente. Questa è una delle ragioni di sua esistenza. Questo segno, dice un Padre (Magna hæc est custodia, quæ propter pauperes gratis datur sine labore propter infirmos, cum a Deo sit hæc gratia, Signum fidelium et timor dæmonum. Neque propterea quod est gratuitum, contemnas hoc signaculum; sed ideo magis venerare benefactorem. S. Cyril. Hier. Catech. XIII), è custodia potentissima, gratuita pe’ poveri, facile pei deboli. Benefizio divino e spavento di satana, a vece di disprezzarlo perché gratuito, aumenti in te la riconoscenza. Io aggiungo, che l’eloquenza della croce eguaglia la sua potenza. Qual cosa insegna dessa all’uomo? Vediamolo.

Ignoranti, il segno della croce è un libro, che e istruisce. Creazione, Redenzione, Glorificazione! Tutta la scienza teologica, filosofica, sociale, politica, isterica, divina ed umana, è raccolta in queste tre parole. Scienza del passato, scienza del presente e dell’avvenire, tutta è in esse e per esse, lume del mondo, base dell’intelligenza umana! Supponi un istante che il genere umano dimentichi queste tre parole, o che ne sconosca il vero senso: qual cosa mai diverebbe? Agglomerazione di atomi che si muovono nel vuoto senza direzione e senza scopo; cieco nato senza guida e senza bastone; mistero inesplicabile a se stesso; infelice senza consolazione; un forzato senza speranza. Ecco l’uomo e la società!  Creazione, Redenzione, Glorificazione: queste tre parole sono più necessarie alla umanità che il pane che lo vive, e l’aria che desso respira. Sono necessarie a tutti, a ciascuna ora, e sempre. Desse sole allietano la vita e tutte le vite, l’azione e tutte le azioni, la parola e tutte le parole, il pensiero ed ogni pensiero, la gioia e tutte le gioie, la tristezza e tutte le tristezze, il sentimento ed ogni sentimento.  Ciò posto, la semplice ragione insegna che Dio dovea per se stesso stabilire un mezzo facile, universale, permanente, per dare a tutti questa conoscenza fondamentale, e darla non una sola volta, ma rinnovarla di continuo come rinnova l’aria, che respiriamo. A qual dottore sarà commesso siffatto insegnamento? A s. Paolo, santo Agostino, e s. Tommaso ? Forse ai genii d’Oriente, e d’Occidente? No. Questi dottori parlano un linguaggio, che tutti non comprendono, è mestieri di un dottore che parli una lingua intelligibile a tutti, al selvaggio dell’Oriente, ed al civilizzato della vecchia Europa. Chi sarà dunque il mio dottore? Tu l’hai nominato, è il segno della croce. Desso, e lui solo raccoglie in se le condizioni esatte. Esso non muore, è da per tutto, la sua lingua è universale. Un solo instante richiede per insegnare la lezione, ed un momento solo basta a tutti per apprenderla. In prova di quanto dico, permetti ch’io ti disveli un mistero. Il Verbo incarnato, che Isaia chiama a ragione il Precettore del genere umano, avea risoluto di morire per noi. V’erano molti generi di morte la lapidazione, la decapitazione, precipitato da luogo eminente, l’acqua, il fuoco, e che so io? Fra tutte queste specie di morti perché ha Egli scelto la croce?  – Un profondo teologo ha risposto da molti secoli. Una delle ragioni perché la divina ed infinita saggezza scelse la croce, è per fermo, che un leggero movimento di mano basta a segnar su di noi lo strumento del divino supplizio; segno luminoso e potente, che c’insegna quanto è da sapere, e in che troviamo valida difesa contro i nostri avversari (Noluit Dominus lapidari, aut gladio truncari, quod videlicet nos semper nobiscum lapides aut ferrum forre non possumus, quibus defendamur. Elegit vero crucem, quæ levi manus motu exprimitur, et contra inimici versutias munimur.(Alcuin, De divin. off. c. XVIII).). Ecco il segno della croce stabilito catechista del genere umano. Ma è egli vero che desso soddisfi, com’è dovere, a tale uffizio, tu mi dimandi, e ch’esso ripeta a segno le tre grandi parole: Creazione, Redenzione, Glorificazione? Non solo le ripete, ma le esplica con tale autorità, profondità e chiarezza da essere tutto cosa sua. – Con autorità, divina nella sua origine, è organo di Dio stesso. Con profondità e chiarezza: siine tu stesso giudice. Quando tu porti la mano dalla tua fronte al petto dicendo in nome, il segno della croce t’insegna l’indivisibile unità dell’essenza divina. Per solo questa parola, siitu un fanciullo, od una semplice femmina, tu sei più sapiente che tutti i filosofi del Paganesimo. Qual progresso in un solo istante! Dicendo del Padre un nuovo ed immenso raggio di luce èimmerso nell’intelligenza tua. Il segno della croce ti apprende la esistenza di un Essere, Padre di tutti i padri, principio eterno dell’Essere da cui traggono la loro origine tutte le creature celesti e terrestri, visibili ed invisibili. Aquesta parola si dissipano per te le nebbie, che lungo venti secoli nascosero agli occhi del mondo pagano l’origine delle cose. Tu continui dicendo: e del Figlio, ed il segno della croce continua ad ammaestrarti. Ti dice che il Padre de’ padri ha un figlio simile a sé. E facendoti portar la mano sul petto quando tu pronunzi il suo Nome t’insegna che questo Figlio eterno del padre s’è reso Figlio dell’uomo nel seno di una Vergine, per riscattare il mondo. L’uomo è dunque scaduto dall’altezza di uno stato migliore. Una novella luce questa parola apporta alla tua intelligenza! La coesistenza del bene e del male, il terribile dualismo che sperimenti in te stesso, questa riunione di nobili istinti e d’inclinazioni abbiette, d’azioni sublimi e di atti ignobili, la necessità della lotta, la possibilità ed i mezzi della riabilitazione: tutti questi misteri la cui profondità straziava la filosofia pagana, non sono più ravvolti fra tenebre per te. Tu finisci dicendo: e dello Spirito Santo. Questa parola compie l’insegnamento della croce. Per essa tu sai che v’ha un Dio, Unità di essenza e Trinità di Persone: tu formi un’idea giusta dell’Essere per eccellenza, dell’Essere completo che non sarebbe tale se non fosse uno e trino. Se la prima Persona è necessariamente potenza, la seconda dev’essere sapienza e la terza a-more. Questo amore essenzialmente benefico compisce l’opera del Padre che crea, e quella del Figlio che riscatta; desso santifica l’uomo e lo conduce alla gloria. Per la direzione della vita delle nazioni e dell’individuo, per i re come per i sudditi, qual luminoso insegnamento! Se Aristotele, Platone, Cicerone, tutti gli antichi pensatori, filosofi, legislatori e moralisti, fatigati dallo studio e stanchi di dubbi insolubili avessero risaputo la esistenza di un Maestro, che insegnasse con la profondità e chiarezza della croce, avrebbero corso l’intero mondo per vederlo, stimandosi felici di passare la vita ad intenderne l’insegnamento.  – Pronunziando il nome dello Spirito Santo tu compisci la croce, e con ciò tu non solo conosci il Redentore, ma ancora lo strumento della redenzione. Di siffatto modo, nel mentre che desso inonda lo spirito di vivida luce, apre nel cuore una inesauribile fonte di amore, di che parleremo altrove. Ma attendendo, dimmi se torna possibile insegnare con minor numero di voci, e con simile eloquenza, e con lingua sì accessibile i tre grandi dogmi, Creazione, Redenzione, Glorificazione, ippomoclio del mondo morale, e principio generatore della umana intelligenza? Essere creato, essere riscattato, essere destinato alla gloria, ecco quello che sei, o uomo! – Che cosa ne pensi tu, caro amico, è far della teologia questo? Ma se la teologia è la scienza di Dio, dell’uomo e del mondo; se la filosofia, conoscenza ragionata di Dio, dell’uomo, del mondo è figlia della teologia; se dalla teologia e dalla filosofia derivano tutte le scienze, la politica, la morale, l’istoria, ne segue, che il segno della croce è il dottore più sapiente e meno verboso che abbia mai insegnato. Vuoi tu sapere quale sia il posto, che questo segno venerando ha nel mondo? Te lo dirò domani.

IL SEGNO DELLA CROCE (8)

IL SEGNO DELLA CROCE (6)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (6)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA QUINTA.

30 novembre.

Il segno della croce ci nobilita. — Desso è il segno del fiore della umanità. — Il blasone del cattolico. — Quel che sia un cattolico. — II segno della croce nobilitandoci c’insegna il rispetto di noi stessi. — Importanza di tale insegnamento. — Onta di chi non fа il segno della croce. — Quadro del disfreno ch’eglino hanno per se stessi.

Ho detto, mio caro Federico, che il segno della croce è un segno che nobilita, perché quanto è divino nobilita. Questa sola ragione basterebbe; ma nondimeno continuandomi dico, che questo segno ci nobilita perché desso è il segno del fiorе della umanità. V’hanno mai pensato i compagni tuoi? Chi non si segna, ed ancor più, chi ha onta di questo segno, resta misto e confuso con i pagani, i musulmani, i giudei, gli eretici, i cattivi cattolici, infine con le bestie; è quanto dire, con la feccia della creazione. Che ne pensi tu? Non dobbiamo andare superbi di un segno che ci distingue sì nobilmente da tutti quelli che non lo hanno?  Il figlio ascrive a gran ventura essere membro di una famiglia veneranda per l’antichità sua, illustre per le gesta, rispettabile per le virtù, potente per le ricchezze. Egli pensa parimente del suo blasone. Lo fa scolpire in pietra, in marmo, in argento, in oro, in agata, ed in rubini; lo pone sulla sua abitazione, lo fa modellare su la mobilia, designare sul vasellame, e sui pannilini, lo fa incidere sul suo suggello, dipingere sulla sua carrozza, orna di esso i fornimenti de’ suoi cavalli, vorrebbe scolpirlo sulla propria fronte. Se tu ne togli la vanità, egli ha ragione. La sua condotta proclama altamente la legge pereminenza sociale, la solidarietà. La gloria degli avi, ègloria dei figli, èun patrimonio di famiglia. – Come cattolico, il segno della croce èmio stemma. Esso dice a me ed a tutti la nobiltà della mia schiatta, la sua antichità, le sue gesta, le glorie e le virtù sue. Come non andarne superbo? Io rinunzierei al sangue illustre, che mi corre per le vene! Indegno di avere un gran nome, rigetterei vigliaccamente la legge della solidarietà gettando nel fango le mie insegne gentilizie, ed al vento la ricca eredità degli avi miei. Gli uomini sono lieti di appartenere ad una grande nazione aristocratica. Lo Spagnuolo d’essere Spagnuolo, l’Inglese d’essere Inglese, ed il Francese d’essere Francese, l’Italiano di essere Italiano, come tutte le altre grandi nazioni. Dimmi, amico mio, qual è la nazione più grande, e la più aristocratica del pianeta? V’ha una nazione che tutte vinca in antichità, che conti fra i suoi membri un numero, che avanzi quello delle nazioni testé nominate? Una nazione che per i suoi lumi brilli come il sole nel firmamento; che essenzialmente espansiva, a prezzo di proprio sangue abbia sottratto il genere umano alla barbarie, e gli dia modo da non ricadervi, e che la storia ed il mappamondo ne facciano fede? Una nazione che veda e sola, nel mezzo de’ suoi figli, quanto l’uomo ha conosciuto di meglio in fatto di genio e di virtù, di scienza e di coraggio, legioni intere di dottori, di vergini, di martiri, di oratori, filosofi, artisti, i grandi legislatori, i buoni re, i guerrieri illustri di tutte le parti del mondo; una nazione altrettanto più aristocratica, che tutte le altre da essa debbono ripetere la loro superiorità? Che che si dica, e che che si faccia, la storia ha nominato la grande NAZIONE CATTOLICA. IO le appartengo: il segno della croce è. il suo stemma: potrei averne onta? Dio stesso ha voluto mostrare con strepitosi miracoli, quanto sia in onore agli occhi suoi la persona ed il membro che fa il segno della croce. Santa Èdita figlia di Edgardo re d’Inghilterra sin dalla infanzia fu tenerissima del segno della croce. Questa giovane principessa, uno de’ più belli fiori olezzanti verginità, che abbia ornato l’antica isola dei santi, nulla operava senza che innanzi segnasse il fronte ed il petto dello stemma de’ cattolici. A sfogo di sua devozione fece edificare una chiesa in onore di S. Dionisio, e pregò S. Dunstan Arcivescovo di Cantorbery per la solenne dedicazione. Il santo consenti volentieri, e nelle diverse conversazioni che tenne seco lei, ammirò che la giovane principessa, come i primi Cristiani si segnava frequentemente col pollice la fronte. Tale divozione tornò si cara al santo, ch’egli fe’ voti a Dio perché benedicesse questo pollice, e Io preservasse dalla corruzione della tomba. La preghiera fu esaudita. Quinci a poco tempo la vergine moriva al 23″ anno dell’età sua ed apparsa al santo gli disse: disumate il mio corpo, desso è incorrotto, eccetto le parti di che feci mal uso nella leggerezza della mia infanzia. Queste parti erano gli occhi, i piedi e le mani, eccetto il pollice con che faceva in vita il segno della croce. – Al punto di vista dell’onore gli avi nostri aveano eglino torto di fare si soventemente il segno della croce? E noi; abbiamo noi ragione di non più farlo? Ah! ch’eglino aveano ben altrimenti da noi la coscienza di loro nobiltà, ed il sentimento della dignità loro. Così ripetendosi di continuo nobiltà obbliga, non mi meraviglio che abbiano formato una società unica negli annali del mondo per l’eroismo di sue virtù: fra poco l’intenderai.- II primo sentimento, che il segno della croce sviluppa in noi nobilitandoci agli occhi nostri istessi, èil rispetto di noi medesimi. Il rispetto di noi medesimi! io dico, caro amico, una grande parola. Volgo io sguardo all’intorno, e vedo un secolo, un mondo, una gioventù che non rifinisce di parlare di dignità umana, di emancipazione, di libertà. Queste parole vuote di senso, o che uno ne raccolgono cattivo, rende il secolo, il mondo, la gioventù insofferente d’ogni maniera di governo ed impaziente del giogo d’ogni autorità divina, civile e paterna, corre all’impazzata dicendo a quanti incontra: Rispettami!  Benissimo; ma se vuoi essere rispettato, comincia tu a rispettar te stesso. Il rispetto degli altri, a nostro riguardo, è in ragione di quello che noi stessi abbiamo per noi. La crudeltà, l’ipocrisia, il sensualismo, il vizio orpellato, nascosto, ricco, coronato, possono inspirare timore, ma ottenere rispetto giammai. Ora l’uomo attuale giovane o vecchio che sia, che non si segna dello stemma cattolico si rispetta? Facciamo un saggio di autopsia.  La parte più nobile dell’uomo è l’anima, e di questa la facoltà, che vince in dignità le altre, è l’intelligenza. Vaso prezioso, formato dalla mano di Dio a raccogliere la verità, e solo la verità, di modo, che quanto non è verità la rende immonda e profana. L’uomo attuale rispetta la intelligenza, le lascia libero il cammino alla verità? Egli non ha che disgusto per le sorgenti pure, dond’essa deriva; oracoli divini, sermoni, libri ascetici o di filosofia cristiana lo appenano ed annoiano. Se tu discendi al fondo di queste intelligenze battezzate, ti crederai in un bazar. Tu vi ritroverai un rimescolio d’ignoranze, di baje, di frivolezze, pregiudizii, menzogne, errori, dubbii, obbiezioni, negazioni, empietà, inezie. Triste spettacolo che mi ricorda lo struzzo morto ultimamente a Lione. Tu sai che l’autopsia del suo stomaco rivelò l’esistenza di un vero arsenale di pezzi di ferro, di legno, di corde ecc. Ecco di che nutrica la sua intelligenza l’uomo, che non fa più il segno della croce: ecco com’egli la rispetta! Ed il suo cuore? Dispensami, caro Federico, dal rivelartene le ignominie. I moti suoi in vece d’essere ascendenti, sono discendenti, non si eleva spaziandosi a volo di aquila, ma si striscia sulla terra; non si nutre, come l’ape, del profumo de’ fiori, ma, qual mosca schifosa, fa suo pasto ogni maniera di lordura. Non v’ha violazione di legge che lo spaventi, né immondizia che eviti. Tu puoi bene convincertene, che la bocca parlando per la pienezza del cuore, la sua gola è spiraglio di sepolcro in putrefazione. Ed il suo corpo? Giovane che trovi indegno di te fare il segno della croce, tu credi essere un grande spirito, ma tu fai pietà! Ti credi indipendente, e sei schiavo; tu non vuoi onorarti facendo quanto fa il fiore della umanità, e per giusto castigo, tu fai quanto esegue il rifiuto della umana famiglia. La tua mano non segna la fronte del segno divino, ed essa toccherà quanto non dovrebbe mai toccare. Tu non vuoi ornare del segno protettore i tuoi occhi, le labbra ed il petto, ed i tuoi occhi s’insozzeranno guardando quanto non dovrebbero guardare, le tue labbra mute ciarliere, loquaces muti, come dice un gran genio (S. Aug. Medit. XXXV, S), diranno quanto non dovrebbero dire, e diranno quello che dovrebbero tacere; il tuo petto, profano altare, brucerà di un fuoco, il cui solo nome fa onta. È questa la tua storia intima; potrai negarla, ma cancellarla giammai. Dessa è scritta su questa carta con inchiostro, ma è letta in tutte le parti del tuo essere, scrittavi con sanguigni caratteri di colpa, in sanguine peccati. – E la sua vita! L’uomo che non fa più il segno della croce perde la stima della sua vita. Egli la vilipende, ne fa spreco, e mai la prende sul serio. Fare della notte giorno, e del giorno notte; poco lavoro e molto sonno, cibi delicati, senza nulla negare al gusto; consumarsi pel tempo, senza alcuna considerazione per l’eternità, ciò è a dire, tessere della tela di ragno, fare de’ castelli di carta, prender mosche, in una parola: usar della vita come padrone, non è prenderla al serio. Prender la vita al serio è fare di essa l’uso voluto da Colui che ce l’ha confidata, e che ce ne domanderà conto non in confuso, ma dettagliatamente; non ad anni, ma per minuto.  – Quando il disprezzatore del segno divino, che doven nobilitarlo inspirandogli sentimenti di rispetto per l’anima ed il corpo suo, è stanco della iniquità e delle inezie, che cosa farà egli? Soventemente egli rigetta la vita come un peso insopportabile. Considerandosi qual bestia priva di timore e di speranza oltre la tomba, si uccide. – Qui, mio caro, come potrò io tutta esprimerti la pena dell’animo mio? Quanto diceva l’Apostolo delle meraviglie del cielo, che l’occhio non ha visto, né l’orecchio sentito, né lo spirito concepito nulla di simile, è mestieri dirlo al presente gemendo, arrossendo e tremando. No, in nessuna epoca, sotto nessun clima, nel mezzo di nessun popolo, ancorché pagano ed antropofago, l’occhio non ha visto, l’orecchio non ha sentito, lo spirito non ha concepito quello che noi vediamo, intendiamo e tocchiamo con mano; qual cosa? Il suicidio. Il suicidio è su di una scala senza paragone nell’istoria. In Francia solamente cento mila suicidi nel corso degli ultimi trentanni. Cento mila! ed il numero va sempre più crescendo. Ora, io son sicuro, benché senza prova, che di questi cento mila, novanta nove mila aveano perduto l’uso di fare il segno della croce seriamente, sovente, e con ogni religione. Credi ciò come tredicesimo articolo del simbolo. A dimani.

IL SEGNO DELLA CROCE (7)

IL SEGNO DELLA CROCE (5)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (4)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA QUARTA.

29 novembre.

Risposta ad un’obiezione. — I tempi sono cambiati. Ragioni in favore de’ primi  Cristiani desunte dalla natura del segno della croce. — Il segno della croce è cinque cose. — Un segno divino, che nobilita l’uomo. — Prove che il segno della croce è divino.

« Per me, tu mi dici, mio caro Federico, la questione è giudicata. Giammai potrei credere che Iddio avesse dato la verità ed il buon senso a’ suoi inimici, condannando allo errore, ed alla superstizione i migliori amici suoi ».  Questa confessione mi consola, e non mi sorprende. Il tuo spirito cerca la verità, ed il tuo. cuore non la rigetta. Se tutti fossero nella istessa disposizione, il compito d’apologista sarebbe facile, ma sventuratamente l’è tutto altrimenti! Nella maggior parte delle controversie, e principalmente nelle controversie religiose l’uomo discute, non con la sua ragione, ma con le proprie passioni. Non per la verità, ma per la vittoria egli combatte. Triste vittoria, che conferma la sua schiavitù all’errore, ed al vizio.  – Quello, che so de’ tuoi compagni e di altri pretesi Cattolici del nostro tempo, mi fa temere ch’eglino agognino a siffatta vittoria. Io li amo, devo loro disputarla: e, per squarciare tutte le bende, in che si ravvolgono, e per illuminare la tua convinzione, voglio esporti le ragioni intrinseche, che giustificano l’inviolabile fedeltà de’ veri Cristiani al frequente uso del segno della croce. Ma facciamo innanzi giustizia alla grande obiezione de’ moderni disprezzatori del segno adorabile. Altri tempi, altri costumi, eglino dicono. Quanto era utile ed ancora necessario ne’ primi secoli della Chiesa, non l’è più di presente. I tempi si cambiano: è da vivere col proprio secolo.  San Pietro risponde loro, che : Gesù era ieri, egli è oggi, egli sarà lo stesso ne’ secoli de secoli. Tertulliano aggiunge: il Verbo incarnato si chiama verità, e non consuetudine. Ora la verità non cambia. Quello, che gli Apostoli e i Cristiani della primitiva Chiesa, i veri Cristiani di tutti i secoli hanno creduto utile, e fino ad un certo punto necessario, non ha finito di esserlo. Io oso affermare, che di presente è più necessario che in altri tempi. Il che è reso manifesto da’ caratteri di somiglianza che esistono fra le posizioni de’ Cristiani de’ primi secoli, e quella de’ Cristiani del secolo decimonono. Qual era la posizione de’ nostri padri delia Chiesa primitiva? Dessi erano al cospetto di un mondo non cristiano, che non voleva divenirlo, che non voleva che altri lo fosse, che perseguitava a morte quanti si ostinavano ad esserlo. E noi, non siamo noi in faccia di un mondo, che cessa di essere cristiano, che non vuole divenirlo di nuovo, che non vuole che altri lo sia, che perseguita, or con scaltrite arti, ed or con la forza quelli che coraggiosi professano il Cristianesimo? Se, in una eguale posizione i primi Cristiani, disciplinati alla scuola apostolica, hanno riconosciuto necessario l’uso frequente del segno della croce, quali ragioni avremmo di abbandonarlo? Siam noi forse più abili, o più forti? I pericoli sono meno grandi, i nemici in minor numero, o meno perfidi? Il proporre simili questioni, è un averle risolute. Passiamo innanzi! – Fino al presente, mio caro Federico, ho fatto valere le circostanze esteriori della causa; ora è mestieri difenderla a fondo, deducendo le ragioni dalla natura del segno istesso della croce. Queste per te, per me. per tutti gli uomini siffattamente si riassumono:  Figli della polvere, il segno della croce è un segno divino che ci nobilita; Ignoranti, il segno della croce è un libro che ci nstruisce;  Poveri, il segno della croce è un tesoro, che ci arrichisce; Soldati, il segno della croce è un’arma, che dissipa l’inimico;  Viaggiatori verso il ciclo, il segno della croce è una guida che ci conduce.  – Prendi la tua toga, siedi da giudice, ed ascolta!

Figli della polvere, il segno della croce è un segno divino che ci nobilita. Chi è, dimmi, questo essere che viene al mondo piangendo, soggetto come il più piccolo degli animali a tutte le infermità, incapace più di lui, e per maggior spazio di tempo, di soddisfare a’ suoi bisogni? Che l’uomo si chiami principe, re, imperatore; che la donna abbia titolo di contessa, duchessa, imperatrice, non ne vadano gonfii; poiché uno sguardo retrospettivo insegnerà loro, ch’eglino sono questo essere. Questo essere è l’uomo, verme nel suo principio, e cibo de vermi nella tomba (Primam vocem similem omnibus emisi plorans. In involumentis sum, et curis magnis. Nemo enira ex regibus aliud habuit nativitatis initium. Sap.VII. 3). – Questo essere tanto infermo, si nullo, e si vergognosamente confuso con i deboli e vili animali lungo i primi anni di sua esistenza, e spinto d’altronde a rassomigliarlo pe’ suoi instinti. Non pertanto, questo essere è l’immagine di Dio, il Re della creazione, egli non deve degradarsi. Dio lo tocca alla fronte, v’imprime un segno divino, che la nobilita, e la nobiltà obbliga. Rispettato dagli altri, egli rispetterà se stesso. Queste lettere di nobiltà, questo segno divino, è il segno della croce. È divino, cheviene dal cielo e non dalla terra: l’è divino, cheil padrone può solo marcare i suoi prodotti. Desso viene dal cielo, perché la terra confessa di non essere suo trovato. Percorri tutti i paesi, e tutti i secoli, in nessun luogo tu troverai l’uomo che abbia immaginato il segno della croce, il santo che l’abbia insegnato, come proprio insegnamento; il Concilio, che l’abbia imposto come suo precetto. La tradizione lo insegna, la consuetudine lo conferma, la fede lo pratica » (Harum et aliaruui hujusmodi disciplinarum si legem ex-postules, scripturarura nullam invenies. Traditio te prætenditur autrix, consuetudo confirmatrix, et fides observatrix. Ter. de Coron. c. III). Così Tertulliano: e per esso tu ascolti la voce della seconda metà del secondo secolo. S. Giustino (Dextera manu in nomine Cbristi quos crucis signo obsignandi sunt, obsignamus. Quæst. 118) parla per la prima, e ti apprende non solo la esistenza, ma il modo con che tale segno era fatto, è con ciò noi siamo a’ tempi primitivi, tempi di memoria eterna, che gli eretici istessi chiamano l’età d’oro del Cristianesimo, sì per la purezza della dottrina, che per la santità de’ costumi. Ora, noi vi troviamo il segno della croce in piena pratica in Oriente, come in Occidente.  Diamo qualche passo, e daremo la mano a s. Giovanni, quello, che sopravvisse a tutti gli Apostoli. Vedi il venerabile vecchio, che fa il segno della croce su di una coppa avvelenata, e beve il micidiale liquore impavidamente (S. Simeon: Metaph. in Joan.). Un po’ più lontano, ed ecco i suoi più illustri colleghi, Pietro e Paolo. Come Giovanni il discepolo amato dal divino Maestro, Pietro e Paolo, principi dell’apostolato, fanno religiosamente il segno della croce, e l’insegnano dall’oriente fino all’occidente, a Gerusalemme, in Antiochia, ad Atene, a Roma, ai Greci ed ai barbari. Ascoltiamo un irrecusabile testimone della tradizione, c Paolo, dice santo Agostino, posto dappertutto il reale stendardo della croce, pesca gli uomini, e Pietro segna le nazioni col segno della croce (Circumfert Paulus Dominicum in cruce vexillum. Et iste piscator hominum, et ille titulat signo crucis gentiles. S. loan Chrys. Ser. XXVIII). » Nè solamente eglino lo eseguono sugli  omini, ma sulle creature inanimate, e vogliono che altri ancora il facesse. Ogni creatura di Dio è buona, scrive il grande Apostolo, non è da rigettare alcuna cosa, che possa riceversi con rendimento di grazie; poiché dessa è santificata dalla parola di Dio, e dalla preghiera. Questa è la regola: quale n’é il senso? Nel diritto se v’ha un testo oscuro, come si chiarisce? Per chiarirlo, si consulta l’interprete il più autorizzato, ed il più vicino al legislatore: la sua parola è legge.  Ascolta la parola la più autorizzata dall’Apostolo s. Paolo, s. Crisostomo « Paolo, egli scrive, ha stabilito qui due cose: la prima che nessuna creatura è immonda: la seconda, che se lo fosse, facile cosa sarebbe purificarla. Segnala del segno della croce, rendi grazia e gloria al Signore, e detto fatto, l’immondizia partirà (Duo capita ponit, unum quidem quod creatura nulla communis sit. Secundo, quod etsi communis sit, medicamentum in promptu est. Signum illi crucis imprime, gratias age, Deo gloriam refer, et protinus immunditia omnis abscessit. In Tim. hom. XII). » Ecco l’insegnamento apostolico. I principi degli Apostoli non solamente facevano questo segno adorabile sulle cose inanimate, e sopra i popoli che accorrevano alla fede, ma sopra se stessi. Questo segno adunque esisteva prima di loro. Paolo il persecutore è rovesciato lungo il cammino di Damasco, perché divenga l’apostolo del Dio, ch’egli perseguita. Quale sarà il primo atto del Dio vincitore sul nobile vinto? Sarà segnarlo del segno della croce. Va, dice Egli ad Anania, e segnalo del mio segno (Vade ad eum, et signa eum charactere meo. S. Aug. Ser. l et Ser. XXV, De Sanctis). Chi è dunque l’autore e institutore del segno della croce? Per trovarlo è da sormontare tutti i secoli, tutte le cose visibili, tutte le gerarchie angeliche, per venire fino al Verbo eterno, alla verità istessa. Ascolta un altro testimone, perfettamente in grado di saperlo, e che ha confermato la testimonianza col suo sangue. Ho nominato l’immortale Vescovo di Cartagine, s. Cipriano. « Signore, egli esclama, sacerdote santo, voi ci avete legato tre cose che non periranno giammai: il calice del vostro sangue, il segno della croce e l’esempio de’ vostri dolori. (Tu Domine, sacerdos sáncte, constituisti nobis inconsumptibiliter potum vivificum, crucis Signum, et mortificationis exemplum. Serm. de Pass. Christi) » Santo Agostino aggiunge: Siete voi, o Signore, che avete voluto questo segno impresso sulla nostra fronte (Signum suum Christus in fronte nobis fligi voluit. In psal. 130). Sarebbe facile citare venti altri testimoni; ma perché scrivo delle lettere, e non un libro, mi arresto. Il segno della croce è un segno divino: ecco un fatto constatato per la discussione. Ve n’ha un altro, di che sarà parola dimani.

IL SEGNO DELLA CROCE (4)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (4)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA TERZA.

28 novembre.

Seguito della terza presunzione: I dottori dell’Oriente e dell’Occidente.— Costantino, Teodosio, Carlomagno, San Luigi, Baiardo, Don Giovanni d’Austria, Sobieski. — Quarta presunzione: La condotta della Chiesa. — Quinta presunzione: Quelli che non fanno il segno della Croce. — Riassunto.

Ora, mio caro amico, senza eccezione alcuna tutti questi grandi geni facevano il segno della Croce, come devote giovanette. Questi lo facevano continuamente e non rifinivano dall’inculcare i Cristiani di eseguirlo in tutte le occasioni. Fare il segno della croce sopra di quelli che mettono in Gesù Cristo ogni loro speranza, dice uno di loro, è cosa fra noi notissima, e studiosamente eseguita, Primum est et notissimum (S. Basil. De S. S. c. XXVII). Un altro: La croce è dappertutto: presso i re ed i sudditi, gli uomini e le femmine, le vergini e le spose, gli schiavi ed i liberi, tutti segnano di esso il membro più nobile, la fronte…. Non vogliate sortire dalla vostra abitazione senza dire: Rinunzio a satana, e sono seguace fedele di Cristo, e senza accompagnare queste parole col segno della croce: cum hoc verbo et crucem in fronte imprimas (Crysost. Him. XXI, ai pop. Antioch.). Ed un altro: Noi dobbiamo segnarci ad ogni operazione che ci occorre compiere nel corso del giorno; omne diei opus in signo facere Salvatori* (S. Ambr. Serm. XLIII). E Gaudenzio, il gran Vescovo: « Il segno della croce sia fatto constantemente sul cuore, sulle labbra, e sulla fronte, al pranzo, al bagno, al letto, entrando o sortendo da casa, nella gioia e nella tristezza, stando seduto ed in piedi, parlando, camminando, a dir corto, in ogni operazione: verbo dicam, in omni negotio. Facciamolo sul nostro petto e sopra tutte le membra, onde l’intiero nostro corpo sia difeso da questa invincibile arma de’ Cristiani: armemur hac insuperabili christianorum armatura » (S. Gaud. Ep. Brix Tract. de lect. evang., S. Ciril. Hier. Catech, iv, n. 14. – S Efrem de Panoplia). – Fino agli estremi di loro vita, confermando le parole coi loro esempi, noi vediamo questi geni morire, come l’illustre Crisostomo, questo re della eloquenza, segnandosi del santo segno redentore. Il fiore de’ Cristiani formato a questa scuola ne imitava gli esempi. Girolamo parlando di Paola, di questa discendente degli Scipioni, ci dice: Dessa, sul punto di rendere la sua bell’anima, quando ci era già impossibile più intendere le sue parole, avea il dito sulla bocca, e, fedele al pio uso, ella disegnava la croce sulle sue labbra (Ad Eustoch. De Epiph. Paulæ).  – Attraversiamo i secoli ed accenniamo qualche anello della catena tradizionale. Senza far parola degl’immortali imperatori, legislatori e guerrieri ad un tempo, Costantino, Teodosio, Carlomagno, fedeli al pio uso di segnarsi del santo segno della croce, arriviamo al migliore de’ re, che abbia avuto la Francia, S. Luigi. Il suo amico ed istoriografo de Joinville scrive di lui: « Il re cominciava dal segno della croce la tavola, il consiglio, la guerra, tutte le sue azioni »(Vita cap. XV). Del cavaliere senza paura e sema rimprovero, Baiardo, ferito a morte, ultimo gesto fu il segno della croce, ch’egli fece con la spada. La potenza cattolica e la potenza musulmana si trovano di rincontro nel golfo di Lepanto, rappresentate da due flotte che sorpassavano il numero di quattrocento vele. Da questa guerra dipende il trionfo della civiltà, o quello della barbarie, i destini dell’Europa sono nelle mani di Don Giovanni d’Austria. L’eroe cristiano innanzi di dare il segno della battaglia si segna, ed i capitani lo imitano. L’islamismo non ancora può rifarsi della completa rotta, che ne riportò. Ma non pertanto un secolo più tardi volea riparare le sue perdite. Le sue orde innumerevoli si avanzavano fin sotto le mura di Vienna. Sobieski accorre con forze che sono un nulla al confronto di quelle dell’inimico. Ma Sobieski è Cristiano. Innanzi di discendere nel campo della battaglia fa segnare di croce la sua armata, e se stesso segua di una croce vivente, ascoltando la messa con le braccia distese in forma di croce. Per questo segno, dice un guerriero Cristiano, il visir fu battuto.  Non la finirei, mio caro, se volessi narrare lutti i fatti storici che confermano la frequenza e la perpetuità di questo segno, presso i veri Cristiani di tutti i secoli e di tutte le condizioni, sì nel mondo, che nei chiostri dell’Oriente e dell’Occidente. Questa gloriosa tradizione non è una presunzione rispettabile in favore de’ nostri maggiori della Chiesa primitiva? Che cosa mai ne pensano i tuoi compagni?  

Quarta presunzione in favore de’ primi Cristiani è l’uso della Chiesa. I secoli, e con essi gli uomini cangiano leggi, abitudini, mode, linguaggio, maniera di vedere e di giudicare: tutto si modifica. Solo la Chiesa non cambia mai, immutabile come la verità di che è maestra, quanto essa insegnava e faceva ieri, insegna ed opera quest’oggi, insegnerà ed opererà domani e sempre. Qual è il suo pensiero e la sua condotta sul conto del segno delia croce? Nulla v’ha, su di che meglio si mostri la sua divina immutabililà. Da poi 18 secoli si può dire, che la Chiesa vive del segno della croce: un istante solo non lascia di praticarlo. Comincia, continua, compie ogni operazione con questo segno. Di tutte le sue pratiche il segno della croce è la principale, la più comune e familiare, desso è l’anima de’ suoi esorcismi, delle sue preghiere e benedizioni. Quanto essa opera al presente nelle nostre basiliche sotto i nostri occhi, essa operava nelle catacombe al cospetto de’ nostri padri. Senza il segno della croce, dicono essi, nulla si fa tra noi legittimamente, niente è santo e perfetto (Sine quo signo nihil est sanctum, neque alia consecratio meretur effectum. S. Cypr. de bapt. chr. Quod signum nisi adhibeatur, nihil recte perficitur. S. Aug Tract. 188 in Joan. n. 5). Il potere della Chiesa, come quello del suo Fondatore, si esercita sulle persone e sulle cose, si estende sino al cielo e per tutta la terra: Data est mini omnis potestas. Come la esercita essa? Per Io mezzo del segno della croce. Quanto essa destina a’ suoi usi, l’acqua, il sale, il pane, il vino, il fuoco, le pietre, il legno, l’olio, il balsamo, il lino, la seta, il bronzo, i metalli preziosi, tutto segna di croce. Quanto appartiene ai suoi figli, le loro dimore, i campi, gli armenti, i loro strumenti da lavoro, le invenzioni di loro industria, di tutto prende possesso col segno della croce.  Vuole dessa preparare al Signore del cielo un’abitazione sulla terra? Innanzitutto la croce deve conservare lo spazio che occuperà l’edilizio. Niuno, dicono i Concili, si permetta innalzare una Chiesa, innanzi venga il Vescovo e vi faccia il segno della croce per scacciare satana (Nemo Ecclesiam ædificet, antequam Episcopus civitatis veniat et ibidem crucem figat: addit glossa, ad abigendas inde dæmonum phantasia.’. (Novella T, paragraph. I. Cap. Nemo consecrat. dixt.). Il segno della croce è il primo mezzo, di che usa per benedire i materiali del tempio, e per ben venti volte lo esegue sul pavimento, sui pilastri, e l’altare, e per renderlo immobile fa sormontare il tempio da una croce di ferro. Quando i suoi figli verranno nella casa di Dio, che faranno eglino avanti che ne passino la soglia? Il segno della croce. Da qual cosa i capi della preghiera, i Vescovi ed i preti cominceranno a celebrare le lodi dell’Altissimo? Dal segno della croce. Quando al principio de’ santi uffizi noi facciamo il segno della croce accompagnandolo con le parole: Signore venite in mio soccorso; è come se dicessimo, scrive un’antico liturgista: Signore, la vostra croce è il nostro aiuto: la mano ve ne rappresenta il segno, e la lingua vi prega. satana è il condottiere di tutti i nostri nemici; egli governa il mondo, e solletica la nostra carne. Ma se voi, o Signore, verrete in nostro soccorso con la vostra croce, esso e tutti i nostri nemici verranno messi in fuga. Ecco la sua condotta per l’uomo tempio vivo della Trinità. Quello, che opera sopra di lui quando sorte dal seno materno, è il segno della croce; e quando l’uomo entra nel seno della terra, la Chiesa dello stesso segno l’adorna. Questo è il primo saluto e l’ultimo addio, ch’ella usa col figlio della sua tenerezza. E quanti segni di croce lungo il tempo interposto fra la tomba e la culla? Al Battesimo, quando egli diviene figlio di Dio, lo segna di croce; nella Confermazione, sul punto di divenire soldato della virtù, lo segna di questa croce; nella Eucaristia, quando riceve il Pane degli Angeli, lo segna parimente; alla penitenza, dove l’uomo riacquista la vita divina, il segno redentore è eseguito sopra di lui; nella Estrema unzione, dalla quale trae forza per l’ultima battaglia, la croce lo segna; nell’Ordine e nel Matrimonio, in questa associazione alla paternità divina,la Chiesa onora l’uomo con questo segno (Si regenerari oportet, crux adest; si mystico cibo nutriri, si ordinari, et si quidvis aliud faciendum, ubique nobis adest hòc victoriæ symbolum. (S. loan. Chrysot. iti Matth, homil. 54, ri. 4). Quod Signum nisi adbibeatur frontihus crederitium, sive ipsi aquæ in qua regenerantur, sive oleo quo cbrismate unguntur, sire sacrificio quo aluntur, nihil eorum recte perficitur. S. August, in Joan, tract. 128, n. 5). Ma v’ha di più. Quando la Chiesa nella persona del Sacerdote ascende l’altare armato della onnipotenza con che comanda, non più alla creatura ma al Creatore, non all’uomo ma a Dio, il cielo si apre alla sua voce, ed il Cristo rinnova tutti i misteri della sua vita, della sua morte, e della gloriosa Resurrezione; v’ha alto alcuno da eseguire con maggiore solenne gravità, e da cui è da eliminare accuratamente quanto potrebb’essere straniero e superfluo? Ora nel corso di questa azione per eccellenza, che cosa fa la Chiesa? In essa più che in ogn’altra moltiplica il segno della croce; dessa si ravvolge nel segno della croce; cammina attraverso questo segno, lo ripete sì soventemente, che il numero di questo potrebbe sembrare esagerato, se non fosse profondamente misterioso. Sai tu quante volte il prete esegue il segno della croce lungo il tempo della Messa? Egli lo fa quarantotto volte. Dico male: per quanto dura il Sacrifizio, il prete è un segno di croce vivente.  E la Chiesa cattolica, la grave institutrice delle nazioni, la grande maestra della verità, si compiacerebbe di ripetere in sì solenne azione, un segno inutile, superstizioso, o di nessuna importanza! Se i tuoi compagni lo credono, a torto sono increduli; non mancano di credulità. La condotta della Chiesa e de’ veri Cristiani di tutti i secoli, è una presunzione vittoriosa in favore de’ nostri antenati.

La quinta presunzione in favore de’ primi Cristiani sono quelli che non fanno il segno della croce. Sulla terra v’hanno sei categorie di esseri che non fanno il segno della croce. I pagani: Cinesi, Indiani, Tibetani, Ottentotti, i selvaggi dell’Oceania, gli adoratori d’idoli mostruosi, i popoli profondamente degradati, e non meno infelici; questi non fanno il segno della croce. I maomettani: simili agl’immondi animali pel sensualismo, ed alle tigri per la ferocia, sono automi del fatalismo; questi, non si segnano. I Giudei: incrostati di falde di profonda superstizione, sono una pietrificazione vivente di una razza scaduta; questi neanche si segnano. Gli eretici: settari orgogliosi a segno da voler riformare l’opera di Dio, e cui toccò in sorte perdere fin l’ultimo lembo di verità, lo posso, scriveva non ha guari uno de’ ministri prussiani, scrivere sull’unghia del mio pollice quanto v’ha di comune credenza fra i protestanti: i protestanti non hanno il segno della croce. I cattivi Cattolici: rinnegati del loro Battesimo, schiavi del rispetto umano, superbi ignoranti, che parlano di tutto del tutto, ignoranti, adoratori del dio ventre, del dio carne, del dio materia, e la cui vita è sozza al pari d’immondo limo: questi del pari non si segnano. Le bestie: bipedi e quadrupedi di tutte le specie; cani, gatti, asini, muli, cammelli, i barbagianni, i coccodrilli, le ostriche, gl’ippopotami, questi non si segnano. – Tali sono le sei categorie di esseri che non fanno il segno della croce. Se nei tribunali il carattere morale degli accusatori e dei difensori contribuisce grandemente, innanzi lo stesso esame della causa, a formare l’opinione de’ giudici; lascio a te stesso pensare se il carattere di quelli che non fanno il segno della croce sia una presunzione favorevolissima pei primi Cristiani!  A dir breve, relativamente al segno della croce frequentemente eseguito, il mondo è diviso in due campi opposti.

A favore: gli ammirevoli Cristiani della primitiva Chiesa, gli uomini di gran santità, i più grandi geni dell’Oriente e dell’Occidente, i veri Cristiani di tutti i secoli, la Chiesa Cattolica istessa, maestra di verità.

Contro: i pagani, i maomettani, i giudei, gli eretici, i cattivi cattolici e le bestie.

Mi pare che tu possa di già pronunziarti. Ma meglio lo potrai quando saprai le ragioni, che condannano gli uni e giustificano gli altri. Te le dirò nelle seguenti lettere.

IL SEGNO DELLA CROCE (5)

IL SEGNO DELLA CROCE (3)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (3)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA SECONDA.

27 novembre.

Esame della questione.— Presunzioni in favore dei primiCristiani. —1a presunzione: i loro lumi. — 2a presunzione: loro santità — 3a presunzione: l’uso dei veri Cristiani in tutti i secoli. — I padri della Chiesa erano dei grandi geni?

Mio Caro Amico

Ne’ giudizi ordinari le circostanze esteriori producono grande effetto. Soventi volte desse contribuiscono alla formazione della opinione de’ giudici, come le testimonianze dirette. Tu il sai, sono così detti gli antecedenti, la posizione, il carattere morale degli interessati nella causa. Perché eliminarle noi dal processo che ci occupa? Innanzi però di apportare le ragioni de’ primi Cristiani dedotte dalla natura istessa del segno della croce, esaminiamo insieme le presunzioni, che militano in favore della loro condotta.  –

Prima presunzione in favore de’ Cristiani è la loro vicinanza agli Apostoli. Gli Apostoli avevano conversato col Verbo incarnato, con la verità istessa, e vistala con ipropri occhi, toccata di loro mani. Eglino erano idepositari e gli organi infallibili della sua dottrina, con ordine d’insegnarla per intiero e senza mutamento alcuno. I Cristiani parimenti avevano visto gli Apostoli e gli uomini apostolici, li avevano intesi ed usato con loro frequentemente ricevendo la fede ed il battesimo dalla bocca e dalla mano di essi. Bevvero la verità alla fonte istessa! – Di questa verità, cui tutto dovevano, si nutrivano, ne facevano la norma del loro operare, conservandola con inviolabile fedeltà, perseverantes in doctrìna apostolorum. E chiaro che nessuno mai trovossi in condizioni migliori per conoscere il pensiero degli Apostoli, e di Nostro Signore istesso. È mestieri però affermare che, se i Cristiani primitivi avessero fatto il segno della croce a ciascun instante, avrebbero ubbidito ciò facendo ad una raccomandazione apostolica; altrimenti gli Apostoli ed i loro primi successori, custodi infallibili del triplice deposito della fede, della morale e della disciplina si sarebbero ben dato la pena d’interdire un uso inutile, superstizioso e tale da esporre i neofiti allo scherno del paganesimo ignorante. Sicché, lo ripelo, i Cristiani della Chiesa primitiva facendo soventemente il segno della croce agivano con piena conoscenza di causa. — Prima presunzione in favore di loro condotta.

Seconda presunzione in favore de’ primi Cristiani; la loro santità. I primi Cristiani erano, non solo peritissimi della dottrina degli Apostoli, ma altresì fedelissimi nella pratica di essa. N’è prova la loro santità, e, che questo fosse il carattere generale de’ primi Cristiani, è facilissima cosa il vedere come sia evidentemente dimostrato.

1° – Eglino amavano piuttosto perdere tutto e la vita istessa nel mezzo di crudeli supplizii, anziché offendere il loro Dio. L’eroismo dell’animo loro durò quanto la persecuzione, tre secoli.

2 ° – Ferventissima n’era la carità. Il cielo e la terra di unita hanno fatto del loro fraterno amore un elogio unico negli annali del mondo. Eglino avevano un sol cuore ed un’anima sola, cor unum et anima una, ha detto di loro Dio stesso. Vedete come si amino, ed in qual maniera sieno solleciti di morire gli uni per gli altri, vide ut invicem ne diligant et ut prò alterutro morì sint parati, esclamavano i pagani.

3° Il cuore nutriva tale un rispetto, e tanta tenerezza per gli Apostoli da esser loro ubbidienti con filiale sommissione. San Paolo, che non era largo di elogi, scrive a’ Cristiani di Roma, che la loro fede è in gran fama nel mondo intiero; e a quelli dell’Asia: che l’amavano siffattamente, che gli occhi istessi gli avrebbero donato. Alla preghiera dell’Apostolo tutte le Chiese gareggiano per correre al soccorso de’ fratelli di Gerusalemme, e Filemone riceve Onesimo.

4° I Padri della Chiesa testimoni oculari continuano siffatta testimonianza in favore della santità de’ primi Cristiani. Tertulliano diceva ai giudici, ai pretori, ai proconsoli dell’impero, sfidandoli: Ne appello alle vostre procedure, o magistrati, cui è commesso il ministero della giustizia. In tutta quella moltitudine di accusati che ciascun giorno è tradotta innanzi ai vostri tribunali, v’ha qualche avvelenatore, un sacrilego, un assassino, che sia Cristiano? De’ vostri rigurgitano le prigioni, i vostri popolano le mine, i vostri ingrassano le belve dell’anfiteatro; de’ vostri è composto l’armento de’ gladiatori. Fra essi non v’ha un solo Cristiano, e se v’ha, vi è pel solo delitto di essere Cristiano (1(1) Apolog. c. 44).

5° – Gl’istorici pagani riconoscono la loro innocenza ed i persecutori istessi rendono omaggio alla loro virtù. Tacito, questo scrittore pur troppo prevenuto ed ingiusto contro i nostri padri, narra gli orrendi massacri di Cristiani de’ tempi di Nerone. Una moltitudine enorme, multitudo ingens, moriva nel mezzo de’ più barbari supplizi. Dessa era innocente di quanto veniva accusata; ma dessa era colpevole dell’odio del genere umano odio generis umani. Così egli. — E chi era mai questo genere umano? Tacito istesso lo dice: Il fango del popolo, la crudeltà vivente. — Perché tant’odio? Perché il male è un nemico irreconciliabile del bene. La santità de’ nostri padri era la condanna severa de’ mostruosi delitti commessi dai pagani; epperò le carneficine di Nerone, e le sue fiaccole viventi. Quaranta anni dopo Nerone, Plinio il giovane governatore della Bitinia riceve ordine da Traiano di procedere contro de’ Cristiani. Cortigiano fedele esegue gli ordini del suo signore per filo ed a segno da dar la caccia dappertutto ai nostri padri e di persona interrogava i torturati. Ma da tutte le sanguinose inchieste qual fu il delitto scoperto? « Tutto il delitto de’ Cristiani, scrive egli a Traiano, è di assembrarsi in alcuni giorni innanzi l’aurora per cantare ad onore di Cristo degli inni, come ad un Dio; obbligarsi con sacramento di non commettere alcun delitto, di guardarsi dal commettere furti, adulterio, spergiuro. Ne ho torturato ben molti, ma non li trovo colpevoli, che di una falsa ed eccessiva superstizione » (Epist. lib. x, ep. 97).  – Discorrendo della santità de’ nostri antenati mi son dilungato alquanto, perché dessa, a mio modo di credere, è la presunzione la più forte in favore del segno della croce. Quando uomini di questa tempra si mostrano al cospetto della morte tenerissimi di qualche uso, è mestieri affermarlo più importante di quello, che i tuoi nuovi compagni lo reputano.

Terza presunzione in favore dei Cristiani primitivi, è  la pratica de veri Cristiani ne’ secoli successivi. — L’Oriente e l’Occidente hanno visto formarsi tosto delle comunità religiose di uomini e di femmine. In questi asili separati dal mondo lo spirito evangelico e le apostoliche tradizioni sono conservate, se non immobilmente, per lo meno con la maggior fedeltà e verità. Fra gli antichi usi conservati con particolare cura è il segno della croce. I nostri padri, scrive uno de’ loro istoriografi, praticavano il segno della croce con grandissima frequenza e religione. Eglino si segnavano levandosi da letto ed avanti di collocarvisi, avanti il lavoro, sortendo di monastero e dalle celle, e quando vi entravano. A mensa segnavano di croce il pane, il vino, ciascuna vivanda (Marlene De antiq. monach. ritib. lib. 1, c. I, n. 35 etc.).  Nel mondo, fuori di questi asili, il segno redentore cammina su di una linea parallela. Tutti quei grandi nomi che nel corso di cinque secoli si sono succeduti in Oriente ed Occidente, quei geni impareggiabili, che sono detti Padri della Chiesa: Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Gregorio, Basilio. Agostino, Grisostomo, Girolamo, Ambrogio, e tutti gli altri, il cui catalogo spaventa l’orgoglio, e lo schiaccia col suo peso; tutte queste sublimi intelligenze facevano assiduamente il segno della croce, ed inculcavano a tutti i Cristiani di eseguirlo in ogni occasione. – Ho detto i Padri della Chiesa essere grandi geni, e grandi uomini. Se come tali li presenterai a’ tuoi compagni, attenditi un sorriso di compassione. Non voler loro portarne astio; i poveri giovani conoscono i Padri della Chiesa, come gli antipodi. Invece dimanda loro quello ch’eglino intendano per grande uomo, ed in mancanza di loro risposta ecco la mia, di che potrai al bisogno far uso.

Chiama grandi uomini coloro, che con genio elevato, profondo, esteso abbracciano l’orizzonte del mondo della verità; che conoscono le scienze, gli uomini e le cose, non superficialmente, ma ne’ loro principii, nel loro scopo ed intima natura; non la sola materia, ma e lo spirito; non l’uomo solo, ma pur l’Angelo; non la sola creatura, ma ancora il suo Creatore; non sol quanto è al di quadella tomba, ma eziandio quanto è oltr’essa. Di tutto non solo le singole parti, ma l’insieme, di che sanno far scaturire delle luminose ed inattese applicazioni al perfezionamento della umanità. Ecco il genio, ed ecco il padre della Chiesa! Tu puoi ben sfidare i tuoi compagni di trovare fra gli antichi ed i moderni qualcuno, che abbia meglio, o così bene in sé attuata la definizione del grand’uomo. Per quanto siano salite in fama le specialità attuali in chimica, in fisica, in meccanica, in industria, non sono, né geni, né grandi uomini. L’uomo, il cui sguardo abbraccia una sola legge dell’armonia universale, non merita il nome di genio; come non si chiama gran musico chi non sa far sortire dal suo strumento che un suono solo, ma quello che fa vibrare armonicamente tutte le corde.  Il tempo non mi consente compiere la lettera questa sera, il seguito a domani.

IL SEGNO DELLA CROCE (2)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (2)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA PRIMA.

Parigi, 25 novembre 1863.

Stato della quistione. — Il mondo moderno non fa piò il segno della Croce o lo fa raramente, o male. — I Cristiani primitivi la facevano soventemente e bene. — La ragione è per noi, ed il torto per essi? O questo per noi ed il torto per essi? Quale delle due?

Mio Caro Federico

Quindici giorni soltanto sono scorsi da che i giornali, ci annunziavano il naufragio del capitano Walker. Siffatta nuova, che leggevamo insieme, ci attristò grandemente, che per essa conoscemmo la morte di alquanti viaggiatori nostri amici. La nave avea dato in uno scoglio, ed una larga vena di acqua si era aperta in essa, e tutti gli sforzi dell’equipaggio tornando inutili a chiuderla, la nave s’immergeva oltre la sua linea di flottazione. Si cercò scemarne il peso col getto delle mercanzie al mare; dopo queste, delle provvigioni da guerra, che furono seguite da una parte dei mobili e degli attrezzi, serbando solo due o tre botti di acqua, e qualche sacco di biscotti. Tutto fu inutile. La nave affondava, il naufragio diveniva imminente. Come, estremo mezzo di salute, Walker comandò che le scialuppe si mettessero in mare; ciascuno vi si precipitò. Sventura! La maggior parte dei viaggiatori a vece di trovarvi la vita, vi trovò la morte.

Questo racconto, trattane qualche circostanza, è la storia di tutti i grandi naufragi. Gl’infelici comandanti e la ciurma in questi estremi sono da scusare se gettano al mare tutto quello che si può. — La vita è da salvare innanzi tutto. Il mondo attuale, questo mondo che dicesi ancora cristiano, cui per fermo appartengono i tuoi compagni, presenta più di un tratto di somiglianza con una nave che ha sofferto avarie, ed è sul punto di naufragare. Le furiose tempeste, che da poi lungo tempo battono il legno della Chiesa, vi hanno aperte delle grandi vene di acqua, e per lo mezzo di esse vi si sono introdotti de’ grandi fiotti di dottrine, di costumi, di usi, di tendenze anticristiane. Guai, non per la nave, che non può perire, ma pei viaggiatori! Qual cosa mai è stata fatta? Io non parlo del mondo disvelatamente pagano; il suo naufragio è compiuto: ma di quello che pretende ancora di essere cristiano. Che ha egli fatto, e fa continuamente delle provvigioni da guerra e da bocca, delle mercanzie, dei mobili e degli attrezzi, di che la Chiesa avea provveduta la nave, per assicurare il successo della navigazione fino al porto della eternità a schermo degli scogli e delle bufere? Desso ha tutto, o quasi tutto, gettato al mare!  – Dov’ è la domestica preghiera nelle famiglie ? al mare. Le pie letture? al mare. La benedizione della mensa? al mare. L’assistenza frequente al santo Sacrifizio, lo scapolare, la corona? al mare. La santificazione della domenica, assistendo alle sacre istruzioni ed agli uffìzi divini, con le visite de’ poveri, degli afflitti e de’ malati? al mare. L’uso regolare de’ sacramenti, la osservanza delle leggi del digiuno e dell’astinenza? al mare. Lo spirito di semplicità e di mortificazione ne’ panni, nella mobilia, nel cibo e nell’abitazione? Il crocifisso, le sante immagini, l’acqua benedetta negli appartamenti? al mare, al mare!  La nave frattanto continua ad affondarsi. Lo spirito cristiano si scema, e lo spirito opposto cresce a vista. Si cerca riparare in qualche battello, voglio dire, in certe forme di religione che ciascuno stabilisce a seconda della propria età, condizione, temperamento e gusto, ed in esse si vive.  L’assistenza alla Messa bassa la domenica: e come? Alla messa solenne un tre, quattro fiate nell’anno; a vespro, giammai. Usare frequentemente a spettacoli e balli; la lettura di quanto si presenta; nulla negarsi, eccetto quello che non può aversi: ecco i battelli ne’ quali si cerca la salvezza. — È mestieri meravigliarsi di tanti naufragi? Poveri viaggiatori, separati dalla nave, voi movete a compianto! Ma più ancora è da compiangere la generazione che cresce! Fra le usanze del Cattolicismo, imprudentemente abbandonate dal mondo moderno, ve n’ha una più che altra mai rispettabile, che ad ogni costo vorrei salvare dal naufragare, ed è quella che i compagni tuoi disprezzano, senza sapere quello, che facciano; vo’ dire il segno della croce. — È tempo ormai di provvedere alla conservazione di esso; che altrimenti fra poco esso avrà la sorte di tante altre pratiche tradizionali, che noi dobbiamo alle materne cure della Chiesa, ed alla pietà de’ secoli cristiani trascorsi. Vuoi tu sapere, mio caro Federico, quel che sia divenuto il segno della croce nel mezzo del mondo che si pretende cristiano? Un dì di domenica ti ferma alla porta di una delle grandi chiese, ed osserva la folla che entra nella casa di Dio. Un gran numero si avanza scioperatamente, o con fasto, il che è tutt’uno, nel luogo santo, senza neppure guardare il vaso dell’acqua benedetta, e senza fare il segno della croce. Altri, in numero ad un dipresso uguale, prendono o ricevono, o fanno mostra di prendere o di ricevere l’acqua benedetta e di segnarsi. Tu vedrai cacciar nell’acqua benedetta la punta di un dito ricoperto di guanto, il che non è liturgico, come non l’è confessarsi e comunicarsi con i guanti (Nota A). Della maniera poi con che siffatto segno è eseguito, meglio sarebbe non far parola; poiché è tale, che il più abile geroglifichiere incontrerebbe della pena a spiegarla. Un movimento di mano senza riflessione, in fretta, a metà, macchinale, di che torna impossibile assegnare una forma, o darne un significato; oltre che gli autori di esso credono di nessuna importanza quello, che fanno: ecco il loro segno di croce della domenica.  Nel mezzo di questa folla di battezzati ti sarà difficile trovare qualcuno che faccia seriamente, regolarmente e religiosamente il segno venerabile di nostra salute. Or se in pubblico ed in circostanze solenni, la maggior parte non fa, o fa male il segno della croce, stento a persuadermi che lo facciano bene nelle altre, in cui, secondo l’apparenza, v’hanno minori ragioni da farlo, e ben farlo.  È dunque un fatto: i Cristiani di oggidì non fanno il segno della croce, o lo fanno raramente, o male. Su questo punto, come su molti altri, noi siamo agli antipodi de’ nostri antenati, i Cristiani della Chiesa primitiva. Quelli si segnavano, e si segnavano bene, e soventemente.  Nell’Oriente come nell’Occidente, a Gerusalemme, ad Atene, a Roma, gli uomini e le donne, i vecchi ed i giovani, i ricchi ed i poveri, i preti ed i semplici fedeli, tutte le classi della società osservavano religiosamente siffatto uso tradizionale. — La storia nulla ha di più certo; i padri testimoni oculari ne fanno fede; tutti gli storici Io accertano. Nulla mi sarebbe più facile del ripeterti le loro parole, ma tu le troverai presso il dotto tuo compatriota nella sua opera: De Cruce, Gretzer. Ma in vece di tutti ascolta il solo Tertulliano: A ciascun movimento e ad ogni passo, entrando e sortendo, prendendo gli abiti ed i calzari, al bagno, alla mensa, nel mettersi a Ietto, nei consigli, checché da noi si faccia, noi segniamo la nostra fronte del segno della croce (Ad omnem progressum atque promotum, ad omnem aditum et exitum, ad vestitum et calceatum, ad lavacra, ad mensas, ad lumina, ad cubilia, ad sedilia, quaecumque nos conversatio exercet. frontera crucis signáculo ferimus. (Tertull. De coron. milit. c. III – In frontibus, et in oculis, et in ore, et in pectore, et in ómnibus membris nostris. (S. Ephrem, Serm. In pret. Et vivif. Crucem).  – È chiaro: a ciascun momento i nostri antenati, odi un modo, o di un altro si segnavano, e non solamente sulla fronte, ma sugli occhi, sulla bocca e sul petto. Di che seguita, che se i Cristiani primitivi comparissero sulle nostre piazze, o nelle nostre abitazioni, facendovi quanto eglino eseguivano, or sono diciannove secoli, noi saremmo sul punto da reputarli maniaci; tanto è vero che noi siamo a loro antipodi sul conto del segno della croce. Eglino aveano torto, e noi abbiamo ragione; o eglino ragione, e noi torto? È una delle due; non v’ha mezzo. Quale delle due? Ecco la questione; l’essa è grave, gravissima, più che per fermo il pensino i tuoi compagni, e quelli, che ad essi si assomigliano. Spero rendertene convinto colle mie seguenti lettere.

Nota A.

È costume de’ fedeli in Francia di accostarsi ai sacramenti con le mani nude, come le donne usano del cappello con velo, e non del solo velo nell’accostarsi alla sacra mensa. Questo costume delle mani nude, pare che rimonti a’ primi secoli della Chiesa.  Nell’amministrazione dell’Eucaristia ne’ primi secoli, i fedeli ricevevano dal Vescovo non nella bocca, ma nella mano destra il corpo del Signore. S. Cirillo di Gerusalemme nella catechesi quinta ci descrive come doveasi presentare la mano. Accedens autem ad comunionem, non expansis manibus velis accedere, neque cum disjunctis digitis, sed sinistravi, veluti sedem quamdam subjicias dexteræ, quæ tantum Regem susceptura est: et concava marni suscipe Corpus Christi, dicens: Amen: Parimente S. Giovanni Damasceno, Orlhod. fidei, lib. 4, cap. 14, espone questa postura delle mani. Le donne la ricevevano ancora nelle mani, ma sopra di un pannolino, chiamato Domenicale, ed il concilio Antisidiorense comanda che le donne che avessero dimenticato il domenicale dovrebbero attendere la seguente domenica per ricevere il Signore. Cap. 42. S. Agostino dalla bianchezza del domenicale, espone il candore della coscienza da portare alla santa mensa. Ser. 252. de tempore. Consentaneamente ne’ peristilii delle basiliche si trovavano de’ vasi da acqua benedetta per purificare e santificare le mani e la bocca che doveano ricevere il corpo del Signore, e chiamavansi Canthara (Degli stessi vasi parlaS. Gregorio: De cura pastorali, p. 2, cap. III, chiamandoli Intere.) S. Giovanni Crisostomo ci parla di questi vasi, e di tale purificazione delle mani, e da essa trae argomento per esortare i fedeli ad essere larghi con i poveri alla porta della Chiesa, dove questi si trovano per darci un mezzo da accrescere con la elemosina la nostra purificazione. Semi. 25, inter Hom. de dic. IV. Test. Locis – S. Paolino in diversi luoghi delle sue opere ci parla di queste fonti. Ep. 32, alias 12, ad Severum. Pœmate 25, de S. Fel. Natal. 9, car. 463. Ma nella lettera 13, alias 37 ad Pammach., descrivendoci la basilica de’ santi Apostoli ce ne assegna ancora l’uso. Questi vasi furono in seguito introdotti nelle chiese, e sono i presenti vasi da acqua benedetta. La purificazione che con quest’acqua era fatta da’ primitivi cristiani, è venuta tanto in disuso, che ora vediamo lo spettacolo di che parla l’autore. Un tale disprezzo è prodotto dai protestanti i quali si burlano de’ cattolici, dicendo che hanno preso il costume di prendere 1′ acqua benedetta da’ gentili, che aveano l’acqua lustrale (Virgil. Æneid. lib. II). I nostri fratelli dissidenti riflettano che la Chiesa ha preso dalla Sinagoga una tale instituzione, la quale avea l’acqua di espiazione ordinata da Dio stesso. Num. cap. XIX. IN’on è meraviglia poi trovare presso i pagani una tal cosa, avendone molte altre copiate dagli Ebrei, come Tertulliano afferma: De præscrip. cap. 40. De Corona, cap. 14; e santo Agostino dice esservi vari usi comuni fra il paganesimo ed il Cristianesimo; ma il fine essere diverso. Contra Faustum, lib. XX, c. 23.

IL SEGNO DELLA CROCE (3)

IL SEGNO DELLA CROCE (1)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX

PER

Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

In hoc signo vinces.

TORINO TIP. DELL’ORAT. DI S. FRANC. DI SALES – 1864.

INTRODUZIONE DEL TRADUTTORE

Mille fiori olezzanti profumo di puro cattolicismo, nascono nel seno della famiglia cristiana, e smaltano qua e là il terreno sociale: nobilissimi esempi d’individuale abnegazione, mostra l’individuo nel combattere le battaglie del Signore; ma fra questi smalti e sacrifizi, un fatto doloroso si attua, di che il solo pensiero dovrebbe far tremare i polsi. Questo fatto comincia ed agogna alla sua attuazione completa, e solo, chi ha interesse a nasconderlo, può dissimularlo: ma, se v’ha intelligenza che milita per la verità, ed un cuore tenero degl’interessi della umana famiglia, non può tenersi dal disvelarlo, e gridare ai contemporanei: La società torna al paganesimo! – I contemporanei a questo grido restano attoniti; ma ripensando poi si domandano: Possibile! A mezzo il secolo XIX tornare al paganesimo? Se lo si affermasse di altri tempi, lo si potrebbe ben credere: ma ai tempi nostri è incredibile. Gl’idoli ingombrano i nostri musei a ricordarci i tempi che furono, e ci eccitano a commiserazione per la umana intelligenza orba per manco di evangelico lume. Noi tornare agli idoli? l’è grossa esagerazione questa!  Ciascuno dissimula a sua posta il male che gli angoscia l’animo, e cerca con gl’impossibili immaginari, ritardare l’arrivo di quanto dispiacevolmente si avanza a furia. Così la società moderna, perché l’idolo di Moloc e di Baal, e le sfingi di Babilonia la muovono a riso per le sproporzionate ed orride forme, credesi sì ferma da non poter tornar con l’animo all’ossequio dell’idea e del principio, che rendeva tali mostri oggetto di profonda venerazione. La società è in inganno! Non è mestieri d’idoli manofatti per paganizzare la coscienza sociale. La società era pagana innanzi la mano dell’uomo formasse idoli per prestare ad essi divini onori. Il paganesimo è la negazione della incarnazione del Verbo e del soprannaturale; è circoscriversi nelle sole cerchia del naturale, è il predominio dell’errore sulla verità, del male sul bene, della carne sullo spirito, è il regno di satana. É paganesimo l’adorazione di tutto ciò che non è il vero Dio; l’adorare tutto sé stesso, o una parte di sé, un principio, una formola, che non è da Dio, e che a Lui non meni, è paganesimo: Omnis forma, vel formula idoium se dici potest. Jdolum tam fieri, quam coli Deus prohibet (Principale crimen generis humani, summus saeculi realus, tota causa iudicii Idololalria. Idolum aliquandiu retro non erat. Priusquam huiusmodi artifices ebullis-sent, sola tempia et vacuae aedes erant…. Taraen ido-lolatria agebalur, non isto nomine, sed in isto opere. Nam et hodie extra templum et sine idolo agi potest. Inde idololalria omnis circa omne idolum famulatus et ser-vilus dici potest. Igitur omnis forma vel formula idolum se dici potest. Idolum tam fieri quam colere Deus pro-liibet. Tertul. De Idol. c. I, II, III).

Se tale è il paganesimo nella sua essenza spogliato delle diverse forme esteriori di che l’uomo l’ha rivestito lungo il corso de’ secoli, come potrà negarsi che la società contemporanea corra al paganesimo, ed agogni pervenirvi? Di fatti, la società civile cristiana si distingue dalla cinese, dalla indiana, da qualunque altra pagana, da che nella coscienza pubblica sociale si è introdotto lo Dio de’ Cristiani come giudice del giusto e dell’ingiusto, introduzione fattavi dal Cristo, e continuata dal suo Vicario, tale essendo l’economia del vero Cristianesimo. Il perché se una società politica toglie a suo diritto pubblico principi che non mettono capo al Cristo redentore, e rivelatore della giustizia divina, tale società rigetta il principio cristiano sociale ed è già pagana. Che se vuole ritenerne soli alcuni pel suo torna a conto, rigettandone altri, fuorvia, s’incammina al rifiuto completo del principio cristiano, e per esso al paganesimo; poiché tutto il criterio della giustizia sociale cristiana dev’essere illuminato e santificato dalla dottrina del Cristo. Ora la società moderna è tutta nel negare il soprannaturale, come si rivela allo sguardo non clericale, ma protestante di chi pose pure la sua mano a farla qual è (Guizot l’Eglise e la Société Chrétienne ch. IV; Le surnaturel.). La negazione soprannaturale è la eresia contemporanea (Gaume Trait du S. Esprit chap. L L’Esprit du bien et l’Esprit du mal). La società ripudia il soprannaturale, adora sé stessa, e questa apostasia l’ha formolata dicendo: La società farà da sè, il soprannaturale è da esserne eliminato; la secolarizzazione assoluta, universale è la sua vita. Valedita la dottrina del Cristo, corre per un lume che la guidi, e lo ritrova nella propria scienza, della quale lasciamo ad altri accennare i caratteri.  – « Oltre la guerra diretta e dichiarata al » soprannaturale, un altro male attacca il cuore stesso della religione cristiana, il  paganesimo » (Guizot. l’Eglise e la société Chret. chap. IV.). Ecco frattanto dove siamo, e dove il vento del secolo vuol condurci. Non si tenta punto di ricondurci a questa o quella forma d’idolatria che hanno eretto in divinità gli eroi del genere umano, o le grandi facoltà dell’uomo, o le forze della natura; ma si vuole, che noi lasciamo il Dio della Bibbia e del Vangelo, il Dio primitivo, indipendente, personale, distinto ed autore dell’uomo e del mondo; ci si dimanda di accettare per completa religione un Dio astratto, ch’è altresì d’invenzione umana, poiché non è che l’uomo ed il mondo confuso e trasformato in Dio da una scienza che si crede profonda, e che vorrebbe non essere empia. In luogo del Cristianesimo vero, della sua storia e de’ suoi dogmi, le sue grandi soluzioni di nostra natura, ci si propone il panteismo, lo scetticismo, gl’imbarazzi della erudizione (Idem: cap. V; Le deux Dieux.) ». Ecco la scienza regolatrice della società: 1’ateismo scientifico! Epperò non è da meravigliare se studiando 1’organismo sociale si trovi il predominio della carne sullo spirito, del bene utile sull’onesto; che la finanza n’è la suprema legge di modo, che il sig. Havet, uno de’ panegiristi di Renan, non ha avuto difficoltà di annunziare alla intelligenza contemporanea, che la economia è già tale da divenire la religione della società contemporanea. La science économique est bien prète d’ètre tante la réligion d’auojurd’ hui. (la scienza economica è prossima ad esserela religione di oggi). – Che se delle singole parti della società volessimo discorrere, noi non le troveremmo meno pagane. Le divine ragioni nelle famiglie sono distrutte. La più sacra delle unioni è divenuta un contratto, che né il Dio del Sinai, né quello del Golgota hanno sancito, ma che un capriccio femmineo può sciogliere; quella vergine che qual candida colomba veniva tratta dalla casa paterna, potrà tornarvi cacciata dalla maritale dimora, per cedere ad altra, il rendere, per qualche tempo, felice un cuore! Si vuole rendere libera la donna alla pagana, sottraendola alle catene dell’amore cristiano di un solo uomo, per darle la libertà di essere di tutti. Bella libertà del matrimonio civile e del divorzio! E l’educazione? Non è questa pagana, non è l’emula della Stòa, dell’Accademia e del Peripato, anziché delle scuole di Clemente, Panteno, Cassiodoro? Queste aspirazioni sociali al paganesimo si rivelano in certe opere che tendono alla riabilitazione di satana, principe del mondo pagano. M. Renan, innanzi negasse la divinità di Cristo, impietositosi della sconfitta riportata da satana, lo chiama sventurato rivoluzionario! Uno de’ suoi maestri, Schelling in Alemagna, è andato più innanzi. Non solo ha fatto di satana una creatura ordinata, ma lo ha elevato alla natura divina, perché Cristo-Dio dovea avere un competitore degno di sè (N. Moëller. De l’état de la Philosophie en Allemagne, pag. 211, Satanalogie de Scelling.). Michelet, or sono trent’ anni, dall’alto della sua cattedra di filosofia della storia di Parigi, previde questa ascensione satanica, e nella Sorcière se n’è reso storiografo, narrandoci i trionfi di satana sul Cristo (Introduction i l’histoire unioerseile, pag. 10 et 40 edit. de Paris). Conformemente a questi principii, Quinet trova in satana il principio da riunire tutti i cuori (De Schamps Le Christ et les Antéchrist, vol. 2, pag. 43); e Prudhon vuole sostituirlo all’inconseguente riformatore, che fu crocifìsso (La Révolution au XIX siècle, pag. 290, 591). Tralasciamo le bestemmie di altri molti, le quali, se fossero fatto segno alla pubblica riprovazione, e, se le opere che le contengono venissero sepolte nella oscurità, accennerebbero solo alla esistenza di matti e blasfemi scrittori; ma il numero de’ lettori e degli encomiatori di esse è tale, da metterci in pensieri, e rivelarci le tendenze della società. Tanto più, che le simpatie per tali principi ricevono puntello e spiegazione da pratiche sì conformi a talune del paganesimo, che ad accennarle è mestieri usare delle voci, con che Tertulliano le nominava, di esse facendo rimprovero a’ pagani de’ tempi suoi. I nostri pretesi mediums, sarebbero designati da lui col nome di genii: Genii deputantur, quod dæmonum nomen est (Tertull. De anima, cap. XI); le nostre tavole parlanti e rotanti, multa miracula circulatoriis praestigiis ludunt et capræ et mensæ divinare consueverunt, il nostro sonnambulismo ed ipnotismo, somnia immittunt; il nostro spiritismo, phantasmata edunt, et iam defunctorum infamant animus (Idem: Apolog. cap. XXIII). Possiamo noi non affermare che la società contemporanea agogni tornare al paganesimo, e che verso di esso cammina? Qual forza umana potrà contrapporre una diga a questo torrente che cerca trasportare l’umanità? E come ostare a questo risuscitarsi del paganesimo? Quando il primitivo paganesimo fu da satana introdotto nel mondo, quanto di più santo era in esso, fu mezzo e simbolo della sua tirannica occupazione, e della sua vittoria. La vergine accolse la tentazione di esser rubelle: il legno venne fatto oggetto de’ suoi desideri, e la morte accorse a coprire di funereo velo l’uomo conquiso alla tirannide satanica. La vergine, il legno, e la morte furono il triplice trofeo del vincitore (S. Gioan. Gris. Homil. de coemeterio et cruce: Per quæ diabolus vicerat, per eadem Christus eumdetn devicit, et acceptis, quibus usus fuerat, armis eum dehellavit. Et quomudo? Audi, virgo, lignum, et mors cladis nostræ fuerunt symbola. Virgo erat Eva. Lignum erat arbor. Mors erat mulcta Adami. Attende vero, rursus virgo, et lignum et mors simbola extiterunt cladis, et victoriæ quidem symbola. Nam loco Evæ est Maria: loco ligni scientiæ boni et mali, lignum Crucis: loco mortis Adami mors Ghristi. Vides eum, per quem vicit, per eadem et victum esse). Ma la vergine, il legno e la morte doveano essere il trofeo della sua sconfitta! Percorriamo la storia della dominazione satanica prolungatosi dall’Eden al Golgota, e quivi di nuovo troveremo la vergine, il legno e la morte. Una nuova Vergine ascende il monte per schiacciare a pie dell’albero il capo all’insidiatore della vergine Eva, e cancellare in sé l’onta, che nella prima vergine avea bruttata la dilicata metà della specie umana. Il legno della scienza del male è abbattuto da quello della croce, per fulgore di luminoso insegnamento, non di fallibile umana ragione, ma di divina, rivelatrice e maestra di verità. La morte fu distrutta; il Cristo spirando sul legno, vivificò a novella vita il vecchio Adamo morto a pie dell’albero. Se la storia de’ trionfi di satana e delle sue sconfitte, e quella de’ mezzi e de’ simboli di esse, dev’essere nostra guida a conoscere la fine delle ovazioni, che satana cerca ottenere nella umanità lungo il corso de’ secoli; noi siamo condotti ad affermare provvidenziale l’opera del Gaume: Il segno della croce al secolo XIX! Questa non solo accenna allo stremarsi della ovazione, a che agogna satana col suscitare novello paganesimo, ma somministra altresì mezzo a portarne trionfo. La vergine difatti, il legno e la morte vedemmo al principio della dominazione satanica, ed allo spirare di essa. Ora in questa passeggiera forma del continuo sforzo di satana a riconquistare il perduto dominio, troviamo di nuovo il legno e la morte riunito alla vergine. La vittoria è nostra! La Vergine al presente si mostra sfolgorante di luce, ed in tutta l’espressione del suo potere a schiacciare l’antico serpente, perché il piede che lo preme è dommaticamente della Vergine Immacolata. Il secolo XIX s’è trasportato nell’Eden ed ha fatto della propria voce eco a quella di Dio, e per la bocca del Sommo Pontefice Pio IX, ha ripetuto L’inimicitias ponam inter te et mulierem; e satana sperimenterà Ypsa conteret caput tuum; e lo stesso agitarsi di lui accenna ad una forza, che lo contrista e combatte, contro cui cerca difendersi con nuovi inganni. Ma questi saranno vinti, che contro ad essi, di unita alla Vergine, si levano di nuovo il legno e la morte. Il chiarissimo scrittore del primo, narra le antiche e sempre nuove glorie, i continui trionfi, spiega il magistero di esso, lo rileva dall’oblio profondo in che l’hanno le menti cristiane, e questo griderà all’individuo, alla famiglia, alla società protestante, pagana che sia:

Figli della polvere, il segno della croce è un segno divino che ci nobilita; vi moriva il Figlio di Dio. Matth.. XXVII, 54.  

Ignoranti, la croce è un libro che c’istruisce; vi moriva la Sapienza di Dio. Ad Cor. I, c. I, 24.

Poveri, la croce è un tesoro che ci arricchisce; vi moriva il costituito Erede dell’universo. Ad Hebr. I, 2.

Soldati, la croce è un’arma che dissipa l’inimico; vi moriva il condottiero del popolo di Dio. Matth.II, 6.

Non ti sembra, lettore, sentire l’eco dell’in hoc signo vinces? E questo eco si rimuterà in grido di vittoria, poiché il legno abbatterà tutti i mezzi di che satana usa a risuscitare il paganesimo. Questo secolo che ha vergogna di avere la religione della croce nelle sue leggi e nelle sue instituzioni, dovrà apprendere che nella croce è la vera gloria. A questo secolo scienziato ed ammaestrato da’ mediums, i quali insegnano che, Mose ha coltivato, il Cristo ha seminato, e lo spiritismo raccoglierà, e che lo spiritismo viene a stabilire fra gli uomini il segno della carità e della solidarietà annunziata da Cristo (Alan Kardéc : Le Spiiiìitme à sa plus simple expression pag. 24); a questo secolo sarà ripetuto. « La croce è l’antico libro! » Questo secolo materialista, che tutto proporziona col lucro materiale, e che al peso dell’oro fa sottostare la forza de’ principii, dovrà sentire. « La povertà della croce è vera ricchezza! » Questo secolo, che con indifferenza ha intese le bestemmie del Renan, dovrà intendere la parola della croce che afferma: « Io sono un segno divino; dunque Cristo è Dio! » Questa parola scenderà nella coscienza sociale; la muoverà ad avere in onore la croce, produrrà in essa il culto d’invocazione, e la croce invocata è sconfitta di satana. E la vergine ed il legno continueranno per l’opera del chiarissimo autore, i loro trionfi! E la morte? La morte dell’Uomo-Dio distrusse i trionfi satanici e li rimutò in schiavitù; le ovazioni di esso devono essere rimutate in sconfitte dalla morte dell’uomo carnale. Queste sono riportate sui figli della diffidenza, che per ignavia e mal volere non seppero conservare la libertà del riscatto, e con le proprie mani raccolsero i lembi del lacerato chirografo e li deposero fra gli artigli di satana, come titoli di volontaria soggezione, amando meglio vivere di senso che di ragione, più di concupiscenza che di grazia. Questa grazia è da suscitare nell’uomo, e la concupiscenza da mortificare. Questa mortificata, satana non avrà più appiglio ed addentellato a continuare le sue passaggiere ovazioni, e, quella suscitata, l’uomo per essa fortificato, combatterà a vittoria l’avversario. L’uomo della carne è da mutare in quello dello spirito! Metamorfosi è questa, che solo l’abnegazione può operare, come quella, che sottomette il corruttibile senso alla immortale ragione, ed il giudizio del fallibile intelletto all’autorità della infallibile fede; ed eleva il cuore umano alla vita soprannaturale del giusto, per la speranza e la carità che ingenera. Lo spirito di abnegazione e di sacrifizio dell’umano individuo non potrà restar straniero alla famiglia, ma come germe nel seno della terra vi mette radici, ed attecchisce e produce l’abnegazione della famiglia. Questa, avendo l’animo usato alla morale fatica del sacrifizio, saprà sostenere tutta la lotta necessaria per immettere nella coscienza dell’individuo sociale l’abnega temetipsum della croce, e questo sorgerà ad opere salutari spogliate di naturalismo e sensismo, ed informate dallo spirito di abnegazione prodotte della convinzione, che la materia è da sottoporre allo spirito, la forza al diritto, l’individuo all’universale, la società a Dio. Satana è vinto da questa sua morte! Questa morte della società al senso, sarà prodotta dall’opera del Gaume. Dessa inspira all’umano individuo la venerazione per la croce, questa produce l’imitazione, e che v’ha da imitare nella croce se non l’abnegazione di se stesso, e la morte al senso? Abnega temetipsum è la parola della croce! L’opera di che discorriamo, ingenerando nella società il culto d’invocazione e d’imitazione della croce, dà dunque mezzo alla società da abbandonare il materialismo in che si avvilisce, e sorgere alla vita dello spirito per unirsi al legno ed alla Vergine, per distruggere le ovazioni che satana vuol riportare col moderno paganesimo! Noi deponiamo la penna. Diremo solo che questo sublime scopo dell’opera ci ha guidati nella traduzione, che raccomandiamo alla umanità del lettore. Delle parti dell’opera non parliamo, che già altrove ne abbiamo detto ( Scienza e Fede vol. XL1X, fasc. 203, pag. 367) . Per chi volesse sapere come Roma vegga l’opera che presentiamo al pubblico, trascriviamo una lettera che S. E. il Cardinale Altieri indirizzava all’autore.

Roma, il 7 agosto 1863.

Monsignor Illustrissimo,

Colla pubblicazione della vostra ammirabile opera sopra il segno della Croce, voi avete reso un nuovo e segnalato servizio a favore della Chiesa di Gesù Cristo. Infatti, voi avete fatto conoscere ai fedeli colla forma la più attraente, tutto ciò che manifestamente contiene, ciò che insegna, ciò che opera di sublime, di santo, di divino, e per conseguenza di grandemente utile alle anime, questa sacra formola tanto antica quanto la Chiesa stessa. L’augusto capo di questa stessa Chiesa il Sommo Pontefice, non poteva non raccogliere con gioia un’opera sì preziosa e si utile al popolo cristiano. Così non solamente egli ha esternato la sua viva soddisfazione allorché io ho deposto nelle sue sacrate mani l’esemplare che voi vi siete fatto premura di offrirgli per mezzo mio; egli ha voluto di più esaudire con bontà il desiderio che avete manifestato di vedere arricchita di un’indulgenza la pratica del segno della croce, affine di eccitare i fedeli a farne uso in difesa delle loro anime, senza rispetto umano, e sovente quanto sia possibile. Nel Breve qui unito vedrete quanto generoso si è mostrato il S. P. nel concedere una simile grazia e com’egli ne fa apprezzare il valore. Importa grandemente che questo favore del supremo dispensatore dei favori celesti accordato in prò della Chiesa militante, sia universalmente conosciuto nello stesso tempo che si estenderà e si apprezzerà di più in più il vostro eccellente libro. Nella traduzione italiana che ne fa molto a proposito, l’incomparabile Angelo d’Aquila, si troverà il Breve del quale si parla, e bisognerà anche inserirlo selle nuove edizioni che sicuramente non mancheranno di succedersi. Così sarà colmato il vuoto che voi avete notato nella Raccolta delle Indulgenze. – Cosi V. E. riceverà la degna ricompensa, e certamente la più stimata dal suo cuore, nel vedere aperto il tesoro «della Redenzione, per il bene delle anime che ancor vivono su questa terra, o che di già son discese nel purgatorio, per effetto dell’opera che voi avete composta collo scopo di attirare l’attenzione universale sul primo segno del culto che tutti devono rendere al principale strumento della Redenzione.

Gradite l’espressione della più sincera e della più alta stima colla quale io sono, Monsignor illustrissimo, vostro affettuosissimo servitore

L. Cardinale Altieri.

Noi facciamo voti che quest’opera sia sparsa nella società, e che questa cooperi solerte a compierne il voluto altissimo scopo di arginare lo spirito pagano, che cerca diffondersi fra i contemporanei. Facciamo altresì voto che le anime pie si studiino lucrare le indulgenze che il regnante S. P. ha annesse al segno della Croce, ed all’uopo ne trascriviamo il Breve.

P1US PP. IX.

AD PERPETUAM REI MEMORIAM.

Quum salutiferæ reparationis mysterium virtutemque divinam in Crucis Domini Nostri Jesu Chmti vacillo contineri perspectum haberent primi Ecclesiæ fideles, frequentissimo illo signo eosdemiisos fuisse vetustissimu et insignia monumenta declarant. Quin ab eodem signo quascumque acliones auspicabantur, et ad отпет progressum atque promolum, ad отпет adilum, et erilhin. ad lumina, ad cubilia, ad sedilia. quacumque nos conversalio exercet, frontem Crucis signáculo terimits, inquiebal Tertullianus. Haec nos perpendentes fidelium pietatem erga illud salutiferum redemptionis nostrae signnm codesta Indulgentiarum thesauros reserando iterum excitandam censuimus; quo pulchra veterum Christianorum exempla imitantes signo Crucis, quae tamquam tessera est Christiame militiæ frequentius et palam etiam ac publice se munire non erubescant. Quare de Omnipotentis Dei misericordia, ac BB. Petri et Pauli App. eins auctoritate confisi, omnibus el singulis uniusque sexus Christi fidelibus quoties saltem corde contrito, adjectaque Sanctissimæ Trinitatis invocatione Crucis forma se signaverint, toties quinquaginta dies de iniunctis eis seu alias quomodolibel delitis pœnìtentiis in forma Ecclesiæ consueta relaxamus; quas pœnitentiarum relaxationes etiam animabus Christi fìdelium, quæ Deo in charitate coniunctæ ab hac luce migraverint, per modum suffragii applicare possint, misericordiler in Domino concedimus.  In contrarium faciendis non obstantibus quibuscumque, praesentibus perpetua futuris temporibus valiturìs. Volumus autem, ut praesentium litterarum travsumptis seu exemplis etiam impressis, manti alicuius Notarii publid subscriptis, et sigillo personœ in ecclesiastica dignitate constitutæ mu-nitis eadem prorsus fide adhibeatur, quæ adhiberetur ipsis praesentibus, si forent exhibitæ vel ostensæ; utque earumdem exemplar ad Secretariam S. Congregationis Indulgentiarum, Sacrisene Reliquiis praepositæ deferatur, secus nidias esse cus volumus, iuxta Decretimi ab eadem S. Congregatione sub die XIX Januarii MDCCLVI latum, et a. s. m. Benedicto PP. XIV Prædecessore Nostro die XXVIII dicli mensis et anni adprobalum. Datum Romae apud S. Petrum sub annulo Piscatoria die XXVUÏ iulii MDCCCLXIII, Pontificatili nostri anno decimo octavo.

Præsentes lilteræ apostolicæ in forma Drevis sub die 28 Julii 1863 exhibilæ fuerunt in secretaria S. Congrégations indulgentiarum die 4 Augusti eiusdem anni ad formam decreti ipsius S. Congregationis die 14 Aprilis 1856.

In quorum fidem datum Romæ ex eadem secretaria die et anno ut supra.

A. Archiepiscoprts Priuzitalli substitutus. Pour copie conforme: J. Gaume – Protonotaire apostolique Vicaire general d’Aquila.

[PIO PAPA IX. A MEMORIA ETERNA.

Perfettamente certi che il salutare mistero della Redenzione e la virtù divina si contengono nel segno della Croce di nostro Signore Gesù Cristo, i fedeli della primitiva Chiesa facevano il più frequente uso di questo segno, come ce lo dimostrano i più antichi e più insigni monumenti. É anche con questo segno ch’eglino incominciavano ogni loro azione. Ad ogni movimento, (diceva Tertulliano) ed a ciascun passo, entrando e sortendo, accendendo i lumi, nel prendere il cibo, nel mettersi a sedere, qualunque cosa noi facciamo, ovunque noi andiamo, noi segniamo la nostra fronte col segno della croce. Considerando queste cose, Noi abbiamo creduto a proposito di risvegliare la pietà dei fedeli verso il segno salutare della nostra redenzione aprendo i tesori celesti delle indulgenze, affinché, imitando i belli esempi dei primi Cristiani, essi non arrossiscano di munirsi più frequentemente, ed apertamente, e pubblicamente del segno della croce, che è come lo stendardo della milizia cristiana. È questo il motivo per cui, confidando nella misericordia di Dio onnipotente e nell’autorità dei suoi santi Apostoli Pietro e Paolo, Noi accordiamo nella solita forma della Chiesa a tutti ed a ciascuno dei fedeli dell’uno e dell’altro sesso, ogni volta che almeno contriti di cuore, ed aggiungendovi l’invocazione della SS. Trinità, eglino faranno il segno della croce, cinquanta giorni d’indulgenza per le penitenze che loro saranno state imposte, o ch’eglino debbono fare per un’altra ragione qualunque; Noi accordiamo di più misericordiosamente nel Signore, che queste indulgenze possano essere applicate, per modo di suffragio, alle anime dei fedeli che hanno lasciata questa terra nella grazia di Dio. Nonostante qualunque cosa contraria le presenti debbono valere in perpetuo. Noi vogliamo inoltre che alle copie manoscritte od esemplari stampati delle presenti lettere, segnate da un pubblico notaio e munite del bollo d’una persona ecclesiastica costituita in dignità si presti assolutamente la stessa fede che si presterebbe a queste stesse presenti se fossero presentate o mostrate; ed anche che una copia di queste medesime lettere sia portata alla Secreteria della Sacra Congregazione delle Indulgenze e delle sante Reliquie, sotto pena di nullità, conforme al decreto della stessa Sacra Congregazione in data del 19 gennaio 1750, ed approvato dal nostro predecessore di santa memoria, il papa Benedetto XIV, il 28 dello stesso mese ed anno.

Dato a Roma, a S. Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 28 luglio 1863, l’anno decimottavo del Pontificato Nostro.

N. Cardinale Parracciani Clarelli.

Le presenti lettere apostoliche in forma di Breve, in data del 28 luglio 1863, sono state presentate alla Sacra Congregazione delle Indulgenze il 4 agosto dello stesso anno, conforme al decreto della stessa sacra Congregazione in data del 14 aprile 1856.

In fede del che, dato a Roma, alla stessa Segreteria, il giorno ed anno come sopra.

A. Arciv. Prinzivalli sostituito. ]

PREFAZIONE DELL’AUTORE

Nel mese di novembre di questo anno (1862) un giovane cattolico di alto legnaggio veniva dalla cattolica Alemagna a Parigi, per compiere i suoi studii nel collegio di Francia. Tenerissimo delle pie tradizioni della patria sua, usava segnarsi del segno della croce prima e dopo il pranzo. Siffatta usanza, sulle prime meravigliò i suoi compagni, ed in seguilo, per essa fu fatto segno alle beffe di loro. In una delle nostre visite ci domandava qual fosse il pender nostro sul conio del segno della croce in generale e della sua pratica di segnarsi prima e dopo il pranzo. Le seguenti lettere rispondono alle due questioni proposteci.

IL SEGNO DELLA CROCE (2)