LA VERITA’ SU GALILEI:

IL PROTESTANTE CAMUFFATO [L’ERETICO ACCADEMICO] e la CHIESA, MAESTRA INFALLIBILE DI VERITA’

[Riflessioni su un testo di Etienne Couvert: “Visage et masques de la gnose”] (1)

L’ “affare Galilei” appartiene all’arsenale delle menzogne ed imposture che gli storici moderni, al servizio dei cabalisti modernisti, hanno montato in ogni parte con l’odio, per l’odio di Gesù-Cristo e della sua Chiesa, con l’interazione confessata e proclamata di uccidere la fede nelle anime ancora credenti, in ciò favoriti dall’atteggiamento degli impostori della “chiesa dell’uomo”, mostro obbrobrioso del modernismo anticristiano, operante attivamente dal 26 ottobre del 1958. Fin dall’inizio della ricerca sulla gnosi, noi non abbiamo cessato di scontrarci con queste menzogne talmente inculcate negli spiriti, che i nostri studi e le nostre dimostrazioni provocano ancora reazioni di diffidenza e di scetticismo anche nella maggior parte dei cristiani sinceri che hanno molta difficoltà a liberarsi dalle mode intellettuali del “correttamente masso-politico”, dello scientificamente masso-corretto, del religiosamente masso-corretto”. Questo studio su Galilei si iscrive nel prosieguo di quanto si può dire sugli umanisti e sul Rinascimento, sorto dopo l’invasione europea dei marrani evacuati saggiamente dalla penisola iberica. È dunque necessario brevemente ricordare il carattere fondamentalmente anticristiano di questo Umanesimo.

La condanna dell’ELIOCENTRISMO

« Noi sappiamo che il culto di Mithra è stato opposto, nei primi secoli cristiani, a quello di Gesù Cristo. Mithra è il sole invitto, imbattuto, (sol invictus). Esso finì per essere il culto ufficiale dell’impero romano sotto Aureliano. Ecco che gli umanisti del Rinascimento nel loro furore anticattolico hanno ripreso questo culto, ma in segreto, secondo gli usi dei marrani, nelle loro conventicole intime. Il sistema eliocentrico, insegnato da Copernico e ripreso da Galileo è effettivamente una manifestazione dell’adorazione del sole, pura idolatria e becero paganesimo. Copernico scrive nel “De revolutionibus orbium coelestium”: “ in mundo vero omnium residet Sol. Quis enim in hoc pulcherrimo templo lampadem hanc in alio vel meliori loco poneret, quam unde totum simul possit illuminare, si quidem non inepte quidam lucernam mundi, alii mentem, alii rectorem invocant, Trismegistum visibilem deum”. Il sole è dunque, per Copernico lo spirito del mondo, il reggitore del mondo, un dio visibile. Il riferimento ad Ermete Trismegisto è significativo. Il sole ha la sua sede di soggiorno, in tutte le cose del mondo ed il mondo è il suo tempio: non è questa forse una definizione di Panteismo? Galilei ulteriormente precisa: “mi sembra che in natura si trovi una sostanza molto volatile, molto tenue, rapidissima, che nel suo espandersi nell’universo, penetra tutto senza ostacolo, riscalda, dà vita e rende feconde tutte le creature animate. Sembra che i sensi stessi ci mostrino che il corpo del sole è il ricettacolo di questo “spirito”, fuori dal quale si spande su tutto l’universo una immensa luce accompagnata da questo “spirito calorifico”, penetrante tutti i corpi capaci di essere animati, dando loro vita e fecondità.” – “Il sole è un dio visibile al centro dell’universo; immobile esso penetra tutte le creature, è sorgente di vita, anima tutto. Certamente è questo il “culto solare”, tipicamente pagano, che Copernico e Galilei praticavano. Ed è alla luce di questi testi che i giudici del Santo Uffizio, quelli che facevano bene il loro lavoro di guardia dell’ortodossia, hanno condannato Galilei. Da questa chiara angolazione si aprono prospettive nuove sul “complesso Galilei”! Si può ben comprendere infatti che le considerazioni sui movimenti della terra e del sole, non sono altro che un pretesto per sviluppare un insegnamento fondamentalmente panteistico, un “cavallo di Troia” che in una certa misura si insinuò tra le autorità romane. Ma il 24 febbraio 1616, l’Eliocentrismo di Copernico, come decodificato sopra, venne condannato dal Santo-Uffizio ed a giusto titolo come abbiamo visto. E per manifestare che i censori non erano incappati nelle trappole tese, essi hanno precisato con cura che le formule condannate “erano assurde in filosofia e formalmente eretiche”, ma che non pregiudicavano considerazioni puramente astronomiche o fisiche. L’affare a questo punto avrebbe dovuto essere chiuso, lo si doveva arrestare là, ma si era di fronte ad una vera “setta” molto ben organizzata, una proto-ragnatela gnostico-cabalista, archetipo degli interessi ed intrallazzi kazaro-massonici oggi visibilmente e spudoratamente operanti in chiaro, ben al di fuori dell’ombra delle conventicole.

L’Accademia dei Lincei

Questa Accademia funzionava come un club massonico, con una facciata mondana, ufficiale, un proto-rotary, che attirava il bel mondo romano con delle conferenze, dei concerti, dei banchetti e ricevimenti vari, ed un nucleo operativo, lo “zoccolo duro”, nella residenza di campagna di Pietro Cesi ad Acquaspartia, vicino ad Urbino. I tre mentori della setta sono Pietro Cesi, Cesarini, ma soprattutto mons. Ciampoli, il gran maestro dei Lincei, che vedremo all’opera ben presto. – Il programma è chiarissimo. Eccone la formula: “noi stabiliremo con dei ragionamenti ed esperienze, dei paradossi che appaiano completamente contrari ai dogmi consacrati”. Consideriamo bene la formula: le esperienze cosiddette “scientifiche”, i ragionamenti polemici e cavillosi non hanno che un unico scopo: distruggere la fede, cancellare la Religione Cattolica, l’unica vera Religione. Una vera confessione! La solita “solfa”, si tratta di lanciare, sotto il pretesto di una copertura scientifica, come la disputa sulle comete, un attacco in grande stile contro le basi intellettuali della cultura tradizionale che domina a Roma. Ciò che è in gioco è il prestigio e la legittimazione intellettuale dei Lincei. Essa va dunque a scontrarsi con la resistenza del Collegio Romano dei Gesuiti, ove regna il rispetto della tradizione aristotelica in filosofia e la vigilanza sui principi della Fede Cattolica. – Galilei è uno dei membri eminenti dell’Accademia. Il 17 luglio 1620, nel corso di una seduta segreta ad Acquaspartia fu decisa l’operazione denominata “Sarseide”. Galilei doveva preparare un’opera per denunciare la fisica aristotelica, trattata come puro “nominalismo”, lanciare lo slogan: “il libro della natura non è stato scritto per essere letto solamente da Aristotele. Questo grande libro del mondo è alla portata di tutti. I commentari di Aristotele sono come “una prigione della ragione”. Egli doveva mettere la sua autorità al servizio dell’Accademia per assicurarle prestigio e legittimità intellettuale. E si mette all’opera! Nel frattempo, il 17 settembre del 1621, era morto il cardinale Bellarmino, l’energico prefetto del Santo-Officio. Si poteva così avere l’opportunità di profittare di una grande libertà per le “Novità”. Nel 1622, il manoscritto del “Saggiatore” è nelle mani dei Lincei. Esso è rivisto e corretto da Cesarini, poi dal principe Cesi, mentre il testo definitivo è redatto da mons. Ciampoli, il “Gran Maestro”. È una vera “macchina da guerra” contro coloro che sono considerati gli “adoratori ostinati dell’antichità”, contro i Gesuiti del Collegio romano. L’opera è piena di falsità e di insulti contro di essi, impiega l’arma del ridicolo puntato sul Collegio Romano e sulla devozione al principio dell’autorità della Tradizione, con formule caustiche ed insolenti contro queste “… anatre incapaci di seguire il volo degli angeli”. – Ora, per i Gesuiti, il principio di autorità era più sacro di una citazione criticabile. Era un valore di carattere religioso ed un punto fondamentale della lotta contro l’eresia. Ed essi reagirono! “L’errore si trova, essi diranno, nell’opera gli atomi di Epicuro, nelle idee di Democrito, nel Nominalismo di Occam, nelle elucubrazioni confuse di matrice pitagorica. Vi si lodavano gli autori pagani in odore di ateismo e degli autori cattolici in odore di eresia”. Un vero scandalo dunque!

Un Papa “novatore”, Urbano VIII

Nel 1623, nuovo Conclave … mons. Ciampoli “lavora” i cardinali, intriga e “fa in modo” che sia eletto Papa Urbano VIII, suo amico e complice. Maffei Barberini è giovane, ama la poesia, è uno sportivo; oggi diremmo che aveva presa “mediatica”. Egli si incarica di piazzare degli “uomini” dei Lincei in tutti i posti principali della corte. Il mons. Ciampoli resta il consigliere intimo e discreto. – Il giovane nipote del nuovo Papa, Francesco Barberini, diviene cardinale a sua volta e “dirige” il pontificato, … egli sarà l’“anima dannata” di suo zio. – Nel corso delle grandi feste e delle manifestazioni di entusiasmo organizzate dai Lincei per promuovere il nuovo Papa eletto, Galilei è ricevuto ufficialmente come “filosofo del Vaticano”, nel corso di una bella cerimonia, il 23 aprile del 1624. Barberini sa che deve la su elezione al gran maestro dei Lincei, al mons. Ciampoli. Quest’ultimo conosce i “segni dei tempi”, per lui questo Pontificato è una “mirabile congiuntura”. – Grazie a lui il mondo di Aristotele è finito. Galilei è il “filosofo cristiano moderno” che rimpiazza il pagano Aristotele nella “summa” della nuova cultura cattolica. Egli pone i suoi amici e quelli di Galilei alla “Sapienza”, nuova università romana, che si erge contro il Collegio romano dei Gesuiti. – La nuova filosofia è presente a corte, in cattedra, nelle accademie e nelle famiglie della società romana. Rivoluzione culturale che permetteva di sperare ben presto di poter rilanciare la campagna in favore di Copernico, l’eretico-condannato. Urbano VIII si leva contro i Gesuiti. Nel 1627, rifiuta la canonizzazione del cardinale Bellarmino imponendo, proprio in questa occasione, l’obbligo di attendere cinquanta anni prima di introdurre un processo di Canonizzazione. Egli nomina il cardinale Pietro de Berulle, “il nuovo teologo”, il mistico riformatore della fede, grande nemico dei Gesuiti e grande amico di Saint-Cyran … è lui che orienta gli Oratoriani di Francia verso il Giansenismo per circa due secoli. Ma il 3 novembre 1624, nel suo discorso inaugurale del Collegio romano, il P. Spinola condanna fermamente i tentativi di edificare una nuova costruzione umana di saggezza: egli compara la nuova filosofia pagana dei novatori alla “costruzione della Torre di Babele”. I novatori vogliono scalare il Cielo … essi sono dei ribelli contro Dio e la Fede. Essi vogliono provocare la rovina della Chiesa! Questo discorso fa sensazione. – Ma, in questa “mirabile congiuntura”, non è facile denunciare Galilei, il “sapiente” (falso) cattolico ufficiale, l’amico intimo del Papa, il più grande filosofo d’Europa, amato, coccolato, adulato, rispettato e temuto. E mentre il nuovo Papa ed i sui “amici” dell’Accademia dei Lincei, preparano questa rivoluzione culturale, i Gesuiti, continuano attraverso l’Europa la loro impresa di riconquista delle provincie protestanti. In questo contesto, ci sembra del tutto opportuno riprodurre una bella pagina del libro di Pietro Redondi [“Galilei eretico”] che seguiamo possa passo. “Non sono le petulanti e chiassose manifestazioni di gioia dei letterati novatori e degli aristocratici progressisti romani galvanizzati dall’elezione di un Papa amico di Galilei ed intellettuale raffinato a preoccupare i Gesuiti; ma è una linea generale di apertura culturale e politica improvvisa ed i cui effetti sono contrari alla linea di rinnovo e di lotta della Chiesa della Contro-riforma fissata dal Concilio di Trento. La Compagnia di Gesù, che è lo strumento più efficace di questa linea di condotta, non è vittima di una stretta visione provinciale e romana dei problemi, che condiziona numerosi suoi nemici nella curia. Il fronte principale di lotta contro la Riforma, non sono né i corridoi della Curia, né i saloni dell’Accademia, ma sono le pianure e le città dell’Ungheria e della Boemia, ove i padri della Compagnia, al seguito dei reggimenti della linea imperiale, riportano vittorie; essi riconquistano per Roma le chiese profanate dai riti protestanti, issano le loro bandiere ornate del simbolo dell’Eucaristia sui monasteri degli ordini religiosi decadenti e corrotti, e li confiscano per farne collegi e centri di educazione religiosa, senza preoccuparsi dei reclami romani degli ordini monastici. Il successo dei Gesuiti è impressionante, sul teatro principale della guerra di religione. Nei territori appena strappati ai protestanti, intere popolazioni si riconvertono in massa al Cattolicesimo con ogni mezzo e ad ogni costo. “Forti di queste vittorie e della coscienza politica e religiosa delle sue dimensioni mondiali, la Compagnia di Gesù sa che la fedeltà all’impero è la migliore garanzia contro la Riforma. Essa diffida di pericolose aperture diplomatiche del nuovo Pontefice in direzione di un avventuriero senza scrupoli come Richelieu, nuovo atro nascente della politica europea”.

Il vero processo

Quando il libro del “Saggiatore” appare in libreria a Roma, il primo esemplare venduto viene comprato da P. Grassi, professore eminente del collegio romano. Egli, di carattere irascibile, si adira violentemente con il libraio. Il P. Grassi, annuncia una risposta che non viene. – Galilei intanto viene ricevuto con grande pompa dal Papa nell’aprile del 1624. Ora, nell’estate del 1624, il P. Grassi depone alla cancelleria del Santo-Uffizio una denuncia in regola contro il “Saggiatore” per eresia concernente l’Eucaristia. Il testo di questa denuncia è stato ritrovato da Pietro Redondi in un dossier annesso al processo Galilei, che era stato dunque ben separato fin dall’inizio dell’affare. – Il p. Grassi muove due accuse fondamentali contro Galilei. 1) Il “nominalismo” di Occam, secondo cui le qualità delle cose non sono che dei nomi, ma che nella realtà non esistono: “… se vedo il colore rosso di questo oggetto, questo colore non è che nella mia percezione, ma non nel sole”. È evidentemente un’assurdità. – 2) L’“Atomismo” di Democrito; “… se gli atomi o corpuscoli, o “minima” costituiscono la sostanza dell’oggetto, allora le percezioni sensibili che sono il prodotto di queste particelle fanno anche parte della sostanza delle cose; se dunque, nelle Specie eucaristiche, le forme sensibili del pane e del vino permangono dopo la Consacrazione, la loro sostanza medesima resta presente. Non c’è dunque transustansazione, ma consustansazione”. La tesi di Galilei non fa che riprendere la tesi di Lutero e dei protestanti: Galilei, il filosofo ufficiale della corte pontificia e grande amico del Papa, non è che un “protestante camuffato” …. In effetti le Congregazioni Generali dei Gesuiti hanno sempre condannato l’“Atomismo” di moda presso gli umanisti e ne hanno proibito l’insegnamento nei collegi della Compagnia, condanne rinnovate nel corso del XVII secolo con notevole insistenza. Il primo aprile 1632, la Compagnia di Gesù aveva proibito di insegnare la dottrina degli atomi nei collegi. [… “Non si deve identificare la sostanza con l’estensione e le qualità. Le particelle non sono che misure della materia. L’Atomismo non è che una forma sottile di materialismo. Se è la materia che produce le forme sensibili e le qualità delle cose, allora essa diviene creatrice delle sue forme; essa è dunque di natura divina …”] Questa condanna viene rinnovata nel 1641, nel 1643, nel 1649. Ecco la formula protestante: “Il pane ed il Corpo del Cristo sono realmente, non sostanzialmente né essenzialmente presenti, perché se il pane non avesse più sostanza, non sarebbe più niente e di conseguenza, non sarebbe nemmeno un Sacramento”. Si scorge qui la vecchia tentazione nominalista. Da questo si vede che tali insegnamenti filosofici contrari al buon senso, provocano conseguenze disastrose nelle affermazioni della Dottrina Cattolica. Il filosofo cristiano non può dunque insegnare il “nominalismo” né l’“Atomismo” senza recare nocumento alla Fede. L’accusa è grave, e Galilei lo comprende subito, ha paura e si cerca di rassicurarlo: il suo libro aveva ricevuto l’imprimatur e l’approvazione entusiasta del Papa stesso. Egli crede così di poter contare sull’impunità, ma il sospetto di eresia comincia a circolare in città, malgrado il favore del Papa. Si consiglia a Galilei di non raccogliere il guanto, di restare zitto; noi diremmo oggi volgarmente di “squagliarsela”; perché Galilei sa bene che l’accusa è ben fondata e che il P. Grassi ha compreso pienamente l’intenzione soggiacente e truffaldina dell’autore.

La fronda dei cardinali

Il 18 aprile 1631, nella Cappella Sistina, in presenza del Papa Urbano VIII e nel corso della liturgia del Venerdì Santo, il P. Grassi, l’eminente gesuita, pronuncia una solenne orazione che dovette risuonare molto sgradevolmente alle orecchie del Papa: “Noi dobbiamo piangere, o beati Padri, una spaventosa distruzione ed una immensa rovina. L’edificio che la Saggezza Divina aveva eretto con le sue mani, questo tempio eterno della pace tra Dio e gli uomini viene ora demolito da saccheggiatori empi, distrutto, raso al suolo. « Quanto è veramente atroce assistere alla scena della imminente rovina. Questi strumenti, queste leve, questi operai, tutto è a posto, pronto per l’opera spaventosa di distruzione … i guardiani del tempio, i nuovi leviti, dormono di un sonno profondo. Ma il terrore li scuote ora dal loro sonno profondo. La folla dei saccheggiatori avanza … Già il velo del tempio, come quando l’anima si separò dal Cristo, è squarciato; già tutta la struttura si inclina ed un fracasso simile a quello della morte, anche se sono addormentati, li spinge ora a svegliarsi … le cose sacre sono calpestate, gli altari rovesciati, il tempio in rovina. Dove ci rifugeremo, dove, io mi domando? » Cosa stava accadendo dunque? L’armata svedese di Gustavo-Adolfo percorreva l’Europa centrale, distruggendo, bruciando, assassinando tutti al suo passaggio. Le armate imperiali erano impreparate ed impotenti davanti a questa furia. Gustavo-Adolfo si avvicinava alle Alpi. Il 7 aprile egli era in Baviera, saccheggiando e depredando i collegi dei Gesuiti, costringendoli a fuggire o a nascondersi. La situazione era grave e durante questo tempo « i leviti dormivano ». Chiaramente qui era indicato il Papa: Gustavo-Adolfo minacciava Roma, c’era terrore, e questo era troppo. – Più volte già i cardinali avevano rimproverato il Papa di compiacenza per gli eretici a Roma. Si reclamava un’azione energica, una crociata cattolica contro l’eresia e le novità sovversive. L’8 marzo del 1632, il Cardinale Borgia si alza, denuncia le debolezze del Papa e comincia a leggere una memoria «di grandissima importanza per la religione e la fede ». Egli rimprovera al Papa la sua attitudine conciliante verso il re di Svezia. Urbano VIII vuole togliergli la parola e minaccia di deporlo. Il fratello del Papa vuole prenderlo con la forza, ma gli altri Cardinali gli si raggruppano intorno per proteggerlo. Si crea un gran tumulto, uno scandalo in pieno concistoro. L’avvenimento viene risaputo in tutte le cancellerie. La Spagna reagisce immediatamente, protesta diplomaticamente contro le compiacenze del Papa verso il nemico della religione, sostenendo energicamente il Cardinale Borgia, divenuto il vero maestro del concistoro. Si parla di deporre il Papa! Qualche giorno più tardi, l’imperatore Habsbourg invia a Roma il suo cancelliere, il Cardinale gesuita Peter Pazmani che viene a ripetere al Papa le stesse minacce di Madrid. Il Papa deve promettere un rigore maggiore nella difesa dell’ortodossia. « La mirabile congiuntura » è oramai finita!

Il falso processo

Nel marzo 1632, Galilei pubblica il “Dialogo”, gradito al Papa e munito di imprimatur. Galilei vi riprende la tesi di Copernico sui movimenti della terra e le maree, con l’autorizzazione del Vaticano, a condizione di non mescolare le considerazioni sulle Scritture, e presentandola come ipotesi, senza riferimenti alle Scritture. Galilei ne profitta per riprendere l’atomismo di Democrito ed attaccare Aristotele. Egli identifica la sostanza corporale alle sue componenti materiali e quantitative, riducendo il reale al suo valore numerico. Ma egli evita di usare il termine “atomo” e di parlare di sostanza. Il suo amico e complice Campanella, la cui reputazione di eretico era ben acquisita, lo felicita in una lettera del 3 aprile 1632 … di rinnovare « gli antichi pitagorici e i partigiani di Democrito ». La lettera viene intercettata: la complicità è evidente. Viene inviata una denuncia alla cancelleria del Santo-Uffizio … subito il Papa confida l’affare a suo nipote, il Cardinale Barberini, affare che non può lasciare nelle mani del Cardinale Borgia, Prefetto del Santo-Uffizio, che lo accusa apertamente di  indulgenza colpevole e mancanza di fermezza nell’opera di Contro-Riforma. Portare il caso al Santo-Uffizio, sarebbe stato un vero suicidio politico per il Papa, uno scandalo enorme, la prova della sua complicità con i novatori. Il Cardinal nipote forma allora una commissione speciale al di fuori del Santo-Uffizio. Si rassicura Galilei sulle intenzioni benevole del Papa, suo grande amico, ed il Cardinale nipote si esprime così nei confronti del nunzio di Firenze, in una lettera del 25 settembre 1632: «Si sono affidate le opere di Galilei ad una commissione particolare con il compito di esaminarle e di vedere se si poteva evitare di portarle davanti alla Sacra Congregazione del Santo-Uffizio ». il Papa precisa allo stesso nunzio che aveva fatto un grande favore a Galilei per « … non aver sottomesso una tale materia al tribunale, ma ad una congregazione particolare creata espressamente per lui … che gran cosa! ». Galilei viene appoggiato dal Cardinale nipote, incaricato della sua difesa. Egli deve riconoscere di aver difeso la teoria di Copernico, mostrarsi conciliante, non protestare: « … il tribunale allora poté essere clemente con l’accusato e sua Santità essere soddisfatto ». E ciò è fatto, Galilei viene obbligato a proclamare pubblicamente in una chiesa la condanna dell’eliocentrismo [il culto di Mithra] già formulata precedentemente contro Copernico. Egli fa questa dichiarazione il 22 giugno del 1633, con soddisfazione di tutti. Il Papa gli da un castello come residenza sorvegliata [premio di consolazione e risarcimento dei danni!]. Ma il Cardinale Borgia, indignato dal processo, si rifiuta di firmare il processo verbale. L’indomani il P. Grassi viene esiliato a Savona. Gli si proibisce di pubblicare qualsivoglia cosa; egli, da gesuita fedele ed obbediente, si sottomette. Il testo della seconda denunzia contro il “Dialogo” è sparito dagli archivi, come tutti i resoconti delle sedute della “Commissione speciale”: il lavoro evidentemente è stato ben fatto! – Punto finale. L’affare Galilei era chiuso … tutto il resto, non è che leggenda, mito, menzogna ed imposture … perno su cui poggiare la leva della mistificazione modernista e progressista degli intellettualoidi dell’inganno massonico-mondialista ed ecumenista.

Il fallimento di un Pontificato

L’ultimo “exploit”, se così si può dire, del Papa Urbano VIII fu l’evasione riuscita di Campanella. Tommaso Campanella, domenicano nato in Calabria, a Stilo, possedeva una feconda immaginazione, estese conoscenze in materia di cabala ed alchimia, delle idee ispirate a Joachim de Flore, una attività disordinata e furibonda. Egli si faceva chiamare “il Messia”, annunciava le catastrofi della fine dei tempi. Poiché le sue predizioni tardavano ad avverarsi, immaginò di montare una cospirazione per cacciare gli Spagnoli dal Regno di Napoli. Aveva pure compromesso numerosi gentiluomini e trecento monaci, ma fu preso in tempo e condannato alla carcerazione a Napoli. Egli aveva continuato la crociata contro la Scolastica e contro Aristotele. Ma Urbano VIII venne in suo soccorso. Per tre anni negoziò la sua liberazione con la corte di Madrid, ma invano. Finalmente promise al Re di Spagna che lo avrebbe fatto giudicare dal Santo Uffizio. Questi, fidandosi, glielo consegnò nel 1926, dopo 25 anni di prigionia. Ma ben presto il Papa gli accordò la libertà e lo ammise nella sua intimità. Egli aveva pubblicato una “Apologia per Galilei” ed “una difesa del sistema di Copernico … non contraria alle scritture”, nel 1634. Il suo capolavoro, se così si può dire, fu “la città del sole” dove predicava la comunione totale dei beni e delle persone, nella diretta filiazione di Tommaso Moro. Ma le sue eresie erano ben conosciute. Lo si minacciava, si facevano appelli al Santo-Uffizio. Disperando la sua causa, Urbano VIII si sentì con il conte di Noailles, ambasciatore francese, per aiutarlo a fuggire travestito da cavaliere. Fu caldamente raccomandato a Richelieu ed al Re di Francia Luigi XIII. Ottenne pure una pensione di 3000 libbre, e si stabilì a Parigi ove lavorò alla Biblioteca del re. Gabriel Naudé, il bibliotecario capo, ringraziò pubblicamente Urbano VIII “in nome della scienza, di aver coperto Campanella con la sua autorità”. Ora Naudé era membro della “Fraternità della rosa+croce”, la cui parola d’ordine era: “Guerra al Papa, abolizione del culto” [la solita manfrina anche delle logge attuali, comprese quelle ecclesiastiche, anzi quelle soprattutto!]. Quando l’Inquisizione Reale di Napoli si accorse del sotterfugio, chiese che gli si rendesse il prigioniero. Il Papa rifiutò! – In tutta questa storia, noi assistiamo ad una girandola: Umanisti, Rosa+croce, Lincei ed altri empi formavano tra loro come una vasta “ragnatela” che copriva tutta l’Europa. Questi uomini erano legati da una corrispondenza regolare di attive complicità, come abbiamo visto. L’affare Galilei non può essere veramente compreso se non all’interno di una ben più vasta tragedia, quella delle lotta del Protestantesimo, guidato dai soliti kazari, dappertutto infiltrati, contro i dogmi della Fede Cattolica e contro la Filosofia Scolastica che ne è il necessario supporto. Si faceva finta di attaccare Aristotele ed i Gesuiti del Collegio Romano … ma nei fatti, con fare sornione, si lavorava con accanimento per uccidere la fede nelle anime. Quando un Papa è eletto da una consorteria, quando la sua elezione è il risultato di manovre sotterranee, per dare il potere gerarchico ad un amico e complice, costui si trova in una situazione ben poco confortevole: Urbano VIII non può confessare la sua intenzione profonda e una volta posto sul trono di Pietro, egli è ben obbligato per la sua funzione magisteriale, a continuare ad insegnare le verità della Fede Cattolica alle quali non crede più e che vorrebbe distruggere. Egli deve manovrare delicatamente tra coloro che hanno “fatto” la sua elezione e che reclamano continuamente ciò che essi si attendono da lui, e l’insieme del clero romano restato fedele, che ignora queste manovre, resta perplesso e diffidente davanti alle situazioni che mal comprende. Ci vuole una singolare attitudine all’inganno per utilizzare le formule della Fede Cattolica svuotate dalle loro sostanze, e metterle al servizio del panteismo e della gnosi. – I nostri moderni falsi Pontefici [gli antipapi succedutisi dal 28 ottobre 1958 in poi], i servi dell’anticristo, sono dei virtuosi in questo gioco diabolico. – I più perspicaci avevano allora compreso: erano i Gesuiti del collegio romano, pubblicamente e violentemente attaccati [… mentre oggi è l’ordine più infiltrato ed infestato da marrani e massoni]. Si sono trovati a Roma in quest’epoca degli uomini coraggiosi ed energici per essersi opposti fermamente contro un Papa che aveva abbandonato il suo dovere di stato. Ma vi erano stati pure dei Principi cristiani come il re Filippo IV di Spagna e l’Imperatore Ferdinando II di Habsbourg che misero tutto il peso della loro autorità e delle loro potenze contro Urbano VIII, fino a minacciarlo di deposizione. Si cercano oggi vanamente questi Principi Cristiani! – Questa vicenda è servita ai “nemici di Dio e di tutti gli uomini”, per comprendere che non avrebbero mai potuto manipolare, come in situazioni analoghe precedenti e successive, nessun vero Papa, seppure Cardinale compiacente, perché questi, una volta divenuto Vicario di Cristo, cambiava atteggiamento ed era controllato dal Sant’Uffizio, paladino incrollabile ed inattaccabile dell’ortodossia della Fede Cattolica. Ecco perché hanno voluto nel 1958 l’elezione di un “vero” Papa [Gregorio XVII], impedendogli subito di esercitare pubblicamente il suo “Incarico” e spedendolo in un esilio monitorato 24 ore al giorno per 31 anni. Non lo hanno ucciso pur potendolo fare con estrema facilità, perché per essi era una “garanzia”: … quello è il Papa, e finché è Papa, gli altri non lo sono! Al suo posto hanno creato così una serie di “burattini” manipolabili a piacimento perché non Vicari di Cristo né guidati dallo Spirito Santo [anzi dallo spirito opposto”]. Nel contempo, per garantirsi la docilità dei burattini al movimento dei “fili” mossi dal “gran burattinaio”, e la loro libertà di azione dottrinale anticristiana, si è operata una indispensabile e “strategica” eliminazione del “Santo Uffizio”. Create le “idonee” premesse, i marrani modernisti della quinta colonna hanno potuto trionfare largamente, come ancora oggi vediamo, contando sul sonno colpevole dei “cani” da guardia, i cani muti grassi e sazi che hanno introdotto anzi ben volentieri i lupi nell’ovile a fare strage di anime. – Per Galilei sarebbe stata una “pacchia” spacciarsi per un geniale scienziato innovatore, appoggiato da falsi prelati e falsi gesuiti compiacenti … ma poverino, sfortunatamente era nato troppo presto .. se fosse stato operativo dopo il 1958, altro che premio Nobel, quello che i marrani cabalisti appioppano ai loro “beniamini” per convincere gli sciocchi goym che sono uomini straordinari da ammirare e seguire con fiducia! … ed il culto di Mithra si sarebbe appalesato subito senza ricorrere al baphomet-lucifero massonico. – L’ltimo insegnamento che questa vicenda “pompata” ci offre è questo: la Santa Chiesa Cattolica, Sposa Immacolata del Cristo, Madre tenerissima verso i suoi figli (i Cattolici!), è INFALLIBILE in materia di fede e di morale, inattaccabile in materia dottrinale e dogmatica, seppur rappresentata da elementi che umanamente lasciano a desiderare o semplicemente sono i “cani muti” dipinti dal Profeta Isaia. La Chiesa, Una, Santa, Cattolica, Apostolica Romana, NON DEVE CHIEDERE SCUSA A NESSUNO, mai, in nessun tempo ed in alcun modo. Se sentiamo qualcuno che, Dio ci scansi, dovesse farlo, allora siamone certi: questi è un servo del “nemico”, un lupo satanico travestito da “angelo” di luce [sinistra!], e sappiamo che … non dobbiamo assolutamente credergli, anzi dobbiamo fuggire lontano al più presto e rifugiarci tra le braccia della nostra Santissima Madre, la Vergine Maria … et IPSA conteret caput tuum! Exsurgat Deus et …

(1) Etienne Couvert è un autore francese che ha studiato per anni la gnosi nei suoi variegati aspetti, evidenziandone le infiltrazioni in ogni campo, da quello letterario a quello filosofico, pedagogico, teologico. I suoi testi sono oramai dei classici dell’argomento, e da essi altri hanno largamente scopiazzato e riprodotto. Pur non appartenendo alla “vera” Chiesa Cattolica, considerando anzi la “sinagoga di satana” massonico-modernista essere la Chiesa di Cristo [e nonostante ne abbia evidenziato tutti gli aspetti gnostico-cabalistici, fieramente anticristiani …], i suoi studi, al netto delle considerazioni sulla falsa chiesa e sui falsi “papi”, sono estremamente interessanti e vale la pena tenerli in grande considerazione, con tutta la prudenza richiesta nel valutare l’opera di un a-cattolico (ci auguriamo inconsapevole!) [-ndr.-]