DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO-MASSONERIA (3)

DISCORSO
SUL
SEGRETO DELLA FRANCO MASSONERIA (3)

DI MONSIGNOR AMAND JOSEPH FAVA

VESCOVO DI GRENOBLE
 

LIBRERIA OUDIN, EDITORE – 1882

Massoneria in Italia – Cagliostro – fondatore del Misraïm o Rito Egizio.

Poiché l’Italia era la culla della setta massonica, come abbiamo dimostrato parlando dell’Accademia di Vicenza e, in particolare, dei Socino, era naturale che la società dei massoni avesse lì il suo centro e ne ricevesse l’impulso. Ma non fu così. Lelio Socino e Fausto, suo nipote, furono costretti a lasciare il loro Paese, dove i seminatori di false dottrine erano trattati come i fabbricanti di denaro falso lo sono oggi tra noi. Si pensava allora, e a ragione, che l’errore religioso fosse più pernicioso, per una società, della moneta falsa, ed i governi, penetrati e armati di questo principio, chiesero alla Chiesa di indicare loro le dottrine erronee, la cui predicazione poteva dividere gli spiriti e fomentare quei disordini, rivoluzioni e guerre che hanno insanguinato l’Europa, ad eccezione dell’Italia e della Spagna, meglio difese dalle loro istituzioni rispetto ad altre nazioni. Tuttavia, l’Italia non rimase completamente estranea alla Massoneria. Cesare Cantù, nel suo libro: L’Hérésie dans la Révolution – pagina 45 – ci fornisce preziose informazioni su questo argomento. Eccone alcune:  « Non si sa con certezza – egli dice – come questa società tenebrosa sia penetrata in Italia. Tra i cimeli della Massoneria c’è una medaglia coniata a Firenze nel 1733 in onore del Gran Maestro, il Duca di Midlesex. Nel 1739 fu introdotta nella Savoia, nel Piemonte e nella Sardegna; questi tre Paesi avevano un solo Gran Maestro provinciale, nominato dalla loggia principale d’Inghilterra. A Roma, luogo di incontro di tanti stranieri, le logge esistevano già nel 1742, quando assegnarono una medaglia a Martin Folkes, presidente della Royal Society di Londra; ma rimasero segrete fino al 1789. Se non si sa in che modo la massoneria sia penetrata in Italia, è facile per il lettore constatare che la setta è di importazione inglese, in Italia come in Francia, e che le logge non sono rimaste così segrete da poter sfuggire alla vigilanza della Santa Sede, visto che Clemente XII le ha condannate con una lettera apostolica datata nell’ottavo anno del suo Pontificato, cioè nel 1738. Questa condanna ed i termini in cui è espressa dimostrano che la Massoneria non ha cambiato la sua dottrina. « La Loggia dei Sinceri Amici della Trinità del Monte fu fondata lì – dice Cesare Cantu – il 6 novembre 1787, da cinque francesi, un americano e un polacco che, come membri di logge straniere, gemevano nel vivere in mezzo alle tenebre… ». – « La loggia di Roma fu dapprima indipendente, poi le fu conferita un’istituzione regolare dal Grande Oriente di Francia, creata – secondo Ragon – il 24 dicembre 1772, per sostituire la Gran Loggia di Francia, che da tempo era caduta in uno stato di quiescenza, sotto il suo Gran Maestro, il principe di Clermont, morto il 15 giugno 1711. « Napoli aveva diverse logge, tutte confluite, nel 1756, in una loggia nazionale, che corrispondeva con la Germania. Nel 1767, un moribondo, per senso di coscienza, e un seguace, a cui la società aveva ritirato i cospicui sussidi che gli aveva concesso, ne rivelarono l’esistenza e ne fecero partecipe l’alto priore del Regno, il duca di San Severo. Questi fu arrestato, ma allo stesso tempo il suo palazzo fu dato alle fiamme; il popolo lo spense, in modo che la corrispondenza potesse essere sequestrata. Il duca non negò nulla, spiegò il fine ed i mezzi dell’associazione, assicurò che nella sola città di Napoli c’erano sessantaquattromila massoni e che gli adepti si contavano a milioni. » Cantù aggiunge: « Secondo un avviso pubblicato allora con l’incertezza da cui erano avviluppate le società segrete, la Massoneria risaliva a sessantacinque anni prima, al tempo in cui Cromwelt fondò una camera di quattro segretari e sette assessori, uno per ogni nazione; ogni nazione era suddivisa in cinque province, con un assessore per ogni provincia ». – « A Venezia furono aperte delle logge all’inizio della setta, ma ne fu ordinata la chiusura nel 1786 ». – Il libro reca la data 1686, che è senza dubbio un errore di stampa. – La cosa, per quanto improbabile, è comunque possibile, dato che Socino morì nel 1604, e potrebbe forse essere piaciuto a qualcuno dei suoi adepti venire a fondare la setta massonica a Venezia.  « In ogni caso, un certo Sessa, di Napoli, le ristabilì; vi si unirono nobili, abati e mercanti. I vigili inquisitori di Stato ne furono informati da un rotolo di carte che Girolamo Giuliano dimenticò in una gondola. La loggia vicino a San Simone Magno fu immediatamente invasa mentre non c’era nessuno; tutto l’armamentario mistico e scenografico di teschi, compassi, pentagoni, tamburi, cazzuole e grembiulini fu portato via e bruciato in presenza del popolo, che credeva fosse un sabbat. Le logge furono allora proibite, non solo a Venezia, ma anche a Padova e a Vicenza, senza però che fossero repressi gli iscritti, forse perché troppo numerosi e troppo potenti; essi non tardarono a riunirsi ed a cospirare per la distruzione della Repubblica. Notiamo, qui, che la Massoneria non si offre solo con il carattere di odio diretto e personale contro Gesù Cristo, ma anche con una vera e propria opposizione ed un disprezzo formale della Verità cristiana. A sostegno di questa proposizione, citeremo una pagina molto istruttiva di Cesare Cantù, che non manca di avere la sua nota allegra: « Osserviamo, prima di andare avanti – egli dice – che con la scomparsa delle vere dottrine, la superstizione cresce in Germania ed in Francia in modo sorprendente: questo perché l’aspirazione alle realtà ideali appartiene talmente alla natura dell’uomo che, piuttosto che rinunciare alla speranza, questa divinità suprema, si getta a capofitto nelle scienze occulte. Apparvero così nuovi operatori di meraviglie: la metafisica era stata ridicolizzata, le legittime aspirazioni dell’anima erano state tagliate; ma, non accontentandosi di una filosofia senza ideali, aggiunsero la fede ai ciarlatani, o ricorsero al meraviglioso, per eludere le severe lezioni della verità. Alcuni di questi ierofanti erano mistici, come Swedenborg, Lewater, Saint-Martin; altri erano rivoluzionari, come Weishaupt, Knigge, Bode; altri ancora erano ciarlatani ed ingannatori, come Jean-Georges Schropfer, un cameriere d’albergo che riuscì ad affascinare ministri, diplomatici e principi con operazioni taumaturgiche, finché, vedendosi riconosciuto come un vero e proprio truffatore, si uccise. – Pochi secoli sono stati così scioccamente creduloni come il XVIII: la grande città dei filosofi era piena di demoni, vampiri, silfidi, convulsionisti, magnetizzatori, cabalisti, rosa+croce, evocatori, fabbricanti di elisir di lunga vita. Il marchese di Saint-Germain, dotato di una memoria vasta e tenace, trattava i grandi, i dotti e la società con la massima disinvoltura, raccontava le storie più bizzarre e sosteneva di essere testimone oculare degli eventi più remoti; avrebbe conosciuto Davide, sarebbe stato presente alle nozze di Cana, avrebbe cacciato con Carlo Magno, bevuto con Lutero, e … i parigini gli credevano. Era, come pensiamo, figlio del principe Rakasky di Transilvania: viaggiò molto anche in Italia, spacciandosi successivamente per il marchese di Montferrat ed il conte di Bellamare a Venezia, per il cavaliere Schoning a Pisa, per il cavaliere Wedon a Milano, per il conte Sollikof a Genova; ricordò spesso le sue avventure in Italia ed in Spagna; fu potentemente protetto dall’ultimo granduca di Toscana, di cui aveva fatto un iniziato. » – « Ecco un episodio curioso – Deschamps scrive – nell’azione delle società segrete dal 1780 al 1789: l’intervento del famoso Cagliostro, che era stato a lungo uno dei loro agenti più abili… Abbiamo detto che la Massoneria aveva, tra le altre origini, la Cabala. Le pratiche cabalistiche, congiunte alle illusioni dell’alchimia, avevano nel XVIII secolo, in piena luce filosofica, tanti aderenti come nel XV. La storia della Massoneria dell’epoca è piena di testimonianze di riunioni di logge cabalistiche. Inganni di ogni tipo si mescolavano a giochi di prestigio demoniaci, la cui realtà è impossibile da contestare. Questo è il caso dello Spiritismo moderno, il cui legame con la Massoneria abbiamo menzionato (Libro I, Capitolo II, § 9). Poiché la massoneria cabalistica esercita un fascino particolare su alcuni spiriti, a Cagliostro fu affidato il compito di propagarla. Racconteremo questo episodio della storia della Rivoluzione, sottolineando che la Massoneria non può liberarsi dalla solidarietà di questo personaggio, in cui il ciarlatano si è unito all’invasato, perché il Misraïm o Rito Egiziano, di cui egli era fondatore, non ha mai cessato di far parte dell’ortodossia massonica. –

Nato a Palermo nel 1743, Balsamo, che in seguito cambiò il suo nome in Cagliostro, dopo aver viaggiato in gran parte dell’Oriente, divenne l’agente itinerante del doppio Illuminismo francese e tedesco a cui Saint-Germain lo aveva iniziato, e che egli rese ancora più attraente con l’alchimia, la cabala ed i segreti medicinali, magici e fantasmagorici che vi mescolava. Viaggiò, presiedendo segretamente o apertamente logge, fondandone di nuove, attraverso la Germania, l’Italia meridionale, la Spagna e poi l’Inghilterra, sempre accompagnato da Lorenza, una donna notevole per la sua bellezza, che aveva sposato durante il suo primo viaggio a Roma e che aveva plasmato ad ogni tipo di seduzione. Da lì passò a Venezia con il nome di marchese Pelligrini, e attraversò di nuovo la Germania per prendere accordi con i capi delle società segrete e per trovare il conte di Saint-Germain nell’Holstein, da dove partì per la Curlandia e San Pietroburgo, con il ricco carico che aveva accumulato. Egli lasciò ben presto la capitale della Russia con ventimila rubli in più, dono dell’imperatrice Caterina, corrispondente di Diderot, Voltaire e d’Alembert, e grande mecenate delle logge massoniche che aveva fondato in quella città, oltre che a Mittau, per uomini e donne. È allora che si presenta a Strasburgo preceduto da una straordinaria fama e dotato di un brevetto di colonnello rilasciato dal re di Prussia. Vi fondò nuove logge e vi fece nuovi proseliti. Da lì si recò a Lione, dove fu ricevuto con grandi onori dalla loggia della Stretta Osservanza; lì fondò con estremo lusso la loggia della Saggezza Trionfante, che sarebbe diventata la madre di tutte le altre. Da Lione si recò a Bordeaux, dove rimase undici mesi per organizzare le logge massoniche, e infine arrivò a Parigi per la seconda volta. Fu allora che fondò una loggia madre d’adozione o di donne dell’alta massoneria egiziana, e poi nella sua stessa loggia una seconda per i suoi discepoli più dotti ed affidabili; e che, in una sessione solenne alla quale le 72 logge di Parigi avevano inviato dei deputati, affascinò gli attoniti “fratelli” con la sua eloquenza e i suoi prestigi. Ma fu presto compromesso nell’affare della Collana, fu rinchiuso alla Bastiglia e la lasciò solo per tornare in Inghilterra. Fu lì che scrisse – nel 1787 – la famosa lettera al popolo francese, in cui annunciava l’opera e la realizzazione dei piani delle società segrete, e prevedeva la Rivoluzione, la distruzione della Bastiglia e della monarchia, e l’avvento di un principe, Philippe-Égalité, che avrebbe abolito le lettere del sigillo, convocato gli Stati Generali e ristabilito la vera religione o il culto della ragione. » Il segreto della Massoneria egiziana è lo stesso dell’Illuminismo tedesco e francese e della Massoneria inglese: è il socinianesimo a dosi odiose, cioè la negazione della Rivelazione cristiana e le orge intellettuali del paganesimo, senza escludere i suoi saturnali, o i misteri della buona dea. E pensare che Cagliostro ha dominato l’Europa, ha fondato logge ovunque, ha dato il suo nome al Rito di Misraïm o Rito Egiziano, ancora oggi seguito dal mondo massonico! Weishaupt, dice M. Louis Blanc, aveva sempre professato un grande disprezzo per i trucchi dell’alchimia e le allucinazioni fraudolente di alcuni rosa+croce. Ma Cagliostro era dotato di potenti mezzi di seduzione; per questo si decise di servirsi di lui. » – « Nella storia delle avventure della mente umana – dice ancora M. Louis Blanc – è da notare che intorno a Cagliostro si è fatto un rumore che assomigliava alla gloria. Egli poté annoverare tra i suoi seguaci persone di alto rango, come il Duca di Lussemburgo, e uomini di riconosciuto merito, come il naturalista Ramond, massone di altissimo livello. I suoi seguaci non lo chiamavano se non padre amato e maestro augusto, ed erano desiderosi di obbedirgli con grande fervore. Si volle il suo ritratto su medaglioni, su ventagli; e scolpito in marmo, fuso in bronzo, il suo busto fu collocato nei palazzi con questa iscrizione: Il divino Cagliostro. » Queste parole di M. Louis Blanc, che descrivono la gloria, la potenza e la folle ammirazione del mondo per Cagliostro, ricordano naturalmente la scena del Vangelo in cui satana porta il Figlio dell’Uomo su un’alta montagna; poi, mostrandogli i vari regni della terra, gli dice: Se, cadendo ai miei piedi, mi adorerai, ti darò tutti questi imperi. – Ci sono davvero cose nella storia dello spirito umano che possono essere spiegate solo da poteri misteriosi. Gli Spiritisti chiedono queste spiegazioni alle tavole rotanti, e noi le chiediamo all’insegnamento infallibile della Chiesa. Lo spirito di verità è con la Chiesa, lo spirito di errore con gli altri.  – Ma l’argomento è troppo istruttivo per essere abbandonato così presto. Ascoltiamo l’illustre massone Clavel che ci parla a sua volta di Cagliostro: « Il grande Conte – egli dice – promise ai suoi seguaci di condurli alla perfezione, attraverso la rigenerazione fisica e la rigenerazione morale. Con la rigenerazione fisica dovevano trovare la materia prima o pietra filosofale e l’acacia che mantiene l’uomo nella forza della giovinezza e lo rende immortale. Con la rigenerazione morale, egli procurava agli adepti un pentagono, o foglia vergine, sul quale gli angeli hanno inciso i loro codici e sigilli, con l’effetto di riportare l’uomo allo stato di innocenza e di conferirgli il potere che aveva prima della caduta del nostro primo padre, che consiste soprattutto nel comandare agli spiriti puri. Questi spiriti, in numero di sette, circondano il trono della Divinità e sono responsabili dei governi dei sette pianeti. « Ai misteri del rito egiziano erano ammessi uomini e donne; e sebbene esistesse una massoneria separata per ciascun sesso, le formalità erano molto simili in entrambi i rituali. – Nel rituale di accoglienza dei primi due gradi, i neofiti si prostravano ad ogni passo davanti al Venerabile come per adorarlo. – È sempre Clavel a parlare. – Poi ci sono solo insufflazioni, incensi, fumigazioni, esorcismi, preghiere, evocazioni di Mosè, dei sette spiriti, degli angeli primitivi, che si suppone appaiano e rispondano (come nello spiritismo) mediante dei medium, che devono essere qui un ragazzo o una ragazza nello stato di perfetta innocenza. Il Venerabile soffia sui loro volti, estendendo il respiro fino al mento; aggiunge alcune parole sacramentali, dopodiché la colomba o pupilla, questo è il nome dato a questi medium, vede gli spiriti puri, che dichiarano loro se i candidati presentati siano, sì o no, degni di essere accolti, e mostrano loro, in una caraffa piena d’acqua e circondati da diverse candele accese, cosa debbano rispondere alle curiose domande fatte loro su cose nascoste o molto remote. » – Histoire pittoresque de la Franc-Maçonnerie et des sociétés secrètes, di F.:. Clavel, 3a edizione, Pagnerre, 1844, pagine 175 e seguenti. – Anche Cesare Cantù parla a lungo di Cagliostro: « Annunciato da manifesti apocalittici e dai giornali – egli scrive – arrivò a Parigi, prese un appartamento sontuoso, con una tavola magnifica, dove si incontrava con tutto ciò vi era di ricco, di bello, di dotto e di influente. Per qualche tempo è stato sulla bocca di tutti in città, dove è certo che qualsiasi novità o stravaganza suscita momentaneamente l’entusiasmo. Era il tempo in cui la ragione, rivolta contro Dio, si prostrava davanti ai Rosa+croce; in cui si negavano i miracoli, ma si ammettevano le evocazioni spiritiche di Gossner, i giochi di prestigio di Cazotte, i poteri invisibili di Lewater… ». – « Bordes, nelle sue Lettres sur la Suisse, non si stanca di ammirarlo: « Il suo aspetto – dice – rivela il genio; i suoi occhi ardenti leggono le profondità delle anime. Conosce quasi tutte le lingue d’Europa e d’Asia; la sua eloquenza sbalordisce; si fa strada partecipando anche nelle cose che conosce meno ». – « Si sa però – dice Cantù – che Cagliostro avesse gli occhi storti, lo sguardo spiritato, il corpo deforme, il carattere irascibile, orgoglioso, dominatore, nessuna educazione nei modi, nessuna grazia, nessuna correttezza nel linguaggio. » – Costretto a fuggire dall’Inghilterra, poi a lasciare la Svizzera, Torino, Venezia, cacciato da ogni dove, si lusingava di trovare più facilmente dei seguaci a Roma. Anche la moglie lo attirava a Roma, animata dal desiderio di rivedere la sua patria. Cagliostro tentò invano di riprendere il suo ruolo abituale: nel 1789 fu prelevato dal Sant’Uffizio, con tutte le sue carte, tutti i suoi simboli e tutti i suoi libri. Si istruì il suo processo. Confessò tutto. Si mostrò cambiato e pentito; e per questo non fu consegnato al braccio secolare, così da evitare la morte. Il suo manoscritto, a cui aveva dato questo titolo: Massoneria egiziana, fu solennemente condannato e pubblicamente bruciato con le insegne della setta; i massoni furono nuovamente condannati, con particolare riferimento al Rito egiziano e agli Illuminati (7 aprile 1791). « Rinchiuso a Forte San Leone – racconta Cantù – Cagliostro non faceva più miracoli. Chiese di confessarsi e cercò di strangolare il cappuccino che gli era stato mandato, sperando di fuggire col suo saio. Da quel momento in poi fu sorvegliato più da vicino e non se ne seppe più nulla. I giacobini lo hanno inserito tra i martiri dell’Inquisizione e mi aspetto che, da un giorno all’altro, venga inserito tra le vittime sante della tirannia romana. » Il lettore non si stupisca della cura con cui abbiamo dipinto Cagliostro, ma ricordi piuttosto l’importante ruolo svolto da questo strano personaggio nella storia della Massoneria. Visto poi che è il fondatore di un rito ancora oggi seguito nella società massonica, capirà che in virtù di questa paternità, Giuseppe Balsamo, detto Cagliostro, deve essere trattato come abbiamo fatto noi. – Fermiamoci qui per qualche istante e chiediamo ad alcuni scrittori di questo stesso periodo il loro giudizio sull’operato della Massoneria nel XVIII secolo.  Ascoltiamo prima un massone inglese, John Robison, segretario dell’Accademia di Edimburgo, che nel 1797 pubblicò un libro intitolato: Prove delle cospirazioni contro tutte le religioni e i governi d’Europa, ordite nelle assemblee segrete degli illuminati e dei massoni. « Ho avuto modo di seguire tutti i tentativi fatti in cinquant’anni, con lo specioso pretesto di illuminare il mondo con la fiaccola della filosofia e di dissipare le nubi che la superstizione religiosa e civile tenevano nelle tenebre e nella schiavitù tutti i popoli d’Europa. Ho osservato il progresso di queste dottrine che si mescolano e si legano sempre più strettamente ai vari sistemi della Massoneria; infine ho visto la formazione di un’associazione il cui unico scopo è distruggere tutti gli istituti religiosi fino alle loro fondamenta e rovesciare tutti i governi esistenti in Europa. Ho visto questa associazione diffondere i suoi sistemi con uno zelo così sostenuto da diventare quasi irresistibile, e ho notato come i personaggi che hanno avuto il ruolo più importante nella Rivoluzione francese fossero membri di questa associazione; che i loro piani fossero concepiti secondo i suoi principi ed eseguiti con la sua assistenza. Mi sono convinto che essa esiste ancora, che opera ancora in modo surrettizio, che tutte le apparenze ci dimostrano che non solo i suoi emissari cercano di propagare queste abominevoli dottrine tra noi, ma addirittura che ci sono logge in Inghilterra che dal 1784 corrispondono con la loggia madre. È per smascherarla, per dimostrare che i leader erano degli ingannatori che predicavano una morale ed una dottrina di cui conoscevano la falsità ed il pericolo, e che la loro vera intenzione era quella di abolire tutte le religioni, di rovesciare tutti i governi e di rendere il mondo intero una scena di saccheggio e di omicidio, che offro al pubblico un estratto delle informazioni che ho raccolto su questo argomento. » – Le società segrete, volume II, pag. 132.  Il lettore troverà in questa citazione una prova molto positiva di quanto andiamo sostenendo, cioè che il segreto della Massoneria consiste nel progetto di distruggere il regno di Gesù Cristo sulla terra. John Robison si spinge oltre e dice: … di ogni religione.  La setta si è convertita da allora?  No, non si è convertita. Stanca di distruggere, può essersi fermata per un momento, come in passato i carnefici, stanchi di colpire i martiri cristiani, hanno lasciato cadere le armi; ma mantiene la sua dottrina e non disarma mai.  – Leggiamo in P. Deschamps quanto segue: « Napoleone Bonaparte era effettivamente un massone avanzato ed il suo regno fu il periodo di massima fioritura della Massoneria. Abbiamo visto come durante il Terrore, il Grande Oriente avesse cessato la sua attività. Non appena Napoleone prese il potere, le logge riaprirono da tutte le parti. – Questo è stato il periodo più brillante della Massoneria, dice il segretario del G. :. O. :., Bazot; nell’Impero francese esistevano quasi milleduecento logge; a Parigi, nei dipartimenti, nelle colonie, nei paesi riuniti, negli eserciti, i più alti funzionari pubblici, i marescialli, i generali, una folla di ufficiali di tutti i gradi, i magistrati, gli scienziati, gli artisti, il commercio, l’industria, quasi tutta la Francia, nei suoi notabili, fraternizzava massonicamente con i semplici cittadini: era come un’iniziazione generale. » – Tableau historique de la Maçonnerie, p. 38. – « Illuminismo e Massoneria – dice anche Alexandre Dumas – questi due grandi nemici della regalità, il cui motto erano queste tre iniziali: L. :. P. :. D. :.  Lilia pedibus destrue: – calpesta i gigli – ebbe una grande parte nella Rivoluzione francese… Napoleone prese la Massoneria sotto la sua protezione. » Ne è stato il leader e lo strumento. « Il governo imperiale – dice il F. :. Bazot – ha usato la sua onnipotenza, a cui tante istituzioni e tanti uomini si sono piegati così volentieri, per dominare la Massoneria. Non temeva né si ribellava… Cosa desiderava, infatti? Estendere il suo impero. Essa si lasciò sottomettere dal dispotismo per diventare sovrana. » Codice dei Massoni, pag. 83. Cosa volevano tutti insieme? Asservire la Chiesa e distruggerla. « Pochi giorni dopo la firma del Concordato del 1802, Volncy, l’empio autore delle Rovine, di cui Napoleone aveva fatto un senatore, gli chiese: “È questo che avevate promesso?” Si calmatevi – rispose il Primo Console – la religione in Francia è morta nel ventre: lo giudicherà tra dieci anni. » Allo stesso tempo, al tribuno Sanilh che gli diceva che con il Concordato stesse dando il potere in Francia a un principe straniero: « Pensate – rispose – che per questo mi sia reso dipendente dal Papa? » – « Finché la Francia dominò la penisola – dice Cantù – sia al tempo della Repubblica Cisalpina sia al tempo dei regni d’Italia, di Napoli e d’Etruria, l’onnipotenza di Napoleone pesò sulla Chiesa. Il padrone pretendeva di assoggettare le volontà e le coscienze ai suoi decreti. – Il Concordato concluso con la Repubblica Italiana non doveva imporre sacrifici così grandi, perché non si trattava di ristabilire la Religione, che non era mai stata abolita nella penisola; le concessioni erano minori e vi si inseriva la promessa di non introdurre alcuna innovazione, se non in accordo con la Santa Sede. Tuttavia, gli articoli organici che Napoleone aveva arbitrariamente allegato al Concordato, e che in qualche misura lo snaturavano, furono pubblicati anche in Italia. Se si fingeva di ritirarli, per soddisfare le lamentele del Papa, in realtà rimanevano nei decreti del vicepresidente Melzi e del ministro della religione. Quando la Repubblica Italiana divenne Regno d’Italia, Napoleone soppresse alcuni conventi, e in seguito tutti gli altri; ridusse il numero delle parrocchie; fissò il numero dei seminaristi e circondò di spie il Vaticano ed i Cardinali.  Alla base di queste misure tiranniche, dobbiamo vedere la passione per il dominio, che caratterizzava il conquistatore; tuttavia, non dimentichiamo che egli fu sempre lo strumento della setta massonica, e per compiacerla e mantenere i suoi suffragi, fu costretto a darle incessantemente le soddisfazioni che essa richiedeva, cioè le catene imposte alla Chiesa. È stato giustamente detto che i governanti, attraverso la Massoneria, sono come il viaggiatore che attraversa le foreste della Russia, inseguito da un branco di lupi. Sfugge ai loro denti assassini solo lanciando loro qualcosa da divorare durante la sua fuga, finché non diventa lui stesso una preda. Tale era Napoleone. Infatti, dice Cesare Cantù, « arrivò il momento in cui, nei suoi piani, non c’era più spazio per la prudenza e la moderazione. Egli non sapeva più come fermarsi in questo rapido cammino che sembrava portarlo alla vetta e che invece lo conduceva all’abisso. Deciso a racchiudere nel suo dispotismo amministrativo anche le credenze ed il culto, pensò di impadronirsi del resto dello Stato pontificio. A chi gli faceva notare che un Papa senza regno sarebbe stato necessariamente asservito ad un re, e di conseguenza respinto dagli altri, Napoleone rispose: « Finché l’Europa riconosceva diversi padroni, non era decoroso che il Papa fosse soggetto ad uno di essi in particolare. Ma ora che non riconosce più nessun altro che me? …. Tutta l’Italia (scriveva militarmente al Papa) sarà soggetta alla mia legge… Vostra Santità è sovrano di Roma, ma io sono il suo Imperatore. Tutti i miei nemici devono essere i suoi…. » Queste frasi ad effetto, pubblicate in lungo e in largo, risuonarono nel profondo delle logge. Hanno fatto pazientare la setta, senza però soddisfarla. Napoleone trascinò invano Pio VII in prigione, minacciò il Pontefice e osò persino, si dice, maltrattarlo; nulla poté placare la Rivoluzione massonica, e l’insaziabile setta finì per abbandonarlo definitivamente nel 1809. Il Concordato concluso con la Repubblica Italiana non doveva imporre sacrifici così grandi, perché non si trattava di ristabilire la Religione, che non era mai stata abolita nella penisola; le concessioni erano minori e vi si inseriva la promessa di non introdurre alcuna innovazione, se non in accordo con la Santa Sede. Tuttavia, gli articoli organici che Napoleone aveva arbitrariamente allegato al Concordato, e che in qualche misura lo snaturavano, furono pubblicati anche in Italia. Se si fingeva di ritirarli, per soddisfare le lamentele del Papa, in realtà rimanevano nei decreti del vicepresidente Melzi e del ministro della religione. Quando la Repubblica Italiana divenne Regno d’Italia, Napoleone soppresse alcuni conventi, e in seguito tutti gli altri; ridusse il numero delle parrocchie; fissò il numero dei seminaristi e circondò di spie il Vaticano ed i Cardinali.  Alla base di queste misure tiranniche, dobbiamo vedere la passione per il dominio, che caratterizzava il conquistatore; tuttavia, non dimentichiamo che egli fu sempre lo strumento della setta massonica, e per compiacerla e mantenere i suoi suffragi, fu costretto a darle incessantemente le soddisfazioni che essa richiedeva, cioè le catene imposte alla Chiesa. È stato giustamente detto che i governanti, attraverso la Massoneria, sono come il viaggiatore che attraversa le foreste della Russia, inseguito da un branco di lupi. Sfugge ai loro denti assassini solo lanciando loro qualcosa da divorare durante la sua fuga, finché non diventa lui stesso una preda. Tale era Napoleone. Infatti, dice Cesare Cantù, « arrivò il momento in cui, nei suoi piani, non c’era più spazio per la prudenza e la moderazione. Egli non sapeva più come fermarsi in questo rapido cammino che sembrava portarlo alla vetta e che invece lo conduceva all’abisso. Deciso a racchiudere nel suo dispotismo amministrativo anche le credenze ed il culto, pensò di impadronirsi del resto dello Stato pontificio. A chi gli faceva notare che un Papa senza regno sarebbe stato necessariamente asservito ad un re, e di conseguenza respinto dagli altri, Napoleone rispose: « Finché l’Europa riconosceva diversi padroni, non era decoroso che il Papa fosse soggetto ad uno di essi in particolare. Ma ora che non riconosce più nessun altro che me? …. Tutta l’Italia (scriveva militarmente al Papa) sarà soggetta alla mia legge… Vostra Santità è sovrano di Roma, ma io sono il suo Imperatore. Tutti i miei nemici devono essere i suoi…. » Queste frasi ad effetto, pubblicate in lungo e in largo, risuonarono nel profondo delle logge. Hanno fatto pazientare la setta, senza però soddisfarla. Napoleone trascinò invano Pio VII in prigione, minacciò il Pontefice e osò persino, si dice, maltrattarlo; nulla poté placare la Rivoluzione massonica, e l’insaziabile setta finì per abbandonarlo definitivamente nel 1809. « L’ordine massonico – dice Eckert – massone colto – considerava l’imperatore Napoleone I come uno strumento destinato a rovesciare tutte le nazionalità europee; dopo questo gigantesco rimaneggiamento, esso sperava di realizzare più facilmente il suo progetto di una Repubblica universale. » – « A Francoforte e in tutta la Germania – dice un illustre storico, Janssen – i Giudei lo acclamavano come il Messia, tanto erano consapevoli del rovesciamento dell’edificio sociale cristiano che si stava realizzando con le sue armi ». « Dal momento  – scrive il P. Deschamps –  i capi massonici compresero che il dispotismo imperiale era concentrato interamente nell’ambizione personale e negli interessi familiari, e che la Massoneria era stata solo uno strumento per lui, da quel momento l’effervescenza popolare cominciò a far ribollire, attraverso il Tugend-bund, l’opera delle sommità massoniche. – « La corrispondenza dell’alto massone Stein, ministro di Prussia… mostra che la conversione ostile a Napoleone si stava diffondendo in lungo e in largo… La sua dittatura marciava di sconfitta in sconfitta fino all’Elba ed a Sant’Elena, come prima aveva marciato, con il sostegno della Massoneria, di vittoria in vittoria ». La massoneria si era diffusa anche nei Paesi dell’Europa meridionale attraverso gli inglesi. « Fu nel 1726 – dice Clavel – che la Massoneria fu introdotta in Spagna. In quell’anno, la Gran Loggia d’Inghilterra concesse le costituzioni a una loggia che si era formata a Gibilterra; nel 1727, un’altra loggia si formò a Madrid. Fino al 1779, quest’ultima riconosceva la giurisdizione della Gran Loggia d’Inghilterra, da cui traeva i suoi poteri; ma in quel momento si liberò del giogo e formò officine a Cadice come a Barcellona, Valladolid e altre città. » – « Le prime logge – aggiunge subito lo stesso storico – che furono fondate in Portogallo vi furono erette nel 1727 da delegati delle Società di Parigi; anche la Gran Loggia d’Inghilterra fondò, a partire dal 1735, diverse officine a Lisbona e nelle province. Da allora, il lavoro massonico non fu mai del tutto sospeso in questo regno; ma, con le eccezioni che citeremo altrove, fu costantemente circondato dal più profondo silenzio. – Vedi Società segrete, vol. II, p. 8. Questo profondo silenzio, osservato in Portogallo, non era meno custodito in Spagna, se possiamo giudicare da un certo resoconto che troviamo nell’opera da noi già citata: Le Voile levé pour les curieux, che contiene, insieme ai documenti dell’Abbé Lefranc, altri passi interessanti. « La Spagna, vi leggiamo, poteva a malapena contare fino ad allora – (le guerre di Napoleone I) – alcuni dei suoi figli isolati, che, lontani dalla loro patria, erano stati iniziati ai misteri della Massoneria; questa setta era quasi sconosciuta tra noi. – Quando l’Inquisizione fu distrutta, solo un numero molto limitato di processi relativi alla Massoneria fu trovato negli archivi di quel tribunale, ed anche in quel caso i documenti erano così confusi e le circostanze così vaghe e discordanti che l’Inquisizione sembrava essere completamente disinformata sui casi relativi alla Massoneria. Inoltre, quando le prigioni del Sant’Uffizio furono aperte in tutta la Spagna, furono trovati solo tre individui arrestati come massoni. Da tutto ciò si deve concludere che fino al 1818 i massoni non esistevano come Società in Spagna, perché se lo avessero fatto, difficilmente sarebbero sfuggiti alla sorveglianza dell’Inquisizione. – « Gli apostoli o, se si vuole, i primi propagatori di questa setta nella penisola, furono alcuni soldati al servizio di Napoleone, tra i quali i generali L… e M… si distinsero per il loro spirito di proselitismo. Il primo propagò la massoneria in Andalusia, il secondo nella provincia di Soria. Altri soldati lavorarono contemporaneamente e riuscirono a stabilirla a Madrid, accanto all’effimero ed usurpato trono di Giuseppe. E, vuoi per l’attrazione della novità, vuoi per la necessità di riunire e stringere i nodi dell’amicizia per gli uomini che avevano seguito lo stesso partito, i ministri del re intruso, i consiglieri di Stato, gli scrittori politici e infine tutti i personaggi di spicco tra coloro che avevano abbracciato la causa della nuova dinastia, accorsero alle logge; e il Grande Oriente fu fondato a Madrid, con il nome di Santa Barbara o Santa Eulalia.  Non seguiremo le varie fasi della Massoneria in Spagna; diremo solo, con l’autore sopra citato, che le società segrete, «  padrone di tutti i mezzi di comunicazione tra gli sfortunati spagnoli, dopo aver soffocato l’opinione pubblica e le grida del buon popolo, che non poteva lamentarsi senza esporsi al patibolo, queste società governavano, o piuttosto sconvolgevano dispoticamente, la penisola, che era diventata loro patrimonio; e disputando lo scettro di ferro che tenevano in mano, invocando la libertà, facevano versare al popolo torrenti di lacrime ad ogni litigio e gettavano le famiglie nella desolazione. » – Qual era la loro dottrina? Ovviamente quella di Socino e della Massoneria in generale. Anche Don Ferdinando VII, Re di Castiglia, ricordando il decreto del 6 dicembre 1823, con cui chiude le logge (o torres) e proibisce la setta massonica, si esprime in questi termini: « A quelli del mio Consiglio, ecc. … Sappiate che con decreto reale del 6 dicembre dello scorso anno (1823), ho ritenuto opportuno comunicare al mio Consiglio che una delle cause principali della rivoluzione in Spagna e in America, e una delle molle più efficaci impiegate per promuoverne il progresso, erano le società segrete che, con nomi diversi, si erano introdotte tra noi, ingannando la vigilanza del governo e acquisendo un grado di malignità sconosciuto nei Paesi da cui avevano avuto origine. Per questo, convinto che, per porre un rimedio pronto ed efficace a questa piaga morale e politica, non bastassero alcune disposizioni nelle nostre leggi destinate a stroncare il male, e che fosse almeno necessario corroborarle e adattarle alle circostanze in cui ci troviamo, raddoppiando le precauzioni per scoprire le suddette associazioni e i loro sinistri disegni, ho voluto che il Consiglio, senza ulteriori indugi, si occupasse di questo, comunicandomi ciò che riteneva più opportuno in materia. L’art. I recita: « Tutte le congregazioni di massoni e di altre società segrete, qualunque sia il loro nome e il loro scopo, sono nuovamente e assolutamente proibite in tutti i miei regni e domini di Spagna e delle Indie ».  L’Art. 14 è così concepito:  « Gli Arcivescovi, i Vescovi e gli altri prelati ecclesiastici, nei loro sermoni, visite ed istruzioni pastorali, faranno tutto ciò che il loro zelo per la salvezza delle anime affidate alle loro cure impone, per allontanarle dall’orribile crimine della Massoneria e dall’iniziazione a qualsiasi altra società segreta, ripetendo loro che sono proscritte dalla Santa Sede in quanto veementemente sospettate di eresia e sovversive del trono e dell’altare. » Art. 15. Raccomando con urgenza al Consiglio di raddoppiare lo zelo e la vigilanza sui regolamenti delle scuole primarie, ecc.

Dato a Sacedon, il primo giorno di agosto 1824.

Io, il Re.

Ovviamente questo atto reale ed il suo contenuto dimostrano che la Massoneria sapesse come nascondersi in Spagna, indubbiamente trattenuta dalla paura, perché vi era stata introdotta, come ci ha dimostrato Clavel; e, inoltre, vi aveva dimostrato con atti ben noti il suo odio contro Gesù Cristo e la sua Chiesa.

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO-MASSONERIA (4)

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO-MASSONERIA (2)

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO MASSONERIA (2)

DI MONSIGNOR AMAND JOSEPH FAVA

VESCOVO DI GRENOBLE

LIBRERIA OUDIN, EDITORE – 1882

Cromwell (Olivier), adepto di Socino, fondò la Massoneria in Inghilterra.

« Una volta stabilitisi in Polonia – dice Bergier – i sociniani inviarono emissari a predicare la loro dottrina in Germania, Olanda ed Inghilterra. Essi non ebbero molto successo in Germania; protestanti e Cattolici si unirono per smascherarli. In Olanda si mescolarono agli anabattisti; in Inghilterra trovarono sostenitori tra le varie sette che dividevano le menti di quel regno. Così dispersi, venivano chiamati con nomi diversi…. Furono chiamati ovunque Unitari o Sociniani, e questo nome di Sociniani divenne comune a tutti i settari che negano la divinità di Gesù Cristo ». – Art.: Sociniani.  – L’Abbé Lefranc, già citato, afferma che la Massoneria attiva passò dalla Polonia all’Inghilterra. « La Massoneria – dice – è la quintessenza di tutte le eresie che hanno diviso la Germania nel XVI secolo. I luterani, i calvinisti, gli zuwingliani, gli anabattisti, i nuovi ariani, tutti coloro, in una parola, che attaccano i misteri della Religione rivelata, tutti coloro che contestano la divinità di Gesù Cristo, la maternità divina della Beata Vergine; tutti coloro che non riconoscono l’autorità della Chiesa Cattolica o che rifiutano i Sacramenti; coloro che non sperano in un’altra vita, che non credono in Dio, o perché si convincono che non si immischi nelle cose di questo mondo, o perché desiderano che non lo faccia: questi sono tutti coloro che hanno dato vita alla Massoneria, o con i quali i massoni si sono associati e di cui il loro ordine è ora formato. »  « È dall’Inghilterra – continua l’Abbé Lefranc – che i massoni di Francia pretendono di trarre la loro origine; è quindi tra i nostri vicini che dobbiamo esaminare il progresso della Massoneria. All’inizio del XVII secolo non se ne parlava. Solo a metà del secolo fecero la loro comparsa segnalandosi sotto il regno di Cromwell, perché furono incorporati con gli indipendenti che allora formavano un grande partito. Dopo la morte del grande protettore, il loro credito diminuì e solo alla fine dello stesso secolo riuscirono a formare delle assemblee separate, con il nome di Freys-Masons, uomini liberi, o libero-massoni; non furono riconosciuti in Francia e riuscirono a fare proseliti solo attraverso gli inglesi e gli irlandesi che passarono in quel regno con re Giacomo ed il pretendente. Fu tra le truppe che si fecero conoscere e attraverso di esse iniziarono a fare proseliti, che divennero formidabili dal 1760, quando ebbero alla loro testa M. de Clermont, abate di Saint-Germain-des-Prés. » – L’autore dell’opera intitolata: Les Francs-Maçons écrasés – l’Abbé Larudan – concorda con l’Abbé Lefranc, l’autore che abbiamo appena citato. In questo volume, stampato ad Amsterdam nel 1747, il segreto della Massoneria è chiaramente svelato: esso consiste nel negare la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, come abbiamo detto, per sostituire questo dogma, che è la base del Cristianesimo, con la religione naturale o razionalismo.  L’autore dell’opera: Les Francs-Maçons écrasés afferma che Cromwell diede al suo ordine il titolo di Ordine dei Franco-Massoni, perché il suo scopo era quello di costruire un nuovo edificio nella libertà, cioè di riformare l’umanità sterminando i re ed i poteri di cui questo usurpatore era il flagello. Ora, per dare ai suoi seguaci un’idea sensata del suo disegno, propose loro di ristabilire il Tempio di Salomone;  ed è in questo progetto che si deve ammirare ancora di più la grande intelligenza di quest’uomo straordinario che, sotto la cenere più pacifica, ha voluto nascondere questo formidabile fuoco di cui oggi si mostrano le scintille. E, in effetti, quale idea avrebbe potuto essere più pertinente ad un progetto di questa natura? Ed è qui, in particolare, che prego il lettore di esaminarne attentamente le minuzie ».  – « Il Tempio di Salomone fu costruito per ordine di Dio dato a quel principe. Esso era il santuario della Religione, il luogo dedicato in particolare alle sue auguste cerimonie; era per lo splendore di questo Tempio che questo saggio monarca aveva istituito tanti ministri incaricati di curarne la purezza e l’abbellimento. Infine, dopo diversi anni di gloria e di magnificenza, un formidabile esercito arrivò e abbatté questo illustre monumento. Il popolo che lì aveva reso omaggio alla Divinità fu messo in catene e condotto a Babilonia; da dove, dopo la più rigorosa prigionia, fu tratto dalla mano del suo Dio. Un principe idolatra, scelto come strumento della clemenza divina, permette a questo popolo disgraziato non solo di riportare il Tempio al suo antico splendore, ma anche di approfittare dei mezzi che mette a disposizione per riuscirvi. » – « Ora è in questa allegoria che i massoni trovano l’esatta somiglianza della loro società. Questo Tempio, dicono, nel suo primo lustro, è la figura dello stato primitivo dell’uomo, uscito dal niente. Questa religione, queste cerimonie che venivano praticate lì, non sono altro che questa legge comune incisa in tutti i cuori, che trova il suo principio nelle idee di equità e carità a cui gli uomini sono legati tra loro. La distruzione di questo Tempio, la schiavitù dei suoi adoratori, sono l’orgoglio e l’ambizione, che hanno introdotto la dipendenza tra gli uomini. Questi Assiri, questo esercito spietato, sono i re, i principi, i magistrati, il cui potere ha fatto piegare tanti sfortunati che essi hanno oppresso. Infine, le persone scelte e incaricate di restaurare questo magnifico Tempio sono i franco-massoni, che devono restituire all’universo la sua prima dignità. » È facile per il lettore vedere che l’autore di queste pagine attribuisce a Cromwell un’allegoria che appartiene a Fausto Socino, come abbiamo spiegato sopra; ma riconosciamo che Cromwell l’ha ben sviluppata e stampata così fortemente nella mente della Massoneria inglese tanto da passare sul continente europeo per diffondersi, da lì, nella Massoneria universale. Ne consegue che Cromwell, fedele discepolo di Socino, ripudiò la Rivelazione cristiana e rifiutò il dogma della Divinità di Gesù Cristo, per seguire i semplici dati della ragione; in una parola, per abbracciare il razionalismo sociniano. L’opera che noi citiamo, Les Francs-Maçons écrasés (I massoni schiacciati), fu stampata ad Amsterdam nel 1747, quarant’anni prima che Adam Weishaupt, il fondatore dell’Illuminismo tedesco, formulasse la dottrina massonica con la chiarezza che caratterizza il suo spirito. Per questo riteniamo utile ed interessante riportare qui alcune pagine di tale opera, per dimostrare che la dottrina massonica inglese, ripresa da Fausto Socino, è identica nella sostanza a quella dell’Illuminismo tedesco, che fu adottata a Wilhemsbad nel 1781, nel grande convento che vi si riuniva, e da cui si diffuse subito in tutto l’universo, grazie ai deputati che vi erano giunti da ogni parte del mondo. L’autore sopra citato continua: « La gente mi chiederà senza dubbio come abbia fatto a penetrare il significato di questa allegoria, per farne la giusta applicazione? Quale raggio luminoso è venuto a perforare l’orrore sacro di questa notte profonda che ne ha velato la struttura per me? A questo rispondo che, per lungo tempo immerso nelle tenebre, come un’infinità di altri, ho vagato come loro nell’avventura, senza poter prendere alcuna decisione, finché finalmente mille riflessioni sulla morale che mi veniva comunicata mi hanno aperto gli occhi fino a farmi intravedere il suo scopo, e di mostrarmene la prova, dopo un esatto parallelo delle cerimonie e degli usi di cui sono stato testimone nelle varie logge che ho frequentato e dove ho sempre trovato gli stessi geroglifici da indovinare, e di conseguenza lo stesso significato da penetrare. Ma per tornare alla Libertà e all’Uguaglianza, rappresentate dal Tempio di Salomone, questi attributi così essenziali per l’uomo, dicono i massoni, e così inseparabili dalla sua natura, gli sono stati dati dal Creatore solo come una proprietà propria, su cui nessuno aveva alcun diritto. È questo Dio che, traendo la natura dal nulla, ha fatto dell’uomo il suo principale ornamento, senza assoggettarlo a nessun altro potere che non sia il suo. È Lui che gli ha dato la terra da abitare solo come un essere indipendente dai suoi simili, al quale non può rendere omaggio senza diventare sacrilego e contravvenire formalmente ai suoi ordini. Invano – essi continuano – la superiorità del talento in alcuni, e la sublimità del genio in altri, sono sembrate richiedere il tributo del suo rispetto e della sua venerazione. Tutti questi vantaggi, riuniti un tempo in un grado più eminente di questo, non hanno nulla che giustifichi la sua empietà: il Dio geloso che lo ha formato non vuole condividerlo, e il suo incenso è impuro ai suoi occhi, non appena ne ha bruciato qualche granello sull’altare di quegli idoli fragili e deperibili a cui non vale la pena sacrificare vittime così nobili. In una parola, è degradare la propria natura, oscurare il suo splendore, perdere tutto il proprio valore, riconoscere in un qualsiasi uomo qualcosa di più di un suo pari e la cui condizione sia preferibile alla nostra. Questo è il ragionamento dei massoni, che cercano di rendere plausibile, sia con l’immagine della disgrazia degli uomini, sia con i mezzi che propongono per porvi rimedio. Ecco come si presentano i primi. – Se l’uomo – essi dicono – ha visto i suoi privilegi annientati, se è decaduto da questo stato glorioso, proprio della sua natura; in una parola, se si vede oggi subordinato con disgrazia e ignominia, o l’ambizione dei suoi simili, o l’oblio del suo stesso interesse, lo hanno fatto precipitare in questo abisso; se l’ambizione lo ha sprofondato in questo abisso, spetta quindi a lui uscirne, spetta a lui innalzare la bandiera dell’indipendenza e dell’uguaglianza, che è stata rubata dalle mani dell’orgoglio, ed esporla sulle macerie del mostro spietato che ha causato la sua rovina. Al contrario, se è lui stesso l’artefice della sua disgrazia, se il suo abbattimento è opera delle sue stesse mani, che apra gli occhi sulle catene alle quali si è condannato; che accetti l’aiuto di questa mano che si offre di romperle e di gravarne i tiranni. Spetta solo ai massoni compiere questi miracoli, riunire in un unico corpo tutte quelle famiglie diverse che, allontanandosi dalla loro origine comune, pur componendo un unico insieme, sono arrivate a fraintendersi a vicenda fino a voler comporre da sole questo insieme, di cui erano solo le parti. » – Ovviamente, i massoni del XVIII secolo pensavano come quelli di oggi e si esprimevano come i loro fratelli di oggi. Se qualcuno ne dubiti, ascolti la pagina seguente, tratta dallo stesso autore: « Ora questa dottrina, una volta ben assorbita – egli dice – non resta che metterla a frutto; ed è allora che i massoni fanno capire che nulla sia difficile per chi osa intraprendere: – capite, signori conservatori? – che l’opposto debba essere distrutto dal contrario; che la rivolta debba succedere all’obbedienza, il risentimento alla debolezza; che la forza debba essere opposta alla forza, l’impero della superstizione debba essere abbattuto per innalzare quello della vera religione, l’errore e l’ignoranza debbano essere dissipati per seguire solo le luci della natura; che è Dio che ha inciso questa luce nel cuore dell’uomo, che l’ha posta come lampada eterna per illuminare le sue azioni, come oracolo sicuro che deve ispirarlo, come guida immutabile che deve condurlo; che il Padrone del mondo, indifferente alle azioni delle sue creature, è geloso solo del loro omaggio; che il culto principale che Egli richiede loro è il semplice riconoscimento delle sue opere buone, il tenero ricordo dei suoi doni, ma che per questa dipendenza, accreditata per tanto tempo dalla cecità e dal pregiudizio, è necessario alla fine dissipare il prestigio, cancellare uno spettacolo lesivo della divinità, distruggere gli idoli che hanno osato competere con lui per l’incenso e, liberi per natura, tornare al possesso dei propri privilegi. – Questa morale, come si vede, è degna dei suoi autori e ha indubbiamente dato origine a quei termini mistici che i massoni usano quando dicono che la loro società si regge su tre colonne principali, cioè sulla Saggezza, sulla Forza e sulla Bellezza, che sono appunto gli attributi di questa legge di natura di cui si è appena parlato e l’uso di questa violenza che si deve fare. È anche ad essa che l’Ordine deve i suoi magnifici nomi di Tempio della Verità, Ingresso della Luce, Nuovo Mondo, Stella Radiosa, Sole Incomparabile, ecc. Chi non vede in questi termini di superstizione, pregiudizio, cecità, idoli che usurpano gli onori dovuti all’unico Dio della natura, il disprezzo gettato a piene mani sulla Religione cristiana e sul suo divino Autore? Il progetto della massoneria inglese era quindi quello di Socino: la distruzione del Cristianesimo. Cromwell, morto nel 1658, ricevette un magnifico funerale. « Il suo cadavere – dice Feller – fu imbalsamato e sepolto nella tomba dei re, con grande magnificenza; ma riesumato nel 1660, all’inizio del regno di Carlo II, venne  trascinato sulla rastrelliera, impiccato e sepolto ai piedi del patibolo. Così il figlio di Carlo I vendicò il padre su colui che era chiamato Protettore d’Inghilterra. Questi eventi dispersero coloro che si erano riuniti intorno a Cromwell; ma i sociniani continuarono a insinuare ovunque la loro dottrina, che non è altro che la massoneria. Ragon, un massone molto colto e molto seguito dalla setta, completa quanto abbiamo appena detto, riassumendo la storia della Massoneria inglese, nella sua opera intitolata: Ortodossia massonica, alle pagine 28 e seguenti. « Nel 1646 – egli scrive – il celebre antiquario Elijah Ashmole, grande alchimista e fondatore del Museo di Oxford, fu ammesso con il colonnello Main-Warraing alla Corporazione degli operai massoni di Warrington, nella quale cominciavano ad aggregarsi in modo cospicuo individui estranei alla Part de bâtir. « Nello stesso anno, una società di Rosa+croce, formatasi sulla base delle idee della Nuova Atlantide di Bacone, si riunì nella casa di riunione dei liberi massoni a Londra. Ashmole e gli altri confratelli della Rosa+croce, avendo riconosciuto che il numero dei lavoratori di mestiere era sorpassato da quello dei lavoratori intellettuali, perché il primo diminuiva ogni giorno, mentre il secondo aumentava continuamente, pensarono che fosse giunto il momento di abbandonare le formule di accoglienza di questi lavoratori, che consistevano solo in alcune cerimonie più o meno simili a quelle in uso tra tutti i mestieranti, che fino a quel momento erano servite agli iniziati come rifugio per ottenere seguaci. Essi le sostituirono, per mezzo di tradizioni orali di cui si servivano per i loro aspiranti alle scienze occulte, una modalità scritta di iniziazione ricalcata sugli antichi misteri e su quelli dell’Egitto e della Grecia; e il primo grado iniziatico fu scritto più o meno come lo conosciamo. Avendo questo primo grado ricevuto l’approvazione degli iniziati, il grado di compagno fu redatto nel 1648; e quello di maestro, poco dopo. Ma la decapitazione di Carlo I nel 1649, e il partito che Ashmole prese a favore degli Stuart, portarono grandi cambiamenti a questo terzo e ultimo grado che era diventato biblico, pur lasciando come base questo grande geroglifico della natura simboleggiato verso la fine di dicembre. Nello stesso periodo nacquero i gradi di Maestro-Segreto, Maestro-Perfetto, Eletto, Maestro-Irlandese, di cui Carlo I è l’eroe, con il nome di Hiram; ma questi gradi di consorteria politica non erano professati da nessuna parte; tuttavia, in seguito, costituiranno l’ornamento dello scozzismo. » – Ma i membri non lavoratori, accettati nella corporazione, le fecero assumere segretamente una tendenza politica, soprattutto in Scozia; i capi (protettori) dei lavoratori scozzesi, sostenitori degli Stuart, lavorarono nell’ombra per la restaurazione del trono distrutto da Cromwell. L’isolamento delle riunioni dei massoni è stato sfruttato per tenere incontri nei loro locali, dove si facevano piani in sicurezza. La decapitazione di Carlo I doveva essere vendicata; per raggiungere questo obiettivo e per riconoscersi, i suoi sostenitori proposero un rango templare, dove la morte violenta dell’innocente J.-B. Molay chiamava alla vendetta. Ashmole, che condivideva lo stesso sentimento politico, modificò quindi il grado del suo maestro, sostituendo alla dottrina egiziana, che la rendeva un tutt’uno con i primi due gradi, un velo biblico incompleto e disparato, come richiesto dal sistema gesuitico, e le cui iniziali delle parole sacre di questi tre gradi riproducevano quelle del nome del Gran Maestro dei Templari. Ecco perché da allora gli iniziati hanno sempre guardato al grado di Maestro, unico complemento della Massoneria, come a un grado da rifare; è probabilmente in seguito a questa riforma che le due colonne e i motti dei primi due gradi hanno ricevuto anche nomi biblici.

« 1703. Importante decisione delle formazioni che ammettono apertamente, nell’associazione di Londra, le persone estranee all’arte della costruzione. I muratori filosofi, detti accettati, mescolati, per lungo tempo, con gli operai costruttori, si troveranno più potenti per operare pubblicamente la trasformazione tanto desiderata.

« 1714. Giorgio I inizia il suo regno. Gli autori massonici considerano questo periodo come la fine dei tempi bui dell’Ordine massonico. Si sbagliano, non esiste ancora un Ordine massonico; questo periodo rappresenta solo la fine delle associazioni dei costruttori, la cui esistenza era diventata molto precaria, poiché i loro segreti in architettura erano diventati di dominio pubblico.

« 1717. L’Ordine massonico risale solo a questo periodo: l’associazione dei costruttori era solo uno o più corpi di mestieri e non è mai stata un ordine. Per quanto riguarda la parola massone, questo qualificativo non è stato creato per loro, solo la sconsideratezza o l’ignoranza potevano dotarlo; perché, ripetiamo, un’opera di massoneria, non è un’opera massonica. In questo anno, la corporazione contava, a Londra, solo quattro società, chiamate Logge, che possedevano i registri e i titoli antichi della confraternita e operavano sotto il titolo dell’ordine di York. Si riunirono a febbraio; adottarono i tre rituali redatti da Ashmole; si liberarono del giogo di York e si dichiararono indipendenti e al governo della confraternita, con il titolo di GRAND LODGE OF LONDON.

« È da questo fulcro centrale e unico che la FRANCO-MASSONNERIA, cioè l’apparente rinnovamento della filosofia segreta degli antichi misteri, è partita in tutte le direzioni per affermarsi tra tutti i popoli del mondo.

« 1725. Da questo momento la FRANCO-MASSONNERIA si diffonde nei vari Stati d’Europa; inizia in Francia, già nel 1721, con l’istituzione, il 13 ottobre, della loggia l‘Amitié et Fraternité a Dunkerque; a Parigi, nel 1725; a Bordeaux, nel 1732 (loggia l’Anglaise), e a Valenciennes, il 1° gennaio 1733, la Parfaite Union. Penetrò in Irlanda nel 1729; in Olanda nel 1730; nello stesso anno fu fondata una loggia a Savannah, nello Stato della Georgia (America), poi a Boston nel 1733. In Germania apparve nel 1736; la Gran Loggia di Amburgo fu istituita il 9 dicembre 1737; e così via negli altri Stati d’Europa e nei Paesi extraeuropei, sempre sotto la direzione attiva e intelligente della Gran Loggia d’Inghilterra. – Qual era dunque la dottrina di tutte queste logge? La Santa Sede ce lo dirà.

« Nel 1738, il quarto giorno delle calende di maggio, Clemente XII scrisse una lettera apostolica a tutto il mondo cattolico, in cui si leggono i seguenti passaggi: « Abbiamo appreso dalla stessa voce pubblica dell’estensione, del contagio e del progresso, che sta diventando sempre più rapido, di alcune società, assemblee o conventicole, chiamate Liberi muratori, o Massoni, o con qualche altro nome, secondo la varietà delle lingue. In queste associazioni, uomini di ogni religione e setta, attenti a dare un’apparenza di naturale onestà, legati da un patto tanto stretto quanto impenetrabile, secondo le leggi e gli statuti che si sono dati, si impegnano con un rigoroso giuramento fatto sulla Bibbia, e sotto le più terribili sanzioni, a tenere nascoste le pratiche segrete della loro società con un giuramento inviolabile.

« Ma la natura del crimine è tale da tradirsi e da lanciare un grido che lo rivela: così le società o conventicole di cui parliamo hanno suscitato nelle menti dei fedeli sospetti così gravi che l’appartenenza a queste società è per gli uomini saggi e onesti un segno di depravazione e perversione. Infatti, se non facessero il male, non avrebbero questo odio per la luce. La diffidenza che ispirano è cresciuta a tal punto che in tutti i Paesi il potere secolare ha prudentemente proscritto e bandito queste società come nemiche della sicurezza degli Stati.  « Per questo motivo vietiamo assolutamente, in virtù della santa obbedienza, a tutti i fedeli di Gesù Cristo, di qualsiasi stato, grado, condizione, rango, dignità e preminenza essi siano, laici o chierici, secolari o regolari… di avere l’audacia o la presunzione di entrare, sotto qualunque pretesto o sotto qualunque colore che sia, in queste note società di massoni… sotto pena della scomunica in cui incorrono tutti i contravventori del divieto che è stata appena emesso, ipso facto e senza altra dichiarazione… ».

« Nel 1751, il 15 delle calende di aprile, Benedetto XIV, analizzando la Costituzione di Clemente XII, parla nella stessa maniera e rinnova le stesse condanne. Così faranno i Romani Pontefici, loro successori.

Magari questo grido d’allarme lanciato dalla Santa Sede fosse stato ascoltato. La Chiesa e i vari Stati in cui la Massoneria è penetrata avrebbero evitato i mali di ogni genere di cui sono stati vittime e di cui noi stessi stiamo soffrendo in modo così crudele in questo momento.

Voltaire, libero pensatore e massone, alimentò le fiamme dell’odio contro Gesù Cristo in Francia.

Nella sua Histoire de Voltaire, Paillet de Warcy scrive quanto segue: « Voltaire fu messo alla Bastiglia e dopo sei mesi gli fu concessa la libertà, con l’ordine di lasciare la Francia. Egli passò in Inghilterra. Così, all’età di 31 anni, Voltaire era stato cacciato dalla casa paterna e da quella del procuratore, rimandato dall’Olanda, bistrattato da un comico, castigato ancora più gravemente da un ufficiale, messo alla Bastiglia ed esiliato dalla Francia. Non era certo – osserva M. Lepan – di avere una grande disposizione per la filosofia; ma quello che si proponeva di fare, si può rispondere, non richiedeva altro. » – « Voltaire arrivò a Londra, dove trascorse gli anni 1726, 27 e 28. Fu lì, dice il nostro storico, in compagnia di un Toland, la cui empietà fu perseguita e condannata persino in Inghilterra, e le cui ultime parole mentre moriva furono: “Vado a dormire”; di un Chubb, sociniano, che diceva: Gesù Cristo era della religione di Thomas Chubb, ma Thomas Chubb non è della Religione di Gesù Cristo; di Switz, il Rabelais d’Inghilterra, e che, nonostante le sue dignità nella Chiesa, aveva provato sulla Religione le armi più affilate del ridicolo; di un Antony Collins, il più terribile nemico del Cristianesimo; di un Wolston, di un Tindal, che vendeva di volta in volta la sua penna ad amici e nemici della fede; del Vescovo Tailor, Autore di Guide des douleurs; di lord Hébert de Cherbury;di lord Shafsterbury, d’un Bolingbrockeinfine; fu nella società di tutti questi uomini, diventati i suoi oracoli, che Voltaire acquisì i sentimenti più irreligiosi. Da questo momento in poi, le sue opinioni apparvero fissate. A volte le sosteneva con cautela; ma, come ha osservato M. Mazure, ciò avveniva quando era impegnato in esse con la paura, la speranza o l’ambizione.  Toland era l’anima della società dei Liberi Pensatori, formata dalle varie persone sopra citate. Voltaire vi fu ammesso prima di tornare in Francia. Tornato a Parigi, iniziò una guerra senza quartiere contro il Cristianesimo; si unì a tutti i nemici della Religione, fino ad unirsi alla massoneria di Francia e, come un generale in capo, lanciò l’esercito dei filosofi miscredenti, che si sottomettevano ai suoi ordini, contro l’Infame: questo è come egli chiamava la Religione cristiana e il suo divino Fondatore. Il barone d’Holbac aveva scritto: « Un cieco fatalismo circonda di catene della necessità l’uomo, la natura e Dio stesso, se esiste. L’uomo, come la pietra grezza, è senza rapporto con Dio, o piuttosto la natura è Dio, essa è la causa di tutto e la sua stessa causa. Il tutto scaduto nell’ora della morte. Il dolore e il piacere sono gli unici motivi di ogni morale. La felicità è in tutto ciò che piace ai sensi. I doveri? Sono le catene imposte dal dispotismo. I boia e i patiboli sono più da temere della coscienza e degli dei. Infine, poiché la società è corrotta, bisogna corrompere se stessi per trovare la felicità. » Tali erano le turpi massime a cui Voltaire si abbandonava: « Dopo aver attinto alle oscure fonti che gli offrivano i riformatori del XVI secolo – soprattutto Socino – si impadronì delle blasfemie dei Toland, dei Collins, dei Wolston, dei Tindal e dei Bolingbrock; credette che fosse giunto il momento di rovesciare gli altari dell’Europa cristiana; si ripromise di schiacciare l’infame, e si lusingò di stabilire una nuova era negli annali del mondo ». (Mazure.) Condorcet, scrivendo la vita di Voltaire, ha potuto dire di lui: « Non ha visto tutto quello che ha fatto, ma ha fatto tutto quello che noi vediamo. Gli osservatori illuminati dimostreranno a chi sa pensare che il primo autore di questa grande Rivoluzione sia senza dubbio Voltaire. » – « Sono stanco di sentir ripetere – diceva Voltaire – che dodici uomini sono bastati a fondare il Cristianesimo, e voglio dimostrare loro che ne basta uno solo per distruggerlo ». Un luogotenente di polizia disse a Voltaire: « Qualunque cosa voi scriviate, non riuscirete a distruggere la Religione cristiana. – Questo è ciò che vedremo, rispose. – Il progresso dell’empietà provocò in Voltaire una gioia che non riuscì più a contenere. Durante una cena di questi filosofi, a casa di d’Alembert, Voltaire, guardando la compagnia, disse: « Signori, credo che Cristo si troverà in una brutta situazione dopo questa seduta ». E d’Alembert ammette, in una delle sue lettere, che sentendo i loro commenti infamanti, « gli si rizzarono i capelli in testa; li prese, scrive, per i consiglieri del Pretorio di Pilato ». « Voltaire rimproverò una volta il suo amico d’Alembert con grande veemenza per ciò che quest’ultimo aveva scritto nell’Enciclopedia, parlando di Bayle: “Felice se egli avesse rispettato di più la religione e la morale! Ho visto con orrore – gli scrisse Voltaire – quello che voi dite di Bayle; dovete fare penitenza per tutta la vita per queste due righe… che queste righe siano bagnate dalle vostre lacrime! – Alla soppressione della Compagnia dei Gesuiti, Voltaire aveva esclamato con trasporto: « Ecco una testa dell’idra tagliata; alzo gli occhi al cielo e grido: schiacciate l’infame! ». Tutte le sue lettere agli amici più stretti terminavano con le parole: “Schiaccia l’infame! Schiacciate l’infame! “Termino tutte le mie lettere dicendo: ‘Schiacciate l’infame’, come Catone diceva sempre: « Questa è la mia opinione, che Cartagine sia distrutta ». Mentre alla Corte di Roma faceva tutte le sue proteste di rispetto per la Chiesa, scriveva a Damilaville:  « Si abbraccino i filosofi, e chiediamo loro di ispirare per l’infame, tutto l’orrore che gli si deve; correte tutti sull’infame, abilmente. Ciò che mi interessa è la propagazione della fede e della verità, e la denigrazione dell’infame: Delenda est Carthago. » – M. d’Argental, dopo avergli rimproverato lo scandalo delle sue contraddizioni, rispose: « Se avessi centomila uomini, so bene cosa farei; ma siccome non li ho, farò la Comunione a Pasqua, e potrete chiamarmi ipocrita quanto volete. Il re aveva appena ripristinato la sua pensione e Voltaire fece effettivamente la comunione nella Pasqua dell’anno successivo. Chi saprà mai leggere l’anima di quest’uomo, padrone di chi lo circonda, dominato lui stesso da un’immensa vanità? Oggi bestemmia contro Cristo, il giorno dopo lo riceve nella Comunione. Un giorno cadde a terra dopo essersi rotto un vaso sanguigno toracico, mentre vomitava sangue e Tronchin, il suo medico, dichiarava che la sua vita era in pericolo: « Presto – gridò – mandate a chiamare il prete… ». Si confessò e firmò con la mano una professione di fede, in cui chiedeva a Dio ed alla Chiesa il perdono delle sue colpe. Ordinò che questa ritrattazione fosse stampata su tutti i giornali pubblici. Guarito, riprese la sua guerra contro Gesù Cristo, che continuò fino al giorno in cui fu colpito da una crudele malattia. L’abate Gaultier e il curato di Saint-Sulpice ricompaiono in questo momento supremo; ma Voltaire è circondato da Diderot, d’Alembert, Marmontel, la Harpe, Grimm, ecc. « Il parroco di San Sulpizio giunse fino al suo capezzale e gli disse con dolcezza queste parole: ‘signor Voltaire, siete all’ultimo stadio della vostra vita, riconoscete la divinità di Gesù Cristo’? Il moribondo esitò un attimo, poi, tendendo la mano e allontanando il sacerdote, rispose: « Signor curato, lasciatemi morire in pace ». Gli ecclesiastici uscirono. Quando se ne furono andati (dice lo storico), M. Tronchin, il medico di Voltaire, lo trovò in preda ad una terribile agitazione, che gridava con furore: “Sono abbandonato da Dio e dagli uomini…”. Il dottor Tronchin, raccontando questo fatto a persone rispettabili, non poté fare a meno di dire loro: « Vorrei che tutti coloro che sono stati sedotti dai libri di Voltaire avessero assistito alla sua morte; non è possibile resistere ad un simile spettacolo ». – (Raccolta di particolari curiosi della vita e della morte di M. de Voltaire, Porentruy 1782). Ecco l’epitaffio di Voltaire da parte di uno dei suoi: Più bella mente che grande genio, Senza legge, senza morale e senza virtù. Morì come visse, coperto di gloria e infamia.  (J. – J. ROUSSEAU) – Aggiungiamo con l’autore della Storia di Voltaire: « Si è visto che i filosofi si opposero, per quanto possibile, a che Voltaire ricevesse le visite e le esortazioni del curato di San Sulpizio e dell’abate Gaultier. Nel numero abbiamo citato d’Alembert, Diderot e Marmontel. Riteniamo opportuno, come M. Lepan, ricordare che Condorcet svolse lo stesso ruolo nel 1783, alla morte di d’Alembert, impedendo l’ingresso nella sua stanza al curato di Saint-Germain, venuto a trovarlo. « Se non ci fossi stato io (ha detto Condorcet), si sarebbe immerso. L’anno successivo, Diderot rimase a lungo a casa, trattenuto da piaghe alle gambe, e ricevette più volte M. de Tersac, parroco di San Sulpizio; i seguaci della filosofia, spaventati da queste visite, trovarono il modo di impedirle fino alla sua morte, avvenuta il 2 luglio 1784. Marmontel, più felice, si mostrò religioso alla fine dei suoi giorni; li terminò, il 31 dicembre 1799, in un modesto ritiro che aveva acquistato nella frazione di Ableville, nei pressi di Guillon. Quanto a Condorcet, si era avvelenato il 28 marzo 1794 a Bourg-la-Reine, vicino a Parigi, in una prigione dove era stato gettato. – Questa è stata la fine dei quattro personaggi che hanno segnato maggiormente la filosofia moderna, insieme a Voltaire. Tutti i dettagli che abbiamo appena fornito dimostrano purtroppo, fino all’evidenza, ciò che abbiamo detto, ossia che il segreto della setta non è altro che l’odio per Gesù Cristo e il progetto di distruggere il Cristianesimo. Potremmo citare mille altre testimonianze a sostegno di questa tesi, ma ci asterremo dal farlo. Voltaire riassume da solo la società francese dal 1728 al 1778, anno della sua morte; ha reso a sua immagine e somiglianza coloro che lo circondavano, liberi pensatori e massoni, e attraverso loro ed i loro scritti, tanto numerosi quanto diffusi, ha corrotto il suo secolo ed il mondo.

Adam Weishaupt fonda l’Illuminismo tedesco.

Nello stesso periodo, in Germania, nasceva Adam Weishaupt. Aveva trent’anni quando Voltaire morì. Dotato di un profondo genio organizzativo, utilizzò i materiali accumulati dalla setta massonica da Socino fino a lui; li plasmò, e per completare il compito di fare un essere morale completo, diede a questo corpo la dottrina di Spinosa, cioè il panteismo, come sua anima. – Il segreto dell’Illuminismo tedesco è il segreto della Massoneria, con la quale si è identificato ed è diventato un tutt’uno: l’odio per Gesù Cristo e il progetto di distruggere il Cristianesimo. Per dimostrarlo, basterà citare alcuni passaggi degli scritti dello stesso Weishaupt, che abbiamo già citato altrove. « Ricordate – diceva ai suoi seguaci – che fin dai primi inviti che vi abbiamo fatto per attirarvi in mezzo a noi, abbiamo cominciato col dirvi che nei piani del nostro ordine non c’era alcuna intenzione contro la Religione; ricordate che questa assicurazione vi è stata data di nuovo quando siete stati ammessi nelle file dei nostri novizi; che vi è stata ripetuta di nuovo quando siete entrati nella nostra Accademia di Minervale. Ricordate anche quanto vi abbiamo parlato di moralità e di virtù in quei primi gradi, ma come gli studi che vi abbiamo prescritto e le lezioni che vi abbiamo impartito, rendevano la virtù e la morale indipendenti da qualsiasi religione; come, lodando la nostra religione, siamo stati in grado di avvertirvi che essa non era altro che quei misteri e quel culto degenerato nelle mani dei sacerdoti. Ricordate con quale arte, con quale simulato rispetto vi abbiamo parlato di Cristo e del suo Vangelo, nei vostri gradi di Illuminato maggiore, di Cavaliere scozzese e di epopte o sacerdote; come abbiamo saputo fare di questo Vangelo quello della nostra ragione, e della morale, quello della natura, e della religione della ragione, della morale, della natura, per fare della religione, la morale dei diritti dell’uomo, dell’uguaglianza, della libertà. – Ricordate che insinuandovi tutte le varie parti di questo sistema, le abbiamo fatte sbocciare da voi stessi come vostre opinioni. Vi abbiamo messo sulla strada; voi avete risposto alle nostre domande molto più di quanto noi abbiamo risposto alle vostre. Quando vi abbiamo chiesto, ad esempio, se le religioni dei popoli rispondessero allo scopo per cui gli uomini le avessero adottate; se la religione pura e semplice di Cristo fosse quella professata oggi dalle varie sette, noi ne sapevamo abbastanza; ma era necessario sapere fino a che punto eravamo riusciti a far germogliare in voi i nostri sentimenti. Abbiamo dovuto superare molti pregiudizi in voi, prima di potervi convincere che questa cosiddetta Religione di Cristo era solo opera di Sacerdoti, di impostura e di tirannia. Se questo è il caso di questo Vangelo tanto proclamato e tanto ammirato, cosa dobbiamo pensare delle altre religioni? Imparate, dunque, che hanno tutti la stessa origine fittizia; che sono tutte ugualmente fondati sulla menzogna, sull’errore, sulla chimera e sull’impostura: QUESTO È IL NOSTRO SEGRETO. » – « I colpi di scena che abbiamo dovuto fare, le promesse che abbiamo dovuto farvi, le lodi che abbiamo dovuto fare a Cristo e alle sue cosiddette scuole segrete, la favola dei massoni da tempo in possesso della vera dottrina ed il nostro Illuminismo, oggi unico erede dei suoi misteri, non vi sorprendono più in questo momento. Se per distruggere tutto il Cristianesimo, tutta la Religione, abbiamo preteso e fatto credere di avere noi soli la vera religione, ricordate che il fine legittima i mezzi, che il saggio deve prendere per buoni tutti i mezzi del malvagio per il male. I mezzi che abbiamo usato per liberarvi, i mezzi che stiamo usando per liberare un giorno l’umanità da ogni religione, sono solo una pia frode che ci riserviamo di rivelare nel grado di Mago o Filosofo Illuminato. – Va notato che nel 1781 si tenne un’assemblea, o convento universale, a Wilhemsbad ad Hanau, per deliberare sulla dottrina che la Massoneria avrebbe adottato per unificarsi, sotto questo rapporto, e che fu quella dell‘Illuminismo tedesco. Così che la decisione presa nel 1781, nel suddetto convento, decisione seguita e mantenuta fino ad oggi dalle varie logge massoniche di tutto l’universo, è legge nella setta, in generale. Di conseguenza, per i massoni, la divinità di Gesù Cristo è una chimera ed il Cristianesimo è un edificio che deve essere distrutto al più presto.  – Parlando di questo convento, il padre Deschamps, nella sua opera magistrale: Les Sociétés secrètes, rivista da M. Claudio Janet, ci dice che le società massoniche, prima del 1781, erano divise come le sette protestanti, e che questa divisione era molto dannosa per la loro azione. « Si decise quindi – egli dice – di arrivare ad una riunione o convento generale dei deputati di tutti i riti massonici dell’universo, per mettere maggiore attività nel lavoro, più unità nella marcia, e arrivare più sicuramente e più rapidamente alla meta comune: una rivoluzione universale; Wilhemsbad ad Hanau, vicino alla città di quel nome, e a due o tre leghe da Francoforte sul Meno, fu scelta come luogo dell’incontro. Di tutte le assemblee generali tenute per vent’anni dai massoni, nessuna si era ancora avvicinata a quella di Wilhemsbad, né per il numero degli eletti né per la varietà delle sette da cui era composta. Così nel 1781, sotto l’ispirazione segreta di Weishaupt e su convocazione ufficiale del Duca di Brunswick, da ogni parte d’Europa, dalle profondità delle Americhe e dai confini stessi dell’Asia, si erano riuniti agenti e deputati delle società segrete. Erano, per così dire, tutti gli elementi del caos massonico, dice Barruel, riuniti nello stesso antro. » Weishaupt si fece rappresentare al convento da Knigge, il più abile dei suoi adepti, e da Dittfurt. I loro emulatori furono soprattutto i deputati dell’illuminismo francese o Martinismo di Lione. « Tuttavia – scrive padre Deschamps – l’Illuminismo francese o Martinismo non era rimasto inattivo davanti a quest’opera dell’Illuminismo bavarese. Aveva appena tenuto una grande assemblea a Lione sotto il nome di Convento delle Gallie, nella quale aveva pianificato di scegliere come capo il duca Ferdinando di Brunswick, che, con il suo appoggio e senza dubbio su sua istigazione, l’assemblea di Wilhemsbad nominò presto capo supremo di tutta la Massoneria, la cui loggia centrale, detta dei Cavalieri Benefacenti, a Lione, aveva acquisito, non si sa su quali basi, dice Clavel, un’alta preponderanza sulle logge della Germania. Essa era in qualche modo considerata, anche dalle varie frazioni della stretta osservanza e dalle officine che ammettevano, esclusivamente o in parte, il sistema templare, come la loggia madre dell’associazione.  « Le logge martiniste avevano inviato a Wilhemsbad, insieme allo stesso Saint-Martin, il presidente del convento delle Gallie, F. :. de Villermoz, un mercante di Lione, e La Chape de la Heuziere. Il Martinismo, che aveva ostinatamente provocato questo convento e di cui quello delle Gallie era stato solo precursore – aggiunge Clavel – vi esercitò la massima influenza; le loro dottrine dominavano i nuovi riti ed il nome della loro loggia madre, i Cavalieri Benefattori, compariva nel titolo stesso della riforma, con l’aggiunta: della città santa. Anche le sue logge adottarono senza eccezioni il regime rettificato che fu sostituito alla Massoneria di Saint-Martin. » « Tutte queste invasioni della massoneria da parte del Martinismo e dell’Illuminismo di WeisHaupt sono attestate anche da Barruel, aggiunge il p. Deschamps. « Forti della protazione del vincitore di Creveld e Mindem, dice Barruel, Ferdinando di Brunswick, e i deputati martinisti al Congresso di Wilhemsbad, di cui questo principe era presidente, Saint-Martin e La Chape de la Heuzière, non risparmiarono nulla, essi ed i loro agenti, per trionfarvi; essi furono appoggiati, e la loro vittoria sarebbe stata infallibilmente completa, se non fosse stato per il gran numero di deputati già conquistati da Knigge (con il quale, tuttavia, erano d’accordo e alleati), dice M. Lecoulteux de Canteleu. »  Se il lettore si chiede come si sia arrivati a conoscere tutte queste informazioni sulle società segrete, la risposta ce la forniscono gli storici dell’epoca, e Barruel, in particolare, ci fornisce i dettagli, riassunti da padre Deschamps, nei seguenti termini: « In Germania, un evento, disposto dalla Provvidenza come ultimo avvertimento alle monarchie, interruppe quasi il progresso della setta. La gelosia portò a una violenta rottura tra Weishaupt e Knigge. Inoltre, l’Elettore di Baviera, preoccupato per le attività clandestine di quella che riteneva essere la Massoneria vera e propria, ordinò la chiusura di tutte le logge. Gli illuminati, ritenendosi abbastanza forti da resistere all’ordine dell’Elettore, si rifiutarono di obbedire. La setta, di cui non si sospettava nemmeno l’esistenza, venne scoperta per caso. Un ministro protestante, di nome Lanze, fu colpito da un fulmine nel luglio del 1785. Si trovarono su di lui delle istruzioni in cui si affermava che egli era stato incaricato, in quanto persona illuminata, di recarsi in Slesia, di visitare le logge e di informarsi, tra l’altro, sulla loro opinione in merito alla persecuzione dei massoni in Baviera. « Messo sull’avviso, il governo condusse un’indagine severa. Gli abati Cosandey e Rennes, il consigliere Utschneider e l’accademico Grùnberger, che si erano ritirati dall’ordine non appena erano venuti a conoscenza del suo orrore, fecero una dichiarazione legale. L’11 ottobre 1786, il tribunale effettuò una perquisizione domiciliare nella casa di Zwach a Landshut, nonché nel castello di Chanderdor, appartenente all’adepto Barone di Bassus. Lì furono scoperti tutti i documenti e gli archivi dei cospiratori, che la corte bavarese fece stampare con il titolo Scritti originali dell’ordine e della setta degli Illuminati. Strana cecità dei principi! L’appello dell’Elettore di Baviera non fu ascoltato. La proibizione dell’Ordine degli Illuminati nell’Elettorato e nell’Impero d’Austria non servì a nulla, perché tutti i leader della setta trovarono aperta protezione nel resto della Germania. Il re di Prussia si rifiutò di prendere provvedimenti contro di loro. Weishaupt si ritirò a casa di uno dei suoi seguaci, il principe di Saxe-Coburg-Gotha, che gli conferì un incarico onorifico e lucroso. Da lì egli poté continuare a guidare l’ordine. » In una nota si legge: « Abbiamo saputo dal signor pastore Munier, presidente del Concistoro di Ginevra, che Weishaupt, avendo trovato asilo presso il Principe di Coburgo, ha promesso di ricompensarlo, e la Massoneria ha popolato i troni d’Europa di Coburgo ». M. Léon Pagès, Valmy, p. 13. Cfr: Les Sociétés secrètes, tomo II, pagina 112.

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO-MASSONERIA (3)

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO-MASSONERIA (1)

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO MASSONERIA (1)

DI MONSIGNOR AMAND JOSEPH FAVA

VESCOVO DI GRENOBLE
 

LIBRERIA OUDIN, EDITORE

PARIS, 51 RUE BONAPARTE, 51- POITIERS 4, RUE DE L’ ÉPERON

-1882-

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA MASSONERIA

In tutto il mondo esiste una società che è chiamata Massoneria. È stato possibile discutere la sua origine e il fine che si propone, ma non è possibile negarne l’esistenza, poiché questa società si mostra a tutti gli occhi, parla, agisce e si afferma essa stessa tra i vari popoli della terra. Si chiama società segreta perché i suoi membri si riuniscono in segreto in locali chiamati logge, il cui ingresso è vietato ai profani, cioè a coloro che non sono massoni. Le loro risoluzioni devono rimanere sconosciute al pubblico, la legge del silenzio è imposta a ciascun membro, sotto il più terribile giuramento e le più gravi sanzioni, compresa la morte, secondo la gravità del caso: guai al massone che dimentica il suo dovere! Nulla può salvarlo dalla punizione della sua colpa. Tuttavia, se la Massoneria è una società segreta, non è sconosciuta. Un uomo può nascondere i suoi pensieri, vivere in solitudine e nascondere il segreto della sua vita intima, senza però rimanere sconosciuto ai suoi simili, se vive in mezzo a loro. – Allo stesso modo, la Massoneria può voler nascondere alla nostra conoscenza le sue riunioni, le sue decisioni, la sua azione e il suo scopo: sappiamo della sua esistenza; occhi attenti la seguono lungo i suoi percorsi, per quanto oscuri possano essere, e le sue azioni rivelano il fine che si propone, come i frutti rivelano l’albero. Ecco perché ci si deve stupire nel vedere certi autori affermare che l’origine della Massoneria si perda nella notte dei tempi. Ovviamente, quando questa società ha cominciato ad esistere, è stata vista e la storia, attenta a registrare fatti di questa natura, si è preoccupata di parlarne. Un singolo uomo, che vive tra i suoi simili, non può passare inosservato: come potrebbe allora un’intera associazione sfuggire agli occhi e alla curiosità del mondo? Desiderosi di vederci chiaro, abbiamo interrogato i secoli passati. Durante il percorso, ci siamo imbattuti in molte società di muratori. Ce n’erano alla Torre di Babele, alle Piramidi, al Tempio di Salomone, al Secondo Tempio e altrove. Ne abbiamo trovati anche al soldo di Giuliano l’Apostata, che voleva ricostruire il tempio di Gerusalemme per dare una smentita alla parola di Gesù Cristo, che aveva annunciato la rovina assoluta di questo edificio. In seguito, si presentarono gli architetti ed i muratori, conosciuti come Lodgers of the Good Lord; essi erano ancora dei lavoratori edili. È stato affermato che i Cavalieri Templari hanno dato origine alla Massoneria; ciò che è certo è che l’Ordine dei Cavalieri Templari fu abolito nel 1312 e che tutti i suoi membri si dispersero ben presto… La storia non ci mostra alcuna associazione formata dalle loro macerie, e passarono diversi secoli, dopo la loro esecuzione o la loro fuga, senza che la Massoneria apparisse. Il primo documento storico che ne parla, senza avere alcun legame con il suddetto Ordine, è noto con il titolo di: Carta di Colonia, 1535. Leggendo questo documento, il cui originale si trova negli archivi della Casa Madre di Amsterdam, con diciannove firme in calce, che non hanno impedito agli storici di metterne ripetutamente in dubbio l’autenticità, si capisce, a prima vista, che è opera di massoni, che hanno dogmatizzato e costruito allo stesso tempo. Diciamo che questa società ha lanciato nel mondo europeo l’idea della Massoneria, con i suoi tre gradi fondamentali, apprendista, compagno e maestro; poi due gradi superiori e un capo supremo a cui tutti obbediscono. Secondo questa Carta, l’associazione risale al XV secolo, perché in uno dei suoi “considerando” si legge: « Nulla ci indica che la nostra associazione fosse conosciuta prima del 1440 dopo la nascita di Cristo, sotto un’altra denominazione rispetto a quella dei F.F. di Giovanni; è allora, secondo quanto ci è parso, che ha cominciato a prendere il nome di confraternita dei Massoni, soprattutto a Valenciennes, nelle Fiandre, perché a quell’epoca si cominciava con le cure ed i soccorsi dei F. :. Mass. :. di quest’ordine di costruttori, in alcune zone dell’Hainaut, degli ospizi per curare i poveri che allora erano affetti dall’infiammazione artrosica chiamata: malattia di Sant’Antonio ». Inoltre, questa stessa Carta dimostra che l’associazione di cui parla non è quella di oggi. Infatti, quest’ultima ha come carattere speciale l’odio per Gesù Cristo, mentre l’altra ammetteva come membri solo i Cristiani; ne è testimonianza il seguente “considerando”: « Sebbene nel concedere i nostri benefici non dovremmo in alcun modo preoccuparci della Religione o della Patria, tuttavia ci è sembrato necessario e prudente ricevere nel nostro ordine solo coloro che, nel mondo profano o non illuminato, professino la Religione cristiana ». Così, la Carta di Colonia, autentica o meno, scritta per amore della causa o secondo verità, non ci mostra ancora la Massoneria come la conosciamo. A partire dal 1545 la questione si fa più chiara e sono numerosi i documenti storici che stabiliscono definitivamente la culla della Massoneria a Vicenza, vicino a Venezia, in Italia. – In questo discorso, rivolto ai nostri lettori e diviso in due parti, dimostreremo: 1° che il segreto della Massoneria, fondata da Fausto Socino, consiste nel progetto concepito a Vicenza, e successivamente sviluppato, di distruggere il Cristianesimo e sostituirlo con il razionalismo. Dopo aver illustrato il fondatore della setta massonica o sociniana, parleremo di Cromwell, il quale la accolse e la naturalizzò in Inghilterra; Ashmole, che le diede il suo intelligente e potente sostegno in quel Paese; e Voltaire, che la rese così potente in Francia, di concerto con i filosofi suoi ammiratori e suoi schiavi. In Germania, studieremo Adam Weishaupt, fondatore dell’Illuminismo tedesco, un settario senza pari ed il più profondo di tutti i cospiratori, come dice M. Louis Blanc. Seguiremo poi la Massoneria in Italia, dove nacque e morì il famoso Cagliostro, autore del Rito di Misraïm, o Rito Egiziano, personaggio singolare e mago di alta scuola, che affascinò tutta l’Europa. Da lì andremo in Spagna, Portogallo, Napoli, dove i D’Aranda, i Pombal, i Tannucci, uniti a Choiseul, eseguirono sulla Compagnia di Gesù i crudeli decreti delle logge massoniche, e ovunque vedremo che il segreto della Massoneria consiste nel progetto di rovinare assolutamente il Regno di Gesù Cristo sulla terra, di distruggere il Cristianesimo fino alle sue radici, per mettere al suo posto il razionalismo, che trionferà, un giorno, in Francia, sotto il nome di: Dea ragione. – Questo trionfo lo vedremo nella grande Rivoluzione francese, preparata per cinquant’anni da Voltaire e dai suoi amici, che accesero un fuoco in Europa la cui fiamma si diffuse in tutto il mondo. Dopo la caduta di Napoleone I, abbandonato e tradito dalle logge che si erano servite di lui per far progredire più rapidamente e più sicuramente la loro opera, seguiremo la Massoneria in Francia sotto Luigi Filippo, la Repubblica del 1848 e l’Impero. Ovunque la troveremo con il suo carattere anticristiano, in patria e all’estero. Se potessimo dubitarne, c’è la parola dei Romani Pontefici, Pio IX e Leone XIII, con un’autorità sempre rispettata dai Cattolici, ma purtroppo poco compresa e non sufficientemente obbedita. Questa sarà, in sintesi, la prima parte di questo piccolo lavoro. – Nella seconda parte:

1. mostreremo che il progetto di distruggere il Cristianesimo non è nuovo, che è stato concepito molto tempo fa, subito dopo la nascita di Gesù Cristo. Dopo aver descritto brevemente i tentativi fatti per raggiungere questo obiettivo, parleremo dell’epidemia di paganesimo che attraversò l’Europa nel XII secolo, penetrò profondamente nella società cristiana nei secoli successivi, ispirò Socino, fondatore dell’eresia massonica, con le quale essa si è perpetuata fino ai nostri giorni.

2. Mostreremo la sorte riservata a questo errore;

3. Dimostreremo che il progetto della Massoneria è ostile alla libertà religiosa, impropriamente chiamato libertà di coscienza;

4. Dimostreremo che il progetto della Massoneria è ostile ai buoni costumi;

5° è antisociale;

6° è antifrancese;

7° infine, è antiumanitario e insensato.

Aggiungeremo a questo studio alcune conclusioni in cui indicheremo i nostri timori, le nostre speranze ed alcune risoluzioni da prendere. Questo lavoro non è stato fatto in odio ai massoni, fratelli fuorviati che Dio ci comanda di amare e che noi amiamo, ma per amore della verità e per avversione all’errore:

Chi ama Dio, dice la Scrittura, deve odiare il male.

Abbiamo già parlato più volte della Franco-Massoneria. In questo volumetto, abbiamo cercato di riassumere la questione, aggiungendo nuovi approfondimenti, in modo da mettere nelle mani di tutti coloro che sanno leggere, una sintesi dottrinale della Massoneria, così poco conosciuta, anche dai suoi seguaci, scriveva lo stesso illustre massone Ragon. Che Dio benedica queste rapide pagine e che i lettori le accoglieranno benevolmente!

PRIMA PARTE

IL SEGRETO DELLA FRANCO-MASSONNERIA CONSISTE NEL DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO E SOSTITUIRLO CON IL RAZIONALISMO.

Lelio Socino, zio di Fausto ed ispiratore della setta massonica.

Fausto Socino fondatore della Franco-Massoneria.

FAUSTO Socino nacque a Siena nel 1539. Apparteneva alla famiglia dei Sozzini – Socini – che ha dato i natali ai più grandi eresiarchi d’Italia. Come molti dei suoi parenti, Fausto Socino fu ammaestrato in tenera età dalle lettere dello zio, Lelio Socino, autore della setta sociniana o, se si vuole, restauratore della setta ariana. Per evitare la persecuzione dell’lnquisizione, egli si ritirò in Francia: un’ulteriore prova che è a questo tribunale che l’Italia e la Spagna devono la tranquillità di cui hanno goduto, mentre lo stato politico e religioso del resto d’Europa era scosso dalle nuove sette. « Quando era a Lione, a soli vent’anni, venne a sapere della morte dello zio e andò a ritirare le sue carte a Zurigo. » Cosa contenevano questi documenti? Feller ci dice nell’articolo che dedica a Socino Lélio nel suo Dictionnaire historique: « Questi assistette ad una conferenza tenuta a Vicenza nel 1547, nella quale fu decisa la distruzione del Cristianesimo; egli concentrò i suoi sforzi nel rinnovare l’arianesimo e nel minare la Religione alle sue fondamenta, attaccando la Trinità e l’Incarnazione. » – Lo stesso autore, parlando di Ochin, che aveva anch’egli partecipato alla suddetta conferenza, si esprime nei seguenti termini: In questa assemblea di Vicenza, si è concordato il mezzo per distruggere la Religione di Gesù Cristo, formando una società che, con il suo progressivo successo, ha portato, nel secolo XVIII, ad un’apostasia quasi generale. Quando la Repubblica di Venezia, fu informata di questa congiura, fece sequestrare Giulio Trevisan e Francesco di Rugo, che furono eliminati, Ochin salpò con gli altri: la società così dispersa divenne solo più pericolosa, ed è quella che si conosce oggi con il nome di Franco-Massoneria ». Vedi “Le Voile levé“, ecc. (Edizione del 1821-Lione). L’autore di quest’opera è l’abbate Lefranc, caduto sotto la scure degli assassini a Parigi il 2 settembre 1792. Ecco cosa dice nell’opera citata, “Il velo scoperto per i curiosi, o storia della Franco-Massoneria dalle origini fino ai nostri giorni”: “Vicenza fu la culla della Massoneria creata nel 1546. È in questa società di atei e deisti, che si erano riuniti per discutere di questioni della Religione e che dividevano la Germania in un gran numero di sette e di partiti, ove furono gettate le basi della Massoneria; è in questa famosa accademia che le difficoltà che riguardavano i misteri della Religione cristiana furono considerate come punti di dottrina che appartenevano alla filosofia dei Greci e non alla fede.  « Queste decisioni giunsero all’attenzione della Repubblica di Venezia e ben presto gli autori vennero perseguiti con la massima severità. Giulio Trevisan e Francesco di Rugo furono arrestati e le loro azioni furono messe a tacere. Bernardin, Ochin, Lelio Socino, Peruta, Gentilis, Jacques Ghiari, François Lenoir, Dario Socino, Alicas e l’abate Léonard si dispersero ovunque fosse loro possibile; e questa dispersione fu una delle cause che contribuì alla diffusione della loro dottrina in varie parti d’Europa. Lelio Socino, dopo essersi fatto un nome famoso tra i principali capi degli eretici che stavano mettendo a ferro e fuoco la Germania, morì a Zurigo, con la fama di aver attaccato con forza la verità del mistero della Santa Trinità, quella dell’Incarnazione, l’esistenza del peccato originale e la necessità della grazia di Gesù Cristo.  « Lelio Socino – ripetiamo – lasciò in Fausto Socino, suo nipote, un abile difensore delle sue opinioni; ed è ai suoi talenti, alla sua scienza, alla sua instancabile attività ed alla protezione dei principi che seppe portare dalla sua parte, che la Massoneria deve la sua origine, i suoi primi stabilimenti e l’insieme dei principii che sono alla base della sua dottrina. « Fausto Socino trovò molte opposizioni da superare onde far adottare la sua dottrina tra i settari della Germania; ma il suo carattere flessibile, la sua eloquenza, le sue risorse, e soprattutto l’obiettivo che manifestava di dichiarare guerra alla Chiesa Romana e distruggerla, gli attirarono molti sostenitori. Il suo successo fu così rapido che, sebbene Lutero e Calvino avessero attaccato la Chiesa Romana con la violenza più oltraggiosa, Socino li superò di gran lunga. L’epitaffio sulla sua tomba a Luclavic recita così: Tota licet Babylon destruxit tecta Lutherus, muros Calvinus, sed fundamenta Socinus. Il che significa che, se Lutero aveva distrutto il tetto della Chiesa Cattolica, chiamata Babilonia, se Calvino ne aveva rovinato le mura, Socino poteva vantarsi di averla abbattuta sino alle fondamenta. – Le prodezze di questi settari contro la Chiesa Romana erano rappresentate in caricature tanto indecenti piuttosto che gloriose per ciascun partito; va infatti notato che la Germania era piena di stampe di ogni tipo, in cui ciascun partito rivendicava la gloria di aver fatto più danni alla Chiesa.  – Ma è certo che nessuno dei settari concepì un piano così vasto, così empio, come quello che Socino formò contro la Chiesa; egli non solo cercò di rovesciarla e distruggerla, ma si impegnò, inoltre, a erigere un nuovo tempio, nel quale si proponeva di portare tutti i settari, unendo tutti i partiti, ammettendo tutti gli errori, facendo un insieme mostruoso di principi contraddittori; Infatti, sacrificò tutto alla gloria di unire tutte le sette, per fondare una nuova chiesa al posto di quella di Gesù Cristo, che ne faceva un punto capitale di abbattere, per tagliare la fede nei misteri, l’uso dei Sacramenti, i terrori di un’altra vita, che sono così opprimenti per i malvagi.  « Questo grande progetto di costruire un nuovo tempio, di fondare una nuova religione, diede motivo ai discepoli di Socino di armarsi di grembiuli, martelli, squadre, assi, cazzuole e tavole da disegno, come se volessero usarli nella costruzione del nuovo tempio che il loro capo aveva progettato; ma, in verità, sono solo chincaglieria, oggetti di rappresentanza che servono da ornamenti, piuttosto che strumenti utili per la costruzione.  « L’idea di un nuovo tempio va intesa come un nuovo sistema di religione concepito da Socino e alla cui realizzazione tutti i suoi seguaci promettono di lavorare. Questo sistema non ha alcuna somiglianza con il piano della Religione Cattolica, stabilito da Gesù Cristo; è addirittura diametralmente opposto ad esso, e tutte le parti tendono solo a mettere in ridicolo i dogmi e le verità professate nella Chiesa che non sono in accordo con l’orgoglio della ragione e la corruzione del cuore. Questo fu l’unico modo che Socino trovò per unire tutte le sette che si erano formate in Germania; ed è il segreto che i massoni utilizzano oggi per popolare le loro logge con uomini di tutte le religioni, partiti e sistemi.  « Essi seguono esattamente il piano che Socino aveva prescritto a se stesso di associare studiosi, filosofi, deisti, ricchi, uomini, in una parola, in grado di sostenere la loro società, con tutte le risorse in loro possesso; e mantengono la massima segretezza all’esterno sui loro misteri: similmente Socino, apprese  per esperienza quanto dovesse essere dispendioso il riuscire nella sua impresa. Il rumore delle sue opinioni lo costrinse a lasciare la Svizzera nel 1579, per recarsi in Transilvania e da lì in Polonia. In questo regno trovò le sette dei Trinitari e degli Antitrinitari divise tra loro. Da abile condottiero, cominciò a insinuarsi abilmente nelle menti di tutti coloro che desiderava conquistare; nutriva un’eguale stima per tutte le sette; approvava vivamente le imprese di Lutero e di Calvino contro la Corte romana; aggiungeva persino che non avevano dato il tocco finale alla distruzione di Babilonia, della quale era necessario strappare le fondamenta per costruire, sulle sue rovine, il vero tempio.  « Il suo comportamento fu in linea con i suoi piani. Affinché il suo lavoro potesse progredire senza ostacoli, prescrisse sulla sua impresa un profondo silenzio, come i massoni prescrivono nelle loro logge in materia di religione, per non incorrere in alcuna contraddizione nella spiegazione dei simboli religiosi di cui le loro logge sono piene; per cui fanno voto di non parlare mai davanti ai profani di ciò che avviene nella loggia, per non divulgare una dottrina che può essere perpetuata solo sotto un velo misterioso. Per legare maggiormente i suoi seguaci, Socino voleva che si chiamassero fratelli e che provassero gli stessi sentimenti. Da ciò derivarono i nomi che i sociniani portarono successivamente di Fratelli Uniti, Fratelli Polacchi, Fratelli Moravi, Frey-Maurur, Fratelli della Congregazione, Liberi Muratori, Freys-Maçons, Liberi Muratori, Free- Maçons, ecc. Tra loro si trattano sempre come fratelli ed hanno gli uni per gli altri l’amicizia più affettata  « In questo modo, Socino riuscì a riunire tutte le sette degli anabattisti, degli unitari e dei trinitari, e sapeva come gestirle. Gli fu permesso di predicare e scrivere la sua dottrina; produsse catechismi e libri, ed avrebbe pervertito tutti i Cattolici in Polonia in breve tempo, se la Dieta di Varsavia non lo avesse impedito. In effetti, non c’è mai stata dottrina che si opponeva al dogma cattolico più di quella di Socino: come gli Unitari, egli rigettava dalla religione tutto ciò che avesse l’aria di essere un mistero; secondo lui, Gesù Cristo era il figlio di Dio solo per adozione e per le prerogative che Dio gli aveva accordato di essere nostro mediatore, nostro sacerdote, nostro pontefice, benché fosse solo un uomo. Secondo Socino e gli unitari, lo Spirito Santo non è Dio; e lungi dall’ammettere tre Persone in Dio, non ne voleva che una sola che fosse Dio. Considerava come fantasticherie il mistero dell’Incarnazione, la reale presenza di Gesù Cristo nell’Eucaristia, l’esistenza del peccato originale, la necessità della grazia santificante. Per lui, i Sacramenti erano pure cerimonie istituite per sostenere la Religione del popolo. La Tradizione apostolica non era, ai suoi occhi, una regola di fede; non riconosceva l’autorità della Chiesa di interpretare le Sacre Scritture. In una parola, la dottrina di Socino è contenuta in duecentoventinove articoli che hanno tutti per oggetto di rovesciare la dottrina di Gesù-Cristo. – L’Abbé Lefranc ha attinto le sue informazioni da una buona fonte, perché è in perfetto accordo con lo storico Cesare Cantù, che conosce così bene la storia dell’Italia, il suo Paese, e così ben informato sulla vita di Socino. « Nipote e discepolo di Lélio – egli dice – nacque a Siena, il 5 dicembre 1539; piacevole scrittore, facile interlocutore, distinto nelle maniere, studiò giurisprudenza e poi le scienze a Lione. Venuto a conoscenza della morte dello zio, corse in Polonia per raccogliere i libri del defunto, e là venne accolto come un profeta destinato a dare il tocco finale alla dottrina ariana. Per il momento, tornò in patria e per dodici anni ricoprì onorevoli incarichi presso la Corte di Firenze; poi, quando i suoi genitori furono perseguitati, trasferì la sua residenza a Bale, nel in 1574, nonostante gli sforzi del Granduca che cercava di dissuaderlo. Egli si mise a studiare la teologia e la ricondusse ad un significato opposto a quello che gli si dava ordinariamente; pubblicò opere anonime, come ad esempio il trattato di Jesu “Servatore”; ma, avendo avuto un litigio con Francesco Pucci, nel 1578, dovette lasciare Bale. Fausto fu così chiamato in Transilvania ed in Polonia, dove l’eresia antitrinitarista aveva messo radici ». « La sua presenza – continua Cesare Cantù – gettò un nuovo elemento di confusione tra le numerose sette di quel paese, portando alla luce un nuovo “simbolo”, estratto ,dalle carte dello zio, un simbolo che si differenziava per aspetti essenziali da quello degli unitari polacchi. Secondo questi numerosi scritti, Lutero e Calvino erano benemeriti, ma tuttavia, i loro meriti non sono stati soddisfacenti, poiché era necessario, a suo avviso, liberare la fede da qualsiasi dogma che superi la ragione… Fausto Socino fu quindi un vero e proprio eresiarca, un eresiarca ben caratterizzato, poiché, nel proclamare i diritti della ragione, non rispettava alcun limite. Lutero e gli altri avevano secolarizzato la Religione, egli secolarizzò Dio; se non osò bandire il soprasensibile, egli negò tutti i dogmi, condusse all’incredulità, ed è stato il padre del razionalismo, che è l’eresia del nostro tempo. Egli insegnava anche degli errori sociali: esagerando la dottrina della misericordia evangelica e del perdono, negava non solo la legittimità della guerra, ma anche quella di ogni autorità repressiva… Questa dottrina fu sostenuta dai suoi seguaci, che ne estesero le conseguenze fino al punto di negare il diritto penale, ed in particolare la pena di morte… In realtà, la Riforma era riuscita solo a strappare le anime al Papa per darle o ad un re, o ad un concistoro o ad un pastore. Solo il socinianesimo impiantò l’autonomia della ragione; è da esso che emersero i Cartesio, Spinoza, Bayle, Hume, Kant, Lessing, Hegel, Bauer, Feuerbash. Strauss e i suoi seguaci, negando il Cristo positivo e sostituendolo con un ideale di Cristo, hanno solo aggiunto al piano sociniano l’elaborazione scientifica, che è il segno distintivo dell’età moderna: le bestemmie arcadiche di Renan e le proposte dell’incrocio di Bianchi-Giovani e diversi italiani non hanno altre origini. Sono loro che hanno soppresso in un sol colpo la questione suprema, la chiave di volta della storia, quelle della vita, della morte, del futuro, dell’intelligenza del mondo misterioso ». Così parla Cesare Cantù. È quindi evidente a chiunque sappia leggere che il socinianesimo è figlio della Riforma protestante e Socino il fondatore della setta massonica: il Socinianesimo e la Massoneria sono una stessa cosa. – « Il sociniani – dice ancora Cesare Cantù – in quanto discepoli di Lutero, si sono proclamati i restauratori del Cristianesimo primitivo, solo perché prendevano le Sacre Scritture come unica regola della fede e la misura delle loro azioni. Lutero, eliminando dalla Bibbia ciò che non era di suo gradimento, conservò i dogmi della Trinità, del peccato originale, dell’Incarnazione e della divinità di Cristo, il battesimo ed una sorta di Eucaristia. Socino soppresse tutto. Il luteranesimo aveva dato la preponderanza all’elemento divino, il socinianesimo all’elemento umano; i riformati esagerarono il dogma del peccato ereditario, i sociniani non lo riconobbero. Secondo quelli, solo Dio opera la giustificazione, e l’uomo resta del tutto passivo. Secondo quest’altri, l’uomo è il solo ad agire, egli si eleva e si perfeziona, senza che Dio faccia nient’altro che rivelargli la sua dottrina. Per i protestanti, il Salvatore divino è venuto sulla terra per riscattarci con il suo Sacrificio; per i sociniani è un uomo che è stato mandato sulla terra per dare all’umanità una nuova dottrina e per mostrare loro il modello da imitare. I protestanti, confidando interamente nella grazia, disprezzano la ragione; i sociniani proclamano che la ragione e i suoi diritti sono al di sopra di ogni mistero e che solo essa è in grado di dissipare le fitte nubi che avvolgono le Sante Scritture.  « I protestanti (dice Gioberti) hanno preso dalle opere dei pagani gli accessori e l’eloquenza; i sociniani ne hanno sostanzialmente rinnovato le tendenze, lo spirito e le dottrine. Rifiutando l’ideale sovraintelligibile e la rivelazione, essi oscurano l’intelligibile a forza di logica, la privano di quella purezza e di quella perfezione che abbondano nei precetti del Vangelo; riducono la sapienza di Cristo alle anguste proporzioni di quella di Socrate e di Platone; all’idea luminosa ed armoniosa del Cristianesimo Cattolico, sostituiscono l’idea zoppicante e nebulosa della filosofia pagana. Essi conservano solo in apparenza le verità soprarazionale della Rivelazione al fine di stabilire un’apparente armonia tra l’aristocrazia sociniana e la moltitudine, e per formare una dottrina exoterica ad uso esclusivo del volgo ». – Per riassumere la questione, diciamo che dopo aver potuto predicare la sua dottrina liberamente, moltiplicare i suoi adepti, tenere le sue assemblee, organizzare la sua società segreta e simbolica, riversare l’errore nel seno della sfortunata Polonia, Fausto Socino, aiutato da Sigismondo-Augusto, che aveva garantito la libertà di coscienza a tutti i nemici del Papato, poteva applaudire se stesso per aver portato a termine il suo piano, accordando l’eresia all’azione, cioè fino alla perdita di anime e alla rovina di uno o più Paesi, ma mai fino al punto di distruggere il Cristianesimo, divino ed immortale nella sua natura. « Tuttavia, Fausto Socino ha dovuto affrontare gravi contraddizioni, a proposito delle sue dottrine – dice Cesare Cantù. Protetto da alcuni grandi personaggi, sposò Agnese, una giovane ragazza di buona famiglia, che perse nel 1587. I suoi oppositori eccitarono contro di lui il popolo di Varsavia, che lo trascinò per le strade della città. Egli riuscì a fuggire con grande difficoltà a questi maltrattamenti, e si ritirò in un oscuro villaggio, dove morì il 3 marzo 1604 ». « La setta sociniana – aggiunge Feller – ben lungi dal morire o dall’indebolirsi alla morte del suo leader, divenne considerevole grazie al gran numero di personaggi di qualità e di sapienti che ne adottarono i principii. I sociniani erano abbastanza potenti da ottenere nelle diete della Polonia la libertà di coscienza; ma diversi eccessi che commisero contro la religione di Stato, li fecero scacciare definitivamente nel 1658. Le ceneri di Socino vennero dissotterrate, portate ai confini della Piccola Tartaria, e poi messe in un cannone che le inviò nella terra degli infedeli. » – « A Siena, dove la famiglia dei Socino si era distinta, fin dai tempi più remoti, per le cariche che i suoi membri avevano ricoperto, così come per la loro sapienza –  scrive Cesare Cantù – abbiamo ricercato attentamente alcuni dei loro ricordi, ma di loro, ma non ne è rimasto quasi nessuno. Si dice soltanto che la villa di Scopeto appartenesse a questa famiglia. Fino a qualche anno fa, c’era un grande albero sotto il cui riparo, secondo la tradizione, i religiosi tenevano le loro assemblee; così fu abbattuto per ordine della pia signora a cui apparteneva. » – Gli storici concordano sulla vita e sulla dottrina di Fausto Socino. Alle testimonianze già citate vogliamo solo aggiungere le parole di un noto teologo: Bergier.  « Fu intorno all’anno 1579 – dice l’autore del Dizionario di Teologia – che Fausto Socino, nipote ed erede dei sentimenti di Lélio Socino, arrivò in Polonia. Trovò gli spiriti divisi in tante sette quanti erano i dottori: tutte queste cosiddette chiese erano unite in un solo punto, cioè l’avversione al dogma della divinità di Gesù Cristo. A forza di dispute, scritti, gentilezze e flessibilità, Socino riuscì a riunirli e a portarli più o meno alla stessa opinione, almeno esteriormente; divenne così il principale leader di questo gregge che ha conservato il suo nome. Morì nel 1604. » Dopo aver esposto a lungo la dottrina sociniana, lo stesso autore aggiunge: « Inoltre vediamo dagli scritti dei deisti moderni che essi hanno preso dai sociniani la maggior parte delle loro obiezioni contro i dogmi che noi sosteniamo essere rivelati, così come i sociniani hanno preso in prestito i loro principi e la maggior parte dei loro dogmi dai protestanti. Così, mentre i primi non rifiutano di riconoscerli come loro maestri, i protestanti hanno una cattiva disposizione nel voler riconoscere i sociniani come loro discepoli. Ma abbiamo dimostrato altrove che il deismo stesso è un sistema incoerente in cui un raziocinante non può rimanere saldo; ché di conseguenza in conseguenza è presto portato all’ateismo, al materialismo ed infine al pirronismo assoluto, l’ultimo termine dell’incredulità. Ne siamo convinti non solo dagli argomenti che i materialisti hanno opposto ai deisti, ma anche dal fatto che i nostri più famosi miscredenti, dopo aver predicato il deismo per qualche tempo, sono arrivati ad insegnare essenzialmente il materialismo. Nulla dimostra meglio la connessione delle verità che compongono la Religione cristiana dei Cattolici, della catena di errori in cui cadono necessariamente tutti coloro che si allontanano dal principio su cui si fonda questa Religione divina ».

DISCORSO SUL SEGRETO DELLA FRANCO-MASSONERIA (2)

CORONA … DI CHI?

Si parla tanto di Corona, oggi, più o meno a proposito. Ma vediamo nel gergo cabbalistico cosa voglia significare Corona, in modo da renderci conto del perchè sia stato scelto questo tipo di fantomatico virus tra le migliaia che la virologia conosce (o meglio suppone esistere.). Capiremo così pure come sia stata scelta non una immaginaria variante nazionale, pure di moda nei mesi scorsi, bensì la cosiddetta delta … Δ lettera greca che rappresenta … guarda caso, un triangolo a punta in sù … un simbolo strano … o no? Manca l’occhio di Horus, ma è sottinteso … Grembiulini, smettetela, il vostro gioco è chiaro ormai: Dio vi sta usando come bastoni a nostro meritato castigo di apostati, ma dopo il castigo, il bastone viene buttato nel fuoco e distrutto … ciechi guidati da ciechi … la storia non vi insegna proprio nulla? ET IPSA CONTERET CAPUT TUUM!!

CORONA

[L. MEURIN:  LA FRAMMASSONERIA; trad. A. Acquarone, Siena Uff. Bibliot. del Clero, 1895]

LIBRO I

CAPITOLOIII

IL KETHER-MALKHUTH, LA CORONA DEL REGNO.

1. Origine dei Séfìroth Corona e Regno.

Ma donde viene la Corona che noi vediamo interpolata tra l’Ensoph e la Sapienza, tra la sostanza eterna e le tre persone divine?

Per approfondire tale questione importante, abbiamo consultato la Bibbia ebraica. Ora, nel libro d’Ester abbiamo trovato il Kéther-Malkhuth. Il re Assuero domandò che fosse condotta dinanzi a lui e ai principi del regno, la regina Vasthi col suo diadema reale. La regina vi si rifiutò. Allora la bella Ebrea Ester fu eletta invece di Vasthi disobbediente e detronizzata. Essa fu coronata da Assuero stesso del diadema reale tolto a Vasthi, e Mardocheo, suo zio, fu onorato e decorato del diadema reale che perdeva Amanno per aver voluto distruggere tutta la razza ebrea. – In questi passi il diadema reale è chiamato Kéther-Malkhuth. Dopo la caduta della regina Vasthi, dopo quella del primo ministro Amanno, e dopo l’innalzamento dell’Ebrea Ester al trono, e di Mardocheo al primo posto nel regno del re Assuero, gli Ebrei sterminarono i loro nemici, il tredicesimo e il quattordicesimo del mese d’Adar; essi istituirono una festa perpetua che dovea essere celebrata il quattordicesimo e il quindicesimo del mese di Adar. Eccoci sulle tracce dell’origine del primo e decimo Séfìroth Kéiher e Malkhuth: l’Uomo archetipo è l’Ebreo, con la Corona in testa e il regno ai suoi piedi. Non è questo uno dei più grandi misteri della Cabala? Non troverem noi il penultimo secreto della frammassoneria?

2. Applicazione politica del Kéther-Malkhuth.

Dopo aver scritto queste linee, abbiamo trovato nel libro di Drumont, Testamento di un Antisemita, p. 142, la conferma seguente del nostro esposto. Negli Archivi Israeliti del 16 ottobre 1890, l’Ebreo Singer interpella direttamente il signor di Bismarck e gli dice senza altro preambolo: « Io vi prego a rileggere il magnifico libro di Ester, dove troverete la storia tipica di Amanno e di Mardocheo. Amanno, l’onnipotente ministro, siete voi, mio signore; Assuero, è Guglielmo, e Mardocheo, è il socialismo alemanno, inaugurato dagli Ebrei Lassalle e Marx, e continuato dal mio omonimo e correligionario Singer. Voi avete voluto abbassare e annientare Mardocheo, e siete voi, il grande cancelliere, che siete divenuto sua vittima! »

Quale imprudenza da parte di questo Ebreo Singer! Egli chiama l’attenzione del mondo su questo libro di Ester dove appare il suo correligionario Mardocheo coronato dal Kéther-Malkhuth, di cui i Rosa-Croce del 18° grado, quegli obbedienti cavalieri degli Ebrei, portano l’immagine attaccata al gioiello sui loro petti leali! « Il timore della potenza degli Ebrei, dice la santa Scrittura (Esth. C. IX), avea invaso generalmente tutti i popoli. Gli Ebrei fecero adunque una grande carneficina dei loro nemici; e massacrandoli, resero loro il male che questi usi erano preparati a fare ad essi. » In Susa stessa, uccisero cinquecento uomini, senza contare i dieci figliuoli di Amanno. Si riferì tosto al re Assuero il numero di quelli che erano stati uccisi in Susa. « Il re disse alla regina Ester: Quanto grande, pensate voi, debba essere la carneficina che fanno i Giudei in tutte le province? Che domandate voi di più? e che cosa volete ch’io ordini ancora? — La regina gli rispose: Io supplico il re di ordinare che i Giudei abbiano il potere di fare ancora domani in Susa ciò che fecero oggi, e che siano appesi i dieci figliuoli di Amanno. Il re comandò che ciò si facesse, e tosto l’editto fu affisso in Susa, e i figliuoli di Amanno furono appesi; e al domani, i Giudei uccisero ancora in Susa trecento uomini. E intutte le province uccisero i loro nemici in sì gran numero che settantacinque mila uomini furono compresi in quella strage. » Quella supplica della bella Ebrea ci svela tutto il carattere crudele della sua razza quando essa ha la vittoria in mano,

Guai ai popoli padroneggiati dagli Ebrei!

Ecco come gli Ebrei intendono le parole di Davide: « Le lodi di Dio saranno sempre nella loro bocca, essi avranno nelle loro mani delle spade a due tagli per vendicarsi delle nazioni e punire i popoli, per legare i loro re e incatenarne i piedi, e i grandi di essi, mettendo loro i ferri alle mani (Ps. CXLIX). » – La festa che essi chiamano Purim, il 14 febbraio, gli Ebrei la celebrano in memoria della loro liberazione dalla tirannia di Amanno, per coraggio di Esther e di Mardocheo. « Gli Ebrei s’impegnano allora di rubare tutti i Cristiani che possono, principalmente i fanciulli. In quella notte, non ne immolano cheuno solo fìngendo di uccidere Amanno. E mentre il corpo delfanciullo sacrificato è sospeso, essi scherzano intorno, fingendodi farlo ad Amanno. Col sangue raccolto, il rabbino fa certi paniimpastati col miele, di forma triangolare, destinati non agli Ebrei,ma ai Cristiani loro amici (E. Desportes, le Mystere du sang, p. 311). » Gli Ebrei danno ai loro propri figliuoli giunti all’età di tredici anni una corona in segno di forza (ibid. p. 258). » La Corona in testa e il Regno ai suoi piedi, ecco l’ideale dell’Ebreo praticamente e perseverantemente perseguitato dacché Iehovah ha eletto la posterità di Abramo come suo popolo di predilezione. – Adam Kadmon, l’Uomo primordiale, è l’archetipo dell’Ebreo. L’Ebreo è l’Uomo per eccellenza. Tutta la fraseologia si bene conosciuta sull’Uomo e l’Umanità, la loro liberazione, la loro libertà, i loro diritti, ecc…, devono intendersi in primo luogo degli Ebrei; poi, per comunicazione, degli affiliati degli Ebrei, cioè dei frammassoni; perché soltanto nella frammassoneria si forma l’Uomo, e solo all’undicesimo grado l’uomo diviene perfetto, in guisa da poter rispondere alla domanda:

« Siete voi Sublime Cavaliere Eletto?

Risposta: — Il mio nome è Emmarek, uomo vero in ogni occasione (P. Rosen, p. 251). » Emmarek, in ebraico, vuol dire: Io sono purificato. « Fuor del popolo ebreo e degli individui giudaizzati per mezzo dei misteri massonici, non havvi Uomini veri, le altre nazioni non sono che una varietà d’animali (Talmud, v. Pontigny, le Juif selon le Talmud). » Questa è la dottrina del Talmud che per l’Ebreo è la teologia morale, come sua sorella, la Cabala, è la teologia dommatica. Ma come noi già lo dicemmo, se i frammassoni sono ingannati dagli Ebrei, gli Ebrei lo sono dal nemico dell’uman genere. Non vediam noi il tentatore nascosto sotto questo « diadema reale » Kéther-Malkhuth, come un tempo sotto la forma del serpente?

Il pomo del paradiso è cambiato in corona.

Non sentiam noi le parole del tentatore, ripetute più tardi a Gesù, mostrandogli tutti i regni del mondo e la loro gloria: « Tutte queste cose, io ti darò, se tu prostrato mi adorerai » (S. Matteo, cap. IV, 8-9)?

L’Ebreo non ha risposto, come Gesù: « Ritirati, satana, perché è scritto: « Tu adorerai il Signore Dio tuo, e servirai a lui solo  » (ibid. v. 10).

Noi lo vedremo: si adora veramente Lucifero nelle logge massoniche. Libero agli Ebrei di adorare il diadema reale come il loro vitello d’oro:

satana, sotto il nome di Kéther, ha preso posto al di sopra della santissima Trinità.

Vediamo a questo punto, quali i siano i gradi della massoneria “dominati” dalla Corona, cioè – per ogni undicina – il decimo, il ventunesimo e l’apice: il trendaduesimo grado.

X Grado

La 1a Sephirah. La Corona. —

L’Illustre Eletto dei Quindici.

Il senso cabalistico del numero Quindici ci è già noto. La « Corona », Lucifero, vuol vedere la sua generazione (cinque) stabilita nei tre mondi, nell’universo. Al 10° grado, la frammassoneria deve rappresentare il primo dei dieci Séphirot, la Corona, nell’uno o nell’altro dei sensi che abbiamo indicati. La Corona è il simbolo della dominazione suprema, della vittoria completa su tutti i loro nemici. – A ben comprendere questo 10° grado, bisogna ricordare l’istruzione del Presidente del 33° grado: « Questi tre assassini infami sono: la Legge, la Proprietà, la Religione… Di questi tre nemici infami, è la Religione che deve essere il pensiero costante dei nostri assalti nichilisti, perché un popolo non ha mai sopravvissuto alla sua Religione, e perché con l’uccidere la Religione avremo nelle nostre mani e la Legge e la Proprietà; perché solo col stabilire sui cadaveri di questi assassini, la religione massonica la legge massonica, la Proprietà massonica, noi potremo rigenerare la Società (Paolo Rosen, p. 297.). » – Il rappresentante perfetto del potere supremo di Lucifero sì farà iniziare all’11° grado. Prima di divenire un tale rappresentante, egli deve meritare la sua corona, uccidendo, dopo Abibala che simboleggia la Religione, Sterkin e Oterfut, gli altri due assassini d’Hiram, che simboleggiano la Legge (i Re) e la Proprietà. – Il 9° grado è destinato a simboleggiare la distruzione della Religione; il 10°, quella della Legge e della Proprietà. Il recipiendario vi riceverà la civica corona degli Eletti della razza d’Eblis, quando avrà apportato le due altre teste: egli sarà acclamato e glorificato: « Gloria a lui! Riconoscenza eterna al vendicatore d’Hiram! » (P. 223). –  La tappezzeria della sala del 9° grado era screziata di fiamme rosse: la rabbia vendicatrice che immerge la mano nel sangue. Nel 10° grado queste fiamme saranno sostituite da lacrime rosse e bianche, lacrime di rabbia sanguinaria e lacrime di gioia e di vittoria. Nell’11° grado queste lacrime faranno posto a cuori infiammati, simboli dell’unione cordiale dei Sublimi Cavalieri Eletti, rappresentanti della Potenza Suprema. Si accende da prima una fiaccola di cinque bracci verso 1’Oriente, da dove parte la luce: la generazione « nel cielo »; poi un’altra al sud: la generazione « nell’aria di mezzo »; e infine una terza all’occidente: la generazione « sulla terra ». Il Tempio, l’Universo, è illuminato da quindici lumi. – Il recipiendario, dopo aver prestato il suo giuramento, porta le teste degli altri due assassini; con la mano destra, quella di Sterkin, con la sinistra, quella di Oterful. La testa di Sterkin, traversata da un pugnale sotto la mascella, simboleggia la decapitazione dei monarchi, quella di Oterfut, la rovina della Proprietà. Il re Maaca di Geth, nel cui territorio i due assassini si erano nascosti, è un personaggio biblico, e del fatto che gli schiavi di Semel eransi rifugiati nel suo territorio se ne fa parola nella Bibbia (III Re., 11, 39.); ma non v’è alcuna relazione tra questi fatti e la leggenda massonica. Quell’uso di nomi e di passi dell’Antico Testamento è una prova che il sistema massonico è un’ invenzione ebrea, e naturalmente a profitto degli Ebrei. Questa osservazione si trova confermata dal significato dei nomi seguenti: Ben-Dicar, figlio del pugnalamento, nome della caverna di rifugio dei due scellerati, Zerbaei, fuoco divorante di Dio, ed Eligam fremito di Dio, nomi dei due primi dei quindici Maestri che li scoprirono, e Herar, detenzione, nome della prigione dove essi furono chiusi. Finalmente le tre teste degli assassini d’Hiram sono un segno della vittoria finale dell’iniziato; egli ha meritato la sua corona, si è mostrato degno di essere posto tra i valenti avversari della Religione, della Legge e della Proprietà; tra i degni emuli di satana, che egli stesso si è imposto una Corona, per compensarsi della corona perduta il giorno nefasto in cui tre auguste persone « infami assassini », lo hanno condannato alla perdita della gloria celeste.

XXI Grado

21. La 1. Séphirah. La Corona. —

Il Cavaliere Prussiano Noachita

Questo grado rappresenta la Corona, il Kéther ebreo, e deve farci scorgere la speranza del « Popolo eletto » di essere un giorno coronato del diadema reale sul quadrato intero dell’universo, come un tempo Ester e Mardocheo su tutto il regno persiano, o come il Re frammassone Federico sulla Prussia. Questa è ancora una volta la riunione del potere spirituale e del potere temporale nella stessa mano, con l’estensione dell’augusto regno d’Israele sul mondo abitato da tutti i discendenti di Noè. – Il Noachita è un termine del Talmud e significa il Non-Ebreo (A. Pontigny, Le Juif selon le Talmud, p. 167). Il Motto de Passe, Phaleg, è pronunciato tre volte con tono lugubre, sia perché quell’uomo non è riuscito a compiere la Torre di Babele, sia perché gli Ebrei sono tristi di essere ancora tanto lontani dall’effettuazione della lor grand’Opera, la dominazionesull’universo.Sem, il fratello primogenito di Jafet, generò Arphazad, il nonno di Heber. « Heber ebbe due figli: uno si chiama Phaleg perché la terra fu divisa ai suoi tempi in nazioni e in lingue diverse; e il suo fratello chiamasi Jectan (Genesi. X. 25.). » Questo è tutto ciò che la cronaca santa riferisce su Phaleg. Essa non dice in nessun luogo ch’egli sia stato 1’architetto della Torre di Babele, e contraddice l’affermazione ch’ei fosse della stirpe di Cham. – Il « Grande Capitolo » dei Cavalieri Prussiani si tiene in una vasta sala illuminata solamente da una grande finestra per cui penetra la luna piena. Ogni altra luce è proibita. La sala deve essere decorata nello stile medioevale, e tutti gli assistenti hanno una maschera. – L’opinione volgare sulla Santa Vehme è che questo tribunale misterioso tenesse le sue sedute nelle tenebre della notte, sotto volte tetre, sedendo i membri coperti di maschere (Wetzer, Dictionnaire, Vehme. Conf. Clavet. Hist. de la Framm. p. 356.1).Il Fratello Cavaliere Prussiano porta all’occhiello una piccola luna d’argento. La Batteria è di tre colpi lenti; essa significa il Motto sacro: Sem, Cham, e Jafet. La marcia è: tre passi di Maestro. La leggenda racconta bene l’inganno di un membro della aristocrazia e di un vescovo, ma è difficile conchiuderne che lo scopo di questo grado sia di attaccare il clero e l’aristocrazia. Questo scopo è troppo subordinato per indicare il vero senso di questo grado eminente, che è, per così dire, la corona dei nove gradi precedenti. La Santa Vehme, rappresentando la giudicatura secreta massonica, non forma che una parte della leggenda di questo grado, e certamente la parte accessoria.La parte principale e la più secreta pare essere contenuta nel Gioiello: un triangolo d’oro, traversato da una freccia di argento avente la punta voltata in basso (p. 402). Che cosa può significare questo gioiello? Il triangolo dei tre Séphiroth superiori, di cui la Corona è la punta in alto, è facile a spiegarsi; ma la freccia (« La freccia è, come la spada, la lancia, l’arco, il giavellotto ecc., un simbolo del Fuoco filosofico). Le frecce di Apollo (Sterminatore) uccidono Tifo. » Ragon, Orthodoxie maçonnique p. 550, 556.) non si trova, per quanto sappiamo, tra i simboli numerosi di cui la Cabala fa uso. Nella Santa Scrittura, essa significa sempre la distruzione. Qui noi crediamo dover riferire questo simbolo alla soggezione dei re e dei popoli, perché è là il mezzo di conquistare la corona delle corone. Parlando di Ciro, Isaia, dice in nome del Signore le parole seguenti, che in questo grado Lucifero e gli Ebrei cabalisti applicano ai loro Ciri moderni, i Federico di Prussia, i Cavalieri Prussiani, i loro Fratelli, gli Ebrei Re: « Chi ha fatto uscire il giusto dall’Oriente e chi l’ha chiamato ordinandogli di seguirlo? Egli ha atterrato i popoli dinanzi a lui e lo ha reso il maestro dei re; egli ha fatto cadere sotto la sua spada i suoi nemici come la polvere, e li ha fatti fuggire davanti al suo arco come paglia portata dal vento… Ma tu, Israele, mio servo; tu, Giacobbe, che io ho eletto; tu, stirpe di Abramo che fosti mio amico, nella quale io ti ho preso per trarti dall’estremità del mondo… non temere perché io sono con te… Io lo chiamerò dal settentrione, ed egli verrà dall’ Oriente; egli riconoscerà la grandezza del mio nome; egli tratterà i grandi del mondo come il fango, e li calpesterà come lo stovigliaio calpesta l’argilla (Isaia, XLI, 2, 9, 55.)». La freccia che scende dalla punta del triangolo, dalla Corona, significa la stessa cosa che il segno del grado; prender le tre prime dita (Sem, Cham e Jafet) che il Fratello vi mostra. – Il Cesaro-papismo esercitato dagli Ebrei su tutte le nazioni è l’idea del 21° grado, idea degna di un Cavaliere Prussiano! Questo Principe regnerà in nome di Lucifero, e con lui, su tutti i popoli della terra nati da Sem, Cam e Jafet.

32. La 1a Sèphiraph. La Corona. —

Il Principe del Reale Secreto, Cavaliere di S. Andrea e Fedelissimo Custode del Sacro Tesoro.

La Sèphiraph Corona che deve presiedere al 32° grado, vi si è « impenetrabilmente nascosta ». Tuttavia noi l’abbiamo trovata sopra le due teste dell’Aquila onnipotente. Leo Taxil non dà la spiegazione del Campo dei Principi, di cui ha parlato alla pagina 443. Essa trovasi nel Rituale di questo grado pubblicato dal Fratello Ragon. Là, alla pagina 32, ei dice: « Il vessillo G, che è quello dei Grandi Maestri della Chiave, è verde chiaro. Esso porta un’Aquila a due teste, coronata, avente una collana d’oro, una spada nell’artiglio destro e un cuore sanguinante nella sinistra. » Così si vede giustificata sino alla fine la nostra ipotesi che la Cabala ebrea è la midolla della frammassoneria. Il 32° è il grado ebreo per eccellenza. Invece di Principe del Real Secreto, si dovrebbe dire: Principe dell’Esiglio; perché questo grado è l’apparato del salmo 136: « Sulle rive dei fiumi di Babilonia, ivi sedemmo, e piangemmo ricordandoci di Sionne. Ai salici appendemmo i nostri strumenti di musica. Come canteremo noi il Cantico del Signore in una terra straniera? Se io mi dimenticherò di te, o Gerusalemme, sia messa in oblio la mia destra. Si attacchi la mia lingua alle mie fauci, se non avrò più memoria di te!…. Figliuola infelice di Babilonia! beato colui che farà a te quello che tu hai fatto a noi! Beato colui che prenderà e infrangerà sulle pietre i tuoi figliuoli! » Dolore, odio e rabbia! – I frammassoni non ebrei sono ben obbligati di mettersi in duolo per Israele esiliato, e di versar lagrime per le disgrazie degli Ebrei loro maestri! – La prima grande disgrazia nazionale fu l’esilio di Babilonia. La tappezzeria della Loggia è nera, colore di duolo, seminata di lagrime, di scheletri, di teste di morte e di tibie incrociate. Il Motto sacro è la parola latina Salix, salice: « Ai salici noi appendemmo le nostre lire! » La seconda grave sventura fu l’incendio pel Tempio, sotto Tito, il nove del mese Ab; ancora oggidì, questo giorno è per gli Ebrei un giorno di digiuno; da ciò il secondo Motto sacro la parola latina Noni, il nove. I due fratelli pronunciano allora insieme il terzo Motto sacro, la parola greca Tengu, affliggiamoci! — L’idea generale del campamento è la marcia verso la Terra Santa per riconquistarla e per ricostruire il Tempio di Gerusalemme. L’abate Chabauty (Les Juifs nos maitres. Parigi, Palme 1882.) ha dimostrato la perennità di un governo unico presso gli Ebrei dispersi: « È storicamente incontestabile, ei dice, che dalla loro dispersione sino all’undecimo secolo, gli Ebrei hanno avuto un centro visibile e conosciuto di unità e di direzione. » Teodoro Reinach lo afferma nella sua Storia degli Israeliti. Dopo la rovina di Gerusalemme, questo centro si trovò lungo tempo ora a Japhné, ora a Tiberiade; esso era rappresentato dai Patriarchi della Giudea (20° grado) che godevano di una grande autorità. « Essi decidevano i casi di coscienza e gli affari importanti della nazione; dirigevano la Sinagoga come capi superiori; stabilivano le imposte, avevano degli ufficiali detti apostoli che portavano i loro ordini agli Ebrei delle provincie più remote e ne riscotevano il tributo. Le loro ricchezze divennero immense. Questi Patriarchi agivano in una maniera palese o nascosta, secondo le disposizioni degli imperatori romani a riguardo degli Ebrei. Essi scomparvero sotto Teodoro. Superiori a questi Patriarchi erano i Principi della Schiavitù, che risiedettero lungo tempo a Babilonia. Gli scrittori ebrei mettono una grande differenza tra i Patriarchi della Giudea e i Principi dell’Esilio. I primi, dicono essi, non erano che luogotenenti dei secondi. I Principi della Schiavitù avevano la qualità e l’autorità assoluta dei capi supremi di tutta la dispersione d’Israele. Secondo la tradizione dei dottori, essi sarebbero stati istituiti per tenere il posto degli antichi re, ed essi hanno il diritto di esercitare il loro impero sugli Ebrei di tutti i paesi del mondo. – « I Califfi d’Oriente, spaventati della loro potenza, suscitarono loro delle terribili persecuzioni, e a partire dall’undecimo secolo, la storia cessa dal fare memoria di questi capi d’Israele. » – Scomparvero essi completamente, o trasportarono altrove la sede della loro potenza? Questa seconda ipotesi è molto più verosimile, vista la lettera degli Ebrei d’Arles a quelli di Costantinopoli, e la risposta degli Ebrei di Costantinopoli a quelli di Arles e della Provenza, con la data del 1489, di cui facemmo più sopra memoria. L’abate Chabauty ne deduce l’evidenza che a Costantinopoli risiedeva il loro Capo Supremo, non solamente religioso, ma eziandio politico: « Là era la testa della nazione. » – Questo Principe di Costantinopoli era il successore dei Principi Dell’Esilio di Babilonia. Egli trovavasi là nel centro della dispersione, e godeva di una piena autorità; « egli comandava da padrone ed era puntualmente obbedito (C. Desportes, Le Mistere du sang. p. 335). » Non ci meravigliamo adunque che alla testa di quella Istituzione affatto ebrea che chiamasi la frammassoneria, noi troviamo il Principe dell’Esilio vero, nascosto sotto il nome di Principe del Reale Secreto, coll’epiteto: Fedelissimo Custode del Tesoro Sacro (Ragon. Rituel du 31° e 32° degrè, p.. 9). – Tutti si persuadano bene che la Società secreta della frammassoneria è il piano di guerra il più nascosto e il più destro della Sinagoga decaduta, avente per iscopo la soggiogazione di tutte le nazioni della terra a profitto della stirpe eletta degli Ebrei. Chiunque dà il nome a quella società coopera alla Grande Opera degli Israeliti di porre il Kether-Malkhuth del mondo sulla fronte dell’Ebreo. Perché il maestro del 32° grado prende egli il titolo di Sovrano dei Sovrani, se con questo titolo i Capi supremi non vogliono designare il Diadema Reale sulla testa di Ester e di Mardocheo di tutti i regni della terra? – Perché questo « Sovrano dei Sovrani » chiamasi Grande Principe, se non perché il vero Principe dell’Esilio deve celarsi sotto il costume regale e lo scettro dei Fratelli del 32° grado? Perché porta egli ancora il titolo di Illustre Commendatore in capo, se non perché il Principe dell’Esilio deve essere alla testa della Supremazia esecutiva dell’Ordine? Il toccamento non è altro che l’Unione dei « Templari « di tutti i paesi per conquistare il mondo intero sotto la direzione suprema degli Ebrei. Ecco i Motti de Passe: A dice: Phagal-Khol, egli ha annientato tutto, B risponde: Pharas-Khol, egli ha spezzato tutto! A ripiglia: Nekam-Makkah, Vendetta! Carneficina! A e B: Schaddaì, l’Onnipotente. Queste parole esprimono bene quell’idea «Beato colui che prenderà e infrangerà i tuoi figli sulla pietra! ». – Noi ci siamo domandati perché le due teste dell’aquila non sono più apertamente coronate in questo grado che corrisponde alla Sephirah Corona. Sul cordone si vede bene l’Aquila a due teste, ma non si dice e non si vede ch’esse portino la corona. La ragione sembra essere che la corona non è chiamata a unire insieme i due poteri, il temporale e lo spirituale, che al 33° grado; il 32° rappresenta solo il potere temporale. Il vessillo G tuttavia reclama già, al 32° grado, ciò che il 33° è chiamato ad effettuare. – La Croce teutonica dei Templari, che ha già trovato la sua interpretazione cabalistica, fa qui una gran parte come decorazione sul bavero, sul cordone, sulla cintola, e come gioiello. Se si vuole penetrare più profondamente negli emblemi della frammassoneria, si troverà che la Croce teutonica è la Pietra cubica a punta (14° grado) spiegata. Tirate dalla punta della piramide quadrata quattro linee perpendicolari sulle quattro linee della sua base, e delineate queste otto linee, le basi e le perpendicolari, in un piano attorno a un punto, e troverete la forma della Croce teutonica. Il punto rappresenta la Corona cabalistica, o l’Intelligenza ermetica; le quattro perpendicolari, la generazione quadrupla, e le quattro basi, i quattro mondi. Sopra uno dei quattro lati della piramide trovasi lo Schemhamphorasch, il Nome spiegato. La piramide e la Croce teutonica hanno la stessa significazione. Ora, il 32° grado è il grado della Corona rappresentata dal punto centrale della Croce teutonica e dalla punta in alto della Pietra cubica a punta. I cinque ultimi gradi sono i gradi templari; perché gli Ebrei furono abbastanza sagaci per vedere in questi religiosi decaduti i migliori strumenti dei quali potessero servirsi per la loro Grand’Opera, in pari tempo che la loro Croce è un simbolo ammirabile della loro dottrina cabalistica nascosta negli emblemi del 32° grado. Ma perché, a fianco delle lagrime in argento sulla tappezzeria della loggia, vi sono lagrime ardenti sul fondo del trono ove siede Lucifero? L’esilio d’Israele è esso una figura dell’esilio di Lucifero nel fuoco eterno? e le lagrime di Lucifero sono esse lagrime di fuoco? Dante, parlando delle tre facce di satana incatenato nell’abisso dell’inferno, dice: « Egli piangeva con sei occhi, e le lagrime miste a sanguinosa bava gocciavano su tre meati ». La fiamma di luce sulla testa d’Eblis, crediam noi, è abbastanza viva per impedire che le sue lagrime si gelino prima di cadere sul ghiaccio, sul ghiaccio da dove « l’Imperatore del Regno dei dolori usciva sino a metà del petto ». – Per far risaltare l’idea cabalistica di questo grado importante, distinguiamo la dottrina dello Zohar dalla sua applicazione alla magia diabolica, fondata, si sa, sulla Cabala. Parliamo dapprima dell’ultima, a cui non vogliamo consacrare che poche linee, per timore di essere trascinati in una esposizione della magia cabalistica che esigerebbe un libro. Dopo la spiegazione del Campo fatto al Kadosch recipiendario, il Sovrano dei Sovrani gli fa le domande seguenti:

-1. « Che cosa vi resta a sapere? (Noi citiamo dal Rituale di Ragon, avendo Leo Taxil omesso le prime quattro di queste domande) — Risp. Un punto essenziale che subito mi sarà rivelato.

2. « Perché vi è nascosto? — Risp. Perché tredici di voi possono solo conoscerlo e che, troppo recentemente iniziato, io non posso essere di questo numero.

3. « Voi non conoscete dunque tutto ciò che vi importa sapere? — Risp. Vi sono certamente delle cose che io ignoro; pur tuttavia ne conosco tante altre per camminare verso la perfezione: verrà un giorno che mi sarà permesso di saper di più.

4. « Su che fondate voi quella speranza? — R. Sopra un’apparizione.

5. « Quali oggetti vi ha essa presentati? — R. Tre uccelli: un corvo, una colomba e una fenice.

6. « Che cosa annuncia il corvo? — R. La nerezza delle sue piume simboleggia la pena, il disordine e la morte.

7. « Che cosa vi ritraccia la colomba? — R. La sua bianchezza mi annuncia la generazione degli esseri.

8. « Che cosa vi ricorda la fenice? — Quell’uccello che esce dalle fiamme per ricominciare una novella vita, è l’emblema della natura perfezionata d’una teoria universale e di un potere senza limiti.

9. « Spiegatemi questo. — R. Io non lo posso, sono ancora troppo giovane.

10. « Che età avete voi. — R: 5, 7, 9, 27 e 33 anni — 81 anno. »

Ragon comunica ancora le Note del manoscritto su questo grado (32°). Alla prima domanda trovasi annotata quella rivelazione importante: « (27) pagina 40. Quella domanda come le otto seguenti non devono esser fatte che a coloro che sono destinati a cognizioni di un’altra specie, alle quali non si può anticipatamente iniziare un Principe del Real Secreto. » A quella nota del manoscritto Ragon aggiunge la sua : « All’Arte sacerdotale, l’arte di trasmutare i metalli imperfetti in argento e in oro puro. » (Vedi la Maçonnerie occulte, in cui trovasi l’Arte sacerdotale, p. 128 e seg.) J. M. R.). –  Queste due note bastano per far vedere a coloro che non sono bendati, né abbagliati dal licopodo, che tali questioni alzano poco il velo che copre ancora la massoneria occulta. La sfera ancora nascosta in cui essa si muove non è altro che il declivio soprannaturale per il quale essa fa discendere l’uomo verso l’abisso e lo conduce direttamente ai piedi dell’Imperatore infernale. – Noi abbiamo dinanzi l’Ortodossia massonica del Fr. Ragon, e vi troviamo, a pagina 542, la descrizione dell’Arte sacerdotale. È l’Alchimia; là si parla del mercurio (33° grado), del nero, del bianco e del rosso, del corvo, del serpente, della corona reale, ecc. Il Punto essenziale, non ancora rivelato al Principe del Reale Secreto, è la Corona della Cabala; è, in una parola, Lucifero in persona. – La risposta alla seconda domanda ci rammenta « il Tredicesimo » che l’ abate Girod vide nella Loggia misteriosa dove il principe russo Pomerantzeff l’aveva introdotto. Sull’invocazione dei dodici membri: « O Padre del male, vieni a noi! » egli venne; e l’abate vide « il nuovo venuto, il Tredicesimo, che sembrava venuto per il cammino dell’aria da cui pareva nascere ». – Il corvo nero e la colomba bianca, è l’aquila mezzo bianca e mezzo nera, l’Ermafrodita significando le antitesi del Buono e del Cattivo Principio, della materia e dello spirito, del potere temporale e del potere spirituale, del genere mascolino e del genere femminile, le colonne J e B, le due corna a fianco della fiamma sulla testa del Baphomet, le sue dita alzate, ecc. La fenice che esce dalle fiamme è la grande menzogna panteistica della trasformazione eterna di tutto ciò che è, è la risurrezione d’Hiram, lo Zizon del 4° grado. I tre uccelli significano adunque: la Fenice, l’universo che si rinnovella eternamente, formato dalla colomba e dal corvo, i due Principii del Bene e del Male. – In un altro senso, la Fenice è ancora, e principalmente, l’Angelo del fuoco che esce dalle sue fiamme infernali per rinnovellarsi, incarnarsi e vivere di nuovo nei suoi adepti. Essa si rivela come Tredicesima ai suoi fedeli adoratori, dopo che furono trovati degni di essere ammessi nel piccolo numero dei dodici scelti e privilegiati. E in ultimo l’emblema della natura, quando alla fine del mondo essa sarà perfezionata, « conformemente alla teoria cabalistica, e sottomessa al potere senza limiti del Principe di questo mondo, avente in fronte la Corona che gli avranno offerta i suoi adepti, i suoi schiavi disgraziati. Solamente, i Cristiani lo sanno, allora il Signore medesimo distrarrà col fuoco il mondo divenuto indegno di esistere: Dio stesso verrà per la seconda volta a giudicare i vivi e i morti; e gli dirà: Ecce nova facio omnia; « Ecco che io rinnovello tutte le cose! (Apocal. XXI, 5) » – Non entriamo adunque nel labirinto della magia nera di cui il 32° grado ci ha aperto la porta. Ma, per confermare ciò che abbiam detto, citiamo un altro passo del Rituale: Dopo aver presentato al neofito una spada, « l’arma di cui servivasi un tempo Goffredo di Buglione contro i nemici della fede, » il Grande Commendatore gli dà un anello, dicendo: « Ricevete questo pegno della nostra unione…. » Qui il manoscritto aggiunge la nota (8): « Se conferendo questo grado, non si consideri che come un gradino per arrivare alla massoneria ermetica, non si dà anello al recipiendario che nol riceve che ottenendo un nuovo grado (Ragon, Rituels du 31° et 32° degrè, p. 46). » – Con quella nota si apprende l’esistenza di un’altra massoneria divisa in gradi e rilegata ai 33 gradi per l’intermediario del 32°. – Noi impegniamo Leo Taxil a procurarsi e a pubblicare ciò che è ancora un segreto al mondo. Restiamo in compagnia col volgare dei Principi del Reale Secreto e tentiamo ora di comprendere questo Campamento di cui gli Ebrei danno la « spiegazione, » che non è una spiegazione. Ecco in primo luogo il « Quadro del Campo dei Principi: » « il mezzo è una croce di cinque bracci; essa è avvolta da un circolo, il quale è in un triangolo equilaterale; questo triangolo è, alla sua volta, in un pentagono che rinchiude un ottagono, rinchiuso esso pure in un ennagono; tutto questo è in rilievo come un abbozzo di architettura, con figure emblematiche, stendardi, orifiamme, tende, ciò significa il campamento della frammassoneria intera, ripartita e aggruppata in gradi. » (P. 443). Se ciò fosse, « i secreti massonici non sarebbero impenetrabilmente nascosti sotto dei simboli.» Penetriamo adunque sino al fondo di questo Campo, per ben conoscere i veri secreti che vi si nascondono. Sentiamo in primo luogo la Spiegazione ufficiale riprodotta dal Fr. Ragon (p. 32). – « Il Triangolo che voi vedete in mezzo del Quadro rappresenta il centro dell’armata e designa il posto che devono occupare i Cavalieri di Malta ammessi ai nostri misteri e uniti ai Cavalieri Kadosch, per dividere con essi la sorveglianza del tesoro sotto gli ordini dei Prodi Principi del Reale Secreto. Il corpo formato da quella riunione è comandato da cinque Prodi Principi che ricevono direttamente dal Sovrano dei Sovrani l’ordine che essi fanno eseguire, ed essi hanno i loro vessilli fissati agli angoli del pentagono e designati dalle lettere  T E N G U.

« 1° Il vessillo del padiglione T, che è quello dei Grandi Pontefici, è porpora; esso porta l’Arca d’Alleanza avvicinata da due fiaccole ardenti e sormontato da due palme in circolo. Al di sopra dell’Arca è scritto: Laus Deo.

« 2° Il vessillo E, che è quello dei Cavalieri del Sole, è azzurro. Esso porta un Leon d’oro che tiene in bocca una chiave d’oro, ed ha un collare d’oro su cui è scolpito il numero 515. In alto è scritto: Ad majorem Dei gloriam!

« 3° Il vessillo N, che è quello dell’Arco Reale, è d’argento. Esso porta un Cuore infiammato sostenuto da due ali di sabbia di color nero e coronato di lauro semplice (fresco).

« 4.° Il vessillo G, che è quello dei Grandi Maestri della Chiave, è verde chiaro. Esso porta un’Aquila a due teste, coronata, avente una collana d’oro, e una spada nell’artiglio destro, e un cuore sanguinante nel sinistro.

« 5.° Il vessillo U, che è quello dei grandi Patriarchi, è oro e porta, un Bue di sabbia (color nero). Vedi questi cinque vessilli in un quadro:

QUADRO DEI CINQUE VESSILLI ….

.(1) Ragon dice Reale Arco, il 13° grado, che non è rappresentato nelle Tende dell’enneagono. Noi crediamo dover mettere Ascia Reale, per completare gli alti gradi degli antichi 25 gradi. Quell’armata è sotto la direzione dell’antico 24° grado. Cavaliere Commendatore dell’Aquila bianca e nera; il 25° ed ultimo grado era intitolato: « Illustrissimo Sovrano, Principe della Massoneria, Grande Cavaliere Sublime Commendatore del Reale Secreto.

L’ennagono che forma la pianta esteriore del Quadro, designa il luogo che occupavano nell’armata i Principi di Gerusalemme, i Cavalieri d’ Oriente e d’Occidente, i Cavalieri Rosa-Croce e tutti gli altri massoni di grado inferiore a questo, da cui i capi ricevevano gli ordini dei cinque Principi del pentagono. Le fiamme sono notate con cifre; e le tende sono designate con lettere disposte da destra a sinistra, nell’ ordine seguente: I. N. O. N. X. I. L. A. S., e che, lette nell’ordine inverso, formano le due prime parole sacre (Salix Noni). Queste nove tende sono quelle della milizia della massoneria, ripartita come qui sopra: « Noi mettiamo la descrizione in un quadro, per essere compresi più facilmente. »

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QUADRO DELLE NOVE TENDE E PADIGLIONI (….)

È inutile cercare una spiegazione delle tre parole sacre, altra che quella già data. Ragon ne dà sei o sette, più o meno cercate e forzate (p. 45). Non è luogo di occuparsi di queste invenzioni destinate a distrarre i curiosi Salix(latino) ricorda i salici di Babilonia e la prima schiavitù degli Israeliti, Noni(latino), la data della distruzione del Tempio, la seconda schiavitù e la dispersione degli Ebrei, Tenga(imperativo passivo dal greco tengo) esorta il Fratello a intenerirsi e a piangere. – Vediamo piuttosto la vera interpretazione cabalistica del Campo dei Prìncipi. L’abbiamo cercata lungamente; il cuore alato ci disviava sempre. Ma i tre animali l’Aquila, il Leone e il Bue, ci misero sulla traccia della grande visione del profeta Ezechiele, di cui la Cabala ebrea fa tanto caso. Mettiamo per il Cuore un Uomo, e tronchiamo all’Aquila una delle sue teste; allora la dottrina massonico-giudea, impenetrabilmente nascosta sotto i suoi simboli », ci sarà svelata. – Sentiamo, alla loro volta, Ezechiele e la Cabala. Ezechiele dice nel primo capitolo della sua profezia: « Ecco la visione che mi fu rappresentata: Un turbine di vento veniva da settentrione e una nube grande, e un fuoco che in lei s’immergeva e una luce intorno ad essa; e nel centro, cioè in mezzo al fuoco, eravi una specie di metallo brillantissimo. E nel mezzo di questo medesimo fuoco si vedeva l’apparenza di quattro animali che era tale: vi si vedeva la rassomiglianza di un Uomo. Ciascuno aveva quattro facce e quattro ali; i loro piedi erano diritti, la pianta dei loro piedi era come la pianta del piede d’un vitello (Osservate i piedi del Baphomet!), e uscivano da essi delle scintille come fa al vedersi un fulgido acciaio. Vi erano delle mani d’uomini sotto le loro ali ai quattro lati e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali.  Le ali dell’uno erano unite alle ali dell’altro. Non andavano indietro quando camminavano, ma ciascuno andava innanzi. Quanto alla figura dei loro volti, avevano tutti e quattro una faccia d’uomo, tutti e quattro a destra una faccia di leone, tutti e quattro a sinistra una faccia di bue, e tutti e quattro al di sopra una faccia d’ aquila…. Sopra le teste degli animali, si vedeva un firmamento che appariva come un cristallo scintillante e terribile a vedersi, che era steso sopra le loro teste…. E in questo firmamento che era sopra le loro teste, si vedeva come un trono di zaffiro, e appariva come un Uomo seduto su quel trono. Io vidi come un metallo brillantissimo e simile al fuoco, tanto dentro che all’intorno. Dai suoi lombi all’insù, e dai lombi di lui sino all’infime parti, io vidi come un fuoco che risplendeva all’intorno. E come 1’arco che apparisce in cielo in una nube in un giorno di pioggia tal’era 1’aspetto del fuoco che risplendeva all’intorno (Ezechiele, cap. I ). »

« I dieci Séphiroth, per cui, secondo la Cabala, l’Essere infinito Ensoph, si fa conoscere dapprima, non sono altro che attributi i quali, per sé, non hanno alcuna realtà sostanziale; in ciascuno di questi attributi, la sostanza divina è presente tutta intera, e nel loro insieme consiste la prima, la più completa e la più elevata di tutte le manifestazioni divine. Essa chiamasi l’Uomo primitivo o celeste; è questa la figura che domina il carro misterioso di Ezechiele e di cui l’uomo terreno non è che una pallida immagine (Franck, p. 133.). » – « La forma dell’uomo, dice Simone ben Jochai ai suoi discepoli, rinchiude tutto ciò che è nel cielo e sulla terra, gli esseri superiori come gli esseri inferiori; per questo l’Antico degli Antichi l’ha scelta per sua…. È di essa che si vuol parlare quando si dice che vedevasi al di sopra del carro come la figura di un Uomo (Franck. p. 133). » – Il ravvicinamento di queste tre Tende del Rituale del 32.° grado, della profezia di Ezechiele e della dottrina della Cabala, bastano per dare al Campo dei Principi, l’interpretazione cabalistica seguente.- L’Ensoph è rappresentato dal circolo; i tre Séphiroh superiori, dal Triangolo; gli altri Séphirot, cioè il Santo Re e la Matrona dalla Croce in cinque bracci; tutto l’Uomo celeste, dal Triangolo e il suo contenuto; la rivelazione dell’Uomo Celeste sul Carro misterioso, dai quattro emblemi; la sua scelta del popolo d’Israele, dal quinto emblema, l’Arca d’alleanza; la fertilità del Santo Re e della Matrona fuori del cielo, dal pentagono dei cinque emblemi, i sette re d’Edom, dall’ ottagono che non porta emblemi, perché questi re scomparvero; e finalmente il mondo attuale, dal triplice triangolo o le nove tende; queste servono in pari tempo a rappresentare il popolo d’Israele e la sua storia. I bisogni della frammassoneria manichea le hanno fatto aggiungere all’aquila d’Ezechiele una seconda testa; il profeta era tuttavia ben lungi dal credere al dualismo di un Buono e di un Cattivo Principio. Finalmente il progresso delle rivelazioni cabalistiche esigeva che al penultimo grado della terza serie di undici, corrispondente alla Sephirah Corona, un simbolo qualsiasi indicasse quella prima figura celeste: si è adunque incoronato il mostro filosofico, l’aquila a due teste! Ecco ora l’interpretazione del numero mistico 515 sul collare del Leon d’oro: « I dieci Séphiroth, dice lo Sepher Jetzirah, sono come le dita della mano, in numero di dieci e cinque contro cinque ma in mezzo ad esse è l’alleanza dell’unità (Franck. p. 109) ». – Il piano generale della frammassoneria comprende: l° la distruzione dell’ordine attuale del mondo, 2° lo stabilimento di un’Impero universale giudaico e massonico, e 3° la conquista dell’Universo per Lucifero trionfante su Dio. Bisogna saper legger tra le linee e interpretare le interpretazioni dei veri iniziati per rendersi conto del vero carattere della frammassoneria, Sentiamo il Maestro Ragon sui tre uccelli.

1° « Il Corvo (dice egli, p. 41 del suo Rituale), emblema alchimico, indica col suo colore nero la prima parte della grande Opera: la decomposizione dei misti, il caos ». Da ciò il motto dei 33: Ordo ab chao.

2° La bianchezza della Colomba è il secondo colore dell’Opera, indicando che si è arrivati dall’elisir al bianco, dall’argento vivo, simboleggiato dalla luna, emblema d’Isis, la cui iniziale I adorna la nostra prima colonna simbolica, posta di fronte a queir astro delle Notti, » al nord della Loggia. Da ciò la purificazione dei 33° nell’argento vivo sul fuoco.

3° « Il colore della Fenice che esce dalle fiamme è il terzo colore dell’ Opera compiuta, il rosso, simboleggiato dalle fiamme, emblema del sole, o d’Osiris, la cui iniziale del suo soprannome, Bacchus, figura sulla nostra seconda colonna, posta di fronte a questo re degli astri, » al sud della Loggia. Chi non vede in queste fiamme e nell’ultimo fine della frammassoneria la coda del vecchio Serpente? Oh! si, egli vuole avere dei compagni nel suo paradiso di fuoco! Sentite i Principi del Campo pregare Lucifero: « Solo e vero principio di tutti i lumi, Fuoco Sacro, che fecondi e conservi 1’universo, Essere potente che non si concepisce e non si può definire, infiamma i nostri cuori dell’amore delle virtù,…. benedici l’intrapresa che non abbiamo formata che per la tua gloria e pel bene dell’ umanità. Amen (5 volte) ». I cinque viaggi dell’armata massonica mettono capo alle porte di Napoli, di Malta, di Rodi, di Cipro e di Giaffa. Giunti là, i Principi contemplano un quadro rappresentante la città di Gerusalemme, la « terra per sempre consacrata da tante preziose memorie ». « Possiam noi, dice il Grande Commendatore, renderti il tuo antico splendore e riedificare il tempio che il più sapiente dei re aveva innalzato alla gloria del monarca dei cieli! Amen (5 volte). » – Per terminare la cerimonia della recezione di un nuovo Principe, si bruciano ancora alcuni grani d’incenso sull’altare dei profumi, e si conchiude con una preghiera commovente al Dio massonico, Lucifero.

INTELLIGENTI, PAUCA.

Chi può capire capisca, chi non può preghi lo Spirito Santo, terza Persona della Santissima Trinità, il vero unico Dio!

L’ABOMINIO DELLA DESOLAZIONE (3)

[Mgr. J. Fèvre, 

REVUE DU MONDE CATHOLIQUE. 15 DECEMBRE I901]

L’ABOMINIO DELLA DESOLAZIONE (3)

Lettera ai vescovi di Francia

(… CONTINUA)

V. – Questi sono dei pericoli certi, ma non sono molto gravi o molto dannosi; dobbiamo arrivare al grande pericolo della Chiesa in Francia, al pericolo che la minaccia a sua volta, in tutti i paesi che la luce del sole della civiltà “moderna” illumina. Le infiltrazioni protestanti, le nozioni poco riflessive sul ruolo delle lettere e sui compiti della filosofia nella Chiesa, qualche illusioni sulla necessità di costituire alla romana i seminari maggiori di Francia: queste cose meritano certamente attenzione. Ma il male, il grande male che deve attirare tutta la riflessione, provocare tutti gli sforzi, provocare una resistenza indispensabile ed unanime da parte dell’Episcopato, è la trasformazione che sta avvenendo, sotto i nostri occhi, da parte del triplice complotto secolare e delle manovre scellerate dell’anti-cristianesimo. Per lasciare da parte considerazioni troppo generiche di scienza speculativa, dobbiamo metterci alla presenza della storia. Il Vangelo è stato inteso, da Gesù Cristo a Lutero, come inteso ed applicato al mondo dalla Santa Chiesa Romana; il Vangelo è stato spiegato diversamente, da Fozio in Oriente, da Lutero in Occidente; e questa diversa spiegazione mette da parte la vecchia costituzione della Santa Chiesa, ne scarta il suo capo, il Romano Pontefice, e intende far camminare il mondo sotto le leggi del libero pensiero. Per tre secoli, attraverso una gestazione che è superfluo commentare qui, Lutero ha partorito Cartesio, Cartesio ha aperto la strada all’autocrazia o al parlamentarismo a Luigi XIV, a Mirabeau, a Napoleone. Poi, con la dissoluzione del principio religioso, l’Europa è passata da Bayle a Voltaire, da Voltaire a Proudhon. Oggi, tutti questi elementi di dissoluzione religiosa e di razionalismo filosofico stanno producendo un caos immorale e antisociale, dal quale si suppone che emerga un mondo nuovo. Questo radicalismo eretico, scismatico e rivoluzionario è stato a lungo chiamato anticristianesimo. Anticristianesimo significa, in breve, rifiutare non solo la Chiesa, ma il Vangelo, Gesù Cristo e Dio, per riportare il mondo alle infermità della natura decaduta e costituire un l’ordine sociale sull’ateismo. Non sarebbe possibile, dopo venti secoli di cristianesimo, tornare alle abiezioni del paganesimo e ristabilire il culto degli idoli nei templi. Giove è morto; si può tentare di restaurare i misteri della buona deità, ma non nella loro forma antica. È davvero un mondo nuovo; è davvero un rinnovamento dell’ordine dei secoli che si vuol tentare; ma si tratta di sapere in cosa consiste, e non tutti sanno percepirlo, spiegarlo o capirlo. Per procedere per analisi, e prendere le cose in ordine sperimentale, vediamo, in Francia, l’avvento di nuovi ceti, personificati da un partito di governo. Questo partito è entrato in scena con la parola d’ordine di “guerra contro il clericalismo”, un sinonimo mascherato di cristianesimo, ma è un travestimento che non può mascherare la realtà delle cose. Da venticinque anni, questo grido di guerra è stato affermato da un insieme di leggi assolutamente ipocrite, non meno assolutamente anticristiane. Lentamente ma inesorabilmente, seguendo le parole di un sostenitore del sistema, con un senso pratico e molto chiaro, siamo arrivati a tagliare, uno dopo l’altro, tutti i membri delle nostre chiese. Da vent’anni, ciò che è in corso in Francia è la demolizione, pietra dopo pietra, del grande edificio della civiltà cristiana. Non vogliono chiudere le chiese, come nel 1793, né, tanto meno, metterle a terra; ma lo Stato se ne appropria e vuole cambiarne l’uso. Questo fatto è ovvio; è superfluo insistere. Senza entrare in polemica, si tratta di sapere in virtù di quali principi di teorie filosofiche e politiche si persegue per legge l’estromissione del Cristianesimo. È in virtù di due teorie che sono state chiamate, una: l’americanesimo; l’altra, internazionalismo: una sconfigge la Chiesa nell’ordine sociale; l’altra porta una nuova regola, diversa dal Cristianesimo, per ordinare le relazioni delle nazioni tra loro. L’americanismo è una dottrina che pretende di regolare ovunque, nell’universo, la condizione della Chiesa, in accordo con ciò che esiste in America. L’America, originariamente abitata da razze autoctone, la cui barbarie portò alla loro rovina, fu ripopolata da rifugiati inglesi in fuga dalla tirannia del protestantesimo ufficiale. Questi puritani, vittime della persecuzione, una volta stabiliti, divennero a loro volta persecutori. In verità, avevano una certa libertà di libero esame, persino una certa tolleranza, ma erano ben lontani dall’aver costituito un regime veramente accettabile per la Chiesa Cattolica. Il nostro amico chiaroveggente, Jules Tardivel, editore-proprietario de La Vérité de Québec, in un libro di assoluta sincerità e di irrefutabile documentazione, ha descritto la situazione religiosa degli Stati Uniti, ha messo la realtà contro i sogni, e ha dimostrato che questa cosiddetta democrazia liberale è effettivamente la meno tollerante e la meno giusta di tutte le democrazie. Il fanatismo protestante vi spinge per l’assenza di religione; ma non ammette l’uguaglianza dei diritti e la libera espansione dei Cattolici. Si può ammirare la prodigiosa crescita degli Stati Uniti in un periodo di tempo molto breve. È possibile credere che questo bambino, che ieri era in costume, diventato un gigante, sarà in grado di soddisfare le esigenze della civiltà cristiana? Ma, ha detto Leone XIII, « questo errore deve essere distrutto; nessuno deve pensare che sia possibile prendere in prestito dall’America l’esempio di una condizione eccellente della Chiesa: Error tollendus ne quis hinc sequio existimet petendum ab America exemplum optimi Ecclesiæ status. Ora non c’è un solo americanismo, ce ne sono quattro. Il più recente è l’americanismo italiano. Ma cos’è questo americanismo? Nient’altro che liberalismo italiano coperto dalla bandiera a stelle e strisce. Ha un solo dogma essenziale: che che il potere temporale del Papa è il peggior nemico del Cattolicesimo. Gli italo-americanisti sostengono di basarsi sulle dottrine di alcuni Vescovi americani. Poco d’accordo sui dettagli, sono generalmente d’accordo nel proclamare l’inutilità degli ordini contemplativi e gli svantaggi dell’unione di Chiesa e Stato. L’americanismo tedesco è il più impetuoso. È il prodotto più recente dello spirito che ha causato la cosiddetta riforma del XVI secolo. Vuole riformare ulteriormente la Chiesa Cattolica e attacca soprattutto l’ispirazione divina delle Sacre Scritture. Su questo punto si confonde con il radicalismo dell’empietà.  L’americanismo francese è il prodotto di diversi elementi, il principale dei quali è l’ignoranza della condizione della Chiesa in America. Negli Stati Uniti, la grande maggioranza della popolazione è protestante o indifferente; in Francia, essa è quasi esclusivamente cattolica. Gli Stati Uniti sono un paese nuovo, con poche o nessuna tradizione e spirito cattolico; in Francia, la Religione Cattolica fa parte della vita quotidiana del popolo ed è confermata dai costumi più antichi. Gli Stati Uniti, dove il protestantesimo delle sette prevale nella maggioranza della popolazione, non possono offrire ai popoli cattolici né esempi, né principi che possano aumentare lo spirito di religione in mezzo a loro. Un altro errore della scuola francese è quello di parlare del movimento americano come un insieme di studi acquisiti e di determinazioni formali, accettate dalla gerarchia, messe in pratica dai preti e dai fedeli. Questo è un errore assurdo. – In America, l’americanismo è solo un insieme di opinioni fluttuanti, per le quali nessuno vorrebbe essere incolpato pubblicamente. In fondo, l’americanismo in America non è che un compromesso con i protestanti, un desiderio di non offenderli, una tendenza a mostrare generosità accomodando i loro costumi. Ma non c’è nessuna prova che queste usanze, queste tendenze, questi voti siano approvati o anche tollerati dalle autorità ecclesiastiche. Sono per lo più frasi senza fine che accarezzano l’onda dei pensieri, ma non prendono vita. Per quanto riguarda le relazioni tra Chiesa e Stato, i giornalisti dicono che il sistema americano è il più desiderabile per tutti i popoli. I giornalisti non sono né canonisti né teologi. Il giorno in cui i preti o i Vescovi ammettessero queste opinioni, dovremmo esaminare la loro ortodossia. Per il momento, Leone XIII ha parlato chiaro e forte. I Paesi cattolici devono conformarsi al principio dell’unione di Chiesa e Stato. Nei paesi protestanti, la Chiesa ha lo stesso diritto, inerente alla sua istituzione divina. Non accetterà mai di essere messa sullo stesso piano delle sette. Se non può far valere il suo diritto, accetta la posizione che gli viene data. Negli Stati Uniti essa è liberamente tollerata. Questa tolleranza è meglio della persecuzione e dell’oppressione, e nella misura in cui migliora una situazione precedente più penosa, la Chiesa non esita, in attesa di qualcosa di meglio, ad accontentarsi. L’americanismo francese non conta, senza dubbio, che degli apostati; ma ne ha almeno uno. Gli altri sono spiriti sinceri e onesti che vogliono, con la loro strategia, promuovere gli interessi della Chiesa; ma mancano di equilibrio, buon senso e penetrazione; i risultati della loro propaganda sono, finora, poco degni di lode. Il lato in cui sembrano più biasimevoli è che le loro incoerenze, senza approvare positivamente gli attacchi della persecuzione, purtroppo forniscono loro pretesti e scuse. Le opere della Chiesa vengono distrutte, presumibilmente per migliorare una situazione che queste belle menti hanno criticato. Ma, con Leone XIII, non dobbiamo stancarci di ripeterlo: 1° Nessun dogma può essere cambiato, né si può cambiare, per ottenere i favori dell’opinione pubblica: bisogna essere Cattolici intransigenti; 2° la disciplina si adatta senza dubbio ai tempi e ai luoghi; ma il legame che lega i fedeli all’autorità ecclesiastica, non può, meno che mai, essere indebolito. Da lì segue: 1° che bisogna accettare la direzione esterna e non dire che lo Spirito Santo è sufficiente a dirigere le anime; 2° che bisogna, senza dubbio, praticare le virtù naturali, ma non minare la preminenza delle virtù soprannaturali; 3° che non bisogna rimproverare i voti religiosi come contrari al genio dei nostri tempi; 4° che non dobbiamo gettare sfavori sulla vita religiosa; e che non dobbiamo propugnare un nuovo metodo per portare i dissidenti alla Chiesa, né screditare le cosiddette virtù passive, che sono attive quanto le altre. L’americanismo è l’espressione più o meno cieca, più o meno esplicita della follia e del tradimento. – L’internazionalismo, un’altra forma di aberrazione attuale, un’altra terribile fonte di perversione e rallentamento, non è, sotto altro nome, che solo il giudaismo talmudico. I massoni, i contestatori, i liberi pensatori, i cosiddetti intellettuali Cattolici, non sono che i duplicati o i complici del giudaismo. Dopo ventitré anni, un complotto ordito da tempo contro la Francia cattolica è arrivato al governo francese. Tutte le leggi anticristiane emanate da allora sono state promulgate sotto l’ispirazione dottrinale dell’internazionalismo giudaico e dell’alta banca, un tesoro largamente aperto al tradimento. L’alleanza universale israelita è il centro ed il fulcro della cospirazione anticristiana; il suo duplice scopo è quello di fondere tutte le patrie in un’unica repubblica, di fondere tutte le religioni in una vaga religiosità e di prendere il comando del mondo. Sotto la sua ispirazione e guida, le società segrete e la stampa stanno lavorando per distruggere l’idea di patria e per distruggere ogni principio della religione. Già in passato, i Giudei erano stati i promotori o gli esecutori di tutte le eresie, gli agenti della cospirazione permanente che rappresenta, nella storia, le debolezze dell’umanità ed il genio del male. Oggi, questo potere nemico, divenuto liberale ed umanitario, è all’assalto delle patrie e della Santa Chiesa. L’idea che il clero francese possa entrare, a qualsiasi titolo, in questa cospirazione giudaica non è ammissibile; ma c’è un elemento di seduzione. Hecker, il fondatore dei paulisti, voleva eliminare le barriere religiose, proibire la polemica, estendere i limiti della tolleranza e considerare solo i risultati nella morale. I Congressi delle Religioni propongono l’unione suprema delle religioni e cercano così di realizzare una nuova relazione con Dio ed il progresso interiore della Chiesa. In questa scossa, non tutto è falso; ma non tutto è certo. Il sistema, almeno, non può essere un principio di forza. Cercare rimedi a mali molto gravi è nostro dovere; lavorare per una grande unità attraverso la fede e la Chiesa è la nostra speranza. Ma niente, niente, ce n’è per l’indebolimento delle credenze e la diminuzione delle virtù; niente, niente, per l’anticristianesimo, la contraffazione satanica del Vangelo e il programma del futuro Anticristo. L’ora è solenne, l’uomo diventa inquieto e va dove Dio lo conduce. Il mondo è molto agitato; materialmente sta progredendo; intellettualmente, è molto debole; moralmente, molto basso; socialmente, pronto alla guerra civile e straniera. Possiamo essere schiacciati; è per essere confusi. In linea di principio, però, solo la Chiesa possiede le luci e le grazie della salvezza. Non c’è altro nome che il nome di Gesù Cristo; non c’è altro potere che quello infallibile del Romano Pontefice, per assisterci nella battaglia. – Il clero, secolare e regolare, è sufficiente per l’opera; ma non c’è nulla da cambiare nei nostri principi di spiritualità, nelle nostre leggi di educazione clericale, nelle nostre tradizioni di propaganda religiosa. La dolce Francia, la razza che ha versato lo spirito di Gesù Cristo nel cuore delle nazioni, deve essere sostenuta contro il complotto giudeo-massonico, deve essere sollevata dal clero, con l’infusione di sangue nuovo, il sangue della pura teologia e degli insegnamenti della Cattedra apostolica. – [Desidero citare qui e raccomandare caldamente due opere molto appropriate per dissipare la confusione e riaccendere il coraggio: uno è intitolato: “Le P. Heckcr è un santo?” di Charles Maignen; l’altro “L’américanismo e la cospirazione universale”, di Henri Delassus. Queste due opere sono due capolavori di buon senso, scienza e risoluzione, qualcosa, ahimè, troppo raro oggi. L’abate o padre Maignen ha pubblicato altre due opere sullo stesso argomento: una intitolata: Nazionalismo, Cattolicesimo, rivoluzione; l’altra: Nuovo Cattolicesimo e nuovo clero. Il primo si riferisce all’americanismo francese e lo demolisce con grande forza di ragione; il secondo è dedicato all’imbecille conciliatorismo che apre la porta allo scisma e riecheggia le due opere dell’antisemita dell’antisemita francese: “L’Abomination dans le lieu saint” et “La désolation dans le sanctuaire”. Questi libri non sono solo di circostanza; sono classici fondamentali, un manuale per l’uomo che vuole conoscere il suo dovere e compierlo.]. – Da questo, Monsignori, si deve concludere che ogni inerzia, ogni effusione, ogni complicità in presenza di leggi anticristiane è più che una colpa; è un crimine ed una follia! Il dovere dell’ora presente è, più che mai, l’intransigenza dottrinale, il fervore morale, la lotta per Dio e per la patria. I Vescovi hanno fatto la Francia; tocca a loro, Eccellenze, conservarla, risvegliare gli spiriti abbattuti, vincere il male con il bene.

VI. – Tutto si sta oscurando in Francia. Il coraggio, già così debole, minaccia di indebolirsi ancora di più sotto i colpi, tanto abili quanto sicuri, del nemico. Per scrollarsi di dosso la tristezza presente, per riaccendere il coraggio, per sostenere e sviluppare le nostre forze, dobbiamo andare a combattere. Ahimè, dopo i dodici anni in cui abbiamo lanciato il grido di guerra, non possiamo che constatare l’inutilità dei nostri sforzi e, salvo il sacrificio personale che ci è stato imposto, non sappiamo come potremmo contribuire più efficacemente alla salvezza della Francia. Dall’umile parte nostra, crediamo nella necessità della resistenza e nell’urgenza delle grandi battaglie. Abbiamo persino pronunciato il nome di una crociata interna, guidata dal clero. Ma ora, quando parliamo di sguainare la spada apostolica, ci viene detto che il Papa la difende e che i Vescovi, astenendosi, hanno semplicemente seguito il motto di ordine pontificio. Inoltre, si aggiunge, scuotendo la testa, per mostrare la propria saggezza e caricarci di ironia, che gli approcci segreti sono da preferire alla rumorosa pubblicità; che sembra più dignitoso, più conforme ai costumi nazionali, portare le proprie lamentele a chi ha l’autorità pubblica: è dare a chi ha il potere un pegno di fiducia nella sua probità e giustizia. – A nessun costo, non si vuole interferire nella politica e scendere nell’arena dei partiti. Per quanto riguarda l’istruzione del Papa, non intendiamo, in nessun modo, introdurci nel governo effettivo della Chiesa. È a Pietro, è al Papa, che Gesù Cristo ha detto: Pace, agnelli miei, pace, pecore mie, conferma i tuoi fratelli. Le parole rivolte a Pietro, ai suoi successori, ai cooperatori che il Papa chiama a condividere la propria sollecitudine, non sono rivolte a nessun altro; e nessuno, sia esso re o imperatore, sia esso il più grande dei maestri o il primo degli uomini di genio, può legittimamente contraddire o ostacolare ‘gli ordini del governo ecclesiastico. Attenersi tuttavia ai documenti ufficiali, ci sembra cento volte provato che la consegna del Papa sia di difendere la Chiesa; che questo dovere è imposto ai soldati ordinari e agli ufficiali di stato maggiore; che il Papa lo ha particolarmente stabilito nell’Enciclica Sapientiæ christianæ e più recentemente, in una lettera al Cardinale Richard, in difesa degli ordini religiosi. In Francia, tutti sono più o meno convinti della necessità di combattimenti valorosi; tutti lo dichiarano, ma quando si tratta di agitare solo la punta delle dita, tutti lo evitano. Qui, però, c’è un enigma posto dalla sfinge della storia. Da un lato, in Francia, ci viene detto ufficialmente che i Vescovi, astenendosi dall’agire, obbediscano alle raccomandazioni del Papa; dall’altro, ci viene assicurato che a Roma c’è, contro i nostri Vescovi, una denuncia unanime del loro rifiuto di obbedire agli appelli del Papa. C’è, qui, un’evidente contraddizione in termini. Non è possibile che lo stesso Papa ordini contemporaneamente di agire e di astenersi; quanto ai Vescovi, essi possono essere reprensibili solo nella misura in cui si sono sottratti agli ordini del Papa; non possono esserlo se il Papa ordina veramente l’azione. Ma il Papa decreta davvero l’azione? Ufficialmente, non ci sono prove; ufficiosamente, è possibile. Quindi c’è il dubbio e, nel dubbio, bisogna astenersi. Ci viene dato, per giustificare la cosiddetta inerzia del Papa, mentre le nostre chiese vengono demolite, il progetto di salvare con le concessioni, il bilancio dei culti. Ma noi, che non siamo niente e che possiamo parlare tanto più liberamente, noi che non crediamo nella probità dei nostri settari politici, abbiamo scritto, molti anni fa, al Cardinale Segretario di Stato per dirgli la nostra incredulità riguardo alla diplomazia che lascia distruggere le nostre chiese per salvare il bilancio. Non che mettessimo in dubbio la sua saggezza, ma ci sembrava che rinunciare a difenderci significasse incitare il nemico, e affrettare piuttosto che ritardare la soppressione del risarcimento dovuto dallo Stato alla Chiesa per i beni confiscati dalla Costituente. – Infatti, per vent’anni, la nostra gloriosa saggezza ha portato solo alla rovina; e se tutto è perduto, non abbiamo nemmeno la consolazione di scrivere: … fuorché l’onore! Quanto al paralogismo che consiste nel non fare politica, nel non scendere nell’arena dei partiti, esso è letteralmente pietoso; e non si capisce come una mente appena fiera, possa ancora coprirsene. La difesa della Chiesa non è né un lavoro di partito né un’azione politica. È un dovere di fede, di coscienza, di probità, di onore, e chi, costituito in dignità ecclesiastica, sostenesse che il suo dovere non è quello di difendere la Chiesa, dimostrerebbe solo la sua indegnità. A nostro modesto parere, il più grande bisogno della Francia nelle attuali circostanze è, al contrario, la formazione di un partito cattolico, dedicato unicamente alla difesa della Chiesa. La difesa della Chiesa invocando il diritto divino ha, senza dubbio, un grande prezzo e deve venire prima di ogni altro; ma ha poche possibilità di essere ascoltato dai politici. La difesa della Chiesa mettendo in moto le forze politiche, con una lega per il bene pubblico, con il suffragio universale e la composizione delle camere, con incessanti appelli all’opinione, è, a nostro avviso, la migliore procedura di apologetica. È, inoltre, quella che ci sembra più in linea con le indicazioni del Papa sull’unione dei Cattolici e la loro azione comune per far galleggiare la nave che porta la fortuna della Francia. Cosa dobbiamo pensare dell’antiquato sistema di indirizzare i reclami all’autorità costituzionale? Questo sistema aveva la sua ragion d’essere, quando il capo dello Stato era il vero detentore del potere. I rimproveri o le lamentele erano formulati da persone con autorità e venivano indirizzati ad un potere che poteva ascoltarli, che a volte doveva accoglierli. Oggi non è più così. – La costituzione che ci governa non ha investito nessuno di responsabilità; ha soprattutto legato le mani del capo dello Stato; ha costituito dei piccoli re che possono commettere impunemente tutti i crimini, ed è una specie di beffa rivolgersi a loro per fare ammenda. I nostri padroni sono criminali politici, dei persecutori della Chiesa, e nel rivolgersi a loro con una tale denuncia, oltre alla colpa di ingenuità, ci sembra che non ci sia niente di peggio che aver l’onore di rivolgere loro la parola. Sarebbe inoltre molto, forse troppo nel dire, chiamare i persecutori delle canaglie; ma questa gente vuole il male che fa; esortarli ad astenersi da esso è un modo come un altro per entrare nel loro piano. Politicamente, non c’è nulla da chiedere al nemico; legalmente, pure se il nemico volesse concederci una qualche grazia, non può. La macchina legislativa funziona come la ghigliottina; e Loubet, il lupetto, che firma l’esecuzione dei suoi decreti, se sa che sono ingiusti, non può che essere, legalmente, un boia, il boia di Francia, l’uomo più infelice, se sa quello che fa; il meno stimabile se, sapendolo, ha il triste coraggio di eseguirlo. Questo è il caso di ricordare una parola famosa: la legalità uccide. Mer Parisis, che aveva deciso, dopo matura riflessione, di agire pubblicamente, era disposto ad opinare nelle sue interviste su questo argomento; secondo lui, le condoglianze, i placet, i mercuriali, le rimostranze, tutte queste erano tutte pratiche dell’Ancien régime. Sotto il regime attuale, era ancora la sua opinione che non c’era niente da chiedere a nessuno; deputati, senatori, ministri, presidente, re o imperatori, possono ascoltarci favorevolmente, ma possono solo offrirci l’acqua benedetta di corte. – Oggi l’opinione pubblica è la regina del mondo; se vogliamo ottenere qualcosa, dobbiamo rivolgerci all’opinione pubblica. La procedura, sono d’accordo, è lunga, ma è unica, rigorosamente obbligatoria. Trascurare l’opinione pubblica è un tradimento di se stessi. Inoltre, non dobbiamo credere che sia impossibile, o addirittura difficile. In generale, si coglie solo l’opinione di questioni serie, di alti interessi. Questi interessi sono i nostri; queste questioni ci riguardano molto da vicino e nessuno personalmente può disdegnarle con ragione. Le masse sono sempre difficili da scuotere; ma la stampa è una leva di forza superiore, per sollevare le masse popolari. C’è qualcosa di vero nell’opinione che suppone che i giornali si annientino a vicenda; in fondo è insostenibile. Le contraddizioni stesse non sono inutili, per chiarire le idee e assicurare loro, attraverso la precisione, virtù più trascinante. Nonostante le contraddizioni, un’opinione giusta, un sentimento vero, un dovere patriottico e pio, se sono serviti da una stampa intelligente, hanno tutte le possibilità di essere accreditati. L’opinione è la regina del mondo; e la stampa è il suo veicolo ordinario, spesso il suo carro di trionfo. Allo stato attuale, di cosa si tratta? Nella società attuale, il partito rivoluzionario, nel suo insieme, vuole abolire la proprietà privata e amministrare la proprietà collettiva solo mediante lo Stato, con l’instaurazione di una nuova schiavitù, che non lascerà all’uomo nessuna libertà. Lo Stato persecutore vuole, inoltre, sopprimere ogni pratica religiosa, ogni forma di Chiesa, dove solo il necessario viene offerto all’imbecillità umana, così come ai ciarlatani ed ai comici è concesso il libero esercizio senza garanzie governative. Rabbini protestanti, rabbini giudei, rabbini musulmani o buddisti, non vuole più Vescovi e preti. Con un “trucco di volgare abilità” che può ingannare solo gli sciocchi, non può che abusare che dei nani, intende servirsi dei rabbini per demolire i Vescovi, e…, ma questa è l’ultima goccia, spera di potersi servire dei Vescovi per demolire la Chiesa. Per prendere le cose nel modo diatonico più indulgente, l’idea essenziale del regime repubblicano è di elevare lo Stato al di sopra della Chiesa; è di ridurre la Chiesa alla servitù e all’impotenza. Questi settari dicono tutti più o meno la stessa cosa, nella loro testa: questa cosa capitale per la Repubblica è sostituire la società laica alla società religiosa. Tutto si riduce ed è sottomesso a questo pensiero. La Repubblica si crederà definitivamente padrona solo quando avrà distrutto o reso schiava la Chiesa in Francia. Tra essa e la Chiesa è una lotta di principio, è un’incompatibilità assoluta. Tutti i repubblicani di tradizione vogliono la supremazia dello Stato sulla Chiesa, la secolarizzazione della società. Finché dura questo regime, con il suo personale suo spirito di empietà radicale, sarà lo stesso pensiero di ostilità contro la Chiesa, la stessa pretesa ipocrita e violenta di supremazia, di onnipotenza, la stessa politica di dominio secolare. Cullarsi con altre idee è un’illusione; lusingarsi della rassegnazione dei ministri è prossimo alla follia. La cosa peggiore è che questa esecrabile progenie, che si crede repubblicana e che è solo giacobina, cioè una canaglia negatrice, può permettersi tutti questi attacchi solo violando la Costituzione, minacciando le sue stesse leggi. Da tre anni, la costituzione francese si dice liberale, cioè favorevole, in linea di principio, a tutte le libertà. Che, secondo i tempi e le circostanze, i poteri pubblici siano più o meno rigorosi, il rigore e l’allentamento dei vincoli sociali hanno un solo scopo, la garanzia di tutte le libertà civili. Ora, i malandrini che ci opprimono, per raggiungere la Chiesa, per legarla, con la speranza di assassinarla, hanno, sotto la copertura della loro Repubblica, stabilito solo una dittatura, un mostro con quattrocento teste senza cervello; e questa dittatura, intendono usarla solo togliendo alla Chiesa, voglio dire ai suoi membri, tutte le libertà civili favorevoli alla libera pratica del loro culto. Gli atti di culto devono essere liberi come tutti gli altri atti civici, anzi, per la loro nobiltà, anche di più. Questi tiranni cancroidi non l’intendono così e per abbattere il culto, proclamano il principio della servitù universale. La guerra contro questo regime di follia criminale è un dovere sacro, necessario e tanto più efficace perché si tratta di difendere allo stesso tempo focolari ed altari. Noi, senza dubbio, come popolo Cristiani, come Vescovo, abbiamo, anche se a titolo minore, il dovere di difendere la Chiesa per se stessa, di difenderla così come istituita da Gesù Cristo, un francese immortale, il più grande dei cittadini francesi. Lo dobbiamo tanto più che difendendola, manteniamo il nostro diritto civile, ci rinchiudiamo nella Costituzione come nella cittadella della verità sociale e del diritto pubblico. – Non ho mai capito, non capirò mai e ancor meno ammetterò che, fin dall’inizio della persecuzione, non ci siamo accampati su questo campo di battaglia; che non abbiamo predicato la crociata di liberazione. Non riuscendo a farlo, si arriva alla guerra civile, preludio della guerra estera. La Francia, come nazione, assomiglia ad un alveare di api che si uccidono a vicenda. O meglio, assomiglia a Gerusalemme, dove i Giudei combattevano tra loro mentre l’ariete di Tito abbatteva i bastioni della città santa.

VII – All’epoca in cui si finisce questa lettera, i giornali pubblicano, Monsignori, una lettera militante del Vescovo di Nancy, Mons Turinaz è ancora giovane; ma è già un anziano: il suo episcopato risale all’essere indeterminabile che il maresciallo Soult ha chiamato Foutriquet. Il vescovo di Nancy è un ex professore di teologia; ha finito i suoi studi a Roma: è uno scrittore ed un oratore; sa quello che dice e misura la portata delle sue parole. Quindi cosa dice? In un appello alla Francia, aveva detto: Giustizia e Libertà: ecco cosa chiedono i Cattolici. – « Parole superbe, gli hanno gridato; ma parole. » Al che il Vescovo risponde: « La prima regola dei Cattolici e dei liberali sinceri è quella di chiedere giustizia e libertà; e di comprendere, sotto questa richiesta, la Religione cristiana e la Chiesa Cattolica. « La seconda regola è mettere gli interessi della Francia e della Religione al di sopra degli interessi degli individui e dei partiti. » E come conclusione, aggiunge: « Bisogna scegliere, tra coloro che hanno aderito alla prima regola, i candidati che offrono le migliori possibilità di successo. Allora tutti loro devono, a qualunque partito appartengano, mettere la loro influenza e la loro azione al servizio di questi candidati senza restrizioni e senza riserve. » Questa è una parola d’ordine di battaglia elettorale. Il Prelato non dimentica, inoltre, che c’è un altro campo d’azione, un’altra arena di lotta pro Deo e pro Ecclesia. In altre parole, distingue la lotta religiosa da quella politica. Nella lotta politica, vuole i laici come leader; nella lotta cattolica, vuole i Vescovi come leader. « Sì – dice – tutto questo era pratico, tutto questo era possibile, e di tutto questo non si è fatto nulla. – C’è altro da fare oggi? Lui risponde con tutta l’energia della sua anima: « No, mille volte no. » Mille volte no è molto; l’energia è una buona cosa; la letteratura oratoria è una bella cosa. Ma non si è forse, in presenza di un’inerzia perseverante, è qualcos’altro? Non mi piace, Eccellenze, in generale, la nota di disperazione. – Un leader non deve mai disperare della sua causa; nei suoi discorsi deve almeno esprimere fiducia. Non averla è sentirsi già sconfitto e demoralizzare i suoi soldati; farne una dimostrazione valorosa è elettrizzare i soldati e affilare le spade. La parola d’ordine di un generale coraggioso è: « avanti sempre! » Il modello dei suoi proclami è il mirabile appello di La Roche-Jaquelin: « Se avanzo, seguitemi; se mi ritiro, uccidetemi; se muoio, vendicatemi ». Un tale proclama è di bronzo. Nello stato in cui si trova l’episcopato, dopo vent’anni di corruzione del governo, se non ha fornito una resistenza, o anche un’azione comune, è perché ci sono uomini tra di esso che hanno abdicato alla loro libertà d’azione, e se non tradiscono positivamente, rifiutano almeno di combattere: non faranno mai nulla di decisivo contro il governo che ha distribuito loro dei mezzucci, secondo la formula di Bismark e le riserve di un mediatore disonesto. In presenza di queste decisioni, i discorsi sono poca cosa; le mozioni, apparentemente le più decisive, sono quasi niente. Scendere nell’arena delle rivendicazioni religiose; sventolare la bandiera della guerra santa; colpire di punta e di taglio, tutto questo linguaggio cavalleresco, per le creature di Dumay, è pura verbosità, e, per il persecutore, un atto di rivolta, una violazione della parola d’onore. Ho già espresso, e ripeto l’espressione di questo pensiero: non sfuggiremo alla persecuzione con le parole; alle parole, senza dubbio utili, ma si devono aggiungere i fatti e, soprattutto, i sacrifici. Per determinare la questione: abbiamo bisogno di confessori che siano risoluti nel loro proposito di martirio. – Cito, a questo proposito, due aneddoti. Durante l’invasione persiana, la flotta nemica, imbarcata in un porto greco, si preparava a partire. Un semplice soldato, Cynégire, teneva una barca con la mano. La sua mano fu tagliata; prese la barca con l’altra mano, che cadde con un’ascia; poi morse la barca con i denti; la sua testa cadde, ma la flotta persiana fu fatta prigioniera. A La Roquette, alla vigilia degli assassinii, il prete della Madeleine, preso da un santo entusiasmo, gridò: « Sine sanguinis effusione, non fit remissio. ». Se non versiamo il sangue, non otterremo la nostra liberazione. La Provvidenza lo accettò come vittima; fu la salvezza della Francia, o almeno la fine della Commune. Credo che sia necessario richiamare questi ricordi e raccomandarne la loro imitazione. Il Vescovo di Nancy è un Crisostomo; che sia un Basilio o un Atanasio: per salvare un paese, basta un eroe. Che il signor Turinaz sputi in faccia ai persecutori l’obbrobrio dei loro crimini; che denunci, facendo i loro nomi, le canaglie che preparano il ritorno del 93. Il suo coraggio ha già subito l’appropriazione indebita dell’imbecillità popolare; dovrà poi sopportare i rigori dei saltimbanchi diventati satrapi. Dubito che si accontenteranno di tagliargli la borsa. La verità è che temono la perpetrazione della violenza; non vogliono nemmeno apparire capaci di commetterla. Ma alla fine, se il Vescovo dice tutto quello che c’è da dire, se mette tutta la sua testa nel suo cuore, e tutta la sua anima al servizio del suo braccio, vedremo la salvezza che viene da Dio. I procuratori emetteranno dei mandati di cattura; i commissari e i gendarmi andranno al vescovado di Nancy. Il Vescovo sarà allontanato dal suo palazzo, ammanettato; se va, andrà tra due gendarmi, in una prigione. Lì comincerà a trovarsi pienamente Vescovo; sarà rivestito di ogni potere. Allora il giudizio di Dio sarà reso e satana sarà espulso dall’episcopato. Quello che seguirà è facile da indovinare. Per quanto mi riguarda, Eccellenze, nell’umile ambito in cui non posso pretendere l’immolazione, mi limito a denunciare i pericoli dell’umanesimo, l’inadeguatezza di una filosofia ingannevole, l’infiltrazione protestante nell’esegesi, e soprattutto i gravi pericoli delle due grandi eresie americanista ed internazionale. È su questi cinque punti che oso attirare la vostra attenzione e provocare rispettosamente la decisione della vostra autorità. La salvezza deve iniziare con l’espurgo delle idee; deve continuare con la risoluzioni al combattimento e trionfare attraverso il martirio.

Ad ogni giorno è sufficiente la sua pena.: Sufficii diei malitia sua. Sono, Eccellenze, con il più profondo rispetto, vostro servitore, rammaricandomi di non avere che solo una penna per la lotta, ma senza paura del martirio.

Riaucourt, 30 novembre 1901.

JUSTIN FEVRE,

Protonario Apostolico.

L’ABOMINIO DELLA DESOLAZIONE (2)

L’ABOMINIO DELLA DESOLAZIONE (2)

Lettera ai Vescovi di Francia

[Mgr. J. Fèvre, 

REVUE DU MONDE CATHOLIQUE. 15 DECEMBRE I901]

III. – Il più grande difetto del baccalaureato universitario è che è completato, coronato e sancito da un corso di filosofia. La filosofia è la scienza delle cause prime e dei fini ultimi; o, più esplicitamente, la scienza degli esseri in generale e degli spiriti in particolare, cioè di Dio, dell’uomo e delle loro relazioni, secondo la rivelazione della fede e la luce della ragione. La filosofia, così intesa, è una creazione propria del Cristianesimo.  Gli antichi non erano più di noi estranei a questo bisogno dell’anima che vuole conoscere l’essenza delle cose e la loro ragione d’essere. Ma, con la loro fede incerta e la loro ragione ancora più incerta, sapevano solo creare grandi sistemi ed inquadrare gli errori che li avevano sedotti e gli idoli che avevano eretto nei loro cuori. Nel pieno dei lumi della civiltà greca, Platone diceva che solo un Dio poteva insegnare la filosofia agli uomini. Confucio, il grande saggio della Cina, si rivolgeva all’Occidente per invocare il desiderato delle nazioni. E Cicerone, il segretario generale della filosofia greca, schiacciato dall’evidenza, dopo aver sintetizzato gli insegnamenti dei filosofi, emise questa sentenza: non c’è niente di così assurdo che non sia stato detto da qualche filosofo: Nibil est tam absurdum quod non dictum fuerit ab aliquo philosophante. La filosofia cristiana, figlia del Vangelo e della Chiesa, mirabile creazione di grandi geni, specialmente di Sant’Agostino d’Ippona, Sant’Anselmo di Canterbury e San Tommaso d’Aquino, ha illuminato il mondo dopo la sua conquista da parte di Gesù Cristo. Non ho niente da dire qui sul suo potere e sui suoi benefici. Basta notare che se i filosofi antichi erano condannati a sbagliare dall’assenza di una fede che non conoscevano, i filosofi moderni si sono dedicati alla stessa oscurità, ripudiando la fede della loro culla. Di fronte alla filosofia tradizionale del Cristianesimo, hanno voluto stabilire una filosofia razionale che si isolasse dalla tradizione per limitarsi alla ragione. Con Bacone rifiutarono questa filosofia cristiana che chiamarono scolastica, cioè d’ignoranza; con Cartesio fecero poggiare l’edificio del nostro sapere sulla sola ragione; e con Leibnitz osarono dire che nel letame della Scolastica non c’erano che poche particelle d’oro da raccogliere. Hinc dérivata clades. – Dopo tre secoli, la filosofia scolastica in Francia era stata più o meno asservita ai filosofi moderni. Critica con Bacone, razionalista con Cartesio, idealista con Malebranche, atea con Spinosa, fantasiosa con Leibnitz, questa filosofia delle scuole cercò di evitare l’errore capitale di ogni sistema, attaccandosi alle verità del simbolo. Così che questa filosofia, cristiana nella sua ispirazione generale, preservata dalle più grandi deviazioni dal presidio del Vangelo, era tuttavia contaminata da errori che la rendevano impotente. Questi tre secoli in cui ha regnato questa filosofia sono tre secoli di decadenza. Si è seguito un solco finendo in una buca fangosa, che non faceva passare più abbastanza luce. Le disgrazie di questa filosofia, vanamente provate dalle catastrofi della storia, non allarmarono altrimenti la fede e il patriottismo, né dei maestri, né degli allievi, né del clero, né dei principi. – È solo negli ultimi cinquant’anni che questa filosofia è stata messa alla prova. Un giorno sarà la gloria del XIX secolo l’aver iniziato il ripudio della filosofia moderna; e per mezzo di voci isolate, per aver propugnato un ritorno alla scolastica, cioè alla filosofia come risulta dagli insegnamenti del Vangelo. Menti isolate avevano preso questa iniziativa; Pio IX e soprattutto Leone XIII presero in mano questo grande interesse della Chiesa e dell’umanità. Leone XIII, lui stesso tomista, scrisse un’enciclica espressamente per riportare i maestri alla filosofia dell’Angelo della Scuola. Da un tale voto alla sua realizzazione, c’è una lunga strada da percorrere. Di tutti i locali, il più difficile da esplorare è il cervello umano. Tre secoli di aberrazione scolastica avevano depositato le ragnatele del filosofismo nella scatola cranica dei francesi; le fibre del cervello francese si erano infettate di emanazioni di questa piccola filosofia; e come la gola si adatta all’espressione di una lingua, così il cervello nazionale era stato invaso da un insegnamento difettoso, che era diventato un’abitudine, una seconda natura. – Nella Chiesa, come ovunque, è difficile tornare dalle infatuazioni; più difficile ancora per le abitudini ecclesiastiche di rispetto delle tradizioni, e anche per quelle abitudini di adulazione che hanno sostituito, tra noi, l’antico vigore dello spirito. Più lo spirito mente si abbassa, più si esalta; più, esaltandosi, si apre ad ammissioni ridicole e si chiude con asprezza alla riparazione critica. La nostra decadenza francese ci riporta alle usanze bizantine. Ammiriamo molto, ma non ammiriamo nulla e ci impantaniamo nella confusione. – Non è che abbiamo trascurato di mettere San Tommaso nel pasticcio di carne tritata, come si chiamano, in cucina, i ripieni. In passato, senza citare il buon uomo che aveva messo San Tommaso in meditazione, Billuart e Goudin avevano acquisito, spiegandola, un’illustrazione e Duns Scoto, contraddicendola, l’immortalità. Oggi, lo confesso, con più lodevole impegno, San Tommaso è stato tradotto; San Tommaso è stato abbreviato; San Tommaso è messo in evidenza, nella prosa e nei versi; soprattutto sono state scritte filosofie nello spirito di San Tommaso. San Tommaso è ovunque; ma non entra nelle menti, non illumina ancora le anime, sia perché le ragnatele rifiutano di riceverlo, sia perché i cervelli non sentono nulla onde digerirlo. Ovviamente non siamo più ai tempi in cui un seminarista chiedeva a un professore di leggere San Tommaso, e il professore rispondeva: “È una cosa seria, ne parlerò con il superiore”. Il superiore, ricevuta la richiesta, rispose a sua volta: “È una questione seria, dovrò convocare il consiglio. Il Consiglio, cioè i superiori e i professori, a loro volta, dopo aver deliberato sulla questione, dopo averla esaminata da tutte le parti, dopo aver soppesato i pro e i contro con il peso del santuario, hanno espresso il serio parere che vi fosse un pericolo nella questione e hanno risposto alla richiesta con un rifiuto. Nel 1840, San Tommaso era ancora pericoloso da leggere; nel 1850 era nella sala di teologia con dei volumi di Patrologia e la Somma dei Concili, alla portata di tutte le mani. Cinquant’anni di voga, anche dopo la formazione romana di un certo numero di professori, non hanno ancora distrutto la tradizione gallicana dei seminari ed introdotto tra noi il seminario romano. San Tommaso è tornato; è giustapposto ai costumi dell’insegnamento gallicano; è sottomesso ai suoi metodi, ai suoi programmi e talvolta è impantanato dalle sue soluzioni. È una riforma radicale che occorre stabilire. Io non ho ancora sentito che ha avuto luogo; sono persino incline più a credere che sia stato rifiutato. La causa di questa strana disgrazia è la mancanza di una Bacone antigallicano. Il cancelliere di Verulam, all’alba del filosofismo moderno, prima di dare il Novum organon, aveva pubblicato il De augmentis scientiarum; aveva fatto un inventario delle dottrine ricevute, e proceduto, egli credeva, al loro espurgo. Bacone fu l’introduttore del razionalismo. Dio, che non manca mai alla sua Chiesa, ci aveva dato un Bacone antitesi del primo; era Jeàn-Baptiste Aubry che P. Freyd chiamava il Colosso di Rodi del seminario francese a Roma. Dopo aver professato a Beauvais, Aubry, che aveva una grande anima, andò a morire missionario a Kouéi-Tchéou. Mentre lavorava per la conversione della Cina, non aveva dimenticato la sua missione di restaurare la Francia. Scriveva incessantemente; quando morì, le sue carte tornarono a casa, lasciate in eredità a suo fratello Agostino, – un vero Agostino – che doveva mettere a frutto l’eredità del defunto. Il nostro Agostino ha pubblicato dieci volumi. Questi dieci volumi sono dedicati esclusivamente all’opera preparatoria per il trionfo di San Tommaso. Nel loro vasto insieme, non si limitano alla speculazione sui principi generali e sul metodo della scienza cattolica; essi impostano la legge costituzionale dei seminari maggiori; trattano successivamente della Sacra Scrittura, del dogma, della morale, del diritto canonico, della storia e della vita spirituale; e su ogni punto realizzano la riforma indispensabile per sostituire il seminario gallicano e le sue disastrose routine con il seminario romano con la solidità dei suoi metodi, la certezza delle sue dottrine e la magnificenza delle sue illustrazioni. I fratelli Aubry non sono forse le due più grandi menti del nostro tempo; sono però certamente i due apostoli più ascoltati della rivoluzione che deve trasformare i seminari e, di conseguenza, trasformare la Francia. San Tommaso trionferà solo a questo prezzo; io credo nella prossimità di questo trionfo.  L’asino di Balaam in persona lo saluta con entusiasmo. Ciò che mi rallegra in questa speranza è che Jean-Baptiste Aubry è morto martire per la sua causa, ucciso dal lavoro; e che suo fratello Augustin Aubry, che si è dissanguato per la pubblicazione delle opere del missionario, ha da dieci anni i vecchi furfanti del gallicanesimo come cibo al suo pranzo. Su questa questione cruciale di San Tommaso e della riforma dell’insegnamento filosofico, ecco una lettera del nostro Agostino. Il Papa aveva scritto al giovane vescovo di Verdun su questo stesso argomento: « Ancora una volta – dice Augustin Aubry, in poche righe molto suggestive, Leone XIII rimette a punto l’insegnamento ecclesiastico. Ai professori dei nostri seminari maggiori egli fa come di un dovere capitale di lasciare da parte le invenzioni di una vana filosofia, di seguire San Tommaso e di coltivarlo come loro maestro e guida. Più energicamente che mai, insiste sull’attuazione del programma delineato nelle sue lettere precedenti. « È impossibile – aggiunge – che l’aumento quotidiano del numero di seminari che potrebbero servire da modello per altri non ci dia una grande soddisfazione…. « Cosa notevole, Leone XIII procede qui per desiderio. Perché questo giro di parole nell’espressione della parola pontificia? Non sentite che ci sono lamentele, dei gravi desiderata? Non si giudica anche a Roma che la filosofia del baccalaureato universitario è un substrato piuttosto dubbio? «Dalla lettera di Leone Xlll ci sembra emergere, chiaro come il sole, che questa filosofia di San Tommaso, questa teologia scolastica, di cui egli chiede da tempo la restaurazione, sarebbe praticata solo in un numero molto ristretto di nostri seminari, suscettibili, dice, di servire da modello per altri. « Ora, quali sono questi seminari modello dove l’insegnamento scolastico regna già in tutta la sua pienezza? Io cerco avidamente la lista delle scuole filosofiche e teologiche dove l’Enciclica Æterni Patris, che prescrive la filosofia di San Tommaso, sia applicata in tutto il suo contenuto. Certamente oggi non ci sono più scuse per non applicare gli ordini del Papa; il suo programma risale al 4 agosto 1879: in 22 anni ci sarebbe stato tempo per la riforma, per la riorganizzazione. « Ahimè! Vorrei credere in una restaurazione solida e generale nel senso e secondo le idee di Leone XIII. Ma la lettera papale del 1° ottobre scorso conferma i timori che da tempo soffocavo. « Timori basati sull’uso generale – con poche eccezioni – di autori classici mediocri e dubbi, a volte anche più o meno contaminati da ontologismo, cartesianesimo, kantismo e razionalismo. « Timori fondati sulla scelta degli insegnanti, sempre zelanti, spesso improvvisati, a volte inferiori, raramente scolastici. « Timori basati sul modo in cui si usa San Tommaso, procedendo per lo più da citazioni isolate che da uno studio di questi trattati – il che è una specie di adulterazione ed un’assoluta ignoranza del suo metodo e della linea tracciata da Leone XIII. « Timori basati sui risultati osservati negli ultimi vent’anni, vale a dire: la depressione dello spirito sacerdotale, l’indebolimento della predicazione, il razionalismo delle idee, l’assenza dei principi più elementari, la divisione infinita delle forze cattoliche. « Osiamo sostenere, e siamo determinati a dimostrare, con cifre alla mano, che il lavoro essenziale deve ancora essere fatto per il ripristino degli studi filosofici e teologici nella maggior parte delle nostre scuole francesi. – « Il considerevole lavoro sui seminari maggiori, che pubblicammo nel 1891, fu l’occasione di una vasta inchiesta la cui documentazione, molto seria, molto significativa, rimane nelle nostre mani, come prova indiscutibile della correttezza dei desiderata di Leone XIII. – « Produrremo questa prova a breve. È stata fatta dagli uomini più importanti del clero e dell’insegnamento, che sono stati così gentili da darci le loro impressioni, e da illuminarci sufficientemente sullo stato delle nostre diocesi, e può essere riassunta in una viva dolenzia del triste stato delle cose sacre nelle nostre diocesi. « Non avremmo pensato che si potesse scendere più in basso e fare del baccalaureato universitario la pietra di paragone della vocazione sacerdotale. « Dedichiamo questi pochi pensieri ai signori della democrazia balzana del clero. Ci permettiamo di segnalare loro questa vena che sembra non abbiano pensato di sfruttare: lo studio dei principi, secondo Leone XIII; una forte preparazione filosofica e teologica, sempre secondo Leone XIII; ma soprattutto dei principi, dei principi, i principi…. « Perché andare al popolo senza solidi principi, senza idee precise – come accade appunto ai nostri suddetti democratizzatori – è rovinare l’opera del buon Dio; è disturbare le coscienze già indebolite; è risparmiare alla Chiesa di Francia amare delusioni e rovine irreparabili. » Non ci fermiamo qui al carattere classico della Somma di San Tommaso, avendo trattato questa grave questione in questa stessa rivista, in una lettera al Sommo Pontefice. Ricordiamo solo che, per ordine di Leone XIII, il corso ecclesiastico di filosofia deve durare due anni.

IV. – La nostra attenzione deve concentrarsi sulla questione della Sacra Scrittura all’alba del XX secolo. Tra i Giudei ed i Cristiani, i libri sacri sono sempre stati oggetto di culto religioso. Sono stati letti, spiegati e commentati: mai un libro è stato letto e commentato tanto quanto la Bibbia. Quando il pozzo dell’abisso fu aperto al mondo, probabilmente volle oscurare le stelle con i suoi neri vapori, ma il grande eresiarca Lutero affettò prima di tutto un aumento della devozione alla Bibbia. La Bibbia era il messaggio di Dio all’umanità: tutto era nella Bibbia, chiaro, accessibile allo spirito più umile. Per essere inondati dalla luce divina e purificati dalla grazia, c’era solo da leggere la Bibbia senza inclinazioni malvagie, i filosofi con il loro orgoglio, lo stato con le sue ambizioni: tutti questi poteri deviati hanno trasformato la Bibbia in polvere. Il protestantesimo non riconosce più né il canone della Scrittura, né il contenuto ed il significato dei testi, né l’autenticità dei due Testamenti. Il Protestantesimo non è ormai che una forma di Filosofismo, una forza cieca del ciclone rivoluzionario: esso non solo ha annientato le Scritture, ma ha divorato tutte le dottrine positive; e storicamente, l’applicazione di questo principio distruttivo avrebbe messo in ginocchio il mondo, se l’istinto dei popoli ed il buon senso dei principi non ne avessero scongiurato la furia. Nonostante il declino della verità in Francia, nonostante il profondo scuotimento della società civile, il clero francese, nel suo insieme, non fu né invaso né minacciato dall’infiltrazione protestante. Ma non si può negare seriamente che non sia fortemente esposto alla tentazione, il popolo ancora di più. Oggi, come in passato, i nostri studiosi e scienziati devono prendere in prestito dalla scienza tedesca non solo le sue procedure e i suoi metodi, ma a volte i risultati ancora incerti delle sue pazienti indagini. Non è lontano da lì accettare dottrine ed indicazioni. Devo ricordarvi che il nostro clero parrocchiale è stato scosso, sedotto, caduto, un esodo come mai si era visto dopo Calvino, e questo in piena pace. I fuggitivi hanno il loro budget, il loro giornale, il loro sostegno da parte dello Stato, l’incoraggiamento dall’estero. Le missioni protestanti furono inviate in Francia in tutte le direzioni; esse circuivano la gente comune e lusingavano le passioni della borghesia. Lo Stato, che ha abolito la facoltà di teologia alla Sorbona, l’ha sostituita con una facoltà protestante e con una cosiddetta facoltà di religione comparata, ma semplicemente per la distruzione del Cattolicesimo. In nome dello Stato e a spese dei contribuenti, i padroni, nati dalla feccia del razionalismo più radicale, lavorano per l’annientamento del grande culto della patria. Due fatti gravi devono essere messi in relazione con queste circostanze: l’insegnamento scritturale micrologico in Francia, la sua debolezza, che non difende le intelligenze dalla seduzione; e in secondo luogo, la deformazione del cervello ecclesiastico da questa disastrosa tradizione del particolarismo francese. Da ciò si deve concludere che la nostra relativa debolezza e l’indiscutibile forza del nemico – anche se questa forza è solo una debolezza – ci creano, nel campo della Scrittura, un pericolo reale. Questo pericolo sembra più grave, se consideriamo l’attuale disfatta. – P. Fontaine, S.-J. “Le infiltrationi protestanti”, prefazione, a p. VIII. “Della morale pubblica e lo scuotimento intellettuale causato dal progresso della Rivoluzione”.. D’altra parte, bisogna notare la pubblicazione dei grandi Dizionari della Sacra Scrittura e della Teologia e la crociata scientifica di cui queste pubblicazioni sottolineano le conquiste. « Come, si chiede un gesuita – non applaudire alla creazione della Scuola esegetica di Gerusalemme, audacemente originale, dove l’Ordine di San Domenico ha portato le sue antiche ed alte tradizioni di scienza teologica scritturale? Le Facoltà di Teologia, che sono come il cuore delle nostre Università cattoliche, hanno anche contribuito a moltiplicare nelle file del clero secolare e delle congregazioni religiose, sacerdoti meglio equipaggiati dei loro predecessori per le lotte scientifiche e la difesa della verità. Daranno la loro vera misura ed i loro frutti più abbondanti il giorno in cui, cessando di essere scuole complementari dei seminari maggiori, avranno vita propria ed autonoma, abbracciando l’intero ciclo delle scienze religiose, con un personale più numeroso e studenti che vi apprenderanno di più (P. Fontaine, S.-J. Le infiltrazioni  protestanti, prefazione, p, VIII.). . Maurice d’Hulst, il cui spirito era insicuro, è ricordato come il patrono, per semplice ipotesi, di questa interpretazione ampia, che ammetteva errori nella Bibbia. L’ipotesi di D’Hulst avrebbe potuto essere messa nella lista nera, come l’ipotesi liberale di Lamennais. Il Papa, sempre benevolo verso la debolezza liberale, si accontentò di rettificare, per mezzo di un’Enciclica, le sue discrepanze; ma, nella sua sincerità, non mancò di dire che questo modo di difendere le Scritture equivaleva ad un tradimento. Dopo quell’Enciclica in cui il Papa aveva posto delle protezioni sull’orlo di tutti gli abissi, il p. Fontaine non crede che sia rimasta senza difetti. A suo modesto parere, la critica mossa alla teologia ha reso dubbia la prima rivelazione; ha scosso l’autenticità del Pentateuco e gli argomenti che fornisce su Dio, l’anima, l’immortalità e la vita futura; ha sminuito la giusta nozione di messianesimo  reso Cristo troppo umano; ha travisato il problema dei sinottici e la questione giovannea; ha compromesso la divinità di Gesù Cristo ed il valore dimostrativo del quarto Vangelo; essa ha alterato la storia dei dogmi sul capitolo “penitenza”; infine, sembrava contestare l’eternità delle pene dell’inferno.  – La Chiesa conserva come tesi consolidate l’autenticità canonica dei libri sacri, la giusta nozione dell’ispirazione divina e l’assoluta veridicità delle Scritture divine. In presenza di queste affermazioni indiscutibili, la critica storica ha il compito di illustrare i libri e di interpretare i testi; soprattutto, deve liberarli dall’infiltrazione dell’esegesi protestante, « che ha invaso – dice P. Fontaine – quasi ogni ramo della scienza ecclesiastica. Invece di diventare meri cronisti dell’esegesi d’oltre Reno, essi metteranno la loro scienza al servizio della dogmatica rivelata. Non passerà molto tempo prima di avere un’esegesi propria, veramente cattolica e veramente scientifica ». Spetta ai Vescovi, Eccellenze, affrettare questo felice evento.

JUSTIN FEVRE

Protonotario apostolico.

(Continua…) 

L’ABOMINIO DELLA DESOLAZIONE (3)

L’ABOMINIO DELLA DESOLAZIONE (1)

L’ABOMINIO DELLA DESOLAZIONE (1)

Lettera ai Vescovi di Francia

[Mgr. J. Fèvre, 

REVUE DU MONDE CATHOLIQUE. 15 DICEMBRE 1901]

Monsignori…

Un antisemita, membro della Ligue de la Patrie Française, ha recentemente pubblicato due opere sulle disgrazie del tempo. Di fronte alla dolorosa situazione in cui versa la Chiesa – una situazione che peggiora di giorno in giorno – vorrei, miei Signori, in una lettera indirizzata a voi, trarre alcune conclusioni da queste opere, o piuttosto aggiungere ad esse considerazioni su alcuni fatti nuovi. Questi fatti mi sembrano elementi necessari di apprezzamento ed indicazioni urgenti per una risoluzione di condotta. L’interesse della Chiesa e della Francia è la sola causa determinante di questa lettera e la ragion d’essere delle sue sollecitudini.

I. – Ma prima diciamo una parola, a titolo di preambolo, Monsignori, sulle due opere dello scrittore antisemita, un patriota di buono stampo ed un Cattolico della migliore marca, che ritengo essere colui che, abdicando a qualsiasi residuo di particolarismo francese, si colloca esattamente all’interno del diritto pontificio e si limita a rivendicare l’adempimento dei doveri che esso impone, a tutti, re e popoli, pastori e gregge. La prima di queste opere è presentata sotto il titolo biblico: L’abominio nel luogo santo. L’obiettivo dell’autore è di indagare se e in che misura si è prodotto in Francia l’abominio predetto da Daniele sulla riprovazione della Giudea. A tal fine, l’autore stabilisce una somiglianza tra il popolo giudeo prima di Gesù Cristo ed il popolo francese dopo il suo avvento. Il popolo giudeo aveva ricevuto da Dio la vocazione di custodire, nel tempio della Sinagoga e nel suo territorio chiuso tra montagne, i dogmi, le leggi e le istituzioni sacre della legislazione divina; il popolo francese ha ricevuto da Dio, dopo le invasioni dei barbari, con il battesimo di Clodoveo, con il battesimo della regalità e della già nazione di Francia, poi con la chiamata di Carlo Magno all’Impero, la missione di custodire, di diffondere in tutto l’universo la rivelazione di Gesù Cristo, e di difendere a Roma, il Papa, Vicario di Gesù Cristo, Pastore sovrano, unico ed infallibile del genere umano redento dalla Croce del Calvario. Come risultato di questa vocazione, la Francia ha sia oneri che benefici: gli oneri sono di adempiere sempre fedelmente i doveri inerenti alla sua missione; i benefici sono di vedere la sua fortuna dipendere dalla sua fedeltà al servizio del Vangelo e della Chiesa; è di ricevere, per la sua fedeltà, la benedizione temporale di Dio e, in caso di infedeltà, di incorrere nei suoi anatemi. La storia ci mostra la Francia fedele e benedetta per mille e più anni: benedetta, cioè saggiamente costituita al suo interno, che persegue il suo destino nella pace di Dio e che prevale incessantemente su tutte le sue frontiere. Il mondo, sotto l’autorità dei Romani Pontefici e sotto l’impulso della Francia, gradualmente entra nel seno della Chiesa, nella luce e nella potenza del Vangelo, in tutto il progresso e la gloria della civiltà. Nel IX secolo apparve Fozio; nel XVI secolo apparve Lutero. Questi due grandi eresiarchi sono i nemici forzati di Roma, di cui rifiutano il primato spirituale, ed i distruttori intenzionali della Francia, la figlia primogenita della Chiesa. Per effetto della loro predicazione, i tre grandi imperi della forza, Russia, Germania ed Inghilterra insorgono in Europa, ostili, a dir poco, contro la Francia e Roma, ed armati per la loro comune rovina. Lì si trova il grande senso della storia moderna, appena sospettato da Bossuet negli ultimi capitoli della sua storia. Ora, questo complotto, tre volte secolare, ordito contro la Chiesa e la Francia, parla di scisma e di eresia, questo complotto ha avuto i suoi complici, se non i suoi ciechi collaboratori all’interno della stessa Francia. Gli umanisti del Rinascimento avevano diminuito l’amore tradizionale per il Cristianesimo; i filosofi, basandosi solo sulla ragione, come Lutero, avevano scosso le colonne della filosofia e del diritto; i principi, beneficiando, credevano essi, dei dubbi dei filosofi e delle false dottrine degli eretici, avevano innalzato, anche nei paesi cristiani, il tipo augusteo dei Cesari. Da questo miscuglio di debolezze, errori e iniquità nacque la Rivoluzione, che era soprattutto anticristiana, nemica radicale dei Romani Pontefici, e che spingeva fino all’ateismo la sua furia cieca contro la vocazione provvidenziale della Francia. Da un secolo a questa parte, non ci sono che due grandi questioni in Francia per la rivoluzione satanica: separarsi da Roma, prima amministrativamente e poi effettivamente; e distruggere, in Francia, ogni appartenenza alla Chiesa; perseguire, nelle istituzioni e nelle persone, lo sradicamento di ogni principio religioso; riconoscere solo i rapporti degli uomini tra loro per lo sfruttamento della terra ed il fragile mantenimento di un’esistenza fugace. La conseguenza finale di questa situazione è lo scisma. Finché ci saranno, in Francia, tante persone senza fede, senza culto, senza morale; finché la società si baserà sulla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo ad esclusione dei diritti di Dio; finché la legge si dichiarerà atea e pretenderà di esserlo; nel momento stesso in cui la politica, satura di ateismo, è decisa a spingere fino in fondo il radicalismo distruttivo della legge e delle istituzioni, non si capisce, al di fuori dello scisma, come la Francia possa mantenere la pratica religiosa. Non è da uno scisma per tradimento dei Vescovi, Monsignori, che la Francia può perire: l’autore dichiara questo scisma impossibile; ma lo scisma preparato dall’allontanamento della moltitudine, scritto nelle leggi, perseguito in una cospirazione giudeo-massonica, appena contrastato da qualche protesta, sembra dover essere derivato dallo Stato, come il risultato delle nostre aberrazioni visibili, come il termine logico dei nostri attacchi rivoluzionari, come il coronamento della rivoluzione contro Dio. – La seconda opera dell’autore antisemita si intitola: Desolazione nel Santuario: è ancora un titolo biblico, ma applicato alle realtà attuali. L’Abominio nel Luogo Santo studiava nei suoi atti e nelle sue circostanze il tentativo dello Stato di corrompere la Chiesa; la Desolazione nel Santuario cerca gli effetti, oggi certi, di questo tentativo di corruzione. Per ragionare con forza e concludere con decisione, nel primo scritto, l’autore si è appoggiato alla storia di Francia e ha sostenuto la sua requisitoria contro il governo persecutore con la testimonianza di diciotto secoli; per ragionare con la stessa forza e concludere con la stessa decisione; l’autore si appoggia, nella sua nuova accusa, sulla storia della Chiesa, “Il Papa e la Chiesa, dice San Francesco di Sales, sono uno”; ma il Papa, gerarca supremo della Chiesa, è assistito nel suo governo dai Vescovi stabiliti, dice San Tommaso, come giudici e agenti subalterni, nelle principali città. Ora, questo governo, composto dal Papa come capo permanente e continuatore infallibile, e dai Vescovi come capi locali, confermati nell’ortodossia dal Papa, offre questo tratto caratteristico: la conferma pontificia è, per i Vescovi, la fonte del potere, la regola dell’azione, e, in caso di fallimento, sempre possibile, il necessario, assolutamente necessario e, inoltre, l’unico controllo. Per i Vescovi, quindi, c’è bisogno di una ferma adesione, un legame indissolubile, alla Cattedra del Beato Pietro, Pastore dei Vescovi come è il Pastore di tutti i Cristiani. Se, alla luce di questo principio, voi esaminate i venti secoli di storia ecclesiastica, cosa vedete? Vedete che i Vescovi che erano fermi nella fede, i Padri e i Dottori della Chiesa, e tutti i Prelati che erano costanti nell’ortodossia e nella disciplina, erano tali solo per la loro devozione alla Cattedra Apostolica; al contrario, tutti i Prelati che naufragavano nella fede o nella morale; tutti i Vescovi caduti nell’eresia o nello scisma; tutti i Vescovi che sono stati traditori di Dio, di Gesù Cristo e della sua Chiesa, erano tali perché infedeli a Roma, ribelli alla sua monarchia, divisi dal Romano Pontefice. Stabilita questa regola di discernimento, l’autore arriva ai nostri tempi e nota, da un lato, il fatto flagrante della persecuzione per vent’anni; dall’altro, il fatto certo che nessun tradimento scandaloso è avvenuto nella Chiesa per vent’anni. Al contrario, legioni di valorosi soldati sono insorti nello Stato, combattendo per Dio e per la Patria; e si son visti nell’episcopato, fin dall’inizio, solenni atti di resistenza. Rendendo alla fedeltà e alla bravura un giusto omaggio, è dunque evidente: 1° Che la persecuzione non ha fatto che accrescersi ed aumentare, distruggendo in tutte le istituzioni, la proprietà ecclesiastica, violando nel clero secolare e regolare tutti i diritti sanciti dal diritto canonico; 2°. Che la continua estensione e austerità della persecuzione è in parte attribuibile alla mancanza di una sufficiente resistenza nella Chiesa. Invece di combattere il nemico di Dio e del nome cristiano, si è generalmente pensato di disarmarlo con una procedura sdolcinata e con un spirito assoluto di conciliazione. Sembrava che il dissenso non fosse che solo in superficie; che unendosi ad esso senza secondi fini si sarebbe ammorbidito il persecutore; che era necessario obbedire alla legge e prestarsi all’evoluzione della patria; che Dio parlava attraverso gli eventi della storia; che era patriottico e pio prestarsi al trionfo della Repubblica. In breve, sotto l’influenza delle nostre illusioni, della nostra cecità, delle nostre debolezze, delle nostre miserie, siamo arrivati ad una situazione che fa pena agli uomini di spirito e agli uomini di fede. – Senza appoggiarci qui,  Monsignori, a nessuna colpa particolare o generale, senza recriminare contro nessuno, senza istituire alcun processo, io stabilisco per principio che la salvezza della Francia deve essere l’opera della Chiesa; che la Chiesa, attraverso il suo clero secolare e regolare, possiede il rimedio a tutti i mali del mondo e la medicazione necessaria all’applicazione efficace di questo rimedio. Sono i Vescovi che hanno fatto la Francia, sono i Vescovi che devono salvarla. Che non l’abbiano fatto è evidente; che sia stato loro impedito, io voglio crederlo… Ecco perché voglio ricercare quali ostacoli esistono nel clero all’azione redentrice dei Vescovi. Non sono i Vescovi che biasimo; essi non sono miei sudditi e non sono io il loro giudice. Ma è ai Vescovi che voglio indicare, il più brevemente e rispettosamente possibile, gli ostacoli che impediscono il nostro progresso e, per non essere infinito, denunciare questi imbarazzi prima di tutto nell’ordine delle dottrine e degli insegnamenti.

II – “La Francia”, disse il cardinale Gousset, “sarà salvata da buoni Vescovi e buoni preti. “Le Encicliche dei Romani Pontefici hanno affermato solennemente con quale insieme di scienza, di virtù e di sacrifici, preti e Vescovi potevano diventare i salvatori della loro nazione. Due Vescovi su novanta, per dare una base migliore alle dottrine papali, hanno preteso dai seminaristi il baccellierato in letteratura ricevuto all’Università di Francia. Questi due Vescovi si incontrarono ad un certo punto con il fondatore della scuola carmelitana, che, come Arcivescovo di Parigi, voleva elevare i gradi e le conoscenze umanistiche del clero francese al più in alto nell’Università. L’opinione quasi unanime dell’Episcopato, senza voler respingere positivamente questa scuola, era quella di non mandarvi i suoi preti, anche se la suddetta scuola fosse opera di un Vescovo. – Le ragioni di questo rifiuto non derivavano certamente da un’avversione alla crescita del sapere letterario e alla sua consacrazione mediante titoli. I Vescovi non erano propensi innanzitutto per il pericolo della formazione sacerdotale, poi il danno delle malsane dottrine, poi ancora l’assoggettamento del prete ai suoi rivali, l’immatricolazione nei ranghi dello stato laico, e la tentazione di entrare al suo servizio lasciando la Chiesa. Più di una volta, abbiamo visto questi preti, divenuti dottori dell’Università, scambiare la tonaca con la redingote, e, con trasformazioni che non oso descrivere, porsi come nemici pubblici di Santa Madre Chiesa. Il baccalaureato offre un pericolo minore, ma è comunque un pericolo per la vocazione. Il Vescovo di Orléans, così liberale, lo sperimentò più di una volta; si faceva in quattro per moltiplicare il numero dei preti e dei baccalaureati; spesso i baccalaureati non diventavano preti e il generoso Dupanloup era riuscito solo a fornire ai licei dei maestri di studio. Un corrispondente di Vérité Française ha obiettato che il baccalaureato richiesto come condizione “sine qua non” per entrare nel seminario maggiore stava diventando una nuova irregolarità e che la creazione di un’irregolarità era al di là del potere di un Vescovo. Un Vescovo può fare un regolamento valido per la sua diocesi, ma è privo delle qualità per imporre una legge alla Chiesa universale. Questo è evidente: non intendiamo in alcun modo opporci alla regolamentazione diocesana di un Vescovo; ma crediamo che, come legge generale, possa essere discussa e non ammessa. Due altri corrispondenti dello stesso giornale hanno sollevato molte altre obiezioni, una in extenso, secondo l’adagio: Unus est instar omnium: « Permettetemi di offrire alcuni pensieri, suggeritimi dalla misura intrapresa da NN. SS. i vescovi di Tarentaise e di Mende, riguardo all’ammissione dei candidati al sacerdozio nei loro seminari maggiori. D’ora in poi, nessuno riceverà l’abito ecclesiastico in Tarentaise e Mende, se non può dimostrare di aver ottenuto il diploma di maturità. Questa decisione, di eccezionale gravità, ha conseguenze che non sono suscettibili di provocare una legittima emozione tra i Cattolici, perché può alienare dagli ordini sacri, soggetti molto degni, capaci di fare molto bene nella Chiesa, e che, forse privi della scienza dell’università laica e neutrale, sono ricchi della scienza dei Santi, e potranno acquisire conoscenze sufficienti in teologia per amministrare i Sacramenti secondo le regole prescritte, e, con l’aiuto della grazia, guidare le anime con sapienza. Voi ricordate molto opportunamente il caso del Venerabile Curato d’Ars, e se ne potrebbero citare molti altri, anche di Santi che la Chiesa onora con il culto pubblico nella sua liturgia. Ma non è questo punto di vista che voglio considerare. « Certamente, la misura imposta ai futuri chierici di Tarentaise e Mende nasce dalla lodevole preoccupazione di assicurare che il prete nella società contemporanea non sia in alcun modo inferiore agli uomini del mondo, e che la carriera sacerdotale, chiedo perdono per questa espressione, sia di difficile accesso come le carriere liberali. Questo è un bel tributo alla dignità del sacerdozio. Tuttavia, vedo alcuni inconvenienti in esso. Vi sono giovani che vengono a chiedere alla Chiesa di dar loro un posto tra i suoi chierici, di farli ministri di Cristo e di affidare loro la missione di lavorare per la salvezza del popolo cristiano. » Per sapere se possono essere sottoposti alla lunga preparazione che li porterà al sacerdozio, che bisogno c’è di consultare lo Stato? Ai professori delle Facoltà della nostra Repubblica, atei, settari e persecutori, è stato affidato il compito di discernere gli eletti per il sacerdozio? Se questi signori dell’istruzione superiore, molti dei quali sono protestanti o ebrei, hanno la fantasia di essere difficili verso i candidati ecclesiastici, il vostro seminario rimarrà chiuso per causa loro. C’è dunque un legame necessario tra il grado di scienze umane richiesto per il baccalaureato e le qualità necessarie per diventare prete? La vocazione al sacerdozio è inseparabile dal diploma rilasciato dal Ministro della Pubblica Istruzione, e deve essere contrassegnato dal timbro del governo? Finora la Chiesa non ha proibito ai suoi sacerdoti di sostenere la prova degli esami universitari, ma imporre loro questa prova, farne una condizione sine qua non per l’ammissione agli ordini sacri, che è ripugnante al suo carattere di società perfetta, sarebbe in qualche modo un abbassamento, un’abdicazione dei suoi diritti nelle mani dello Stato, che non ha nulla a che fare con il reclutamento dei ministri di Dio e di cui sarebbe il giudice, se il baccalaureato fosse indispensabile per entrare in seminario. Si dimentica, sembra, che il sacerdozio non sia, come uno stato mondano qualsiasi, l’oggetto della sola scelta della libertà umana, e che, per presentarsi all’ordinazione, bisogna essere chiamati da Dio. Può il Signore aver sottoposto questa vocazione al giudizio dei laici, troppo spesso ostili al Cattolicesimo?  C’è un elemento soprannaturale nello stato ecclesiastico che non si trova altrove; bisogna tenerne conto.  Inoltre, nel considerare le materie dell’esame di maturità, sappiamo dove il governo può portare i futuri studenti del santuario? – Forse lontano dalla teologia. Infatti, se finora il programma degli studi secondari laici ha coinciso più o meno con quello degli studi teologici preparatori, non c’è nessuna garanzia che questo accordo duri a lungo; le tendenze attuali fanno addirittura temere che cessi presto e che nei licei non si acquisisca più una conoscenza sufficiente del latino per poter trattare gli autori ecclesiastici. Senza dubbio, le lettere profane, le scienze matematiche, fisiche e naturali non devono rimanere estranee a coloro che con la loro vocazione intendono guidare i fedeli; ma una giusta parte deve essere lasciata nella vita del futuro seminarista allo studio del latino e della sana letteratura. Se i programmi sopprimono questa quota già piccola, bisognerò seguirli ciecamente? Allora ci sarà lo spettacolo davvero curioso di un esame che non comprende nessuna materia preparatoria per gli studi per i quali essa è richiesta; sarà il semplice fatto di essersi presentati davanti allo Stato con qualche tipo di conoscenza estranea che deciderà l’ammissione al seminario. Infine, vedo un notevole pericolo nell’imporre le dottrine filosofiche che si insegnano nell’Università a persone il cui ruolo sarà proprio quello di insegnare al mondo le nozioni del vero, del giusto, del bello e del buono, così poco conosciute nel nostro tempo. Perché, come tutti sappiamo, la filosofia universitaria, se davvero ne esiste una, ha demolito più di quanto abbia costruito, e ha già avuto un’influenza troppo disastrosa su una parte del giovane clero; è ad essa che si deve, per molti, l’introduzione del neo-kantismo tra il nostro popolo, a scapito delle idee sane e in contrasto con le istruzioni del Sommo Pontefice. – « Se mi si obietta che gli esaminatori non decidono sulla vocazione stessa, risponderò: poiché obbligate i futuri chierici a far stabilire il loro grado di scienza dagli accademici, e questo sotto pena di avere la porta del santuario chiusa … state davvero facendo dipendere la vocazione stessa ed il sacramento dell’ordine dall’opinione di questi signori? Che per i funzionari dello Stato, e anche per le carriere liberali, sia richiesto un dato massimo di conoscenze umane, e che l’Università sia il giudice dell’attitudine dei candidati, molto bene; ma non è il caso dell’ammissione allo studio della teologia e dei suoi annessi. Spetta solo alla Chiesa e non allo Stato dire fino a che punto le scienze umane siano necessarie ai giovani chierici. Questa questione preoccupa da molto tempo la Chiesa, che ha provveduto attraverso l’istituzione di seminari minori, di cui si riserva la direzione. Perché il Vescovo dovrebbe abdicare ai suoi diritti e trasferirli allo Stato? Perché affidare allo Stato l’esercizio del controllo che appartiene di diritto al Vescovo e che solo lui può esercitare con discernimento e saggezza ed in conformità con le vedute della Provvidenza sui futuri continuatori dell’opera di Gesù Cristo? « Che nessuno mi rimproveri di esporre la Chiesa all’accusa di essere nemica delle scienze secolari (deliberatamente non dico oltre la scienza); essa le ha sempre incoraggiate, e molti nelle file del clero, regolare e secolare, hanno reso in questo campo servizi eminenti che solo l’ignoranza e l’ingratitudine possono misconoscere, Non è sufficiente ricordare questo? Non sono stati i nostri benedettini che, mentre convertivano e civilizzavano i popoli, ci hanno conservato i capolavori dell’antichità classica? E i gesuiti non hanno forse contribuito in larga misura allo sviluppo degli studi scientifici e letterari? Né mi si accusi di fideismo, perché nessuno più di me vuole vedere il clero brillare in tutti i rami della scienza; ma i preti, sopra tutti gli altri, devono dare la preferenza agli studi ecclesiastici, e non è scioccante far dipendere la vocazione sacerdotale da un esame in materie secolari davanti ad una giuria laica spesso incredula? – « Per riassumere, vedo nella decisione presa un pericolo per il reclutamento del clero, un abbandono dei diritti della Chiesa, un pericolo per la dottrina ed una concezione inesatta della vocazione sacerdotale. Inutile dire che queste semplici e franche riflessioni non mi impediscono affatto di dare un’esplicita testimonianza di rispetto ai venerabili prelati, il cui zelo si preoccupa giustamente di garantire al loro clero una seria formazione sia nella scienza che nelle virtù sacerdotali? » Di tutte queste obiezioni, ne conservo solo due: la prima è l’inutilità della misura; la seconda è la sua inadeguatezza. Ecco un bambino che è arrivato al seminario minore in sesta o quinta elementare. Ogni anno, questo allievo aveva le sue note di classe giornaliere, le sue sedute settimanali, un esame semestrale e la solenne consacrazione della distribuzione dei premi. – Questo allievo è passato dalle classi di grammatica a quelle di umanità, ha studiato le leggi dello stile, la poetica e l’eloquenza; non ha negletto lo studio elementare delle scienze fisiche e matematiche. E dopo tre, quattro o cinque anni di seminario, i delegati del Vescovo, o il Vescovo stesso non sono capaci di apprezzare la sua attitudine alla filosofia e al ministero ecclesiastico? E questa incapacità, di cui confessano di essere giustamente privi, la riceverebbero da laici, esaminatori universitari, dopo una sola composizione e un esame di tre quarti d’ora; essendo certi, inoltre, che questi stessi esaminatori, capaci di giudicare il merito letterario, non discernono, non sospettano neppure, in questo ambito, il punto in cui dovrebbe prepararsi alle scienze della Chiesa. Dico, per me, salva reverentia, che questo apprezzamento del merito di un retore del seminario minore, è, per il superiore, per il professore dello stabilimento, e ancor più per il Vescovo, un dovere rigoroso, e che essi devono, su un punto così delicato, così serio, così importante, non riferirsi a nessuno. L’ammissione al seminario maggiore appartiene a loro e a nessun altro; e il giorno in cui questa ammissione dipenderà dai rivali dei nostri collegi ecclesiastici, dai nemici della Chiesa, quel giorno nei nostri annali deve essere segnato con una pietra nera…. « Può essere che l’ammissione al seminario maggiore sia stata a volte decisa con eccessiva indulgenza, ma sarebbe da giudicare allora, in modo non definitivo.  Deve essere successo a volte, visto che si sta cercando un rimedio.  Ma il rimedio non è nell’Università, è nella Chiesa; e se il giudizio dell’Università non fosse soggetto ad un ulteriore controllo, sarebbe una grande disgrazia; che il popolo della Chiesa abbia il coraggio di compiere tutto il suo dovere; non ha nulla da chiedere allo Stato per questa lontana preparazione al sacerdozio.  Il baccalaureato, come semplice valutazione del merito letterario, ha l’autorità che dovrebbe avere?  – Confesso che sono lontano dal crederci. Un piano di studio ben pensato, un insieme di classi ben applicate, un lavoro costante, saggio e con un po’ di entusiasmo per prestarsi ad esso, ci sembra essere la migliore garanzia di un corso di seminario. Questo sistema d’istruzione non mira ad un diploma; non si rinchiude negli stretti confini di un programma; si estende e si espande fino agli estremi delle frontiere dell’istruzione secondaria; ci si sforzi in tutto per dare all’allievo il giusto sentimento per ciò che deve sapere, e il sentimento del grande per tutto ciò che deve ignorare.  Un tale piano di studio e di insegnamento ci sembra essere di gran lunga superiore a questa preparazione per il baccalaureato, che è lo scopo esclusivo delle scuole secondarie e dei college, che sembra solo suscettibile di rendere l’insegnamento più piccolo e la testa più bassa. – Citerò qui un aneddoto. All’epoca in cui ero studente nel seminario minore, Mons. Parisis era vescovo di Langres. Questo Vescovo, che non basta chiamare grande, aveva severamente proibito in seminario la preparazione del baccalaureato, non solo per le future reclute del santuario, ma anche per i giovani che erano destinati alla carriera civile. Nella mente del prelato, la ragione di questo divieto era che la preparazione al baccalaureato gli sembrava adatta solo per abbassare il livello desueto. Al contrario, pensava che l’educazione, liberata da questi bordi e liberata da questi limiti, dovesse crescere ogni giorno di più e portare l’educazione al punto più alto della solidità. Il ministro Villemain sosteneva il contrario: il Vescovo, per mettere da parte queste pretese, lanciò una sfida al ministro: la sfida di far competere gli studenti del seminario minore con i collegi maggiori di Parigi. Il ministro non accettò; temeva, e aveva le sue ragioni, che i seminaristi minori di Langres sarebbero arrivati a battere, agli occhi di tutta la Francia, gli studenti del Collège Louis-le-Grand. Il fatto è che, sotto il potente impulso di questo Vescovo, si era formata a Langres una generazione di allievi di altissimo merito. In due o tre occasioni, gli studenti di questo seminario si sono presentati per il baccalaureato; sono stati i primi a ricevere i voti più alti ed i posti migliori. Queste sono ragioni serie, questi fatti sono decisivi. – C’è un altro aspetto della questione. Tutti sanno che l’esame di maturità è solo una lotteria: gli stupidi riescono spesso a causa della pietà che ispirano; i forti falliscono perché sono forti. Il diploma di maturità è volgarmente chiamato pelle d’asino; se non ha la virtù di far crescere le orecchie, non può impedire che si facciano. La moltiplicazione delle pelli d’asino ha creato, in Francia, una specie di mandarinato, di mediocrazia, che ci ha fatto abbassare la stima e la grandezza reale. Il più grande dei mali della Francia, il peggiore dei flagelli, è l’assenza di uomini. La Francia sta cadendo, al punto da essere minacciata di essere completamente cancellata. L’abbassamento delle menti, dei cuori e dei caratteri è un fatto universale. Come risultato di questo abbassamento, si sono formati dei partiti che si oppongono tanto più aspramente al parroco tanto più sono colpiti da una peggiore ignoranza. Le invenzioni criminali del socialismo minacciano di sorprendere e dominare un paese che una volta era la patria del buon senso, dell’onore e del patriottismo. La guerra alla proprietà, al matrimonio, alla famiglia, all’esercito, all’ordine pubblico e all’indipendenza del Paese sono oggi i passatempi di banditi, transfughi dell’Università. Siamo minacciati dal destino medesimo della Polonia e dell’Irlanda. E in questa crisi formidabile, cosa ci viene offerto, come rimedio? L’obbligo del baccalaureato per i chierici… molto simile a quel rimedio del debole Melantone che, spaventato dalle catastrofi scatenate sulla sua patria dal suo padrone, propose, come rimedio efficace, una rinascita della letteratura. Io non sono nemico della letteratura: la amo, la coltivo anche senza altra ispirazione che la mia fede ed altro maestro che il mio zelo. La letteratura non ha mai rovinato nulla; non deve essere denunciata. Ma non dobbiamo dimenticare che la predicazione del Vangelo, la conquista del mondo da parte della parola apostolica, la sconfitta del vecchio paganesimo, sono opera dei dodici pescatori raccolti dalle sabbie della Galilea. Ma non dobbiamo dimenticare che dopo l’annientamento della barbarie pagana, i missionari senza lettere dei tempi merovingi sconfissero la barbarie selvaggia dei Goti, degli Unni e dei Vandali. Non dobbiamo dimenticare che questi missionari analfabeti, sostenuti dalla parola degli Apostoli e dal sangue dei martiri, hanno creato le nazioni cristiane, hanno costituito queste nazioni nel Cristianesimo, hanno dotato questo Cristianesimo di lingue, di scienze e di lettere, che sono tutte radiose emanazioni del Vangelo. Soprattutto, però, non dobbiamo dimenticare che quando la rinascita del paganesimo nel XVI secolo prese a ribaltare l’opera dei missionari e dei martiri, non passò molto tempo prima che scuotesse la fede, obliterasse le coscienze, cancellasse il sapere, minasse le istituzioni, dissolvesse il Cristianesimo e compromettesse persino la civiltà ed il suo futuro. Poi, e nessun uomo istruito può negarlo, dacché l’anticristianesimo, al quale il baccalaureato appartiene, ha fatto deviare il corso della civiltà cristiana e ha scosso le istituzioni dei popoli, ora non ci si parla che di una religione senza Dio, un cristianesimo senza Cristo ed una chiesa polverizzata, della quale ogni atomo vivente è re e pontefice. Sotto la copertura di queste negazioni antisociali e omicide, ciò che ci rimane è la ragione, impotente, senza bussola e senza base; è l’anima consegnata a tutta la cecità e la furia delle passioni; è la schiavitù necessaria alla conservazione dell’umanità corrotta; è il dispotismo, la forza necessaria per mantenere gli uomini fuori dalla cultura, senza appoggio morale, costantemente minacciata dal progresso materiale rimasto senza contrappeso. « Noi saremo abbrutiti dalla scienza – diceva Monsieur de Maistre – e questo è il peggior tipo di barbarie ».

ZELO MASSONICO PER L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE

ZELO MASSONICO PER L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE

[La Civiltà Cattolica – Anno trigesimo secondo, Serie XI, Vol. VI, Quaderno 743 – Firenze, presso Luigi Mannuelli, libraio, 4 giugno 1881]

I.

Lugubre veramente, sott’ogni rispetto, è sorta fra noi la state di quest’anno. Mentre da una parte l’esecuzione della pena capitale, centro tre soldati omicidi, riscalda le ire di certa gente e fa tener vivo il fuoco artificiale della pietà umanitaria verso gli assassini; dall’altra il eh cholera-morbus, che minaccia l’Italia dal mare e dall’alpe, sbigottisce le menti così, che non si ode parlare se non di casi, di decessi, di quarantene, di lazzaretti, suffumigi, di microbi e di bacilli contagiosi: cose tutte che funestano gli animi e mostrano come Dio serbi sempre in vigore, per la sua giustizia, quella pena di morte, che i protettori degli assassini pretenderebbero dall’umana giustizia abolita per sempre e maledetta. – Or, lasciato da banda il cholera, che preghiamo la celeste Clemenza rimovere dalla nostra Italia, e posta pure da un canto la questione giuridica della pena di morte, la quale non abbisogna di nessun nuovo argomento che la giustifichi, ci piace mostrare più tosto da chi e perché propriamente venga la fittizia agitazione contro questa pena; agitazione che ora ha per effetto di ribattere nelle fantasie l’idea della morte, quando appunto l’umanitarismo sembrerebbe richiedere che più se ne allontanasse.

II.

Per indovinare d’onde venga il chiasso che si seguita a menare contro la triplice esecuzione della pena di morte, avvenuta militarmente in Italia, basta guardare i campioni che la promuovono, ed i giornali loro. Sono in genere adepti della massoneria, ed in ispecie delle sette radicali e socialistiche da essa dipendenti. Il Fascio della democrazia, che di tutte queste è portavoce il più stridulo, se non il più autorevole, dà il tono del linguaggio che tutti più o meno sdegnosamente adoperano. « La vecchia Europa è assetata di sangue; gridava esso dopo le fucilazioni degli ufficiale traditori in Ispagna e dei soldati omicidi in Napoli ed in Palermo; Italia e Spagna sono oggi le prime a dare l’esempio della reazione e dell’efferatezza. » (Num. Del 1° luglio 1884). Per questo foglio, le fucilazioni suddette sono « orribili vendette giudiziarie; » né ci regge l’amino di trascrivere le truculente parole con cui compiange gli esecutori, ed esalta le vittime segnatamente spagnuole, il cui unico delitto, dic’egli, essere stato l’amore e  l’accarezzamento d’una, « bella e fulgida idea, quella della Repubblica. » –  Sia con pace di questi signori: ma quando essi batteron mani le agli eccidii di Ponte Landolfo e di Casalduni ed alla fucilazione degli undicimila e più napolitani, chiamati briganti, perché colle anni in pugno resistevano all’invasione del loro suolo, che altro facevano essi, se non plaudire all’uccisione di vittime, che pur aveano amata un’altra idea, la quale stimavano « bella e fulgida», più ancora di quella della Repubblica? La spietata fucilazione di tante vittime del loro patriottismo non fu efferatezza pe’ nostri settarii: ma quella di tre assassini e di due traditori della bandiera, cui avean giurata fedeltà, è stata « orribile vendetta giudiziaria? » – Ma questa è la logica delle sette, le quali abborriscono dal sangue, finché si tratti del loro o di quel dei loro amici e fratelli, ma vi anelano ansiosamente, quando si tratta di quello degli avversari e de’ nemici loro. Questa gente, così umanitaria, pietosa e schifa della pena di morte, è quasi tutta uscita dalla scuola della famiglia della Giovine Italia del Mazzini. Eppure tanto questo ramo della carboneria massonica non abbominava la pena di morte, che ne’ suoi statuti si leggono i seguenti cinque arciumanitari articoli; i quali troppo si sa come spesso fossero pietosamente eseguiti.

« Art. 30. Coloro che non obbediranno agli ordini della società secreta, o che ne riveleranno il mistero saranno pugnalati senza pietà. Il castigo medesimo è riservato ai traditori.

« Art. 31. Il tribunale secreto pronunzierà la sentenza e designerà uno o due affigliati, per l’immediata sua esecuzione.

« Art. 32. Chiunque ricuserà di eseguire il decreto sarà tenuto in conto di spergiuro, e come tale ucciso su due piedi.

« Art. 33. Se il reo fugge, sarà perseguitato senza posa in ogni luogo, e dovrà esser colpito da una mano invisibile, fosse pure nel seno di sua madre, o nel tabernacolo di Cristo.

« Art 34. Ogni tribunale secreto sarà competente, non solo per giudicare gli adepti colpevoli, ma per far mettere a morte chiunque avrà colpito d’anatema. »

E gente che ha succhiato il latte dal petto di una madre così mite e dolce, ardisce dare nelle smanie contro la pena di morte applicata agli assassini?

III.

Non si creda però che l’odio alla pena di morte, sentenziata ed eseguita fuori dei covi settarii, sia per cosi dire una fisima propria soltanto di alcune speciali congreghe carbonaresche: no, esso è inerente alla Massoneria tutta intera, la quale, sotto specie di filantropia, ovunque può, si studia di farla cancellare dai codici degli Stati, o almeno di farla smettere dalla pratica e andare in disuso. – Già il più essa ha ottenuto, può dirsi in ogni paese civile; cioè che questa pena fosse di diritto e di fatto levata dai codici, per quel che riguarda i detti delitti politici. E in effetto ora, gran mercè della Massoneria, chi suscita una rivoluzione in cui periranno, se occorre, più migliaia di vite umane, non può essere giustiziato da nessun tribunale; tranne il caso nel quale la rivoluzione sia contro la setta, poiché allora la giustizia sommaria si eseguisce senza misericordia. Per tal modo la setta si è assicurata una giuridica impunità, che toglie a’ suoi adepti il timore di tentare ogni enormezza; quantunque debba questa avere per conseguenza l’eccidio di popoli e di nazioni. Dato che un vero delitto rivesta un colore solo di politico, purché non sia a danno della setta, divien per ciò stesso delitto privilegiato. Ma questo non è sufficiente La setta vuole abrogato il diritto legittimo e teorico della pena di morte in tutti gli Stati, per usurparsene essa solo l’uso, quando convenga. E intorno a questa abrogazione, promessa in Italia dalla Massoneria, abbiam davanti agli occhi nostri curiosi documenti, che non sarà inutile mettere sotto quelli dei profani.

IV.

L’anno 1865, alla congrega, divenuta pubblica dopo che Napoleone III, coll’oro e col sangue della Francia, le aveva posta in mano l’Italia, parendo d’essersi bastevolmente assodata, venne in animo di fare una prima prova per conseguire l’abolizione legale della pena di morte: ma insieme con quest’abolizione volle congiungere anche quella degli Ordini religiosi, affinché, mentre si toglieva la libertà di vivere come frati ai frati, guarentisse quella di vivere come assassini agli assassini. – Allora nel Bollettino del Grande Oriente d’Italia si presero a dare incitamenti a tutte le logge, perché si unissero a fare con una fraterna petizione, dolce violenza ai fratelli del Parlamento. – A pagina 114 del fascicolo III e IV del suddetto Bollettino, sotto il titolo Una Petizione, il Grande Oriente comunicava tutte le logge quel che segue: « I principi fondamentali che reggono ed ispirano la famiglia dei Liberi muratori,  i quali vogliono e studiano, armati della solidarietà e della scienza, la redenzione del popolo dalle catene dell’ignoranza (cioè della religione e fede cristiana) dalla cieca soggezione alle tradizioni assolute (cioè al legittimo diritto sociale ed all’autorità pubblica) ed alla miseria che abbrutisce (cioè al rispetto della proprietà altrui) non potevano lasciar indifferenti i fratelli alla alte Controversie, che stavano per aprirsi nel Parlamento italiano sull’abolizione della pena di morte e sulla soppressione delle Corporazioni religiose.Abbiamo sott’occhio parecchie tavole (lettere) di legge, le quali si volgono al Grande Oriente, perché, qual suprema magistratura dell’Ordine, coordini l’azione e gli sforzi di tutti i fratelli, imprima loro quella efficace unità, che è già per sè stessa una mezza vittoria. » Quindi partecipava al mondo massonico d’Italia la lettera della loggia Ferruccio di Pistoia, che dichiarava di « non potere rimanersi muta, ora che l’Italia si agita e si affatica a risolvere due questioni, dalle quali pende tanta parte de’ suoi destini. La soppressione delle Case religiose e l’abolizione della pena di morte vogliono estero la conquista dell’età nostra. Quella è pegno di vita più prospera alla nazione, questa fa tornare l’Italia un’altra volta alla testa dell’incivilimento. » Perciò domandava che « dai templi massonici s’alzasse la voce, a difesa delle due grandi proposte. » – Ov’è da notare di passaggio, che questa cara Massoneria, così ingenua nel beneficare ed innocente di imbrogli politici, faceva dipendere gran parte dei suoi destini nel nostro paese, dall’eccitare alla rapina dei beni de’ Corpi religiosi e dal privar questi della libera loro esistenza, e poi dall’assicurare in ogni caso la vita ai più solenni malfattori, omicidi e ribaldi, che fossero per venir su nell’Italia. Inoltre merita considerazione che, per questa onestissima Massoneria, il rubare i beni agli Ordini religiosi e dare così al popolo un esempio pubblico e legale di socialismo, era un pugno di vita più prospera alla nazione,la quale quanto se ne sia perciò prosperata, lo mostra la recente Inchiesta agraria, messa a stampa per ordine del Governo; ed il dare piena sicurtà a tutti gli assassini, che potrebbero assassinare sempre e chi si fosse e da per tutto, salva la vita, ora un far tornare l’Italia un’altra volta alla testa dell’incivilimento.

V.

Posto ciò, seguita il Bollettino, « il Grande Oriente ed il Gran Consiglio per esso, non aveva bisogno di tali manifestazioni per riconoscere l’unanimità dei fratelli, per chiedere l’abolizione del patibolo e del chiostro (Bell’accoppiamento, degno del tutto del Grande Oriente che lo ha fatto!). Egli crede che tutti i fratelli, in tutte le forme della legge concesse, debbono e sempre adoperarsi, perché cadano istituzioni dei mezzi tempi, istituzioni create dal privilegio e dalla superstiziosa ignoranza (il professare i consigli del Vangelo di Gesù Cristo è superstiziosa ignoranza!) perché siano rotte le catene che ancora inceppano il libero sviluppo dei popoli, (il quale dipende dalla rottura delle catene che inceppano la libera vita degli assassini),perché sia riconosciuta la inviolabilità della vita umana. » – Conseguentemente autorizzava che « si diramasse una petizione, formulata da un fratello, nel modo che segue: Al Parlamento italiano. I sottoscritti cittadini italiani dimandano che piaccia al Parlamento 1° di abolire la pena di morte; 2° di sopprimete tutte le Corporazioni religiose, volgendone i beni a strumento di benessere, e di civiltà (per la borsa dei giudei e dei giudaizzanti, che soli si son goduti il benessere di questa civiltà). – Poscia a pagina 110 si legge la circolare, sottoscritta dal gran cancelliere Mauro Macelli 33 :., a tutte le logge, colla quale il Grande Oriente « consigliava tutti i fratelli ad adoperarsi pel trionfo delle due grandi misure, e tutti i venerabili a diramare la petizione da farsi sottoscrivere, con tutto lo zelo possibile, anche nel mondo profano. » Dal che si deduce il modo che tiene la Massoneria, per formare la così detta opinione pubblica;  e quanto facilmente molte persone da bene, ma dolci di sale, si lascino carrucolare dagli apostoli di una civiltà, che vuole intronizzarsi mediante la rapina e la protezione degli assassini. – La petizione, ideata e caldeggiata dai massoni, non ebbe in tutto l’esito propizio che la setta se ne riprometteva. La Camera, composta di uomini che poco prima si esano promulgati da sé tutti rivoluzionari,  approvò l’abolizione del patibolo; ma il Senato fu contrario e la legge non passò. Allora nella parte ufficiale, si noti bene, nella parte ufficiale, nel fascicolo V-VII del Bollettino si stamparono, alla pagina 145 queste parole. « Liberamente e nei più convenevoli modi la nostra famiglia ha combattuto la pena di morte e gli Ordini monastici. Se la vittoria non ha coronato i suoi voti, non conviene perdersi l’animo. Gli ostacoli surti porranno in maggior evidenza fa necessità di siffatta misura, parte essenziale dell’italiano, o per dire più esattamente, dell’umano progresso. E noi dobbiamo per l’avvenire continuare sulla medesima via. » – Ma poi a pag. 189 il fratel De Poni, allora pezzo grossissimo di questa massoneria da teatro, non esitò a sfogare le ire sue sublimi, con queste parole che sono degne d’esser meditate dai senatori. « I  liberi muratori italiani dichiararono la loro opinione sulla pena di morte, diffusero lo dottrine (sofistiche) che la combattono (a vantaggio unico degli assassini), sostennero l’inviolabilità della vita umana (In prò degli assassini che la possono violare per conto proprio) e la chiesero sanzionata da legge. Il partito nella Camera elettiva (in cui prevalevano i fratelli massoni) fu vinto. Se il carnefice resta in Italia, pel bigottismo e la servile timidità del Senato, non è per questo che puntellato il patibolo: la sanguinosa e orrenda baracca cadrà al primo soffio di vento. Lo stesso possiamo dire delle Corporazioni religiose, che col sacrifizio legale di vittime umane s’hanno parentela strettissima, poiché il nodo che cinge le reni al frate e il capestro del boia non sieno che le estremità d’una medesima corda. » – E con ciò  gli sfoghi officiali ed officiosi della Massoneria italiana, nel suo Bollettino, a tutela degli assassini ed asterminio dei poveri frati, ebbero termine.

VI.

Niuno creda per altro che il rifiuto del Senato di aderire all’umanitaria petizione della setta, nocesse di molto alla vita dei trucidatori di vite umane. Tutt’altro, La pena capitale restò ferma nel codice, por alcuni pochissimi od atrocissimi casi di delitti di sangue: ma la pena, benché applicata con giuridiche sentenze, per non offendere il delicatissimo cuore dei massoni predominanti, ebbe assai rare esecuzioni. Ecco di fatto quel che ci danno le statistiche autentiche. L’anno seguente all’abolizione rigettata dal Senato, e fu il 1866, i tribunali condannarono al supplizio 81 reo, ma nessuno vi fu sottoposto, Noi 1807 si ebbero 75 condannati, ma 7 soli giustiziati. Nel 1868 furon condannati 72, e giustiziati 7. Nel 1869 sopra 111 condanne, 4 se ne mandarono ad effetto. Nel 1870, sopra 102 condannati, Vi fu un unico giustiziato. Nel 1871 si condannarono 121 e si giustiziarono 2 soli rei. Nel 1872 si ebbero condanne 41, giustizie fatte 2. Nel 1873 esecuzioni 5, sopra 72 condanne. Nel 1874, esecuzioni 3, sopra 87 condanne. Gli anni successivi, benché molte sieno state lo sentenze capitali pure non se n’è più eseguita nessuna, fino al giugno e luglio di quest’anno, quando si son fucilati i tre soldati omicidi, non tanto perché omicidi, quanto perché soldati: ed il frutto è stato che l’Italia è salita alla gloria di un primato che non ebbe mai; quello degli assassinio Così, secondo il voto della loggia massonica di Pistoia, più presto che non si fosse potuto sperare l’Italia si è messa a capo di un nuovo incivilimento, che la rende invidiata dalle Pellirosse e dagli Zulù.

VII.

Si domanderà: — Ma qual è la vera e propria ragione di questo zelo della Massoneria, per far abolire la pena di morte?

Rispondiamo che non è certo l’umanità, poiché, o volere o non volere, umano non è il Potere che assicura in ogni peggior caso la vita ai ribaldi, i quali amano lavarsi le mani nel sangue altrui; ma più tosto quello che toglie giustamente la vita agli uccisori degli altri, per difendere così la vita dei cittadini, minacciata sempre dagli omicidi impuniti. – Ma oltre ciò non è l’umanità, che muove la Massoneria a pretendere che si risparmi la vita degli assassini; giacché la setta se si abolisse la pena capitale, la rimetterebbe in vigore, subito che si levassero avversari a tentare di strapparle il predominio che si è usurpato. Fate che scoppiassero insurrezioni contro il suo Governo, che si formassero bande armate per restituire lo Stato, puta caso, al Re di Napoli o al Papa; e vedreste con che furore i fratelli massoni domanderebbero il capo, il cuore, le viscere e il sangue di quei nomici della patria, perché opposti alla tirannia loro. Fate che, perduta la signoria, la setta fosse necessitata di tornare a farsi secreta; e rivedreste i pugnali dei suoi sicari,  insanguinar di nuovo le nostre città, come prima che il Bonaparte calasse dalle Alpi per apportare all’Italia la libertà del suo giogo: con questo di più, che l’umana setta, ai pugnali od alle rivoltelle traditrici, aggiungerebbe il petrolio, la dinamite e la panclastite, tutte dolcezze umanitarie e carezze familiarissime ai buoni fratelli, per farsi rispettare dai profani e dai nemici. Non ci vengano a dire, che essi amano la mitigazione delle pene, perché il popolo più incivilito, come ora è, si rattien facilmente dal delitto con mezzi più soavi. Questo poté esser vero in passato per alcune regioni, e fu vero segnatamente per la Toscana. Ma ora con quale fronte può asserirsi vero per tutta la nostra Italia, nella quale i delitti di sangue crescono ogni anno a tale, che ella supera in ciò tutti i paesi inciviliti dell’Europa? – La civiltà massonica, che da venticinque anni in qua viene ammorbando la Penisola da un capo all’ altro, ben mostra che la sua efficacia non ha atto, se non per viziare e corrompere i popoli sui quali, come tabe cancrenosa, si diffonde. Un paese che conta più di 70,000 condannati al carcere o alla galera, che offre annualmente più di 23,000 minorenni ai tribunali da giudicare, che è ogni anno contaminato da migliaia di assassinamenti, che dà in un anno, qual è stato il 1882, quasi 1400 suicidi, non è né può dirsi paese incivilito: o ci ricordiamo di un ministro di grazia e giustizia della nuova Italia, il quale, parlando appunto della Toscana, il cui codice esclude la pena di morte, diceva necessario introdurvela; perocché la Toscana annessa al regno d’Italia, quindici anni dopo la civiltà novella, non era più la gentile Toscana dei Leopoldi, né primo, né secondo che ignorava quasi il maneggio dello stile o del coltello. – Di fatto l’esperienza prova che la civiltà massonica, compendiata nella sua pedagogia, anticristiana, atea, materialistica, è bensì ottima a fprmare generazioni di sicari e di furfanti, ma inabile a dare cittadini, cui possa competere il nome di galantuomini, nel significato antico e proprio di questa voce.

VIII.

Altre e ben altrimenti maligne sono le ragioni che incitano la setta a far la tenera, per la inviolabilità della vita degli assassini; e son sempre conformi a’ suoi principi d’odio inestinguibile ad ogni sociale potestà: « La grande campagna, scrive ottimamente l’Unione di Bologna, da tempo impresa dalla Massoneria per l’abolizione della pena di morte, ad altro non mira appunto se non che a rendere impossibile nei Principi e nei Sovrani l’esercizio pratico, effettivo, fecondo e salutare sì del diritto di pena, come di quello di grazia in quanto che, posto un limite qualsiasi ad un diritto, questo che è di sua natura indivisibile, così scisso e diviso, intisichisce e muore in tutto il resto. Col negare infatti la pena di morte, si limita e si circoscrive il diritto di punire nella parte sua più imponente, più tremenda, più esemplarmente salutare: in quella parte precisamente che rivela e dimostra l’origine divina e sovrumana di questo grande diritto, onde Dio ha investito i supremi reggitori dei popoli e delle nazioni. « Sfuma a fronte di ciò il massimo sofisma adoperato di continuo dagli abolitori della pena di morte, essendo che non si può dire che l’uomo non è padrone della vita dell’uomo, poiché solo per autorità avuta direttamente da Dio, e perciò dal Padrone assoluto della vita dell’uomo, il Principe può dannare e danna nel capo un delinquente. Ora questo supremo diritto è stato completamente emanato e naturalizzato, e molti Principi e molti Governi, ora in principio ed ora in fatto, hanno lasciato così radicalmente snaturarlo (Num. 13 luglio 1884). » – La setta, che anela a sbandire Iddio da ogni appartenenza sociale, sopra tutto lo vuol fare fuori dell’autorità. Un Re, sia pur costituzionale quanto piace, nel cui nome si condanni un reo alla morte o se liberi per grazia dopo la condanna, è un Re nella cui fronte brilla ancora un raggio di diritto divino. Or questo abbaglia l’occhio della setta, che nel Dio vivo e vero, autore e supremo Signore dell’umana società, riconosce il suo nemico. Si gridi adunque tanto, e tanto si congiuri contro la pena capitale, che si renda impossibile ad un Re, in quanto Re, di farla eseguire per diritto, ed il farla commutare per grazia. Ed in verità, seguita ragionando l’egregio diario bolognese: « Bisogna che s’invochino motivi di ordine al tutto secondario, per coonestare di qualche guisa l’esercizio effettivo di questo supremo diritto, come nel caso delle fucilazioni testò avvenute in Italia,  in cui si ricorse alla necessità di mantenere la disciplina nell’esercito, Ma questa è una vera petizione di principio, che per  nulla giustifica l’eccezione che si reca alla regola assunta di abolire in fatto la pena di morte, giacché il mantenimento della disciplina è un effetto pratico e susseguente alla fucilazione, ma non èe non può essere la ragione sufficiente della pena di morte. Tanto è vero che il soldato insubordinato e ribelle è condannato e fucilato in nome e per ordine del Principe, non mai è condannato e fucilato in nome e per ordine della disciplina, cosa astratta, senza anima e senza corpo, e quindi senza diritto, senza azione e senza forza.» – Con questo si fa chiaro il misterioso perché dello zelo massonico, per abolire nella teorica e nella pratica il ius sanguinis, il  ius gladii, inerente per intrinseca essenza alla suprema Potestà sociale, Ciò intende la Massoneria occulta; e lascia che un’altra Massoneria da strapazzo tenga il campo a rumore, con sciocchi pretesti; i quali non valgono nulla a provare la giustizia dell’adizione di quel diritto, ma valgono molto renderne frustraneo ed esoso l’esercizio.

GNOSI TEOLOGIA DI sATANA (64) – LA CITTÀ ANTICRISTIANA (4)

LA CITTÀ ANTICRISTIANA (4)

DI P. BENOIT

DOTTORE IN FILOSOFIA E TEOLOGIA

DIRETTORE EMERITO DEL SEMINARIO DI PARIGI

SOCIÉTÉ GÉNÉRALE DE LIBRAIRIE CATHOLIQUE VICTOR PALMÉ, DIRECTEUR GÉNÉRAL

76, rue des Saints-Pères, 76

BRUXELLES SOCIÉTÉ RELGE DE LIBRAIRIE

12, rue des Paroissiens,

GENEVE HENRI THEMBLEY, ÉDITEUR’

4, rue Corraterîe, -1886 –

II

LA FRANCO-MASSONERIA O LA SOCIETÀ SECRETA

ТОМO PRIMO

SEZIONE PRIMA

PIANO IDEALE DEL TEMPIO MASSONICO O SCOPO SUPREMO DELLE SOCIETÀ SEGRETE

IV — L’ARTE REALE — LA FILANTROPIA

36. La massoneria (La franco-massoneria designa sia l’insieme delle sette massoniche, sia l’insieme delle instituzioni, delle osservazioni e delle pratiche massoniche. Nel primo senso, essa s’oppone alla Chiesa cattolica, e nel secondo, alla Religione Cattolica. Noi impiegheremo di volta in volta il termine nei due sensi. Qui lo prendiamo nel secondo senso, cioè per indicare il sistema massonico.) è spesso chiamata nelle logge l’arte reale. Qual è il significato di questa espressione? Un’arte è un insieme di regole usate per dirigere l’attività umana nel lavoro esterno (Ars est recta ratio faclibilium; prudentia, recta ratio agibilium. S. Th. et Schol.). L’arte regale è quella che primeggia su tutte le altre, come il re sui suoi sudditi; o quella che porta al trono ed insegna a regnare, in altre parole, quella che fa i re. La vera arte regale è la religione di Gesù Cristo; perché, destinata a realizzare il fine soprannaturale, essa presiede, come una regina, a tutte le istituzioni umane, affinché tutte, da essa diretta, collaborino a procurare la salvezza delle anime. In secondo luogo, incorporando gli uomini a Gesù Cristo, li innalza al trono dove Egli siede con suo Padre. (Ap. III, 21) – Ora invece, secondo i settari, la massoneria è la vera arte reale. È, sostengono, l’istituzione perfetta, che ha la precedenza su tutte le altre, che nessuno ha il diritto di combattere, che tutti hanno anzi il dovere di promuovere e di aiutare, perché rende gli uomini liberi e padroni di se stessi. « La prima idea che fa nascere l’aspetto da saggio, è quella di un uomo libero e padrone di sé; la Massoneria, che tende a fare uomini saggi, è dunque un’arte di libertà e di regalità. » (Ragon, Orthodossia mass.). « La Massoneria porta nei suoi fianchi la salvezza del genere umano. Le sue osservanze e le sue pratiche esercitano il senso della dignità primaria dell’uomo; esse liberano la natura dai pregiudizi e dai vizi che la oscurano e la contaminano, e restaurano la sua purezza originale; esse restaurano la sovranità individuale distruggendo ogni dispotismo, cioè ogni autorità; « per mezzo di esse gli uomini diventano re » non riconoscendo più « né Dio né padrone. »

37. Oppure ancora. L’arte reale è l’arte di trovare l’oro, detto il re dei metalli; l’arte di scoprire la pietra filosofale, o il segreto di trasformare tutto in oro. « Noi offriamo ai nostri seguaci, dice la Massoneria, la conoscenza dell’arte sublime che conduce alla scoperta della vera Pietra Filosofale. Alcuni uomini, nel profondo errore e nel delirio della più vile cupidigia, vogliono ottenere un metallo degno dei loro desideri, e consumano la loro fortuna e la loro vita nella sua ricerca infruttuosa. Lungi da noi coloro che una sì vile passione, la sete dell’oro, o che una indiscreta curiosità induce alla ricerca dei nostri segreti. » (Discorso d’iniziazione al recependario Novizio nella setta dei filosofi sconosciuti.) « La vera pietra filosofale, infatti, non è il mezzo per trovare miniere d’oro, ma per recuperare l’età dell’oro, cioè lo stato di natura perduto, lo stato di libertà ed uguaglianza originaria. »

38. I culti si vantano spesso di essere « istituzioni filantropiche », di praticare « la filantropia più sublime”, « la più pura filantropia ». – Cos’è la filantropia? È, come indica l’etimologia della parola, l’amore per gli uomini o l’amore per l’umanità. Ora il vero franco-massone non riconosce più il padre né il figlio, il principe né i sudditi, i proprietari né  i proletari, ma in tutti i suoi simili non vede che degli uomini. Disprezza, condanna e desidera eliminare le differenze di Religione, di Patria, di condizioni, e non ama in ogni uomo che solo la natura umana: ha dunque il amore puro per la natura umana o per l’umanità: egli è un filantropo. – Di conseguenza egli lavora per restituire alla natura umana un’indipendenza assoluta. E, secondo lui, la perfezione dell’uomo è nel possesso di questa pura libertà. Pertanto, non è massone che solo per dedicarsi alla felicità degli uomini: è un filantropo  solo in questo secondo senso. Anche così, come diremo, non ha « un amore volgare per l’umanità », ma « un amore sublime », ma « un culto », perché adora l’uomo. Inoltre, agli occhi degli alti iniziati, gli adoratori del Dio vivente sono i nemici della natura umana: “il solo franco-massone è filantropo. »

39. Per alcuni iniziati, il termine filantropia ha un senso abominevole, come quello di fraternità. – Essendo, la filantropia che caratterizza i franco-massoni, la prima virtù richiesta in un sofisiano, nessuno è ricevuto come un aspirante se non conosce l’acacia, e se non ha lavorato nella stanza di mezzo (Regolamento degli aspiranti nell’ordine dei Sofisiani, art. 18.). »

V – RELIGIONE

40. La massoneria è una religione? I settari spesso rispondono negativamente. « La Massoneria non impone alcun giogo religioso ai suoi iniziati; lascia ad ogni fratello il suo culto; non pretende di esserne una, perché un massone non può avere due culti » (Ragon, Ortod. mass. Introd.). « Anteriore alle religioni conosciute, la Massoneria continua la sua marcia pacifica ed incessante, perché il suo obiettivo inalterabile è il miglioramento degli uomini senza distinzione di classi, climi, opinioni filosofiche, politiche o religiose. » (Ragon, Ortod. mass., p. 203.). E infatti, come può essere una religione un’istituzione che non ha né Dio né dogma né morale, e che combatte Dio, dogma e morale?

41. Spesso, tuttavia, i settari sostengono che la Massoneria è una religione e addirittura è l’unica religione o addirittura la religione per eccellenza. È « la vera fede, la buona religione »,  il « Vangelo eterno », la « grande Bibbia ». La Massoneria « è consacrata alla fondazione di una religione universale e rigenerata » (Massoneria pratica, Rituale di cavaliere Kadosch. t. I, p. 314).  « La nostra religione è la religione stessa. Non ha un nome e non può averne uno. Un giorno sarà la religione dell’umanità. Fino ad allora dovrà accontentarsi di chiamarsi la religione. » – « La massoneria è una religione troppo poco conosciuta, troppo poco apprezzata, troppo spesso calunniata, ma che tuttavia, nonostante tutti gli ostacoli, è trionfante e quasi universale » (Notizie storiche dell’ordine della franco-massoneria, t. II, p. 307.). Questo perché è chiaro, da tutta l’esposizione precedente, che la Massoneria ha un tempio, che è l’uomo o la umanità libera; in questo tempio c’è un adoratore, è l’uomo o la libera umanità; c’è un adorato, è l’uomo o la libera umanità. La massoneria è la religione del futuro. » Infatti, « in passato, l’uomo ha costruito templi a Dio; in futuro, l’uomo costruirà templi all’uomo. Non si prostituirà più col suo incenso ad un tiranno fiabesco che domina la razza umana con terrori immaginari; è l’umanità stessa che sarà oggetto del suo culto. » – « Tutte le religioni precedenti sono state anti-umanitarie; la franco-Massoneria rivela al mondo una religione umanitaria. Tutte quelle hanno curvato l’uomo davanti ad un essere estraneo; la nuova religione gli insegna a raddrizzare la testa nel senso della sublime dignità della sua natura, perché essa gli insegna che egli è re, sacerdote e dio. » – « Non veniamo a predicare un nuovo Dio, ma a mostrare a tutti che non c’è altro Dio se non la Ragione stessa. » – « Abbiamo proclamato e proclamiamo la regalità, la “divinità” dell’io umano. » – « La nostra religione”, cioè il dio della nostra religione, è l’umanità (Indirizzo dei socialisti di Madrid a tutti gli operai del mondo, 1869.). *

VI – RIASSUNTO

42. Ora comprendiamo ora il piano ideale del tempio che la franco-massoneria innalza. Nel linguaggio degli adepti, è chiamato il tempio della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, il tempio della ragione e della natura, il tempio della verità e della virtù, il tempio innalzato dall’arte reale, dove si pratica la religione dell’umanità. Nel vero linguaggio, deve essere chiamato il tempio della rivolta totale, il tempio della pura anarchia, una rovina universale. Rivolta contro l’autorità di Dio e l’autorità che emana da Dio, o libertà; rivolta contro ogni gerarchia, contro la superiorità stessa di Dio e tutte le ineguaglianze da lui stabilite tra gli uomini, o uguaglianza; rivolta contro la paternità di Dio ed ogni paternità che da essa deriva, o fratellanza; Rivolta contro la Religione soprannaturale di Gesù Cristo, ancor più contro lo stato sociale e tutte le istituzioni sociali, o il regno della natura; Rivolta contro qualsiasi verità che superi la ragione individuale o che non emani da essa, rivolta contro qualsiasi legge che causi cupidigia, o illuminazione e santificazione massonica; Rivolta contro la famiglia, perché nella famiglia la libertà o l’uguaglianza non può essere perfetta; contro lo Stato, perché “i diritti dei principi sono attentati ai diritti umani”; contro la Chiesa, perché la Chiesa esercita la più orribile tirannia sull’intelligenza attraverso i suoi misteri e sulla volontà attraverso il decalogo; rivolta contro la proprietà, perché è « il principio di tutte le disuguaglianze sociali »; contro il matrimonio, perché genera « la libera espansione delle simpatie »; contro la religione, perché pone i diritti dei padri, degli sposi, dei proprietari e dei re sotto la protezione di un Essere supremo, e rafforza tutte le tirannie con il sostegno di terrori religiosi; Rivolta contro Dio e contro l’uomo; contro il diritto divino ed il diritto umano; contro le leggi naturali e positive; contro ogni autorità, ogni gerarchia, ogni tradizione, ogni legge, ogni diritto, ogni dovere: « Rompendo le sue catene e rovesciando i suoi idoli, l’umanità, grazie alla franco-massoneria, sta facendo passi da gigante verso un futuro di perfetta uguaglianza e libertà assoluta, dove non conoscerà più né padroni né schiavi. » «No, né Dio né padrone! »; in una parola:

rivolta universale;

Questa è la massoneria.

GNOSI TEOLOGIA DI sATANA (63) – LA CITTÀ ANTICRISTIANA (3)

LA CITTÀ ANTICRISTIANA (3)

DI P. BENOIT

DOTTORE IN FILOSOFIA E TEOLOGIA DIRETTORE EMERITO DEL SEMINARIO DI PARIGI

SOCIÉTÉ GÉNÉRALE DE LIBRAIRIE CATHOLIQUE

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-1886 –

II

LA FRANCO-MASSONERIA O LA SOCIETÀ SEGRETA

ТОМO PRIMO

SEZIONE PRIMA

PIANO IDEALE DEL TEMPIO MASSONICO O SCOPO SUPREMO DELLE SOCIETÀ SEGRETE

III – RAGIONE, VERITÀ, LUCE, GIUSTIZIA, MORALITÀ

28. I settari ripetono spesso che il loro obiettivo è “l’emancipazione della ragione”, “la diffusione della verità”, “l’illuminazione degli uomini”, “il trionfo della virtù e della giustizia”, “l’instaurazione della morale pura”. “La massoneria è lo studio delle scienze e la pratica delle virtù. » “La massoneria serve, con i suoi sublimi principi, a purificare la nostra morale. “Le leggi della Massoneria sono per punire il crimine e per onorare la virtù. “Il bello, il sublime, la vita finalmente, sono dalla parte di coloro che lottano per la luce, per la giustizia (Kropotkine, Parole d’un rivoltato, p. 59.). “Attraverso le tenebre verso la luce”, questo è il motto del massone (Findcl, I principi della franco-massonneria nella vita dei popoli, p. 30.). “Ci riuniamo per costruire templi di virtù e per scavare prigioni per i vizi (3). (3(3) Raccolta preziosa della Mass. adonhiramita, t. I, p. 16, 70, etc.) “Cosa significano queste espressioni nel loro senso più completo?

29. Secondo la teoria massonica, la ragione umana è indipendente e sovrana. Non è giudicata da nessuno, ed è giudice di tutto. Essa non riceve la verità, la crea. “La ragione umana, senza alcun riguardo per Dio, è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male; è legge a se stessa. “(Syllabus. prop. III.) Di conseguenza, come abbiamo già notato, la ragione dell’uomo è sostituita alla Parola di Dio, perché come la Parola di Dio ha “la pienezza della verità che ne è la fonte e la regola, così la ragione umana diventa l’essenza stessa della verità; ne è il principio e l’arbitro. « Io sono – essa dice – l’uguale del Verbo di Dio: similis ero Altissimo. » Ora, agli occhi dei settari, è in questa rivolta della ragione individuale contro ogni autorità, anche divina, è in questa esaltazione dello spirito fino all’adorazione di se stesso, che consiste la “nativa indipendenza della ragione umana”. Gli uomini saranno illuminati”, quando avranno recuperato “la piena libertà di pensiero”. “La verità brillerà pura ai loro occhi quando, rifiutando tutti i pregiudizi provenienti dall’esterno, non avranno altro maestro che la loro ragione stessa.

30. In una parola, quando l’intelligenza finita dell’uomo è in uno stato di rivolta contro le verità rivelate da Dio o insegnate dalla società, e considererà i propri deliri come la “pura verità”, “la ragione sarà perfetta”, “ci sarà la luce piena”, “la verità regnerà”. “Allora sarà innalzato “il tempio della ragione”, “il tempio della verità e della luce””. La ragione è stata deviata, svilita dai sacerdoti; la si è presentata qui come insufficiente, corruttiva (?), come un fanale ingannevole (?), atta a condurre l’uomo fuori strada. Eppure questa ragione è evidentemente l’unica (ad esclusione della rivelazione e della fede), la vera, la più nobile prerogativa che la divinità (la natura) si è compiaciuta di dargli per distinguerlo dai vili animali. È grazie alla Massoneria che oggi, finalmente, l’uomo, come un viaggiatore stanco dei venti e della tempesta, comincia ad aprire gli occhi e, vedendo la luce della ragione, si risolve a prenderla come guida (abiurando la fede) e a camminare con essa verso il porto consolatore della verità (Notizie storiche dell’ordine della franco-mass.. Discorsi pronunciati dalle logge, t. II, p. 324-325.). « Il cammino della storia conduce dalle tenebre alla luce; le Chiese (fonte delle tenebre) crollano nell’abisso dei tempi oscuri, e sulle loro rovine, dio (cioè la natura) costruisce il suo tempio (il tempio luminoso della ragione e della virtù massonica) nel cuore degli uomini che vivono in spirito e per la verità. » (2 Findel, op. cit. p. 69)

31. Come l’intelligenza di ogni uomo è indipendente e sovrana, così la sua volontà è la legge a se stessa. Tutto ciò che il suo cuore vuole è buono, come tutto ciò che la sua ragione pensa è vero. È la volontà che fa il bene, come è lo spirito che fa il vero: « Esagerando la potenza e l’eccellenza della natura, i massoni – dice Leone XIII – mettono solo in essa il principio e la regola della giustizia. » (Encyc. Humanum genus) Questa è la teoria dei settari. Essi danno al cuore corrotto dell’uomo gli stessi attributi dell’impeccabile volontà di Dio, come prima alla sua ragione finita i diritti dell’intelligenza increata. L’uomo, « ponendosi come il cuore di Dio »,(Ez, XXVIII) ebbro al punto di sostituirsi a Dio stesso, proclama che la sua volontà non dipende più dal suo Creatore, ma ha in essa, per la sua essenziale rettitudine, la legge stessa, della virtù, della giustizia e della moralità. « Sarete degli dei – dice la Massoneria agli uomini – poiché avrete in voi stessi, nella vostra volontà naturalmente retta, la legge del bene e del male. (Eritis sicut dii, scientes bonum et malum. Gen. III, 5).

32. In questa teoria, non c’è alcuna inclinazione naturale che l’uomo sia tenuto a reprimere. « I settari – dice Leone XIII seguendo il testo che abbiamo citato sopra – non possono nemmeno concepire la necessità di fare sforzi costanti ed energici per sopprimere le rivolte della natura e controllare i suoi appetiti (Id.). » Poiché la sua volontà è la legge del bene, qualunque cosa voglia, qualunque cosa faccia, tutto ciò che vuole, tutto ciò che fa è santa. Di conseguenza, ciò che finora è stato chiamato leggi morali, obblighi di coscienza, regole di condotta, non è che « un cumulo di pregiudizi »: l’unica regola di condotta è rifiutare tutti i precetti che vengono da una volontà estranea; l’unico obbligo di coscienza è seguire la propria volontà; l’unica legge morale è non avere altra legge che quella della natura, cioè cercare di soddisfarne tutte le tendenze. – Inoltre, « sono queste cosiddette leggi morali che sono la causa di tutto il male che si fa sulla terra; perché, dando alla volontà una falsa direzione, le tolgono la sua naturale rettitudine ». « Abbandonato a se stessa, la natura non fa che il bene; lacerata da precetti tirannici, non riconosce più la sua strada e si smarrisce. » – « Libera, la volontà chiede le sue ispirazioni a se stessa; ed allora tutte le sue azioni sono buone così come essa lo è. Ma, dominata da una volontà estranea, è il giocattolo dell’ambizione e dell’avidità. » E ancora: « Così quindi, si infrangono le leggi della società, e allora si fa il male, perché si crede di farlo; oppure le si osserva, e allora si vive nella coercizione e nella servitù, » cosa che è il più grande crimine che si possa commettere contro la propria natura libera. « Se ci sono tante azioni malvagie nel mondo, è perché ognuno non erge come legge la propria volontà, che ha ricevuto dalla natura per essere sua regola, ma una volontà estranea alla quale non è e non deve essere soggetto. Affinché non ci siano che azioni sante, devono essere abolite tutte le leggi arbitrarie che hanno sostituito l’unica e semplice legge di natura, far recuperare alla volontà la sua piena indipendenza e proclamare la completa emancipazione delle inclinazioni. » Ci stupiremo allora che i settari declamino così spesso contro “la tirannia del Sacerdozio cattolico, e arrivino fin’anche a definire il Vangelo di Gesù Cristo « un codice di immoralità »?

33. La virtù consiste, secondo i moralisti, nella ricerca del bene sovrano. Ora, secondo i settari, la perfezione suprema dell’uomo si trova nell’indipendenza illimitata della sua ragione e dei suoi sensi, in una parola nella libertà. Perciò, secondo essi, ogni atto che tende a liberare se stesso o altri dalle leggi divine o umane è un atto buono; ogni esercizio della propria sovranità essenziale è virtuoso. E in effetti, la bontà degli atti dipende dalla bontà del loro oggetto e del loro fine. Per i Cattolici, il bene sovrano è Dio; quindi, per loro, gli atti che si riferiscono a Dio sono i migliori. Ma per i settari, il bene sovrano è « lo stato di natura, », « la libertà e l’uguaglianza assolute », « la sovranità della ragione », « l’emancipazione dei sensi »; quindi, secondo essi, la virtù consiste nel rifiutare ogni autorità e seguire tutti « i desideri del cuore ». Si è giusti se si dà allo spirito ed alla carne l’indipendenza universale che è loro dovuta; si è colpevoli se si sottopone lo spirito ad un’autorità e la carne ad una legge. Tanto quanto la libertà di pensiero è una virtù sublime, tanto la fede, l’obbedienza, l’umiltà sono crimini abominevoli. – La mortificazione è un peccato contro natura e la lussuria è un dovere. Non siate sorpresi da queste conclusioni. I massoni la cui iniziazione è imperfetta, ammettono il principio, professando che la “libertà” è un bene sovrano dell’uomo, e ne rifiutano le conseguenze in se stesse. Ma i settari la cui “illuminazione” è perfetta, ricevono sia il principio che le conseguenze. « Da quando il sentimento è diventato il punto importante della religione, dice uno di loro, gli articoli di fede del Cristianesimo, una volta così sacri, sono diventati indifferenti. E questa differenza deriva dal fatto che dove il sentimento è dichiarato l’essere soggettivo, l’organo della religione, anche lì è l’essere oggettivo, reale, in una parola il dio. Il carattere religioso del sentimento dipende dalla natura del sentimento in generale, al quale partecipa ogni sentimento particolare, e questa natura è dichiarata santa, ed è in essa che si fonda ogni religiosità. Il sentimento è proclamato così l’assoluto, il divino, e poiché è in sé buono, religioso, cioè santo, non ha forse in sé la sua divinità, non è forse il suo proprio dio? …. Ciò che, di conseguenza, si dichiarerà essere l’infinito, in quanto costituente l’essenza, sarà la natura del sentimento. Dio è il sentimento puro, libero, senza limiti (senza legge). – Qualsiasi altro Dio sarebbe imposto dall’esterno… Il sentimento è dio a se stesso. È dunque solo per viltà di cuore o debolezza d’animo che non si osa confessare (o fare) ciò che i propri sentimenti confessano (o chiedono di fare) in segreto. Bloccati dai retropensieri tradizionali (che hanno insegnato ad arrossire di fronte a certi sentimenti ed a reprimerli), incapaci di comprendere la grande anima (l’essenza divina) del sentimento, avete paura dell’ateismo del vostro stesso cuore. » Eppure, “il sentimento (di cui forse arrossisci e che vuoi combattere) è il tuo Dio” ( Feuerbach, Essenza del Cristianesimo. Trad., p. 33-34.). »

34. Dove porta questa morale massonica? Al culto della Carne. « Vogliamo la libertà. » Quale libertà? « La libertà che rende felici. » È la libertà di pensiero? Che ci importa della libertà di pensiero? Vogliamo la libertà dei piaceri. Così, per gli alti iniziati, la vera libertà non è altro che la licenza dei costum: « Liber – dice Ragon in qualche luogo – era il vero nome del BACCO DEI MISTERI, ed in Grecia si sosteneva che un certo ELEUTHERO O LIBERO (Eleuteros) avesse istituito le ELEUSINI ». Per essi, la vera saggezza consiste nell’immergersi nella voluttà. « In tutte le nostre feste, noi mescoliamo saggezza e piacere. …La fiaccola della saggezza ci porta alla voluttà. » (Raccolta preziosa della massoneria adonhiramita, t. I p. 54, 56). « La virtù unisce due corpi come due cuori. » Non stupiamoci quindi di vedere la “virtù” e la “moralità” massonica guazzare nella fogna profonda. Nella nostra natura corrotta, infatti, ci sono le inclinazioni più vili che sono le più violente. O Dio, Voi avete sempre punito i superbi che si rivoltano contro di Voi, consegnandosi “al senso reprobo” e “alle passioni d’ignominia”.  Quando le sette si sono trovate per la prima volta padrone della Francia, hanno proposto all’adorazione del popolo la “ragione” e la “natura” in una prostituta nuda. Ovunque lo straripamento dei cattivi costumi è legato ai progressi della Massoneria. I veri iniziati lo sanno bene; essi applaudono alla corruzione; perché quando « tutta la carne avrà corrotto il suo essere e la materia avrà soffocato lo spirito, allora « il tempio della virtù » sarà finito.

35. Questa teoria speciale della virtù e della morale, come la teoria generale della libertà e dell’uguaglianza native o dello stato di natura, nasconde un errore molto grave che è al suo centro, cioè la negazione del peccato originale: « L’uomo è nato buono »; – « tutte le sue facoltà sono rette per natura »; « lasciato a se stesso, fa solo il bene », ecc. ecc. Ahimè, tu sostieni, o settario, che « l’uomo è nato buono », che « la sua natura è perfettamente retta », che basta lasciare l’uomo a se stesso perché « tutte le sue tendenze siano oneste e tutte le sue azioni sante ». Non è forse evidente il contrario? Il peccato originale è iscritto a caratteri indelebili nel profondo della nostra natura. Quando il bambino ha già solo pochi mesi, si nota impazienza, rabbia, egoismo, non può ancora parlare, e picchia la sua nutrice. Non è forse naturale per ogni uomo mettere il suo bene particolare al di sopra del bene generale? Non prova spesso un’attrazione violenta per i beni sensibili, mentre è pieno di disgusto per i beni intelligibili? Non appena la ragione si sveglia, si accorge che c’è « una legge delle membra che resiste alla legge dello spirito (Rom. VII, 23 ) » e che la volontà si sente impotente ad abolirla. Tu dici, o settario, che « le cattive tendenze sono il frutto dello stato sociale, che non provengono dalla natura, ma dall’educazione. » Dite il contrario ed avrete detto il vero. La natura « ha accumulato stoltezza nel cuore del bambino (Stultitia colligata est in corde pueri. Prov, XXII, 15.) »; è l’educazione che “dissolve questi fardelli”. « Noi siamo per origine figli dell’ira » (Natura filii iræ. Eph.); è grazie all’aiuto della società domestica, della società civile e soprattutto della società religiosa che diventiamo umani, temperanti, generosi. Nel linguaggio di tutti i popoli, l’ « uomo senza educazione » non è forse « un uomo rozzo, vanitoso ed egoista? » L’esperienza universale non ci insegna forse che ovunque le influenze della famiglia e della Chiesa sono assenti o solo deboli, l’uomo non è che orgoglio e indipendenza di spirito, sensualità e brutalità nella carne?