SALMO 106 “Confitemini Domino, quoniam bonus … Dicant qui redempti”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS
A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES
SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi
tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e
delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli
oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé
J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE
DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence
sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di
Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME DEUXIÈME.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE
DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18
août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 106
Alleluja.
[1] Confitemini Domino, quoniam bonus,
quoniam in sœculum misericordia ejus.
[2] Dicant qui redempti
sunt a Domino, quos redemit de manu inimici, et de regionibus congregavit eos,
[3] a solis ortu, et occasu, ab aquilone, et mari.
[4] Erraverunt in solitudine, in inaquoso; viam civitatis habitaculi non invenerunt.
[5] Esurientes et sitientes, anima eorum in ipsis defecit.
[6] Et clamaverunt ad Dominum cum tribularentur, et de necessitatibus eorum eripuit eos;
[7] et deduxit eos in viam rectam, ut irent in civitatem habitationis.
[8] Confiteantur Domino misericordiæ ejus, et mirabilia ejus filiis hominum.
[9] Quia satiavit animam inanem, et animam esurientem satiavit bonis.
[10] Sedentes in tenebris et umbra mortis; vinctos, in mendicitate et ferro.
[11] Quia exacerbaverunt eloquia Dei, et consilium Altissimi irritaverunt.
[12] Et humiliatum est in laboribus cor eorum; infirmati sunt, nec fuit qui adjuvaret.
[13] Et clamaverunt ad Dominum cum tribularentur; et de necessitatibus eorum liberavit eos.
[14] Et eduxit eos de tenebris et umbra mortis, et vincula eorum dirupit.
[15] Confiteantur Domino misericordiæ ejus, et mirabilia ejus filiis hominum.
[16] Quia contrivit portas aereas, et vectes ferreos confregit.
[17] Suscepit eos de via iniquitatis eorum, propter injustitias enim suas humiliati sunt.
[18] Omnem escam abominata est anima eorum, et appropinquaverunt usque ad portas mortis.
[19] Et clamaverunt ad Dominum cum tribularentur; et de necessitatibus eorum liberavit eos.
[20] Misit verbum suum, et sanavit eos, et eripuit eos de interitionibus eorum.
[21] Confiteantur Domino misericordiæ ejus; et mirabilia ejus filiis hominum.
[22] Et sacrificent sacrificium laudis, et annuntient opera ejus in exsultatione.
[23] Qui descendunt mare in navibus, facientes operationem in aquis multis,
[24] ipsi viderunt opera Domini, et mirabilia ejus in profundo.
[25] Dixit, et stetit spiritus procellæ, et exaltati sunt fluctus ejus.
[26] Ascendunt usque ad caelos, et descendunt usque ad abyssos; anima eorum in malis tabescebat.
[27] Turbati sunt et moti sunt sicut ebrius; et omnis sapientia eorum devorata est. [28] Et clamaverunt ad Dominum cum tribularentur; et de necessitatibus eorum eduxit eos.
[29] Et statuit procellam ejus in auram, et siluerunt fluctus ejus.
[30] Et laetati sunt quia siluerunt; et deduxit eos in portum voluntatis eorum.
[31] Confiteantur Domino misericordiæ ejus; et mirabilia ejus filiis hominum.
[32] Et exaltent eum in ecclesia plebis, et in cathedra seniorum laudent eum.
[33] Posuit flumina in desertum, et exitus aquarum in sitim;
[34] terram fructiferam in salsuginem, a malitia inhabitantium in ea.
[35] Posuit desertum in stagna aquarum, et terram sine aqua in exitus aquarum.
[36] Et collocavit illic esurientes, et constituerunt civitatem habitationis;
[37] et seminaverunt agros et plantaverunt vineas, et fecerunt fructum nativitatis.
[38] Et benedixit eis, et multiplicati sunt nimis; et jumenta eorum non minoravit.
[39] Et pauci facti sunt et vexati sunt, a tribulatione malorum et dolore.
[40] Effusa est contemptio super principes; et errare fecit eos in invio, et non in via.
[41] Et adjuvit pauperem de inopia, et posuit sicut oves familias.
[42] Videbunt recti, et lætabuntur; et omnis iniquitas oppilabit os suum.
[43] Quis sapiens et custodiet hæc? et intelliget misericordias Domini?
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol.
Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CVI
Celebra il Signore, il quale da1 traviamenti, dalle
carceri, dalle malattie, e dai pericoli del mare, e da tutti i mali libera
coloro, che lo invocano, e gli ricolmadi favori. Sotto tali immagini è adombrata la
vocazione delle genti liberate dalla loro cecità, e dalla funesta loro schiavitù
per Gesù Cristo:
Alleluja: Lodate Dio.
1.Date lode al
Signore, perché egli è buono perché la misericordia di lui è eterna. (1)
2. Lo dicano quelli che dal Signore
furon redenti, i quali egli riscattò dal dominio dell’inimico, e gli ha
raccolti di tra le nazioni.
3. Dall’oriente e dall’occidente, da
settentrione e dal mare.
4. Andaron errando per la solitudine,
per aridi luoghi, non trovando strada per giungere ad una città da abitare.
5. Tormentati dalla fame e dalla sete,
era venuto meno in essi il loro spirito.
6. E alzaron le grida al Signore,
mentr’erano tribolati; e gli liberò dalle loro angosce.
7. E li menò per la via diritta,
affinché giungessero alla città da abitare.
8. Diano lode al Signore le sue miserie
e le meraviglie di lui in prò dei ligliuoli degli uomini.
9. Perché egli ha saziata l’anima
sitibonda e l’anima famelica ha ricolma di beni.
10. Sedevan nelle tenebre, e all’ombra
di morte imprigionati o mendichi, e nelle catene.
11. Perchè furon ribelli alle parole di
Dio e dispregiarono i disegni dell’Altissimo.
12. E fu umiliato negli affanni il loro
cuore, restarono senza forze, e non fu chi prestasse soccorso.
13. E alzaron le grida al Signore,
mentre erano tribolati: e liberolli dalle loro necessità.
14. E li cavò dalle tenebre e dall’ombra
di morte, e spezzò le loro catene.
15. Lodino il Signore le sue
misericordie e le sue meraviglie a prò’ de’ figliuoli degli uomini.
16. Perché egli ha spezzate le porte di
bronzo e rotti i catenacci di ferro.
17. L i sollevò dalla via della loro iniquità,
dappoiché per le loro ingiustizie furono umiliati.
18. L’anima loro
ebbe in avversione qualunque cibo; e si accostarono fino alle porte di morte.
19. E alzaron le grida al Signore mentre
erano tribolati, e gli liberò dalle loro necessità.
20. Mandò la sua Parola, e li risanò; e
dalla lor perdizione li trasse.
21. Lodino il Signore le sue misericordie, e le sue meraviglie a prò de figliuoli degli uomini;
22. E sacrifichino sacrifizi dilaude,
e celebrino con giubilo le opere di lui,
23. Coloro che solcano il mare sopra le
navi, e nelle grandi acque lavorano. (2)
24. Eglino han veduto le opere del
Signore, e le maraviglie di lui nell’abisso.
25. Alla parola di lui venne il vento
portator di tempesta, e i flutti del mare si alzarono. (3)
26. Salgono fino al cielo, e scendono
fino all’abisso: l’anima loro si consumava di affanni.
27.
Erano sbigottiti, e si aggiravano come un ubbriaco; e tutta veniva meno la loro
prudenza.
28.
E alzaron le grida al Signore mentre erano nella tribolazione, e gli liberò
dalle loro necessità.
29. E la procella cambiò in aura
leggera, e i flutti del mare si tacquero.
30. Ed eglino si rallegrarono perché si
tacquero i flutti; ed ei li condusse a quel porto, ch’e’ pur bramavano.
31.
Lodino il Signore e le sue misericordie, e le sue meraviglie a prò’ de’
figliuoli degli uomini.
32. E lui celebrino nell’adunanza del
popolo; e nel consesso de’ seniori a lui diano laude.
33. Ei cangiò i fiumi in secchi deserti,
e le sorgenti dell’acque in terreni assetati.
34. La terra fruttifera cangiò in salsedine
per la malizia dei suoi abitatori. (4)
35. I deserti mutò in istagni di acque,
e alla terra arida diede sorgenti di acque.
36. E in essa collocò gli affamati, e vi
fondarono città da abitarvi.
37. E seminarono campi, e piantaron
viti, ed ebher frutti in copia nascenti.
38. E li benedisse, e moltiplicarono
grandemente, e accrebbe i loro bestiami.
39. Quantunque e’ fosser ridotti a
pochi, efosser vessati da molti affanni e dolori;
40.
Il dispregio piovve sopra i potenti, ed ei li fe’ andare fuori di strada, e
dove strada non è.
41. Ed egli sollevò il povero nella
miseria, e fe’ le famiglie come greggi di pecore.
42. Queste cose le comprenderanno i
giusti, e ne avranno allegrezza, e tutta l’iniquità si turerà la sua bocca.
43. Chi è il saggio, che farà conserva di queste cose, e intenderà le misericordie del Signore?
(1) La forma di
questo salmo è unica. I primi tre versetti formano una sorta di preludio; poi
vengono quattro strofe in cui il pensiero segue regolarmente lo stesso andamento;
il quadro seguente farà meglio comprendere questo piccolo capolavoro poetico:
Stato del popolo di Dio in cattività o
prova:
I
strofa vv. 4, 5. II strofa: vv. 10-12; III strofa: vv. 17, 18; IV strofa: vv.
23-27;
Preghiera a Dio – Liberazione immediata:
I
strofa vv. 6, 7. II strofa: vv. 13-14; III strofa: vv. 19, 20; IV strofa: vv.
28-30;
Azioni di grazie:
I
strofa vv. 8, 9. II strofa: vv. 15-16; III strofa: vv. 21, 22; IV strofa: vv.
31-32.
Nell’ultima parte, che comincia al versetto 33, la forma non è più la stessa; vi vediamo la rovina di Babilonia, o dei nemici del popolo di Dio, in contrasto con la riedificazione di Gerusalemme. Così i vv. 33, 34 formano un contrasto dirompente con il versetto 35, come il versetto 36-38 con i versetti 39, 40 (P. Emm. Nuovel Essai sur les Psalmes.). Questo salmo era cantato alternativamente da due cori, la maggior parte dal coro dei leviti e dei cantori, ed i versetti intercalari 6, 8, 13, 15, 19, 21, 28, 31, dal popolo
(2)
Siccome
il mar Mediterraneo circonda la Palestina ad Occidente, ed il livello delle sue
rive è meno elevato della terra ferma che le lambisce, il salmista esprime, con
la parola “discendere”, ciò che fecero tanti Giudei dopo la presa di
Gerusalemme da parte Caldei. Essi fuggirono verso il mare per cercare un
rifugio in Egitto, in Africa, in Grecia, in Italia; ma Dio li seguiva
dappertutto, essi ebbero a subire le tempeste più spaventose.
(3) La parola “stetit” non significa affatto “si è arrestata” senso che sarebbe in opposizione con il seguito del salmo.
(4) Hengstenberg intende che questi versetti riguardino Babilonia; ma ci sembra più giusto, con Maurer ed altri esegeti, riferirli alla terra di Canaan che, dopo la prigionia dei suoi abitanti, restò incolta ed isolata, e dopo il loro ritorno recuperò la sua bellezza e la sua fertilità.
Sommario
analitico
Questo salmo, che si può
riportare – in accordo con diversi interpreti – al ritorno dalla cattività, ha
tuttavia un intento più esteso. Esso è composto da diverse parti e termina con
una strofa intercalare in forma di ritornello cantato dal coro. Esso comprende
e dipinge in cinque quadri di un’audacia e di una bellezza ammirevole, cinque
classi di persone che devono particolarmente ringraziare Dio. Il Profeta si
serve di numerose comparazioni o allegorie per far comprendere la grandezza di
questi benefici che, secondo i santi Padri, sono la figura della redenzione del
genere umano. Nella numerazione di queste cinque classi, il Profeta, come
sottolinea Rosen-Muller, e secondo Schmurrer, segue sempre lo stesso ordine.
Egli mette in scena una determinata classe di uomini, espone la grandezza dei
loro mali, la loro preghiera, il soccorso dall’alto e l’azione di grazie.
I CLASSE: La prima classe è quella degli uomini erranti ed affamati che hanno trovato un asilo e del pane, ciò che conviene ai gentili o ai peccatori che, in rapporto alla religione ed alla salvezza, sono veramente come degli sbandati e degli affamati, senza fissi principi, senza strada né uscita, senza termine possibile alla loro marcia dolorosa e nello stesso tempo sterile (1-9).
II CLASSE: La
seconda classe comprende coloro che, schiavi o caricati da catene, riscoprono
la loro libertà e rappresentano lo stato di cecità, di indigenza
spirituale e di dura schiavitù del
genere umano alla venuta del Messia (10-17).
III CLASSE: La
terza classe, sotto l’immagine delle infermità corporali, comprende tutte le
malattie spirituali degli uomini ed il disgusto mortale che essi avevano delle
verità eterne (17-22).
IV CLASSE: La
quarta classe comprende coloro che sono sfuggiti al naufragio e rappresenta le
tempeste eccitate dalle passioni nel tumulto del mondo, o le persecuzioni
portate contro la Chiesa nascente (23-32).
V CLASSE: La
quinta classe comprende coloro che vogliono tornare all’abbondanza dopo la
sterilità, sotto l’immagine di una terra devastata e di un’altra terra feconda
e popolata. Taluni vedono qui i Giudei riprovati, lo spirito di vertigine che
ingannò i principali tra loro, in opposizione alla vocazione dei gentili e la
protezione che Dio accorda alle anime umili e docili (38-41).
VI.
– CONCLUSIONE. – Il Profeta fa
osservare:
1° Questa condotta della
divina Provvidenza sarà per i buoni fonte di gioia, per i malvagi soggetto di
confusione (42);
2° I saggi devono sempre
aver presente questa condotta di Dio per comprendere e lodare le sue
misericordia (43).
Spiegazioni e
Considerazioni
I. — 1-9
ff.
1-3.
–
Questi tre versetti sono come la prefazione di questo salmo, nel quale Davide
esorta tutti coloro che hanno provato la misericordia del Signore, a proclamare
le sue lodi, e proclamarle soprattutto perché Egli è sovranamente buono e
misericordioso, e la sua misericordia non fa mai difetto. Egli fa appello
innanzitutto ai fedeli che Dio ha riscattato con il sangue del suo unico
Figlio, poi coloro che il Signore ha
raccolto in un solo popolo, in una sola Chiesa, in un solo regno, il regno del
suo Figlio diletto, che Egli ha radunato non dall’Egitto o da Babilonia, come
altre volte gli Ebrei, ma dal levante al ponente, dal Nord e dal Mezzogiorno. (Bellarm.).-
Quattro sono i caratteri della misericordia di Dio al nostro riguardo: noi
siamo stati riscattati letteralmente; noi siamo stati riscattati dal Signore,
al quale apparteniamo oramai a titolo particolare, nel compimento di questa
profezia: « Questi dirà: Io appartengo al Signore, quegli si chiamerà Giacobbe;
altri scriverà sulla mano: Io appartengo all’Eterno. », (Isai. XLIV, 5). Questi
quattro benefici segnalati dalla bontà e dalla misericordia di Dio ci sono
richiamati nei primi due versetti: 1° noi siamo stati riscattati; 2° siamo
stati riscattati dal Signore; 3° Siamo stati radunati da diversi paesi per
formare un’unica Chiesa. – 1° Noi siamo stati riscattati, nel senso rigoroso
del termine, secondo l’ammirabile teologia di san Paolo. Agli occhi del grande
Apostolo, lo stato del genere umano, effetto del peccato, si presenta come un
debito immenso contratto verso Dio, e che l’uomo non poteva ripagare. Il
Cristo, conoscendo questo contratto funesto che ci incatenava alla morte, lo
cancella con il suo sangue e lo inchioda alla croce come un monumento della sua
vittoria e della nostra libertà (Coloss. III, 14). Egli mette fine al
vecchio impero del peccato e lo rimpiazza con il decreto di salvezza; (Efes.
II, 15); Egli ci riscatta dalla maledizione di questa legge funesta (Gal.
III, 13), noi abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue e con essa
la piena remissione dei peccati. Ecco il fatto positivo, effettivo, della
redenzione del genere umano: liberazione, guarigione, riscatto e remissione del
peccato con il suo sangue. – 2° Noi siamo stati riscattati dal Signore, che è
il sovrano padrone di tutte le cose, noi che siamo i più miserabili ed indegni
tra gli schiavi, noi Gli apparteniamo ora a titolo tutto particolare. « Il
Signore riscatterà l’anima dei suoi servi » (Ps. XXIII, 23). « I
mortali sapranno che sono Io il Signore che salva, e che il tuo Redentore è il
Forte di Israele. » (Isai. XLIX, 26). « Il nostro
Redentore è il Dio degli eserciti, il suo nome è il Santo di Israele. » (Isai.
XLVII, 4). Compimento di questa profezia: « L’uno dirà: io sono col
Signore, l’altro porterà il nome di Giacobbe, un altro scriverà di sua mano: io
appartengo all’Eterno. » (Isai. XLIV, 5). – 3° Egli ci ha
riscattato dalla potenza del nostro nemico più crudele, cioè la potenza del
demonio, – a) Ci ha riscattato con saggezza: « Voi ci avete riscattato, Signore
Dio di verità, » (Ps. XXX, 6); – b) Egli ci ha riscattati con forza, incatenando
il forte armato, e ci ha liberato dalla tirannia, (Matt. XII); – c) Egli ci
ha riscattato con giustizia. « Egli ha inviato la redenzione al suo popolo, »
un Redentore ed il prezzo della redenzione. (I Cor. VI, 20). « Voi
siete stati riscattati a caro prezzo. » – d) Noi siamo stati riscattati con
amore, Egli è stato sacrificato, perché Egli lo ha voluto. » (Isai.
LIII, 1). « È così che Dio ha tanto amato il mondo, da dargli il suo
unico Figlio. » (Giov III, 16). – 4° Infine Egli ci ha radunato da diverse
nazioni, per formare un unico gregge sotto la guida e la direzione di un unico
Pastore. – Io mi glorificherò non perché sono giusto, ma perché i miei peccati
mi sono stati rimessi; non perché io mi sia reso utile agli altri, o perché mi
sia attirato i loro benefici, ma perché il sangue di Cristo è stato sparso per
me. Senza le mia prevaricazioni, io non sarei stato riscattato a così caro
prezzo. Queste prevaricazioni mi sono state più utili dello stato di innocenza.
Nell’innocenza, io ero divenuto orgoglioso, e dopo essere divenuto
prevaricatore, io sono rientrato nella sottomissione. (S. Ambr.) – Dio non
limita gli effetti della sua misericordia ad un’unica nazione; essa si spande
su tutti i popoli. « In verità, io vedo che Dio non fa eccezione di persone; ma
che in ogni nazione, colui che lo teme e pratica la giustizia gli è gradito.. »
(Act.
X, 34, 35).
ff.
4-9.
–
Quattro sono le grandi miserie corporali, ed un numero uguale di miserie
morali. Le miserie corporali sono innanzitutto la fame e la sete: risultato
della sterilità, della siccità, cioè di una causa esteriore qualsiasi e naturale;
poi la cattività, che ha la sorgente in una violenza straniera, cioè in una
causa esterna e volontaria; viene in terzo luogo la malattia, risultato di una
cattiva costituzione, cioè un principio esterno naturale; infine il pericolo di
un naufragio, che nasce da un principio esterno naturale, vale a dire dalla
direzione dei venti, e da un principio interno volontario, cioè la curiosità
dell’uomo che non contento di calpestare la terra solida sotto i suoi piedi, ha
voluto tentare il viaggio sulle superfici liquide. Le quattro grandi miserie
morali sono quelle che i teologi chiamano le ferite della natura, triste
retaggio del peccato originale: l’ignoranza dell’anima, la concupiscenza delle
cose, la collera e la malizia dello spirito; le virtù opposte sono la prudenza
dell’anima, la temperanza delle passioni, la forza su se stesso e la rettitudine
della volontà, che sono dette le quattro virtù cardinali. In questa prima
parte, il Profeta canta la misericordia di Dio, che libera dalla prima miseria
sia corporale che morale (Bellarm.). – L’ignoranza della salvezza,
è la piaga di un gran numero di uomini erranti nel deserto, come fuori della
loro vita, che hanno fame di sete e di verità, della fontana della saggezza e
della prudenza. Tutti gli uomini aspirano naturalmente al bene; ma il maggior
numero – preoccupato da vani pensieri – perseguono sempre il possesso dei beni
temporali, cercando la beatitudine ove essa non è; altri scambiano per
beatitudine ciò che non ne è che l’ombra, e nella loro ignoranza del fine,
ignorano necessariamente la strada che vi conduce. Errando così all’avventura,
essi non possono trovare la città della loro vera abitazione (Bellarm.).
– Studiamo tutti i tratti di questo quadro oscuro che ci fa il Profeta: 1° «
essi hanno errato. » Tutti i peccatori si condannano a questa vita di inganni: –
a) nella loro intelligenza, « essi
hanno errato come i ciechi nelle strade e sulle pubbliche piazze; » (Thren.
IV, 14); « in pieno giorno, essi brancolano come nelle tenebre, e li fa
vacillare come se fossero ubriachi, » (Giob. XII, 25); – b) nella loro volontà depravata ed
abbassata interamente verso terra, « essi si sono allontanati da me, e si sono
ingannati dietro ai loro idoli, » (Ezech. XLIV, 10); – c) nelle loro
azioni, « essi errano e si smarriscono, tutti coloro che fanno il male. » (Prov.
XIV, 22). Ecco l’immagine della società attuale, che si allontana
sempre più da Dio e dalla vera strada che è Gesù-Cristo, perdendosi in una vita
senza religione, attraverso contrade lontane, in mezzo a pericoli di ogni tipo,
con la triste prospettiva di una morte certa. – 2° ogni peccatore erra nella
solitudine: « Essi hanno errato nella solitudine, in un deserto senza acqua, »
come un gregge senza pastore, come un orfano senza padre, come un orfano senza
tutore, come una vedova priva del suo sposo, come un viaggiatore senza guida.
Il Signore è la via; al di fuori di questa via e delle sue cure paterne della
sua provvidenza, noi non riscontriamo più che una solitudine arida e sterile
che non è mai irrorata dalla rugiada celeste. (S. Greg. di Nyssa, Tract. I in Ps.).
– Qual triste sorte quella di questi infelici erranti, incamminati nelle vie
deviate in cui li vediamo ogni giorno perdersi, abbandonati ai loro sensi,
sballottati ed incerti in seno a tutte le contraddizioni e a tutti gli errori,
così lontani dalla celeste patria e dalla vera gioia, che è Gesù-Cristo! Qual
solitudine desolante è quella in cui non c’è Dio! In cui l’anima non vede, non
sente, non spera più nulla! Qual via di incertezza, di dubbi, di errori, su
tutte queste grandi questioni che interessa tanto conoscere all’uomo! – 3°
Errando così nella solitudine dei loro pensieri e dei loro desideri, « essi non
hanno trovato il cammino della città che dovevano abitare. » L’uomo è errante
in questo mondo per tanto tempo, finché non abbia trovato la città di Dio, la
città della fede, della speranza e della carità: la Chiesa, che sola può appagare
la fame e la sete del suo spirito. I peccatori, gli empi, non trovano la via
che conduce a questa città, perché essi non vogliono né riconoscere, né
ascoltare Colui che dice loro: « Io sono la via, la verità e a vita, » e si
condannano così ad errare quaggiù nelle orribili solitudini del dubbio e
dell’errore e più tardi, nelle solitudini ben più desolanti di una espiazione
che non avrà altro termine che l’eternità. – 4° Errando nella solitudine,
l’anima smarrita muore di fame, e di sete, fame e sete crudele di cui la fame e
la sete che torturano il corpo non possono dare che una debole idea. « … Io
invierò, dice il Signore, la fame sulla terra, non la fame del pane, né la sete
dell’acqua, ma la fame della parola di Dio. »
Ed essi si agiteranno da un mare all’altro, e dopo il settentrione
andranno fino al mezzogiorno per cercare la parola di Dio; essi non la
troveranno. « In quel giorno, le vergini ed i giovani moriranno di sete » (Amos
VIII, 11, 12). Qual tormento quello di un’anima che dopo essere stata,
sull’esempio del prodigo del Vangelo, il più lontano possibile dalla casa paterna,
in un paese straniero, ove ha dissipato tutte i ricchi tesori, e dato al mondo
tutto ciò che Dio voleva avere, è condannato a lanciare il suo grido di
angoscia: « Io muoio di fame! » Morir di fame, è quella in effetti la sorte che
attende queste anime create per nutrirsi di verità, ma che, avendo rigettato
volontariamente questo nutrimento divino delle intelligenze fatte ad immagine
di Dio, non hanno più che da aspettare che gli snervamenti prodotti dai loro
lunghi errori e gli sfinimenti della morte: « Essi hanno errato nella
solitudine, in una terra senza acqua, e non hanno trovato alcuna via verso una
città abitabile; affamati, assetati, la loro anima è piombata nella rovina. » –
Per garantirsi dalla sventura che dipinge il profeta, i Santi procurano in se
stessi una solitudine tutta differente da quella di coloro in cui camminano i
peccatori. « Questa solitudine – diceva San Gregorio – consiste nell’escludere
dal cuore il tumulto dei desideri della terra, ed a porvi, con la meditazione
dell’eternità, l’amore della patria celeste. » I peccatori, errando nei loro
deserti, non sanno cosa vogliono, mentre il giusto vede sempre il termine al
quale aspira. – Qual mezzo per uscire da queste difficoltà, da queste angosce,
dall’errore, dalla solitudine, da questa fame e da questa sete disastrosa? Un
solo grido esce dal fondo del cuore verso il Signore, e tutto è cambiato. (S.
Greg. di Nyssa, Te. I, in Ps.). – È dal fondo di questo abisso che la
misericordia divina viene a riprenderli: « Essi hanno gridato verso il Signore
in mezzo alle loro afflizioni, ed Egli li ha tratti dalle loro necessità. »
Questo stesso grido che l’anima volge a Dio, è un effetto della grazia divina,
perché l’uomo non saprebbe gridare con questo grido possente che ottiene la
grazia della sua liberazione, se lo Spirito Santo non formasse in lui questi
gemiti ineffabili che sono sempre esauditi da Dio. Dopo questo grande grido
lanciato verso Dio, cosa ancora resta da fare! Qual soccorso ha dato loro in
ragione del loro smarrimento? Il Profeta ci lo indica in queste parole: « Egli
li ha condotti nella retta via. » La loro intelligenza, il loro cuore, la loro
volontà, le loro opere, la loro maniera di essere, le loro abitudini, tutto era
deragliato, Dio ha ricondotto tutto sulla retta via. Dio li ha condotti nella
via retta per farli arrivare ad una città abitabile. Gesù-Cristo solo è il
retto cammino che conduce a questa città veramente abitabile, a questa città
permanente che ha un fondamento stabile, di cui Dio stesso è il fondatore e
l’architetto (Hebr. XI, 10). – Fuori da Gesù-Cristo, l’uomo non cammina che
su terre mobili, incapaci di consistenza, che franano da ogni parte e non fanno
vedere che spaventosi precipizi. – La fede solo, ponendoci sulla pietra
stabile, può condurci verso questa città delle solennità, della Gerusalemme
celeste, il soggiorno della pace, questo padiglione che non sarà trasportato in
altri luoghi, i cui appoggi non saranno divelti, le cui corde non saranno spezzate;
è solo là che il Signore fa apparire tutta la sua magnificenza (Isai.
XXXIII). – Dolce e legittimo soggetto di lode che dobbiamo rendere a
Dio, sono le sue misericordie. È il cantico che canteremo in eterno, e che bisogna
iniziare già fin da questa vita. – Il Profeta non ha ancora detto come Dio li
abbia tratti da tutte le loro necessità; ma aspettate, egli lo dirà. « Che sia
confessato il Nome del Signore per le sue misericordie, e per le meraviglie che
ha fatto in favore dei figli degli uomini. » Ditelo a coloro che non lo hanno
ancora provato, voi che siete entrati nella retta via, voi che siete condotti
verso la città in cui abiterete, voi infine, che siete già liberati dalla fame
e dalla sete; dite che il Signore ha saziato l’anima che era vuota, e colmato
di beni l’anima affamata. (S. Agost.). – L’animo del Cristiano
ha sempre fame e sete, ma è saziato e sempre ed in modo costante. C’è nella via
del bene, nel sentimento del dovere pieno per Dio, una soddisfazione che solo
le anime abiette possono negare. Perché nella vita dei Santi si nota una
felicità, una gioia, una pace che brillano in tutta la loro fisionomia? … Non
siate stupefatti: questi uomini sono sazi, essi hanno le facoltà piene di cose
vere, nobili e grandi! Dio stesso sazia la loro fame, estingue la loro sete; e
tuttavia man mano che avanzano ne desiderano sempre di più, ma ad ogni
desiderio, il Signore accorda nuove grazie e dispensa nuovi benefici. La loro
vita trascorre così tra i bisogni soddisfatti dalla liberalità di Dio, e tra i
desideri che crescono per ricevere nuovi appagamenti (Mgr LANDRIOT, Beatit. n,
p. 222).
II. —10-17
ff.
10-17. – La seconda schiavitù, è la schiavitù della concupiscenza e del peccato.Percorriamo i principali tratti di questa umiliante servaggio. – 1° Il
peccatore disteso nelle tenebre in seno alle ombre della morte, come un
cadavere è affetto già dalla corruzione della tomba. 2° Il peccatore incatenato
nei ferri delle sue passioni e dei suoi disordini – ridotto alla più umiliante
servitù ed alla mendicità più completa, nh ed umiliato nei lavori più
ignominiosi: « Sono un uomo maledetto, chi mi libererà da questa vergognosa
schiavitù? » – « Dio che ha comandato alla luce di brillare dal mezzo delle
tenebre (I Cor. IV, 6), fa
uscire il peccatore dalle tenebre e dalle ombre della morte, e distrugge tutti
i legami del peccato con la forza della sua grazia. – 3° La debolezza, la
malattia, la totale astenia del peccatore fuori dalla grazia di Dio, non trovano
nessuno che giunga in soccorso. – Il peccato, le abitudini inveterate, la
schiavitù delle passioni, sono molto più difficili da infrangere delle porte di
bronzo e delle barriere di ferro (Dug.).
– Essi sono sotto la schiavitù del mondo e delle loro passioni, e quali legami!
Esse sembrano leggeri, ed il loro peso è intollerabile; esse sembrano
accompagnate da piaceri, e portano nell’anima un dolore mortale; sotto queste
catene, nessun vero riposo, nessun solido benessere, nessuna speranza in grado
di consolare. (S. Agost.). –
Vediamo come Dio li liberi da tutte le
sue miserie: 1° Dio li estrae dalle loro tenebre con la luce della fede e delle
grazie dello Spirito-Santo. « Egli li fece uscire dalle tenebre e dall’ombra di
morte. » La prima luce dell’intelligenza, è la fede (S. Pier Dam., L. H. Ep. 5); ogni grazia è una luce. – 2° Dal
momento che questa luce ha brillato nei nostri occhi, Dio spezza le catene che
tenevano schiavo il nostro cuore: « … ed Egli spezza i loro legami. » Egli rinnova,
per il peccatore al quale ha reso la libertà, quello che ha fatto per San
Pietro: « Ed ecco che apparve un Angelo del Signore, e la luce brillò nella
prigione, e l’Angelo, colpendo san Pietro sul fianco, lo svegliò dicendogli:
alzati prontamente, e le catene caddero dalle sue mani » (Act. XII, 7). – 3° Rotti i legami e spezzate
le catene, apre loro le porte della prigione, e rende loro la libertà: « Egli
ha distrutto le porte di bronzo, e rotto le barre di ferro. » È con le porte
che difendiamo il passaggio, è con le barre che fortifichiamo la chiusura delle
nostre dimore. Cosa figurano queste porte? La contraddizione. Che significano
queste sbarre? La ribellione. Il ferro che rompe tutti i metalli, è il simbolo
dell’audacia, ed il bronzo il simbolo della pertinacia. Le porte di bronzo
dunque, rappresentano la contraddizione ostinata; le barre di ferro, la
ribellione audace. Dio distrugge dunque le porte di bronzo e le sbarre di
ferro, quando rompe e spezza – con la compunzione interiore – la ribellione
audace ed ostinata di un cuore indurito dal crimine. (Rich. De S. Vict.).
III. — 17-22
ff.
17 – 22. – La terza classe di uomini dipinta dal Profeta comprende, sotto la figura
delle infermità corporali, tutte le malattie spirituali, ma soprattutto l’abbattimento,
lo scoraggiamento, la dissolvenza dell’anima, il disgusto di ogni nutrimento.
Il corpo che ha disgusto ed orrore per ogni tipo di nutrimento, è senza dubbio molto
vicino alla morte; l’anima che prova disgusto, avversione, orrore per le verità
celesti, che sono il suo vero nutrimento, è molto vicino alle porte della morte
eterna. (Dug.). – Vi
sono tre specie di nutrimento spirituale, per le quali i peccatori hanno disgusto
ed orrore: la parola di Dio: « L’uomo non vive solo di pane, ma di ogni parola
che esce dalla bocca di Dio; » (Matt.
III); « non sono i frutti della terra che nutrono gli uomini, ma la
vostra parola che conserva coloro che credono in Voi, » (Sap.,. XVI, 26); il corpo di
Gesù-Cristo: « La mia carne è vero cibo, il mio sangue è vera bevanda. » (Giov.
VI, 55); le virtù e le buone opere: « portate al giusto delle parole di
pace, ditegli che gusterà il frutto delle sue virtù, » (Isai. III, 10); « I mio cibo è fare la volontà di Colui che mi
ha inviato e compiere la sua opera. » (Giov.
IV, 34). È questo il triplice nutrimento per il quale il peccatore
prova disgusto ed avversione. « Egli ha in orrore il pane, che era l’alimento
della sua vita, respinge le vivande che per lui erano in precedenza le più
delicate. La sua carne si consuma e si assottiglia, le sue ossa si disseccano e
deperiscono. » (Giob. XXXIII, 20, 21).
– È questo uno dei caratteri più evidenti dello stato di tiepidezza: la
preghiera non ha attrattiva, la Comunione è senza gusto, la parola di Dio una
guida inopportuna. Questa terza tentazione è quella della noia, come la chiama
Sant’Agostino, che la caratterizza in due parole: il disgusto dei due
principali alimenti della vita cristiana, la lettura e la preghiera. Ancor meno,
l’uomo colpito da questa malattia potrebbe, in questo triste stato, ricorrere
alla meditazione. Egli diviene sempre più incapace di accogliere l’idea del
dovere, il pensiero di Dio lo stanca, le verità religiose si oscurano, le
pratiche di pietà non gli sembrano che una vana formalità; egli non concepisce
come altre volte abbia potuto inginocchiarsi in una chiesa alla vista di un
prete, ricevere la cenere sulla fronte al fianco di un uomo del popolo; egli
ama di più non attenersi che a ciò che chiama lo spirito della religione: la
religione naturale; oramai è il solo culto che voglia seguire. La noia lo ha
allontanato dalle sue abitudini; l’orgoglio lo precipita in tutti i pericoli di
una libertà senza regole e senza freno (Rendu).
– Come la grazia divina libera le anime da questi languori, da questa
tiepidezza mortale? 1° il rimedio, da parte nostra, è nella preghiera
indirizzata a Dio con fede: « Essi gridano al Signore nel mezzo delle loro
afflizioni, ed Egli li libererà dalle loro necessità. Quando la tiepidezza o la
noia opprime la vostra anima, non perdete comunque la fiducia, non abbandonate
i vostri esercizi spirituali, ma implorate la mani di Colui che può venire in
vostro soccorso; ad esempio la Sposa dei Cantici chiede a Dio che la si attiri
a Lui, fino a che la sua grazia vi abbia restituito la vostra vivacità ed il
vostro primitivo fervore, voi possiate dirgli: « … io ho corso nella via dei
vostri comandamenti, quando avete dilatato il mio cuore. » (S. Bern. Serm. XXII, in Cant.). – 2°
Il rimedio da parte di Dio è inviare la sua parola: « Egli ha inviato la sua
parola e li ha guariti, li ha tratti dalla morte. » Questa parola è il Verbo di
Dio, Gesù-Cristo, la Parola eterna con la quale tutte le cose sono state fatte.
Questa parola – sono ancora i discorsi dei ministri del Verbo – sono le divine
Scritture e le sante ispirazioni che Dio invia nelle anime. Gesù-Cristo, Figlio
di Dio, Parola eterna con la quale tutte le cose sono state fatte, è inviato –
dice Isaia – per guarire coloro che hanno il cuore oppresso dalla tristezza, per
essere la medicina sovrana delle nostre anime, che Egli ha guarito con le sue
piaghe. « Era – dice S. Agostin -, il gran medico che doveva avvicinarsi
personalmente al grande malato ». – Sotto la mano potente e nello stesso tempo
dolce e prudente di questo divino Medico, l’anima oppressa si rialza, sente
rinascere le proprie forze e, con le sue forze, la sua salute, il suo fervore,
il suo gusto per le cose di Dio. – Guarendo tutto il genere umano dalle sue
infermità e dai suoi languori, ha lasciato ancora un fondo di tristezza, ma di
tutt’altra natura rispetto a ciò che lo divorava prima della sua guarigione: « …
Noi gemiamo – dice l’Apostolo – nell’attesa della nostra dimora che è nel
cielo. » (II Cor. V, 4). Ma
questa tristezza è l’effetto del prezioso dono della salvezza che Gesù-Cristo
ci ha reso. (Berthier). –
Vedete allora il male che causa questo disgusto spirituale, vedete a quale
pericolo il malato sia destinato da Colui verso il quale ha gridato: « Egli ha
mandato la sua parola, li ha guariti, e li ha liberati. » Da cosa? Non dai loro
smarrimenti, non dalla fame, non dalle difficoltà di vincere i loro peccati, ma
« dalla loro corruzione. » È in effetti una corruzione dello spirito il provare
disgusto per ciò che è pieno di dolcezza. Per questo beneficio dunque, come per
quelli che lo hanno preceduto, « … che il nome del Signore sia confessato per
le sue misericordie e per le sue meraviglie che ha fatto in favore dei figli
degli uomini. Gli offrano essi un sacrificio di lode. » Se essi lodano il
Signore, gustano così la sua dolcezza; « e rendano pubbliche le sue opere con
trasporto di gioia, » senza noia, senza tristezza, senza ansia, senza disgusto
ma, al contrario, con trasporto di gioia (S. Agost.).
IV. — 24-32.
ff. 24-32. – La quarta
angoscia dell’umanità abbandonata a se stessa ci è dipinta dal salmista sotto
l’immagine di un mare in tempesta. Il mondo è questo mare burrascoso al quale
gli uomini sono costantemente esposti, battuti dalle onde delle persecuzioni
degli uomini, o dalle tentazioni del demonio. Tutti i tratti di questo quadro,
possono essere applicati ai peccatori: là essi discendono sul mare su navigli,
come Giona fuggente davanti al volto di Dio, abbandonando la terra ferma, cioè
il soggiorno nell’umiltà, nella pace, nella grazia; 2° essi lavorano in mezzo a
grandi acque, dandosi molta pena per soddisfare nella loro vita delizie e
voluttà; 3° essi vedono le opere di Dio con le sante ispirazioni che dà loro;
4° essi vedono le sue meraviglie con lo sguardo della fede che penetra fino
alla profondità dell’inferno; 5° il soffio della tempesta si leva con la
tentazione del demonio; 6° le onde del mare si sollevano per le diverse
calamità da cui sono oppressi; 7° si eleveranno fino al cielo per l’orgoglio
dei loro pensieri e delle loro afflizioni; 8° discendono fino negli abissi per
la disperazione che avvolge il loro cuore; 9° la loro anima cade nell’astenia
per la perdita delle grazie e dei doni dello Spirito-Santo; 10° essi si
turbano, ed è questo l’affetto naturale e primario del peccato nell’anima priva
di pace, che è – per Sant’Agostino – la tranquillità dell’ordine; 11° essi sono
agitati come un uomo che è ubriaco dai desideri insensati che lo dominano e lo
trasportano; 12° ogni loro saggezza è abbattuta, divorata. Il pilota del
naviglio, cioè l’intelligenza che veglia sul corpo e sull’anima, è piombato a
causa del peccato in un sonno profondo: « … voi sarete come un uomo che dorme
in mezzo al mare, come un pilota assopito che ha perso il controllo. » (Prov.
XXIII, 34). Due cose – dice san Tommaso – impediscono all’anima di
vedere la verità: la violenza delle passioni, che allontana l’anima dalle cose
spirituali per portarla interamente verso le cose sensibili, e la sollecitudine
prodotta dalla preoccupazione delle cose terrene. – La grande ed assoluta
dipendenza dell’uomo da Dio, non sembra in alcun luogo più evidente che sul
mare, quando si vede su qualche tavola unita, esposto ad ogni furore di questo
elemento indomabile, quando vede da vicino che non conosce se non dal racconto
dei viaggiatori, la potenza di una tempesta, l’elevazione delle onde,
l’immensità e la profondità dei mari, e la morte che gli si presenta da ogni
lato. – È questa la demoralizzazione degli uomini in presenza del naufragio,
allorché ogni energia, ogni risoluzione li abbandona, ed essi si allarmano fino
a perdere lo spirito. – La potenza di Dio è che comanda con autorità ai venti
ed alle tempeste: « Egli domina l’orgoglio del mare, ed abbatte i suoi flutti
elevati. » (Ps. LXXXVIII, 10). – Quando il vento dell’orgoglio agita il
mare del cuore umano, le onde dei desideri si elevano fino al cielo. – « Le sue
onde si elevano, salgono fino ai cieli e discendono fino al fondo degli abissi.
» Ecco un’agitazione violenta; è un’immagine viva degli spiriti curiosi: i loro
pensieri, vaghi ed agitati, si spingono, come flutti, gli uni contro gli altri;
si gonfiano, si alzano smisuratamente; non c’è nulla di così elevato nel cielo,
né nulla di così nascosto nelle profondità dell’inferno, ove essi non
immaginano di poter sprofondare; ed i consigli della sua Provvidenza, le cause
dei suoi miracoli, la sequela impenetrabile dei suoi misteri, tutto vogliono
essi sottomettere al loro giudizio. Infelici sono coloro che, agitandosi per la
loro sorte, non vedono che il loro arrivo come in coloro che sono tormentati
dalla tempesta: « Essi sono ondeggianti come degli ubriachi, » la testa gli
gira in questi movimenti; tutta la loro saggezza si dissipa e, avendo
malauguratamente smarrita la strada, urtano contro gli scogli, si gettano negli
abissi (Bossuet, sur l’Eglise, IIe p.), immagine meno viva delle
continue vicissitudini alle quali gli uomini sono esposti durante questa vita,
subito elevati fino al cielo per la fiducia che ispira la fede, presto
abbassati fino al fondo degli abissi dallo scoraggiamento in cui li fa sprofondare
la timidezza, la debolezza, la sfiducia. – Il
turbamento, le emozioni causate dalla vista di tanto male, sono come un
uomo ebbro, che non sa ciò che fa, né cosa dice. – Dio cambia, quando gli
piace, le tempeste più violente, i venti più furiosi, in una brezza dolce e
piacevole. Così tutto ad un colpo cadde il furore dei venti e dei flutti, alla
voce di Gesù-Cristo che li minacciava; Egli non fa un miracolo minore quando,
tra i fragori di una coscienza allarmata ed i dolori dell’inferno, fa sentire
ad un’anima pentita, con una viva fiducia, con la remissione dei suoi peccati,
questa pace che oltrepassa ogni intelligenza. (Bossuet, Or. fun. D’Anne de G.
). – Sant’Agostino applica tutta questa descrizione alla Chiesa. Questa quarta
tentazione ci mette tutti in pericolo. Tutti noi, in effetti siamo sulla stessa
barca: gli uni come operai, gli altri come passeggeri: tutti, tuttavia,
condividono il pericolo nella tempesta e la salvezza nel porto. « Coloro che
scendono sul mare nei navigli e che lavorano in mezzo alle grandi acque, » cioè
in mezzo ai popoli numerosi (Apoc. XVII, 15), hanno visto le
opere del Signore ed i suoi miracoli nelle profondità delle anime. Che cos’è in
effetti più profondo del cuore umano? È da qui che più frequentemente partono
gli uragani, che vengono le tempeste delle sedizioni ed i conflitti che agitano
il naviglio. E cosa succede allora? Dio, volendo che i piloto ed i passeggeri
gridino egualmente verso di Lui, « … Dio ha detto, ed il soffio della tempesta
è tenuto buono. » Che vuol dire « Ha tenuto buono? » Egli ha continuato, ha
perseverato, agita ancora l’imbarcazione e lo sballotta in ogni senso, ed il
suo furore non passa. E cosa succede? « Ed i flutti sono stati sollevati. Essi
salgono fino ai cieli, » con il loro coraggio, « e discendono fino al fondo
degli abissi » nel loro terrore. Battaglia all’esterno, fragori all’interno. «
La loro anima era consumata per i tanti mali. Essi erano turbati e traballavano
come un uomo ubriaco. » Coloro che sono seduti al governo e sono fedelmente
attaccati alla loro imbarcazione, sentano queste parole: « Essi erano turbati,
e traballavano come un uomo ubriaco. » Sicuramente, quando parlano, leggono,
spiegano i libri santi, sembrano saggi; ma guai a loro se la tempesta si eleva,
« tutta la loro saggezza svanisce. » Talvolta, tutti i consigli degli uomini
sono ridotti a nulla; da qualunque lato si girino, le onde muggiscono, la
tempesta è furiosa, cadono loro le braccia; da qualsiasi lato volgano la prua,
a quale onda presentare il fianco della nave, in quale direzione favorire la
corsa, da quale roccia allontanarsi per paura di non perire? Nessuno di quelli
che governano la nave riesce a vedere. Quale risorsa resta loro se non questa:
« … essi hanno gridato verso il Signore in mezzo alle loro afflizioni, ed Egli
li ha liberati dalle necessità in cui si trovavano. » – « Egli ha comandato
alla tempesta, ed essa ha tenuto bene; è stata trasformata in un vento
piacevole. » Essa ha tenuto bene, non sotto forma di tempesta, ma sotto forma
di un vento dolce e favorevole « … ed i flutti del mare hanno fatto silenzio. »
Ascoltate su questo soggetto la voce di un pilota esposto a questi pericoli,
umiliato e liberato: « Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la
tribolazione che ci è capitata in Asia ci abbia colpiti oltre misura, al di là
delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita. » E che, forse Dio abbandona coloro che le loro
forze abbandonano? O ai quali le loro forze mancano se non per aumentare la sua
gloria? Così l’Apostolo aggiunge: « Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la
sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio
che risuscita i morti. » – « Egli ha comandato alla tempesta, ed essa ha
mantenuto bene, trasformata il un vento piacevole. » Già questi uomini, tutta
la saggezza dei quali era assorbita, avevano ricevuto in se stessi la sentenza
di morte, « ed i flutti del mare hanno fatto silenzio; » e sono stati pieni di
gioia per il silenzio dei flutti, ed il Signore li ha condotti nel porto che
essi desideravano. Che il Nome del Signore sia dunque confessato, non per i
nostri meriti, non per le nostre forze, non per la nostra saggezza, ma « per la
sua misericordia. » Amiamo, in tutte le nostre liberazioni, Colui che
invochiamo in tutte le nostre sofferenze (S. Agost.).
V. — 33 – 43.
ff.
33 – 38. – In questa ultima parte, il Profeta, dopo aver cantato le misericordie del
Signore, che porta rimedio alle Quattro grandi miserie dell’umanità, loda Dio
per l’onnipotenza provvidenziale con la quale cambia talvolta la natura delle
cose, amandosi rivelare con i suoi cambiamenti, come il solo e vero Creatore e
padrone di tutte le cose. – Il salmista qui ha in vista non un fatto
particolare al popolo di Dio nel deserto o nella terra promessa, ma i tempi
primitivi dell’inizio della propagazione del genere umano dopo il diluvio. Così
come Dio cambiò la fertile terra di Sodoma in un deserto arido, così, in altri
luoghi, diede nascita a fiumi, a città; Egli fece fiorire la coltura dei campi,
piantare delle vigne e moltiplicare gli uomini e gli animali. (Bellarm.). Il deserto è sterile,
l’acqua che feconda vi manca; ma è Dio che fa scorrere l’acqua nel deserto,
così come è Lui che ritirandola, cambia in deserto il suolo più fertile (Isai. XXV). – Le acque scorrono per
il popolo giudaico con l’insegnamento dei Profeti. Oggi cercate i Profeti tra i
figli di Israele, non li troverete più; la fede del Cristo, non la troverete
più; il sacerdozio non lo troverete più; il sacrificio, il tempio, non lo
troverete più. Perché? Perché Dio ha cambiato i fiumi in deserto. Ecco come
resiste ai superbi. Ma vedete nello stesso tempo come Egli dia la sua grazia
agli umili: Egli cambia il deserto in stagno, e queste terre aride in acque
correnti. Dio ha detto a suo Figlio: «Tu sei Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedech.
» Voi cercate tra i Giudei il sacrificio di Aronne, e non lo troverete da
nessuna parte; ma il sacrificio di Melchisedech lo si celebra dappertutto nella
Chiesa, dall’oriente all’occaso, si offre una vittima pura al Nome del Signore,
al posto delle vittime immonde che sacrificavano le nazioni quando non erano
che un deserto; vedete dappertutto in seno alla Chiesa, delle sorgenti, dei
fiumi, degli stagni e delle acque correnti: Dio dà la sua grazia agli umili (S. Agost.). – Immagine terribile di
un’anima che Dio abbandona dopo che essa per prima lo ha abbandonato. Noi
abitiamo ora nel seno di questa Chiesa bagnata dalle acque divine, ma
guardiamoci dal ricadere per colpa nostra nell’aridità e nella sterilità dei
giudei; e se la corruzione del nostro cuore arresta l’effusione salutare per le
acque vivificanti dello Spirito-Santo, volgiamo i nostri occhi verso la bontà e
la potenza di Colui che cambia il deserto in mare, e la terra arida in sorgenti
di acqua viva. (D’Allioli).
ff. 39-41. – Sulla terra non
c’è nulla di perpetuo e di stabile. Gli uomini che Dio ha colmato delle sue
benedizioni, dei quali ha moltiplicato la razza, si vedono ben presto colpiti
dai loro peccati, diminuiti e ridotti ad un piccolo numero, in preda ad insidie
e persecuzioni. – Questi castighi non colpiscono solo i singoli particolari, ma
pure i prìncipi. – Castigo terribile è sia per i popoli che per i re, e severa è
la condanna quando Dio getta il disprezzo sui principi, cioè quando ha fatto, con
la sua Provvidenza, che i principi ed i superiori, sia ecclesiastici che
secolari, diventino disprezzabili, perché allora c’è insubordinazione, e la
disciplina si rilassa, e tutto questo procede a loro rovina; i capi privi di
luci di saggezza e di grazia, camminano all’avventura in percorsi perduti, e
non più sulla retta strada, cioè vivono nel vizio, scandalizzano i popoli con i
loro cattivi esempi, favoriscono i malvagi e perseguitano le persone dabbene. (Bellarm.).
– Nello stesso tempo che Dio abbassa l’orgoglio di questi principi insensati,
si compiace di rivelarsi ai poveri ben persuasi della propria povertà e che
aspettano tutto da Dio.
ff. 42, 43. – Un cuoreretto gioisce nel vedere la rettitudine della condotta di
Dio sugli uomini. – Ora i giusti tacciono in presenza dei malvagi; ma verrà il
tempo in cui l’iniquità non oserà più aprire bocca. Attendiamo questi tempi con
pazienza. (Dug.). – La Chiesa
della terra è e sarà fino alla fine dei tempi, la Chiesa militante. Non è che
in seno al regno eterno che la bocca di coloro che vomitano l’iniquità sarà
imbavagliata, e sarà dato ai buoni rallegrarsi vedendo che ogni iniquità ha le
labbra chiuse. Questa è la triste consolazione lasciata ai figli delle tenebre,
di poter contraddire con più o meno libertà ed audacia, secondo che la Religione
sia più o meno esposta alla mercé dei loro attacchi, tutto ciò che contribuisce
all’avanzamento del regno di Dio. (Mons.
Pie, T. II, p. 30, 31). – Vedete come il Profeta termina questo salmo:
« Chi è l’uomo saggio? Se è povero conserva le sue cose; se non è ricco, cioè
se non è superbo, né gonfio d’orgoglio, conserva le sue cose. Perché? « perché
egli comprenderà la misericordia del Signore; » egli comprenderà che non i suoi
meriti, non le sue forze, non la sua potenza, ma che le misericordie del
Signore, lo hanno ricondotto nella via e nutrito, egli errante e mancante di
tutto; poiché Egli lo ha slegato e liberato quando combatteva contro gli
ostacoli innalzati dai suoi peccati, ed era lanciato nei legami dell’abitudine;
Egli gli ha inviato il rimedio della sua parola e lo ha creato di nuovo quando
era disgustato dalla parola divina e moriva di noia; che, strappandolo ai
pericoli del naufragio e della tempesta, ha calmato il mare e lo ha condotto
fin nel porto; che lo ha posto in seno al popolo ove dà la sua grazia agli
umili, e non al popolo per cui resiste
ai superbi; infine che gli si è legato in tal modo che resta del gran numero in
seno alla Chiesa, invece di essere del piccolo numero fuor dalla Chiesa. « Ogni
uomo saggio terrà presente queste cose. » Come le terrà presenti? Con la sua
umiltà e l’intelligenza che avrà delle misericordie del Signore (S. Agost.).