“…. nessuno infatti può far parte della Chiesa di Cristo, se non si mantiene unito al suo Capo visibile, e stretto alla Cattedra di Pietro.” Questa è la conclusione perentoria di questa lettera enciclica scritta in occasione dei tragici eventi francesi postrivoluzionari, con l’obiettivo deciso di sanzionare qualsiasi indebita consacrazione vescovile attuata senza l’autorizzazione della Sede Apostolica, senza mandato, priva quindi di qualsiasi forma di giurisdizione, missione canonica, illegittima, scismatica e sacrilega. Questa stessa condizione, anche se in momenti storici ben diversi, si è ripresentata in tempi più recenti nei quali pastori superbi ed indegni, si sono arrogati il potere di consacrare [ … o meglio non-consacrare] fantocci impennacchiati senza mandato Apostolico e adducendo ridicoli stati di necessità, ampiamente condannati da Pontefici di ogni tempo, ultimo S. S. Pio XII. Questi ridicoli pseudo-prelati, che hanno a loro volta creato illegittimi e scismatici finti-preti, passano addirittura per tradizionalisti Cattolici, onde carpire la buona fede di ignari e male informati fanta-fedeli illusi da una messa tridentina aleatoria, sacrilega ed invalida. In particolare sono i “figliocci” e derivati del “cavaliere kadosh” Lienart 30 :. , agente massonico della “ganascia” destra della tenaglia trita-Cristiani ideata dai nemici di Dio, di Cristo e di tutti gli uomini, per distruggere la Chiesa Cattolica … si fieri potest!, in combutta con la ganascia sinistra del satanico “novus ordo” degli antipapi delle logge del sacro (un tempo) colle. Questi pseudo-vescovi in particolare, non hanno sede diocesana, e sono totalmente abusivi e senza alcuna autorità canonica e spirituale, dispensatori di finti e funesti sacramenti oltremodo invalidi, e maledicenti. Oggi poi la situazione è totalmente confusa, essendo i kadoshiano-derivati, scismatici dagli scismatici novusordisti … un tragico pasticcio che, se non fosse così deleterio e mortale per il destino di milioni di anime, sarebbe tutto da ridere e sbeffeggiare. Che dire? … veramente la Chiesa Cattolica è in eclissi totale, anzi oramai nel sepolcro; però ricordiamoci come il suo Fondatore dal sepolcro sia uscito glorioso e vincente sul suo nemico capitale! Questa sarà la sorte della Chiesa di Cristo: quando sembrerà morta e nel sepolcro, ribalterà la pietra tombale dalla quale è stata rinchiusa da apostati e da servi del demonio, e trionfante occuperà nuovamente con onore e splendore gli edifici e gli uffici con violenza usurpati. Su questo non dubitiamo affatto, perché il Signore Nostro Gesù Cristo ce lo ha solennemente promesso, e … il suo Apostolo lo ricordava ai fedeli di Tessalonica. – Leggiamo quindi l’enciclica che condanna i lupi di ogni tempo che, sotto l’aspetto di agnelli, penetrano nell’ovile di Cristo per fare stragi di anime, lupi che al fine subiranno la sorte del loro padre lucifero “… verumtamen ad infernum detraheris in profundum laci” [Isa. XIV, 15].
Charitas quae, docente Paulo apostolo,
patiens et benigna est …
S. S. PIO VI
LITT. Apostol. In forma brevis
“CHARITAS QUÆ”
“SULLA CONDANNA DEL GIURAMENTO CIVILE DEI CHIERICI DOPO LA RIVOLUZIONE FRANCESE, E LA RIPROVAZIONE DI ALCUNE ELEZIONI E CONSACRAZIONE DI PSEUDO-VESCOVI.
AI VENERABILI FRATELLI, PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI E AGLI
ALTRI ORDINARI AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE PACE E COMUNIONE
PIO PP. VI
SERVO DEI SERVI DI DIO
VENERABILI FRATELLI, SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE.
La carità, che –
come insegna l’apostolo Paolo – è paziente e benigna, tollera e sopporta tutto,
fintanto che rimane la speranza che per mezzo della mansuetudine ci si possa
opporre agli errori che ormai hanno cominciato a farsi strada. Tuttavia, se gli
errori crescono di giorno in giorno, a tal punto da far precipitare nello
scisma, allora le stesse leggi della carità, strettamente congiunte agl’impegni
apostolici, che indegnamente svolgiamo, richiedono ed impongono che sia
approntata una medicina paterna, ma pronta ed altrettanto efficace contro la
malattia incipiente, dopo aver mostrato a coloro che sbagliano l’orrore della colpa e la
gravità delle pene canoniche nelle quali sono incorsi. In tal modo,
coloro che si sono allontanati dalla via della verità possono riaversi e,
abiurati gli errori, potranno rientrare nella Chiesa che, come madre
affettuosa, accoglierà a braccia aperte il loro ritorno; e gli altri fedeli eviteranno opportunamente
gl’inganni degli pseudo-pastori, i quali (entrati nell’ovile in tutti i modi,
ma non per la porta) non chiedono altro se non di rubare, uccidere, distruggere.
Avendo davanti agli occhi questi precetti divini, a malapena abbiamo udito il
rumore della guerra alla quale aizzavano contro la Religione Cattolica i
filosofi innovatori riuniti nell’Assemblea Nazionale di Francia, della quale
costituivano la maggior parte; piangemmo amaramente davanti a Dio e dopo aver
partecipato ai Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa
l’ansietà del Nostro animo, abbiamo indetto preghiere pubbliche e private. In
seguito, con lettera del 9 luglio 1790 al Nostro carissimo figlio in Cristo Ludovico,
re cristianissimo, lo abbiamo reiteratamente esortato a non sanzionare la
“Costituzione Civile del Clero” che avrebbe portato la Nazione verso
l’errore e il Regno verso lo scisma. Non poteva in nessun modo avvenire che
un’assemblea politica di persone cambiasse l’universale disciplina della
Chiesa, conculcasse le sentenze dei Santi Padri e i decreti dei Concili, sovvertisse l’ordine gerarchico,
regolasse a suo capriccio l’elezione dei Vescovi, distruggesse le sedi
episcopali e, eliminata la migliore organizzazione, ne introducesse nella
Chiesa una peggiore. Affinché le Nostre esortazioni penetrassero più a
fondo nell’animo del Re cristianissimo, scrivemmo al-tre due lettere in forma
di Breve, il giorno 10 dello stesso mese, ai Venerabili fratelli arcivescovi di
Bordeaux e di Vienne, che erano al fianco del re, e paternamente li ammonimmo
perché unissero il loro intervento ai Nostri; si doveva scongiurare che, se
l’autorità regia avesse accettato la predetta “Costituzione”, il Regno stesso diventasse
scismatico, e scismatici i vescovi che fossero creati secondo la forma
fissata dai Decreti; nel qual caso Noi saremmo obbligati a bollarli come intrusi,
totalmente privi di giurisdizione ecclesiastica. Perché non si potesse
minimamente dubitare che le Nostre ansiose sollecitudini fossero motivate
soltanto da preoccupazioni religiose e per chiudere la bocca ai nemici di
questa Sede Apostolica, decretammo che fosse sospesa in Francia l’esazione
delle tasse, dovute ai Nostri uffici dalle precedenti Convenzioni e dalla
ininterrotta consuetudine. Il Re cristianissimo si sarebbe certamente astenuto
dal confermare la Costituzione, ma l’incalzante, impellente comportamento
dell’Assemblea nazionale lo indusse a subire e a sottoscrivere la Costituzione,
come dimostrano le lettere che Ci ha inviato il 28 luglio, il 6 settembre ed il
16 dicembre; in esse chiedeva che Noi approvassimo, almeno per precauzione,
prima cinque e poi sette articoli, i quali, poco dissimili l’uno dall’altro,
costituivano quasi un sunto della nuova Costituzione. Ben presto ci rendemmo
conto che nessuno di quegli articoli poteva essere da Noi approvato o
tollera-to, in quanto contrario alle regole canoniche. Non volendo tuttavia che
da ciò i nemici cogliessero l’occasione di ingannare il popolo, come se Noi
fossimo contrari a qualunque forma di conciliazione, e volendo continuare sulla
stessa strada di mansuetudine, annunciammo al Re, con lettera del 17 agosto a
lui stesso indirizzata, che gli articoli sarebbero stati da Noi attentamente
soppesati e che i Cardinali di Santa Romana Chiesa sarebbero stati chiamati a
consiglio e, riuniti, avrebbero esattamente ponderato. Essi dunque si riunirono
due volte, il 24 settembre ed il 16 dicembre, per esaminare i primi ed i
secondi articoli; svolto un diligentissimo esame, ritennero all’unanimità che
sugli articoli in questione si dovesse sentire il parere dei Vescovi francesi,
perché indicassero essi stessi, se era possibile, qualche fondamento canonico
che da lontano non si riusciva ad individuare, come già Noi avevamo scritto in
precedenza con altra Nostra lettera al Re cristianissimo. Una non lieve
consolazione al dolore che fortemente Ci affliggeva derivò dal fatto che la
maggior parte dei Vescovi francesi, spontaneamente spinta dai doveri
dell’impegno pastorale e mossa dall’amore per la verità, si mostrava
costantemente contraria a questa Costituzione e la combatteva in tutti i modi
che sono propri del regime della Chiesa. Questa Nostra consolazione fu
ulteriormente aumentata allorché il Nostro diletto figlio il Cardinale
Rochefoucauld e i Venerabili Fratelli l’Arcivescovo di Aix ed altri Arcivescovi
e Vescovi in numero di trenta, per prevenire tanti e tanto grandi mali, si
rivolsero a Noi; con lettera del 10 ottobre mandarono una “Esposizione
sopra i principi della Costituzione del Clero”, firmata da ognuno col
proprio nome, chiedendo il Nostro consiglio ed il Nostro aiuto; implorarono da
Noi, come da un comune Maestro e Genitore, la corretta norma di comportamento,
alla quale affidarsi con tranquillità. Ciò che soprattutto accrebbe la Nostra
consolazione fu che molti altri Vescovi si unirono ai primi, sottoscrivendo la
predetta “Esposizione”, di modo che dei 131 Vescovi di codesto Regno
soltanto quattro si mantennero di diverso avviso; ed insieme a questo così
grande numero di Vescovi anche la moltitudine dei Capitoli e la maggior parte
dei Parroci e dei Pastori di second’ordine conveniva che questa
“Esposizione”, fatta propria col consenso degli animi, dovesse far
parte della Dottrina di tutta la Chiesa Francese. Noi stessi, senza frapporre
indugio, mettemmo mano all’opera e sottoponemmo ad esame tutti gli articoli di
detta Costituzione. Ma l’Assemblea Nazionale Francese, nonostante udisse la
voce concorde di codesta Chiesa, non pensò minimamente di desistere dalla
propria impresa, anzi fu maggiormente irritata dalla coerenza dei Vescovi.
Rendendosi perfettamente conto che fra i Metropolitani e fra i Vescovi più
anziani non se ne sarebbe trovato nessuno disponibile a legittimare i nuovi
Vescovi, eletti nei Distretti
municipali col voto dei laici, degli eretici, degli infedeli e degli ebrei,
secondo quanto disponevano i nuovi Decreti; consapevole inoltre che questa
assurda forma di regime non avrebbe potuto sussistere da nessuna parte, dal
momento che senza Vescovi scompare qualunque forma di Chiesa, l’Assemblea pensò
di pubblicare altri Decreti ancora più assurdi; cosa che fece il 15 e il 27
novembre e poi ancora il 3, 4 e 26 gennaio 1791. Con questi ulteriori Decreti,
ai quali aggiunse forza l’autorità regia, venne stabilito che – qualora il
Metropolitano oppure il Vescovo più vecchio si fosse rifiutato di consacrare i
nuovi eletti – qualunque Vescovo di un altro Distretto avrebbe potuto farlo.
Inoltre, per far sì che con un’unica azione ed in un solo momento venissero
tolti di mezzo tutti i Vescovi onesti e tutti i Parroci animati dalla Religione
Cattolica, fu disposto anche che tutti i Pastori, sia del primo sia del secondo
ordine, giurassero tutti, senza alcuna aggiunta, di osservare la Costituzione:
sia quella già promulgata, sia le norme che fossero approvate in seguito.
Coloro che si fossero rifiutati di prestare giuramento, sarebbero addirittura
stati rimossi dal loro grado e le loro sedi e le loro parrocchie considerate vacanti
del pastore. Espulsi
dunque, anche con la violenza, i legittimi Pastori e Ministri, sarebbe stato
lecito procedere all’elezione di nuovi Vescovi e Parroci nei Distretti
municipali; messi in disparte i Metropolitani ed i Vescovi più vecchi, che non
si fossero piegati al giuramento, questi eletti avrebbero dovuto presentarsi al
Direttorio (cui competerebbe la designazione di qualunque Vescovo) per essere
confermati ed istituiti. Decreti di questo tenore, successivamente pubblicati,
gravarono il Nostro animo di un dolore smisurato ed aumentarono la Nostra pena,
perché Ci toccò occuparci anche di questi temi nella risposta ai Vescovi
che stavamo
preparando. I decreti Ci sollecitarono di nuovo ad indire pubbliche preghiere e
ad implorare il Padre di ogni misericordia. Essi furono anche la causa per cui
i Vescovi francesi, che già con egregie, meditate pubblicazioni si erano
opposti alla Costituzione del Clero, diedero alle stampe nuove Lettere
Pastorali al popolo, e si diedero da fare con il massimo impegno a contrastare
le disposizioni relative alla deposizione dei Vescovi, alle vacanze delle sedi
episcopali, alle elezioni e ratifiche dei nuovi Pastori. Da ciò è derivato che
– per espresso accordo di tutta la Chiesa francese – i giuramenti civici vennero
considerati come spergiuri e sacrileghi, totalmente indegni non solo degli
ecclesiastici ma di qualunque persona cattolica; tutti gli atti conseguenti,
considerati scismatici, furono tenuti in nessuna considerazione e fatti oggetto
delle più gravi censure. A queste lodevolissime dichiarazioni del clero
francese corrisposero anche i fatti; quasi tutti i Vescovi, infatti, e la
maggior parte dei Parroci si rifiutarono, con invitta coerenza, di prestare il
giuramento. Allora i nemici della Religione si resero conto che tutti i loro
malvagi disegni sarebbero andati a vuoto se non fossero riusciti a guadagnarsi
l’animo di qualche Vescovo, debole o mosso dall’ambizione; qualcuno che prestasse il
giuramento di proteggere la Costituzione e muovesse le sacrileghe mani alle
Consa-crazioni, affinché niente più mancasse per introdurre lo scisma.
Fra quelli abbattuti dall’altrui malizia il primo fu Carlo, Vescovo di Autun,
difensore acerrimo della Costituzione; il secondo fu Giovanni Giuseppe, Vescovo
di Lidda; il terzo Ludovico, Vescovo d’Orléans; il quarto Carlo, Vescovo di
Viviers; il quinto il Cardinale di Loménie ed Arcivescovo di Sens e pochissimi,
infelicissimi Pastori di se-cond’ordine. Per quanto attiene al Cardinale di
Loménie, con lettera indirizzata a Noi il 25 novembre scorso, tentando di
giustificare il giuramento che aveva prestato, affermava che non doveva essere
considerato come un “consenso dell’animo” e che comunque egli si
trovava profondamente dubbioso se rifiutarsi di imporre le mani agli eletti
(come fino a quel momento aveva evitato di fare) oppure no. Poiché il problema
più importante era che nessuno dei vescovi consacrasse gli eletti (cosa che
avrebbe rafforzato la via dello scisma), Ci parve opportuno sospendere la
Nostra risposta ai Vescovi, che era quasi conclusa, e senza indugio riscrivere,
il 23 febbraio, al Cardinale, dimostrandogli sia il suo errore di valutazione
nel prestare giuramento, sia anche quali pene sono previste dai Canoni; pene
alle quali, non senza dolore nell’animo Nostro, avremmo dovuto sottoporlo, privandolo anche della dignità
cardinalizia, se non avesse riparato la pubblica offesa con una tempestiva ed
adeguata ritrattazione. Per quanto poi atteneva al dubbio se consacrare
o no gli pseudo-eletti, gli ordinammo formalmente di non procedere oltre nell’istituire nuovi
Vescovi, neppure per stato di necessità, per non aggiungere nuovi
interlocutori ostili alla Chiesa. Si tratta infatti di un diritto che spetta unicamente alla Sede
Apostolica, sulla base di quanto fissato dalle norme del Concilio di Trento, e
che nessuno dei Vescovi o dei Metropoliti può arrogarsi; in caso
contrario, Noi siamo obbligati dal nostro dovere apostolico a considerare scismatici tanto
coloro che consacrano quanto coloro che sono consacrati, e di nessun valore
tutti gli atti che sia gli uni sia gli altri andranno producendo.
Esaurite queste incombenze, che C’imponeva la natura del Nostro supremo compito
pastorale, fu opportuno per Noi rimettere mano alla risposta, che già era
costata grande impegno e lunga fatica, per le molteplici novità che si erano
accumulate. Con l’aiuto di Dio la completammo, affinché una volta esaminati
tutti gli articoli, chiunque avesse ben chiaro che la nuova Costituzione –
sulla base del Nostro giudizio e di quello della Sede apostolica, che i Vescovi
francesi Ci avevano richiesto e che i Cattolici francesi desideravano
grandemente – nasceva da principi contaminati dall’eresia, e perciò in parecchi
decreti era eretica a
propria volta e contraria al dogma cattolico; in altri invece sacrilega,
scismatica, distruttiva dei diritti del Primato e della Chiesa,
contraria sia alla vecchia sia alla nuova disciplina; in definitiva, strutturata e diffusa senz’altro
scopo che abolire la Religione Cattolica. Ogni libertà di professarla
viene infatti negata, i legittimi Pastori vengono rimossi, i beni occupati; invece,
gli uomini di altre sette vengono pacificamente lasciati nella loro libertà e
nel possesso dei loro beni. Nonostante avessimo dimostrato con chiarezza tutto
ciò, e tuttavia non volendo abbandonare la strada della mansuetudine,
dichiarammo che fino a quel momento ci eravamo astenuti dal considerare
separati dalla Chiesa Cattolica gli autori della malefica Costituzione civile
del clero; ma contemporaneamente dovemmo ripetere che (come la Santa Sede ha
sempre usato fare in casi di questo genere) saremmo purtroppo costretti a dichiarare scismatici tutti coloro che non si
allontanassero dagli errori che Noi abbiamo illustrati, sia che si tratti degli
autori di questa Costituzione, sia di persone che vi abbiano aderito con
giuramento; che siano stati nominati nuovi pastori o che abbiano consacrato gli
eletti, o che dagli eletti siano stati consacrati. Tutti costoro infatti,
chiunque fossero, sarebbero privi della legittima missione e della comunione
con la Chiesa. Poiché – fatti salvi il dogma e la disciplina universale della
Chiesa – il Nostro animo è disposto a favorire, fin dove è lecito, l’illustre
nazione francese, seguendo il consiglio dei Cardinali convocati per questo
motivo e ripetendo ciò che già avevamo scritto personalmente al Re cristianissimo,
esortammo i Vescovi, sotto i cui occhi le cose si svolgevano, a prospettarci
qualche altro tipo d’intervento – se fosse possibile trovarlo – non in
contrasto con il dogma cattolico e con la disciplina universale, da sottoporre
al Nostro esame ed alla Nostra decisione. Questi sentimenti del Nostro animo
vennero da Noi esposti an-che al Nostro carissimo figlio in Cristo, il Re
cristianissimo, al quale mandammo copia della Nostra ri-sposta ai Vescovi;
inoltre lo esortammo nel Signore a preparare, con l’aiuto dei Vescovi più
saggi, una medicina più adatta al male che era derivato anche dall’autorità
regia e lo assicurammo che contro coloro che si fossero mantenuti pervicacemente
nell’errore Noi avremmo eseguito (come deriva dall’obbligo pastorale) ciò che,
posti nella stessa condizione, anche i Nostri Predecessori disposero. Entrambe
le Nostre lettere, quella al Re e quella ai Vescovi, furono spedite il 10 marzo
con un corriere speciale, che partì il giorno successivo. Di nuovo, il giorno
15 dello stesso mese, con l’arrivo del corriere ordinario proveniente dalla
Francia, da ogni parte Ci venne riferito che il 24 febbraio a Parigi si era raggiunto
il culmine dello scisma. In quel giorno infatti il Vescovo d’Autun (già
colpevole di spergiuro e reo di defezione per aver abbandonato la Chiesa di
propria volontà e davanti ai Laici) con un comportamento ben dissimile da
quello del suo Capitolo, meritevole invece d’ogni elogio, si unì ai Vescovi di
Babilonia e di Lidda. Il primo di questi, che era stato da Noi insignito del
pallio e gratificato anche di sussidi, si dimostrò degno successore di un altro
Vescovo di Babilonia, quel Domenico Varlet ben noto per lo scisma della Chiesa
di Utrecht; il secondo, già colpevole di spergiuro, era già incorso nell’odio e
nella disistima dei buoni allorché s’era mostrato dissidente dalla retta
dottrina del Vescovo e del Capi-tolo della Chiesa di Basilea, della quale egli
è suffraganeo. In quel giorno, dunque, il Vescovo d’Autun, con l’aiuto di
questi due vescovi, senza farne parola all’Ordinario, nella chiesa dei Preti
dell’Oratorio osò imporre le
sacrileghe mani a Luigi Alessandro Expilly e a Claudio Eustachio
Francesco Marolles, senza
averne ricevuto alcun mandato dalla Sede apostolica, senza richiedere il
giuramento dell’obbedienza dovuta al Pontefice; tralasciando inoltre l’esame e
la confessione di fede prescritta dal Pontificale Romano (formalità che devono
essere osservate in tutte le chiese del mondo) e trascurando, violando,
disprezzando anche tutte le altre norme. Tutto ciò, sebbene non potesse
ignorare che il primo dei due era stato eletto illegittimamente Vescovo di
Cornovaglia, nonostante le gravi e ripetute contestazioni di quel Capitolo, e
che l’altro ancor meno legittimamente era stato nominato Vescovo di Soissons,
della diocesi che ha invece come proprio pastore vivo e vegeto il reverendo
fratello Enrico Giuseppe Claudio de Bourdeilles. Questi ritenne suo preciso
dovere opporsi con veemenza a tanto grande profanazione e difendere con impegno
la sua diocesi, come testimonia la sua sollecita lettera al popolo datata 25
febbraio. Contemporaneamente Ci venne riferito che il vescovo di Lidda aveva
aggiunto al vecchio anche un nuovo crimine. Il giorno 27 dello stesso mese di
febbraio, in compagnia dei nuovi pseudo-Vescovi Expilly e Marolles, nella
stessa chiesa aveva osato consacrare in maniera sacrilega il parroco Saurine come
Vescovo di Aix, quantunque anche questa Chiesa gioisca lieta dell’ottimo suo
Pastore, il reverendo fratello Carlo Augusto Lequien. Forse da ciò è derivato
che lo stesso vescovo di Lidda, Giovanni Giuseppe Gobel, pur essendone tuttora
vivo l’Arcivescovo, fu nominato capo della chiesa di Parigi, sull’esempio di
Ischira, che, a compenso del crimine commesso e dell’ossequio tributato
nell’accusare e nel cacciare dalla sua sede Sant’Atanasio, nel Conciliabolo di
Tiro fu proclamato Vescovo di quella città. Notizie così dolorose e tristi
riempirono il Nostro animo di dolore e tristezza incredibili. Confortati tuttavia
dalla speranza in Dio, il giorno 17 di marzo ordinammo che fosse di nuovo
convocata la Congregazione dei Cardinali, affinché Ci esprimesse il proprio
parere su una situazione di tale gravità, come già aveva fatto altre volte. Mentre Ci
preoccupavamo di dar corso alla delibera assunta con il consiglio dei
Cardinali, il giorno 21 dello stesso mese un altro corriere giunto da codesto
Regno riferisce che il Vescovo di Lidda, divenuto ancora più perfido, insieme agli
pseudo-Vescovi Expilly e Saurine, il giorno 6 dello stesso mese, nella stessa
chiesa, con le stesse sacrileghe mani aveva consacrato Vescovo di Beauvais il
parroco Massieu, deputato dell’Assemblea francese; un altro deputato, il
parroco Lindet, Vescovo di Eureux; il parroco Laurent, anch’egli deputato,
Vescovo di Moutiers; il parroco Heraudin Vescovo di Châteauroux. Egli osò far
questo nonostante le due prime diocesi abbiano tuttora i loro pastori legittimi
e le altre due chiese non siano state ancora erette dall’autorità Apostolica in
sedi vescovili. Quale giudizio si debba dare di coloro che accettano di essere
eletti e consacrati in Chiese regolarmente rette ed amministrate dai loro
Vescovi, lo spiegò egregiamente, molti anni prima di Noi, San Leone. Scrivendo
infatti a Giuliano, Vescovo di Coo, contro un certo Teodosio che aveva occupato
la sede del Vescovo Giovenale, ancora vivente, al cap. IV sostenne: “Che
uomo sia colui che s’introduce nella sede di un Vescovo vivente si desume con
chiarezza dallo stesso gesto; né c’è da dubitare che sia un malvagio colui che
è amato dai nemici della fede”. Con quanta ragione la Chiesa si sia sempre
tenuta lontana da coloro che vengono eletti dalla turba e dalla confusione dei
laici (mentre eletti ed elettori si dimostrano affetti da una stessa malattia:
quella delle false opinioni) Ce lo dimostrò, anche troppo, una lettera
pastorale a Noi indirizzata – giunta per il tramite dello stesso corriere – che
lo pseudo-Vescovo Expilly aveva fatto pubblicare il 25 febbraio per ingannare
gl’inesperti e senz’altro disegno, certamente, che stracciare l’inconsutile
veste di Cristo. Costui, dunque, dopo aver ricordato il giuramento – ovverossia lo spergiuro – al quale
s’è vincolato, espone tutti i fondamenti della Costituzione francese,
che riporta quasi parola per parola, e – condividendo le posizioni
dell’Assemblea – ne consiglia l’approvazione; sostiene che una Costituzione
come quella non offende assolutamente il dogma, ma soltanto introduce una forma
migliore di disciplina, riportandola alla purezza dei primi secoli, soprattutto
in quella parte nella quale, allontanato il clero, le elezioni vengono
restituite al popolo e le istituzioni e le consacrazioni ai Metropolitani,
grazie ai primi Decreti dell’Assemblea francese, i soli che egli cita. Per
ingannare meglio gl’inesperti, egli ricorda una lettera che Ci scrisse il 18
novembre 1790, come se fosse stato in accordo con la Sede Apostolica. In
seguito, ri-volgendosi direttamente ai singoli Ordini della Diocesi, li esorta
tutti ad accoglierlo come legittimo Pastore e ad accettare spontaneamente la
Costituzione. Ah, l’infelice! Tralasciando Noi volutamente quei temi che
attengono al governo civile, tuttavia, con quale mai coraggio egli intende
difendere, sul piano religioso, una Costituzione che quasi tutti i Vescovi
della Chiesa francese e molti altri uomini di Chiesa hanno riprovata e
rigettata, considerandola contraria
al dogma e difforme dalla disciplina consueta, in particolare per le elezioni e
le consacrazioni dei Vescovi? Questa verità, che salta agli occhi,
neppure lui avrebbe potuto dissimulare o celare se non avesse passato
consapevolmente sotto silenzio i decreti più assurdi che ultimamente erano
stati approvati dall’Assemblea francese. Decreti che, oltre le altre iniquità,
sono arrivati al punto di attribuire il diritto di nomina e di conferma di ogni
Vescovo all’arbitrio e alla volontà del Direttorio. Codesto infelice, che già
tanto è avanzato sulla via della perdizione, si legga dunque la Nostra risposta
ai Vescovi della Gallia, nella quale abbiamo confutato ed abbattuto in anticipo
tutti i mostruosi errori della sua lettera, e capirà quanto chiaramente
risplenda nei singoli articoli la verità che egli odia. Sappia intanto di
essersi già condannato da solo. Se infatti è vero (come prevede l’antica
disciplina sulla base del Canone del Concilio di Nicea, cui egli fa
riferimento) che ogni eletto, per ottenere il riconoscimento legittimo del
titolo, dev’essere confermato dal suo Metropolita e che il diritto dei Metropoliti
deriva dal diritto della Sede Apostolica, come potrà accadere che Expilly si
ritenga insediato legittimamente sulla base dei Canoni, dal momento che alla
sua consacrazione hanno avuto parte altri Vescovi ma non l’Arcivescovo di
Tours, di cui la Chiesa di Kimpercotin è suffraganea? Poiché questi Vescovi
appartengono ad altre province, se poterono, con ardire sacrilego, conferirgli
l’Ordine, non poterono tuttavia attribuirgli la giurisdizione, della quale essi
sono completamente privi, come prevede la disciplina di tutte le epoche. Questa
potestà di conferire la giurisdizione, sulla base della nuova disciplina,
introdotta già da molti secoli e confermata dai Concilii generali e dagli
stessi Concordati, non riguarda assolutamente i Metropoliti e – come se fosse
ritornata da dove proveniva – risiede unicamente presso la Sede Apostolica; perciò oggi “il Pontefice Romano per obbligo del
suo ufficio dà a ciascuna Chiesa i suoi Pastori”, per dirla con lo
stesso Concilio di Trento (Sessione XXIV, cap. 1 De ref.), e di conseguenza in tutta la
Chiesa Cattolica nessuna consacrazione può considerarsi legittima se non
conferita dalla Sede Apostolica. Non è assolutamente vero che la lettera
che egli Ci ha inviato lo favorisca; anzi! Lo rende maggiormente colpevole e
non può sfuggire alla taccia di scismatico. Infatti, pur simulando un’apparenza
di comunione con Noi, la lettera non fa parola della conferma che da Noi deve ricevere,
e semplicemente Ci riferisce della sua elezione, per quanto illegittima, come
dispongono i Decreti francesi. Per questo, Noi, seguendo l’esempio dei Nostri
Predecessori, giudicammo di non dovergli rispondere, ma ordinammo che fosse
seriamente ammonito a non procedere oltre; speravamo che avrebbe obbedito. Egli
era già stato ammonito, di propria iniziativa, dal Vescovo di Rennes, che gli
negò l’istituzione e la conferma che egli insistentemente richiedeva. Perciò,
anziché accoglierlo come Pastore, il popolo deve respingerlo con orrore come un invasore.
Invasore, diciamo, perché rifiutò di professare quella verità che pure doveva
conoscere; perché cominciò ad abusare dell’ufficio di Pastore, da lui carpito;
perché divenne addirittura talmente arrogante che alla fine della lettera
pastorale osò persino dispensare dal vincolo del precetto ecclesiastico
quaresimale. Perciò
“egli si è fatto imitatore del Diavolo e non è stato coerente nella verità,
mal utilizzando l’apparenza di una carica e di un nome usurpati”, come
disse di un invasore analogo San Leone Magno scrivendo ad alcuni Vescovi dell’Egitto.
Vedendo Noi pertanto che con questa molteplice serie di eccessi lo scisma si
diffonde e si moltiplica nel Regno francese, così benemerito della Religione e
a Noi così caro; vedendo inoltre che per queste stesse ragioni di giorno in
giorno in ogni luogo vengono eletti nuovi Pastori, sia del primo sia del
secondo ordine, e che i legittimi Ministri sono rimossi e cacciati ed al loro
posto vengono insediati lupi rapaci, non possiamo non esser mossi a pietà da
una vicenda così lacrimevole. Per porre il più pronto riparo allo scisma che
progredisce; per riportare al loro dovere coloro che hanno sbagliato e per
rinsaldare nelle loro convinzioni i buoni; per conservare fiorente la Religione
in codesto regno; aderendo Noi ai consigli dei Nostri Venerabili Fratelli i
Cardinali di Santa Romana Chiesa ed assecondando i desideri di tutto l’Ordine
episcopale della Chiesa francese, seguendo l’esempio dei Nostri predecessori,
con la potestà Apostolica che esercitiamo, con la presente in primo luogo
intimiamo: Chiunque – Cardinali di Santa Romana Chiesa, Arcivescovi, Vescovi,
Abati, Vicari, Canonici, Parroci, Presbiteri, tutti coloro che partecipano alla
milizia ecclesiastica, secolari o regolari – abbia prestato puramente e
semplicemente, come prescritto dall’Assemblea nazionale, il “giuramento
civico”, fonte avvelenata di tutti gli errori e causa principale di
tristezza per la Chiesa cattolica francese, se entro quaranta giorni a contare
da oggi non avrà ritrattato tale giuramento sarà sospeso dall’esercizio di qualunque
ordine, e sarà colpevole di irregolarità se lo eserciterà. Inoltre dichiariamo
specificamente che le elezioni dei predetti Expilly, Marolles, Saurine,
Massieu, Lindet, Laurent, Heraudin e Gobel a Vescovi di Kimpercotin, Soissons,
Aix, Beauvais, Eureux, Moutiers, Châteauroux e Paris sono state illegittime e
sacrileghe e perciò sono state e sono da ritenersi nulle e come tali le
annulliamo, cancelliamo ed abroghiamo, insieme con la nuova istituzione dei
cosiddetti Vescovadi di Moutiers e Châteauroux e di altri. Dichiariamo e
precisiamo inoltre che le consacrazioni fatte da costoro sono state indegne e
completamente illegittime, sacrileghe e contrarie alle norme dei Sacri Canoni;
pertanto coloro che sono stati
eletti così temerariamente e senza alcun diritto sono privi di ogni
giurisdizione ecclesiastica e spirituale sul governo delle anime, ed essendo
consacrati illecitamente sono sospesi da ogni esercizio dell’ordine epi-scopale.
Parimenti dichiariamo sospesi da ogni esercizio dell’ordine episcopale Carlo,
Vescovo di Autun, Giovanni Battista, Vescovo di Babilonia, e Giovanni Giuseppe,
Vescovo di Lidda, consacratori sacrileghi o assistenti; ugualmente sospesi
dall’esercizio dell’ordine sacerdotale e da qualunque altro ordine siano tutti
coloro che prestarono aiuto, opera, consenso e consiglio a tali esecrande
consacrazioni.
Perciò
disponiamo e strettamente vietiamo al citato Expilly ed agli altri illecitamente
eletti ed illecitamente consacrati, sotto la stessa pena della sospensione, di
arrogarsi la giurisdizione episcopale o qualunque altra autorità relativa al
governo delle anime, dato che non l’ottennero mai; né di dare lettere
dimissorie per prendere gli ordini, né di istituire, incaricare o confermare,
con qualunque pretesto, pastori, vicari, missionari, servitori, funzionari,
ministri o comunque li si voglia chiamare, incaricati della cura delle anime e
dell’amministrazione dei sacramenti; né decretare, sia autonomamente sia
congiuntamente, attraverso conciliabolo, in materia attinente la giurisdizione
ecclesiastica; inoltre dichiariamo e rendiamo noto a tutti che lettere
dimissoriali, deputazioni e conferme, sia che siano già state presentate sia
che possano esserlo in futuro, insieme a tutti gli altri atti che siano
derivati per temerario ardire, saranno considerati illegittimi e di nessuna
rilevanza. Allo stesso modo disponiamo e vietiamo, con analoga pena della
sospensione, tanto ai consacrati quanto ai consacratori, che osino impartire
illecitamente tanto il sacramento della Cresima quanto l’Ordine o comunque
esercitare ingiustamente l’Ordine episcopale, dal quale sono stati sospesi. Di
conseguenza, coloro che sono stati iniziati agli Ordini ecclesiastici da
costoro sappiano di essere soggetti al vincolo della sospensione, e che se eserciteranno
gli ordini ricevuti saranno anche colpevoli di irregolarità. Per prevenire mali
maggiori, con la stessa autorità e lo stesso tenore disponiamo e rendiamo noto
che tutte le altre elezioni alle Chiese, alle Cattedrali ed alle Parrocchie
francesi, vacanti o, peggio, occupate; vecchie o, peggio, nuove e di
illegittima costituzione, compiute sin qui secondo i criteri della ricordata
Costituzione del clero da parte degli elettori dei distretti municipali; quelle
che vogliamo si considerino esplicitate, e quante altre seguiranno, devono
essere considerate illegali, illegittime, sacrileghe e di nessun valore per il
passato, per il presente e per il futuro; e Noi, per il presente, adesso per
allora, le annulliamo, cancelliamo e abroghiamo. Dichiarando inoltre che quegli
stessi che sono stati eletti senza fondamento giuridico e gli altri che lo
saranno in analogo modo, sia nelle Chiese sia nelle Cattedrali, sono privi di
ogni giurisdizione ecclesiastica o spirituale relativa al governo delle anime;
che i Vescovi sin qui illecitamente consacrati, che parimenti vogliamo si
ritengano citati, e gli altri che in seguito lo siano, debbono ritenersi
totalmente privi dell’esercizio dell’Ordine episcopale né godranno del Ministero
sacerdotale ora o in futuro. Perciò proibiamo strettamente sia a coloro che
sono stati eletti Vescovi, sia a coloro che eventualmente lo saranno, di osare
ricevere l’Ordine, cioè la consacrazione episcopale, da chiunque, sia egli
Metropolita o Vescovo. Quanto agli stessi pseudo-Vescovi ed ai loro sacrileghi
consacratori, e a tutti gli altri Arcivescovi e Vescovi, non presumano di consacrare
gli illecitamente eletti o quelli che lo dovessero essere in futuro,
trincerandosi dietro qualsiasi pretesto o colore. Comandando inoltre agli eletti
di questo tipo e agli eventuali futuri Vescovi o Parroci, che non si comportino
assolutamente come Arcivescovi, Vescovi, Parroci o Vicari, né s’incoronino del
titolo di alcuna Chiesa cattedrale o parrocchiale, né si arroghino alcuna
giurisdizione o facoltà relativa al governo delle anime, sotto pena di
sospensione e di nullità; pena dalla quale nessuno di quelli fin qui nominati
potrà mai essere liberato, se non da Noi personalmente o da coloro che la Sede
Apostolica avrà delegato. Con la maggior benignità possibile abbiamo illustrato
fin qui le pene canoniche inflitte per emendare i mali fino ad ora compiuti e
per evitare che si dilatino ulteriormente in futuro. Noi confidiamo nel Signore
che i consacratori e gli invasori delle cattedrali e delle parrocchie, gli
autori e tutti i fautori della Costituzione riconoscano il loro errore e,
spinti dalla penitenza, ritornino a quell’ovile dal quale furono strappati non
senza macchinazione ed insidia. Sollecitandoli con parole paterne, Noi li
esortiamo e li scongiuriamo nel Signore affinché si allontanino da siffatto
ministero; affinché distolgano il piede dalla via della perdizione nella quale
si sono gettati a capofitto; affinché non permettano che uomini imbevuti della
filosofia di questo secolo diffondano tra il popolo queste mostruosità
dottrinarie, contrarie all’istituzione di Cristo, alla tradizione dei Padri ed
alle regole della Chiesa. Se dovesse mai accadere che il Nostro benevolo modo
d’agire, le Nostre paterne ammonizioni, Dio non voglia, restassero inascoltati,
sappiano costoro che non abbiamo intenzione di liberarli dalle più gravi pene
alle quali sono sottoposti dai Canoni. Si persuadano che incorreranno nel
Nostro anatema e che li denunceremo a tutta la Chiesa come scomunicati, come
scismatici dalla Comunione ecclesiale e da Noi allontanati. Infatti è quanto
mai opportuno che “chiunque abbia scelto di giacere nel fango della
propria insipienza, sappia che le leggi mantengono la loro forza e che
condividerà la sorte di coloro dei quali ha seguito l’errore”, come
C’insegna Leone Magno, Nostro predecessore, nella lettera a Giuliano, Vescovo
di Coo. A Voi ora Ci rivolgiamo, Venerabili Fratelli, che – salve poche eccezioni
– avete correttamente riconosciuto i vostri doveri nei confronti del gregge e
senza preoccuparvi dei rispetti umani li avete professati di fronte a tutti;
che avete ritenuto che occorressero maggior impegno e maggior fatica proprio
dove incombeva più grande il pericolo; a Voi adattiamo l’elogio nel quale il
lodato Leone Magno accomunò i Vescovi dell’Egitto cattolico riuniti a
Costantinopoli: “Sebbene io soffra assieme con voi, di tutto cuore, per i
travagli che avete sopportato per osservare la Fede cattolica, ed io senta
tutto ciò che avete subìto da parte degli eretici non diversamente che se fosse
stato fatto personalmente a me, tuttavia riconosco che c’è ragione maggiore di
gaudio che non di tristezza, dal momento che, con l’aiuto del Signore Gesù
Cristo, siete rimasti saldi nella dottrina evangelica ed apostolica. E quando i
nemici della Fede cristiana vi cacciarono dalla sede delle chiese, preferiste
subire l’offesa dell’esilio piuttosto che essere infettati dal contagio della
loro empietà”. Pensando a voi, non possiamo non sentire grande
consolazione e non possiamo non esortarvi con forza a perseverare nel comportamento.
Richiamiamo alla vostra memoria il nesso di quel matrimonio spirituale con il
quale siete legati alle vostre Chiese e che può essere annullato in forma
canonica soltanto dalla morte o dalla Nostra autorità apostolica. Ad esse
dunque mantenetevi stretti e non abbandonatele mai all’arbitrio dei lupi
rapaci, contro le cui insidie, traboccanti di santo ardore, voi avete già
levato la voce e non avete tentennato nel compiere i doveri derivanti dalla
legittima autorità. Ora parliamo a voi, diletti Figli, Canonici degli
spettabili Capitoli, che, come è giusto, siete fedeli ai vo-stri Arcivescovi e
Vescovi e – come tante membra collegate con la testa – date vita ad un unico
corpo ecclesiastico, che non può essere sciolto o sconvolto dal potere civile. Voi
dunque, che così lodevolmente avete seguito i nobili esempi dei vostri Presuli,
non allontanatevi mai dalla retta via sulla quale state procedendo, e non
permettete che qualcuno, indossate le mentite spoglie di Vescovo o di Vicario,
s’impadronisca del governo delle vostre Chiese. Esse infatti, se sono rimaste
vedove del loro Pastore, apparterranno soltanto a voi, ad onta di qualunque
nuova macchinazione venga compiuta contro di voi. Con la concordia degli animi
e delle opinioni, tenete dunque lontano da voi, più che potete, ogni invasione
e scisma. Ci rivolgiamo anche a voi, diletti Figli, Parroci e Pastori del
second’ordine che, moltissimi per numero e costanti per virtù, avete svolto il
vostro dovere, completamente diversi da quei vostri colleghi che – vinti dalla
debolezza o catturati dall’ambizione – divennero schiavi dell’errore e che ora,
da Noi ammoniti, speriamo ritorneranno sollecitamente al loro dovere.
Continuate coraggiosamente nell’opera iniziata e ricordate che il mandato che
riceveste dai vostri Vescovi legittimi non può esservi tolto che da loro; ricordate
che, per quanto espulsi dal vostro incarico dal potere civile, tuttavia siete
sempre Pastori legittimi, obbligati dal vostro dovere a tener lontani, per
quanto possibile, i ladri che tentano d’introdursi nella vostra casa con
l’unico disegno di perdere le anime affidate alle vostre cure e della cui
salvezza sarete chiamati a rendere conto. Parliamo anche a voi, diletti Figli,
Sacerdoti ed altri Ministri del clero francese, che – chiamati a partecipare
del Signore – dovete attenervi ai vostri legittimi pastori e rimanere costanti
nella fede e nella dottrina, nulla avendo di più caro che evitare i sacrileghi
invasori, e rigettarli. Infine preghiamo voi tutti nel Signore, diletti Figli attolici
del Regno di Francia: ricordandovi della Religione e della fede dei vostri
padri, col più grande affetto del cuore vi sollecitiamo a non discostarvene,
perché questa è la sola e la vera religione che dona la vita eterna e che
sorregge e rende prospere anche le società civili. State ben attenti a non
prestare orecchio alle insidiose voci della filosofia di questo seco-lo, che
sono foriere di morte. Tenetevi lontani da tutti gli usurpatori, che si
facciano chiamare Arcivescovi, Vescovi o Parroci, e non abbiate con loro nulla
in comune, men che meno nelle cose divine. Ascoltate assiduamente le voci dei
legittimi Pastori, quelli che vivono ancora e quelli che in futuro vi verranno
assegnati nelle forme canoniche. In una parola, insomma, tenetevi solidali con
Noi; nessuno infatti può
far parte della Chiesa di Cristo, se non si mantiene unito al suo Capo
visibile, e stretto alla Cattedra di Pietro. Affinché tutti siano spinti
a compiere più coraggiosamente i loro doveri, Noi invochiamo per voi dal Padre
Celeste lo spirito di saggezza, verità e costanza; in pegno del Nostro amore
pater-no dal più profondo del cuore impartiamo a voi, diletti Figli Nostri,
Venerabili Fratelli e diletti Figli, l’Apostolica Benedizione. Dato a Roma,
presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 13 aprile 1791, anno
diciassettesimo del Nostro Pontificato.
PIO PP. VI