QUARE ERGO RUBRUM EST INDUMENTUM TUUM, ET VESTIMENTA TUA SICUT CALCANTIUM IN TORCULARI? … ET ASPERSUS EST SANGUIS EORUM SUPER VESTIMENTA MEA, ET OMNIA VESTIMENTA MEA INQUINAVI . – Gestito dall'Associazione Cristo Re Rex Regum"Questo blog è un'iniziativa privata di un’associazione di Cattolici laici: per il momento purtroppo non è stato possibile reperire un esperto teologo cattolico che conosca bene l'italiano, in grado di fare da censore per questo blog. Secondo il credo e la comprensione del redattore, tutti gli articoli e gli scritti sono conformi all'insegnamento della Chiesa Cattolica, ma se tu (membro della Chiesa Cattolica) dovessi trovare un errore, ti prego di segnalarlo tramite il contatto (cristore.rexregum@libero.it – exsurgat.deus@libero.it), onde verificare l’errore presunto. Dopo aver verificato l’errore supposto e riconosciuto come tale, esso verrà eliminato o corretto. Nota: i membri della setta apostata del Novus Ordo o gli scismatici ed eretici sedevacantisti o fallibilisti, o i "cani sciolti" autoreferenti falsi profeti,non hanno alcun diritto nè titolo per giudicare i contenuti di questo blog. "
Eccoci qui a leggere l’ennesima Lettera Enciclica scritta da un Sommo Pontefice per protestare contro l’indebita appropriazione di beni ecclesiastici sottratti vilmente ad enti monastici e strutture cattoliche senza nessun valido motivo, se non quello della distruzione del culto divino che tanto fastidio provocava presso i settari dell’epoca, ed i loro burattini, i politici opportunamente pilotati e manovrati da empi burattinai servi del demonio. È la solita storia degli attacchi e delle persecuzioni, oggi ancor più in piena attuazione, che l’antico serpente, spodestato dalla venuta di Cristo e dalla istituzione della sua santa Chiesa, muove verso i seguaci fedeli Cristiani, ed in particolare nei confronti dei legittimi rappresentanti dell’Autorità apostolica e, quando possibile, direttamente verso il suo Capo, il Vicario di Cristo in terra. Attualmente il problema non si pone neanche più, perché i “grembiulini” hanno infiltrato e demolito dall’interno quasi tutto ciò che era possibile – e dalla base – per cui non c’è bisogno di farsi notare con azioni clamorose come all’epoca; il lavoro “perfetto” è stato già portato a termine il 26 ottobre del 1958, – con l’insediamento di un massone 33° al posto del Santo Padre canonicamente eletto (Simon Mago al posto di Simon Pietro!) – e da qui in poi il “serpentone maledetto”, tramite i suoi accoliti servi in talare o glergymen che si voglia, sta vomitando un torrente di eresie e di abomini antidottrinali, antiliturgici, anticanonici, tutti miranti alla distruzione delle società e delle nazioni cattoliche, ed alla dannazione eterna delle singole anime. Leggiamo dunque questo breve documento anche per avere un’idea sull’inizio della “ruspa” diabolica che vorrebbe, si fieri potest, distruggere, eliminandola, la Chiesa di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato. Peccato per loro, che non abbiano messo in conto …
l’Ipsa conteret caput tuum!
Gregorio XVI
Inter ea
Tra i motivi che da tempo Ci rendono ansiosi e solleciti (mentre incombono i doveri del supremo apostolato) non occupano certamente l’ultimo posto i decreti promulgati da diversi governi di codeste regioni a danno dei conventi, di cui alcuni sono stati addirittura aboliti, dopo aver aggiudicato alla Repubblica i beni ad essi appartenenti o averli svenduti all’asta o averli temerariamente destinati ad altri usi. E accadde un fatto ancor più penoso per il nostro cuore: nel compiere, o piuttosto nel perpetrare, tali abusi, ebbero parte anche uomini cattolici, senza tenere in alcun conto i diritti dell’autorità ecclesiastica e di questa Santa Sede e disdegnando le pene e le censure che le Costituzioni Apostoliche e i Concili Ecumenici, soprattutto il Concilio Tridentino infliggono ipso facto a coloro che non si peritano di compiere tali azioni. Inoltre non è necessario spiegare a molti quanto gravemente si sia peccato contro la Religione e contro lo stesso interesse temporale dei popoli procedendo in tal modo. Nessuno infatti ignora quanto ovunque, e quanto soprattutto in Svizzera, siano grandi i meriti monastici, fondati sia sulla promozione del culto divino, sia sulla cura delle anime, sia sulla educazione della gioventù alla pietà e alle buone opere, sia infine sull’instancabile soccorso dei poveri con ogni genere di aiuto. Invero, Noi, non appena conoscemmo il fatto con grande sofferenza dell’animo, non indugiammo affatto nel protestare, attraverso il Nunzio Nostro e di questa Sede Apostolica, sostenendo l’inviolabilità dei monasteri, dei diritti e dei beni dei quali essi godono: inviolabilità peraltro sancita con pubblico patto. Tuttavia non poco sollievo al Nostro dolore recò il comportamento adottato da numerose amministrazioni di codesti villaggi che, ottimamente disposti verso la Religione, la Chiesa e le istituzioni monastiche, non solo si opposero tosto ad ogni funesta decisione, ma per di più, collegandosi nello zelo, non mancarono di resistere apertamente alla vendita dei beni spettanti a quelle istituzioni. Perciò non tralasciamo di compensare con meritate lodi la loro virtù, esortandole contemporaneamente a che, nel nome dell’avita devozione e fedeltà alla Chiesa e a questa Apostolica Sede, siano tenacemente coerenti col santo proposito e insistano con il più ardente zelo a favorire e a patrocinare la sacra causa. -Per la verità le richieste avanzate a Nostro nome non conseguirono lo stesso risultato presso le amministrazioni di altri villaggi, assiduamente impegnate (come è stato riferito) a condurre a termine l’intrapresa, scellerata azione contro le dimore religiose, i loro diritti e le loro proprietà. – Questa è stata la causa, Venerabili Fratelli, per la quale vorremmo rivolgerci a Voi con questa lettera. Pur non dubitando affatto, e anzi avendo appurato che Voi, in tale affare, non siete mai venuti meno ai doveri del vostro ministero, tuttavia, memori del compito che per ispirazione divina Ci induce a dirigere e ad infiammare i fratelli, perché siano tutelati i beni che sono di Dio e della Chiesa, manifestiamo più apertamente a Voi il Nostro pensiero circa la stessa gravissima questione. Pertanto, di nuovo riprovando e vivamente deplorando i predetti decreti promulgati dal potere laico per sopprimere costà non pochi monasteri e relative comunità religiose, richiamiamo alla memoria di ciascuno che le alienazioni di beni e di diritti ad essi pertinenti (sia avvenute finora, sia che avverranno in futuro) senza il consenso della Nostra autorità e della Santa Sede, sono da considerare nulle e vane al cospetto della Chiesa in base alle sanzioni canoniche; pertanto decretiamo che tali debbano essere tassativamente considerate. Di conseguenza sarà vostro compito rifiutare ad essi ogni aiuto o condiscendenza e insieme, con quella singolare prudenza per la quale siete tanto accreditati, avvertire sollecitamente coloro ai quali, in forza delle illegittime alienazioni suddette, siano pervenuti o stiano per pervenire quegli stessi beni, che nessuno di essi può con tranquilla coscienza conservare la proprietà ricevuta, né riceverla in seguito. D’altra parte viviamo nella ferma speranza che soprattutto i Cattolici che hanno cooperato a proporre e ad applicare i decreti più volte ricordati, esaminata attentamente la questione al cospetto di Dio, tosto recedano (come giova crederlo) dalla via temeraria che hanno imboccato. E più e più Ci affidiamo al Signore affinché voi, Venerabili Fratelli, vi dedichiate per parte vostra a questo scopo con tutto l’impegno di pazienza e di carità pastorale. – Infine, invocando dal Signore gran copia
di aiuto celeste per voi tutti, e che Egli sia auspice del desiderato evento e
testimone della Nostra paterna benevolenza, impartiamo amorosamente
l’Apostolica Benedizione a ciascuno di voi, da trasmettere al gregge
affidatovi.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il giorno 1 aprile 1842, anno dodicesimo del Nostro Pontificato.
La lettera enciclica di cui oggi ci occupiamo, è un esempio di retto e valoroso comportamento di Gerarchia ecclesiastica e fedeli, questa volta bavaresi, nei riguardi delle civili autorità in difesa dei diritti della Chiesa Cattolica, come sempre attaccata da facinorosi ed accaniti nemici delle sette tenebrose di “grembiulini” e di sedicenti pseudo “Illuminati”. È il Santo Padre Pio IX, ad esprimersi con grande soddisfazione nei loro confronti, in particolare dei Vescovi locali che hanno lottato « …. per stabilire quei provvedimenti che, soprattutto in questi tempi calamitosi, possono concorrere a tutelare la causa, la dottrina, i diritti della Chiesa Cattolica e a preservare ogni giorno di più la salute dei Vostri fedeli. Infatti … rifulgono la Vostra eccelsa e riconosciuta fede verso di Noi e verso questa Cattedra di Pietro, l’amore, l’obbedienza e il mirabile zelo che Vi pervade nel far di tutto perché i fedeli, affidati particolarmente alla Vostra vigilanza, seguano con somma e dovuta riverenza e obbedienza Noi e la stessa Cattedra di Pietro, che è il centro della unità cattolica e non solo il capo di tutte le Chiese, ma altresì la madre e la maestra, colei che allontana da ogni dove le tenebre dell’errore ed è porto sicuro per chi è agitato dai flutti. » Quanto vorremmo sentire pure oggi parole simili, ma nessuno avrebbe potuto immaginare, salvo i conoscitori profondi delle profezie approvate – antiche e recenti – che dopo circa un secolo ed un quarto, quella stessa Gerarchia, in combutta con quella di tutti i Paesi cattolici, avrebbe pugnalato alle spalle – novelli Giuda iscariota – il Santo Padre, il Vicario di Cristo, canonicamente eletto in un valido Conclave, favorendo i piani della sinagoga di satana che insediava in serie degli apostati usurpanti sul soglio di S. Pietro, e poi falsi vescovi in tutte le diocesi dell’orbe terrestre. Certo si trattò di un piano lungamente meditato e ben congegnato, che con il permesso di Dio, riuscì perfettamente, rivelando quali fossero i veri sentimenti di un Clero intimamente corrotto e non disposto a vivere in pienezza la propria supposta fede. Il piano è in pieno riuscito e l’inganno ancora oggi regge, proprio a dimostrazione della totale insipienza dottrinale o della perversa malafede di falsi apostoli, dediti a nutrire il proprio ventre e soddisfare le loro turpi passioni, mascherati da pii chierici, ma veri lupi rapaci vestiti da agnelli. Ma godiamoci queste brevi pagine, augurandoci, per il bene di un numero sterminato di anime, un pronto intervento del Capo del Corpo mistico, atto a concedere un nuovo e più grande trionfo all’opera della sua Redenzione, la Chiesa Cattolica, ed a mostrare come la Vergine Maria, da sempre destinata da Dio Padre a schiacciare la testa dell’infame serpente e dei suoi servi, distrugga al fine e nella sorpresa generale, l’opera turpe delle sette di lucifero, il “signore dell’universo”, insediato come abominio della desolazione nei luoghi santi, per portare anime dannate, eretiche e scismatiche, nei luoghi ove … « sarà pianto e stridor di denti, in … eterno »: Maximæ quidem ..…
Pio IX
Maximae quidem
Assai consolante fu per Noi, afflitti da gravissime preoccupazioni ed angustie, la Vostra graditissima Lettera che Ci inviaste il 20 luglio, Venerabili Fratelli, durante il congresso da Voi tenuto a Bamberga per confrontare le Vostre opinioni e per stabilire quei provvedimenti che, soprattutto in questi tempi calamitosi, possono concorrere a tutelare la causa, la dottrina, i diritti della Chiesa Cattolica e a preservare ogni giorno di più la salute dei Vostri fedeli. Infatti nella stessa Lettera rifulgono in ogni passo la Vostra eccelsa e riconosciuta fede verso di Noi e verso questa Cattedra di Pietro, l’amore, l’obbedienza e il mirabile zelo che Vi pervade nel far di tutto perché i fedeli, affidati particolarmente alla Vostra vigilanza, seguano con somma e dovuta riverenza e obbedienza Noi e la stessa Cattedra di Pietro, che è il centro della unità cattolica e non solo il capo di tutte le Chiese, ma altresì la madre e la maestra, colei che allontana da ogni dove le tenebre dell’errore ed è porto sicuro per chi è agitato dai flutti. Pertanto proviamo una grande gioia per questa Vostra eminente virtù episcopale e Ci congratuliamo di vero cuore con Voi, Venerabili Fratelli, poiché con la Vostra azione e con le lettere pastorali indirizzate ai fedeli affidati alla Vostra cura, avete fatto conoscere, con le dovute e meritate lodi, quella strettissima e ammirevole unità di tutte le Sacre Gerarchie dell’intero mondo cattolico che sopravvive, in questi tempi luttuosi, col Vicario di Cristo in terra e con questa Apostolica Sede per singolare grazia di Dio e che rifulge ogni giorno di più per tante splendide azioni. E ancor più Ci rallegriamo del convegno che avete tenuto a Bamberga nel quale Voi tutti, Venerabili Fratelli, con intenti pienamente concordi, in ragione del severo impegno richiesto dal Vostro ministero episcopale, avete adottato quelle decisioni che, soprattutto in questi tempi, avete ritenute più idonee a tutelare la causa della Chiesa, a far valere le sue ragioni e a reprimere gli empi tentativi dei nemici che bisogna sconfiggere con l’unanime, costante e vigilante impegno dei Vescovi. E certamente, fra l’altro, spetta ai Vescovi (come già avete compreso) combattere fieramente contro i nemici della nostra santissima Religione, particolarmente in questa nostra funesta epoca. – Pertanto i Vescovi, forti del divino
ausilio, devono con assidua sollecitudine alzare la loro voce episcopale e
predicare il Vangelo a tutti, annunciare, trasmettere, spiegare e inculcare le
eterne verità della nostra fede, la dottrina, i precetti e i dogmi dell’augusta
Religione ai sapienti e agl’ignoranti. Con altrettanto zelo gli stessi preposti
ai sacri riti hanno l’obbligo di esporre e mostrare sia ai Sommi Principi, sia
ai Governi, i mali e i danni (assai funesti e mai abbastanza deplorati) che
ricadono sui popoli e sugli stessi Principi quando, come oggi, si disprezza la
Religione: e prevale l’incredulità che, suggerita dalle tenebre sotto
l’ingannevole apparenza di progresso sociale, si rafforza e domina ogni giorno
di più a gravissimo detrimento della comunità cristiana e civile e perverte e
corrompe in modo miserando le menti e gli animi degli uomini. Perciò fu motivo
di sommo gaudio per Noi apprendere che Voi, Venerabili Fratelli, avete inviato
una Lettera a codesto carissimo in Cristo Figlio Nostro, l’illustre Re di
Baviera, perché siano difesi la nostra santissima Religione e i suoi diritti, e
Ci sostiene la speranza che lo stesso Serenissimo Principe, per la pietà, la
giustizia e l’equilibrio del suo animo, si adoperi di assecondare volentieri i
vostri giustissimi desideri e le vostre richieste. – Certamente non ignorate,
Venerabili Fratelli, che vi è un altro dovere che i Sacri Pastori devono
compiere con ogni più tenace sforzo. È necessario che essi, con costante
coraggio, difendano la libertà della Chiesa Cattolica, che fu generata dal
sangue del Figlio Unigenito di Dio, sposo della stessa Chiesa, e che si battano
virilmente per tutti i venerandi diritti della Chiesa stessa, ad essa
divinamente elargiti. Inoltre è necessario che i Vescovi, con la parola e con
gli scritti, non desistano mai dal richiamare alla memoria di tutti che la
Chiesa è sempre esistita ed esiste perché è salvifica la forza della sua
dottrina e sapientissime sono le sue leggi e le sue istituzioni; perché non
solo è madre e maestra di tutte le virtù e persecutrice di tutti i vizi, ma è
anche colei che fonda e modera, tra tutte le genti, la vera umanità, l’onestà,
la civiltà, la libertà, il progresso, la prosperità, la tranquillità; essa sola
può saldamente consolidare e salvare l’ordine pubblico dell’umano consorzio che
dovunque in questi giorni è tanto violentemente sconvolto dall’empietà e dalla
ribellione. Vi rivolgiamo dovute e meritate lodi, Venerabili Fratelli, perché
con la Vostra Lettera inviata a codesto Governo – oltre che solleciti del bene
e della guida delle scuole popolari – avete difeso in proposito la dottrina,
l’autorità e i diritti della Chiesa Cattolica con ogni argomento, con forza e
con intelligenza, fedeli allo spirito con cui Noi nella Nostra Epistola inviata
al Venerabile Fratello Ermanno, Arcivescovo di Friburgo in Brisgovia, il giorno
14 luglio di quest’anno, fummo costretti a tutelare e rivendicare i diritti
della Chiesa, al riparo dai tentativi e dalle macchinazioni dei nemici che nel
Granducato di Baden giunsero al punto di proporre leggi atte a distruggere del
tutto l’indirizzo cristiano delle scuole. Sebbene Noi teniamo in gran conto le
ragioni per cui, Venerabili Fratelli, vi siete preoccupati tanto di difendere i
diritti della Chiesa per quanto riguarda le scuole popolari, tuttavia non
possiamo, in questa occasione, trattenerci dal sollecitare con insistenza
l’insigne Vostro zelo episcopale affinché operiate in modo attivo e combattivo,
così che siano riconosciuti e preservati gli stessi diritti della Chiesa circa
le scuole superiori di lettere e delle più severe discipline. Infatti, in virtù
della Vostra saggezza, ben sapete che una volta rimosse da queste scuole la
dottrina, l’autorità e la vigilanza che provengono dalla Chiesa, più gravi
danni e mali deriveranno, dal momento che saranno contagiati da errori e da
false dottrine gli uomini del ceto più qualificato, che sono destinati a
ricoprire pubblici incarichi di governo e che di solito contribuiscono a
formare lo spirito della società civile. – A questo punto, Venerabili Fratelli,
Vi supplichiamo di tenere presente quanto Noi esponemmo al Venerabile Fratello
Gregorio, Arcivescovo di Monaco, con la Nostra Epistola del 21 dicembre dello
scorso anno, circa la diffusione delle discipline filosofiche e teologiche, e
Vi esortiamo vivamente a dedicare senza tregua tutte le Vostre cure e i Vostri
pensieri a promuovere ogni giorno di più l’accurata formazione e l’educazione
del Clero, e a non lasciare nulla di intentato, in modo che il Vostro Clero
riceva quella piena e solida formazione che, attinta da pure e incontaminate
fonti e sorretta dal comune insegnamento della Chiesa Cattolica, allontani
tutti quei pericoli di cui sono evidentemente colpevoli gli odierni nuovi
metodi d’insegnamento, fondati sulla libertà (o piuttosto sulla licenza) del
sapere, e tanto ostentati. Perciò, Venerabili Fratelli, desideriamo
ardentemente che vogliate richiamare alla memoria ed applicare tutte quelle
disposizioni che già altre volte comunicammo e caldamente raccomandammo a tutti
e ai singoli del Vostro Ordine episcopale circa la costruzione e la direzione
dei Seminari per i Chierici in conformità delle sagge prescrizioni del Concilio
Tridentino. – Siamo poi fermamente persuasi che Voi, Venerabili Fratelli, in
virtù della Vostra esemplare religiosità e del Vostro zelo episcopale,
difenderete energicamente gli altri diritti della Chiesa che non sono ancora
pienamente riconosciuti in Baviera, e per i quali i Vescovi della Baviera non
omisero di elevare le loro proteste soprattutto nel convegno di Frisinga.
Perciò di tutto cuore approviamo la Vostra decisione di convocare ogni anno il
Vostro congresso. Ciò tuttavia non deve impedire in alcun modo che Voi,
Venerabili Fratelli, facciate ogni tentativo perché possiate quanto prima
concelebrare i Sinodi provinciali (come è nei Nostri voti) secondo la
prescrizione dei Sacri Canoni, come hanno fatto in Germania altri Vescovi nelle
loro province ecclesiastiche, con sommo gaudio dell’animo Nostro e a beneficio
dei loro fedeli. Sicuramente nulla a Noi sarà più gradito che recare a Voi, in
questa circostanza, ogni aiuto e soccorso. – Vogliamo infine che abbiate per
certa la benevolenza particolare con cui Vi seguiamo. Di tale benevolenza
ricevete, come sicuro pegno, l’Apostolica Benedizione che dal profondo del
cuore impartiamo a Voi stessi, Venerabili Fratelli, a tutti i Sacerdoti e ai
fedeli Laici affidati alla cura di ciascuno di Voi.
Dato a Castel Gandolfo, il 18
agosto 1864, nell’anno decimonono del Nostro Pontificato.
Questa Lettera Enciclica, scritta ai Ruteni Greco-Cattolici, ha una grande importanza perché, seppur trattando di questioni specifiche, definisce delle certezze canoniche per la Chiesa Cattolica in ciò che riguarda la santa Liturgia, le cui modifiche sono espressamente condannate: … « Con lo specioso pretesto dunque di purificare i riti e di ricondurli all’antica purezza, queste persone senza scrupoli si propongono di tendere insidie alla fede dei Ruteni di Chelm e di allontanarli dal grembo della Chiesa Cattolica con il chiaro proposito di indirizzarli all’eresia e allo scisma », – « … si tratta infatti di un problema di primaria importanza, cioè della salvezza delle anime, dal momento che le illegittime innovazioni mettono in estremo pericolo la Fede cattolica e la santa unità dei Ruteni. ». Quello che veniva giustamente ricordato ai Ruteni ingannati da un falso illegittimo amministratore senza giurisdizione, vale a maggior ragione oggi, quando la Liturgia Cattolica di sempre, è stata totalmente sconvolta ed adattata alle imbeccate della Massoneria, infiltrata nei sacri palazzi, nei conclavi, nei seminari ed in tutte le istituzioni ecclesiastiche. E tutti sanno pure che tale liturgia “modernista” del c. d. Novus Ordo, è stata imposta da un antipapa privo di vera giurisdizione, un impostore Simon Mago che sedeva al posto di Simon Pietro, il Santo Padre legittimamente e canonicamente eletto, Gregorio XVII. Ora se le minime innovazioni – ci ricorda Pio IX – mettono in estremo pericolo la Fede Cattolica e quindi la salvezza eterna dell’anima, figuriamoci il totale stravolgimento del Sacrificio della Messa, delle formule sacramentali e delle varianti dottrinali che la setta satanica del “novus ordo” spaccia come dottrina della Chiesa Cattolica! Miliardi di anime sono in pericolo certo di dannazione eterna, anche se allegramente partecipano a riti blasfemi e sacrileghi offerti al “signore dell’universo” – il baphomet delle logge – accompagnati da canti aliturgici e cacofonie musicali di ogni risma con uso di strumenti elettronici e tambureggianti manovrati da dissennati dilettanti allo sbaraglio, che dissacrano quella minima apparente sacralità dei riti e dei luoghi. Che dire allora dopo aver letto questa Lettera Enciclica? Possiamo solo pregare per tante anime ignare – seppur in maggior parte colpevolmente – della loro condizione spirituale, offrirci come ostie in sacrificio, almeno nelle azioni ordinarie, e sperando in un rapido intervento del Redentore, affinché ripristini una situazione umanamente compromessa, comportarci come i Ruteni di allora che « … preferirono affrontare ogni male e mettere addirittura a repentaglio la propria vita piuttosto che sacrificare la fede degli avi e abbandonare i Riti Cattolici ricevuti dagli antenati, affermando di volerli conservare integri e senza macchia per sempre. »
Pio IX
Omnem sollicitudinem
Fin dai primi anni del Nostro lungo Pontificato abbiamo impegnato tutta la Nostra attenzione e abbiamo operato per procurare e favorire il bene spirituale delle Chiese Orientali, dichiarando solennemente, fra le altre cose, che le peculiari liturgie di rito cattolico dovevano essere mantenute e conservate con ogni cura e diligenza, in sintonia con i Nostri Predecessori che le circondarono della massima attenzione e considerazione. Esiste al riguardo una ricca documentazione a noi trasmessa da Clemente VIII nella sua Costituzione Magnus Dominus del 1595, da Paolo V nel suo Breve del 10 dicembre 1615, e soprattutto, per tralasciare altri documenti, da Benedetto XIV nelle sue Encicliche Demandata del 1743 e Allatæ sunt del 1755. Esistendo uno stretto rapporto che lega le norme liturgiche alle dottrine dogmatiche, questa Sede Apostolica, maestra infallibile della Fede e accorta custode della Verità, non appena rilevava che “si era insinuato nella Chiesa Orientale qualche rito pericoloso e disdicevole, lo condannava, lo riprovava e ne interdiceva l’uso” . – La summenzionata sollecitudine a mantenere integri gli antichi riti liturgici non impedì di accogliere tra i riti orientali alcuni altri praticati presso altre Chiese e che, come scriveva Gregorio XVI di felice memoria ai Cattolici Armeni, “i vostri antenati preferirono, o perché sembravano più semplici, o perché li avevano accolti già da qualche tempo come segno di distinzione dagli eretici e dagli scismatici” . “Resta dunque ferma“, come tramanda lo stesso Sommo Pontefice, “la norma che ribadisce l’obbligo di non procedere a modifiche dei sacri riti liturgici senza aver preventivamente consultato la Sede Apostolica, sia pure con il pretesto di introdurre cerimonie ritenute più conformi alle liturgie approvate dalla stessa Sede, se non in presenza di serie motivazioni e dopo l’assenso della stessa Sede Apostolica” . – A queste norme, saggiamente disposte per tutte le Chiese di rito orientale, deve pure soggiacere, come fu più volte dichiarato, ma soprattutto nel menzionato Breve di Paolo V, la disciplina liturgica dei Ruteni, che i Romani Pontefici non cessarono mai di circondare con particolare benevolo affetto e con peculiari favori. Non appena si prospettò qualche pericolo a minacciare la loro fede, la Sede Apostolica non tralasciò di far udire immediatamente la propria voce per ovviare a un così grave male. È tuttora viva l’eco delle solenni parole pronunciate dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di felice memoria, quando la Nazione dei Ruteni, come è noto a tutti, fu coinvolta in una situazione di così estrema gravità che tre milioni di loro furono strappati dal seno della Chiesa Cattolica, e ancora oggi ne piangiamo. – Neppure mancò l’aiuto della Sede Apostolica alla Nazione dei Ruteni, quando sorsero gravi e interminabili controversie nella Provincia di Leopoli per la difformità dei riti e per i rapporti che intercorrevano fra gli ecclesiastici di rito latino e quelli di rito greco, con negativi riflessi sulla carità cristiana. Intervenne allora un accordo, o convenzione, proposto dai Vescovi di entrambi i riti che, sancito da un decreto della S. Congregazione di Propaganda Fide per gli affari delle Chiese di rito orientale in data 6 ottobre 1863, risolse e pose felicemente fine alla controversia. – Per la verità, la deplorevole situazione in cui si viene a trovare la stessa Provincia ecclesiastica [di Leopoli], e in modo particolare la confinante Diocesi di Chelm, chiama nuovamente in causa, e a buon diritto, il Nostro dovere di sollecita vigilanza. È assai recente la notizia a Noi riportata di un’accesa controversia fra codesti Cattolici di rito Greco-Ruteno temerariamente imbastita su questioni di liturgia. Alcuni individui, e tra questi anche membri del clero, attratti dalle novità e sulla scorta di un loro capriccio, vanno proponendo innovazioni dei riti liturgici, alcuni già in uso da tempo immemorabile e altri solennemente recepiti dal Sinodo di Zamosc, approvato dalla Sede Apostolica. – Ma ciò che maggiormente Ci affligge e riempie di profonda amarezza il Nostro cuore è la gravissima situazione, a Noi recentemente riferita, in cui versa la Diocesi di Chelm. Non appena si allontanò il Vescovo, scelto da Noi stessi pochi anni orsono e ancora spiritualmente legato a quella Diocesi, uno pseudo-amministratore già da Noi ritenuto indegno della dignità episcopale, non esitò ad usurpare la giurisdizione ecclesiastica, a sovvertire ogni cosa nella suddetta Chiesa, a sconvolgere e ad alterare a proprio arbitrio le disposizioni liturgiche sancite dai canoni. – Con animo affranto scorriamo le righe della lettera circolare emanata il 20 ottobre 1873, con cui quel funesto pseudo-amministratore osa innovare l’esercizio del culto divino e la sacra liturgia, con l’evidente proposito di introdurre nella cattolica Diocesi di Chelm la liturgia degli scismatici: al fine di ingannare gli incolti e gl’ingenui per indurli più facilmente allo scisma, non si vergogna di produrre varie Costituzioni della Sede Apostolica storcendone fraudolentemente le disposizioni al proprio scopo. D’altra parte, non può esserci alcuno che non ritenga nullo e irrito quanto disposto sulla liturgia nella succitata lettera, e Noi, forti del Nostro Potere Apostolico, dichiariamo ciò nullo è irrito. Questo pseudo-amministratore risulta assolutamente privo di qualsiasi giurisdizione ecclesiastica: né il Vescovo legittimo al momento della partenza, né in seguito la Sede Apostolica giammai gliela conferirono. È dunque chiaro ed evidente che “non è entrato nell’ovile delle pecore per la porta, ma che vi è penetrato per altra via” (Gv 10,1), e deve essere considerato un intruso. – I Sacri Canoni della Chiesa dispongono che gli antichi riti orientali legittimamente introdotti debbano essere scrupolosamente osservati: “I Romani Pontefici Nostri Predecessori, dopo averli esaminati con ogni cura e non avendoli trovati in contrasto con la Fede cattolica, né occasione di pericolo per le anime, né capaci di sminuire il decoro ecclesiastico, ritennero opportuno approvarli e permetterli” ; sono sempre gli stessi Romani Pontefici a proclamare solennemente che a nessuno è lecito, senza aver consultato questa Sede Apostolica, introdurre nella liturgia innovazioni sia pure di poco peso. È quanto dispongono chiaramente le Costituzioni Apostoliche ricordate all’inizio della presente. – Non ha alcuna importanza il fatto che, per gettare fumo negli occhi, si presentino le innovazioni come strumento per purificare i riti orientali e restituirli all’antica forma. Non può infatti esistere alcuna altra liturgia dei Ruteni diversa da quella istituita dai Santi Padri della Chiesa, definita dai canoni dei Sinodi, invalsa per legittima consuetudine, ma sempre espressamente o tacitamente approvata dalla Sede Apostolica. Se con il trascorrere del tempo subentrarono variazioni nella Liturgia, queste non avvennero senza il consenso dei Romani Pontefici e furono introdotte con il preciso intento di preservare i riti da ogni contaminazione eretica e scismatica, perché potessero ergersi a difesa dei dogmi cattolici e della fede, e diventassero più idonei alla promozione del bene delle anime. – Con lo specioso pretesto dunque di purificare i riti e di ricondurli all’antica purezza, queste persone senza scrupoli si propongono di tendere insidie alla fede dei Ruteni di Chelm e di allontanarli dal grembo della Chiesa Cattolica con il chiaro proposito di indirizzarli all’eresia e allo scisma. – Ma in mezzo a queste amarissime avversità, che Ci assediano da ogni parte, Ci ristora e Ci solleva la visione straordinaria di un comportamento eroico e indefettibile offerto recentemente a Dio, agli Angeli e agli uomini dai Ruteni della Diocesi di Chelm. Essi, respingendo le inique disposizioni dello pseudo-amministratore, preferirono affrontare ogni male e mettere addirittura a repentaglio la propria vita piuttosto che sacrificare la fede degli avi e abbandonare i riti cattolici ricevuti dagli antenati, affermando di volerli conservare integri e senza macchia per sempre. – Per parte nostra non tralasciamo di innalzare a Dio, ricco di misericordia, suppliche incessanti perché effonda benigno la luce della sua grazia nel cuore di coloro che, contro ogni norma divina, violentano la Diocesi di Chelm e, nello stesso tempo, sovvenga con la sua onnipotenza quei miseri fedeli privi di ogni aiuto e di assistenza spirituale, e acceleri la consolazione dell’auspicata tranquillità. – A questo punto rivolgiamo a Voi, Venerabili Fratelli, che vi siete fatti carico con tanta dedizione e con zelo ammirevole della cura spirituale dei Ruteni, una pressante esortazione nel Signore perché difendiate le disposizioni liturgiche approvate dalla Sede Apostolica o introdotte con la sua consapevolezza e senza il suo divieto. E poiché non è assolutamente permesso introdurre innovazioni, vogliate affidare una meticolosa salvaguardia dei Sacri Canoni, in particolare delle decisioni del Sinodo di Zamosc, ai Parroci e ai Sacerdoti, persino ricorrendo a pene severissime se fosse necessario. – Si tratta infatti di un problema di primaria importanza, cioè della salvezza delle anime, dal momento che le illegittime innovazioni mettono in estremo pericolo la Fede cattolica e la santa unità dei Ruteni. Proprio per questo occorre applicarsi con tutto l’impegno, affrontare ogni fatica e non lasciare nulla di intentato per reprimere sul nascere tutto lo stravolgimento messo in opera da uomini malvagi in codesta regione in campo liturgico. Siamo certi, Venerabili Fratelli, che non verrete meno in alcun modo al preciso dovere di accollarvi, con l’aiuto della grazia di Dio, gli impegni menzionati con decisione e accortezza. – Perché ciò possa felicemente avverarsi, impartiamo con affetto a Voi, Venerabili Fratelli, e al popolo affidato a ciascuno di Voi, l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il 13 maggio 1874, anno ventottesimo del Nostro Pontificato.
« … L’illusione infatti non è più possibile: si è dichiarata la guerra a tutto ciò che è soprannaturale, perché dietro al soprannaturale si trova Dio, e ciò che si vuol cancellare dal cuore e dall’anima dell’uomo è appunto Dio…» Questo è uno dei passaggi chiave della nuova lettera enciclica che il Santo Padre Pio X, nel corso del suo difficile Pontificato, indirizza al popolo francese, scosso da eventi drammatici voluti dalle sette ivi operanti, come chiaramente indicato in un successivo passaggio: « … Le dichiarazioni, mille volte fatte e ripetute nella stampa, nei congressi, nelle conventicole massoniche, nel seno stesso del parlamento, lo provano tanto, quanto gli attacchi che vennero progressivamente e metodicamente rivolti contro di lei. » Per farsi ben intendere, il Sommo Pontefice utilizza addirittura la lingua d’oltralpe e difende con grande vigore i diritti della Chiesa francese vilmente calpestati da leggi inique emanate da governi “fantoccio” diretti dalle logge dei “figli della vedova”, tentacoli velenosi della piovra di “quelli che odiano Dio, la sua unica vera Chiesa, tutti gli uomini ed in particolare i Cristiani”. Questa oppressione poi doveva manifestarsi in tutta Europa, nell’America latina, ed ovunque vi fosse una società cristianamente organizzata. Oggi sembra che questa lotta sia attenuata, ma è una fallace impressione, poiché la setta infernale, la sinagoga di satana dei grembiulini, si è stabilmente infiltrata nei sacri palazzi dell’urbe e dell’orbe, ed indisturbata conduce singoli e popoli interi al fuoco eterno senza colpo (apparentemente) ferire, anzi – guidando pure tutta la stampa mondiale, ad essa totalmente asservita – finge ottimismo, buonismo e filantropia in cui c’è tolleranza per ogni genere di errore, laico, gnostico o pseudoreligioso che sia, ma preclude assolutamente al pensiero ed alla dottrina cristiana. Però, grazie a Dio, la Chiesa Cattolica (non quella a-Cattolica del Va’-t’inganno), resiste pur nelle moderne catacombe e negli spazi strettissimi, angusti ed asfissianti di un culto sotterraneo, in attesa della manifestazione improvvisa e potente del Re del mondo, il Creatore dei cieli e della terra, che con il soffio della sua bocca (v. II Tess.), brucerà il demonio anticristo insediato nel luogo santo della Sede Apostolica, e dei suoi dannati (anzitempo) adepti. E allora niente più illusioni, ci avverte S. Pio X, siamo in un combattimento tremendo, essenzialmente spirituale, in cui il vincitore sarà chi, sostenuto dal Creatore di tutte le cose visibili ed invisibili, con la sua grazia, resisterà alla “civile” barbarie ed alla feroce persecuzione ideologica e dottrinale, quella che forse non conduce alla gloriosa morte fisica del martirio dei primi secoli della Chiesa, patita sotto gli imperatori romani, ma peggio ancora, pur se invisibile all’occhio di carne, alla sicura morte eterna dell’anima. Facciamo nostro il grido accorato del Sommo Pontefice e preghiamo affinché il Signore, per intercessione della Beata Vergine nostra Madre e Madre di Dio, abbrevi questi giorni funesto e decisivi per la salvezza di miliardi di anime, e con una sovrabbondanza di grazia ci conduca alla vita eterna, nel Regno di cui ci ha costituito suoi coeredi.
S. S. PIO X
“UNE FOIS ENCORE”
I gravi avvenimenti che incalzano nel vostro nobile paese ci portano a rivolgere, ancora una volta, la parola alla Chiesa di Francia per sostenerla nelle sue prove e consolarla nel suo dolore. È infatti allorquando i figli sono in angoscia che il cuore del padre deve più che mai volgersi verso di loro. È per questo che, quando Noi vi vediamo soffrire, dal fondo del paterno animo l’effusione della tenerezza deve sgorgar più copiosa e venire a voi più feconda di conforto e più soave. – Queste afflizioni, venerabili fratelli e figli dilettissimi, hanno al presente un’eco dolorosa in tutta la Chiesa Cattolica: ma Noi le sentiamo in una maniera ancora più viva e vi compatiamo con una tenerezza, che, aumentando con le vostre prove, sembra accrescersi di giorno in giorno. A queste crudeli amarezze il Signore ha unito, è vero, una consolazione che non potrebbe essere più preziosa per il Nostro cuore. Essa Ci venne dal vostro incrollabile attaccamento alla Chiesa, dalla vostra fedeltà indefettibile a questa Sede Apostolica e dall’unione forte e profonda che regna tramezzo a voi. Di questa fedeltà e di questa unione Noi già da prima eravamo sicuri, e poiché troppo bene conosciamo la nobiltà e generosità del cuore francese, per avere a concepire il timore che, nell’ardore della battaglia, potesse la disunione insinuarsi nelle vostre file. Non per questo però meno grande è la gioia che Noi proviamo, nel vedere lo spettacolo magnifico che voi date presentemente encomiandovene al cospetto di tutta la Chiesa, benediciamo dal fondo del cuore il Padre delle misericordie, Aurore di ogni bene. Il far ricorso a questo Dio infinitamente buono è tanto più necessario in quanto la lotta, lungi dall’acquetarsi, si inasprisce ognora più e va senza tregua estendendosi. Non è più soltanto la fede cristiana che si vuole ad ogni costo sradicata dall’intimo dei cuori, è addirittura ogni credenza che, sollevando l’uomo ad disopra degli orizzonti di questo mondo, lo porta soprannaturalmente a fissare lo stanco suo guardo verso il cielo. L’illusione infatti non è più possibile. si è dichiarata la guerra a tutto ciò che è soprannaturale, perché dietro al soprannaturale si trova Dio, e ciò che si vuol cancellare dal cuore e dall’anima dell’uomo è appunto Dio. Questa lotta sarà accanita e senza tregua da parte di coloro che la muovono. A misura che essa si andrà svolgendo, è possibile ed anche probabile che vi aspettino prove più dure di quelle che avete conosciute finora. La saggezza dunque impone a ciascuno di voi di prepararvisi. Voi lo farete schiettamente, virilmente e con fiducia, sicuri che, qualunque sia la violenza della battaglia, la vittoria rimarrà infine nelle vostre mani. Pegno di questa vittoria sarà la vostra unione: unione prima tra voi, unione poi con questa Sede Apostolica. Questa duplice unione vi renderà invincibili, e contro di essa tutti gli sforzi si infrangeranno. I vostri nemici del resto non si sono risparmiati a questo riguardo. Fin dal primo momento e con una grande sicurezza di vedute, essi hanno scelto il loro obiettivo: in primo luogo, separarvi da Noi e dalla cattedra di Pietro, poi seminare la divisione in mezzo a voi – Da allora in poi non hanno affatto cambiato tattica; a questa sono ritornati costantemente e con tutti ì mezzi; gli uni con formule avviluppate e piene di destrezza, gli altri con brutalità e con cinismo. Promesse ingannatrici, premi ignominiosi offerti allo scisma, minacce e violenze, tutto è stato messo in gioco ed adoperato. Ma la vostra illuminata fedeltà ha sventato tutti questi tentativi. Pensando allora che il miglior mezzo per separarvi da Noi, era il togliervi ogni fiducia nella Sede Apostolica, essi non hanno esitato a gettare dall’alto della tribuna e nella stampa il discredito sui Nostri atti, misconoscendo e talvolta calunniando perfino le Nostre intenzioni. La Chiesa, si è detto, cerca di suscitare in Francia la guerra religiosa e affretta con tutti i suoi voti la persecuzione violenta. – Strana davvero siffatta accusa. Fondata da Colui che venne al mondo per pacificarlo e per riconciliare l’uomo con Dio, messaggera di pace su questa terra, la Chiesa non potrebbe volere la guerra religiosa se non ripudiando la sua sublime missione e rinnegandola al cospetto di tutti. – Essa al contrario rimane e rimarrà sempre fedele a questa missione di paziente dolcezza e di amore. D’altra parte il mondo intero oggi sa, né può su ciò cadere in inganno, che, se la pace delle coscienza è in Francia spezzata, ciò non è per iniziativa della Chiesa, ma per quella dei suoi nemici. Gli spiriti imparziali, anche quando non condividono la nostra fede, riconoscono tuttavia che, se nella patria vostra diletta si combatte sul terreno religioso, non è già perché la Chiesa sia stata la prima ad ingaggiare la lotta, ma perché a lei stessa è stata dichiarata la guerra. Questa guerra, da venticinque anni in modo particolare, essa non fa che subirla. Ecco la verità. Le dichiarazioni, mille volte fatte e ripetute nella stampa, nei congressi, nei conventi massonici, nel seno stesso del parlamento, lo provano tanto, quanto gli attacchi che vennero progressivamente e metodicamente rivolti contro di lei. Questi sono fatti innegabili e contro i quali non potrà mai prevalere alcun argomento. La Chiesa dunque non vuole la guerra, la guerra religiosa meno ancora delle altre, e affermare il contrario significa lanciare contro di essa calunnia e un oltraggio. Né certo essa brama la persecuzione violenta. Questa persecuzione essa ben la conosce per averla sofferta in tutti i tempi e sotto tutti i cieli. Parecchi secoli per lei trascorsi nel sangue, le danno dunque il diritto di dire con una santa fierezza che essa non la teme punto, e che quante volte ciò sarà necessario, saprà bene affrontarla. Ma la persecuzione per se stessa è il male, perché è l’ingiustizia e impedisce all’uomo di adorare liberamente Dio. La Chiesa dunque non può desiderarla, in vista del bene che sempre, nella sua infinita sapienza, ne trae la Provvidenza. – Inoltre, la persecuzione non è soltanto il male, essa è altresì il dolore, ed è questa un’altra ragione per la quale non la desidererà giammai, per compassione verso i suoi figli, la Chiesa, che è la migliore delle madri. – Del resto, questa persecuzione, alla quale le si rimprovera di voler spingere altri e che si dichiara di essere fermamente decisi di rifiutarle, le viene poi inflitta realmente. Non vennero, forse, anche di recente, espulsi Vescovi dai loro vescovadi, e perfino i più venerandi fra essi e per età e per virtù; scacciati i seminaristi dai seminari maggiori e minori; non si è cominciato a bandirei curati dalle loro canoniche? Tutto il mondo cattolico ha veduto questo spettacolo con tristezza, e non ha esitato affatto nel dare a tali violenze il nome che ad esse si conveniva. – Per ciò che riguarda i beni ecclesiastici, che Ci si accusa di essere abbandonati, importa notare che questi beni erano per una parte il patrimonio dei poveri, e il patrimonio, più sacro ancora, dei defunti. Non era dunque lecito per la Chiesa né abbandonarli, né consegnarli; essa non poteva che lasciarseli strappare con la violenza. Nessuno del resto crederà che essa abbia abbandonato deliberatamente, se non sotto la pressione di ragioni più imperiose, ciò che le era stato così affidato, e che le era così necessario per l’esercizio del culto, per la conservazione degli edifici sacri, per la formazione dei suoi chierici e per il sostentamento dei suoi ministri. – È perché fu posta perfidamente di fronte alla scelta fra la rovina materiale e un’offesa consentita alla sua costituzione, la quale è di origine divina, che essa ha rifiutato, anche a costo della povertà, di lasciare attentare in lei all’opera di Dio. Le sono stati dunque tolti i suoi beni, non è essa che li ha abbandonati. Da ciò segue, che dichiarare i beni ecclesiastici vacanti ad un’epoca determinata, se a quest’epoca la Chiesa non ha creato nel suo grembo un organismo nuovo; sottoporre questa creazione a condizioni in manifesta opposizione con la divina costituzione di questa Chiesa, ponendola così nella necessità di respingerle; attribuire poi questi beni a terzi, come se fossero divenuti beni senza padrone, e infine affermare che conl’agire in siffatto modo non si spoglia la Chiesa, ma si dispone soltanto di beni da lei abbandonati, non è già soltanto un ragionare da sofisti, ma un aggiungere la derisione alla più crudele delle spogliazioni. – Spogliazione innegabile, del resto, e che si cercherebbe invano di inorpellare, affermando che non esisteva alcuna persona morale a cui questi beni potessero venire attribuiti; giacché lo stato è padrone di conferire la personalità civile a chiunque il pubblico bene esige sia conferita, agli Istituti Cattolici come agli altri, e, in ogni caso, gli sarebbe stato facile non sottoporre la formazione delle associazioni cultuali a condizioni che fossero in opposizione diretta con la divina costituzione della Chiesa, alla quale si riteneva dovessero servire. – Ora, è questo precisamente quel che si è fatto relativamente alla associazioni cultuali. La legge le ha organizzate in modo tale che le sue disposizioni a questo riguardo vanno direttamente ad opporsi ai diritti, che, derivando dalla sua costituzione, sono essenziali alla Chiesa, specialmente in ciò che tocca la gerarchia ecclesiastica, base inviolabile data all’opera sua dallo stesso divin Maestro. Di più, la legge conferisce a queste associazioni attribuzioni che sono di esclusiva competenza dell’Autorità Ecclesiastica, sia per ciò che concerne l’esercizio del culto, sia per quel che riguarda il possesso e l’amministrazione dei beni. Infine, non solamente queste associazioni cultuali vengono sottratte alla giurisdizione ecclesiastica, ma sono fatte giudicabili dall’autorità civile. Ecco perché Noi, nelle precedenti Nostre encicliche, siamo stati tratti a condannare queste associazioni cultuali, malgrado i sacrifici materiali che questa condanna implicava. – Siamo stati accusati altresì di partito preso e di incoerenza. Si è detto che Ci rifiutavamo di approvare in Francia ciò che era stato approvato in Germania. Ma questo rimprovero manca tanto di fondamento quanto di giustizia. Giacché, sebbene la legge germanica fosse condannabile in parecchi punti, ed essa non sia stata che tollerata per evitare mali maggiori, purtuttavia le situazioni sono del tutto differenti, e quella legge riconosce espressamente la Gerarchia Cattolica, ciò che non fa punto la legge francese. – Quanto alla dichiarazione annuale, richiesta per l’esercizio del culto, essa non offriva tutta la sicurezza legale che si aveva diritto di desiderare. Pur nullameno – sebbene come principio le riunioni dei fedeli nelle chiese non abbiano alcuno degli elementi costitutivi propri delle pubbliche riunioni, e, come fatto, sia odioso il volerle assimilare a queste, – per evitare mali maggiori, la Chiesa avrebbe potuto essere tratta a tollerare questa dichiarazione. Ma con lo stabilire che « il curato o l’officiante non sarebbe più nella sua chiesa «che un occupante senza titolo giuridico, che non avrebbe diritto per fare alcun atto d’amministrazione », si è imposta ai ministri del culto, nell’esercizio stesso del loro ministero, una situazione talmente umiliante e vaga, che con simili condizioni la dichiarazione non poteva più venire accettata. – Resta la legge recentemente votata dalle due camere. – Dal punto di vista dei beni ecclesiastici, questa legge è una legge dispogliazione, una legge di confisca, e per essa si è consumata la spogliazione della Chiesa. Sebbene il suo divin Fondatore sia nato povero in una mangiatoia e sia morto povero sopra una croce,sebbene essa stessa abbia conosciuto dalla sua culla la povertà, i beni che essa aveva in sua mano le appartenevano come una proprietà di cui nessuno aveva diritto di spogliarla. Questa proprietà, indiscutibile sotto tutti i punti di vista, era stata altresì ufficialmente sancita dallo stato, ed esso per conseguenza non poteva violarla. – Dal punto di vista dell’esercizio del culto, questa legge ha organizzato l’anarchia: ciò che per essa infatti si instaura anzitutto, è l’incertezza e l’arbitrio. Incertezza se gli edifici del culto, sempre suscettibili di essere tolti alla loro destinazione, saranno o no, nel frattempo, a disposizione del clero e dei fedeli; incertezza se saranno o no conservati loro e per quale lasso di tempo; l’arbitrio amministrativo chiamato a regolare le condizioni del godimento, reso eminentemente precario; tante situazioni diverse per il culto in Francia, quanti sono in essa i comuni, in ciascuna parrocchia il prete posto a discrezione dell’autorità municipale, e, per conseguenza, il conflitto virtualmente organizzato da un capo all’altro del paese. Al contrario, obbligo di far fronte a tutti gli oneri, anche i più gravosi, e, al tempo stesso, limitazione draconiana per ciò che concerne le risorse destinate a provvedervi. – Così, nata da ieri, questa legge ha già sollevato innumerevoli e aspre critiche da parte di uomini appartenenti indistintamente a tutti i partiti politici e a tutte le opinioni religiose, e soltanto queste critiche basterebbero per giudicarla. – È facile riconoscere, per ciò che Noi vi abbiamo ricordato, venerabili fratelli e figli dilettissimi, come questa legge aggravi la legge di separazione, e perciò Noi non possiamo che riprovarla. – Il testo inesatto e ambiguo di alcuni fra gli articoli di questa legge pone in una nuova luce lo scopo voluto dai nostri nemici. Essi vogliono distruggere la Chiesa, scristianizzare la Francia, come Noi già vi dicemmo, ma senza che il popolo se avveda troppo e possa, per così dire, farvi attenzione. Se la lo impresa fosse veramente popolare, com’essi pretendono, non sarebbero perplessi a proseguirla a visiera alzata, e ad assumerne altamente tutta la responsabilità. Ma da questa responsabilità, lungi dall’assumerla, essi si schermiscono, la respingono, e, per meglio riuscirvi, la rigettano sulla Chiesa, vittima loro. È questa la più luminosa di tutte le prove, che la loro opera nefasta non risponde affatto ai voti del paese. – È vano, del resto, che dopo aver posto Noi nella crudele necessità di respingere le leggi fatte da loro – vedendo i mali che hanno attirato sopra la patria e sentendo l’universale riprovazione montare come una lenta marea verso di loro – cerchino di fuorviare la pubblica opinione e di far ricadere la responsabilità di questi mali sopra di Noi. Il loro tentativo non riuscirà. – Quanto a Noi, abbiamo adempiuto il Nostro dovere, come avrebbe fatto qualunque altro Vescovo di Roma. L’alto Ufficio, a cui è piaciuto al Cielo investirci, malgrado la Nostra indegnità, come del resto la stessa fede di Cristo, fede che voi professate con Noi, Ci dettava la Nostra condotta. Non avremmo potuto agire altrimenti, senza calpestare la Nostra coscienza, senza mancare al giuramento che Noi abbiamo prestato nel salire sulla Cattedra di Pietro, e senza violare la Gerarchia Cattolica, base data alla Chiesa da nostro Signore Gesù Cristo. Attendiamo, per conseguenza, senza timore il verdetto della storia. Essa dirà che, fissi immutabilmente gli occhi alla difesa dei diritti superiori di Dio, Noi non abbiamo affatto voluto umiliare il potere civile né combattere una forma di governo, ma tutelare l’opera intangibile del nostro Signore e Maestro, Gesù Cristo. – Essa dirà che Noi vi abbiamo difeso, figli dilettissimi, con tutta la forza dell’immensa Nostra tenerezza; che ciò che Noi reclamato e reclamiamo per la Chiesa, di cui la Chiesa di Francia è la figlia primogenita e una parte integrante, è il rispetto della sua Gerarchia, l’inviolabilità dei suoi beni e la libertà che, se si fosse fatta ragione alla Nostra domanda, la pace religiosa non sarebbe stata turbata in Francia, e che il giorno in cui la si ascolterà, questa pace così desiderabile rinascerà. – Essa dirà infine che se, anticipatamente sicuri della vostra magnanima generosità, Noi non abbiamo esitato a dirvi che l’ora del sacrificio era suonata, è per ricordare al mondo, nel nome del Padrone di tutte le cose, che l’uomo deve nutrire quaggiù preoccupazioni più alte che quella per le contingenze caduche di questa vita, e che la gioia suprema, l’inviolabile gioia dell’anima su questa terra, è il dovere soprannaturalmente compiuto a qualunque costo, e, per ciò stesso, Dio onorato, e amato malgrado tutto, – Confidando che la Vergine Immacolata, figlia del Padre, Madre del Verbo, sposa dello Spirito Santo, vi otterrà dalla santissima ed adorabile Trinità giorni migliori, come presagio della calma che seguirà la tempesta, ne abbiamo ferma speranza, Noi dal fondo dell’anima accordiamo la Nostra apostolica benedizione a voi, venerabili fratelli, come pure al vostro clero e a tuto intero il popolo francese.
Roma, presso San Pietro, il giorno dell’Epifania, 6 gennaio quarto del Nostro pontificato.
Dopo la lettera “Vehementer”, il Santo Padre S. Pio X, è costretto a rispondere con fermezza alle reazioni prevedibili dei settari anti-cattolici indovati nelle istituzioni ministeriali e parlamentari dello Stato francese « … i fabbricatori di questa legge ingiusta hanno voluto fare non una legge di separazione, ma di oppressione (della Chiesa Cattolica) ». Questo è il sistema delle logge che hanno scompaginato e tuttora distruggono, con i loro demoniaci emissari, “democratici e liberisti”, tutte le istituzioni un tempo cristiane a danno gravissimo di popoli, nazioni ed interi continenti, che a buona o a cattiva voglia devono abbandonare le loro abitudini ed i loro principi dottrinali dettati dalla legge di Dio e della Chiesa e, salvo grazie speciali, ad essere candidati alla certa dannazione eterna dell’anima. Tutti dormono, sonnecchiano e fanno come i “cani muti” di Isaia; c’è chi è e vuol rimanere ignorante, chi sa ma preferisce tenersi l’osso ed il piatto di lenticchie che il padrone gli concede ed infilare la testa sotto terra come gli struzzi: l’inganno è oramai generale e solo l’intervento divino potrà ripristinare una situazione “umanamente persa”, come diceva con satanico ghigno sul letto di morte un certo cavaliere Kadosh, un finto vescovo e cardinale francese, parlando della Chiesa Cattolica, nella quale aveva infilato un cavallo di Troia finto “tradizionalista” che aveva partorito delle fraternità non-sacerdotali chiaramente di stampo massonico, invalide e sacrileghe, asservite alle logge del colle romano, e ai suoi istituti finanziari. Non ci resta che pregare, meditare e conservare la fede divina e la carità teologale, senza la quale non c’è alcuna possibilità di salvezza. Intanto leggiamo questa breve lettera Enciclica.
Pio X
Gravissimo officii munere
Lettera
Enciclica
Al popolo francese, sulla situazione
della Chiesa di fronte alla legislazione laica promulgata dal Governo
Repubblicano.
Noi aderiamo oggi a un grave dovere
della Nostra carica, dovere assunto nei vostri riguardi allorché annunciammo,
dopo la promulgazione della legge di rottura fra la Repubblica Francese e la
Chiesa, che avremmo indicato a tempo opportuno ciò che a Noi sarebbe apparso
necessario di fare per difendere e conservare la Religione nella vostra patria.
– Noi abbiamo lasciato prolungare la vostra attesa non solamente a motivo
dell’importanza e della gravità della questione, ma soprattutto per la
benevolenza tutta particolare che Ci lega a voi e ai vostri interessi a motivo
degli indimenticabili servizi resi alla Chiesa dalla vostra Nazione. Dopo aver
condannato, come era Nostro dovere, questa legge iniqua, Noi abbiamo esaminato
colla massima cura se gli articoli di detta legge Ci lasciavano qualche mezzo
per organizzare la vita religiosa in Francia così da mettere al riparo da ogni
rischio i principî sacri sui quali riposa la Santa Chiesa. A questo scopo, Ci è
sembrato opportuno di sentire ugualmente il parere dei Vescovi riuniti e di
fissare, per la vostra assemblea generale, i punti che dovranno essere
l’oggetto principale delle vostre deliberazioni. Ed ora, conoscendo il vostro
parere e quello di parecchi Cardinali, dopo aver maturamente riflettuto e
pregato ardentemente il Padre delle luci, Noi riteniamo di dover completamente
confermare, colla Nostra autorità Apostolica, le deliberazioni quasi unanimi della
vostra assemblea. – Per ciò, relativamente alle associazioni culturali, quali
la legge impone, Noi decretiamo che esse non possono assolutamente essere
costituite senza violare i sacri diritti che tengono alla vita stessa della
Chiesa. – Mettendo adunque da parte queste associazioni che la coscienza del
Nostro dovere Ci vieta di approvare, potrebbe sembrare opportuno di esaminare
se sia lecito di esperimentare al loro posto qualche altro genere di
associazioni insieme legali e canoniche e preservare così i Cattolici di
Francia dalle gravi complicazioni che li minacciano. Di certo nulla Ci
preoccupa di più, nulla Ci provoca tanta angoscia, quanto questa eventualità; e
piacesse al Cielo di potere avere qualche debole speranza di fare questo
esperimento senza urtare i diritti di Dio e liberare i Nostri figli carissimi
dal timore di tante e così gravi prove. – Ma poiché questa speranza Ci manca,
la legge essendo quella che è, Noi dichiariamo che non è permesso di
esperimentare questo altro genere di associazione fino a quando non risulterà
in modo certo e legale che la Divina Costituzione della Chiesa, i diritti
immutabili del Pontefice Romano e dei Vescovi, così come la loro autorità sui
beni necessari alla Chiesa, particolarmente sugli edifici sacri, saranno irrevocabilmente
in piena sicurezza in dette associazioni; non possiamo permettere nulla di
diverso senza tradire la santità della Nostra carica e senza condurre alla
perdizione la Chiesa di Francia. Resta dunque a voi, Venerabili Fratelli, di
mettervi all’opera e di valervi di tutti i mezzi che la legge riconosce a tutti
i cittadini, per disporre e organizzare il culto religioso. Noi non faremo mai,
in cosa così importante e difficile, attendere il Nostro aiuto. Lontani col
corpo, Noi saremo con voi nel pensiero e col cuore e vi aiuteremo in ogni
occasione coi Nostri consigli e colla Nostra autorità. – Questo fardello che
Noi vi imponiamo sotto l’ispirazione del Nostro amore per la Chiesa e per la
vostra Patria, sopportatelo coraggiosamente ed affidatevi per il resto alla
preveggente bontà di Dio, il cui soccorso al momento opportuno, ne abbiamo la
ferma fiducia, non mancherà alla Francia. – Quelle che saranno le
recriminazioni dei nemici della Chiesa contro questo presente decreto e i
Nostri ordini, è facile prevedere. Si sforzeranno di persuadere il popolo che
Noi non abbiamo unicamente di mira la salvezza della Chiesa di Francia; che Noi
abbiamo avuto un altro scopo, estraneo alla Religione; che la forma della
Repubblica Francese Ci è odiosa; che noi aiutiamo gli sforzi dei partiti
avversi per rovesciarla; che rifiutiamo ai francesi ciò che la Santa Sede ha
accordato ad altri senza difficoltà. Queste recriminazioni ed altre simili che
saranno, come appare da certi indizi, diffuse nel pubblico per irritare gli
spiriti, Noi le denunciamo fin d’ora con tutta la Nostra indignazione, come
false, ed è vostro obbligo, Venerabili Fratelli, come è quello di tutti gli
uomini dabbene, di contestarle perché non ingannino le genti semplici e
ignoranti. – Per quanto riguarda l’accusa speciale contro la Chiesa, di essere
stata, in paese diverso dalla Francia, più accomodante, voi dovete spiegare che
la Chiesa ha agito così perché del tutto diversa era la situazione e perché
soprattutto le divine attribuzioni della Gerarchia erano in un certo modo
salvaguardate. Se uno Stato qualunque si è separato della Chiesa lasciandole
però la risorsa della libertà comune a tutti e la libera disponibilità dei suoi
beni, ha senza dubbio per più motivi agito ingiustamente; ma non si potrebbe
però dire che sia stata fatta alla Chiesa una situazione intollerabile. – Ora oggi in Francia la cosa è
tutt’altra; i fabbricatori di questa legge ingiusta hanno voluto fare non una
legge di separazione, ma di oppressione. Così essi affermavano il loro desiderio
di pace, promettevano l’intesa e fanno alla Religione del Paese una guerra
atroce, gettano la fiaccola della discordia più violenta, spingono i cittadini
gli uni contro gli altri, con grave danno, come ognuno vede, della cosa
pubblica stessa. – Certamente essi tenteranno di rigettare su di Noi la colpa
di questo conflitto e dei mali che ne saranno la conseguenza. Ma chiunque
esaminerà i fatti dei quali Noi abbiamo parlato nell’Enciclica “Vehementer“saprà riconoscere se Noi meritiamo il minimo rimprovero, Noi che dopo avere
sopportato pazientemente per amore verso la cara Nazione francese, ingiustizia
su ingiustizia, Ci troviamo al limite di dover superare perfino il Nostro
dovere Apostolico e dichiariamo che a questo punto non giungeremo; o se piuttosto
la colpa appartiene tutta intera a coloro che per odio del nome cattolico sono
giunti a tali estremità. Così dunque gli uomini Cattolici di Francia, se
vogliono veramente testimoniarCi la loro sottomissione e la loro devozione,
lottino per la Chiesa secondo gli avvertimenti che abbiamo già dati loro e cioè
con perseveranza e energia, ma senza agire in modo sedizioso e violento. Non è
colla violenza, ma colla fermezza, che essi riusciranno, trincerandosi nel loro
buon diritto come in una cittadella per stroncare l’ostinazione dei loro
nemici; ché essi comprendono, come abbiamo detto e ripetiamo, che i loro sforzi
saranno inutili se non saranno uniti in perfetto accordo per la difesa della Religione.
Essi hanno ora il Nostro verdetto su questa legge nefasta: essi debbono
conformarvisi di tutto cuore e, quali siano stati fino ad ora e durante la
discussione i pareri degli uni o degli altri, Noi scongiuriamo tutti affinché
nessuno si permetta di offendere chicchessia col pretesto che la sua opinione
era la migliore. Ciò che possono l’intesa delle volontà e l’unione delle forze,
lo apprendano dai loro avversari; e come essi hanno potuto imporre alla Nazione
la ferita di questa legge criminale, così i Nostri col loro accordo potranno
cancellarla e farla sparire. Se nella dura prova della Francia tutti quelli che
vogliono difendere con tutte le loro forze i supremi interessi della patria,
lavorano, come debbono, uniti fra loro coi loro Vescovi e con Noi per la causa
della Religione, lungi dal disperare della salute della Chiesa di Francia, vi è
a sperare al contrario che essa sarà fra breve risollevata alla sua dignità e
alla sua prosperità di prima. Noi non dubitiamo affatto che i Cattolici manchino
di darCi intera soddisfazione ubbidendo alle Nostre prescrizioni e ai Nostri
desideri; così Noi cercheremo ardentemente di ottenere per loro, con
l’intercessione di Maria, la Vergine Immacolata, il soccorso della Divina
Bontà. – Come pegno dei doni Celesti e in testimonianza della Nostra paterna
benevolenza, Noi accordiamo di gran cuore a voi, Venerabili Fratelli, e a tutta
la Nazione francese, la Benedizione Apostolica.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il 10 agosto, festa di San Lorenzo Martire, dell’anno 1906, IV del Nostro
Pontificato.
L’azione delle sette infernali, così lucidamente, ma vanamente illustrata e svergognata dai Sommi Pontefici Romani – Leone XIII, in prima fila – dà i suoi frutti infernali di corruzione e demolizione dei principi morali cristiani con diversi effetti nefasti ed abominevoli, che il Santo Padre Pio X denuncia chiaramente in questa nuova lettera. Eccone un passaggio chiave: « … Voi conoscete lo scopo delle empie sètte [massoniche – ndr. -] che curvano le vostre teste sotto il loro giogo, poiché tale scopo esse stesse l’han dichiarato con cinica audacia: decattolicizzare la Francia. Esse vogliono sradicare completamente dai vostri cuori la fede che ha coperti di gloria i vostri padri, che ha fatto grande e prospera la vostra Patria fra le altre Nazioni, che vi sostiene nella prova, che conserva la tranquillità e la pace del vostro focolare e che vi apre la strada verso l’eterna felicità…». Decattolicizzare, ecco la parolina demoniaca che gli adepti di satana hanno alimentato e diffuso con tutto i lori velenosi inganni, in Francia, nell’epoca di Papa Sarto, ma oggi praticamente in tutti gli Stati un tempo Cattolici, in tutta l’Europa e nelle Americhe, portando alla rovina eterna milioni di anime colpevolmente ignare e stupidamente compiacenti. Questa decattolicizzazione ormai è pressoché completa, anche perché la setta si è radicata profondamente nei palazzi del “sacro colle” romano e praticamente in ogni sede diocesana mondiale, favorendo una laicizzazione, cioè un paganesimo ateo-gnostico pratico ed un luciferismo spavaldo seminato attraverso mezzi di diffusione di massa, che spiritualmente si dimostrano veri e potenti “mezzi di distruzione” di masse incalcolabili di anime, ridotte ad una schiavitù bestiale dei sensi e alla mercé del potere élitario-finanziario mondiale, in mano totalmente alle sette, tentacoli spesso inconsapevoli gestiti dalla piovra infernale dei “nemici di Dio e di tutti gli uomini”, dalla “razza di vipere” che crede non dover mai pagare i crimini di cui si macchia, pensando anzi di avere un potere illimitato su tutta l’umanità. Poveri illusi, non sanno che un’eterna dannazione li attende a braccia aperte riservando loro un fuoco senza fine e la perdita di Dio, i mostri superbi che credono di essere scintille divine e di finire in un tutto universale, nel pleroma-ensof “gnostico-cabalistico”, magari riciclati in reincarnazioni purificatrici. Poverini, preghiamo affinché il Signore possa accendere in loro il lume della grazia per poterne salvare quanti più è possibile. Nell’attesa meditiamo questa accorata e “veemente” lettera enciclica:
San Pio X
Vehementer nos
Lettera
Enciclica
Protesta solenne contro la legislazione antireligiosa in Francia e conforto per il popolo Cattolico esortato a resistere con mezzi legali, onde conservare al Paese la sua tradizione cattolica.
Siamo pieni d’inquietitudine e d’angoscia quando soffermiamo il pensiero su di voi. E come potrebbe essere diversamente, dopo la promulgazione della legge che, spezzando violentemente i legami secolari, con i quali la vostra Nazione era unita alla Sede Apostolica, crea alla Chiesa cattolica in Francia una situazione indegna di lei e quanto mai lamentevole? È questo un avvenimento gravissimo; e tutte le anime buone devono deplorarlo perché è tanto funesto alla società civile, quanto alla religione; ma non deve aver sorpreso nessuno che abbia seguito con un po’ d’attenzione la politica religiosa della Francia in questi ultimi anni. Per voi, Venerabili Fratelli, non sarà stato né una novità, né una sorpresa, dal momento che siete stati testimoni delle ferite così terribili e numerose inflitte a volta a volta dall’autorità pubblica alla Religione. Avete visto violare la santità e l’inviolabilità del Matrimonio Cristiano con disposizioni legislative formalmente in contraddizione con esse; laicizzare le scuole e gli ospedali; strappare i chierici ai loro studi e alla disciplina ecclesiastica per costringerli al servizio militare; disperdere e spogliare le congregazioni religiose e ridurre la maggior parte dei loro membri all’estrema miseria. Poi sono sopravvenute altre misure legali che voi tutti conoscete: fu abrogata la legge che ordinava delle preghiere pubbliche al principio di ogni sessione parlamentare e giudiziaria; furono soppressi i tradizionali segni di lutto a bordo delle navi il Venerdì Santo; eliminato dal giuramento giudiziario ciò che gli dava il carattere religioso; bandito dai tribunali, dalle scuole, dall’armata, dalla marina, infine da tutte le istituzioni pubbliche, ogni atto o simbolo che potesse in qualche modo ricordare la Religione. Queste misure ed altre ancora che a poco a poco separavano di fatto la Chiesa dallo Stato non erano niente altro che dei gradini posti allo scopo di arrivare alla separazione completa ed ufficiale: persino coloro che le hanno promosse, non hanno esitato a riconoscere questo, apertamente e frequentemente. Per rimediare alla disgrazia così grande, la Sede Apostolica non ha risparmiato nulla. Mentre da un lato non si stancava di ammonire coloro che presiedevano gli affari francesi e li scongiurava a parecchie riprese di considerare a fondo l’immensità dei mali che infallibilmente avrebbe apportato la loro politica separatista, d’altra parte moltiplicava di fronte alla Francia le splendenti testimonianze del suo indulgente affetto. Aveva il diritto di sperare così, in grazia dei vincoli della riconoscenza, di poter trattenere quegli uomini politici che erano sull’orlo del precipizio e di condurli alla fine a rinunciare ai loro progetti. Ma attenzioni, sforzi, buoni uffici, tanto da parte del Nostro Predecessore che da parte Nostra, sono rimasti senza effetto. E la violenza dei nemici della religione ha finito per vincere a forza ciò a cui avevano aspirato per tanto tempo, contro i diritti di quella nazione cattolica e di tutto ciò che potevano desiderare gli spiriti che pensano saggiamente. Perciò, in quest’ora così grave per la Chiesa, nella coscienza della Nostra carica Apostolica abbiamo considerato come un dovere far udire la Nostra voce e aprire la Nostra anima a voi, Venerabili Fratelli, al vostro clero e al vostro popolo, a tutti voi che Noi abbiamo sempre circondato di una tenerezza particolare, ma che in questo momento, come è giusto, amiamo più teneramente che mai. È una tesi assolutamente falsa, un errore pericolosissimo, pensare che bisogna separare lo Stato dalla Chiesa. Questa opinione si basa infatti sul principio che lo Stato non deve riconoscere nessun culto religioso: ed è assolutamente ingiuriosa verso Dio, poiché il Creatore dell’uomo è anche il fondatore delle società umane e conserva nella vita tanto loro che noi, individui isolati. Perciò noi gli dobbiamo non soltanto un culto privato, ma anche un culto sociale e onori pubblici. – Inoltre questa tesi è un’ovvia negazione dell’ordine soprannaturale. Essa limita infatti l’azione dello Stato alla sola ricerca della prosperità pubblica in questa vita, cioè alla causa prossima delle società politiche; e non si occupa in nessun modo, come di cose estranee, della loro causa più profonda che è la beatitudine eterna, preparata per l’uomo alla fine di questa vita così breve. E pertanto, poiché l’ordine presente delle cose è subordinato alla conquista di quel bene supremo e assoluto, non soltanto il potere civile non dovrebbe ostacolare questa conquista, ma anzi dovrebbe aiutarci a compierla. – Questa tesi sconvolge pure l’ordine saggiamente stabilito da Dio nel mondo, ordine che esige un’armoniosa concordia tra le due società. Queste due società, la religiosa e la civile, hanno infatti i medesimi sudditi, sebbene ciascuna di esse eserciti su di loro la propria autorità nella sua sfera particolare. La conseguenza logica è che vi sono molte cose che dovranno conoscere sia l’una che l’altra, poiché sono di competenza di tutt’e due. Ora, se scompare l’accordo fra Stato e Chiesa, da queste materie comuni sorgeranno facilmente semi di discordia che diverranno molto acri da ambo le parti; la nozione della verità ne sarà turbata e le anime saranno inquiete. – Infine, questa tesi danneggia gravemente la stessa società civile, che non può essere né prospera né duratura quando non vi è posto per la religione, regolatrice suprema e sovrana maestra allorché si tratta dei diritti e dei doveri dell’uomo. – Così i Pontefici Romani non hanno tralasciato, secondo i tempi e le circostanze, di rifiutare, di condannare la dottrina di separazione della Chiesa e dello Stato. E notorio che il Nostro illustre Predecessore Leone XIII ha ripetutamente e chiaramente esposto quelli che dovrebbero essere, secondo la dottrina cattolica, i rapporti fra le due società. Fra esse, ha detto, “bisogna per forza che intercorra una saggia unione, unione che si può giustamente paragonare a quella che riunisce nell’uomo l’anima e il corpo“.Egli aggiunse ancora: “Le società umane non possono senza delitto comportarsi come se Dio non esistesse, o rifiutare di preoccuparsi della religione come se questa fosse cosa per loro estranea o inutile… Quanto alla Chiesa, fondata da Dio stesso, escluderla dalla vita attiva della Nazione, dalle leggi, dall’educazione dei giovani, dalla società domestica, significa commettere un gronde e pericoloso errore“. Se poi un qualsiasi Stato cristiano che si separi dalla Chiesa commette un’azione essenzialmente funesta e biasimevole, quanto si deve deplorare che la Francia si sia messa per questa strada, quando avrebbe dovuto entrarvi meno ancora di tutte le altre nazioni! La Francia, che nel corso dei secoli è stata l’oggetto di una così grande e singolare predilezione da parte di questa Sede Apostolica; la Francia della quale la fortuna e la gloria sono sempre state intimamente unite all’osservanza dei costumi cristiani e al rispetto della religione! Il medesimo Pontefice Leone XIII aveva dunque molta ragione di dire: “La Francia non saprebbe dimenticare che il suo provvidenziale destino l’ha unita alla Santa Sede con legami troppo stretti e troppo antichi perché essa voglia mai spezzarli. Da questa unione infatti sono uscite le sue vere grandezze e la sua gloria più pura… Turbare questa unione tradizionale significherebbe togliere alla Nazione stessa una porte della sua forza morale e della sua alto influenza nel mondo“.I legami che consacravano questa unione dovevano essere tanto più inviolabili in quanto così esigeva la fede giurata dei trattati. Il Concordato stretto tra il Sovrano Pontefice e il governo francese, come del resto tutti i trattati dello stesso genere che gli Stati concludono fra loro, era un contratto bilaterale che obbligava ambe le parti. – Il Pontefice Romano da una parte, il capo della Nazione francese dall’altra si impegnarono dunque solennemente, tanto per loro stessi che per i loro successori, a mantenere inviolabilmente il patto che firmavano. Ne risultava che il Concordato regolava tutti i trattati internazionali, cioè i diritti delle genti, e non poteva in nessun modo essere annullato con l’azione di una sola delle parti Contraenti. La Santa Sede ha sempre osservato con fedeltà scrupolosa gli impegni che aveva sottoscritti, e in ogni tempo ha reclamato che lo Stato desse prova della stessa fedeltà. Nessuno che giudichi imparzialmente può negare questa verità. Ora, oggi lo Stato annulla con la sua sola autorità il patto solenne che aveva concluso, e trasgredisce così alla fede giurata. E, non indietreggiando davanti a nulla per rompere con la Chiesa e liberarsi dalla sua amicizia, non esita a infliggere alla Sede Apostolica l’oltraggio che deriva da tale violazione del diritto delle genti, più di quel che esiti a turbare l’ordine sociale e politico, poiché, per la sicurezza reciproca dei loro mutui rapporti, niente interessa le nazioni quanto una fedeltà inviolabile nel sacro rispetto dei trattati. – La grande ingiuria inflitta alla Sede Apostolica con l’abrogazione del Concordato, aumenta ancora, e in modo eccezionale, se si considera la forma con la quale lo Stato ha operata l’abrogazione. È un principio ammesso senza discussioni nel diritto delle genti e osservato da tutte le nazioni, che la rottura di un trattato debba essere preventivamente e regolarmente notificata, in maniera chiara ed esplicita, all’altra parte contraente da quella che ha intenzione di denunciare il trattato. Ora, non solo nessuna denuncia di questo genere è stata fatta alla Santa Sede, ma neppure le è stata data alcuna indicazione in proposito. Di modo che il governo francese ha mancato di fronte alla Sede Apostolica dei riguardi ordinari e della cortesia che si usa anche agli Stati più piccoli. – E i suoi mandatari, che pure rappresentavano una Nazione cattolica, non hanno paura di disprezzare la dignità e il potere del Pontefice, Capo Supremo della Chiesa, quando avrebbero dovuto avere per quest’autorità un rispetto superiore a quello che ispirano tutte le altre Potenze politiche, e tanto più grande in quanto da un lato questa Potenza ha a che fare col bene eterno delle anime, e dall’altro si estende senza limiti ovunque. – Se esaminiamo in se stessa la legge che è stata promulgata, vi troviamo un’altra ragione di lamentarCi ancora più energicamente. Poiché lo Stato si separava dalla Chiesa spezzando i legami del Concordato, avrebbe dovuto, come logica conseguenza, lasciarle la sua indipendenza e permetterle di godersi in parte il diritto comune, nella libertà che lo Stato pretendeva di averle concesso. In realtà, niente di tutto questo è avvenuto: riscontriamo infatti nella legge parecchie eccezionali misure restrittive che mettono odiosamente la Chiesa sotto il dominio del potere civile. – Quanto a Noi, abbiamo provato grande amarezza nel vedere lo Stato invadere così delle materie che sono di competenza esclusiva del potere ecclesiastico; e ne piangiamo tanto più dolorosamente in quanto, dimentico dell’equità e della giustizia, ha creato in questo modo alla Chiesa di Francia una situazione crudelmente deprimente e opprimente per quel che riguarda i suoi sacri diritti. – Le disposizioni della nuova legge sono infatti contrarie alla Costituzione secondo la quale la Chiesa è stata fondata da Gesù Cristo. La Sacra Scrittura ci insegna, e la tradizione dei Padri ci conferma, che la Chiesa è il Corpo mistico di Gesù Cristo, Corpo retto da Pastori e da Dottori; cioè una società di uomini in seno alla quale si trovano dei capi che hanno pieni e perfetti poteri per governare, per insegnare e per giudicare (Matt. XXVIII, 18-20; XVI, 18-19; XVIII, 18; Tit. II, 15; II Cor. X, 6; XIII, 10). Ne risulta che la Chiesa è per sua natura una società ineguale, cioè una società formata da due categorie di persone: i Pastori e il Gregge, coloro che occupano un grado fra quelli della gerarchia, e la folla dei fedeli. E queste categorie sono così nettamente distinte fra loro, che solo nel corpo pastorale risiedono il diritto e l’autorità necessari per promuovere e indirizzare tutti i membri verso le finalità sociali; e che la moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi Pastori. – San Cipriano Martire 3 esprime ammirevolmente questa verità, scrivendo: “Nostro Signore, i cui precetti dobbiamo riverire e osservare, regolando la dignità vescovile e la disciplina della sua Chiesa, disse nel Vangelo, rivolgendosi a Pietro: – Io dico a te, perché tu sei Pietro… – ecc. Così attraverso le vicende dei secoli e degli avvenimenti, l’ordinamento del Vescovado e la Costituzione della Chiesa si svolgono in modo tale che la Chiesa riposa sui Vescovi, i quali governano tutta la sua attività“. – San Cipriano sostiene che tutto ciò si fonda su una legge divina. Contrariamente a questi principi, la legge di separazione attribuisce la tutela e l’amministrazione del culto pubblico, non al corpo gerarchico divinamente istituito da Nostro Signore, ma ad un’associazione di laici. A questa associazione poi impone una forma, una personalità giuridica e per tutto quel che riguarda il culto religioso la considera come la sola che abbia dei diritti civili e delle responsabilità. Così, a questa associazione spetterà l’uso dei templi e degli edifici sacri e il possesso di tutti i beni ecclesiastici mobiliari e immobiliari; disporrà, per quanto in modo solo temporale, dei vescovati, dei presbiteri e dei seminari; amministrerà i beni, regolerà le questue e riceverà le elemosine e i legati destinati al culto religioso. Quanto al corpo gerarchico dei Pastori, se ne tace assolutamente. E se la legge prescrive che tali associazioni debbono essere costituite conformemente alle regole di organizzazione generale del culto del quale si propongono di assicurare l’esercizio, d’altra parte si ha paura di dichiarare che in tutte le contestazioni che potranno sorgere relative ai loro beni, solo il Consiglio di Stato sarà competente. Queste stesse associazioni saranno dunque, rispetto all’autorità civile, in una situazione di subordinazione; l’autorità ecclesiastica, è evidente, non avrà più su di loro alcun potere. Tutti si rendono conto alla prima occhiata di quanto tutte queste disposizioni siano offensive per la Chiesa e contrarie ai suoi diritti e alla sua costituzione divina. Senza contare che la legge non è formulata su questo punto in termini netti e precisi, si esprime in un modo vago e che può essere inteso arbitrariamente; e quindi si può temere di veder sorgere, dalla sua stessa interpretazione, le sciagure più grandi. – Inoltre questa legge è più che mai contraria alla libertà della Chiesa. Infatti, poiché, date le Associazioni di Culto, la legge di separazione impedisce ai Pastori di esercitare la piena autorità della loro carica sul popolo dei fedeli; poiché attribuisce al Consiglio di Stato la giurisdizione suprema su queste associazioni e le sottomette a tutta una serie di prescrizioni fuori del diritto comune, che rendono difficile la loro formazione e più difficile ancora la loro durata; poiché, dopo aver proclamata la libertà di culto, ne restringe l’esercizio con una quantità di eccezioni; poiché spoglia la Chiesa dell’amministrazione dei templi per investirne lo Stato; poiché impedisce la predicazione della fede e della morale cattolica e indice contro i chierici un regime penale severo e eccezionale; poiché sanziona tali disposizioni e molte altre simili, estremamente arbitrarie; che cosa fa, se non mettere la Chiesa in una soggezione umiliante e, sotto il pretesto di tutelare l’ordine pubblico, togliere a dei pacifici cittadini, che formano tuttora la grande maggioranza in Francia, il sacro diritto di praticare la loro religione? Lo Stato così offende la Chiesa, non soltanto restringendo l’esercizio del culto (al quale la legge di separazione riduce falsamente tutta l’essenziale natura della religione), ma anche ostacolando la sua influenza sempre così benefica sul popolo, e paralizzandone in mille modi l’attività. Per esempio, fra l’altro, non gli è bastato strappare alla Chiesa gli Ordini religiosi (i suoi preziosi collaboratori nel sacro ministero, nell’insegnamento, nell’educazione, nelle opere di carità cristiana), ma la priva anche delle risorse, dei mezzi umanamente necessarî alla sua esistenza e al compimento della sua missione. Oltre ai danni e alle ingiurie che abbiamo fin qui posti in rilievo, la legge di separazione compie ancora la violazione del diritto di proprietà della Chiesa e lo calpesta. Contrariamente a tutto ciò ch’è giusto, spoglia la Chiesa di gran parte di quel patrimonio che pure le appartiene a molti e sacri titoli; sopprime e annulla tutte le pie fondazioni legalmente consacrate al culto divino o alle preghiere per i morti. Quanto ai fondi che la generosità cattolica aveva istituiti per il mantenimento delle scuole cristiane e per il funzionamento di varie opere di beneficenza e di culto, li trasferisce a delle istituzioni laiche, nelle quali invano si cercherebbe la minima traccia di religione. In questo essa non commette violazione solo dei diritti della Chiesa, ma anche della volontà formale ed esplicita dei donatori e dei testatori. Inoltre è per Noi molto doloroso che, disprezzando tutti i diritti, la legge dichiari proprietà dello Stato, dei dipartimenti o dei comuni, tutti gli edifici ecclesiastici anteriori al Concordato. E se la legge ne concede l’uso indefinito e gratuito alle Associazioni di Culto, pone a tale concessione tante e tali riserve, che in realtà lascia al potere pubblico la libertà di disporne. – Abbiamo inoltre molte apprensioni per quel che riguarda la santità di quei templi, augusti asili della Maestà Divina, luoghi mille volte cari alla devozione del popolo francese, grazie ai loro ricordi. Poiché essi sono certamente in pericolo di essere profanati, se cadono in mani laiche. – La legge, sopprimendo la spesa del culto, esonera logicamente lo Stato dall’obbligo di provvedervi; e nello stesso tempo viola un impegno contratto in una convenzione diplomatica e offende gravemente la giustizia. Su questo punto non è possibile nessun dubbio, e i documenti storici stessi offrono la più limpida delle testimonianze: se il governo francese ha assunto nel Concordato l’incarico di assicurare ai membri del clero un trattamento che permettesse loro di provvedere convenientemente al loro mantenimento e a quello del culto religioso, non ha fatto certo tutto questo a titolo di gratuita concessione: vi si obbligò per risarcire almeno in parte i beni della Chiesa, dei quali lo Stato si era appropriato durante la prima Rivoluzione. D’altra parte, quando in quello stesso Concordato, per amor di pace, il Pontefice Romano s’impegnò, in nome Suo e dei Suoi successori, a non molestare i detentori dei beni che erano stati sottratti alla Chiesa, è certo che fece questa promessa solo alla condizione che il governo francese si impegnasse per sempre a dotare il clero in modo conveniente e a provvedere alle spese del culto divino. Infine (e come potremmo tacere su questo punto?), al di fuori dei danni che porta agli interessi della Chiesa, la nuova legge sarà anche molto funesta al vostro Paese. Non c’è da dubitare infatti ch’essa rovina dolorosamente l’unione e la concordia delle anime senza la quale unione e concordia nessuna nazione può vivere e prosperare. Ecco perché, soprattutto nella situazione presente dell’Europa, quest’armonia perfetta è l’oggetto dei desideri più ardenti di tutti i francesi che amano veramente il loro Paese e hanno a cuore la salvezza della patria. Quanto a Noi, seguendo l’esempio del Nostro Predecessore ed ereditando il suo particolare affetto per la vostra nazione, Ci siamo naturalmente sforzati in tutti i modi per mantenere alla religione dei vostri avi l’integrale possesso di tutti i suoi diritti fra voi: ma nello stesso tempo abbiamo sempre lavorato per rafforzarvi tutti nell’unione, mirando a quella pace fraterna della quale il vincolo più stretto è certamente la religione. Così con la più viva angoscia abbiamo visto il governo francese compiere un atto che, suscitando sul terreno religioso passioni già funestamente eccitate, sembra destinato a sconvolgere tutto il vostro Paese. – Perciò, ricordandoCi del Nostro ufficio Apostolico, e coscienti dell’imperioso dovere che Ci comanda di difendere contro ogni attacco e di mantenere nella loro integrità assoluta i diritti inviolabili e sacri della Chiesa, in virtù dell’autorità assoluta che Iddio Ci ha conferito, Noi, per i motivi sopra esposti, riproviamo e condanniamo la legge votata in Francia sulla separazione della Chiesa e dello Stato, come profondamente ingiuriosa rispetto a Dio che essa rinnega ufficialmente ponendo il principio che la Repubblica non riconosce nessun culto. La riproviamo e la condanniamo come votata in violazione del diritto naturale, del diritto delle genti e della fede pubblica dovuta ai trattati; come contraria alla costituzione divina della Chiesa, ai suoi diritti essenziali e alla sua libertà; come rovesciante la giustizia e calpestante i diritti di proprietà della Chiesa, acquistati per molti titoli e per di più in virtù del Concordato. La riproviamo e la condanniamo come gravemente offensiva per la dignità di questa Sede Apostolica, per la Nostra persona, per il Vescovato, per il clero e per tutti i Cattolici francesi. Di conseguenza, Noi protestiamo solennemente e con tutte le Nostre forze contro la proposta, l’approvazione e la promulgazione di quella legge, dichiarando che non potrà mai essere allegata per far crollare i diritti imprescrittibili e immutabili della Chiesa. – Noi dobbiamo rivolgere e fare intendere queste gravi parole a voi, Venerabili Fratelli, al popolo francese e a tutto il mondo cristiano, per denunciare quanto è accaduto. Come abbiamo già detto, profonda è la Nostra tristezza, se misuriamo con lo sguardo i mali che questa legge sta per scatenare su un popolo cosi teneramente amato da Noi. E ancora più profondamente Ci turba il pensiero delle pene, delle sofferenze, delle tribolazioni di ogni genere che incalzano anche voi, Venerabili Fratelli, e tutto il vostro clero. Ma per evitare, in mezzo a tante inquietudini, eccessi di tristezza e momenti di scoraggiamento, abbiamo il ricordo della Provvidenza Divina, sempre misericordiosa, e la speranza mille volte realizzata che Gesù non abbandonerà la Sua Chiesa, che non la priverà mai del Suo forte appoggio. Così, Noi non abbiamo alcun timore per la Chiesa. La sua forza, come la sua immutabile stabilità, è divina: l’esperienza dei secoli lo attesta gloriosamente. Tutti conoscono infatti le innumerevoli sciagure, una più tremenda dell’altra, che si sono riversate su di lei in tutta la sua lunga storia: e là dove ogni istituzione puramente umana avrebbe dovuto soccombere, la Chiesa ha sempre acquistato nelle prove una forza più vigorosa e una più feconda opulenza. – Quanto alle leggi dirette a perseguitarla, la storia insegna, e la Francia stessa in tempi abbastanza recenti ha attestato che tali leggi, nate dall’odio, finiscono sempre per essere saggiamente abrogate, quando diviene palese il danno che ne deriva agli Stati. Piaccia a Dio che coloro che in questo momento sono al potere in Francia, seguano presto a tale riguardo l’esempio di coloro che in questo li precedettero! Piaccia a Dio che, applauditi da tutti i buoni, essi non tardino a rendere alla religione, sorgente di civiltà e di prosperità per i popoli, gli onori che le sono dovuti e la libertà. – In attesa, e per tutto il tempo della persecuzione, i figli della Chiesa “rivestiti con armi di luce” (Rom. XIII, 12),dovranno agire con tutte le loro forze per la verità e la giustizia; è il loro dovere sempre, e oggi più che mai. – In queste sante lotte, o Venerabili Fratelli, voi che dovete essere i maestri e i duci di tutti gli altri, apporterete tutto l’ardore di quello zelo vigile e infaticabile del quale in ogni tempo i Vescovi francesi hanno fornito a loro lode prove così ben conosciute da tutti. Ma soprattutto Noi vogliamo (poiché è cosa di suprema importanza) che in tutto ciò che intraprenderete per la difesa della Chiesa, vi sforziate di realizzare una perfetta unione di cuore e di volontà. – Siamo fermamente decisi a darvi a tempo opportuno delle istruzioni pratiche, perché vi servano di regola di condotta sicura, in mezzo alle grandi difficoltà del momento attuale; e siamo sicuri fin da ora che ad esse vi conformerete fedelmente. Proseguite ciononostante la vostra opera salutare; ravvivate il più possibile la pietà tra i fedeli; promuovete e divulgate sempre di più l’insegnamento della dottrina Cristiana; preservate tutte le anime Che vi so no affidate dagli errori e dalle seduzioni che oggi s’incontrano dappertutto: istruite, prevenite, incoraggiate, consolate il vostro gregge, adempite infine, rispetto a questo, tutti i doveri che vi impone la vostra carica pastorale. In quest’opera, il vostro clero vi sarà certamente collaboratore infaticabile; è ricco di uomini notevoli per devozione, scienza, attaccamento alla Sede Apostolica, e sappiamo che è sempre pronto a dedicarsi completamente, sotto la vostra guida, al trionfo della Chiesa e alla salvezza eterna del prossimo. – Inoltre i membri del vostro clero comprenderanno di certo che in questa bufera debbono essere animati dagli stessi sentimenti che furono un tempo nel cuore degli Apostoli; saranno felici di essere stati ritenuti degni di soffrire persecuzioni per il nome di Gesù (Act. V, 41).Rivendicheranno dunque valorosamente i diritti e la libertà della Chiesa, ma senza offendere alcuno. Inoltre, badando a conservare la carità, come è dovere soprattutto dei ministri di Gesù Cristo risponderanno all’iniquità con la giustizia, agli oltraggi con la dolcezza e ai maltrattamenti con le buone azioni. – E ora Ci rivolgiamo a voi, Cattolici di Francia; che la Nostra parola giunga a voi tutti come testimonianza della tenera benevolenza con la quale Noi continuiamo ad amare il vostro Paese, e come un conforto in mezzo alle terribili sciagure che dovrete subire. Voi conoscete lo scopo delle empie sètte che curvano le vostre teste sotto il loro giogo, poiché tale scopo esse stesse l’han dichiarato con cinica audacia: decattolicizzare la Francia. Esse vogliono sradicare completamente dai vostri cuori la fede che ha coperti di gloria i vostri padri, che ha fatto grande e prospera la vostra patria fra le altre nazioni, che vi sostiene nella prova, che conserva la tranquillità e la pace del vostro focolare e che vi apre la strada verso l’eterna felicità. Con tutta la vostra anima, voi lo capite, dovete difendere questa fede: ma siate persuasi che ogni fatica, ogni sforzo sarà vano se voi tenterete di respingere gli assalti senza essere fortemente uniti. Abolite dunque tutti i germi di discordia, se fra voi ve ne sono. E fate in modo, che, sia nel pensiero come nell’azione, la vostra unione sia cosi salda, quale dev’essere fra uomini che combattono per la medesima causa, soprattutto se questa causa è di quelle per il trionfo delle quali ciascuno deve sacrificare volentieri una parte delle proprie opinioni. Se volete, nel limite delle vostre forze, e come è vostro imperioso dovere, salvare la religione dei vostri padri dai pericoli che corre, bisogna assolutamente che spieghiate grande valore e generosità. Noi siamo sicuri che voi avete tale generosità; e mostrandovi generosi verso i ministri di Dio, indurrete Dio a mostrarsi sempre più generoso verso di voi. – Quanto alla difesa della Religione, se volete intraprenderla in modo degno di lei e proseguirla bene e utilmente, due cose soprattutto importano dovete prima di tutto conformarvi così fedelmente ai precetti della legge cristiana che le vostre azioni e tutta la vostra vita onorino la fede che professate; inoltre dovete restare strettamente uniti a coloro che hanno il dovere di vegliare quaggiù sulla religione, ai vostri sacerdoti, ai Vescovi e soprattutto alla Sede Apostolica, che è il centro della fede cattolica e di tutto ciò che si può fare in nome di questa. Così armati per la lotta, marciate senza timore alla difesa della Chiesa; ma abbiate cura che la vostra fiducia sia tutta in Dio, in quel Dio del quale andrete a sostenere la causa, e pregatelo senza stancarvi perché vi aiuti – Quanto a Noi, saremo uniti a voi col cuore e con l’animo per tutto il tempo in cui dovrete lottare contro il pericolo; divideremo con voi tutto: fatiche, pene, sofferenze; e mentre rivolgeremo a Dio, fondatore e protettore della Chiesa, le più umili e insistenti preghiere, lo supplicheremo di chinare sulla Francia uno sguardo misericordioso, di strapparla alla burrasca scatenata attorno a lei, e di renderla presto, per intercessione di Maria Immacolata, alla pace e alla tranquillità. Come augurio di queste grazie Celesti e per testimoniarvi il Nostro particolare affetto, con tutto il cuore impartiamo l’Apostolica Benedizione a voi, Venerabili Fratelli, al vostro clero e a tutto il popolo francese.
Roma, presso San Pietro, l’11
febbraio 1906, anno III del Nostro Pontificato.
Cosa poteva ancora fare il Santo Padre Leone XIII, dopo tante lettere encicliche, per mettere in guardia tutti i Cattolici e gli italiani di buona volontà, contro le attività indegne ed eversive della empia setta, emanazione satanica, organizzata nel combattere Dio, il suo Cristo e la sua Chiesa? Ciò nonostante la setta infernale, è andata avanti nel tempo, conquistando tutti i posti chiave di comando dello Stato italiano, della finanza pubblica, dei mezzi di comunicazione di massa, dei centri nevralgici della società tutta e finalmente usurpando le diocesi e la stessa Sede apostolica. Certo tutto è avvenuto con permesso divino perché fossero vagliati i cuori di tutti gli uomini, i Cristiani veri, i Cristiani di comodo, i finti Cristiani, i nemici del Cristo e della Chiesa, sì da potere operare nel giorno del Giudizio con facilità la divisione tra i capri alla sinistra di Cristo, e gli agnelli alla sua destra. L’avvertimento terrificante per chi crede è: …. « Coloro pertanto che per somma disgrazia han dato il nome ad alcuna di queste società di perdizione, sappiano che sono strettamente tenuti a separarsene, se non vogliono restar divisi dalla comunione cristiana, e perdere l’anima loro nel tempo e nell’eternità ». Quindi altro che filantropia, progressismo, libertà di pensiero, carrierismo, scempiaggini e turpitudini varie, qui c’è la sorgente della morte, zampilla il veleno pestifero dell’estinzione eterna dell’anima, l’impenitenza finale, la dtrada della voragine dello stagno di fuoco preparato per il demonio ed i suoi servi. Poi un invito, ancor più valido ed esteso oggi a tutte le forze politiche e alle istituzioni pubbliche italiane, e pure alla finta chiesa, la “sinagoga di satana” che si è sostituita alla Sposa immacolata di Cristo, apparentemente spacciandosi come Chiesa moderna e progressista, in realtà professando modernismo e gnosticismo, ecumenismo ed indifferentismo religioso, cioè gli stessi principi, diversamente mascherati, della massoneria con la quale in effetti cammina a braccetto in piena sintonia. « … Siate dunque italiani e Cattolici, liberi e non settari, fedeli alla Patria e insieme a Cristo ed al Vicario suo [quello vero naturalmente, non il … clown massonico – ndr.-], persuasi che un’Italia anticristiana e antipapale sarebbe opposta all’ordinamento divino, e quindi condannata a perire … », condanna che si sta realizzando pienamente e si manifesterà con danni irreparabili per la Nazione. Se nessuno ha ascoltato le parole del Papa allora, certamente queste non saranno ascoltate oggi, a meno di un miracolo eclatante. Ma il Sommo Pontefice ci incita ad affrontare il nemico a viso aperto e senza timori « … Il numero, la baldanza, la forza dei nemici non vi atterriscano; ché Dio è più forte di loro, e se Dio è con voi, che potranno essi contro di Voi? » Sveglia Cristiani! … tiriamo fuori i Rosari, i libri della vera preghiera Cattolica, i manuali della dottrina Cattolica di sempre, torniamo con cuore sincero a Dio, e la setta infernale sarà spazzata via in un attimo, come ci assicura il Re-Profeta nel salmo LXXX … pro nihilo forsitan inimicos eorum humiliassem, et super tribulantes eos misissem manum meam. E poi, non dimentichiamo mai che: …
Ipsa conteret caput tuum!
Leone XIII
Inimica vis
Lettera
Enciclica
1. Custodi di
quella fede a cui le nazioni cristiane van debitrici del loro morale e civile
riscatto, Noi mancheremmo ad uno dei Nostri supremi doveri, se non levassimo
spesso e ben alto la voce contro l’empia guerra, onde si tenta, diletti figli,
rapirvi sì prezioso tesoro. Di questa guerra, ammaestrati ormai da lunga e
dolorosa esperienza, voi ben conoscete le terribili prove, e nel vostro cuore
di Cattolici e di italiani altamente la deplorate. E veramente si può essere
italiani di nome e di affetto, e non risentirsi delle offese che si fanno
tuttodì a quelle divine credenze, che sono la più bella delle nostre glorie,
che dettero all’Italia il primato sulle altre nazioni ed a Roma lo scettro
spirituale del mondo: che sulle rovine del paganesimo e delle barbarie fecero
sorgere il mirabile edificio della cristiana civiltà? Si può essere di mente e
di cuore cattolici e mirare con occhio asciutto in quella terra medesima nel
cui grembo l’adorabile nostro Redentore si degnò stabilire la sede del suo
regno, impugnate le sue dottrine, oltraggiato il suo culto, combattuta la sua
chiesa, osteggiato il suo Vicario, perdute tante anime redente col suo Sangue,
la porzione più eletta del suo gregge, un popolo stato per ben diciannove
secoli a lui sempre fedele, esposto ad un continuo e presentissimo pericolo di
apostatar dalla fede, e sospinto in una via di errori e di vizi, di materiali
miserie e di morale abiezione? Diretta ad un tempo contro la patria celeste e
la terrena, contro la religione dei nostri padri e la civiltà trasmessaci con
tanto splendore di scienze, lettere ed arti da loro, la guerra di cui parliamo,
voi la capite, diletti figli, è doppiamente scellerata, e rea non meno di
umanità offesa che di offesa divinità. Ma d’onde essa muove principalmente se non
da quella setta massonica, della quale discorremmo a lungo nell’Enciclica Humanum
genus del 20 aprile 1884 e nella più recente del 15 ottobre 1890
indirizzata ai Vescovi, al Clero e al popolo d’Italia? Con queste due Lettere
strappammo dal viso della massoneria la maschera onde si velava agli occhi dei
popoli, e la mostrammo nella cruda sua deformità, nella sua tenebrosa e
funestissima azione.
2. Ci
restringiamo questa volta a considerarne i deplorevoli effetti rispetto
all’Italia. Insinuatasi infatti già da gran tempo sotto le speciose sembianze
di società filantropica e redentrice dei popoli, nel nostro bel Paese, e per
via di congiure, corruttele e di violenze giunta finalmente a dominare l’Italia
e questa medesima Roma, a quanti disordini, a quante sciagure non ha essa in
poco più di sei lustri spalancata la via? Mali grandi in sì breve giro di tempo
ha veduto e patito la patria nostra. La Religione dei nostri padri è stata
fatta segno a persecuzioni di ogni sorta, col satanico intento di sostituire al
Cristianesimo il naturalismo, al culto della fede il culto della ragione, la
morale così detta indipendente alla morale cattolica, al progresso dello
spirito quello della materia. Alle sante massime e leggi del Vangelo si è osato
contrapporre leggi e massime che possono chiamarsi il codice della rivoluzione,
e un insegnamento ateo ed un verismo abbietto alla scuola, alla scienza, alle
arti cristiane. Invaso il tempio del Signore, si è dissipata con la confisca
dei beni ecclesiastici la massima parte del patrimonio necessario ai santi
ministeri, assottigliato con la leva dei chierici oltre i limiti dell’estremo
bisogno il numero dei sacri ministri. Se l’amministrazione dei Sacramenti non
fu potuta impedire, si cerca però in tutti i modi d’introdurre e promuovere
matrimoni, e funerali civili. Se ancora non si riuscì a strappare affatto dalle
mani della Chiesa l’educazione della gioventù ed il governo degli istituti di
carità, si mira sempre con sforzi perseveranti a tutto laicizzare, che val
quanto dire a cancellare da tutto l’impronta cristiana. Se della stampa
cattolica non si è potuto soffocare la voce, si fece di tutto per screditarla
ed avvilirla.
3. E pur di
osteggiare la Religione Cattolica, quali parzialità e contraddizioni! Si
chiusero monasteri e conventi; e si lasciano moltiplicare a lor grado logge
massoniche e covi settari. Si proclamò il diritto di associazione: e la
personalità giuridica, di cui associazioni di ogni colore usano ed abusano, è
negata ai religiosi sodalizi. Si bandì la libertà dei culti e intanto odiose
intolleranze e vessazioni si riserbano proprio a quella che è la religione
degli italiani, ed a cui perciò dovrebbe assicurarsi rispetto e patrocinio
sociale. A tutela della dignità e indipendenza del Papa si fecero proteste e
promesse grandi; e voi vedete a quali vilipendi venga quotidianamente fatta
segno la Nostra persona. Qualsiasi specie di pubbliche manifestazioni trova
libero il campo; solamente or l’una or l’altra delle dimostrazioni cattoliche o
è vietata o disturbata. S’incoraggiano nel seno della Chiesa scismi, apostasie,
ribellioni ai legittimi superiori; i voti religiosi e segnatamente la religiosa
ubbidienza si riprovano come cose contrarie alla libertà e dignità umana: e
intanto vivono impunite empie congreghe, che legano con giuramenti nefandi i
loro adepti, ed esigono anche nel delitto ubbidienza cieca ed assoluta. Senza
esagerare la potenza massonica attribuendo all’azione diretta e immediata di
lei tutti i mali che nell’ordine religioso presentemente ci travagliano, nei fatti
che abbiam ricordato e in molti altri che potremmo ricordare, si sente il suo
spirito; quello spirito che, nemico implacabile di Cristo e della Chiesa, tenta
tutte le vie, usa tutte le arti, si prevale di tutti i mezzi per rapire alla
Chiesa la sua figlia primogenita, a Cristo la nazione prediletta, sede del suo
Vicario in terra e centro della cattolica unità. L’influenza malefica ed
efficacissima di questo spirito sulle cose nostre non occorre oggi
congetturarla da pochi e fuggevoli indizi, né argomentarla dalla serie dei
fatti che da trenta anni si succedono. Inorgoglita dai successi, la setta
stessa ha parlato alto e ci ha detto ciò che fece in passato, ciò che si
propone di fare in avvenire. Le pubbliche potestà, consapevoli o no, essa le
riguarda in sostanza come propri strumenti: il che vuol dire che della
persecuzione religiosa che ha tribolato e tribola l’Italia nostra, l’empia
setta mena vanto come di opera principalmente sua, di opera eseguita spesso con
altre mani, ma per modo immediato o mediato, diretto o indiretto, di lusinga o
di minaccia, di seduzione o di rivoluzione, ispirata, promossa, incoraggiata,
aiutata da lei.
4. Dalle rovine
religiose alle sociali brevissima è la via. Non più sollevato alle speranze e
agli amori celesti il cuore dell’uomo, capace e bisognoso dell’infinito,
gittasi con ardore insaziabile sui beni della terra: ed ecco necessariamente,
inevitabilmente una lotta perpetua di passioni avide di godere, di arricchire,
di salire e quindi una larga ed inesausta sorgente di rancori, di scissure, di
corruttele, di delitti. Nella nostra Italia morali e sociali disordini non
mancavano certo anche prima delle presenti vicende; ma che doloroso spettacolo
non ci porge essa i nostri dì. Nelle famiglie è assai menomato quell’amoroso rispetto
che forma le domestiche armonie; l’autorità paterna è troppo sovente
sconosciuta e dai figli e dai genitori; i dissidi sono frequenti, i divorzi non
rari. Nelle città crescono ogni dì le discordie civili, le ire astiose tra i
vari ordini della cittadinanza, lo sfrenamento delle generazioni novelle che
cresciute all’aura di malintesa libertà non rispettano più nulla né in alto né
in basso, gl’incitamenti al vizio, i delitti precoci, i pubblici scandali. Lo
Stato invece di star pago all’alto e nobilissimo ufficio di riconoscere,
tutelare, aiutare nella loro armoniosa universalità i divini e gli umani
diritti, si crede quasi arbitro di essi, e li disconosce o li restringe a
capriccio. L’ordine sociale infine è generalmente scalzato nelle sue fondamenta.
Libri e giornali, scuole e cattedre, circoli e teatri, monumenti e discorsi
politici, fotografie e arti belle, tutto cospira a pervertire le menti e
corrompere i cuori. Intanto i popoli oppressi e ammiseriti fremono; le sette
anarchiche si agitano; le classi operaie levano il capo e vanno ad ingrossar le
file del socialismo, dell’anarchia; i caratteri si fiaccano, e tante anime non
sapendo più nè degnamente patire, né virilmente redimersi dai patimenti,
abbandonano da se stesse, col suicidio, codardamente la vita.
5. Ecco i frutti
che a noi italiani ha recato la setta massonica. E dopo ciò essa ardisce di
venire innanzi magnificando le sue benemerenze verso l’Italia, e di dare a Noi
e a tutti coloro che, ascoltando la Nostra parola, rimangono fedeli a Gesù
Cristo, il calunnioso titolo di nemici della patria. Quali siano verso la
nostra penisola i meriti della rea setta, ormai, giova ripeterlo, lo dicono i
fatti. I fatti dicono che il patriottismo massonico non è che un egoismo
settario, bramoso di tutto dominare, signoreggiando gli Stati moderni che nelle
mani loro raccolgono ed accentrano tutto. I fatti dicono che, negl’intendimenti
della massoneria, i nomi d’indipendenza politica, di uguaglianza, di civiltà,
di progresso miravano ad agevolare nella patria nostra l’indipendenza dell’uomo
da Dio, la licenza dell’errore e del vizio, la lega di una fazione a danno
degli altri cittadini, l’arte dei fortunati del secolo di godersi più
agiatamente e deliziosamente la vita, il ritorno di un popolo redento col divin
sangue alle divisioni, alle corruttele, alle vergogne del paganesimo.
6. E non accade
meravigliarsi di ciò. Una setta che dopo diciannove secoli di cristiana civiltà
si sforza di abbattere la Chiesa Cattolica, e di reciderne le divine sorgenti;
che, negatrice assoluta del soprannaturale, ripudia ogni rivelazione, e tutti i
mezzi di salute che la rivelazione ci addita; che pei disegni e le opere sue
fondasi unicamente e interamente sopra una natura inferma e corrotta come è la
nostra; tale setta non può essere altro che il sommo dell’orgoglio, della
cupidigia spoglia, la sensualità corrompe; e quando queste tre concupiscenze
giungono al grado estremo, le oppressioni, gli spogliamenti, le corruttele
seduttrici, via via allargandosi, prendono dimensioni smisurate, diventano
oppressione, spogliamento, fomite corruttore di tutto un popolo.
7. Lasciate
dunque che, rivolgendo a voi la Nostra parola, vi additiamo la massoneria come
nemica ad un tempo di Dio, della Chiesa e della nostra patria. Riconoscetela
come tale praticamente una volta; e con tutte le armi, che ragione, coscienza e
fede vi pongono in mano, schermitevi da sì fiero nemico. Niuno si lasci
illudere dalle sue belle apparenze, niuno allettare dalle sue promesse, sedurre
dalle sue lusinghe, atterrire dalle sue minacce. Ricordatevi che essenzialmente
inconciliabili tra loro sono Cristianesimo e massoneria; sì che aggregarsi a
questa è un far divorzio da quello. Tale incompatibilità tra le due professioni
di cattolico e di massone ormai, diletti figli, non potete ignorarla: ve ne
avvertirono apertamente i Nostri Predecessori, e Noi per ugual modo ve ne
ripetemmo altamente l’avviso. Coloro
pertanto che per somma disgrazia han dato il nome ad alcuna di queste società
di perdizione, sappiano che sono strettamente tenuti a separarsene, se non
vogliono restar divisi dalla comunione cristiana, e perdere l’anima loro nel
tempo e nell’eternità. Sappiano altresì i genitori, gli educatori, i
padroni e quanti han cura di altri, che obbligo rigoroso li stringe d’impedire
al possibile che entrino nella rea setta i loro soggetti, o che, entrati, vi
rimangano.
8. Preme poi, in
cosa di tanta importanza e dove la seduzione ai dì nostri è cosa facile, che il
Cristiano si guardi dai primi passi, tema i più leggeri pericoli, eviti ogni
occasione, prenda le più sollecite precauzioni, usi insomma, secondo il
consiglio evangelico, pur serbando in cuore la semplicità della colomba, tutta
la prudenza del serpente. I padri e le madri di famiglia si guardino
dall’accogliere in casa e di ammettere all’intimità delle confidenze domestiche
persone ignote, o almeno quanto a religione non conosciute abbastanza;
procurino invece di accertarsi prima che sotto il manto dell’amico, del
maestro, del medico, o di altro benevolo non si celi un astuto arruolatore
della setta. Oh in quante famiglie il lupo penetrò in veste d’agnello! Bella
cosa sono le svariatissime società, che oggi in ogni ordine di sociale
attinenza con fecondità prodigiosa sorgono da per tutto: società operaie, di
mutuo soccorso, di previdenza, di scienze, di lettere, di arti, e simiglianti;
e quando siano informate da buono spirito morale e religioso, tornano
certamente proficue e opportune. Ma poiché qui pure, anzi qui specialmente è
penetrato e penetra il veleno massonico, si abbiano per generalmente sospette,
e si evitino le società che, sottraendosi ad ogni influsso religioso, possono
facilmente essere dirette e dominate più o meno da massoni, come quelle che,
oltre a porgere aiuto alla setta, ne sono, può dirsi, il semenzaio e il
tirocinio. A società filantropiche, di cui non ben conoscano la natura e lo
scopo, non si ascrivano facilmente le donne senza essersi prima consigliate con
persone sagge e sperimentate, giacché passaporto alla merce massonica è spesso
quella ciarliera filantropia, contrapposta con tanta pompa alla carità
cristiana. Con gente sospetta di appartenere alla massoneria o a sodalizi ad
essa aggregati procuri ognuno di non aver amicizia o dimestichezza: dai loro
frutti li conosca e li fugga. E non solo di coloro che, palesemente empi e
libertini, portano in fronte il carattere della setta, ma di quelli si eviti il
tratto familiare, che si occultano sotto la maschera di universale tolleranza,
di rispetto a tutte le religioni, di smania di voler conciliare le massime del
Vangelo e le massime della rivoluzione, Cristo e Belial, la Chiesa di Dio e lo
Stato senza Dio. Libri e giornali che stillano il tossico dell’empietà e che
attizzano negli umani petti il fuoco delle cupidigie sfrenate e delle sensuali
passioni; circoli e gabinetti di lettura, ove lo spirito massonico si aggira
cercando chi divorare, siano al Cristiano, e ad ogni Cristiano, luoghi e stampa
che fanno orrore.
9. Se non che,
trattandosi di una setta che ha tutto invaso, non basta tenersi contro di lei in
sulle difese, ma bisogna coraggiosamente uscire in campo ed affrontarla. Il che
voi, diletti figli, farete, opponendo stampa a stampa, scuola a scuola,
associazione ad associazione, congresso a congresso, azione ad azione. La
massoneria si è impadronita delle scuole pubbliche; e voi con le scuole
private, con quelle di zelanti ecclesiastici e di religiosi dell’uno e
dell’altro sesso contendetele l’istruzione e l’educazione della puerizia e
gioventù cristiana, e soprattutto i genitori cristiani non affidino
l’educazione dei loro figli a scuole non sicure. Essa ha confiscato il
patrimonio della pubblica beneficenza; e voi supplite col tesoro della privata
carità. Nelle mani dei suoi adepti ha ella messo le Opere pie: e voi quelle che
da voi dipendono affidatele a cattolici istituti. Ella apre e mantiene case di
vizio; e voi fate il possibile per aprire e mantenere ricoveri all’onestà
pericolante. A’ suoi stipendi milita una stampa religiosamente e civilmente
anticristiana; e voi con l’opera e col danaro aiutate, promuovete, propagate la
stampa cattolica. Società di mutuo soccorso ed istituti di credito sono fondati
da lei a pro dei suoi partigiani; e voi fate altrettanto non solo pei vostri
fratelli, ma per tutti gl’indigenti, mostrando che la vera e schietta carità è
figlia di colui che fa sorgere il sole e cadere la pioggia sui giusti e sui
peccatori.
10. Questa lotta
del bene col male si estenda a tutto, e cerchi, in quanto è possibile, di
riparare tutto. La massoneria tiene frequenti congressi per concertar nuovi
modi di combattere la Chiesa; e voi teneteli frequentemente per meglio
intendervi intorno ai mezzi e all’ordine della difesa. Ella moltiplica le sue
logge; e voi moltiplicate circoli cattolici e comitati parrocchiali, promuovete
associazioni di carità e di preghiera, concorrete a mantenere ed accrescere lo
splendore del tempio di Dio. La setta, non avendo più nulla a temere, mostra
oggi il viso alla luce del giorno; e voi, Cattolici italiani, fate anche voi
aperta professione della vostra fede, ad esempio dei gloriosi vostri antenati,
che innanzi ai tiranni, ai supplizi, alla morte la confessavano intrepidi e
l’autenticavano con la testimonianza del sangue. Che più? Si sforza la setta di
asservire la Chiesa, e di metterla, umile ancella, ai piedi dello Stato? E voi
non cessate di chiederne e, dentro le vie legali, di rivendicarne la dovuta
libertà e indipendenza. Cerca essa di lacerare l’unità cattolica, seminando nel
clero stesso zizzania, suscitando contese, fomentando discordie, aizzando gli
animi all’insubordinazione, alla rivolta, allo scisma? E voi, stringendo sempre
più il sacro nodo della carità e dell’obbedienza, sventate i suoi disegni,
mandate a vuoto i suoi tentativi, deludete le sue speranze. Come i primitivi
fedeli, siate tutti un cuore ed un’anima; e raccolti intorno alla cattedra
della Chiesa e dei vostri Pastori, tutelate gl’interessi supremi della Chiesa e
del Papato, che sono altresì i supremi interessi dell’Italia e di tutto il
mondo cristiano. Ispiratrice e gelosa custode delle italiche grandezze fu
sempre l’Apostolica Sede. Siate
dunque italiani e Cattolici, liberi e non settari, fedeli alla patria e insieme
a Cristo ed al Vicario suo, persuasi che un’Italia anticristiana e antipapale
sarebbe opposta all’ordinamento divino, e quindi condannata a perire.
11. Diletti figli,
la Religione e la patria vi parlano in questo momento per bocca Nostra. E voi
ascoltate il loro grido pietoso, sorgete unanimi e combattete virilmente le
battaglie del Signore. Il numero, la baldanza, la forza dei nemici non vi atterriscano;
ché Dio è più forte di loro, e se Dio è con voi, che potranno essi contro di
Voi? Affinché poi con maggior copia di grazie Iddio sia con voi, con voi
combatta, con voi trionfi, raddoppiate le vostre preghiere, accompagnatele con
l’esercizio delle cristiane virtù e specialmente coll’esercizio della carità
verso i bisognosi, e rinnovando ogni dì le promesse del Battesimo, implorate
umilmente, instantemente, perseverantemente le divine misericordie. Come
auspicio di queste, e come pegno altresì della Nostra paterna dilezione,
v’impartiamo, diletti figli, la benedizione Apostolica.
Dato a Roma, presso S. Pietro, il
giorno 8 dicembre 1892, anno decimoquinto del Nostro Pontificato.
Leggere questa lettera enciclica, scritta in italiano, mette i brividi, tanto è attuale, nella sua illuminata lucidità, nell’additare e denunciare le cause dei mali che, già allora evidenti, si trascinano ancor più oggi nella loro tragica realizzazione. Il Sommo Pontefice, benché a conoscenza degli artefatti ed inganni perpetrati dalla setta infernale, benché avvertito da una profetica visione sull’infiltrazione massonica della Chiesa, oggidì completata compiutamente con l’insediamento di esponenti di altissimo livello della sinagoga di satana, non sapeva di avere nella sua segreteria di Stato, nientemeno che un cardinale esponente di spicco dell’O.T.O. – una setta tra le più agguerrite nemiche del Cristianesimo e del Vicario di Cristo – nonché organizzatore di una rete di prelati corrotti e marrani che alla lunga è risultata vincente – in apparenza – prendendo pieno controllo di una falsa ma… vera anti-chiesa che si proclama attualmente Chiesa Cattolica. Uguale sorte toccò a Papa Pacelli, Pio XII, che nella sua segreteria aveva tra gli infiltrati, quello che poi sarebbe divenuto il Pontefice degli Illuminati, cioè il capo della massoneria mondiale. I figli delle tenebre sono più scaltri di quelli della luce … ci avvertiva già il divin Redentore! Ma a ben vedere, il “Mistero di iniquità” era stato già profetizzato da San Paolo che ne discorreva con i suoi fedeli di Tessalonica, ed è oggi apparentemente trionfante, per permissione di Dio. E perché mai Dio avrebbe permesso tutto questo, come è evidente dalla storia ecclesiastica dal 26 ottobre del 1958 in poi? … Ce lo dice già lo stesso Apostolo nella 2 Tess. al cap. II: … « Ideo mittet illis Deus operationem erroris ut credant mendacio, ut judicentur omnes qui non crediderunt veritati, sed consenserunt iniquitati ». E allora, al pusillus grex cattolico, cosa resta da fare? Ce lo suggerisce lo stesso Pontefice Leone XIII, in questa medesima lettera: « … Il loro dovere è di rimanere al posto, di mostrarsi a viso aperto veri Cattolici per credenze ed opere conformi alla loro Fede, e ciò tanto a onor di quella e a gloria del sommo Duce, di cui seguono le insegne …». Quindi nessun timore, perché è “… quando siamo deboli che siamo forti”, ricordando pure che … “se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?” Ricordino invece gli apostati, i marrani, i finti prelati ed i conniventi con gli antipapi, gli indifferenti pseudofedeli e tutti coloro che sono fuori dal Corpo Mistico di Cristo: il Giudizio è vicino e … chi vi salverà dal fuoco che il padre vostro ha preparato per voi per l’eternità?
DALL’ALTO DELL’APOSTOLICO SEGGIO
LETTERA ENCICLICA DI SUA SANTITÀ LEONE PP. XIII
Ai Vescovi, al clero e al popolo d’Italia.
Il Papa Leone XIII.
Venerabili Fratelli, diletti figli, salute e Apostolica Benedizione.
Dall’alto dell’Apostolico seggio, dove la Provvidenza divina Ci ha collocato per vegliare alla salvezza di tutti i popoli, il Nostro sguardo sovente si posa sopra l’Italia, nel cui seno Iddio, per atto di singolare predilezione, ha posto la sede del suo Vicario, e dalla quale peraltro Ci vengono al presente molteplici e sensibilissime amarezze. – Non Ci constristano le personali offese, non le privazioni e i sacrifici impostici dall’attuale condizione di cose, non le ingiurie e i dileggi, che una stampa procace ha piena balìa di lanciare ogni giorno contro di Noi. Se si trattasse solo della Nostra persona, se non fosse la rovina alla quale vediamo andare incontro l’Italia minacciata nella sua fede, porteremmo in silenzio le offese, lieti di ripetere anche Noi ciò che diceva di sé uno dei più illustri Nostri Predecessori: “Se la schiavitù della mia terra non crescesse di giorno in giorno, rimarrei muto, lieto del mio disprezzo e dello scherno” [S. Gregorio M., Lettera all’Imperatore Maurizio, Regist. 5]. – Ma oltreché dell’indipendenza e dignità della Santa Sede, trattasi della stessa Religione e della salute di tutta una Nazione, e di tal Nazione, che fin dai primi tempi aprì il seno alla Fede cattolica e conservolla in ogni tempo gelosamente. Sembra incredibile, ma è pur vero: siam giunti a tanto da dover temere per questa nostra Italia la perdita della fede. Più volte abbiam dato l’allarme perché si avvisasse al pericolo: ma non per questo crediamo di aver fatto abbastanza. Di fronte ai continuati e ognor più fieri assalti, sentiamo più potente la voce del dovere che Ci sprona a parlare di nuovo a Voi, Venerabili Fratelli, al vostro clero e al popolo Italiano. Come non fa tregua il nemico, così non conviene rimanere silenziosi od inerti né a Noi né a Voi, che per divina mercé fummo costituiti custodi e vindici della Religione dei popoli alle nostre cure affidati, Pastori e scolte vigili del gregge di Cristo, pel quale dobbiamo esser pronti, se fia d’uopo, a tutto sacrificare, anche la vita. – Non diremo cose nuove, perché i fatti, quali accaddero, non si mutano; e di essi abbiamo dovuto parlare altre volte, secondo che Ce ne venne il destro. Ma qui intendiamo ricapitolarli in certa guisa ed aggrupparli come in un sol quadro, per ricavarne a comune ammaestramento le conseguenze che ne derivano. Sono fatti incontestabili, accaduti alla gran luce del giorno; non isolati, ma connessi fra loro per forma che nella loro serie rilevano con piena evidenza un sistema, di cui sono l’attuazione e lo sviluppo. Il sistema non è nuovo: ma è nuova l’audacia, l’accanimento, la rapidità con cui si va ora attuando. È il piano delle sette, che si svolge ora in Italia, specialmente nella parte che tocca la Chiesa e la Religione Cattolica; collo scopo finale e notorio di ridurla, se fosse possibile, al niente. Ora è superfluo fare il processo alle sette che diconsi massoniche: il giudizio è già fatto; i fini, i mezzi, le dottrine, l’azione, tutto è conosciuto con certezza indiscutibile. Invasate dallo spirito di satana, di cui sono strumento, ardono, come il loro ispiratore, di un odio mortale e implacabile contro Gesù Cristo e l’opera sua; e fanno ogni loro potere d’abbatterla od incepparla. Questa guerra al presente si combatte più che altrove in Italia, dove la Religione Cattolica ha gettato più profonde radici, e soprattutto in Roma, dove è il centro della Cattolica Unità e la Sede del Pastore e Maestro universale della Chiesa. – Giova riprendere fin dalle prime le diverse fasi di questa guerra. Si cominciò col rovesciare sotto colore politico il principato civile dei Papi: ma la caduta di esso nelle intenzioni segrete dei veri capi, apertamente poi dichiarate, doveva servire a distruggere o almeno tenere in servitù il supremo potere spirituale dei Romani Pontefici. E perché non rimanesse alcun dubbio sullo scopo vero a cui si mirava, venne subito la soppressione degli Ordini religiosi, che assottigliò di molto il numero degli operai evangelici per il sacro Ministero e per l’assistenza religiosa, come pure per la propagazione della fede tra gl’infedeli. – Più tardi si volle esteso anche ai chierici l’obbligo del servizio militare, colla necessaria conseguenza di ostacoli gravi e molteplici frapposti alla recluta e alla conveniente formazione anche del clero secolare. Si misero le mani sul patrimonio ecclesiastico, parte confiscandolo assolutamente, e parte caricandolo delle più enormi gravezze, a fine d’impoverire il clero e la Chiesa, e privar questa dei mezzi di cui abbisogna quaggiù per vivere e promuovere istituzioni ed opere in aiuto del suo divino apostolato. Lo hanno apertamente dichiarato gli stessi settari. “Per diminuire l’influenza del clero e delle associazioni clericali, un solo mezzo efficace è da impiegare: spogliarli di tutti i loro beni e ridurli ad una povertà completa”. D’altra parte l’azione dello Stato è tutta diretta per sé a cancellare dalla Nazione l’impronta religiosa e cristiana: dalle leggi e da tutto ciò che è vita officiale ogni ispirazione ed ogni idea religiosa è per sistema sbandita, quando non sia direttamente osteggiata: le pubbliche manifestazioni di fede e di pietà cattolica o sono proibite, o sotto vani pretesti in mille modi intralciate. Alla famiglia si è sottratta la sua base e la sua costituzione religiosa col proclamare quello che chiamano matrimonio civile, e coll’istruzione che si vuole al tutto laica, dai primi elementi fino all’insegnamento superiore delle Università; di guisa che le nuove generazioni, per quanto dipende dallo Stato, sono come obbligate a crescere senza alcuna idea di Religione, digiune affatto delle prime ed essenziali nozioni dei loro doveri verso Dio. È questo un mettere la scure alla radice, né saprebbe immaginarsi mezzo più universale e più efficace per sottrarre all’influenza della Chiesa e della fede la società, la famiglia, gl’individui. “Scalzare con tutti i mezzi il clericalismo (ossia il Cattolicesimo) nelle sue fondamenta e nelle stesse sue sorgenti di vita, cioè nella scuola e nella famiglia”, è la dichiarazione autentica di scrittori massonici. – Si dirà che ciò non avviene solo in Italia, ma che è un sistema di governo, al quale gli Stati generalmente si conformano. Rispondiamo che questo non distrugge, ma anzi conferma quanto Noi diciamo degl’intendimenti e dell’azione della massoneria in Italia. Sì, quel sistema è adottato e messo in uso dovunque la massoneria esercita la sua empia e nefasta azione; e poiché questa è largamente diffusa, così quel sistema anticristiano è pur largamente applicato. Ma l’applicazione ne addiviene più rapida e generale e si spinge più agli estremi in quei paesi, i cui governi sono più sotto l’azione della setta e meglio ne promuovono gli interessi. E per mala sorte nel numero di questi paesi è presentemente la nuova Italia. Non è da oggi che essa soggiace all’influsso empio e malefico delle sette: ma da qualche tempo queste, addivenute assolutamente dominanti e strapotenti, la tiranneggiano a loro talento. Qui l’indirizzo della pubblica cosa, per ciò che concerne la Religione, è tutto conforme alle aspirazioni delle sette; le quali, per attuarle, trovano nei depositari del pubblico potere fautori dichiarati e docili strumenti. Le leggi avverse alla Chiesa e le misure per essa offensive sono prima proposte, decretate, risolute in seno alle adunanze settarie; e basta che una cosa qualunque abbia una cotale, sebbene lontana, apparenza di far onta o danno alla Chiesa, per vederla incontanente favorita e promossa. Tra i fatti più recenti ricorderemo l’approvazione del nuovo codice penale; in cui quello che si è voluto con maggior pertinacia, nonostante tutte le ragioni in contrario, furono gli articoli contro il Clero, che costituiscono per esso come una legge di eccezione, e vanno fino a considerare come criminosi alcuni atti che sono per lui sacrosanti doveri di Ministero. La legge sulle Opere pie, per la quale tutto il patrimonio della carità, accumulato dalla pietà e dalla Religione degli avi all’ombra e sotto la tutela della Chiesa, venne sottratto ad ogni azione ed ingerenza di essa; quella legge era stata già da più anni promossa nelle adunanze della setta, appunto perché doveva infliggere una nuova offesa alla Chiesa, diminuirne l’influenza sociale, e sopprimere d’un tratto una grande quantità di lasciti a scopo di culto. Si aggiunse a questo l’opera eminentemente settaria, l’erezione cioè del monumento al famigerato apostata di Nola, promossa, voluta, attuata coll’aiuto e il favore dei governanti dalla Frammassoneria, che per la bocca degli stessi più autorevoli interpreti del pensiero settario non arrossì di confessarne lo scopo e di dichiararne il significato: lo scopo fu di far onta al Papato; il significato è che si vuole ora sostituire alla Fede Cattolica la libertà più assoluta di esame, di critica, di pensiero e di coscienza: e si sa bene ciò che significhi in bocca dei settari un tal linguaggio. Vennero a mettere il suggello le dichiarazioni più esplicite fatte pubblicamente da chi è a capo del governo, dichiarazioni che suonano appunto così: la lotta vera e reale, che il governo ha il merito di aver compreso, è la lotta tra la fede e la Chiesa da una parte, il libero esame e la ragione dall’altra. Che la Chiesa cerchi pure di reagire, di incatenar di nuovo la ragione e la libertà del pensiero e di vincere. Quanto al governo, in questa lotta, si dichiara apertamente in favore della ragione contro la Fede, e si attribuisce come compito proprio di far sì, che lo stato Italiano sia l’espressione evidente di questa ragione e libertà: triste compito, che udimmo testé in occasione analoga audacemente riaffermato. – Alla luce di tali fatti e di queste dichiarazioni torna più che mai evidente che l’idea maestra, la quale, per ciò che tocca la religione, presiede all’andamento della cosa pubblica in Italia, si è l’attuazione del programma massonico. Si vede quanta parte ne fu già attuata; si sa quanto ancora ne rimanga ad attuare; e si può preveder con certezza che, fino a tanto che i destini d’Italia saranno in mano di reggitori settari o ligi alle sette, se ne spingerà l’attuazione più o meno rapidamente, secondo le circostanze, fino al più completo sviluppo. La loro azione ora è diretta a raggiungere i seguenti scopi, secondo i voti e le risoluzioni prese nelle loro assemblee più autorevoli, voti e risoluzioni tutte ispirate da un odio a morte contro la Chiesa. Abolizione nelle scuole di qualsiasi istruzione religiosa, e fondazione d’istituti, in cui anche la gioventù femminile sia sottratta ad ogni influenza clericale, qualunque essa sia; giacché lo Stato, che deve essere assolutamente ateo, ha il diritto e il dovere inalienabile di formare il cuore e lo spirito dei cittadini, e nessuna scuola deve essere sottratta né alla sua ispirazione né alla sua vigilanza. Applicazione rigorosa di tutte le leggi in vigore dirette ad assicurare l’indipendenza assoluta della società civile dalle influenze clericali. Osservanza rigorosa delle leggi che sopprimono le corporazioni religiose ed uso di tutti i mezzi per renderle efficaci. Sistemazione di tutto il patrimonio ecclesiastico, partendo dal principio che la proprietà di esso appartiene allo Stato, e l’amministrazione ai poteri civili. Esclusione d’ogni elemento Cattolico o clericale da tutte le amministrazioni pubbliche, dalle opere pie, dagli spedali, dalle scuole, dai consigli nei quali si preparano i destini della patria, dalle accademie, dai circoli, dalle associazioni, dai comitati, dalle famiglie; esclusione da tutto, dovunque, per sempre. Invece l’influenza massonica deve farsi sentire in tutte le circostanze della vita sociale, e divenire padrona e arbitra di tutto. Con questo si spianerà la via all’abolizione del Papato; così l’Italia sarà libera dal suo implacabile e mortale nemico, e Roma che fu in passato il centro della Teocrazia universale, sarà nell’avvenire il centro della secolarizzazione universale, d’onde deve essere proclamata in faccia al mondo intero la Magna Charta della libertà umana. Sono altrettante dichiarazioni, aspirazioni e risoluzioni autentiche di frammassoni o delle loro assemblee. – Senza esagerar punto, è questo lo stato presente e l’avvenire che si prevede per la religione in Italia. Dissimularne la gravità sarebbe un errore funesto. Riconoscerlo qual è, ed affrontarlo con evangelica prudenza e fortezza, dedurne i doveri, che esso impone a tutti i cattolici, e a noi specialmente, che come Pastori dobbiamo vegliar su di essi e condurli a salvezza, egli è entrare nelle mire della Provvidenza, e fare opera di sapienza e di zelo pastorale. Per quello che riguarda Noi, l’Apostolico officio C’impone di protestare altamente di nuovo contro tutto ciò che a danno della religione si è fatto, si fa o si attenta in Italia: difensori e tutori quali siamo dei sacri diritti della Chiesa e del Pontificato, apertamente respingiamo ed a tutto il mondo cattolico denunziamo le offese che la Chiesa e il Pontificato ricevono del continuo, specialmente in Roma, e che rendono a Noi più malagevole il governo della cattolicità, più grave ed indegna la Nostra condizione. Del resto abbiamo fermo nell’animo di nulla omettere per parte Nostra, che possa valere a mantenere viva e vigorosa in mezzo al popolo italiano la fede, e a proteggerla contro gli assalti nemici. Facciamo perciò appello, Venerabili Fratelli, anche al vostro zelo e al vostro amore per le anime affinché, compresi della gravità del pericolo che esse corrono, avvisiate ai rimedi e tutto poniate in opera per iscongiurarlo. Nessun mezzo è da trascurare che sia in poter nostro: tutte le risorse della parola, tutte le industrie dell’azione, tutto l’immenso tesoro di aiuti e di grazie, che la Chiesa pone in nostra mano, sono da adoperare per la formazione di un Clero istruito e pieno dello spirito di Gesù Cristo; per la cristiana educazione della gioventù, per l’estirpazione delle ree dottrine, per la difesa delle verità cattoliche, per la conservazione del carattere e dello spirito cristiano nelle famiglie. – Quanto al popolo cattolico, è necessario innanzi tutto che sia istruito del vero stato delle cose in Italia in fatto di Religione, dell’indole essenzialmente religiosa che ha in Italia la lotta contro il Pontefice, e dello scopo vero a cui costantemente si mira, affinché vegga con l’evidenza dei fatti in quante guise è insidiato nella sua religione, e si persuada quanto rischio corredi essere derubato e spogliato del tesoro inestimabile della fede. Formatasi negli animi tale persuasione, e certi d’altra parte che senza la fede è impossibile piacere a Dio e salvarsi, comprenderanno che trattasi di assicurare il massimo, per non dir unico, interesse che ciascuno quaggiù ha il dovere di porre in salvo innanzi tutto, e a costo di qualunque sacrificio, sotto pena della sua eterna infelicità. Comprenderanno altresì facilmente che, essendo questo un tempo di lotta accanita e manifesta, sarebbe viltà disertare il campo e nascondersi. Il loro dovere è di rimanere al posto, di mostrarsi a viso aperto veri Cattolici per credenze ed opere conformi alla loro fede, e ciò tanto a onor di quella e a gloria del sommo Duce, di cui seguono le insegne; come per non aver la somma disgrazia di essere sconfessati nel dì finale e non riconosciuti per suoi dal Giudice supremo, il quale ha dichiarato che chi non è con lui è contro di lui. Senza ostentazione e senza timidezza, diano prova di quel vero coraggio che nasce dalla coscienza di compiere un sacrosanto dovere innanzi a Dio e agli uomini. Con questa franca professione di fede i Cattolici devono unire una perfetta docilità e un filiale amore verso la Chiesa, un sincero ossequio ai Vescovi, e una assoluta devozione ed obbedienza al Romano Pontefice. Insomma riconosceranno quanto sia necessario cessarsi da tutto ciò che è opera delle sette o che dalle sette ha favore ed impulso, perché certamente contaminato dallo spirito anticristiano che le anima: e darsi invece con attività, coraggio e costanza alle opere cattoliche, alle associazioni ed istituzioni benedette dalla Chiesa, incoraggiate e sostenute dai Vescovi e dal romano Pontefice. E poiché il principale strumento di cui si servono i nemici è la stampa, in gran parte ispirata e sostenuta da loro, conviene che i Cattolici oppongano la buona alla cattiva stampa per la difesa della verità, per la tutela della Religione, e a sostegno dei diritti della Chiesa. E come è compito della stampa cattolica mettere a nudo i perfidi intendimenti delle sette, aiutare e secondare l’azione dei sacri Pastori, difendere e promuovere le opere cattoliche, così è dovere dei fedeli di sostenerla efficacemente, sia negando o ritirando ogni favore alla stampa perversa; sia direttamente concorrendo, ciascuno nella misura che può, a farla vivere e prosperare: nella qual cosa crediamo che finora non siasi in Italia fatto abbastanza. Da ultimo i documenti da Noi dati a tutti i Cattolici, specialmente nell’enciclica Humanum genus e nell’altra Sapientiæ christianæ debbono essere particolarmente applicati ed inculcati ai cattolici d’Italia. Che se per restar fedeli a questi doveri avranno qualche cosa da patire o da sacrificare, si rincorino pensando che il regno dei cieli patisce violenza, e che sol con farsi violenza si conquista; e che chi ama sé e le cose sue più di Gesù Cristo, non è degno di lui. L’esempio di tanti invitti campioni, i quali per la fede tutto generosamente in ogni tempo sacrificarono, gli aiuti singolari della grazia che rendono soave il giogo di Gesù Cristo e leggiero il suo peso, debbono valere potentemente a ritemprare il loro coraggio e a sostenerli nel glorioso combattimento. – Non abbiamo considerato fin qui della presente condizione di cose in Italia che il lato religioso, come quello che per Noi è principalissimo ed eminentemente proprio, per ragione dell’officio Apostolico che sosteniamo. Ma è pregio dell’opera considerare eziandio il lato sociale e politico, affinché veggano gl’italiani, che non è solo l’amor della Religione, ma altresì il più sincero e il più nobile amor di patria che deve muoverli ad opporsi agli empi conati delle sette. Basta osservare, per convincersene, quale avvenire si prepari all’Italia, nell’ordine sociale e politico, da gente che ha per iscopo, e non lo dissimula, di guerreggiare senza tregua il Cattolicismo e il Papato. – Già la prova del passato è per se stessa molto eloquente. Ciò che in questo primo periodo della sua nuova vita sia addivenuta l’Italia per moralità pubblica e privata, per sicurezza, ordine e tranquillità interna, per prosperità e ricchezza nazionale, è più noto per fatti di quello che Noi potremmo dire a parole. Quelli stessi che pur avrebbero interesse di nasconderlo, costretti dalla verità, non lo tacciono. Noi diremo solo, che nelle condizioni presenti, per una triste ma vera necessità, le cose non potrebbero andare altrimenti: la setta massonica, per quanto ostenti uno spirito di beneficenza e di filantropia, non può esercitare che un’influenza funesta: ed appunto funesta perché combatte e tenta distruggere la religione di Cristo, vera benefattrice dell’umanità. – Tutti sanno quanto e per quanti capi influisca salutarmente la Religione nella società. È incontestabile, che la sana morale pubblica e privata fa l’onore e la forza degli Stati. Ma è incontestabile egualmente che senza Religione non vi è buona morale né pubblica né privata. Dalla famiglia solidamente costituita sulle naturali sue basi piglia vita, incremento e forza la società. Ora, senza Religione e senza moralità il consorzio domestico non ha stabilità, e i vincoli di famiglia si indeboliscono e si dissolvono. La prosperità dei popoli e delle nazioni viene da Dio e dalle sue benedizioni. Se un popolo non solo non la riconosce da Lui, ma contro di Lui si solleva, e nella superbia del suo spirito tacitamente gli dice di non aver bisogno di Lui, quella non è che una larva di prosperità destinata a svanire, non appena piaccia al Signore di confondere la superba audacia dei suoi nemici. La Religione è quella che, penetrando nel fondo della coscienza di ciascuno, gli fa sentire la forza del dovere e lo spinge a seguirlo. La Religione è quella che dà ai Principi sentimenti di giustizia e di amore pei loro sudditi, che rende i sudditi fedeli e sinceramente ad essi devoti, che fa retti e buoni i legislatori, giusti ed incorrotti i magistrati, valorosi fino all’eroismo i soldati, coscienziosi e diligenti gli amministratori. La Religione è quella che fa regnare la concordia e l’affezione tra i coniugi, l’amore e la riverenza tra i genitori ed i figli; che ispira ai poveri il rispetto pei beni altrui e ai ricchi il retto uso delle loro sostanze. Da questa fedeltà ai doveri e da questo rispetto ai diritti altrui nasce l’ordine, la tranquillità, la pace, che sono tanta parte della prosperità di un popolo e di uno Stato. Tolta la Religione, tutti questi beni immensamente preziosi in un con la Religione sparirebbero dalla società. – Per l’Italia la perdita sarebbe altresì più sensibile. Le sue maggiori glorie e grandezze, per cui tra le più colte nazioni ebbe per lungo tempo il primato, sono inseparabili dalla Religione; la quale o le produsse, o le ispirò, o certo le favorì, le aiutò e diede ad esse incremento. Per le pubbliche franchigie parlano i suoi Comuni; per le glorie militari parlano tante imprese memorande contro nemici dichiarati del nome cristiano; per le scienze parlano le Università che fondate, favorite, privilegiate dalla Chiesa, ne furono l’asilo e il teatro; per le arti parlano infiniti monumenti d’ogni genere, di cui è seminata a profusione tutta Italia; per le opere a vantaggio dei miseri, dei diseredati, degli operai parlano tante fondazioni della carità cristiana, tanti asili aperti ad ogni sorta d’indigenza e d’infortunio, e le associazioni, e corporazioni cresciute sotto l’egida della Religione. La virtù e la forza della Religione è immortale, perché viene da Dio: essa ha tesori di soccorso, ha rimedi efficacissimi per i bisogni di tutti i tempi, e di qualsivoglia epoca, ai quali sa mirabilmente adattarli. Quello che ha saputo e potuto fare in altri tempi, è capace di fare anche adesso con una virtù sempre nuova e rigogliosa. Togliere pertanto all’Italia la Religione è inaridire d’un colpo la sorgente più feconda di tesori e di soccorsi inestimabili. – Inoltre, uno dei più grandi e dei più formidabili pericoli che corre la società presente sono le agitazioni dei socialisti, che minacciano di scompaginarla dalle fondamenta. Da tanto pericolo l’Italia non va immune; e sebbene altre nazioni siano più dell’Italia infestate da questo spirito di sovversione e di disordine, non è men vero però che anche nelle sue contrade va largamente serpeggiando quello spirito e ogni giorno si afforza. E tale è la sua rea natura, tanta la potenza della sua organizzazione, tanta l’audacia dei suoi propositi, che fa mestieri riunire tutte le forze conservatrici per arrestarne i progressi, ed impedirne con felice successo il trionfo. Di queste forze prima e principalissima tra tutte è quella che può dare la Religione e la Chiesa: senza di essa, riusciranno vane od insufficienti le leggi più severe, i rigori dei tribunali, la stessa forza armata. Come già contro le orde barbariche non valse la forza materiale, ma la virtù della Religione cristiana, che penetrando nei loro animi, ne spense la ferocia, ne ingentilì i costumi, li rese docili alla voce delle verità e della Legge evangelica, così contro l’infuriare delle moltitudini sfrenate non vi sarà riparo efficace senza la virtù salutare della Religione; la quale facendo balenare nelle menti la luce della verità, e stillando nei cuori i santi precetti della morale di Gesù Cristo, faccia loro sentire la voce della coscienza e del dovere, e prima che alla mano ponga freno all’animo e smorzi l’impeto della passione. Osteggiare pertanto la Religione è privare l’Italia dell’ausiliare più potente per combattere un nemico che diviene ogni giorno più formidabile e minaccioso. – Ma non è tutto. Come nell’ordine sociale la guerra fatta alla Religione riesce funestissima e sommamente micidiale all’Italia, così nell’ordine politico l’inimicizia colla Santa Sede e col Romano Pontefice è per l’Italia sorgente di grandissimi danni. Anche qui la dimostrazione non è più da fare; basta, a compimento del Nostro pensiero, riassumerne in brevi parole le conclusioni. La guerra fatta al Papa vuol dire per l’Italia, al di dentro, divisione profonda tra l’Italia officiale e la gran parte d’italiani veramente Cattolici, e ogni divisione è debolezza; vuol dire privarla del favore e del concorso della parte più schiettamente conservatrice; vuol dire alimentare nel seno della nazione un conflitto religioso che non approdò mai a pubblico bene, ma porta anzi sempre in se stesso i germi funesti di mali e di castighi gravissimi. Al di fuori, il conflitto colla Santa Sede, oltre che privare l’Italia del prestigio e dello splendore, che le verrebbe infallibilmente dal vivere in pace col Pontificato, le inimica i Cattolici di tutto il mondo, le impone immensi sacrifici, e ad ogni occasione può fornire ai nemici un’arma da rivolgere contro di lei. – Ecco il benessere e la grandezza che apparecchia all’Italia chi, avendone in mano le sorti, fa quanto può per abbattere, secondo l’empia aspirazione delle sette, la religione cattolica e il Papato! – Si ponga invece che, rotta ogni solidarietà e connivenza colle sette, sia lasciata alla religione e alla Chiesa, come alla più gran forza sociale, vera libertà e il pieno esercizio dei suoi diritti. Qual felice cambiamento non avverrebbe nelle sorti d’Italia! I danni e i pericoli che lamentavamo qui sopra come frutto della guerra alla religione e alla Chiesa, cesserebbero al cessar della lotta: non solo, ma tornerebbero altresì a fiorire sull’eletto suolo dell’Italia cattolica le grandezze e le glorie, di cui la Religione e la Chiesa fu sempre attrice feconda. Dalla loro divina virtù germoglierebbe spontanea la riforma dei pubblici e dei privati costumi; si rafforzerebbero i vincoli della famiglia; e in ogni ordine di cittadini sotto l’influsso religioso si desterebbe più vivo il sentimento del dovere e della fedeltà nell’adempierlo. Le questioni sociali, che ora tengono tanto preoccupati gli animi, si avvierebbero verso la migliore e la più completa soluzione, mercé la pratica applicazione dei precetti di carità e di giustizia evangelica; le pubbliche libertà, impedite di degenerare in licenza, servirebbero unicamente al bene e addiverrebbero veramente degne dell’uomo; le scienze, per la verità di cui la Chiesa è maestra, e le arti, per l’ispirazione potente che la Religione deriva dall’alto e che ha il segreto di trasfondere negli animi, salirebbero presto a nuova eccellenza. Fatta la pace con la Chiesa, sarebbe vie più cementata la unità religiosa e la concordia civile; cesserebbe la divisione tra i Cattolici fedeli alla Chiesa e l’Italia, la quale acquisterebbe così un elemento potente di ordine e di conservazione. Fatta ragione alle giuste domande del Romano Pontefice, riconosciuti i sovrani suoi diritti, e ripostolo in condizione di vera ed effettiva indipendenza, i Cattolici delle altre parti del mondo non avrebbero più motivo di considerare l’Italia come nemica del loro Padre comune: essi che non per alieno impulso, né inconsapevoli di quel che vogliono, ma sì per sentimento di fede e dettame di dovere, alzano ora concordemente la voce a rivendicare la dignità e libertà del Pastore supremo delle anime loro. Che anzi crescerebbe all’Italia rispetto e considerazione presso gli altri popoli dal vivere in armonia con la Sede Apostolica; la quale, come fece sperimentare in particolar modo agl’italiani i benefici della sua presenza in mezzo a loro, così coi tesori della Fede che si diffusero sempre da questo centro di benedizione e di salute, fece che si diffondesse presso tutte le genti grande e rispettato il nome italiano. L’Italia, riconciliata col Pontefice e fedele alla sua Religione, sarebbe avviata ad emular degnamente le avite glorie, e da tutto ciò che è vero progresso dell’età nostra non potrebbe che ricevere novello incitamento ad avvantaggiarsi nel suo glorioso cammino. E Roma, città cattolica per eccellenza, preordinata da Dio a centro della Religione di Cristo e Sede del suo Vicario, il che fu cagione della sua stabilità e grandezza a traverso di tante età e di sì svariate vicende, riposta sotto il pacifico e paterno scettro del Romano Pontefice, tornerebbe ad essere ciò che la fecero la Provvidenza e i secoli, non rimpicciolita alla condizione di capitale di un regno particolare, né divisa tra due diversi e sovrani poteri, dualismo contrario alla sua storia; ma capitale degna del mondo cattolico, grande di tutta la maestà della Religione e del Sommo Sacerdozio, maestra ed esempio di moralità e di civiltà ai popoli. – Non sono queste, Venerabili Fratelli, vane illusioni, ma speranze poggiate sul più solido e verace fondamento. L’asserzione che si va da tempo divulgando, essere i cattolici ed il Pontefice i nemici d’Italia, e quasi altrettanti alleati dei partiti sovversivi, non è che gratuita ingiuria e spudorata calunnia, sparsa ad arte dalle sette per palliare i loro rei disegni e non incontrare intoppo nell’opera esecranda di scattolicizzare l’Italia. La verità che discende chiarissima da quanto abbiamo detto finora, è che i cattolici sono i migliori amici del proprio paese: e che danno prova di forte e verace amore non solamente verso la religione avita, ma anche verso la patria loro distaccandosi interamente dalle sette, avversandone lo spirito e le opere, facendo ogni sforzo acciocché l’Italia non perda, ma conservi vigorosa la fede; non combatta la Chiesa, ma le sia fedele qual figlia, non osteggi il Pontificato, ma si riconcili con lui. Adoperatevi a tutt’uomo, o Venerabili Fratelli, affinché la luce della verità si faccia strada in mezzo alle moltitudini, sicché queste abbiano finalmente a comprendere dove si trova il loro bene e il loro verace interesse, ed a persuadersi che solo dalla fedeltà alla religione, dalla pace con la Chiesa e col romano Pontefice si può sperar per l’Italia un avvenire degno del suo glorioso passato. Alla qual cosa vorremmo che ponessero mente, non diremo gli affigliati alle sette, i quali di proposito deliberato s’argomentano di assodare sulle rovine della religione cattolica il nuovo assetto della Penisola, ma gli altri che, senza accogliere sì biechi intendimenti, aiutano l’opera di quelli col sostenerne la politica: e particolarmente i giovani, sì facili a errare per effetto d’inesperienza e predominio di sentimento. Ognuno vorremmo si persuadesse come la via che si sta percorrendo, non possa essere che fatale all’Italia: e se Noi denunziamo ancora una volta il pericolo, non altro Ci muove che coscienza di dovere e carità di patria. – Ma ad illuminare le menti e rendere efficaci i nostri sforzi, è d’uopo d’invocare soprattutto gli aiuti del cielo. E però alla nostra comune azione, Venerabili Fratelli, vada unita la preghiera, e sia una preghiera generale, costante, fervorosa, che faccia dolce violenza al cuore di Dio, lo renda propizio a questa nostra Italia, sì che allontani da essa ogni sciagura, quella in specie che sarebbe la più terribile di tutte, la perdita della fede. Mettiamo per mediatrice appresso Dio la gloriosissima Vergine Maria, l’invitta Regina del Rosario, che tanta potenza ha sopra le forze d’inferno e tante volte ha fatto sentire all’Italia gli effetti della sua materna dilezione. Facciamo altresì fiducioso ricorso ai santi Apostoli Pietro e Paolo che questa terra benedetta conquistarono alla fede, santificarono colle loro fatiche, bagnarono del loro sangue. – Auspice intanto degli aiuti che domandiamo, e pegno del Nostro specialissimo affetto vi sia l’Apostolica Benedizione, che dall’intimo del cuore impartiamo a Voi, Venerabili Fratelli, al vostro clero e al popolo italiano.
Dato a Roma,
presso San Pietro, il 15 ottobre 1890, anno decimo terzo del Nostro
Pontificato.
LEONE PP. XIII
[1] S. Gregorio M., Lettera all’Imperatore Maurizio, Regist. 5.
A leggere questa lettera Enciclica di primo acchito, si resta perplessi sul periodo in cui essa sia stata scritta. Ad un lettore distratto, sembra addirittura un resoconto dettagliato della situazione italiana odierna, descritta da uno degli empi quotidiani del mattino fresco di stampa. Poi, stropicciando gli occhi, si legge con gran meraviglia la data della sua composizione: 1882. Cento quaranta anni fa circa, S.S. Leone XIII, dipingeva, come in un quadro macabro alla Picasso, la situazione dell’Italia sia politica, che sociale, che ecclesiale. Tutte realizzate le premesse citate, viviamo oggi l’incubo prospettato con largo anticipo dal Sommo Pontefice, oltretutto con il castigo di falsi e sacrileghi prelati, di una falsa chiesa, “sinagoga di satana” governata direttamente dai servi del baphomet-lucifero ed asservita agli interessi della “razza di vipere”, cioè di … coloro che odiano Dio e tutti gli uomini, il tutto sotto gli occhi compiacenti di mezzi di comunicazione opportunamente teleguidati, totalmente corrotti ed ingannevoli. Certo che l’Itala se l’è proprio cercato e meritato questo castigo, benché avvertita per tempo dal Vicario di Cristo. Ma sembra che “il bello” debba ancora arrivare, similmente a quelli che gridavano duemila anni or sono, a mo’ di sfida a Dio: « … il suo sangue ricada su di noi, tolle, tolle, crucifigatur! » Gli inizi, richiamano gli sviluppi, gli sviluppi reclamano le conclusioni ovvie e la relativa fine. Anche Leone XIII, già all’epoca, comprende chiaramente come il flagello che Dio usi per punire l’Italia e tutte le Nazioni, allontanatesi dal Cristianesimo della Chiesa militante per tornare ad un paganesimo pratico, filosofico e morale, sia la setta degli empi, degli aderenti cioè alle legge demoniache della c. d. franco-massoneria e affini, lui che era stato pure divinamente avvertito dalla visione della Sede di Pietro occupata dagli angeli decaduti e dai loro adepti, … come effettivamente è accaduto e a cui assistiamo. « … Una dannosissima setta, i cui autori e corifei non celano né dissimulano affatto le loro mire, già da gran tempo ha preso posto in Italia e, intimata la guerra a Gesù Cristo, si propone di spogliare in tutto, i popoli di ogni cristiana istituzione ». Ed un monito all’Italia: « … il popolo italiano, abbandonando la Religione Cattolica, dovrebbe forse aspettarsi una pena anche maggiore (… delle altre Nazioni), perché all’enormità dell’apostasia aggiungerebbe l’enormità dell’ingratitudine. » … e tutto si sta compiendo sotto ai nostri occhi!
Leone XIII
Etsi nos
Lettera Enciclica
Quantunque Noi,
in funzione dell’autorità e della grandezza del ministero Apostolico
abbracciamo tutto il mondo cristiano e le singole parti dello stesso con tutta
la vigilanza e la carità di cui siamo capaci, tuttavia al presente è l’Italia che richiama su di sé
in particolar modo le Nostre cure e i Nostri pensieri. In queste
riflessioni e in queste cure, la Nostra attenzione è rivolta ad una cosa ben
più nobile e sublime di quelle umane; infatti siamo in angoscia e in grande
trepidazione per la salvezza eterna delle anime, per la quale è tanto più
necessario che continuamente s’impieghi tutto il Nostro zelo, quanto maggiori
sono i pericoli a cui la vediamo esposta. – Siffatti pericoli, se in altro
tempo furono gravi in Italia, senza dubbio oggi sono gravissimi, poiché lo
stato medesimo delle cose pubbliche è grandemente funesto al benessere della Religione.
Il che tanto più profondamente Ci turba l’animo, in quanto vincoli di speciali
relazioni Ci uniscono a questa Italia, nella quale Iddio collocò la Sede del
suo Vicario, la Cattedra della verità, e il centro dell’unità cattolica. Già
altre volte ammonimmo il popolo che stesse in guardia, e che ognuno ben
comprendesse quali siano i propri doveri in tante occasioni avverse. Tuttavia,
crescendo sempre più i mali, vogliamo che Voi, Venerabili Fratelli, rivolgiate
ad essi più attentamente il pensiero e, conosciuto il peggioramento continuo
delle cose pubbliche, cerchiate di premunire con maggiore diligenza gli animi
delle moltitudini, rinforzandoli con ogni mezzo di difesa, affinché non venga
loro rapito il più prezioso dei tesori: la Fede Cattolica. – Una dannosissima
setta, i cui autori e corifei non celano né dissimulano affatto le loro mire,
già da gran tempo ha preso posto in Italia e, intimata la guerra a Gesù Cristo,
si propone di spogliare in tutto i popoli di ogni cristiana istituzione. Quanto
abbia proceduto nei suoi attentati non occorre qui ricordarlo, tanto più che Vi
stanno innanzi agli occhi, Venerabili Fratelli, il guasto e le rovine già
recate sia alla Religione, sia ai costumi. – Presso i popoli italiani, che in
ogni tempo si tennero fedeli e costanti nella Religione ereditata dagli avi,
ristretta ora ovunque la libertà della Chiesa, di giorno in giorno si tenta il
più possibile di cancellare da tutte le pubbliche istituzioni quella impronta e
quel carattere cristiano in forza dei quali fu sempre grande il popolo
italiano. Soppressi gli Ordini religiosi; confiscati i beni della Chiesa;
considerati validi come matrimoni le unioni contratte fuori del Rito Cattolico;
esclusa l’Autorità ecclesiastica dall’insegnamento della gioventù: non ha fine,
né tregua la crudele e luttuosa guerra mossa contro la Sede Apostolica.
Pertanto la Chiesa si trova oppressa oltre ogni dire, e il Romano Pontefice è
stretto da gravissime difficoltà. Infatti, spogliato della sovranità temporale,
cadde necessariamente nel potere di altri. E Roma, la più augusta città del
mondo cristiano, è divenuta campo aperto a tutti i nemici della Chiesa, e si vede
profanata da riprovevoli novità, con scuole e templi al servizio dell’eresia.
Anzi, pare che addirittura in questo stesso anno sia destinata ad accogliere i
rappresentanti e i capi della setta più ostile alla Religione Cattolica, i
quali vanno appunto pensando di radunarsi qui in congresso. È abbastanza palese
il motivo che li ha spinti a scegliere questo luogo: vogliono con un’ingiuria
sfrontata sfogare l’odio che portano alla Chiesa, e lanciare da vicino funesti
segnali di guerra al Papato, sfidandolo nella sua stessa Sede. Non è certamente
da dubitare che la Chiesa esca alla fine vittoriosa dagli empi assalti degli
uomini: è tuttavia certo e manifesto che essi con siffatte arti intendono
colpire, insieme con il Capo, l’intero corpo della Chiesa, e distruggere, se
fosse possibile, la Religione. – In verità, sembra incredibile che costoro, che
si professano devotissimi alla famiglia italiana, vogliano questo poiché la
famiglia italiana, se si spegnesse la Fede cattolica, resterebbe
necessariamente privata di una fonte di vantaggi supremi. Infatti, se la Religione
cristiana apportò a tutte le Nazioni ottimi motivi di salvezza, quali la
santità dei diritti e la tutela della giustizia; se per ogni dove, compagna e
guida a tutto ciò che è onesto, lodevole e grande, con la sua virtù domò le
cieche ed avventate passioni degli uomini; se in ogni contrada ridusse a
perfetta e stabile concordia i vari ordini dei cittadini e le diverse membra
dello Stato, certamente una maggior copia di benefici più largamente che alle
altre essa apportò alla Nazione italiana. – Molti, con loro disonore ed
infamia, vanno dicendo che la Chiesa è avversa e nuoce alla prosperità o ai
progressi dello Stato, e ritengono che il Romano Pontefice sia contrario alla
felicità e alla grandezza del nome italiano. Ma le accuse e le assurde calunnie
di costoro vengono solennemente smentite dalle memorie dei tempi passati.
Difatti l’Italia deve molto alla Chiesa e ai Sommi Pontefici, se diffuse presso
tutte le genti la propria gloria, se non soggiacque ai ripetuti assalti dei
barbari, se respinse invitta le aggressioni enormi dei Turchi, e in molte cose
conservò a lungo una giusta e legittima libertà, ed arricchì le sue città di
tanti monumenti immortali di arti e di scienze. Né ultima fra le glorie dei Romani
Pontefici è l’aver mantenuto unite, mercé la stessa fede e la stessa Religione,
le province italiane diverse per indole e per costumi, e l’averle così liberate
dalle più funeste discordie. Anzi, nei peggiori frangenti più volte le cose
pubbliche sarebbero precipitate in situazioni rovinose se il Romano Pontificato
non fosse intervenuto a salvarle. – Né sarà da meno per l’avvenire, purché la
volontà degli uomini non sorga a porre ostacolo alla sua virtù o a diminuirne
la libertà. Infatti, quella forza benefica che si trova nelle istituzioni
cattoliche, derivando necessariamente dalla medesima loro natura, è immutabile
e perenne. Come la Religione Cattolica supera ogni differenza di luoghi e di
tempi per la salvezza delle anime, così anche nelle cose civili, dappertutto e
sempre, diffonde ampiamente i suoi tesori a beneficio degli uomini. – In
verità, eliminati tanti e così grandi beni, subentrano estremi mali, in quanto
quegli stessi che portano odio alla sapienza cristiana, per quanto dicano di
fare il contrario, traggono in rovina la società, nulla essendovi di peggio che
le loro dottrine per accendere violentemente gli animi ed eccitare le più
perniciose passioni. Infatti, nell’ordine speculativo essi rigettano il lume
celestiale della Fede: estinto il quale la mente umana spessissimo è trascinata
negli errori, non discerne il vero, e con tutta facilità cade alla fine
nell’abbietto e turpe materialismo. Nell’ordine pratico, disprezzano la norma
eterna ed immutabile dei costumi, e non riconoscono Dio quale supremo
Legislatore e Vendicatore. Tolti questi fondamenti, ne consegue che, per
difetto di efficace sanzione, ogni regola del vivere dipenda dalla volontà e
dall’arbitrio degli uomini. Nell’ordine sociale, da quella smodata libertà che
essi predicano e vogliono, nasce la licenza; alla licenza tien dietro il
disordine, che è il più grande e micidiale nemico del consorzio civile. Certo
una Nazione non presentò spettacolo più penoso di sé o condizione più misera di
quando in essa poterono signoreggiare, sia pure per breve tempo, tali dottrine
e siffatti uomini. E se non si avessero esempi recenti, sembrerebbe incredibile
che degli uomini, per malvagità e furibonda violenza, avessero potuto consumare
tanti eccidi e, irridendo al nome di libertà, gozzovigliare fra le stragi e gli
incendi. Se l’Italia fino ad ora non fu funestata da tanti eccessi, lo si deve
prima di tutto attribuire a singolare beneficio di Dio. Inoltre occorre tenere
presente anche questa ragione, che cioè essendo gli italiani nella maggioranza
rimasti costantemente devoti alla Religione Cattolica, non riuscì a trionfare
la licenza delle empie massime che abbiamo ricordato. Peraltro, ove questi
ripari che offre la Religione venissero abbattuti, subito irromperebbero in
Italia quelle medesime calamità da cui furono percosse un tempo grandissime e
fiorentissime Nazioni. Infatti è giocoforza che dagli stessi principi
scaturiscano gli stessi effetti; ed essendo i semi ugualmente guasti, non
possano produrre che gli stessi frutti. Anzi, il popolo italiano, abbandonando la Religione
cattolica, dovrebbe forse aspettarsi una pena anche maggiore, perché
all’enormità dell’apostasia aggiungerebbe l’enormità dell’ingratitudine.
– Infatti, non dal caso o dalla volubile volontà degli uomini l’Italia ebbe il
privilegio di essere fin dal principio fatta partecipe della salvezza portata
da Gesù Cristo, di possedere nel suo seno la Sede del beato Pietro, e di aver
goduto per lunghi secoli degli immensi e divini benefici che derivano dal Cattolicesimo.
Pertanto, dovrebbe temere grandemente per sé quello che l’Apostolo Paolo
annunciò minacciosamente ai popoli ingrati: “Una terra imbevuta dalla
pioggia che spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la
coltivano, riceve la benedizione da Dio; ma se produce pruni e spine non ha
alcun valore ed è vicina alla maledizione: sarà infine arsa dal fuoco!” (Eb
VI, 7-8). – Iddio tenga lontano tanto terrore. Tutti considerino seriamente i
pericoli, sia quelli già presenti, sia quelli che incombono per iniziativa di
coloro i quali, operando non alla comune utilità bensì al vantaggio delle
sette, combattono con odio mortale la Chiesa. Essi, se avessero senno, se
fossero accesi da vera carità di patria, non diffiderebbero certo della Chiesa,
né per ingiusti sospetti si proverebbero a menomarne la originaria libertà; ché
anzi volgerebbero i loro propositi, che ora sono tutti di farle guerra, a sua
difesa ed aiuto, e soprattutto si darebbero cura di far rientrare nel possesso
dei suoi diritti il Romano Pontefice. – Infatti, l’ostilità intrapresa contro
la Sede Apostolica, quanto più torna a danno della Chiesa, tanto meno giova
alla prosperità dell’Italia. In materia dichiarammo altrove il Nostro pensiero:
“Proclamate che le pubbliche cose d’Italia non potranno giammai
prosperare, né godere stabile tranquillità, finché non sia provveduto, come
ogni diritto richiede, alla dignità della Sede Romana e alla libertà del Sommo
Pontefice”.
Pertanto, poiché
niente Ci sta più a cuore dell’incolumità degl’interessi religiosi, ed essendo
turbati per il grave rischio che corrono i popoli italiani, col più vivo calore
Vi esortiamo, Venerabili Fratelli, a mettere in opera con Noi lo zelo e la
carità Vostra, al fine di riparare a tante sciagure. – Innanzi tutto datevi
somma premura di far comprendere ai popoli quale gran bene sia possedere la
Fede Cattolica, e quanto sia necessario custodirla gelosamente. E poiché i
nemici e i contestatori del Cristianesimo, per ingannare tanto più facilmente
gli incauti, molto spesso mentre scaltramente fanno una cosa, ne intendono
un’altra, è molto importante che i loro occulti propositi siano pienamente
messi in chiaro, affinché, scoperto quello che realmente si propongono e quale
sia lo scopo dei loro sforzi, si risvegli nei Cattolici una coraggiosa gara di
difendere pubblicamente la Chiesa ed il Romano Pontefice, cioè la loro stessa
salvezza. – Fino ad oggi la virtù di molti, che avrebbero potuto fare grandi
cose, si è mostrata in certo qual modo meno risoluta nell’operare, e meno
resistente alla fatica, sia che gli animi fossero inesperti delle cose nuove,
sia che non avessero compreso abbastanza la gravità dei pericoli. Ma ora,
conosciuti i bisogni per esperienza, nulla sarebbe più dannoso che il tollerare
neghittosamente la lunga perfidia dei malvagi, e lasciare ad essi libero il
campo di vessare ulteriormente e come meglio loro piace il mondo cattolico.
Costoro, più prudenti invero dei figli della luce, hanno già osato molte cose:
inferiori di numero, più forti di scaltrezza e di mezzi, in poco tempo hanno
riempito le nostre contrade di grandi mali. – Quanti amano il nome cattolico
intendano dunque che è tempo di tentare qualche cosa, e di non abbandonarsi in
nessun modo alla indifferenza ed all’inerzia, dato che nessuno rimane tanto
presto oppresso, quanto colui che si abbandona ad una stolta sicurezza. Vedano
come non abbia mai temuto alcunché quella nobile ed operosa virtù dei nostri
antichi, dalle fatiche e dal sangue dei quali trasse vigore la Fede Cattolica.
Voi intanto, Venerabili Fratelli, ridestate i neghittosi, incitate i lenti, con
l’esempio e l’autorità Vostra rincuorate tutti ad adempiere con alacrità e
costanza quei doveri nei quali consiste la vita attiva dei Cristiani. – Per
mantenere ed accrescere questo ravvivato vigore, è necessario usare ogni cura e
provvedimento, perché si moltiplichino ovunque e fioriscano per operosità, per
numero e per concordia quelle società, le quali hanno per scopo principale di
conservare ed avvalorare gli esercizi della fede cristiana e delle altre virtù.
– Tali sono le Associazioni dei giovani e dei lavoratori, e quelle che furono
costituite o per tenere congressi cattolici in determinati tempi, o per dare
soccorso alle umane miserie, o per curare l’osservanza delle feste religiose, e
per istruire i fanciulli della gente più povera, e molte altre dello stesso
genere. – Siccome importa sommamente alla società cristiana che il Romano
Pontefice sia ed appaia completamente libero da ogni pericolo, molestia e
difficoltà nel governo della Chiesa, per quanto secondo le leggi è possibile,
tali società facciano, chiedano ed argomentino il più possibile a vantaggio del
Pontefice; né mai si diano posa finché a Noi, in realtà e non in apparenza, non
sia resa quella libertà con la quale per un certo necessario legame si
congiunge non soltanto il bene della Chiesa, ma anche il prospero andamento
delle cose italiane e la tranquillità delle genti cristiane. – Oltre a questo
conta moltissimo che si vada largamente diffondendo la buona stampa. Coloro che
avversano con mortale odio la Chiesa, hanno preso l’abitudine di combattere con
pubblici scritti, che adoperano come armi adattissime a danneggiare. Quindi una
pestifera colluvie di libri, quindi giornali sediziosi e funesti, i cui furiosi
assalti né le leggi raffrenano, né il pudore trattiene. Sostengono come ben
fatto tutto ciò che in questi ultimi anni è stato compiuto per mezzo di
sedizioni e di tumulti; coprono o falsano la verità; scagliano quotidianamente
brutali contumelie e calunnie contro la Chiesa e il Sommo Pontefice, e non vi è
alcuna sorta di dottrine assurde e pestilenziali che non si risparmino di
diffondere ovunque. È necessario dunque fare argine alla violenza di questo
grande male che va ogni giorno più largamente serpeggiando; e per prima cosa
conviene con tutta severità e rigore indurre il popolo a guardarsene il più
possibile, e ad usare scrupolosamente il più prudente discernimento sulle cose
da leggere. Inoltre occorre contrapporre scritto a scritto, affinché lo stesso
mezzo che tanto può nel rovinare, sia rivolto alla salute e al beneficio dei
mortali, e i rimedi vengano appunto da dove vengono preparati i micidiali
veleni. Pertanto è auspicabile che almeno in ogni provincia si istituisca
qualche strumento che illustri pubblicamente quali e quanti sono i doveri dei
singoli Cristiani verso la Chiesa: ciò con scritti molto frequenti, e se
possibile quotidiani. Soprattutto poi siano evidenziati i grandissimi benefici
recati ad ogni paese dalla Religione Cattolica; si faccia comprendere come la
sua virtù torni sempre a sommo bene e a vantaggio delle cose private e
pubbliche; si spieghi quanto sia importante che la Chiesa venga di nuovo e
sollecitamente innalzata nella società a quel grado di dignità che la sua
grandezza divina e la pubblica utilità delle genti vivamente richiedono. – Per
questo è necessario che coloro che si dedicano alla professione dello scrivere,
tengano presenti diverse considerazioni: che tutti, nello scrivere, mirino ad
un medesimo scopo; vedano di stabilire con giudizio sicuro ciò che torna più
vantaggioso e si sforzino di realizzarlo; non lascino da parte alcuna di quelle
cose che sembrino utili e desiderabili a sapersi; gravi e temperati nel dire,
confutino gli errori e i difetti, ma in modo che la critica sia senza acerbità,
e si porti rispetto alle persone; infine, si esprimano con piano e chiaro
discorso, in modo che la moltitudine possa comprenderlo agevolmente. – Tutti
gli altri poi che desiderano realmente e di cuore che le cose, sia sacre sia
civili, vengano efficacemente difese da valenti scrittori con positivi
risultati, cerchino di favorire con la propria liberalità i frutti delle
lettere e dell’ingegno; quanto più uno è dovizioso, tanto più con le sue
facoltà e con i suoi averi li sostenga. Infatti a tali scrittori si deve
prestare aiuto in questo modo, senza il quale il loro impegno non avrà alcun
successo, od un successo incerto ed assai esiguo. In tutte tali cose, se ai
nostri si presenta qualche disagio, se devono correre qualche rischio, osino
tuttavia affrontarli, in quanto per il Cristiano nessuna causa è più giusta di
questa, cioè di andare incontro a molestie e fatiche piuttosto che dagli empi
venga colpita la Religione. Certamente la Chiesa generò ed allevò i figli non a
condizione che, quando il tempo o la necessità lo richiedesse, essa non dovesse
aspettarsi da loro alcun aiuto, ma perché ognuno anteponesse alla propria tranquillità e ai privati
interessi la salute delle anime e la incolumità degl’interessi religiosi.
Precipuo oggetto poi delle Vostre assidue cure e dei Vostri pensieri deve
essere, Venerabili Fratelli, formare come si conviene idonei ministri di Dio.
Infatti, se è proprio dei Vescovi porre ogni opera e zelo nell’educare a dovere
tutta la gioventù in genere, è opportuno curare con maggior diligenza i
chierici, che crescono a speranza della Chiesa, e che saranno un giorno
partecipi e dispensatori dei sacri doni. Gravi ragioni, comuni a tutti i tempi,
richiedono senz’altro nei Sacerdoti un corredo di molte e grandi qualità:
tuttavia quest’età nostra ne domanda ancora di più e assai maggiori. In primo
luogo la difesa della Fede Cattolica, alla quale massimamente debbono con sommo
studio dedicarsi i Sacerdoti: essa è assolutamente necessaria ai tempi nostri;
vuole una dottrina non volgare né mediocre, ma profonda e varia, la quale
abbracci non solamente le sacre discipline, ma anche le filosofiche, e sia
ricca di cognizioni di fisica e di storia. Infatti si debbono estirpare
numerosi errori che mirano a sovvertire ogni fondamento della Rivelazione
cristiana; si deve lottare spesso con avversari preparatissimi e perseveranti
nelle discussioni, i quali traggono accortamente partito da ogni genere di
studi. – Analogamente, essendo oggi grande e molto diffusa la corruzione dei
costumi, è necessario che i Sacerdoti posseggano un singolare corredo di virtù
e di costanza. Infatti essi non possono sfuggire al rapporto con gli uomini;
anzi per gli stessi doveri del loro ministero sono tenuti a trattare molto più
da vicino col popolo; e ciò in mezzo a città nelle quali qualsiasi rea passione
è permessa sino alla licenza. Da ciò si comprende che il Clero deve possedere
in questo tempo una fortissima virtù, che possa essere essa stessa sicuro
strumento di difesa, vincere tutti gli allettamenti del vizio, ed uscire salva
da pericolosi esempi. – Oltre a questo, le leggi emanate a danno della Chiesa
hanno causato necessariamente la scarsezza dei chierici: onde è necessario che
coloro che per grazia di Dio vengono iniziati agli Ordini Sacri raddoppino
l’opera loro, e con singolare diligenza, studio e spirito di abnegazione
compensino il piccolo numero. Certamente
non possono raggiungere l’obiettivo se non hanno animo costante, mortificato,
intemerato, ardente di carità, e sempre pronto e volonteroso a sobbarcarsi alle
fatiche per la salvezza eterna degli uomini. Ma per tali compiti è
necessario disporre una lunga e diligente preparazione, dato che nessuno può
assuefarsi alla leggera e rapidamente a tante cose. E senza dubbio adempiranno
utilmente e santamente i doveri del Sacerdozio coloro che ad essi si saranno preparati
fin dall’adolescenza, ed avranno ricavato dall’educazione tanto frutto da
sembrare non formati, ma quasi nati con quelle virtù delle quali si è
accennato. – Pertanto, Venerabili Fratelli, i Seminari dei chierici giustamente
richiedono la maggiore e miglior parte delle cure, della sagacia e della
vigilanza Vostra. Per quel che concerne la virtù e i costumi, troppo bene
conoscete nella Vostra sapienza di quali precetti e ammaestramenti convenga
dotare abbondantemente i giovani chierici. Riguardo alle più ardue discipline,
poi, la Nostra Enciclica Æterni Patris diede le norme per un
ottimo andamento degli studi. Ma poiché in così continuo progredire
degl’ingegni furono saggiamente e utilmente ritrovate diverse cose che non
conviene siano ignorate, tanto più che uomini empi utilizzano come nuovi dardi
contro le verità rivelate da Dio tutto ciò che di giorno in giorno il progresso
mette a disposizione in materia, operate, Venerabili Fratelli, secondo le
Vostre possibilità affinché la gioventù educata alle cose sacre non solo abbia
un ricco corredo di scienze naturali, ma sia altresì ottimamente ammaestrata in
quelle discipline che hanno attinenza con gli studi critici ed esegetici della
sacra Bibbia. – Ben sappiamo che molte cose sono necessarie alla perfezione dei
buoni studi: tuttavia per improvvide leggi è reso impossibile o difficilissimo
procacciarsi tali mezzi. Ma anche a questo proposito i tempi esigono che
gl’italiani si sforzino di ben meritare della Religione Cattolica con la
generosità e con la munificenza. Vero è che la pia e benefica volontà dei
maggiori aveva appieno provveduto a tali necessità; e la Chiesa con la sua
avvedutezza e parsimonia era giunta a tal punto che non le era necessario
raccomandare la tutela e la conservazione delle cose sacre alla carità dei suoi
figli. Ma il suo patrimonio legittimo e sacrosanto, che il turbine di altre età
aveva risparmiato, è stato distrutto dalla procella dei nostri tempi; pertanto
da parte di coloro che professano amore al Cattolicesimo è tornato il momento
di rinnovare la liberalità degli avi. Certamente, luminosi esempi di
munificenza, in condizioni non molto dissimili, si vedono in Francia, nel
Belgio e altrove: esempi degnissimi di ammirazione non solo dei contemporanei,
ma anche dei posteri. Né dubitiamo che il popolo italiano, visto lo stato delle
pubbliche cose, farà il possibile per mostrarsi degno dei suoi maggiori, e si
darà ad imitare gli esempi fraterni. – Nelle cose che abbiamo esposto troviamo
invero una non piccola speranza di rimedio e di sicurezza. Ma come in tutte le
iniziative, così soprattutto in quelle che riguardano la salute pubblica è
necessario che agli aiuti umani si aggiunga il soccorso dell’onnipotente Iddio,
nelle cui mani sono non meno le volontà dei singoli individui come l’andamento
e la fortuna delle Nazioni. Per la qual cosa è da chiamare Dio in aiuto con le
più calde istanze, e supplicarlo che riguardi pietoso l’Italia arricchendola e
colmandola con tanti suoi benefici in modo che, dileguata ogni ombra di
pericoli, protegga per sempre in essa la Fede Cattolica, che è il massimo dei
beni. Per questo, ancora, è da chiamare supplichevolmente in soccorso Maria
Vergine Immacolata, gran Madre di Dio, fautrice e ausiliatrice dei buoni
consigli, e con Lei il suo santissimo Sposo Giuseppe, custode e patrono delle
genti cristiane. Con pari ardore conviene pregare i grandi Apostoli Pietro e
Paolo, affinché nel popolo italiano custodiscano intatto il frutto delle loro
fatiche, e conservino fino ai tardi posteri pura e inviolata la Religione Cattolica,
che essi stessi col proprio sangue conquistarono ai nostri antenati. – Confortati
dal celeste patrocinio di tutti loro, in auspicio delle divine consolazioni e a
testimonianza della speciale Nostra benevolenza, a Voi tutti, Venerabili
Fratelli, ed ai popoli affidati alla Vostra tutela, con affetto nel Signore
impartiamo l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 15 febbraio 1882, anno quarto del Nostro
Pontificato.
Il Santo Padre Pio IX, nel biasimare e condannare le leggi inique emanate in Svizzera, Austria ed in Prussia, non teme di attribuire questa nuova persecuzione a quella che egli definisce, con termine apocalittico, la “sinagoga di satana”, cioè la massoneria e le sette di qualsivoglia denominazione, a questa collegata dai medesimi principi e fini. Comincia con il descrivere le angherie e le ingiustizie perpetrate ai danni della Gerarchia canonicamente costituita, ai religiosi tutti ed agli interessi spirituali e materia dei fedeli cattolici, scomunicando tra l’altro un falso vescovo imposto da empie autorità civili, compreso l’imperatore di Prussia (che la storia ha poi appurato essere un noto massone), senza giurisdizione e senza mandato pontificio. Oggi, di tali soggetti sacrileghi e contravventori di tutte le regole canoniche più elementari, ce ne sono tantissimi in giro, millantando cattedre ed uffici di cui sono semplicemente usurpanti, ci riferiamo naturalmente ai cosiddetti scismatici gallicani fallibilisti delle “fraternità paramassoniche” (termine eufemistico per indicare ben altro), ai tradizionalisti falsi sedevacantisti senza uno straccio di giurisdizione né missione canonica, oltre agli aderenti ai falsi vescovi di Roma del Novus ordo con giurisdizioni usurpate. Ma a questo panorama sconfortante, il Santo Padre reagisce ed esorta il piccolo gregge dei veri Cattolici superstiti ed imperterriti, confidando nell’aiuto divino, a reagire citando le nobilissime parole di Crisostomo: « Molti flutti, molte gravi tempeste incalzano; ma non temiamo d’essere sommersi, perché posiamo sulla pietra. Infierisca pure il mare; la pietra non potrà venirne disciolta. Insorgano pure le onde; la nave di Gesù non potrà venirne affondata. Nulla è più potente della Chiesa. La Chiesa è più forte dello stesso cielo. Passeranno il cielo e la terra; ma le parole di Cristo non passeranno. Quali parole? “Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei”. Se non credi alle parole, credi ai fatti. Quanti tiranni tentarono di opprimere la Chiesa? Quante caldaie, quante fornaci, e denti di fiere, e aguzze spade! Tuttavia non ottennero nulla. Dove sono quei nemici? Sono dispersi nel silenzio e nell’oblio. E dove è la Chiesa? Ella splende più del sole. Le imprese di quei tali si estinsero, le cose della Chiesa vivono immortali. Se quando i cristiani erano pochi, non furono vinti, come potrai vincerli, quando l’intero mondo è pieno della loro sacra Religione? Il Cielo e la terra passeranno; ma le mie parole non passeranno”. Pertanto, non spaventati da alcun pericolo e sgombri da ogni dubbio, perseveriamo nella preghiera e procuriamo di giungere a questo: che tutti ci sforziamo di placare l’ira celeste, provocata dai delitti degli uomini, in modo che alla fine sorga l’Onnipotente nella sua misericordia, comandi ai venti e porti la tranquillità. ». – Temano piuttosto i servi della sinagoga di satana … il seme del serpente ovunque essi siano, soprattutto se infiltrati nel luogo santo: « Inimicitias ponam inter te et mulierem, et semen tuum et semen illius: Ipsa conteret caput tuum, et tu insidiaberis calcaneo ejus. » Il seme della Vergine Immacolata, benché insidiato e combattuto ed odiato, avrà la definitiva vittoria sul seme del serpente, Dio lo ha promesso fin dalla più remota antichità, ed il suo Cristo lo ha solennemente confermato … et portæ inferi non prævalebunt. Riposate, i vostri sforzi non approderanno ad un bel niente, siete sconfitti già in partenza, rassegnatevi, PENTITEVI e scansate l’inferno che vi attende!
Pio IX Etsi
multa
Benché fin dagli
stessi inizi del Nostro lungo Pontificato abbiamo dovuto subire sofferenze e
lutti, di cui Noi abbiamo trattato nelle encicliche a Voi spesso inviate;
tuttavia in questi ultimi anni la mole delle miserie è venuta crescendo in
maniera tale che quasi ne saremmo schiacciati, se non Ci sostenesse la
benignità divina. Anzi, le cose sono ora giunte a tal punto che la stessa morte
sembra preferibile ad una vita sbattuta da tante tempeste, e spesso con gli
occhi levati al cielo siamo costretti ad esclamare: “È meglio per Noi il morire, che vedere lo sterminio delle cose sante”
(1Mac III,59). Certamente da quando questa Nostra nobile Città, per volere di
Dio, fu presa con la forza delle armi, e assoggettata al governo di uomini che
calpestano il diritto, e sono nemici della Religione, per i quali non esiste
distinzione alcuna fra le cose divine ed umane, non è trascorso quasi giorno
alcuno, che al nostro cuore, già piagato per le ripetute offese e violenze, non
s’infliggesse una nuova ferita. Risuonano tuttora alle nostre orecchie i
lamenti ed i gemiti degli uomini e delle vergini appartenenti a famiglie
religiose che, cacciati dalle loro case e ridotti in povertà, vengono
perseguitati e dispersi, come suole accadere dovunque domina quella fazione, la
quale tende a sovvertire l’ordine sociale. Infatti come per testimonianza di Sant’Atanasio diceva il
grande Antonio, il diavolo odia tutti i Cristiani, ma non può in alcun modo
tollerare i buoni monaci e le vergini di Cristo. E anche questo abbiamo
visto negli ultimi tempi (che non sospettavamo potesse mai accadere), cioè che
venisse condannata e soppressa la Nostra Università Gregoriana; la quale (come
un antico autore scriveva a proposito della scuola Romana Anglosassone) era istituita
allo scopo che i giovani chierici, anche di lontane regioni, venissero ad
istruirsi nella dottrina e nella Fede Cattolica, affinché nelle loro chiese non
s’insegnasse nulla di distorto o contrario all’Unità Cattolica, e così
tornassero alle loro contrade consolidati nelle certezze della Fede. Così,
mentre con metodi malvagi Ci vengono sottratti a poco a poco tutti i presidi e
gli strumenti, coi quali possiamo reggere e governare la Chiesa tutta, appare
chiaro quanto sia lontano dal vero ciò che fu poco fa affermato, e cioè che,
strappataci Roma, non sia diminuita la libertà del Romano Pontefice
nell’esercizio del ministero spirituale e nella gestione di quelle cose che
spettano al mondo cattolico. Contemporaneamente
si fa ogni giorno più chiaro quanto fosse vero e giusto ciò che da Noi è stato
tante volte dichiarato e ripetuto, e cioè che l’occupazione sacrilega del
Nostro Stato mirava in primo luogo a spezzare la forza e l’efficacia del
Primato Pontificio, ed a distruggere, se fosse possibile, la stessa Religione Cattolica.
– Ma la Nostra principale intenzione non è di scrivere a Voi riguardo ai mali,
da cui questa Nostra città e l’intera Italia sono travagliate, ché anzi Noi
forse comprimeremmo in mesto silenzio queste Nostre afflizioni, se Ci fosse
concesso dalla divina clemenza di poter lenire gli aspri dolori, dai quali in
altre regioni tanti Venerabili Fratelli, preposti alle cose sacre, insieme al
loro Clero e al loro popolo sono afflitti. – Voi certamente non ignorate,
Venerabili Fratelli, come alcuni Cantoni della Confederazione Elvetica,
sospinti non tanto dagli eterodossi (alcuni dei quali anzi hanno biasimato il
fatto) quanto dagli operosi seguaci delle sette, (padroni oggi qua e là del
potere), abbiano sovvertito ogni ordine e divelto gli stessi fondamenti della
costituzione della Chiesa di Cristo, non solo contro ogni regola di giustizia e
di ragione, ma anche contro i pubblici impegni. Infatti, in virtù di solenni
trattati, difesi anche dal suffragio e dall’autorità delle leggi federali,
doveva rimanere intera ed illesa la libertà religiosa per i Cattolici. Nella
Nostra Allocuzione del 23 dicembre dello scorso anno Noi abbiamo deplorato la
violenza fatta alla Religione dai governi di quei cantoni “sia con
l’emanare decreti intorno ai dogmi della Fede Cattolica, sia favorendo gli
apostati, sia impedendo l’esercizio dell’autorità episcopale“. Ma le
Nostre giustissime lamentele, rivolte anche per Nostro comando al Consiglio
Federale dal Nostro Incaricato d’affari, furono del tutto trascurate; né in maggior
conto furono tenute le rimostranze, ripetutamente espresse dai Cattolici di
ogni ordine e dall’Episcopato svizzero; anzi, alle offese inflitte prima se ne
aggiunsero delle nuove e più gravi. – Infatti, dopo la violenta espulsione del
Venerabile Fratello Gaspare, Vescovo di Hebron e Vicario Apostolico di Ginevra,
– la quale quanto fu decorosa e gloriosa per chi l’ha subita, altrettanto fu
ignobile e indegna per coloro che la imposero e la eseguirono – il governo di
Ginevra, nei giorni 23 marzo e 27 agosto di questo anno, promulgò due leggi,
pienamente conformi all’editto (proposto nel mese di ottobre dell’anno
precedente) che era stato da Noi biasimato nell’Allocuzione che prima abbiamo
ricordato. Il medesimo Ggverno, anzi, si è arrogato il diritto di rifare in
quel Cantone la Costituzione della Chiesa Cattolica, e di redigerla in forma
democratica, assoggettando il Vescovo all’autorità civile, sia per quanto si
riferisce all’esercizio della sua giurisdizione e della sua amministrazione,
sia per quanto riguarda la delegazione della sua potestà; vietandogli d’aver
domicilio in quel Cantone; determinando il numero e i confini delle parrocchie;
proponendo la forma e le condizioni dell’elezione dei Parroci e dei Vicari, i
casi e il modo di revoca o di sospensione dei medesimi dal loro incarico;
affidando ai laici il diritto di nominarli e l’amministrazione temporale del
culto, e preponendo gli stessi laici quali ispettori alle funzioni della Chiesa
in generale. È sancito inoltre da quelle leggi che senza il permesso del governo,
anch’esso revocabile, i Parroci e i Vicari non possano esercitare alcuna
funzione, non possano accettare alcun incarico superiore a quello che hanno
assunto per elezione del popolo, e allo stesso modo siano costretti a prestare
giuramento all’autorità civile, con parole che, a rigore di termini, contengono
apostasia. Non c’è nessuno che non veda che queste leggi non solo sono irrite e
non possiedono alcun vigore, per la totale mancanza di autorità dei legislatori
laici, e per lo più eterodossi, i quali ancora, nelle cose che comandano, si
oppongono talmente ai dogmi della Fede Cattolica e alla disciplina della
Chiesa, sancita dal Concilio Ecumenico Tridentino e dalle Costituzioni
pontificie, tanto che è assolutamente necessario che siano da Noi riprovate e
condannate. – Noi pertanto, secondo i doveri del Nostro Ufficio, con la Nostra
Autorità Apostolica, solennemente riproviamo e condanniamo tali leggi,
dichiarando contemporaneamente che è illecito e totalmente sacrilego il
giuramento da esse imposto. Pertanto, tutti coloro che, eletti nel territorio
di Ginevra o altrove, secondo i decreti di queste leggi o in modo simile, per
suffragio del popolo e conferma dell’autorità civile, osino esercitare le
funzioni del ministero ecclesiastico, incorrono ipso facto nella scomunica maggiore, peculiarmente riservata
a questa Santa Sede, e nelle altre pene canoniche; e che di conseguenza tutti
costoro devono essere tenuti lontani dai fedeli, secondo l’ammonizione divina,
come alieni e ladri che non vengono se non per rubare, uccidere, mandare in
rovina (Gv X, 5.10). – Sono certamente tristi e funeste le cose che fin qui
abbiamo ricordato, ma più funeste quelle che avvennero in cinque dei sette cantoni,
di cui è composta la Diocesi di Basilea, cioè Soletta, Berna, Basilea Campagna,
Argevia, Turgovia. Anche qui furono emanate leggi (riguardo alle parrocchie,
all’elezione e alla revoca dei Parroci e dei Vicari) che sovvertono
l’amministrazione della Chiesa e la sua divina Costituzione e sottomettono il
ministero ecclesiastico al potere secolare e sono in tutto scismatiche. Queste
leggi dunque, e particolarmente quella che fu promulgata dal governo di Soletta
il giorno 23 dicembre dell’anno 1872, Noi biasimiamo e condanniamo, e
decretiamo che esse debbano considerarsi per sempre riprovate e condannate.
Pertanto il Venerabile Fratello Eugenio, Vescovo di Basilea, in un convegno
(ossia conferenza, come dicono, diocesana) a cui erano convenuti
i Delegati dei cinque Cantoni sopraddetti, ha respinto con giusta indignazione
e costanza apostolica alcuni articoli che gli venivano proposti: la ragione del
rifiuto era che essi offendevano l’autorità episcopale, sovvertivano il governo
gerarchico, e favorivano apertamente l’eresia. Per questo motivo egli fu
deposto dall’Episcopato, strappato dalle sue case, e cacciato violentemente in
esilio. Allo stesso modo non fu tralasciato nessun genere di frode o di
violenza, nei predetti cinque cantoni, per indurre il clero ed il popolo allo
scisma; fu vietato al clero qualunque rapporto col Pastore in esilio e fu
comandato al Capitolo della Cattedrale di Basilea di procedere all’elezione del
Vicario Capitolare, o Amministratore, come se la Sede episcopale fosse
realmente vacante; questo indegno eccesso fu rifiutato dal Capitolo, con
apposita protesta. Intanto per decreto e sentenza dei Magistrati civili di
Berna fu dapprima imposto a sessantanove Parroci del Giura di non esercitare le
funzioni del proprio ministero; poi l’incarico fu tolto per questo solo motivo,
che pubblicamente avevano testimoniato di riconoscere come legittimo e unico
Vescovo e Pastore il Venerabile Fratello Eugenio, cioè di non voler turpemente
rinnegare la verità cattolica. Così è avvenuto che tutto quel territorio, (che
aveva sempre conservato la Fede Cattolica, e che da tempo era stato congiunto
al cantone Bernese con la legge e con il patto che potesse esercitare
liberamente e senza violazione alcuna la sua religione) venisse privato delle
sue adunanze parrocchiali, delle solennità del Battesimo, delle nozze, e dei funerali;
di questo invano si lamentava e reclamava la moltitudine dei fedeli, la quale
con somma offesa era stata ridotta alla scelta estrema di dovere o ricevere i
pastori scismatici ed eretici, imposti dal potere politico, o rimanere privata
d’ogni aiuto e ministero sacerdotale. – Noi di cuore benediciamo Iddio, il
quale con la medesima grazia con cui un tempo confortava e confermava i
martiri, ora sostiene e rende forte quella eletta parte del Gregge Cattolico,
la quale virilmente segue il suo Vescovo, che combatte come muro in difesa
della casa d’Israele, affinché stia salda in battaglia nel giorno del Signore
(Ez XVIII, 5), e senza conoscere la paura segue le orme del primo Martire, Gesù
Cristo, mentre, opponendo la mansuetudine dell’agnello alla ferocia dei lupi,
propugna in modo forte e costante la propria Fede. – Questa nobile fermezza dei
fedeli Svizzeri è emulata con non minore gloria dal Clero e dal popolo fedele
di Germania, il quale allo stesso modo segue gli illustri esempi dei suoi
Vescovi. Questi certamente sono diventati oggetto di ammirazione per il mondo,
per gli Angeli e per gli uomini, i quali da ogni parte guardano come costoro,
rivestiti della corazza della verità cattolica e dell’elmo della salvezza,
strenuamente combattono le battaglie del Signore, e tanto più ammirano la
fortezza e la costanza incrollabile del loro animo e con alte lodi le esaltano,
quanto più cresce di giorno in giorno l’aspra persecuzione, mossa contro di
loro nell’Impero Germanico e soprattutto in Prussia. – Oltre alle molte e gravi
offese inflitte alla Chiesa Cattolica nell’anno precedente, il Governo
prussiano, con leggi durissime ed ingiuste e del tutto estranee alle
consuetudini fin ad allora adottate, ha sottoposto l’intera istituzione ed
educazione del Clero alla potestà laica in modo tale che a questa compete la
facoltà di esaminare e determinare in quale modo i chierici debbono essere
istruiti e preparati per la vita sacerdotale e pastorale; e andando ancora più
oltre, attribuisce alla medesima potestà laica il diritto di conoscere e
giudicare sul contributo relativo a qualunque ufficio e beneficio
ecclesiastico, e di privare anche dell’ufficio e beneficio i suoi Pastori.
Inoltre, affinché in modo più rapido e totale venissero sconvolti il governo e
l’ordinamento gerarchico della Chiesa stabilito dallo stesso Cristo Signore, da
tali leggi sono stati introdotti molti impedimenti ai Vescovi, affinché non
possano opportunamente provvedere, mediante censure e pene canoniche, né alla
salvezza delle anime, né alla integrità della dottrina nelle scuole cattoliche,
né all’ossequio loro dovuto da parte dei chierici. Infatti, in nome di queste
leggi non è lecito ai Vescovi fare tali cose, in nessun modo se non con il
beneplacito dell’autorità civile e secondo la norma da lei prescritta. Infine,
affinché nulla mancasse alla totale oppressione della Chiesa Cattolica, è stato
istituito un regio tribunale per gli affari ecclesiastici, presso il quale i
Vescovi e i sacri Pastori possono essere citati tanto dai cittadini privati che
siano da loro dipendenti, quanto dai pubblici magistrati, in modo che siano
sottoposti a giudizio come rei e siano impediti nell’esercizio del ministero
spirituale. – Così la santissima Chiesa di Cristo, a cui era stata assicurata
la necessaria e piena libertà religiosa, anche con solenni e ripetute promesse
dei supremi Principi e con pubbliche convenzioni ufficiali, ora piange in quei
luoghi, spogliata di ogni suo diritto, esposta a forze nemiche che la
minacciano di morte; queste nuove leggi infatti sono tali che ella non può
sopravvivere. Non c’è dunque da meravigliarsi che l’antica tranquillità
religiosa in quell’Impero sia gravemente turbata da queste leggi e da altre decisioni
ed atti del governo prussiano quanto mai ostili nei confronti della Chiesa. Ma
sarebbe ingiusto gettare la colpa di questo sconvolgimento sui Cattolici
dell’Impero germanico. Perché se si deve imputare loro come colpa il non
adattarsi a quelle leggi, a cui, salva la coscienza, non possono adattarsi, per
la stessa causa e allo stesso modo dovrebbero essere accusati gli Apostoli ed i
Martiri di Gesù Cristo, i quali preferirono soggiacere ai più atroci supplizi e
alla stessa morte, piuttosto che tradire il loro dovere e violare le leggi
della loro santissima Religione, obbedendo agli empi comandi di Principi
persecutori. Certamente, Venerabili Fratelli, se al di là delle leggi del mondo
civile non ce ne fossero altre, e certamente di più alto valore, che è doveroso
riconoscere ed illecito violare; se, inoltre, queste leggi civili costituissero
la suprema norma della coscienza, così come in modo empio ed egualmente assurdo
alcuni pretendono, sarebbero degni di rimprovero piuttosto che di onore e di
lode i primi martiri e tutti quelli che poi li imitarono, per avere sparso il
proprio sangue per la Fede di Cristo e per la libertà della Chiesa. Anzi, non
sarebbe stato neppure lecito insegnare e professare la Religione Cristiana e
fondare la Chiesa contro quanto era prescritto dalle leggi e dalla volontà dei
Sovrani. Tuttavia la Fede ci insegna, e l’umana ragione ci dimostra, che esiste
un doppio ordine di cose, e allo stesso modo si deve distinguere una duplice
potestà sulla terra: l’una, di origine naturale, che provvede alla tranquillità
dell’umana società e alle cose del mondo; l’altra, di origine soprannaturale,
che presiede alla città di Dio, cioè alla Chiesa di Cristo, da Dio istituita
per la pace e per l’eterna salvezza delle anime. Ora i compiti di queste due
potestà sono stati ordinati con somma sapienza, in modo che si rendano a Dio le
cose che sono di Dio, e per riguardo a Dio si rendano a Cesare le cose che sono
di Cesare; “il quale perciò è grande qui, perché è minore in cielo;
appartenendo egli a Colui, al quale appartengono il cielo ed ogni cosa creata“.
E da questo divino comandamento certo la Chiesa non si è mai allontanata:
sempre e dappertutto Ella si è adoperata per inculcare nell’animo dei suoi
fedeli l’obbedienza che inviolabilmente essi debbono mantenere verso i supremi
Principi e le loro leggi per quanto riguarda i doveri secolari, e secondo le
parole dell’Apostolo insegnò che i Principi sono stati istituiti non per timore
delle opere buone, ma di quelle cattive; essa comanda ai fedeli di essere loro
sottoposti, non solo per timore della pena, in quanto il Principe è armato della
spada per punire chi compie il male, ma anche per l’obbligo di coscienza, dato
che il Principe nell’adempimento del suo ufficio è ministro di Dio (Rm XIII, 3ss.).
Senonché la coscienza ridusse questo timore dei Principi nei confronti delle
cattive azioni, fino a svincolarlo addirittura dall’osservanza della legge
divina. Si ricorda di essa il beato Pietro, che insegnò ai fedeli: “Nessuno
di voi si adatti a vivere come omicida, o ladro, o calunniatore, o desideroso
dei beni altrui; ma se vive come Cristiano, non arrossisca, e glorifichi anzi
Dio in questo nome” (1Pt IV, 14-15). – Stando così le cose, facilmente
comprenderete, Venerabili Fratelli, di quanto dolore necessariamente Ci
sentiamo trafiggere l’animo nel leggere nella lettera, da poco inviataci dallo
stesso Imperatore germanico l’accusa, non meno atroce che impensabile, contro
una parte, come egli dice, dei suoi sudditi Cattolici, e in particolare contro
il Clero Cattolico ed i Vescovi della Germania. L’unica motivazione di quella
accusa è che costoro, senza temere né le sofferenze né le carceri, e non
preoccupandosi della loro vita più che di se stessi (At XX, 24), rifiutano di
obbedire alle sopraddette leggi, con la medesima costanza con la quale, prima
che esse fossero sancite, vi si erano opposti, denunziandone al Potere gli
errori e spiegandoli, con gravi pesanti numerose e solidissime rimostranze, che
con plauso di tutto il mondo cattolico e anche di non pochi eterodossi, hanno
presentato al Principe, ai Ministri, e alla stessa suprema Assemblea del Regno.
– Per questo essi sono ora accusati di tradimento, come se fossero in accordo e
cospirassero con coloro che tentano di sconvolgere tutti gli ordinamenti della
società umana, senza tenere in considerazione le numerose e autorevoli prove
che evidentemente dimostrano la loro saldissima fedeltà e la loro obbedienza
verso il Principe, e il loro caldo amore verso la patria. Ché, anzi, Noi stessi
siamo pregati di esortare quei Cattolici e i sacri Pastori all’osservanza di
quelle leggi, come se Noi stessi concorressimo con l’opera Nostra ad opprimere
e a disperdere il gregge di Cristo. Ma, fiduciosi in Dio, Noi speriamo che il
serenissimo Imperatore, conosciute e ponderate meglio le cose, respingerà un
sospetto tanto inconsistente ed incredibile verso sudditi fedelissimi, né
permetterà che il loro onore sia straziato più a lungo da una così turpe
diffamazione e che una tanto immeritata persecuzione continui contro di loro.
Del resto Noi avremmo ben volentieri ignorato in questa sede questa lettera
dell’Imperatore se, a Nostra insaputa e con scelta davvero insolita, non fosse
stata divulgata dal giornale ufficiale di Berlino, insieme con un’altra scritta
di Nostra mano, in cui Ci appellavamo alla giustizia del serenissimo Imperatore
in favore della Chiesa Cattolica in Prussia. – Le cose che abbiamo ricordato
fin qui sono davanti agli occhi di tutti: perciò mentre i Religiosi e le
vergini consacrate a Dio vengono privati della libertà comune a tutti i
cittadini, e vengono perseguitati con crudele ferocia; mentre le scuole pubbliche,
nelle quali si educa la gioventù cattolica, vengono sottratte ogni giorno di
più al salvifico Magistero e alla vigilanza della Chiesa; mentre si sciolgono i
sodalizi istituiti per promuovere la Religione, e perfino gli stessi seminari
dei chierici; mentre s’impedisce la libertà della predicazione evangelica;
mentre in alcune parti del Regno si proibisce che venga impartita nella lingua
materna l’istruzione religiosa; mentre vengono allontanati a forza dalle loro
parrocchie i Parroci colà preposti dai Vescovi; mentre gli stessi Vescovi
vengono privati delle loro rendite, perseguitati con multe, atterriti con la minaccia
del carcere; mentre i Cattolici sono tormentati con ogni sorta di vessazione, è
possibile che Noi Ci persuadiamo di quello che Ci si vuole dare a credere, cioè
che né la Religione di Cristo né la verità sono chiamate in causa? – E non
finiscono qui le offese che si fanno alla Chiesa Cattolica. Si aggiunge anche
il fatto che il governo prussiano ed altri dell’Impero germanico hanno apertamente
assunto la protezione di quei nuovi eretici, che, per un abuso di nome si
chiamano Vecchi cattolici, il che sarebbe degno di riso, se i tanti
mostruosi errori di quella setta contro i principi fondamentali della Fede, i
tanti sacrilegi nella celebrazione dei misteri divini e nell’amministrazione
dei sacramenti, i tanti gravissimi scandali, infine la tanto grande rovina
delle anime redente dal sangue di Cristo, non inducessero piuttosto a versare
calde lacrime. – E che cosa tentino e dove mirino codesti miserabili figli del
male, chiaramente si vede da altri loro scritti, e soprattutto da quello empio
e spregiudicato che fu pubblicato poco tempo fa da colui che essi, di recente,
hanno eletto come pseudo-Vescovo. Essi infatti sovvertono il vero potere di
giurisdizione che risiede nel Romano Pontefice e nei Vescovi, successori del
Beato Pietro e degli Apostoli, e lo trasferiscono al popolo, ossia, come
dicono, alla comunità; rifiutano sfacciatamente e combattono il Magistero
infallibile sia del Romano Pontefice, sia di tutta la Chiesa docente. Contro lo
Spirito Santo (che Cristo affermò che sarebbe rimasto in eterno nella Chiesa),
essi con incredibile ardire sostengono che il Romano Pontefice, e tutti i
Vescovi, sacerdoti e popoli, congiunti con lui in unità di fede e di comunione,
sono caduti in eresia, quando hanno sancito e professato le definizioni del
Concilio Ecumenico Vaticano. Negano quindi anche l’infallibilità della Chiesa,
bestemmiando che essa è morta in tutto il mondo, e che il suo Capo visibile e i
Vescovi non esistono più; quindi vanno dicendo che è sorta in loro la necessità
di restaurare l’episcopato legittimo nel loro pseudo-Vescovo, il quale, salendo
alla carica non per la porta, ma in modo diverso, come uno che rapina o ruba,
attira egli stesso sul proprio capo la dannazione di Cristo. – Ciò nonostante
questi miserabili, che sovvertono i fondamenti della Religione Cattolica, che
distruggono tutti i suoi principi e i suoi caratteri, che hanno inventato tanto
turpi e numerosi errori o, piuttosto, desumendoli dal vecchio patrimonio degli
eretici e raccogliendoli insieme, li hanno riproposti, non si vergognano di
dirsi cattolici, Vecchi cattolici, mentre con la loro dottrina, con la
loro stranezza, e con il loro numero rimuovono da se stessi in modo totale
ambedue i caratteri: l’antichità e la Cattolicità. Contro costoro, con maggior
diritto certamente che non un tempo Agostino contro i Donatisti, insorge la
Chiesa diffusa fra tutte le genti: quella Chiesa che Cristo, figlio del Dio
vivente, edificò sopra una pietra e contro la quale le porte dell’inferno non
prevarranno; quella Chiesa con la quale Egli, a cui è data ogni potestà in
cielo ed in terra, disse che sarebbe stato tutti i giorni fino alla
consumazione dei secoli. “Grida la Chiesa all’eterno suo Sposo: come
può accadere che alcuni, non so chi, allontanatisi da me, mormorino contro di
me? Come può essere che coloro che sono perduti pretendano che io siaperita?
Annunziami la brevità dei miei giorni: per quanto tempo starò in questo mondo?
Annunzialo a me per coloro che dicono: “Fu e non è più”; per
coloro che dicono: “Sono adempiute le Scritture, tutte le genti hanno
creduto, ma la Chiesa ha apostatato ed è perita per tutte le genti. Ed egli
l’annunziò, né la sua voce fu vana”. In che modo l’annunziò?
“Ecco, io sono con voi fino alla consumazione dei secoli”. Colpita
dalle vostre parole e dalle vostre false opinioni, la Chiesa chiede a Dio che
le dichiari la brevità dei suoi giorni, e trova che il Signore ha detto:
“Ecco, io sono con voi fino alla consumazione dei secoli”. Qui voi
dite: “Di noi ha detto: noi siamo e saremo fino alla consumazione dei
secoli. Si interroghi lo stesso Cristo”. Egli disse: “Si
predicherà questo Vangelo in tutto il mondo, a testimonianza per tutte le
genti, ed allora verrà la fine”. Dunque, sino alla fine dei secoli la
Chiesa è in tutte le genti. Periscano gli eretici, periscano per quello che
sono; e vengano recuperati affinché siano ciò che non sono” . – Ma
codesti uomini che procedono con maggior audacia per la via dell’iniquità e
della perdizione (come per giusto giudizio di Dio suole accadere alle sette
degli eretici) hanno voluto anche, come accennammo, creare una gerarchia, e
hanno eletto e creato pseudo-vescovo certo Giuseppe Uberto Reinkens, noto
apostata della fede cattolica; ed affinché non mancasse nulla alla loro
impudenza, per la sua consacrazione ricorsero a quei Giansenisti di Utrecht,
che essi, prima che si ribellassero alla Chiesa, consideravano (insieme con gli
altri cattolici) eretici e scismatici. Tuttavia quel Giuseppe Uberto osa
dichiararsi vescovo, e, cosa che supera ogni credibilità, è riconosciuto e
nominato con pubblico decreto come vero Vescovo Cattolico dal serenissimo
Imperatore di Germania, e proposto a tutti i sudditi perché sia considerato e
riverito quale legittimo vescovo. Eppure gli stessi primi elementi della Dottrina
Cattolica insegnano che non può essere considerato Vescovo legittimo, nessuno
che non sia congiunto per comunione di fede e di carità con la Pietra sopra cui
è edificata la Chiesa di Cristo, e non sia legato strettamente al supremo
Pastore, a cui sono date da pascolare tutte le pecore di Cristo, e non sia
unito a colui che difende e garantisce la fraternità che è nel mondo. E in
verità “a Pietro parlò il Signore: ad uno solo, per fondare l’unità
dall’uno” . A Pietro “la divina clemenza conferì una grande e
mirabile parte del suo potere, e se volle che qualche cosa fosse comune con gli
altri Principi, non concesse mai alcunché agli altri se non per mezzo di lui”
. Ne consegue che da questa Sede Apostolica, dove il Beato Pietro “vive,
presiede e concede a chi la cerca la verità della Fede , si diffondono
per tutti i diritti della venerabile unione comune” ; e questa stessa
Sede senza dubbio “è per le altre Chiese, sparse in tutta la terra,
come il capo rispetto alle membra; chiunque si separa da lei diventa esule
dalla religione cristiana, avendo cominciato a non essere più nello stesso
corpo comune” . – Di conseguenza il santo martire Cipriano,
discorrendo dello pseudo-vescovo scismatico Novaziano, gli negò perfino
l’appellativo di cristiano, dato che era staccato e separato dalla
Chiesa di Cristo. “Chiunque sia, dice, e di qualunque genere
sia, non è cristiano chi non è nella Chiesa di Cristo. Si vanti pure e con
parole superbe predichi la sua filosofia e la sua eloquenza; chi non è stato
fedele alla carità fraterna e all’unità ecclesiastica, ha perduto anche quello
che era prima. Dato che da Cristo deriva per tutto il mondo una sola Chiesa,
divisa in molte membra, egualmente un solo episcopato è diffuso nel concorde
pluralismo di molti Vescovi; esso, dopo il mandato di Dio, e dopo l’unità della
Chiesa dovunque stretta e congiunta, si sforza di fare la Chiesa delle persone
umane. Dunque, chi non osserva né l’unità dello spirito, né la comune unità
della pace, e si separa dal vincolo della Chiesa e dal Collegio dei Sacerdoti,
non può avere né il potere né l’onore di Vescovo, non avendo voluto mantenere
né l’unità, né la pace dell’episcopato” . – Noi dunque che, benché
immeritevoli, siamo collocati in questa suprema Cattedra di Pietro, a custodia
della Fede Cattolica per mantenere e difendere l’unità della Chiesa universale,
seguendo la consuetudine e l’esempio dei Nostri Predecessori e delle leggi
ecclesiastiche, con la potestà conferitaci dal cielo, non solo dichiariamo
l’elezione di Giuseppe Uberto Reinkens (prima ricordato) compiuta contro la
sanzione dei Sacri Canoni, illecita, vana, e completamente nulla, e condanniamo
e detestiamo la sua consacrazione sacrilega; ma con l’autorità di Dio onnipotente scomunichiamo e
anatemizziamo lo stesso Giuseppe Uberto e coloro che osarono eleggerlo, coloro
che collaborarono alla consacrazione sacrilega, tutti quelli che li hanno
sostenuti e che, aderendo ad essi, diedero loro favore, aiuto o consenso;
dichiariamo, comandiamo ed ordiniamo che tutti costoro debbano essere
considerati separati dalla comunione della Chiesa e considerati nel numero di
coloro, la cui familiarità e la cui frequentazione l’Apostolo vietò a tutti i
fedeli di Cristo, tanto che espressamente comandò che non si dovesse neanche
dire loro “Ave” (2Gv 10).
Da tutte le cose
che abbiamo toccato, più deplorandole che narrandole, vi è abbastanza chiaro,
Venerabili Fratelli, quanto triste e piena di pericolo sia la condizione dei Cattolici
nei paesi d’Europa, di cui abbiamo trattato. E le cose non vanno meglio, né i
tempi sono più pacifici in America, dove alcune regioni sono così ostili ai
Cattolici, che i loro Governi sembrano negare coi fatti quella fede cattolica
che professano. Infatti là da alcuni anni ha cominciato ad essere mossa una
terribile guerra contro la Chiesa, le sue istituzioni e i diritti di questa
Sede Apostolica. Se volessimo continuare in questo argomento non Ci verrebbero
mai meno le parole. Dato che ciò, per la sua importanza, non può essere toccato
per inciso, ne parleremo più a lungo un’altra volta. – Si meraviglierà forse
qualcuno di Voi, Venerabili Fratelli, che la guerra che oggi si muove alla
Chiesa Cattolica si espanda tanto. Ma chiunque conosce il carattere, gli obiettivi ed il proposito delle
sette, sia che si chiamino massoniche, sia che si chiamino con qualsivoglia
altro nome, e li paragoni al carattere, al modo, e all’ampiezza di questa
guerra, da cui la Chiesa è assalita quasi da ogni parte, non potrà certamente
dubitare che questa calamità non si debba attribuire alle frodi ed alle
macchinazioni di quelle sette. Da esse infatti è formata la sinagoga di Satana, che ordina il suo esercito
contro la Chiesa di Cristo, innalza la sua bandiera e viene a battaglia.
I Nostri Predecessori, vigili in Israele, denunziarono ai Re ed ai popoli
queste sette già da molto tempo, fin dalle loro origini, e poi ripetute volte
le colpirono con le loro condanne. Noi pure non siamo venuti meno a questo
dovere. Oh, se si fosse data più fiducia ai supremi Pastori della Chiesa, da
parte di coloro che avrebbero potuto respingere una tanto esiziale pestilenza!
Invece essa ha progredito attraverso nascondigli, viscidi anfratti e senza mai
interrompere il suo lavorio, ingannando molti con astute frodi; ed è giunta
infine a tale punto che ha potuto uscire dalle sue latebre, e vantarsi di
essere oggi potente e sovrana. Aumentata ormai immensamente la turba dei loro
seguaci, queste empie sette credono di aver quasi raggiunto lo scopo, anche se
non hanno ancora toccato l’ultima meta. Avendo conseguito ciò che tanto avevano desiderato,
cioè di decidere di ogni cosa nella maggior parte dei luoghi, ora indirizzano
audacemente la forza e l’autorità acquistate allo scopo di ridurre la Chiesa in
durissima schiavitù, abbattere i fondamenti sopra i quali ella si regge,
contaminare le impronte divine delle quali luminosamente rifulge, e, ancor più,
annientarla del tutto, se mai fosse possibile, nel mondo intero, dopo averla
percossa con frequenti colpi, disfatta e distrutta. – Stando così le
cose, Venerabili Fratelli, impiegate ogni mezzo per difendere dalle insidie e
dal contagio di queste sette i fedeli affidati alle vostre cure, e per salvare
dalla perdizione coloro che a queste sette disgraziatamente hanno dato il nome.
Ma soprattutto mostrate e combattete l’errore di coloro che, o ingannati o
ingannatori, non temono tuttavia di asserire che da queste oscure congreghe non
si cerca altro che l’utilità sociale, il progresso e la reciproca beneficenza.
Esponete spesso ai fedeli ed imprimete nelle loro anime le Costituzioni
pontificie sull’argomento, e insegnate loro che da esse sono colpite non solo
le società massoniche d’Europa, ma anche tutte quelle di America e quante altre
si trovano nelle diverse regioni del mondo intero. – Del resto, Venerabili
Fratelli, poiché Ci toccò
di vivere in tempi nei quali incombe l’occasione di patire certamente molto, ma
anche di meritare molto, noi, come buoni soldati di Cristo, preoccupiamoci in
primo luogo di non abbattere il nostro animo; anzi, nella stessa tempesta da
cui siamo sbattuti, armati della sicura speranza di tranquillità futura e di
più limpida serenità della Chiesa, troviamo la forza per incoraggiare
Noi stessi, il clero affaticato e il popolo, confidando nell’aiuto divino e
sostenuti dalle nobilissime parole di Crisostomo: “Molti flutti, molte gravi tempeste
incalzano; ma non temiamo d’essere sommersi, perché posiamo sulla pietra.
Infierisca pure il mare; la pietra non potrà venirne disciolta. Insorgano pure
le onde; la nave di Gesù non potrà venirne affondata. Nulla è più potente della
Chiesa. La Chiesa è più forte dello stesso cielo. Passeranno il cielo e la
terra; ma le parole di Cristo non passeranno. Quali parole? “Tu
sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte
dell’inferno non prevarranno contro di lei”. Se non credi alle parole,
credi ai fatti. Quanti tiranni tentarono di opprimere la Chiesa? Quante
caldaie, quante fornaci, e denti di fiere, e aguzze spade! Tuttavia non
ottennero nulla. Dove sono quei nemici? Sono dispersi nel silenzio e
nell’oblio. E dove è la Chiesa? Ella splende più del sole. Le imprese di quei
tali si estinsero, le cose della Chiesa vivono immortali. Se quando i cristiani
erano pochi, non furono vinti, come potrai vincerli, quando l’intero mondo è
pieno della loro sacra religione? Il Cielo e la terra passeranno; ma le mie
parole non passeranno”. Pertanto,
non spaventati da alcun pericolo e sgombri da ogni dubbio, perseveriamo nella
preghiera e procuriamo di giungere a questo: che tutti ci sforziamo di placare
l’ira celeste, provocata dai delitti degli uomini, in modo che alla fine sorga
l’Onnipotente nella sua misericordia, comandi ai venti e porti la tranquillità.
Frattanto con
ogni affetto impartiamo la Benedizione Apostolica, espressione della Nostra
speciale benevolenza, a Voi tutti, Venerabili Fratelli, al clero e a tutto il
popolo affidato alle vostre cure.
Dato a
Roma, presso San Pietro, il 21 novembre 1873, anno ventottesimo del Nostro
Pontificato