“Ex apostolatus officio” ed “Inter multiplices curas”: le Bolle bollenti!

[Una bolla al giorno, toglie il modernista eretico di torno]

Paolo_IV

 

“Ex apostolatus officio” edInter multiplices curas”: le Bolle bollenti!

La bolla di S. S. PAOLO IV, confermata dal Santo Padre S. Pio V, scomunica e manda tutti a casa (i falsi prelati, i loro adepti e i fanta-finti-fedeli) e, dopo la morte, assicura loro un posto “bollente” per sempre!

Se qualcuno avesse dato solo uno sguardo distratto ed infastidito alla bolla “Execrabilis” di Papa Pio II, (al secolo Silvio Enea Piccolomini), che abbiamo esaminato un po’ di tempo fa sul nostro blog, dovrebbe studiare con una certa attenzione quella di Paolo IV, (Pietro Carafa) un campano “doc”, perché nato nei pressi di Capriglia Irpina, alle falde di Montevergine, da una nobile famiglia napoletana. E se qualcuno non fosse convinto nemmeno da questo documento infallibile ed irreformabile, come del resto tutti i documenti del Magistero pontificio, dovrebbe consultare ancora l’altra Bolla di un Papa Santo addirittura “canonizzato”, e quindi al di sopra di qualsiasi sospetto sui Papi dell’epoca [ … purtroppo gli imbecilli sono sempre pronti a confutare con equina insipienza qualunque cosa non aggradi loro e non sia conforme al loro falso modo di intendere le cose e di vivere una Religione fatta a proprio uso e consumo o, se preferite, a propria immagine e somiglianza!]: il Santo Pio Quinto, (Michele Ghisleri). Cominciamo con ordine e partiamo da “Ex apostolatus officio” del 15 marzo A.D.1559. La traduzione della Bolla, a causa della grand’estensione dei periodi nell’originale in lingua latina, è opera impegnativa e da farsi col lume della ragione, oltre che dello Spirito Santo, perciò certe traduzioni pubblicate altrove appaiono scorrette, per non parlare della buona fede …. La causa di tali difficoltà è dovuta non solo alla tendenziosità di certi traduttori che distorcoro il senso originale a favore di opinioni opposte (… penso ai fallibilisti gallicani!), ma alla difficoltà di certi periodi latini, molto lunghi e di forme verbali assai complicate. Il testo in lingua latina, che qui ci è sembrato eccessivo pubblicare integralmente, si può evincere tranquillamente dal “Bullarium Romanum” edizione tipica pubblicata a Torino nel 1860, scaricabile da internet. Eccone il testo in italiano!

Paolo, Vescovo, – Servo dei servi di Dio -“Ad perpetuam rei memoriam”

Esordio : Impedire il Magistero dell’errore

Poiché, a causa della carica d’Apostolato affidataci da Dio, benché con meriti non adeguati, incombe su di noi il dovere d’avere cura generale del gregge del Signore. E siccome per questo motivo, siamo tenuti a vigilare assiduamente per la custodia fedele e per la sua salvifica direzione e diligentemente provvedere come vigilante Pastore, a che siano respinti dall’ovile di Cristo coloro i quali, in questi nostri tempi, indottivi dai loro peccati, poggiandosi oltre il lecito nella propria prudenza, insorgono contro la disciplina della vera ortodossia e pervertendo il modo di comprendere le Sacre Scritture, per mezzo di fittizie invenzioni, tentano di scindere l’unità della Chiesa Cattolica e la tunica inconsutile del Signore, ed affinché non possano continuare nel magistero dell’errore coloro che hanno sdegnato di essere discepoli della verità.

1 – Finalità della Costituzione: Allontanare i lupi dal gregge di Cristo.

Noi, riteniamo che una siffatta materia sia talmente grave e pericolosa che lo stesso Romano Pontefice, il quale agisce in terra quale Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo ed ha avuto piena potestà su tutti i popoli ed i regni, e tutti giudica senza che da nessuno possa essere giudicato, qualora sia riconosciuto deviato dalla fede possa essere redarguito (possit a fide devius, redargui), e che quanto maggiore è il pericolo, tanto più diligentemente ed in modo completo si debba provvedere, con lo scopo d’impedire che dei falsi profeti o altre persone investite di giurisdizione secolare possano miserevolmente irretire le anime semplici e trascinare con sé alla perdizione ed alla morte eterna innumerevoli popoli, affidati alle loro cure e governo per le necessità spirituali o temporali; né accada in alcun tempo di vedere nel luogo santo l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, desiderosi come siamo, per quanto ci è possibile con l’aiuto di Dio e come c’impone il nostro dovere di Pastore, di catturare le volpi indaffarate a distruggere la vigna del Signore e di tener lontani i lupi dagli ovili, per non apparire come cani muti che non hanno voglia di abbaiare, per non subire la condanna dei cattivi agricoltori o essere assimilati al mercenario.

2 – Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici

Dopo approfondito esame di tale questione con i nostri venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro parere ed unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità, approviamo e rinnoviamo tutte e ciascuna, le sentenze, censure e pene di scomunica, sospensione, interdizione e privazione, in qualsiasi modo proferite e promulgate contro gli eretici e gli scismatici da qualsiasi dei Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti in nome loro, comprese le loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri concili ricevute dalla Chiesa di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei sacri canoni, o dalle Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e decretiamo che essi siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro vigente osservanza ove essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti; inoltre che incorrano nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che siano stati, fino ad ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati convinti o di aver deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od incorsi in uno scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato (uniuscuiusque status), grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se episcopale (etiam episcopali), arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore dignità (aut alia maiori dignitate ecclesiastica) quale l’onore del cardinalato o l’incarico (munus) della legazione della Sede Apostolica in qualsiasi luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con l’autorità e l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regia o imperiale.

3 – Sulle pene da imporre alla gerarchia deviata dalla fede. Legge e definizione dottrinale: privazione «ipso facto» delle cariche ecclesiastiche.

Considerando non di meno che, coloro i quali non si astengano dal male per amore della virtù, meritano di essere distolti per timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori, i quali debbono istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede cattolica, prevaricando peccano più gravemente degli altri in quanto dannano non solo se stessi, ma trascinano con se alla perdizione nell’abisso della morte altri innumerevoli popoli affidati alla loro cura o governo, o in altro modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso ed assenso (dei cardinali) con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (“perpetuum valitura”), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà (“de Apostolica potestatis plenitudine”), sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo (“et definimus”), che permangano nella loro forza ed efficacia le predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti, per tutti e ciascuno (“omnes et singuli”) dei vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori i quali, come prima è stato stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul fatto, o abbiano confessato o ne siano stati convinti per aver deviato dalla fede o siano caduti in eresia o siano incorsi in uno scisma per averlo promosso o commesso, oppure quelli che nel futuro, siano colti sul fatto per aver deviato dalla fede o per esser caduti in eresia o incorsi in uno scisma, per averlo suscitato o commesso, tanto se lo confesseranno come se ne saranno stati convinti, poiché tali crimini li rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e pene suddette, essi siano anche (sint etiam), per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di alcuna altra procedura di diritto o di fatto, (absque aliquo iuris aut facti ministerio) interamente e totalmente privati in perpetuo (“penitus et in totum perpetuo privati”) dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche metropolitane, patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di ogni incarico di Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni autorità, nonché‚ di monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici (“et officiis ecclesiasticis”) con o senza cura di anime, siano essi secolari o regolari di qualunque ordine che avessero ottenuto per qualsiasi concessione o dispensa Apostolica, o altre come titolari, commendatari, amministratori od in qualunque altra maniera e nei quali beneficiassero di qualche diritto, benché saranno parimenti privati di tutti i frutti, rendite e proventi annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee, baronie, marchesati, ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno considerati come inabili ed incapaci (inhabiles et incapaces) a tali funzioni come dei relapsi [ribelli –ndr. -] e dei sovversivi in tutto e per tutto (in omnibus et per omnia), per cui, anche se prima abiurassero in pubblico giudizio tali eresie, “mai ed in nessun momento potranno essere restituiti, rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato” nelle chiese cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del Cardinalato od in qualsiasi altra dignità maggiore o minore, (“aut quamvis aliam maiorem vel minorem dignitatem”) nella loro voce attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro monasteri e benefici ossia nella loro contea, baronia, marchesato, ducato, regno ed impero; al contrario, siano abbandonati all’arbitrio del potere secolare che rivendichi il diritto di punirli, a meno che mostrando i segni di un vero pentimento ed i frutti di una dovuta penitenza, per la benignità e la clemenza della stessa Sede, non siano relegati in qualche monastero od altro luogo soggetto a regola per darsi a perpetua penitenza con il pane del dolore e l’acqua dell’afflizione. – Essi saranno considerati come tali (ribelli e sovversivi) da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale, patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia, ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale, e come persone di tale specie dovranno essere evitate (evitari) ed escluse da ogni umana consolazione.

4 – Estinzione della vacanza delle cariche ecclesiastiche

Coloro i quali pretendono di avere un diritto di patronato (“ius patronatus”) e di nomina delle persone idonee a reggere le chiese cattedrali, comprese le metropolitane, patriarcali, primaziali o anche monasteri ed altri benefici ecclesiastici resisi vacanti a seguito di tali privazioni (per privationem huiusmodi vacantia), affinchè‚ non siano esposti agli inconvenienti di una diuturna vacanza (vacationis), ma dopo averli strappati alla servitù degli eretici, siano affidati a persone idonee a dirigere fedelmente i popoli nella via della giustizia, dovranno presentare a Noi o al Romano Pontefice allora regnante, queste persone idonee alle necessità di queste chiese, monasteri ed altri benefici, nei limiti di tempo fissati dal diritto o stabiliti da particolari accordi con la Sede, altrimenti, trascorso il termine come sopra prescritto, la libera disposizione, delle chiese e monasteri, o anche dei benefici predetti, sia devoluto di pieno diritto a Noi od al Romano Pontefice suddetto.

5- Pene per il delitto di favoreggiamento delle eresie

Inoltre, incorreranno nella sentenza di scomunica «ipso facto», tutti quelli che scientemente (scienter) si assumeranno la responsabilità d’accogliere (“receptare”) e difendere, o favorire (eis favere) coloro che, come già detto, siano colti sul fatto, o confessino o siano convinti in giudizio, oppure diano loro attendibilità (credere) o insegnino i loro dogmi (eorum dogmata dogmatizare); e siano tenuti come infami; né siano ammessi, né possano esserlo (nec admitti possint) con voce, sia di persona, sia per iscritto o a mezzo delegato o di procuratore per cariche pubbliche o private, consigli, o sinodi o concilio generale o provinciale, né conclave di cardinali, né alcuna congregazione di fedeli od elezione di qualcuno, né potranno testimoniare; non saranno intestabili, né chiamati a successione ereditaria, e nessuno sarà tenuto a rispondere ad essi in alcun affare; se poi abbiano la funzione di giudici, le loro sentenze non avranno alcun valore e nessuna causa andrà portata alle loro udienze; se avvocati il loro patrocinio sia totalmente rifiutato; se notai, i rogiti da loro redatti siano senza forza o validità. – Oltre a ciò, siano i chierici privati di tutte e ciascuna delle loro chiese, anche cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali, delle loro dignità, monasteri, benefici e cariche ecclesiastiche (et officiis ecclesiasticis) in qualsivoglia modo, come sopra riferito, dalle qualifiche ottenute anche regolarmente, da loro come dai laici, anche se rivestiti, come si è detto, regolarmente delle suddette dignità, siano privati «ipso facto», anche se in possesso regolare, di ogni regno, ducato, dominio, feudo e di ogni bene temporale posseduto; i loro regni, ducati, domini, feudi e gli altri beni di questo tipo, diverranno per diritto, di pubblica proprietà o anche proprietà di quei primi occupanti che siano nella sincerità della fede e nell’unità con la Santa Romana Chiesa sotto la nostra obbedienza o quella dei nostri successori, i Romani Pontefici canonicamente eletti.

6 – Nullità della giurisdizione ordinaria e pontificale in tutti gli eretici.

Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore (“nulla, irrita et inanis esista”), la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione (adoratio) dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare (“nullam … facultatem”) a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza (viribus careant) tutte e ciascuna (“omnia et singula”) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto (“nullam prorsus firmitatem nec ius”), e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione (absque aliqua desuper facienda declaratione), private (sint privati) di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere (“auctoritate, officio et potestate”).

7 – La liceità delle persone subordinate di recedere impunemente dall’obbedienza e devozione alle autorità deviate dalla Fede.

E sia lecito a tutte ed a ciascuna delle persone subordinate a coloro che siano stati in tal modo promossi od elevati, ove non abbiano precedentemente deviato dalla fede, né siano state eretiche e non siano incorse in uno scisma o questo abbiano provocato o commesso, e tanto ai chierici secolari e regolari così come ai laici (quam etiam laicis) come pure ai cardinali, compresi quelli che avessero partecipato all’elezione di un Pontefice che in precedenza aveva deviato dalla fede o fosse eretico o scismatico o avesse aderito ad altre dottrine, anche se gli avessero prestato obbedienza e lo avessero adorato e così pure ai castellani, ai prefetti, ai capitani e funzionari, compresi quelli della nostra alma Urbe e di tutto lo Stato Ecclesiastico, anche quelli obbligati e vincolati a coloro così promossi od elevati per vassallaggio o giuramento o per cauzione, sia lecito (liceat) ritenersi in qualsiasi tempo ed impunemente liberati dalla obbedienza e devozione (ab ipsorum obedientia et devotione, impune quandocumque cedere) verso quelli in tal modo promossi ed elevati, evitandoli (evitare eos) quali maghi, pagani, pubblicani ed eresiarchi, fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti [ai deviati]. – Ed a maggior confusione di quelli in tale modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare, né per questo, coloro che si sottraggono alla fedeltà ed all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore.

8 – Permanenza dei documenti precedenti e deroga dei contrari

Non ostano all’applicabilità di queste disposizioni, le costituzioni ed ordinamenti apostolici, né i privilegi, gli indulti e le lettere apostoliche dirette ai vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati e cardinali, né qualsiasi altro disposto di qualunque tenore e forma e con qualsivoglia clausola e neppure i decreti anche se emanati «motu proprio» (etiam motu proprio) e con scienza certa nella pienezza della potestà Apostolica, o promulgati concistorialmente od in qualsiasi altro modo e reiteratamente approvati e rinnovati od inseriti nel «corpus iuris», né qualsivoglia capitolo di conclave, anche se corroborati da giuramento o dalla conferma apostolica o rinforzate in qualsiasi altro modo, compreso il giuramento da parte del medesimo. – Tenute presenti tutte le risoluzioni sopra precisate, esse debbono aversi come inserite, parola per parola, in quelle che dovranno restare in vigore (alias in suo robore permansuris), mentre per la presente deroghiamo tutte le altre disposizioni ad esse contrarie, soltanto in modo speciale ed espresso (dum taxat specialiter et espresse).

9- Mandato di pubblicazione solenne

Affinché pervenga notizia delle presenti lettere a coloro che ne hanno interesse, vogliamo che esse, od una loro copia (che dovrà essere autenticata mediante sottoscrizione di un pubblico notaio e l’apposizione del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica), siano pubblicate ed affisse sulle porte della Basilica del Principe degli Apostoli in Roma e della Cancelleria Apostolica e messe all’angolo del Campo dei Fiori da uno dei nostri corrieri; e che copia di esse sia lasciata affissa nello stesso luogo, e che l’ordine di pubblicazione, di affissione e di lasciare affisse le copie sia sufficiente allo scopo e sia pertanto solenne e legittima la pubblicazione, senza che si debba richiedere o aspettare altra.

10 – Illiceità degli Atti contrari e sanzioni penali e divine.

Pertanto, a nessun uomo sia lecito (liceat) infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione, statuto, derogazione, volontà e decreto, né contraddirlo con temeraria audacia. – Che se qualcuno avesse la presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo”.

A questo punto, da sedicenti e presunti cattolici, non c’è da stare molto allegri. Ma sentiamo già i “soloni” delle sacre cose [le “loro” cose ovviamente] imbastire delle osservazioni e dei distinguo, come era già successo all’epoca della pubblicazione della bolla, bolla che procurava molti “bollori” ( … e non dico quale fosse la parte anatomica più colpita … ). A questi falsi filosofi e teologi da strapazzo, preoccupati non dell’anima, ma della regione anatomica suddetta, pensò così di rispondere opportunamente Michele Ghisleri, S.S. San Pio V, con l’altra bolla, di qualche anno successiva alla summenzionata, che chiudeva e “chiude” definitivamente la questione, anche per i fallibilisti falsi chierici gallicani! L’eretico non può assumere cariche ecclesiastiche, compresa [anzi soprattutto] quella massima del Supremo Pontefice. Ora appare lampante che “coloro che” abbiano in qualsiasi modo, partecipato, sostenuto, approvato e divulgato i documenti eretici del Vaticano secondo, ne diffondano ed approvino i contenuti spacciandoli ingannevolmente come cattolici, ricadono ampiamente in questa rete loro preparata per tempo, con circa un mezzo millennio di anticipo, giusto per consentire a noi altri [sbigottiti o non …] di intelletto lento, di comprendere l’affare, denunciarlo e porvi riparo. Ecco quindi l’altra bolla, nelle parti che ci interessano qui:

“Bolla XXXIII” (-21.12.1566-) (Boll. Rom. Ed. Taur. VII).

     Declaratio quod sententiae in favorem reorum de haeresi inquisitorum a quibuscumque iudicibir contra stilum vel dispositionem iurisdictionis Offici sanctissimae Inquisitionis latae et ferendae, non transierint nec transeant in rem judicatam; et jurisdictio cardinalium inquisitorum ipsas causas revidendi; et confirmatio constitutionis Pauli quarti editae contra haereticos (1).

.(1)- [Haec bulla Pauli IV, cum ex. Est in tom. VI, pag. 551.]

Pius Papa V, motu proprio, etc ….

Inter multiplices curas, quae animum nostrum assidue pulsant, illi in primis est, prout esse debet, … ( …)

  • 3. Et insuper, vestigiis felicis recordationis Pauli Papae IV, praedecessoris nostri, inhaerendo, constitutionem alias contra haereticos et schismaticos per eumdem Paulum praedecessorem, sub data vide licet Romaese apud Sanctum Petrum, anno incarnationis dominicae millesimo quingentesimo quinquagesimo octavo, quinto decimo kalendas martii, pontificatus sui anno IV, editam, tenore praesentium renovamus et etiam confirmamus, illamque inviolabiter et ad unguem observari volumus et mandamus, iuxta illius seriem atque tenorem. (….)

 pio_v_El_Greco_050

[Dichiarazione che le sentenze degli inquisitori in favore dei colpevoli di eresia, inquisiti da qualunque giudice contro quanto disposto dalla giurisdizione dell’Ufficio della Santissima Inquisizione, già pronunciate o da pronunciare non passino in sentenza, e diritto dei cardinali inquisitori di riesaminare quelle stesse cause, conferma dell’editto di Paolo IV, pubblicato contro gli eretici.]

[3) … Ed inoltre rifacendosi al felice esempio del nostro predecessore Papa Paolo IV rinnoviamo e confermiamo ancora una volta il decreto contro gli eretici e gli scismatici, pubblicato a Roma presso S. Pietro dallo stesso Paolo, nostro predecessore, nell’anno 1559 dell’Incarnazione del Signore, il 15 febbraio, anno quarto del suo pontificato. Tale decreto rinnoviamo e confermiamo e vogliamo e comandiamo che sia osservato in maniera precisa e inviolabile.]

#    #    #    #

   Mi faceva pertinentemente notare un amico: ma se quelli che hanno letto la bolla “Execrabilis” e non si spaventano, inorridendo, del fuoco eterno, e pensano che sia solo una questione secondaria risolvibile, non secondo l’intento dei Papi infallibili, ma con la odierna fantasiosa misericordia “di comodo”, o non credono affatto all’esistenza dell’inferno (altra eresia ventilata dai falsi anti-papa neomodernisti-conciliari), non avranno a maggior ragione nessun timore di questi e di altri successivi anatemi. Tanto, a che serve preoccuparsi dell’inferno minacciato da una Bolla, se uno vi è già condannato da un’altra, ed un’altra ancora? Probabilmente l’amico ha ragione, ma noi siamo degli inguaribili ottimisti, chissà … forse il ripetersi tambureggiante degli anatemi scuoterà qualche coscienza narcotizzata, uno scossone in più potrebbe finalmente svegliare i “belli addormentati nei sepolcri imbiancati” … intanto tutti siamo chiamati a pregare, per noi stessi e per i pastori, veri o falsi che siano, delle povere pecorelle di Cristo.

A qual patto Dio promise l’infallibilità ai primi Pastori.

A qual patto Dio promise l’infallibilità ai primi Pastori.

tiara 2

Nella festa di San Pietro, vogliamo riportare uno stralcio di mons. E. Barbier, tratto da “I Tesori di Cornelio Alapide, a proposito della infallibilità del successore di Pietro e Vicario di GESU’ CRISTO, tanto per schiarire le idee a molti pseudo fedeli ingannati che seguono le eresie gallicane e fallibiliste dei signori di Econe & C., della radice velenosa di Lienart, sedicenti tradizionalisti per meglio ingannare gli incauti ed ignoranti con la celebrazione di false ed invalide messe sacrileghe, officiate da semplici laici, con la pianeta … mai validamente consacrati. Che la Vergine Maria respinga e bruci tutte le eresie attuali, a cominciare dall’ecumenismo e dal conciliarismo, e quelle più sottili ed ingannevoli dei (sedicenti) tradizionalisti scismatici sedevacantisti, sia materiali che formali. Preghiamo il Principe degli Apostoli affinché il Signore si decida quanto prima a ristabilire il “vero” Santo Padre nella sua Cattedra, oggi vergognosamente usurpata!

catene S. Pietro

A qual patto Dio promise l’infallibilità ai primi Pastori.

[da I tesori di Cornelio Alapide, vol. I, Torino, 1930]

51WT7Di2saL__AA160_

Resta a vedere a quali condizioni Gesù Cristo abbia promessa l’infallibilità a’ primi pastori. E qui, la – l)a di queste sarà forse che i detti pastori, chiamati a decidere di tutte le controversie in ultimo appello, siano tutti santi? – Ma in questo caso Gesù Cristo non avrebbe provveduto a nulla, perché consistendo la santità nel cuore, dove nessuno quaggiù può giudicare, noi non potremmo sapere mai chi sia santo, e chi no: uno pare gran santo ed è finissimo ipocrita. Se dunque fosse necessario questa condizione, sempre dubbiosa sarebbe la nostra fede.

2)a Si richiederà forse che siano tutti arche di scienza! Ma i fedeli dovrebbero essere ancora più sapienti per giudicare se quelli lo siano e qual grado di scienza ci voglia per ben decidere. Questo, da parte di Gesù Cristo, sarebbe stato un procurare la stabilità della fede, o non piuttosto un renderla incertissima?

3)a A Sarà a patto che abbiano tutti una diritta intenzione e non operino che spinti da motivi puri e soprannaturali? Ma chi penetrerà nel segreto della mente, chi scandaglierà l’abisso del cuore? Ed ecco di nuovo incertezza e dubbio, invece di saldezza e sicurezza.

4)a Sarà necessario che vi concorra il voto di tutti i Vescovi? Allora sarebbe inutile questo dono di Gesù Cristo alla sua Chiesa, perché non si potranno mai radunare tutti quanti i vescovi, né materialmente in persona, né moralmente in una sola sentenza; qualcheduno vi si troverà sempre di parere contrario.

5)a Sarà almeno a condizione che siano sbanditi da tali assemblee gli intrighi, le cabale, le brighe? Oltreché sarebbe questo un pretendere da Dio un miracolo non necessario, poco con ciò si provvederebbe alla conservazione del deposito della fede, perché nessuno non potrebbe cavare di mente ai più restii e procaci, che non vi sono stati raggiri e cabale all’aperto, e numerose ve ne furono però in segreto e di soppiatto, e gli eretici condannati, non mancherebbero d’afferrarsi a quest’appiglio.

6)a Bisognerà che il giudizio di ciascun vescovo sia stato preceduto da un esame scrupoloso, in cui siasi confrontato il punto controverso con la Scrittura e con i monumenti della tradizione, e che tutto questo si conosca pubblicamente? Ma come accertarsi e persuadersi che ciò si è fatto? Non si sono forse gli eretici, dopo la loro condanna, sempre lagnati che non si era bene esaminata la questione, non ben compresa la difficoltà? È certamente necessario che alla decisione vada innanzi un serio esame, e sarebbe colpevole quel vescovo che decidesse senz’aver attentissimamente discusso le materie su le quali sentenzia: e tutti sanno che così si suol fare; ma non a questa condizione Gesù Cristo ha legato l’infallibilità promessa ai primi pastori, perché essa ci lascerebbe tuttavia luogo a temere che non abbiano abbastanza pregato ed esaminato, e la nostra fede non sarebbe, per conseguenza, giammai ferma.

7)a Dovrà la difficoltà essere risolta in un concilio generale? Ma dove mai Gesù Cristo ha parlato di concilio generale o particolare? Egli c’indirizza alla Chiesa, ma non ci dice che intenda mandarci alla Chiesa congregata. Quindi la Chiesa sparsa, unita al sommo Pontefice, è tanto infallibile quanto la Chiesa riunita in concilio.

8)a Si richiederà finalmente che si abbia certezza che la sentenza dei primi pastori sia proferita sinceramente, senza che c’entri per nulla la politica, o veruna considerazione umana, o timore, o interesse, o compiacenza verso qualche potere terreno? Questo, invero, è sempre stato il ridicolo pretesto degli eretici per non sottomettersi alla condanna pronunziata contro di loro. Ma se a questo patto fosse stata promessa l’infallibilità della Chiesa, chi sarebbe ancora sicuro di qualche cosa? Sempre e per poco nascerebbe il sospetto, che non abbiano i vescovi ceduto a mire politiche, o d’interesse, o di timore, ed eccoci sempre titubanti intorno alla validità del loro giudizio. Dunque da nessuna delle riferite condizioni dipende l’infallibilità promessa alla Chiesa: le promesse di Gesù Cristo sono assolute e non legate a condizioni. L’infallibilità è annessa alla decisione del maggior numero dei vescovi uniti di comunione e anche di sentimento al Papa. Quindi, o i primi pastori sieno santi o no; sparsi o assembrati; abbiano diritta intenzione o sinistra; vi siano passate brighe, o no; abbiano giudicato per mire politiche, di interesse, o di che altro; si pretenda che siasi mancato nella forma canonica, nell’uniformità dei sentimenti; che il giudizio dei vescovi non fu preceduto da un esame sufficiente; che non si è fatto ricorso alla Scrittura e bilanciato l’affare coi monumenti della tradizione; che si mettano innanzi tutti i pretesti, i cavilli, i raggiri, le finezze, gli artifici, le sottigliezze immaginabili; che si blateri che la procedura non procedette regolare, che la sentenza non è stata canonica; nulla di tutto questo, né qualunque altra cosa che possa inventare la malizia della mente umana aguzzata dall’eresia, importa un bel nulla: rimane fermo che la Chiesa, dove si tratta della fede, non trascura nulla di quanto è necessario a rendere certa, indubitabile, inviolabile, la sua decisione. Ripetiamolo, le promesse di Gesù Cristo sono assolute, non legate a condizione di sorta. Qualunque siano le disposizioni dei primi Pastori che sentenziano la fede, la loro decisione è sempre infallibile e suona oracolo di Spirito Santo, quando sono uniti al centro dell’unità cattolica e giudicano col Papa. Perché allora la provvidenza divina disporrà infallibilmente gli spiriti in tal guisa che decideranno sempre conforme alla verità e mai a favore dell’errore, e ciò in virtù delle promesse di Gesù Cristo. Se così non fosse, noi non saremmo mai sicuri di nulla, neppure delle decisioni de’ concili generali. – Ma una decisione chiara e precisa della maggior parte dei vescovi, uniti in un sentimento col Papa, rende la fede nostra salda, certa, esente d’ogni dubbio, inquietudine, incertezza, perplessità. Ecco la regola infallibile del nostro credere a cui non contraddice nessun cattolico, essendo essa stata in ogni tempo la regola di tutta la Chiesa, e nessuno può sconfessarla senza dichiararsi eretico e scismatico. A questo solo punto si riducono tutte le controversie che mai furono e saranno nel mondo: qui è l’ultimo e supremo tribunale da cui non è mai permesso appellarsi. E in verità, la Chiesa sarebbe un corpo ben mal congegnato e mal fermo, se non vi fosse né capo, né giudice il quale componesse inappellabilmente le differenze, decidesse infallibilmente le controversie, a cui può dare origine la Scrittura in materia di religione; e ad accertarsene, basta volgere l’occhio su tutte le altre religioni sedicenti cristiane: voi non ci vedete che corpi mostruosi, appunto Perché non hanno né capo, né giudice il quale possa decidere in modo sicuro e infallibile i dubbi e le obbiezioni loro; seguono per unica regola la Scrittura santa da loro malmenata, falsificata, interpretata a proprio capriccio, quindi vi pullulano tra di loro tante sette quante sono le teste. Ma in tanto la verità non può essere che una sola, dunque essi versano nell’errore. -Ecco ora le regole che bisogna osservare e che furono ogni tempo osservate, per un concilio generale: vi si scorge la prudenza, la sapienza e lo spirito di Dio che guidano la Chiesa; sono tali insomma che bastano a chiudere la bocca a qualunque avversario che non abbia perduto affatto il buon senso ed ogni rossore.

.- l. Bisogna, dice il Bellarmino (De homil., lib . I , 9, 17), che la convocazione si pubblichi nelle principali parti del mondo cristiano. – 2. A Nessun vescovo ne deve essere escluso senza legittima e grave causa, quale sarebbe se fosse eretico o scismatico, notorio o scomunicato. – 3. Che vi si trovi qualche vescovo almeno delle più ragguardevoli e insigni province. – 4. Il Papa deve presiedere o in persona o per mezzo de’ suoi legati, altrimenti figurerebbe un corpo senza capo, il quale non rappresenterebbe la Chiesa. – 5. A Che non venga disciolto dal Papa: questa condizione procede dalla precedente, poiché quando il Papa più non vi presiede, o per sè o per i suoi legati, il concilio più non esiste. – 6. Che vi sia la libertà del voto . – 7. Quand’è finito deve essere confermato dal Papa: questa conferma è garanzia ai fedeli della legittimità del concilio, e assicurazione che ogni cosa vi si è fatta canonicamente.

 

Graves ac diuturnae: ATTENTI AL LUPO!

Pio IX

Graves ac diuturnae

pio IX

“Le gravi e diuturne insidie, e gli sforzi che ogni giorno più compiono in codesta regione i neo-eretici, che si dicono vecchi cattolici, per ingannare e strappare dall’avita fede il popolo fedele, Ci muovono, per dovere del supremo Nostro Apostolato, a portare con ogni zelo le cure e le sollecitudini paterne in difesa della salute spirituale dei Nostri Figli. Ci è noto infatti, Venerabili Fratelli, e con dolore lo deploriamo, che i predetti scismatici ed eretici, nel territorio della diocesi di Basilea, ed in altri luoghi di codesta regione, mentre la libertà religiosa dei cattolici è pubblicamente oppressa dalle leggi scismatiche, essi, col favore dell’autorità civile, esercitano il ministero della condannata loro setta, e, occupate violentemente le parrocchie e le chiese da preti apostati, non tralasciano alcun genere di frode e di artificio per attirare miseramente nello scisma i Figli della Chiesa cattolica. Siccome poi fu sempre proprio e peculiare degli eretici e degli scismatici l’usare simulazione ed inganni; così questi Figli delle tenebre (che debbono annoverarsi fra coloro ai quali fu detto dal Profeta: “Guai a voi, figli disertori, che nutrite fiducia nella Protezione dell’Egitto: avete respinto il Verbo e avete confidato nella calunnia e nel disordine“) nulla hanno maggiormente a cuore che d’ingannare gl’incauti e gl’ignoranti, e trarli negli errori con la simulazione e l’ipocrisia, ripetendo pubblicamente che non respingono la Chiesa cattolica e il suo Capo visibile, ma anzi desiderano la purezza della dottrina cattolica, e sono essi soli cattolici ed eredi dell’antica fede. Di fatto essi non vogliono riconoscere tutte le prerogative del Vicario di Cristo in terra, né sono ossequienti al supremo magistero di Lui. – Per diffondere poi ampiamente le loro dottrine eretiche, sappiamo pure che alcuni di essi hanno assunto l’ufficio d’insegnare la sacra teologia nell’Università di Berna, sperando in tale modo di potere guadagnare fra la gioventù cattolica nuovi seguaci della loro condannata fazione. Noi abbiamo già riprovato e condannato questa deplorabile setta. Con la Nostra lettera pubblicata il 21 novembre dell’anno 1873, abbiamo detto e dichiarato che quegli infelici, i quali a tale setta appartengono e ad essa danno adesione e favore, sono segregati dalla comunione della Chiesa e devono ritenersi scismatici. Dichiarando ora di nuovo e pubblicamente questa stessa cosa, crediamo Nostro dovere, Venerabili Fratelli, di rivolgerci a voi affinché, con quello specchiato vostro zelo e con quella egregia vostra virtù, di cui avete dato splendidi esempi nel sostenere tribolazioni per la causa dl Dio, in ogni modo possibile difendiate l’unità della fede nei vostri fedeli, e richiamiate alla loro memoria che si guardino con ogni attenzione da quegl’insidiosi nemici del gregge di Cristo e dai loro pascoli velenosi; rifuggano assolutamente dai loro riti religiosi, dalle istruzioni, dalle cattedre di pestilenza, erette per insegnare impunemente le sacre dottrine; dai loro scritti e da qualunque contatto; non sopportino alcuna convivenza e relazione coi preti intrusi ed apostati dalla fede, i quali osano esercitare gli uffici del ministero ecclesiastico, e sono privi di legittima missione e di qualsiasi giurisdizione; aborriscano dai medesimi come da estranei e da ladri, i quali vengono solo per rubare, per uccidere, per rovinare. Infatti i Figli della Chiesa debbono pensare che si tratta di custodire il preziosissimo tesoro della fede, senza la quale è impossibile piacere a Dio, ed insieme di conseguire il fine della fede, la salvezza delle anime proprie, seguendo la retta via della giustizia. – E poiché conosciamo che costì, oltre alle altre leggi ostili alla divina costituzione ed all’autorità della Chiesa, ne sono state emanate altre dall’autorità civile, assolutamente contrarie alle prescrizioni canoniche relative al matrimonio cristiano, e che con queste leggi sono del tutto conculcate l’autorità e la giurisdizione ecclesiastica, non possiamo fare a meno, Venerabili Fratelli, di esortarvi nel Signore affinché con opportune istruzioni spieghiate ai vostri fedeli la dottrina cattolica sul matrimonio cristiano, e ricordiate loro ciò che molte volte nelle Nostre Lettere Apostoliche o nelle Allocuzioni, specialmente in quelle del 9 e 27 settembre 1852, abbiamo inculcato intorno a questo Sacramento, ond’essi conoscano pienamente la santità e la forza di questo Sacramento, e in ciò conformandosi piamente alle leggi canoniche, possano evitare quei mali che derivano nelle famiglie e nella umana società dalla dispregiata santità del matrimonio. – Confidiamo poi moltissimo nel Signore che voi, diletti Figli Parroci ed ecclesiastici (che vi trovate, non solo per la vostra ma anche per l’altrui santificazione e salvezza, in così grande cospirazione degli empi e in mezzo a tanti pericoli di seduzioni) secondo la vostra pietà e il vostro zelo, di cui abbiamo avuto splendide prove, sarete di efficace conforto ed aiuto ai vostri Vescovi, e sotto la loro guida vi adoprerete con coraggio ed alacrità per difendere diligentemente la causa di Dio, della Chiesa e della salvezza delle anime, per confermare la virtù dei fedeli che resistono alle prove, per soccorrere la debolezza dei vacillanti, e per accrescere ogni giorno più quei meriti presso Dio, che avete acquistato con la pazienza, con la costanza, con la forza sacerdotale. Sono pur gravi le fatiche che in questo tempo debbono sostenere coloro che rappresentano le veci di Gesù Cristo; ma la Nostra fiducia dev’essere riposta in Colui che vinse il mondo e che aiuta chi fatica nel suo nome, e lo ricompensa nei cieli con immarcescibile corona di gloria. – Voi poi, fedeli tutti, Nostri Figli diletti dimoranti nella Svizzera, cui, solleciti come siamo della vostra salute, con paterno affetto dirigiamo la parola, voi, che ben comprendete quanto sia prezioso il dono della fede cattolica che Dio vi ha elargito, non risparmiate cura e fatica, al fine di custodire fedelmente tale dono e conservare incolume ed integra la gloria della religione che riceveste dai vostri maggiori. Perciò vi raccomandiamo vivamente di stare con fermezza e costanza uniti ai vostri legittimi Pastori, i quali da questa Sede Apostolica ricevettero la loro missione e vegliano per le anime vostre, dovendo renderne conto a Dio; vi raccomandiamo di ascoltare obbedienti la loro voce, avendo sempre dinnanzi agli occhi queste parole dell’eterna Verità, “chi non è con me è contro di me; chi non raccoglie con me, disperde” Siate ossequienti alle dottrine di essa, ed amanti del soave suo giogo, respingendo lontano da voi con energia coloro dei quali il Redentore nostro disse: “Guardatevi dai falsi Profeti che vengono a voi in veste di agnelli, in verità nell’intimo sono lupi rapaci“. Forti della fede, resistete adunque all’antico nemico del genere umano, “finché la destra di Dio onnipotente annienti tutte le armi del diavolo, al quale per questo viene concesso di osare qualunque cosa affinché derivi dalla vittoria maggior gloria ai fedeli di Cristo… poiché dove la verità è maestra, non mancano mai le consolazioni divine” (San Leo, in Epistola ad Martinum Presbyterum). – Scrivervi queste cose, Venerabili Fratelli e diletti Figli, stimammo che fosse dovere del Nostro ministero, in forza del quale siamo tenuti a salvare tutto il gregge di Cristo da qualsivoglia pericolo di frode, ed a tutelare la sua salute nonché l’unità della fede e della Chiesa. Siccome pertanto ogni ottima concessione ed ogni dono perfetto emanano direttamente dal Padre dei lumi, dal profondo del cuore invochiamo Lui a confortare nella lotta le vostre forze, a sostenervi con la sua protezione e col suo presidio, ed a guardare con occhio propizio codesta regione, affinché, sgominati gli errori e i consigli degli empi, essa possa godere tranquilla la pace della verità e della giustizia. Né tralasciamo di implorare il supremo Lume anche per i miseri traviati, affinché desistano dall’accumulare a loro danno lo sdegno divino, per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, ma, finché sono in tempo, si convertano con una sincera penitenza dalla via dell’errore. – Voi, Venerabili Fratelli e diletti Figli, unite le vostre alle fervide Nostre preci, acciocché otteniamo misericordia e grazia nell’aiuto opportuno, e ricevete l’Apostolica Benedizione che dal profondo del cuore, quale pegno di singolare Nostra carità, a tutti e ai singoli affettuosamente impartiamo nel Signore.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 23 marzo 1875, anno ventinovesimo del Nostro Pontificato.

vatican-assemblee-

#   #   #   #

Come allora, oggi ancor più, in Svizzera e un po’ dappertutto, imperversano i falsi “veri cattolici” della tradizione, i “falsi Profeti” in veste di agnello. Attenzione dunque ai “figli delle tenebre”, ai lupi in cuor loro rapaci, a coloro che si proclamano i veri cattolici legati alla tradizione, magari solo perché celebrano la Messa di sempre (in vero sacrilegamente, perché pseudo-preti laici mai consacrati validamente da Vescovi validi e nominati dalla Sede Apostolica), ma che aderiscono comunque all’apostasia della setta conciliare-modernista riconoscendone il capo come vero Papa, al quale però si dicono in diritto di disobbedire, contraddicendo il Magistero alla sua base, Magistero che essi dicono di osservare, ma evidentemente solo per quello che fa loro comodo, ed eludendo allegramente ciò che riguarda il POTERE DI GIURISDIZIONE, la nomina autonoma ed incontrollata di falsi vescovi e la MISSIONE CANONICA  di falsi sacerdoti, la fondazione di scuole e SEMINARI mai autorizzati dalla Sede apostolica, nemmeno da quella fasulla! … senza contare le radici massoniche del falso-cardinale Lienart, che da buon 30° grado, cioè scomunicato abbondantemente “ipso facto”, non ha mai consacrato validamente alcun sacerdote e Vescovo! – Attenzione pure ai lupi sedevacantisti o ai subdoli sedeprivazionisti, tutti invalidamente consacrati spesso da ridicoli e pittoreschi vescovi auto referenziati, senza alcuna giurisdizione. Essi ritengono Gesù Cristo un bugiardo quando ha asserito che Egli sarebbe stato con noi fino all’ultimo giorno del mondo, e ritengono falsi i santi Padri conciliari presieduti da S.S. Pio IX al concilio Vaticano, quando nella “Pastor Aeternus” hanno ribadito infallibilmente che:Se qualcuno dunque affermerà che non è per disposizione dello stesso Cristo Signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro abbia per sempre successori nel Primato sulla Chiesa universale […]: sia anatema [Cap. II]. – Ascoltiamo allora la voce della Chiesa attraverso il Magistero autentico, e lasciamo le suggestioni sentimentali, le affezioni amicali, il rispetto umano, la millantata autenticità ed il falso tradizionalismo, le auto-rivelazioni mariane taroccate, etc. Il Magistero è chiaro, bisogna solo leggerlo, ma … nella sua interezza, e possibilmente senza gli occhiali da sole o … le travi negli occhi!

La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

pio 2

La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

     Come è stato possibile che nel corso del c.d. concilio Vaticano II) si sia acconsentito, senza alcuna remora, ad eretiche ed assurde proposizioni ottenendone l’obbedienza dei Vescovi in tutto il mondo? Come poter comprendere che i prelati della Chiesa Cattolica abbiano potuto accettare dalla “setta modernista del v-2” atti ed insegnamenti completamente contrari a tutto ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa? È successo questo indubbiamente perché i sacerdoti odierni hanno perso la conoscenza, lo zelo e la vigilanza apostolica. Sono stati praticamente smarriti l’Amore per la Tradizione Apostolica, l’amore per la parola di Dio, e il risultato? Oggi abbiamo sacerdoti che non hanno più l’amore dovuto agli insegnamenti della Chiesa cattolica, né lo zelo per sostenerne la Verità verso la quale mancano di rispetto nell’osservanza delle sue sentenze, che anzi vengono, in un’abissale e raccapricciante ignoranza, disconosciute e calpestate. Dopo aver perso la conoscenza Apostolica della parola di Dio, la gerarchia [o presunta tale] si è unita con i nemici della Chiesa Apostolica nella soppressione del suo Primato e della sua Sovranità. Privi di conoscenze apostoliche, teologiche, scritturali e patristiche, essi non accettano la religione Cattolica Apostolica Romana come l’unica e divina Religione che Dio ha rivelato all’umanità. Non credono più che la Religione Cattolica abbia dei diritti che gli altri non hanno perché aderenti a false e mistificanti spiritualità demoniache. Il clero cioè non crede più che l’uomo sia legato in coscienza ad accettare ed a credere che questa sia l’unica religione divina e che non ce ne sia nessun’altra, se non false religioni guidate dal “signore dell’universo”, il demonio, come recita il salmo XCV. Ma c’è un conto molto salato da pagare nell’aldilà da coloro che negano alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, il suo primato e la sovranità: a coloro che osano contestare o attaccare la parola di Dio o l’interpretazione divinamente istituita e docente di questa parola, è inflitta una terribile punizione. Per rendercene conto basta dare un’occhiata alla bolla “Execrabilis” di S.S. Pio II. È inutile chiedere ai nostri abulici parroci modernisti che ignorano totalmente e colpevolmente il magistero della Chiesa e che, sollecitati, non si danno nemmeno la briga di consultare documenti oramai alla portata di tutti. La loro protervia anzi supera pure la loro ignoranza, ed interrogati risponderanno solo con offese, calunnie, e ridicole e non comprovate asserzioni. Ciò che ci spinge non è certo lo spirito di polemica, bensì il desiderio di trarli fuori, essi ed i loro (in)fedeli dalla fornace eterna nella quale, senza rendersene probabilmente conto, sono abbondantemente immersi, anche se non credono oramai neppure più all’inferno e ai castighi dai quali il divino Maestro ci ha messo in guardia. In tal modo poi, come se non bastasse, commettono uno delle più gravi colpe contro lo Spirito Santo: “impugnare la verità conosciuta”, per arrivare poi all’ostinazione nel peccato e all’impenitenza finale. Ora tutto questo è di fede nella Chiesa Cattolica, e quel che è veramente agghiacciante, è che coloro che si professano cattolici, ormai non hanno più nemmeno un’idea approssimativa di cosa comporti questa fede divinamente rivelata dall’Uomo-Dio, e che si basa su un Magistero eterno che non può essere modificato da chicchessia. E a questo proposito vogliamo riportare qualche breve sentenza che potrebbe dare qualche dritta nel deviare la vertiginosa corsa verso l’inferno. Ecco quindi alla ribalta il concetto della inappellabilità ed irreformabilità di una opinione o sentenza definitiva del Santo Padre, benché avvenuta secoli o millenni orsono. Il Concetto è questo: il Santo Padre, assistito dallo Spirito Santo e voce di Gesù Cristo in terra, possedendo (de fide) l’infallibilità in materia di fede e di morale, una volta che si sia espresso, emette una sentenza definitiva, che nessun altro può modificare, poiché non esiste un’autorità superiore. Un successivo Papa non ha bisogno di modificare una sentenza precedente che, essendo infallibile, può essere solo confermata o estesa. Questo banale concetto da “scuola dell’infanzia”, purtroppo non è compreso, o non vuole essere compreso, da chi invece appoggia, soprattutto tra chierici ed ecclesiastici, modifiche in nome di un “aggiornamento” che, oltre che inopportuno, contrasta con dogmatica, morale, teologia e legge divina. Ed invocare un Concilio, o conciliabolo che dir si voglia, per ribaltare quanto per millenni si è creduto, si vedrà che è una grave eresia punita con la scomunica “ipso facto” e “latae sententiae”, la cui remissione cioè richiede l’intervento di un Papa … “vero”… naturalmente. In questa sede accenniamo a tre documenti fondamentali, e di facile reperibilità documentale. Una prima sentenza ufficiale (circa 860 d. C.) fu quella di S. Niccolò Magno [Papa negli anni 858-867], che si trovò a gestire, tra le altre vicende in cui fu coinvolto, la difesa dell’Autorità Papale contro gli imperatori ed i sinodi vescovili locali che rivendicavano una loro superiorità. S. Niccolò I (canonizzato da Urbano VIII): in Ep. Ad Michaelem Imperatorem; “Decretali” o Constitutum Constantini, egli tenne già a precisare che il giudizio del Papa, che detiene la più alta autorità (sia religiosa, nei confronti di sinodi o assemblee vescovili, sia rispetto a quella civile degli imperatori e regnanti). “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia” [… Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem,] Nel Sinodo di Quedlinburg (1085) si riaffermò la superiore autorità papale! Passiamo poi al 1459 con Silvio Enea Piccolomini, Papa Pio II, che emanò la celeberrima bolla “Execrabilis” ….: “Ai nostri tempi si sta verificando un esecrabile abuso, sconosciuto in età precedenti, e precisamente che gente, imbevuta dello spirito di ribellione, presuma di appellarsi contro il Pontefice di Roma, – il Vicario di Gesù Cristo, cui fu detto nella persona del santo Pietro: «Nutri il  mio gregge» e «Qualunque cosa tu legherai in terra, sarà legata anche in Cielo»: – non certo per  desiderio di più alta giustizia, ma al solo scopo di sfuggire le conseguenze dei loro peccati, ad un  futuro Concilio, (…) si dà esca alla ribellione contro la più alta Sede, si concede la libertà ai delinquenti e la disciplina ecclesiastica e l’ordine gerarchico vengono confusi (…) condanniamo i ricorsi in appello di tal genere, col consiglio e il consenso dei nostri venerabili fratelli Cardinali e di tutti i prelati e giureconsulti della legge Divina ed umana, appartenenti alla Curia, e sulla base della nostra sicura conoscenza li denunziamo come falsi e detestabili, li infirmiamo nell’eventualità che qualcuno di tali appelli, esistente al momento, sia scoperto e dichiariamo e decretiamo che essi – come vani e pestilenziali – siano privi di alcun significato. Quindi noi diffidiamo chiunque dal ricorrere con tali appelli, sotto qualunque pretesto, contro le nostre ordinanze, sentenze e provvedimenti, o contro quelle dei nostri successori, o di aderire a tali appelli, fatti da altri, od infine di fame uso in qualsiasi modo. Se alcuno di qualsiasi stato, rango, condizione od ordine esso sia, anche se insignito della dignità Imperiale, regia o Papale contravverrà a ciò dopo lo scadere di due mesi dalla pubblicazione di questa Bolla nella Cancelleria Papale, egli incorrerà «ipso facto » nella sentenza di anatema, da cui potrà essere assolto, solo dal Pontefice di Roma ed in punto di morte ( …) . – Le Università o corporazioni verranno colpite da interdetto ecclesiastico, e nondimeno, corporazioni ed Università, come le suddette e tutte le altre persone, incorreranno in quelle penalità e censure, in cui incorrono gli offensori che abbiano commesso «crimen laesae maiestatis», ed i promotori di depravazioni eretiche. Inoltre scrivani e testimoni, che abbiano sottoscritto atti di tal genere ed in generale tutti coloro che abbiano coscientemente dato consigli, aiuto od appoggio a tali appellanti, saranno puniti con le medesime pene. Perciò non è permesso ad alcuno di contravvenire o di opporsi con impudenti perversioni a questo documento della nostra volontà, con cui noi abbiamo condannato, riprovato, infirmato, annullato, decretato, dichiarato ed ordinato quanto sopra. Se tuttavia alcuno oserà, sappia che incorrerà nello sdegno dell’Onnipotente Iddio e dei santi Apostoli Pietro e Paolo”. Data a Mantova nell’anno 1459 dell’Incarnazione di nostro Signore, nel quindicesimo giorno prima delle calende di febbraio, nel primo anno del nostro Pontificato (18 gennaio 1459). [per il testo completo si veda nel blog: “la mina vagante nel tempo – execrabilis …”] – Questa è una sentenza dagli effetti devastanti, perché denunzia qualsiasi rimessa in discussione di sentenze o disposizioni emanate dall’Autorità del Papa, foss’anche da parte di un Concilio o di una successiva Autorità apostolica [o ritenuta tale]! E commina la Scomunica maggiore “ipso facto”, che può essere rimessa solo dal Sovrano Pontefice, o in punto di morte, da un vero sacerdote, ordinato validamente da un vescovo a sua volta valido [cosa quasi impossibile al giorno d’oggi!]. Strano che in Vaticano nel 1960 non lo sapessero… o facevano finta di non saperlo. Ma non è finita qui, perché il XX Concilio Ecumenico Vaticano, condotto da Pio IX (e conclusosi repentinamente nel 1870 per lo scoppio della guerra franco-prussiana che provocò la partenza da Roma della guarnigione francese a difesa del Papa, consentendo così l’invasione della città da parte degli avidi, vigliacchi ed incapaci “buzzurri” piemontesi, dei carbonari rivoluzionari e delle loro guide, (cioè i soliti marrani della quinta colonna), conferma con altrettanta incisività la disposizione del Piccolomini (Pio II). Nella stupenda e “cattolica” Costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” (18 luglio 1870) gioiello per gli occhi e per l’anima del Cristiano, al capitolo III leggiamo ribadito sia – 1) il giudizio di S. Niccolò I: “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]; sia – 2) quello di: .2) “Execrabilis”: “Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici”. Tornando alla Bolla “mitraglia”, o “ghigliottina”, visto l’attitudine rivoluzionaria dei marran-massoni che indussero con minacce pesanti, anche di tipo atomico, la assemblea del conciliabolo c.d. Vaticano II, essa abbraccia, radicalmente la dogmatica, la dottrina, l’insegnamento ed il culto cattolico, tutte tematiche appannaggio del Magistero Papale. – Così è coinvolto ogni giudizio della Chiesa che riguardi la fede e la morale. Condannate sono tutte le soppressioni, innovazioni, modifiche e false dottrine introdotte dal Concilio Vaticano II, tra cui il tentativo di cambiare il pensiero e l’atteggiamento dei cattolici sulla fede e sulla morale. Questa legge è una difesa contro chi tenta di modificare le decisioni della Chiesa contro l’ebraismo rabbinico, (radice di ogni male per la Cristianità), il naturalismo, la Massoneria, il comunismo, l’umanesimo, il supernaturalismo, favole ed immondezze varie. Per ora chiudiamo qui, sperando che qualche “chierico-trombone”, bravo ad aprir bocca solo per sparlare, offendere, ridicolizzare, calunniare, vincendo la propria infingardia accidiosa, apra finalmente qualche libro, ed infine gli occhi, per vedere, capire e cominciare a condurre il suo oramai “sparuto” gregge sui “pascoli erbosi”. … Riassumendo, chiunque accetta, difenda, propagandi e divulghi in qualsiasi modo, i documenti aberranti del Vaticano II incorre “ipso facto” in una scomunica “maggiore” che pone fuori dalla Chiesa Cattolica spianandosi il cammino verso il fuoco eterno … ma siamo fiduciosi ad oltranza … preghiamo … la speranza è l’ultima a morire!

Per rinfrescare la memoria del cattolico

Per rinfrescare la memoria del cattolico antimodernista che vuole conservare intatta ed integra la fede dei Padri

Riportiamo i principali simboli di fede cattolica antimodernista, simboli che possono essere usati come memoriale ma anche come preghiere di lode a DIO e di fedeltà alla Chiesa Cattolica fondata da N.S. GESU CRISTO.

Sant_Atanasio

(Canticum Quicumque * Symbolum Athanasium) Quicúmque vult salvus esse, * ante ómnia opus est, ut téneat cathólicam fidem: Quam nisi quisque íntegram inviolatámque serváverit, * absque dúbio in ætérnum períbit. Fides autem cathólica hæc est: * ut unum Deum in Trinitáte, et Trinitátem in unitáte venerémur. Neque confundéntes persónas, * neque substántiam separántes. Alia est enim persóna Patris, ália Fílii, * ália Spíritus Sancti: Sed Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti una est divínitas, * æquális glória, coætérna maiéstas. Qualis Pater, talis Fílius, * talis Spíritus Sanctus. Increátus Pater, increátus Fílius, * increátus Spíritus Sanctus. Imménsus Pater, imménsus Fílius, * imménsus Spíritus Sanctus. Ætérnus Pater, ætérnus Fílius, * ætérnus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres ætérni, * sed unus ætérnus. Sicut non tres increáti, nec tres imménsi, * sed unus increátus, et unus imménsus. Simíliter omnípotens Pater, omnípotens Fílius, * omnípotens Spíritus Sanctus. Et tamen non tres omnipoténtes, * sed unus omnípotens. Ita Deus Pater, Deus Fílius, * Deus Spíritus Sanctus. Ut tamen non tres Dii, * sed unus est Deus. Ita Dóminus Pater, Dóminus Fílius, * Dóminus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres Dómini, * sed unus est Dóminus. Quia, sicut singillátim unamquámque persónam Deum ac Dóminum confitéri christiána veritáte compéllimur: * ita tres Deos aut Dóminos dícere cathólica religióne prohibémur. Pater a nullo est factus: * nec creátus, nec génitus. Fílius a Patre solo est: * non factus, nec creátus, sed génitus. Spíritus Sanctus a Patre et Fílio: * non factus, nec creátus, nec génitus, sed procédens. Unus ergo Pater, non tres Patres: unus Fílius, non tres Fílii: * unus Spíritus Sanctus, non tres Spíritus Sancti. Et in hac Trinitáte nihil prius aut postérius, nihil maius aut minus: * sed totæ tres persónæ coætérnæ sibi sunt et coæquáles. Ita ut per ómnia, sicut iam supra dictum est, * et únitas in Trinitáte, et Trínitas in unitáte veneránda sit. Qui vult ergo salvus esse, * ita de Trinitáte séntiat. Sed necessárium est ad ætérnam salútem, * ut Incarnatiónem quoque Dómini nostri Iesu Christi fidéliter credat. Est ergo fides recta ut credámus et confiteámur, * quia Dóminus noster Iesus Christus, Dei Fílius, Deus et homo est. Deus est ex substántia Patris ante sǽcula génitus: * et homo est ex substántia matris in sǽculo natus. Perféctus Deus, perféctus homo: * ex ánima rationáli et humána carne subsístens. Æquális Patri secúndum divinitátem: * minor Patre secúndum humanitátem. Qui licet Deus sit et homo, * non duo tamen, sed unus est Christus. Unus autem non conversióne divinitátis in carnem, * sed assumptióne humanitátis in Deum. Unus omníno, non confusióne substántiæ, * sed unitáte persónæ. Nam sicut ánima rationális et caro unus est homo: * ita Deus et homo unus est Christus. Qui passus est pro salúte nostra: descéndit ad ínferos: * tértia die resurréxit a mórtuis. Ascéndit ad cælos, sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis: * inde ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos. Ad cuius advéntum omnes hómines resúrgere habent cum corpóribus suis; * et redditúri sunt de factis própriis ratiónem. Et qui bona egérunt, ibunt in vitam ætérnam: * qui vero mala, in ignem ætérnum. Hæc est fides cathólica, * quam nisi quisque fidéliter firmitérque credíderit, salvus esse non póterit. V. Glória Patri, et Fílio, * et Spirítui Sancto. R. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, * et in sǽcula sæculórum. Amen.

[Chiunque vuol esser salvo, * prima di tutto bisogna che abbracci la fede cattolica. Fede, che se ognuno non conserverà integra e inviolata, * senza dubbio sarà dannato in eterno. La fede cattolica consiste in questo: * che si veneri, cioè, un Dio solo nella Trinità [di Persone] e un Dio trino nell’unità [di natura]. Senza però confonderne le persone, * né separarne la sostanza. Giacché altra è la persona del Padre, altra quella del Figlio, * altra quella dello Spirito Santo; Ma del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo unica è la divinità, * eguale , la gloria, coeterna la maestà. Quale è il Padre, tale il Figlio, * e tale lo Spirito Santo. Increato è il Padre, increato il Figlio, * increato lo Spirito Santo. Immenso è il Padre, immenso il Figlio, * immenso lo Spirito Santo. Eterno è il Padre, eterno il Figlio, * eterno lo Spirito Santo. Pur tuttavia non vi sono tre [esseri] eterni, * ma uno solo è l’eterno. E parimenti non ci sono tre esseri increati, né tre immensi, * ma uno solo l’increato, uno solo l’immenso. Similmente è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, * onnipotente lo Spirito Santo. E tuttavia non ci sono tre [esseri] onnipotenti, * ma uno solo è l’onnipotente. Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, * lo Spirito Santo è Dio. E tuttavia non vi sono tre Dèi, * ma un Dio solo. Così il Padre è Signore, il Figlio è Signore, * lo Spirito Santo è Signore. Però non vi sono tre Signori, * ma un Signore solo. Infatti, come la fede cristiana ci obbliga a professare quale Dio e Signore separatamente ciascuna Persona; * così la religione cattolica ci proibisce dì dire che ci sono tre Dèi o tre Signori. Il Padre non è stato fatto da alcuno, * né creato e neppure generato. Il Figlio è dal solo Padre; * non è stato fatto, né creato, ma generato. Dal Padre e dal Figlio è lo Spirito Santo, * che non è stato fatto, né creato, né generato, ma che procede. Dunque c’è un solo Padre, non tre Padri; un solo Figlio, non tre Figli; * un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi. In questa Triade niente vi è di prima o di dopo, niente di più a meno grande; * ma tutte e tre le Persone sono fra loro coeterne e coeguali. Talché, come si è detto sopra, * si deve adorare sotto ogni riguardo nella Trinità l’unità, e nella unità la Trinità. Pertanto chi si vuol salvare, * così deve pensare della Trinità. Ma per la salute eterna è necessario * che creda di cuore anche l’Incarnazione di nostro Signor Gesù Cristo. Or la vera fede consiste nel credere e professare * che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo. È Dio, generato, sin dall’eternità, dalla sostanza del Padre, * ed è uomo, nato nel tempo, dalla sostanza d’una madre. Dio perfetto e uomo perfetto * che sussiste in un’anima razionale e in un corpo umano. È eguale al Padre secondo la divinità, * è minore del Padre secondo l’umanità. Il Figlio quantunque sia Dio e uomo, tuttavia non sono due, ma è un Cristo solo. Ed è uno non perché la divinità si è convertita nell’umanità, * ma perché Iddio s’è assunta l’umanità. Uno assolutamente, non per il confondersi di sostanza; * ma per l’unità di persona. Ché come l’uomo, anima razionale e corpo, è uno: * così il Cristo è insieme Dio e uomo. Il quale patì per la nostra salvezza, discese agli inferi, * e il terzo giorno risuscitò da morte. Salì al cielo, siede ora alla destra di Dio Padre onnipotente, * donde verrà a giudicare i vivi ed i morti. Alla cui venuta tutti gli uomini devono risorgere con i loro corpi, * e dovranno rendere conto del loro proprio operato. E chi avrà fatto opere buone avrà la vita eterna; * chi invece opere cattive subirà il fuoco eterno. Questa è la fede cattolica, * fede che se ciascuno non avrà fedelmente e fermamente creduto non si potrà salvare. V. Gloria al Padre, e al Figlio, * e allo Spirito Santo. R. Come era nel principio è ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen.]

PROFESSIO FIDEI

Professione di Fede stabilita da Papa Pio IV
sulla base del Concilio di Trento

1545-1563

council-of-trent

Ego N.… firma fide credo et profiteor omnia et singula, quae continentur in symbolo fidei, quo sancta Romana Ecclesia utitur, videlicet: – Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem, factorem coeli et terræ, visibilium omnium et invisibilium. Et in unum Dominum Jesum Christum, Filium Dei unigenitum. Et ex Patre natum ante omnia sæcula. Deum de Deo, lumen de lumine, Deum verum de Deo vero. Genitum, non factum, consubstantialem Patri: per quem omnia facta sunt. Qui propter nos homines, et propter nostram salutem fdescendit de coelis. Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine: et homo factus est. Crucifixus etiam pro nobis; sub Pontio Pilato passus, et sepultus est. Et resurrexit tertia die, secundum Scripturas. Et ascendit in coelum: sedet ad desteram Patris. Et iterum venturus est cum gloria judicare vivos et mortuos: cujus regni non erit finis. Et in Spiritum Sanctum, Dominum et vivificantem: qui ex Patre Filioque procedit. Qui cum Patre, et Filio simul adoratur et conglorificatur: qui locutus est per Prophetas. Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam. Confiteor unum baptisma in remissionem peccatorum. Et exspecto resurrectionem mortuorum. Et vitam venturi sæculi. Amen. – Apostolicas et ecclesiasticas traditiones reliquasque eiusdem Ecclesiae observationes et constitutiones firmissime admitto et amplector. Item sacram Scripturam iuxta eum sensum, quem tenuit et tenet sancta mater Ecclesia, cuius est iudicare de vero sensu et interpretatione sacrarum Scripturarum admitto, nec eam umquam, nisi iuxta unanimem consensum patrum accipiam et interpretabor. – Profiteor quoque septem esse vere et proprie sacramenta Novae Legis a Iesu Christo Domino nostro instituta atque ad salutem humani generis, licet non omnia singulis necessaria, scilicet Baptimam, Confirmationem, Eucharistiam, Poenitentiam, extremam Unctionem, Ordinem et Matrimonium, illaque gratiam conferre, et ex his Baptismum, Confirmationem et Ordinem sine sacrilegio reiterari non posse. Receptos quoque et adprobatos Ecclesiae catholicae ritus in supradictorum omnium sacramentorum sollemni administratione recipio et admitto. – Omnia et singola, quae de peccato originali et de iustificatione in sacrosancta Tridentina synodo definita et declarata fuerunt, amplector et recipio. – Profiteor pariter in missa offerri Deo verum, proprium et propitiatorium sacrificium pro vivis et defunctis, atque in sanctissimo Eucharistiae sacramento esse vere, realiter et substantialiter corpus et sanguinem una cum anima et divinitate Domini nostri Iesu Christi, fierique conversionem totius substantiae panis in corpus, et totius substantiae vini in sanguinem, quam conversionem catholica Ecclesia transsubstantiationem ap pellat. Fateor etiam sub altera tantum specie totum atque integrum Christum verumque sacramentum sumi. – Constanter teneo purgatorium esse, animasque ibi detentas fidelium suffragiis iuvari; similiter et sanctos una cum Christo regnantes venerandos atque invocandos esse, eosque orationes Deo pro nobis offerre, atque eorum reliquias esse venerandas. Firmiter assero, imagines Christi ac Deiparae semper virginis, nec non aliorum sanctorum, habendas et retinendas esse, atque eis debitum honorem ac venerationem impertiendam; indulgentiarum etiam potestatem a Christo in Ecclesia relictam fuisse, illarumque usum Christiano populo maxime salutarem esse affirmo. – Sanctam catholicam et apostolicam Romanam Ecclesiam omnium Ecclesiatum matrem et magistram agnosco; Romanoque pontifici, beati Petri apostolorum principis successori ac Iesu Christi vicario veram oboedientiam spondeo ac iuro. – Cetera item omnia a sacris canonibus et oecumenicis conciliis, ac praecipue a sacrosaneta Tridentina synodo [et ab oecumenico concilio Vaticano, tradita, definita ac declarata, praesertim de Romani pontificis primatu et infallibili magisterio], indubitanter recipio atque profiteor; simulque contraria omnia, atque haereses quascumque ab Ecclesia damnatas et reiectas et anathematizatas ego pariter damno, reicio et anathematiz

[Io N.… con fede sicura credo e professo tutto e singolarmente quanto è contenuto nel simbolo di fede di cui fa uso la santa romana Chiesa, cioè: Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili; ed in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, e nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non fatto, consustanziale al Padre; per mezzo di lui furono create tutte le cose; egli per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli, e s’incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine, e si fece uomo; fu anche crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto; e risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture, e salì al cielo, siede alla destra del Padre, e tornerà di nuovo con gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà mai fine; (credo) nello Spirito Santo, Signore e vivificante, che procede dal Padre e dal Figlio; il quale è adorato e glorificato insieme col Padre e col Figlio; il quale parlò per mezzo dei profeti; e (credo) nella Chiesa una, santa cattolica e apostolica. Professo esservi un solo Battesimo per la remissione dei peccati, ed aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. – Fermissimamente ammetto ed accetto le tradizioni ecclesiastiche e le altre osservanze e costituzioni della stessa Chiesa. – Ammetto pure la sacra Scrittura secondo l’interpretazione che ne ha dato e ne dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell’interpretazione delle sacre Scritture, né mai l’intenderò e l’interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei padri. – Confesso anche che sono sette i veri e propri sacramenti della Nuova Legge istituiti da Gesù Cristo nostro Signore e necessari, sebbene non tutti a tutti, per la salvezza del genere umano, cioè: Battesimo, Confermazione, Eucaristia, Penitenza, estrema Unzione, Ordine e Matrimonio; e che infondono la grazia, e che di essi il Battesimo, la Confermazione e l’Ordine non si possono reiterare senza sacrilegio. Accetto e riconosco inoltre i riti ammessi ed approvati della Chiesa cattolica per la solenne amministrazione di tutti i sacramenti sopra elencati. – Accolgo e accetto in ogni parte tutto quanto è stato definito e dichiarato nel sacrosanto concilio di Trento riguardo il peccato originale e la giustificazione. – Ritengo senza esitazione che esiste il purgatorio e che le anime ivi rinchiuse sono aiutate dai suffragi dei fedeli; similmente poi che si devono venerare e invocare i santi che regnano con Cristo, che essi offrono a Dio le loro preghiere per noi e che le loro reliquie devono essere venerate. Dichiaro fermamente che si possono ritrarre e ritenere le immagini di Cristo e della sempre vergine Madre di Dio, come pure degli altri santi, e che ad esse si deve tributare l’onore dovuto e la venerazione; affermo inoltre che da Cristo è stato conferito alla Chiesa il potere delle indulgenze e che il loro uso è della massima utilità al popolo cristiano. – Riconosco la santa, cattolica ed apostolica Chiesa Romana come madre e maestra di tutte le Chiese, e prometto e giuro obbedienza al romano Pontefice, successore di san Pietro principe degli apostoli e vicario di Gesù Cristo. – Accetto e professo ancora senza dubbi tutte le altre cose insegnate, definite e dichiarate dai sacri canoni e in particolare dal sacrosanto concilio di Trento [e dal concilio ecumenico Vaticano] [specialmente quanto al primato e al magistero infallibile del romano Pontefice]: nel contempo anch’io condanno, rigetto e anatematizzo tutte le dottrine contrarie e qualunque eresia condannata, rigettata ed anatematizzata dalla Chiesa. – Io N.… prometto, mi impegno e giuro, con l’aiuto di Dio, di mantenere e conservare tenacissimamente integra ed immacolata fino all’ultimo respiro di vita questa stessa vera fede cattolica, fuori della quale nessuno può essere salvo, che ora spontaneamente professo e ammetto con convinzione, e di procurare, per quanto sta in me, che sia ritenuta, insegnata e predicata ai miei soggetti e a coloro di cui mi sarà affidata la cura nel mio ministero: così faccio voto, così prometto e giuro; così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.].

 

IL GIURAMENTO ANTIMODERNISTA

voluto da San Pio X,

[Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672]

SanPioX

[N.B.:il giuramento fu soppresso, per motivi ovvi, dall’antipapa iper-modernista Paolo VI nel 1966, dopo il Conciliabolo demolitivo della Chiesa, il c.d. Vaticano II]

Contro l’attuale folle e ben congegnata apostasia, il cattolico che vuole restare tale per accedere alla vita eterna e salvare la propria anima, deve ripetere frequentemente, con attenzione, oltre ai simboli di fede riportati, quanto è racchiuso nel giuramento antimodernista impegnandosi scrupolosamente ad osservarne i contenuti, onde conservare intatta la fede per la salvezza dell’anima. 

Io N. N. fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente. Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti. Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell’origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi,compreso quello in cui viviamo. Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli. Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la, fantasiosa eresia dell’evoluzione dei dogmi da un significato all’altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito. -Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall’oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell’intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, Creatore e Signore nostro, ha detto, attestato e rivelato. – Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell’enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi. – Riprovo altresì l’errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana. – Disapprovo pure e respingo l’opinione di chi pensa che l’uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati. Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l’analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema. Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l’insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull’origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell’aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l’esame di qualsiasi altro documento profano. Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c’è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l’abilità e l’ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli. Mantengo pertanto e fino all’ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell’episcopato agli apostoli3, non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa. -Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell’insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.

cfr. Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672 – 3 IRENEO, Adversus haereses, 4, 26, 2: PG 7, 1053 – 4 TERTULLIANO, De praescriptione haereticorum, 28: PL 2, 40.

 

 

 

GIURISDIZIONE EPISCOPALE e la SEDE ROMANA

Tonsura

seven-orders-catholic-priesthood

In risposta alle sette F.T. (False tradizionali): nessuna Tonsura = nessun prete cattolico!

Secondo i canoni 107 e 108 del C.J.C., decreti di legge divina, c’è una netta distinzione tra laici e clero. Questa distinzione è contrassegnata dall’ingresso nello stato clericale. Questa entrata garantisce la “vocazione” di un candidato al sacerdozio ad un Vescovo legittimo in comunione con il Pontefice Romano, ed il cui Seminario sia stato eretto con ordinanza dello stesso Pontefice e con l’approvazione della Santa Sede. Il rito della tonsura è solo un rito. Non si tratta di un ordine che comporti la necessità della trasmissione apostolica. Il rev. Charles Augustine, nel suo “Commentario di diritto canonico” afferma che la tonsura è chiaramente un atto giurisdizionale che deriva interamente dalla facoltà giurisdizionali del Vescovo. Un vescovo che non ha mai ricevuto tale giurisdizione non può esercitarlo per conferire la tonsura. Senza tonsura, un individuo non può diventare un chierico e solo i chierici sono in grado di essere ordinati, (canoni 108 [qui divinis ministeriis per primam saltem tonsuram mancipati sunt, clerici dicuntur]; 118): solo i sacerdoti possono diventare pastori e ottenere un ufficio, (canoni 154, 453). Non c’è nessun “tradizionalista” [Nota: i nemici più accaniti del “vero” Papato in esilio], intruppato in fraternità, istituti e pseudo-chiesette varie, o agente da “cane sciolto” liberamente scorrazzante, che oggi possa vantare una missione con “Giurisdizione canonica” e facoltà speciali ricevuta da un Vescovo consacrato sotto Papa Pio XII, l’ultimo Papa validamente eletto che abbia potuto esercitare liberamente il suo ufficio; così tutti questi attuali pretesi, sedicenti “vescovi”, innegabilmente mancano di giurisdizione, che solo può derivare loro dal Romano Pontefice (Papa Pio XII in “Mystici Corporis” e “Ad Sinarum Gentum“).

Infatti “… lui [il S.P. Papa Pio XII] ha insegnato per certo [ancora una volta ai duri di cervice – n.d.r.] che il Vicario di Cristo sulla terra è l’ unico dal quale tutti gli altri Pastori nella Chiesa cattolica ricevono direttamente la loro competenza e la loro missione .’ …

Monsignor Alfredo Ottaviani, cardinale del Santo Uffizio, dichiarava che questo insegnamento… “deve ora essere osservato come interamente ridefinito con certezza, a motivo di ciò che ha detto il Papa Pio XII.”- [fr. Joseph C. Fenton, vero teologo cattolico, 1949.

È peccato mortale: l’ “elusione” e la violazioni della legge sul mandato papale.

Greg. magno

 “Preferirei piuttosto essere condotto alla morte, che ricevere il Sacramento della Comunione dalla mano di un eretico”.  (Papa San Gregorio Magno, Padre e Dottore della Chiesa).

 I pseudo-traditionalisti/sedevacantisti sono sordi al fatto che il Papa Pio XII abbia condannato le “consacrazioni” prive di Mandato papale – anche per “gravi emergenze” o per un presunto, così detto, “stato di necessità”.

Pio XII in Ad Apostolorum Principis non ha riconosciuto valide le consacrazioni senza mandato papale “anche” nel caso di supposta emergenza, adducendo il pretesto che s’era ritenuto “lecito nei secoli precedenti”. Vedere Pio XII: enciclica sul crimine delle consacrazioni imposte senza mandato papale, promulgata il 29 giugno 1958!

Questo insegnamento infallibile di Pio XII stronca, annientandoli col Magistero della Chiesa, i gruppi eretici che, con falsi e pretestuosi sofismi, cercano pateticamente di giustificare il loro reato scismatico nel consacrare vescovi senza mandato pontificio, sostenendo che tale pratica si fosse verificata in passato, “nei secoli precedenti”!

Tentare di consacrare un vescovo senza Mandato Pontificio fa incorrere nella scomunica “ipso facto” (1) (automatica) latae sententiae (2) per il (falso) consacrato ed il consacrante. Questo significa che la scomunica avviene nel momento stesso della tentata consacrazione sacrilega: l’atto stesso comporta la pena della scomunica.

(1) ipso facto: non è necessaria un’accusa formale o altra prova per determinarne la colpevolezza.

(2) latae sententiae: è una scomunica che solo il Papa (vero) può rimuovere!

La censura più severa (la pena di scomunica): lo scomunicato non può partecipare al culto pubblico né ricevere il Corpo di Cristo o uno qualsiasi dei sacramenti. Inoltre, se egli sia un chierico, gli è proibito di amministrare un rito sacro o di esercitare un atto di autorità spirituale. Questa condanna (scomunica) si applica estendendosi a a tutti coloro che appartengono o sostengono e partecipano agli atti sacrileghi di queste sette scismatiche antipapali. La chiesa dichiara lo scisma stesso, essere un’eresia!

“Tale dovrebbe essere la nostra sottomissione alla Chiesa, che se apparisse visibile una cosa bianca, che Essa aveva dichiarato nero, noi dovremmo ritenerla nera. (S. Ignazio di Loyola, “Esercizi spirituali”)

 “Noi dovremmo costantemente ringraziare il Signore per averci concesso il dono della vera fede, associandoci come figli della Santa Chiesa Cattolica. Quanti sono gli infedeli, gli eretici e gli scismatici che non godono la felicità della “vera” fede! La terra è piena di costoro che sono tutti persi!” Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, dottore della Chiesa.

Giurisdizione episcopale e la sede romana di p. Fenton

Da:

American Ecclesiastical Review

Vol. CXX, gennaio-giugno 1949

pope-pius-XII

Uno dei contributi più importanti alla sacra teologia negli ultimi anni è quello che riguarda l’insegnamento del Santo Padre sull’origine immediata della giurisdizione episcopale nella Chiesa cattolica. Nella sua grande enciclica Mystici corporis, pubblicata il 29 giugno 1943, il Papa Pio XII ha parlato del potere ordinario della giurisdizione dei Vescovi cattolici come qualcosa che viene “conferito su di loro direttamente” dal sovrano Pontefice. [1] Più di un anno prima della pubblicazione della Mystici corporis il Santo Padre ha portato la stessa verità nella sua allocuzione pastorale per i parroci e i predicatori quaresimali di Roma. In questo discorso ha insegnato che il Vicario di Cristo sulla terra è quella da cui tutti gli altri pastori nella Chiesa cattolica “ricevono immediatamente la loro giurisdizione e la loro missione.” [2] . – Nell’ultima edizione della sua opera classica, Institutiones iuris publici ecclesiastici, Monsignor Alfredo Ottaviani dichiara che questo insegnamento, che precedentemente era considerato come “probabilior” o anche come “communis,” ora debba essere ritenute come interamente certo a motivo di ciò che Papa Pio XII ha affermato. [3] La tesi che deve essere accettata e insegnata come certa è un elemento estremamente importante nell’insegnamento cristiano circa la natura della vera Chiesa. La negazione o anche la sola negligenza di questa tesi, inevitabilmente impedirà un’accurata ed adeguata comprensione teologica della funzione di nostro Signore come Capo della Chiesa e dell’unità visibile del Regno di Dio sulla terra. Nel definire questa dottrina, conferendole lo status di istruzione “sicuramente certa”, il Santo Padre ha tratto il lavoro della sacra teologia.  – La tesi che vescovi derivano il loro potere di giurisdizione immediatamente dal Sommo Pontefice non è affatto un insegnamento nuovo. Nel suo breve Super soliditate, rilasciato, il 28 novembre 1786 e diretto contro gli insegnamenti del canonista Joseph Valentine Tony, Papa Pio VI ha aspramente censurato il Tony per gli attacchi insolenti di quell’autore sull’insegnamento secondo il quale il romano Pontefice è colui “dal quale i Vescovi stessi derivano la loro autorità” [4]. Papa Leone XIII, nella sua enciclica “Satis cognitum”, datata 29 giugno 1896, ha messo in evidenza un punto fondamentale in questo insegnamento quando ha ribadito, con riferimento a quei poteri che gli altri governanti della Chiesa tengono in comune con San Pietro, l’insegnamento del Papa San Leone I secondo il quale “tutto ciò che Dio aveva dato a questi altri, lo aveva dato attraverso il Principe degli Apostoli. [5]. – Simile insegnamento è enunciato esplicitamente in una comunicazione della Chiesa Romana del Papa S. Innocenzo I, nella sua lettera ai Vescovi africani, rilasciata il 27 gennaio 417. Questo grande Pontefice ha dichiarato che “l’episcopato stesso e tutta la potenza di questo nome” provengono da San Pietro. [6] la dottrina proposta da Papa San Innocenzo ero abbastanza familiare alla gerarchia africana. Era stata sviluppata e insegnata già dai predecessori di coloro ai quale scrisse, nella prima spiegazione sistematica ed estesa dell’Episcopato della Chiesa cattolica. Verso la metà del terzo secolo St Cipriano, il martire – vescovo di Cartagine, aveva elaborato il suo insegnamento sulla funzione di San Pietro e della sua “cattedra” come base dell’unità della Chiesa. [7] S. Optatus, vescovo di Milevi, ed un eccezionale difensore della Chiesa contro gli attacchi dei Donatisti, aveva scritto, intorno all’anno 370, che la “cattedra” di Pietro era la sede verso cui “l’unità dovesse essere mantenuta da tutti,” [8] e che, dopo la sua morte, Pietro aveva “da solo ha ricevuto le chiavi del Regno dei cieli, che dovevano essere consegnate anche (communicandas) per gli altri.” [9] Durante gli ultimi anni del quarto secolo Papa San Siricio aveva asserito l’origine Petrina dell’Episcopato nella sua lettera, Cum in unum, quando designava il Principe degli Apostoli come colui “Da cui l’apostolato e l’episcopato in Cristo derivavano la loro origine.” [10] ed ha introdotto questo concetto nel suo scritto come qualcosa di cui, coloro ai quali era stata indirizzata la sua epistola, avevano perfetta familiarità. Questo era ed è rimasto l’insegnamento tradizionale e comune della Chiesa cattolica. La tesi che vescovi derivano il loro potere di giurisdizione immediatamente dal romano Pontefice, anziché immediatamente da nostro Signore stesso, ha avuto una storia lunga e tremendamente interessante nel campo della teologia scolastica. San Tommaso d’Aquino ha citato nei suoi scritti, senza, tuttavia, dilungarsi eccessivamente [11] due altri scolastici medievali eccezionali, Richard di Middleton [12] e Durandus [13], seguendo il loro esempio. Il trattato teologico di eccezionale valore pre-tridentino sulla Chiesa di Cristo, la Summa de ecclesia del Cardinale John de Turrecremata è esaminato la questione nei minimi dettagli. [14] Turrecremata ha elaborato la maggior parte degli argomenti che i teologi successivi hanno poi utilizzato per dimostrare la tesi. Tommaso de Vio, cardinale Cajetano, ha contribuito molto allo sviluppo dell’insegnamento nel periodo immediatamente precedente al Concilio di Trento. [15]

council-of-trent

“Di gran lunga la fonte più importante della dottrina riaffermata  da Papa Pio XII è da considerarsi il Concilio di Trento…”

Durante il Concilio di Trento, la tesi è stata discussa dagli stessi padri conciliari. [16] il più forte La presentazione di gran lunga più vigorosa della dottrina in ultimo definita dal Papa Pio XII, è stata fatta nel Concilio di Trento del grande teologo gesuita, James Laynez. [17]. Su diversi argomenti, quelle di Laynez in: “quaestiones, De origine jurisdictionis episcoporum e De modo quo compete un summo pontifice in episcopos derivi”, rimangono le migliori fonti di informazione teologiche sulle relazioni degli altri Vescovi della Chiesa cattolica al Romano Pontefice fino ad oggi.Durante il secolo dopo il Concilio di Trento, tre dei teologi scolastici classici hanno scritto magnifiche spiegazioni con prove della tesi che l’autorità episcopale nella Chiesa di Dio deriva immediatamente dal Vicario di Cristo sulla terra. S. Roberto Bellarmino ha trattato la questione con la sua abituale chiarezza e certezza, [18] utilizzando un approccio un po’ diverso da quello impiegato da Turrecremata e Laynez e più vicino a quella di Gaetano. Francis Suarez ha trattate la tesi “in extenso” nel suo Tractatus de legibuse impostando alcune spiegazioni che completano l’insegnamento del Laynez stesso. [19] Francis Sylvius, nel suo: “polemiche”, riassume i risultati dei suoi grandi predecessori in questo campo e ha compilato quella che rimane fino ad oggi probabilmente la più efficace e completa presentazione dell’insegnamento di tutta la letteratura scolastica. [20] Durante lo stesso periodo una trattazione molto breve ma teologicamente valida dello stesso argomento è stato dato dal portoghese francescano Francis Macedo nel suo Clavibus De Petri. [21] due dei principali teologi del sedicesimo secolo, il tomista, Dominic Soto [22] e Dominic Bannez, [23] ugualmente includono questo insegnamento nel loro “commentari.”. – Il Papa Benedetto XIV acclude una trattazione eccellente di questa tesi nella sua grande opera De synodo diocesana. [24]. Tra le autorità più recenti che hanno affrontato la questione in un modo degno di nota sono i due teologi gesuiti Dominic Palmieri [25] ed il Cardinale Louis Billot. [26]; pure il Cardinale Joseph Hergenroether tratta l’argomento in modo efficace e preciso nella sua grande opera “Chiesa cattolica e stato cristiano.” [27] – L’opposizione più importante alla tesi, come era prevedibile, è venuta dai teologi gallicani Bossuet [28] e Regnier [29] che hanno difeso la causa su questa questione. Anche altri, non infettati dal “virus” Gallicano, si sono opposti a questo insegnamento in tempi passati. Degni di nota tra questi avversari sono stati Francis de Victoria e Gabriel Vasquez. Victoria, sebbene fosse un insigne teologo, sembra avere male interpretato la questione in esame, immaginando che, in qualche modo, nell’insegnamento tradizionale fosse coinvolto l’implicazione che tutti i vescovi fossero stati collocati nella loro sede su indicazione di Roma. [30]. Vasquez, d’altra parte, è stato attratto da una teoria ora desueta, per cui le giurisdizione episcopale era assolutamente inseparabile dal carattere episcopale, e che l’autorità del Santo Padre sui suoi compagni vescovi nella Chiesa di Cristo deve essere spiegata dal suo potere di rimuovere o sostituire la materia o i soggetti sui quali tale competenza viene esercitata. [31] – L’insegnamento del Papa Pio XII sull’origine della giurisdizione episcopale, sicuramente non è un riaffermare che San Pietro e i suoi successori alla romana Sede hanno sempre nominato direttamente ogni altro vescovo all’interno della Chiesa di Gesù Cristo. Significa, tuttavia, che ogni altro vescovo che è l’ordinario di una diocesi, occupa la sua posizione con il consenso e a almeno la tacita approvazione della Santa Sede. Inoltre, significa che il vescovo di Roma può, secondo la costituzione divina della Chiesa stessa, rimuovere in casi particolari, la giurisdizione dei Vescovi e trasferirli ad altra giurisdizione. Finalmente sta a significare che ogni vescovo che non sia in Unione con il Santo Padre non ha alcuna autorità sui fedeli. – Questo insegnamento in alcun modo coinvolge la negazione del fatto che la Chiesa cattolica sia essenzialmente gerarchica e monarchica nella sua costruzione. Non sta d’altra parte nemmeno in conflitto con la verità che i Vescovi residenziali hanno giurisdizione ordinaria, piuttosto che una giurisdizione semplicemente delegata nelle loro chiese. In realtà è certamente la vera spiegazione dell’origine di tale giurisdizione ordinaria nei consacrati che governano le singole comunità dei fedeli, come successori degli Apostoli e come soggetti del Collegio apostolico. Vuol dire quindi che il potere di giurisdizione di questi uomini viene a loro dal nostro Signore, ma attraverso il suo Vicario sulla terra, nel quale soltanto la Chiesa trova il suo centro visibile di unità in questo mondo.

[Joseph Clifford Fenton: L’Università Cattolica d’America – Washington, D.C.1949.]

NOTE DI CHIUSURA:

[1] Cfr. l’edizione di NCWC, n. 42.

[2] Cfr. Osservatore Romano, 18 febbraio 1942.

[3] Cfr Institutiones iuris publici ecclesiastici, 3a edizione (Typis Polyglottis Vaticanis, 1948), I, 413.

[4] Cfr. DB, 1500.

[5] Cfr Codicis iuris canonici fontes, modificato dal cardinale Pietro Gasparri (Typis Polyglottis Vaticanis, 1933), III, 489 f. La dichiarazione del Papa San Leone si trova nel suo sermone sia nel quarto, che nel secondo anniversario della sua elevazione all’ufficio papale.

[6] DB, 100.

[7] Cfr Adhemar D’Ales, La theologie de Saint Cyprien (Paris: Beauchesne, 1922), pp. 130 ff.

[8] Cfr. Libri sesso contra Parmenianum Donatistam, II, 2.

[9] Cfr ibid., VII, 3.

[10] Cfr EP. V.

[11] S. Tommaso ha insegnato nel suo Summa contra gentiles, lib. IV, cap. 76, che, per preservare l’unità della Chiesa, il potere delle chiavi deve essere trasmesso, mediante Pietro, agli altri pastori della Chiesa. Gli scrittori successivi fanno anche riferimento al suo insegnamento della Summa Theologiae, in IIa-IIae, q. 39, art. 3, nel suo commento sulle sentenze di Pietro Lombardo, IV, Dist. 20, art. 4 e al suo commento al Vangelo secondo Matteo, in cap. XVI, n. 2, a sostegno della tesi che i vescovi derivano loro potere di giurisdizione immediatamente dal Sovrano Pontefice.

[12] di cfr Richard commento sulle condanne, lib. IV, Dist. 24.

[13] Cfr D. annulipes a Sancto Porciano Ord. Praed. et Meldensis Epiccopi nei libri di Petri Lombardi sententias theologicas IIII (Venezia, 1586), lib. IV, Dist. 20, d. 5, n. 5, p. 354.

[14] Cfr Summa de ecclesia (Venezia, 1561), lib. II, capitoli 54-64, pp. 169-188. Tesi di Turrecremata sono identiche a quelle stabilite dal Papa Pio XII, anche se la sua terminologia è diverso. Il Santo Padre parla dei Vescovi che ricevono il loro potere di giurisdizione “immediatamente” dalla Santa Sede, cioè, dal nostro Signore attraverso il sovrano Pontefice. Turrecremata, d’altra parte, parla dei Vescovi come riceventi il loro potere di giurisdizione “mediatamente” o “immediatamente” del Santo Padre, cioè, da lui direttamente o da un altro il potere di agire nel suo nome. Di [15] Cf. Cajetan de comparatione auctoritatis Papae et concilii, cap. 3, nella edizione di p. Vincent Pollet della sua Scripta theologica (Roma: The Angelicum, 1935), I, 26 f.

[16] Cfr Sforza Pallavincini Histoire de concile de Trente (Montrouge: Migne, 1844), lib. XVIII, capitoli 14 ff; Lib. XXI, capitoli 11 e 13, II, 1347 ff; III, 363 ff; Hefele-Leclercq, Histoire des conciles(Parigi: Letouzey et Ane, 1907 ff), IX, 747 ff; 776 ff.

[17] nell’edizione di Hartmann Grisar di Laynez’ Disputationes Sebastian (Innsbruck, 1886), I, 97-318.

[18] Cfr. De Romano Pontifice, lib. IV, capitoli 24 e 25.

[19] Cfr. Lib IV, cap. 4, in Theologiae cursus completus (MTCC) XII di Migne, note di Suarez FF. 596 su questa materia nel suo trattato De Summo Pontifice nel suo Opus de triplici virtute theologica, De fide, tratto. X, sezione I. [20] Cfr. lib. IV, q. 2, art. 5, Opera omnia (Anversa, 1698), V, 302 ff.

[21] Cfr. clavibus De Petri (Roma, 1560), Lib. I, cap 3, 36 pp. ff.

[22] Cfr. In quartam sententiarum (Venezia, 1569), Dist. 20, d. 1, art. 2, 4, I, 991 conclusio.

[23] Cf. Scholastica commentaria in secundam secundae Angelici Doctoris D. Thomae (Venezia, 1587), in d. 1, art. 10, dub. 5, concl. 5, colonne 497 ff. [24] Cfr. In Lib. I, cap. 4, n. 2 ff, in MTCC, XXV, 816 ff.

[25] Cfr Tractatus de Romano Pontifice (Roma, 1878), 373 ff.

[26] Cfr Tractatus de ecclesia Christi, 5a edizione (Roma: l’Università Gregoriana, 1927) I, 563 ff.

[27] Cf. Chiesa cattolica e stato cristiano (Londra, 1876), I, 168 ff.

[28] Cfr Defensio declarationis cleri Gallicani, lib. VIII, capitoli 11-15, nelle Oeuvres complètes (Paris, 1828), XLII, 182-202.

[29] Cfr Tractatus de ecclesia Christi, pars. II, sez. I, nel MTCC, IV, 1043 ff. [30] Cfr. Relectiones undecim, in rel. II, De potestate ecclesiae (Salamanca, 1565), pp 63 ff. [31] Cfr. In primam secundae Sancti Thomae (Lyons, 1631), II, 31.

“È necessario per la salvezza che tutti i fedeli di Cristo siano soggetti al Romano Pontefice.” (Concilio Lateranense V)

 

La consacrazione dell’umanità al sacro Cuore di Gesù

Leone XIII

00207-Leone XIII 4

Annum sacrum

Lettera Enciclica

La consacrazione dell’umanità al sacro Cuore di Gesù

[25 maggio 1899]

Con nostra lettera apostolica abbiamo recentemente promulgato, come ben sapete, l’anno santo, che, secondo la tradizione, dovrà essere tra poco celebrato in quest’alma città di Roma. Oggi, nella speranza e nell’intenzione di rendere più santa questa grande solennità religiosa, proponiamo e raccomandiamo un altro atto veramente solenne. E abbiamo tutte le ragioni, se esso sarà compiuto da tutti con sincerità di cuore e con unanime e spontanea volontà, di attenderci frutti straordinari e duraturi a vantaggio della religione cristiana e di tutto il genere umano. – Più volte, sull’esempio dei nostri predecessori Innocenzo XII, Benedetto XIII, Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Pio IX, ci siamo adoperati di promuovere e di mettere in sempre più viva luce quella eccellentissima forma di religiosa pietà, che è il culto del sacratissimo Cuore di Gesù. Tale era lo scopo principale del nostro decreto del 28 giugno 1889, col quale abbiamo innalzato a rito di prima classe la festa del sacro Cuore. Ora però pensiamo a una forma di ancor più splendido omaggio, che sia come il culmine e il coronamento di tutti gli onori, che sono stati tributati finora a questo Cuore sacratissimo e abbiamo fiducia che sia di sommo gradimento al nostro redentore Gesù Cristo. La cosa, in verità, non è nuova. Venticinque anni fa infatti, all’approssimarsi del II centenario diretto a commemorare la missione che la beata Margherita Maria Alacoque aveva ricevuto dall’alto, di propagare il culto del divin Cuore, da ogni parte, non solo da privati, ma anche da vescovi, pervennero numerose lettere a Pio IX, con le quali si chiedeva che si degnasse di consacrare il genere umano all’augustissimo Cuore di Gesù. Si preferì, in quelle circostanze, rimandare la cosa per una decisione più matura; nel frattempo si dava facoltà alle città, che lo desideravano, di consacrarsi con la formula prescritta. Sopraggiunti ora nuovi motivi, giudichiamo maturo il tempo di realizzare quel progetto. – Questa universale e solenne testimonianza di onore e di pietà è pienamente dovuta a Gesù Cristo proprio perché Re e Signore di tutte le cose. La sua autorità infatti non si estende solo ai popoli che professano la fede cattolica e a coloro che, validamente battezzati, appartengono di diritto alla Chiesa (anche se errori dottrinali li tengono lontani da essa o dissensi hanno infranto i vincoli della carità), ma abbraccia anche tutti coloro che sono privi della fede cristiana. Ecco perché tutta l’umanità è realmente sotto il potere di Gesù Cristo. Infatti Colui che è il Figlio unigenito del Padre e ha in comune con Lui la stessa natura, “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb I,3), ha necessariamente tutto in comune con il Padre e quindi il pieno potere su tutte le cose. Questa è la ragione perché il Figlio di Dio, per bocca del profeta, può affermare: “Sono stato costituito sovrano su Sion, suo monte santo. Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio; io oggi ti ho generato. Chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra” (Sal II,6-8). Con queste parole Egli dichiara di aver ricevuto da Dio il potere non solo su tutta la Chiesa, raffigurata in Sion, ma anche su tutto il resto della terra, fin dove si estendono i suoi confini. Il fondamento poi di questo potere universale è chiaramente espresso in quelle parole: “Tu sei mio Figlio”. Per il fatto stesso di essere il figlio del Re di tutte le cose, è anche erede del suo potere universale. Per questo il salmista continua con le parole: “Ti darò in possesso le genti”. Simili a queste sono le parole dell’apostolo Paolo: “L’ha costituito erede di tutte le cose” (Eb I, 2). – Si deve tener presente soprattutto ciò che Gesù Cristo, non attraverso i suoi apostoli e profeti, ma con le stesse sue parole ha affermato del suo potere. Al governatore romano che gli chiedeva: “Dunque tu sei re”, Egli, senza esitazione, rispose: “Tu lo dici; io sono re” (Gv XVIII,37). La vastità poi del suo potere e l’ampiezza senza limiti del suo regno sono chiaramente confermate dalle parole rivolte agli apostoli: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt XXVIII,18). Se a Cristo è stato concesso ogni potere, ne segue necessariamente che il suo dominio deve essere sovrano, assoluto, non soggetto ad alcuno, tanto che non ne può esistere un altro né uguale né simile. E siccome questo potere gli è stato dato e in cielo e in terra, devono stare a Lui soggetti il cielo e la terra. Di fatto Egli esercitò questo suo proprio e individuale diritto quando ordinò agli apostoli di predicare la sua dottrina, di radunare, per mezzo del battesimo, tutti gli uomini nell’unico corpo della Chiesa, e di imporre delle leggi, alle quali nessuno può sottrarsi senza mettere in pericolo la propria salvezza eterna. – E non è tutto. Cristo non ha il potere di comandare soltanto per diritto di nascita, essendo il Figlio unigenito di Dio, ma anche per diritto acquisito. Egli infatti ci ha liberato “dal potere delle tenebre” (Col 1,13) e “ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1Tm II,6). E perciò per lui non soltanto i cattolici e quanti hanno ricevuto il battesimo, ma anche tutti e singoli gli uomini sono diventati “un popolo che egli si è conquistato” (1Pt II,9). A questo proposito sant’Agostino osserva giustamente: “Volete sapere che cosa ha comprato? Fate attenzione a ciò che ha dato e capirete che cosa ha comprato. Il sangue di Cristo: ecco il prezzo. Che cosa può valere tanto? Che cosa se non il mondo intero? Per tutto ha dato tutto”. – San Tommaso, trattando della questione, indica perché e come gli infedeli sono soggetti al potere e alla giurisdizione di Gesù Cristo. Posto infatti il quesito se il suo potere di giudice si estenda o no a tutti gli uomini, risponde che, siccome “il potere di giudice è una conseguenza del potere regale”, si deve concludere che “quanto alla potestà, tutto è soggetto a Gesù Cristo. anche se non tutto gli è soggetto quanto all’esercizio del suo potere”. Questa potestà e questo dominio sugli uomini lo esercita per mezzo della verità, della giustizia, ma soprattutto per mezzo della carità.

Tuttavia Gesù, per sua bontà, a questo suo duplice titolo di potere e di dominio, permette che noi aggiungiamo, da parte nostra, il titolo di una volontaria consacrazione. Gesù Cristo, come Dio e Redentore, è senza dubbio in pieno e perfetto possesso di tutto ciò che esiste, mentre noi siamo tanto poveri e indigenti da non aver nulla da poterGli offrire come cosa veramente nostra. Tuttavia, nella sua infinita bontà e amore, non solo non ricusa che Gli offriamo e consacriamo ciò che è suo, come se fosse bene nostro, ma anzi lo desidera e lo domanda: “Figlio, dammi il tuo cuore” (Pro XXIII,26). Possiamo dunque con la nostra buona volontà e le buone disposizioni dell’animo fare a Lui un dono gradito. Consacrandoci infatti a Lui, non solo riconosciamo e accettiamo apertamente e con gioia il suo dominio, ma coi fatti affermiamo che, se quel che offriamo fosse veramente nostro, Glielo offriremmo lo stesso di tutto cuore. In più Lo preghiamo che non Gli dispiaccia di ricevere da noi ciò che, in realtà, è pienamente suo. Così va inteso l’atto di cui parliamo e questa è la portata delle nostre parole. – Poiché il sacro Cuore è il simbolo e l’immagine trasparente dell’infinita carità di Gesù Cristo, che ci sprona a renderGli amore per amore, è quanto mai conveniente consacrarsi al suo augustissimo Cuore, che non significa altro che donarsi e unirsi a Gesù Cristo. Ogni atto di onore, di omaggio e di pietà infatti tributati al divin Cuore, in realtà è rivolto allo stesso Cristo. – Sollecitiamo pertanto ed esortiamo tutti coloro che conoscono e amano il divin Cuore a compiere spontaneamente questo atto di consacrazione. Inoltre desideriamo vivamente che esso si compia da tutti nel medesimo giorno, affinchè i sentimenti di tante migliaia di cuori, che fanno la stessa offerta, salgano tutti, nello stesso tempo, al trono di Dio. – Ma come potremo dimenticare quella stragrande moltitudine di persone, per le quali non è ancora brillata la luce della verità cristiana? Noi teniamo il posto di Colui che è venuto a salvare ciò che era perduto e diede il suo sangue per la salvezza di tutti gli uomini. Ecco perché la nostra sollecitudine è continuamente rivolta a coloro che giacciono ancora nell’ombra di morte e mandiamo dovunque missionari di Cristo per istruirli e condurli alla vera vita. Ora, commossi per la loro sorte, li raccomandiamo vivamente al sacratissimo Cuore di Gesù e, per quanto sta in noi, a Lui li consacriamo. – In tal modo questa consacrazione che esortiamo a compiere, potrà giovare a tutti. Con questo atto, infatti, coloro che già conoscono e amano Gesù Cristo, sperimenteranno facilmente un aumento di fede e di amore. Coloro che, pur conoscendo Cristo trascurano l’osservanza della sua legge e dei suoi precetti, avranno modo di attingere da quel divin Cuore la fiamma dell’amore. Per coloro infine che sono più degli altri infelici, perché avvolti ancora nelle tenebre del paganesimo, chiederemo tutti insieme l’aiuto del cielo, affinchè Gesù Cristo, che li tiene già soggetti “quanto al potere”, li possa anche avere sottomessi “quanto all’esercizio di tale potere”. E preghiamo anche che ciò si compia non solo nel mondo futuro, “quando Egli eseguirà pienamente su tutti la sua volontà, salvando gli uni e castigando gli altri”, ma anche in questa vita terrena con il dono della fede e della santificazione, in modo che, con la pratica di queste virtù, possano onorare debitamente Dio e tendere così alla felicità del cielo. – Tale consacrazione ci fa anche sperare per i popoli un’era migliore; può infatti stabilire o rinsaldare quei vincoli, che, per legge di natura, uniscono le nazioni a Dio. – In questi ultimi tempi si è fatto di tutto per innalzare un muro di divisione tra la Chiesa e la società civile. Nelle costituzioni e nel governo degli stati, non si tiene in alcun conto l’autorità del Diritto sacro e divino, nell’intento di escludere ogni influsso della Religione nella convivenza civile. In tal modo si intende strappare la fede in Cristo e, se fosse possibile, bandire lo stesso Dio dalla terra. Con tanta orgogliosa tracotanza di animi, c’è forse da meravigliarsi che gran parte dell’umanità sia stata travolta da tale disordine e sia in preda a tanto grave turbamento da non lasciare vivere più nessuno senza timori e pericoli? Non c’è dubbio che, con il disprezzo della Religione, vengono scalzate le più solide basi dell’incolumità pubblica. Giusto e meritato castigo di Dio ai ribelli che, abbandonati alle loro passioni e schiavi delle loro stesse cupidigie, finiscono vittime del loro stesso libertinaggio. – Di qui scaturisce quella colluvie di mali, che da tempo ci minacciano e ci spingono con forza a ricercare l’aiuto in Colui che solo ha la forza di allontanarli. E chi potrà essere questi se non Gesù Cristo, l’unigenito Figlio di Dio? “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At IV,12). A Lui si deve ricorrere, che è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Si è andati fuori strada? bisogna ritornare sulla giusta via. Le tenebre hanno oscurato le menti? è necessario dissiparle con lo splendore della verità. La morte ha trionfato? bisogna attaccarsi alla vita. – Solo così potremo sanare tante ferite. Solo allora il diritto potrà riacquistare l’autentica autorità; solo così tornerà a risplendere la pace, cadranno le spade e sfuggiranno di mano le armi. Ma ciò avverrà solo se tutti gli uomini riconosceranno liberamente il potere di Cristo e a Lui si sottometteranno; e ogni lingua proclamerà “che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil II,11). – Quando la Chiesa nascente si trovava oppressa dal giogo dei Cesari, a un giovane imperatore apparve in cielo una croce auspice e nello stesso tempo autrice della splendida vittoria che immediatamente seguì. Ecco che oggi si offre ai nostri sguardi un altro divinissimo e augurale segno: il Cuore sacratissimo di Gesù, sormontato dalla croce e splendente, tra le fiamme, di vivissima luce. In Lui sono da collocare tutte le nostre speranze; da Lui dobbiamo implorare e attendere la salvezza. – Infine non vogliamo passare sotto silenzio un motivo, questa volta personale, ma giusto e importante, che ci ha spinto a questa consacrazione: l’averci Dio, autore di tutti i beni, scampato non molto tempo addietro da pericolosa infermità. Questo sommo onore al Cuore sacratissimo di Gesù, da Noi promosso, vogliamo che rimanga memoria e pubblico segno di gratitudine di tanto beneficio. Ordiniamo perciò che, nei giorni 9, 10 e 11 del prossimo mese di giugno, nella chiesa principale di ogni città o paese, alla recita delle altre preghiere si aggiungano ogni giorno anche litanie del sacro Cuore da noi approvate. Nell’ultimo giorno poi si reciti, venerabili fratelli, la formula di consacrazione, che vi mandiamo con la presente lettera. – Come pegno di favori divini e testimonianza della nostra benevolenza, a voi, al clero e al popolo affidato alle vostre cure, impartiamo di cuore, nel Signore, l’apostolica benedizione.

Roma, presso San Pietro, il 25 maggio 1899, anno XXII del nostro pontificato 

cuore di gesù

AD SACRATISSIMUM COR IESU

FORMULA COSECRATIONIS RECITANDA

“Iesu dulcissime, Redemptor humani generis, respice nos ad altare tuum humillime provolutos. Tui sumus, tui esse volumus; quo autem Tibi coniuncti firmius esse possimus, en hodie Sacratissimo Cordi tuo se quisque nostrum sponte dedicat. — Te quidem multi novere numquam: Te, spretis mandatis tuis, multi repudiarunt. Miserere utrorumque, benignissime Iesu: atque ad sanctum Cor tuum rape universos. Rex esto, Domine, nec fidelium tantum qui nullo tempore discessere a te, sed etiam prodigorum filiorum qui Te reliquerunt: fac hos, ut domum paternam cito repetant, ne miseria et fame pereant. Rex esto eorum, quos aut opinionum error deceptos habet, aut discordia separatos, eosque ad portum veritatis atque ad unitatem fidei revoca, ut brevi fiat unum ovile et unus pastor. Rex esto denique eorum omnium, qui in vetere gentium superstitione versantur, eosque e tenebris vindicare ne renuas in Dei lumen et regnum. Largire, Domine, Ecclesiae tuae securam cum incolumitate libertatem; largire cunctis gentibus tranquillitatem ordinis: perfice, ut ab utroque terrae vertice una resonet vox: Sit laus divino Cordi, per quod nobis parta salus: ipsi gloria et honor in saecula: amen”.

 

[Formula di consacrazione da recitarsi al sacratissimo Cuore di Gesù

O Gesù dolcissimo, o redentore del genere umano, riguardate a noi umilmente prostesi dinanzi al vostro altare. Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere; e per poter vivere a voi più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi oggi si consacra al vostro sacratissimo Cuore. Molti purtroppo non vi conobbero mai; molti, disprezzando i vostri comandamenti, vi ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbiate misericordia e degli uni e degli altri; e tutti quanti attirate al vostro Cuore santissimo. O Signore, siate il re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da voi, ma anche di quei figli prodighi che vi abbandonarono; fate che questi quanto prima ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame. Siate il re di coloro che vivono nell’inganno dell’errore o per discordia da voi separati: richiamateli al porto della verità e all’unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni del gentilesimo, e non ricusate di trarli dalle tenebre al lume e al regno di Dio. Largite, o Signore, incolumità e libertà sicura alla vostra chiesa, largite a tutti i popoli la tranquillità dell’ordine: fate che da un capo all’altro della terra risuoni quest’unica voce: sia lode a quel Cuore divino da cui venne la nostra salute; a lui si canti gloria e onore nei secoli. Così sia.]

31 maggio: la Festa di MARIA REGINA

La festa di Maria Regina fu istituita infallibilmente ed irrevocabilmente da S.S. Pio XII, e fissata per il 31 maggio. Chi ne ha cambiato la data, a distanza di pochi anni, con un atto illecito e contrario al Magistero ecclesiale, e quindi alla volontà di DIO, ha così dimostrato, in modo palese e sfacciato, di non possedere alcuna autorità, di non essere cioè il Vicario di Cristo, bensì il suo antagonista ed un fantoccio luciferino, pieno di odio verso Dio e la Vergine Maria, Regina di tutte le creature che amano Dio. Ed ancora una volta la Donna della Genesi e dell’Apocalisse stana il serpente velenoso in attesa che ne schiacci definitivamente la testa “… il mio Cuore Immacolato alla fine trionferà”. W Maria, w la nostra Madre e REGINA.

PIO XII

LETTERA ENCICLICA

AD CAELI REGINAM (1)

DIGNITÀ REGALE DELLA SANTA VERGINE MARIA

Maria Regina

Fin dai primi secoli della chiesa cattolica il popolo cristiano ha elevato supplici preghiere e inni di lode e di devozione alla Regina del cielo, sia nelle circostanze liete, sia, e molto più, nei periodi di gravi angustie e pericoli; né vennero meno le speranze riposte nella Madre del Re divino, Gesù Cristo, mai s’illanguidì la fede, dalla quale abbiamo imparato che la vergine Maria, Madre di Dio, presiede all’universo con cuore materno, come è coronata di gloria nella beatitudine celeste.

Ora, dopo le grandi rovine che, anche sotto i Nostri occhi, hanno distrutto fiorenti città, paesi e villaggi; davanti al doloroso spettacolo di tali e tanti mali morali, che si avanzano paurosamente in limacciose ondate, mentre vediamo scalzare le basi stesse della giustizia e trionfare la corruzione, in questo incerto e spaventoso stato di cose, Noi siamo presi da sommo dispiacere e perciò ricorriamo fiduciosi alla Nostra regina Maria, mettendo ai piedi di lei, insieme col Nostro, i sentimenti di devozione di tutti i fedeli, che si gloriano del nome di cristiani.

È gradito e utile ricordare che Noi stessi, il 1° novembre dell’anno santo 1950, abbiamo decretato, dinanzi a una grande moltitudine di em.mi cardinali, di venerandi vescovi, di sacerdoti e di cristiani, venuti da ogni parte del mondo, il dogma dell’Assunzione della beatissima Vergine Maria in cielo,(2) dove, presente in anima e corpo, regna tra i cori degli Angeli e dei santi, insieme al suo unigenito Figlio. Inoltre, ricorrendo il centenario della definizione dogmatica fatta dal Nostro predecessore, Pio IX, di imm. mem., sulla Madre di Dio Concepita senza alcuna macchia di peccato originale, abbiamo indetto l’anno mariano,(3) nel quale con gran gioia vediamo che non solo in questa alma città – specialmente nella Basilica Liberiana, dove innumerevoli folle continuano a professare apertamente la loro fede e il loro ardente amore alla Madre celeste – ma anche in tutte le parti del mondo la devozione verso la Vergine, Madre di Dio, rifiorisce sempre più; mentre i principali santuari di Maria hanno accolto e accolgono ancora pellegrinaggi imponenti di fedeli devoti.

Tutti poi sanno che Noi, ogni qualvolta Ce n’è stata offerta la possibilità, cioè quando abbiamo potuto rivolgere la parola ai Nostri figli, venuti a trovarci, e quando abbiamo indirizzato messaggi anche ai popoli lontani per mezzo delle onde radiofoniche, non abbiamo cessato di esortare tutti coloro, ai quali abbiamo potuto rivolgerCi, ad amare la nostra benignissima e potentissima Madre di un amore tenero e vivo, come conviene a figli. In proposito, ricordiamo particolarmente il radiomessaggio, che abbiamo indirizzato al popolo portoghese, nell’incoronazione della taumaturga Madonna di Fatima,(4) da Noi stessi chiamato radiomessaggio della «regalità» di Maria.(5)

Pertanto, quasi a coronamento di tutte queste testimonianze della Nostra pietà mariana, cui il popolo cristiano ha risposto con tanta passione, per concludere utilmente e felicemente l’anno mariano che volge al termine e per venire incontro alle insistenti richieste, che Ci sono pervenute da ogni parte, abbiamo stabilito di istituire la festa liturgica della «beata Maria Vergine Regina».

Non si tratta certo di una nuova verità proposta al popolo cristiano, perché il fondamento e le ragioni della dignità regale di Maria, abbondantemente espresse in ogni età, si trovano nei documenti antichi della chiesa e nei libri della sacra liturgia.

Ora vogliamo richiamarle nella presente enciclica per rinnovare le lodi della nostra Madre celeste e per renderne più viva la devozione nelle anime, con vantaggio spirituale.

I

Il popolo cristiano ha sempre creduto a ragione, anche nei secoli passati, che colei, dalla Quale nacque il Figlio dell’Altissimo, che «regnerà eternamente nella casa di Giacobbe» (Lc 1, 32), (sarà) «Principe della pace» (Is 9, 6), «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19, 16), al di sopra di tutte le altre creature di Dio ricevette singolarissimi privilegi di grazia. Considerando poi gli intimi legami che uniscono la madre al figlio, attribuì facilmente alla Madre di Dio una regale preminenza su tutte le cose.

Si comprende quindi facilmente come già gli antichi scrittori della Chiesa, avvalendosi delle parole dell’arcangelo san Gabriele, che predisse il regno eterno del Figlio di Maria (cf. Lc 1, 32-33), e di quelle di Elisabetta, che s’inchinò davanti a Lei, chiamandola «madre del mio Signore» (Lc 1, 43), abbiano, denominando Maria «madre del Re» e «madre del Signore», voluto significare che dalla regalità del Figlio dovesse derivare alla Madre una certa elevatezza e preminenza.

Pertanto sant’Efrem, con fervida ispirazione poetica, così fa parlare Maria: «Il cielo mi sorregga con il suo braccio, perché io sono più onorata di esso. Il cielo, infatti, fu soltanto tuo trono, non tua madre. Ora quanto è più da onorarsi e da venerarsi la madre del Re del suo trono!».(6) E altrove così egli prega Maria: «… Vergine Augusta e Padrona, Regina, Signora, proteggimi sotto le tue ali, custodiscimi, affinché non esulti contro di me satana, che semina rovine, né trionfi contro di me l’iniquo avversario».(7)

San Gregorio di Nazianzo chiama Maria: Madre del Re di tutto l’universo», «Madre Vergine, [che] ha partorito il Re di tutto il mondo»,(8) mentre Prudenzio ci parla della Madre, che si meraviglia «di aver generato Dio come uomo sì, ma anche come sommo Re».(9)

La dignità regale di Maria è poi chiaramente asserita da coloro che la chiamano «Signora», «Dominatrice», «Regina». Secondo un’omelia attribuita a Origene, Elisabetta apostrofa Maria «Madre del mio Signore», e anche: «Tu sei la mia Signora».(10)

Lo stesso concetto si può dedurre da un testo di san Girolamo, nel quale espone il suo pensiero circa le varie interpretazioni del nome di Maria: «Si deve sapere che Maria, nella lingua siriaca, significa Signora».(11) Ugualmente si esprime, dopo di lui, san Pietro Crisologo: «Il nome ebraico Maria si traduce “Domina” in latino: l’angelo dunque la saluta “Signora” perché sia esente da timore servile la madre del Dominatore; che per volontà del Figlio nasce e si chiama Signora».(12)

Sant’Epifanio, vescovo di Costantinopoli, scrive al sommo Pontefice Ormisda, che si deve implorare l’unità della Chiesa «per la grazia della Santa e consostanziale Trinità e per l’intercessione della nostra Santa Signora, gloriosa Vergine e Madre di Dio, Maria».(13)

Un autore di questo stesso tempo si rivolge con solennità alla beata Vergine seduta alla destra di Dio, invocandone il patrocinio, con queste parole: «Signora dei mortali, santissima Madre di Dio».(14)

Sant’Andrea di Creta attribuisce spesso la dignità regale alla Vergine; ne sono prova i seguenti passi: « (Gesù Cristo) portò in questo giorno come regina del genere umano dalla dimora terrena (ai cieli) la sua Madre sempre Vergine, nel cui seno, pur rimanendo Dio, prese l’umana carne».(15) E altrove: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose».(16)

San Germano poi così si rivolge all’umile Vergine: «Siedi, o Signora: essendo tu Regina e più eminente di tutti i re ti spetta sedere nel posto più alto»;(17) e la chiama. «Signora di tutti coloro che abitano la terra».(18)

San Giovanni Damasceno la proclama «Regina, Padrona, Signora»(19) e anche «Signora di tutte le creature»;(20) e un antico scrittore della chiesa occidentale la chiama «Regina felice», «Regina eterna, presso il Figlio Re», della quale «il bianco capo è ornato di aurea corona».(21)

Sant’Ildefonso di Toledo riassume tutti i titoli di onore in questo saluto: «O mia Signora, o mia Dominatrice: tu sei mia Signora, o Madre del mio Signore… Signora tra le ancelle, regina tra le sorelle».(22)

I teologi della Chiesa, raccogliendo l’insegnamento di queste e di molte altre testimonianze antiche, hanno chiamato la beatissima Vergine Regina di tutte le cose create, Regina del mondo; Signora dell’universo.

I sommi pastori della Chiesa non mancarono di approvare e incoraggiare la devozione del popolo cristiano verso la celeste Madre e Regina con esortazioni e lodi. Lasciando da parte i documenti dei Papi recenti, ricorderemo che già nel secolo settimo il Nostro predecessore san Martino I, chiamò Maria «Nostra Signora gloriosa, sempre Vergine»;(23) sant’Agatone, nella lettera sinodale, inviata ai padri del sesto concilio ecumenico, la chiamò «Nostra Signora, veramente e propriamente Madre di Dio»;(24) e nel secolo VIII, Gregorio II, in una lettera inviata al patriarca san Germano, letta tra le acclamazioni dei padri del settimo concilio ecumenico, proclamava Maria «Signora di tutti e vera Madre di Dio» e «Signora di tutti i cristiani».(25)

Ricorderemo parimenti che il Nostro predecessore di immortale memoria Sisto IV, nella lettera apostolica Cum praeexcelsa,(26) in cui accenna con favore alla dottrina dell’Immacolata Concezione della beata Vergine, comincia proprio con le parole che dicono Maria «Regina, che sempre vigile intercede presso il Re, che ha generato». Parimenti Benedetto XIV, nella lettera apostolica Gloriosae Dominae, chiama Maria «Regina del cielo e della terra», affermando che il sommo Re ha, in qualche modo, affidato a Lei il suo proprio impero.(27)

Onde sant’Alfonso, tenendo presente tutta la tradizione dei secoli che lo hanno preceduto, poté scrivere con somma devozione: «Poiché la Vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la Chiesa l’onora col titolo di Regina».(28)

II

La sacra liturgia, che è lo specchio fedele dell’insegnamento tramandato dai Padri e affidato al popolo cristiano, ha cantato nel corso dei secoli e canta continuamente sia in Oriente che in Occidente le glorie della celeste Regina.

Fervidi accenti risuonano dall’Oriente: «O Madre di Dio, oggi sei trasferita al cielo sui carri dei cherubini, i serafini si onorano di essere ai tuoi ordini, mentre le schiere dei celesti eserciti si prostrano dinanzi a te».(29)

E ancora: «O giusto, beatissimo (Giuseppe), per la tua origine regale sei stato fra tutti prescelto a essere lo sposo della Regina immacolata, la quale darà alla luce in modo ineffabile il Re Gesù».(30) E inoltre: «Scioglierò un inno alla Madre Regina, alla quale mi rivolgo con gioia, per cantare lietamente le sue glorie. … O Signora, la nostra lingua non ti può celebrare degnamente, perché Tu, che hai dato alla luce Cristo, nostro Re, sei stata esaltata al di sopra dei serafini. … Salve, o Regina del mondo, salve, o Maria, Signora di tutti noi».(31)

Nel «Messale» etiopico si legge: « O Maria, centro di tutto il mondo … tu sei più grande dei cherubini pluriveggenti e dei serafini dalle molte ali. … Il cielo e la terra sono ricolmi della santità della tua gloria».(32)

Fa eco la liturgia della chiesa latina con l’antica e dolcissima preghiera «Salve, regina», le gioconde antifone «Ave, o regina dei cieli», «Regina del cielo, rallégrati, alleluia» e altri testi, che si recitano in varie feste della beata Vergine Maria: «Come Regina stette alla tua destra con un abito dorato, rivestita di vari ornamenti»;(33) «La terra e il popolo cantano la tua potenza, o regina»;(34) «Oggi la vergine Maria sale al cielo: godete, perché regna con Cristo in eterno».(35)

A tali canti si devono aggiungere le Litanie lauretane, che richiamano i devoti a invocare ripetutamente Maria Regina; e nel quinto mistero glorioso del santo Rosario, la mistica corona della celeste Regina, i fedeli contemplano in pia meditazione già da molti secoli, il regno di Maria, che abbraccia il cielo e la terra.

Infine l’arte ispirata ai principi della fede cristiana e perciò fedele interprete della spontanea e schietta devozione popolare, fin dal Concilio di Efeso, è solita rappresentare Maria come Regina e Imperatrice, seduta in trono e ornata delle insegne regali, cinta il capo di corona e circondata dalle schiere degli Angeli e dei santi, come colei che domina non soltanto sulle forze della natura, ma anche sui malvagi assalti di satana. L’iconografia, anche per quel che riguarda la dignità regale della beata vergine Maria, si è arricchita in ogni secolo di opere di grandissimo valore artistico, arrivando fino a raffigurare il divino Redentore nell’atto di cingere il capo della Madre sua con fulgida corona.

I pontefici romani non hanno mancato di favorire questa devozione del popolo, decorando spesso di diadema, con le proprie mani o per mezzo di legati pontifici, le immagini della vergine Madre di Dio, già distinte per singolare venerazione.

III

Come abbiamo sopra accennato, venerabili fratelli, l’argomento principale, su cui si fonda la dignità regale di Maria, già evidente nei testi della tradizione antica e nella sacra liturgia, è senza alcun dubbio la sua divina maternità. Nelle sacre Scritture infatti, del Figlio, che sarà partorito dalla Vergine, si afferma: «Sarà chiamato Figlio dell’Altissimo e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà nella casa di Giacobbe eternamente e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 32-33); e inoltre Maria è proclamata «Madre del Signore» (Lc 1, 43). Ne segue logicamente che ella stessa è Regina, avendo dato la vita a un Figlio; che nel medesimo istante del concepimento, anche come uomo, era Re e Signore di tutte le cose, per l’unione ipostatica della natura umana col Verbo. San Giovanni Damasceno scrive dunque a buon diritto: «È veramente diventata la Signora di tutta la creazione, nel momento in cui divenne Madre del Creatore»(36) e lo stesso Arcangelo Gabriele può dirsi il primo araldo della dignità regale di Maria.

Tuttavia la Beatissima Vergine si deve proclamare Regina non soltanto per la maternità divina, ma anche per la parte singolare che, per volontà di Dio, ebbe nell’opera della nostra salvezza eterna. «Quale pensiero – scrive il Nostro predecessore di felice memoria Pio XI – potremmo avere più dolce e soave di questo, che Cristo è nostro re non solo per diritto nativo, ma anche per diritto acquisito e cioè per la redenzione? Ripensino tutti gli uomini dimentichi quanto costammo al nostro Salvatore: “Non siete stati redenti con oro o argento, beni corruttibili, … ma col sangue prezioso di Cristo, agnello immacolato e incontaminato” (1 Pt 1;18-19). Non apparteniamo dunque a noi stessi, perché “Cristo a caro prezzo” (1 Cor 6, 20) ci ha comprati».(37)

Ora nel compimento dell’opera di redenzione Maria santissima fu certo strettamente associata a Cristo, onde giustamente si canta nella sacra liturgia: «Santa Maria, regina del cielo e Signora del mondo, affranta dal dolore, se ne stava in piedi presso la croce del Signore nostro Gesù Cristo».(38) E un piissimo discepolo di sant’Anselmo poteva scrivere nel medioevo: «Come … Dio, creando tutte le cose nella sua potenza, è Padre e Signore di tutto, così Maria, riparando tutte le cose con i suoi meriti, è la Madre e la Signora di tutto: Dio è Signore di tutte le cose, perché le ha costituite nella loro propria natura con il suo comando, e Maria è Signora di tutte le cose, riportandole alla loro originale dignità con la grazia che Ella meritò».(39) Infatti: «Come Cristo per il titolo particolare della redenzione è nostro Signore e nostro Re, così anche la Vergine beata (è nostra Signora) per il singolare concorso prestato alla nostra redenzione, somministrando la sua sostanza e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando in modo singolare la nostra salvezza».(40)

Da queste premesse si può così argomentare: se Maria, nell’opera della salute spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo, principio di morte, sicché si può affermare che la nostra redenzione si compì se­condo una certa «ricapitolazione»,(41) per cui il genere umano, assoggettato alla morte, per causa di una vergine, si salva anche per mezzo di una Vergine; se inoltre si può dire che questa gloriosissima Signora venne scelta a Madre di Cristo proprio «per essere a Lui associata nella redenzione del genere umano»(42) e se realmente «fu Lei, che esente da ogni colpa personale o ereditaria, strettissimamente sempre unita al suo Figlio, Lo ha offerto sul Golgota all’eterno Padre sacrificando insieme l’amore e i diritti materni, quale nuova Eva, per tutta la posterità di Adamo, macchiata dalla sua caduta miseranda»;(43) se ne potrà legittimamente concludere che, come Cristo, il nuovo Adamo, è nostro Re non solo perché Figlio di Dio, ma anche perché nostro Redentore, così, secondo una certa analogia, si può affermare parimenti che la beatissima Vergine è Regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva è stata associata al nuovo Adamo.

È certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e uomo, è Re; tuttavia, anche Maria, sia come madre di Cristo Dio, sia come socia nell’opera del divin Redentore, e nella lotta con i nemici e nel trionfo ottenuto su tutti, ne partecipa la dignità regale, sia pure in maniera limitata e analogica. Infatti da questa unione con Cristo Re deriva a Lei tale splendida sublimità, da superare l’eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo nasce quella regale potenza, per cui Ella può dispensare i tesori del regno del divin redentore; infine dalla stessa unione con Cristo ha origine l’inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.

Nessun dubbio pertanto che Maria santissima sopravanzi in dignità tutta la creazione e abbia su tutti il primato, dopo il suo Figliuolo. «Tu infine – canta san Sofronio – hai di gran lunga sopravanzato ogni creatura. … Che cosa può esistere di più sublime di tale gioia, o Vergine Madre? Che cosa può esistere di più elevato di tale grazia, che per volontà divina tu sola hai avuto in sorte?».(44) E va ancora più oltre nella lode san Germano: «La tua onorifica dignità Ti pone al di sopra di tutta la creazione: la tua sublimità Ti fa superiore agli Angeli».(45) San Giovanni Damasceno poi giunge a scrivere la seguente espressione: «È infinita la differenza tra i servi di Dio e la sua Madre».(46)

Per aiutarci a comprendere la sublime dignità che la Madre di Dio ha raggiunto al di sopra di tutte le creature, possiamo ripensare che la santissima Vergine, fin dal primo istante del suo concepimento, fu ricolma di tale abbondanza di grazie da superare la grazia di tutti i santi. Onde – come scrisse il Nostro predecessore Pio XI di fel. mem. nella lettera apostolica Ineffabilis Deus – «ha con tanta munificenza arricchito Maria con l’abbondanza di doni celesti, tratti dal tesoro della divinità, di gran lunga al di sopra degli angeli e di tutti i santi, che Ella, del tutto immune da ogni macchia di peccato, in tutta la sua bellezza e perfezione, avesse tale pienezza d’innocenza e di santità che non se ne può pensare una più grande al di sotto di Dio e che all’infuori di Dio nessuno riuscirà mai a comprendere».(47)

Inoltre la beata Vergine non ha avuto soltanto il supremo grado, dopo Cristo, dell’eccellenza e della perfezione, ma anche una partecipazione di quell’influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna sulla mente e sulla volontà degli uomini. Se infatti il Verbo opera i miracoli e infonde la grazia per mezzo dell’umanità che ha assunto, se si serve dei sacramenti dei suoi santi come di strumenti per la salvezza delle anime, perché non può servirsi dell’ufficio e dell’opera della Madre sua Santissima per distribuire a noi i frutti della redenzione? «Con animo veramente materno – così dice lo stesso predecessore Nostro Pio IX di imm. mem. – trattando l’affare della nostra salute Ella è sollecita di tutto il genere umano, essendo costituita dal Signore Regina del cielo e della terra ed esaltata sopra tutti i cori degli Angeli e sopra tutti i gradi dei santi in cielo, stando alla destra del suo unigenito Figlio; Gesù Cristo, Signore nostro, con le sue materne suppliche impetra efficacissimamente, ottiene quanto chiede, né può rimanere inesaudita».(48) A questo proposito l’altro predecessore Nostro di fel. mem., Leone XIII, dichiarò che alla beata Vergine Maria è stato concesso un potere «quasi immenso» nell’elargizione delle grazie;(49) e san Pio X aggiunge che Maria compie questo suo ufficio «come per diritto materno».(50)

Godano dunque tutti i fedeli cristiani di sottomettersi all’impero della Vergine Madre di Dio, la Quale, mentre dispone di un potere regale, arde di materno amore.

Però in queste e altre questioni, che riguardano la beata Vergine, i teologi e i predicatori della divina parola abbiano cura di evitare certe deviazioni per non cadere in un doppio errore; si guardino cioè da opinioni prive di fondamento e che con espressioni esagerate oltrepassano i limiti del vero; e dall’altra parte si guardino pure da un’eccessiva ristrettezza di mente nel considerare quella singolare, sublime, anzi quasi divina dignità della Madre di Dio, che il dottore angelico ci insegna ad attribuirle «per ragione del Bene infinito, che è Dio».(51)

Del resto, in questo, come in altri campi della dottrina cristiana, «la norma prossima e universale» è per tutti il Magistero vivo della Chiesa, che Cristo ha costituito «anche per illustrare e spiegare quelle cose, che nel deposito della fede sono contenute solo oscuramente e quasi implicitamente».(52)

IV

Dai monumenti dell’antichità cristiana, dalle preghiere della liturgia, dall’innata devozione del popolo cristiano, dalle opere d’arte, da ogni parte abbiamo raccolto espressioni e accenti; secondo i quali la Vergine Madre di Dio primeggia per la sua dignità regale; e abbiamo anche mostrato che le ragioni, che la sacra teologia ha dedotto dal tesoro della fede divina, confermano pienamente questa verità. Di tante testimonianze riportate si forma un concerto, la cui eco risuona larghissimamente, per celebrare il sommo fastigio della dignità regale della Madre di Dio e degli uomini, la quale è stata «esaltata ai regni celesti, al di sopra dei cori angelici ».(53)

EssendoCi poi fatta la convinzione dopo mature ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla Chiesa se questa verità solidamente dimostrata risplenda più evidente davanti a tutti, quasi lucerna più luminosa sul suo candelabro, con la Nostra autorità apostolica, decretiamo e istituiamo la festa di Maria Regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio. Ordiniamo ugualmente che in detto giorno sia rinnovata la “Consacrazione del genere umano al Cuore Immacolato della beata vergine Maria. In questo gesto infatti è riposta grande speranza che possa sorgere una nuova era, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della Religione.

Procurino dunque tutti di avvicinarsi ora con maggior fiducia di prima, quanti ricorrono al trono di grazia e di misericordia della Regina e Madre nostra, per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e, ciò che conta più di tutto, si sforzino di liberarsi dalla schiavitù del peccato, per poter presentare un ossequio immutabile, penetrato dalla fragrante devozione di figli, allo scettro regale di sì grande Madre. I suoi templi siano frequentati dalle folle dei fedeli, per celebrarne le feste; la pia corona del Rosario sia nelle mani di tutti per riunire insieme, nelle chiese, nelle case, negli ospedali, nelle carceri, sia i piccoli gruppi, sia le grandi adunanze di fedeli, a cantare le sue glorie. Sia in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma; e nessuno osi pronunciare empie bestemmie, indice di animo corrotto, contro questo nome ornato di tanta maestà e venerando per la grazia materna; e neppure si osi mancare in qualche modo di rispetto ad esso.

Tutti si sforzino di imitare, con vigile e diligente cura, nei propri costumi e nella propria anima, le grandi virtù della Regina celeste e nostra Madre amantissima. Ne deriverà di conseguenza che i cristiani, venerando e imitando sì grande Regina e Madre, si sentano infine veramente fratelli, e, sprezzanti dell’invidia e degli smodati desideri delle ricchezze, promuovano l’amore sociale, rispettino i diritti dei poveri e amino la pace, Nessuno dunque si reputi figlio di Maria, degno di essere accolto sotto la sua potentissima tutela, se sull’esempio di Lei non si dimostrerà mite, giusto e casto, contribuendo con amore alla vera fraternità, non ledendo e nuocendo, ma aiutando e confortando.

In molti paesi della terra vi sono persone ingiustamente perseguitate per la loro professione cristiana e private dei diritti umani e divini della libertà: per allontanare questi mali nulla valgono finora le giustificate richieste e le ripetute proteste. A questi figli innocenti e tormentati rivolga i suoi occhi di misericordia, che con la loro luce portano il sereno allontanando i nembi e le tempeste, la potente Signora delle cose e dei tempi, che sa placare le violenze con il suo piede verginale; e conceda anche a loro di poter presto godere della dovuta libertà per la pratica aperta dei doveri religiosi, sicché servendo la causa dell’evangelo, con opera concorde e con egregie virtù, che nelle asprezze rifulgono ad esempio, giovino anche alla solidità e al progresso della città terrena.

Pensiamo anche che la festa istituita con questa lettera enciclica, affinché tutti più chiaramente riconoscano e con più cura onorino il clemente e materno impero della Madre di Dio, possa contribuire assai a che si conservi, si consolidi e si renda perenne la pace dei popoli, minacciata quasi ogni giorno da avvenimenti pieni di ansietà. Non è Ella l’arcobaleno posto sulle nubi verso Dio, come segno di pacifica alleanza? (cf. Gn 9, 13). «Mira l’arcobaleno e benedici colui che l’ha fatto; esso è molto bello nel suo splendore, abbraccia il cielo nel suo cerchio radioso e le mani dell’Altissimo lo hanno teso» (Eccli 43, 12-13). Chiunque pertanto onora la Signora dei celesti e dei mortali – e nessuno si creda esente da questo tributo di riconoscenza e di amore – La invochi come Regina potentissima, mediatrice di pace; rispetti e difenda la pace, che non è ingiustizia impunita né sfrenata licenza, ma è invece concordia bene ordinata sotto il segno e il comando della volontà di Dio: a fomentare e accrescere tale concordia spingono le materne esortazioni e gli ordini di Maria Vergine.

Desiderando moltissimo che la Regina e Madre del popolo cristiano accolga questi Nostri voti e rallegri della sua pace le terre scosse dall’odio, e a noi tutti mostri, dopo questo esilio, Gesù, che sarà la nostra pace e la nostra gioia in eterno, a voi, venerabili fratelli, e ai vostri fedeli, impartiamo di cuore l’apostolica benedizione, come auspicio dell’aiuto di Dio onnipotente e in testimonianza del Nostro amore.

Roma, presso San Pietro, nella festività della maternità di Maria vergine, l’11 ottobre 1954, XVI del Nostro pontificato.

PIO PP. XII

(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Ad caeli Reginam de regali Beatae Mariae Virginis dignitate eiusque festo instituendo, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 11 octobris 1954: AAS 46(1954), pp. 625-640.

pioxii-4

Istituzione della festa della regalità di Maria s.ma. La devozione costante dei popoli per Maria s.ma, culminata con la proclamazione del dogma della sua Assunzione. Coronare l’opera istituendo la festa di Maria Regina, in realtà non nuova, ma già espressa in ogni età: dalla sacra Scrittura, dai padri e scrittori ecclesiastici con dottrina profonda e poetici accenti, dai sommi pontefici, dalla liturgia romana e orientale e infine dall’arte d’ogni tempo. Principali argomenti dogmatici e di convenienza. È giusto perciò che tutti riconoscano questo potere regale: la festa al 31 maggio; ricorrere alla Madre di Dio, imitandone le virtù, impetrando la forza nelle tribolazioni, la pace fra i popoli e la visione eterna del suo divin Figlio.

(2) Cf. Const. apost. Munificentissimus Deus: AAS 42 (1950), p. 753ss; EE 6/1931ss.

(3) Cf. Litt. enc. Fulgens corona: AAS 45(1953), p. 577ss; EE 6/944ss.

(4) Cf. AAS 38(1946), p. 264ss.

(5) Cf. L’Osservatore Romano, 19.5.1946.

(6) S. EPHRAEM, Hymni de B. Maria, ed. Th. J. Lamy, t. II, Mechliniae 1886, Hymn. XIX, p. 624.

(7) S. EPHRAEM, Oratio ad Ss.mam Dei Matrem: Opera omnia, ed. Assemani, t. III (graece), Romae 1747, p. 546.

(8) S. GREGORIUS NAZ., Poemata dogmatica, XVIII, v. 58: PG 37, 485.

(9) PRUDENTIUS, Dittochaeum, XXVII: PL 60, 102A; Obras completas de Aurelio Prudencio (edicion bilingüe), BAC, Madrid 1981, p. 758.

(10) Hom. in S. Lucam, hom. VII: ed. Rauer, Origenes Werke, t. IX, p. 48 (ex catena Macarii Crysocephali). Cf. PG 13, 1902D.

(11) S. HIERONYMUS, Liber de nominibus hebraeis: PL 23, 886.

(12) S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 142, De Annuntiatione B.M.V.: PL 52, 579C; cf, etiam 582B, 584A: «Regina totius exstitit castitatis».

(13) Relatio Epiphanii Ep. Constantin.: PL 63, 498D.

(14) Encomium in Dormitionem Ss.mae Deiparae (inter opera S. Modesti): PG 86, 3306B.

(15) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia II in Dormitionem Ss.mae Deiparae: PG 97, 1079B.

(16) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia III in Dormitionem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.

(17) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.

(18) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, II: PG 98, 315C.

(19) S. IOANNES DAMASCENUS, Homilia I in Dormitionem B.M.V.: PG 96, 719A.

(20) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa,1. IV, c.14: PG 44,1158B.

(21) De laudibus Mariae (inter opera Venantii Fortunati): PL 88, 282B et 283A.

(22) ILDEFONSUS TOLETANUS; De virginitate perpetua B.M.V.: PL 96, 58AD.

(23) S. MARTINUS I, Epist. XIV: PL 87, 199-200A.

(24) S. AGATHO: PL 87; 1221A; Dz 547.

(25) HARDOUIN, Acta Conciliorum, IV, 234 et 238: PL 89, 508B.

(26) XYSTUS IV, Bulla Cum praeexcelsa, 28 febr. 1476.

(27) BENEDICTUS XIV, Bulla Gloriosae Dominae, 07 sept. 1748.

(28) S. ALFONSO, Le glorie di Maria, p. I. c. I, § 1.

(29) Ex liturgia Armenorum: in festo Assumptionis, hymnus ad Matutinum.

(30) Ex Menaeo (byzantino): Dominica post Natalem, in Canone, ad Matutinum.

(31) Officium hymni Akátistos (in ritu byzantino).

(32) Missale Aethiopicum, Anaphora Dominae nostrae Mariae, Matris Dei.

(33) Breviarium Romanum, Versiculus sexti Respons.

(34) Festum Assumptionis, Hymnus Laudum.

(35) Festum Assumptionis, ad Magnificat II Vesp.

(36) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa, 1. IV, c. 14: PG 94, 1158s.B.

(37) PIUS XI, Litt. enc. Quas primas: AAS 17(1925), p. 599; EE 5/147.

(38) Festum septem dolorum B. Mariae Virg., Tractus.

(39) EADMERUS, De excellentia Virginis Mariae, c. 11: PL 159, 508AB.

(40) F. SUAREZ, De mysteriis vitae Christi, disp. XXII, sect. II: éd. Vivès, XIX, 327.

(41) S. IRENAEUS, Adv. haer., V, 19, 1: PG 7, 1175B.

(42) PIUS XI, Epist. Auspicatus profecto: AAS 25(1933), p. 80.

(43) PIUS XII, Litt, enc. Mystici corporis: AAS 35(1943), p. 247; EE 6/258.

(44) S. SOPHRONIUS, In Annuntiationem Beatae Mariae Virginis: PG 87, 3238D et 3242A.

(45) S. GERMANUS, Hom. II in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 98, 354B.

(46) S. IOANNES DAMASCENUS, Hom. I in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 96, 715A.

(47) PIUS IX, Bulla Ineffabilis Deus: Acta Pii IX, I, pp. 597-598; EE 2/app.

(48) Ibidem, p. 618; EE 2/app.

(49) LEO XIII, Litt. enc. Adiutricem populi: AAS 28(1895-96), p.130; EE 3.

(50) PIUS X, Litt. enc. Ad diem illum: AAS 36(1903-04), p. 455; EE 4/27.

(51) S. THOMAS, Summa theol., I, q. 25, a. 6, ad 4.

(52) PIUS XII, Litt. enc. Humani generis: AAS 42(1950), p. 569; EE 6/721.

(53) Ex Brev. Rom.: Festum Assumptionis Beatae Mariae Virginis.

La mina vagante nel tempo: Execrabilis e … i colpi mortali al vaticano II

UNA MINA VAGANTE NEL TEMPO

“Execrabilis”

e … i colpi mortali al ” Vaticano” II

 images-5

INTRODUZIONE

Come è stato possibile che il v-2 (il Concilio Vaticano II) abbia acconsentito, senza alcun credito, ad eretiche ed assurde proposizioni, ed ottenuto anche l’obbedienza dai vescovi in tutto il mondo? Come si può comprendere che i prelati della Chiesa Cattolica abbiano potuto accettare dalla “setta del v-2” atti ed insegnamenti proposti che sono completamente contrari a tutto ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa? È successo questo indubbiamente perché i sacerdoti di oggi hanno perso il contatto con la conoscenza apostolica, lo zelo apostolico e la vigilanza apostolica. Sono stati persi l’Amore per la Tradizione Apostolica, l’amore per la parola di Dio, e il risultato? Oggi abbiamo sacerdoti che non hanno più amore per gli insegnamenti della Chiesa cattolica, né lo zelo per la sua Verità, verso la quale essi mancano di rispetto per la sue sentenze, che vengono ora disconosciute e calpestate. – Dopo aver perso la conoscenza Apostolica della parola di Dio, la gerarchia si è unita con i nemici della Chiesa Apostolica nella soppressione del suo Primato e della sua Sovranità. Privi di conoscenze apostoliche, essi non accettano la religione Cattolica Apostolica Romana come l’unica e divina Religione che Dio ha dato all’umanità. Non credono più che la Religione Cattolica abbia dei diritti che gli altri non hanno. Il clero non crede più che l’uomo sia legato in coscienza ad accettare ed a credere che questa sia l’unica religione divina e che non ce ne sia nessun’altra.

C’è un prezzo da pagare da parte di coloro che negano alla Chiesa Apostolica il suo primato e la sovranità. A coloro che osano contestare o attaccare la parola di Dio o l’interpretazione divinamente istituita e docente di questa parola, è inflitta una terribile punizione.

Questo scritto, servirà a far comprendere principalmente come il Concilio v-2 sia stato illegalmente indetto con l’intento di condurre la Chiesa a perdere il suo primato e la sua sovranità e a far guerra contro i decreti e le sentenze di Cristo e della sua Chiesa, meritando la punizione comminata a chi osa manomettere la parola di Dio ed ometta la salvaguardia delle sentenze della sua Chiesa.

Come gli uomini della “setta v-2” possano essere così duramente ostinati ed insensibili alle punizioni terrificanti imposte dalla Chiesa di Cristo è un fatto umanamente incomprensibile. Anche qui si può allora supporre che questa sia un’ulteriore conseguenza della loro conoscenza apostolica totalmente misconosciuta.

COLPI MORTALI AL V-2

Chi viene a conoscenza della bolla “Execrabilis” per la prima volta, è in genere felicissimo di sapere della sua esistenza, e piacevolmente sorpreso di scoprire che la Chiesa ha una formidabile arma per colpire con colpi letali i suoi nemici.

L’ORIGINE di “EXECRABILIS”

Perché la Chiesa è stata indotta a promulgare questa Bolla papale, dalla portata così devastante per i suoi nemici, nel 1459? Per l’assistenza speciale dello Spirito Santo che conferisce, giocando un ruolo decisivo, il dono soprannaturale della prudenza, Papa Pio II ha esercitato questo mezzo per condannare l’errore del “conciliarismo” così dilagante ai suoi tempi.

Dopo la morte del Papa Bonifacio VIII nel 1300, i “soliti” nemici di Cristo, sia all’interno che all’esterno della sua Istituzione divina, come due ganasce della stessa tenaglia, tentarono la fuga dagli insegnamenti della Chiesa, tramandati attraverso i Pontefici Apostolici, e cercarono di appellarsi, anche politicamente, contro i pronunciamenti papali, ad un Concilio generale di tutta la Chiesa, eludendo l’Autorità Papale e, se necessario, finanche la sua eliminazione, e questo fino all’elezione di Martino V nel 1417. Questo atteggiamento sprezzante, arrogante nei confronti del Papa, è conosciuto come “usurpazione del potere papale da parte di un’assemblea conciliarista.”

Chiaramente, il “conciliarismo” è un pericolo incombente per la Chiesa, il Papato e la Dottrina divina, in ogni tempo. Facendo affidamento sull’errore del “conciliarismo”, re e clero divennero diffidenti nei confronti della Santa Sede, minacciando di appellarsi ai futuri Concili e ai futuri Papi nella speranza di cambiare la politica o la dottrina della Chiesa. Nel perseguimento di questa pratica, gruppi particolari, ad esempio i soliti marrani, hanno cercato di insediare individui dal pensiero anti-cattolico sul trono di Pietro, cosa che era già loro riuscita con l’antipapa Anacleto II, il cripto-giudeo Pietro Pierleoni, evento provvidenzialmente sventato dall’intervento tenace di San Bernardo di Chiaravalle, con l’aiuto del potere secolare nelle persone del Re di Francia e dell’Imperatore Rotario.

Quindi, nel 1458, Pio II salì al sommo Soglio, egli stesso indottrinato con un atteggiamento “Conciliarista”; tuttavia, una volta seduto sullo scranno di Pietro, realizzò le insidie e tutto il male che si celava nell’appellarsi ad un futuro Concilio riunito con l’espresso o segreto scopo di ribaltare la tradizione della Chiesa ed il deposito della Fede, lasciando la porta aperta all’infiltrazione della “sinagoga di satana”. Così seria era diventata la questione, nel frattempo peggiorata, che nel 1459 Pio II si sentì spinto a proclamare la sua ormai famosa Bolla, “Execrabilis”, del 15 febbraio di quello stesso anno, con la messa al bando di qualsiasi nociva manovra ed associandola a due delle più severe punizioni che la Chiesa possa infliggere. In “Execrabilis” egli ha dato la legge definitiva della Chiesa per proteggere la Chiesa stessa, la fede e l’ovile dai concili illegali, non solo nel suo tempo, ma in tutti i tempi a venire. Questo pronunciamento Papale, è un insegnamento in cui la Chiesa impegna la sua infallibilità poiché si riferisce specificamente alla fede ed alla morale. Inoltre, esso non può essere revocato o reso inoperante o nullo. Papa Pio II, in obbedienza al suo dovere solenne e fondamentale di proteggere la fede e la morale presso i fedeli, ha munito la Chiesa Apostolica di questa potente arma per combattere i concili illegali di cui i “soliti” nemici avrebbero potuto servirsi, e per infliggere loro dei colpi mortali.

Muniti quindi dalla Giustizia apostolica, noi cattolici di oggi dobbiamo usare quest’arma contro l’illegale “concilio” Vaticano 2°, un concilio malvagio, convocato in mala fede per eludere la dottrina divina di Cristo, gli insegnamenti e la pratica della sua Chiesa; un “concilio” satanico chiamato a “liberare” l’umanità dalle sentenze passate della Santa Sede, le sentenze di associazione delle chiavi di Pietro. Dobbiamo allora usare “Execrabilis” per combattere a morte l’abominevole, il detestabile, l’esecrabile “concilio” v-2 che ha avuto il coraggio di riaprire le sentenze infallibili della Chiesa di Cristo, in violazione alle leggi che vietano esplicitamente questo atto anti-cattolico messo in atto contro i precetti divini.

Raramente si troverà un pronunciamento infallibile così breve e così totalizzante e coinvolgente come è “Execrabilis”. “Execrabilis” è così concisa che sembra, ad una prima lettura, che il suo messaggio travolgente non assuma particolare importanza, nel suo significato.

Così disastroso invece è l’effetto di “Execrabilis” per il Concilio v-2 che la conoscenza della sua esistenza ha fatto in modo da risvegliare i cattolici che si oppongono al v-2, mescolando sentimenti di vulcanica opposizione a brividi scuotenti verso l’antipapa Montini, sedicente Paolo VI (novello Anacleto, il cripto-giudeo), mente operante e principale “conduttore” di questo “concilio” v-2, il trionfo dell’anti-suprannaturale. Era così terrorizzato da “Execrabilis”, lo stesso antipapa Paolo VI, come lo sono oggi i suoi lacchè di ogni risma, che si sono impegnati da se stessi allo spasimo nel modellare gli argomenti contro la sentenza definitiva e inappellabile di “Execrabilis”, nel vano tentativo di sfuggire i suoi effetti “abroganti” tutti i documenti e decreti del loro perfido “concilio” v-2. Si può dire che “Execrabilis” sia la scopa ecclesiale che spazza la Chiesa, “Santa Sposa di Cristo”, ripulendola delle opere peccaminose di un “concilio” illegale, e precipitandole in una pattumiera di fuoco e zolfo. Come un cane indisciplinato è spaventato dall’essere scoperto nelle sue malefatte e cacciato via da una scopa manovrata dalle mani di una coscienziosa madre di famiglia, così anche i “cuccioli” corrotti e refrattari del v-2 sono terrorizzati da “Execrabilis” nelle mani della Santa Madre Chiesa.

 

Che cosa dice e fa “Execrabilis”

 Ecco il testo di Execrabilis che vieta tutti gli appelli ad un futuro Concilio:

 Bolla “Execrabilis” (18 gennaio 1459)

 Appellantes a Summo Romano Pontifice ad futurum concilium, eorumque consiliarii et fautores poenis excommunicationis criminisque laesas maiestatis divinae et humanae subiiciuntur.

Summarium

Plurima oriuntur mala ab appellatione interposita a Rom. Pont. ad futurum concilium. – 1. Hic Pont. eam damnat et a mandatis Papae provocari prohibet. – 2. Contravenientibus poenas excommunicationis et interdicti et criminis laesae maiestatis infligit. – 3. Sanctio poenalis.

Pius episcopus servus servorum Dei, ad futuram rei memoriam.

Execrabilis et pristinis temporibus inauditus tempestate nostra inolevit abusus, ut a Rom. Pontifice, Iesu Christi vicario, cui dictum est in persona beati Petri: Pasce oves meas, et quodque legaveris super terram, erit ligatum et in caelis, nonnulli, spiritu rebellionis imbuti, non sanioris cupiditate iudicii, sed commissi evasione peccati, ad futurum concilium provocare praesumant, quod quantum sacris canonibus adversetur, quantumque reipublicae christianae noxium sit, quisquis non ignarus iurium intelligere potest. Namque (ut alia praetereamus, quae huic corruptaela manifestissima refragantur) quis non illud ridiculum indicaverit, quod ad id appellatur quod nusquam est, neque seitur quando futurum sit? Pauperes a potentioribus multipliciter opprimuntur, remanent impunita scelera, nutritur adversus primam Sedem rebellio, libertas delinquenti conceditur, et omnis ecclesiastica disciplina et hierarchicus ordo confunditur.

  • 1. Volentes igitur hoc pestiferum virus a Christi Ecclesia procul pellere, et ovium nobis commissarum saluti consulere, omnemque materiam scandali ab ovili nostri Salvatoris arcere, de venerabilium fratrum nostrum S.R.E. cardinalium conctorumque praelatorum ac divini et humani iuris interpretum Curiam sequentium consilio et assensu, ac certa nostra scientia, huiusmodi provocationes damnamus, et tamquam erroneas ac destabiles reprobamus, cassante set penitus annullantes, si quae hactenus taliter interpositae reperiantur, easque, tamquam inanes ac pestiferas, nullius momenti esse decernimus et declaramus. Praecipientes deinceps, ut nemo aurea, quovis quaesito colore, ab ordinationibus, sententiis. Sive mandatis quibuscumque nostris ac successorum nostrum, talem appellationem interponete, aut interpositae per alium adhaerere, seu eis quomodolibet uti.
  • 2. Si quis autem contrafecerit, a die publicationis praesentium in Cancellaria apostolica, post duos menses, cuiuscumque status, gradus, ordinis vel conditionis fuerit, etiam si imperiali, regali vel pontificali praefulgeat dignitate, ipso facto sententiam execrationis incurrat, a qua, nisi per Romanum Pontificem, et in mortis articulo, absolvi non possit. Universitas vero sive collegium ecclesiastico subiate interdico, et nihilhominus. Tam collegia et universitates, quam praedictae et aliae quaecumque personae, eas poenas ac censuras incurrant, quas rei maiestatis et haereticae pravitatis fautores incurrere dignoscuntur. Tabelliones insuper ac testes, qui huiusmodi actibus interfuerint. Et generaliter qui scienter consilium, auxilium dederint vel favorem talibus appellantibus, pari poena plectantur.
  • 3. Nulli ergo hominum liceat hanc paginam nostro rum voluntatis, damnationis, reprobationis, cassationibus, annullationibus, decreti, declarationis et mandati infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotens Dei ac beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum.

   Datum Mantuae, anno Incarnationis dominicae millesimo quadringentesimo quinquagesimo nono, decimo quinto kalendas februari, pontificatus nostri anno primo.  

[“Ai nostri tempi si sta verificando un esecrabile abuso, sconosciuto in età precedenti, e precisamente che gente, imbevuta dello spirito di ribellione, presuma di appellarsi dal  Pontefice di Roma, – il Vicario di Gesù Cristo, cui fu detto nella persona del santo Pietro: «Nutri il  mio gregge» e «Qualunque cosa tu legherai in terra, sarà legata anche in Cielo»: – non certo per  desiderio di più alta giustizia, ma al solo scopo di sfuggire le conseguenze dei loro peccati, ad un  futuro Concilio, mentre chiunque non ignori completamente la legge può giudicare quanto ciò sia  contrario ai canoni sacri e dannoso alla Comunità Cristiana. Poiché – trascurando altre cose, che ancor più manifestamente si oppongono a tale corruzione – chi non giudicherebbe ridicolo che si faccia appello a qualcosa che non esiste e di cui nessuno conosce il momento in cui comincerà ad  esistere?

I miseri sono oppressi dai più forti con ogni mezzo, i crimini rimangono impuniti, si dà esca alla ribellione contro la più alta Sede, si concede la libertà ai delinquenti e la disciplina ecclesiastica e l’ordine gerarchico vengono confusi. Perciò, desiderosi di allontanare dalla Chiesa di Cristo questo pestifero veleno, di provvedere alla salvezza del gregge a Noi affidato e di tener lontano dall’ovile del nostro Salvatore ogni causa di scandalo,  noi condanniamo i ricorsi in appello di tal genere, col consiglio e il consenso dei nostri venerabili fratelli Cardinali e di tutti i prelati e giureconsulti della legge Divina ed umana, appartenenti alla Curia, e sulla base della nostra sicura conoscenza li denunziamo come falsi e detestabili, li infirmiamo nell’eventualità che qualcuno di tali appelli, esistente al momento, sia scoperto e dichiariamo e decretiamo che essi – come vani e pestilenziali – sono privi di alcun significato. Quindi noi diffidiamo chiunque dal ricorrere con tali appelli, sotto qualunque pretesto, contro le nostre ordinanze, sentenze e provvedimenti, o contro quelle dei nostri successori, o di aderire a tali appelli, fatti da altri, od infine di fame uso in qualsiasi modo. Se alcuno di qualsiasi stato, rango, condizione od ordine esso sia, anche se insignito della dignità Imperiale, regia o Papale, contravverrà a ciò dopo lo scadere di due mesi dalla pubblicazione di questa Bolla nella Cancelleria Papale, egli incorrerà «ipso facto » nella sentenza di anatema, da cui potrà essere assolto, solo dal Pontefice di Roma ed in punto di morte. Le Università o corporazioni verranno colpite da interdetto ecclesiastico, e nondimeno corporazioni ed Università, come le suddette e tutte le altre persone, incorreranno in quelle penalità e censure, in cui incorrono gli offensori, che abbiano commesso «crimen laesae maiestatis», ed i promotori di depravazioni eretiche. Inoltre scrivani e testimoni, che abbiano sottoscritto atti di tal genere ed in generale tutti coloro che abbiano coscientemente dato consigli, aiuto od appoggio a tali appellanti, saranno puniti con le medesime pene. Perciò non è permesso ad alcuno di contravvenire o di opporsi con impudenti perversioni a questo documento della nostra volontà, con cui noi abbiamo condannato, riprovato, infirmato, annullato, decretato, dichiarato ed ordinato quanto sopra. Se tuttavia alcuno oserà, sappia che incorrerà nello sdegno dell’Onnipotente Iddio e dei santi Apostoli Pietro e Paolo”.

Data a Mantova nell’anno 1459 dell’Incarnazione di nostro Signore, nel quindicesimo giorno prima delle calende di febbraio, nel primo anno del nostro Pontificato (18 gennaio 1459).]

“PER OTTENERE UNA SENTENZA DI PIU’ ALTA GIUSTIZIA”

Per dare un esempio di come facilmente si potrebbe perdere il significato di “Execrabilis”, si prenda la frase “… sono ansiosi di ottenere una sentenza di appello “di più ALTA GIUSTIZIA.” Qui vediamo che lo scopo di fare appello ad un Concilio illegale è invece quello di sfuggire al giudizio passato della Santa Sede. Ma “Execrabilis” taglia via ogni dubbio mettendo fuori gioco i corrotti e i malvagi, dicendo che un Concilio non può essere utilizzato per riaprire le sentenze! “Execrabilis” ci dice che, una volta che la Chiesa abbia emesso una sentenza, questa non può essere più contestata dai Concili o da chicchessia, anche da futuri Papi.

Una volta che la Chiesa si è espressa, ha parlato in modo definitivo e per sempre!

    Nessun giudizio, emesso con un pronunciamento infallibile su fede e morale, può essere impugnabile da nessun Concilio, per cui anche il conciliabolo-ribaltone v-2, a causa della sua palese illegittimità, era assolutamente impotente nel farlo. La Chiesa non corregge mai se stessa, perché non fa mai errori di fede o di morale. Con Cristo come Capo e lo Spirito Santo come sua guida, non ci può essere nessuna necessità di perfezionare o riaprire le sentenze!

Eppure, questo era lo scopo vero del v-2, quello di riaprire e ridiscutere le sentenze passate della Chiesa, Una, Santa, Cattolica ed Apostolica. Pertanto, proprio la pretesa del “concilio” v-2 di riaprire le sentenze della Chiesa, rende il v-2 un “concilio” illegale, insensato, inutile e, cosa più importante, reso nullo dalla legge della “vera” Chiesa. La Chiesa ha spinto la spada della verità infallibile nel cuore malvagio del concilio v-2, infliggendogli un colpo mortale 500 cento anni prima che il v-2 stesso sollevasse la propria testa, che è la stessa del serpente primordiale!

ERRORI CONCILIARISTI NEI SECOLI PASSATI

L’eresia conciliarista (l’idea cioè di usare un Concilio per riaprire sentenze infallibili), coraggiosamente affrontata ed opportunamente contro-legiferata nel XV secolo da S.S. Papa Pio II, riemerse in epoche successive, in particolare nel XIX secolo, al Concilio Vaticano I, e riapparve nuovamente nel XX° secolo alla morte di S.S. Papa Pio XII.

VATICANO I

     Circa quattrocento anni dopo “Execrabilis”, il Concilio Vaticano primo (1869-70), il XX Santo Concilio dogmatico, ha ritenuto opportuno amplificare e riaffermare il diritto, esattamente come stabilito in “Execrabilis”. Nel 1869, nei loro sforzi per distruggere il Regno di Dio sulla terra, cioè la Chiesa cattolica, i suoi “soliti” nemici si erano accaniti sulla irreformabilità e definitività dei pronunciamenti della Chiesa, cercando di confutarne la verità nei confronti proprio della loro infallibilità e permanenza. La storia ci dice che il Vaticano I venne convocato per definire la dottrina della Chiesa (Dei Filius) e l’infallibilità papale (Pastor Aeternus), ma pochi libri oggi ci dicono il perché la questione dell’infallibilità fosse diventata un problema così ardente e vitale.

Chiaramente, c’erano due fazioni al lavoro: una era a favore dell’infallibilità; l’altra voleva invece vedere le passate sentenze della Chiesa riaperte, modificate o cancellate. Così come oggi, da un lato c’erano i fedeli cattolici apostolici, mentre l’altra parte comprendeva i marrani ed i loro seguaci, molti dei quali erano confusi e ingannati – così come lo erano pure molti Vescovi al “concilio” Vaticano II – ingannati perché veniva fatto loro credere che le sentenze della Chiesa potessero essere cancellate o modificate.

Il problema dei marrani al Vaticano I introduceva in pratica lo stesso cuneo usato al v-2: una dottrina della Chiesa nuova e diversa, che contraddicesse tutte le sentenze riguardanti i Giudei, o presunti tali, e la “quinta colonna” clericale. Essi richiedevano un atteggiamento diverso nel pensare dei cattolici verso gli ebrei, contrario a tutto ciò che la Chiesa ha da sempre professato ed insegnato. Volevano, i novatori, imporre un’accettazione del giudaismo rabbinico talmudico considerandolo una retta religione, addirittura superiore e migliore del Cristianesimo.

Nel 1869-70 gli ebrei (come sempre) volevano essere esonerati dall’accusa di deicidio e pretendevano la rimozione della maledizione di Dio che la loro malvagità aveva riversato sulla loro razza. Una volta aperta loro la porta, non ci sarebbe stata più alcuna barriera per la “sinagoga di satana”, che avrebbe così comodamente veicolato nella Chiesa tutta la sua congeria di false dottrine gnostiche, come in effetti più tardi doveva avvenire ad opera del Concilio v-2 (1962-65).

Nel 1869-70 i nemici marrani ed i fiancheggiatori della “quinta colonna” cercarono di raggiungere il loro obiettivo con l’inganno, inducendo i prelati al Concilio ad approvare le dichiarazioni diametralmente opposte a quelle che la Chiesa aveva sempre osservato, precedentemente al Vaticano I, in palese contraddizione quindi con se stessa. Ciò avrebbe corrisposto naturalmente alla riapertura dell’intera somma delle sue passate sentenze infallibili, che come tali sono irreformabili. Quel che i marrani avevano in mente, naturalmente, era la distruzione dell’intero deposito della fede, lo “stripping” della Chiesa cattolica, la sua scomparsa (ove mai possibile!).

I marrani, per ottenere il loro scopo al Concilio Vaticano I, avevano escogitato una manovra scaltra ed intelligente, un po’ come la storia della signora che si era fermata all’angolo della strada da un venditore che le aveva offerto la possibilità di acquistare un cappotto di visone a buon mercato. Il venditore mostra il cappotto di vero visone, lei paga e riceve una scatola ben infiocchettata. Ma, sorpresa: all’arrivo a casa, aprendo la scatola, essa trova non un morbido, lussuoso cappotto di visone, bensì un soprabito di opossum spinoso.

Tale era la vecchia esca ed il gioco dello scambio che i marrani avevano provato al Concilio Vaticano I. In primo luogo essi si avvicinarono ai Padri conciliari con la proposta di firmare un “appello alla conversione degli Israeliti,” la cui un’intenzione era evidentemente lodevole! Ma più tardi, gli ebrei aggiunsero delle asserzioni, le stesse vecchie solite bugie eretiche proposte da sempre, che sono in aperta contraddizione con la dottrina prevista al riguardo dalla Santa Chiesa Cattolica (Pinay, Complotto contro la Chiesa, pp. 18-19).

La guerra Franco-prussiana e la Costituzione dogmatica circa l’Infallibilità papale furono dichiarate nella stessa settimana. In mezzo agli orrori ed alle atrocità della guerra, Pio IX aveva un’unica preoccupazione: il benessere della Chiesa universale! Egli non pose termine al Concilio Vaticano I fino a quando non fu prodotta una nuova dichiarazione dell’Infallibilità del Papa in materia di fede e di morale, che regolasse la questione una volta e per sempre. Questo pronunciamento infallibile significa, ancora una volta, che le passate sentenze della Chiesa sono irreformabili, e non possono essere riaperte mai più. Così nessuno può alterare la dottrina tradizionale permanentemente infallibile della Chiesa in ogni tempo!

E Dio sa come Pio IX avesse avuto momenti difficili nell’ottenere il pieno appoggio della maggioranza dei Vescovi nell’impegnarsi nella dottrina della Chiesa tradizionale e costante dell’Infallibilità. Non che i prelati fossero contro l’Infallibilità, ma essi mostravano segni di incertezza e perplessità sul quando e sul come questa dottrina dovesse essere applicata. Non capivano, nel 1869-70, l’importanza e l’urgenza di dichiarare nuovamente e solennemente questo dogma che era già stato riconosciuto e dichiarato ai Concili di Lione e di Firenze. I nemici della “quinta colonna”, in mezzo a loro, avevano provato tutto il possibile per persuadere i Vescovi che una nuova dichiarazione nei tempi moderni fosse inutile, il che sarebbe come dire che coloro che hanno detto le preghiere del mattino, come i bambini, non hanno più bisogno di ripeterle più tardi e nella loro vita!

Pio IX voleva invece un Concilio dogmatico che riaffermasse l’Infallibilità papale per una ragione molto semplice e vitale: voleva mettere cioè in chiaro che le sentenze passate della Chiesa, essendo infallibili come tali, di conseguenza sono permanenti, vincolanti per tutte le epoche e quindi non devono essere mai più riaperte o riformate in modo da dare loro nuove espressioni!

Le sentenze della Chiesa sono irreformabili e costanti perché sono gli echi di vita degli insegnamenti infallibili della fede verso il “gregge” attraverso i secoli. E Pio IX voleva un Concilio dogmatico aggiornato onde precisare questo.

Purtroppo, molti prelati non riuscivano a vedere perché la Chiesa, nonostante le sue sentenze, non potesse essere un po’ più elastica, come essi stessi sembravano disposti ad essere nei loro giudizi personali. Sarebbe stato come render loro la vita più facile se la Chiesa non fosse stata così inflessibile. Ma questo avrebbe messo a repentaglio la fede, e condotto alla sua demolizione, inevitabilmente, nel momento in cui veniva favorita la politica di compromesso. Tale è l’esempio americano, per quanto riguarda tale politica, per cui si può facilmente constatare che, in qualunque paese ove l’influenza dell’ebraismo e della Massoneria sia forte, i vescovi locali sono deboli per ciò che riguarda l’esigenza di proteggere la Santa Chiesa nella costanza e nella permanenza delle sue decisioni.

Prendiamo come esempio gli Stati Uniti. I prelati americani, disobbedendo ai Papi, trattenevano i sacerdoti dalla lettura e dall’insegnamento, dai loro pulpiti, delle encicliche papali, perché il loro contenuto avrebbe potuto offendere gli ebrei, i protestanti ed i massoni. Queste encicliche avrebbero repentinamente avvisato la popolazione cattolica del pericoloso nemico che si annidava nella loro terra e avrebbe anche reso noto il dovere di superarli; ma in nome di una falsa pace, venendo meno al loro dovere di proteggere il gregge, i vescovi americani trattenevano le loro lingue, -come i cani muti di Isaia! -; così che la gente rimaneva nella propria ignoranza, e si è avuto tutto il tempo per inculcare, per osmosi, la mentalità anti-cristiana del nemico dalle idee fratricide. Consapevolmente od inconsapevolmente, le azioni e i discorsi dei vescovi americani troppo spesso rispecchiavano le sofisticherie della sinagoga e delle grandi logge, e la gente, si sa, imita quel che vede e sente fare e dire dai loro pastori.

Pure altre roccaforti ebreo-massoniche dettero prova di influenzare la dottrina “fallibilista”, ed oltre ai prelati americani, anche 140 vescovi tedeschi, ungheresi, francesi ed italiani rivolsero una petizione simile al Santo Padre, che naturalmente rifiutò saggiamente di adottare il motivo pregiudiziale. La votazione finale del Concilio pronunciata al momento da 975 prelati, ancora una volta dichiarava alfine l’Infallibilità papale con la costanza e l’irreformabilità delle decisioni della Chiesa, mettendo al bando gli appelli ad un Concilio ecumenico che superasse l’autorità del Papa.

Il piano ebraico fallisce: lo scoppio della guerra Franco-prussiana, causando la chiusura frettolosa del Concilio Vaticano, giunse come un evento fortuito, per cui il piano degli Ebrei, che al momento stavano per proporre una “postulazione” sugli ebrei, prima di avviare una discussione generale con i Padri conciliari ingannati e caduti nel tranello del “ribaltone”, miseramente abortì. Nonostante il Concilio fosse in procinto di dichiarare l’Infallibilità e la non-riapertura delle sentenze passate, i perfidi Giudei avevano comunque in animo di attuare il loro “colpo di mano” in ogni caso. Ma grazie allo scoppio della guerra, essi non riuscirono quindi a recare in porto il loro piano.

LA MORTE SOFFIA DAL VATICANO I

   Per combattere il male conciliarista con la riapertura di passate sentenze, il Concilio Vaticano, nella sua prima costituzione dogmatica, emessa il 18 luglio 1870, dichiara: (alla fine del capitolo III della “Pastor Aeternus”): “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]. Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici.” (Canoni dogmatici e decreti, pp. 249-250). Si ribadisce quindi, in pieno, il contenuto dogmatico di “Execrabilis”!

D’altra parte già nelle parole usate da papa S. Niccolò I, e al Sinodo di Quedlinburg (1085), si sottolineava: che ” … non è consentito a nessuno di rivedere le sue [del Santo Padre] sentenze e sedersi in giudizio su ciò che è giudicato” (citato nella nota in calce al documento del Vaticano I; ibid., pp. 256-257).

Non c’è assolutamente nessuna possibilità di appellarsi su un giudizio infallibile. E così il Concilio Vaticano Primo ha assestato il colpo di grazia anche al v-2. Il Concilio Vaticano I, come “Execrabilis”, ha fatto in modo che il v-2 sia nato già morto, un aborto immondo ed abominevole!

Non c’è niente di ambiguo in “Execrabilis”, e tutto quanto prescritto in questa grande Bolla è stato riaffermato parimenti al Primo Concilio Vaticano, poco meno di 150 anni fa!

Contrariamente a quello che dicono i nemici di Cristo, i Cattolici non devono essere giuristi canonici per comprendere il senso semplice, il significato elementare della bolla cosiddetta “Execrabilis”, opposta vigorosamente allo pseudo-Concilio Vaticano II, un “conciliabolo” messo in piedi in modo truffaldino per sfuggire alle sentenze della Chiesa. Tuttavia, il nemico marrano e la “quinta colonna”, sempre tenacemente, instancabilmente in azione, oggi più che mai sta usando questo falso argomento, spurio, nella speranza che i sacerdoti ed i laici si sentano sconfitti e perdano la fiducia nell’uso delle armi di cui la Chiesa si è da tempo dotata, come se questi potenti strumenti siano inutili o non dicano ciò che con forza dichiarano. Il solito “nemico marrano”, in azione all’interno della Chiesa, desidera utilizzare i propri avvocati, i falsi teologi o teosofi, affabulatori tutti, istruiti nelle false interpretazioni, nelle erronee applicazioni per sovvertire le leggi della Chiesa eternamente valide. Il “nemico marrano” inoltre si è autoreferenziato proponendosi come l’unico qualificato a dirci cosa la Chiesa abbia stabilito. I marrani e i gerarchi della “quinta colonna” fingono che le leggi passate della Chiesa siano antiquate e inapplicabili alle circostanze odierne, perciò cerchiamo noi di essere attenti ai trucchi secolari dei marrani, dei “nemici di tutti gli uomini”, della razza di vipere, dei ciechi che guidano altri ciechi, e consapevoli del tradimento rivoltante che stanno mettendo in atto, a detrimento delle nostre anime.

QUATTRO CARATTERISTICHE FONDAMENTALI

    Riprendiamo la riesamina di “Execrabilis”: essa possiede quattro caratteristiche importanti: -1 la natura vincolante delle decisioni della Chiesa; -2 l’ampio coinvolgimento di persone sulle quali ricade la condanna; -3 i requisiti richiesti per la rimozione dell’anatema; -4 l’effetto delle leggi della Chiesa sui comitati ed istituzioni erroneamente convocati ed utilizzati.

A). La nozione di “decisione”, così come utilizzata in “Execrabilis”, amplificata e riaffermata dal Concilio Vaticano I, abbraccia radicalmente dogma, dottrina, insegnamento e culto. “Execrabilis” copre non solo le sentenze della Chiesa esistenti allora, al tempo di Papa Pio II, ma anche le sentenze di Papi successivi contro eventuali attacchi da parte di un Concilio illegale o di un Pontefice illegittimamente usurpante (come ai nostri tempi, ad iniziare dal 1958). Così è coinvolto ogni giudizio della Chiesa che riguardi la fede e la morale. Condannate perciò sono tutte le soppressioni, innovazioni, modifiche e false dottrine introdotte dal Concilio cosiddetto Vaticano II° (v-2), che attua il tentativo di cambiare il pensiero e l’atteggiamento dei cattolici sulla fede e sulla morale. Questa legge, perla del Magistero della Chiesa, è una difesa contro chi tenta di modificare le decisioni della stessa Chiesa contro l’ebraismo rabbinico, il naturalismo, la Massoneria, il comunismo, l’umanesimo, il supernaturalismo, l’ecumenismo massonico e tutte le altre aberrazioni eretiche attualmente in voga.

B). La successiva nota da sottolineare è l’ampio coinvolgimento delle persone su cui ricade la condanna di “Execrabilis”: tutti coloro – incluso un Papa (che a quel punto non sarebbe più da ritenersi un Papa “vero”) – che violano la legge prevista da “Execrabilis” sono ritenuti colpevoli. Così, per cominciare, tutti coloro che tramino e convochino un Concilio illegale, si insediano in commissioni e progetti agli schemi … anti-cattolici, o prendano parte nella sua causa contro la Chiesa… o implementino o promuovano tali Concili con sentenze di rottura (compresi gli inventori, per gli allocchi, ed i propugnatori della “idiota per idioti”, “ermeneutica della continuità”), violano tutti l’intento e lo spirito di “Execrabilis” ed automaticamente (ipso facto!) vengono posti fuori dalla Chiesa di Cristo, l’unica vera, con l’ “anatema” finale, espressione che si compendia in un’unica parola: “dannazione”!

Di conseguenza, ecco la fine del neo-antipapa, il sedicente Giovanni XXIII, emulo dell’altro antipapa suo predecessore ed omonimo, che ha convocato il cosiddetto concilio Vaticano II° per chiedere di eludere ed “aggiornare” le sentenze della Chiesa, e l’omosessuale “illuminato” Montini, colui che indossava l’efod al posto del Crocifisso, il sedicente Paolo VI, che si è accuratamente applicato nel promuovere ed implementare il “concilio” illegale e, completandone i lavori, nel rilasciarne tutti i suoi “falsi” obbrobriosi documenti: essi si sono posti al di fuori dalla Chiesa con l’indignazione di Dio sulle loro anime! … altro che santi! Santi sì, ma della sinagoga di satana!

Allo stesso modo scomunicati, con l’ira di Dio, sono tutti i sacerdoti e i religiosi che hanno lavorato nelle varie commissioni preparatorie degli schemi “ribaltanti” e anche i prelati, consultori, consulenti, esperti che hanno partecipato, condividendole coscientemente e consapevolmente, alle attività anti-cattoliche del concilio c.d. v-2 in qualsiasi modo e sotto tutti gli aspetti, in quanto i loro sforzi costituivano l’adesione e l’elargizione in favori, nonché l’assistenza ai nemici di Cristo, che avevano fatto appello ad un “concilio”. Allo stesso modo banditi dalla Chiesa sono tutti i Vescovi diocesani che hanno consentito l’apertura dell’ovile del Salvatore, permettendo così in esso, l’ingresso di lupi voraci. Gli insegnanti, i professori, i rettori e presidi di facoltà, di seminari, collegi, università che hanno promosso e promuovono tuttora il lavoro del falso concilio v-2, rientrano nella condanna di “Execrabilis”, poiché ivi si diffondono le false dottrine dei nemici della Croce, opposte alle sentenze della Chiesa di Cristo.

Così estesa è la copertura dei colpevoli che persino giornalisti, scrittori e testimoni e, in generale, tutti coloro che consapevolmente abbiano fornito consigli, aiuto, o favoriscano tuttora quelli che hanno fatto appello al concilio c.d. v-2 (cioè ebrei e massoni in primis, ma anche tutti i “novatori” modernisti e progressisti) sono puniti con la stessa drastica pena. Colpevoli sono tutti coloro che intenzionalmente accettano l’eretico “concilio” v-2 e i suoi pessimo frutti, tutti i sacerdoti che, in violazione del loro giuramento di difendere la Chiesa contro l’eresia, abbracciano i nuovi e strambi insegnamenti del v-2, sapendo che si oppongono alle decisioni della Chiesa Cattolica Apostolica di sempre, sottostando all’illegale soppressione del Sacrificio della Messa (offerto oltretutto, come un rituale rosa+crociano al “signore dell’universo”, cioè al baphomet-lucifero della massoneria!) e tollerano l’anti-cattolico “novus Ordo” che si allontana in modo impressionante dal Catechismo del Sacrosanto Concilio di Trento, per insegnare le false dottrine della “setta vaticano-2”, o in qualsiasi modo favoriscano l’attecchimento dell’esecrabile ed illegale “concilio” v-2: “Tutti sono scomunicati dalla Chiesa Apostolica con l’indignazione di Dio sul loro capo!”

C). Il terzo notevole aspetto della bolla “Execrabilis” è l’assoluzione riservata al Sommo Pontefice che unicamente ha quindi il potere di revocare la sentenza di scomunica rimettendo ai colpevoli questo peccato particolarmente grave.

Questa riserva di assoluzione naturalmente presuppone un legittimo Pontefice in grado di rimuovere la terribile scomunica. Ma, dal 1958, nessun legittimo rappresentante di Cristo occupa la Sede Apostolica terrena che possa emettere sentenza. Usurpatori, uomini che sopprimono il primato della Chiesa di Cristo e la sua sovranità, uomini indegni che “giustamente” rifiutano il triregno incoronato e tutto ciò che esso sta a significare: tali “impostori” non possono né scomunicare né tantomeno sollevare dalla sentenza di scomunica, essendo essi stessi scomunicati. Questi impostori, nonostante la loro forzata “elezione”, hanno, con le loro eresie, spinto se stessi fuori dalla Chiesa e pertanto non possono revocare la scomunica, perché colui che si mette fuori della Chiesa non può legittimamente esercitare il potere papale (Vedi p. Saenz, La sede vacante, Veritas, dicembre 1975). Coloro che sono fuori della Chiesa non sono ovviamente all’interno della Chiesa né, a maggior ragione, possono esserne i capi!

Poiché la Sede di Pietro è in questo momento “impedita”, e quindi vacante per ciò che riguarda l’adozione di provvedimenti efficaci, coloro che sono caduti nell’anatema di “Execrabilis” sono in gravissima difficoltà perché, come ci dice il Concilio di Trento, “I sacerdoti non hanno alcun potere di assoluzione in casi riservati alla Sede Apostolica, eccetto che in punto di morte.” Il tridentino ci dice anche: “… che debba essere di nessun valore quell’assoluzione che il sacerdote pronuncia su colui sul quale non abbia giurisdizione, ordinaria o delegata (dottrina sul sacramento della penitenza, capitolo VII).

Per un sacerdote che assolva un peccato riservato, in punto di morte, è fondamentale che ci sia un riconoscimento di colpa. È essenziale quindi in questo caso, che il peccatore abiuri il concilio v-2. Egli deve cioè pentirsi di aver partecipato al concilio v-2 illegale, o di averlo anche solamente promosso, sostenuto o attuato, così come pure l’aver favorito coloro che hanno partecipato al suddetto illegale concilio c.d. v-2. Senza pentimento non può esserci alcuna assoluzione del peccato riservato, che rimane così non confessato. In tale stato peccaminoso, impenitente ed insolvente, il peccatore va incontro al suo “caloroso” destino, al giudizio del Creatore!

Il mondo ha assistito così alla sorte dei presunti “papi” del v-2 che sono andati incontro alla loro morte impenitenti ed insolventi rispetto ai loro crimini, perpetrati nel corso del c.d. v-2, contro Dio e la sua Chiesa, così come definito in “Execrabilis” e dal Concilio Vaticano I.

Al capezzale di Angelo Roncalli (c.d. Giovanni XXIII) si trovavano molti prelati della Chiesa, tra i quali due suoi confessori, ma nessuno di loro si è premurato nell’aiutarlo a riconciliarsi e pacificarsi con il Creatore, perché essi stessi non volevano ammettere l’inesattezza dell’illegale Concilio v-2 che ha emesso sentenze di rottura con la dottrina della Chiesa, e non volevano ugualmente ammettere che l’alterare, il soppiantare ed il sopprimere le sentenze infallibili della Chiesa, costituisse un peccato mortale, oppure che sia peccaminoso convocare un Concilio per raggiungere questi malvagi obiettivi, o che la Chiesa possa infliggere sanzioni, estese nell’eternità, su coloro che infrangono le sue leggi. Ciò che è legato sulla terra è legato anche in cielo, sotto il potere delle chiavi!

  1. Battista Montini (il sedicente antipapa Paolo VI), l’immediato successore di Giovanni XXIII, si è particolarmente distinto oltre che nell’illegale concilio c.d. v-2, anche nel momento della morte. Anticipando infatti la sua morte, già nel 1963 all’età di 66 anni, nell’anno della sua elezione, l’antipapa Paolo VI nelle sua ultime volontà e nel Testamento aggiunto nel 1972 e nel 1973, sembrava essere molto consapevole del fatto che egli non fosse un vero rappresentante di Cristo, al punto da chiedere che non gli venisse fatto né un funerale, come per i veri Pontefici, né avere una sepoltura simile.

Nel suo tipico caustico ostinato rifiuto delle genuine pratiche cattoliche e della Santa tradizione dichiarava: “… per quanto riguarda il mio funerale: che sia semplice e animato dalla pietà religiosa. Non vorrei avere il catafalco, come è consuetudine per i funerali dei Papi; invece lasciate che le cose si svolgano in modo umile.” Per quanto riguarda la sua tomba, non ne voleva alcuna: “Nessun monumento per me”. Il V-2 doveva essere il suo monumento, il sepolcro dell’empietà!

Nelle sue ultime volontà e Testamenti, il c.d. Paolo VI ha scritto del suo desiderio principale: “l’attuazione dell’eretico concilio c.d. v-2.”… Lasciate che le sue prescrizioni siano messe in atto.” Per quanto riguarda l’eretico ecumenismo di matrice massonica, ha dichiarato: “l’approccio con i fratelli separati deve procedere spedito …” Ha aggiunto, con la sua solita ingannevole doppiezza modernista, “ma senza deviare dalla vera dottrina cattolica” (sic!). Le false idee tenute dal marrano Montini, per quanto riguarda “la vera dottrina cattolica” erano lontane, come il cielo dista dalla terra, dalle verità divine proclamate alla Santa Chiesa cattolica nei fondamenti della rivelazione soprannaturale.

Nel suo testamento finale il Montini, l’antipapa Paolo VI ha contraddetto tutti gli avvertimenti della Chiesa contro il mondo, la carne e il diavolo. Tutti i veri Pontefici hanno raffigurato il mondo come la città di Satana opposta alla città di Dio (Chi ama il mondo odia Dio – lett. di S. Giacomo). Si è sempre consigliato ai fedeli di servire Dio, non il mondo. Ma Paolo VI, il papa fasullo, diceva “si deve osservare il mondo, amarlo e servirlo” (da “Il testamento di Paolo VI” – L’Osservatore Romano 24 agosto 1978, pagine 1, 2).

Considerando che i suoi giorni fossero contati – come indicato dal suo frequente riferimento alla morte – Montini aveva fretta di procedere nell’inculcare più profondamente il concilio c.d. v-2. Gli ultimi mesi della vita del “pontefice degli Illuminati di Baviera”, hanno visto un programma intensificato nell’attuazione del programma del c.d. v-2, che comprendeva tra l’altro, la sua funesta dedizione nel rendere il Vaticano un luogo d’incontro particolarmente cordiale ed il rifugio per gli ebrei, massoni, comunisti, cioè tutti i nemici dichiarati dell’unica “vera” Fede e dell’unica “vera” Chiesa.B. Montini, da buon marrano, principe degli eresiarchi, indossatore inverecondo dell’efod, il paramento tenuto da Caifa quando condannò Gesù a morte, ha sempre cercato di rinsaldare sempre più i legami tra Cattolici ed ebrei favorendo questi ultimi. Notizie e fotografie giornalistiche hanno ripetutamente registrato i suoi ostentati decreti papali in contraddizione con le leggi della Chiesa, onde fraternizzare e sostenere attivamente i nemici della Croce e dell’Ordine Cristiano. Nelle udienze private ha sempre detto falsamente che ebrei e musulmani, i quali notoriamente rigettano la Trinità, disprezzano e disconoscono Gesù Cristo, adorano lo stesso Dio dei Cattolici. Quando egli non poteva ospitare il nemico presso il Vaticano, mandava rappresentanti all’ONU, l’organizzazione mondialista ateo-massonica, onde sottolineare “la pace”, cosa che significava che la Chiesa non si sarebbe opposta al suo nemico, e rassicurando continuamente in questa promessa che egli stesso aveva fatto pubblicamente per primo all’ONU nell’ottobre del 1965.

Quest'”uomo del peccato”, G.B. Montini, l’antipapa sedicente Paolo VI, devastò il cuore e l’anima della famiglia cattolica nel sollecitare la libera interpretazione delle leggi del matrimonio, in modo da distruggere i matrimoni più cattolici.

Nelle sue udienze generali vi erano continue sollecitazioni a “seguire il concilio [v2].” Questa è solo una breve lista dei molti crimini mostruosi del falso “papa” Paolo VI contro la fede in Cristo e la sua Chiesa durante i suoi ultimi giorni di vita. Fino al giorno della sua morte Montini, tra un amante e l’altro, aveva occupato tutto se stesso nel lavorare per l’ulteriore avanzamento dell’illegale concilio c.d. v-2.

Senza rimpianto o rimorso, l’ignobile, senza temere neanche per un attimo l’ira di quel Dio da lui tanto disprezzato, si è allontanato da questa vita lasciando dietro di sé il caos in tutto il mondo spirituale: milioni di anime che languono per la divina Messa ed i Sacramenti, Messa che egli, avvalendosi della sua falsa autorità, ha soppresso sostituendola con un rito blasfemo, in stile rosa+croce, una liturgia che offre culto all’uomo e al “signore di questo mondo” (il luciferino baphomet, adorato dalla massoneria come “signore dell’universo”). Senza contare la devastante formula della consacrazione dei Vescovi, studiata meticolosamente a tavolino con il suo degno compare, il massone Annibale Bugnini, [Buan 1375/65] formula sacrilega ed eretica che non consacra affatto validamente nessun vescovo, che a sua volta quindi non consacra nessun sacerdote, il tutto ridotto perciò ad un grottesco e funesto carnevale satanico! Tanta è la devastazione del c.d. v-2, abbattutasi sulla sede di Pietro e sull’episcopato ( … quello che resta), e che vede dappertutto conventi, monasteri, seminari, pressoché completamente svuotati, ed una società totalmente secolarizzata, scristianizzata e massonizzata! La Sposa di Cristo è disorientata, confusa, dispersa, recisa come grano dalla falce. I sacerdoti di Cristo si sono allontanati da Lui, non volendo capire cosa sia successo per mano dell’ “l’uomo della perdizione”. Ecco come quest’uomo scellerato è andato incontro al suo Giudice, a Colui che dice: “A me la vendetta, sono io che ricambierò”,(Rom. XII, 19 – citando dal “Cantico a Dio Roccia di Israele” in Deuter. Cap. XXXII).

Poi venne Albino Luciani (c.d. Giovanni Paolo I), occupante la sede Papale per soli 33 giorni, che volontariamente preferì calcare le orme tracciate dai suoi due immediati predecessori, anche nell’assunzione dei loro nomi. Offrendo il suo pieno sostegno al concilio illegale, c.d. v-2, Giovanni Paolo I rifiutò la Tiara e l’intronizzazione, designando se stesso come “il primo ministro” della setta della Contro-Chiesa conciliare fondata dagli antipapi c.d. Giovanni XXIII e Paolo VI, i due burattini principali della sinagoga, ai quali era stata illegittimamente dato il trono di Pietro per attuare il complotto contro la Chiesa di Cristo. Giovanni Paolo I non aveva alcun desiderio di essere un vero Pontefice; non volendo essere riconosciuto o accettato come il Sommo Pontefice della Chiesa di Cristo, cosa che in effetti non era, e di cui era ben consapevole nell’accusarsi tale.

Due dei suoi più scandalosi testamenti sono: 1) la raccolta di lettere e: 2) le sue dichiarazioni per quanto riguarda la propria mancanza di fede.

In una «lettera» mal concepita a Cristo, egli osò presumere giudicare in Gesù Cristo, autore della carità: la parola di Dio, i suoi detti e la promessa. Circa la sua incredulità, ha dichiarato pubblicamente che non accettava la Religione divina, affidata alla Chiesa Cattolica, per salvaguardare ed insegnare, come l’ “unica vera religione” con i diritti che le altre non hanno, e che egli non credeva che solo la verità avesse il diritto di esistere. Alla fine, ha detto, “mi sono convinto che ci si era sbagliati” (Vedi Veritas, agosto-settembre 1978, pagine 14, 19). Infine è stato ripagato con una buona bevanda tossica, che lo ha rispedito dopo 33 giorni, a colui di cui era servo!

Il quadro è chiaro: nessuno di questi tre v-2 falsi “Papi”, infelici e lugubri titolari usurpanti della cattedra papale, ha rigettato o rivisto gli atti anticristiani contro la Chiesa e la Fede, alterati dal v-2. E il giudizio di “associazione a delinquere contro la Chiesa” di “Execrabilis”, cade come un macigno su tutti e tre. Tale era il loro “status” quando l’angelo della morte ha trasportato le loro anime nell’aldilà per il giudizio divino! Dice infatti il Salmo XXXVI: “Dominus autem irridebit eum, quoniam prospicit quod veniet dies ejus” [Ma il Signore ride dell’empio, perché vede arrivare il suo giorno].

Tutti: laici, Vescovi, sacerdoti, religiosi e cardinali che hanno collaborato al v-2 stanno passando inesorabilmente all’altra vita nello stato di impenitenza e di insolvenza del loro colpevole coinvolgimento nel famigerato Consiglio v-2: senza perdono sacramentale, a causa del loro deciso rifiuto di riconoscere l’erranza del v-2, ed ostinati nella loro negazione nell’ammettere le conseguenze che le azioni sataniche del v-2 hanno prodotto sulla terra, onde il mondo è in estrema difficoltà. Essere implicati quindi in qualsiasi modo e ad un qualsiasi titolo in un “concilio” come il v-2, è certamente cosa da non essere respinta con leggerezza … “Dominus autem irridebit eos …

Ed anche gli ultimi finti “papi”, senza tiara e senza giuramento, dal sedicente Giovanni Paolo II agli attuali, si sono ingegnati per attuare le direttive del v-2 e peggiorarle, se possibile, fino a stravolgere totalmente il volto della Santa Sposa di Cristo ed infangare il potere del Papato, e ricadendo, per colmare la misura, tra l’altro, come vedremo poi, nell’altra maledizione comminata agli eretici usurpanti da Paolo IV in “cum ex Apostolatus officio”. Karol Wojtyɫa, marrano teosofo-comunista, non si crogiolava forse nel chiamare Paolo VI suo “padre” e “mentore”? Venendo a Roma dalla Polonia, oltre la Cortina di ferro, ha dichiarato più e più volte che egli si impegnava ad attuare tutti i desideri di Paolo VI per quanto riguardava il Concilio v-2. In altre parole che egli avrebbe espresso la volontà ed il testamento dell’anti-cristiano Paolo VI, piuttosto che eseguire la volontà ed il testamento di Gesù Cristo, il cui sangue ha sigillato per sempre l’Alleanza del Santuario, nel sacrificio della Croce, che ogni sacerdote ha il dovere di offrire “in memoria di Me.” Così il divino patto del Santuario, abbandonato da Paolo VI, continuerà ad essere abbandonato, sostituito e soppiantato dal patto satanico dello stesso, ed il suo nuovo ordine sotto il “ministero” (si fa per dire …) di Giovanni Paolo II e successori, che hanno tanta fretta di finire il turpe lavoro iniziato da tempo, prima che vengano scoperti, denunciati, e buttati come pula nel fuoco, dove li attende soddisfatto il loro “puparo”! Il “In memoria di Paolo VI”, in luogo di “In memoria di ME” – è la linea guida della attuale “sinagoga di satana” dilagata nella Chiesa. Tutti i falsi ed ingannevoli successori nella linea del v-2 hanno sul capo la terribile condanna dell’anatema di “Execrabilis” e di “Ex cum apostolatus officio”!

D). La quarta caratteristica essenziale di “Execrabilis” è il suo effetto demolitivo sul v-2 e su qualsiasi Concilio chiamato a modificare e ad eludere le sentenze della Chiesa.

Execrabilis” pronuncia, dichiara e decreta che tutti questi concili – non importa in quale epoca o territorio, e con quale modalità vengano convocati – sono condannati in anticipo, riprovati, annullati, respinti! In effetti, con questo decreto di nullità del v-2, tutti i relativi documenti, decreti e le sue operazioni sono stati completamente svuotati del loro lordume, sono stati spogliati di ogni legittimità e resi totalmente nulli ed inoperanti! È come se il V-2 non fosse mai stato mai convocato, e per questo non vincola all’obbedienza né la Chiesa, né qualsiasi fedele, né oggi né mai!

Ed ancora, il Concilio di v-2, convocato su richiesta dei nemici di Cristo, è spazzato via come sterco putrido, e nessun Cattolico è da esso vincolato in alcun modo, tanto più che l’adesione intenzionale o l’obbedienza al condannato e nullo concilio v-2, fa ricadere “ipso facto” sul suo capo la scomunica e l’ira di Dio. Scomunica ed ira che non sono immagini astratte, eventi occultabili, bensì, come dichiara Pio VI in “Auctorem fidei”, condanne che imprimono un carattere indelebile nell’anima che viene così proiettata, in eterno, lì dove è “pianto e stridore di denti”. In questo modo, oltretutto, la Chiesa Apostolica salvaguarda e mantiene il rispetto per i suoi Concili validi.

IL (FALSO) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

   Sono trascorsi oltre 90 anni dal Concilio Vaticano I al conciliabolo c.s. Vaticano II: per i Giudei il tempo non significa nulla quando si tratta di ottenere il risultato cercato. Questo spiega perché il mondo giudaico può attendere pazientemente da un secolo all’altro, tramare da un Concilio ad un altro, aspettando l’opportunità di raggiungere il suo obiettivo. Dopo tutto, i giudei hanno organizzato il tutto aspettando 2.000 anni per ottenere ciò che volevano dal concilio v-2. Questo enorme successo dell’ebraismo nel guadagnare il controllo della Chiesa doveva passare in pratica, attraverso un semplice grimaldello, cioè quello di ottenere un “concilio”, più o meno falso ed artificioso, ma apparentemente accettato, in grado di raggiungere quello che i Giudei non erano riusciti ad imporre nel Concilio precedente.

Così è stato, e quel che questi nemici di Cristo e della sua Chiesa non erano riusciti ad ottenere dal Vaticano I, col passare del tempo, giocando sulla loro astuzia, l’infiltrazione subdola della “quinta colonna” ed il tradimento della gerarchia corrotta, è stato dai Giudei guadagnato nel corso del concilio vaticano 2° il cui intento dichiarato in partenza era quello di offrire l’opportunità di eludere, vanificare ed annullare le sentenze passate della Chiesa.

Il concilio v-2 era stato preceduto da un “concilio ebraico”, al gran Kahal, che aveva pianificato le molte richieste scandalose poi fatte e concesse da questo “concilio” illegale così manipolato dall’ebraismo internazionale. Le sue decisioni distruttive hanno prodotto un rimpasto profondo ed una destrutturazione della Fede Cattolica e della Chiesa, come è evidente nelle diocesi e parrocchie in tutto il mondo, che costituiscono il risultato diretto della riapertura della totalità delle sentenze irreformabili della Chiesa. Di conseguenza, tutto – dottrina, insegnamento, culto, pensiero ed atteggiamento – è stato intaccato e danneggiato dai nemici di Cristo attraverso il concilio V- 2.

Il motto dei Marrani: – I marrani hanno utilizzato una trovata truffaldina, l’”aggiornamento della Chiesa” come loro trucco ingannevole per influenzare i Vescovi del concilio a modificare le sentenze della Chiesa. Questo “mantra” progressista è tuttora utilizzato per convincere e tenere a bada i cattolici legati al v-2. Questo slogan è un astuto richiamo alla vanità dei cattolici giovani e degli anziani che non desiderano essere etichettati come “non al passo coi tempi” in modo da convincerli a non cambiare atteggiamento. Questo trucco dell’ebraismo ha avuto un notevole successo, come dimostra il fatto che la maggior parte dei Cattolici, pur sapendo che il v-2 si sia allontanato in modo impressionante dalla fede millenaria della Chiesa, rimane tuttavia aderente alle sue nuove imposizioni.

Alcuni dimostrano addirittura una ottusità ed una ignoranza tale da razionalizzare i cambiamenti radicali della “contro-Chiesa” dicendo: “questo è il modo in cui ho sempre pensato che la Chiesa dovesse essere. Le vecchie modalità erano troppo limitative, troppo legalistiche, antiliberali. Ora tutto ciò è stato cambiato; si trattava solo di leggi artificiali che dovevano essere modificate o abrogate!”

Il problema qui è il non riuscire a distinguere tra regole amministrative o disciplinari, e leggi e sentenze della Chiesa. È vero che i Papi sono esseri umani, ma poiché agiscono come Vicari di Cristo, le leggi e le sentenze della Chiesa diventano disposizioni divine, e le sentenze di Dio, per loro natura, sono infallibili, come il potere delle Chiavi affidate alla sua Chiesa, e pertanto non sono soggette a modifiche o abrogazioni, e nessuno può legittimamente giudicare o cambiare i decreti e le sentenze della Chiesa, costanti ed infallibili!

Come è possibile poi “aggiornare la Chiesa”, ripristinando pratiche tralasciate del passato, per esempio facendo rivivere il diaconato laico che si è rivelato inutile e molto pericoloso per il sacerdozio celibatario e pertanto giustamente messo fuorilegge. La confusione delle distinzioni è il veicolo usato per l’”aggiornamento”, per cui i cattolici sono ripiombati in antiche pratiche già respinte, scartando quelle che si sono da sempre rivelate sane e giuste, e sono stati indotti ad accettare la sostituzione, con false pratiche e teologie perverse, della verità di Dio. Le solite “dissotterrate” tradizioni umane in luogo della legge divina, come denunciato già da Gesù nel Vangelo …. nulla di nuovo sotto il sole … della sinagoga! Negli “aggiornamenti” il disordine diventa la regola principale. Basta osservare ciò che succede nei cosiddetti “movimenti” introdotti nella Chiesa cattolica, ove vengono sdoganate pratiche profane, irriverenti verso Dio e le autorità, in scenari da stadi deliranti, in una confusione paganeggiante, introducendo, come cristiane, ideologie eretiche, filosofie nichiliste, neuro-psichismi orientaleggianti, presunti e fasulli carismi millantati da neuropatici demenziali, assurde stramberie dal sapore gnostico e kabbalistico, ove si confonde amore con passionalità, carità con vizio, impudicizia, passionalità carnale, addirittura contro-natura …. bolge degne di gironi infernali dove si idolatrano falsi profeti o personaggi di estrazione chiaramente anticristiana e luciferina, il tutto autorizzato e sostenuto da false gerarchie e da carnevaleschi prelati. Tutto questo è oggi possibile grazie all’aggiornamento, al rinnovamento satanico avviato dai marrani nel concilio v-2 per il trionfo della “contro-Chiesa” che prepara l’avvento dell’anticristo.

Il PREZZO DELL’AGGIORNAMENTO

   I sostenitori del v-2, in aperta ribellione contro Dio, hanno contratto la stessa malattia spirituale degli ebrei: la cecità e la durezza di cuore, incorrendo così nell’ira di Dio. Occorre che essi considerino ora se vale la pena di aderire all’esecrabile concilio, rispettarne le decisioni, per poi perdere l’anima in eterno!

Lasciamo che la gerarchia, i sacerdoti, i religiosi, le suore e i laici, che incautamente pensano che partecipando ai peccati del v-2 siano impegnati nella mentalità moderna nell’”aggiornamento” e “rinnovamento” della Chiesa, facendo notare chiaramente il pericolo spirituale in cui sono sprofondati dal “concilio” esecrabile v-2 ed inducendoli ad obbedire all’ingiunzione celeste di tirarsi fuori dalla “contro-Chiesa” del v-2, la “prostituta”, per non partecipare dei suoi peccati e riceverne le piaghe (Apoc. XVIII:4).

Unica via d’uscita, per essere in pace con Dio, è quella di rinunciare completamente al v-2, “uscirne fuori” in qualsiasi modo, con ogni mezzo, senza mai tornare indietro. Se non si riesce a trovare un sacerdote “non v-2” per confessare la colpa passata, si può fare come la Chiesa insegna circa coloro che non hanno nessun sacerdote disponibile: fare un atto di contrizione perfetta:

“Deus meus, ex toto corde paenitet me omnium meorum peccatorum, eaque detestor, quia peccandi, non solum paenas a Te juste statutas promeritus sum, sed presertim quia offendi Te, summum bonum, ac dignum qui super omnia diligaris. Ideo fermiter propono, adiuvante gratia tua, de cetero me non peccaturum, peccandique occasiones proximas fugiturum. Misere nostri, Domine, miserere nostri!”

Davanti a Dio, bisogna rinunciare al v-2, a tutte le sue opere e alle sue pompe, risolversi saldamente di non partecipare mai più ad una qualsiasi delle sue attività. Quindi dobbiamo metterci nelle mani di Dio misericordioso ed attendere il giorno in cui possiamo ricevere l’assoluzione da un sacerdote cattolico apostolico veramente fedele. Molti di noi probabilmente dovranno morire senza incontrare un vero sacerdote, ma bisogna confidare in Dio… mantenere i suoi comandamenti… mantenere saldamente la Fede… rispettare le leggi e le sentenze della Chiesa Apostolica, senza lasciarsi ingannare o confondere dalla “contro-Chiesa” v-2.

CANONE 58, del 4 ° CONCILIO DI TOLEDO

   Oltre ad “Execrabilis” e al Concilio Vaticano I, come possiamo essere ulteriormente sicuri che un falso concilio abbia favorito i Giudei nei confronti della Chiesa Cattolica, ricevendone anticipatamente la disapprovazione e la condanna? A questa certezza siamo guidati dal Canone LVIII del quarto Concilio di Toledo, tenutosi in Spagna per controllare l’influenza giudaica, così forte in quel periodo storico, in quella nazione (Vedi Veritas, luglio-ottobre 1975, pp. 33-34). Questo grande Canone dichiara:

Canone LVIII. “Di coloro che prestano aiuto e favore agli ebrei contro la fede del Cristo. La cupidigia di taluno è tale che a ragion di questa si separano dalla Fede, come disse l’Apostolo, molti anche tra i sacerdoti, ed altri, ricevendo doni dagli ebrei fomentano la loro perfidia patrocinandoli; questi vengono, non senza ragione, qualificati come membri dell’Anticristo, poiché contro Cristo operano.

   Qualsiasi Vescovo, Sacerdote o Secolare che continui a prestar loro appoggio contro la Fede Cristiana, sia perché fatto a regali, sia per puro e semplice favore, verrà considerato come un vero e proprio profano e sacrilego, privato della Santa Comunione e ritenuto straniero nel regno di Dio; perché è giusto che si separi dal corpo di Cristo, colui che si fa patrono dei nemici del Signore” (J. T. y Ramiro, Collecion de Canones de todos los Concilios de la Iglesia, tomo II, pag. 305).

Questo canone, sferra un colpo mortale sul v-2, anche se è solo uno di una lunga serie di leggi contro gli ebrei, a protezione e difesa della Chiesa, emanate dai diversi Concili di Toledo. Questo Canone “spazzatutto” è importante e decisivo contro il concilio v-2 per due motivi:

.1) – In primo luogo, i canoni del Concilio di Toledo sono stati dichiarati essere “in eterno” vincolanti e costanti. Significativo è che questo canone, come gli altri di questo e degli altri Concili toledani contro i Giudei, non può essere giammai modificato o abrogato o dichiarato inoperante o inapplicabile ai nostri tempi!

.2) – In secondo luogo, ai concili di Toledo era presente il delegato del Sommo Pontefice incaricato di offrire consigli e dare assenso ai provvedimenti adottati. Così i Canoni del Concilio di Toledo contro gli Ebrei e contro coloro che nella Chiesa danno loro aiuto, sostegno e protezione nella loro guerra contro la Chiesa e la Fede, sono delle sentenze eternamente vincolanti della Santa Sede. Queste sentenze sono particolarmente applicabili alla campagna sovversiva odierna dell’ebraismo condotta con l’assurda affermazione che la Sacra Scrittura e la Fede cattolica sono “antisemite” ed “offensive per gli Ebrei”, per cui devono essere modificate onde conformarsi alla mentalità anticristiana della sinagoga!

Di conseguenza, nel momento in cui Roncalli (l’antipapa Giovanni XXIII) convocava il concilio v-2 in favore della comunità ebraica ed a sostegno della sua guerra contro Cristo e la sua Chiesa, era automaticamente separato dal Corpo di Cristo (cioè la Chiesa Cattolica), sulla terra e in cielo, come giudicato dal Canone LVIII del 4° Concilio di Toledo. Così pure ha fatto il marrano Montini (l’antipapa sedicente Paolo VI) separandosi dal Regno di Dio e dalla Chiesa cattolica nel suo continuo recare, nell’illegale e esecrabile v-2, il sostegno alla comunità ebraica contro la Fede Cristiana. Non ci può essere nulla di più chiaro, di più certo del Canone LVIII del IV Concilio di Toledo nel comprendere e rigettare la truffa perpetrata da marrani e traditori, sciogliendo così, caso mai ancora ve ne fossero, ogni dubbio residuo.

IL V-2 AGISCE FAVORENDO I GIUDEI

   Quali sono che le azioni che costituisce favore e sostegno ai Giudei contro la Fede dei Cristiani? Se ne elencano alcuni tra le più ovvie.

Partecipare ai loro banchetti di falsa filantropia, è un atto che favorisce i Giudei contro la Fede Cristiana… prendere parte alle riunioni “interconfessionali” in sinagoga favorisce e supporta i Giudei … permettere agli Ebrei di eliminare libri cattolici o riscrivere libri sulla dottrina cattolica alterata, è favorire e sostenere gli appartenenti al corpo dell’anticristo… permettere agli Ebrei conferenze o insegnamenti in scuole cattoliche, nei seminari, in collegi, Università, è dare sostegno e favore ai Giudei contro la Chiesa cattolica e la fede…; invitare permettendo agli Ebrei di parlare da pulpiti Cattolici, è favorire e sostenere la guerra dei Giudei contro Cristo…; dare ascolto agli insegnamenti erronei dello gnostico talmud ebraico ed alle loro pretese di interpretare la Sacra Scrittura meglio dell’insegnamento cattolico, è contribuire a rafforzare la falsa religione ebraica, favorire e sostenere la comunità ebraica contro la fede cattolica e la Chiesa di Cristo…; il rimuovere immagini sacre sostituendole con l’arte iconoclasta ebraica nelle chiese per soddisfare i Giudei, costituisce un insulto a Cristo… sostenere la falsa accusa di «antisemitismo» favorendo e aizzando l’animosità dei Giudei verso Cristo … promuovere relazioni fra Cattolici ed Ebrei, un dialogo che è impossibile, promuovere legami più stretti tra Cristiani ed Ebrei è favorire i Giudei … proteggere ed aiutare un incredulo, gnostico-talmudico, massone ebreo che siede sulla cattedra di Pietro, è favorire e sostenere la guerra dei Giudei contro Gesù Cristo, il figlio di Dio, che è diventato uomo per amor nostro…; seguire e supportare gli usurpanti della Santa Cattedra Apostolica, che si impegnano a proseguire e ad implementare il “concilio” illegale v-2 è porgere aiuto e sostegno alla guerra dei Giudei contro la Fede e la Chiesa divina.

L’elenco potrebbe andare ancora avanti. È impossibile per chiunque partecipi ai lavori del concilio pro-Ebrei v-2 non aiutare la guerra dei Giudei contro Cristo e la sua Chiesa. La punizione per il sostegno ed i favori ai nemici della fede, è la separazione dal Regno di Dio, dal Corpo di Cristo, sia sulla terra che in cielo, come il Canone LVIII sancisce.

V-2 AL CONTRATTACCO

     Presi sotto il fuoco pesante delle armi del potente arsenale della Chiesa, con i suoi molteplici canoni e sentenze (non dimentichiamo pure Innocenzo III ed il Sacro Concilio Laterano IV, del quale ci occuperemo in altra sede!), i propugnatori del V-2 procedevano, ed ancora procedono, con fretta frenetica per mettere in campo la loro contro-forza, consistente essenzialmente in forme propagandistiche di critiche e sarcasmi, sia da parte di Paolo VI, sia da tutti gli altri traditori della Fede ed altri agenti, diretti contro coloro che si opponevano e tuttora si oppongono al v-2 illegale ed ai “papi” fasulli.

Ecco allora che gli scomunicati Giovanni XXIII e Paolo VI, obbligano con forza all’”obbedienza” a se stessi e al loro “concilio” v-2, impegnati ed impegnando chiaramente alla disobbedienza a Dio Onnipotente, dal momento che si contrappongono alle fonti della Rivelazione soprannaturale e alle sentenze infallibili della Chiesa di Cristo divinamente fondata. Il marrano Montini, c.d. Paolo VI andava così lontano da etichettare (nel 1973) come “tralci distaccati” coloro che osavano sottolineare le sue palesi eresie, al punto tale da sembrare che coloro che volessero mantenersi obbedienti a Dio, cadevano sotto scomunica. Tanto sapientemente ingannevole, invertita nei valori e completamente assurda, era la sporca tattica dei “papi” fasulli e dei loro lacchè. In verità, i “tralci recisi” sono proprio i “papi” fasulli ed i loro seguaci, tagliatisi fuori dall’ortodossia e dalla Tradizione Apostolica. Come predetto nelle sacre Scritture, oggi quei fedeli Cattolici che si oppongono ai “papi” fasulli ed al loro malvagio concilio v-2, sono tacciati di eresia e combattono sui bastioni della resistenza della Fede contro religiosi mascalzoni e traditori!

Il vegliardo padre Saenz era uno di questi combattenti sui bastioni della Fede. Nella sua opera “La sede vacante” ha tenuto a sottolineare che i titolari della Santa sede che si comportano come Roncalli, Montini ed eventuali successori, sono deposti da Dio stesso. Questa non è una semplice opinione personale o teologica, ma una sentenza inappellabile contenuta in una famosa bolla di Paolo IV del 1558, “Cum ex apostolatus officio”, già in precedenza ricordata, bolla totalmente confermata da un’analoga bolla di S. Pio V del 21.12.1566, la “Inter multiplices curas”. In un opuscolo del 1975: “Paolo IV ha anticipato Paolo VI”, diffuso largamente in varie parti del mondo, Hugh McGovern ricordava appunto questa bolla, la qual cosa procurò grande apprensione e sgomento negli ambienti della “chiesa dell’uomo” e tuttora ne procura, al punto che molti, anche tra gli infiltrati in ambienti falsamente “tradizionalisti”, (in realtà una quinta “colonnetta” a sostegno della setta v-2, per riportare nella rete i “pesciolini” eventualmente sfuggiti alla pesca e alle trappole progressiste), si affannano a rigettarla, o almeno occultarla per non cadere in un imbarazzo smascherante e senza via d’uscita.

BOLLA DI PAOLO IV APPROVATA E CONFERMATA DA S. PIO V

Ci ha provato ad esempio l’Abbé des Graviers, scrivendo nel Corriere de Roma (n. 156, pp 9-12) che, avendo appreso del problema per cui qualcuno volesse applicare a Montini (il falso Paolo VI) la bolla di Paolo IV, si meravigliava di questo, perché secondo lui i cattolici comuni non hanno alcuna conoscenza del diritto canonico, per cui non possono ragionevolmente dedurre dalla bolla, che il cardinale Montini (c.d. Paolo VI) fosse stato invalidamente eletto alla Sede romana, e fingendosi inorridito nello scoprire che i cattolici sensibili, che hanno cioè la capacità di leggere e comprendere uno scritto elementare, andassero dicendo che la Sede Apostolica è vacante (almeno in apparenza!) dal 1958, dalla morte del Santo Padre, Papa Pio XII.

L’Abbé des Graviers pensava che poiché non vi è una sentenza di applicazione della Bolla nel passato, è in dubbio il fatto che possa essere applicata in questo momento. Si tratta di un argomento veramente stupido e demenziale, anche perché nel passato non c’è stato nessun Papa che si sia discostato ereticamente dal deposito della Fede cattolica in materia di morale e di costume. A questa obiezione, manifestando ancor più il suo pensiero già tanto traballante, per non dire in malafede, dichiarava che: “In ogni caso, questo poco importa, perché nel 1918 abbiamo avuto il codice di diritto canonico con Papa Benedetto XV con la costituzione Providentissima Mater Ecclesia. Secondo il Graviers questa è diventata la legge della Chiesa ed è essa che definisce che cosa sia un eretico, e quindi, sempre a suo dire, “è indispensabile sapere quale sia la definizione di un eretico”. Inoltre egli adduce il fatto che Montini non abbia mai riportato condanne canoniche. Egli dimentica intanto che il non essere dichiarato eretico ufficialmente non significhi molto, perché l’eresia “ipso facto”, come precisa Pio VI in “Auctorem fidei” è soggetta ad anatema senza bisogno di sentenza formale di un’autorità: Nell’artic. XLVI infatti leggiamo: Condanna … la proposizione la quale asserisce che “l’effetto della scomunica è solamente esteriore, perché solo di sua natura esclude dall’esteriore comunicazione della Chiesa“; Quasi che la scomunica non sia pena spirituale, che lega nel cielo ed obbliga le anime (S. Agostino, Epist. 250, Auxilio Episcopo; Tract. 50 In Johann., n. 12); come FALSA, PERNICIOSA, CONDANNATA NELL’ARTICOLO 23 DI LUTERO, PER LO MENO ERRONEA].

L’Abbé ha pure detto che sarebbe stato impossibile a Montini (c. d. Paolo VI) insegnare eresie Ex Cathedra, visto che egli non aveva mai pubblicato nulla Ex Cathedra. … e bla, bla, bla … ovviamente usando argomenti evasivi ed inconsistenti intorno alla Bolla del Papa Paolo IV che invece automaticamente giudica una persona essere un eretico senza un giudizio formale, qualora il colpevole sia decaduto dalla fede prima della elevazione ad un Ufficio della Chiesa.

Inoltre l’Abbé Graviers asserisce “che per quanto di sinistro possa esserci in questa Bolla, i Canoni 2.264, 2.228, 2.232, 2.242 e 2.265, hanno “assorbito” in se stessi la questione dell’eresia”, e così la conclusione è abbastanza semplice: “non è possibile ricorrere alla costituzione di Paolo IV come arma contro Paolo VI (Montini).” Egli ignora che la Chiesa Apostolica ha già giudicato e definito come giusto, onesto, corretto, il doversi applicare, nella forma più completa, tutte le precedenti sentenze della Chiesa insieme alle loro sanzioni più severe, contro coloro che attaccano la Sposa Immacolata di Cristo col tentativo di ucciderla.

Ma c’è ancora un’altra risposta molto più semplice agli argomenti farfuglianti dell’Abbé Graviers e dei suoi epigoni: “Evidentemente, le sentenze della Chiesa, come le Bolle di Papa Paolo IV e di S. Pio V, diventano operative senza necessità di ulteriori approvazioni ufficiali. La Bolle, da se stesse, costituiscono il rimprovero e la sanzione canonica essenziale, senza alcun’altra autorizzazione! Di conseguenza, colui che, prima della sua elezione alla cattedra papale, fosse stato un eretico pertinace, manifesto, pubblico, come è contemplato nelle bolle summenzionate, non può essere il legittimo successore di Pietro. Se egli occupa la Santa Sede, lo fa da usurpatore!” Punto!

IL CODICE CANONICO

     Per quanto riguarda il Codice (C.J.C.), siamo ben consapevoli che i nemici della Chiesa hanno tentato di attenuare la portata di tutte le leggi e sentenze della Chiesa mediante una raccolta di canoni che diventavano sempre più deboli e più ambigui ad ogni successiva manomissione. Il marrano Montini (l’antipapa c.d. Paolo VI) aveva istituito una Commissione per rinnovare i canoni della Chiesa Apostolica. Quest’opera distruttiva è continuata infatti sotto la direzione dei successivi “papi” e marrani, fasulli “papocchi”. Il processo di annacquamento, tuttavia, era già cominciato ai tempi di Papa Pio X, che chiese, per la compilazione di un nuovo Codice, l’ausilio del Cardinale Gasparri, all’epoca incaricato, che purtroppo accettò l’aiuto di un marrano della “quinta colonna” come il cardinale Rampolla. Per i marrani, che sono sempre alla ricerca di qualche scappatoia dalla vera dottrina della Chiesa apostolica per ciò che riguarda la questione degli Ebrei, l’invito a collaborare alla stesura di un Codice, era un evento entusiasmante, un’innovazione, una ghiotta opportunità per spazzare via qualsiasi legge della Chiesa che limitasse ed ostacolasse l’azione della “sinagoga di satana”.

Finché le leggi della Chiesa sono state prontamente disponibili ed applicate tal quali erano, hanno sempre rappresentato una grave minaccia per i nemici della Croce, per cui essi avevano finalmente l’opportunità di eliminare o attenuare le scomuniche e le altre sanzioni previste nei Canoni della Santa Chiesa. Ed infatti. che la “quinta colonna” dei nemici infiltrati all’interno della Chiesa, aveva come principale preoccupazione il rimuovere questi ostacoli fastidiosi: ma com’era possibile abolire con un solo colpo secoli di antiche leggi e sentenze della Chiesa, Bolle papali ed insegnamenti di Cristo, dei suoi Apostoli e dei Padri della Chiesa primitiva? Come era possibile rimuovere il tutto modificandolo in modo che il clero ebraico segreto potesse servire il “padrone” ebreo senza timore di essere deposto e scomunicato, e come fare per poter falsificare anche la dottrina chiara e ferma della Chiesa nei confronti degli Ebrei, al fine di promuovere il loro vero obiettivo: la sconfitta del Cristianesimo e la vendetta sul suo nemico capitale di sempre, Gesù Cristo?

Nel corso dei secoli gli Ebrei e la loro “quinta colonna” del clero corrotto, ripetutamente hanno fatto tentativi per sopprimere le leggi che tutelano la Chiesa contro gli Ebrei: per raggiungere questo obiettivo quindi, le Bolle papali con la loro tutela normativa in materia di Giudei, non dovevano ricadere sotto la categoria delle disposizioni immutabili, per sempre vincolanti, ed infallibili. Per questo scopo, essi hanno sempre cercato di sfruttare ogni possibilità che veniva loro offerta, adottando di volta in volta i percorsi più disparati. La compilazione di un Codice andava ben oltre quello che essi avessero potuto sperare. Durante il periodo turbolento della prima guerra mondiale (1914-18), quando tutta l’attenzione era ovviamente focalizzata sugli eventi bellici, il lavoro sul Codice, nella carenza di una stretta ed attenta sorveglianza, poteva offrire un’ampia ed insperata opportunità al nemico interno, ai traditori della “quinta colonna”. Di conseguenza, dal voluminoso corpo di leggi e sentenze che rappresentava la difesa più efficace della Santa Chiesa contro la segreta infiltrazione ebraica, con le sue attività distruttive nel seno di questa istituzione divina e nelle società cristiane, sono state soppresse, escluse, stralciate, tutte quelle disposizioni che potessero ostacolare il trionfo del giudaismo talmudico gnostico-kabbalistico sul Cattolicesimo divinamente istituito.

Ovviamente questa subdola azione dei marrani dimostra, qualora ancora ce ne fosse bisogno, che la legislazione della Chiesa per quanto riguardava gli Ebrei, li aveva tenuti in scacco per secoli e fu uno dei principali ostacoli alla prevaricazione sul Cattolicesimo. E’ stato il Cardinale Gasparri che ha approvato il tutto asserendo che nel Codice la legislazione passata della Chiesa non era stata alterata e che rimaneva pertanto in vigore. Ma in pratica le leggi di tutela della Chiesa contro la sinagoga di satana, come pure le sue molte leggi contro le eresie, erano state accuratamente lasciate fuori dal Codice. Questa omissione dolosa e mirata doveva essere stata intrapresa da una persona molto interessata nella vicenda, una persona che si trovava al servizio di un’organizzazione che voleva le leggi ecclesiastiche sugli Ebrei e sulle eresie meticolosamente modificate, eliminando così l’inghippo esistente (Complotto contro la Chiesa, pp. 430 – 433.) Oggi sotto il blasfemo v-2, questa operazione di espurgo, nelle nuove edizioni, delle sentenze di difesa della Chiesa nella lotta con l’ebraismo, è stata estesa anche ai libri che si pretendono cattolici.

Nel libro “Complotto contro la Chiesa”, i cui autori (M. Pinay era uno pseudonimo) hanno affermato di aver avuto la benedizione finale del Cardinale Ottaviani, è menzionato che le leggi che riguardano gli Ebrei sono una parte della “dottrina della Chiesa e della fonte della verità rivelata da Dio” (p. 434), fonte che ci giunge attraverso le due sorgenti della rivelazione soprannaturale. “Complotto” aggiunge: i nemici all’interno dell’azione demolitiva, portano il loro attacco contro la Tradizione Apostolica con argomenti lusinghieri, apparentemente giusti, che non consentono di rendere individuabile il veleno delle loro manovre. “Tra le altre cose, dicono, la Chiesa deve adattarsi ai nuovi tempi e combattere, con il progresso, per l’unità dei cristiani.” Tuttavia, la loro ambizione non è certamente la vera unità cristiana: essi cercano di “distruggere la miglior difesa della Santa Chiesa, quella che l’ha preservata attraverso i secoli dall’astuzia del suo nemico ostinatamente più famigerato e di dura cervice” (ibidem).

Questo trucco non può però funzionare perché, anche se una Commissione per il Codice Canonico adotta una politica di disuso o di esclusione per quanto riguarda leggi e sentenze costanti, questo equivarrebbe in pratica alla riapertura peccaminosa ed anatemizzata delle sentenze dei passati Pontefici e dei Concili dogmatici. Un Codice che ricorresse al disuso, all’elusione, all’esclusione (in tutto o in parte) o all’occultamento di leggi e sentenze contro gli Ebrei e contro le eresie, come le Bolle di Papa Paolo IV e Pio V, per esempio, sarebbe un Codice incompleto, ma in nessun modo potrebbe servire (come quello ridicolo del 1983!) come base per rendere inesistente la costante e permanente Legge Divina, operando automaticamente attraverso leggi e sentenze omesse od occultate dal nemico interno con l’inganno dei membri della Commissione del Codice stesso. Tali leggi e sentenze rimangono quindi, sia ben chiaro, costanti ed in vigore “in eterno”, anche quando sono fraudolentemente ignorate o si pensa che siano cadute in disuso; disuso o ignoranza non le ripulisce a distanza, non certo più di quanto la negligenza dei dieci comandamenti possa rendere le leggi di Dio inoperanti o inapplicabili!

Così un Codice che nasconda o escluda dal contesto completo dell’associazione di leggi e sentenze, permettendo loro di cadere in disuso, assolutamente non può distruggere la forza giuridica e l’effetto di tali leggi e sentenze. Si tratta in modo assiomatico dell’esercizio del Potere legante affidato da Cristo a Pietro ed alla sua Chiesa Apostolica. Il disuso o la esclusione non può separare ciò che è stato legato in terra ed in cielo. Di conseguenza, è impossibile per qualsiasi Codice, rendere inoperanti le leggi e le sentenze infallibili della Chiesa, operanti in perpetuo, con eterna validità. Argomenti alla moda che si oppongono a questo assioma sono futili e pretestuosi. Dio non potrà mai essere raggirato!

Per chiunque, allora, dire che il Canone LVIII del IV Concilio di Toledo, la Bolla “Execrabilis” di Pio II, “Cum ex apostolatus officio” di Paolo IV, o “Inter multiplices curas” di Pio V, la costituzione “Pastor Aeternus” del Concilio Vaticano I, e tutte le altre sentenze della Chiesa che definiscono l’illegalità del v-2, nonché l’impossibilità per un pubblico eretico ostinato di occupare legittimamente la cattedra di Pietro, non possono essere usati contro il v-2 o i titolari fraudolenti di un Sacro Uffizio, non è né accettabile né veritiero, è semplicemente luciferino! E non è un argomento valido il dire che la Chiesa militante non possa utilizzare tutte le armi atemporali ed eterne che la Chiesa ha approntato contro i suoi nemici in qualunque tempo, né dire che queste armi non si applichino alla presente situazione infernale: il dirlo è appoggiarsi a menzogne sataniche a fronte di verità divine!

Lasciate dunque che non ci sia più alcun inganno: i fedeli della Chiesa militante devono, come una battaglia all’ultimo sangue, tassativamente utilizzare, senza alcun falso rispetto e timidezze codarde, tutto l’arsenale di cui si è dotata la Chiesa: leggi, sentenze, encicliche, bolle, catechismi e dottrine divine contro il blasfemo e sacrilego v-2, contro i “papi” fasulli, che hanno architettato il luciferino v-2, contro i suoi documenti e tutti i mali che ne sono derivati. Spetta alla Chiesa militante far sapere al mondo che tali armi esistono e vanno utilizzate efficacemente. Abbiamo, quindi, tutti l’obbligo di far conoscere l’esistenza e l’effetto del colpo mortale di “Execrabilis”, della dichiarazione affermata dal Consiglio Vaticano I, così come del Canone LVIII (del IV Concilio di Toledo), il canone VIII del XVII Concilio di Toledo, i canoni contro la quinta colonna della Chiesa (già all’epoca operante in modo apparentemente devoto, ma pugnalando sistematicamente alle spalle ogni vero cattolico che lavorasse rettamente per la Chiesa di Cristo), cioè i cripto giudei, dei Concili XII (Can. IX), XIII (Can. IX), e XVI (Can.I) di Toledo, il canone XXV del III Concilio lateranense, i Canoni finali del IV Concilio Lateranense (67-70), delle Bolle di Papa Paolo IV e di S. Pio V contro eretici e Giudei (oltre a quelle citate ne esistono ancora numerose altre), della citata autorità di p. Saenz. La loro diffusione deve essere un imperativo categorico ed assoluto per i veri Cattolici romani, una corazza ed uno scudo per gli odierni, più che mai, “soldati di Cristo”! Il rovesciare il nemico ed il suo malvagio “concilio” spetta a Dio, naturalmente, ma alla Chiesa militante spetta l’agire in modo che le sentenze della Chiesa possano essere applicate, utilizzando così le armi provvidamente fornite.

La nostra condizione

   Per criticare ed abbattere coloro che giustamente affermano che il Concilio v-2 sia illegale e pertanto non degno di considerazione ed obbedienza, i novatori eretici non si astengono dal diffamarli e calunniarli come disonesti. Chi stupidamente e sconsideratamente segue il v-2, rifiutando di ascoltare quelli che dicono loro che è una nefandezza, indulge nella ipocrita accettazione di un concilio anti-cattolico e, fingendosi cattolico, obbedisce nello stesso tempo ad un “concilio” messo in atto da coloro che odiavano ed odiano il Cattolicesimo, con l’intento di attaccare e distruggere (si fieri potest!) la Religione divina.

Anche se la nasconde deliberatamente ai Cattolici, la “quinta colonna” dei chierici, il nemico-interno, la “bestia della terra” dell’Apocalisse, quella che induce ad adorare la prima bestia (quella “del mare”, il giudaismo farisaico), conosce molto bene la Tradizione Apostolica e scritturale, nonché la base canonica sulla quale le affermazioni della Chiesa militante sono saldamente fondate, e nello stesso tempo sono proprio questi i punti centrali sui quali il “nemico” porta i suoi attacchi.

Noi Cattolici apostolici poggiamo i piedi stabilmente sopra le due Fonti della rivelazione soprannaturale, proprio le due sorgenti combattute così aspramente da quella “quinta colonna” dei marrani all’interno della Chiesa, durante gli anni del concilio v-2.

Noi Cattolici abbiamo i piedi sopra la Roccia di Pietro ed il potere vincolante delle chiavi, esplicitato infallibilmente ed IRREFORMABILMENTE dalle leggi e dalle sentenze di Cristo e del suo Vicario, Pietra inamovibile ed infrangibile della sua Chiesa.

Ci troviamo nel momento della vigilanza Apostolica contro il nemico della Croce: le “bestie” descritte da S. Giovanni nell’Apocalisse! Ci leviamo allora in piedi con gli Apostoli che avevano continue vessazioni dai Giudei testardi ostinati, spiritualmente ciechi, ciechi alla guida di altri ciechi, alcuni dei quali penetrati furtivamente nella Santa Chiesa millantando una finta-conversione, in realtà con il motivo più recondito e tenace di abbattere la Chiesa fin dall’inizio e con il tentativo di acquistare le proprietà spirituali e terapeutiche degli Apostoli. La divina Religione cattolica è sempre stata “offensiva” o “anti-semitica” per gli Ebrei, che si dichiarano da sempre e in ogni luogo, perseguitati, volendo suscitare pietà e compassione per farsi accogliere dalle loro ignare vittime, lacerati dal loro rifiuto di Cristo e dal sangue che essi stessi hanno invocato che ricadesse su di loro e sui loro figli, tentando illusoriamente di essere “liberati” dall’obbligo della conversione e dell’accettazione della società costruita sull’Ordine Cristiano.

Ci ritroviamo nella dottrina della Chiesa contro i perfidi Giudei; dottrina che risale a Cristo stesso, che espresse questo giudizio divino contro un popolo indurito, contro i Giudei increduli: “Voi avete per padre il diavolo e volete sod­disfare i desideri del padre vostro; egli fu o­micida fin da principio, e non perseverò nella verità; perché in lui non c’è verità; quando men­tisce parla di quel che gli è proprio, perché è bugiardo e padre della menzogna. A me in­vece, perché vi dico la verità, non credete. Ma se dico la verità, voi non mi credete.” (Giovanni VIII, 44-45).

Noi Cattolici della “vera” Chiesa di Cristo lanciamo l’accusa contro il concilio v-2 e contro l’ingerenza della “sinagoga di satana” (Apoc. II, 9) con l’affermazione precisa di illegalità e di rapina perpetrata nel “concilio” stesso, e opponendoci all’interferenza dominante del mondo Giudaico negli affari della Chiesa divina; ma non lo facciamo per conto nostro o per nostra iniziativa: è la stessa Chiesa Apostolica, attraverso il potere legante delle Chiavi affidate a Pietro ed ai suoi Successori, che pregiudica il concilio v-2 riconoscendolo esecrabile, illegale, non vincolante, e che condanna coloro che lo hanno attuato e coloro che fedelmente lo seguono, all’anatema e all’ira di Dio sul proprio capo. A loro la Chiesa fa sentire la sua voce “con la campana, il libro e le candele.” Suona una campana… un libro si chiude… una candela si spegne. Suona la campana per la morte spirituale di un’anima… la chiusura del libro indica la cancellazione di un nome dal libro della vita… lo spegnimento della candela figura l’oscurità spirituale alla quale un’anima condannata è destinata. “Campana, libro, candela …”

Il pensiero di DIO

   Dio è contro il concilio v-2! È Dio stesso, attraverso la sua Chiesa, che è contro il concilio v-2 con le sue sentenze invertite e di rottura, esecrabile, denunciando la sua vile contro-religione che è quella della “prostituta biblica”. Il buon senso ci dice che Dio è dalla parte della sua Chiesa, la divina Chiesa che Egli stesso ha fondato, quella Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana in vigorosa opposizione alla prostituta del v-2 che si maschera come sua Chiesa ed ingannevolmente parla a suo nome. Questa prostituta del v-2 con cui i Vescovi e i religiosi della terra commettono fornicazioni, contaminando se stessi con il falso ecumenismo e collaborando diabolicamente con il nemico della Croce. Questa “prostituta” del v-2 ha fatto sì che “gli abitanti della terra si siano ubriacati con il vino della sua prostituzione (Apoc. XVII, 2). Già Naum aveva profetizzato al riguardo (Na. III, 4-6): “ … Propter multitudinem fornicationum meretricis speciosae, et gratae, et habentis maleficia, quae vendidit gentes in fornicationibus suis, et familias in maleficiis suis. Ecce ego ad te, dicit Dominus exercituum, et revelabo pudenda tua in facie tua; et ostendam gentibus nuditatem tuam, et regnis ignominiam tuam. Et projiciam super te abominationes, et contumeliis te afficiam, et ponam te in exemplum …. [ “Per le tante seduzioni della prostituta, della bella maliarda, della maestra d’incanti, che faceva mercato dei popoli con le sue tresche e delle nazioni con le sue malìe. Eccomi a te, oracolo del Signore degli eserciti. Alzerò le tue vesti fin sulla faccia e mostrerò alle genti la tua nudità, ai regni le tue vergogne. Ti getterò addosso immondezze, ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio …].

Cristo stesso infligge il colpo mortale ai peccatori dell’illegale v-2. La sua Chiesa Apostolica condanna e annulla il concilio v-2, perché rende i cattolici nemici di Cristo e della sua Chiesa … rende coloro che promuovono o supportano le blasfemie del concilio illegale, traditori della loro eredità cristiana, distruttori del Deposito della Fede. Non avremo più nessuna religione, nessuna Chiesa Cattolica, nessuna civiltà cristiana finché i cattolici ignoreranno colpevolmente le leggi e le sentenze della Chiesa accettando illegalmente i “papi” fasulli ed il loro concilio v-2, illegale e detestabile.

Nessun cattolico sincero può desiderare associarsi agli atti traditori del v-2 o ai “papi” fasulli e marrani. In particolare i chierici incorrerebbero tra l’altro nella condanna del Canone XXVII del Concilio lateranense III, ove si legge, nelle ultime righe: “I vescovi o i sacerdoti che non si oppongono con forza a tali cose (alle eresie del tempo, ma naturalmente anche a quelle di ogni tempo -n.d.r.-) siano puniti con la privazione del loro ufficio, fino a che non ottengano il perdono della Sede Apostolica”. È ridicolo d’altra parte obbedire a ciò che dice l’eretica “chiesa dell’uomo”, e non è certo per onorarla che la Chiesa di Cristo ha dato il suo Colpo di grazia; “et portæ inferi non prævalebunt adversum eam”!!! (Matteo XVI,18.), ha sentenziato Nostro Signore Gesù Cristo! Tocca a noi difenderla e difenderci!

Con l’aiuto di Dio ce la faremo!

 

 

APPENDICE

BOLLA DI PAOLO IV

( Cum ex Apostolatus Officio)

 (….)

5. Et insuper qui ipsos sic deprehensos aut confessos vel convictos scienter quomodolibet receptare vel defendere aut eis favere vel credere seu eorum dogmata dogmatizzare praesumpserit, sententiam excommunicationis eo ipso incurrant, efficianturque infames, nec voce, persona, scriptis vel nuncio aut procuratore aliquo et publica seu privata officia aut consilia seu synodum vel concilium, generale vel provinciale, nec conclave cardinalium aut aliquam fidelium congregationem seu electionem alicuius, aut testimonium perhibendum admittantur, nec admitti possint; sint etiam intestabiles, nec ad haereditatis successionem accedant; nullus praeterea cogatur eis super aliquo negotio rispondere. Quod si forsan iudices extiterint, eorumsententiae nullam obtineant firmitatem, nec aliquae causae ad eorum audientiam deducantur; et, si fuerint advocati, eorum patrocinium nullatenus recipiatur; si vero tabelliones extiterint, in strumenta confecta per eos nullius sint penitus roboris vel momenti. Et insuper clerici omnibus et singulis ecclesiis, etiam cathedralibus, metropolitanis, patriarcali bus et primatialibus, ac dignitatibus, monasteriis, beneficiis et officiis ecclesiasticis, etiam, ut praefertur, qualificatis, per eos quomodolibet ostenti, et tam ipsi quam laici, etiam, ut praemittitur, qualificati et dignitatibus praedictis praediti, quibuscumque regnis, ducatibus dominiis, feudi set bonis temporali bus per eos possessis privati existant eo ipso; regnaque, ducatus, dominia, feuda et bona huiusmodi publicentur et publicata sint, efficianturque iuris et proprietatis eorum, qui illa primo occupaverint, se in sinceritate fidei et unitate sanctae Romanae Ecclesiae, ac sub nostra et successorem nostro rum Romanorum Pontificum canonicae intrantium obedientia fuerint.

  • 6. Adiicientes quod si ullo umquam tempore apparuerit aliquem episcopum, etiam pro archiepiscopo seu patriarcha vel primate se gerentem aut praedictae Romanae Ecclesiae cardinalem, etiam, ut praefertur, legatm, sed etiam Romanun Pontificem assumptionem, a fide catholica deviasse aut in aliquam haeresim incidisset, promotio seu assunptio de eo, etiam in concordiam et de unanimi omniun cardinalium assensu facta, nulla, irrita et inanis esista, nec per susceptionem muneris, consecrationis, aut subsecutam regiminis et administrationis, possessionem, seu quasi, vel ipsius Romani Pontificis inthronizationem aut adorationem, seu ei praestitam ab omnibus obedientiam, et euiusvis temporis in praemissis cursus, convaluisse dici aut convalescere possit, nec pro legitima in aliqua sui parte habeatur, nullamque talibus in episcopos seu archiepiscopos vel patriarchas aut primates promotis, seu in cardinales vel Romanum Pontificem assumptis, in spirituali bus vel temporalibus administrandi facultatem tribuisse aut tribuere censeatur, sed omnia et singula per eos quomodolibet dicta, facta, gesta et administrata ac inde secuta quaecumque viribus careant, et nullam prorsus firmitatem nec ius alicui tribuant; sintque ipsi sic promoto et assumpti eo ipso, absque aliqua desuper facienda declaratione, omni dignitate, loco, honore, titulo, auctoritate, officio et potestate privati; liceatque omnibus et singulis sic promotis et assumpsit, si a fide antea non deviassent nec haeretici fuissent, neque schisma incurrissent aut excitassent vel commissent. (….)
  • 10. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae approbationis, innovationes, sanctionis, statuti, derogationis voluntatum, decretorum infrimgere vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotens Dei ac beato rum Petri et Pauli apostolo rum eius se noverit incursurum.

   Datu Romae, apud S. Petrum, anno Incarnationis dominicae millesimo quingentesimo quinquagesimo nono, XV Kadas martii, pontificatus nostri anno IV.

[5-Pene per il delitto di favoreggiamento delle eresie]

Inoltre, incorreranno nella sentenza di scomunica «ipso facto», tutti quelli che scientemente (scienter) si assumeranno la responsabilità d’accogliere (receptare) e difendere, o favorire (eis favere) coloro che, come già detto, siano colti sul fatto, o confessino o siano convinti in giudizio, oppure diano loro attendibilità (credere) o insegnino i loro dogmi (eorum dogmata dogmatizare); e siano tenuti come infami; né siano ammessi, né possano esserlo (nec admitti possint) con voce, sia di persona, sia per iscritto o a mezzo delegato o di procuratore per cariche pubbliche o private, consigli, o sinodi o concilio generale o provinciale, né conclave di cardinali, né alcuna congregazione di fedeli od elezione di qualcuno, né potranno testimoniare; non saranno intestabili, né chiamati a successione ereditaria, e nessuno sarà tenuto a rispondere ad essi in alcun affare; se poi abbiano la funzione di giudici, le loro sentenze non avranno alcun valore e nessuna causa andrà portata alle loro udienze; se avvocati il loro patrocinio sia totalmente rifiutato; se notai, i rogiti da loro redatti siano senza forza o validità.

Oltre a ciò, siano i chierici privati di tutte e ciascuna delle loro chiese, anche cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali, delle loro dignità, monasteri, benefici e cariche ecclesiastiche (et officiis ecclesiasticis) in qualsivoglia modo, come sopra riferito, dalle qualifiche ottenute anche regolarmente, da loro come dai laici, anche se rivestiti, come si è detto, regolarmente delle suddette dignità, siano privati «ipso facto», anche se in possesso regolare, di ogni regno, ducato, dominio, feudo e di ogni bene temporale posseduto; i loro regni, ducati, domini, feudi e gli altri beni di questo tipo, diverranno per diritto, di pubblica proprietà o anche proprietà di quei primi occupanti che siano nella sincerità della fede e nell’unità con la Santa Romana Chiesa sotto la nostra obbedienza o quella dei nostri successori, i Romani Pontefici canonicamente eletti.

6 – Nullità della giurisdizione ordinaria e pontificale in tutti gli eretici.

Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore (nulla, irrita et inanis existat), la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione (adoratio) dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare (nullam … facultatem) a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza (viribus careant) tutte e ciascuna (omnia et singula) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto (nullam prorsus firmitatem nec ius), e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione (absque aliqua desuper facienda declaratione), private (sint privati) di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere (auctoritate, officio et potestate).]

 

# # # #

Bolla “Inter multiplices curas” di S. Pio V

(che conferma la precedente)

 

Bolla XXXIII (-21.12.1566-)

(Boll. Rom. Ed. Taur. VII)

 

     Declaratio quod sententiae in favorem reorum de haeresi inquisitorum a quibuscumque iudicibir contra stilum vel dispositionem iurisdictionis Offici sanctissimae Inquisitionis latae et ferendae, non transierint nec transeant in rem judicatam; et jurisdictio cardinalium inquisitorum ipsas causas revidendi; et confirmatio constitutionis Pauli quarti editae contra haereticos (1).

.(1)- [Haec bulla Pauli IV, cum ex. Est in tom. VI, pag. 551.]

Pius Papa V, motu proprio, etc.

   Inter multiplices curas, quae animum nostrum assidue pulsant, illi in primis est, prout esse debet, … ( …)

  • 3. Et insuper, vestigiis felicis recordationis Pauli Papae IV, praedecessoris nostri, inhaerendo, constitutionem alias contra haereticos et schismaticos per eumdem Paulum praedecessorem, sub data vide licet Romaese apud Sanctum Petrum, anno incarnationis dominicae millesimo quingentesimo quinquagesimo octavo, quinto decimo kalendas martii, pontificatus sui anno IV, editam, tenore praesentium renovamus et etiam confirmamus, illamque inviolabiter et ad unguem observari volumus et mandamus, iuxta illius seriem atque tenorem. (….)

 

[Dichiarazione che le sentenze degli inquisitori in favore dei colpevoli di eresia, inquisiti da qualunque giudice contro quanto disposto dalla giurisdizione dell’Ufficio della Santissima Inquisizione, già pronunciate o da pronunciare non passino in sentenza, e diritto dei cardinali inquisitori di riesaminare quelle stesse cause, conferma dell’editto di Paolo IV, pubblicato contro gli eretici.]

 [3) … Ed inoltre rifacendosi al felice esempio del nostro predecessore Papa Paolo IV rinnoviamo e confermiamo ancora una volta il decreto contro gli eretici e gli scismatici, pubblicato a Roma presso S. Pietro dallo stesso Paolo, nostro predecessore, nell’anno 1558 dell’Incarnazione del Signore il 15 febbraio, anno quarto del suo pontificato. Tale decreto rinnoviamo e confermiamo e vogliamo e comandiamo che sia osservato in maniera precisa e inviolabile.]