F. CAYRÉ:
SPIRITUALI E MISTICI DEI PRIMI TEMPI (10)
Trad. M. T. Garutti Ed. Paoline – Catania
Nulla osta per la stampa
Catania, 7 Marzo 1957 P. Ambrogio Gullo O. P. Rev. Eccl.
Imprimatur
Catanæ die 11 Martii 1957 Can. Nicolaus Ciancio Vic. Gen.
CAPITOLO X
L’ATTUALITÀ DEGLI ANTICHI MAESTRI DELLO SPIRITO CRISTIANO
II vero metodo dottrinale degli antichi
In ogni tempo l’autorità dei Padri è stata riconosciuta nella Chiesa come quella di guide spirituali e mistiche — così come di maestri delle scienze sacre; il valore dottrinale dei loro scritti oltrepassa i quadri dottrinali in cui molto spesso, ai giorni nostri, si tende a rinchiuderli. Occorre essere sull’avviso per i possibili abusi in questo campo. Limitiamoci a rilevare i più stridenti nella storia della Chiesa degli ultimi secoli. Il Protestantesimo, del XVI secolo, sotto tutte le sue forme, fece appello agli antichi testimoni della tradizione per introdurre le sue innovazioni nella Chiesa, disprezzando la Chiesa stessa; il suo torto maggiore fu quello di dimenticare la regola fondamentale posta da Sant’Ireneo nel II secolo: unione alla Sede Apostolica per eccellenza, quella di Roma. Questo grossolano errore di partenza era d’altronde accompagnato da numerose altre deviazioni, dottrinali e pratiche, che fecero della riforma protestante un’impresa rivoluzionaria, sul piano religioso anzitutto, e poi anche sul piano sociale. Riforme indiscutibili s’imponevano e la Chiesa le ha fatte; ha tardato, ma è rimasta fedele alla tradizione, cioè alla dottrina dei Padri e alle regole che essi avevano elaborato sulla traccia dei principi posti dal Cristo stesso. – Il giansenismo, formulato nel XVII secolo, si mostrò all’inizio molto meno radicale del protestantesimo, specialmente nei confronti della Chiesa, di cui ammetteva l’autorità in teoria, salvo a rifiutarla, di fatto, quando le direttive ricevute non coincidevano con l’unica regola ammessa dai suoi dottori, l’autorità di Sant’Agostino, con esclusione di ogni altra. La fede in tale autorità si riduceva in definitiva a una cieca adesione, per quanto riguarda il dogma, alla dottrina dell’Augustinus, erudito lavoro del futuro vescovo di Ypres, Cornelius Janssen, detto Giansenio, allora professore a Lovanio, e per la morale, alle austere direttive date da Saint-Cyran (Jean Duvergier de Hauranne) e dal grande Arnauld (Antoine), dottore alla Sorbona, il più giovane della famiglia, che fece di Port-Royal il bastione del giansenismo, dottrinale e pratico. A parte il fatto che Sant’Agostino non è, come si pretendeva, la sola autorità religiosa nell’antichità cristiana, la sua dottrina veniva appunto ricercata, nel clan giansenista, in modo molto ristretto, isolata dal suo vero ambiente spirituale, a profitto di quadri intellettuali nuovi. L’essenza del Cristianesimo non sta in un quadro giuridico e sociale, per quanto necessario questo possa essere; non sta neanche in un codice dottrinale, per quanta importanza abbiano per esso il dogma e la morale; è nella vita spirituale che si afferma e si espande in queste quadro e in queste dottrine, cioè, di fatto, in una carità viva e vissuta. Il giansenismo si legò ai quadri a scapito della vita profonda, che ne era l’anima. Un madornale errore di prospettiva che produsse conseguenze disastrose. – Lutero ne aveva avuto l’esatto sentimento, quando faceva appello all’ispirazione divina per rinnovare lo spirito cristiano; ma, come in ogni campo, anche qui mancò di misura e la sua rivolta contro la Chiesa finì col viziare ciò che pareva accettabile, nel suo piano di riforma. Il misticismo luterano, fondato sull’ispirazione individuale posta alla base di tutto, conduceva all’illuminismo e aggravò pesantemente le tendenze pseudo-mistiche di cui soffriva l’Occidente al tempo della Riforma. Qui le esagerazioni furono arginate da una ferma azione dei servizi dell’Inquisizione, Pontefici e reali, ma più ancora dall’azione provvidenziale dei grandi mistici carmelitani, Santa Teresa e San Giovanni della Croce, la cui influenza si estese ben lontano. Queste opere non impedirono al quietismo di imperversare, soprattutto in Francia, e la sua necessaria condanna nocque allo sviluppo del vero misticismo la forza delle chiese antiche, in quanto era l’anima delle prime cristianità. Ciò è già stato esposto largamente, da diversi punti di vista, e basta accennarvi brevemente. Il metodo dottrinale dei Padri è ben diverso da quello dei moderni, anche in teologia. La scolastica aristotelica ha molto utilmente messo l’accento sulle basi filosofiche delle dottrine esposte, anche sulle più alte, nell’ordine soprannaturale. Il Rinascimento ha accusato ancora questa tendenza insistendo sull’organizzazione naturale delle scienze. I metodi positivi si sono imposti in ogni campo e le specializzazioni si sono moltiplicate, con gran vantaggio della ricerca e delle scoperte, ma non senza inconvenienti sul piano della sintesi, specialmente nel campo della vita. Qui la fede non è che una base, un punto di appoggio, essenziale senza dubbio, poiché nulla può esser fatto senza di lei, ma insufficiente, poiché nulla viene compiuto senza la speranza e la carità. In un certo senso, si può persino dire che nulla è veramente iniziato senza queste due virtù. La fede non è che una guida e un punto di partenza nella ricerca dello spirito cristiano, che rappresenta la vita soprannaturale nella sua maturità, se non nella sua perfezione. Ecco precisamente il punto su cui gli antichi hanno insistito maggiormente e in cui restano per noi maestri incomparabili. – Abbiamo esposto gli elementi della loro dottrina in tutti i capitoli di quest’opera. Limitiamoci qui a cercarne le fonti, alla scuola dei due più grandi dottori dell’antichità: S. Giovanni Crisostomo in Oriente e S. Agostino in Occidente. Due maestri dello spirito cristiano. S. Giovanni Crisostomo è soprattutto un direttore di coscienze ed è da questo punto di vista che bisogna porsi per giudicare dell’influenza che esercitò durante la sua vita e più ancora forse a partire dal suo esilio e dopo la sua morte. Non aveva nessun gusto per la speculazione che attirava tanto gli orientali, specialmente quelli che erano stati conquistati dallo spirito neo-platonico. Considerava la filosofia come un vano tessuto di parole e di sottigliezze. Non ha ignorato il lato razionale dei dati cristiani, ma lo ha ricercato con la preoccupazione dominante di mostrare come questa fede risponde ai bisogni del cuore e li soddisfa. La filosofia è anzitutto per lui una forma superiore della pietà. A differenza di altri grandi dottori, che furono eminenti da molti punti di vista, egli lo fu soprattutto come maestro spirituale, apostolo ardente di zelo, di un totale disinteresse, difensore zelante dei diritti della verità e della morale. A leggere S. Giovanni Crisostomo, si sente che egli ha un altissimo concetto di Dio: i suoi attributi gli sono familiari, ma egli cerca meno di analizzarli che di viverne e di farne vivere. Egli era stato preparato alla sua missione da una vita interiore delle più intense e, prima di darsi alla vita attiva, era stato, in tutta la forza del termine, un contemplativo. Questo alto ideale, che egli aveva intravisto nella solitudine, si applicò a farlo rivivere nella famiglia cristiana per mezzo dello spirito di preghiera. Voleva, egli diceva, trasformare la casa del Cristiano in un « ginnasio di filosofia », poiché la donna che vi vive nel raccoglimento può applicarsi alla preghiera, alla lettura e ad ogni altra « filosofia », indicando con questo termine un esercizio di pietà. Non esige, per praticarla, che ci si ritiri nelle montagne e nei deserti; vuole ricondurla dalle solitudini nel vortice della città attraverso la pratica della virtù e l’esercizio della vita interiore. Questo ideale verrà ripreso da San Francesco di Sales e realizzato, di fatto, da S. Vincenzo de’ Paoli. Le opere di questi maestri non devono far dimenticare le intuizioni del loro grande precursore. – Molto più filosofo, nel senso speculativo della parola, S. Agostino fu, in tutta la forza del termine, un pensatore, ma alla maniera dei Padri, che non Isola vano mai il pensiero dalla vita, soprattutto sul piano soprannaturale. Difatti la parola che rende meglio la sua fisionomia spirituale è quella di sapienza, intesa a proposito della ricerca e della scoperta di Dio.Essa si presenta su due piani ben diversi, l’uno puramente naturale, l’altro soprannaturale. S. Agostino li associa senza confonderli, ma insistendo soprattutto. sul secondo piano, su cui la sua anima si mantiene costantemente a partire dalla sua conversione, anche quando tratta di verità razionali.La sapienza naturale per S. Agostino è un semplice sostegno razionale della sapienza cristiana; è d’altronde ben reale e conduce l’uomo a una certa conoscenza di Dio, sulla quale riposano la religione e la vita. È, in sostanza, una filosofia fondamentale,che può elaborarsi in sistema, su piani abbastanza diversi. Dio ne è il centro. La sua filosofia è ordinariamente più implicita che formulata; egli ne ha tuttavia resi espliciti i principi basilari, attribuendoli a Platone, nella frase della Città di Dio già ricordata (l. VIII, c. IV sgg): Dio, secondo quel filosofo, egli dice, è «causadella sussistenza » degli esseri, « e principio di intellezione» degli spiriti, « e regola di vita » delle volontàcreate. Tutta una dottrina è in queste parole,e i nove dialoghi filosofici, per non citare che questi,ne esplicitano molte applicazioni. Ma, per quanto ricca, questa filosofia resta subordinata, di fatto, alla sapienza soprannaturale, la cui caratteristica specifica,’in S. Agostino, è da ricercarsi nella fede, nella speranza e nella carità. La sapienza agostiniana è essenzialmente una sapienza teologale. La fede gli serve di base, ma è essa stessa unita alla speranza e alla carità, e questa unione non è soltanto dottrinale: è vivente e di conseguenza progressiva.In questo mondo, una vera cooperazione dell’uomo con Dio si impone per valorizzare i doni divini. Le virtù teologali devono essere mantenute in esercizio ed è nella progressione di questo sforzo che si realizza più sicuramente la vera sapienza cristiana.In questa ascesa le tappe sono infinite e S. Agostino le ha segnate in varie maniere. Tre possono servire di base a un serio raggruppamento, valido per tutti i tempi e oggi ancora più necessario che mai. La vera sapienza teologale sarà prima dottrinale e orante: il primo sforzo del cristiano sarà di aderire alla fede nella preghiera, per trovarvi i primi appoggi essenziali necessari per lottare contro il male osservando i comandamenti. Ci si orienta così francamente verso le altezze cui tutti i Cristiani sono chiamati a. tendere. – Dopo questo slancio, la saggezza diverrà effettiva e agente, poiché le prime forze acquisite facilitano un più grande sforzo, e l’amore di Dio porta con sé l’anima verso un dono più totale di sé, al servizio del Cristo e delle anime. Un vero spirito di conquista ne è il seguito normale nelle anime generose, e la storia dei santi ne mostra ovunque le alte realizzazioni apostoliche.Senza detrimento per questo spirito di preghiera e di azione, la sapienza, arrivando alla perfezione, diventa sempre unificante e pacificante. Lungi dallo ostacolare l’azione, essa spesso la sostiene e la alimenta. In molte opere di S. Agostino — soprattutto nelle Confessioni — si troveranno tracce di questi gradi,soprattutto del terzo, frutto dell’unione con Dio. È là che il Cristiano degli antichi tempi trovò l’espressione più netta e più calda dell’unione con Dio. Ed è ancor là che si può, ai giorni nostri, entrare meglio in contatto con quest’anima profonda e trovare quello spirito cristiano meglio rispondente all’anima contemporanea, poiché è attinto alle più pure fonti, le più vicine al Vangelo.
Vere fonti dello spinto cristiano
Guardiamoci anzitutto da uno scoglio in cui inciampano molti pensatori moderni, anche i più Cristiani: esagerare l’importanza della filosofia. Essa si impone, certo, e particolarmente Sant’Agostino ha spesso fatto appello alle sue risorse; ma non è, per il Cristiano, che un aiuto. Anche la più alta e più pura speculazione filosofica, è soltanto una guida verso la trascendenza divina. Sant’Agostino ha afferrato il valore dello spirito e della sua attività, ma non al modo di certa « Filosofia dello Spirito » del giorno d’oggi. La vera filosofia dello spirito è la base più diretta e forse più sicura dell’ascesa verso l’infinito. Ma non è che una base e non può vantarsi di attingere Dio; Egli resta nella sua trascendenza, ed è per una vera condiscendenza da parte sua che l’uomo può unirsi a Lui, nella grazia, Dio è Spirito, puro spirito, situato per essenza nell’al di là. Ogni spirito contingente, inferiore a Lui per natura, dipende da Lui in tutte le sue attività soprannaturali. Dio è il solo essere Puro Spirito, Spirito perfetto, unico e tuttavia sussistente in Tre Persone, come ci insegna la fede cristiana. In tutto questo, la filosofia è completata dalla Rivelazione. – L’unione dell’uomo, spirito imperfetto, con Dio Puro Spirito, si compie da un lato nella grazia santificante, che è una grazia di adozione filiale da parte di Dio, e dall’altra nell’attività delle virtù teologali, fede, speranza e carità, grazie alle quali l’uomo agisce fin da quaggiù come figlio di Dio. Questo è in sostanza, lo spirito cristiano, che esiste già nel bambino battezzato, ma che si sviluppa solo con la cooperazione dell’adulto. Essa si annuncia fin dal risveglio della ragione, ma non si affina e non si completa se non all’età veramente adulta, in proporzione della generosità e della docilità di ciascuno. I gradi sono molteplici e i mezzi per progredirvi infiniti. Abbiamo visto, nel corso di quest’opera, in qual modo i Padri abbiano considerato questa azione divina nell’umanità e come questa, grazie al Cristo e allo Spirito Santo, abbia corrisposto ai suoi appelli. Queste modalità sono molto varie. Vorremmo qui non riprenderle nei particolari, ma ricondurle all’unità, insistendo specialmente sullo spirito cristiano. Questo suppone la « ragione umana », ma la supera per mezzo della cooperazione divina. Non si confonde neanche con « lo Spirito Santo », che è una Persona divina e trascendente come il Padre e il Figlio, anche se assume nell’umanità rinnovata dal Cristo un’alta missione ispiratrice e direttiva. Lo spirito cristiano suppone questi due elementi e li mostra associati nel battezzato, fedele alla grazia e generoso nel servizio di Dio. I mezzi per affermare e sviluppare questo spirito, hanno potuto variare nel corso dei secoli. Importa osservare bene quelli che rispondono nel modo migliore ai bisogni delle anime, a seconda dei tempi. La presente opera ha particolarmente messo in luce quelli che sono raccomandati fin dall’antichità cristiana, ed essa fu un’epoca di alta vita spirituale. La cultura scientifica del Medio Evo, del Rinascimento o dei tempi moderni, non ha in nulla contraddetto, su questo punto, il valore dei tempi pastristici, e se lo ha fatto dimenticare, bisogna, con una sana reazione, ritornare a quelle vere fonti della vita spirituale integrale. Due mezzi soprattutto, fra molti altri, sembrano oggi imporsi ai Cristiani colti, specialmente ai giovani, preoccupati della vita cristiana in profondità: la preghiera personale e la propedeutica cristiana dello spirito. – La preghiera personale è presa qui nel senso letterale della parola. Ogni preghiera cristiana suppone una certa partecipazione della persona che vi prende parte. Una semplice presenza fisica non basta. L’assistere ad un atto di culto, anche il più santo e il più solenne, è una preghiera solo se colui che vi assiste vi prende parte intenzionalmente, spiritualmente, affettivamente. I riti e le formule non sono che elementi preparatori o condizioni esteriori: la preghiera risiede in un certo dono del cuore, per quanto elementare esso sia. Questo dono interiore può, del resto, essere molto intenso ed efficace, e assicura alla frequenza ai riti un profondo valore. Questo dono interiore garantisce allora anche la preghiera pubblica e comune: respirazione sincrona e profonda di un corpo animato dallo spirito. Ma al suo fianco vi è posto per una preghiera personale propriamente detta: è ciò che comunemente si chiama « orazione », dalla parola latina oratio, che significa discorso. Ciò che domina nella preghiera, non è il rito esterno, né la recitazione delle formule, per quanto pia essa sia; è il dono personale dello spirito e del cuore a Dio, presente nell’anima per mezzo della grazia, dono rinnovato in seguito o in occasione di una lettura fatta o di un ricordo evocato. S. Agostino ne fu un maestro eccellente, il più popolare di tutta l’antichità cristiana, per mezzo delle Confessioni. – Quest’opera è, infatti, un’orazione prolungata, sotto forma di conversazione con Dio ed ha giovato più di tutte le teorie più scientifiche alla diffusione di questo esercizio. Di qui l’importanza capitale di Sant’Agostino in questo campo della preghiera interiore personale. Egli la presenta non soltanto nella sua forma corrente, ma, in molte pagine, sotto forme superiori, in cui l’azione divina è predominante e in cui la preghiera diventa contemplazione. Questa, a sua volta, intensifica le forze interiori in vista dell’azione, e spiega bene l’efficacia prodigiosa e la durevole fecondità dell’agostinismo preso nelle sue linee essenziali, troppo dimenticate durante i secoli. Essa riprende ai giorni nostri il posto che le spetta e che non esclude, del resto, nessuna delle altre modalità di apostolato dottrinale imposte dagli errori moderni. Essa può vivificarle tutte, aiutandole a ritornare, con i Padri, al meglio della loro vitalità profonda. Le élites cristiane attuali si formano, in parte, nelle Università; sorge qui un nuovo pericolo, fin dall’entrata: la specializzazione. È un metodo che si impone davanti all’abbondanza delle scienze nuove, le cui branche si sono moltiplicate all’infinito. La specializzazione è la garanzia di un certo valore tecnico e di un serio approfondimento. Bisogna però conservare la misura e osservare specialmente che alcuni elementi di alta cultura si impongono ovunque, e che se vi è specializzazione, anche in tal caso, essa contiene elementi di base universali e che bisogna mettere in luce fin dagli inizi. Questo è precisamente il caso di dati sullo « spirito », condensati nelle pagine che precedono riguardanti lo spirito cristiano, dati che suppongono qualche nozione sullo spirito in generale, e principi precisi sul solo Essere Puro Spirito che è Dio. Questi temi che sembrano elementari, sono di fatto punti di partenza in tutti gli orientamenti del pensiero, non soltanto umano, ma cristiano. Di qui la necessità di una vera Propedeutica cristiana dello spirito. Nulla è più importante forse, ai giorni nostri, al momento di iniziare gli studi universitari. Questa specializzazione superiore mira precisamente a lottare contro gli effetti delle specializzazioni correnti, mettendo in luce, fin dalla partenza, l’importanza delle verità della fede e delle loro esigenze. Per questo insistiamo tanto sulla funzione capitale dei Padri, che furono meno degli scienziati propriamente detti che degli «spirituali e mistici». I Padri, come gli stessi scrittori ispirati, dovrebbero tenere un posto importante in una vera iniziazione cristiana all’alta cultura dello spirito, sia pure la più specializzata.
F I N E