UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: SS. LEONE XIII “ANNUM INGRESSI”

Con questa lunga Lettera apostolica, il Santo Padre Leone XIII ribadisce ancora una volta il ruolo salvifico per il singolo, per la società e per il mondo intero, della Chiesa fondata e voluta da Cristo, e l’opera meravigliosa che il Cristianesimo ha diffuso intorno a sé nello spazio di quasi due millenni. Ecco una apologia del ruolo della Chiesa tra i popoli, la Chiesa Cattolica osteggiata da numerosi nemici tutti al servizio del nemico di Dio e dell’uomo, il serpente maledetto antico, padre della menzogna ed omicida fin dal principio, satana che S. S. riconosce ancora all’origine della massoneria e delle sette da essa guidate. Non di importanza minore è l’aspetto profetico della Lettera, che oggi vediamo realizzato a partire proprio dalla nuova “chiesa modernista dell’uomo” che si è prima lentamente infiltrata, e che oggi si spaccia per Chiesa Cattolica, usurpandone tutte le cariche, gli uffici e gli edifici un tempo custodi della fede e dei riti che Dio aveva stabilito attraverso la venuta del Figlio e la fondazione della sua unica vera Chiesa. Ma non togliamo spazio alla parola del Sommo Pontefice, invitando tutti noi “pusillus grex” a pregare il Dio degli eserciti perché perdoni le nostre offese e l’abbandono delle sue Leggi e della morale da Lui stabilita, cosicché faccia rifiorire la sua eterna Chiesa e stabilisca già su questa terra il Dominio eegale del suo unico Figlio-Dio con il Quale vivere in eterno nei Cieli nella beatitudine senza fine.

Lettera apostolica “Annum Ingressi” di Papa Leone XIII

19 marzo 1902

ANNUM INGRESSI

LETTERA APOSTOLICA DI SUA SANTITÀ PAPA LEONE XIII

A TUTTI I PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI E VESCOVI DEL MONDO CATTOLICO

LEO XIII PAPA

Venerabili Fratelli, salute e benedizione apostolica.

Giunti al venticinquesimo anno del nostro ministero apostolico, e stupiti noi stessi della lunghezza del cammino percorso tra dolorose e continue preoccupazioni, ci viene spontaneo rivolgere il nostro pensiero a Dio sempre benedetto, che, con tanti altri favori, si è degnato di concederci un Pontificato la cui durata è stata difficilmente superata nella storia. Al Padre di tutti gli uomini, dunque, a Colui che tiene nelle sue mani il misterioso segreto della vita, sale, come un bisogno imperioso del cuore, il cantico del nostro ringraziamento. Certamente l’occhio dell’uomo non può penetrare tutte le profondità dei disegni di Dio nel prolungare così la nostra vecchiaia oltre i limiti della speranza: qui possiamo solo tacere ed adorare. Ma c’è una cosa che comprendiamo bene, e cioè che, poiché gli è piaciuto, e gli piace tuttora, conservare la nostra esistenza, un grande dovere incombe su di noi: vivere per il bene e lo sviluppo della sua immacolata sposa, la santa Chiesa; e, lungi dal perdere il coraggio in mezzo alle cure ed ai dolori, consacrare a Lui il resto delle nostre forze fino all’ultimo sospiro. – Dopo aver reso un giusto tributo di gratitudine al nostro Padre Celeste, al quale siano onore e gloria per tutta l’eternità, ci piace rivolgere il nostro pensiero e le nostre parole a voi, Venerabili Fratelli, che, chiamati dallo Spirito Santo a governare le porzioni designate del gregge di Gesù Cristo, condividete con noi la lotta ed il trionfo, i dolori e le gioie del ministero di pastori. No, non svaniranno mai dalla nostra memoria quelle frequenti ed eclatanti testimonianze di religiosa venerazione che ci avete profuso nel corso del nostro Pontificato, e che ancora moltiplicate con emulazione piena di tenerezza nelle circostanze attuali. Già intimamente uniti a voi dal nostro dovere e dal nostro amore paterno, siamo maggiormente attratti da queste prove della vostra devozione, così care al nostro cuore, non tanto per ciò che di personale esse hanno nei nostri confronti, quanto per l’inviolabile attaccamento che esse denotano a questa Sede Apostolica, centro e pilastro di tutte le sedi della cattolicità. Se è sempre stato necessario che, secondo i diversi gradi della gerarchia ecclesiastica, tutti i figli della Chiesa fossero seducentemente uniti dai vincoli della mutua carità e dal perseguimento degli stessi obiettivi, in modo da formare un solo cuore ed una sola anima, questa unione è diventata ai nostri giorni più indispensabile che mai. Infatti, chi può ignorare la vasta cospirazione di forze ostili che oggi mira a distruggere ed a far scomparire la grande opera di Gesù Cristo, cercando, con una furia che non conosce limiti, di derubare l’uomo, nell’ordine intellettuale, del tesoro della verità celeste e, nell’ordine sociale, di cancellare le istituzioni cristiane più sante e più salutari. Ma voi stessi siete colpiti ogni giorno da tutto questo. Voi che, più di una volta, ci avete riversato le vostre ansie e angosce, deplorando la moltitudine di pregiudizi, i falsi sistemi e gli errori che si diffondono impunemente tra le masse del popolo. Quali insidie sono tese da ogni parte alle anime di coloro che credono! Quali ostacoli si moltiplicano per indebolire e, se possibile, distruggere l’azione benefica della Chiesa! E nel frattempo, come se si aggiungesse la derisione all’ingiustizia, la Chiesa stessa viene accusata di aver perso il suo vigore incontaminato e di essere impotente ad arginare la marea di passioni traboccanti che minacciano di portare via tutto.

Vorremmo, Venerabili Fratelli, intrattenervi con argomenti meno tristi e più in armonia con la grande e propizia occasione che ci induce a rivolgerci a voi. Ma nulla suggerisce un simile tenore di discorso: né le dolorose prove della Chiesa che richiedono con insistenza pronti rimedi; né le condizioni della società contemporanea che, già minata dal punto di vista morale e materiale, tende verso un futuro ancora più cupo a causa dell’abbandono delle grandi tradizioni cristiane; una legge della Provvidenza, confermata dalla storia, che dimostra che non si può rinunciare ai grandi principi religiosi senza scuotere allo stesso tempo le fondamenta dell’ordine e della prosperità sociale. In queste circostanze, per consentire alle anime di riprendersi, per fornire loro una nuova provvista di fede e di coraggio, ci sembra opportuno ed utile soppesare attentamente, nella sua origine, nelle sue cause e nelle sue varie forme, l’implacabile guerra che viene condotta contro la Chiesa; e nel denunciarne le perniciose conseguenze indicare un rimedio. Che le nostre parole, dunque, risuonino forti, anche se non fanno altro che ricordare verità già affermate; che siano ascoltate non solo dai figli dell’unità cattolica, ma anche da coloro che differiscono da noi, e persino dalle anime infelici che non hanno più fede; perché sono tutti figli di un unico Padre, tutti destinati allo stesso bene supremo; che le nostre parole, infine, siano accolte come il testamento che, alla breve distanza che ci separa dall’eternità, vorremmo lasciare ai popoli come presagio della salvezza che desideriamo per tutti.

Durante tutto il corso della sua storia, la Chiesa di Cristo ha dovuto combattere e soffrire per la verità e la giustizia. Istituita dallo stesso Divino Redentore per stabilire in tutto il mondo il Regno di Dio, essa deve, alla luce della legge evangelica, condurre l’umanità decaduta ai suoi destini immortali; cioè, farla entrare in possesso delle benedizioni senza fine che Dio ci ha promesso e alle quali la nostra forza naturale non potrebbe mai arrivare – una missione celeste, nel perseguimento della quale la Chiesa non poteva non essere contrastata dalle innumerevoli passioni generate dalla caduta primordiale dell’uomo e dalla conseguente corruzione – orgoglio, cupidigia, desiderio sfrenato di piaceri materiali: contro tutti i vizi ed i disordini che scaturiscono da queste radici velenose, la Chiesa è sempre stata il mezzo più potente di contenimento. Né dobbiamo stupirci delle persecuzioni che sono sorte, di conseguenza, da quando il Maestro divino le aveva preannunciate; e dovranno continuare finché durerà questo mondo. Quali parole rivolse ai suoi discepoli quando li inviò a portare il tesoro delle sue dottrine a tutte le nazioni? Sono familiari a tutti noi: “Sarete perseguitati di città in città, sarete odiati e disprezzati per amore del mio Nome, sarete trascinati davanti ai tribunali e condannati a pene estreme”. E volendo incoraggiarli nell’ora della prova, propose se stesso come esempio: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me”. (San Giovanni XV, 18).

Certamente nessuno che abbia una visione giusta e imparziale delle cose, può spiegare il motivo di questo odio. Quale offesa fu mai commessa, quale ostilità meritò il Divino Redentore? Sceso tra gli uomini per impulso della carità divina, aveva insegnato una dottrina irreprensibile, consolante, efficacissima per unire gli uomini in una fratellanza di pace e di amore; non aveva bramato né grandezza terrena né onori; non aveva usurpato i diritti di nessuno; al contrario, era pieno di pietà per i deboli, i malati, i poveri, i peccatori e gli oppressi: perciò la sua vita non era che un passaggio per distribuire con mano munifica i suoi benefici tra gli uomini. Dobbiamo riconoscere, di conseguenza, che è stato semplicemente per un eccesso di cattiveria umana, tanto più deplorevole perché ingiusta, che, tuttavia, Egli è diventato, in verità, secondo la profezia di Simeone, “un segno di contraddizione”.

Che meraviglia, dunque, se la Chiesa Cattolica, che continua la Sua missione divina ed è l’incorruttibile depositaria delle Sue verità, abbia ereditato la stessa sorte? Il mondo è sempre coerente nel suo cammino. Vicino ai figli di Dio sono costantemente presenti i satelliti di quel grande avversario del genere umano che, ribelle fin dall’inizio contro l’Altissimo, è chiamato nel Vangelo il “principe di questo mondo”. È per questo motivo che lo spirito del mondo, in presenza della legge e di colui che la annuncia in Nome di Dio, si gonfia dell’orgoglio smisurato di un’indipendenza che mal gli si addice. Ahimè, quante volte, in epoche più tempestose, con inaudita crudeltà e spudorata ingiustizia, e con evidente rovina dell’intero corpo sociale, gli avversari si sono coalizzati per l’avventata impresa di dissolvere l’opera di Dio! E non riuscendo con un modo di persecuzione, ne hanno adottati altri. Per tre lunghi secoli l’Impero romano, abusando della sua forza bruta, ha sparso i corpi dei martiri in tutte le sue province e ha bagnato con il loro sangue ogni metro di terra in questa sacra città di Roma; mentre l’eresia, agendo di concerto, nascosta sotto una maschera o con aperta sfrontatezza, con sofismi e insidie, cercava di distruggere almeno l’armonia e l’unità della fede. Allora si scatenarono, come una tempesta devastante, le orde di barbari dal nord e i musulmani dal sud, lasciando dietro di sé solo rovine in un deserto. Così si è trasmessa di epoca in epoca la malinconica eredità dell’odio da cui è stata travolta la Sposa di Cristo. Seguì un cesarismo tanto sospettoso quanto potente, geloso di ogni altro potere, indipendentemente dallo sviluppo che avrebbe potuto acquisire, che attaccò incessantemente la Chiesa, per usurpare i suoi diritti e calpestare le sue libertà. Il cuore sanguina nel vedere questa madre così spesso oppressa da angosce e dolori indicibili. Tuttavia, trionfando su ogni ostacolo, su ogni violenza e su ogni tirannia, ha piantato le sue tende pacifiche in modo sempre più ampio; ha salvato dal disastro il glorioso patrimonio delle arti, della storia, delle scienze e delle lettere; e impregnando profondamente l’intero corpo della società con lo spirito del Vangelo, ha creato la civiltà cristiana – quella civiltà a cui le nazioni, sottoposte alla sua benefica influenza, devono l’equità delle loro leggi, la mitezza dei loro modi, la protezione dei deboli, la pietà per gli afflitti e i poveri, il rispetto per i diritti e la dignità di tutti gli uomini e, quindi, per quanto è possibile in mezzo alle fluttuazioni degli affari umani, quella calma della vita sociale che nasce dalla giusta e prudente alleanza tra giustizia e libertà.

Queste prove dell’eccellenza intrinseca della Chiesa sono tanto eclatanti e sublimi quanto durature. Tuttavia, come nel Medioevo e nei primi secoli, così in quelli più vicini a noi, vediamo la Chiesa attaccata più duramente, almeno in un certo senso, e più angosciosamente che mai. Per una serie di cause storiche ben note, la pretesa Riforma del XVI secolo innalzò il vessillo della rivolta e, decidendo di colpire dritto al cuore della Chiesa, attaccò audacemente il Papato. Essa spezzò il prezioso legame dell’antica unità di fede e di autorità che, centuplicando potere, prestigio e gloria, grazie all’armonioso perseguimento degli stessi obiettivi, univa tutte le nazioni sotto un unico bastone ed un unico pastore. Essendo questa unità spezzata, un pernicioso principio di disintegrazione è stato introdotto tra tutti i ranghi dei Cristiani. – Non pretendiamo di affermare che fin dall’inizio ci sia stato un proposito preciso di distruggere il principio del Cristianesimo nel cuore della società; ma rifiutando, da un lato, di riconoscere la supremazia della Santa Sede, causa e vincolo effettivo dell’unità, e proclamando, dall’altro, il principio del giudizio privato, la struttura divina della fede fu scossa nelle sue fondamenta più profonde e si aprì la strada ad infinite variazioni, a dubbi e negazioni delle cose più importanti, in una misura che gli stessi innovatori non avevano previsto. La strada era aperta. Poi arrivò il filosofismo sprezzante e beffardo del XVIII secolo, che avanzò ulteriormente. Mise in ridicolo il sacro canone delle Scritture e rifiutò l’intero sistema delle verità rivelate, con lo scopo di riuscire alla fine a sradicare dalla coscienza del popolo ogni credenza religiosa e soffocare in esso l’ultimo soffio dello spirito del Cristianesimo. Da qui sono scaturiti il razionalismo, il panteismo, il naturalismo e il materialismo – sistemi velenosi e distruttivi che, sotto diverse apparenze, rinnovano gli antichi errori trionfalmente confutati dai Padri e dai Dottori della Chiesa; così che l’orgoglio dei tempi moderni, per l’eccessiva fiducia nelle proprie luci, è stato colpito da cecità; e, come il paganesimo, ha sussistito d’ora in poi su fantasie, anche per quanto riguarda gli attributi dell’anima umana ed i destini immortali che costituiscono il nostro glorioso patrimonio. – La lotta contro la Chiesa assunse così un carattere più grave che in passato, non tanto per la veemenza dell’assalto quanto per la sua universalità. L’incredulità contemporanea non si limita a negare o dubitare degli articoli di fede. Ciò che combatte è l’intero corpo di principi che la sacra rivelazione e la sana filosofia sostengono; quei principi fondamentali e santi che insegnano all’uomo l’oggetto supremo della sua vita terrena, che lo mantengono nell’adempimento del suo dovere, che ispirano il suo cuore con coraggio e rassegnazione e che, promettendogli una giustizia incorruttibile ed una felicità perfetta al di là della tomba, gli permettono di assoggettare il tempo all’eternità, la terra al cielo. Ma cosa prende il posto di questi principi che costituiscono l’incomparabile forza conferita dalla fede? Uno spaventoso scetticismo, che agghiaccia il cuore e soffoca nella coscienza ogni aspirazione magnanima. – Questo sistema di ateismo pratico deve necessariamente causare, come in effetti accade, un profondo disordine nel campo della morale, perché, come hanno dichiarato i più grandi filosofi dell’antichità, la religione è il fondamento principale della giustizia e della virtù. Quando si spezzano i legami che uniscono l’uomo a Dio, che è il Legislatore Sovrano ed il Giudice Universale, rimane un mero fantasma di moralità; una moralità puramente civica e, come viene definita, indipendente, che, astraendo dalla Mente Eterna e dalle leggi di Dio, discende inevitabilmente fino a raggiungere la conclusione finale di rendere l’uomo una legge per se stesso. Incapace, di conseguenza, di elevarsi sulle ali della speranza cristiana verso i beni dell’aldilà, l’uomo cercherà una soddisfazione materiale nelle comodità e nei piaceri della vita. Si accenderà in lui la sete di piacere, il desiderio di ricchezza e la ricerca affannosa di un benessere rapido e illimitato, anche a costo della giustizia. Si accenderà in lui ogni ambizione ed un desiderio febbrile e frenetico di soddisfarla anche in barba alla legge, e sarà influenzato da un disprezzo per il diritto e per l’autorità pubblica, oltre che da una licenziosità di vita che, quando la condizione diventerà generale, segnerà il vero decadimento della società. – Forse potremmo essere accusati di esagerare le tristi conseguenze dei disturbi di cui parliamo. No, perché la realtà è sotto i nostri occhi e giustifica fin troppo le nostre previsioni. È evidente che se non ci sarà presto un miglioramento, le basi della società crolleranno e trascineranno con sé i grandi ed eterni principi della legge e della morale.

È in conseguenza di questa condizione di cose che il corpo sociale, a partire dalla famiglia, soffre di mali così gravi. Lo Stato laico, infatti, dimenticando i suoi limiti e l’oggetto essenziale dell’autorità che esercita, ha messo le mani sul vincolo matrimoniale per profanarlo e lo ha privato del suo carattere religioso; ha osato quanto più possibile in materia di quel diritto naturale che i genitori hanno di educare i propri figli, ed in molti Paesi ha distrutto la stabilità del matrimonio dando una sanzione legale alla licenziosa istituzione del divorzio. Tutti conoscono il risultato di questi attacchi. Più di quanto le parole possano dire, hanno moltiplicato i matrimoni spinti solo da passioni vergognose, che vengono rapidamente sciolti e che, a volte, portano a tragedie sanguinose, altre volte alle più sconvolgenti infedeltà. Non parliamo poi della prole innocente di queste unioni, dei bambini che vengono abbandonati o la cui morale viene corrotta da un lato dal cattivo esempio dei genitori, dall’altro dal veleno che lo Stato ufficialmente laico riversa costantemente nei loro cuori. – Oltre alla famiglia, anche l’ordine politico e sociale è messo in pericolo da dottrine che attribuiscono una falsa origine all’autorità e che hanno corrotto l’autentica concezione del governo. Infatti, se l’autorità sovrana deriva formalmente dal consenso del popolo e non da Dio, che è il Principio supremo ed eterno di ogni potere, essa perde agli occhi dei governati la sua più augusta caratteristica e degenera in una sovranità artificiale che poggia su basi instabili e mutevoli, cioè sulla volontà di coloro da cui si dice che deriva. Non vediamo le conseguenze di questo errore nell’applicazione delle nostre leggi? Troppo spesso queste leggi, invece di essere una sana ragione formulata per iscritto, non sono altro che l’espressione del potere del maggior numero e della volontà del partito politico predominante. È così che la folla viene assecondata nel tentativo di soddisfare i suoi desideri; che viene dato libero sfogo alla passione popolare, anche quando disturba la tranquillità faticosamente acquisita dello Stato, quando il disordine all’ultimo stadio può essere sedato solo con misure violente e con lo spargimento di sangue.

In seguito al ripudio di quei principi cristiani che avevano contribuito in modo così efficace a unire le nazioni nei legami di fratellanza e a riunire tutta l’umanità in un’unica grande famiglia, è sorto a poco a poco nell’ordine internazionale un sistema di geloso egoismo, in conseguenza del quale le nazioni si guardano ora, se non con odio, almeno con il sospetto di essere rivali. Così, nelle loro grandi imprese, perdono di vista gli alti principi della moralità e della giustizia e dimenticano la protezione che i deboli e gli oppressi hanno il diritto di chiedere. Nel desiderio di accrescere le loro ricchezze nazionali, considerano solo le opportunità che le circostanze offrono, i vantaggi di imprese di successo e l’esca allettante di un fatto compiuto, sicuri che nessuno li disturberà in nome del diritto o del rispetto che il diritto può reclamare. Questi sono i principii fatali che hanno consacrato il potere materiale come legge suprema del mondo e ad essi si deve imputare l’aumento illimitato degli stabilimenti militari e quella pace armata che, per molti aspetti, equivale ad una guerra disastrosa.- Questa deplorevole confusione nel regno delle idee ha prodotto inquietudine tra il popolo, scoppi ed un generale spirito di ribellione. Da qui sono nate le frequenti agitazioni popolari ed i disordini del nostro tempo, che sono solo il preludio di disordini molto più terribili in futuro. La condizione miserabile di gran parte delle classi più povere, che sicuramente meritano la nostra assistenza, offre un’opportunità straordinaria per i disegni di agitatori intriganti, in particolare delle fazioni socialiste, che fanno alle classi più umili le promesse più stravaganti e le usano per realizzare i progetti più terribili. – Chi inizia una discesa pericolosa viene presto scaraventato suo malgrado nell’abisso. Spinta da una logica inesorabile, si è organizzata una società di veri e propri criminali che, al suo primo apparire, ha sconvolto il mondo per il suo carattere selvaggio. Grazie alla solidarietà della sua costruzione e alle sue ramificazioni internazionali, ha già tentato la sua opera malvagia, perché non teme nulla e non indietreggia davanti a nessun pericolo. Rifiutando ogni unione con la società e disprezzando cinicamente la legge, la Religione e la morale, i suoi adepti hanno adottato il nome di anarchici e si propongono di sovvertire completamente le condizioni attuali della società ricorrendo a tutti i mezzi che una passione cieca e selvaggia può suggerire. E come la società trae la sua unità e la sua vita dall’autorità che la governa, così è contro l’autorità che l’anarchia dirige i suoi sforzi. Chi non prova un brivido di orrore, indignazione e pietà al ricordo delle molte vittime che negli ultimi tempi sono cadute sotto i suoi colpi, imperatori, imperatrici, re, presidenti di potenti repubbliche, il cui unico crimine era il potere sovrano di cui erano investiti? – Di fronte all’immensità dei mali che sovrastano la società e dei pericoli che la minacciano, il nostro dovere ci impone di mettere nuovamente in guardia tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto coloro che occupano posizioni elevate, e di invitarli, come facciamo ora, a escogitare i rimedi che la situazione richiede e ad applicarli senza indugio con prudente energia.

Prima di tutto, è bene che si informino sui rimedi necessari e che esaminino bene la loro efficacia rispetto alle esigenze attuali. Abbiamo esaltato al massimo la libertà e i suoi vantaggi, proclamandola come un rimedio sovrano ed uno strumento incomparabile di pace e prosperità, che darà i migliori risultati. Ma i fatti ci hanno chiaramente dimostrato che non possiede il potere che gli viene attribuito. I conflitti economici, le lotte tra le classi stanno divampando intorno a noi come una conflagrazione da tutte le parti, e non c’è alcuna promessa dell’alba del giorno della tranquillità pubblica. In realtà, e non c’è nessuno che non lo veda, la libertà come viene intesa oggi, cioè una libertà concessa indiscriminatamente alla verità e all’errore, al bene e al male, finisce solo per distruggere tutto ciò che è nobile, generoso e santo, e per spalancare le porte al crimine, al suicidio e a una moltitudine di passioni più degradanti. – Si insegna anche che lo sviluppo dell’istruzione pubblica, rendendo il popolo più raffinato e più illuminato, sarebbe sufficiente a frenare le tendenze malsane ed a mantenere l’uomo nelle vie della rettitudine e della probità. Ma la dura realtà ci fa sentire ogni giorno di più quanto poco utile sia l’istruzione senza la Religione e la morale. Come necessaria conseguenza dell’inesperienza e dei suggerimenti delle cattive passioni, la mente dei giovani è affascinata dagli insegnamenti perversi del giorno. Assorbe tutti gli errori che una stampa sfrenata non esita a diffondere e che deprava la mente e la volontà dei giovani e fomenta in loro quello spirito di orgoglio e insubordinazione che così spesso turba la pace delle famiglie e delle città. – Così come la fiducia nel progresso della scienza. In effetti, il secolo che si è appena chiuso è stato testimone di un progresso grande, inaspettato, stupendo. Ma è vero che ci ha dato tutta la pienezza e la salubrità dei frutti che tanti si aspettavano da esso? Senza dubbio le scoperte della scienza hanno aperto nuovi orizzonti alla mente, hanno ampliato l’impero dell’uomo sulle forze della materia e la vita umana è stata migliorata in molti modi attraverso il suo strumento. Tuttavia, tutti sentono e molti ammettono che i risultati non hanno corrisposto alle speranze che si nutrivano. Non lo si può negare, soprattutto quando si guarda allo stato intellettuale e morale del mondo e ai dati sulla criminalità, quando si ascoltano i mormorii sordidi che si levano dagli abissi o quando si assiste al predominio del potere sul diritto. Per non parlare delle folle che sono preda di ogni miseria, basta uno sguardo superficiale alla condizione del mondo per convincerci dell’indefinibile dolore che grava sulle anime e dell’immenso vuoto che c’è nei cuori umani. L’uomo può sottomettere la natura al suo dominio, ma la materia non può dargli ciò che non ha, e alle domande che toccano più profondamente i nostri interessi più gravi, la scienza umana non dà risposta. La sete di verità, di bene, di infinito che ci divora non è stata placata, né le gioie e le ricchezze della terra, né l’aumento delle comodità della vita hanno mai lenito l’angoscia che tortura il cuore. Dobbiamo quindi disprezzare e gettare via i vantaggi che derivano dallo studio della scienza, dalla civiltà e dall’uso saggio e dolce della nostra libertà? Certamente no. Al contrario, dobbiamo tenerli nella massima considerazione, custodirli e farli crescere come un tesoro di grande valore, perché sono mezzi che per loro natura sono buoni, progettati da Dio stesso e ordinati dall’Infinita Bontà e Sapienza per l’uso e il vantaggio del genere umano. Ma dobbiamo subordinare il loro uso alle intenzioni del Creatore e impiegarli in modo da non eliminare mai l’elemento religioso in cui risiede il loro vero vantaggio, perché è quello che conferisce loro un valore speciale e li rende veramente fruttuosi. Questo è il segreto del problema. Quando un organismo deperisce e si corrompe, è perché ha cessato di essere sotto l’azione delle cause che gli hanno dato la sua forma e la sua costituzione. Per renderlo di nuovo sano e fiorente è necessario riportarlo all’azione vivificante di quelle stesse cause. Così la società, nel suo folle sforzo di sfuggire a Dio, ha rifiutato l’ordine e la rivelazione divina; e si è così sottratta all’efficacia salutare del Cristianesimo, che è manifestamente la più solida garanzia di ordine, il più forte vincolo di fraternità e la fonte inesauribile di virtù pubbliche e private.

Questo divorzio sacrilego ha portato ai problemi che oggi turbano il mondo. Perciò è nel palcoscenico della Chiesa che questa società perduta deve rientrare, se vuole ritrovare il suo benessere, il suo riposo e la sua salvezza. – Come il Cristianesimo non può penetrare nell’anima senza renderla migliore, così non può entrare nella vita pubblica senza stabilire un ordine. Con l’idea di un Dio che governa tutto, infinitamente saggio, buono e giusto, l’idea del dovere si impadronisce della coscienza degli uomini. Lenisce il dolore, calma l’odio, genera eroi. Se ha trasformato la società pagana – e questa trasformazione è stata una vera e propria resurrezione – perché la barbarie è scomparsa nella misura in cui il Cristianesimo ha esteso il suo dominio, così, dopo le terribili scosse che l’incredulità ha dato al mondo ai nostri giorni, sarà in grado di rimettere quel mondo sulla vera strada, e di riportare all’ordine gli Stati e i popoli dei tempi moderni. Ma il ritorno al Cristianesimo non sarà efficace e completo se non riporterà il mondo all’amore sincero per l’unica Santa Chiesa Cattolica e Apostolica. Nella ChiesaCattolica il Cristianesimo si incarna. Si identifica con quella società perfetta, spirituale e, nel suo ordine, sovrana, che è il Corpo mistico di Gesù Cristo e che ha per Capo visibile il Romano Pontefice, successore del Principe degli Apostoli. È la continuazione della missione del Salvatore, la figlia e l’erede della sua redenzione. Ha predicato il Vangelo e lo ha difeso a prezzo del suo sangue, e forte dell’assistenza divina e dell’immortalità che le è stata promessa, non scende a patti con l’errore, ma rimane fedele agli ordini che ha ricevuto di portare la dottrina di Gesù Cristo fino agli estremi confini del mondo ed alla fine dei tempi e di proteggerla nella sua inviolabile integrità. Legittima dispensatrice degli insegnamenti del Vangelo, non si rivela solo come consolatrice e redentrice delle anime, ma è ancora di più la fonte interna della giustizia e della carità, e la propagatrice e la custode della vera libertà e di quell’uguaglianza che solo è possibile quaggiù. Applicando la dottrina del suo Divino Fondatore, essa mantiene un saggio equilibrio e segna i veri limiti tra i diritti e i privilegi della società. L’uguaglianza che proclama non distrugge la distinzione tra le diverse classi sociali. Le mantiene intatte, come la natura stessa richiede, per opporsi all’anarchia della ragione emancipata dalla fede e abbandonata a se stessa. La libertà che essa concede non è in alcun modo in conflitto con i diritti della verità, perché questi diritti sono superiori alle esigenze della libertà. Né viola i diritti della giustizia, perché questi diritti sono superiori alle pretese del mero numero o del potere. Né attacca i diritti di Dio, perché sono superiori ai diritti dell’umanità. – In ambito domestico, la Chiesa non è meno feconda di buoni risultati. Infatti, non solo si oppone alle nefaste macchinazioni a cui ricorre l’incredulità per attaccare la vita della famiglia, ma prepara e protegge l’unione e la stabilità del matrimonio, di cui custodisce e sviluppa l’onore, la fedeltà e la santità. Allo stesso tempo, sostiene e consolida l’ordine civile e politico dando da un lato il più efficace aiuto all’autorità, e dall’altro mostrandosi favorevole alle sagge riforme e alle giuste aspirazioni delle classi governate; imponendo il rispetto per i governanti e imponendo l’obbedienza che è loro dovuta, e difendendo incrollabilmente i diritti imprescrittibili della coscienza umana. E così i popoli che sono soggetti alla sua influenza non hanno paura dell’oppressione, perché essa controlla i governanti che cercano di governare come tiranni. – Pienamente consapevoli di questo potere divino, fin dall’inizio del nostro Pontificato ci siamo sforzati di mettere nella luce più chiara i disegni benevoli della Chiesa e di aumentare il più possibile, insieme ai tesori della sua dottrina, il campo della sua azione salutare. Questo è stato l’oggetto dei principali atti del nostro Pontificato, in particolare nelle Encicliche sulla Filosofia Cristiana, sulla Libertà Umana, sul Matrimonio Cristiano, sulla Massoneria, sui Poteri del Governo, sulla Costituzione Cristiana degli Stati, sul Socialismo, sulla Questione del Lavoro, sui Doveri dei Cittadini Cristiani e su altri argomenti analoghi. Ma l’ardente desiderio della nostra anima non è stato solo quello di illuminare la mente. Ci siamo sforzati di commuovere e purificare i cuori, facendo uso di tutti i nostri poteri per far fiorire la virtù cristiana tra i popoli. Per questo non abbiamo mai smesso di dare incoraggiamenti e consigli per elevare le menti degli uomini ai beni dell’aldilà, per permettere loro di assoggettare il corpo all’anima, la vita terrena a quella celeste, l’uomo a Dio. Benedetta dal Signore, la nostra parola è stata in grado di accrescere e rafforzare le convinzioni di un gran numero di uomini, di illuminare le loro menti nelle difficili questioni del giorno, di stimolare il loro zelo e di far progredire le varie opere che sono state intraprese. – È soprattutto per le classi diseredate che queste opere sono state inaugurate, e hanno continuato a crescere in ogni paese, come dimostra l’aumento della carità cristiana che ha sempre trovato nel mezzo del popolo il suo campo d’azione preferito. Se il raccolto non è stato più abbondante, Venerabili Fratelli, adoriamo Dio che è misteriosamente giusto e supplichiamolo, allo stesso tempo, di avere pietà della cecità di tante anime, alle quali purtroppo può essere rivolta la terrificante parola dell’Apostolo: “Il dio di questo mondo ha accecato le menti degli increduli, perché non risplenda loro la luce del Vangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio”. (II. Corinzi IV., 4.).

Quanto più la Chiesa Cattolica si dedica a estendere il suo zelo per il progresso morale e materiale dei popoli, tanto più i figli delle tenebre si sollevano in odio contro di essa e ricorrono a ogni mezzo in loro potere per offuscare la sua bellezza divina e paralizzare la sua azione di riparazione vivificante. Quanti falsi ragionamenti hanno fatto e quante calunnie hanno diffuso contro di essa! Tra i loro espedienti più perfidi c’è quello che consiste nel ripetere alle masse ignoranti e ai governi sospettosi che la Chiesa si opponga al progresso della scienza, che sia ostile alla libertà, che i diritti dello Stato siano da essa usurpati e che la politica sia un campo che essa invade costantemente. Queste sono le folli accuse che sono state mille volte ripudiate e mille volte confutate dalla sana ragione e dalla storia e, di fatto, da ogni uomo che abbia un cuore per l’onestà ed una mente per la verità. – La Chiesa è nemica della conoscenza e dell’istruzione! Senza dubbio è la vigile custode del dogma rivelato, ma è proprio questa vigilanza che la spinge a proteggere la scienza ed a favorire la saggia coltivazione della mente. Nel sottoporre la sua mente alla rivelazione del Verbo, che è la verità suprema da cui devono scaturire tutte le verità, l’uomo non contraddice in alcun modo ciò che la ragione scopre. Al contrario, la luce che gli verrà dalla Parola divina darà più forza e più chiarezza all’intelletto umano, perché lo preserverà da mille incertezze ed errori. Inoltre, diciannove secoli di gloria raggiunta dal Cattolicesimo in tutti i rami del sapere bastano ampiamente a confutare questa calunnia. È alla Chiesa Cattolica che dobbiamo attribuire il merito di aver propagato e difeso la filosofia cristiana, senza la quale il mondo sarebbe ancora sepolto nelle tenebre delle superstizioni pagane e nella più abietta barbarie. Ha conservato e trasmesso a tutte le generazioni il prezioso tesoro della letteratura e delle scienze antiche. Ha aperto le prime scuole per il popolo e ha affollato le università che ancora esistono o la cui gloria si perpetua fino ai nostri giorni. Ha ispirato la letteratura più alta, più pura e più gloriosa, mentre ha raccolto sotto la sua protezione uomini il cui genio nelle arti non è mai stato eclissato. – La Chiesa nemica della libertà! Ah, come travisano l’idea di libertà che ha per oggetto uno dei doni più preziosi di Dio, quando si servono del suo nome per giustificarne l’abuso e l’eccesso! Cosa intendiamo per libertà? Significa forse l’esenzione da tutte le leggi, la liberazione da ogni vincolo e, come corollario, il diritto di prendere il capriccio dell’uomo come guida in tutte le nostre azioni? Questa libertà è certamente rimproverata dalla Chiesa e anche dagli uomini buoni e onesti. Ma intendono forse per libertà la facoltà razionale di fare il bene, in modo magnanimo, senza controlli od ostacoli e secondo le regole che la giustizia eterna ha stabilito? Questa libertà, che è l’unica degna dell’uomo, l’unica utile alla società, nessuno la favorisce o la incoraggia o la protegge più della Chiesa. Con la forza della sua dottrina e l’efficacia della sua azione, la Chiesa ha liberato l’umanità dal giogo della schiavitù predicando al mondo la grande legge dell’uguaglianza e della fraternità umana. In ogni epoca ha difeso i deboli e gli oppressi dal dominio arrogante dei forti. Ha rivendicato la libertà della coscienza cristiana versando a torrenti il sangue dei suoi martiri; ha restituito al bambino ed alla donna la dignità e le nobili prerogative della loro natura rendendoli partecipi, in virtù dello stesso diritto, della riverenza e della giustizia che spetta loro, ed ha ampiamente contribuito a introdurre ed a mantenere la libertà civile e politica nel cuore delle nazioni. – La Chiesa usurpatrice dei diritti dello Stato! La Chiesa che invade il dominio politico! La Chiesa sa e insegna che il suo Divino Fondatore ci ha comandato di dare a Cesare ciò che è di Cesare ed a Dio ciò che è di Dio, e che ha così sancito il principio immutabile di una distinzione duratura tra questi due poteri che sono entrambi sovrani nelle loro rispettive sfere, una distinzione che è molto pregnante nelle sue conseguenze ed eminentemente favorevole allo sviluppo della civiltà cristiana. Nel suo spirito di carità è estranea a qualsiasi disegno ostile contro lo Stato. Mira solo a far sì che questi due poteri procedano fianco a fianco per l’avanzamento dello stesso obiettivo, cioè per l’uomo e per la società umana, ma per vie diverse e in conformità al nobile piano che è stato assegnato per la sua missione divina. Voglia Dio che la sua azione sia accolta senza diffidenza e senza sospetti. Non potrebbe non moltiplicare gli innumerevoli benefici di cui abbiamo già parlato. Accusare la Chiesa di avere mire ambiziose significa solo ripetere l’antica calunnia, una calunnia che i suoi potenti nemici hanno più volte usato come pretesto per nascondere i propri scopi di oppressione. – Lungi dall’opprimere lo Stato, la storia dimostra chiaramente, se letta senza pregiudizi, che la Chiesa, come il suo Divino Fondatore, è stata, al contrario, la vittima più comune dell’oppressione e dell’ingiustizia. Il motivo è che il suo potere non si basa sulla forza delle armi, ma sulla forza del pensiero e della verità.

È quindi sicuramente con uno scopo maligno che si scagliano contro la Chiesa accuse come queste. È un’opera perniciosa e sleale, nel cui perseguimento è impegnata soprattutto una certa setta delle tenebre, una setta che la società umana in questi anni si porta dentro e che come un veleno mortale distrugge la sua felicità, la sua fecondità e la sua vita. Personificazione della rivoluzione, essa costituisce una sorta di società retrograda il cui scopo è quello di esercitare un’occulta sovranità sull’ordine costituito e il cui scopo è quello di muovere guerra a Dio e alla sua Chiesa. Non c’è bisogno di nominarla, perché tutti riconosceranno in questi tratti la società dei massoni, di cui abbiamo già parlato espressamente nella nostra Enciclica Humanum Genus del 20 aprile 1884. Pur denunciando la sua tendenza distruttiva, i suoi insegnamenti erronei ed il suo malvagio proposito di abbracciare nella sua vasta sfera quasi tutte le nazioni, e di unirsi ad altre sette che le sue influenze segrete mettono in moto, dirigendo prima e trattenendo poi i suoi membri con i vantaggi che procura loro, piegando i governi alla sua volontà, a volte con promesse e a volte con minacce, essa è riuscita a penetrare in tutte le classi sociali, e forma uno Stato invisibile ed irresponsabile esistente all’interno dello Stato legittimo. Piena dello spirito di satana che, secondo le parole dell’Apostolo, sa trasformarsi all’occorrenza in angelo di luce, dà risalto al suo oggetto umanitario, ma sacrifica tutto al suo scopo settario e protesta di non avere alcun fine politico, mentre in realtà esercita la più profonda azione sulla vita legislativa ed amministrativa delle nazioni e, pur professando a gran voce il suo rispetto per l’autorità e persino per la Religione, ha come scopo ultimo, come dichiarano i suoi stessi statuti, la distruzione di ogni autorità e del sacerdozio, entrambi additati come nemici della libertà. -Diventa ogni giorno più evidente che è all’ispirazione e all’assistenza di questa setta che dobbiamo attribuire in gran parte i continui problemi con cui la Chiesa è tormentata, così come la recrudescenza degli attacchi a cui è stata recentemente sottoposta. Infatti, la simultaneità degli assalti nelle persecuzioni che ci sono piombate addosso all’improvviso in questi ultimi tempi, come una tempesta a ciel sereno, cioè senza una causa proporzionata all’effetto; l’uniformità dei mezzi impiegati per inaugurare questa persecuzione, cioè la stampa, le assemblee pubbliche, gli spettacoli teatrali; l’impiego in ogni Paese delle stesse armi, cioè la calunnia e le rivolte pubbliche, tutto ciò tradisce chiaramente l’identità di intenti e un programma elaborato da una stessa direzione centrale. Tutto questo non è che un semplice episodio di un piano prestabilito che si svolge su un campo sempre più vasto per moltiplicare le rovine di cui parliamo. Così stanno cercando con ogni mezzo di limitare prima e di escludere poi completamente l’insegnamento religioso dalle scuole, in modo da rendere la generazione nascente non credente o indifferente a qualsiasi religione; così come si sforzano con la stampa quotidiana di combattere la moralità della Chiesa, di ridicolizzare le sue pratiche e le sue solennità. È naturale, di conseguenza, che il Sacerdozio cattolico, la cui missione è quella di predicare la Religione e di amministrare i Sacramenti, venga attaccato con particolare ferocia. Prendendolo come oggetto dei loro attacchi, questa setta mira a diminuire agli occhi del popolo il suo prestigio e la sua autorità. La loro audacia cresce di ora in ora, nella misura in cui si illude di poterlo fare impunemente. Interpreta in modo maligno tutti gli atti del clero, fonda il sospetto sulle prove più deboli e lo sommerge con le accuse più infamanti. Così nuovi pregiudizi si aggiungono a quelli con cui il clero è già sommerso, come ad esempio l’assoggettamento al servizio militare, che è un ostacolo così grande per la preparazione al Sacerdozio, e la confisca del patrimonio ecclesiastico che la pia generosità dei fedeli aveva fondato. – Per quanto riguarda gli Ordini e le Congregazioni religiose, la pratica dei consigli evangelici li rendeva gloria della società e gloria della Religione. Proprio queste cose li resero più colpevoli agli occhi dei nemici della Chiesa e furono le ragioni per cui furono ferocemente denunciati e additati al disprezzo ed all’odio. È un grande dolore per noi ricordare qui le odiose misure, così immeritate e così fortemente condannate da tutti gli uomini onesti, con cui i membri degli Ordini religiosi sono stati recentemente travolti. Nulla valse a salvarli, né l’integrità della loro vita, che i loro nemici non riuscirono ad attaccare, né il diritto che autorizza tutte le associazioni naturali stipulate per uno scopo onorevole, né il diritto delle costituzioni che proclamavano a gran voce la loro libertà di entrare in quelle organizzazioni, né il favore del popolo che era così grato per i preziosi servizi resi nelle arti, nelle scienze e nell’agricoltura, e per la carità che si riversava sulle classi più numerose e più povere della società. Ed ecco che questi uomini e queste donne che erano nati dal popolo e che avevano spontaneamente rinunciato a tutte le gioie della famiglia per consacrare al bene dei loro simili, in quelle associazioni pacifiche, la loro giovinezza, il loro talento, la loro forza e la loro vita, sono stati trattati come malfattori, come se avessero formato associazioni criminali, e sono stati esclusi dai diritti comuni e prescrittivi proprio nel momento in cui gli uomini parlano a gran voce di libertà. Non dobbiamo stupirci che i figli più amati siano colpiti quando il padre stesso, cioè il Capo della Cattolicità, il Romano Pontefice, non è trattato meglio. I fatti sono noti a tutti. Spogliato della sovranità temporale e, di conseguenza, di quell’indipendenza che è necessaria per compiere la sua missione universale e divina; costretto a Roma stessa a rinchiudersi nella sua dimora perché il nemico lo ha assediato da ogni parte, è stato costretto, nonostante le derisorie assicurazioni di rispetto e le precarie promesse di libertà, ad una condizione di esistenza anomala, ingiusta ed indegna del suo eccelso ministero. Conosciamo fin troppo bene le difficoltà che ogni istante vengono create per vanificare le sue intenzioni e oltraggiare la sua dignità. Ciò non fa che dimostrare ciò che è ogni giorno più evidente: è il potere spirituale del Capo della Chiesa che a poco a poco si mira a distruggere quando si attacca il potere temporale del Papato. Coloro che sono i veri autori di questa spoliazione non hanno esitato a confessarlo. – A giudicare dalle conseguenze che ne sono seguite, questa azione non solo è stata in politica, ma è stata un attacco alla società stessa; perché gli assalti che vengono fatti alla Religione sono altrettanti colpi inferti al cuore stesso della società.

Nel fare dell’uomo un essere destinato a vivere in società, Dio, nella sua provvidenza, ha anche fondato la Chiesa, che, come dice il testo sacro, ha stabilito sul monte Sion affinché fosse una luce che, con i suoi raggi vivificanti, facesse penetrare il principio della vita nei vari gradi della società umana, dandole leggi divinamente ispirate, per mezzo delle quali la società potesse stabilirsi nell’ordine più favorevole al suo benessere. Quindi, se la società si separa dalla Chiesa, che è un elemento importante per la sua forza, di tanto in tanto declina, o i suoi guai si moltiplicano per il fatto che sono separati coloro che Dio ha voluto unire. – Per quanto ci riguarda, non ci stanchiamo mai, ogni volta che se ne presenta l’occasione, di inculcare queste grandi verità, e desideriamo farlo ancora una volta e in modo molto esplicito in questa occasione straordinaria. Che Dio conceda che i fedeli prendano coraggio da ciò che diciamo e siano guidati a unire i loro sforzi in modo più efficace per il bene comune; che siano più illuminati e che i nostri avversari comprendano l’ingiustizia che commettono nel perseguitare la Madre più amorevole e la più fedele benefattrice dell’umanità. – Non vorremmo che il ricordo di queste afflizioni diminuisse nell’animo dei fedeli quella piena e totale fiducia che dovrebbero avere nell’assistenza divina. Perché Dio, nei suoi tempi e nelle sue vie misteriose, porterà ad una vittoria certa. Quanto a noi, per quanto grande sia la tristezza che riempie il nostro cuore, non temiamo per il destino immortale della Chiesa. Come abbiamo detto all’inizio, la persecuzione è la sua eredità, perché provando e purificando i suoi figli, Dio ottiene per loro vantaggi maggiori e più preziosi. E nel permettere alla Chiesa di subire queste prove, Egli manifesta l’assistenza divina che le concede, poiché fornisce nuovi ed imprevisti mezzi per assicurare il sostegno e lo sviluppo della sua opera, rivelando al contempo l’inutilità delle potenze che le si oppongono. Diciannove secoli di vita trascorsi in mezzo al flusso e riflusso di tutte le vicissitudini umane ci insegnano che le tempeste passano senza mai intaccare le fondamenta della Chiesa. Siamo in grado di rimanere incrollabili in questa fiducia tanto più che il tempo presente offre indicazioni che vietano la depressione. Non possiamo negare che le difficoltà che ci si parano davanti siano straordinarie e formidabili, ma ci sono anche fatti davanti ai nostri occhi che testimoniano, allo stesso tempo, che Dio sta realizzando le sue promesse con ammirevole saggezza e bontà. – Mentre tante potenze cospirano contro la Chiesa e mentre essa procede nel suo cammino priva di ogni aiuto ed assistenza umana, non sta forse portando avanti la sua gigantesca opera nel mondo e non sta forse estendendo la sua azione in ogni tempo ed in ogni nazione? Scacciato da Gesù Cristo, il “principe di questo mondo” non può più esercitare il suo orgoglioso dominio come in passato; e anche se senza dubbio gli sforzi di satana possano causarci molte sofferenze, non raggiungeranno l’obiettivo a cui mirano. Già regna, non solo nell’anima dei fedeli ma in tutta la cristianità, una tranquillità soprannaturale dovuta allo Spirito Santo che provvede alla Chiesa e che dimora in essa; una tranquillità del cui sereno sviluppo siamo testimoni ovunque, grazie all’unione sempre più stretta ed affettuosa con la Sede Apostolica; un’unione che è in meraviglioso contrasto con l’agitazione, il dissenso e il continuo disordine delle varie sette che disturbano la pace della società. Esiste anche tra Cescovi e clero un’unione che è feconda di innumerevoli opere di zelo e di carità. Esiste anche tra clero e laici che, più strettamente uniti e più completamente liberati dal rispetto umano che mai, si stanno risvegliando ad una nuova vita e si organizzano con una generosa emulazione in difesa della sacra causa della Religione. È questa unione che abbiamo così spesso raccomandato e che raccomandiamo di nuovo, che benediciamo affinché si sviluppi ancora di più e si innalzi come un muro inespugnabile contro la feroce violenza dei nemici di Dio. – Non c’è nulla di più naturale che, come i rami che nascono dalle radici dell’albero, nascano, si rafforzino e si moltiplichino queste innumerevoli associazioni che vediamo fiorire con gioia ai nostri giorni nel seno della Chiesa. Non c’è forma di pietà cristiana che sia stata tralasciata, sia che si parli di Gesù Cristo stesso, dei suoi adorabili misteri, della sua Divina Madre o dei Santi le cui meravigliose virtù hanno illuminato il mondo. Né è stato dimenticato alcun tipo di opera caritatevole. Da tutte le parti c’è uno zelante tentativo di procurare l’istruzione cristiana ai giovani, l’assistenza ai malati, l’insegnamento morale al popolo e l’assistenza alle classi meno favorite nei beni di questo mondo. Con quale notevole rapidità questo movimento si propagherebbe e quali preziosi frutti porterebbe se non fosse contrastato dagli sforzi ingiusti ed ostili con cui si trova così spesso in conflitto.

Dio, che dona alla Chiesa una così grande vitalità nei Paesi civili dove si è stabilita per tanti secoli, ci consola anche con altre speranze. Queste speranze le dobbiamo allo zelo dei missionari cattolici. Senza lasciarsi scoraggiare dai pericoli che affrontano, dalle privazioni che sopportano, dai sacrifici di ogni genere che accettano, il loro numero aumenta e conquistano interi Paesi al Vangelo ed alla civiltà. Nulla può diminuire il loro coraggio, anche se, alla maniera del loro Maestro divino, ricevono solo accuse e calunnie come ricompensa delle loro instancabili fatiche. – Così i nostri dolori sono mitigati dalle più dolci consolazioni, ed in mezzo alle lotte ed alle difficoltà che ci spettano abbiamo di che rinfrancare le nostre anime e di che ispirare la nostra speranza. Questo dovrebbe suggerire riflessioni utili e sagge a coloro che guardano il mondo con intelligenza e che non permettono alle passioni di accecarli; perché dimostra che Dio non ha reso l’uomo indipendente per quanto riguarda l’ultimo fine della vita, e come gli ha parlato in passato così parla di nuovo ai nostri giorni attraverso la sua Chiesa che è visibilmente sostenuta dall’assistenza divina e che mostra chiaramente dove si possono trovare la salvezza e la verità. Sia quel che sia, questa assistenza eterna ispirerà nei nostri cuori una speranza incredibile e ci persuaderà che nell’ora segnata dalla Provvidenza e in un futuro che non è remoto, la verità disperderà le nebbie in cui gli uomini cercano di avvolgerla e risplenderà più brillante che mai. Lo spirito del Vangelo diffonderà nuovamente la vita nel cuore della nostra società corrotta e nei suoi membri in via di estinzione. ‘ Per quanto ci riguarda, Venerabili Fratelli, per affrettare il giorno della misericordia divina non mancheremo al nostro dovere di fare di tutto per difendere e sviluppare il Regno di Dio sulla terra. Quanto a voi, la vostra sollecitudine pastorale ci è troppo nota per esortarvi a fare altrettanto. Che la fiamma ardente che arde nei vostri cuori si trasmetta sempre più ai cuori di tutti i vostri Sacerdoti. Essi sono a contatto immediato con il popolo. Se pieni dello spirito di Gesù Cristo e mantenendosi al di sopra delle passioni politiche, uniranno la loro azione alla vostra, riusciranno con la benedizione di Dio a compiere meraviglie. Con la loro parola illumineranno la moltitudine; con la loro dolcezza di modi conquisteranno tutti i cuori e, soccorrendo con carità i loro fratelli sofferenti, li aiuteranno a poco a poco a migliorare la condizione in cui si trovano. – Il clero sarà saldamente sostenuto dalla collaborazione attiva e intelligente di tutti gli uomini di buona volontà. Così i figli che hanno assaporato la dolcezza della Chiesa la ringrazieranno in modo degno, cioè riunendosi intorno a lei per difendere il suo onore e la sua gloria. Tutti possono contribuire a quest’opera che sarà così splendidamente meritoria per loro: i letterati ed i dotti, difendendola nei libri o nella stampa quotidiana, che è uno strumento così potente ora utilizzato dai suoi nemici; i padri di famiglia e gli insegnanti, dando un’educazione cristiana ai bambini; i magistrati ed i rappresentanti del popolo, mostrandosi saldi nei principi che difendono, così come nell’integrità della loro vita e nella professione della loro fede senza alcuna traccia di rispetto umano. La nostra epoca esige ideali elevati, progetti generosi e l’esatta osservanza delle leggi. È con una perfetta sottomissione alle direttive della Santa Sede che questa disciplina sarà rafforzata, perché è il mezzo migliore per far scomparire o almeno per diminuire il male che le opinioni di partito producono nel fomentare le divisioni; e ci aiuterà a unire tutti i nostri sforzi per raggiungere quel fine più alto che è il trionfo di Gesù Cristo e della Sua Chiesa. Questo è il dovere dei Cattolici. Per quanto riguarda il suo trionfo finale, essa dipende da Colui che veglia con saggezza e amore sulla sua Sposa immacolata, e di cui è scritto: “Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre”. (Eb. XIII., 8). – È dunque a Lui che in questo momento dobbiamo elevare i nostri cuori in umile e ardente preghiera, a Colui che amando con infinito amore la nostra umanità errante ha voluto rendersi vittima espiatoria con la sublimità del suo martirio; a Colui che seduto, sebbene invisibile, nella mistica corteccia della sua Chiesa, può da solo placare la tempesta ed ordinare alle onde di calmarsi ed ai venti furiosi di cessare. Senza dubbio, Venerabili Fratelli, voi con noi chiederete a questo Divino Maestro la cessazione dei mali che stanno travolgendo la società, l’abrogazione di tutte le leggi ostili; l’illuminazione di coloro che, forse più per ignoranza che per malizia, odiano e perseguitano la Religione di Gesù Cristo; e anche l’unione di tutti gli uomini di buona volontà in una stretta e santa unione.

Che il trionfo della verità e della giustizia sia così accelerato nel mondo, e per la grande famiglia degli uomini possano sorgere giorni migliori; giorni di tranquillità e di pace.

Intanto, come pegno del più prezioso e divino favore, la benedizione che vi diamo con tutto il cuore scenda su di voi e su tutti i fedeli affidati alle vostre cure.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 19 marzo 1902, nel venticinquesimo anno del nostro Pontificato.

LEO XIII

DOMENICA VI quæ superfuit POST EPIFANIA (2023).

Le domeniche terza, quarta, quinta e sesta dopo l’Epifania sono mobili e si celebrano fra la 23a e la 24a Domenica dopo Pentecoste, quando non hanno potuto entrare prima della Settuagesima, cioè quando la festa di Pasqua e il suo corteo di 9 Domeniche, che ad essa preparano, vengono molto presto (vedi Commento liturgico del Tempo della Settuagesima). In questo caso l’Orazione, l’Epistola e il Vangelo sono quelli delle Domeniche dopo l’Epifania e basta interpretarli nel senso del secondo avvento di Gesù Cristo invece del primo, per adattarli al tempo dopo Pentecoste che prepara le anime alla venuta del Salvatore alla fine del mondo, segnata dall’ultima Domenica dell’anno o 24a Domenica dopo Pentecoste. Quanto all’Introito, al Graduale, all’Alleluia, all’Offertorio e alla Comunione, si prendono quelli della 23a Domenica dopo Pentecoste, che fa direttamente allusione alla redenzione definitiva delle anime (Intr.), quando Gesù, rispondendo alla nostra invocazione (Alleluia, Offertorio, Communio) verrà a giudicare i vivi e i morti ed a strapparci per sempre dalle mani dei nostri nemici (Graduale). Per riferire la Messa di questo giorno alla lettura del Breviario di quest’epoca, si può leggere quello che abbiamo detto dei Maccabei alla 20a, 21a e 22a Dom. dopo Pentecoste. – Per riferire la Messa di questa Domenica alla lettura del Breviario di questo tempo leggasi quello che abbiamo detto dei Profeti dopo Pentecoste. La Messa di questo giorno fa risaltare la divinità di Gesù attestando chiaramente che Egli ha ricevuto il potere, come Figlio di Dio, di giudicare tutti gli uomini. Gesù è Dio, poiché Egli rivela cose che sono nascoste in Dio e che il mondo ignora (Vangelo). La sua parola, che Egli paragona ad un piccolo seme gettato nel campo del mondo ed a un po’ di lievito messo nella pasta, è divina, perché seda le nostre passioni e produce nel nostro cuore le meraviglie della fede, della speranza e della carità di cui ci parla l’Epistola. La Chiesa, suscitata dalla parola di Gesù Cristo, è simbolizzata mirabilmente dalle tre misure di farina, che la forza di espansione del lievito ha fatto « completamente fermentare » e dalla pianta di senapa, la più grande della sua specie, ove gli uccelli del cielo vengono a cercare un asilo. Meditiamo sempre la dottrina di Gesù (Or.), onde, come il lievito, essa penetri le anime nostre e le trasformi, e, come il grano di senapa, irradi l’anima del prossimo con la sua santità. Così il regno di Dio si estenderà vieppiù, quel regno quale Gesù ci ha chiamati e di cui Egli è il Re. Egli eserciterà questa regalità soprattutto alla fine del mondo.

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Jer XXIX:11; 12; 14
Dicit Dóminus: Ego cógito cogitatiónes pacis, et non afflictiónis: invocábitis me, et ego exáudiam vos: et redúcam captivitátem vestram de cunctis locis.
(Dice il Signore: Io ho pensieri di pace e non di afflizione: mi invocherete e io vi esaudirò: vi ricondurrò da tutti i luoghi in cui siete stati condotti.)

Ps LXXXIV: 2
Benedixísti, Dómine, terram tuam: avertísti captivitátem Jacob.

Hai benedetta la tua terra, o Signore: hai distrutta la schiavitú di Giacobbe.

(Hai benedetta la tua terra, o Signore: hai distrutta la schiavitú di Giacobbe.)

Dicit Dóminus: Ego cógito cogitatiónes pacis, et non afflictiónis: invocábitis me, et ego exáudiam vos: et redúcam captivitátem vestram de cunctis locis.

(Dice il Signore: Io ho pensieri di pace e non di afflizione: mi invocherete e io vi esaudirò: vi ricondurrò da tutti i luoghi in cui siete stati condotti.).

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu in glória Dei Patris. Amen.

Orémus.
Præsta, quǽsumus, omnípotens Deus: ut, semper rationabília meditántes, quæ tibi sunt plácita, et dictis exsequámur et factis.

(Concedici, o Dio onnipotente, Te ne preghiamo: che meditando sempre cose ragionevoli, compiamo ciò che a Te piace e con le parole e con i fatti.)

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Thessalonicénses
1 Thess 1:2-10

Fratres: Grátias ágimus Deo semper pro ómnibus vobis, memóriam vestri faciéntes in oratiónibus nostris sine intermissióne, mémores óperis fídei vestræ, et labóris, et caritátis, et sustinéntiæ spei Dómini nostri Jesu Christi, ante Deum et Patrem nostrum: sciéntes, fratres, dilécti a Deo. electiónem vestram: quia Evangélium nostrum non fuit ad vos in sermóne tantum, sed et in virtúte, et in Spíritu Sancto, et in plenitúdine multa, sicut scitis quales fuérimus in vobis propter vos. Et vos imitatóres nostri facti estis, et Dómini, excipiéntes verbum in tribulatióne multa, cum gáudio Spíritus Sancti: ita ut facti sitis forma ómnibus credéntibus in Macedónia et in Achája. A vobis enim diffamátus est sermo Dómini, non solum in Macedónia et in Achája, sed et in omni loco fides vestra, quæ est ad Deum, profécta est, ita ut non sit nobis necésse quidquam loqui. Ipsi enim de nobis annúntiant, qualem intróitum habuérimus ad vos: et quómodo convérsi estis ad Deum a simulácris, servíre Deo vivo et vero, et exspectáre Fílium ejus de cœlis quem suscitávit ex mórtuis Jesum, qui erípuit nos ab ira ventúra.

“Fratelli: Noi rendiamo sempre grazie a Dio per voi tutti, facendo continuamente menzione di voi nelle nostre preghiere, memori nel cospetto di Dio e Padre nostro della vostra fede operosa, della vostra carità paziente e della vostra ferma speranza nel nostro Signor Gesù Cristo; sapendo, o fratelli cari a Dio, che siete stati eletti; poiché la nostra predicazione del vangelo presso di voi fu non nella sola parola, ma anche nei miracoli, nello Spirito Santo e nella piena convinzione: voi, infatti, sapete quali siamo stati tra voi per il vostro bene. E voi vi faceste imitatori nostri e del Signore, avendo accolta la parola in mezzo a molte tribolazioni col gaudio dello Spirito Santo, al punto da diventare un modello a tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Poiché non solo da voi si è ripercossa nella Macedonia e nell’Acaia la parola di Dio; ma la fede che voi avete in Dio s’è sparsa in ogni luogo, così che non occorre che noi ne parliamo. Infatti, essi stessi, riferendo di noi, raccontano quale fu la nostra venuta tra voi, e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire al Dio vivo e vero, e aspettare dal cielo il suo Figlio (che Egli risuscitò da morte) Gesù, che ci ha liberati dall’ira ventura”.

TRIBOLAZIONI E GIOIE CRISTIANE.

Una delle storie più interessanti per tutti, interessantissima per noi Cristiani, è la storia della prima diffusione del Vangelo, specialmente quando chi la racconta, più che semplice testimone, ne è stato autore ed attore. È il caso di San Paolo. E, nella Epistola d’oggi, Egli, l’Apostolo infaticabile, di quella storia ci narra una pagina, un frammento, tanto più importante, perché quello che dice della introduzione del Vangelo in Salonicco vale di tante altre terre. La propagazione del santo Vangelo certo non fu fatta a colpi di gran cassa, o di sciabola o di scimitarra: niente di ciarlatanesco e niente di bellicoso nel senso materiale della parola. La ciarlataneria stonava col sano realismo del Vangelo e la sua umiltà: la spada contrastava con la mansuetudine evangelica. Ma non fu neppure una diffusione tranquilla, pacifica e blanda. San Paolo ci parla di una tempesta o tribolazione attraverso la quale e con la quale il Vangelo s’impiantò nella industre città commerciale: tribolazione è la frase che adopera l’Apostolo. E vuol dire che ci fu da soffrire per lui e per i primi discepoli, da soffrire non poco. – Il Vangelo è entrato nel mondo giudaico o greco-romano ch’esso fosse, come un soffio procelloso di travolgimento. Non veniva a conservare e quasi ad imbalsamare uno stato di anime e di cose ormai impiantato e sicuro: veniva a sconvolgere idee, affetti, leggi, costumi. Qui lo stesso Apostolo ricorda il passaggio dei suoi Cristiani dalla servitù degli idoli simulacri, (parvenze di forze divine) alla adorazione del Dio vivo e vero. Ma quella idolatria a cui il Vangelo col suo monoteismo spirituale gittava un guanto di sfida, dichiarava una guerra mortale, quella idolatria era una religione organizzata e trionfante. Con quella, Roma aveva fatto la sua fortuna militare, e stava facendo la sua fortuna politica. E il Cristianesimo non veniva a temperare blandamente, a ritoccare il politeismo pagano: no, veniva a distruggerlo. Lo negava da cima a fondo. Voleva radicalmente sostituirlo. Operazione di alta chirurgia. Perciò la lotta che suonò da parte degli elementi pagani era una specie di legittima difesa. Il che va letteralmente ripetuto anche per la religione giudaica, pure al Vangelo tanto più affine. – Ma il Cristianesimo veniva a surrogare anche il giudaismo, come il definitivo surroga, sostituisce il provvisorio, il meriggio, l’aurora. N. S. Gesù Cristo l’aveva annunciato e predetto. Non sono venuto, non vengo a suggellare una pace tranquilla: vengo a suscitare una tempesta, guerra. Guerra, lotta che se da parte degli agnelli evangelici veniva combattuta con dolcezza e mansuetudine nuova, dall’altra parte si combatteva in quella vece, colla fierezza antica, tradizionale. Donde tra le file cristiane dolore, tristezza, « tribulatio multa.» Grande e gioconda, lieta, serena. Di questa gioia ripieni, i Cristiani primi sopportarono le loro tribolazioni di convertiti, di cui parla espressamente ancora una volta l’Apostolo. Il Maestro l’aveva detto: « Sarete beati quando vi perseguiteranno, pagani e Giudei, e questi vi cacceranno dalle loro sinagoghe, quelli dai loro templi come traditori. Godete, esultate in quel giorno. » E averlo detto fu poco di fronte alla energia che Gesù Cristo seppe ispirare ai suoi seguaci: quella gioia della persecuzione che dagli Apostoli passa ai loro fedeli, che dalle prime generazioni cristiane, arriva, come un soffio eroico, fino a noi, senza interruzione. Tornavano lieti, — dice dei primissimi Apostoli e confessori della fede, il sacro testo, — dal Sinedrio, perché  avevano avuto l’alto ed immeritato onore di soffrire per Gesù Cristo. L’onore di soffrire! È una delle manifestazioni più geniali e impressionanti dello Spirito di Dio nei suoi fedeli. Infatti, San Paolo chiama quello dei suoi Cristiani gaudio dello Spirito Santo. Al quale deve salire assidua la nostra prece perché nella Chiesa di Dio mantenga questo eroismo almeno sotto forma di una disposizione alacre e pronta a tutto soffrire piuttosto di rinunciare alle fede e alla legge di Cristo, piuttosto che perdere per noi e per altri i frutti della Redenzione di Gesù Cristo.

P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.

(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)

Ps XLIII: 8-9
Liberásti nos, Dómine, ex affligéntibus nos: et eos, qui nos odérunt, confudísti.
V. In Deo laudábimur tota die, et in nómine tuo confitébimur in sǽcula. Allelúja, Allelúja.

(Ci liberasti da coloro che ci affliggevano, o Signore, e confondesti quelli che ci odiavano.

V. In Dio ci glorieremo tutto il giorno e celebreremo il suo nome in eterno. Allelúia, allelúia.) Ps CXXIX129:1-2

De profúndis clamávi ad te, Dómine: Dómine, exáudi oratiónem meam. Allelúja.

(Dal profondo Ti invoco, o Signore: o Signore, esaudisci la mia preghiera. Allelúia.)

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Matthǽum.
Matt XIII: 31-35
In illo témpore: Dixit Jesus turbis parábolam hanc: Símile est regnum cœlórum grano sinápis, quod accípiens homo seminávit in agro suo: quod mínimum quidem est ómnibus semínibus: cum autem créverit, majus est ómnibus oléribus, et fit arbor, ita ut vólucres cœli véniant et hábitent in ramis ejus. Aliam parábolam locútus est eis: Símile est regnum cœlórum ferménto, quod accéptum múlier abscóndit in farínæ satis tribus, donec fermentátum est totum. Hæc ómnia locútus est Jesus in parábolis ad turbas: et sine parábolis non loquebátur eis: ut implerétur quod dictum erat per Prophétam dicéntem: Apériam in parábolis os meum, eructábo abscóndita a constitutióne mundi.

[“In quel tempo Gesù propose alle turbe un’altra parabola, dicendo: È simile il regno de’ cieli a un grano disenapa, che un uomo prese e seminò nel suo campo. La quale è bensì in più minuta di tutte le semenze; ma cresciuta che sia è maggiore di tutti i legumi, e diventa un albero, dimodoché gli uccelli dell’aria vanno a riposare sopra i di lei rami. Un’altra parabola disse loro: È simile il regno de’ cieli a un pezzo di lievito, cui una donna rimestolla con tre staia di farina, fintantoché tutta sia fermentata. Tutte queste cose Gesù disse alle turbe per via di parabole: né mai parlava loro senza parabole; affinché si adempisse quello che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose che sono state nascoste dalla fondazione del mondo”].

OMELIA.

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956)

BUON ESEMPIO E RISPETTO, UMANO

«Chi ha visto un granello di senape? è il più minuscolo di tutti i semi. Eppure lasciate che un contadino lo getti in terra buona: passano i giorni, passano i mesi ed ecco silenziosamente una lancetta verde occhieggiare su dal solco, e poi cresce e poi sale e poi ramifica e poi diventa il re di tutti i legumi, capace di ricoverare gli uccelli nel verde fresco delle sue foglie. Anche il lievito, gran cosa non è. Eppure, lasciate che una massaia ne prenda tanto quanto un pugno di bimbo, lo sciolga nell’acqua bollente, lo stemperi nella pasta nuova; saprà gonfiare anche tre staia di farina. Così avviene, — diceva alla gente Gesù — così avviene del Regno dei cieli, così la grazia si diffonde nei cuori: con questo silenzio, con questa umiltà ». – Al lievito, al grano di senape io nulla trovo di più somigliante che il buon esempio, sparso intorno con le opere e con le parole. Una parola buona sembra una cosa da nulla: è un debole suono che esce dai labbri e a fatica penetra negli orecchi. Ma lasciate che quella parola buona trovi la strada del cuore, saprà far meditare un’anima, farla piangere di pentimento, farla convertire. Ecco un giovanotto elegante, ricco, allegro che vive la vita spensierata: «Francesco — gli dice un giorno un amico — che cosa ti varrà il mondo intero se perdi l’anima? ». Questa parola gli cade in cuore come il seme di senape in terra; poco a poco mette radici, cresce, tutto lo invade. Quel giovane lascia il mondo, parte per le missioni, salva milioni di anime: è S. Francesco Saverio. Un gesto coraggioso; un’azione buona sembra una cosa da nulla: eppure talvolta bastano a trascinare al bene molte persone lontane dal Signore. Il padre di Luigi XV, a Strasburgo, durante la festa del Santissimo Sacramento, assiste alla processione in ginocchio e a mani giunte. In mezzo alla folla alcuni protestanti lo videro, ne furono commossi e si convertirono. Il buon esempio è simile a quell’altro seme, di cui è pure parola nel Vangelo, che un uomo getta nel campo. Poi se ne torna a casa: mangia, beve, dorme, lavora senza nessuna preoccupazione. Ma intanto quel seme da solo germina, cresce, fa la spiga e la granisce. Anche a nostra insaputa si estende l’influenza del buon esempio, si estenderà anche dopo la morte nostra. S. Maria Egiziaca era morta da molti anni quando un padre di famiglia dedito solo agli affari lesse un giorno la sua vita. Il buon esempio che quella Santa diede al mondo con la sua conversione toccò ancora molti secoli dopo la sua morte il cuore d’un uomo che si convertì leggendo una vita della Santa, e divenne santo egli stesso: il Beato Colombini. Eppure sono molti i Cristiani che non diffondono intorno a se il buon odore di Cristo, che non fermentano in bene la massa del prossimo tra cui vivono, che non fanno crescere il regno di Dio, ma lo isteriliscono come una pianta a cui manchi l’acqua e la luce: essi sono dominati dal rispetto umano. Buon esempio e rispetto umano: ecco le due idee che vogliamo per un momento considerare. – 1. BUON ESEMPIO. Quando Federico Ozanam arrivò a Parigi per compiere gli studi universitari aveva diciotto anni. Non era incredulo, ma la sua anima era in crisi: nel frastuono della metropoli, in mezzo a studenti spassosi, con davanti agli occhi tanti spettacoli di corruzione, sentiva la fede materna illanguidire e tremare come la fiammella che sta per spegnersi. Una sera entrò in una chiesa. della città e scorse in ginocchio in un angolo, un uomo, un vecchio, che fervorosamente recitava il santo Rosario. S’avvicina e nella incerta penombra lo riconosce: Ampére, il suo professore d’università. «Come? — pensa il giovane — Ampére. inginocchiato come una donna? Lui, per la sua scienza famoso in tutto il mondo, con la corona in mano? ». Quella vista commuove fin nel profondo dell’anima; una segreta forza gli piega le ginocchia sul pavimento di marmo, lui pure si mette con le mani giunte accanto al gran maestro: le preghiere e le lagrime gli sgorgavano copiose dal cuore. Ormai non aveva più dubbi, non aveva più incertezze: era la piena vittoria della fede e dell’amor di Dio. « L’esempio d’Ampére — dirà poi frequentemente — su me ha fatto di più che tutti i libri e tutte le prediche ». L’influsso del buon esempio non si fermò in Ozanam, ma da lui passò in altri giovani, e da questi in altri ancora fino ai nostri tempi. La compagnia di San Vincenzo de’ Paoli con tutto il bene che compie, è ancora il frutto, che s’allarga sempre più, di quel primo buon esempio del professore Ampére. – Se in ogni famiglia ci fosse un padre che dà buon esempio, non perde mai la dottrina, non bestemmia, recita ogni sera devotamente il santo Rosario, io vi assicuro che in ogni famiglia vi sarebbero dei figliuoli d’oro. Ecco perché quando si convertì Zacheo, Gesù ha detto: « Hodie salus domui huic facta est »(Lc., XIX, 9). Oggi abbiamo salvato tutta questa famiglia. Il Signore era persuaso che il buon esempio di quel padre, pronto a restituire quattro volte di più di quello che aveva rubato, sarebbe stato irresistibile anche per i figliuoli. Se in tutte le botteghe, se in tutte le officine ci fosse un padrone che dà buon esempio; che bella ripercussione non si avrebbe anche in tutti i dipendenti. Se tutti i servi, se tutti gli operai vedessero i loro padroni ogni festa alla Messa, ogni mese ai santi Sacramenti, certo che la religione sarebbe più rispettata, certo che il regno di Dio nelle anime si svilupperebbe come il lievito nella farina, e come il granello di senape gettato in buona terra. Ecco perché quando il Regolo di Cafarnao credette nel Signore, tutti i suoi servi, i suoi soldati, i suoi parenti credettero. Credidit ipse et domus eius tota (Giov., IV, 53). – Perciò S. Girolamo scongiura i superiori a stare bene attenti, perché dalla loro condotta dipende la salvezza di molte anime. Perciò Gesù dal suo Vangelo ci dice di non essere carboni fumosi, ma lucerne ardenti che mostrano agli altri il modo di rendere gloria a Dio. – 2. RISPETTO UMANO. Eppure nel mondo sono più facili i mali esempi che i buoni: si ha vergogna del Vangelo. S. Paolo senza titubare poté dire in faccia a quei di Roma: « Io non ho mai arrossito della mia fede » (Rom., I, 16). Ma quanti sono i Cristiani che possono ripetere schiettamente la parola dell’Apostolo? Nel cuore dell’uomo facilmente si annida un microbo che guasta ogni più nobile affetto nel suo nascere: il microbo del rispetto umano. Se riesce ad acquistare padronanza, l’uomo diventa timido, irragionevole, e giunge a tanta viltà da tradire la propria coscienza. Ma è forse un delitto essere virtuosi perché si debba fare di nascosto ogni atto buono? Ci sono dei bravi giovani che sentono ripugnanza a mangiar di grasso in venerdì. Ma siccome tutti i compagni di lavoro, tutti i pensionanti dell’albergo non rispettano la legge della Chiesa, essi hanno vergogna e compromettono la loro anima. Ci sono degli uomini a cui piacerebbe iscriversi nella Confraternita del SS. Sacramento, fare un po’ di bene, acquistare molte indulgenze: ma hanno vergogna a portare l’abito, non vogliono mettersi in fila nelle processioni, temono che qualcuno li derida. Povere anime rovinate dalla paura di sembrar buone! – Là in quella casa, la conversazione della sera trascorre tutta nel fare strazio dell’onore altrui e si dicono anche cose indegne contro le Religione e i preti; fra tanta gente che ascolta, non manca una persona di sano criterio che vorrebbe insorgere, ma teme di riuscire sgradita a qualcuno e soffoca la parola in gola. Là in quell’ufficio, tutto il giorno è un parlare osceno, è un bestemmiare solo: costretta dal dovere, c’è anche qualche buona giovane. Vorrebbe levarsi in protesta a farla finita una benedetta volta, ma ha rispetto umano e finge con un sorriso di acconsentire. «In his omnibus apostasia est ». Qui c’è apostasia, esclama S. Cipriano. Parla e comanda il Signore e non lo si ascolta, il mondo fa un mezzo sorriso di scherno e subito si torce il collo dalla sua parte. Ma coloro che si fan vittima, per rispetto umano, di ogni diceria e di ogni giudizio della gente, che cosa s’aspettano poi dal mondo? Sentite. Molti secoli or sono l’Italia fu conquistata dall’esercito barbarico dei Goti con a capo re Teodorico. Il re e il suo popolo erano ariani. Orbene, un romano per acquistarsi simpatia e fiducia da Teodorico abiurò dalla Chiesa cattolica e si fece ariano. Quando il re dei Goti seppe la cosa, se ne sdegnò fieramente e disse: « Costui che manca di fiducia al suo Dio, come potrà essere fedele al suo re, che è semplice uomo? ». E lo privò di ogni onore e lo scacciò dal suo palazzo. Così tratta il mondo quelli che, timidamente come conigli, lo servono, rinunciando a Dio, alla coscienza, alla ragione. Dopo di averli sfruttati, li disprezza e li getta via. – Si era saputo che anche Eufemia la giovane figlia di un senatore era cristiana. Neppure a lei si fece eccezione. Fu tradotta in tribunale e condannata a morire. La martire silenziosa e diritta stava in mezzo alla folla, davanti ai giudici, con gli occhi socchiusi come se di sotto le palpebre potesse già contemplare un mondo migliore. « Prendetela, legatela! » urlò il prefetto di tribunale a due soldatoni che gli stavano accanto. Quelli di scatto si precipitarono contro la vergine: come le furono vicini, si sentirono mutati e dissero: « Se la sua fede le dà tanta gioia a morire, non può essere che vera. Facciamoci anche noi Cristiani ». E si ricusarono di torcere un capello alla Santa. Il giudice si sentì sconfitto da una fanciulla inerme. « Sòstenes! — gridò allora al centurione che aveva alla sua destra. — Sòstenes! gettala tu sopra la ruota dilaniatrice. E sia finita ». Anch’egli si avvicinò, ma anch’egli improvvisamente mutato da lei le chiese perdono e la forza d’imitarla. Poi col ferro sguainato si volse al giudice dicendo che più volentieri metterebbe quella lama nel suo petto che nel cuore di lei, la quale gli Angeli difendevano. Come S. Eufemia in mezzo al tribunale, così, o Cristiani, in mezzo al mondo faccia l’anima nostra. Che il profumo del buon esempio si diffonda dalle nostre azioni in tutti i giorni della vita, e chiunque ci avvicini, anche se in cuore è tristo, si allontani da noi edificato e col proposito di imitarci. — LA MADONNA. « Il regno dei Cieli — dice Gesù Cristo — è come un pugno di lievito che una donna rimescola in tre staia di farina, fin tanto che sia fermentata tutta ». Il pugno di lievito è Gesù Cristo. Quando visibilmente viveva su questo mondo sembrava il più povero degli uomini. Non aveva casa, non aveva danaro, non aveva né armi né armati: solo passava di paese in paese, donando a molti la salute e a tutti la sua parola buona, non mai udita sopra la terra. Eppure fu questo umile Uomo che fermentò tutta l’umanità: fu Lui che portò la sapienza; Lui, l’amore; Lui, la vita eterna. Ma chi è quella donna evangelica, che ha preparato il mistico lievito e lo ha rimescolato nelle tre misure di farina? Quella donna è la Madonna, Il Figlio di Dio, fatto uomo per la nostra salute, ci venne dalla carne immacolata di Lei e dal sangue purissimo di Lei. Le tre staia di farina sono i tre tempi del mondo: il tempo antico, il presente, il futuro. Il tempo antico: quando la Madonna, non nata ancora, era predetta dai profeti ed il popolo la sognava come un’aurora immensa che da oriente s’’innalza a dissipare il tenebrore notturno, come la rosa dei giorni primaverili sbocciata al sole, come il cipresso intatto dalla scure, come il terebinto che distende i suoi rami sul mondo. Il tempo presente: in cui tutte le arti l’hanno onorata, tutti i paesi le hanno fatto una chiesa, o almeno un altare. Il tempo futuro: perché fin quando ci sarà un uomo, s’udirà sempre il suo bel nome. Le tre staia di farina possono anche significare le tre Chiese: la Chiesa militante in cui la Vergine mette il suo Gesù a fortificare nella lotta: la Chiesa purgante in cui la Vergine mette il suo Gesù a suffragare nel tormento; la Chiesa trionfante in cui la Vergine mette il suo Gesù a beatificare nel premio. E sembra che nessun desiderio abbia fuor che di fermentare ogni cuore col suo Figliuolo divino. Ella, come nel presepio, sta sempre nelle nostre chiese in atto di offrire alla povertà delle nostre anime il ricco tesoro del sue viscere, come l’offerse ai poveri pastori di Betlemme. Ella, come nel tempio di Sion, sta sempre nelle nostre chiese, per consegnare in braccio al nostro amore il suo eucaristico Gesù, come allora lo consegnò al vecchio Simeone profeta, e alla vecchia Anna profetessa. Chi è che non vorrà ricevere Gesù dalle mani di Maria? Chi è che preferisce rimanere sterile farina, invece che accogliere il divin Fermento, e trasformarsi in pane eletto? La Madonna, mettendoci il suo Figliuolo nell’anima, ci dà il perdono dei peccati commessi, ci dà la forza per non ricadere; ci dà tutto. Ella è madre di misericordia, è madre di valore, è madre d’amore. – 1. ELLA È MADRE DI MISERICORDIA. Una donna di Thecua entrò un giorno nella sala del re, si gettò davanti al suo trono, e singultendo disse: « Salvami, o re! ». Davide, stupito e commosso, le rispose con voce buona: « Che hai tu? Parlami ». Allora la donna cominciò a raccontare la sua storia dolorosa, sospirando. « Ah! io sono una vedova e mio marito è morto lasciandomi due figli che son venuti a contesa. Erano alla campagna e non v’era nessuno che li potesse trattenere. Intanto l’uno percosse l’altro e lo uccise. Ma ecco che ora tutta la parentela si è levata contro di me e grida: — Dacci nelle mani colui che ha percosso suo fratello, che dobbiamo farlo morire: anima per anima. — Ed io che ho già perso un figlio, adesso dovrò vedere anche l’altro morire: così rimarrò sola al mondo, senza marito né figli, conculcata ». Il re, come la donna accasciata dalla sua sventura finì di parlare, balzò in piedi e disse: « Viva il Signore; un capello di tuo figlio non cadrà a terra ». Anche noi, coi nostri peccati, abbiamo ucciso nostro fratello Gesù Cristo. Rursum crucifigentes Filium Dei (Ebr., VI, 6). Gli Angeli della giustizia pretendono la nostra condanna e gridano: « Signore, dacci nelle mani quel peccatore che noi lo sprofondiamo nell’inferno ». Ed ecco la Madonna, come la vedova di Thecua, prostrarsi davanti al trono di Dio e supplicare: « Ho già perso un figlio; ho già subìto tutto lo strazio della sua morte in croce: come potrò sopportare adesso di veder l’altro precipitare nell’inferno? ». E Dio risponderà alla Vergine, come. Davide alla Thecuite: « Non cadrà un capello di tuo figlio ». – Quando Iddio sta per scoccare la freccia della sua vendetta, accorre la Madonna e pone il suo Gesù in quell’anima, come un pugno di lievito nella farina. Come potrà allora il Signore colpirla se in essa vi è il Figliuol suo? Se alcuno, guardando alla sua vita, si accorge di essere caduto in basso, nella valle dei peccati, si rivolga con fiducia a Maria, Ella è Madre dei peccatori che si vogliono convertire. Se i suoi vizi sono stati tanti. e le sue colpe sono state enormi, non si lasci scoraggiare, poiché quanto più grave è stata la sua colpa, tanta più gloria dalla sua conversione verrà a Maria. – 2. ELLA È MADRE DI VALORE. Il giovanetto S. Pancrazio, che visse al tempo delle persecuzioni romane, tornando una sera dalla scuola, confidò a sua madre quello che gli era accaduto. Avevano saputo ch’era Cristiano: ormai non avrebbe più potuto vivere tranquillo, la beata fanciullezza era finita. Lo avrebbero ricercato, lo avrebbero perseguitato, tormentato, ucciso: gli bisognava una grande forza. La madre allora prese una piccola borsa, ornata di perle finissime e l’aprì: ne trasse una spugna secca imbevuta d’un liquido che il tempo aveva rappreso. Ecco, o figlio mio — e la voce le mancava e copiose lagrime sgorgavano da suoi occhi — ecco il sangue di tuo padre; o Pancrazio. Io stessa l’ho raccolto dalle sue aperte ferite il dì in cui, sotto mentite spoglie, fui presente al suo martirio e lo vidi morir per Cristo ». Il giovanetto si mise al collo quella reliquia santa, e sentì nel suo spirito correre tutta la fierezza del martire genitore. E quel sangue stretto al suo cuore gli diede la forza di vincere il supremo combattimento, quando imprigionato e condotto nell’arena, aizzarono contro di lui l’avida pantera. Anche noi, nella vita, siamo attesi da terribili combattimenti; il mondo con dispiaceri ingannevoli, le nostre passioni, il demonio che, come pantera avida, gira intorno all’anima nostra per sbranarla. Abbiamo bisogno di forza e di valore, Ricorriamo alla Madonna. Ella, come già Lucina al figlio suo, ci metterà sul cuore il sangue di Gesù Cristo, quel Sangue che ha raccolto dalle aperte ferite il dì in cui, sotto la croce, lo vide spirare dopo tre ore d’agonia. E quel Sangue, penetrato nella nostra anima, sarà come un lievito che tutta la fermenterà e la farà invincibile ad ogni assalto infernale. – C’è una fanciulla che trema perché al lavoro, in famiglia, altrove, vive in mezzo ai pericoli morali? invochi Maria. Respice stellam, invoca Maria! C’è un uomo che il demonio con desideri impuri non lascia quieto? invochi Maria! Respice stellam, invoca Maria! O tutti, che ad ogni momento siamo sull’orlo d’un precipizio; e pare che una forza maligna ci spinga dentro, invochiamo. Maria. Respice stellam, invoca Maria! Ella è terribile come un battaglione schierato in guerra. Iddio, incarnandosi, prese da Maria l’umana debolezza e donò a Lei in cambio la divina potenza della quale si prevale a favore dei suoi devoti. – 3. ELLA È MADRE D’AMORE. Nell’inverno crudissimo, S. Ermanno pregava da lungo tempo, davanti alla Madonna. La chiesa era deserta, ed egli tremava dal freddo e dalla fame. Povero fanciullo, non aveva calzatura sui piedini nudi, e non aveva sulle spalle tremanti fuor che uno sdrucito mantelletto. Solo aveva per riscaldarsi il fervore della sua preghiera. E la Madonna davanti a lui si mosse, s’irradiò di luce, e parlò: « Leva una pietra, che sotto v’è il denaro per comprarti un pezzo di pane e qualche vestito ». Il fanciullo ubbidì e trovò. Da quel giorno, qualunque volta ne abbisognasse, sotto quella pietra, trovò il danaro che occorrevagli. Quello che Maria ha fatto per un suo devoto, può farlo anche con noi. È tanto buona che non solo nei bisogni spirituali, ma anche in quelli materiali è pronta a soccorrerci. Se ci ha dato il suo Unigenito, ch’era la sua vita, tutto il suo amore, se ha lasciato che morisse in croce, purché noi fossimo salvi, che cosa ci potrà ancora negare? Ella è Madre di bell’amore. Ego mater pulchræ dilectionis (Eccl., XXIV; 24). Ma se tale è l’amore di Maria, se più buona di così Dio non poteva crearla, guai all’uomo che non è attratto verso di Lei. Quando un’anima non sente più affetto è devozione verso la Madonna, quando il dolce nome di Maria più non lo muove, credetelo, il demonio è sicuro di una vittoria. – Nell’agosto. del 1920, sul mare di Pola calava a picco il sommergibile «F 14». Quando i palombari, con un terribile lavoro di manovre, riuscirono a ripescarlo, si comprese che là dentro non c’erano che cadaveri. Ventisette: la morte aveva coperto quei volti di una maschera nerastra, sì che le vittime ebbero lo stesso aspetto, ma avevano avuto lo stesso puro e rassegnato coraggio. Solo dopo che furono riportate esanimi alla luce, e pienamente deterse, riapparvero le loro varie giovinezze, e il pallido viso. Dentro si trovò un foglio. « Mamma… ». La frase non fu compiuta. «Mamma! » In questo grido è racchiusa tutta la vita e tutta la morte d’un uomo. Oh in quell’ultimo istante, quando già l’asfissia anneriva il volto e dilaniava orribilmente le palpebre, l’immagine della mamma ignara lontana è apparsa davanti a ciascuno! Oh almeno la mamma fosse stata là a baciarli per l’ultima volta, ad aiutarli a morire!… Ma la madre terrena non può sempre essere accanto al suo figliuolo, né può vivere fin tanto che la sua creatura vive: spesso muore prima. – Ebbene, il Cristiano. conosce una Madre che non muore mai, che lo vede sempre, che sempre l’ascolta, che sta ai suoi fianchi sempre a rendergli meno triste la vita, e bella la morte, e felice l’eternità. Questa madre è la Madonna.

IL CREDO

Orémus
Ps CXXIX1, 1-2
De profúndis clamávi ad te, Dómine: Dómine, exáudi oratiónem meam: de profúndis clamávi ad te, Dómine.

(Dal profondo Ti invoco, o Signore: o Signore, esaudisci la mia preghiera: dal profondo Ti invoco, o Signore.)

Hæc nos oblátio, Deus, mundet, quǽsumus, et rénovet, gubérnet et prótegat.

(Questa nostra oblazione, chiediamo, o Dio, ci purifichi e rinnovi, ci governi e protegga.)

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

de sanctissima Trinitate
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui cum unigénito Fílio tuo et Spíritu Sancto unus es Deus, unus es Dóminus: non in uníus singularitáte persónæ, sed in uníus Trinitáte substántiæ. Quod enim de tua glória, revelánte te, crédimus, hoc de Fílio tuo, hoc de Spíritu Sancto sine differéntia discretiónis sentímus. Ut in confessióne veræ sempiternǽque Deitátis, et in persónis propríetas, et in esséntia únitas, et in majestáte adorétur æquálitas. Quam laudant Angeli atque Archángeli, Chérubim quoque ac Séraphim: qui non cessant clamáre quotídie, una voce dicéntes:

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: che col Figlio tuo unigénito e con lo Spirito Santo, sei un Dio solo ed un solo Signore, non nella singolarità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza. Cosí che quanto per tua rivelazione crediamo della tua gloria, il medesimo sentiamo, senza distinzione, e di tuo Figlio e dello Spirito Santo. Affinché nella professione della vera e sempiterna Divinità, si adori: e la proprietà nelle persone e l’unità nell’essenza e l’uguaglianza nella maestà. La quale lodano gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, che non cessano ogni giorno di acclamare, dicendo ad una voce:]

Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Preparatio Communionis
Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

COMUNIONE SPIRITUALE

Marc XI: 24
Amen, dico vobis, quidquid orántes pétitis, crédite, quia accipiétis, et fiet vobis.

(In verità vi dico: tutto quello che domandate, credete di ottenerlo e vi sarà dato.)

Orémus.
Cœléstibus, Dómine, pasti delíciis: quǽsumus; ut semper éadem, per quæ veráciter vívimus, appétimus.

(O Signore, nutriti del cibo celeste, concedici che aneliamo sempre a ciò con cui veramente viviamo.)

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

LO SCUDO DELLA FEDE (278)

LO SCUDO DELLA FEDE (278)

P. Secondo FRANCO, D.C.D.G.,

Risposte popolari alle OBIEZIONI PIU’ COMUNI contro la RELIGIONE (19)

4° Ediz., ROMA coi tipi della CIVILTA’ CATTOLICA, 1864.

CAPO XXI.

I. Corte romana. II. Questa è solo una legge dei preti. III. Io credo a Dio, ma poi tante altre cose….

L’autorità della Chiesa è il sostegno di tutto l’edifizio cristiano; quindi è che tutti gl’increduli, tutti i protestanti, tutti i nemici di Dio hanno un fiele amarissimo contro di lei. Hanno perciò rivolte tutte le loro mire ad abbatterla, a rovesciarla. Vediamo gli assiomi principali che hanno accreditato contro di lei.

I. Urtano fin dalle prime nel nome stesso, mentre non è mai che la vogliano chiamare col suo nome. Noi Cattolici, quando vogliamo significare l’autorità suprema che regola la religione, diciamo la santa Chiesa, oppure la santa Sede, oppure la Sede apostolica: queste parole non le sentirete mai sul labbro degli scredenti: adoperano essi invece la formola maligna di Corte romana. Scambiatole così il nome, non hanno più difficoltà di adoperare a suo riguardo tutto un vocabolario d’insolenze. Tali sono poi le pretensioni di Roma, le esorbitanze di Roma, le usurpazioni della Corte di Roma, le mene, i raggiri della Curia romana, le scaltrezze, ecc. ecc. Ora che malizia, direte voi, cova qui sotto? Eccovela: si finge di parlare dei difetti degli uomini, e si assale la stessa istituzione. Ed è manifesto, poiché quando è che si adoperano tutte quelle formole sacrileghe? Quando si parla delle disposizioni che emanano da Roma o in materia di benefizi ecclesiastici, o di disciplina, o di riti, o di proibizione di libri, o di proposizioni da definire, o di dispense per matrimoni e somigliante. Ma in tutto ciò che ha da fare la Corte di Roma? Questa parola non può avere che la significazione che ha in ogni paese la parola Corte, e quando si tratta di principii, indicare cioè il complesso dei famigli, scudieri, staffieri, maestri di casa che servono al monarca o che lo assistono. Ora come entrano tutti costoro nel regolamento degli affari ecclesiastici? Nulla affatto. Dunque, la Corte di Roma non ci entra. Quella che c’entra è bensì la voce del supremo Pastore, o significata da sé stesso, o per mezzo de’ suoi prelati e delle sue Congregazioni, sia poi che parli ex cattedra per definire qualche punto, sia che solo disponga ed ordini il buon andamento di tutta la Chiesa. Ma allora è una stoltezza il nominare Corte di Roma quell’autorità, da cui procedono siffatti ordinamenti, poiché questa è la santa Sede, la Sede apostolica, la Cattedra di Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, la santa Chiesa; e tra i fedeli non s’intende diversamente. Qual è dunque il motivo per cui si fa quella sostituzione? Eccovelo chiaro. Sonerebbe ancor troppo male fra i Cattolici il dire le pretensioni, le esorbitanze, ecc. della santa Sede e del Vicario di Gesù Cristo. Quelli che al tutto non sono protestanti, ne avrebbero orrore; bisogna perciò ammollire l’espressione e dare lo scambio ai lettori, quasi sottoindicando che si tratti degli uomini non della istituzione, e che se si riprendono quelli, questa si rispetta, laddove in realtà si insulta e si strazia la santa Chiesa sotto quel nome. – È una tattica di guerra un po’ vecchia mostrar di credere che siano solo disposizioni del ministro quelle che sono volontà del padrone per impugnarle a man salva; ma qui non fa prova, poiché nella Chiesa non vi sono ministri responsabili sopra cui cada la riprensione, ed essa va a ferire direttamente la santa Chiesa, o nella persona del suo Capo, o nella persona di quelli che hanno ricevuta da lui ogni autorità: epperò quei vocaboli debbono mettere orrore a tutti quelli che non sono ciechi ad intendere dove vada a parare il mal giuoco.

II. Ma non ci perdiamo in generalità, veniamo subito a quegli assiomi, con cui si leva di mezzo ogni autorità della Chiesa. Questa è solo una legge ecclesiastica, dicono, una legge de’ preti; e similmente: Io per me credo a Dio, ma poi tante altre cose…. Questi due principii sono sparsi pur troppo universalmente, e non mancano perfino di quelli che si credono Cattolici che fanno loro buon viso. Eppure, credereste? bastano essi soli a mettere in piedi il protestantismo, ed a distruggere tutta l’autorità della Chiesa. Questa è solo una legge ecclesiastica, una legge de’ preti. Si adopera questo assioma specialmente quando si tratta del digiuno, dell’astinenza delle carni, della proibizione de’ libri perversi e somigliante. Ora non provenendo tutte le disposizioni intorno a quei punti se non dalla santa Chiesa medesima, chi non vede che sotto quella formula s’impugna direttamente 1’autorità legislatrice di Lei! Richiami dunque il lettore alla mente alcune verità che comunemente sono nel mondo ignorate, che vedrà subito l’iniquità di quel detto. – Gesù Cristo, venuto sulla terra, ordinò e stabilì prima da sé medesimo la sua Religione e cominciò a diffonderla sulla terra: ma come era nella disposizione infinitamente savia della sua provvidenza di non volere egli stesso durare perpetuamente visibile nel mondo a continuare la dilatazione di essa, presso tutte le nazioni e tutte le generazioni avvenire, alle quali però era ordinata la sua istituzione, affidò quest’opera immensa ad un’autorità da Lui stabilità, cioè alla Chiesa, affinché in nome suo la continuasse. In qual modo poi si assicurò che cotesta autorità, che Egli lasciava sulla terra, avrebbe soddisfatto alla sua missione? Ecco il come. Gesù la ornò di tutte quelle prerogative che le erano necessarie allo scopo. La fondò sopra una rocca che mai non dovesse crollare, cioè sopra Pietro ed i suoi successori, la assicurò della sua assistenza per modo, che ella non potesse mai errare insegnando; disse chiaro che Egli sarebbe stato sempre con lei, che le avrebbe mandato il Santo suo Spirito. Quindi rivolgendosi a tutti gli uomini della terra, da quel padrone supremo e Redentore che era di tutti, notificò questa sua volontà ed impose loro che dovessero ad ogni modo stare soggetti alla Chiesa da sé fondata, continuatrice della missione che Egli aveva inaugurata sopra la terra. Né freddamente inculcò l’obbedienza a lei: assicurò che essa era la maestra da seguitare, la colonna ed il sostegno della verità, che chi avesse ascoltato lei, avrebbe con ciò solo ascoltato Lui stesso, come al contrario ogni disprezzo di lei l’avrebbe reputato disprezzo suo proprio: che però ci separassimo perfino da que’ ribelli che non le si arrendevano, che li avessimo al tutto in conto di gentili e di pubblicani. Affinché poi non potessimo errare nel riconoscere dove essa Chiesa fosse veramente, mantenendo le profezie che di lei vi erano, la fece come un monte cospicuo a tutte le genti. La illustrò con segni, miracoli, profezie, portenti d’ogni maniera; la circondò di tanta luce di santità che dovesse sfolgorare a tutti gli occhi; colla sua protezione l’assisté per modo che cadessero sempre invano i colpi avventati contro di lei, sicché niuno che voglia conoscere dove essa sia, mai non possa non ravvisarla. Ciò presupposto, ecco che cosa è la Chiesa. Essa è la continuazione dell’opera di Gesù sopra la terra. Essa è l’erede legittima dei diritti di Gesù, la depositaria fedele dei suoi tesori, la maestra infallibile delle sue dottrine. Essa possiede l’autorità di Gesù, vive dello spirito di Gesù, gode l’assistenza di Gesù, in nome di Gesù parla, ordina, comanda, concede e proibisce, scioglie e lega, apre il cielo e lo chiude, e tutto per espressa volontà di Gesù. Questa è la dottrina cattolica. Ora in faccia a questa verità ponete uno di quegl’infelici, che, all’occasione di un comando o divieto di santa Chiesa, si lascia uscire dalla chiostra dei denti la bella massima: Oh questa è sola una prescrizione dei preti, e con ciò crede di poter violare impunemente qualunque prescrizione: a chi fa ingiuria costui? Ad alcuni preti, ad alcuni uomini, oppure allo stesso Cristo? Rispondano di grazia. Se è vero che l’autorità della Chiesa non è altra da quella di Gesù Cristo, ognun vede dove vada a parare quel colpo. Che se non si ammette che l’autorità della Chiesa sia quella di Gesù, allora saremo anglicani, saremo calvinisti, saremo quaccheri. Saremo quel che volete, ma non saremo Cattolici. Il ricevere un ordine dal principe o riceverlo dal suo luogotenente in nome di lui, non è tutto lo stesso? Ed il ricusare obbedienza all’ordine venuto per mezzo del luogotenente, non è disobbedire al principe stesso? Ebbene dite il medesimo rispetto alla Chiesa, la quale parla in nome di Gesù, perché da Lui a ciò costituita. Né niuno dica: se io sapessi che è la Chiesa quella che parla e non un uomo, non avrei difficoltà ad obbedire; perocché questo sarebbe un mostrarsi, a vero dire, troppo grosso d’intendimento. E che? Volete che la Chiesa presa in astratto, sia quella che parla? La Chiesa parla quando parla il suo Capo, che è l’organo naturale della sua favella; la Chiesa parla quando i sacri Pastori congiunti al loro Capo si raccolgono nei Concili; la Chiesa parla quando tutti i Pastori sacri dell’universo, sottomessi al loro Capo, insegnano ad un modo. E sebbene il Vicario di Cristo non parli con tanta solennità quando fa parlare solo le sue congregazioni, pure siccome esse traggono da lui ogni autorità, non è meno debita la sommissione e l’obbedienza. E con ciò resta posta in chiaro abbastanza l’assurdità e l’empietà della massima sopraddetta.

III. E dovrebbe da ciò apparire eziandio la falsità dell’altra: Io credo a Dio, ma poi tante altre cose… Orsù che vogliono significare con quel tante altre cose?… Non osano dir chiaro quello che pensano, ma a buon intenditor poche parole. Vogliono dire, che quando si è creduto a Dio, non è poi necessario l’ammettere quello che insegna la Chiesa, non sacramenti, non messe, non digiuni, ecc. Or questo è anche più che protestantismo; è negazione di tutto il Cristianesimo, è deismo. Io ho sentito più d’una volta ripetere l’assioma sopraccennato da alcuni, i quali per una leggerezza non esplicabile forse neppur sospettavano l’orribile empietà che dicevano: eppure è tale. lmperocché per qual ragione basterà credere a Dio? Non ci può essere altra ragione che questa. O perché tutto il rimanente non sia rivelato da Dio, oppure perché anche posta la rivelazione, non sia obbligatorio per gli uomini l’accettarla. Ma per sostenere il primo bisogna dichiarare che sia una favola tutto quello che fin qui si è creduto di lui; che sono finzioni le profezie che si sono pubblicate di lui, e che la espettazione di 40 secoli del liberatore promesso fu un’illusione. Bisogna credere che la vita intera di Cristo colle sue divine virtù, coi suoi portenti, colla sua risurrezione è tutto una favola; che tutti i miracoli, fatti per persuadere la sua divinità, siano state imposture e giuochi di mano; che furono tanti stolidi tutti quei milioni d’uomini che vi hanno creduto, peggio ancora quelli che, per mantenere sì sciocca credenza, hanno versato il sangue; bisogna finalmente concedere che tutto il cambiamento avvenuto nel mondo per l’opera di Gesù, e la carità del prossimo, e la purezza del vivere, e la santità più eroica, non ha avuto mai origine da altro che da un’ impostura solenne, di cui il mondo non ha mai veduta e mai non vedrà più l’uguale. Per sostenere il secondo bisogna ammettere un’altra ipotesi ancor più assurda. Cioè che essendo vera tutta la rivelazione, e vero che Gesù ha parlato ed ha fondata una Chiesa, dopo tutto quello che ha fatto per stabilirla ed aggregarvi tutti gli uomini, non gl’importa poi nulla che gli uomini vi prendano parte e la ascoltino. Che se non si può ammettere né l’una né l’altra ipotesi, almeno da chi è sano di mente, bisognerà non solo credere a Dio, ma credere ancora a Dio incarnato, cioè a Gesù Cristo, e quindi a quello che ha insegnato, a quello che ha stabilito; bisognerà credere alla Chiesa da Lui fondata, ai sacramenti da Lui stabiliti, ai comandi da Lui dati, ai divieti da Lui posti, a tutto quello che la Chiesa da Lui autorizzata insegnerà. Se si ammette la divinità di Cristo, la sua rivelazione, la sua opera ristoratrice, e che Egli non sia indifferente intorno a quello che ha stabilito, è innegabile la conseguenza. – Laonde coloro che professano di non credere a tante altre cose, farebbero bene a non vantarsi neppure di credere a Dio: perocché mentre non credono a queste altre cose, fanno segno evidente di non credergli in niuna. Chi crede a Dio osserva e si assicura se Egli abbia parlato; ma quando poi ha fatto ciò, quando è certo che ha parlato, crede universalmente a tutto quello che Egli ha detto. Ha Dio proposto misteri? Ed Egli, li ammette sulla sua parola. Ha Dio stabiliti Sacramenti per le varie necessità dei fedeli? Ed Egli in quelle necessità li riceve. Ha costituita madre e maestra la Chiesa? Ed egli la riverisce da figliuolo obbediente e la ascolta da discepolo sottomesso. Ha questa Chiesa coll’autorità del suo sposo divino fatte leggi, prescrizioni, divieti? Ed egli si tiene in dovere di osservare ogni cosa per l’appunto. Il credere a Dio importa tutto ciò; e chi grida che crede a Dio, ma poi non crede a quello che Dio ha rivelato, costui si burla di Dio e degli uomini; di Dio, poiché è uno strazio che fa della divina autorità; e degli uomini, poiché è una fiaba quello di cui si vanta. – E ciò per non dir nulla della graziosa espressione, che è quella di una creatura, la quale, entrando in discorso col suo Creatore, determina quello che le basta di fare per lui e dice a Dio sul volto, ed il predica ancora agli altri, che a lei basta di credere che Dio esista. Sono dunque tutti scomparsi i diritti della divinità sopra gli uomini? Non tocca più a Dio di determinare quello che ha da bastare e quello che non basterà? Ha perduto tutti i suoi diritti a nostro riguardo? La sua onnipotenza è venuta meno? La sua sapienza si è annichilata, si è smarrita la sua bontà e soprattutto il suo dominio è stato manomesso da alcuno? Oppur compiacendosi egli (giacché è una degnazione che mai non finiremo di comprendere) di parlarci, di regolarci, di determinarci anche minutamente quello che vuole da noi, e facendo tutto ciò per puro nostro bene, e mosso da un amore immenso, toccherà a noi il dargli il veto, prescrivergli i limiti fin dove si debba stendere colle sue prescrizioni? E noi in forza di questo nostro decreto gli diremo, a cagione di esempio, che non è nostra volontà di onorarlo col sentir Messa, col presentarci ai piedi di un confessore, coll’accostarci a riceverlo, col dar retta alle sollecitudini della Chiesa? Dio buono! E non è questa la più inaudita temerità che mai sia entrata in uno spirito diabolico? Un suddito che dicesse al suo monarca, od un figliuolo che dicesse a suo padre, mi basta di riconoscere la vostra persona, e ricusando ogni altro atto di sudditanza o di riverenza intendesse di aver soddisfatto al suo dovere, non sarebbe un mostro? Ed un uomo che freddamente dice a Dio che gli basta di credere a Lui, significandogli con ciò che non intende di prestargli un culto, con quai colori potrà ritrarsi? – Non ho detto senza ragione che costui rinneghi tutto il Cristianesimo. Imperocché che non sia più Cattolico è evidente, mentre non si dà Cattolico dove non vi ha dipendenza dalla Chiesa: ma è forse almen protestante? Niuno lo dirà, poiché le sette protestantiche riconoscono almeno una qualche rivelazione. Potrebbe compararsi al giudeo, a quale pur riconosce Iddio; ma al giudeo è anche inferiore, mentre questi se non riconosce Gesù per Messia; almeno lo adombra in qualche suo rito, e per quanto vanamente, pure lo aspetta. È un deista, il quale rigettando tutta l’opera dell’Incarnazione del Figliuolo di Dio, ricusa di prestare un colto qualunque alla stessa divinità. Ecco il significato ultimo di quella formola che passa così snella in mezzo alle conversazione di oggidì: Basta credere a Dia, ma poi…

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (5): FULTON J. SHEEN “satana E LA CONTROCHIESA”

Mons. Fulton J. Sheen
Il comunismo e la coscienza dell’Occidente (1948)
“[Satana] istituirà una contro-chiesa che sarà lo scimmiottamento della Chiesa [cattolica]. . . . . Avrà tutte le note e le caratteristiche della Chiesa, ma al contrario e svuotata del suo contenuto divino”.
L’Anticristo non si chiamerà così, altrimenti non avrebbe seguaci. Non indosserà calzamaglie rosse, non vomiterà zolfo, non porterà un tridente e non agiterà una coda di frecce come Mefistofele nel Faust. Questa mascherata ha aiutato il Diavolo a convincere gli uomini che non esiste. Quando nessun uomo lo riconosce, più potere esercita. Dio si è definito come “Io sono colui che sono”, mentre il diavolo come “Io sono colui che non sono”.
In nessuna parte della Sacra Scrittura troviamo una giustificazione per il mito popolare del diavolo come un buffone vestito come il primo “rosso”. È piuttosto descritto come un angelo caduto dal cielo, come “il principe di questo mondo”, il cui compito è quello di dirci che non esiste un altro mondo. La sua logica è semplice: se non c’è il Cielo non c’è l’inferno; se non c’è l’inferno, allora non c’è il peccato; se non c’è il peccato, allora non c’è il Giudice, e se non c’è il giudizio allora il male è bene e il bene è male. Ma al di sopra di tutte queste descrizioni, Nostro Signore ci dice che sarà così simile a sé stesso da ingannare anche gli eletti – e certamente nessun diavolo mai visto nei libri illustrati potrebbe ingannare anche gli eletti. Come arriverà in questa nuova era per conquistare seguaci alla sua religione?
La credenza russa pre-comunista è che verrà travestito da Grande Umanitario; parlerà di pace, prosperità e abbondanza non come mezzi per condurci a Dio, ma come fini in sé. . . .
. . . La terza tentazione, in cui satana chiese a Cristo di adorarlo e tutti i regni del mondo sarebbero stati suoi, diventerà la tentazione di avere una nuova religione senza una Croce, una liturgia senza un mondo a venire, una religione per distruggere una religione, o una politica che è una religione – che renda a Cesare anche le cose che sono di Dio.
In mezzo a tutto il suo apparente amore per l’umanità e ai suoi discorsi disinvolti sulla libertà e l’uguaglianza, avrà un grande segreto che non rivelerà a nessuno: non crederà in Dio. Poiché la sua religione sarà una fratellanza senza la paternità di Dio, ingannerà anche gli eletti. Istituirà una contro-chiesa che sarà la scimmia della Chiesa, perché lui, il diavolo, è la scimmia di Dio. Avrà tutte le note e le caratteristiche della Chiesa, ma al contrario e svuotata del suo contenuto divino. Sarà un corpo mistico dell’Anticristo che in tutto e per tutto assomiglierà al corpo mistico di Cristo. . . .
. . . Ma il ventesimo secolo si unirà alla contro-chiesa perché pretende di essere infallibile quando il suo capo visibile parla ex cathedra da Mosca in materia di economia e politica, e come pastore capo del comunismo mondiale.
Fonte: Fulton J. Sheen, Communism and the Conscience of the West (Indianapolis, IN: Bobbs-Merril Company, 1948), pp. 22-25.

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (6): “CONFLITTO TRA LA CHIESA E sATANA.

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)

OSSIA IL MEZZO PIU’ INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

24 – Il mondo senza preghiera.

    Più vado innanzi nella vita, e più vedo che il mondo va male. Che si tratti soltanto di impressione soggettiva? Cioè che, andando in avanti cogli anni, scopra bensì sempre nuovi mali che non m’erano fino allora noti, ma che pur esistevano già prima? — Non credo! Per tante e tante cose ho troppe prove, troppi indizi in contrario. Prendo in considerazione un ambiente solo: quello in cui son nato e cresciuto, quello perciò che m’è più noto e che non è certo il peggiore, quello ancora ch’è il più diffuso: il ceto del popolo delle nostre campagne. Quand’era giovinetto un atto immorale disonorava la persona, che l’aveva commesso, per tutta la vita: oggi invece chi si scompone più per queste opere di Sodoma? — Una volta chi bestemmiava era tenuto per un figlio legittimo di satana: adesso reca stupore un uomo che non bestemmi. — Quand’ero piccino, se il padre udiva una parola poco bella scappata dalla bocca d’un suo bambino, un’occhiata significativa o, tutt’al più, un manrovescio salutare, metteva tutto a posto per sempre: invece attualmente, quando il bambino pronuncia le prime parole – spesso le bestemmie apprese dal babbo o le parole oscene apprese dalla mamma o dalla sorella maggiore — si dice con compiacenza: « Com’è bravo il nostro bimbo! Già sa parlare! » — Non oltre mezzo secolo fa, chi lavorava la festa o ne marinava la Messa, era segnato a dito come un eretico e un pagano: ai nostri giorni invece in molti paesi si contano sulle dita gli uomini che vanno alla Messa domenicale, si lavora e si traffica la festa come se il far ciò sia la cosa più lecita ed onesta; e specialmente il pomeriggio di quei santi giorni (che una volta era dedicato al Vespro, al Catechismo e alla benedizione eucaristica, e — soltanto dopo — alle visite ai congiunti, a qualche passeggiata o a qualche onesto divertimento) è oggi quasi universalmente dissacrato e — sopratutto dalla gioventù — considerato come il tempo più adatto e più propizio per andar a caccia di occasioni peccaminose. — Anche la foggia del vestire, specialmente quella muliebre, quanto è diventata più immorale e davvero provocante, pur nei nostri paesi! Non è forse vero infatti che tante figliuole, per voler seguire la moda del giorno, divengono un continuo allettamento ed un’efficace provocazione al peccato brutto? Oh! anche se esse non mirano direttamente a scandalizzare gli altri, pure di fatto le fanno. Ah, sì! « L’inferno è in festa! Da dieci anni a questa parte i peccati si sono moltiplicati per cento, per cinquecento a causa della moda maledetta! » (P. Matteo Crawley, nel 1929). E si potrebbe continuare. – C’è chi vorrebbe attribuire tanti disordini all’ignoranza; che — anche da predicatori di vaglia — suolsi chiamare « l’ottavo sacramento »! Oh! io non vado a cozzare contro chi osa sostenere un tal giudizio in proposito. Infatti per chiunque, in qualsiasi modo pecchi, si potrà sempre fare la preghiera di Gesù Crocifisso: « Padre, perdona loro perché non sanno ciò che fanno! » (Luc. XX, 34); poiché il peccato è un tale abisso che nessun mortale riuscirà mai a scrutare nelle sue profondità « I peccati chi li comprende? » (Salmo XVIII, 13). Ma da questo allo scusare per ignoranza chi commette tanti disordini ad occhi aperti (tale è l’impressione che fanno quei predicatori), il passo è — a mio modo di vedere — troppo lungo. Il Signore infatti non iscusa neanche i pagani che vanno contro la legge naturale da Lui impressa nei loro cuori; poiché di essi sta scritto che « li ha accecati la loro malizia », e che perciò « essi sono inescusabili » (Sap. II, 21; Rom. I, 20). E fra noi ci sarà chi osi scusare i Cristiani — Cattolici — romani, e perfin quelli che son vicinissimi alla fonte della verità, i quali in gran numero vanno, non solo contro i precetti della Chiesa e contro la legge divino-positiva, ma perfin contro la stessa legge naturale, pur in ciò che è comandato o proibito direttamente? Eh, via! I peccatori medesimi non hanno il coraggio di scusarsi; poiché ben sanno che per essi le leggi di Dio e della Chiesa vengono — almeno ai nostri giorni e nei nostri paesi — continuamente richiamate nelle nostre chiese; senza contare che ci sono oggi pur tanti altri mezzi, coi quali si può facilmente venir a conoscere ciò che si deve credere e fare per rendere contento il Signore e tranquilla la coscienza. Trattarli quindi sempre con grande carità, compatirli, compiangere la loro misera condizione, oh, sì e tanto! Ma scusarli, no, se non in casi veramente rarissimi di buona o dubbia fede. – Ma allora— dirà taluno — come si può spiegare tanta colluvie di colpe, commesse oggi con tanta facilità e indifferenza? Rispondo col presentare un altro quadro della vita attuale messa in relazione con quella d’una volta. Forse dal confronto di questo quadro con quello che ho già tracciato, sortirà ciò che purtroppo temo e che ritengo più rispondente a verità. Non molti anni addietro nelle nostre famiglie si recitavano in comune le preghiere quotidiane, specialmente quelle della sera. Ora non più. C’è, sì, ancora qualche mamma pia e seria che insegna le orazioni ai propri bimbi; ma tante donne oggi hanno ben altro per la testa, che di pregare! — Una volta quando suonava l’«Angelus» a mezzodì, il capofamiglia si scopriva il capo e — sospeso il lavoro — recitava, anche in mezzo ai campi, il saluto angelico alla Madonna; al quale rispondevano con tono franco e devoto tutti i presenti. Oggi invece quel suono non dice più altro, se non che è venuta l’ora d’andar a mangiare! — Un tempo non lontano, la sera durante tutta la stagione invernale, non mancava mai nelle nostre famiglie la comune devota recita del S. Rosario. Conosco anzi un paese in cui il Rosario era considerato come la colonna di sostegno delle famiglie. Esso veniva intonato e sostenuto dal capo-famiglia, e tutti lo accompagnavano piamente. Oggi invece gli uomini hanno abdicato vergognosamente a tale onore; in qualche famiglia c’è ancora la nonna che vuol sostenerlo. Ma che succede? La seguono le donne e le ragazze. Fra mezzo a queste poche voci si ode il basso mormorio del nonno. E poi? E poi i bambini sonnecchiano o si stuzzicano fra di loro. L’uomo maturo, quello che suda, lavora e mantiene la famiglia, è là seduto, colle gambe accavallate, che continua a leggere, senza scomporsi, il giornale, che scorre e sfoglia l’illustrazione più o meno pornografica. E la gioventù maschile, appena s’accorge dei preparativi del Rosario, esce alla chetichella per andar… dove?… Io non lo so precisamente. So però che una volta la notte, specialmente quella senza luna, era la miglior amica dei ladri e dei sozzoni!… — Ed anche qui si potrebbe continuar a dare ancora di belle pennellate. – Dunque da una parte — I quadro — i peccati sono aumentati a dismisura; e dall’altra — II quadro — si prega poco, si prega male, non si prega. Ora io domando: Che la pensi male chi sospetta fortemente che l’aumento dei peccati si debba attribuire — più che ad altro — alla diminuzione dello spirito di preghiera, che — in fondo in fondo — non è altro che lo spirito di unione con Dio? Infatti, se la vera preghiera ottiene infallibilmente la grazia di evitare i peccati, come ho detto e provato tante volte, questi peccati non possono trovarsi se non in chi non prega o non prega bene. – Non è molto (1939) il Card. Schuster di Milano ebbe a dire: « Il popolo non viene più alla dottrina cristiana (e, soggiungo io, neppure ai sacramenti) perchè la sua vita è pagana ». Ma perchè mai è pagana questa vita del nostro popolo, se non perchè essa non è attivata dalla grazia attuale efficace, che le vien impetrata soltanto dalla fervente preghiera? Se il popolo nostro, quantunque quasi pagano, si mettesse a pregare davvero, Gesù, che è « resurrezione e vita » (Giov. XI, 25), lo farebbe risorgere e rivivere. Invece non prega, e per giunta son pochi coloro che pregano per lui; ed egli continua purtroppo a sprofondarsi sempre più « nelle tenebre e nelle ombre della morte» (Luc. I, 79). — Ed ecco — secondo me — provato un’altra volta che quella che manca è specialmente la preghiera. E fra non molto vedremo anche il grande Donoso Cortes a darmi ragione. – Il male ad ogni modo c’è, ed è assai grande. Ed esso serpeggia distesamente anche fra coloro che, recitando il « Pater noster », vorrebbero aver la pretesa di essere dei genuini figli di Dio! Ma quali figli! quali figli hai mai, o mio Dio! Oh! lasciamolo dire a Lui stesso. « Se sono Padre — Egli domanda — dov’è l’onore che mi si dà? Ah! io li ho nutriti ed esaltati come figliuoli, ed essi mi hanno disprezzato! » (Malach. I, 6; Is. I, 2). Oh, davvero! a più di uno di questi figli di Dio, si potrebbero gettare in faccia queste roventi parole del Crisostomo: « Con qual fronte puoi mirar nascere il sole, senza adorare l’amoroso Signore che te lo manda? Come puoi prendere il cibo, senza ringraziare il buon Dio che ti provvede e t’alimenta? Come puoi metterti a letto la sera, senza benedire il Signore per i tanti benefici da Lui ricevuti durante il giorno?)) Ma gli domandassi almeno perdono della tua ingratitudine e delle mancanze Commesse! Ah! « è cosa orrenda passare anche un giorno solo senza preghiera! » (Tertulliano). – « Cristiano senza orazione, animale senza ragione! » (Filippo Neri). « Chi non prega è morto! » (S. Bonaventura). Ah! — gemeva il Ven. Contardo Ferrini « io non saprei concepire una vita senza preghiera: uno svegliarsi il mattino senza incontrare il sorriso di Dio, un reclinare la sera il capo, ma non sul petto di Cristo. Una tal vita dovrebbe somigliare a notte tenebrosa piena di avvilimento e di sconforto, incapace di resistere alle prove, abbandonata al reprobo senso, ignara delle gioie sante dello spirito. Ah, povera vita! Come si possa durarla in tale stato è per me un mistero! » — Così un professore laico! Ma non è forse questa la tua vita? E ti pare che questa vita sia degna di un Cristiano o anche solo di un uomo? Ah, taci? Ne hai ben donde! Ah, poveri uomini! A quanti di loro il buon Dio potrebbe dire queste meste parole: « Vedere questi uomini che gemono, che stentano, che languiscono! Sapere di avere in mano tutto ciò di cui han bisogno, essere più che disposto a conceder loro ogni cosa; e vederlo da essi rifiutare e vederlo perfin disprezzare, ah! è cosa che mi passa il cuore! — Forse in un non lontano avvenire chi mi legge troverà che realmente Gesù disse queste precise parole ad un’anima privilegiata. Ma ancorché ciò non si verificasse, esse purtroppo riproducono la realtà delle cose. – Non è forse vero che tanti uomini ricercano e quindi stimano solo ciò che può lusingare i loro sensi e interessare la loro vita economica e materiale; mentre invece tutto ciò che riguarda la vita dello spirito non ha per essi alcun senso e quindi nessun valore? Ora questo in gran parte dipende dal fatto che non pregano. Infatti « chi non prega è come una gallina od un tacchino che non possono sollevarsi in aria. Se volano un pochino, tosto ricadono, si avvòltolano nella terra e nel fango, se ne insudiciano, e pare non trovino diletto o gusto in altro » (Curato d’Ars). Proprio così! Non si può adoperare similitudine più appropriata di questa per ritrarre al vivo la misera condizione in cui giace la maggior parte degli uomini dei nostri giorni! Ora, domando io, potrebbero mai essere più sventurati di così? « Ah! io » unisco la mia voce a quella del Ven. Contardo Ferrini, e « supplico il Signore che la preghiera non abbia a morire mai sulle mie labbra: che prima abbia ad uscire il mio spirito, che ammutolirsi così miseramente. Sì, perché il giorno che tacesse la preghiera sulle mie labbra, sarebbe finita in me ogni vita morale, sarebbe finita l’aspirazione al bene, sarebbero finiti i conforti migliori dell’anima mia. Se tacesse la mia preghiera, vorrebbe dire che Dio m’ha abbandonato ». Ma si noti bene: ciò che sarebbe per me individuo, sarà pure per la società, se essa non ritornerà ad unirsi a Dio colla preghiera.

25. — La preghiera e gli uomini grandi.

Tanti deridono e scherniscono coloro che pregano, e così seri convinti di compiere una vera prodezza da superuomini. Uno di questi si permise un giorno in presenza del patriotta Mazzini — che pur non portava addosso neppure traccia della muffa di sacristia — di canzonare un sacerdote che piamente recitava il Breviario, sperando che il celebre genovese approvasse ed assecondasse il suo atto inconsulto e volgare. Ma gl’incolse maluccio; poiché il Mazzini gli fe’ tosto passare l’uzzolo, dicendogli: « Lascia che lodi Iddio. Egli fa certamente un mestiere più nobile del nostro ». Eh, già! tanti che strisciano servilmente dinnanzi ad una persona autorevole nella spesso bella speranza di averne un favore od almeno un sorriso, oppur fanno in modo ridicolo e compassionevole i melensi paraninfi attorno ad una donna corrotta e corruttrice (il motivo è meglio tacerlo!), si stimerebbero poi minorati nel loro prestigio e nella loro dignità di uomini, se fossero sorpresi in atto di umile e confidente supplica dinanzi al Padrone di tutte le cose, Re dell’universo e loro Padre celeste; e ciò senza neppur lontanamente sospettare di perdere, con tal contegno, ogni diritto ad essere più ritenuti per uomini veramente seri e degni di stima. Ma tant’è! Il mondo è fatto così. Invece gli uomini veramente grandi avevano un concetto ben diverso della preghiera; ed a noi riuscirà sempre salutare l’ascoltarli. È e sarà sempre classico quanto in modo piano, ma pure in termini teologici, scrive sulla preghiera il grande Bourdaloue: « Nessuna decisione di fede — ei scrive — è stata mai più autenticata né ricevuta dal mondo cristiano con maggior sommissione e rispetto, che quella nella quale la Chiesa dichiara la necessità della preghiera. Senza la grazia del Redentore io — con qualsiasi capitale di virtù naturali io possa avere e per qualsiasi buon uso mi faccia della ragione e della libertà — sono sempre nell’assoluta impossibilità di pervenire al termine della salvezza. Senza l’aiuto della grazia, non solamente non posso giungere a questo felice termine della salute eterna, ma nè tampoco posso dispormivi, né cominciare a sperarla, nè desiderarla e neppure pensarvi. Senza la grazia non salute: dunque non v’è salute senza la preghiera; perchè all’infuori della prima grazia, tutto parte da essa; ed è di fede che la preghiera è il mezzo efficace ed universale con cui Dio vuole che otteniamo tutte le altre grazie. Ecco la regola da Gesù Cristo prescritta, ecco la chiave dei tesori della misericordia celeste, ecco il divino canale che ci porta i grandi beni di Dio. Dio, il quale nulla ci deve per giustizia, nè può nulla doverci se non per motivo di misericordia o tutt’al più di fedeltà, non si è impegnato con noi per questi stessi titoli di fedeltà e di misericordia, se non dipendentemente dalla condizione della preghiera. Perciò non solamente senza essere ingiusto, ma senza cessare neppure di essere fedele e misericordioso, Egli può non concederci queste grazie, quando noi non lo preghiamo.., e certe grazie così grandi, quali son quelle per la eterna salute, ben meritano almeno la fatica di doverle domandare! » – Dopo ciò ben poteva anche il Lacordaire chiamar la preghiera « la regina del mondo, la più grande leva delle grazie ». Ma qui si dirà: « Sì, tanto il Bourdaloue come il Lacordaire, furono oratori celebri. Ma uno era Vescovo e l’altro religioso; e quindi non potevano parlare diversamente ». Ah, così? Ecco allora un laico, anzi un liberale spagnolo: Donoso Cortes, il quale, per lettera, manifesta ad A. De Blanche questi sentimenti sulla preghiera: « Credo che pel mondo siano più vantaggiosi coloro che pregano, che non quelli che combattono, e che se il mondo va di male in peggio, ciò è perché vi sono più battaglie che preghiere. Se potessimo penetrare nei segreti di Dio e della storia, ritengo che rimarremmo sbalorditi al vedere i prodigiosi effetti della preghiera, anche nelle cose umane. Su tale punto ho un convincimento così profondo che ritengo che se ci fosse un’ora sola in un sol giorno in cui la terra non mandasse al cielo alcuna preghiera, quel giorno e quell’ora sarebbero l’ultimo giorno e l’ultima ora dell’universo ». – Oh! che splendido panegirico della preghiera! Il medesimo concetto della preghiera ebbero pure Victor Hugó e il Klopstok. Questi infatti asserì che « chi prega, lavora più e meglio di tutti »; e il primo disse: « chi è assorto in preghiera non sta ozioso. Le braccia incrociate operano, le mani giunte lavorano, gli occhi rivolti al cielo sono la migliore di tutte le azioni ». — E non erano santi, né uno, né l’altro; ma ben possono far coro col Cortes contro tutti coloro che vorrebbero soppressi gli Ordini religiosi contemplativi e le Suore claustrali, per lo specioso motivo che sono inutili parassiti. Ah! parassiti i Religiosi? Essi sono invece i più efficaci parafulmini stornanti le più aspre vendette che Dio dovrebbe prendersi contro le orrende ed innumerevoli iniquità degli uomini. Ai precedenti può aggiungersi quello che, ai suoi tempi, fa il più celebre medico di re e di principi, il Recamier: « Quando un malato mi dà qualche pensiero — era solito a dire — quando io non so più che pesci pigliare, quando trovo che la medicina non giova più e che la terapeutica riesce inefficace, io ricorro a Colui che può guarire ogni male ». — Ricorreva poi spessissimo al Rosario: « La Vergine — diceva – è sì buona che, tolti casi eccezionali, la preghiera è senz’altro esaudita ». – Anche il nostro Manzoni ci fece capire quant’egli credesse alla potenza della preghiera, quando — nei suoi « Promessi Sposi » — scrisse di Lucia, delittuosamente sequestrata nel castello dell’Innominato, queste parole: « In quel momento si rammentò che poteva almeno pregare, e insieme con quel pensiero le spuntò in cuore come un’improvvisa speranza. Prese di nuovo la sua corona e ricominciò il Rosario; e di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata… S’alzò e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona, alzò il viso e le pupille al cielo, e disse: O Vergine Santissima! Voi a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte mi avete consolata! Voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatto tanti miracoli per i poveri tribolati, aiutatemi! fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, o Madre del Signore! » — Si noti che il Manzoni fa coincidere con questa preghiera — che fu pienamente esaudita — il principio ed il seguito di quella tempestosa agitazione interna — operata dalla grazia attuale — che doveva condurre l’Innominato a tal mutazione del suo animo, da trasformare il tiranno in liberatore di Lucia, ed il feroce e crudele bandito in un grande benefattore dei dintorni. – Oltre ogni dire espressive sono pure le parole che Daniele O’ Connel rivolse a coloro che un anno lo sollecitarono ad abbandonare il suo tradizionale ritiro spirituale, per correre in Parlamento a sostenere la causa dell’oppressa Irlanda. « Rassicuratevi milord, — disse al messo — che pregando e confessando i miei peccati, io difendo qui la nostra causa dinanzi a Dio… L’emancipazione dell’Irlanda non perderà nulla… Lasciate che il Parlamento urli le sue minacce. In ginocchio io non sono meno potente che in piedi col braccio teso per combattere. Mi dò a Gesù Cristo per essere più utile al mio paese ». -‘Il Franklin ancora, nel 1787, mentre i 55 Delegati del Nord-America deliberavano con Washington la costituzione della Confederazione Americana, s’alzò, e — fra l’altre cose che disse – ebbe pure queste grandi parole: « Signori, preghiamo! Ho vissuto molto; e più vado innanzi negli anni, più mi persuado che è Dio che governa gli affari degli uomini ». — Abbiamo dunque qui un protestante, il quale oltreché riconoscere che ogni bene ci vien da Dio, dà pure una solenne lezione a tanti Cattolici che si vergognano di lasciarsi sorprendere in atto di preghiera. – E lasceremo da parte il nostro grande Marconi? Com’egli riconobbe lealmente d’avere scoperta la telegrafia senza fili e la radio coll’aiuto di Dio, così non molto addietro, in un’intervista concessa ad un grande giornale inglese, fece questa franca professione di fede: « Io son fiero di dire che son Cristiano e credente. Io credo nella potenza della preghiera. Io vi credo non solo come fedele Cattolico, ma anche come uomo di scienza ». E così anche il Morse, che inventò il telegrafo comune, francamente attribuì la sua utilissima invenzione al Signore. « Quando mi trovavo arenato nel mio studio — disse — mi mettevo in ginocchio, pregavo, e la luce tornava alla mia mente; sicché quest’invenzione la posso dire di Dio ». — Ah! gli uomini grandi, avevano pur grandi parole! Ora, dopo ciò, perché non accoglieremo noi l’invito che in « Carlambrogio da M. » ci fa il grande storico italiano, Cesare Cantù, incitandoci alla preghiera? Eccolo: « Qualunque sia la vostra condizione, pregate. La preghiera è uno scudo contro le tentazioni, un balsamo che cicatrizza le ferite, una mano invisibile che sostiene il barcollante, un braccio soccorrente a chi è caduto. In essa v’è qualcosa di commovente insieme e di maestoso. La preghiera, o amici, salda la fede, rianima la speranza, mantiene la carità; le tre prime virtù del Cristiano ». Ma ancor più pressante è l’invito che ci fa il principe dell’oratoria italiana, cioè il Segneri: « Io – tuona egli — vorrei dar fiato ad una tromba come quella che si farà sentire in tutto il mondo nel dì del giudizio, e gridar forte a tutti: Pregate, pregate, se volete salvarvi! ». Ah, sì! ascoltiamo questo accorato grido: ci salveremo noi. Ripetiamolo poi a tutte le anime che incontreremo sulla nostra via, e coopereremo alla salvezza loro. Si, ascoltiamo e ripetiamo questo grido!

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (15)

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (4): SANT’AGOSTINO DICE: “LA CHIESA NON APPARIRA’ DURANTE LA GRANDE TRIBOLAZIONE PRIMA DEL RITORNO DI CRISTO”.

Il Dottore della Chiesa parla dei tempi finali…

Sant’Agostino: “La Chiesa non apparirà” durante la Grande Tribolazione prima del ritorno di Cristo

Il Concilio Vaticano insegna che come Cristo “inviò gli Apostoli, che aveva scelto dal mondo per sé, come Egli stesso era stato inviato dal Padre [Gv XX,21], così nella sua Chiesa volle che i Pastori ed i Dottori fossero “fino alla consumazione del mondo” [Mt XXVIII,20]” (Costituzione dogmatica Pastor Æternus, prologo; Denz. 1821).

Dobbiamo allora affermare il vero insegnamento e lasciare al mistero le cose che non possiamo risolvere per il momento. Non si tratta di una scappatoia, ma dell’unico modo di procedere per un’anima che si lasci guidare dalla ragione e dalla fede. Per una mente sana, il mistero è accettabile, soprattutto nelle questioni teologiche avanzate; la contraddizione, invece, no. pertanto facciamo riferimento ad una lettera che il grande Padre della Chiesa e Dottore Sant’Agostino Vescivo d’Ippona (354-430) scrisse ad un Vescovo di nome Esichio. Nel paragrafo 39 di questa lettera, Sant’Agostino parla della profezia di nostro Signore riguardo ai tempi finali, in particolare dei segni che precederanno la sua seconda venuta (cfr. Mt XXIV; Mc XIII; Lc XXI). Una parte di questo discorso divino è di particolare interesse per la visibilità della Chiesa, vale a dire: “E subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà e la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze del cielo si sposteranno” (Mt XXIV,29).

Il santo Dottore commenta come segue: « In ogni caso, penso che questi [sviluppi profetici] siano meglio compresi in relazione alla Chiesa, per evitare che il Signore Gesù, con l’avvicinarsi della sua seconda venuta, sembri aver predetto come di grande importanza [sviluppi] che erano abituati ad accadere a questo mondo già prima della sua prima venuta, e [per evitare] di essere derisi da coloro che hanno letto nella storia delle nazioni cose più numerose e molto più grandi di quelle per le quali noi tremiamo come le ultime e più importanti di tutte. Perché la Chiesa è il sole, la luna e le stelle, di cui è stato detto: “Bella come la luna, luminosa come il sole” (Cantico dei cantici VI,9). In questo mondo il santo Patriarca Giuseppe [=figlio di Giacobbe e di Rachele] è adorato [=venerato] dalla [luna], come in Egitto [quando era stato] innalzato in alto dalla più bassa [condizione]. Infatti, la madre di Giuseppe, morta prima che Giacobbe giungesse dal figlio, non poteva certo adorarlo, affinché fosse preservata la verità del sogno profetico (Genesi XXXVII, 9), che si compirà con Cristo Signore. Infatti, quando “il sole si oscurerà e la luna non darà la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze del cielo si sposteranno”, proprio come questo passo è stato riportato dagli altri due evangelisti (Matteo XXIV:29, Marco XIII:24), la Chiesa non sarà percepibile in quel momento, con gli empi persecutori che imperverseranno oltre misura e con ogni timore messo da parte, come se la fortuna del mondo sorridesse loro con approvazione, mentre si dice: “Pace e sicurezza” [1 Tessalonicesi V:3]. Allora le stelle cadranno dal cielo e le potenze del cielo si commuoveranno, perché molti di quelli che sembravano brillare di grazia cederanno ai persecutori e cadranno, e alcuni dei fedeli più valorosi saranno confusi. Tuttavia, per questo motivo, secondo Matteo e Marco si dice che ciò avverrà dopo la tribolazione di quei giorni, non perché queste cose accadranno dopo che tutta la persecuzione sarà terminata, ma perché la tribolazione verrà prima, affinché segua la defezione [dalla fede] di alcune persone. E poiché avverrà in tal modo attraverso tutti quei giorni, quindi dopo la tribolazione di quei giorni, ma comunque avverrà negli stessi giorni.

    (Sant’Agostino, Epistola CXCIX, par. 39; in Collectio Selecta Ss. Ecclesiæ Patrum, vol. CXLVIII (Parigi: Parent-Desbarres, 1835), pp. 127-128;).

Con grande interesse osserviamo che Sant’Agostino parla di un tempo di defezione dalla Fede quando “la Chiesa non sarà percepibile“, o, alternativamente, quando “la Chiesa non apparirà” (originale latino: Ecclesia non apparebit). Dagli altri scritti di Sant’Agostino sappiamo che, naturalmente, egli non sta dicendo che la Chiesa cesserà di esistere – il che sarebbe contrario alla rivelazione divina (cfr. Mt XVI; XXVIII,20). – Sempre Agostino dice: “Gli increduli pensano che la religione cristiana durerà per un certo periodo nel mondo e poi scomparirà. Ma essa rimarrà finché il sole sorge e tramonta: cioè, finché i secoli dei tempi scorreranno, la Chiesa di Dio – il vero corpo di Cristo sulla terra – non scomparirà” (In Psalm. LXX., n. 8). E in un altro luogo: “La Chiesa vacillerà se il suo fondamento trema; ma come può Cristo essere spostato?… In altre parole, rimanendo Cristo inamovibile, essa (la Chiesa) non sarà mai scossa”. Dove sono coloro che dicono che la Chiesa sia scomparsa dal mondo, quando non può nemmeno essere scossa?” (Enarratio in Psalm. CIII, sermo II., n. 5).

Che cosa intende dunque il Santo Padre della Chiesa quando dice al Vescovo Esichio che la Chiesa “non sarà percepibile“? Evidentemente, intende dire che sarà oscurata, proprio come il sole o la luna sono oscurati durante un’eclissi. Mentre sono eclissati, non si vedono, ma continuano ad esistere con tutte le loro proprietà intrinseche di prima. Che il grande teologo intenda questo è chiaro anche dal contesto, poiché sta commentando le sante parole del nostro Signore che “il sole si oscurerà e la luna non darà la sua luce” (Mt XXIV,29; Mc XIII,24; cfr. Lc XXI,25). Potremmo aggiungere che queste parole sono un’eco di Isaia XIII: 10: “Perché le stelle del cielo ed il loro splendore non mostreranno la loro luce; il sole si oscurerà nel suo sorgere e la luna non brillerà della sua luce”. » – Questa interpretazione delle parole profetiche di nostro Signore da parte di qualcuno che non sia solo un teologo approvato, ma un Dottore ed un Santo canonizzato della Chiesa è incredibilmente consolante per noi in questi tempi difficili e confusi. Conferma ancora una volta che la Chiesa può essere in eclissi, ma non può fallire e non può disertare!

Coloro che abbracciano la setta del Novus Ordo (la falsa chiesa del Vaticano II) sulla base della sua visibilità commettono un errore grottesco. Sebbene abbia una gerarchia ordinata e perfettamente funzionante ed un’autorità didattica (magistero), nessuna di queste caratteristiche ha valore, poiché tale gerarchia non insegna la Fede cattolica. In altre parole, il fine per cui Cristo ha istituito una gerarchia e un’autorità didattica nella sua Chiesa non è stato raggiunto, rendendo la struttura inutile come il sale che ha perso il suo sapore: “Non serve più a nulla se non a essere buttato e calpestato dagli uomini” (Mt V,13).

Come insegnava Papa Pio IX:

    « Il nostro amatissimo Redentore, Cristo Signore, ha voluto, come ben sapete, venerabili fratelli, liberare tutti gli uomini dalla prigionia del diavolo, liberarli dal giogo del peccato, chiamarli dalle tenebre alla sua meravigliosa luce ed essere la loro salvezza. Quando ha cancellato la scrittura del decreto contro di noi, fissandola sulla croce, ha formato e stabilito la Chiesa Cattolica, conquistata con il suo sangue, come l’unica “Chiesa del Dio vivente”, l’unico “regno dei cieli”, “la città posta su un colle”, “un solo gregge” ed “un solo corpo” saldo e vivo con “un solo Spirito”, una sola fede, una sola speranza, un solo amore uniti e saldamente tenuti insieme dagli stessi vincoli di sacramenti, religione e dottrina. Inoltre, ha dotato la sua Chiesa di guide che ha scelto e chiamato. Inoltre, ha decretato che la Chiesa durerà quanto il mondo, abbraccerà tutti i popoli e le nazioni del mondo intero e che chiunque accetti la sua religione e la sua grazia divina e perseveri fino alla fine otterrà la gloria della salvezza eterna. – Per conservare per sempre nella sua Chiesa l’unità e la dottrina di questa fede, Cristo ha scelto uno dei suoi Apostoli, Pietro, che ha nominato Principe dei suoi Apostoli, suo Vicario in terra, fondamento e capo inespugnabile della sua Chiesa. Superando tutti gli altri con ogni dignità di straordinaria autorità, potere e giurisdizione, egli doveva pascere il gregge del Signore, rafforzare i suoi fratelli, governare la Chiesa universale. Cristo non solo ha voluto che la sua Chiesa rimanesse una ed immacolata fino alla fine del mondo, e che la sua unità nella fede, nella dottrina e nella forma di governo rimanesse inviolata, ma Egli ha anche voluto che la pienezza della dignità, del potere e della giurisdizione, l’integrità e la stabilità delle fede date a Pietro fossero trasmesse nella loro interezza ai Romani Pontefici, i successori di questo stesso Pietro, che sono stati posti su questa Cattedra di Pietro a Roma, e ai quali è stata divinamente affidata la suprema cura dell’intero gregge del Signore ed il supremo governo della Chiesa universale. » (Papa Pio IX, Enciclica Amantissimus, nn. 1-2).

     Qui il Papa espone chiaramente lo scopo per cui Cristo abbia istituito la Chiesa visibile. È un’assurdità, quindi, abbracciare la Chiesa del Vaticano II sulla base del fatto che la Chiesa debba essere visibile. Un’organizzazione visibile che non insegni la vera Fede, non amministri i veri Sacramenti, non offra a Dio il vero culto e non governi divinamente il suo gregge, non è la Chiesa Cattolica fondata da Cristo, similmente alle combriccole dei riformati e degli scismatici orientali. – Purtroppo, alcune persone trovano il mistero così insopportabile che preferiscono abbracciare una risposta palesemente sbagliata piuttosto che nessuna risposta. Certo, attribuire un enigma al mistero della Chiesa eclissata e del Papa impedito, per il momento non è terribilmente soddisfacente dal punto di vista della pratica religiosa. Tuttavia, è infinitamente più accettabile (anche secondo le sentenze dottrinali e teologiche) che identificare una chiesa contraffatta chiaramente apostata – la setta del Vaticano II – come la Chiesa Cattolica visibile e vera, rifiutando al contempo i suoi insegnamenti proprio perché non “conserva per sempre… l’unità e la dottrina di questa fede”.

        Per quanto materialmente visibile, la Chiesa del Novus Ordo, attualmente guidata – come già dal 1958 – da un antipapa usurpante, non è visibile come Chiesa fondata da Gesù Cristo, la Chiesa Cattolica romana, che “non scende a patti con l’errore, ma rimane fedele agli ordini che ha ricevuto di portare la dottrina di Gesù Cristo fino agli estremi confini del mondo e fino alla fine dei tempi e di proteggerla nella sua inviolabile integrità” (Papa Leone XIII, Lettera apostolica Annum Ingressi).

Quindi, anche da questa retta interpretazione della Scrittura formulata dal Vescovo di Ippona, possiamo dedurre facilmente che la Chiesa sia eclissata, non eretica o apostatica o che diffonda l’errore, come molti avversari e scismatici pseudo-tradizionalisti blaterano attualmente. Oltre a quello della Beata Vergine a La Salette, abbiamo tutta una lunga serie di profezie – in primis quelle di Cristo e del suo Apostolo amato Giovanni – che ci convincono che la situazione attuale sia tale, e di conseguenza, poiché la Chiesa non può esistere senza un Papa canonicamente eletto e “vero” successore del Principe degli Apostoli S. Pietro, ognuno può comprendere che anche il Papa sia “eclissato”, cioè impedito nelle sue funzioni materiali, occultato dai servi del “nemico infernale” ed apparentemente inesistente, cosa assolutamente impossibile se non si voglia negare temerariamente la veridicità delle promesse del divin Redentore. Anche i fatti storicamente avvenuti e sempre più confermati dagli eventi, ci fanno luce sui “misteri” del Conclave del 26 ottobre del 1958 e sull’elezione successiva del 3 maggio del 1991. Ancora una volta siamo costretti a chiudere con una certezza assoluta… Ubi Papa, ibi Ecclesia. No Papa, no Ecclesia!

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (5): FULTON J. SHEEN “satana E LA CONTROCHIESA”  

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XXII)

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XXI)

CATECHISMO POPOLARE O CATTOLICO SCRITTO SECONDO LE REGOLE DELLA PEDAGOGIA PER LE ESIGENZE DELL’ETÀ MODERNA

DI

FRANCESCO SPIRAGO

Professore presso il Seminario Imperiale e Reale di Praga.

Trad. fatta sulla quinta edizione tedesca da Don. Pio FRANCH Sacerdote trentino.

Trento, Tip. Del Comitato diocesano.

N. H. Trento, 24 ott. 1909, B. Bazzoli, cens. Eccl.

Imprimatur Trento 22 ott. 1909, Fr. Oberauzer Vic. G.le.

SECONDA PARTE DEL CATECHISMO:

MORALE (12).

VI COMAMDAMENTO DI DIO.

1. Il 6° CCOMANDAMENO DI DIO PROIBISCE QUALSIASI COSA CHE POSSA DANNEGGIARE LA NOSTRA INNOCENZA O QUELLA DEL NOSTRO PROSSIMO.

È saggio non parlare in modo troppo esplicito dei peccati contrari a questo Comandamento (S. Liguori), perché già feriamo la castità nominando l’impurità. (S. Fr. di S.). S. Paolo aveva già detto: “Che non si senta parlare di alcuna impurità in mezzo a voi, come si conviene ai santi”(Efesini V, 3). Tuttavia, la Scrittura ci mette in guardia spesso e con urgenza da questo vizio, né la Chiesa può venir meno a questo dovere, perché il vizio dell’impurità danneggia il maggior numero di anime, e sono poche le anime all’inferno che ne sono state esenti. (S. Lig.).

Dio proibisce in particolare:

1. Pensieri e desideri contrari alla purezza.

I pensieri impuri sono proibiti perché portano ad azioni malvagie, come la scintilla che accende un grande fuoco. Bisogna spegnere il fuoco dell’impurità impurità sul campo, altrimenti è come una scintilla che cade sulla paglia e provoca un fuoco impossibile da spegnere (S. Greg. M.). L’impurità è come un serpente la cui testa deve essere schiacciata subito per non dargli il tempo di di lanciare il suo veleno (S. Gir.). Il modo migliore per difenderci da questi pensieri è la preghiera; finché ci dispiacciono, questi pensieri non ci rendono colpevoli, ma pecchiamo non appena ci soffermiamo su di essi con piacere, perché i pensieri cattivi sono un abominio davanti a Dio. (Prov. XV, 26). Dobbiamo fuggire i pensieri cattivi come un assassino, perché essi danno morte all’anima. A volte sorgono in noi desideri malvagi, cioè la volontà di commettere peccato. Un desiderio malvagio è come la radice da cui proviene un’azione malvagia: esso deve essere represso immediatamente. Non appena abbiamo acconsentito, c’è un atto della volontà, ed in questo caso il cattivo desiderio è, secondo la parola di Cristo, colpevole come l’atto stesso (S. Matth. V, 8).

2. Parole che offendono l’innocenza.

Chi dice cose indecenti ha la coscienza sporca; è impossibile trovare al mondo un uomo immorale nel linguaggio e puro nella morale.(Sidone Apollinare). Si finisce per fare ciò che si prova piacere a sentire (S. Bern.). Chi si diletta a parlare in modo vergognoso non è lontano dal comportarsi in modo vergognoso (S. Gir.). “Parla sempre in modo tale – disse San Luigi al figlio sul letto di morte – che se tutto il mondo lo venisse a sapere, tu non te ne dovresti vergognare”. – La lingua è solo un piccolo organo (Giacomo III, 5) ma essa può fare un grande male. Molti sono morti per il filo della spada, ma non altrettanti per la propria lingua. (Ecclesiastico XXVIII,22).

3. Azioni che feriscono l’innocenza.

Esse portano nomi diversi a seconda del loro grado di opposizione alle leggi di natura o a seconda che le persone che le commettono siano celibi, sposate, consacrate a Dio o parenti.

4. Sguardi sfacciati e troppo curiosi.

Dio ci proibisce la curiosità degli occhi per allontanarci dal peccato, come un padre proibisce al proprio figlio di toccare un coltello. Il piacere degli occhi si impadronisce presto del cuore stesso (S. Aug.), per cui chi guarda imprudentemente attraverso le finestre del corpo, cade quasi necessariamente in desideri peccaminosi (S. Greg. M.). La curiosità degli occhi accende il fuoco della concupiscenza come un incendio. (Eccli. IX, 9.) Chi lascia vagare lo sguardo assomiglia ad un cocchiere che trascura di tenere d’occhio i suoi cavalli, questi finiranno per trascinarlo nell’abisso (S. G. Cris.), o ad una fortezza le cui porte non sorvegliate cadono facilmente in potere dei nemici. Davide non avrebbe dovuto versare tante lacrime se avesse tenuto gli occhi aperti. (Santa Chiara da Montefalco). Quando siete per le strade, non guardate tutto ciò che vedete. (Eccli. IX, 7.) La curiosità causò la perdita della moglie di Lot.

5. Guardare immagini indecenti, assistere a spettacoli teatrali di cattivo gusto, la lettura di libri o giornali immorali.

Le immagini e gli spettacoli indecenti sono ancora più pericolosi delle cattive parole, perché ciò che si vede ha un’influenza maggiore sull’anima di ciò che si sente. Soprattutto, evitate la lettura di romanzi; sono tanto più malvagi in quanto suscitano le passioni in forme pulite e seducenti. Proibite con severità ai vostri figli, diceva S. Alfonso, di leggere romanzi; essi fanno spesso più male dei libri apertamente disonesti, perché, perché lasciano nel cuore degli adolescenti delle impressioni che li portano al peccato. Lo stesso Jean-Jacques Rousseau, il libero pensatore, diceva: “Una ragazza pura non ha mai letto romanzi “.

6. Abbigliamento indecente o eccessivamente lussuoso.

Le persone che si vestono in modo indecente sono strumenti di satana, che si serve di loro per perdere le anime (S. Bern.). La vanità ed il lusso nel vestire aumentano notevolmente il potere del diavolo. Quando ci si veste con l’intenzione di attirare gli sguardi non si può più pretendere di essere casti e modesti nell’anima. (S. Fil. de N.). Il desiderio di piacere non viene da un cuore innocente; è solo una trappola per attirare il prossimo nel vizio. (Tert.). Le ragazze e le donne di dubbia moralità sono le uniche che si permettono di abbagliare il pubblico con una cura appariscente. San Cipriano diceva che per coloro per i quali i vestiti sono tutto, la morale non è nulla. “Che le donne siano vestite come richiede l’onestà: che si vestano con modestia e carità, e non con capelli ricci, né con ornamenti d’oro, né con perle, né con abiti sontuosi, ma rivestite con opere buone ” (I Tim. Il, 9).

2. I PECCATI CONTRO IL 6° COMANDAMENTO SONO PER LO PIÙ MORTALI E SOGGETTI A PUNIZIONI DIVINE MOLTO SEVERE.

Basti pensare al diluvio, a Sodoma e Gomorra; inoltre, ne parleremo ancora nel capitolo sui peccati capitali. Collocando questo comandamento tra il 5° e 7°, Dio ci ha mostrato che i peccati della carne sono colpevoli quanto l’omicidio ed il furto. – Oggi, al contrario, si scrivono libri e si recitano opere teatrali in cui il vizio viene rappresentato a tinte seducenti come un’inclinazione legittima.

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XXIII)

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (3) “COSA RENDERA’ L’ANTICRISTO COSI’ INGANNEVOLE”

L’avvertimento di p. Frederick Faber…

Cosa renderà l’Anticristo così ingannevole?

Padre Frederick W. Faber (1814-1863) metteva in guardia il suo gregge.

Anche se la persona dell’Anticristo forse non è ancora presente nel nostro mondo, è chiaro che il mistero dell’iniquità che culminerà con il suo arrivo è all’opera fin dalla caduta di Lucifero e non è mai stato così attivo come ai nostri giorni. – Nella sua Seconda Lettera ai Tessalonicesi, l’Apostolo Paolo avverte: “Perché il mistero dell’iniquità è già all’opera; solo che chi ora tiene, tenga duro, finché non sia tolto di mezzo” (2Ts II,7). Sebbene questa interpretazione non sia richiesta dalla dottrina cattolica, secondo la ricerca condotta sui Padri della Chiesa e sui teologi successivi dal cardinale Henry Edward Manning, “colui che ora tiene” e che sarà “tolto di mezzo” verso la fine dei tempi non è altro che il Papa – non un Papa in particolare, ma il Papa in quanto tale. – In altre parole, il movimento dell’Anticristo è tenuto a bada per un tempo determinato dalla forza di contenimento del Papato, proprio come il nostro Santissimo Signore era intoccabile ed invincibile finché non decise di essere sopraffatto per un breve periodo dai suoi nemici come condizione della sua vittoria finale: “Perciò il Padre mi ama, perché Io depongo la mia vita per riprenderla. Nessuno me la toglie, ma Io la depongo da me stesso, e ho il potere di deporla, ed ho il potere di riprenderla. Questo comandamento l’ho ricevuto dal Padre mio” (Gv X,17-18; cfr. Gv VII,30). – La Santa Madre Chiesa, imitando in tutto il suo Divino Signore, deve passare attraverso la sua Passione Mistica: “Fin dall’inizio si deve notare che la società istituita dal Redentore del genere umano assomigli al suo divino Fondatore che fu perseguitato, calunniato e torturato proprio da quegli uomini che si era impegnato a salvare” (Papa Pio XII, Enciclica Mystici Corporis, n. 3). – Come Gesù Cristo è stato perseguitato fin dall’inizio (cfr. Mt II,13), così il suo Vicario è sempre stato oggetto dell’odio del diavolo, soprattutto da quando sono nate le sette massoniche e le società segrete anticattoliche, sulle cui trame contro la Chiesa i Papi hanno messo in guardia incessantemente. È quasi logico, quindi, che prima che la Chiesa possa entrare nel suo glorioso trionfo, anche il suo capo visibile, il Vicario di Cristo, debba subire la sua apparente sconfitta. Ma, come per colui che rappresenta, ciò avverrà solo al momento stabilito e solo perché Dio lo vuole.

Per questo Papa Pio IX poteva dichiarare:

    Ora voi sapete bene che i più micidiali nemici della Religione Cattolica hanno sempre mosso una guerra feroce, ma senza successo, contro questa Cattedra; essi non ignorano affatto che la Religione stessa non potrà mai vacillare e cadere finché questa Cattedra rimarrà intatta, la Cattedra che poggia sulla roccia che le orgogliose porte dell’inferno non possono abbattere e nella quale c’è l’intera e perfetta solidità della Religione cristiana”.

    (Papa Pio IX, Enciclica Inter Multiplices, n. 7)

Si noti bene che in questa Passione Mistica della Chiesa, il Papa è la vittima della persecuzione e non il suo principale esecutore, come vorrebbero far credere gli apologeti della falsa opposizione.

Il 19 maggio 1861, padre Frederick Faber dell’Oratorio di San Filippo Neri, un convertito dall’anglicanesimo, predicò un sermone sulla Santa Madre Chiesa per la festa di Pentecoste. In esso ha parlato degli inganni che accompagneranno l’Anticristo e le sue opere malvagie, che saranno così grandi da ingannare, se possibile, anche gli eletti (cfr. Mt XXIV, 24). P. Faber ha spiegato cosa renderà l’inganno infernale così potente e convincente:

    Dobbiamo quindi guardarci dai pericoli che vengono dall’interno. Dobbiamo stare in guardia anche contro i libri, i periodici, le riviste e gli opuscoli cattolici, per quanto speciosi possano essere. Il nostro Santissimo Redentore ha detto dei falsi profeti degli ultimi giorni (S. Matteo XXIV, 24) che avrebbero dovuto “ingannare, se possibile, anche gli eletti”. Ora, dobbiamo ricordare che se tutti gli uomini palesemente buoni fossero da una parte e tutti gli uomini palesemente cattivi dall’altra, non ci sarebbe pericolo che nessuno, tanto meno gli eletti, venga ingannato da prodigi bugiardi. Sono gli uomini buoni, buoni una volta, speriamo ancora buoni, a compiere l’opera dell’Anticristo ed a crocifiggere di nuovo il Signore che solo amano. Tenete presente questa caratteristica degli ultimi giorni, che il loro inganno deriva dal fatto che gli uomini buoni sono dalla parte sbagliata.

    (Rev. Frederick William Faber, Devotion to the Church, 2a ed. [Londra: Richardson and Son, 1861], p. 27.).

Questa è una lezione preziosa e salutare: vedremo “brave persone” – persone che amano veramente Dio e intendono lavorare per la sua gloria, persone che possibilmente sono nello stato di grazia santificante – fare inconsapevolmente, ma non per questo meno realmente, l’opera dell’Anticristo. In un modo o nell’altro, le loro parole e le loro azioni serviranno ad attaccare il Regno di Dio sulla terra ed a contribuire alla rovina delle anime. Nonostante le loro più nobili intenzioni, ciò che fanno contribuirà oggettivamente a realizzare il regno tirannico dell’Anticristo e tutta la sua distruzione spirituale. – Questo concetto non è nuovo. Lo abbiamo visto quando la Chiesa stava appena nascendo: “… Ma voi avete ucciso l’autore della vita, che Dio ha risuscitato dai morti e di cui noi siamo testimoni. E ora, fratelli, so che l’avete fatto per ignoranza, come anche i vostri capi” (At III: 15,17; cfr. Lc XXIII: 34; Gv XVI: 2).

La lezione da imparare qui è che non dobbiamo attaccarci agli esseri umani, per quanto possiamo pensare di loro, perché possono fallire (e molti falliranno). In altre parole, non ci saranno scuse per rifiutare di abbandonare i propri errori teologici sulla base del fatto che qualche cardinale, vescovo, sacerdote o laico del Novus Ordo li sostenga e che sia “un uomo così santo e pio”. La Sacra Scrittura consiglia a ragione: “È bene confidare nel Signore, piuttosto che confidare nei principi” (Sal CXVII, 9); “Non confidare nei principi” (Sal CXLV, 2). Il Papa sarebbe l’unico a cui un Cattolico potrebbe sempre affidarsi con sicurezza, poiché possiede le garanzie e le promesse divine; ma naturalmente il suo impedimento è proprio la causa dell’attuale oscurità. – Spesso si cerca di mettere da parte tutti i fatti noti dell’attuale incubo ecclesiastico e si dice che Dio “non avrebbe mai permesso che accadesse: che fossimo senza un vero Papa operante per decenni e che tanti fossero così ingannati”. Eppure Egli ci ha detto che lo avrebbe fatto e perché: “E in tutte le seduzioni dell’iniquità a quelli che periscono, perché non hanno ricevuto l’amore della verità per essere salvati. Perciò Dio manderà loro l’operazione dell’errore, perché credano alla menzogna, affinché siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità” (2 Tess. II: 10-11). L’espressione “operazione dell’errore” potrebbe descrivere qualcosa di più appropriato della setta del Vaticano II?

Quando Simon Pietro, poco prima di diventare il primo Papa, protestò in modo analogo affinché Dio non permettesse che qualcosa di male accadesse al suo Signore e Maestro ( questo non accadrà mai!) , Cristo lo rimproverò bruscamente: “Vattene, satana, sei per me uno scandalo, perché non conosci le cose di Dio, ma quelle degli uomini” (Mt XVI, 23). Quando si tratta di Dio e della rivelazione divina, abbiamo sempre a che fare con il mistero. Che si tratti del funzionamento interno della Santissima Trinità, della creazione di tutte le cose dal nulla, della separazione miracolosa del Mar Rosso, dell’Incarnazione e dell’Unione Ipostatica di Dio Figlio, della Maternità divina della Beata Vergine Maria, della Trasfigurazione, della Transustanziazione, del Sacrificio redentore di Cristo sulla Croce, della Sua santa Ascensione, della nascita e della diffusione del Suo Corpo Mistico, la Chiesa, della conversione di San Paolo, abbiamo sempre a che fare con un incredibile mistero. Perché dovrebbe essere diverso per l’arrivo del profetizzato Anticristo, i tempi finali e la consumazione del mondo?

    Il Papa e l’Anticristo: La grande apostasia annunciata: Dio ci aveva detto in anticipo in quale situazione ci saremmo trovati. Mentre soffriamo pazientemente l’ora più buia della Chiesa in questo momento, non dimentichiamo mai che questa eclissi del Papato non è altro che il pegno divino della sua futura restaurazione.

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (4): SANT’AGOSTINO DICE: “LA CHIESA NON APPARIRA’ DURANTE LA GRANDE TRIBOLAZIONE PRIMA DEL RITORNO DI CRISTO”.

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (13)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (13)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (13)

OSSIA IL MEZZO PIU’ INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

22. Preghiera e apostolato.

Quanto scrivo qui potrà forse esser utile ai Sacerdoti e Missionari, quantunque essi abbiano altri sussidi migliori di questo nella loro opera di apostolato. Almeno in parte potrà giovare pure a quanti si dedicano in modo particolare all’Azione, Cattolica, ed anche ai genitori ed agli educatori cristiani che intendono riuscire con profitto nella cristiana formazione della gioventù. Abbiamo già udito (cap. 14) ciò che scrive Mons. Olgiati in una delle sue belle conferenze che corrono per le mani di tutti. Qui riporto il tratto per disteso. « Siccome l’Azione Cattolica — ei scrive — ha finalità eminentemente spirituali, non può avere la sua base se non in Dio e nella preghiera. Spesso si lavora molto e si prega poco o niente; ed in tal modo si costruisce la casa sulla sabbia. L’Azione Cattolica senza preghiera, mancherebbe appunto di sostegno ». E al lume della fede egli ha perfettamente ragione. Infatti « se il Signore non edifica Lui stesso la casa, invano s’affaticano coloro che lavorano per edificarla; e se il Signore non fa buona guardia alla città, indarno vigila chi la custodisce » (Salmo CXXVI, 1). – Eppure non pochi, specialmente tra i giovani, hanno la tendenza a fare e predicare molto; ma poi si ricordano poco della preghiera. Essi dicono: « Brevis oratio penetrat eoelum: quella che penetra il cielo è la preghiera breve ». In pratica poi avviene che anche quella brevissima formola di preghiera che si dice, si recita male; cioè — tutti preoccupati, come si è, di quanto si deve dire o fare — si recita senza attenzione, senza cuore e senza riverenza. E così, quantunque Apollo abbia piantato e Paolo inaffiato abbondantemente, non si riscontra poi quell’incremento che ci si riprometteva. – Altri poi interpretano erroneamente l’infelice frase « il lavoro è preghiera »; e trascurano la preghiera vera, che è « domanda di cose convenienti da Dio» (S. Tommaso d’Aquino) (« Il grande teol. Suarez, dopo aver detto che l’espressione « il lavoro è preghiera » è molto impropria e che, a suo parere, non ha fondamento nelle S. Scritture, sconsiglia d’usarla » – « Vivere in Cristo »,pag. 132). E così la grazia di Dio, non invocata colla fervente preghiera, non discende sulle loro fatiche apostoliche. E la colpa, che in gran parte è proprio loro, vien invece non di rado fatta piombare – provocando ulteriori guai — sull’ambiente o sul popolo che vien qualificato per… zotico, refrattario e — talvolta — peggio ancora! E qui riporto la voce di uno che oggi è molto quotato a questo proposito: il P. Corti S. J. Ecco com’egli si esprime: « Qualcuno dice: Abbreviamo la preghiera per dare maggior tempo all’istruzione, alla spiegazione ed allo studio della dottrina cristiana. Ma questo è un errore grave e fatale. A chi parla a questo modo risponde S. Alfonso, Dottore della Chiesa, grande Missionario, grande Vescovo e non meno grande Catechista: Le prediche, le meditazioni, e quindi anche i catechismi e tutti gli altri mezzi non servono a vivere in grazia di Dio a chi non prega » (In « Rivista del Clero Italiano » Agosto 1938). – E pur troppo per quanti non pregano, o pregano poco, o non promuovono la preghiera, si avvera quanto si legge in « Vivere in Cristo ».(pag. 139). « Qualche volta — scrive quell’autore — noi vediamo apostoli che non si sono risparmiati in nulla. Hanno incontrato spese fino a ricoprirsi di debiti; hanno studiato fino ad esaurirsi; hanno lavorato fino a consumare la salute e fors’anche ad abbreviarsi la vita. Eppure devono confessare con gli Apostoli: « O Maestro, dopo aver lavorato tutta la notte, non abbiamo preso niente! » (Luc. V, 5). Quale fu la causa? Forse sovente ci si dimentica dell’assoluta necessità della grazia attuale per aver successi nell’apostolato ». — Si osservi però che in quel libro stesso, poche pagine addietro, è detto che solo colla preghiera si può assicurarsi in modo infallibile la grazia efficace. Questo però non dovrebbe recar stupore, né sembrar strano ad alcuno di noi che apparteniamo alla sequela di Cristo. Non disse forse il Divin Maestro che senza di Lui non possiamo far nulla? (Giov. XV, 5). Tutti i Santi, ed in modo particolare i grandi apostoli « S. Francesco di Sales, S. Vincenzo de’ Paoli, S. Francesco Saverio, S. Alfonso de’ Liguori… intendevano che senza la preghiera l’uomo apostolico è un soldato senz’armi; capivano che essendo Dio il Padrone dei cuori, si promuove la conversione dei peccatori più col patrocinarne la causa presso il Signore, che con qualsiasi altro mezzo » (Ramière). – « Dieci Carmelitane che pregano — diceva un Vescovo della Cocincina, citato dal P. Chautard – mi daranno più aiuto che venti missionari che predicano ». Del resto giova vedere la cosa un po’ più in concreto. Prendiamo gli ubriaconi e i lussuriosi. Che serve dir loro che fanno male a vivere così? Essi stessi son convinti, convintissimi a proprie spese (e che spese!) che la loro vita è un disastro continuato per sè, per la famiglia, pel loro paese. Eppure, quanti di essi si convertono davvero e mutano stabilmente in bene la loro vergognosa vitaccia? Se essi non hanno una grazia attuale specialissima, son perduti per sempre. Ora questa grazia onnipotente, questa grande misericordia può essere loro impetrata solo dalle preghiere assidue e ferventi. Dalle preghiere loro? Macché! Essi non pregano! Dunque solo dalle assidue e ferventi preghiere dei buoni. – Sono queste le preghiere che hanno più valore impetrativo di tutte le altre. È ben vero che « a Dio piacque di salvare i credenti (e anche i non credenti) per mezzo della stoltezza della predicazione » (I Cor. 1, 21) e che quindi non si deve tralasciare il « predica la parola, insisti a tempo e fuori tempo; riprendi, supplica, esorta con ogni pazienza e dottrina » (II Tim. 4, 2). Anzi è proprio questo l’ufficio specifico dell’uomo apostolico. Tuttavia, se « la predicazione è il canale che distribuisce le grazie », è pur vero che « la preghiera è la sorgente delle grazie » (S. Francesco d’Assisi); e se la sorgente non butta, il canale resta senza l’acqua delle grazie. Ricordiamoci bene che « tutta la fiducia che non è basata sulla preghiera, è vana » (Meschler), e che quindi « la società sarà rigenerata solo dal santo che prega » (Toniolo). Si. proprio « la preghiera è il rimedio universale ed efficace pei mali della società » (Ramière). – Eh, sì! « la vita dell’anima è la grazia, e il mezzo onnipotente per far discendere la grazia nelle anime, è la preghiera ». Perciò « mediante la preghiera l’uomo… in favore dei suoi fratelli esercita un apostolato utile e fecondo di frutti eccellenti » (Ramière). E si noti che « la preghiera offerta per la salvezza del prossimo non ha minore efficacia di quella che offriamo per la nostra stessa salvezza » (Ramière). Infatti « Dio guarisce sempre l’anima che prega e per cui prega » (S. Lorenzo Giustiniani). Perciò « è in nostra facoltà di ottenere ai nostri fratelli, come a noi, le grazie attuali più poderose. Noi abbiamo per far questo, un mezzo facile, efficace, infallibile: la preghiera » (Ramière). E « se anche qualche volta le preghiere che facciamo per la salvezza del prossimo mancano di efficacia, ciò non avviene perché esse non ottengano da Dio le grazie che gli chiediamo, ma solo perché il peccatore si ostina a respingere le grazie. Siccome però non ci è dato conoscere le interne disposizioni delle anime, non v’è sulla terra un solo peccatore ostinato, per il quale non possiamo e non dobbiamo pregare » (Ramière), sull’esempio di S. Monica per S. Agostino, suo figlio. In ogni caso ci resterà sempre il merito e — a suo tempo — il premio per le nostre supplici preghiere in favore dei peccatori. – Ben altre cose vorrei soggiungere su questo argomento di grande attualità; ma ogni cosa, per quanto bella ed interessante, vuol avere un buon termine. – Raccomando però vivamente che dall’apostolato (Comunque e da chiunque sia fatto) non si disgiunga mai la preghiera ben fatta. Perciò quanti hanno l’incarico di lavorare nell’Azione cattolica, o in qualche Confraternita od Associazione religiosa, preghino e facciano pregare molto; gli educatori e i genitori si raccomandino sempre al Signore, supplicandolo a rendere efficace e duratura la loro azione educativa e formatrice in favore della gioventù affidata alla loro tutela e responsabilità; e « chi è confessore o predicatore non lasci mai (di pregare e) di esortar a pregare, se vuol vedere salvate le anime » (S. Alfonso). È questa la via più sicura per ottenere salutari e durevoli successi nell’opera sublime dell’apostolato intrapresa da Gesù e da Lui trasmessa ai suoi discepoli ed ai loro successori.

23. – Chi prega certamente si salva.

Il seguente paragone, che porta il Melher, fa un po’ riflettere. « Un uomo — ci scrive — che passa la maggior parte della sua vita in terra ferma e solo raramente e per breve tempo va in mare, può sperar di morire in terra ferma. Un marinaio invece che vive sempre sul mare e solo di tanto in tanto e per breve tempo mette piede a terra, deve aspettarsi di trovare la sua tomba negli abissi del mare. Così chi vive abitualmente in grazia di Dio e, se gli accade di commettere qualche peccato, tosto se ne pente e si confessa, può sperare di morire in grazia di Dio e di andare in Paradiso. Chi, al contrario, passa la vita, si può dire, abitualmente in peccato mortale, e solo raramente si concilia con Dio, e poi tosto ricade nelle sue solite colpe, deve seriamente temere che la morte lo colga in peccato mortale e lo precipiti nell’inferno ». – Ora — chiedo io — che si deve pensare di tanti Cristiani dei nostri giorni, i quali abitualmente trascurano la Messa festiva, non osservano quasi mai le leggi dell’astinenza e del digiuno, bestemmiano ad ogni piè sospinto, si ubriacano facilmente, fanno raramente la Pasqua, non intervengono quasi mai al Catechismo, parlano sporco, commettono sozzure innominabili, insidiano le donne, si lasciano facilmente sopraffare dall’ira: conducono insomma una vita che è in pieno contrasto coi comandamenti di Dio? Si può sperare che, ciononostante, essi riescano a salvarsi e ad andare in Paradiso? Rispondo: Se essi si metteranno senz’altro con tutta serietà a pregare di vero cuore e perseverano in tale pratica ogni giorno fino alla loro morte, la preghiera impetrerà loro infallibilmente da Dio tali grazie, che li strapperanno dalla loro miseranda condizione di peccatori e li condurranno a certa salvezza. Lo dice chiaramente S. Alfonso de’ Liguori. « Chi prega — egli scrive — ottiene le grazie e si salva ». Ma « se vogliamo salvarci bisogna pregare, pregando con umiltà e con confidenza, e soprattutto con perseveranza ». Vediamo però le cose un po’ più in particolare. – « La preghiera – egli scrive ancora — è un mezzo senza di cui non possiamo ottenere gli aiuti necessari per salvarci ». Ed altrove: « Specialmente la perseveranza finale (cioè il poterci conservare in grazia di Dio fino alla morte) è una grazia che non si ottiene senza una continua preghiera ». E porta questa ragione: « Siccome il Signore ha stabilito che noi fossimo provveduti di pane col seminare il grano, e di vino col coltivare le viti, così ha voluto che riceviamo le grazie necessarie alla salute (eterna) per mezzo della preghiera ». Però — egli dice — « non basta pregare per salvarci: bisogna che preghiamo sempre, finché arriviamo a ricevere la corona che Dio promette, ma promette soltanto a coloro che son costanti a pregarlo sino alla fine. Le preghiere particolari otterranno bensì le particolari grazie che a Dio si chiederanno; ma se non sono perseveranti, non otterranno la final perseveranza, la quale, perché contiene il cumolo di molte grazie insieme, richiede moltiplicate preghiere, e certamente fino alla morte ». Ma « se noi, trascurando di pregare, spezziamo la catena delle nostre preghiere, si spezzerà ancora la catena delle grazie che ci hanno da ottenere la salute; e non ci salveremo… Sicché per ottenere la perseveranza, bisogna che sempre ci raccomandiamo a Dio: la mattina, la sera, nella Meditazione, nella Messa, nella Comunione, e sempre, specialmente in tempo di tentazioni; con dire allora e replicare: Signore, aiutami; tiemmi le mani sopra; non mi abbandonare; abbi pietà di me! ». Insomma se vogliamo salvarci « bisogna che non lasciamo mai di pregare; bisogna che continuamente facciamo, per così dire, violenza a Dio, affinché ci soccorra sempre ».

Dello stesso parere è anche il sommo dei teologi, S. Tommaso d’Aquino. « Dopo il Battesimo — ei scrive — è necessaria all’uomo una continua preghiera per potersi salvare ». – Il Lessici pure, che fu un insigne teologo e moralista belga che visse nel secolo XVII, afferma la stessa cosa: « Non si può negare, senza errare nella fede, che la preghiera agli adulti sia necessaria per salvarsi; poiché consta evidentemente dalle Scritture che la preghiera è l’unico mezzo per conseguire gli aiuti necessari alla salvezza ». Assai singolare, ma non meno apodittico a questo riguardo è il Gennadio, che fu un santo prete marsigliese del V secolo. Egli lasciò scritto: « Noi crediamo che niuno giunga a salvezza, se Dio non lo inviti; che niun invitato si applichi a salvarsi, se non è aiutato da Dio; e che niuno meriti tale aiuto, se non per mezzo della preghiera » (Ogni membro di questa preziosa testimonianza è un vero capolavoro, e merita la più posata considerazione). – Perciò se pregheremo davvero e perseverantemente come qui ci ha insegnato soprattutto S. Alfonso, noi ci salveremo senza fallo. E questo già dovremmo saperlo. « Dio infatti, dona a tutti la grazia di pregare, acciocché pregando possiamo poi ottenere tutti gli aiuti, anche abbondanti, per osservare la divina legge e perseverare sino alla morte. Vien tolta ogni scusa a quei peccatori che dicono di non aver la forza di superar le tentazioni; poiché se essi pregassero, otterrebbero questa forza e si salverebbero » (S. Alfonso). Anzi dobbiamo ritenere che « pregando, il salvarsi è cosa sicura e facilissima » (S. Alfonso). – Ma non è forse dello stesso parere anche lo zelante e battagliero autore di « Ut vitam habeant » e di « Vivere in Cristo »? Anch’egli infatti ci assicura che « colla preghiera è certissimo che infallibilmente si ottiene la grazia non solo di poter perseverare (cioè non solo la possibilità di perseverare) ma di perseverare di fatto in grazia santificante; non solo di poterci salvare ma di salvarci davvero ». Dobbiamo infatti ritenere che « la preghiera fatta colle debite disposizioni ha, per divina promessa, l’infallibile efficacia d’impetrare ciò che si domanda. Sembra anzi che quest’asserzione, per le manifeste testimonianze della S. Scrittura che la suffragano, sia da ritenersi di fede cattolica » (Teol. Prunmer). – Ma se è così, perchè non dovremo impetrare colla preghiera ben fatta anche la perseveranza nel bene ed una santa morte? Non è forse questo lo scopo di tutta la nostra vita su questa terra? E Iddio non ci ha forse creati per il Paradiso?…

Riassumiamo dunque senz’altro tutto l’insegnamento di questo capitolo colla consolante e nello stesso tempo tremenda sentenza di S. Alfonso. Eccola « Chi prega, certamente si salva (L’autore di « Ut vitam habeant » assicura che questa sentenza è di certezza metafisica, cioè la massima certezza che si possa avere). Chi non prega, certamente si danna (Salvo che Dio non intervenga con un miracolo, che non può aspettarsi e tanto meno pretendersi). – Tutti coloro che si son salvati, si son salvati col pregare. Tutti coloro che si son dannati, si son dannati per non aver pregato. E questa sarà per sempre la loro maggior disperazione nell’inferno: il pensare di essersi potuto così facilmente salvare pregando, ed ora non esser più in tempo di farlo » (Queste parole si trovano tanto in « Del gran mezzo della preghiera », come in « Apparecchio alla morte »). Qui io mi rivolgo al Signore e gli dico collo stesso S. Alfonso: « O Signore, certamente tu salvi colui che persuadi a pregare »: dammi dunque la grazia, anzi lo spirito stesso della preghiera. Ah, sì! invochiamo tutti istantemente da Dio, pel tramite del nostro divin Redentore e per l’onnipotente intercessione della Madre della divina grazia, questo gran dono dello spirito della preghiera. « Oh, che grazia grande è lo spirito di preghiera, cioè la grazia che Dio concede ad un’anima di sempre pregare! Non lasciamo dunque di chiedere a Dio sempre questa grazia e questo spirito di sempre pregare; perché se pregheremo sempre, otterremo certamente dal Signore la perseveranza ed ogni altro dono che desideriamo, mentre non può mancare la sua promessa di esaudire chi lo prega » (S. Alfonso). – E così si avvererà per noi pure la ripetuta magnifica assicurazione divina, fattaci in questi termini da ben tre autori sacri: « Chiunque avrà invocato il nome del Signore, sarà salvo » (Gioel. II, 32; Att. II, 21; Rom. X, 13).

UBI PAPA IBI ECCLESIA (2): “SE sATANA RIUSCISSE AD OSTACOLARE L’ELEZIONE PAPALE, LA CHIESA SOFFRIREBBE UN GRAN TRAVAGLIO”.

Ubi Papa, ibi Ecclesia, scriveva sant’Ambrogio (In. Ps. XC) e questo è stato pure il motto della Chiesa Cattolica da sempre. Questo vuol dire che se c’è la Chiesa deve esserci necessariamente un Vicario di Cristo a capo di essa. In altre parole se non c’è un Papa, per quanto perseguitato, impedito od occultato, come spesso è accaduto, non può esserci la Chiesa Cattolica. Ma noi sappiamo che la Chiesa, di istituzione divina, durerà fino alla fine dei tempi, per cui anche la serie dei Papi sarà ininterrotta fino alla fine, come recita la Pastor Aeternus del Concilio Vaticano. Una lunga vacanza della Sede Apostolica è una palese eresia che contraddice le parole di Cristo e della Chiesa, che genera inoltre scisma dalla Cattedra Apostolica disconosciuta, ed è quindi un porsi fuori (formalmente e materialmente) dalla Chiesa Cattolica.

Continuiamo la pubblicazione di alcuni scritti ufficiali di esponenti della Chiesa che parlano di questo impedimento demoniaco alla Cattedra Apostolica.

“Se Satana riuscisse ad ostacolare l’elezione papale, la Chiesa soffrirebbe un grande travaglio”.

P. Herman Kramer nel 1956:

Nel 1956, p. Herman Bernard Kramer pubblicò un’opera intitolata “Il libro del destino”, che è una spiegazione dell’Apocalisse, l’ultimo libro della Sacra Bibbia (altrimenti noto come libro dell’Apocalisse).

Nell’Apocalisse XII, 1-5, leggiamo: « Ed un grande segno apparve nel cielo: Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle: Ed essendo incinta, piangeva per le doglie del parto e soffriva nel partorire. E si vide un altro segno nel cielo: ed ecco un grande drago rosso, con sette teste e dieci corna, e sul suo capo sette diademi: La sua coda traeva la terza parte delle stelle del cielo e le gettava sulla terra; e il drago stava davanti alla donna che stava per partorire, affinché, quando avesse partorito, divorasse il suo figlio. Ed ella partorì un figlio maschio, che doveva governare tutte le nazioni con una verga di ferro; e il figlio fu portato a Dio ed al suo trono. ». – Gli studiosi biblici cattolici vedono tipicamente la “donna” come un simbolo sia della Beata Vergine Maria, che della Chiesa Cattolica. Applicando questa profezia alla Chiesa, p. Kramer commenta come segue:

    Tuttavia, il testo richiede un’applicazione più specifica all’evento futuro e definito a cui la profezia ovviamente punta, e in cui la Chiesa soffre le pene più acute passando in quel momento attraverso la più grande crisi di tutta la sua vita. In quel travaglio, essa partorirà una “persona” ben precisa che governerà la Chiesa con una verga di ferro (versetto 5). Il testo indica quindi un conflitto all’interno della Chiesa per eleggere colui che doveva “governare tutte le nazioni” nel modo chiaramente indicato. In accordo con il testo, si tratta inequivocabilmente di un’ELEZIONE PAPALE, perché solo Cristo ed il suo Vicario hanno il diritto divino di governare TUTTE LE NAZIONI. Inoltre, la Chiesa non si angoscia per OGNI elezione papale che può avvenire senza problemi o pericoli. Ma in questo momento le grandi potenze potrebbero assumere un atteggiamento minaccioso per ostacolare l’elezione del candidato più logico ed atteso, minacciando un’apostasia generale, l’assassinio o l’imprigionamento di questo candidato se eletto. Ciò presupporrebbe un atteggiamento estremamente ostile dei governi europei nei confronti della Chiesa e causerebbe un’intensa angoscia alla Chiesa, perché un interregno prolungato del Papato è sempre disastroso e lo è ancora di più in un periodo di persecuzione universale. Se satana riuscisse a ostacolare l’elezione papale, la Chiesa soffrirebbe un grande travaglio.

    … Come un drago, satana, attraverso le malvagie potenze mondiali di quel tempo, entrerà nella Chiesa, interferirà con la sua libertà e forse con suggerimenti furtivi, avendo già da tempo diretto la scelta dei candidati all’episcopato, cercherà ora, con minacce di forza, di ostacolare l’elezione del candidato più degno al Papato.

    (Herman Bernard Kramer, The Book of Destiny [TAN Books Reprint, 1975], pp. 277-279;).

Teniamo presente che quanto affermato da p. Kramer non si basa e non ha nulla a che fare con una presunta apparizione, locuzione, visione o altra rivelazione privata. Pubblicato nel 1955 con l’imprimatur richiesto, si tratta di una corretta interpretazione cattolica del testo biblico da parte di un’autorità cattolica romana competente, che non era a conoscenza di eventi futuri né del senno di poi di cui disponiamo oggi. In altre parole, non stava cercando di leggere un evento particolare conosciuto nel testo biblico; piuttosto, ha semplicemente interpretato il passaggio secondo l’insegnamento della Chiesa e le leggi dell’ermeneutica scritturale.

Citiamo questa interpretazione di Apocalisse XII: 1-5 perché si è realizzata nel contestato Conclave papale del 1958, che si riunì dal 25 al 28 ottobre per eleggere il successore di Pio XII. Il Conclave elesse il Cardinale Giuseppe Siri, che accettò ed assunse il nome di Gregorio XVII, ma fu immediatamente impedito dal Cardinale decano (massone 33°) sotto minacce personali e per tutto il mondo cattolico (armi nucleari!) e rimandato a fingere un Arcivescovato lungo 31 anni; giustificato da un guasto della stufa della Cappella Sistina, e annunciata nulla la sessione, fu radunato una nuova sessione del Conclave, a quel punto invalida e non assistita dallo Spirito Santo, che produsse un falso Papa, l’antipapa Giovanni XXIII, (stesso nome, non casuale ed illuminante sulla sua invalida elezione, di un antipapa dello scisma d’Occidente, giusto per segnalarsi ai suoi mentori) l’ex cardinale Angelo Roncalli di Venezia, che indisse il Concilio Vaticano II e preparò la strada alla religione del Novus Ordo gettandone le basi. Dalla morte di Pio XII, non c’è stato nessun Papa che abbia potuto operare liberamente, ed il risultato è proprio il “prolungato apparente interregno nel papato” da cui p. Kramer aveva messo in guardia, causando “intensa angoscia alla Chiesa” e “grande travaglio”.

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (3) “COSA RENDERA’ L’ANTICRISTO COSI’ INGANNEVOLE”