SALMO 118 (10): “PRINCIPES PERSECUTI SUNT ME GRATIS“r
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS
A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES
SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi
tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e
delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli
oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé
J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE
DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence
sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di
Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME TROISIÈME (III)
PARIS -LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18
août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 118 (10)
SIN
[161]. Principes persecuti sunt me gratis,
et a verbis tuis formidavit cor meum.
[162] Lætabor ego super eloquia tua, sicut qui invenit spolia multa.
[163] Iniquitatem odio habui, et abominatus sum, legem autem tuam dilexi.
[164] Septies in die laudem dixi tibi, super judicia justitiæ tuæ.
[165] Pax multa diligentibus legem tuam, et non est illis scandalum.
[166] Exspectabam salutare tuum, Domine, et mandata tua dilexi.
[167] Custodivit anima mea testimonia tua, et dilexit ea vehementer.
[168] Servavi mandata tua et testimonia tua, quia omnes viæ meæ in conspectu tuo.
TAU.
[169] Appropinquet deprecatio mea in conspectu tuo, Domine; juxta eloquium tuum da mihi intellectum.
[170] Intret postulatio mea in conspectu tuo; secundum eloquium tuum eripe me.
[171] Eructabunt labia mea hymnum, cum docueris me justificationes tuas.
[172] Pronuntiabit lingua mea eloquium tuum, quia omnia mandata tua æquitas.
[173] Fiat manus tua ut salvet me, quoniam mandata tua elegi.
[174] Concupivi salutare tuum, Domine, et lex tua meditatio mea est.
[175] Vivet anima mea, et laudabit te, et judicia tua adjuvabunt me.
[176] Erravi sicut ovis quæ periit; quaere servum tuum, quia mandata tua non sum oblitus.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol.
Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CXVIII (10).
SIN.
161.
I principi mi han perseguitato senza ragione; ma il mio cuore temette le tue
parole.
162.
Mi goderò io sopra le tue parole, come chi abbia fatto acquisto di molta preda.
163.
Ho avuta in odio e in abbominazione l’iniquità, ed ho amata la tua legge.
164.
Sette volte al giorno ho a te dato laudi sopra i giudizi di tua giustizia.
165.
Pace molta per quelli che amano la tua legge; e inciampo per essi non è.
166.
Io aspettava, o Signore, la salute, che vien da te; e amai i tuoi comandamenti.
167.
L’anima mia ha osservati i tuoi precetti, e gli ha amati ardentemente.
168.
Ho osservato i tuoi comandamenti e le tue testimonianze; perché tutti i miei
andamenti sono sotto degli occhi tuoi.
TAU.
109. Abbia accesso al tuo cospetto la mia preghiera, o Signore, secondo la tua parola dammi intelligenza.
170.
Penetrino le mie suppliche al tuo cospetto: liberami, secondo la tua parola.
171.
Canteranno le labbra mie inno di laude, quando mi avrai tu insegnate le tue
giustificazioni.
172.
La mia lingua annunzierà la tua parola; perocché tutti i tuoi precetti sono
equii.
173.
Stendasi la tua mano a salvarmi; perocché io preelessi i tuoi comandamenti.
174.
L’anima mia, o Signore, ha desiderata la salute, che vien da te; e mia
meditazione ell’è la tua legge.
175.
Viverà l’anima mia e te loderà; e i tuoi giudizi saranno mio aiuto.
176.
Andai errando qual pecora traviata cerca il tuo servo, perché io non mi sono scordato
dei tuoi comandamenti.
Sommario analitico
Xa SEZIONE
161-176
In questa
ultima parte, Davide considera Dio come il supremo remuneratore del
combattimento che ricompensa e corona il vincitore.
I. Il Profeta si felicita nel vedere i suoi nemici vinti [161] e fa conoscere di quali
armi si sia servito contro di essi:
1° il timore
di Dio (161,
2° la gioia
nella speranza della ricompensa (162),
3° l’odio
dell’iniquità e l’amore della legge di Dio (163),
4° la lode
continua di Dio, perché i suoi giudizi sono giusti, e le sue leggi richiudono
la giustizia sovrana (164).
II. Dopo la guerra, egli spera:
1° una pace
profonda e piena di dolcezza (165);
2° la salvezza
eterna, che egli ha meritato:
a) per la sua
viva speranza,
b) con il suo
amore per la legge di Dio (166),
c) con
l’osservanza fedele di questa legge (167),
d) per la
considerazione della presenza di Dio in tutte le sue azioni (168).
III. – Benché egli giunga al porto, e sia sul punto di ottenere la corona,
nel timore di far naufragio nel porto stesso, si rivolge a Dio e:
1° gli
domanda:
a) che la sua
preghiera penetri nella presenza di Dio,
b) che gli dia
l’intelligenza (169),
c) che gli
accordi la salvezza (170);
2° gli
promette di essere riconoscente per tutta l’eternità per una sì grande grazia,
lodando Dio,
a) a causa della
sua giustizia, per cui ha le ricompense promesse (171),
b) a causa
della sovrana equità della sua legge (172);
3° Egli
domanda a Dio di tendergli una mano misericordiosa, per attirarlo e salvarlo
con la grazia della perseveranza finale, e prova come non sia indegno di questa
grazia:
a) perché ha
preferito i comandamenti di Dio a tutte le cose della terra (173),
b) perché ha
desiderato vivamente la grazia della salvezza,
c) perché ha
meditato tutto il giorno la legge di Dio (174);
4° Grazie a
questo soccorso potente che egli spera contro i nemici della salvezza:
a) la sua
anima vivrà eternamente;
b) la sua
bocca non cesserà di lodarlo (175),
c) e non
temerà più di smarrirsi, come per il passato, perché conserva perpetuamente il
ricordo della legge di Dio (176).
Spiegazioni
e Considerazioni
X SEZIONE — 161-176
I. – 161-164
« I principi mi hanno perseguitato senza
motivo, ed il mio cuore non ha temuto che le vostre parole. » In effetti in
cosa i Cristiani nuocevano ai regni della terra, quando il loro Re aveva loro
promesso il regno dei cieli? Il loro Re certo non proibiva ai suoi soldati di
rendere ai re della terra il servizio che era loro dovuto! Non ha forse Egli
detto ai Giudei che cercavano di calunniarlo su questo punto: « Rendete a
Cesare quel che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio? » (Matth. XXII, 27). Non aveva
pagato Egli stesso il tributo estratto dalla bocca di un pesce? E ai suoi
persecutori, rispondendo ai soldati di un regno terrestre che gli domandavano
cosa dovessero fare per ottenere la salvezza eterna, invece di dire: “separatevi
dai vostri centurioni, gettate via le vostre armi ed abbandonate il vostro re,
per poter combattere per il Signore”, non ha loro detto: « Non usate violenza
né frode verso nessuno, e contentatevi della vostra paga? » (Luc.
III, 14). E ad uno dei suoi soldati ed uno dei più cari compagni non ha
detto a coloro che combattevano con lui: « Ciascuno sia sottoposto alle
autorità costituite; » (Rom. XIII, 1) ed un po’ più oltre: «
… rendete ad ognuno ciò che è loro dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi l’imposta,
l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi l’onore, l’onore) » (Ibid.
17, 18). Lo stesso Apostolo non
ha ordinato che la Chiesa pregasse per gli stessi re? (1 Tim. II, 1, 2). In cosa
dunque i Cristiani li hanno offesi? Cosa, non è stato reso di ciò che era dovuto,?
In cosa i Cristiani hanno mancato nell’obbedire ai re? I re della terra hanno
dunque perseguitato senza motivo i Cristiani. Ma vediamo cosa aggiunge il
Profeta: « Il mio cuore non ha temuto che le vostre parole. » Senza dubbio i re
hanno preferito delle parole minacciose: io vi esilierò, vi proscriverò, vi
metterò a morte, vi lacererò con unghie di ferro, vi farò perire nelle fiamme,
vi esporrò alle fiere, vi farò strappare le membra; ma più che tutte queste
minacce, io sono stato colpito dalle vostre parole: « Non temete coloro che
uccidono il corpo e non possono farvi più alcun male; temete piuttosto colui
che può perdere sia il corpo che l’anima all’inferno. » (Matth. X, 28), (S.
Agost.). – Ma ci sono altri persecutori: questi sono i princîpi di
questo mondo, come li chiama S. Paolo, le potenze delle tenebre, che cercano di
opprimere la vostra anima, che rinnovano dal di dentro tutto ciò che le
persecuzioni hanno avuto di più crudele, promettendovi anche la potenza, gli
onori, le ricchezze, se la vostra anima è debole nel cedere, per obbedire ai
loro ordini. Questi principi vi perseguitano senza motivo, senza ragione. Essi
perseguitano senza motivo colui che trovano non appartenere loro, e cercano di
asservirlo al loro impero; ma essi non perseguitano senza motivo colui che si è
votato interamente al loro potere, che è interamente sotto la potenza del
secolo; perché essi esercitano un legittimo impero su coloro che dichiarano di
appartener loro, e chiedono la ricompensa della loro iniquità … Quando mi
perseguitano in questo modo, io ho un solo timore, che un giorno Gesù-Cristo
non venga a rinnegarmi, che non mi escluda, che non mi respinga dall’assemblea
dei sacerdoti, non mi giudichi indegno di questo augusto collegio. Che mi veda
tremante davanti alle persecuzioni esteriori, purché io tema molto di più i
giudizi della sua giustizia. (S. Ambr.). – « Io gioirò delle vostre parole, come colui
che ha trovato un ricco bottino. » Il timore che ha delle parole di Dio è
buono, poiché produce in lui il trasporto della gioia. Colui dunque che
conserva nella sua dimora, cioè nel suo cuore, le parole di Dio, ne escluda le
parole dei principi, e trova la sua gioia nelle parole di vita uscite dalla
bocca del Signore … « Io sono trasportato dalla gioia come colui che ha trovato
un ricco bottino. » Io ho trovato, senza lavoro, ciò che non possedevo: io ho
trovato i primi sette libri dell’Antico Testamento, ho trovato i libri dei Re,
ho trovato i Salmi, ho trovato i Proverbi, ho trovato il Cantico dei cantici,
ho trovato questo mirabile consigliere, Gesù-Cristo … Qual ricco bottino
possiede colui che ha in se stesso il Verbo di Dio! Egli ha la certezza della
resurrezione, ha la giustizia, la forza, la saggezza. Ha tutte le cose, perché
tutte le cose sussistono in lui. Gli Ebrei hanno spogliato gli Egiziani ed
hanno preso le loro ricchezze. I Cristiani possiedono oggi le spoglie dei Giudei,
e noi abbiamo tutte queste ricchezze di cui essi non sapevano di esserne in
possesso. Essi hanno asportato per noi come un bottino, l’oro e l’argento; e
noi abbiamo ricevuto l’oro spirituale dell’anima, abbiamo acquistato l’argento
della parola celeste. (S. Ambr.). – « Io ho odiato l’ingiustizia e l’ho avuta in
abominio. » È a giusto titolo che colui
che è rivestito delle armi della giustizia odi l’iniquità .. ma nessuno può
odiare e fuggire l’iniquità se non colui che ama l’equità; così il Profeta
aggiunge: « Io ho amato la vostra legge. » (Idem). –Il timore che gli
avevano ispirato le parole di Dio non ne aveva generato l’odio, ma al
contrario, aveva mantenuto il lui la carità nella sua integrità. In effetti, la
Legge di Dio non è altro che le parole di Dio. Lungi dunque dal pensare che il
timore distrugga l’amore, quando il timore è casto. (S. Agost.). – L’odio
dell’iniquità è la misura dell’amore di Dio, poiché non si può amare nulla
quando non si odia il suo contrario. – « Io vi ho lodato sette volte al giorno,
a causa dei giudizi della vostra giustizia. » Questo numero di solito indica la
totalità, perché Dio, dopo aver lavorato sei giorni, si è riposato nel settimo,
e tutto il corso dei tempi si svolge lungo periodi di sette giorni che scorrono
continuamente. (S. Agost.). – I giudizi della giustizia di Dio forniscono
un’ampia ed eccellente materia di lode di Dio. – Non è mirabile, dice San
Crisostomo, vedere le condizioni del mondo più esposte a questo preteso decadimento
delle cure (di cui si fa obiezione nel mondo), essere quelle a cui Dio ha preso
piacere di far apparire uomini più occupati della loro salvezza e più legati al
suo culto? Davide era Re, ed un re guerriero: qual esempio non abbiamo nella
sua persona? Trascurando di occuparsi di Dio per pensare al suo stato, e
trascurando il suo stato per non occuparsi che di Dio? Egli conciliava l’uno e
l’altro perfettamente. Nell’impegno degli affari pubblici, egli trovava dei
momenti per ritirarsi e pregare sette volte al giorno; e nel mezzo della notte,
egli usciva dal suo giaciglio reale per meditare la legge del Signore, tuttavia
egli adempiva degnamente ai suoi doveri di re: sosteneva le guerre, metteva
armate in piedi, rendeva giustizia al suo popolo, prendeva conoscenza di tutti,
e mai la Giudea fu, come sotto di lui, un regno più felice e perfetto. (BOURD.
Eloign. et fuite du monde.)
II. — 165-168
f. 165-168. – « Pace abbondante
a coloro che osservano la vostra legge. » La pace è il bene sovrano e la somma
di tutti i beni. Essa è il fondamento della fede e la base di tutte le virtù. (S.
Piet. Crisol.). – Essa è la dimora del Dio delle virtù: « è nella pace
che ha fissato la sua dimore. » (Ps. LXXV, 2). Essa è il riposo più
dolce dei santi: « Che la pace di Dio, che sorpassa ogni sentimento, regni nei
vostri cuori e nelle vostre intelligenze in Gesù-Cristo. » (Filip.
IV, 7). – Una delle condizioni essenziali di questa pace, è la carità:
« Pace abbondante a coloro che osservano la vostra legge. » Questa carità non
si arresta nella contemplazione di Dio, essa abbraccia tutti i comandamenti
della legge per metterli in pratica. È con l’osservanza della legge che Dio dà
la pace all’anima. La pace, grazie a questo amore, a questa osservanza dei
comandamenti, ci dà una tranquillità ed una sicurezza tra le più grandi; « non
c’è per essi alcun punto di scandalo. » – Abbiamo detto in precedenza che la
carità scaccia il timore; noi diciamo ora che essa lo esclude fino al minimo
turbamento, perché colui che ama Dio ha, come sua parte, la profonda
tranquillità di un’anima confermata nel bene (S. Ambr.). – Dove trovare
la pace del cuore? Nell’assoggettarsi alla legge di Dio. Fuori da questo noi
non la speriamo. Sì, mio Dio, è per coloro che amano la vostra Legge che c’è
una pace interiore; non è giusto e neanche possibile, che sia per altri come
per essi, perché essendo la vostra legge, come lo è, il principio dell’ordine,
essa è essenzialmente il principio della pace. Pace incrollabile da parte di
Dio, incrollabile da parte del prossimo, ed incrollabile anche da parte nostra
(Bourd.
Sur la paix chrét.). – Cercate dunque di gioire di questa pace; e la
lussuria, la cupidigia, la collera, la voluttà, non facciano della vostra anima
il teatro delle loro guerre intestine, e se proprio è necessario che siate
attaccato, che l’attacco venga dal di fuori e non dall’interno. Combattete
contro coloro che vi perseguitano, benché spesso convenga cedere loro in
silenzio, perché è per voi che essi trionfano, la loro potenza è la vostra
vittoria; essi sono vinti quando credono di essere i vincitori … Gioite dunque
di questa pace abbondante che sorpassa ogni sentimento. Il fine ultimo e
sovrano della saggezza, è che la nostra anima sia calma e tranquilla; il fine
principale della giustizia, è che l’iniquità non possa turbare l’anima del
giusto; la fine del coraggio quaggiù ed anche della forza corporale, è che alle
fatiche e ai pericoli della guerra succedano le dolcezze della pace (S.
Ambr.). – « … e non c’è per essi scandalo. Il Profeta vuol dire che la
legge non è uno scandalo per coloro che la amano, o che non c’è alcuna parte di
scandalo per coloro che amano la legge? I due sensi sono egualmente accettabili.
In effetti, colui che ama la legge di Dio onora in se stesso ciò che non
comprende, e quando gli sembra che essa dica una cosa strana, egli giudica di
preferenza che non ci sia intelligenza di questa parola e che essa nasconda
qualche mistero; ecco perché per lui la legge di Dio non è per lui oggetto di
scandalo. D’altra parte, se non si vuole incontrare alcuno scandalo, non si esaminino
gli uomini la cui professione è tutta santa, in modo da far dipendere la fede
dai loro costumi, per timore che non vedano cadere qualcuno di cui avevano
grande stima, e non sia preso e non perisca egli stesso nella trappola dello
scandalo. Bisogna al contrario che egli ami la Legge di Dio in se stessa, e
sarà per lui la sorgente di una pace profonda, senza mai causargli scandalo;
perché egli amerà in tutta sicurezza una Legge sulla quale, è vero, molti
uomini peccano, ma che è essa stessa esente da peccato. (S. Agost.). – Quaggiù vi
sono tante cause ed occasioni di scandalo e di turbamento interiore: ora una
donna ingannata dalle suggestioni del serpente che si sforza di tormentare lo
spirito del marito; ora è un padre che si burla della fede di suo figlio; ora è
uno sposo che insulta con i suoi oltraggi la pietà della sua sposa; … è lo
spettacolo di un giusto nell’indigenza, di un empio nell’abbondanza; di un
santo al quale Dio ha rifiutato dei figli, di un peccatore che ha tutto in
abbondanza … figli, onori, dignità, reputazione. ma in tutte queste cose il
vero giusto resta vincitore dicendo con l’Apostolo: « Chi ci separerà dalla
carità che è in Gesù-Cristo? » (Rom. VIII, 55). Da un altro canto,
la croce del Signore Gesù, altre volte scandalo per i Giudei, o follia per i
gentili, lo è ancora per i pretesi saggi del mondo … non lasciatevi tentare, né
turbare dai loro discorsi, non permettete ai loro pensieri di introdursi nella
loro anima. Là dov’è la pace, ed una pace abbondante, la croce è un soggetto
non di obbrobrio, ma di salvezza … La croce è un obbrobrio per colui che non ha
la fede, ma, per il Cristiano fedele, essa è la grazia, la redenzione, la
resurrezione, perché è per noi che il Signore ha sofferto, perché ci ha
riscattati con il suo sangue, perché ci ha richiamati in cielo con la sua Resurrezione.
Come potrebbe, colui che ha questa fede, essere turbato, allorché gli dà la
speranza sì eccelsa del Regno dei cieli? (S. Ambr.). – « Io aspettavo la
vostra salvezza Signore, ed ho amato i vostri comandamenti. » Colui che attende
la salvezza, spera. La speranza precede dunque la carità, e la salvezza viene
in seguito; la speranza precede l’azione, ecco perché colui che attende la
salvezza compie i comandamenti di Dio. Così il Signore, nel Vangelo, chiama non
più suoi servi, ma suoi amici, coloro che hanno osservato i suoi precetti. In
effetti, colui che ama, agisce, e nell’agire merita la ricompensa del suo
amore. (S. Ambr.). – Chi attende, desidera; chi desidera, soffre
penosamente il ritardo; chi soffre geme, chi geme sente la sua miseria, ed è
ben lungi dal ricercare i piaceri ed i divertimenti del mondo. – Aspettiamo il
Signore, come un prigioniero aspetta il suo liberatore, un esule il suo
richiamo, un malato il suo medico, un figlio suo padre, una sposa il suo sposo,
un debitore il suo riscatto, un orfano oppresso il suo protettore e suo
sostegno (Duguet). – « La mia anima ha conservato le vostre
testimonianze, e le ha amate ardentemente. Amare è molto più che osservare;
perché, come detto in precedenza, si osservano spesso i comandamenti per
necessità o per timore, ma non appartiene che alla carità l’amarli. Così il
salmista, dopo aver detto qui: « io ho osservato, » si affretta ad aggiungere:
« Io ho amato, » per mostrare che questa fedeltà di osservare i comandamenti è
ispirata dall’amore e non dal timore; colui che ama molto, osserva molto (S.
Ambr.). – « Io ho osservato i vostri comandamenti e le vostre
testimonianze, perché tutte le mie vie sono davanti ai vostri occhi. » Felice
colui che po’ dire: « Tutte le mie vie sono davanti ai vostri occhi, » e che
non cerca di sottrarvi la conoscenza di tutti i suoi pensieri, di tutte le sue
azioni. È così che Adamo cercava di nascondere a Dio la sua via, che Eva voleva
nascondersi dopo la sua colpa, che Caino voleva nascondere la morte di suo
fratello. Noi non possiamo che desiderare il nascondere le nostre vie a Dio, ma
senza mai giungervi. Tuttavia, il crimine di colui che vuol sottrarsi ai suoi
sguardi non è meno grande, benché possa non riuscire … Dio vede ciò che di più
segreto c’è nel nostro cuore; ma Egli è buono, tuttavia, e ciascuno di noi gli
apra e gli sveli la propria anima e vada davanti alla sua luce ed al suo calore
… Così anche di coloro che dicono con il Profeta, a Gesù-Cristo, che è la via e
la verità, coloro che desiderano entrare nella vera via con la loro fede, i
loro costumi e tutta la condotta della loro vita: «Tutte le mie vie sono
davanti ai vostri occhi; » perché nessuna via può essere buona se non vi
degnate di illuminarla con la vostra luce (S. Ambr.). – « Io ho dunque
osservato i vostri comandamenti, perché tutte le mie vie sono davanti ai vostri
occhi. » Il Salmista ha voluto farci intendere che Do ha riguardato le sue vie
con occhio propizio ed incoraggiante, come lo domanda in un altro salmo: « Non
voltate il vostro volto da me … » (Ps. XXVI, 9). Ogni via che non è
sotto lo sguardo del Signore, non potrebbe essere la via della giustizia … Le
vie dei giusti sono dunque sotto lo sguardo del Signore, perché Egli dirige i
loro passi; perché queste vie sono quelle di cui è stato detto nel libro dei
Proverbi: « Ora, il Signore conosce le vie che sono rette, ma quelle che sono a
sinistra sono perverse … » (Prov. IV, 7). Ma per farci
apprezzare i frutti di questa conoscenza che il Signore ha delle vie che sono
rette, cioè le vie dei giusti, il libro dei Proverbi aggiunge: « Perché Egli
raddrizzerà i vostri passi e vi condurrà in pace nel vostro cammino. » Ecco
perché il Profeta dice anche: « Io ho osservato i vostri comandamenti e le
vostre testimonianze. » E siccome noi gli domandiamo come abbia potuto
osservarli, egli risponde: «Perché tutte le mie vie sono davanti ai vostri
occhi, Signore. » (S. Agost.)
III. — 169-176.
ff. 169-171. — « La mia preghiera,
Signore, si sta avvicinando voi. » Una vita santa fa prendere alla preghiera il
suo slancio, gli dà delle ali spirituali che elevano fino a Dio le preghiere
dei santi. Lo spirito stesso nel quale noi preghiamo solleva la preghiera del
giusto, soprattutto se essa esce da un cuore contrito e da un’anima
compassionevole. Questa fiducia è il privilegio di un uomo consumato nella
virtù. Nei versetti precedenti, il Profeta domandava che la parola di Dio fosse
una luce per i suoi passi, per timore che non deviasse nella via che percorreva
sulla terra. Ora che è avanzato in questa via, e che è giunto quasi al termine
del viaggio, si eleva interamente più in alto. Egli dirige la sua preghiera
verso il cielo, la invia in presenza del suo Signore e del suo Salvatore,
dandogli, per elevarlo fin là, il soffio della giustizi, la brezza della
saggezza, le redini della fede e della pietà, il sostegno dell’innocenza e
della purezza. Perché il peccato appesantisce la preghiera e l’allontana da
Dio, ed è tanto più appesantita quanto più la vita di colui che prega è
maggiormente colpevole; al contrario, la preghiera dell’anima innocente e pura,
sale e si eleva a Dio senza ostacoli … Impariamo allora come la nostra
preghiera possa avvicinarsi a Dio, e ciò sarà per i nostri atti: se elevate le
vostre azioni, voi avete elevato la vostra preghiera. Colui che sa elevare le
sue mani dirige la sua preghiera alla presenza di Dio, come dice il Profeta in
un altro salmo: « Che la mia preghiera si innalzi come l’incenso in vostra
presenza, l’elevazione delle mani è come il sacrificio della sera » (Ps.
CXL, 2) … Egli aggiunge: « Datemi intelligenza secondo la vostra
parola. » Considerate ciò che egli domanda: non è l’intelligenza in generale,
ma l’intelligenza secondo la parola di Dio, perché c’è un’intelligenza che
conduce alla morte, come c’è anche una prudenza che porta l’uomo alla sua
perdita: « I figli di questo secolo, dice Gesù-Cristo, sono più scaltri nella
condotta dei loro affari dei figli della luce. » (Luc. XVI, 8). Ma questa
prudenza del secolo non ha alcuna utilità per la vita eterna; essa è tutta
intera applicata nell’ottenere gli onori, ad accumulare i guadagni, le proprie
ricchezze, piuttosto che attenta ad acquisire dei meriti per il cielo; essa è
più versata nella scienza degli elementi di questo mondo che nella vera
saggezza, come ogni filosofia che cerca ciò che è fuori dall’uomo, ignorando
quel che interessa di più; essa gli fa scrutare l’immensità del cielo,
percorrere la distesa della terra, cose non gli sono di utilità alcuna, e gli
lascia ignorare completamente Dio, cioè Colui che dovrebbe essere l’unico
oggetto delle sue ricerche. Così un vero saggio ci dice. « Se c’è qualcuno tra
voi che si ritiene saggio secondo il secolo, diventi folle per divenire saggio
» (I
Cor. III, 18, 19) … possa io imitare questa follia che mi sembra
saggia; possa io camminare sulle tracce di quest’uomo che dirige ogni sua
intenzione verso Dio, che respinge anche gli onori che gli vengono offerti, che
si preoccupa poco della filosofia profana, anche quando l’ha studiata, e come
precedentemente, la dissimula come se la ignorasse e la dimentichi cessando di
studiarla! Egli non cerca i propri interessi, ma l’utilità degli altri, e per
se stesso non cerca che il possesso dei beni eterni. Costui può dire: « Datemi
intelligenza secondo la vostra parola, » cioè non secondo i filosofi, secondo gli
avvocati, secondo i mercanti di questo secolo, secondo gli architetti dei
palazzi, ma secondo la vostra parola, che è il fondamento della vera saggezza e
delle buone opere, affinché possa posare su questo fondamento l’oro del suo
cuore, l’argento dei suoi discorsi, le pietre preziose delle sue azioni, ed
elevi così un edificio che non possa mai crollare, né perire. (S.
Ambr.). – « Che la mia supplica penetri fino alla vostra presenza. »
Vedete l’ordine che segue il salmista. Egli ha cominciato con il dire: « Che la
mia preghiera si avvicini, » poi ha domandato a Dio di dargli intelligenza
secondo la sua parola, ed in terzo luogo: « Che la mia supplica – dice –
penetri fino alla vostra presenza. » Forse il Signore non ci invita con una
certa familiarità, non ci riserva un’accoglienza piena di affetto? Quando desiderate
presentarvi ad un uomo potente della terra, non vi avvicinate dapprima alla sua
casa, non cercate poi di informarvi, di rendervi edotto sul carattere di colui
che l’abita; infine non domandate di entrare, per non essere esposto ad essere
rigettato? Bussate dunque alla porta del palazzo celeste; bussate, non con la
mano del corpo, ma come con la mano destra della preghiera. Non è soltanto la
mano che bussa, ma anche la voce, perché è scritto: « La voce del mio diletto
bussa alla porta. » (Cant. V, 2). Bussate alla porta, è
Gesù-Cristo che è questa porta, Egli che ha detto: « Se qualcuno entra
attraverso di me, sarà salvato. » (Giov. X, , 9). Quando avrete così bussato alla porta,
vedrete come vi entrerete, per timore che dopo essere entrati non siate ammessi
alla presenza del re. Ci sono molti che entrano nei loro palazzi e non sono
immediatamente introdotti presso questi re della terra; essi spiano per lungo
tempo il momento in cui potranno infine vederli. Essi non si lusingano di
ottenere da se stessi questo favore, ma vengono presentati solo dopo un ordine,
e cominciano col rivolgere una richiesta onde essere ricevuti con benevolenza,
ed hanno cura di evitare tutto ciò che possa infastidire o essere disdicevole.
Quanto più noi dobbiamo pregare Dio perché con la nostra preghiera si possa
attraversare la porta della sua misericordia! … Ora, qual è l’oggetto di questa
preghiera? È l’essere liberato da questo combattimento che si sostiene contro
le potenze del male e contro le tentazioni e le prove di questa vita (S.
Ambr.). – « Le mie labbra si
apriranno per lodarvi, quando mi avrete insegnato le vostre giustizie. » Costui
può aprire legittimamente le proprie labbra per lasciarne uscire le lodi di
Dio, colui che può dire: « Noi siamo il buon odore di Gesù-Cristo per Dio » (II
Cor. II, 45), che ha cominciato a gustare la soavità dei precetti del
Signore. Si, la sua bocca si spande in inni di lode, se comincia a produrre una
buona parola (Ps. XLIV, 2). Davide, precedentemente ha prodotto questa buona
parola; qui le sue labbra si aprono in inni di lode. In effetti, egli ha
gustato questo pane sì pieno di soavità che è disceso dai cieli, e di cui è
detto: colui che mangerà di questo pane non morrà in eterno. La parola di Dio
ha anche i suoi festini, gli uni più forti, più sostanziali, come la Legge, ed
il Vangelo; gli altri più soavi e squisiti, come i Salmi e i Cantici dei
cantici. La Chiesa o l’anima pia, faceva risentire questo inno, essa a cui Dio
il Verbo diceva: « Il vostro sposo diceva: la vostra voce è giunta alle mie
orecchie, perché la vostra voce è dolce, » (Cant. II, 14), ed anche
quella a cui lo sposo diceva: « La vostre labbra, mia sposa, sono il raggio che
distilla il miele; il miele ed il latte sono nella vostra bocca. » (Ibid.
IV, 11). Ma nessuno può elevare i suoi inni di lode, se non ha prima
appreso le giustizie di Dio, e se non le ha apprese alla scuola di Dio stesso.
Anche Davide chiede in modo speciale che Dio si degni di insegnargli, perché egli
aveva appreso per ispirazione dello Spirito che non vi era che un solo Maestro;
» (Matth.
XXIII, 10); e dappertutto vediamo domandare che Dio voglia ben rendersi
suo maestro, ed insegnargli i suoi ordini, pieni di giustizia … Nutriteci
dunque Voi stessi delle vivande squisite che racchiudono le sante Scritture, e
che questo nutrimento resti per la vita eterna. Qualunque sia il nutrimento di
tutti i giorni, prendete questo alimento divino per riempirvi, perché la vostra
anima possa espandersi abbondantemente in parole celesti. È così pure che il
Profeta voleva essere riempito quando diceva (Ps, LXXVIII, 8): « Che la
mia bocca si riempia di lodi, affinché io canti la vostra gloria. » (S.
Ambr.).
ff. 172-176. – « La mia lingua
loderà la vostra legge, perché tutti i vostri comandamenti sono peni di equità.
» Colui che è stato istruito delle giustizie di Dio, proclama la parola di Dio,
e colui la cui bocca si apre per proclamare la parola di Dio non dice parola
vana. La parola vana è quella che ha per oggetto le opere degli uomini (Ps.
XVI, 4). Ecco perché il santo Profeta domanda a Dio questa grazia che
la sua bocca non parli il linguaggio delle opere degli uomini, perché è una
parola non solo vana, ma pericolosa e di cui dobbiamo rendere conto al giudizio
di Dio (Matth. XII, 36). Non è ad un pericolo ordinario che vi
esponete, quando avendo tanti libri santi nell’Anrico e nel Nuovo Testamento,
che racchiudono la recita delle opere di Dio, voi li lasciate con negligenza,
per non parlare, per non intendere, per non gustare che il linguaggio del
secolo (S. Ambr.). – « Stendete la vostra mano per salvarmi, perché io
ho scelto i vostri comandamenti. » Il Profeta sembra qui chiedere l’avvento del
Signore, perché la mano di Dio, è Gesù-Cristo, che in altro salmo egli chiama
la destra di Dio « La destra del Signore ha fatto splendere la sua potenza, la
destra del Signore mi ha elevato (Ps. CXVII, 16) … Colui che ha scelto
volontariamente e di buon grado i comandamenti di Dio, gli chiede con sicurezza
di accordargli il suo soccorso divino, (S. Ambr.). « Io ho desiderato,
Signore, la vostra salvezza, e la vostra legge è la mia meditazione. » Gli uni
gioiscono nella speranza di vivere lungo tempo e desiderano prolungare questa
vita del corpo fino al limite dell’estrema vecchiaia; gli altri sono tormentati
dalle infermità della malattia, senza che possano dire con San Paolo: « … è
quando sono debole che sono forte. » (II Cor. XII, 10). Essi si stimano
felici se godono di una salute inalterabile, essi per i quali l’infermità non
sarebbe un’occasione di salvezza. Ora nessuno di essi può dire: « Io ho
desiderato la vostra salvezza, Signore, » perché essi cercano piuttosto la
salute del loro corpo che la salute di Dio, ed obbediscono piuttosto ai medici
che alle Scritture. I precetti della medicina sono nocivi per coloro che si
applicano alla conoscenza delle cose divine: essi allontanano dal digiuno,
proibiscono le veglie, si oppongono ad ogni idea di meditazione. Colui dunque
che si affida ai medici rinuncia ad ogni libertà; colui invece che cerca la
salute di Dio, segue Gesù-Cristo, la vera salvezza di Dio; egli cerca non ciò
che può lusingare il suo corpo, ma i beni eterni, mentre vive in questo corpo,
e si applica interamente, notte e giorno, alla meditazione dei decreti divini (S.
Ambr.). – « La mia anima vivrà e
vi loderà, ed i vostri giudizi saranno il mio sostegno. » È la ricompensa della
vita futura, e non quella della vita presente, che qui spera il Profeta; perché
come chiamare una vita di cui è scritto: « Voi mi ridurrete alla polvere della
morte. » (Ps. XXI, 16) … Qual vita quella dell’anima coperta da questo
involucro di morte! Qual è questa vita che passa come un’ombra? Noi siamo nella
regione dell’ombra di morte; la nostra vita è nascosta, non è libera, non avrà
tutta la sua libertà, tutta la sua espansione, che nella regione dei viventi,
nella quale il giusto ha la certezza di poter piacere a Dio (Ps.
CXIV, 9). È là che la nostra anima vivrà veramente, perché non avrà più
questo rivestimento di morte e di infermità, e non avrà da pagare il debito del
peccato; è là che essa loderà il Signore, allorché avendo spogliato il suo
corpo debole ed infermo, comincerà ad essere simile al corpo glorioso di
Gesù-Cristo … Ora, i giudizi di Dio sono veramente l’appoggio dei Santi, quando
Dio dà alle loro buone opere la ricompensa della vita eterna. Beato colui che
può dire: « E i vostri giudizi, saranno il mio appoggio. » Io sono debole, e la
coscienza che ho dei miei peccati mi ispira il timore, il terrore dei giudizi
di Dio. Questo pensiero mi turba e mi spaventa, mentre esso è il sostegno e la
meditazione dei Santi. Tuttavia questi giudizi, possono essere la forza ed il
sostegno del peccatore, benché in altro modo. Il santo vi trova il suo sostegno
quando è provato, il peccatore trova pure il suo sostegno quando è umiliato,
castigato, quando paga il doppio per i suoi crimini, le suo opere consumate,
purché sia salvato, ma come per il fuoco.
(S. Ambr.). – « Ho errato come pecora smarrita; cercate il
vostro servo, perché non ho dimenticato i vostri comandamenti. » Quanto facile
è per l’uomo lo sbandarsi lungo la via larga che lo conduce alla perdizione e
alla morte! Quanto stretta è la via che riporta a casa e alla vita! (Matth.
VII, 13). Il nostro spirito si smarrisce tutte le volte che pratichiamo
il sentiero dell’errore; il nostro cuore erra tutte le volte che si abbandona a
desideri colpevoli. Ma se siamo forzati nel dire con il Re- Profeta: « Io mi
sono smarrito come la pecora che va a morire, » cerchiamo almeno di aggiungere
con lui: « cercate il vostro servo, perché la pecora che si è smarrita deve
esser cercata dal pastore, perché in pericolo di morire. Ecco perché il Profeta
dice: « io ho errato ». Confessate dunque anche le vostre iniquità al fin di
essere giustificati. Questa confessione delle vostre colpe è comune a tutti gli
uomini, perché nessuno quaggiù è senza peccato; negare questa verità, è un
sacrilegio, perché Dio solo è senza peccato. Fare a Dio la confessione delle
proprie colpe, è il solo modo di sfuggire al castigo. « Io ho errato » – egli
dice – ma colui che ha sbandato, può rientrare nella via, può essere ricondotto
sulla retta via… « Cercate il vostro servo, perché io non ho dimenticato i
vostri comandamenti. » Venite dunque, Signore Gesù, cercate il vostro servo,
cercate questa pecora stanca e affaticata, venite buon Pastore, cercate di
nuovo le pecore di Giuseppe. La vostra pecora si è smarrita mentre voi
tardavate a venire e percorrevate le montagne. Lasciate dunque le novantanove
altre pecore e correte alla ricerca della sola che si è smarrita. Venite senza
i cani, senza i cattivi operai, venite senza mercenari, che non possono entrare
dalla porta; venite senza assistente, senza messaggero, da tempo attendo la
vostra venuta. Io so che dovete venire, « perché non ho dimenticato i vostri
comandamenti. » Venite, non con la verga, ma con la carità e lo spirito di
dolcezza. Non esitate a lasciare sulle montagne le altre novantanove pecore;
perché su queste montagne esse sono al riparo dalle escursioni dei lupi … Venite
a me che sono esposto ai loro attacchi; venite a me che, dopo essere stato
cacciato dal Paradiso, sono in preda alle suggestioni velenose del serpente,
perché mi sono separato dal resto del gregge. Voi mi avete posto nel Paradiso,
ma il lupo mi ha fatto uscire dall’ovile durante la notte. Cercatemi, perché
anche io vi cerco; degnate di prendere sotto la vostra protezione colui che
avete trovato e ponete sulle vostre spalle colui di cui vi dichiarate il
protettore. Non disdegnate questo pio fardello, non sia per Voi questo trasporto
un carico. Venite, dunque Signore, perché io ho errato, tuttavia « io non ho
dimenticato i vostri comandamenti, », ho conservato la speranza della mia
guarigione. Venite, Signore, perché soltanto Voi potete richiamare questa pecora
sbrancata. E correndo alla mia ricerca Voi non contristerete coloro che
lasciate, perché essi stessi gioiranno del ritorno del peccatore. Venite ad
operare la salvezza sulla terra e dare al cielo un grande motivo di gioia.
Venite dunque e cercate la vostra pecora, non con i mercenari, ma da Voi
stesso. Ricevetemi in questa carne decaduta in Adamo … portatemi sulla croce
che è la salvezza dei peccatori smarriti, il solo riposo delle anime
affaticate, la fonte unica di vita per tutti coloro che son morti. (S.
Ambr.).