SALMI BIBLICI: “CONFITEBIMUR TIBI, DEUS” (LXXIV)

SALMO 74: “CONFITEBIMUR TIBI, DEUS, confitebimur”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 74

In finem, ne corrumpas. Psalmus cantici Asaph.

[1] Confitebimur tibi, Deus, confitebimur,

et invocabimus nomen tuum; narrabimus mirabilia tua.

[2] Cum accepero tempus, ego justitias judicabo.

[3] Liquefacta est terra et omnes qui habitant in ea, ego confirmavi columnas ejus.

[4] Dixi iniquis: Nolite inique agere, et delinquentibus: Nolite exaltare cornu.

[5] Nolite extollere in altum cornu vestrum; nolite loqui adversus Deum iniquitatem.

[6] Quia neque ab oriente, neque ab occidente, neque a desertis montibus.

[7] Quoniam Deus judex est; hunc humiliat, et hunc exaltat:

[8] quia calix in manu Domini vini meri, plenus misto. Et inclinavit ex hoc in hoc, verumtamen fæx ejus non est exinanita; bibent omnes peccatores terrae.

[9] Ego autem annuntiabo in sæculum; cantabo Deo Jacob.

[10] Et omnia cornua peccatorum confringam; et exaltabuntur cornua justi.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXIV

Ammonizione a viver bene ed a depor l’alterigia, perché il giusto e severo giudizio è imminente. —

Parlano quindi i giusti, quando il Profeta e quando il Dio medesimo.

Per la fine: non dispergere; salmo e cantico dì Asaph.

1. Noi darem laude a te, o Dio; ti darem laude, e invocheremo il tuo nome.

2. Racconterem le tue meraviglie; quando io avrò preso il tempo, io giudicherò con giustizia.

3. Si è strutta la terra con tutti i suoi abitatori; io fui che alle colonne di lei diedi saldezza.

4. Ho detto agl’iniqui: Non vogliate operare iniquamente; e ai peccatori: Non vogliate alzar le corna.

5. Non vogliate alzar in alto le vostre corna; non vogliate parlar contro Dio iniquamente.

6. Imperocché né ad oriente, né ad occidente, né sulle montagne deserte (avrete scampo); (1) perocché il giudice è Dio.

7. Egli umilia l’uno, e l’altro esalta, perché il Signore ha nella mano un calice di vin pretto, (calice) pieno di amara mistura.

8. E da questo ne mesce in altro (calice); ma la feccia di esso non è consumata: ne berranno tutti i peccatori della terra.

9. Ma io per tutti i secoli annunzierò, e canterò laudi al Dio di Giacobbe. (2)

10. Perocché io spezzerò tutte le corna dei peccatori; ma i giusti alzeranno le loro teste. (3)

(1) Né dalle montagne del deserto, sottinteso, ci verrà il soccorso, la liberazione. Questo deserto è probabilmente l’Arabia, ove si trovano le montagne sinaitiche.

(2) Ex hoc in hoc, ex hoc poculo in hoc poculum, o ex hac parte in aliam partem.

(3) Questo salmo ed il seguente, sono stati composti – dicono un certo numero di esegeti – in occasione della miracolosa sconfitta di Sennacherib ed in azione di grazie per la liberazione del popolo di Dio.

Sommario analitico

In questo salmo, c’è come un dialogo tra il Profeta ed il Cristo sul futuro giudizio (2).

I.- Il Profeta, a nome dei giusti, promette di celebrare le lodi di Dio: 

1° con lo spirito e con il cuore, per la gloria di Dio, invocandolo per la sua utilità; 

2° raccontando agli altri le sue meraviglie (1).

II. – Gesù-Cristo:

1° predice che a tempo debito, eserciterà il suo giudizio sugli uomini, giudizio che farà sciogliere per la paura le anime imperfette, e fortificherà le perfette (2, 3);

2° esorta gli empi a rinunciare al loro orgoglio nelle loro opere, nei loro pensieri, nei loro discorsi (4, 5);

3° li avverte che essi non troveranno alcun soccorso, alcun rifugio contro di Lui (6);

4° annuncia loro il castigo del loro orgoglio: – a) essi saranno rovesciati dalle loro elevate posizioni (7); – b) berranno la coppa della collera di Dio (8); – c) passeranno da un supplizio all’altro, senza speranza di vederli mai conclusi (9);

III. – Il Profeta, nel suo nome, promette di celebrare per sempre le lodi del Dio di Giacobbe (9).

IV. – Gesù-Cristo predice di nuovo l’umiliazione dei superbi e l’esaltazione degli umili (10).

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1.

ff. 1. – Le prime parole di questo salmo sono come un cantico di liberazione e di azioni di grazie che i giusti intonano al pensiero del giudizio che deve affrancarli dal giogo tirannico che i malvagi hanno per così lungo tempo fatto pesare su di loro: Noi vi loderemo, o Dio! Noi vi loderemo ed invocheremo il vostro Nome. Noi racconteremo le vostre meraviglie. – Noi dobbiamo sempre cominciare col rendere a Dio i nostri doveri, che sono la lode e le azioni di grazie; in seguito dobbiamo domandargli le sue grazie ed invocare il suo Nome, cioè il suo soccorso.

II. – 2-9.

ff. 2. – Voi chiamate in voi colui che Voi invocate. Che cos’è in effetti invocare se non chiamare in se stesso? Se Dio è invocato da voi, cioè chiamato in voi a quali condizioni vi si avvicinerà? Egli non si avvicina all’orgoglioso. Dio è elevato, ma colui che si eleva non arriva a Lui. Quando noi vogliamo raggiungere gli oggetti posti in alto, noi ci ingrandiamo, e se non possiamo raggiungerli, cerchiamo degli strumenti e delle scale per elevarci all’altezza di questi oggetti; Dio agisce in senso contrario, Egli è elevato e non è raggiungibile che dagli umili. È scritto: « il Signore è vicino a coloro con il cuore infranto » (Ps. XXXIII, 19). La contrizione del cuore è la pietà, è l’umiltà. Colui che è contrito si irrita contro se stesso, perché Dio gli sia propizio; che sia il proprio Giudice, perché Dio sia il suo difensore. Dio viene dunque quando è invocato. Ma a chi viene? Egli non viene verso l’orgoglioso (S. Agost.). ascoltate un’altra testimonianza di questa verità: « Grande è il Signore, Egli guarda le cose basse, e conosce da lontano le cose elevate » (Ps. CXXXVII, 6). Il Signore è grande, Egli guarda da vicino le cose basse, mentre guarda da lontano le cose elevate. E perché è detto che Dio riguarda gli umili, per paura che i superbi non gioiscano della speranza dell’impunità, come se Dio, abitando i cieli non conoscesse il loro orgoglio; la Scrittura dice pure, per tenerli nel timore: Io vi vedo e vi conosco, ma da lontano. Egli fa la felicità di coloro che avvicina; quanto a voi, uomini orgogliosi, uomini che vi levate arrogantemente, voi non resterete impuniti, perché Egli vi conosce, e voi non sarete felici perché Egli vi conosce da lontano (S. Agost.). – Quando Dio giudicherà secondo giustizia? « Quando sarà giunto il suo tempo ». Non è ancora il suo tempo. Rendiamo grazie alla sua misericordia; Egli predica dapprima la giustizia e giudica in seguito i giudici; perché se volete giudicare prima di predicare chi si troverebbe per liberare? Chi si troverebbe per assolvere? Ora dunque è il tempo della predicazione: « Io racconterò – egli dice – tute le vostre meraviglie ». Ascoltate questo narratore, ascoltate quest’altro predicatore; perché Egli vi dice, che se lo disprezzate: « … quando sarà giunto il mio tempo, Io giudicherò i giudici ». Oggi Io rimetto i peccati a chi li confessa; più tardi Io non risparmierò coloro che mi hanno disprezzato; o Signore, io celebrerò la vostra misericordia ed il vostro giudizio (Ps. C, 1), dice il Profeta in un altro salmo: « … la vostra misericordia ed il vostro giudizio »; la misericordia per il presente ed il giudizio per l’avvenire; la misericordia per la quale i peccati sono rimessi; il giudizio per il quale i peccati saranno puniti. Voi volete non temere Colui che punisce i peccati? Amate Colui che li rimette; guardatevi dal disdegnarlo, di elevarvi con l’orgoglio e di dire: io non ho niente da farmi perdonare (S. Agost.). – San Paolo ci fa conoscere che c’è in effetti non soltanto un tempo, ma un giorno designato per questo giudizio di giustizia che Dio deve esercitare. « Dio annuncia ora agli uomini che tutti faccianno, in tutti i luoghi, penitenza, perché Egli ha stabilito un giorno per giudicare il mondo secondo la giustizia, per colui che Egli ha destinato ad esserne giudice, confermando la fede di tutti resuscitandoli dai morti ». (Act. XVII, 30, 31). In questo giorno di cui Dio dice qui: « … quando avrò preso il mio tempo, Io giudicherò secondo le regole della mia infallibile giustizia ». A Dio solo, in effetti, appartiene il parlare della sorte; a Dio solo appartiene il prendere il suo tempo per giudicare, per punire. Egli non esercita ancora questo rigoroso ed infallibile giudizio; Egli non fa ancora questo discernimento terribile tra i buoni ed i malvagi, … perché? Perché Egli prende il suo tempo e ha scelto il suo giorno, ove farà apparire la sua giustizia nei confronti di tutto l’universo. Ecco ciò che spiega uno dei più insondabili misteri del governo della Provvidenza sulla terra, questa pazienza, questa longanimità, questo silenzio di Dio rispetto ai crimini ed alle prevaricazioni senza numero degli individui come delle nazioni; pazienza, longanimità, silenzio che giungono fino a far dubitare, a far negare agli empi che Dio si occupa delle cose umane. – La spiegazione di questo mistero di pazienza è in queste parole: « … quando Io ho preso il mio tempo ». Dio ha il tempo per Lui, ed il tempo verrà. C’è una cosa che non dovete mai ignorare – dice San Pietro -: che agli occhi di Dio, un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno. Così il Signore non ritarda il compimento della sua promessa, come qualcuno potrebbe immaginare; ma Egli usa la pazienza a causa vostra, non volendo che nessuno perisca, ma che tutti facciano ricorso alla penitenza (II Piet. III, 9-10). – Il senso primo e letterale di questo versetto è che Dio giudicherà secondo le regole della giustizia, e non i giusti! Secondo la spiegazione di un gran numero di interpreti, tuttavia questo ultimo senso può essere ammesso sotto il beneficio delle importanti lezioni che racchiude. « Voi che desiderate l’avvento del vostro Salvatore, temete l’esame severo del Giudice, temete Colui che ha detto: Io scruterò, Io visiterò Gerusalemme con la lampada in mano ». La sua vista è penetrante, niente sfugge al suo sguardo. Egli scruterà i reni ed i cuori, ed il pensiero dell’uomo sarà forzato a rendere omaggio alla sua giustizia. Quale sicurezza c’è per Babilonia, se Gerusalemme deve essere esaminata in tal modo? Gerusalemme qui è il simbolo di coloro che, in questo mondo, imitano, con la professione della vita sacerdotale o religiosa, la santità degli abitanti della celeste Gerusalemme, mentre Babilonia rappresenta coloro che sono nel turbinio di tutti i vizi e la confusione di tutti i crimini. È di questi peccatori manifesti che San Paolo dice: « I peccati di alcuni uomini si manifestano prima del giudizio » (I Tim. V, 24); essi reclamano il castigo piuttosto che l’esame ed il giudizio. Ma per i miei peccati, a me che sono religioso, prete, abitante di Gerusalemme, essi sono nascosti, coperti dal nome e dall’abito religioso; « Essi non possono essere riconosciuti se non dopo l’esame »; essi hanno bisogno di essere ricercati e discussi con la più grande cura, e non possono uscire dalle tenebre per rilucere nel gran giorno con l’ausilio di una torcia. È a questa ricerca scrupolosa, a questo esame accurato, che fa allusione il Salmista, quando dice nel nome del Signore: « Quando Io avrò preso il mio tempo, Io giudicherò i giudici » (S. BERN. Serm. LV in Cant.). – C’è un senso sublime in questa espressione « quando Io avrò preso il tempo per giudicare »; essa fa conoscere che il tempo è in mano a Dio e che Egli ne dispone come Gli piace; essa ci avverte di essere sempre pronti a rendere conto delle nostre azioni, perché in tutti i momenti, noi possiamo essere citati al tribunale del Giudice sovrano. Dio ci accorda il tempo per prepararci a questo giudizio, e ci nasconde i limiti di questo tempo, affinché non cessiamo di prepararci (Berthier). – « Quando il tempo stabilito sarà giunto, allora Io giudicherò », per farci intendere che anche al suo sguardo c’è un tempo per giudicare, ed un tempo per perdonare. E ci dice San Gregorio che, con insostenibile temerarietà, noi vogliamo giudicare in ogni tempo. Prima che Dio abbia preso il suo tempo, noi prendiamo il nostro, e lo prendiamo quando e come ci piace (Bourdiol: Jug. Tém.). 

ff. 3. – Non è qui il cuore dei giusti che prende la parola, come pensa Bellarmino, ma il Signore che continua a parlare. « La terra fonde ed i suoi abitanti sono passati ». nel giorno del giudizio la terra e tutti coloro che la abitano, saranno distrutti. Il Signore ne parla come di una cosa già fatta, per sottolineare la certezza dell’avvenimento. L’apostolo S. Pietro attesta la stessa verità: « Ora, i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della rovina degli empi » (II Piet. III, 7). Allo spettacolo degli avvenimenti terribili che precedono queste grandi assise del Giudizio universale, « … gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra » (Luc. XXI, 26). Tuttavia il Signore dichiara che ha consolidato e raffermato le colonne, le sostiene dalla terra, perché non siano ridotte in cenere, ed ha fortificato i giusti che ne sono le colonne, affinché possano levare la testa, perché la loro redenzione si avvicina. Il profeta Gioele predice sia questo terrore degli abitanti della terra, sia questa forza che il Signore darà ai suoi eletti: « Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa sentire la sua voce; tremano i cieli e la terra. Ma il Signore è un rifugio al suo popolo, una fortezza per i figli di Israele » (Gioele IV, 16). – Queste parole esprimono anche, se si vuole, questa corruzione generale della terra, tutta fusa nella mollezza e nelle delizie di questa vita, e Dio ne trae qualcuno da questa massa corrotta e li rafferma nella sua grazia come sue colonne. « La terra si è come fusa », e cosa intendete con “questa terra”? Tutti coloro che la abitano, vale a dire coloro i cui pensieri, tutte le affezioni hanno la terra come oggetto unico, perché ciascuno è, in realtà, ciò che ama; se amate Dio, siete nel numero di coloro a cui il Signore ha detto, per bocca del suo profeta. « … voi siete degli dei ». La terra è in fusione, quando i cuori degli uomini si rammolliscono, si fondono e si liquefano nelle impure fornaci del vizio, delle concupiscenze, delle prevaricazioni che li profanano e li fanno appassire. 

ff. 4-7. – È il salmista, o se si vuole, il Signore che parla in questo versetto, e trae dal discorso di Dio la conseguenza che gli empi ed i malvagi hanno timore dell’inevitabile giudizio di Dio. – « Non vi elevate dunque, e le vostre parole non imputino a Dio l’iniquità ». Ascoltate ora il linguaggio di un gran numero di uomini: ciascuno di voi lo ascolti e sia toccato di compunzione. Cosa dicono ordinariamente gli uomini? Veramente Dio giudica le cose umane?Questo è il giudizio di Dio? O ancora. Dio si occupa di ciò che succede sulla terra? Ci sono tanti ingiusti che rigurgitano di beni, e tanti innocenti che sonno carichi di malanni!  Ma ecco che a questo felice del secolo giunge non so quale malanno, castigo ed avvertimento di Dio; egli non ignora lo stato della sua coscienza, non ignora che possa avere da soffrire a motivo dei suoi peccati, da dove trarrà dunque argomenti contro Dio? Egli non può dire: io sono giusto; cosa pensiamo dunque che dirà? Ci sono più ingiusti di me, e tuttavia non soffrono questi mali. Ecco l’iniquità che gli uomini imputano a Dio con il loro linguaggio. Vedete quale ingiustizia, perché questo uomo, volendo apparire giusto, accusa Dio di ingiustizia per il giudizio di cui soffre, e pretende di essere giusto, poiché dice di soffrire ingiustamente. Io vi domando, miei fratelli è equo che Dio sia considerato come ingiusto e voi come giusti? Ora quando usate un tale linguaggio, le vostre parole imputano a Dio l’iniquità (S. Agost.). – In questo giorno, il giusto Giudice distruggerà tutti i pretesti, annienterà tutte le scuse che i peccatori tenteranno di opporre ai colpi della sua giustizia: « Io ho detto ai malvagi: Non commettete l’iniquità, ed ai peccatori la cui empietà provoca la mia collera: non ritenetevi autorizzati dal mio appoggio per rinnovare la fila delle vostre iniquità, e soprattutto non levate la testa contro di me per rinnovare le vostre bestemmie ». Quale scusa resterà loro? Sotto quali circostanze attenuanti potranno rifugiarsi? – Il giudice delle vostre iniquità, è Dio. Se c’è Dio, Egli è presente dappertutto. In quale luogo vi potrete sottrarre agli occhi di Dio, per dire qualcosa che Egli non intenda? Se il giudizio di Dio viene dal lato d’oriente, fuggite in Occidente e dite contro Dio ciò che vorrete; se viene dall’Occidente, passate in Oriente e là parlate senza fermarvi; se esso viene dai deserti e dalle montagne, andate in mezzo ai popoli, e là mormorate sommessamente contro di Lui. Costui non giudica di alcun luogo chi è nascosto ovunque, che nessuno può vedere mai, che nessuno ha il potere di ignorare. Vedete dunque cosa fate. Le vostre parole imputano a Dio l’iniquità. Ora la Scrittura vi dice: « … lo Spirito del Signore ha riempito l’universo e, siccome contiene tutto, Egli conosce tutto ciò che si dice: ecco perché colui che pronuncia parole inique non può restare nascosto » (Sap. I- 7, 8). Non crediate dunque che Dio sia in tale o tal altro luogo; Egli è con voi ciò che voi siete con voi stessi. Che significa ciò che voi siete voi stessi? Buono, se voi siete buono, e malvagio ai vostri occhi se siete malvagio; soccorritore, se siete buono, vendicatore delle vostre colpe, se siete malvagio. Voi avete un giudice dentro di voi. Forse volete fare qualche male, lasciate i luoghi pubblici per rifugiarvi nel segreto della vostra casa, ove nessun nemico possa controllarvi; dagli spazi della vostra casa che sono accessibili a tutti ed esposti agli sguardi, vi ritirate nella vostra camera, ancora nella vostra camera voi temete un testimonio, vi ritirate nel vostro cuore, e voi rifletterete che Dio è proprio la, più intimo per voi che questo fondo del vostro cuore. In qualunque parte dunque che voi fuggiate, Dio ivi si trova. Ove fuggirete voi stesso? In quale luogo fuggirete? Ma poiché Dio è ancora più profondo del vostro cuore di voi stesso, voi non potete fuggire un Dio irritato, se non tra le braccia di un Dio placato. Voi non potete fuggire da nessun’altra parte. Volete dunque sfuggire a Dio? Gettatevi in Dio, in Lui stesso. Che le vostre parole di conseguenza, non imputino a Dio l’iniquità, anche nel luogo segreto in cui parlate (S. Agost.). – « Pensate qui a ciò che potrete rispondere »; pensateci quando è tempo, ed il pensiero ne possa trarre utilità. Non asserite più la vostra debolezza, non mettete il vostro appoggio nella vostra fragilità. La natura era debole, la grazia era forte; voi avete una carne che brama contro lo spirito, voi avete uno spirito che desidera contro la carne; avete delle malattie, ma avete anche dei rimedi nei Sacramenti; voi avete un tentatore, ma avete pure un Salvatore; le tentazioni sono sempre presenti, le ispirazioni non lo sono da meno; gli oggetti sono sempre presenti, e la grazia sempre pronta, e voi potete almeno fuggire ciò che non potreste vincere. Infine, da qualunque lato vi giriate, non vi resta più alcuna scusa, alcun sotterfugio, alcun mezzo di evasione, voi siete presi e condannati. Ecco perché il profeta Geremia dice che « … i peccatori saranno in quel giorno come colui che è preso in flagranza di delitto » (Gerem. II, 26). Egli non può negare il fatto, non può scusarlo, non può difendersi con la ragione, né scappare con la fuga (Bossuet). – « Non vi verrà alcun soccorso da parte degli astri che si levano, né da parte degli astri che si posano, né da parte dei deserti o delle montagne, perché è Dio solo che è il vostro Giudice ». Ecco la grande ragione che chiude tutte le bocche, chiude ogni discussione e rende impossibile ogni difesa. « Il giudice è Dio »; vale a dire Colui che è tutta intelligenza, tutta scienza, tutta saggezza, tutta potenza; Colui che è la giustizia sovrana e di conseguenza, inevitabile; divina, e di conseguenza infinita … « Perché è Dio stesso che è giudice ». Non ci sono appelli contro il giudizio di Dio. Che il peccatore si porti ad Oriente, ad Occidente, nel deserto, nelle cavità delle rocce, nelle gole delle montagne, Dio è giudice dappertutto, niente sfugge alle sue conoscenze né alla forza del suo braccio. Egli umilia i grandi, se sono stati orgogliosi, ed eleva i poveri che sono stati umili di cuore; Egli ha nella sua mano la coppa in cui versa il vino della collera – secondo l’espressione del Profeta – ed è necessario che i peccatori bevano questo calice di amarezza fino alla feccia. Questa è la fine dei destini umani. È a questo tribunale di ogni verità e di ogni giustizia che devono giungere tutti i nostri pensieri, tutti i nostri progetti e tutte le nostre opere. Non si potrà protestare contro questo tribunale, né addurre l’ignoranza, tutte le pagine dei santi Libri ce l’annunciano; … né le passioni, perché il pensiero di questo tribunale ne è il rimedio; … né la debolezza della nostra natura, perché i milioni di Santi deboli come noi si sono resi favorevoli il Giudice sovrano; … né l’imbarazzo delle cure della terra, poiché la nostra cura primaria deve essere occuparci del giudizio di Dio. Questo sarà uno dei più grandi rimorsi dei riprovati: il pensare che essi sono condannati da un tribunale il cui ricordo doveva salvarli (Berthier).

ff. 8, 9. – « Dio abbassa l’uno ed eleva l’altro ». Chi è abbassato da questo Giudice sovrano? Esaminate i due uomini che erano insieme nel tempio, e vedrete qual è colui che sia abbassato e colui che sia elevato (Luc. XVIII, 10, 11). « Chiunque si eleva sarà abbassato e chiunque si abbassa sarà elevato ». Ecco che il versetto del salmo spiega. Che fa Dio quando giudica? Egli abbassa l’uno ed eleva l’altro; Egli abbassa i superbi ed eleva gli umili (S. Agost.). – Questa coppa di Dio si abbassa a volte sul popolo, sugli individui, a volte sugli altri. Secondo che la sua giustizia e la sua misericordia lo richiedano, è quella di cui il Signore diceva a Geremia. « Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti invio, perché ne bevano, ne restino inebriate ed escano di senno dinanzi alla spada che manderò in mezzo a loro ». Presi dunque la coppa dalle mani del Signore e la diedi a bere a tutte le nazioni alle quali il Signore mi aveva inviato: …. Tu riferirai loro: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Bevete e inebriatevi, vomitate e cadete senza rialzarvi davanti alla spada che io mando in mezzo a voi. Se poi rifiuteranno di prendere dalla tua mano il calice da bere, tu dirai loro: Dice il Signore degli eserciti: « Certamente ne berrete! » (Gerem. XXV, 15, 28). – È questa coppa di cui Dio diceva all’infedele Gerusalemme: « Berrai la coppa di tua sorella, profonda e larga, sarai oggetto di derisione e di scherno; la coppa sarà di grande capacità. Tu sarai colma d’ubriachezza e d’affanno, coppa di desolazione e di sterminio era la coppa di tua sorella Samaria. Anche tu la berrai, la vuoterai, ne succhierai i cocci, ti lacererai il seno » (Ezech. XXIII, 31, 34). – Che il santo e divino salmista abbia elevato divinamente questa bella distinzione dei beni e dei mali! Io ho visto – Egli dice – nella mano di Dio, c’è una coppa piena di tre liquori: c’è in primo luogo il vino puro, « vini meri »; c’è secondariamente il vino misto, infine c’è la feccia. Che significa il vino puro? La gioia dell’eternità, gioia che non è alterata da alcun male, non misto a nessuna amarezza. Che significa questa feccia? Se non il supplizio che non è temperato da alcuna dolcezza. E cosa rappresenta questo vino misto? Se non questi beni e questi mali che l’uso può far cambiare di natura, come noi proviamo nella vita presente. O la bella distinzione dei beni e dei mali che il Profeta ha cantato! Ma saggia è la dispensa che la Provvidenza ne ha fatto! Ecco i tempi della miscela; ecco i tempi del merito, in cui bisogna esercitare i buoni per provarli, e sopportare i peccatori per attenderli: e si versano in questa miscela questi beni e questi mali mescolati, di cui i saggi sanno approfittare, mentre gli insensati ne abusano, ma questi tempi di miscela finiranno. Venite, spiriti puri, spiriti innocenti, venite a bere il vino puro di Dio, la sua felicità senza mistura. E voi, malvagi induriti, malvagi eternamente separati dai giusti, non vi è per voi felicità, niente più danze, banchetti, giochi; venite a bere tutta l’amarezza della vendetta divina  (Bossuet, Serm. sur la Prov.). – La Provvidenza di Dio porta nella sua mano una coppa piena del vino rude ed amaro della cupidigia, essa vi mescola tutto ciò che sia contrario alle passioni e che è proprio nel punirle; essa agita questa coppa e ne rimuove gli sgradevoli liquori, secondo i bisogni che ne hanno coloro ai quali essa la presenta. Se non fossero privi del gusto della verità e della giustizia, essi gli renderebbero grazie di ciò che essa spande sui loro ingiusti desideri delle salutari amarezze, secondo l’espressione di S. Agostino… I più giusti hanno bisogno di bere in questa coppa e di berne anche più di una volta. Senza questo contro-veleno, la loro virtù anche li rigonfierebbe; senza questo mezzo per espiare i loro peccati, essi li conoscerebbero poco e ne farebbero una penitenza imperfetta. Quelli che sono testimoni delle loro prove e che non ne conoscono né le ragioni né la necessità, le lamentano come malaugurate, o le considerano pure come egualmente indegne dell’attenzione di Dio e di quella degli uomini. Ma è da queste prove che essi sono purificati e che diventano degni della qualifica di figli di Dio … Le afflizioni comuni qui ai buoni ed ai malvagi, al popolo di Dio ed alle nazioni infedeli, sono piuttosto delle lezioni che dei castighi; esse non sono che leggeri efflussi della coppa, molto diversi dalla feccia riservata agli empi, ai peccatori impenitenti. Questa feccia che è nel fondo della coppa, è una figura degli ultimi tempi, e di una giustizia senza miscela di misericordia (Rendu). 

III. — 10.

ff. 10. – « Ed Io distruggerò tutti le potenze dei peccatori ». I peccatori non vogliono che si distruggano le loro potenze; ma nessuno dubita che queste potenze non saranno alla fine distrutte. Non volete che Dio le distrugga all’ultimo momento? Distruggetele voi stessi oggi. Voi avete inteso ciò che è detto più in alto; tenete gran conto di queste parole: … io ho detto agli ingiusti: « astenetevi dal commettere l’iniquità, ho detto a coloro che l’avevano commessa, astenetevi dal sollevare potenza ». Se quando vi si dice: « Astenetevi dal sollevar potenza », voi disprezzate questo consiglio e levate orgogliosamente la fronte, la fine verrà e compirà quella minaccia: « Io distruggerò tutte le potenze dei peccatori, e le potenze dei giusti saranno elevate ». Le potenze dei peccatori sono le vane dignità dell’orgoglio; i corni dei giusti sono i doni di Cristo. In effetti si intende per corno, tutto ciò che sia elevato. Odiate in questa vita ogni elevazione terrena, per giungere all’elevazione celeste. Se voi amate le grandezze della terra, Dio non vi ammetterà alle grandezze del cielo, e per vostra confusione vi distruggerà le potenze; ed anche ciò che sarà della vostra gloria, se eleva allora i vostri corni. È ora il momento di scegliere, allora sarà troppo tardi. Voi allora non potrete dire: lasciatemi fare la mia scelta, perché siete prevenuto da questa minaccia: « Io ho detto agli empi ». Se non avessi detto niente, potevate preparate le vostre scuse, preparare la vostra difesa; se al contrario, Io ho detto: fate prima la vostra confessione per non arrivare alla vostra condanna; perché allora ogni confessione sarà inutile ed ogni difesa impossibile (S. Agost.). – L’orgoglioso è come quel mostro terribile che vide Daniele: egli aveva dei lunghi denti di ferro, che divorava e stritolava, calpestando il resto con i piedi; esso era diverso da tutte le altre bestie ed aveva dieci corni (Dan. VII, 7). Questi dieci corni dell’empio e del peccatore orgoglioso sono: 1° la scienza infatuata, gonfia di sé; 2° la prudenza del mondo; 3° la vana gloria; 4° la presunzione; 5° l’arroganza; 6° la superbia, 7° la bellezza fisica; 8° l’amore dei piaceri, 9° la ricchezza della terra; 10° gli onori, le dignità, i favori del mondo. Il piccolo corno che si leva in mezzo ad essi, con gli occhi simili a quelli di un uomo ed una bocca che proferisce grandi cose, è l’ipocrisia aggiunta a tutti i vizi che precedono. 

SALMI BIBLICI: “UT QUID, DEUS, REPULISTI IN FINEM” (LXXIII)

sALMO 73: “UT QUID, DEUS, REPULISTI IN FINEM”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 73

[1] Intellectus Asaph.

     Ut quid, Deus, repulisti in finem,

iratus est furor tuus super oves pascuæ tuæ?

[2] Memor esto congregationis tuæ, quam possedisti ab initio. Redemisti virgam hæreditatis tuae, mons Sion, in quo habitasti in eo.

[3] Leva manus tuas in superbias eorum in finem. Quanta malignatus est inimicus in sancto!

[4] Et gloriati sunt qui oderunt te in medio solemnitatis tuae; posuerunt signa sua, signa;

[5] et non cognoverunt sicut in exitu super summum. Quasi in silva lignorum securibus

[6] exciderunt januas ejus in idipsum; in securi et ascia dejecerunt eam.

[7] Incenderunt igni sanctuarium tuum, in terra polluerunt tabernaculum nominis tui.

[8] Dixerunt in corde suo cognatio eorum simul: quiescere faciamus omnes dies festos Dei a terra.

[9] Signa nostra non vidimus; jam non est propheta; et nos non cognoscet amplius.

[10] Usquequo, Deus, improperabit inimicus? irritat adversarius nomen tuum in finem?

[11] Ut quid avertis manum tuam, et dexteram tuam de medio sinu tuo in finem?

[12] Deus autem rex noster ante saecula, operatus est salutem in medio terrae.

[13] Tu confirmasti in virtute tua mare; contribulasti capita draconum in aquis.

[14] Tu confregisti capita draconis; dedisti eum escam populis Aethiopum.

[15] Tu dirupisti fontes et torrentes; tu siccasti fluvios Ethan.

[16] Tuus est dies, et tua est nox; tu fabricatus es auroram et solem.

[17] Tu fecisti omnes terminos terrae; aestatem et ver tu plasmasti ea.

[18] Memor esto hujus, inimicus improperavit Domino, et populus insipiens incitavit nomen tuum.

[19] Ne tradas bestiis animas confitentes tibi, et animas pauperum tuorum ne obliviscaris in finem.

[20] Respice in testamentum tuum, quia repleti sunt qui obscurati sunt terrae domibus iniquitatum.

[21] Ne avertatur humilis factus confusus; pauper et inops laudabunt nomen tuum..

[22] Exsurge, Deus, judica causam tuam; memor esto improperiorum tuorum, eorum quae ab insipiente sunt tota die.

[23] Ne obliviscaris voces inimicorum tuorum: superbia eorum qui te oderunt ascendit semper.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXIII

Salmo d’intelligenza, cioè da ben meditare, che espone l’afflizione del popolo ebreo, quando fu seguitato da Antioco l’illustre.

Salmo d’intelligenza per Asaph.

1. E perché, o Dio, ci hai tu rigettati per sempre, si è infiammato il tuo sdegno contro le pecorelle della tua greggia?

2. Ricordati della tua congregazione, che tua fu fin da principio. Tu comperasti il dominio di tua eredità; il monte di Sion fu il luogo di tua abitazione.

3. Alza per sempre il tuo braccio contro la loro superbia; quanti mali ha commesso il nemico nel Santuario! (1).

4. E color che ti odiano se ne vantarono nel luogo stesso delle tue solennità.

5. Hanno poste (e non v’han fatto riflessione) le loro insegne: le insegne sulla sommità del tempio, come ad un capo di strada.

6. Hanno similmente spezzate con accette le sue porte, come si fa degli alberi nella foresta; colla scure e colle accette lo hanno atterrato.

7. Han dato fuoco al tuo santuario; han profanato il tabernacolo, che tu avevi sopra la terra.

8. Ha detto in cuor suo tutta la loro nazione: Leviam di sopra la terra tutti i giorni consacrati al culto di Dio.

9. E noi non veggiam que’ nostri prodigi, (2) né v’ha più alcun profeta, ed egli più non ci riconosce.

10. E fino a quando, o Dio, insulterà il nemico, e l’avversario bestemmierà continuamente il tuo nome? (3).

11. E perché ritiri tu la tua mano? Tira fuor dal tuo seno la tua destra una volta per sempre.

12. Ma Dio, il quale da secoli è nostro Re, ha operato salute nel mezzo della terra.

13. Tu desti, col tuo potere, saldezza al mare; tu le teste dei dragoni conculcasti nelle acquea.

14. Tu spezzasti le teste del dragone: il facesti preda de’ popoli d’Etiopia. (4).

15. Tu apristi le rupi in fontane e torrenti; tu asciugasti i fiumi nella loro forza (5).

16. Tuo è il giorno, e tua è la notte; tu creasti l’aurora e il sole.

17. Tu facesti la terra e i suoi confini; opera tua sono e l’estate e la primavera.

18. Di queste cose ricordali. Il nemico ha detti improperii contro il Signore; e un popolo stolto ha bestemmiato il tuo nome.

19. Non dare in poter delle bestie le anime di quelli che te onorano, e non ti scordar per sempre dell’anime de’ tuoi poveri.

20. Volgi lo sguardo alla tua alleanza; perocché i più oscuri uomini della terra hanno copia di case iniquamente occupate.

21. L’uomo umiliato non si parta (da te) svergognato; il povero e il bisognoso daran lode al tuo nome.

22. Levati su, o Signore, giudica la tua causa; ricordati degli oltraggi fatti a te, di quelli che un popolo stolto ti fa tutto giorno.

23. Non ti scordare delle voci de’ tuoi nemici; la superbia di coloro che ti odiano va sempre in su.

(1) Essi hanno posto i loro stendardi (senza conoscere ciò che facevano), dall’alto del tempio così come alle porte … Essi hanno posto le insegne della loro potenza al posto di quelle di Dio. – Essi hanno abbattuto il legname del tempio con l’ascia, come si abbattono le foreste.

(2) I segni della provvidenza paterna di Dio riguardo al suo popolo.

(3) Perché ritirate la vostra mano, la vostra destra, cioè la vostra onnipotenza.

(4) Il coccodrillo, simbolo del re d’Egitto, del demonio (ad imitazione di Giobbe). I cadaveri degli egiziani, gettati sulla riva, sono stati preda di bestie selvagge. (Le Hir.)

(5) Allusione al miracolo dell’acqua estratta dalla roccia ed al passaggio del Giordano; in opposizione ai torrenti che si prosciugano durante l’estate.

(6) Quia repleti sunt, qui obscurati sunt terræ domibus iniquitatum, cioè

quia repleti sunt obscuri terræ domibus inique partis.

Sommario analitico

Il Salmista, figurando davanti agli occhi la profanazione del tempio e la devastazione della città di Gerusalemme di Antioco, ed in un senso più rilevante la Chiesa in preda alle persecuzioni crudeli che essa ha dovuto subire dai re e dai popoli idolatri [Questo salmo non fu composto sembra che dopo la cattività (II Par. XXXVI), durante la quale il tempio fu bruciato (v.7), ossia alla profanazione del tempio da parte di Antioco-Epifane. Ci sono di coloro che lo considerano precedente alla persecuzione di Manasse.

I. Egli eccita Dio:

1° A placare la sua ira così funesta per il suo popolo (1);

2° A ricordarsi delle bontà antiche (2); la protezione di cui il Signore ha onorato il suo popolo in tutti i tempi; la scelta che ha fatto di esso per essere suo regno e sua eredità; la predilezione che ha testimoniato per la montagna di Sion, fissandovi la sua dimora;

3° A sopprimere l’orgoglio e l’insolenza dei suoi nemici (3).

II. – Egli espone l’audace insolenza dei persecutori, che si produce:

1° per le loro imprese sacrileghe contro i luoghi sacri e le riunioni sante;

2° per l’erezione dei loro empi trofei nel luogo santo (4);

3° per la distruzione e l’incendio degli altari e di tutti gli oggetti consacrati al culto di Dio (5, 7);

4° per l’abolizione delle feste sacre (8).

III.- Si lamenta:

1° della cessazione dei miracoli e del dono della profezia (9);

2° degli aumenti degli obbrobri e degli oltraggi diretti contro Dio (10);

3° della tolleranza in apparenza inerte con la quale Dio sopporta tali eccessi (11).

IV. – Rammenta i gloriosi ricordi della potenza di Dio:

1° che si era manifestata altra volta nel passaggio del mar Rosso, ove gli Egiziani sono stati inghiottiti; nelle fonti miracolose che Egli ha fatto sgorgare nel deserto, e nel disseccamento dei fiumi (12-15);

2° che si manifesta tutti i giorni al levar del sole e dell’aurora (16);

3° che si manifesta tutti con gli anni nel ritorno regolare delle stagioni (17),

V. – Egli sollecita di nuovo Dio:

1° a ricordarsi di questi segni della sua potenza e degli sforzo sacrileghi dei suoi nemici (18);

2° a difendere e conservare il suo popolo (19);

3° a ricordare l’alleanza fatta con il suo popolo, per soddisfare le aspettative dei suoi fedeli servitori (20, 21);

4° a prendere in mano la sua causa, vendicare l’onore del suo Nome e mettere un termine all’orgoglio sempre crescente di coloro che lo odiano (22, 23).   

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-3.

ff. 1-2. – Questa preghiera che i Giudei indirizzavano a Dio nella loro angoscia conviene ancor più giustamente alla Chiesa Cristiana, le cui persecuzioni sono cominciate fin dalla sua culla, e si sono prolungate in tutta la serie dei secoli. Percorrendo la storia della sua instaurazione e della sua propagazione sulla terra, delle sue lotte, dei suoi combattimenti contro tanti nemici diversi ed incessantemente rinascenti, quante volte la vediamo come sul precipizio della rovina, tanto è violenta la rabbia dei suoi persecutori; ed oggi ancora, c’è parte del mondo abitato, ove frequenti e diverse, le persecuzioni della Chiesa Cattolica, nella sua dottrina, nel suo culto, nella sua gerarchia, nella sua potenza spirituale, nella libertà dei suoi atti, siano all’ordine del giorno, e sembrino cospirare la sua rovina? In queste tristi circostanze, dividiamo i sentimenti del Profeta: un vivo dolore, accompagnato da una grande fiducia e da un’umile sottomissione alle volontà divine. – « O Dio perché ci avete rigettato per sempre? » Egli non rimprovera nulla, interroga: « perché », per quale ragione, per quale scopo lo avete fatto? « Voi ci avete respinto fino alla fine », forse fino alla fine dei secoli? « Il vostro Spirito si è irritato contro le pecore del vostro gregge ». perché vi siete irritato contro le pecore del vostro gregge, se non perché siamo legati alle cose della terra e non riconosciamo il nostro Pastore? (S. Agost.). – Tutti gli uomini sono del Signore, ma coloro che Egli ha scelto per rendergli un culto particolare, il popolo giudeo prima e il popolo cristiano dopo, eredi delle promesse, sono pecore scelte. Essi sono pure lo scettro della sua eredità, perché occupano il più alto rango nella sua casa. La Chiesa Cristiana è la vera eredità che Gesù-Cristo ha riscattato con il suo sangue e la sua morte; è la vera montagna di Sion, ove Gli è piaciuto stabilire la sua dimora in mezzo ai suoi, fino alla consumazione dei secoli. – Quale preghiera più conveniente per un’anima cristiana che si sia allontanata dalle vie della giustizia e che torni a Dio nella sincerità del suo cuore? Signore, ricordatevi di un’anima che Voi possedete fin dall’inizio con il santo Battesimo, che Voi avete riscattato al prezzo del vostro sangue, che avete scelto come vostra eredità e per fissare il vostro soggiorno. Voi lo vedete in preda ai nemici suoi e vostri; cacciate questi tiranni imperiosi, e rientrate in possesso di un bene che è vostro (Berthier).

ff. 3. Notiamo 1° che il Profeta non domanda la distruzione dei nemici del popolo di Israele, ma solo l’umiliazione del loro orgoglio. È la preghiera che fa la stessa Chiesa Cristiana per i suoi persecutori: essa chiede a Dio « che si degni di umiliare i nemici della sua Chiesa » (Litan.) 2° È soprattutto l’onore di Dio e lo zelo del suo culto, piuttosto che le malefatte del popolo giudeo, che eccitano il rimpianto ed i pianti del Profeta. Egli non mira che alla gloria ed agli interessi di Dio, indegnamente prostrato ai suoi piedi. Egli geme per la distruzione del tempo e del santuario, e considera i funesti effetti di questa desolazione (Berthier). – « Quante profanazioni il nemico ha commesso contro tutto ciò che vi è consacrato! » contro tutte le cose consacrate a vostra gloria, contro il tempio, contro il sacerdozio, contro il culto stabilito, contro tutti i Sacramenti! « Quante pronazioni ha commesso il nemico! Si, queste profanazioni non sono che troppo reali » (S. Agost.).

II. — 4 – 11.

ff. 4-8. – « Essi hanno issato i loro stendardi in segno di vittoria, in forma di trofeo, e non hanno compreso ». I Romani avevano delle insegne da porre nel santuario, i loro stendardi, le loro aquile, le loro bandiere ed anche le loro statue, che essi hanno posto inizialmente nel tempio. « Ed essi non hanno compreso » … ma cosa non hanno compreso? Queste parole del Salvatore: «voi non avreste su di me alcun potere se non vi venisse dall’alto » (Giov. XIX, 2). Essi non hanno compreso che Dio non accordava loro, come titolo di gloria, di far soffrire, di prendere o distruggere questa città, ma che la loro empietà era in qualche modo divenuta l’ascia di Dio. Essi sono stati gli strumenti di Dio irritato, e non sono divenuti il reame di un Dio placato. Spesso, in effetti, Dio agisce allo stesso modo con l’uomo: un uomo giustamente irritato, presa una verga che trova sotto mano, forse qualche bastone, il primo trovato, e bastona suo figlio; poi getta nel fuoco il bastone, e conserva la sua eredità a suo figlio. È così che talvolta Dio istruisce i buoni, per mezzo dei malvagi, e con il potere passeggero dei colpevoli che Egli poi condannerà, punisce e riconduce chi libererà (S. Agost.).  

ff. 5-8. – Queste scene di desolazione e di profanazioni sacrileghe si sono sfortunatamente riprodotte alla lettera nella nostra patria, tra flutti di sangue e di lacrime, durante la più empia delle rivoluzioni. – Esisteva un patto antico, una lunga alleanza tra la Religione e la società, tra il Cristianesimo e la Francia, questo patto fu distrutto, l’alleanza interrotta. Dio era nelle leggi, nelle istituzioni, negli usi, e ne fu cacciato: fu pronunciato il divorzio tra la costituzione ed il Vangelo, la legge fu secolarizzata, e fu stabilito che lo spirito della nazione moderna non avrebbe avuto nulla da dividere con Dio, dal Quale essa si isolava completamente. Dio aveva sulla terra dei templi maestosi che si elevavano come segno del Redentore degli uomini: i templi sono abbattuti o chiusi; non vi si ascoltano, in luogo dei sacri canti, se non il rumore dell’ascia o lo stridere della sega; la Croce del Signore è divelta o rimpiazzata da segni volgari … Dio aveva sulla terra dei giorni che Gli appartenevano, dei giorni che si era riservato, e che tutti i secoli e tutti i popoli avevano unanimemente rispettato, e tutta la famiglia degli empi ha esclamato: facciamo sparire dalla terra i giorni consacrati a Dio. Dio aveva sulla terra dei rappresentanti e dei ministri che parlavano di Lui e Lo ricordavano ai popoli: le prigioni, l’esilio, la forza, il mare, i fiumi hanno divorato tutto. Infine, essi dicono, non ci sono più profeti, e Dio non troverà più bocche per farsi ascoltare … infatti tutti i diritti di Dio sono annientati, e non restano in piedi che i diritti dell’uomo; o piuttosto, l’uomo è Dio, la sua ragione è il Cristo, e la nazione è la Chiesa (Mgr Pie, Disc. Et Jnstr., T. II, 669) – questo quadro della desolazione di Gerusalemme e del suo tempio, questi eccessi sacrileghi che si sono rinnovati tante volte in seno alla Chiesa Cristiana, sono la figura molto reale di ciò che accade in un’anima che abbandona Dio o che Dio abbandona. Geremia – dice san Crisostomo – non avrebbe potuto avere tante lacrime per deplorare il malore di un’anima schiava della tirannia del demonio. Questo nemico di Dio comincia con l’impadronirsi di quest’anima come un leone ruggente e si glorifica insolentemente della sua vittoria. Egli stabilisce il suo impero nel luogo che il Signore aveva destinato al suo culto, in un cuore consacrato con la Grazia santificante, nel santuario dove aveva abitato lo Spirito Santo. Egli vi erge lo stendardo della rivolta contro Dio e raccoglie intorno a questo segno di orrore tutte le passioni; esse dominano su tutte le potenze più nobili dell’anima, e sui sensi che sono come fuori posto. Questi nemici vittoriosi non conoscono e non rispettano alcuna traccia della santità che Dio aveva impresso nell’uomo, sia col Carattere battesimale, sia con il dono del suo Corpo e Sangue prezioso, sia con i tocchi della sua grazia. Le potenze dell’inferno, secondando le passioni, distruggono, senza distinzione, tutto ciò che serve alla difesa ed all’ornamento dell’interno. L’ascia del boscaiolo non fa tanta devastazione in un luogo piantato d’alberi, quanto l’esca del piacere, la sete di ricchezze, il fuoco dell’ambizione, le tempeste della gelosia e della vendetta, la mollezza e l’intemperanza, fanno in colui che l’amore di Dio non difende più. Tutto è invertito nell’edificio spirituale; tutto è in preda alla devastazione del demonio, della cupidità del mondo, tutto cade, finanche la stessa fede, sotto i colpi di questi tiranni: è una terribile catastrofe di cui i nostri occhi non sono testimoni, ma che non sfugge agli sguardi dell’Eterno! (Berthier). – La profanazione delle cose sante, è un segno terribile della collera di Dio. Noi non siamo colpiti che da profanazione esteriori, ma l’abuso dei Sacramenti, le Comunioni sacrileghe, i sacri ministeri tra le mani di preti indegni, devono piuttosto eccitare i nostri gemiti, e farci temere gli ultimi effetti della collera di Dio. – C’è una cospirazione quasi generale oggi dei governi stessi, degli individui, dell’industria, del commercio, per distruggere la santificazione della Domenica, i giorni di festa consacrati a Dio, alfine di darsi interamente al lavoro, ai divertimenti, alla dissoluzione, a vergognosi spettacoli, a questi piaceri della folla che ci inducono facilmente a tutti i vizi.

ff. 10, 11. – Il Profeta chiede a Dio se è per sempre che il nemico li insulterà ed irrierà il Nome di Dio; se è per sempre che il Signore devierà la sua mano e la ritirerà dal seno delle sue misericordie. – È la preghiera che deve rivolgere a Dio ogni anima provata da forti tentazioni: Signore, fino a quando il nemico il nemico della mia salvezza mi perseguiterà? Fino a quando la vostra mano sembrerà allontanarsi da me e non effondere su di me le sue misericordie abituali? O Dio! Sarò per sempre l’oggetto degli insulti dell’inferno e delle mie passioni? (Berthier)

III. — 12-17.

ff. 12. – « Dio nostro Re, ancor prima dei secoli, ha operato la salvezza in mezzo alla terra ». – 1° Il Profeta dà a Dio il titolo di Re; – 2° Dio è Re, non come i re della terra per qualche anno, ma per tutta l’eternità e per sempre: « Il regno dell’Altissimo è eterno, e tutti i re Gli renderanno omaggio e Lo serviranno » (Dan. VII, 27); gli imperi passeranno, le generazioni si susseguiranno e spariranno e Dio sarà ancora il Re di tutti gli uomini; – 3° Egli particolarmente è il Re del suo popolo privilegiato; – 4° Egli è il suo Salvatore; Egli è venuto a salvare gli uomini con il sacrificio della sua vita. – Noi esclamiamo: « Fino a quando, Signore, il nemico mi insulterà, fino alla fine? Fino a quando mi oltraggerà? Fino a quando allontanerete le vostre mani dal vostro seno? » Mente noi parliamo così « Dio, nostro Re da prima dei secoli, ha operato la salvezza in mezzo alla terra »; e noi, noi dormiamo. Ecco che i gentili già vegliano, e noi siamo ancora intorpiditi dal sonno e deliriamo nei nostri sogni, come se Dio ci avesse abbandonati. « Egli ha operato la salvezza in mezzo alla terra » (S. Agost.). – Questa grande opera di salvezza del mondo, il capolavoro della potenza, della saggezza, della bontà di Dio, si è compiuto in mezzo alla terra con il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione del Salvatore.

ff. 13-15. – Le meraviglie che Dio operò altre volte pubblicamente in favore del suo popolo, per liberarlo dalla oppressione degli Egiziani, li rinnova tutti i giorni in favore dei Cristiani, per trarli dalla servitù del demonio, questo grande dragone a cui Egli schiaccia la testa nelle acque del Battesimo. Il Mar Rosso apre i suoi flutti quando Dio lo comanda, e forma come due muraglie di acqua sospese nell’aria, dando un passaggio libero al popolo di cui Dio si dichiara protettore, e ricongiunge le sue acque appena Egli comanda di abbattere sotto i propri flutti questa armata innumerevole di Egiziani senza che ne resti uno solo che possa sfuggire alla sua vendetta. – Nessun cuore fu più duro di una pietra, da cui Dio non faccia uscire delle fontane di acqua, quando gli piace toccarla. Se occorre fondere del ghiaccio, farà soffiare il suo Spirito, il quale, come il vento del mezzogiorno, diminuirà il rigore del freddo, e dal cuore più indurito usciranno le lacrime di penitenza (Bossuet). –  Non è senza una grande gioia che si possano intendere delle cose che si vedono realizzate nel mondo intero. Quando sono state dette, esse non erano compiute, perché non erano ancora che promesse e non realtà. Ma ora, quale gioia è mai la nostra, nel vedere realizzate nel mondo intero le predizioni che leggiamo nei Libri santi! Vediamo ciò che ha fatto Dio che ha operato la salvezza in mezzo alla terra: « Voi avete fatto sgorgare fontane e torrenti », affinché facciano colare l’acqua della saggezza, affinché facciano sgorgare i tesori della fede, affinché possano mischiarsi ai flutti amari della gentilità e le loro acque espandano nei cuori di tutti gli infedeli la dolcezza della fede … Se occorre qui mettere una distinzione, in certi fedeli, la parola di Dio è stata « … una fontana d’acqua viva zampillante fin nella vita eterna »; (Giov. IV, 14); altri al contrario, hanno ascoltato la parola di Dio, e benché non l’abbiano potuto osservare in modo da condurre una vita virtuosa, tuttavia l’hanno sparsa nei loro discorsi, sono diventati dei torrenti, cioè delle acque che non scorrono sempre … in effetti si chiamano propriamente torrenti, dei corsi di acqua che si prosciugano durante l’estate, e che al contrario si gonfiano di tutte le acque invernali precipitandosi con impetuosità. Voi vedete un uomo veramente fedele che persevererà fino alla fine, che non abbandonerà il Signore in alcuna tentazione, e che sopporterà per la verità, ma non per l’errore e la menzogna, ogni specie di sofferenze: da dove gli viene un tale vigore, se non dal fatto che la parola di Dio è divenuta in lui « … una fontana di acqua viva che zampilla fin nella vita eterna? ». Un altro al contrario, ha ricevuto la parola divina, la predica, non starebbe in silenzio, corre impetuosamente; ma l’estate farà vedere se è una fontana o un torrente. Tuttavia, « colui che opera la salvezza in mezzo alla terra » … sa come irrigare la terra con entrambi. Che le fontane zampillino dunque, e che i torrenti si precipitino (S. Agost.). 

ff. 16-17. – Dio, che è l’autore del tempo e della vita, non poteva aggiudicarsene almeno una parte. « Il giorno e la notte vi appartengono, esclama il Profeta, siete Voi che avete fatto l’aurora ed il sole che misura i giorni ». Nella sua infinita condiscendenza Dio ha potuto partirsi dai rigorosi diritti che avrebbe avuto su ciascuno di noi, della sua provvidenza misericordiosa con cui ha potuto abbandonare una larga ed ampia parte alle cure necessarie alla nostra vita materiale; ma sarebbe stata contro natura che un operaio infinitamente saggio, e che deve necessariamente  rapportare tutto a se stesso, non si fosse riservato, nella sua opera, un certo diritto d’autore che fosse, per la parte nostra, come un’autentica riconoscenza del suo dominio sul tempo. (Mgr Pie, Discours etc. III, p. 631). « Il giorno è vostro e la notte vi appartiene ». Chi lo ignora, poiché è Dio che ha fatto ogni cosa, tutte le cose essendo state fatte dal Verbo. È Lui che ha operato la salvezza in mezzo alla terra per cui il Profeta dice: « … Il giorno è vostro e la notte vi appartiene ». Noi dobbiamo credere da questo anche che in queste parole ci siano cose che si riferiscono alla salvezza che Egli ha operato in mezzo alla terra, « Il giorno è vostro ». Quali sono coloro che il giorno rappresenta? Gli uomini spirituali. Chi sono coloro di cui la notte è il simbolo? Gli uomini carnali. E gli uomini spirituali parlano agli uomini spirituali il linguaggio dello spirito (1 Cor. III, 1), gli uomini carnali non comprendono ancora questa saggezza: « … io non vi ho potuto ancora parlare come ad uomini spirituali, ma come ad uomini carnali » (Ibid. III, 1). Dunque, quando gli uomini spirituali parlano ad altri uomini spirituali, « … il giorno annuncia la parola al giorno », ma quando gli uomini carnali confessano essi stessi la loro fede in Gesù crocifisso, fede che è alla portata dei piccoli, « … la notte annuncia la scienza alla notte » (Ps. XVIII, 3). Il giorno è a Voi, e la notte è a Voi. Gli uomini spirituali vi appartengono, i carnali vi appartengono pure: Voi illuminate i primi col bagliore immutabile della vostra saggezza e della vostra verità; consolate i secondi con la manifestazione della vostra incarnazione, come la luna consola la notte (S. Agost.).- Questo giorno, questa notte che si succedono naturalmente, sono la figura del giorno e della notte spirituale. Dio, che è ugualmente il maestro dell’uno e dell’altra, conduce i suoi attraverso quello che Gli piace. L’inverno, la primavera, l’estate, l’autunno sono un’altra immagine dello stato differente, della vicissitudine in cui si trovano coloro che sono con Dio. A vederli così maltrattati in questo mondo, la loro vita esteriore è un inverno spaventoso agli occhi della carne. Ma chi vedesse la loro vita interiore, fatta tutta di fede e di speranza, vedrebbe il loro cuore come una primavera perpetua, ove essi considerano i mali presenti come passati, ed i beni futuri come presenti (Duguet). « Voi avete creato l’estate come la primavera ». Come descrivere l’ordine mirabile delle stagioni simile ad un coro di ragazze, esse si succedono con regolarità perfetta, e poco a poco, senza rumore, ma pure senza tregua, le stagioni opposte che ci riconducono l’una verso l’altra con l’aiuto delle stagioni intermedie. All’uscita dall’inverno non è l’estate che ci riceve con l’inesauribile tesoro dei suoi frutti, né l’inverno che ci riceve all’uscita dall’estate con i suoi rigori e i suoi geli, tra le due sono state poste la primavera e l’autunno; ed è così con un passaggio dolce ed insensibile, e nello stesso tempo senza sofferenza alcuna, che i nostri corpi sono condotti dal freddo dell’inverno ai calori dell’estate. I bruschi cambiamenti di temperatura, avendo per conseguenza malattie e danni molto gravi, Dio ha disposto le cose in modo tale che passiamo dall’inverno alla primavera, dalla primavera all’estate, e dall’estate all’autunno, dopo il quale comincia un nuovo inverno, e grazie a queste disposizioni, noi non abbiamo a temere le stagioni opposte, poiché il passaggio dall’una all’altra avviene attraverso le stagioni intermedie (S. Chrys. IX hom. au p. d’Ant.).

ff. 18-19. Una delle bestemmie più orribili che i nemici della Religione hanno spesso sulla bocca e sempre nel cuore, è quella dell’empio Antioco: che Dio non è così potente da togliere dalle loro mani colui del quale hanno giurato la perdita … è l’ultimo colmo della stravaganza, poiché questo è irritare il Nome di Dio togliendogli ciò che Gli è ordinario, cioè il Nome di Onnipotente.  – Le passioni degli uomini sono più violente e sregolate di quelle delle bestie. Sarebbe meglio essere esposti al furore di quelle che alla rabbia delle altre (Duguet).

ff. 20-21. – Benché indegni come siamo dei favori di Dio, non tralasciamo di chiederglieli ed attenderli, in virtù della santa Alleanza che Egli ha fatto con noi, e che ha sigillato col sangue del proprio Figlio. « … Considerate il vostro testamento », rendete ciò che avete promesso: noi abbiamo in mano le vostre tavolette, noi aspettiamo la vostra eredità. « Considerate il vostro Testamento »; non l’antico, io non vi prego per ottenere la terra di Chanaan, per vedere i miei nemici temporalmente sottomessi alla mia dominazione, per avere numerosi figli secondo la carne, per ammassare ricchezze terrene, per gioire della salute corporale; « Considerate il vostro Testamento », con il quale Voi avete promesso il Regno dei cieli … « Considerate il vostro Testamento, perché coloro che abitano la casa dell’iniquità  sono accecati dalla terra e pieni di terra.  « … Considerate dunque il vostro Testamento », e che il resto del popolo sia salvato (Rom., IX, 27); perché per il gran numero di coloro che si attaccano alla terra, sono colpiti dalla cecità e pieni delle cose della terra. La polvere è entrata nei loro occhi e li acceca, ed essi sono diventati simili alla polvere che il vento spazza dalla faccia della terra. « … Coloro che abitano delle case di iniquità sono accecati dalla terra e pieni di terra ». In effetti a furia di considerare la terra, essi hanno perso la vista, ed è di essi che in un altro salmo è detto: « … che i loro occhi siano accecati, affinché essi non vedano, ed il loro dorso si curvi sempre più verso la terra » (Ps.LXVIII. 24). « Coloro che abitano delle case d’iniquità sono dunque accecati dalla terra e pieni di terra », e questo perché i cuori sono pieni di iniquità (S. Agost.). «  … Che l’umile non torni coperto di confusione ». In effetti, è l’orgoglio che ha causato la confusione degli altri. « L’indigente ed il povero glorificano il vostro Nome ». Vi vedete quanto la povertà debba essere dolce, vedete che i poveri e gli indigenti appartengono a Dio; ma i poveri di spirito, perché di essi è il regno di Dio. Quali sono i poveri di spirito? Gli umili che ricevono con timore le parole di Dio, che confessano i loro peccati e che non confidano nei loro meriti né nella loro giustizia. Chi sono i poveri di spirito? Coloro che lodano Dio quando fanno qualche bene, e che si accusano quando fanno qualche male.

ff. 22, 23. Vediamo spesso ripetuto nei Salmi e nella santa Scrittura questo appello fatto a Dio: « Giudicate la vostra causa », espressione della quale si servono gli Autori sacri per annunciare agli uomini il formidabile giudizio di Do. Tutto ciò che avviene sulla terra è la “causa di Dio”, perché il buono o cattivo uso della libertà onora oppure offende la maestà divina, che non può essere indifferente alla fedeltà o alle deviazioni degli uomini che ha creato capaci di una buona o di una cattiva scelta. Quando i Profeti dicono a Dio: « Signore giudicate la vostra causa », essi testimoniano lo zelo da cui sono animati per la Gloria di questo sovrano Essere; essi sanno che questo giudizio arriverà ma in ritardo per loro, in qualche modo, per vederne il compimento. – Ci sono due cose che devono riguardarci se abbiamo fede: la prima è che tutte le nostre azioni sono la “causa di Dio”; la seconda, che questa causa sarà giudicata un giorno (Berthier). – Il giorno in cui Dio giudicherà la sua causa, avverrà come sono avvenuti tutti gli avvenimenti ancora incompiuti, che allora non esistevano, ed il cui compimento era predetto; orbene Dio ci avrà dato tutto ciò che ci ha promesso, per ingannarci sul solo giorno dell’ultimo Giudizio? Dopo aver predetto e compiuto tutte queste cose che noi vediamo, ha forse mentito solo sul giorno del Giudizio? Questo giorno verrà dunque. Che nessuno dica allora: esso non verrà; orbene, esso verrà, ma dopo un lungo lasso di secoli, benché per voi, il momento in cui lascerete questa vita, non sia lontano (S. Agost.). – « Ricordatevi degli oltraggi di cui vi è stato prodigo l’insensato, durante tutto il giorno ». Ora ancora si insulta Cristo, e non mancherà il vaso di collera durante tutto il giorno, vale a dire fino alla fine dei secoli. Si dice ancora: i Cristiani predicano cose vane. Si dice ancora: la resurrezione dai morti non è che una vana immaginazione, « giudicate la vostra causa, ricordatevi degli oltraggi che un popolo insensato vi ha prodigato tutto il giorno ». (S. Agost.). – « L’orgoglio di coloro che vi odiano, monta sempre ». È orribile il dirlo, ma l’odio per Dio è lungi dall’essere raro tra le sue creature. Vi sono dei peccatori audaci ed induriti che sono diventati dei demoni anzitempo; il Nome di Dio o delle sue perfezioni ispira loro paura e rabbia; quando si trovano in presenza dei suoi Comandamenti, o di qualche manifestazione della sua Sovranità, o di un’amabile testimonianza della sua tenerezza, essi sono come posseduti dal cattivo spirito, la passione li trasporta, li fa uscire da se stessi e violare, non solo le convenienze del linguaggio, ma le regole del rispetto di se stessi. Sembra che nella sola menzione di Dio, anche senza allusione all’assoluta dominazione che Egli vuole esercitare su di essi come Creatore, vi sia qualcosa che causi una irritazione soprannaturale (Faber, Le Créateur et la Créature, p. 197). – Si, si fa fatica a crederlo, se ogni giorno non ci portasse qualche nuova prova: ci sono degli uomini talmente nemici di Dio che Lo odiano di un odio gratuito, che preferiscono piuttosto morire che essere salvati dalla sua mano. E questo empio orgoglio, lontano dal decrescere e dall’abbassarsi, sembra al contrario salire ed ingrandirsi. « L’orgoglio di coloro che vi odiano aumenta sempre ». È questo il carattere dell’empietà: come l’orgoglio di cui essa è figlia, come l’odio di cui essa è madre, l’empietà aumenta sempre. – L’orgoglio e l’audacia di coloro che si scagliano contro Dio, cresce sempre. L’empietà non ha limiti nei suoi furori e nei suoi attacchi: sembra che l’uomo le cui affezioni si rallentano poco a poco verso gli altri oggetti, sia come infinito nelle sue rivolte contro Dio e la sua Religione. « … L’orgoglio di coloro che vi odiano aumenta sempre ». 

SALMI BIBLICI: “QUAM BONUS ISRAEL DEUS” (LXXII)

SALMO 72: “QUAM BONUS ISRAEL DEUS

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

CATENA D’ORO SUI SALMI

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR – 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 72

[1] Psalmus Asaph.

      Quam bonus Israel Deus,

his qui recto sunt corde!

[2] Mei autem pene moti sunt pedes, pene effusi sunt gressus mei;

[3] quia zelavi super iniquos, pacem peccatorum videns.

[4] Quia non est respectus morti eorum, et firmamentum in plaga eorum.

[5] In labore hominum non sunt, et cum hominibus non flagellabuntur.

[6] Ideo tenuit eos superbia; operti sunt iniquitate et impietate sua.

[7] Prodiit quasi ex adipe iniquitas eorum; transierunt in affectum cordis.

[8] Cogitaverunt et locuti sunt nequitiam; iniquitatem in excelso locuti sunt.

[9] Posuerunt in cælum os suum, et lingua eorum transivit in terra.

[10] Ideo convertetur populus meus hic, et dies pleni invenientur in eis.

[11] Et dixerunt: Quomodo scit Deus, et si est scientia in excelso?

[12] Ecce ipsi peccatores, et abundantes in sæculo, obtinuerunt divitias.

[13] Et dixi: Ergo sine causa justificavi cor meum, et lavi inter innocentes manus meas;

[14] et fui flagellatus tota die, et castigatio mea in matutinis.

[15] Si dicebam: Narrabo sic; ecce nationem filiorum tuorum reprobavi.

[16] Existimabam ut cognoscerem hoc; labor est ante me:

[17] donec intrem in sanctuarium Dei, et intelligam in novissimis eorum.

[18] Verumtamen propter dolos posuisti eis; dejecisti eos dum allevarentur.

[19] Quomodo facti sunt in desolationem? subito defecerunt; perierunt propter iniquitatem suam.

[20] Velut somnium surgentium, Domine, in civitate tua imaginem ipsorum ad nihilum rediges.

[21] Quia inflammatum est cor meum, et renes mei commutati sunt;

[22] et ego ad nihilum redactus sum, et nescivi;

[23] ut jumentum factus sum apud te, et ego semper tecum.

[24] Tenuisti manum dexteram meam, et in voluntate tua deduxisti me, et cum gloria suscepisti me.

[25] Quid enim mihi est in cœlo? et a te quid volui super terram?

[26] Defecit caro mea et cor meum; Deus cordis mei, et pars mea, Deus in æternum.

[27] Quia ecce qui elongant se a te peribunt; perdidisti omnes qui fornicantur abs te.

[28] Mihi autem adhærere Deo bonum est, ponere in Domino Deo spem meam; ut annuntiem omnes prædicationes tuas in portis filiæ Sion.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXII

Esortazione ai fedeli perché non piglino scandalo dalla prosperità degli empii: esortazione sempre utile, ma necessaria nelle persecuzioni della Chiesa e de’ suoi giusti, mentre gli empii la dominano e trionfano.

Salmo di Asaph.

1. Quanto è mai buono Iddio con Israele; con quelli che son di cuor retto!

2. Ma poco mancò che i miei piedi non vacillassero, e che non uscisser di strada i miei passi.

3. Perché io fui punto da zelo verso gl’iniqui, in osservando la pace de’ peccatori ;

4. Perché non pensano alla loro morte, e non sono di durata le loro piaghe.

5. Non hanno parte alle afflizioni degli uomini, e con gli uomini non sono flagellati.

6. Per questo la superbia li prese ; son ricoperti della loro iniquità ed empietà.

7. Dalla grassezza in certo modo scaturì la loro iniquità: si sono abbandonati agli affetti del loro cuore.

8. Pensano, e parlano malvagità; da luogo sublime ragionano di far del male.

9. Han messo in cielo la loro bocca; la loro lingua va scorrendo la terra.

10. Per questo il popolo mio a tali cose si rivolge, e giorni trova di piena afflizione.

11. E hanno detto: Come mai Iddio sa questo? e l’Altissimo ne ha egli notizia?

12. Ecco che i peccatori medesimi e i fortunati del secolo han raunate ricchezze.

13. E io dissi: Senza motivo adunque purificai il mio onore, e lavai le mani mie cogl’innocenti:

14. E fui tutto dì flagellato, e fui sotto la sferza di gran mattino.

15. Se io pensassi di ragionare così: Ecco che io condannerei la nazione de’ tuoi figliuoli.

16. Mi studiava d’intender questo; cosa laboriosa è questa, che mi si pone davanti :

17. Per sino a tanto ch’io entri nel santuario di Dio, e intenda qual sia la fine di coloro.

18. Peraltro in ingannevole felicità gli hai posti; tu gli hai gettati a terra nell’atto che si levavano in alto. (1)

19. Come mai son eglino ridotti in desolazione; son venuti meno a un tratto; sono andati in perdizione per la loro iniquità.

20. Come il sogno di un che si sveglia, così tu nella tua città, o Signore, ridurrai nel nulla l’immagine di costoro.

21. Ma perché il mio cuore fu in tormento, ed ebber tortura gli affetti miei, ed io fui annichilito senza sapere il perché; (2)

22. E fui qual giumento dinanzi a te, e mi tenni sempre con te;

23. Mi prendesti per la mia destra, e secondo la volontà tua mi conducesti, e con onore mi accogliesti.

24. Imperocché qual cosa havvi mai per me nel cielo, e che volli io da te sopra la terra?

25. La carne mia e il mio cuore vien meno, o Dio del mio cuore, e mia porzione, o Dio, nell’eternità.

26. Imperocché ecco che coloro, che da te si allontanano, periranno; tu manderai in perdizione tutti coloro, che a te rompon la fede.

27. Ma per me buona cosa ch’è lo stare unito con Dio, il porre in Dio Signore la mia speranza;

28. Affinché tutte le tue laudi io annunzi alle porte della figliuola di Sion.

(1) Presso gli ebrei la prosperità non è per essi che una seduzione, una trappola, ed un luogo sdrucciolevole.

(2) Il mio cuore divagava e mi irritavo nei miei pensieri; parola per parola: io mi pizzicavo i reni – i reni rappresentano la sede del pensiero -.

Sommario analitico

Davide o Asaph, contemporanei di Ezechia e Manasse, personificano in lui lo scandalo che causa alla anime ancora deboli, la vista della prosperità dei malvagi, dopo aver fatto inizialmente la sua professione di fede nella bontà di Dio (1).

I.- Egli espone:

1° La fluttuazione interiore della sua anima;

2° L’indignazione che si è levata in lui alla vista della prosperità degli empi (2).

II. – Descrive:

1° la loro felicità:- a)  la loro imprevidenza o la tranquillità della loro morte; – b) la loro affrancatura da tutte le sofferenze del corpo e dai rovesci di fortuna (4, 5);

2° I crimini che ne sono la sequela: – a) il loro orgoglio, – b) la loro empietà, – c) la loro arroganza, – d) la loro sfrenata licenza, – e) la loro malizia, la loro impudenza che giunge fino a bestemmiare Dio ed a calunniare gli uomini (6, 9).

III. –  Mostra l’effetto di questa prosperità degli empi:

1° sulle anime imperfette. – a) esse sono nello stupore e non possono impedirsi di ammirare questa felicità degli empi, – b) concepiscono anche dei dubbi sulla scienza di Dio, – c) si lamentano dell’abbondanza e delle ricchezze in mezzo alle quali vivono gli empi (10-12);

2° su Davide stesso: – a) egli confessa che condivide i dubbi e i mormorii delle anime deboli, vedendosi frustrato dal prezzo della sua innocenza e della sua pazienza (13, 14); – b) ma egli ha ben presto riconosciuto che condannava così tutta la società dei figli di Dio (15); – c) riconosce nello stesso tempo che la conoscenza delle vie della divina Provvidenza è difficile e non può essere data che da Dio stesso, che ci fa comprendere quale sarà la fine degli empi (16, 17).

IV. – Egli fa dunque vedere che la felicità degli empi:

1° È ingannevole,

2° di breve durata (18);

3° fa posto ad una desolazione improvvisa;

4° Che essi perdono in un istante le ricchezze acquisite in lunghi anni e con crimini molteplici (19);

5° Che ogni loro felicità si dissipa come in un sogno (2).

V. – Davide, come conclusione di queste considerazioni:

1° dichiara che è cambiato in altro uomo, che è infiammato dall’amore di Dio, morto a tutti i piaceri del mondo, e convinto del suo niente davanti a Dio (21, 22);

2° esprime il desiderio di consacrarsi tutto interamente e per tutta la sua vita al servizio di Dio (23); 

3° come effetto e frutto di questo desiderio, fa vedere che Dio lo ha sostenuto con la mano, lo fa camminare nelle sue vie e ricevuto con gloria (24);

4° professa altamente che preferisce Dio a tutti i beni del cielo e della terra (25, 26);

5° mostra la saggezza di questa scelta, e promette di rendere pubbliche eternamente le lodi di Dio (27, 28).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1, 2.

ff.1. – Davide, prima di spiegare la tentazione e lo scandalo dei deboli, che personifica in se stesso in questo salmo, pone innanzitutto i fondamenti della vera fede, per farci comprendere che né lui, né coloro che egli qui rappresenta hanno perso la fede nella Provvidenza divina. Geremia si esprime quasi alla stessa maniera: « Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa discutere con te; ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché le cose degli empi prosperano? Perché tutti i traditori sono tranquilli? » (Geremia XII, 1). Dio è buono non perché possieda la bontà, ma perché Egli è le bontà stessa. (Clém. Alex.., Pæd. 1, 8.). Dio è buono perché Egli è la sorgente di ogni bontà, – 1° nella creazione: « Dio vide tutte le sue opere, ed esse erano molto buone » (Gen. I, 31); – 2° nella redenzione: « Io sono il buon pastore, il buon pastore da la sua vita per le pecore » (Giov. X, 11); – 3° nella giustificazione: « Considerate la bontà e la severità di Dio, la sua severità verso coloro che sono caduti e la sua bontà verso di voi », (Rom. XI, 22); – 4° nella pazienza con la quale attende i peccatori: « O ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua longanimità? » (Rom. II, 4); – 5° nella maniera in cui Egli punisce i peccatori durante questa vita e nell’altra, perché il castigo è sempre di molto inferiore ai loro crimini: – 6° nella glorificazione dei Santi: « Egli ci ha resuscitato con Lui e ci fatto sedere nel cielo in Gesù-Cristo, al fine di far conoscere nei secoli avvenire le ricchezze abbondanti della sua grazia, per la bontà che ha avuto per noi in Gesù-Cristo » (Efes. II, 6-7).

ff. 2, 3. – Tutta la Scrittura è piena di sante benedizioni per coloro che hanno il cuore retto, ma qual è questa drittura? Diciamolo in una parola: è la carità, è la santa dilezione, è il puro amore; è il casto ed intimo attaccamento della sposa per lo Sposo sacro; è questa celeste dilezione di un cuore che si compiace della legge di Dio, che vi si sottomette con piena ed intera volontà, « … non per la paura della pena, ma per amore della giustizia »: chi sono coloro che sono retti? Diceva Sant’Agostino, coloro che dirigono il loro cuore secondo la volontà di Dio. Coloro che vogliono ciò che Dio vuole, questi sono retti, questi sono giusti. Non c’è abbisogna di spiegazioni: coloro che hanno orecchie cristiane comprendono questa verità. La volontà di Dio è retta di per se stessa; è essa stessa la rettitudine; essa è la regola primitiva ed originale. Noi non siamo la giustizia, noi non siamo la regola; perché noi saremmo impeccabili: così non essendo giusti per noi stessi, noi lo diventiamo, come Cristiani, unendoci alla regola, alla santa volontà di Dio, alla legge che Egli ci ha dato (Boss.). – « Quanto il Dio di Israele è buono! Ma agli occhi di chi? Per gli uomini dal cuore retto ». E a coloro che hanno occhi perversi? Egli sembra perverso. È così che il Profeta dice in un altro salmo: «Voi sarete santo con il santo, innocente con l’innocente, e perverso con il perverso » (Ps. XVII, 26). Cosa vuol dire: voi sarete perverso con il perverso? Il perverso vi crederà perverso. Non che Dio possa pervertirsi in alcun modo: no, lontano da noi questo pensiero, Egli è ciò che Egli è; ma così come il sole sembra inoffensivo a colui che è sano, vigoroso e forte, similmente sembra che lanci tratti brucianti negli occhi malati. Di questi due uomini che lo guardano, fortifica l’uno e ferisce l’altro; non certo cambia dall’uno all’altro, ma è l’uomo che è cambiato. Così, quando comincerete a pervertirvi, Dio vi sembrerà perverso: voi siete cambiato, Dio no! ; ciò che è una gioia per i buoni sarà un castigo per voi. È al ricordo di questa verità che il Profeta esclama: « Quanto il Dio di Israele è buono per gli uomini dal cuore retto! » (S. Agost.). – Abbiate il cuore retto, perché il Signore ha una bontà meravigliosa per i retti di cuore, Egli ha per essi una condiscendenza, una delicatezza di madre … Abbiate il cuore retto e vedrete Dio nelle Scritture, lo vedrete in ogni parola, ogni parola sarà trasparente e vi presenterà una delle facce auguste della Divinità. Anime semplici hanno più illuminazione sul senso delle Scritture, sui misteri della teologia, di tanti dottori! … abbiate il cuore retto, non cercate le difficoltà, non abbiate partito preso nell’intelligenza; soprattutto non desiderate trovare armi contro Dio. Se lo desiderate, voi ne troverete certamente; come un bambino ribelle trova sempre dei soggetti di accusa nelle più semplici e meravigliose parole di suo padre e di sua madre. Desiderate la luce della vita e ne riceverete un’ampia provvigione, perché le parole della scrittura sono « intelligenza e vita » (Mgr Landriot, Béatitudes,!). – Ma cos’è Dio ai vostri occhi? « I miei piedi, continua il Profeta, sono quasi vacillanti ». Quando i miei piedi sono vacillanti, se non quando il mio cuore non è retto? E perché il suo cuore non è retto? Ascoltate: « I miei passi  per poco hanno vacillato nel sostenermi », egli sta per dire . « quasi », ed ora « essi hanno vacillato », è la stessa cosa; i piedi instabili hanno lo stesso senso de « i miei passi hanno vacillato nel sostenermi ». Ma perché i suoi piedi sono stati instabili, ed i suoi passi hanno vacillato nel sostenerlo? I piedi instabili significano lo smarrimento, i passi che mancano di stabilità indicano una caduta, non avvenuta, ma “quasi”. Che significano queste parole? Io cammino verso l’errore, ma non vi ero ancora, stavo per cadere ma non sono ancora caduto (S. Agost.). – In tutti i tempi la fede dei Cristiani è stata turbata e la loro fiducia in Dio vacillante, nel vedere i malvagi prosperare e nel riposo, mentre i giusti sono nelle avversità e nel travaglio. Questa realtà, in apparenza ingiusta, è sempre stata, per così dire, lo scandalo della Provvidenza; perché i peccatori hanno preso a trionfare con insolenza nella vita, e le persone più degne si sono affievolite nel cammino della virtù. Da parte mia – diceva Davide – io lo confesso, ho sentito la mia fede svanire e, benché fosse solido il fondamento della mia speranza, mi sono visto sul punto di soccombere, e perché? Perché nel mio cuore si è alzato un movimento di zelo e di indignazione alla vista dei peccatori che gustano la pace, che riescono nei loro disegni, che stabiliscono le loro case, ai quali nulla manca nella vita. (Bourd. Afflict. des just. et prosp. des péch.). –  « Io ho portato invidia agli uomini di iniquità, vedendo la pace dei peccatori ». Io ho considerato i peccatori, ho visto che avevano la pace. Ma quale pace? Una pace temporanea, fuggitiva, passeggera e terrestre, ma comunque tale come io la desidero ottenere da Dio. Io ho visto che coloro che non servivano Dio possedevano ciò che io volevo ottenere servendolo, ed i miei piedi hanno quasi vacillato, ed i miei passi hanno oscillato nel sostenermi (S. Agost.).

II. — 4-9.

ff. 4, 5. – La felicità degli empi è tale che essi non hanno il pensiero della morte, e coloro che la considerano trovano la loro felicità sì stabile che non presumono che possa mai aver fine. Gli empi non pensano alla morte; essi sanno che questo momento arriverà, ma per non interrompere il corso dei loro piaceri, allontanano il pensiero di questa ultima ora … Si vedono degli empi ricolmi di beni in questo mondo: essi sembrano non dipendere da nessuno, non temono nulla, non essere soggetti ad alcuna legge, e giungono ad una estrema vecchiaia senza provare alcuna delle disgrazie che affliggono tanto gli uomini giusti. La loro salute si conserva fino all’ultima ora; le loro forze si sostengono malgrado gli anni e gli abusi che fanno. Si direbbe quasi che le attenzioni della Provvidenza siano tutte solo per essi. È quello che il Profeta chiama uno stato esente da costrizioni, infermità e traversie (Berthier).

ff. 6, 7. – « L’orgoglio, l’intemperanza, l’abbondanza di ogni cosa, l’oziosità, la durezza verso il povero, tale è stata l’iniquità di Sodoma » (Ezech. XVI, 49). Chi considera queste cose ora come i gradini attraverso i quali questi popoli abominevoli discesero infine sino al fondo dell’abisso? Così quanto più si ha orrore degli abomini attraverso i quali i suoi abitanti furono consumati dal fuoco del cielo, tanto più ci si dimentica di evitare i crimini che ve li condussero (Dug.). – « Nel loro grasso, dice lo Spirito-Santo, nella loro abbondanza, si fa un fondo di iniquità che non si esaurisce mai ». È di là che nascono questi peccati regnanti che non si contentano che li si soffra, neanche che li si scusi, ma vogliono pure che li si applauda; perché ci sono – dice Sant’Agostino – due specie di peccati, gli uni vengono dalla carenza, gli altri nascono dagli eccessi, quelli che nascono dal bisogno e dalla miseria, sono i peccati servili e timidi: quando un povero ruba, si nasconde, quando è scoperto egli trema; non oserà sostenere il suo crimine, troppo felice se può coprirlo e avvolgerlo nelle tenebre. Ma quelli che peccano di abbondanza, sono superbi ed audaci, vogliono regnare; voi direste che sentono la grandezza della loro estrazione. « essi vogliono gioire, dice Tertulliano (Ad nat. lib. i, n° 16), di tutta la luce del giorno e di tutta la coscienza del cielo ». (BOSSUET, Impén. fin, I. p.). – Essi non si sono dunque puniti, non condividono le pene degli altri uomini, cosa ne risulta per essi? « Ecco perché l’orgoglio si è impossessato di essi ». Considerateli, questi orgogliosi, questi che disprezzano ogni legge; considerate il toro designato per il sacrificio, al quale hanno lasciato la libertà di errare ove vuole e devastare tutto quel che può, fino al giorno della sua immolazione; è l’emblema degli uomini di cui parla il Profeta: « Ecco perché l’orgoglio si è impossessato di essi; essi sono avviluppati come da un vestito dalla loro iniquità e dalla loro empietà ». Il Profeta non si è limitato a dire: essi sono coperti, ma essi si sono avvolti, cioè coperti da ogni lato dalla loro empietà. I malvagi non vedono il loro stato, e gli altri ancor di più, perché essi sono avvolti da ogni parte e non se ne vede il loro interno, perché chiunque potesse vedere l’interno di questi malvagi che sembrano felici secondo il mondo, chiunque fosse testimone della rivolta della loro coscienza, chiunque conoscesse le lacerazioni della loro anima sotto le violente perturbazioni della loro lussuria e dei loro terrori, saprebbe a qual punto siano uomini miserabili, mentre li si chiamano felici. Ma poiché essi sono avvolti come da un vestito « dalla loro iniquità e dalla loro empietà » essi non vedono il loro malore e nessuno lo vede. Lo Spirito-Santo, che dettava queste parole, li conosceva, e noi sapremmo considerarli con lo stesso occhio, se ogni velo di empietà potesse essere tolto dai nostri occhi. Vediamo dunque questi uomini; malgrado il loro benessere, fuggiamoli; malgrado la loro felicità, non li imitiamo, non chiediamo a Dio, come premio, dei beni che hanno potuto ricevere degli uomini che non Lo servono. Egli ci riserva ben altra cosa; noi dobbiamo desiderare altra cosa … Ma innanzitutto come il Profeta dipinge questi uomini: « … la loro iniquità uscirà come dal loro grasso », essa filtra, per parlare così, dal loro sovrappeso. Vedete se non è il caso di riconoscere qui il toro di cui abbiamo parlato. Non passiamo negligentemente su queste parole: « … la loro iniquità uscirà come dal loro grasso ». Ce n’è che sono malvagi, ma malvagi per la loro magrezza, malvagi perché sono magri, vale a dire che le sofferenze della necessità li hanno resi sottili e fragili e come disseccati. Essi sono malvagi e condannabili comunque; perché bisogna saper sopportare ogni specie di necessità piuttosto che commettere alcuna iniquità. Una cosa infatti è peccare per le necessità di cui si soffre, altra cosa è peccare in mezzo all’abbondanza. Un povero commette un furto, la sua iniquità proviene dalla sua magrezza, ma un ricco ricolmo di beni, perché si appropria del bene altrui? L’iniquità del primo proviene dalla sua magrezza, quella del secondo dalla sua opulenza. Se dite al magro: perché avete fatto questo, egli risponde: la necessità mi ha costretto, perché non avete paura di Dio? Il bisogno mi ha spinto. Dite ora al ricco: Perché fate questo e non temete Dio? Se tuttavia siete in una posizione tanto elevata per parlargli in tal sorta. Vedete se si degnerà di ascoltarvi, vedete anche se il suo grasso non farà passare in voi la sua iniquità come una sorta di contagio. In effetti, questi ricchi malvagi fanno sentire la loro inimicizia a coloro che insegnano e li riprendono, e diventano nemici di coloro che dicono loro la verità, abituati come sono ad essere dolcemente incensati dai discorsi degli adulatori, gente dalle orecchie delicate e dal cuore malato (S. Agost.). – Le prosperità temporali producono ordinariamente sul cuore un’impressione di attaccamento alla terra, un amore eccessivo di noi stessi e soprattutto elevazione e rigonfiamento del cuore, cioè un certo sentimento di auto considerazione che abitua l’anima a ritenersi come elevata dai propri doni al di sopra di tutti coloro che il proprio rango e la prosperità lasciano al di sotto di essa; un segreto errore di vanità che fa che noi confondiamo la nostra fortuna con noi stessi, che facciamo entrare la nascita, la grandezza dei titoli, le dignità, i beni nell’idea di ciò che noi siamo, e che di tutti questi vantaggi, che sono al di fuori di noi e di conseguenza non ci appartengono, formano in noi una grandezza immaginaria che scambiamo per noi stessi; infine, un errore che ci persuade che siamo, agli occhi di Dio e nell’ordine della sua Provvidenza, delle creature privilegiate ed anche distinte davanti agli uomini, nell’ordine esteriore della società. La loro prosperità, dice il Re-Profeta, li affranca dai travagli e dalle miserie comuni al resto degli uomini, ed ecco perché un orgoglio segreto si è impossessato dei loro cuori. Così il primo avviso che l’Apostolo raccomanda a Timoteo (1 Tim. VI, 17) da dare ai grandi del mondo, è di non elevarsi (Massil., Dang. des prosp.). –  Ciò che è vero per gli individui, lo è ugualmente per le società e le Nazioni. – la prosperità materiale di un popolo non fornisce da sola tutte le condizioni della sua durata e della sua gloria, se è la giustizia che eleva le Nazioni ed il peccato che le precipita nell’abisso, troppo spesso l’indebolimento delle virtù morali e dei nobili sentimenti si fa sentire in proporzione ai progressi del benessere e della fortuna pubblica.  « Prodiït quasi ex adipe iniquitas eorum. » (Mgr Pie, Discours et Instruct.., T. I, 13). – Sant’Agostino traduce la seconda parte di questo versetto in modo differente, che senza essere il più letterale, forse, è pieno di istruzione. « Essi sono andati oltre, egli dice, fino alla disposizione del loro cuore ». essi sono passati ben oltre, dentro di se stessi. Che vuol dire: « Essi sono passati oltre? » Essi hanno abbandonato i limiti della natura umana; essi hanno creduto di non essere pari agli altri uomini. Essi hanno – egli dice – oltrepassato il limite della natura umana. Quando voi dite ad un uomo di questa specie: questo povero è vostro fratello, voi avete la stessa origine, gli stessi progenitori; non ascoltate l’orgoglio che vi gonfia, non fate attenzione al vano rigonfiarsi sul quale vi elevate; benché circondati da numerosi domestici, benché ricco in oro ed argento, benché abitiate in un palazzo di marmo, benché riposiate all’ombra di baldacchini sontuosi, non siete da meno, voi ed il povero, rifugiati sotto la volta dello stesso cielo; voi non differite dal povero che per gli oggetti esteriori, che non sono voi stessi, ma sono posti intorno a voi; voi siete in mezzo a queste cose, esse non possono essere in voi. Considerate cosa siate rispetto al povero; guardate voi stesso e non ciò che possedete. Voi siete nati, l’uno e l’altro nel seno delle vostre madri, e quando sarete usciti da questa vita, quando le vostre carni, dopo la partenza dell’anima, saranno cadute nel putridume, distinguete, se potete, le ossa del ricco dalle ossa del povero … Ma tutte queste cose, a chi le dite? A colui che celebra festini sontuosi, a colui che si copre ogni giorno di porpora e di fine lino. A chi le dite queste cose? A colui che passa oltre, fino alla disposizione del suo cuore (S. Agost.).

ff. 8, 9. – Senza dubbio, ci sono degli uomini che hanno propositi di malvagità, ma almeno li fanno con timore. E questi? « Essi hanno proferito altezzosamente il linguaggio dell’iniquità ». (Ibid). Non solo essi hanno proferito il linguaggio dell’iniquità, ma lo hanno fatto apertamente, alla presenza di tutti, con fierezza: ecco ciò che io farò, io ve lo farò vedere, voi sentirete con chi avete a che fare, voi morrete per sua mano (S. Agost.). se avete tali pensieri, voi non li manifesterete al di fuori, o ben saprete vincere la vostra passione nel segreto del vostro cuore, o almeno saprete tenervi nascosto. Bisogna domandare perché? … « … La loro iniquità uscirà come il loro grasso. Essi hanno proferito altezzosamente il linguaggio dell’iniquità ». – Essi non si contentano di pensare il male, ma proferiscono altezzosamente l’empietà: contro Dio, con le bestemmie; contro il prossimo, con le calunnie; contro se stesso, per questa impudenza nel commettere pubblicamente il male, ed anche a glorificarsene (Dug.). – « Essi non hanno nascosto i loro crimini; come Sodoma, essi li hanno resi pubblici » (Isai., III). – Si trovano in questi versetti tutti i caratteri degli increduli che dogmatizzano; essi cominciano a pensare male dei misteri della Religione, esternano poi i loro pensieri; da qui si azzardano ad elevare altezzosamente la voce contro le verità rivelate; proclamano l’assenza di Dio e dei divini attributi; inondano la terra delle loro bestemmie. Essi calunniano egualmente il cielo e la virtù, l’Altissimo e gli uomini dabbene (Berthier). – Sant’Agostino dà ancora, della seconda parte del versetto 10, una traduzione un poco differente dall’interpretazione comune. Ma quali magnifici sviluppi, quale importante verità ne trae fuori! « La loro lingua ha lasciato i limiti della terra? » che vuol dire: « … ha lasciato i limiti della terra? » lo stesso che: « essi hanno elevato la loro bocca fino al cielo ». In effetti abbandonare i limiti della terra significa: passare al di sopra di tutte le cose terrestri? L’uomo non pensa, tra i suoi discorsi, che egli possa morire; egli vive come se dovesse vivere sempre. Il suo pensiero passa sopra la fragilità umana; egli dimentica cos’è questo vaso che lo ricopre e lo circonda; egli non sa cosa sia scritto contro gli orgogliosi: «La sua anima uscirà dal suo corpo ed egli tornerà nella terra dalla quale è venuto; in questo giorno tutti i suoi pensieri periranno » (Ps. CXLV). Ma i superbi, non pensando al loro ultimo giorno, hanno il linguaggio dell’orgoglio, elevano la loro bocca fino al cielo e lasciano i limiti della terra. Se il brigante messo in prigione non pensasse al suo ultimo giorno, al giorno cioè in cui dovrà subire il suo giudizio, nessun essere sarebbe bruto quanto lui, e tuttavia egli avrebbe ancora delle possibilità di sfuggire alla sua sentenza. Ma dove si potrebbe fuggire per evitare la morte? Questo giorno è certo. Per lungo tempo sperate di vivere? Ma questo pur lungo tempo dovrà finire, quand’anche ne avesse realmente la durata? Ma in realtà non è pur così: non c’è questo lungo tempo. E che ci sia è cosa tutta incerta. Perché il peccatore non vi pensa? « … perché egli ha elevato la sua bocca fino al cielo e la sua lingua ha lasciato i limiti della terra » (S. Agost.). 

III. —10-17.

ff. 10, 11. – È evidente che il Profeta che parla non metterebbe in dubbio né la Provvidenza, né i mezzi che essa ha per vendicare i suoi diritti. Egli sapeva che la prosperità di cui godono i malvagi è per essi un vero flagello, ma a lui premeva dipingere le turbe che questo spettacolo degli empi, fortunati in questo mondo, causa qualche volta agli uomini virtuosi … I giusti che si trovavano in questa nazione e provano delle disgrazie, mentre i malvagi sembrano felici, possono essere tentati col dubitare delle promesse e della fedeltà di Dio; bisognava insegnar loro che Dio non si era impegnato che con l’intera Nazione e non con i particolari; che la via della salvezza era, per i giusti separatamente presi, una via stretta,  e che bisognava trovare rovi e spine, affinché fosse provata la loro costanza (Berthier). – Il profeta ritorna alla spiegazione dello scandalo che provano i giusti alla vista della ricchezza e della prosperità degli empi. Il mio popolo alla vista di tanti crimini, si metterà a considerarli; esso troverà che i loro giorni sono pieni e che la loro vita giunge alla pienezza dell’età, e dirà: e l’Onnipotente lo sa questo? Se lo sa come può sopportarlo? – I vostri giorni, se volete saranno dei giorni pieni, perché la grazia, se volete, nel santificarli, li riempirà, invece che essere dei giorni vuoti, perché il peccato rovina tutto e vi spoglia di tutto; tanto più che disgraziatamente voi non avvertite il vostro malore; si perde la grazia senza pena e si vive nel peccato senza rimorso; se ne fa una beatitudine, un piacere, una gloria, spesso anche un interesse ed una legge (Bourd. Etat du péché et état de grâce).

ff. 12-14. – Questi sono dei peccatori ed hanno ammassato in questo mondo abbondanti ricchezze. Ed è a causa di questo che Dio non sa e che l’Altissimo è nell’ignoranza? Io servo Dio e non ottengo questi beni; essi non servono Dio ed ottengono beni in abbondanza, « … è dunque inutilmente che ho mantenuto il mio cuore nella giustizia, e che ho lavato le mani tra gli innocenti ». Tutto questo, io l’ho fatto inutilmente? Dov’è la ricompensa della mia vita onesta? Dov’è il prezzo della mia obbedienza verso Dio? Io vivo facendo il bene e manco di tutto, mentre l’ingiusto è nell’abbondanza. « E tutto il giorno sono stato flagellato ». i colpi di Dio non cessano di cadere su di me, io Lo servo bene e sono castigato; un altro non Lo serve affatto, ed è ricolmo di beni. Tale è la grande questione che ci si pone. La sua anima è agitata, la sua anima passa attraverso la prova che deve condurlo a disprezzare le cose terrene, ed a desiderare le cose eterne. L’anima passa in effetti su questo pensiero, ove essa fluttua come sballottata dalla tempesta nel momento stesso di entrare nel porto (S. Agost.). – Ne è come per i malati, che sono più abbattuti quando la guarigione è ancora lontana, e più agitati quando la salute sta per tornare.

ff. 15-17. – Io non so se in tutti i Salmi non vi sia niente di più toccante di questo pensiero. Se mi lamento della Provvidenza quando essa mi affligge, io sono perfido rispetto a tutta la Nazione dei figli di Dio. Ah – dice S. Agostino – spiegando questo passaggio, se io mormoro contro i flagelli con cui Dio mi batte, io non sarò più all’unisono con i Santi; io parlerei diversamente da come hanno fatto Abramo, Isacco, Giacobbe, e tutti i Profeti. Tutti questi Santi hanno proclamato con forza che c’è una Provvidenza, che Dio governa tutte le cose umane, che la volontà del Signore è la regola unica delle nostre azioni. Oserei allora parlare diversamente? Ho forse io più saggezza ed intelligenza di Dio? Nella nuova Legge, questo ragionamento è ancor più forte, perché il Figlio di Dio ha dato pure l’esempio di pazienza in mezzo a prove e tribolazioni, perché ha preferito questa via a quella degli onori, dei piaceri, delle ricchezze. Sarò dunque io in discordia con Lui? Riproverò forse questo grande modello di tutti i Santi? (Berthier). – Cercare di penetrare nella profondità di questo mistero della condotta di Dio sui giusti e sui malvagi, è gettarsi in un grande lavoro. La ragione umana vi trova un gran disordine, ma una fede attenta vi scopre un ordine grandissimo, perché vede tutto alla luce del grande giorno dell’eternità, ove tutte le cose saranno sbrigliate e regolate da una decisione definitiva ed irrevocabile. – Voi dite – è vero – che sia un gran lavoro sapere come possa succedere che i malvagi siano felici, mentre i buoni siano nella sofferenza … Questa questione si erge davanti come un muro; ma con il soccorso di Dio, voi attraverserete questo muro (Ps. XVII, 30); è un lavoro per voi, ma per Dio non è un lavoro. Ponetevi dunque alla presenza di Dio, davanti al Quale nulla è un lavoro, e non vi sarà più lavoro per voi … Questa difficoltà non durerà che fino a quando io non entrerò nel santuario di Dio.  Quale risorsa troverete nel santuario di Dio, per risolvere questa questione? « Che abbia l’intelligenza delle cose ultime, non delle cose presenti ». Ora – egli dice – dal santuario di Dio, io getto gli occhi sulle cose ultime oltre ciò che è il presente. Tutto ciò che si chiama il genere umano, la massa intera di tutti gli uomini verrà davanti a Dio per essere esaminato, arriverà sulle bilance dell’eterna giustizia; là saranno pesate tutte le azioni degli uomini. Oggi, una nube circonda tutte le cose; ma i meriti di ciascuno sono conosciuti da Dio (S. Agost.).- Questo santuario di Dio, o questo mistero può essere chiarito: è Gesù-Cristo nel quale sono nascosti tutti i tesori della saggezza e della scienza di Dio (Coloss. II, 3), ciò che fa che l’Apostolo, in questo stesso ambito, solleciti i Colossesi affinché siano ripieni di tutte le ricchezze di una perfetta intelligenza, per conoscere i misteri di Dio Padre e di Gesù-Cristo. Questo santuario sono ancora le sante Scritture, nelle quali Dio ci parla come da un santuario, e che racchiudono i misteri di Gesù-Cristo e della sua Chiesa, e le ragioni della condotta della divina Provvidenza. È il santuario ove Dio, sotto l’antica legge, rendeva i suoi oracoli e che figurava l’augusto Santuario dei nostri templi, ove Gesù-Cristo non cessa di essere la luce che rischiara ogni anima cristiana che si avvicina a Lui per essere illuminata (Ps. XXXIII, 6). Questo Santuario sono ii misteriosi segreti della Provvidenza di Dio, nei quali entriamo mediante una meditazione profonda. Infine, questo Santuario è il cielo, ove allo splendore della luce divina, noi vedremo chiaramente le ragioni dei disegni segreti di Dio sui figli degli uomini durante la loro vita mortale sulla terra.

IV. —18-25.

ff. 18-19. – Il Profeta non dice: Voi li avete abbattuti, perché essi si erano elevati, ma voi li avete abbattuti nel momento stesso in cui essi sembravano elevarsi, perché elevarsi così, significa cadere; la loro elevazione è una rovina (S. Agost.). – Anche lo stesso Profeta dice allora. « … Essi svaniranno come il fumo ». È salendo nell’aria che una fumata svanisce, è ostentandosi che essa si dissipa: così è del peccatore che la fortuna favorisce, è una stessa causa che fa scoppiare e che annienta la sua grandezza  (S. BERN., Colloq. Sim. cum Jesu.).- La prosperità dei malvagi è una trappola nella quale essi sono tutti presi. Questa prosperità è la più rigorosa delle pene con cui Dio possa colpirli, e ben lontano dal renderli felici, essa è per essi un inizio di supplizio. – Si, questa felicità dei figli del secolo, quando navigano nei piaceri illeciti, quando tutto loro arride, e tutto per loro ha successo, questa pace, questo riposo che noi ammiriamo, « che – secondo l’espressione del Profeta – fa uscire l’iniquità dal loro grasso », che li gonfia, che li inebria fino a far dimenticare loro la morte, è un supplizio, una vendetta che Dio comincia ad esercitare su di loro. Questa impunità, è una pena che li precipita nei sensi riprovati, che li libra ai desideri del loro cuore, ammassando così un tesoro di odio, in questo giorno di indignazione, di vendetta e di furore eterno. Non resta per noi che esclamare con l’incomparabile Agostino: « Non c’è nulla di più miserabile della felicità dei peccatori che conservano una impunità che sostituisce una pena e fortifica questo nemico domestico, « io voglio dire la volontà sregolata », contenente i suoi cattivi desideri (Bossuet, Sur la Providence). – Questa lunga sequela di prosperità, che costituisce ciò che gli uomini chiamano la felicità è, per una persona illuminata nelle cose spirituali, una rivelazione di Dio che deve portare il terrore in un cuore religioso; perché spesso ciò che appare agli occhi di un uomo, come la legittima conseguenza dei suoi sforzi e dei suoi talenti, non è che il prezzo esatto del suo valore morale, la ricompensa scrupolosamente misurata delle sue virtù naturali, delle sue buone qualità secondo il mondo. Dio non si serve, per punire, che delle forme più terribili di questa prosperità. Non sono queste parole una sentenza di riprovazione: « … Tu hai ricevuto la tua ricompensa »? Signore, esclama san Filippo, che io non riceva la mia ricompensa in questa vita! Pertanto, quando noi vediamo questi uomini riuscire in tutte le loro imprese e portarsi indifferenti, in materia di Religione, fino a non avere alcuna nozione di Dio, quante volte la sua voce è giunta alle loro orecchie quando solo loro potevano udirla! (FABER, Le S. Sacrement, Livre III, Section VII). – Questi pretesi felici del secolo sono nella più infima punizione che Dio possa far subire alla creatura umana, e se il cielo è ancora aperto sulle loro teste, poiché essi vivono, sotto i loro piedi non c’è però se non l’abisso eterno. Coloro che Dio tratta così, coloro che Lo hanno conosciuto, che Lo hanno dimenticato, e che non sentono alcun turbamento interiore nell’insolenza del loro oblio; coloro che Egli lascia dormire nel fango dell’orgoglio e del piacere; coloro che Egli lascia ridere, con la bocca piena delle ricompense abominevoli di satana, ed il cuore gioioso per il bottino che essi fanno per l’inferno, servendosi dei doni che hanno ricevuto dal cielo: … guai a loro!  (L. V., Rome et Lor., t. II, 128).

ff. 20. – Come hanno cessato di essere? Come cessa il sogno di un uomo che si sveglia! Supponete un uomo che si veda in un sogno, che trovi dei tesori: egli è ricco, ma fino a quando si sveglia … egli cerca il suo tesoro e questo tesoro non c’è più: nelle sue mani non c’è niente, niente c’è sul suo letto. Egli si era addormentato povero, era diventato ricco nel sogno; se non si fosse svegliato sarebbe ancora ricco; ma si è svegliato, ed ha trovato la miseria che aveva lasciato nell’addormentarsi. Allo stesso modo, questi uomini troveranno la miseria che si sono preparati. Al risveglio che chiude questa vita, non resta niente di ciò che possedevano, come in un sogno. E per paura si obietta: Ma che! È dunque così poca cosa ai vostri occhi lo splendore della loro gloria? È così poca cosa la pompa che li circonda? Sono così poca cosa i loro titoli, le loro immagini, le loro statue, le lodi che ricevono e la falange dei loro clienti? « Signore – dice il Profeta – nella vostra città voi riducete la loro immagine a niente … ». Dunque non aspirate ai beni terreni voi che non li possedete, e voi che li possedete, non abbiate a presumerne. Voi non sarete condannati se possedete questi beni; ma sarete condannati se presumete di tali beni, se vi gonfiate per tali beni, se per tali beni voi pensate di essere grandi, se a causa di tali beni, non riconoscerete i poveri; se, nell’arroganza della vostra vanità, dimenticate la condizione comune degli uomini, perché alla fine dei tempi, Dio renderà inevitabilmente a ciascuno secondo le proprie opere e, nella sua città, renderà un niente l’immagine di questi orgogliosi (S. Agost.).  – O vanità e grandezza umana, trionfo di un giorno, superbo niente, che sembri niente alla mia vista quando ti guardo da questa angolazione! Apriamo gli occhi a questa luce; lasciamo, lasciamo ruggire il mondo, e non gli invidiamo la sua prosperità. Essa passa, il mondo passa, essa fiorisce con qualche benessere nella confusione di questo secolo. Verrà poi il tempo del discernimento. « Voi la dissiperete Signore, come un sogno in coloro che si svegliano; e per confondere i vostri nemici, distruggerete la loro immagine nella vostra città ». Che vuol dire, … Voi distruggete la loro immagine? Vale a dire, distruggerete la loro felicità, che non è vera felicità, ma solo una fragile ombra di felicità; Voi la frantumerete come il vetro, e la frantumerete nella vostra città; vale a dire davanti ai vostri eletti, affinché l’arroganza dei figli degli uomini, resti eternamente confusa (Bossuet). 

ff. 21-24. – « Il mio cuore è tutto infiammato ed i miei reni alterati ». Questo fuoco di cui il cuore del Profeta arde, è il fuoco dello Spirito Santo, che non gli permette di bruciare se non per le cose spirituali e divine. È soprattutto questo fuoco della carità di cui dice in un altro salmo: « … Ardeva il cuore nel mio petto, al ripensarci è divampato il fuoco » (Ps. XXXVIII, 4); questo fuoco è quello di cui divampava il profeta Geremia quando diceva: « Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo » (Gerem. XX, 9); questo fuoco, del quale i discepoli di Emmaus ardevano per i discorsi del Signore: « … non erano i nostri cuori ardenti quando ci parlava durante il cammino e ci spiegava le Scritture ?» (Luc.  XXIV,32). « Le mie reni sono state cambiate », perché il mio cuore è stato infiammato dall’amore di Dio, le mie reni, cioè le mie passioni, sono cambiate, ed io sono diventato interamente puro (S. Agost.).- Un cuore infiammato di Dio, annientato in sé, che riconosce la propria ignoranza e che si umilia come un animale privo ragione, in presenza della luce sovrana, riconosce facilmente che Dio è onnipotente e che è giusto, che riserva per l’altra vita i beni che prepara a coloro che Gli sono fedeli, e che i suoi giudizi sono sempre santi benché siano spesso impenetrabili.- Colui che è sostenuto dalla mano di Dio, è imperturbabile tra gli avvenimenti di questa vita. – La pietà solida è esente dall’essere colpita da qualsiasi illusione e si lascia condurre alla volontà di Dio. Nessuna pace è comparabile a quella, poiché nulla arriva contro la volontà di colui che non ne ha altra se non quella di Dio; nessuno mezzo più sicuro c’è per essere ricevuto tra le braccia di Colui che si è interamente abbandonato, e per essere ricolmo delle vera gloria (Duguet). –  Quale consolazione e qual soggetto di gioia per voi in qualunque stato vi troviate! Quando talvolta anche voi vi trovate in preghiera, con lo spirito pieno di mille fantasmi, senza alcuna tregua, non potendo assoggettare l’immaginazione, questa folle dell’anima, come la chiama Santa Teresa; altre volte, disseccati ed aridi, senza poter produrre un solo pensiero buono, come un tronco, come una bestia davanti a Dio: che importa? Non c’è allora che consentire ed aderire alla verità dell’essere di Dio. Consentire alla verità, questo solo atto è sufficiente. Aderire alla verità, acconsentire alla verità, è aderire a Dio, è mettere Dio in possesso del diritto che Egli ha su di noi (Bossuet, Opuscul., Disc, sur la mort).

ff. 25, 26. – L’amore di preferenza compara Dio con tutte le altre cose, come per provarle, convincersi delle menzogne, e la loro vanità gli ispira un disgusto profondo. Egli le calpesta e si leva sulle loro rovine per avvicinarsi a Dio. Il loro niente lo debilita, è da tutto disilluso; i beni terreni non possono più tenerlo lontano dal cielo; il distacco è la sua grazia caratteristica. Egli attraversa il mondo come la rondine sfiora l’erba della prateria, senza che nulla lo possa fermare. Così fa un giusto apprezzamento di Dio, mettendolo al di sopra di tutto ciò che esiste (Faber, Le Créateur et la créature, 181). –  Cosa ho a che fare con tutti i tesori della terra? Essa è fredda come il marmo delle montagne. Cosa sono gli oceani con la pienezza delle loro acque? Il mio pensiero li oltrepassa. Cosa possono per me gli orizzonti dei cieli e l’armonia degli astri che vi dispiegano i loro movimenti? Le loro voci sono mute, e sono io che presto loro la vita. Cosa sono i pensieri dello spirito e le loro contemplazioni orgogliose? Il pensiero è vuoto, è vano, infeltrisce tutto ciò che tocca. Ciò che il mio cuore chiama, desidera, come l’abisso chiama un abisso, è Dio (Mgr Bauday. Coeur de Jésus, p. 89). – Cosa possono presentarmi, in effetti, e il cielo e la terra, che mi sia più caro del mio Dio, che sia caro come il mio Dio e che mi sia caro in qualche modo più del mio Dio, se non è il mio Dio stesso? (BOURD. Vraie et fausse piété.). – « O Dio del mio cuore, Voi siete mia eredità per l’eternità! », ebbene! Vediamo le nostre ricchezze, ed il genere umano scelga la sua eredità. Vediamo gli uomini lacerarsi per le loro diverse passioni; che scelgano, gli uni la guerra, gli altri la locanda, gli altri le dottrine varie e differenti, questi il commercio, quello l’agricoltura; si dividano i beni terreni, ma il popolo di Dio esclami: « … Il mio Dio è la mia parte! », Egli non è mia parte per un tempo, il mio Dio è mia parte per i secoli dei secoli » (S. Agost.). – « Voi siete il Dio del mio cuore ». Dio è il primo principe ed il motore universale di tutte le creature, è l’amore anche che fa mescolare tutte le inclinazioni e le pulsioni del cuore più segrete; è come il Dio del cuore. Ma alfine di impedire questa usurpazione, occorre che si sottometta lui stesso a Dio affinché il nostro grande Dio essendo Egli stesso il Dio del nostro amore, sia nello stesso tempo il Dio dei nostri cuori così che noi gli possiamo dire con Davide: «Voi siete il Dio del mio cuore e la mia parte per sempre » (Bossuet III, Serm. Pâque).

ff. 27. – Non è con il movimento del corpo che ci si allontani da Dio o che si torni a Dio, ma con le affezioni del cuore. –  Prostituirsi alle creature, è preferire le creature a Dio. – Essendo Dio lo sposo vero delle nostre anime, è una specie di adulterio il suddividere il proprio cuore, che questo divino Sposo domanda per intero. « Anime adultere, dice san Giacomo, non sapete che l’amore per questo mondo è nemico di Dio? E chiunque vorrà essere amico di questo mondo, si rende nemico di Dio? (Giac. IV, 4). – « Il mio bene è attaccarmi a Dio ». Un trono è caduco, la grandezza svanisce, la gloria non è che una fumata, la vita non è un sogno, il mio bene è avere il mio Dio, è tenermi legato … io non vedo che Voi, mio Dio, mia parte, mia parte eternamente; nel cielo e in terra, io non vedo che Voi. Tutto ciò che non sia eterno, fosse pure una corona, non è degno della vostra liberalità né del vostro coraggio … Io non vedo che Voi sulla terra, e non vedo che Voi medesimo nel cielo; e se non siete Voi stesso il dono prezioso che ci fate, tutto ciò che Voi ci date allora in tanta profusione, non mi sarebbe nulla  (Bossuet. IV, Serm. Pâque.).

SALMI BIBLICI: “DEUS, JUDICIUM TUUM REGIS DA” (LXXI)

SALMO 71: “Deus, judicium tuum regi da”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

CATENA D’ORO SUI SALMI

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 71

Psalmus, in Salomonem.

[1] Deus, judicium tuum regi da,

et justitiam tuam filio regis;  judicare populum tuum in justitia, et pauperes tuos in judicio.

[2] Suscipiant montes pacem populo, et colles justitiam.

[3] Judicabit pauperes populi, et salvos faciet filios pauperum, et humiliabit calumniatorem.

[4] Et permanebit cum sole, et ante lunam, in generatione et generationem.

[5] Descendet sicut pluvia in vellus, et sicut stillicidia stillantia super terram.

[6] Orietur in diebus ejus justitia, et abundantia pacis, donec auferatur luna.

[7] Et dominabitur a mari usque ad mare, et a flumine usque ad terminos orbis terrarum.

[8] Coram illo procident Aethiopes, et inimici ejus terram lingent.

[9] Reges Tharsis et insulæ munera offerent; reges Arabum et Saba dona adducent;

[10] et adorabunt eum omnes reges terræ, omnes gentes servient ei.

[11] Quia liberabit pauperem a potente, et pauperem cui non erat adjutor.

[12] Parcet pauperi et inopi, et animas pauperum salvas faciet.

[13] Ex usuris et iniquitate redimet animas eorum, et honorabile nomen eorum coram illo.

[14] Et vivet, et dabitur ei de auro Arabiæ; et adorabunt de ipso semper, tota die benedicent ei.

[15] Et erit firmamentum in terra in summis montium; superextolletur super Libanum fructus ejus, et florebunt de civitate sicut fænum terræ.

[16] Sit nomen ejus benedictum in sæcula; ante solem permanet nomen ejus. Et benedicentur in ipso omnes tribus terræ; omnes gentes magnificabunt eum.

[17] Benedictus Dominus, Deus Israel, qui facit mirabilia solus.

[18] Et benedictum nomen majestatis ejus in æternum, et replebitur majestate ejus omnis terra. Fiat, fiat.

Defecerunt laudes David, filii Jesse.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXI

Davide nell’ultima sua vecchiezza, consegnando il regno a Salomone, prega Dio per lui. Ma più veramente trasportato dallo spirito di profezia, con elegantissime immagini descrive la venuta di Cristo, la propagazione del suo regno e la rettitudine del suo governo.

Salmo sopra Salomone.

1. Dà, o Dio, la potestà di giudicare al re, e l’amministrazione di tua giustizia al figliuolo del re, affinchè egli giudichi con giustizia il tuo popolo e i tuoi poveri in equità.

2. Ricevano i monti la pace pel popolo, e i colli ricevano la giustizia.

3. Ei renderà giustizia ai poveri del popolo, e salverà i figliuoli de’poveri, e umilierà il calunniatore.

4. Ed ei sussisterà quanto il sole e quanto la luna per tutte quante le generazioni. (1)

5. Egli scenderà come pioggia sul vello di lana e come acqua che cade a stille sopra la terra. (2)

6. Spunterà ne’ giorni di lui giustizia e abbondanza di pace, fino a tanto che non sia più la luna.

7. Ed ei signoreggerà da un mare sino all’altro mare, e dal fiume sino alle estremità del mondo. (3)

8. Si getteranno a’ suoi piedi gli Etiopi, e i nemici di lui baceranno la terra.

9. I re di Tharsis (4) e le isole a lui faranno le loro offerte; i re degli Arabi e di Saba porteranno i loro doni. (5)

10. E lo adoreranno tutti i re della terra, e le genti tutte a lui saran serve;

11. Imperocché egli libererà il povero dal possente; e tal povero, che non aveva chi lo aiutasse.

12. Avrà pietà del povero e del bisognoso, e le anime dei poveri farà salve.

13. Libererà le anime loro dalle usure e dalla ingiustizia; e il nome loro sarà in onore dinanzi a lui.

14. Ed ei vivrà, e gli sarà dato dell’oro dell’Arabia, (6) e sempre lo adoreranno, e tutto il dì lo benediranno. (7)

15. E nella terra il frumento sarà sulla cima delle montagne, e le sue spighe si alzeranno più che i cedri del Libano e moltiplicheranno gli uomini nella città come l’erba ne’ prati.

16. Sia benedetto pei secoli il di lui nome: il nome di lui fu prima che fosse il sole. E in lui riceveran benedizione tutte le tribù della terra; le genti tutte lo glorificheranno. (8)

17. Benedetto il Signore Dio di Israele: egli solo fa cose ammirabili.

18. E benedetto il nome della maestà di lui in eterno; e la terra tutta sarà ripiena della sua maestà; cosi sia, cosi sia. Fine delle laudi di David, figliuolo di Jesse. (9) (10).

(1) Vale a dire, le generazioni vi loderanno notte e giorno, fintanto che dureranno il sole e la luna.

(2) La pioggia abbondante che bagna la terra, opposta a “pluvia”, la pioggia fine.

(3) L’Eufrate, limite estremo del regno di Salomone, è considerato qui come l’estremo del mondo.

(4) Tharsis, Tartessus, colonia fenicia di Spagna, viene considerata tra i paesi marittimi più lontani. – Era verso occidente il paese marittimo più lontano conosciuto dagli Ebrei; di conseguenza, i re delle coste marittime più lontane del lato di ponente.

(5) I re di Arabia e di Saba, l’Arabia felice; ciò non prova che i magi fossero di questi paesi; il salmo non si applica a loro che “in specie”, ma generalmente a tutti i popoli che vengo alla Chiesa ed al Messia. – Saba designa l’Abissinia, popolata dagli arabi. Così, tutti i popoli più lontani vengono al Messia (Le Hir.). 

(6) Sia che vi fossero miniere d’oro (oggi non ce ne sono più), sia perché piuttosto perché con trasporto, l’oro dell’interno delle terre, arrivava in Giudea (Le Hir.).

(7) L’ebraico tradotto con «  de ipso », significa « propter cum », ed anche « per eum ». – i Settanta dicono: essi pregheranno, « orabunt », invece di « adorabunt ». « Orabunt de ipso » sarebbe l’equivalente di: essi pregheranno nel suo nome, o per i suoi meriti.

(8) Immagine della prosperità sotto il regno del Messia. Un pugno di frumento, seminato anche sulla cima di una montagna, darà delle spighe magnifiche che muovendosi al soffio dei venti, somiglieranno ai cedri del Libano. Dall’altro canto, le città saranno così floride e gli abitanti così numerosi che sembreranno pullulare come l’erba dei campi. – Questi due versetti formano la dossologia che si trova alla fine di ciascun libro.

(9) Secondo san Girolamo, è detto che qui finiscono i cantici di Davide, perché è descritto ciò che deve succedere alla fine dell’epoca di Gesù-Cristo. Ma questa ragione non è meno che letterale. Noi amiamo dire meglio con qualche critico, che queste parti indicherebbero una prima raccolta di Salmi, dati volgarmente sotto il nome di Davide – benché non siano tutti suoi – che ne comprende i primi settantadue. La prima raccolta, che sarebbe stata composta dopo la costruzione del tempio, sarebbe stata completata da un altro, ed in essa sono inseriti altri salmi di autori che vissero prima di Davide, ed un buon numero di salmi inediti dello stesso Davide. 

(10) Il nuovo Testamento non cita questo salmo come profetico, dice M. Schmidt (Rédemption du genre humain); ma come disconoscere questo carattere, tanto più che celebri rabbini gli attribuiscono formalmente questo carattere? – In effetti, la maggior parte dei rabbini più famosi hanno applicato i versetti 16 e 17 ed anche tutto il salmo al regno del Messia. Si può vedere come Drach, Michaelis e Rosen-Müller assicurino che questo salmo contenga dei tratti troppo magnifici per non essere applicati che solo a Salomone. – L’esame del Salmo conferma la stessa verità, ed è sufficiente scorrerlo con attenzione per convincersi: – 1° che questo salmo contenga tratti che non sono affatto verificabili in Salomone; di conseguenza non c’è armonia nel salmo, considerando questo principe come l’oggetto totale e primitivo dello stesso salmo, benché si faccia una continua allusione al suo regno come ad una brillante immagine del regno del Messia; – 2° che tutti questi tratti, al contrario, convengano perfettamente e letteralmente a Gesù-Cristo, che di conseguenza ne è l’oggetto primario. – I. Ammettiamo che si possano applicare i primi 4 versetti a Salomone; ma una volta giunti al 5° bisogna lasciare l’uomo mortale per considerare un regno tanto esteso quanto la durata del sole e della luna, cosa che non può convenirgli. – Il 6° versetto contiene una comparazione che sembra così bene caratterizzare il regno dolce e pacifico di Salomone, ma non si torna a lui che per lasciarlo al versetto 7°, ove ancora si tratta di un regno di pace e di giustizia che deve durare quanto la luna. – Questo principe riappare al versetto 8°, che gli si può applicare, restringendo il senso di « a mari usque ad mare » e di « terminos orbis terrarum », ma non si può affatto riconoscerlo nel 9° versetto, perché quali sarebbero i nemici ai quali avrebbe fatto « mangiare la polvere », egli il cui regno non è mai stato turbato dalla guerra? – il Versetto 11 non può essere applicato a Salomone che con restrizione, ed è di questo avviso lo stesso D. Calmet, che non può applicarlo a questo principe, se non con esagerazione ed iperbole. Non si vedono da nessuna parte poi tutti i re della terra prosternarsi ai piedi di Salomone, come nei versetti 11-15. A maggior ragione non gli si possono applicare queste parole. « ante solem permanet nomen eius … benedicentur in ipso omnes tribus terræ ». – pertanto se si consideri Salomone in un versetto, lo si deve abbandonare al seguente, per riprenderlo poi dopo e lasciarlo nuovamente subito dopo nel seguente, cioè distruggendo tutta l’armonia del salmo, che non può dunque applicarsi a Salomone. – II. Tutti questi tratti al contrario, convengono perfettamente e letteralmente al regno del Messia; dunque bisogna concludere che Egli è l’oggetto primario in senso letterale di questo salmo. Così le diverse qualità del regno del Messia, i due grandi caratteri del Messia, quello di liberatore e di santificatore dei poveri, l’abbondanza di ogni tipo di beni spirituali; infine i tratti ancora più caratteristici del Messia con i quali il Profeta termina questo salmo; l’eternità del suo nome di Figlio che data prima di tutti i secoli; tutte le tribù della terra benedette nella sua Persona, etc.

Sommario analitico

Davide, nella persona di suo figlio Salomone, o secondo altri, Salomone stesso, contempla il regno di Gesù-Cristo, di cui descrive le diverse qualità (3).

I. – Egli fa dei voti per la sua venuta:

1° affinché porti sulla terra la giustizia nei giudizi e la pace nel governo del suo reame (1, 2);

2° perché faccia una giusta ripartizione tra ricompense e castighi (3);

3° per l’eterna durata del suo regno (4).

II. – Descrive la sua discesa dall’alto dei cieli e la sua incarnazione:

1° La sua incarnazione nel seno di una Vergine, sotto la figura della dolce rugiada che cade segretamente sul vello di pecora (5);

.2° I benefici della sua Incarnazione e della sua nascita, l’abbondanza durevole della giustizia e della pace (6).-

III. – Descrive la grandezza del regno di Gesù-Cristo, i beni  che elargirà ai suoi soggetti:

1° la sua estensione in tutte le parti del mondo: Egli sarà riconosciuto dai più barbari tra i popoli, dai suoi nemici abbattuti, dagli omaggi, le offerte, le adorazioni di tutti i re della terra (7-10);

2° I due grandi caratteri del Messia, cioè di liberatore e di santificatore dei poveri, che lo rendono l’oggetto della venerazione e delle benedizioni dei popoli (11-13);

3° L’abbondanza di ogni tipo di beni spirituali, designati sotto delle immagini conformi alle idee degli orientali, e conformi alla natura della loro terra (14-15);

4°  L’eternità del suo nome di Figlio che data da prima dei secoli, tutte le tribù della terra benedette nella sua Persona, le meraviglie così grandi, i prodigi così elevati al di sopra dell’uomo che Dio solo può esserne l’autore, Dio solo, di cui Egli esalta il nome e la maestà (16-19). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-4.

ff.1. – Il Signore dice Egli stesso nel Vangelo: « Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio » (Joan. V, 22). È il compimento di questa parola: « Date il vostro giudizio al Figlio ». È nello stesso tempo il Figlio del Re, perché Dio Padre, è il Re per eccellenza (S. Agost.). Uno dei principali caratteri con cui gli scrittori sacri descrivono il regno di Gesù-Cristo, è la giustizia; è in effetti il regno della giustizia che il mondo reclama prima della venuta di Gesù-Cristo. Quel che dominava di più nel mondo antico era l’ingiustizia sotto tutti gli aspetti: ingiustizia dell’uomo in rapporto a Dio, che non era né conosciuto né amato, né servito come doveva essere; ingiustizia dell’uomo rispetto ai suoi simili, la frode, la violenza, l’oppressione, i diritti più sacri calpestati così come le cause più giuste, gli interessi più inviolabili. – Il Figlio di Dio, venendo al mondo, doveva distruggere questa triplice ingiustizia. – Notate che il Profeta, dopo aver detto: « O Dio! Date il vostro giudizio al Re, e la vostra giustizia al Figlio del Re », ponendo in primo luogo il giudizio, ed in secondo la giustizia, ha detto poi, ponendo prima la giustizia e dopo il giudizio, « per giudicare il vostro popolo nella giustizia ed i vostri poveri nel giudizio »; ma questa inversione di parole prova soltanto che il giudizio non ha altro senso che la giustizia. In effetti è costume il chiamare giudizio cattivo ciò che è ingiusto, ma non diciamo giustizia iniqua, una giustizia ingiusta; perché, se la giustizia fosse cattiva, essa sarebbe stata ingiusta, e non si potrebbe più chiamare giustizia. Così ponendo in primo luogo il giudizio ed esprimendolo una seconda volta sotto il termine di giustizia, e ponendo poi in primo luogo la giustizia ed esprimendola una seconda volta sotto il termine di giudizio, il Profeta ci mostra chiaramente che egli chiama giudizio, propriamente parlando, ciò che si ha l’abitudine di chiamare giustizia, cioè ciò che non può esistere in un giudizio cattivo (S. Agost.). Coloro che sono chiamati a governare i popoli devono avere innanzitutto, una grande rettitudine di spirito e di cuore, e giudicare i subordinati, non secondo le prevenzioni o anche secondo i lumi sì limitati dello spirito umano, ma secondo le regole di questa giustizia divina, secondo la quale Dio conduce Egli stesso gli uomini e di cui quella che riluce in noi non è che una scintilla.

ff. 2. – « Per giudicare i vostri poveri nell’equità dei suoi giudizi ». Notiamo questa espressione del salmista: « vostri poveri ». Che significa questa espressione? I ricchi, in qualità di ricchi, essendo alla sequela del mondo, essendo per così dire marcati nel loro spazio, nel regno di Dio vi sono per tolleranza, ma è ai poveri e agli indigenti  che portano il marchio del Figlio di Dio, che appartiene l’esserne propriamente ricevuti. Ecco perché il divin salmista li chiama « i poveri di Dio », perché i poveri di Dio? Li nomina così in spirito, perché, nella nuova alleanza, Egli li ha potuto adottare con una particolare prerogativa (BOSSUET, Eminente dignité des pauvres dans l’Eglise) – Le montagne, le prime ad essere illuminate, fanno scendere in seguito la loro luce sulla distesa delle campagne; le montagne sono, nella Chiesa, gli uomini eminenti per santità e per scienza e che sono capaci di istruire gli altri (2 Tim. II, 2), dando loro, con la loro parola, un insegnamento fedele e, per via loro, un esempio salutare. Le colline, al contrario sono questi uomini che imitano, con la loro obbedienza, l’eccellenza delle montagne. La pace è la riconciliazione che ci avvicina a Dio, e le montagne ricevono questa grazia per trasmetterla al popolo, « tutto viene da Dio, che ci ha riconciliato con Lui per mezzo del Cristo – dice l’Apostolo – e ci ha affidato il ministero della riconciliazione » (1 Cor. V, 17). « Ecco come le montagne ricevono la pace per darla al popolo » (S. Agost.). Le montagne sono più elevate e le colline lo sono di meno. Le montagne vedono, le colline credono. Coloro che vedono ricevono la pace per portarla a coloro che credono, e questi ricevono la giustizia, cioè l’obbedienza che è negli uomini ed in tutte le creature ragionevoli, poiché è la perfezione della giustizia (S. Agost.). – Gli uomini più eminenti per i loro meriti come degni oratori, in uno Stato, così come nella Chiesa, ricevono la pace e la giustizia; essa discende poi sui popoli simbolizzati dalle colline, che sono più basse delle montagne: la pace dei reami e degli Stati dipende molto dalla giustizia di coloro che li governano. – Non si può avere la vera gioia, se non si ha a salvaguardia la pace e la giustizia. La prima cosa, in effetti è come la radice dalla quale tutto esce, ed è la giustizia. La seconda, la pace; la terza la gioia. Dalla giustizia nasce la pace, che uno dei primi frutti della venuta di Gesù-Cristo. La vera giustificazione è stata seguita da una vera pace dell’uomo con Dio, con tutti gli altri uomini e con se stesso. La pace, a sua volta, produce la vera gioia (S. Ces. D’Arles. Hom. XIX.).

ff. 3. – Il Profeta espone le qualità di un Re giusto, soprattutto quelle del Messia, al quale appartiene sovranamente il far giustizia ai poveri, ai piccoli, agli infelici, e distruggere coloro che li opprimono « … ed Egli umilierà i calunniatori ». Ora non si potrebbe meglio applicare che al demonio questo titolo di calunniatore. La calunnia è il suo forte. « … forse Giobbe adora il Signore per nulla? » (Giob. I, 9). Ora Gesù, il Signore, lo umilia, aiutando i suoi con la sua grazia perché essi adorano il Signore gratuitamente e mettendo le loro delizie nel Signore. Egli ancora lo ha umiliato per il fatto che il demonio, vale a dire il principe di questo mondo, non avendo trovato in Lui alcuna colpa (Giov. XIV, 39), l’ha fatto perire con le calunnie dei Giudei, delle quali il calunniatore si è servito come di suoi strumenti. Egli ha umiliato il demonio perché Colui che i giudei avevano messo a morte è resuscitato, ed ha distrutto il reame della morte, che il demonio aveva così ben governato a suo profitto, e per mezzo di un solo uomo, che egli aveva ingannato, aveva coinvolto tutti gli uomini in una simile condanna a morte. Il demonio è stato umiliato perché, se il peccato ha stabilito, per mezzo di un unico uomo, il regno della morte, a maggior ragione, coloro che ottengono l’abbondanza della grazia e della giustificazione, regneranno nella vita eterna per mezzo del solo Gesù-Cristo (Rom. V, 17), che ha umiliato il calunniatore nel momento in cui costui utilizzava, per perderlo, delle false accuse, dei giudici iniqui e dei falsi testimoni (S. Agost.). – « … Ed io ascoltavo una gran voce nel cielo che diceva: Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. » (Apoc. XII, 10).

ff. 4. – « E sussisterà come il sole ». Ma che cos’ha di glorioso il durare quanto il sole per Colui per mezzo del Quale tutte le cose sono state fatte, e senza il Quale nulla è stato fatto (Giov. I, 5), a meno che questo profezia non sia stata fatta a causa di coloro che pensano che la Religione cristiana vivrà nel mondo per un certo tempo e poi sparirà? Egli durerà quindi tutto il tempo del sole: finché il sole si leverà e si deporrà; vale a dire finché i secoli compiranno le loro rivoluzioni, la Chiesa di Dio o “Corpo di Cristo” sussisterà sulla terra. Il Profeta dice poi. « Egli sarà prima della luna ». Avrebbe potuto dire : « … e prima del sole »; cioè Egli durerà come il sole ed esisteva prima del sole; ciò che significherebbe: Egli durerà quanto i secoli ed esisteva già prima dei secoli. Ora, ciò che precede i tempi è eterno e lo si deve considerare come veramente eterno ciò che non cambia con il corso dei tempi, come il Verbo, che era fin dall’inizio. Ma il Profeta ha preferito la comparazione della luna, perché questo astro è la figura della crescita e della diminuzione delle cose mortali (S. Agost.). – Il regno del Messia non si limiterà alla durata del sole e della luna; è solo detto: « Egli durerà quanto il sole e la luna, di generazione in generazione, per sottolineare che, durante questa rivoluzione di secoli, eserciterà il suo impero sugli uomini, formando tra essi i suoi eletti, governandoli e conducendoli al termine ove essi regneranno eternamente con Lui ». (Berthier).

II. — 5-6.

ff. 5. – « Scenderà come pioggia su di un vello di lana ». Davide fa qui allusione all’azione di Gedeone, e ci fa sapere che essa si è compiuta in Gesù-Cristo.  Gedeone aveva domandato a Dio, come segno della sua volontà, che un vello di lana in mezzo ad un’ara, si imbibisse solo di rugiada, mentre l’aia restasse asciutta; e fu così come Gedeone aveva chiesto (Giud. VI, 36-40). Questo vuol dire che il popolo di Israele fu inizialmente questo vello posto in mezzo ad un’aia, cioè in mezzo all’universo. Il Cristo è dunque disceso come una pioggia sul vello, mentre l’aia restava asciutta; ed è per questo che Egli ha detto: « … Io non sono stato inviato che alle pecore sperdute di Israele »  (Matth. XV, 24). È là in effetti che ha scelto la Madre in seno alla quale voleva prendere forma di schiavo per mostrarsi agli uomini; è là che ha formato i suoi discepoli ai quali ha dato un comandamento simile alla sua dichiarazione: « Non andate nelle vie dei gentili, … ma andate prima alle pecore perse della casa di Israele » (Ibid. X, 5-6). Dicendo prima verso quelli, Egli mostrava che in seguito, quando avrebbe avuto luogo il coprirsi di acqua l’intera aia, essi potessero andare verso altre pecore che non appartenevano all’antico popolo di Israele. È così che la pioggia è discesa sul vello mentre l’aia restava ancora asciutta. « Ma ben presto, per la grazia di Gesù-Cristo, mentre la nazione giudaica restava all’asciutto, l’universo intero, in tutte le Nazioni che lo compongono, è stato bagnato dai torrenti della grazia cristiana, versati dalle nuvole che ne erano cariche. Così il salmista ha designato questa stessa pioggia sotto il termine di gocce di acqua che cadono, non più sul vello, ma sulla terra » (S. Agost.). – Ma un gran numero di altri Padri, in particolare S. Ambrogio, san Crisostomo, san Bernardo, hanno visto in questo vello di Gedeone il simbolo della beata Vergine Maria; e in questa pioggia che cade sul vello, la figura del divino Salvatore discendente dal cielo nel suo seno verginale. In effetti: – 1° l’agnello esce come dal seno del vello, e dal seno della Vergine Maria è uscito l’Agnello che toglie il peccato dal mondo (Giov. IV,29), – 2° il vello della pecora figura perfettamente, per il suo candore, la purezza dei costumi e l’innocenza della vita di questa Vergine divina; – 3° Essa è il vello, cioè la lana senza la carne, la lana staccata dalla carne con la mortificazione e la verginità. Il vello, dice S. Pietro Crisologo (Serm. 143), appartiene al corpo, ma essa è estranea alle sofferenze, alle impressioni del corpo; così come la verginità esiste nella carne restando estranea ai vizi della carne. – 4° la Vergine Maria, dice Riccardo di San Vittore (in Ps. LXXI), è il vello che riveste le sue virtù, che protegge e riscalda le anime pure ed innocenti. – 5° Maria è veramente il vello di Gedeone, perché essa ha ricevuto tutta intera la rugiada discesa dal cielo, vale a dire il Cristo. Cosa c’è di più silenzioso e meno rumoroso della rugiada che cade dolcemente su un vello? Essa non colpisce l’orecchio con alcun suono, non rimbalza su alcun corpo circostante, ma senza turbare le pecore, la pioggia penetra il vello interamente, senza violenza, senza alcune separazione del tessuto. Ed è con ragione che Maria è comparata ad un vello: Ella che ha concepito nostro Signore ricevendolo nel suo casto seno, senza che l’integrità del suo corpo verginale ne abbia sofferto il minimo danno (S. AMBR. Serm. 3 de Nativ.). « E come l’acqua che cade goccia a goccia sulla terra … », questa pioggia abbondante che Dio ha riservato come sua eredità, è dapprima discesa dolcemente e senza brusii, senza il concorso dell’azione dell’uomo, nel seno verginale di Maria, ma in seguito essa si è sparsa su tutta la terra con la bocca dei predicatori, non più come rugiada sul vello, ma come pioggia sulla terra, con il rumore che accompagna la predicazione e l’operazione dei miracoli; perché queste nuvole che portano la pioggia nel loro seno, si sono ricordate del comandamento che fu loro dato quando furono inviate: « Ciò che o vi dico nelle tenebre ditelo alla luce » (Matth. X, 27) (S. Bern. Hom. 2 super Missus est.). – Il regno di Gesù-Cristo si stabilisce in un’anima con tutti i caratteri che comprendono le due comparazioni enunciate in questo versetto. È dal cielo che questo Re benefico versa i doni della sua grazia, il mondo non ha parte in quest’operazione tutta divina. Gesù-Cristo si comunica nel profondo del cuore: Egli lo penetra come la rugiada imbibiva il vello misterioso, la cui vista incoraggiò Gedeone. È nelle segrete comunicazioni, ed anche durante il silenzio della notte che l’anima, svincolata da ogni occupazione terrena, riceve le sue salutari influenze. Non si fa tutto con una sola visita dell’Altissimo, ma i doni della sua misericordia si succedono come le gocce di acqua che umettano a poco a poco un terreno arido. Allora tutta quest’opera interiore diviene feconda in buone opere, tutte le sue facoltà concorrono alla gloria di questo Re pieno di bontà, che non disdegna di regnare in un cuore puro, umile, sottomesso a tutte le sue volontà (Berthier). – « La giustizia si leverà nei suoi giorni con l’abbondanza della pace ». Il primo frutto dell’incarnazione e della nascita del Figlio di Dio, è la giustizia considerata o come virtù speciale che rende a ciascuno ciò che gli è dovuto, o come virtù generale, significante la riunione di tutte le virtù. È questo regno di giustizia che reclamava, prima della venuta del Salvatore, il mondo, schiacciato sotto il regno della forza brutale, che opprimeva tutti i diritti più sacri. Il secondo frutto, è l’abbondanza della pace, cioè una pace profonda nella sua natura, universale nella sua estensione ed eterna nella sua durata. Una pace universale regnava in tutto l’universo quando Gesù-Cristo, il Principe della pace, apparve sulla terra; ma non era che una falsa pace. L’uomo, in preda alle sue passioni ingiuste e violente, provava dentro di sé la guerra ed il dissenso più crudele; lontano da Dio, lasciato alle agitazioni ed ai furori del suo cuore, combattuto dalla molteplicità e dalla contrarietà eterna delle sue inclinazioni sregolate, egli non poteva trovare la pace, perché non la cercava che nella sorgente stessa delle sue turbolenze e delle sue inquietudini … Gesù-Cristo scende sulla terra per portare agli uomini questa pace vera, che il mondo fino ad allora non aveva potuto dare loro  (MASSILL. Serm. p. la f. de Noël), la pace dell’uomo come Dio, la pace con gli altri uomini, la pace con se stesso. – Noi non immaginiamo che sia un vantaggio per il Re degli Angeli essersi fatto anche il Principe degli uomini. Il regno che gli piace stabilire su di noi, è la pace, la libertà, la vita e la salvezza dei suoi popoli; Egli non è Re né per esigere dei tributi, né per formare delle grandi armate, ma è Re perché governa le anime, perché ci procura i beni eterni, perché fa regnare con Lui coloro che la carità sottomette ai suoi disordini … Il regno del nostro Principe, è la nostra felicità per cui si degna di regnare su di noi, è la clemenza, è la misericordia e questo non è un accrescimento di potenza, ma una testimonianza della sua bontà (S. Agost. Trait, XL, sur S. Jean, N° 4.). I precetti del Vangelo ben osservati uniranno insieme tutti i popoli, e manterranno tra di essi gli stessi principi di moderazione, di buona fede, di equità e tranquillità. Ciò che il Vangelo non fa, a causa delle passioni che dividono i principi e le Nazioni, Egli lo esegue nelle anime dei giusti. È la che regnano e regneranno sempre la vera giustizia e l’abbondanza della pace; beneficio che non hanno le umane Nazioni: esse non possono regolare che la condotta esteriore, ma non hanno alcun impero sui sentimenti del cuore (Berthier).

III. — 7-19.

ff. 7-10. – Tale è l’estensione del regno di Gesù-Cristo: da un mare all’altro e fino alle estremità della terra, dove non finisce, perché si estende fino al cielo. –La durata del regno di Gesù-Cristo, non è limitato dalla durata del mondo, ma si estende a tutta l’eternità. – Trionfo di piacere quando vedo in Tertulliano che già ai suoi tempi, così vicini alla morte del nostro Salvatore e dall’inizio della Chiesa, il nome di Gesù era già adorato per tutta la terra, e che in tutte le province del mondo che erano conosciute, il Salvatore vi aveva un numero infinito di soggetti. « Noi siamo, dice con risonanza questo gran personaggio, quasi la maggior parte di tutte le città»(AD SCAP., N° 2). I Parti, invincibili dai Romani, i Traci antinomi, come li chiamavano gli antichi, gente insofferente ad ogni sorta di leggi, hanno subito volontariamente il giogo di Gesù. I Medi, gli Armeni, i Persiani e gli Indiani più lontani; i Mauri e gli Arabi, e queste vaste province dell’Oriente; l’Egitto e l’Etiopia, e l’Africa più selvaggia; gli Sciti, sempre erranti; i Sarmati, i Getutei e le barbarie più inumane sono state domate dalla modesta dottrina del Salvatore Gesù. L’Inghilterra, i cui bastioni rendevano inaccessibili i luoghi ai Romani, era stata affrontata. Cosa dirò dei popoli della Spagna e delle bellicose nazioni dei galli, paura e terrore dei Romani, e dei fieri Germani, che si vantavano di non temere null’altro che il cielo che cadesse sulle loro teste? Essi sono venuti a Gesù, dolci e semplici come degli agnelli, a chiedere umilmente perdono, pressati da un timore rispettoso. Roma stessa, questa città superba che si era per tanto tempo inebriata del sangue dei martiri di Gesù, Roma, la padrona, ha abbassato la testa ed ha portato tanto onore alla tomba di un povero pescatore più che ai templi del suo Romolo.  Non c’è impero così vasto che non sia racchiuso in qualche limite. Gesù regna dappertutto, dice il grave Tertulliano (AD JUD., N° 7), nel libro contro i Giudei dai quali ho disegnato quasi tutto ciò che sto dicendo dell’estensione del regno di Dio. Gesù regna dappertutto, egli dice, ed è adorato dappertutto. Davanti a Lui la condizione dei re non è migliore di quella degli infimi schiavi. Sciti o romani, greci o barbari, tutto è uguale davanti a Lui, Egli è uguale per tutti, è il Re di tutti, è il Signore ed il Dio di tutti (BOSSUET. Circonc. Royauté de Jésus-Christ.) – (FÉNÉLON,  Serm. pour la féte de l’Êpiph., I part.). « … I re di Tarsi e delle isole gli offrono dei doni ». Predizione dei doni che i Re Magi offrono a Gesù-Cristo appena nato. – I Magi – dice S. Gregorio Magno – riconoscono in Gesù la triplice qualità di Dio, di uomo e di re: essi offrono al Re l’oro, a Dio l’incenso, all’Uomo la mirra. Ora – egli prosegue – ci sono degli antichi eretici che credono che Gesù sia Dio, che credono ugualmente che Gesù sia un uomo, ma si rifiutano assolutamente di credere che il suo regno si estenda dappertutto … Essi non erano irreprensibili nella loro fede, ed il Papa san Gregorio inflisse la nota di eresia a coloro che, facendosi un dovere di offrire a Gesù l’incenso, non volevano aggiungere l’oro. Costa caro alla terra, costa caro alle Nazioni il non flettere il ginocchio davanti al Nome ed alla regalità di Gesù. Sono allora altre genuflessioni che occorre fare. La lingua che rifiuta di aprirsi per proclamare e confessare la potenza del Re Gesù, a quale silenzio umiliante non è condannato? « … Ed ora Signore, noi non abbiamo neanche il diritto ed il potere di aprire la bocca, e noi, la vecchia Francia cattolica, la regina della Nazioni, noi siamo diventati un soggetto di confusione e di obbrobrio per tutti coloro che vi servono e vi onorano ». (Dan. III, 33) – (MGR PIE, sur l’étendue univ. de la royauté de Jésus-Christ. TOM. VIII, p. 621).

ff. 11-13. – « Perché Egli libererà il povero dalle mani del potente ». Davide predice qui uno dei caratteri principali del grande Re atteso da Israele, che libererà il povero dalla servitù sotto la quale era stato ridotto dai potenti. La generazione presente si è talmente identificata con la menzogna, e le contro-verità più manifeste sono talmente accreditate tra di noi, che si è esposti ad essere accusati di paradosso richiamando semplicemente i principi del Cristianesimo su questa materia. Ciò nonostante, non è vero che la grande legge dell’eguaglianza degli uomini e della loro divina fraternità era stata come abrogata sotto l’impero dell’idolatria, che non era affatto che il regno della forza ed il trionfo della materia?  E in effetti, dappertutto e sempre, fuori dal Cristianesimo, la schiavitù sarà un fatto inevitabile, e nello stesso tempo una conseguenza dell’ordine sociale. Il Figlio di Dio scende sulla terra e prende forma di schiavo; Egli trasmette a tutti gli uomini di tutti i paesi e di tutti i secoli questa parola, fino ad allora sconosciuta: « … Padre nostro, che siete nei cieli »; e con questa parola Egli ristabilisce sulla terra una fraternità spirituale che produrrà prima o poi, tra le sue conseguenze, il ritorno della fraternità primitiva nella grande famiglia degli uomini. Si, secondo la parola di Gesù-Cristo, un giorno verrà in cui « il Figlio libererà gli schiavi, ed allora essi saranno veramente liberi, perché saranno affrancati dalla verità ». Questa opera di affrancamento, di emancipazione non sarà l’opera di un giorno: essa si opererà insensibilmente con la forza delle idee ed il progresso dei princìpi evangelici (Mgr PIE. Disc. T. I.er, p. 75).- Due grandi caratteri del Messia, quello del liberatore e del santificatore, vengono a liberare i poveri. Nostro Signore Gesù-Cristo ha cominciato il corso delle sue predicazioni evangeliche col proclamare beati i poveri; Egli si era applicato questa profezia di Isaia: « lo Spirito del Signore è su di me, Egli mi ha consacrato con la sua unzione per evangelizzare i poveri »; (Luc. IV, 17); ed in effetti i poveri sono per Lui, come per i suoi Apostoli e per tutti gli operai evangelici animati dal suo spirito, il principale oggetto del loro zelo apostolico. – Egli salva le anime dei poveri richiamandoli alla conoscenza della verità, rendendoli ricchi nella fede ed eredi del regno che Egli ha promesso a coloro che ama (Giac. II, 5); Egli li salva perché, per sua grazia, essi useranno santamente del loro stato, e troveranno preziose risorse nella povertà più grande, facendo un tesoro della stessa povertà. – Come il peccatore è stato liberato dalle usure con la redenzione che gli ha meritato Gesù-Cristo? È – dice S. Agostino, la cui osservazione sembra inizialmente sottile, ma che si trova vera ed anche necessaria quando la si medita – è, dice questo santo dottore, che il peccato consumato in un momento, ed il cui frutto è sì poca cosa per colui che lo commette, è punito con una pena eterna. È una usura che la giustizia divina trae dalla temerità e dall’ingratitudine del peccatore. Gesù-Cristo ce ne ha liberato, e nello stesso tempo dalla iniquità che era la causa di questa usura. Non si può abbastanza considerare qual sia il prezzo del sangue e del nome dei Cristiani; il loro sangue è costata la vita di un Dio, il loro nome è stato consacrato nella Persona di un Uomo-Dio. Questo sangue e questo nome sono rispettabili agli occhi di Dio stesso, che rispetta il nome dei Cristiani, perché vi vede il carattere di Gesù-Cristo, il suo unico Figlio. « Il Profeta dice che questi sono i poveri di cui soprattutto il sangue ed il nome sono preziosi agli occhi di Dio ». Quanta forza e sentimento in questa espressione! Egli ha detto, più in alto, che i re e le Nazioni Lo adoreranno e Lo serviranno; ma, quando viene a parlare ai poveri, agli umili, ai piccoli, Egli cambia in qualche modo il tono, e dice che il Messia stesso li rispetterà e li onorerà (Berthier). Questo perché il povero è ben diverso agli occhi della carne ed agli occhi della fede! Cosa c’è di più disprezzabile agli occhi della carne, di un povero spoglio di tutto, abbandonato da tutti, mentre agli occhi della fede, il nome di questo povero appare onorevole davanti a Dio stesso.

ff. 14, 15. – Gesù-Cristo, doveva riscattare con la sua morte, le anime dei poveri, cioè di coloro che erano interamente spogli di ricchezze naturali, e soprattutto della grazia, ma questa morte stessa doveva essere in Lui la sorgente di una nuova vita immortale che Gli ha attirato i rispetti, le adorazioni, le benedizioni, le ricche offerte dei popoli convertiti. Il Profeta descrive in seguito la fecondità della Chiesa ed i frutti della predicazione evangelica, dopo la Resurrezione di Gesù-Cristo. La terra sarà ricoperta dai frutti della parola di Dio; li si vedrà anche là ove regna ordinariamente la sterilità, sulle sommità delle montagne, il frumento su queste sommità aride, oltrepasserà l’abbondanza e l’altezza dei cedri del Libano, ed in questa città di cui è già stato detto: « … è da Sion che uscirà la legge, e la parola del Signore da Gerusalemme, i credenti saranno numerosi come l’erba dei campi ». È ciò che S. Luca ci insegna essersi compiuto: « … E la parola di Dio cresceva ed il numero dei discepoli aumentava sempre di più » (Act. VI), (Bellarm.). – Ci è pure permesso, con un gran numero di pii interpreti, fare una predizione dell’Eucarestia, che è il sostegno, l’appoggio per eccellenza (firmamentum); vale a dire il pane solido, sostanziale dell’anima. È così che la scrittura chiama il pane, « firmamentum panis » (Ps. CIV, 16); « baculus panis, » (Lev. XXVI, 26), e del pane dice che « consolida il cuore dell’uomo » (Ps. CIII, 15). Il pane dell’Eucaristia consolida le montagne. Cioè gli uomini eminenti in santità. La divina semenza del Vangelo, così come la santa Eucaristia, producono il loro frutto, ma un frutto che si eleva al di sopra dei cedri del Libano, perché essendo un frutto tutto celeste, si eleva fino al cielo ed oltrepassa tutto ciò che sembra essere più elevato nel secolo.

ff. 16-19. – « Che il suo Nome sia benedetto in tutti i secoli; il suo Nome dimora da prima del sole ». il sole significa il tempo, il suo Nome dimora dunque eternamente; perché l’eternità precede il tempo e non si saprebbe limitare. « E tutte le tribù della terra saranno benedette in Lui ». In effetti è in Lui che si compie la promessa fatta ad Abramo; perché secondo l’osservazione dell’Apostolo, Dio non dice: « e ai tuoi discendenti », come se si trattasse di molti, ma « … alla tua discendenza, come a uno solo, cioè Cristo » (Galat. III, 16). Ora ecco la promessa fatta ad Abramo: « Tutte le tribù della terra saranno benedette in Colui che nascerà da te ». (Gen. XXII, 18). « Questi non sono i figli secondo la carne, dice San Paolo, ma i figli della promessa, che sono contati nella posterità ». (Rom. IX, 6). « Tutte le nazioni Lo esalteranno ». esse Lo esalteranno perché esse saranno benedette in Lui; esse Lo esalteranno, non dandogli maggiore grandezza, perché Egli è per se stesso ogni grandezza, ma lodandoLo e proclamandone la grandezza. È così che tutti noi esaltiamo la grandezza di Dio, è così che egualmente diciamo: « sia santificato il vostro Nome », benché il suo Nome sia sempre infinitamente santo. – « Benedetto sia il Signore, Dio di Israele ». Dopo aver completato tutte le meraviglie che Egli viene a portare, il Profeta, nel suo entusiasmo, canta un inno e benedice il Signore Dio di Israele. È il compimento della profezia data a questa donna sterile, figura della Chiesa: « e Colui che l’ha liberata, il Dio di Israele, sarà nominato il Signore di tutta le terra » (Isaia, LIV, 5). « Solo Egli compie dei prodigi », perché solo Lui è l’Autore dei prodigi compiuti dagli altri. – « Che il suo Nome glorioso e maestoso sia benedetto nell’eternità », e tutta la terra sarà piena della sua gloria: « Così sia ». Voi l’avete ordinato, Signore, ed è così. È così fino a che il reame, che è cominciato dal fiume, si estenda fino alle estremità dell’universo (S. Agost.). 

SALMI BIBLICI: “IN TE, DOMINE, SPERAVI … ET ERIPE ME” (LXX)

SALMO 70: “IN TE DOMINE, SPERAVI, … et eripe me”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 70

Psalmus David, filiorum Jonadab, et priorum captivorum.

   [1] In te, Domine, speravi;

non confundar in aeternum;

[2] in justitia tua libera me, et eripe me: inclina ad me aurem tuam, et salva me.

[3] Esto mihi in Deum protectorem, et in locum munitum, ut salvum me facias: quoniam firmamentum meum et refugium meum es tu.

[4] Deus meus, eripe me de manu peccatoris, et de manu contra legem agentis, et iniqui:

[5] quoniam tu es patientia mea, Domine; Domine, spes mea a juventute mea.

[6] In te confirmatus sum ex utero; de ventre matris meae tu es protector meus; in te cantatio mea semper.

[7] Tamquam prodigium factus sum multis; et tu adjutor fortis.

[8] Repleatur os meum laude, ut cantem gloriam tuam, tota die magnitudinem tuam.

[9] Ne projicias me in tempore senectutis; cum defecerit virtus mea, ne derelinquas me.

[10] Quia dixerunt inimici mei mihi: et qui custodiebant animam meam consilium fecerunt in unum;

[11] dicentes: Deus dereliquit eum: persequimini et comprehendite eum, quia non est qui eripiat.

[12] Deus, ne elongeris a me; Deus meus, in auxilium meum respice.

[13] Confundantur et deficiant detrahentes animae; operiantur confusione et pudore qui quaerunt mala mihi.

[14] Ego autem semper sperabo, et adjiciam super omnem laudem tuam.

[15] Os meum annuntiabit justitiam tuam, tota die salutare tuum. Quoniam non cognovi litteraturam,

[16] introibo in potentias Domini; Domine, memorabor justitiae tuae solius.

[17] Deus, docuisti me a juventute mea; et usque nunc pronuntiabo mirabilia tua.

[18] Et usque in senectam et senium, Deus, ne derelinquas me, donec annuntiem brachium tuum generationi omni quae ventura est, potentiam tuam,

[19] et justitiam tuam, Deus, usque in altissima; quae fecisti magnalia, Deus: quis similis tibi?

[20] Quantas ostendisti mihi tribulationes multas et malas! et conversus vivificasti me, et de abyssis terrae iterum reduxisti me.

[21] Multiplicasti magnificentiam tuam; et conversus consolatus es me.

[22] Nam et ego confitebor tibi in vasis psalmi veritatem tuam, Deus; psallam tibi in cithara, sanctus Israel.

[23] Exsultabunt labia mea cum cantavero tibi; et anima mea quam redemisti.

[24] Sed et lingua mea tota die meditabitur justitiam tuam, cum confusi et reveriti fuerint qui quaerunt mala mihi.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXX.

Questo Salmo fu composto da Davide quando fu cacciato da Assalonne. L’appropriazione poi ai figliuoli di Jonadab, non è certo se sia per allusione profetica di Davide, o per l’uso che ne abbian fatto i Sacerdoti. Allorché questi figliuoli, per obbedienza alla voce di Geremia, non si rifiutarono dalla cattività al tempo del re Joachim.

Salmo di David: de’ figliuoli di Jonadab, e de’ primi prigionieri.

1. In te, o Signore, ho posta la mia speranza; non sia io confuso in eterno; per la tua giustizia dammi liberazione e salute.

2. Piega le tue orecchie verso di me, e salvami.

3. Sii tu a me un Dio protettore, e un asilo sicuro per farmi salvo. Perocché mia fermezza e mio rifugio se’ tu.

4. Dio mio, liberami dalle mani del peccatore e dalle mani del violator della legge e dell’iniquo;

5. Imperocché tu se’, o Signore, la mia aspettazione; Signore, tu mia speranza fin dalla mia gioventù.

6. Sopra di te, io posai nell’uscire dall’utero; dal seno della madre mia, tu sei mio protettore.

7. Te io cantai in ogni tempo; fui tenuto da molti come un portento: ma un forte difensore se’ tu.

8. Sia piena la mia bocca di laude, affinché io canti la tua gloria e la tua grandezza per tutto il giorno.

9. Non rigettarmi nel tempo della vecchiezza; non abbandonarmi quando verrà meno la mia fortezza.

10. Imperocché contro di me han parlato i miei nemici; quelli che tendevano insidie all’anima mia han tenuto insieme consiglio, (1)

11. Dicendo. Iddio lo ha abbandonato, tenetegli dietro, ed afferratelo, dappoiché non v’ha chi lo scampi.

12. Non ti dilungare, o Dio, da me Dio mio, volgiti ad aiutarmi.

13. Sian confusi, e vengan meno coloro che appongono calunnie all’anima mia; sieno coperti di confusione e di vergogna quelli che amano il mio male.

14. Ma io sempre spererò, e laudi aggiungerò a tutte le laudi tue.

15. La mia bocca predicherà la tua giustizia, e tutto il giorno la salute che vien da te. (2)

16. Perché io non ho cognizione di lettere, m’internerò nella possanza del Signore; della sola giustizia tua, o Signore, io mi ricorderò.

17. Tu, o Dio, fosti mio maestro fin dalla mia giovinezza, e io annunzierò le meraviglie fatte da te fino a quest’ora; (3)

18. E tu fino alla vecchiezza, fino all’età avanzata, o Dio, non mi abbandonare, fino a tanto che io a tutta la generazione che verrà annunzi la tua fortezza,

19. E la potenza tua e la tua giustizia, che va fino agli altissimi cieli, e le magnifiche cose fatte da te: Chi, o Dio, è simile a te?

20. Quante facesti provare a me tribolazioni molte ed acerbe! e di nuovo mi ravvisasti, e dagli abissi della terra di bel nuovo mi ritornasti.

21. Tu desti in molti modi a conoscere la tua magnificenza, e di bel nuovo mi consolasti.

22. Imperocché io pure al suono de’ musicali strumenti darò laude a te per la tua verità; te io canterò sulla cetra, o Santo di Israele.

23. Esulteranno le mie labbra e l’anima mia redenta da te, quando io canterò le tue lodi.

24. Ed ancor la mia lingua tutto di parlerà della tua giustizia, allorché confusi e svergognati rimarranno quelli che amano il mio male.

(l) Molti, dice David vedendomi detronizzato, sono colpiti da stupore, e si chiedono se Dio mi abbia abbandonato; ma no, Dio sarà il mio sostegno.

(2) È necessario osservare qui che la parola ebraica tradotta in “litteraturam”, sarà più esattamente tradotta con “numerum”. La parola “letteratura” della Vulgata designa l’ufficio dello scriba come tenere i registri, fare i conti, così come si vede rappresentato nelle scene domestiche, sui monumenti egiziani; tale è il valore della parola “sephorot”. Il senso del salmista è dunque: io loderò il Signore, perché la moltitudine dei suoi benefici è sì grande che non posso ricordare tutto, come gli scribi li hanno consegnato nei nostri annali (Le Hir.).

(3) Si può tradurre altrimenti, cambiando la punteggiatura: Signore, Voi mi avete istruito fin dalla mia giovinezza e fino a questo giorno; io non cesserò di esaltare i vostri benefici.

Sommario analitico

Davide, esiliandosi volontariamente per sfuggire alla persecuzione di Assalonne, nella sua persona, espone tutta la sua vita alla persecuzione dei suoi nemici.

IDomanda a Dio di non essere confuso in eterno.

1° A causa di Dio, – a) la cui bontà gli fa sperare il soccorso che egli implora; – b) la cui giustizia reprimerà gli sforzi dei suoi nemici (1); – c) la cui maestà e l’immensità sono come una fortezza; – d) la cui potenza può salvare tutti coloro che sono ricorsi a Lui;

2° A causa dei suoi nemici, calunniatori, perfidi ed ingiusti (3);

3° A causa di se stesso, – a) egli ha sperato fin dalla sua giovinezza (4); – b) Dio è stato il suo protettore fin dal seno di sua madre (5); – c) Dio è sempre stato l’oggetto dei suoi canti, nelle avversità e nella prosperità (6, 7).

II – Egli domanda specialmente a Dio che non lo abbandoni nella sua vecchiaia (8).

1° A causa dei suoi nemici che hanno cospirato per la sua perdita nella speranza che fosse abbandonato da Dio (9-12);

2° A causa di se stesso: – a) il suo cuore ha sperato costantemente in Dio e ha mostrato  a tutti le sue lodi (13); – b) la sua bocca ha reso pubblica la sua giustizia e celebrato la sua assistenza salutare (14); – c) la sua intelligenza ha negletto tutte le vane sottigliezze per applicarsi alla meditazione della sua potenza (14); – d) la sua memoria ha conservato il ricordo della giustizia di Dio escludendo ogni altra cosa (15).

III- Egli promette a Dio una eterna riconoscenza:

1° per i benefici ricevuti in gioventù: – a) Dio stesso è stato il suo maestro (16); – b) non cessa di rendere pubbliche le sue lodi (17);

2° Per ciò che egli attende da Dio nella sua vecchiaia, – a) prega Dio che non lo abbandoni mai (17); – b) gli promette in cambio di lodare, di celebrare la sua potenza, la sua giustizia, tutte le sue opere meravigliose, la sua essenza e i suoi attributi divini (18).   

3° Tutto ciò di cui Dio deve colmarlo durante la sua vita. – a) egli è stato dapprima provato, a causa dei suoi crimini, con numerose e penose afflizioni (19); – b) Dio lo ha in seguito liberato, rendendogli la vita, quando la sua sorte era disperata, e moltiplicando per lui i doni della sua magnificenza (20); – c) egli promette a Dio di far esplodere la sua riconoscenza con tutti i mezzi di cui dispone, gli strumenti musicali, i canti, la meditazione interiore delle sue bontà (21-23). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-7.

ff. 1. – « Io non sarò confuso in eterno ». Io sono già confuso, ma che non lo sia eternamente. Come in effetti non sarebbe confuso colui al quale si indirizzano queste parole: « Quale frutto avete ottenuto dalle cose di cui oggi arrossite? » (Rom. VI, 21). Che fare dunque affinché non siamo eternamente confusi? « … Avvicinatevi a Lui e sarete illuminati, ed i vostri volti non arrossiranno » (Ps. XXXIII, 6). Voi siete coperti di confusione in Adamo, ritiratevi da Adamo, avvicinatevi al Cristo e così non sarete confusi (S. Agost.). –  Sperare in Dio ed essere confuso, sperare negli uomini e trovarvi un solido appoggio, è ciò che non è mai successo; è ciò che mai accadrà. – Voi mi direte, io ho sperato e sono stato coperto da vergogna. Se siete coperto di vergogna, è perché non avete sperato come si doveva, o avete cessato di sperare, o ancora non avete atteso la fine, perché il vostro spirito ed il vostro cuore si sono ristretti e richiusi, perché la vera speranza è quella che ci tiene protesi verso Dio in mezzo ai mali ed ai pericoli (S. Agost.). – Liberatemi, non nella mia giustizia, ma nella vostra: se infatti io confidassi nella mia giustizia, sarei uno di quelli di cui l’Apostolo ha detto: « Non conoscendo la giustizia di Dio e volendo stabilire la propria giustizia, essi non si sono sottomessi alla giustizia di Dio » (Rom. X, 3). – Che cos’è in effetti la mia giustizia? L’iniquità l’ha preceduta; e se io divento giusto, questo avverrà per la vostra giustizia, perché io sarò giusto della giustizia che Voi mi avete dato, e non sarà in me se non restando in Voi, perché essa sarà un vostro dono (S. Agost.).

ff. 2. – « Siate per me un Dio protettore ». Che i colpi del nemico non giungano fino a me, perché non posso proteggermi da me stesso. Ma non basta essere protettore, per cui il Profeta aggiunge: « … e un luogo fortificato ». Ecco dunque che Dio stesso è diventato il luogo del vostro rifugio. « … Siate per me come un luogo fortificato, al fine di salvarmi. Io non sarò salvo senza di Voi; se non diventate il mio riposo la mia malattia non sarà guarita. Sollevatemi da terra, che riposi su di Voi, affinché mi rialzi in un luogo fortificato ». Può essercene uno che sia più forte? Quando sarete rifugiato in questa fortezza, ditemi quale nemico temerete? Quanto a me, se scelgo un’altra fortezza, io non vi troverò certamente la mia salvezza. Se ne trovate una che sia meglio fortificata, sceglietela. Non si può sfuggire a Dio, che rifugiandosi nel suo seno (S. Agost.).

ff. 3. – È una disavventura cadere tra le mani di un nemico potente, ma è una sventura ancora più grande cadere tra le mani, cioè nella familiarità di un amico peccatore e che agisce contro la legge di Dio; perché malgrado l’affezione che ha per noi, siccome è nemico di Dio, ci indirizza spesso delle insidie senza che vi ci pensi e, con il suo esempio o con le sue parole, ci persuade circa cose in cui non possiamo compiacerlo senza perdere davanti a Dio (Dug.).

ff. 4, 5. – La nostra pazienza non solo viene da Dio, ma Egli stesso è la nostra pazienza, perché noi non possiamo avere nulla che non venga da Lui e non torni a Lui. – Se Voi siete la mia pazienza, ciò che segue è perfettamente giusto: « Signore Voi siete la mia speranza fin dalla mia giovinezza ». Voi siete la mia pazienza, perché Voi siete la mia speranza, o piuttosto non siete Voi la mia speranza perché siete la mia pazienza? Perché la tribolazione, dice l’Apostolo, produce la pazienza, la prova, la speranza; ora la speranza non confonde (Rom. III, 5). Pertanto, perché ho messo la mia speranza in Voi, io non sarò confuso in eterno (S. Agost.). –  « Voi siete la mia speranza fin dalla giovinezza ». Dio è vostra speranza fin dalla giovinezza solamente? Non lo è dalla vostra adolescenza e dalla vostra infanzia? Senza alcun dubbio, perché vedete il seguito: « … dal seno di mia madre, Voi siete stato il mio protettore ». Perché dunque ho detto « dalla mia giovinezza » se non perché è da quel momento che ho cominciato a sperare in Voi? Prima io non speravo ancora in Voi, benché foste il mio protettore e mi abbiate portato Voi stesso in tutta sicurezza fino al giorno in cui io ho appreso a mettere in Voi la mia speranza, vale a dire fino al momento in cui mi avete armato contro il demonio, affinché nelle fila dei vostri soldati, armato della vostra fede, della vostra speranza, della vostra carità e degli altri vostri doni, io abbia potuto combattere i vostri invisibili nemici (Ephes. VI, 12) (Idem).

ff. 6. – « Io sono apparso a molti come un prodigio », quaggiù, in questo tempo di speranza, in questi tempi di gemiti, in questo tempo di umiltà, in questi tempi di dolore, in questo tempo in cui il prigioniero grida sotto il peso dei suoi ferri, perché queste parole: « Io sono apparso come un prodigio »? Perché io credo in ciò che non vedo ancora. Quanto a coloro, al contrario, che cercano la felicità nelle cose che vedono, essi non gioiranno nell’ebrezza, nella lussuria, nel libertinaggio, nell’avarizia, nelle ricchezze, nelle rapine, nelle dignità mondane, in questo strato di bianco che applicano su di una muraglia di fango: ecco ciò che fa le loro delizie. Quanto a me,  io cammino in una via tutta diversa, disprezzo le cose presenti, temo anche le prosperità del secolo, e non ho sicurezza che nelle promesse di Dio (Cor. XV, 33). – Essi dicono: mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Che dite? Ripetetelo: « mangiamo e beviamo ». Molto bene: ma cosa avete detto dopo? « perché domani moriremo ». Ma un tale motivo mi spaventa, lontano dal sedurmi … ascoltate ciò che io dico, al contrario: preghiamo e digiuniamo, perché domani moriremo. È seguendo questa via stretta e penosa che io sono apparso come un prodigio ad un gran numero di uomini, « … ma Voi siete il mio potente protettore ». Venite, o Signore Gesù, venite e ditemi: non perdete coraggio nella via stretta, io vi sono passato per primo; sono Io che sono questa via, sono Io che conduco, è in me che Io conduco, è verso di me che Io conduco (S. Agost.).

ff. 7. – Che vuol dire « tutto il giorno »? … senza tregua. Nella prosperità, perché mi consolate; nelle avversità perché mi correggete; prima di essere, perché mi avete creato; dopo la mia esistenza, perché Voi mi avete salvato; quando io ho peccato, perché mi avete perdonato; nella mia conversione, perché mi avete aiutato; nella mia perseveranza, perché mi avete coronato (S. Agostino). – Tale è l’occupazione dei santi in questa vita: lodare Dio, celebrare la sua gloria, esaltare le sue grandezze. Essi portano dappertutto con esso il loro tempio ed il loro altare, secondo la bella espressione di San Crisostomo. In mezzo agli affari che intraprendono per il prossimo, essi sono uniti a Dio; il cuore prega mentre la bocca è in silenzio, e quando la cura delle anime lascia loro un momento di solitudine, essi ne profittano per sospirare davanti a Dio (Berthier). 

II. — 8-5.

ff. 9, 13. – Quale è questo tempo della vecchiaia? « Quando la forza mi mancherà, non mi abbandonate ». Dio vi risponde qui: desiderate piuttosto che la vostra forza vi manchi, perché la mia sia in voi, e diciate con l’Apostolo: è quando sono debole che sono forte (II Cor. XII, 10). – non temete di essere rigettato nella vostra debolezza, nel tempo della vostra vecchiaia. Nostro Signore non era senza forze sulla croce? … cosa vi ha insegnato rifiutando di scendere dalla croce, se non che dovete essere paziente in mezzo agli oltraggi, se non che dovete essere forti in Dio? (S. Agost.). – Se si ha bisogno della protezione divina in tutti i tempi, è soprattutto in vecchiaia che questo soccorso è necessario; allora si provano maggiormente traversie, infermità, avversità; si è più abbandonati dagli uomini; non si ha il gusto dell’intraprendere, né la forza di eseguire. La debolezza di questa età inasprisce il carattere, e l’oblio ed il disprezzo nel quale si cade, rivolta l’amor proprio. Quando ci si è esercitati presto alla pietà, ci si trova molto consolati al tempo della vecchiaia, ed il divorzio che da tempo si è fatto con il mondo, fa che non ci si inquieti delle sue freddezze e dei suoi disprezzi. Ma se si è atteso questa ultima stagione di vita per rientrare in se stessi, si ha molto da combattere, e le passioni hanno ancora un grande ascendente su tutte le facoltà dell’anima (Berthier). – Occorre temere molto che il fervore dei primi anni non si intiepidisca in vecchiaia, e che il vigore dell’anima non si indebolisca con la forza del corpo. Occorre premunirsi contro questo danno e dire con l’Apostolo: « Benché l’uomo esteriore si distrugga, non di meno l’interiore si rinnova giorno per giorno » (II Cor. IV, 16). – Il demone, il mondo e la carne: sono i tre nemici irreconciliabili dell’uomo. Uno solo è esteriormente formidabile. Che farà dunque quando cospireranno tutti e tre insieme per perderlo? Bisogno far ricorso a Colui che ha vinto il demone ed il mondo, e che non ha mai ricevuto alcun attacco dalla carne di cui si era rivestito. – I malvagi fanno ordinariamente poca attenzione a Dio, quando intraprendono di perseguitare la gente per bene. Essi non pensano affatto nel fondo del loro cuore, che la Provvidenza abbia abbandonato coloro che essi vogliono perdere; ma, per dare un colore di giustizia ai loro processi, e per imporsi ai semplici, si reputano qualche volta di essere solo gli esecutori delle divine volontà; essi dicono che Dio si schiera con essi, e che non protegge la causa di coloro che essi attaccano, e se ottengono qualche successo, lo indicano come prova contro i malcapitati che essi vogliono sopraffare (Berth.). – Consolarsi e fortificarsi con la preghiera: quando si è abbandonati da Dio, tutto è perduto; ugualmente quando Egli non si allontana da noi, non c’è nulla da temere: un solo sguardo di Dio è sufficiente a rovesciare i nemici più formidabili. – Arriva un momento nella vita in cui noi osserviamo che tutto ci sfugge, e che la nostra esistenza non è stata che una successione di amicizie spezzate. La giovinezza passa con le sue illusioni, e coloro che abbiamo amato sono fuggiti lontano da noi; noi non siamo stati che infedeli gli uni agli altri, noi non abbiamo fatto che obbedire ad una legge della vita e sentire per esperienza ciò che non è che l’abbandono del mondo: il movimento della vita ci ha separato. Poi viene l’età matura, la stagione delle crudeli delusioni, come se la ragione, nella sua maturità, non sapesse che distruggere le nostre affezioni a forza di sospetti, inganni, interpretazioni maligne; tutte le nostre amicizie ed i nostri appoggi ci mancano; attraversiamo delle conoscenze che si succedono rapidamente, lasciamo delle amicizie senza numero, usiamo la benevolenza dei nostri alleati, fiacchiamo la confidenza del nostro prossimo; ma c’è un punto al di la del quale non possiamo più abusare della sua indulgenza, ed è così che arriviamo al porto solitario della vecchiaia, per stancare, con le nostre innumerevoli miserie, la fedeltà che si fa un dovere religioso di servirci nella nostra decadenza. Là noi conosciamo che Dio ha sopravvissuto e resistito a tutto: Egli è l’amico di cui la fede non è mai stata in dubbio, l’alleato che il sospetto non ha potuto mai coinvolgere, Colui che ci ha amato di più, a quanto pare, man mano che vediamo il peggio … Tutti gli uomini ci hanno ingannato; coloro che sembravano dei santi sono mancati quando le nostre imperfezioni hanno pesato su di loro; essi ci hanno ferito, e la ferita era avvelenata; ma Lui è stato sempre fedele e vero e non si è mai allontanato da noi (FABER. Le Créateur et la créature, p. 77. 78).

ff. 13-15. – Mai bisogna perdere la speranza in Dio, qualunque cosa possa arrivare, e in qualunque stato ci si trovi. – Colui che ama Dio non è mai contento di ciò che fa: egli vuole fare sempre di più ed aggiungere incessantemente nuove lodi a quelle che ha già fatto (Dug.).– Io aggiungerei questa lode a tutte le vostre lodi: che la mia giustizia, se sono giusto, non è affatto la mia giustizia, ma la vostra giustizia depositata in me. In effetti siete Voi che giustificate l’empio (Rom. IV, 5). « Tutto il giorno, cioè in tutti i tempi, io celebrerò la vostra salvezza ». Che nessuno pretenda, con una ingiusta usurpazione, che debba a se stesso la propria salvezza. La salvezza viene dal Signore (S. Agost.). –  Qual è l’arte di scrivere che non ha conosciuto il Profeta, sulla bocca del quale la lode di Dio si trova tutto il giorno? I Giudei possiedono una certa letteratura; è ad essi, in effetti che noi riporteremo questa parola, ed è là che ne troveremo l’applicazione. L’orgoglio dei Giudei, che mettevano la loro fiducia nella loro forza e nella giustizia delle loro opere, si glorificava della Legge, e in questa Legge, i Giudei si glorificano, non della grazia, ma della lettera. In effetti la legge senza la grazia, non è altra cosa che una lettera; essa resta per condannare l’iniquità, ma non per dare la salvezza …  È dunque con ragione che il Profeta dice in seguito: « … Io entrerò nelle potenze del Signore », non nella mia potenza, ma in quelle del Signore. Altri si sono glorificati della propria potenza, che attribuivano alla lettera della Legge. Ecco perché essi non hanno conosciuto la grazia aggiunta alla lettera (S. Agost.). –  Uscire dalla propria debolezza per entrare nella forza del Signore; cosa, tutta la forza degli uomini riuniti, potrà contro colui che si è rifugiato in questo forte? È là, Signore che stando fuori dall’attendere a tutto ciò che il mondo e l’inferno stesso potrebbero intraprendere contro di me, io dimenticherò tutto il resto per non ricordarmi che della sola vostra giustizia (Dug.). Si, della sola vostra giustizia, perché così io non pensi alla mia. – La vostra giustizia sola mi libera, io non ho nulla di mio se non i miei peccati. Lungi da me quindi glorificarmi delle mie forze, e attenermi alla lettera. Che io respinga questa letteratura, vale a dire che gli uomini si glorifichino della lettera e che, nella loro follia, presumano criminalmente delle loro forze. Che io riprovi tali uomini ed entri nella potenza del Signore alfine di essere forte in ragione della mia debolezza (S. Agost.). –  L’anima che possiede Dio non vuole che Lui. « … Io entrerò nella potenza del Signore: Signore io non mi sovverrò che della vostra giustizia ». Quando si vuole entrare nelle grandezze e nelle potenze del mondo, si cade necessariamente nella molteplicità dei desideri; ma quando si penetra nelle potenze del Signore, ben presto ci si dimentica di tutto il resto, e non ci si occupa che dei mezzi per la crescita nella giustizia, per assicurarsi il possesso di un sì grande bene. È ciò che il Vangelo conferma, esortandoci a cercare innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia. Il regno è « potentias Domini », perché si lavora per acquisire la giustizia onde giungervi  (BOSSUET. Panég. de S. Franc. d’Assisi.). – A che vi servirà conoscere le cose del mondo, quando anche il mondo sarà passato? Nell’ultimo giorno non vi si domanderà ciò che avete saputo, ma ciò che avete fatto, « … e non c’è più scienza nell’inferno, verso il quale precipitate ». Cessate un vano lavoro, chiunque voi siate non abbiate a coltivare l’albero i cui frutti danno la morte. Lasciate la scienza che nutre l’orgoglio, la scienza che gonfia, per occuparvi unicamente di acquisire quella che rende umili e santi « … la carità che edifica ». Imparate ad umiliarvi, a conoscere il vostro niente e la vostra corruzione. Allora entrerete nelle potenze del Signore, Dio verrà verso di voi, vi illuminerà della sua luce, vi insegnerà, nel segreto del cuore, questa scienza meravigliosa di cui Gesù ha detto « … Io vi benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché avete nascosto queste cose ai saggi ed ai prudenti, e le avete rivelate ai piccoli » (Lam. Im.). – O Dio! « Io mi ricorderò della sola vostra giustizia »; ricevete tutti i pensieri che saranno il frutto di questo ricordo; che la vostra giustizia e la vostra verità brilli dappertutto; che io ami la vostra giustizia, e vi serva con un amore casto, cioè non con paura e pena, ma con amore della vostra giustizia (BOSSUET, Elev. XXIII, S. VI, E.).

III. 16-23.

ff. 16-18. – « Voi mi avete istruito fin dalla mia giovinezza »; ma dopo la giovinezza cosa è successo? All’inizio della vostra conversione, avete appreso che prima della vostra conversione non eravate un giusto; allora, rinnovato e cambiato nell’uomo nuovo, non ancora nella realtà, ma nella speranza, avete appreso che nulla di buono aveva preceduto la grazia in voi, e che siete stato convertito a Dio dalla grazia di Dio. Ma forse, direte voi ora come spesso si fa: lasciatemi ora, io avevo bisogno che mi lasciaste vedere la mia strada, ma questo mi è sufficiente; io non mi ingannerò. E Colui che vi ha mostrato la via vi dirà: non volete dunque che vi conduca? Ma se voi rispondete con orgoglio: no, mi è sufficiente, io camminerò da solo; Dio vi lascerà andare e, in seguito alla vostra debolezza, voi sarete nuovamente tratto in inganno. Ditegli dunque: « conducetemi, Signore, nella vostra via ed io camminerò nella vostra verità » (Ps. LXXXV, 11). Ora, la vostra entrata nella via, è la vostra giovinezza, il vostro rinnovamento è l’inizio della vostra fede … La via stessa è venuta a voi, e voi vi ci siete sicuramente stabilito, senza averlo in alcun modo meritato, poiché voi vi eravate ingannati fin là. Ma cosa! … dopo che siete entrati, voi vi dirigete da voi stessi? Colui che vi ha mostrato il cammino vi lascia a voi stessi? No, risponde il Profeta: voi mi avete istruito dalla mia giovinezza, « … ed io renderò pubbliche le vostre meraviglie fino al presente ». In effetti è una cosa meravigliosa che vi degniate ancora di condurmi, dopo avermi messo sulla strada, è una meraviglia (S. Agost.). – Dio, avendo preso cura di istruire il Profeta nella sua giovinezza, lo aveva continuamente illuminato con i suoi lumi. Era un impegno per lui celebrare continuamente le grandezze ed i benefici di questo Maestro interiore che gli aveva sempre parlato: ma coloro che si ingannano dalla giovinezza e che non aprono gli occhi alla luce divina che nell’età matura o in vecchiaia, sono meno obbligati di Davide nel consacrare il resto della loro vita alla gloria di Dio? « Ah! Diceva eloquentemente san Pietro Crisologo, ammiriamo la misericordia di Gesù-Cristo, che non ha destinato che un giorno per giudicarci, e che ci accorda tutto il tempo della nostra vita per fare penitenza. Se l’infanzia e la giovinezza ce ne sottraggono una parte, che la vecchiaia almeno corregga queste deviazioni; che ci si penta dei passati peccati, quando non si è più in grado di commetterne; che abbandoni le sue cattive abitudini quando le forze lo abbandonano; che faccia di necessità virtù, e che l’uomo infine muoia penitente, dopo aver vissuto per tanto tempo colpevole » (Berthier). – Non si deve desiderare di vivere, se non per meglio conoscere Dio, e per farlo conoscere alle generazioni che ci seguono ed annunciar loro la potenza del suo braccio divino. La potenza che non sia accompagnata dalla giustizia è perniciosa; la giustizia che non sia sostenuta dalla potenza, è estremamente debole, entrambe si incontrano miracolosamente in Dio. Bisogna far brillare la prima fin nei luoghi più elevati, vale a dire nei cieli, per le grandi cose fatte, creando gli spiriti celesti con una sì alta perfezione, e la seconda precipitando da questi luoghi più elevati un gran numero tra i suoi angeli, a causa del loro orgoglio! « … O Dio, chi è simile a Voi? » Parole di fuoco che nella bocca di S. Michele precipitarono lucifero e gli angeli suoi complici dal più alto dei cieli negli abissi più profondi.

ff. 19, 20. – È il sentimento di un’anima che si trova alla fine della sua carriera, e che entra nel riposo del Signore. Quali tribolazioni ha vissuto durante questa vita mortale! Quali tempeste hanno turbato il suo riposo! Quali pericoli ha corso su questo mare tempestoso! Infine la riceve nel suo seno, gli rende la vita, la trae fuori da questo abisso di male. È impossibile ad un’anima ancora legata agli organi del corpo, apprezzare i sentimenti che nascono da questo primo momento di libertà. « … Noi morremo per cominciare a vivere », dice S. Agostino  è veramente la vita che succede a questi stati di morte in cui siamo sulla terra. « Voi vi siete voltato verso di me, dice il Profeta, mi avete reso la vita ». Occorre che Gesù-Cristo si volga anche verso di noi, per liberarci dalle tribolazioni che ci agitano in questo mondo (Berthier).

ff. 21-23. –  Espressioni differenti che ci fanno comprendere la santa inquietudine di un’anima giusta per testimoniare a Dio la sua riconoscenza. Dio si diletta particolarmente nel nome di Santo. Egli si chiama spesso « il santo di Israele »; Egli vuole che la sua santità sia il motivo, il principio della nostra! « … Siate santi, perché Io sono santo », dice il Signore (BOSSUET. Elev. I, S. 2, El.). – Le lodi esteriori che si danno a Dio, affinché Gli siano gradite, esse devono avere per principio la fede e la carità che sono nel cuore. La lingua medita la giustizia di Dio, quando ciò che proferisce è il frutto della meditazione del cuore (Dug.).

SALMI BIBLICI: “DEUS IN ADJUTORIUM MEUM INTENDE” (LXIX)

SALMO 69: “DEUS IN ADJUTORIUM, meum intende”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 69

In finem. Psalmus David in rememorationem, quod salvum fecerit eum Dominus.

[1] Deus, in adjutorium meum intende;

Domine, ad adjuvandum me festina.

[2] Confundantur, et revereantur, qui quærunt animam meam.

[3] Avertantur retrorsum, et erubescant, qui volunt mihi mala; avertantur statim erubescentes qui dicunt mihi: Euge, euge!

[4] Exsultent et lætentur in te omnes qui quærunt te; et dicant semper: Magnificetur Dominus, qui diligunt salutare tuum.

[5] Ego vero egenus et pauper sum; Deus, adjuva me. Adjutor meus et liberator meus es tu; Domine, ne moreris.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXIX

Orazione di Cristo, che dalla croce prega per la sollecita risurrezione del proprio corpo, e per la salute dei fedeli, suo corpo mistico. L’argomento di questo Salmo è identico a quello del Salmo XXXIX, del quale si ripetono qui gli ultimi sei versetti.

Per la fine: salmo di David in memoria della liberazione ottenuta dal Signore.

1. Muòviti, o Dio, in mio soccorso; Signor affrettati a darmi aita.

2. Sieno confusi e svergognali coloro che cercano l’anima mia;

3. Sieno posti in fuga e svergognati coloro che si pascono dei miei mali; sien volti in fuga subitamente e svergognati coloro che a me dicono: Bene sta, bene sta.

4. Esultino in te, e si rallegrino tutti coloro i quali te cercano; e coloro, che amano la salute che vien da te, dican mai sempre: Glorificato sia il Signore.

5. Io però son povero e mendico; aiutami o Dio.

6. Tu se’ mio aiuto e mio liberatore; Signore, non tardar più.

Sommario analitico

In questo salmo, che è quasi identico alla fine del salmo XXXIX, Davide, figura di Gesù-Cristo, si vede circondato da nemici.

I. – Implora il soccorso di Dio e Lo supplica di venire in suo aiuto:

1° Con questa attenzione vigilante che esigono i pericoli ai quali è esposto; 2° Con tutta la celerità  e la prontezza del suo amore per lui (1).

II. – Egli espone a Dio le ragioni che motivano ed appoggiano la sua preghiera

1° I suoi nemici che a) cercano di togliergli la vita (2), b) nutrono nei loro cuori i disegni più ostili, c) si beffano di lui e lo mettono in derisione (3);

2° I giusti che a) si rallegreranno vedendo le sue vittorie, b) e loderanno Dio per la sua liberazione (4);

3° egli stesso, la sua povertà e la sua miseria;

4° Dio, che è suo aiuto, suo sostegno e suo liberatore (5).

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 4.

ff. 1. – Si domandi il soccorso di Dio, perché ci è necessario. – Lo si chieda incessantemente, perché ne abbiamo incessantemente bisogno. – Lo si domandi con grande istanza, poiché si tratta di tutto per noi. – Si preghi Dio affinché si degni di soccorrerci, perché il bisogno è pressante in quanto i nostri nemici si propongono di attaccarci. (Dug.). – Con questo versetto iniziamo ogni ora dell’Ufficio ecclesiastico: 1° noi facciamo così una professione solenne dell’impotenza in cui ci troviamo nel lodare il Signore come si deve senza la grazia ed il soccorso di Dio; 2° noi dichiariamo con questo che il soccorso del cielo ci è necessario in ogni ora del giorno e per ciascuna delle nostre azioni. Riconosciamo così che Dio è l’Autore, il principio, il mezzo ed il fine di ogni bene. Dio – dice San Bernardo – ama essendo carità; Egli conosce come scienza; Egli siede come la sovrana equità; Egli domina come maestà suprema; Egli ci governa come nostro principe, ci protegge come nostra salvezza, non cessa di operare come potenza illimitata, si rivela a noi come verità, ci assiste e ci aiuta come forza (S. Bern., De Consid. Lib. V, c. 1). 

II. — 2-5.

ff. 4. – Ci sono due generi di persecutori, quelli che accusano e quelli che lusingano: una lingua adulatrice è più dannosa che una mano assassina, ecco perché la Scrittura la chiama una fornace ardente. È manifesto essenzialmente che la Scrittura, parlando delle persecuzioni ha detto dei martiri messi a morte: « Dio li ha provati nella fornace come l’oro, e li ha resi come vittime offerte in olocausto » (Sap. III, 6). D’altra parte, notate – secondo un altro passaggio – che la lingua degli adulatori produce gli stessi effetti: « l’argento e l’oro sono provati dal fuoco, e l’uomo è provato dalla bocca di coloro che lo lodano » (Prov. XXVII, 21). La persecuzione è un fuoco, l’adulazione è un fuoco; bisogna che usciate sani e salvi dall’uno e dall’altra (S. Agost.).

ff. 5. – « Che il Signore sia glorificato sempre »; non solo che « il Signore sia glorificato », ma « che sia sempre glorificato ». Voi siete persi, siete lontano da Lui, Egli vi ha chiamato: « … che il Signore sia glorificato ». Egli vi ha ispirato di confessare i vostri peccati, voi li avete confessati, Egli vi ha perdonato: « … che il Signore sia glorificato ». Ma ora voi cominciate a vivere nella giustizia, e vi sembra giusto di glorificarvi a vostra volta. In effetti, quando eravate persi, ed il Signore vi chiamava, voi dovevate glorificarlo; quando avete confessato i vostri peccati ed il Signore ve li ha rimessi, voi dovete glorificarlo; ma ora che, avendo ascoltato la sua parola, voi cominciate ad avanzare, ora che siete giustificati, ora che siete giunti ad un certo grado di eccellenza nella virtù, ed è conveniente senza dubbio che siate anche voi glorificati. No, essi dicono: « che il Signore sia sempre glorificato ». Voi siete peccatori, … che sia glorificato nel chiamarvi; voi confessate i vostri peccati, … che sia glorificato nel perdonarvi; voi vivete secondo giustizia, … sia glorificato nel dirigervi, voi perseverate fino alla fine, … che sia glorificato nel coronarvi. « Che il Signore dunque, sia sempre glorificato ».  Che i giusti lo dicano. Chiunque non lo dice non cerca il Signore. Si: « che il Signore sia glorificato! Che tutti coloro che Lo cercano siano portati da allegria e gioiscano, e coloro che amano la salvezza che viene da Lui dicano: « che il Signore sia glorificato sempre » (Ibid.). in effetti la loro salvezza viene da Lui e non da se stessi. La salvezza inviata dal Signore nostro Dio, è il Salvatore, il Signore Nostro Gesù-Cristo. Ogni uomo che ama il Salvatore confessa di essere stato guarito; ma ogni uomo che si dichiara guarito, dichiara di essere stato malato. « Coloro che amano la salvezza, vengano da Voi, o mio Dio, dicano dunque: che il Signore sia glorificato sempre ». Quale salvezza dunque? Quella che Voi date, e non la loro salvezza, come se salvassero se stessi, né la salvezza che verrebbe da un uomo, come se un uomo potesse salvarli (S. Agost.).

ff. 6. – « Che il Signore sia dunque glorificato », ma voi non lo sarete mai? Non lo sarete in alcuna parte? In Lui io sono qualcosa; in me io non sono nulla; ma se io sono qualcosa in Lui è Lui che è qualcosa e non io. Cosa siete dunque? « … Io sono povero ed indigente ». È Lui che è ricco, è Lui che ha tutto in abbondanza, è Lui che non ha bisogno di niente (S. Agost.). – Quale povertà più grande e più santa che la povertà di colui che, riconoscendo di non avere alcuna forza, alcuna risorsa, è obbligato ad implorare tutti i giorni i soccorsi di una liberalità straniera, e che, comprendendo che la sua vita, la sua esistenza, dipende in ogni istante dal soccorso divino, confessa altamente ed a giusto titolo che egli è il povero di Dio, e grida umilmente ogni giorno con il Re-Profeta; « Io sono povero ed indigente, mio Dio, venite in mio soccorso »? (CASS. Coll. X, c. 11).

SALMI BIBLICI: “SALVUM ME FAC, DEUS, QUONIAM INTRAVERUNT” (LXVIII)

SALMO 68: “SALVUM ME FAC, DEUS, quoniam intraverunt”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 68

In finem, pro iis qui commutabuntur. David.

[1] Salvum me fac, Deus, quoniam intraverunt

aquæ usque ad animam meam.

[2] Infixus sum in limo profundi et non est substantia. Veni in altitudinem maris; et tempestas demersit me.

[3] Laboravi clamans, raucæ factæ sunt fauces meæ; defecerunt oculi mei, dum spero in Deum meum.

[4] Multiplicati sunt super capillos capitis mei qui oderunt me gratis. Confortati sunt qui persecuti sunt me inimici mei injuste; quæ non rapui, tunc exsolvebam.

[5] Deus, tu scis insipientiam meam; et delicta mea a te non sunt abscondita.

[6] Non erubescant in me qui exspectant te, Domine, Domine virtutum; non confundantur super me qui quærunt te, Deus Israel.

[7] Quoniam propter te sustinui opprobrium; operuit confusio faciem meam.

[8] Extraneus factus sum fratribus meis, et peregrinus filiis matris meæ.

[9] Quoniam zelus domus tuæ comedit me, et opprobria exprobrantium tibi ceciderunt super me.

[10] Et operui in jejunio animam meam, et factum est in opprobrium mihi.

[11] Et posui vestimentum meum cilicium; et factus sum illis in parabolam.

[12] Adversum me loquebantur qui sedebant in porta, et in me psallebant qui bibebant vinum.

[13] Ego vero orationem meam ad te, Domine: tempus beneplaciti, Deus, in multitudine misericordiæ tuæ; exaudi me in veritate salutis tuæ.

[14] Eripe me de luto, ut non infigar; libera me ab iis qui oderunt me, et de profundis aquarum.

[15] Non me demergat tempestas aquæ, neque absorbeat me profundum, neque urgeat super me puteus os suum.

[16] Exaudi me, Domine, quoniam benigna est misericordia tua; secundum multitudinem miserationum tuarum respice in me.

[17] Et ne avertas faciem tuam a puero tuo; quoniam tribulor, velociter exaudi me.

[18] Intende animæ meæ, et libera eam; propter inimicos meos eripe me.

[19] Tu scis improperium meum, et confusionem meam, et reverentiam meam;

[20] in conspectu tuo sunt omnes qui tribulant me. Improperium exspectavit cor meum et miseriam; et sustinui qui simul contristaretur, et non fuit; et qui consolaretur, et non inveni.

[21] Et dederunt in escam meam fel, et in siti mea potaverunt me aceto.

[22] Fiat mensa eorum coram ipsis in laqueum, et in retributiones, et in scandalum.

[23] Obscurentur oculi eorum, ne videant; et dorsum eorum semper incurva.

[24] Effunde super eos iram tuam; et furor iræ tuæ comprehendat eos.

[25] Fiat habitatio eorum deserta; et in tabernaculis eorum non sit qui inhabitet.

[26] Quoniam quem tu percussisti persecuti sunt, et super dolorem vulnerum meorum addiderunt.

[27] Appone iniquitatem super iniquitatem eorum et non intrent in justitiam tuam.

[28] Deleantur de libro viventium, et cum justis non scribantur.

[29] Ego sum pauper et dolens; salus tua, Deus, suscepit me.

[30] Laudabo nomen Dei cum cantico; et magnificabo eum in laude;

[31] et placebit Deo super vitulum novellum, cornua producentem et ungulas.

[32] Videant pauperes, et lætentur; quærite Deum, et vivet anima vestra,

[33] quoniam exaudivit pauperes Dominus, et vinctos suos non despexit.

[34] Laudent illum cæli et terra; mare, et omnia reptilia in eis.

[35] Quoniam Deus salvam faciet Sion, et aedificabuntur civitates Juda, et inhabitabunt ibi, et hæreditate acquirent eam.

[36] Et semen servorum ejus possidebit eam; et qui diligunt nomen ejus habitabunt in ea.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXVIII

Del titolo di questo Salmo fu detto al Salmo XLIV

Tratta della passione di Cristo, della distruzione della Sinagoga, e dell’edificazione della Chiesa.

Per la fine: per quelli che saranno cangiati,di David.

1. Salvami, o Dio; imperocché son penetrate le acque sino all’anima mia.

2. Son fitto in profondissimo fango, che non ha consistenza. Son venuto in alto mare, e la tempesta mi ha sommerso.

3. Mi sono stancato a gridare; le mie fauci sono inaridite: si sono ottenebrati gli occhi miei, mentre aspettando li tengo rivolti al mio Dio.

4. Son cresciuti di numero sopra i capelli della mia testa coloro che mi odiano senza ragione. Son divenuti più forti i nemici miei, che mi perseguitano ingiustamente; io allora pagai quello che io non aveva rapito.

5. Tu conosci, o Dio, la mia stoltezza; e i miei peccati non sono nascosi a te. (1)

6. Non abbian per causa mia da arrossire coloro i quali aspettano te, o Dio degli eserciti.

7. Perocché, per amor tuo, ho sofferto ignominia, e di confusione è stato coperto il mio volto.

8. Son divenuto straniero a’ miei fratelli, e ignoto a’ figliuoli della mia madre.

9. Perché lo zelo della tua casa mi divorò, e gl’insulti di coloro che t’insultavano son ricaduti sopra di me.

10. E umiliai col digiuno l’anima mia, e tutto questo sie per me convertito in obbrobrio.

11. E presi per mia veste il cilicio, e fui il loro ludibrio.

12. Contro di me parlavano quei che stavano assisi alla porta; e sopra di me i bevoni cantavano delle canzoni.

13. Ma io a te, o Signore, rivolgo la mia orazione; tempo di favore, o Dio, egli è questo. Esaudisci secondo la moltitudine della tua misericordia, secondo la verità della salute ch’io aspetto da te.

14. Traimi dal fango, affinché io non vi resti sommerso; liberami da coloro che mi odiano, e dalle acque profonde.

15. Non mi sommerga la tempesta, e non mi assorbisca il mar profondo; e il pozzo non serri la sua bocca sopra di me. (2)

16. Esaudiscimi, o Signore, perché benefica ella è la tua misericordia; secondo la molta tua pietà, a me rivolgi lo sguardo.

17. E non perder di vista il tuo servo; esaudiscimi prontamente, perché io son tribolato

18. Fatti dappresso all’anima mia, ed alla salute; a riguardo de’ miei nemici, conducimi a salvamento.

19. A te son noti gli obbrobrii ch’io soffro, e la confusione mia e la mia ignominia.

20. Sotto gli occhi tuoi sono tutti quelli che mi tormentano; il mio cuore si aspettò obbrobri e miserie. E aspettai chi entrasse a parte di mia tristezza, e non vi fu; e chi mi porgesse consolazione, e noi trovai.

21. E il fiele dettero a me per cibo; e nella sete mia mi abbeverarono col l’aceto. (3)

22. La loro mensa diventi per essi lacciuolo e scandalo per loro retribuzione.

23. Si offuschino i loro occhi, sicché non veggano; e aggrava mai sempre il loro dorso.

24. Scarica sopra di loro l’ira tua, e gli serri il furore dell’ira tua.

25. La loro abitazione diventi un deserto, e non siavi chi abiti sotto i loro padiglioni.

26. Perocché hanno perseguitato colui, cui tu avevi percosso; e al dolore delle mie piaghe aggiunser dolore.

27. Aggiungi iniquità alle loro iniquità, e alla giustizia tua non pervengano.

28. Sieno cancellati dal libro de’ viventi, e non sien descritti tra’ giusti.

29. Io son povero e addolorato; la tua salute, o Dio, mi ha sostenuto.

30. Loderò il nome di Dio co’miei cantici e lo glorificherò coi rendimenti di grazie;

31. E questi piaceranno a Dio, più che un giovane vitello, che butti fuora le corna e le unghie.

32. Veggan ciò i poveri e si consolino; cercate Dio, e l’anima vostra avrà vita;

33. Imperocché il Signore ha esauditi i poveri, e non ha posti in non cale quei che sono per lui in catene.

34. Dien lodi a lui i cieli e la terra; il mare gli animali tutti, che sono in lor contenuti.

35. Imperocché Dio salverà Sionne, e saranno edificate le città di Giuda. Ed ivi avran ferma stanza, e la possederanno come proprio retaggio.

36. E i figliuoli dei servi di lui avran di essa il possesso e in essa dimoreranno quelli che amano il di lui nome.

(1) voi conoscete la mia follia; vale a dire, voi sapete se posso essere accusato di follia e di peccato.

(2) Questo pozzo designa la cisterna che serviva spesso come prigione, e per estensione, in senso simbolico, il limbo ove le anime discendevano dopo la morte.

(3) la loro tavola, significa in generale i loro piaceri. – Che a loro volta siano abbeverati con fiele amaro, pernicioso e ributtante; vale a dire, che la loro sorte sia una sorte amara (S. Girol.).

Sommario analitico

In questo Salmo, nel quale bisogna necessariamente vedere la predizione dettagliata: 1) della Passione del Salvatore, alla quale il Nuovo Testamento applica sei versetti, 2) della istituzione della Chiesa, ed anche 3) del giusto perseguitato, condannato per crimini non commessi (Questo salmo è stato applicato a Gesù-Cristo sofferente da tutti i Padri e da tutti gli interpreti. In effetti, benché una parte possa riportarsi alle persecuzioni che David ebbe a sopportare, è impossibile non vedere che esso conviene molto meglio, nel senso letterale, a Gesù-Cristo; perché oltre all’applicazione precisa che fanno gli autori del Nuovo Testamento di più versetti, tutte le caratteristiche di colui che parla si applicano perfettamente al Salvatore, e certi tratti non possono che applicarsi a Lui o ai suoi persecutori. Queste dolci proposizioni si provano con una analisi logica del Salmo). 

I. – Nostro Signore Gesù-Cristo espone tutte le sofferenze della sua Passione, sotto la figura di una tempesta e di un naufragio:

1° la grandezza e la profondità del suo dolore (1-3);

2° la moltitudine dei suoi nemici, e dei peccati del genere umano che hanno presa su di Lui (4-6);

3° gli obbrobri dei quali è ricoperto e che allontanano da Lui perfino i suoi amici (7, 8);

4° Le sue azioni più sante rivoltate in derisione e che diventano per Lui soggetto di obbrobrio e di scherno (9-12).

II. – Egli implora la divina misericordia.

1° Chiedendo di essere liberato dalle afflizioni che affannano la sua anima (14, 15).

2° Esponendo a Dio le ragioni che motivano ed appoggiano la sua preghiera: a) dal  canto di Dio, la dolcezza e la profondità della sua misericordia (16); b) dal suo canto Egli è il servo di Dio ed in preda a vive sofferenze (17), c) dal clato dei suoi nemici, questi si sforzano di togliergli la vita e la reputazione (18, 19); d) dal lato dei suoi amici, nessuno prende parte alle sue sofferenze, nessuno Lo consola (29); e) l’amarezza delle sue sofferenze, per cui gli danno del fiele come nutrimento, etc. (21).

III. – Egli predice il castigo riservato ai suoi nemici.

1° nei beni del corpo (22-24);

2° nei beni di fortuna, mediante il rovesciamento del loro reame e la distruzione del loro capitale, per il fatto che hanno perseguitato Colui che era colpito, ed aggiunto dolore alle sue piaghe (25, 26).

3° Nei beni dell’anima, a) Dio permetterà che essi cadano nei crimini più enormi, b) sottrarrà loro la sua grazia; c) li cancellerà dal libro della vita (27, 28).

IV. – Egli rende grazie a Dio per la sua liberazione.

1° Attribuendola a Dio soltanto (29);

2° annunciando che i canti di lode e le azioni di grazie Gli saranno graditi (30, 31);

3° invitando i poveri e gli umili a cercare Dio ed a servirlo (32, 33);

4° esortando tutte le creature a lodarlo per la riconoscenza della fondazione, l’accrescimento e la conservazione della Chiesa (34-36).

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1 – 13.

ff. 1-2. – Queste acque che sono penetrate fin nell’anima, vale a dire fin nella sua vita; questo abisso di fango, questa profondità del mare, questa tempesta, sono delle immagini forti che dipingono con vivezza l’angoscia alla quale fu ridotto Gesù-Cristo nella sua passione, così come ogni giusto che, sul suo esempio, è oppresso da pene, o un’anima che sembra soccombere sotto il peso dei propri peccati (Duguet). – Quali flutti si sono levati contro Gesù-Cristo? Ma essi si sono infranti contro di Lui; e voi, fedeli di questo grande modello, attendete pure voi in questo mondo, su questo mare tempestoso, una infinità di tempeste; ma tenete duro contro questi uragani, essi vi tormenteranno ma non vi faranno perire.

ff. 3. – È questa un’espressione metaforica che esprime il grido interiore che un’anima rivolge a Dio. – È uno sguardo continuo verso il cielo, che sembra affaticare l’occhio del cuore, ma che non fa che renderlo più vivo e più attento. – La solida speranza non confonde affatto; essa ha, presto o tardi, il suo compimento (Dug.). –  Non sono gli occhi della nostra testa che per lo sfinimento hanno cessato di sperare in Dio, ma i suoi occhi si sono sfiniti nel corpo, cioè nelle sue membra. Questa voce è la voce delle sue membra, la voce del corpo, non della testa … dopo la sua passione, dopo la sua morte, tutti i suoi discepoli temettero che Egli non fosse il Cristo. Gli Apostoli furono vinti dal ladrone, il quale credette nel Signore quando essi invece si persero di coraggio (Luc. XXIII, 42). Vedete le sue membra che cessano di sperare, considerate i due discepoli, di cui uno si chiamava Cleofa, quello con il quale conversava poi lungo il cammino dopo la sua resurrezione, ed i cui occhi erano velati  in maniera da non riconoscerlo. – Come, in effetti, avrebbero riconosciuto i loro occhi Colui dal quale essi si separarono con l’esitazione del loro animo instabile? I loro occhi subivano la stessa delusione del loro spirito … essi avevano sperato e … non speravano più; i loro occhi avevano cessato di guardare, per la fatica di sperare nel loro Dio. Egli rese loro questa speranza quando presentò loro, perché le esaminassero, le cicatrici delle sue piaghe, e solo dopo che le ebbe toccate, Tommaso riprese la speranza che aveva perduto esclamando: « Mio Signore e mio Dio » (Giov. XX, 28) (S. Agost.). 

ff. 4, 5. – Che i membri del Cristo raccolgano questa parola, che apprendano ad essere odiati senza motivo. Se è inevitabile che il mondo vi odi, fate in modo che vi odi immotivatamente, affinché riconosciate la vostra voce nel corpo del vostro Signore e in questo salmo nel quale è predetta la passione! Come avverrà che il mondo vi odi senza motivo? Se non fate danno a nulla e a nessuno, e nonostante ciò siete oggetto dell’odio; perché “gratuitamente” vuol dire senza motivo. Non vi è sufficiente che l’odio del mondo sia tutto gratuito; ma ben più, che nel suo odio vi renda il male per il bene. « Le forze dei miei nemici, di coloro che mi perseguitano ingiustamente, si sono accresciute ». Questa voce è quella di coloro che sono martiri, non solo per la sofferenza, ma per le cause delle loro sofferenze. Né la persecuzione, né la prigionia, né le verghe, né il fuoco, né la proscrizione, né la morte meritano lode a chi le subisce; ma l’avere una buona causa e soffrire queste pene … ecco chi merita la lode. Il merito è proporzionato alla causa e non all’atrocità del supplizio; perché, quantunque grandi possano essere i supplizi dei martiri, eguagliano i supplizi di tutti i ladri, i sacrileghi, di tutti gli scellerati? Ma il mondo odia pure questi miserabili? Evidentemente li odia. In effetti essi eccedono con la loro scelleratezza la comune malvagità del mondo, ed in qualche modo essi sono estranei alla società del mondo, di cui mettono in pericolo la pace temporale; essi soffrono di crudeli supplizi, ma non senza un motivo (S. Agost.). – « Io ho pagato ciò che non dovevo ». È ancora qui la voce del corpo. In effetti che imprudenza trovare nel Cristo? Non è la forza e la saggezza di Dio? Ma non parla affatto di imprudenza nel senso dell’Apostolo: « La follia di Dio è più saggia della saggezza degli uomini? » (I Cor. I, 25). « La mia imprudenza », cioè la condotta che mi ha reso l’oggetto dello scherno di coloro che si reputavano saggi. O Dio! Voi sapete perché si fanno queste cose. Voi avete conosciuto la mia imprudenza ». Cosa c’è di più imprudente, secondo le apparenze, che essere in grado di ribaltare con una parola i propri persecutori, che lasciarsi arrestare, flagellare, farsi sputare addosso, oltraggiare, coronare di spine, farsi mettere in croce? Non è questa imprudenza? Non è questa appunto follia? Ma questa follia sorpassa la prudenza di tutti i saggi. È una follia in effetti, ma quando il grano è gettato in terra, per chi non conosce le leggi delle colture, sembrerebbe esser questa una follia. Questa grano è raccolto con grande lavoro, lo si porta sull’aia, lo si batte, lo si vaglia, e dopo tutti i danni di cui le intemperie del cielo e i temporali lo hanno minacciato, dopo tutti i lavori degli operai dei campi, e tutte le cure del padrone, quando è ben purificato, lo si ripone dei granai, poi viene l’inverno, e questo grano, se ben purificato, è portato fuori e gettato sulla terra. È un’apparenza imprudente, ma la speranza fa che non ci sia imprudenza. Il grano, ha detto il Signore, se non cade sulla terra per morire, non darà frutto (Giov. XII, 21, 25). Ecco la sua imprudenza, ma o mio Dio, voi la conoscete (S. Agost.). 

ff. 6, 7. – Si arrossisce ogni giorno di Gesù-Cristo, sia perché non si vuole spiacere al mondo che è suo nemico, sia perché non si ha il coraggio di rinunciare alle abitudini viziose che Gesù-Cristo condanna. Ma chi sono questi schiavi del mondo e questi confusi? Il Profeta li caratterizza per un contrasto con i veri fedeli, con coloro che attendono il Signore e Lo cercano. Così il Signore è al loro sguardo il Dio degli eserciti, cioè rivestito di forza e di potenza; Egli è il Dio di Israele, cioè il protettore, come lo fu del popolo disceso dai patriarchi. Cercare il Signore ed attenderlo, è tutto ciò che l’uomo di fede ha di più importante in questo mondo, ed è anche il suo unico compito (Berthier). – Mai uomo che ha cercato Dio come si deve è restato confuso. – C’è una confusione che fa cadere nel peccato, e ce ne è un’altra che attira la grazia e la gloria (Eccli IV, 25). È una confusione che getta nel peccato, arrossire di Dio e di ciò che ci comanda, e temere più gli uomini che Dio; ma è una confusione di gloria e di grazia il voler ben essere disonorato per confessare Dio ed aver il viso coperto di confusione per la sua gloria. – Non c’è nulla di grande nel dire: « io ho sofferto », bensì « io ho sofferto a causa vostra ». In effetti, voi soffrite perché avete peccato; è a causa vostra e non di Dio che voi soffrite. « Quale soggetto di gloria per voi, dice San Pietro, se siete punito e soffrite per le vostre colpe »? (I Petr. II, 20). Se al contrario  soffrite per aver osservato i comandamenti di Dio, voi soffrite realmente a causa di Dio ed una ricompensa eterna vi attende, perché è a causa di Dio che avete sopportato gli obbrobri; perché Egli stesso ha sofferto per primo per insegnarci a sopportarli. E se ha sofferto Lui a cui non c’era nulla da rimproverare, che dire di noi, che forse non abbiamo commesso il peccato che il nemico ci imputa, ma che certamente ne abbiamo commesso qualcun altro che merita un castigo? Un uomo vi accusa do furto e voi non avete rubato, questa accusa è un obbrobrio, tuttavia la vostra innocenza su questo punto non vi impedisce di dispiacere a Dio in qualche altra cosa (S. Agost.).

ff. 8. – È spesso più vantaggioso essere trattato dai propri fratelli come straniero, che intrattenere grandi legami con coloro i cui discorsi o la maniera di vivere possono portarci al peccato. – Tutti i giorni noi vediamo il compiersi di questa parola di nostro Signore: « l’uomo avrà per nemico quelli della propria casa ». – La perfezione evangelica consiste nell’abbandonare fratelli e sorelle per seguire ciò che si deve a Dio, a Gesù-Cristo. La perfezione che ci avvicina, se non anzi la sorpassa, è acconsentire ad essere trattato da essi come un estraneo ed un nemico, piuttosto che violare in alcun punto la fedeltà che si deve a Dio.- « Lo zelo della vostra casa mi ha divorato ». Gesù Cristo esercitava con pieno diritto l’autorità di suo Padre. « Egli non sopportava, dice San Marco, che si passasse con un vaso per il tempio », né che un luogo così santo servisse da pubblico passeggio. Il Vangelo non dice che Egli lo difendesse, ma che non lo soffriva, cioè, per giudicarne dalle restanti sue azioni, che le respingesse e le cacciasse, ed anche che le riprendesse con minacce. Se Egli non avesse fatto che ordinare, sarebbe stato questo un atto di autorità; ma Egli agisce, capovolge, colpisce. Questo è ancora un atto di zelo, cosa che fa che anche San Giovanni e tutti i suoi discepoli applicassero a queste azioni questa parola di Davide: « lo zelo della vostra casa mi ha divorato ».  – Lo zelo è un fervore di amore di Dio troppo vivo per attendere il soccorso altrui, né per attenersi alle forme ordinarie; ma agendo Egli stesso ed oltre le proprie forze, con una specie di eccesso, con assoluta fiducia nella potenza di Dio (Bossuet Méd. s. l’Ev., dern. Sem.VI° J.).

ff. 9. – Zelo ardente per l’onore della casa di Dio, che è la Chiesa, da cui ogni Prete, ogni pastore soprattutto, sull’esempio di Gesù-Cristo, deve essere divorato. – Beato colui sul quale ricadono gli oltraggi di coloro che vogliono insultare Dio, e che presenta la sua testa come uno scudo per ricevere i colpi che vi si portano (Dug.). – Questo zelo della vostra casa che mi divora, fa che tutti gli oltraggi che voi riceviate dal mondo mi colpiscano personalmente. Quanti oltraggi, o mio Dio! Per l’empietà e l’insolenza degli uomini, essi salgono fino a Voi; ma per una virtù tutta contraria alla carità che mi anima, ricadono nello stesso tempo su di me; vale a dire, le bestemmie che si proferiscono contro il vostro nome, le profanazioni del vostro santuario, le trasgressioni della vostra legge, gli insulti, gli scandali, gli sconvolgimenti del vostro popolo, tutto questo fa sul mio cuore un’impressione alla quale non posso resistere. Checché ne dica il mondo, bisogna che io mi spieghi e parli, e se la mia ragione vi si oppone, io la respingo come una ragione sedotta e corrotta (Bourd. Zél. pour la déf. des intérêts de Dieu.).

ff. 10-12. – Il digiuno, il sacco, il cilicio, e gli altri esercizi di penitenza, sono soggetti dello scherno del mondo, che si burla di chi ha il coraggio di praticarli. Non tralasciate di predicare la penitenza, che è il fondamento della pietà cristiana. Bisogna consultare il proprio bisogno ed un poco il proprio gusto; ma occorre praticarla da se stessi, prima di predicarla agli altri (Dug.). – « Coloro che bevevano del vino mi prendevano come soggetto delle loro canzonature ». Pensate che questo non sia successo al Cristo? Tutti i giorni si produce lo stesso fatto nei confronti dei suoi membri. Se per caso un servo di Dio è nell’obbligo di reprimere l’intossicazione e la dissolutezza, sia nella campagna, sia in qualche città ove la parola di Dio non sia stata ancora intesa, è poco che si continui a canzonare, ma in più si comincia col burlare, cantando, colui che ha proibito i canti disordinati. Comprendete ora il digiuno di Cristo e la tossicità di queste dissolutezze: « E coloro che bevevano vino cantavano contro di me ». Quale vino? Il vino dell’errore, il vino dell’empietà, il vino dell’orgoglio (S. Agost.).

II. — 13 – 21

ff. 13. – « Quanto a me, eleverò la mia preghiera verso di voi, o Dio mio! » – Io dunque mi elevo verso di Voi, ma come? Indirizzandovi la mia preghiera. In effetti quando siete esposto alle maledizione e non avete più nulla da fare; quando l’obbrobrio è gettato su di voi, e non trovate alcun mezzo di correggere colui che vi vuole sopraffare, non vi resta altra risorsa che pregare. Ma ricordatevi di pregare per colui che vi insulta. « Ecco il tempo del vostro piacere, o mio Dio ». È l’ora dell’abbondanza della vostra misericordia; perché senza l’abbondanza della vostra misericordia, cosa faremo dell’abbondanza della nostra iniquità? « Esauditemi secondo la verità della salvezza che mi avete promesso ». Dopo aver detto, « della vostra misericordia, » il Profeta nomina subito la verità, perché tutte le vie del Signore sono misericordia e verità (Ps. XXIV, 10). Perché esse sono misericordia? Perché Dio rimette i peccati; perché sono verità? Perché Dio è fedele alle sue promesse (S. Agost.).

ff. 13-15. – « Salvatemi da questo fango, affinché non ne resti lordato »; di questo fango, di cui è detto più in alto « io sono sprofondato nel fango dell’abisso, e non trovo alcun fondo … » – Qual è questo fango? Il Profeta spiega egli stesso il suo pensiero. « Che io sia strappato dalle mani di coloro che mi odiano ». Sono dunque essi stessi questo fango nel quale era sprofondato. – Gesù parla qui in ragione della debolezza delle sue membra. Se accade che siate catturati dalle mani di colui che vuole costringervi a commettere l’iniquità, in effetti è preso il vostro corpo; in ciò che concerne il vostro corpo, voi siete piombati nel fango dell’anima; ma se non avete acconsentito alle suggestioni dell’iniquità, voi non siete intrappolati in questo fango; che se al contrario voi vi acconsentiate, sarete sommersi dal fango. Domandate dunque che se il vostro corpo è già prigioniero, la vostra anima non sia catturata con esso, e che restiate libero in mezzo ai ferri; domandate che non acconsentiate mai ai desideri dei peccatori, e che non siate sommersi dalla tempesta e calati nella profondità dell’abisso (S. Agost.). – Cosa domanda il Salmista nella sua preghiera? L’abisso dell’iniquità degli uomini è come un pozzo profondo; chiunque vi cade fa una profonda caduta. Tuttavia, anche quando vi sia caduto, se confessa i suoi peccati a Dio, l’apertura del pozzo non si chiuderà su di lui, come è scritto in un altro salmo « Dalle profondità dell’abisso, io grido a Voi, Signore, Signore, ascoltate la mia voce » (Ps. CXXIX, 1). Se al contrario, il peccatore realizza in sé questa sentenza delle Scritture. « Quando il peccatore ha raggiunto l’ultima profondità del vizio, lo disprezza » (Prov. XXIII, 3), allora il pozzo ha chiuso la sua apertura su di lui. Perché il pozzo ha chiuso la sua apertura? Perché ha chiuso la bocca del peccatore. In effetti, questi ha rigettato fin la confessione dei suoi peccati, è realmente morto e questa parola si è compiuto in lui. « … La confessione perisce nella bocca dei morti, perché essi sono come se non fossero più » (Eccli. XVII, 26). – O stato miserevole, un uomo che ha commesso l’iniquità è piombato nel pozzo, ma quando gli avete fatto conoscere le sue iniquità, se egli dice: è vero che ho peccato, lo confesso, il pozzo non ha chiuso su di lui la sua apertura; se al contrario vi risponde: che male ho dunque fatto? Ed egli cerca di scusare il suo peccato, il pozzo ha chiuso su di lui la sua apertura e non ha più un’uscita per fuggire. Chi perde la confessione per sua colpa, non ha più dove trovare misericordia. Voi vi siete fatti difensori del vostro peccato, come Dio sarà il vostro liberatore? Perché Dio sia il vostro liberatore, voi siate vostro accusatore (S. Agost.).

ff. 15, 18. – Non c’è altra speranza di essere esaudito, se non la misericordia di Dio, tutta piena di dolcezza. – Gli sguardi di Dio sugli uomini non sono sguardi vani ed inutili, ma hanno la loro causa nei suoi disegni pieni di tenerezza nei nostri confronti. – Che vuol dire: « liberatemi a causa dei miei nemici? » affinché essi siano ricoperti di confusione, affinché siano tormentati dalla mia liberazione? Ma come, se la mia liberazione non deve essere un tormento per essi, il Signore non deve dunque soccorrermi? … Si può dire forse in un senso misterioso, che per i Santi c’è una liberazione segreta che si fa in vista di se stessi, ed un’altra liberazione pubblica e manifesta, che si fa in vista dei loro nemici, per punirli o per liberarli (S. Agost.).

ff. 19, 21. – Grande felicità dei giusti perseguitati, è l’essere esposti agli occhi di Dio, fissati su di essi per consolarli e fortificarli. – Questa è un’ccellente disposizione per non essere abbattuti dalle afflizioni, ma prepararne il cuore. – Ecco che i suoi discepoli non sono stati forse contristati quando Egli è stato condotto al supplizio, quando è stato sospeso sulla croce, quando è morto? Essi sono stati assaliti da una così grande tristezza che erano nel pianto quando Maria-Maddalena, che Lo vide per prima, annunciò loro nella gioia, che ella Lo aveva visto (Giov. XX, 18). Alle donne straniere anche hanno pianto mentre Lo conducevano al supplizio, girandosi verso di esse, Egli ha detto: « Piangete, ma su di voi e non su di me » (Luc. XXIII, 28). Come dunque succedeva che qualcuno si affliggesse con Lui, senza che qualcuno abbia avuto parte della sua tristezza? … Questi discepoli e queste donne si rattristavano solo in senso caritatevole, per la sua vita mortale, che la morte doveva cambiare e che la resurrezione doveva rendergli: tale era il soggetto della loro tristezza (S. Agost.). – Quante poche risorse nelle consolazioni umane! – « Ed essi mi hanno dato del fiele come nutrimento », parole che convengono unicamente a Gesù-Cristo nella sua passione, che sarebbe un profanarle l’applicarle ad un altro.

III. — 22 – 27.

ff. 22. – « Essi ma hanno dato del fiele per cibo ». Ciò che mi hanno dato non era un cibo; era in effetti una bevanda; ma essi Glielo hanno dato sotto forma di cibo, vale a dire  che nostro Signore aveva già preso il suo cibo, quando aveva mangiato la pasqua con i suoi discepoli, e aveva loro rivelato il sacramento del suo corpo. In questo cibo così gradevole, così dolce, dell’unità del Cristo che l’Apostolo loda con questi termini. « benché in gran numero, noi siamo un solo pane, un solo corpo » (1 Cor. X, 17); in questo soave cibo, chi sono quelli che vengono dunque a mischiare il fiele, se non i contraddittori del Vangelo, come questi persecutori di Cristo? Perché è minore il peccato dei Giudei che hanno crocifisso Gesù quando camminava sulla terra, del peccato di coloro che lo disprezzano ora che è seduto in cielo. È ciò che hanno fatto i Giudei quando hanno mischiato al cibo che aveva già preso la loro bevanda amara, questi lo fanno ora qui che nel disordine della loro vita, causano scandalo nella Chiesa (S. Agost.).

ff. 23, 25. – Questi versetti riguardano la doppia punizione dei guide. Essi sono stati privati dei loro domini, della loro patria, dei loro beni e ridotti allo stato di gente per le quali tutte le mete si cambieranno in veleno; essi sono stati caricati sotto il peso di una dominazione straniera, hanno errato da un luogo ad un altro, come ciechi che non sanno quale cammino intraprendere. Questo per chi osserva la punizione temporale. Ma essi sono disgraziati ancor più dal lato dei mezzi della salvezza. I libri santi che erano il loro nutrimento ordinario sono divenuti una sorta di trappola per essi , ed una pietra di scandalo, perché essi ne hanno alterato il vero senso. Un velo spesso si è esteso sui loro occhi; essi si sono curvati verso terra; essi non hanno avuto altro desiderio se non quello di arricchirsi con il commercio e con l’usura. Ecco quindi tre profezie contro di essi: quella di Davide, che parla nel nome del Messia; quella del Messia che l’ha ripetuta equivalentemente durante il corso della sua vita e nel momento stessa della Passione; quella dell’Apostolo che rinnovato e spiegato le predizioni del salmista (Berthier). – Le minacce contenute in questi versetti non riguardano esclusivamente i giudei, ma i cristiani che avranno abusato del grande beneficio della Redenzione. – La tavola della Santa Comunione diventa una rete nella quale diversi cattivi cristiani sono presi. – La sorgente di ogni grazia e di ogni benedizione diviene per essi una pietra di scandalo ed una occasione di caduta. – Dio permette che essi cadano nell’accecamento, non sapendo essi né quel che dicono, né quel che fanno, essi sono senza principi e senza lumi, sempre curvati verso terra, ove mettono tutta la loro affezione (Duguet). – « Che i loro occhi si oscurino di modo che essi non vedano e che il loro dorso sia costantemente curvato », oppure queste due cose si conseguono; perché dal momento che i loro occhi si oscurano fino a non più vedere, il loro dorso in seguito deve essere curvato. Perché questo? Perché dato che essi hanno cessato dal conoscere le cose del cielo, inevitabilmente essi hanno dovuto pensare a delle cose infime (S. Agost.).

ff. 26, 27. – Come viene perseguitato colui che Dio ha colpito? Il Signore parla qui nella persona del genere umano, di Adamo stesso, che, a causa del suo peccato è stato il primo ad essere colpito dalla morte. Gli uomini nascono fin da qui soggetti alla morte, portando con essi in questo mondo questo castigo. In effetti quest’uomo aveva bisogno di essere colpito nuovamente da Dio per subire la morte? Perché dunque, o uomo aggravi la pena stabilita da Dio? È dunque una sofferenza troppo leggera per l’uomo dover subire un giorno la morte? ciascuno di noi porta in sé la propria pena; quelli che ci perseguitano vogliono aggiungervi qualcosa. Questa pena è il colpo lanciato da Dio.  In effetti, Dio ha colpito l’uomo con questa sentenza. « Dal giorno in cui avrete toccato questo frutto, voi morrete di morte » (Gen. II, 7). – Il Cristo aveva preso la sua carne da questa razza votata alla morte. È con la voce di questo uomo mortale che Egli ha detto: « … essi hanno perseguitato colui che Voi avete colpito, ed essi hanno aggiunto al dolore delle mie piaghe ». Ai dolori di quali ferite? Al dolore dei miei peccati; perché Egli chiama ferite i miei peccati. Ma qui non considerate la testa, considerate il corpo, nel nome del quale il Cristo ha parlato in un altri salmo, quando ha detto: « La voce dei miei peccati mi allontana dalla mia salvezza » (Ps. XXI, 2).  (S. Agost.). 

ff. 28. – Il peccato è la causa e la pena del peccato, il primo è la causa del secondo, e il secondo è il castigo del primo. Essere votato alla propria iniquità per colmarne la misura, quale disgrazia, e chi può comprenderlo! – l’ultimo il sovrano castigo di Dio ed il solo ad essere senza risorse, è l’essere “cancellato dal libro dei viventi”. In precedenza vi erano scritti? Noi non dobbiamo considerare questo testo nel senso che Dio scrive un nome nel libro della vita e poi lo cancella. Dio scrive un nome e poi lo cancella? Egli possiede tutta la sua prescienza; Egli ha predestinato, prima della creazione del mondo, tutti coloro che dovevano regnare con suo Figlio nella vita eterna (Rom. VIII, 29). – Egli li ha iscritti ed il libro della vita conserva i loro nomi … che vuol dire allora: « che siano cancellati dal libro della vita »? che essi hanno la certezza che il loro nome non vi è scritto (S. Agost.).  

IV. — 29 – 30.

ff. 29. – Non c’è uomo sulla terra che non possa dire: « io sono povero e nell’afflizione », perché questa vita è una regione di lacrime; è la terra dei morenti, dice S. Agostino, … ma colui che ha fede può aggiungere con fiducia: la mano  salvifica di Dio mi ha elevato, mi ha esaltato, mi ha consolato dei miei peccati.

ff. 30, 31. – I cantici veramente graditi a Dio sono quelli per i quali noi riconosciamo che non è se non al suo Nome e alla virtù della sua grazia che noi dobbiamo la nostra salvezza. « Il sacrificio di lode mi glorificherà, ed è la via nella quale mostrerò il Salvatore di Dio » (Ps. XLIX, 23). – Io loderò dunque il Signore, e la mia lode gli sarà gradita più di una vittima condotta davanti al suo altare. La giovinezza della vittima è qui figura della nostra vita nuova (S. Agost.).

ff. 32, 33. – L’antico testamento, come il nuovo, dà ai veri servi il nome di poveri. – Certo è veramente povero colui che attende tutto solo da Dio, che vuol dipendere da Lui in tutte le cose, e che dopo aver ricevuto tanto da Dio, ben lungi dal credersi ricco, è ancora più povero ai suoi occhi, persuaso di usar male i doni di Dio per una grazia sempre nuova. – Ecco i poveri che hanno da rallegrarsi  e che, cercando Dio, faranno vivere la loro anima; ecco i poveri che Dio esaudisce, coloro che confessano umilmente che sono nei legacci del peccato (Duguet). – Questi indigenti dunque lo siano sempre di più, per meritare di essere recuperati, di modo che sazi di orgoglio ed esaltando all’esterno la loro pienezza, non siano privati del solo pane che possa farli vivere per la loro salvezza. « Cercate il Signore », indigenti, abbiate fame e sete di Lui perché « Egli è il pane vivente disceso dal cielo » (Giov. VI, 59). « Cercate il Signore e la vostra anima vivrà ». Voi cercate del pane affinché la vostra carne viva, cercate il Signore affinché la vostra anima viva. « Perché il Signore ha esaudito i poveri e non ha disprezzato coloro che erano nei ceppi ». Quali sono questi ceppi? La mortalità, la corruttibilità della carne, sono i ceppi dai quali siamo incatenati. E volete conoscerne i frutti? La Scrittura vi risponde: « … il corpo corrotto appesantisce l’anima » (Sap. IX, 15). –  Quando gli uomini vogliono essere ricchi in questo mondo, cercano degli orpelli per ornare questi ceppi. Vi è sufficiente coprire i vostri ceppi con degli stracci; non cercate se non ciò che è sufficiente per soddisfare la necessità; perché cercare il superfluo non sarebbe che caricare le vostre catene di un peso nuovo. Nella vostra prigione credetemi non aggiungete niente ai vostri ceppi (S. Agost.). 

ff. 34, 36. –  « Che le sue lodi siano celebrate dai cieli, dalla terra, dal mare e da tutto ciò che brulica sulla loro superfice o nel loro seno ». È una vera ricchezza per questo povero considerare le creature e lodarne il Creatore. Allora queste creature non lodano affatto Dio quando l’uomo, nel considerarle prende da esse spunto per lodare Dio? … « Perché Dio salverà Sion ». Egli restaura la sua Chiesa, fa entrare delle nazioni fedeli nel corpo del suo unico Figlio, e non priva nessuno di coloro che credono in Lui delle ricompense che ha loro promesso. « Perché Dio salverà Sion, e le città di Giuda saranno costruite ». Che nessun dica: Quando dunque saranno costruite queste città di Giuda? Oh! Se voi voleste riconoscerne l’ammirevole costruzione, divenirne una pietra vivente e prenderne parte! È ora così che le città di Giuda sono costruite! (S. Agost.).

SALMI BIBLICI: “EXSURGAT DEUS, ET DISSIPENTUR INIMICI EJUS” (LXVII)

SALMO 67: “EXSURGAT DEUS, et dissipentur inimici ejus”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 67

[1] Exsurgat Deus, et dissipentur inimici ejus;

et fugiant qui oderunt eum a facie ejus.

[2] Sicut deficit fumus, deficiant; sicut fluit cera a facie ignis, sic pereant peccatores a facie Dei.

[3] Et justi epulentur; et exsultent in conspectu Dei, et delectentur in lætitia.

[4] Cantate Deo, psalmum dicite nomini ejus; iter facite ei qui ascendit super occasum. Dominus nomen illi; exsultate in conspectu ejus. Turbabuntur a facie ejus,

[5] patris orphanorum, et judicis viduarum; Deus in loco sancto suo.

[6] Deus qui inhabitare facit unius moris in domo; qui educit vinctos in fortitudine, similiter eos qui exasperant, qui habitant in sepulchris.

[7] Deus, cum egredereris in conspectu populi tui, cum pertransires in deserto,

[8] terra mota est, etenim cæli distillaverunt, a facie Dei Sinai, a facie Dei Israel.

[9] Pluviam voluntariam segregabis, Deus, hæreditati tuæ; et infirmata est, tu vero perfecisti eam.

[10] Animalia tua habitabunt in ea; parasti in dulcedine tua pauperi, Deus.

[11] Dominus dabit verbum evangelizantibus, virtute multa.

[12] Rex virtutum dilecti, dilecti; et speciei domus dividere spolia.

[13] Si dormiatis inter medios cleros, pennæ columbæ deargentatæ, et posteriora dorsi ejus in pallore auri.

[14] Dum discernit cælestis reges super eam, nive dealbabuntur in Selmon.

[15] Mons Dei, mons pinguis. Mons coagulatus, mons pinguis:

[16] ut quid suspicamini montes coagulatos?Mons in quo beneplacitum est Deo habitare in eo; etenim Dominus habitabit in finem.

[17] Currus Dei decem millibus multiplex, millia lætantium; Dominus in eis in Sina in sancto.

[18] Ascendisti in altum, cepisti captivitatem, accepisti dona in hominibus; etenim non credentes inhabitare Dominum Deum.

[19] Benedictus Dominus die quotidie: prosperum iter faciet nobis Deus salutarium nostrorum.

[20] Deus noster, Deus salvos faciendi; et Domini, Domini exitus mortis.

[21] Verumtamen Deus confringet capita inimicorum suorum, verticem capilli perambulantium in delictis suis.

[22] Dixit Dominus: Ex Basan convertam, convertam in profundum maris;

[23] ut intingatur pes tuus in sanguine, lingua canum tuorum ex inimicis, ab ipso.

[24] Viderunt ingressus tuos, Deus, ingressus Dei mei, regis mei, qui est in sancto.

[25] Prævenerunt principes conjuncti psallentibus, in medio juvencularum tympanistriarum.

[26] In ecclesiis benedicite Deo Domino de fontibus Israel.

[27] Ibi Benjamin adolescentulus, in mentis excessu; principes Juda, duces eorum; principes Zabulon, principes Nephthali.

[28] Manda, Deus, virtuti tuæ; confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis.

[29] A templo tuo in Jerusalem, tibi offerent reges munera.

[30] Increpa feras arundinis; congregatio taurorum in vaccis populorum; ut excludant eos qui probati sunt argento: dissipa gentes quæ bella volunt.

[31] Venient legati ex Ægypto; Æthiopia præveniet manus ejus Deo.

[32] Regna terrae, cantate Deo; psallite Domino; psallite Deo.

[33] Qui ascendit super cælum cæli, ad orientem: ecce dabit voci suae vocem virtutis.

[34] Date gloriam Deo super Israel; magnificentia ejus et virtus ejus in nubibus.

[35] Mirabilis Deus in sanctis suis;Deus Israel ipse dabit virtutem et fortitudinem plebi suæ. Benedictus Deus!

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXVII

Si cantano i misteri di ambedue i testamenti: soprattutto la discesa di Dio sul Sinai, e l’ascensione di Cristo in cielo.

Per la fine: salmo e cantico dello stesso

David. (1)

1. Sorga il Signore, e sieno dispersi i suoi nemici; e fuggano dal cospetto di lui coloro che lo odiano.

2. Svaniscano come svanisce il fumo; come si fonde la cera al fuoco, cosi periscano i peccatori dinanzi alla faccia di Dio.

3 E i giusti banchettino e giubilino alla presenza di Dio; e godano nell’allegrezza.

4. Lodate Dio; intonate salmi al nome di lui; preparate la strada a colui che sale sopra l’occaso: ei si noma il Signore. (2)

5. Esultate davanti a lui; (i nemici) resteranno sbigottiti alla presenza di lui, Padre degli orfani e giudice delle vedove.

6. Dio sta nel suo luogo santo; Dio fa abitare nella sua casa uomini di un sol rito. (3).

7. Egli con sua fortezza pone in libertà i prigionieri, e quelli àncora che lo irritano, che abitano nei sepolcri. Allorché tu, o Dio, andavi innanzi al tuo popolo, quando passavi pel deserto,

8. La terra si scosse; ed anche i cieli si liquefecero al cospetto del Dio del Sinai, del Dio di Israele.

9. Una pioggia liberale terrai tu a parte, o Dio, per la tua eredità; e se questa è stata afflitta, tu però l’hai ricreata.

10. In essa i tuoi animali soggiorneranno; nella tua bontà hai preparato al povero il nutrimento. (4)

11. Il Signore darà la parola a coloro che annunziano con virtù grande la buona novella. (5)

12. I re potenti saran del diletto, del dilettissimo; e gloria della casa sarà il divider le spoglie. (6)

13. Quando voi dormiste in mezzo ai pericoli, sarete come colombe di piume argentine, delle quali l’estremità del dorso ha il pallore dell’oro. (7)

14. Mentre il Re del cielo fa giudizio dei re della terra, diverranno bianchi più della neve, che è sul Selmon; il monte di Dio è fertile monte: (8)

15. Monte grasso, monte pingue. Ma perché  pensate voi a’ monti feraci?

16. Egli è un monte, in cui si è compiaciuto Dio di abitare; perocché il Signore per sempre vi abiterà.

17. Egli è il cocchio di Dio circondato da molte diecine di migliaia; questa lieta gente è a migliaia; il Signore con essi e nel Sina nel Santo.

18. Ascendesti all’alto; prendesti teco prigionieri; ricevesti doni per gli uomini, onde, anche sopra di quelli che non credevano, abiti Iddio Signore. (9)

19. Benedetto il Signore per tutti i gìorni: il Dio di nostra salute farà prospero il nostro viaggio.

20. Dio di salvazione egli è il Dio nostro; e il Signore, il Signore è quegli che scampa da morte.

21. Ma Dio spezzerà le teste de’ suoi nemici;

le teste ben chiomate di coloro che camminano ne’ loro delitti.

22. Il Signore ha detto: Gli uomini di Basan caccerò io in fuga: li caccerò nel profondo del mare; (10)

23. Di modo che del sangue de’ nemici il tuo piede si tinga; e del medesimo le lingue de’ cani tuoi.

24. Han veduto, o Dio, i tuoi passi; i passi dei mio Dio, del mio Re, che sta nel santuario.

25. Precedettero i principi uniti a’ cantori, in mezzo alle fanciulle, che suonavano i timpani.

26. Benedite nelle adunanze Iddio Signore, voi che derivate da Israele.

27. Ivi il piccolo Beniamino rapito fuori di sé: i capi di Giuda loro condottieri, i capi di Zàbulon, i capi di Nephtali. (11)

28. Spedisci, o Dio, la tua potenza; conferma quello che in noi hai operato.

29. Dal tempio tuo di Gerusalemme a te offeriranno doni i regi.

30. Minaccia le fiere, che stan pe’ canneti, l’adunanza de’ popoli, che è come di tori tra le mandre di vacche; per cacciar fuori coloro che sono provati come l’argento. (12)

31. Dissipa le nazioni che aman la guerra; verranno ambasciatori dall’Egitto, l’Etiopia stenderà per tempo a Dio le sue mani.

32. Regni della terra, cantate laudi a Dio; cantate salmi al Signore.

33. Cantate salmi a Dio; il quale è salito al sommo cielo dalla parte dell’Oriente.

34. Ecco che egli la sua voce farà voce di virtù; date gloria a Dio, a cagione d’Israele. La sua magnificenza e la sua potenza vanno fino alle nubi.

35. Mirabile Dio ne’ suoi santi; il Dio di Israele, egli stesso darà virtù e fortezza al suo popolo. Benedetto Dio.

(1) – Per ben comprendere questo magnifico Salmo e afferrarne il senso, talvolta così misterioso e sì difficile, sono da fare tre importanti notazioni: 1° ricordarsi che, nell’estasi profetica, tutto appare, tutto si riscopre agli occhi del profeta contemporaneamente. Da qui questo brusco passaggio da un oggetto all’altro, queste associazioni di idee istantanee ed inattese, questo miscuglio, e per così dire, questa confusione di cose che ci rendono talvolta sì ardua l’intelligenza dei Salmi profetici; – 2° la Chiesa è una, perpetua, universale ed abbraccia tutti i tempi, e questa perpetuità si sviluppa in due periodi successivi: nel primo, la Chiesa è figurativa, è l’abbozzo di ciò che più tardi deve essere il capolavoro: è la stessa Chiesa che conduce Mosè e che regge l’Uomo-Dio, di cui Mosè non era che la figura. Questa unità fa comprendere come, in questo Salmo, il Profeta passi, senza transizione, dalle meraviglie antiche alle opere degli ultimi giorni. – .3° Occorre anche grandemente fissare gli oggetti multipli dei quali questo Salmo è pieno. Il Profeta descrive una solennità, ma la descrizione di questa solennità non serve al Profeta che da cornice per gli sviluppi più sublimi e le rivelazioni più grandiose. 

(2) -« Fate un cammino », apostrofe agli abitanti dei luoghi ove deve passare l’Arca.  « A Colui che sale verso il ponente ». L’armata vittoriosa ritorna a Gerusalemme dal lato di ponente; essa, di conseguenza, avanzava verso Sion attraverso le contrade che erano ad occidente di Gerusalemme. 

(3) – Davide fa qui allusione ai ribelli, condannati a non entrare nelle terra promessa ed a perire nella solitudine del deserto.

(4) – « Una pioggia volontaria ». Una pioggia tutta di favore, secondo gli uni, pioggia reale che rinfrancava gli Ebrei nella solitudine, e più verosimilmente, secondo gli altri, pioggia della manna di cui essi furono nutriti nel deserto e che è la figura della dottrina evangelica. « I vostri animali vi abiteranno ». Allusione alle quaglie che si sono abbattute in mezzo al campo per nutrire gli Ebrei che avevano preso in disgusto la manna. 

(5) – Nelle feste pubbliche e nei trionfi, le donne cantavano le gesta dei vincitori, [Es. XV, Giud. V, I Re XVIII, Giud. XVI.]

(6) – « Rex virtutum dilecti dilecti », vale a dire erit dilectissimæo dilectissimo huic cedet erit ejus possessio. – Questo può applicarsi al popolo di Israele, che assoggettava i re potenti della terra di Chanaan, ma conviene altresì meglio a Gesù Cristo, questo benamato dal Padre, in cui ha messo tutte le sue compiacenze. – La bellezza della casa, le donne della casa (Giob. V, 24). In Oriente le donne sono ordinariamente  chiuse all’interno della casa.

(7) – Quando riposerete in piena sicurezza nelle terre che vi saranno assegnate in sorte (clerus, dalla parola greca κληρόσ), voi brillerete dello splendore dell’argento e dell’oro, similmente alle colombe le cui ali sono argentate e le cui piume che ricoprono l’estremità del dorso riflettono il verde pallore dell’oro.

(8) – Mentre il Dio del cielo dissipa i re di questa terra data in eredità al suo popolo. Allora Dio voleva scegliere una montagna per sua dimora. Il Selmon, montagna della catena del Basan, a nord-est della Palestina, sembrava degna di questo onore, a causa della sua vetta elevata, sempre coperta da neve. Senza dubbio, questa catena di Basan è una montagna elevata, una montagna dalle sommità dense, ma non è quella che Dio ha scelto. Perché arrestate i vostri sguardi, o popolo di Israele? È qui su Sion che Dio vuole abitare. – Da questa montagna di Selmon, il Salmista passa dunque alla montagna di Sion.

(9). – Tu ti elevi, o Dio! Nell’arca, sulla montagna santa, per farne tua dimora;  tu trascini al tuo seguito i tuoi nemici, che hai fatto prigionieri mediante le mie mani; tu ricevi da essi i tributi che hai loro imposto. – L’Arca rappresenta qui l’umanità di Gesù Cristo che si eleva al cielo nel giorno dell’Ascensione portando prigionieri i principi delle tenebre (Col. II, 15). Tutto ciò che Egli riceve, lo riceve con la sua Chiesa alla quale Egli lo dà; è tale il senso che San Paolo da a questo versetto (Efes. IV, 8). 

(10) – « Io li condurrò da Basan (dall’Oriente), nel paese di Chanaan, dove essi saranno messi a morte con la spada, o precipitati nel mare ». – Il Salmista fa menzione di qualche tribù che le rappresenta tutte, e questa menzione di tribù che marciano separate, sarebbe una prova che questo Salmo è stato evidentemente prima della cattività.

(11) – Questa bestia delle canne (il coccodrillo o l’ippopotamo), figura il re d’Egitto con i grandi del suo reame, comparati a due tori potenti e con i loro popoli che li circondano, che si abbandonano ai loro capi, come le vacche ai tori, ed assecondano i disegni che hanno formato di scacciare i servitori provati da Dio.

Sommario analitico

In questo Salmo, composto nell’occasione del trasporto dell’arca dalla casa di Abededom al tabernacolo preparato sulla montagna di Sion (II Re, VI, 12), [Hengstenberg ed altri esegeti pensano che questa occasione fosse quella della traslazione solenne dell’Arca, quando in seguito alle guerre essa fu condotta, accompagnata dai prigionieri, sul monte Sion].

Davide contempla e celebra il trionfo di Gesù Cristo sulla morte, la sua Ascensione al cielo ed i doni che Egli ha sparso sulla Chiesa nascente.

I. – Egli descrive la splendore del suo trionfo:

1° la dispersione e l’annientamento dei suoi nemici (1, 2);

2° la gioia e la sicurezza dei giusti, che cantano dei cantici in onore del Salvatore che ascende al cielo (3, 4);

3° la protezione che Egli accorda alle vedove e agli orfani (5);

4° L’entrata trionfale nel suo palazzo, la pace e l’unione che Egli fa regnare intorno a sé e la libertà che accorda ai prigionieri dei quali ha distrutto le catene. (6).

II. – I doni che il trionfatore distribuisce in abbondanza:

1° Come figura di questi doni, egli ricorda i benefici di Dio nei riguardi del suo popolo nel deserto, la manna che il Dio del Sinai fa piovere dal cielo per nutrirlo (7, 8);

2° egli adatta la figura alla realtà e ci fa vedere come Gesù Cristo salendo al cielo abbia inviato, sugli Apostoli ed i fedeli, lo Spirito Santo come una pioggia celeste, – a) per guarire la terra dalla sua sterilità e rendere la sua Chiesa feconda (9);- b) per nutrire i fedeli che abitano nel suo seno (10); – c) per dare loro la forza di operare i miracoli e di convertire con la loro parola quelli che sono chiamati a far parte della Chiesa (11, 12); – d) per dar loro la sicurezza ed anche il fulgore e splendore in mezzo ai pericoli (13, 14); – e) per porli sulla sua montagna, di cui enumera i privilegi (15, 16).

III. – La condotta del trionfatore:

1° Nei riguardi di coloro che Egli ha liberato, – a) come in precedenza, egli parla dapprima figurando l’Ascensione, cioè l’ascesa di Dio al Sinai, in mezzo agli Angeli (17); – b) celebra il fatto stesso dell’Ascensione – la liberazione dei prigionieri – i doni che Dio ha elargito agli uomini, anche su coloro che non credono (19); – c) rapporta il canto trionfale dei prigionieri liberati, lodando Dio nell’aver appianato davanti a loro il cammino, e per averli ritirati dalla morte e condotti al termine del viaggio (20, 21).

2° Nei riguardi dei  loro nemici, cioè dei demoni che tenevano prigionieri questi uomini, – a) egli indica il modo in cui essi saranno distrutti; – b) ne fa conoscere la causa (22); – c) indica il luogo ove si compirà questo castigo, le profondità dell’inferno (23); – d) svela tutto il rigore del castigo e la grandezza della vittoria (24).

IV. – Egli predice le lodi che gli Apostoli, i Re ed i popoli convertiti alla fede canteranno in onore del celeste Trionfatore:

1° Ci insegna che gli Apostoli sono stati testimoni dell’Ascensione del Salvatore (24); 2° le lodi cantate da essi, dalla folla dei fedeli e che il Profeta esorta a continuare (25); 3° indica da quale tribù vengono gli Apostoli (26, 27), 4° predice che i re delle nazioni, dei quali chiede la conversione, vedranno Lui che offre dei doni (28, 29). 5° Predice che i popoli si uniranno ai re in una medesima fede;- a) chiede a Dio di reprimere gli sforzi dei tiranni e dei demoni che si oppongono a questa conversione dei popoli; – b) di dissipare le agitazioni ostili delle nazioni stesse (30), – c) predice come frutto la conversione delle nazioni più attaccate al culto degli idoli (31). 6° I re canteranno a Dio dei cantici di azioni di grazie, in riconoscenza dei benefici della fede (32, 33); 7° Il Re Profeta descrive la potenza di Gesù-Cristo regnante sul suo trono, per eccitare i popoli a lodare eternamente questo Dio magnifico, ammirevole nei suoi Santi, e fonte di ogni potenza e di ogni forza per il suo popolo (34, 35).  

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-6.

ff. 1-3. – « Sorga Dio, etc. ». È cosa già fatta. Il Cristo che è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto in tutti i secoli, il Cristo è risuscitato (Rom. IX, 6), e i Giudei suoi nemici sono dispersi tra tutte le nazioni. Vinti nel luogo stesso ove essi hanno esercitato contro di Lui la loro inimicizia, sono stati di là dispersi tra tutti i popoli. Ed ora essi odiano il Cristo, ma Lo temono, e sotto l’impero di questo timore, essi fuggono lontano dalla sua faccia. Per l’anima, in effetti, temere, è come fuggire; e come fuggire, secondo il modo del corpo, la faccia di Colui che rende sensibile in tutti i luoghi gli effetti della sua presenza? Essi fuggono, dunque, non con il corpo, ma con lo spirito; non nascondendosene, ma temendone; non questa faccia di Dio che essi non seppero vedere, ma quella che essi sono forzati a vedere (S. Agost.). – « Come il fumo svanisce, essi svaniscono da se stessi ». Il fumo è trasportato dal vento, la cera si liquefa a causa del fuoco, e gli empi cadono così senza forza e senza resistenza davanti alla maestà dell’Altissimo. In effetti, sollevati dal fuoco del loro odio, i nemici di Dio e del suo Cristo, si sono elevati al colmo dell’arroganza, essi hanno innalzato la testa fin nel cielo (Ps. LXXII, 9), ma ben presto essi svaniranno  nella vergogna dei loro peccati. « Come le cera fonde davanti al fuoco, così i peccatori periscono davanti alla faccia di Dio ». Forse il Profeta ha voluto rappresentare in questo modo coloro la cui durezza si fonde nelle lacrime della penitenza; ciò nonostante si può forse vedere in questo passaggio una minaccia del giudizio prossimo, perché dopo essersi elevati in questo mondo come il fumo, cioè dopo essersi dissipati nel loro orgoglio, i peccatori saranno colpiti alla fine con l’ultima condanna e periranno per l’eternità davanti alla faccia di Dio quando Egli si sarà manifestato nel suo splendore, simile al fuoco più vivo, per essere il castigo degli empi e la luce dei giusti (S. Agost.). – Due sono gli avvenimenti del Messia nei quali Egli deve trionfare sui suoi nemici. Il primo è passato, e noi ne gioiamo, il secondo è da venire, e noi lo attendiamo. – Augurio legittimo è che Dio sia elevato e che i suoi nemici siano confusi. – Desiderio cristiano, che Dio si elevi in un’anima, che ne prenda possesso e che tutti i suoi nemici siano dissipati ed annientati; vale a dire che i peccatori non siano più peccatori, e che i loro peccati non compaiano più davanti alla sua faccia. – I due grandi nemici di Dio nell’anima del peccatore sono l’orgoglio del proprio spirito e la durezza del suo cuore. Quando la grazia si fa sentire a questo peccatore, la sua vanità sparisce come il fumo che il vento dissipa, la durezza del suo cuore si ammorbidisce e si rende flessibile a tutte le impressioni che gli si vogliono dare. Questo cuore, in precedenza insensibile e glaciale, riceve infine il calore del divino amore e comincia  fondersi con il fervore dello spirito (S. Greg., Berthier). – La gioia dei giusti viene espressa da un festino, per significare: – 1° che essa è viva e fa su di essi un’impressione simile a quella che produce uno squisito nutrimento; – 2° che essa è intima e non superficiale, – 3° che essa fa, per così dire, parte della sostanza dei giusti, che essa li penetra e li fortifica, come il nutrimento che noi assumiamo. – È nella nuova Alleanza un banchetto che riempie di gioia l’anima dei giusti: non è più un pasto alla presenza dell’Arca, ma è il Dio stesso dei due Testamenti che si dà come nutrimento ai suoi figli. Quali delizie inondano i santi seduti alla tavola di Gesù Cristo! Essi solo possono spiegare i loro trasporti; ancora la loro lingua è troppo poco eloquente per dire ciò che passa nei loro cuori (Berthier). –  Gettiamo gli occhi sul venerabile Sacramento dell’altare: è là che ci viene preparata la tavola celeste e su questa tavola la coppa che produce la santa ebbrezza. (S. Greg.). – Comparata a questa gioia divina, ogni altra gioia è un dispiacere, ogni soavità è un dolore, ogni dolcezza è un’amarezza, ogni bontà una bruttura, tutto ciò che può lusingare e piacere, spiacevole e penoso (S. Bern., Ep. 234).

ff. 4. –  « Cantate le lodi di Dio ». Questi canta le lodi di Dio che vive per Dio; questi canta dei salmi al suo nome: costoro lavorano per la sua gloria. Celebrate le lodi di Dio con questi cantici, con questi salmi, cioè vivendo per Dio, lavorando per Dio. « Preparate – egli dice – la via a Colui che sale su per ponente ». Preparate la via a Cristo con i piedi mirabili di coloro che annunziano il Vangelo (Isaia LII, 7), i cuori dei credenti siano una strada aperta per Lui; perché è il Cristo che sale su da ponente, sia perché la vita nuova di colui che si converte a Lui non si unisce alla sua se non quando l’uomo vecchio sia morto con la rinunzia a questo secolo; ossia perché il Cristo è salito su da ponente, quando, con la sua Risurrezione, ha vinto la morte che aveva nascosto il suo corpo nella tomba (S. Agost.). – L’uomo è incapace da se stesso di preparare il cammino al Signore; ma quando Dio parla al suo cuore, accompagna la sua parola con l’unzione della sua grazia, per fargli compiere ciò che non può senza la sua assistenza. Egli abbassa in lui le montagne del suo orgoglio, riempie ciò che vi trova di vuoto, si prepara un cammino per arrivare fino  lui (Dug.). – « Trasalite di allegria in sua presenza », o voi che preparate la via a Colui che sale su da ponente, esultate di allegria in sua presenza; « se voi siete in un’apparente tristezza, sarete non di meno in una gioia costante »,  «… afflitti ma sempre lieti » (II Cor. VI, 10); perché, mentre aprite un cammino davanti a Lui, voi preparate una via per la quale Egli possa venire e possedere le nazioni, voi soffrirete mille mali che gli uomini giudicheranno ben tristemente. Ma voi, non solo non vi lasciate abbattere, ma rallegratevi vivamente, non agli occhi degli uomini, ma sotto gli occhi di Dio. « Siate gioiosi per la speranza e pazientate in mezzo alle sofferenze » (Rom. XII, 12). « Riempitevi di gioia alla sua presenza ». In effetti coloro che si turbano in presenza degli uomini « … saranno turbati in faccia a Colui che è il Padre degli orfani ed il Giudice protettore delle vedove ».   Questi, in effetti, sembrano, a giudizio degli uomini, colpiti dalla desolazione per essere stati separati il più spesso, dalla spada della parola di Dio, dai figli di cui essi erano i padri, o dalle donne delle quali erano gli sposi (S. Matt. X, 34). Ma nel loro rigetto, nella loro vedovanza, essi trovano consolazione presso « … il Padre degli orfani ed il Giudice protettore delle vedove ». Essi trovano consolazione presso di Lui, se sanno dirgli. « mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, il Signore al contrario mi ha preso sotto la sua protezione » (Ps. XXVI, 10); se essi ripongono la loro speranza nel Signore e non cessano di pregare né di giorno né di notte (I Tim. V, 5,).  Davanti a loro i malvagi saranno turbati, quando vedranno che i loro sforzi sono stati inutili e che il mondo intero ha seguito il Signore (S. Agost.). – « Io non vi lascerò orfani, aveva detto il Signore ai suoi Apostoli, Io tornerò da voi » (S. Giov. XIV, 18); Io tornerò a voi con la mia grazia, con il mio Spirito, con l’Eucaristia. « Io non vi lascerò orfani », vale a dire « Io vi invierò il mio Spirito, di modo che Io non cessi di essere con voi ». Questo nome di orfano che dà loro, indica chiaramente che Egli è loro Padre. … Io tornerò a voi dopo la resurrezione del mio corpo, Io che sono sempre con voi con la presenza della mia divinità (S. Bern., Tract. De Cœna.).

ff. 6. –  Il Signore  si fa un tempio di questi orfani e di queste vedove, cioè di coloro che sono come destituiti da ogni eredità nelle speranze del mondo. È di questo tempio che parla il Profeta quando dice: « il Signore abita nel suo luogo santo ». Egli mostra chiaramente in effetti, qual sia questo luogo santo, quando aggiunge: « Dio fa abitare nella sua casa coloro che sono della stessa sorte, cioè coloro che non hanno che uno stesso pensiero, uno stesso sentimento ». Questi formano il luogo santo del Signore, perché, dopo aver detto: « il Signore abita nel suo luogo santo », come se noi Gli domandassimo quale sia questo luogo: poiché esso è tutto intero dappertutto, il Profeta ci risponde per farci comprendere a non cercarlo fuori di noi, ma piuttosto a riunirci in una stessa maniera di vivere, alfine di meritare che Dio si degni abitare in noi. Ecco il santuario del Signore, che cercano la maggior parte degli uomini, per pregarvi ed essere esauditi. Che essi siano dunque in se stessi, cioè in questo luogo che cercano, che vi abitano come nella casa del Signore, come coloro che non hanno che un solo spirito, uno stesso sentimento, uno stesso pensiero, e che là, nel loro cuore, cioè nel silenzio di questo letto misterioso, essi ripassino con compunzione tutte le loro parole (Ps. IV, 5), affinché il Maestro della grande casa risieda in essi, ed essi siano quello stesso santuario nel quale saranno esauditi (S. Agost.). –  Questa profezia si è compiuta nella Chiesa cristiana che lo Spirito Santo formò nel giorno della Pentecoste, giorno in cui fece di tutti i fedeli come un solo cuore, e di tutte le loro case, una sola casa, come riuniti in un solo corpo, del quale Gesù-Cristo era il Capo. – Quale spettacolo mirabile nella Chiesa Cattolica, quello di questa unione di tutti i veri fedeli con i loro Pastori, e di tutti i Pastori particolari con il Pastore universale! Che altro poteva il Signore produrre se non questa unanimità di pensiero, di viste, di sentimenti? In questo secolo di contraddizioni, di confusione, di tenebre, questo accordo di tanti spiriti in una stessa luce, di tanti cuori in uno stesso amore, questa identità dottrinale e morale di tutti, malgrado la diversità dei punti di partenza di ciascuno, è la prova manifesta della divinità della Chiesa Cattolica; è la testimonianza irrecusabile della presenza e dell’azione di Dio nella sua Città santa (Mgr. Pie, Entret. Syn. t. IV, p. 458). – È per effetto della sua grazia che si costruisce questa casa, e non per i meriti di coloro con i quali Egli la costruisce. Considerate in effetti, ciò che segue: « Egli libera e fortifica quelli che erano in catene ».  Egli ha in effetti spezzato con la sua grazia le pesanti catene che impedivano ai colpevoli di camminare nella via dei suoi Comandamenti; « … Egli li ha liberati ed ha dato loro una forza che essi non avevano prima di aver ricevuto la sua grazia. Egli libera ugualmente coloro che Lo irritano abitando le tombe », cioè coloro che sono morti in ogni senso e non sono occupati che in opere morte. In effetti, questi Lo irritano con la loro resistenza a ciò che è giusto; perché mentre i primi che sono nelle catene, forse volevano camminare, questi non lo vogliono; essi pregano Dio per averne i mezzi e Gli dicono: « liberatemi dalle mie necessità » (Ps. XXIV). E quando Dio li ha esauditi, essi Gli rendono grazie dicendo: « Voi avete spezzato i miei legami » (Ps. CXV, 7). Ma questi peccatori che Lo irritano abitando le tombe, sono del genere di quelli che la Scrittura designa con queste parole: « … da un morto, che non è più, la riconoscenza si perde » (Eccles. XVII, 23). Di là ancora questa parola: « Il peccatore quando è caduto nel profondo dell’abisso, disprezza tutto » (Prov. XVIII, 3). Una cosa è in effetti, desiderare la giustizia, altra cosa il combatterla, altra cosa essere liberato dal male, altra cosa difendere i propri peccati in luogo di confessarsi; pertanto, la grazia del Signore libera e fortifica l’uno e l’altro tipo di peccatore? E quale forza dà loro, se non quella di lottare fino al sangue contro il peccato? Perché Egli trova dei peccatori di questi due tipi, che devono proprio a ciò, il fatto che il santuario di Dio sia costruito in essi: gli uni dopo la loro liberazione, gli altri dopo la loro resurrezione (S. Agost.). – Questa vita è un luogo di prigionia ed un deserto. Dio deve un giorno liberarci, e noi temiamo il momento della nostra liberazione. Noi vogliamo, dice S. Agostino, accumulare sempre dei giorni e non giungere mai alla fine di questa carriera; noi vogliamo sempre marciare e mai arrivare; questo è irragionevole e contraddittorio. Quale sarà infine la nostra sorte? Quella che il Profeta descrive: noi moriamo da ribelli, ed abiteremo eternamente in luoghi aridi ove la misericordia divina non spande le sue influenze, noi approderemo a queste tombe ove la luce non penetra mai. È una sciagura non profittare del deserto di questa vita per entrare nella terra promessa! (Berthier).

II. —7-16.

ff. 7, 8. –  « O Dio, quando voi uscite in presenza del vostro popolo ». Per Dio, uscire, significa apparire nelle sue opere. Ora, questo non è da tutti, ma appartiene solamente a coloro che sanno ammirare le sue opere. – Io non parlo attualmente di queste opere che colpiscono gli occhi di tutti, come il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che esse racchiudono, ma delle opere per le quali « … Egli libera e fortifica coloro che sono nelle catene », così come coloro che Lo irritano abitando nelle tombe, per farli abitare nella sua casa come aventi un solo cuore ed una sola anima. È così che Egli esce in presenza del suo popolo, cioè in presenza di coloro che comprendono questa grazia (S. Agost.). – Gesù-Cristo marcia alla nostra testa nel deserto di questa vita; Egli spande su di noi le benefiche influenze della sua grazia; Egli scuote i nostri cuori, sia con il timore dei suoi giudizi, sia con la veemenza del suo amore. Egli si mostra a noi come il Signore si mostrava agli Israeliti nella nube miracolosa; luce da un lato, tenebre dall’altra; molta luce per guidare i nostri passi, tante tenebre per provare la nostra fede. La nostra sventura è il perdere di vista il Conduttore beneficante, e di imitare gli Ebrei che rimpiangevano i falsi beni dell’Egitto. Ah! Diceva S. Gregorio, seguiamo Gesù-Cristo: la strada che Egli ci mostra sembra dura e difficile all’inizio, ma essa è piena di dolcezze per coloro che conducono una vita perfetta (Berthier). – « La terra è stata scossa quando passavate nel deserto ». Il deserto, erano i gentili che non conoscevano Dio; il deserto era il luogo ove Dio non aveva dato alcuna legge, o nessun Profeta mai aveva abitato e predetto la venuta del Salvatore. « Quando voi dunque passavate nel deserto », quando il vostro nome è stato predicato ai gentili, « … la terra è stata scossa », gli uomini della terra sono stati svegliati e chiamati alla fede. Ma come è stata scossa la terra? « Perché i cieli si sono fusi in acque davanti al Dio del Sinai, davanti al Dio di Israele …. ». Si tratta qui dei cieli di cui in un altro salmo è detto: « I cieli raccontano la gloria di Dio », e poco oltre « Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono » (Ps. XVIII, 4). In ogni caso non è a questi cieli, per grandi che essi siano, che bisogna attribuire la gloria di aver scosso la terra fino a condurla alla fede, come se il deserto delle nazioni fosse debitore di questa grazia a questi uomini; non è da se stessi che questi cieli hanno dato la loro pioggia, ma questa pioggia è partita dalla faccia di Dio … dal Signore di cui è detto in un altro punto: « voi versate ammirevolmente la vostra luce dall’alto delle montagne eterne » (Ps. LXXV, 5); benché sia dall’alto delle montagne eterne che viene la vostra luce, tuttavia siete Voi che la diffondete. Lo stesso qui: « I cieli si sono fusi in pioggia », ma questa pioggia « … è partita dalla faccia di Dio » (S. Agost.).

ff. 9, 12. – La pioggia è qui il simbolo della grazia in noi, della dottrina della salvezza e della santa Eucaristia; è una pioggia volontaria e tutta gratuita, perché essa è dovuta alla bontà di Dio e non ai nostri meriti. – Dio spande le sue grazie con abbondanza e con una liberalità che è tutta dalla sua misericordia, perché noi non possiamo ottenerla da noi stessi. Questa liberalità tutta gratuita esige da noi che vi corrispondiamo con una perfetta buona volontà, e con grande coraggio in mezzo alle prove di questa vita, cosa che non fecero i Giudei carnali che, ricolmi di benefici del Signore, non cessarono di mormorare contro di Lui quando li minacciavano le avversità (Berthier). – Questo popolo fu ricondotto dall’Egitto con grande clamore; noi, che siamo oggi il popolo di Dio, noi dobbiamo essere liberati da questo mondo, che è l’Egitto in rapporto a noi, e questa liberazione arriverà quando Gesù Cristo apparirà nella sua gloria. Ecco allora due grandi benefici, l’uno passato, e l’altro futuro. Cosa c’è in mezzo? Delle tribolazioni? E perché? Al fine di manifestare la volontà di coloro che servono Dio, affinché appaia fin dove portino lo zelo del suo servizio, affinché si veda se essi servono con disinteresse Colui dal Quale hanno ricevuto gratuitamente la salvezza (S. Agost.). – Quando una terra è stata fertilizzata, gli armenti vi abbondano, perché essi trovano il nutrimento di cui hanno bisogno. Il povero è alleviato e si riconosce che la benedizione del cielo è su questo retaggio. Ognuno deve interrogarsi sullo stato della propria anima, di questa terra che Dio gli dà da coltivare. Quanti, qui non vi trovano che animali feroci, cioè passioni indomite! (Berthier). – Oh! Se poteste vedere il campo del vostro cuore, fondereste in lacrime e non trovereste un solo boccone di cui potervi nutrire. Tutto il vostro uomo interiore perisce per la fame; esso è quasi morto. Quanti morti vediamo camminare nel mondo! (S. Agost.). –  « Voi avete preparato nella vostra soavità, o Dio mio, ciò che è necessario al povero ». Nella vostra soavità e non nelle sue ricchezze. In effetti, egli è povero, perché è stato fiaccato per essere reso perfetto, ed ha riconosciuto la sua indigenza per essere ricolmo di beni. È di questa soavità che il Profeta dice allora: « … Il Signore spanderà la sua soavità, e la nostra terra porterà i suoi frutti » (Ps. LXXXIV, 13), affinché faccia il bene non per timore, ma per amore, non per il terrore del castigo, ma per l’attrattiva della giustizia; perché tale è la vera libertà. Ma il Signore ha preparato questi beni per l’indigente e non per il ricco, che guarda questa povertà come un obbrobrio; obbrobrio, dice ancora il Salmista, per colui che è nell’abbondanza, ed oggetto di disprezzo per gli orgogliosi (Ps. CXXII, 4), (S. Agost.). – « Il Signore darà la sua parola a coloro che evangelizzano con una grande forza ». È Dio solo che dà Egli stesso la parola che vuole si annunci al suo popolo, ed il coraggio per annunciarla con forza; nessuno dunque deve ingegnarsi da se stesso in questo ministero. – È Dio che ispira i ministri della sua parola; è Lui che dà loro la forza di predicare in mezzo ai più grandi pericoli. – Coloro che il Signore ha scelto per annunciare la sua volontà provano che lo Spirito-Santo parla con la loro bocca; essi sono illuminati prontamente dalla verità ed infiammati dalla carità … ma essi devono leggere con grande precauzione le Sante Scritture; perché colui che le consulta non in spirito d’amore, ma in spirito di curiosità e per diventare sapiente, si arricchisce non della pienezza della parola, bensì della pienezza del libro (S. Greg.). – È l’amore della parola di Dio, e non l’amore della scienza che deve condurre allo studio del santi Libri. – La forza che Dio ha comunicato ai predicatori del Vangelo si è manifestata in tre maniere. – 1° con l’efficacia dei loro discorsi, con cui hanno convertito il mondo intero: « … così le mie parole non torneranno senza frutto, esse compiranno i miei disegni, e prospereranno in tutto ciò che io ho voluto » (Isaia. LV, 11); – 2° per la libertà dei loro discorsi, che è giunta fino a rimproverare i re per la loro vita licenziosa e dissoluta, e le loro empietà: « Io stesso vi darò le parole ed una saggezza alla quale tutti i vostri nemici non potranno resistere, e che essi non potranno contraddire » (S. Luca XXII, 15);  – 3° per la potenza e la virtù dei miracoli. « le mie parole e la mia predicazione – dice S. Paolo – non sono consistite in parole persuasive di saggezza umana, ma nelle prove sensibili dello Spirito e della potenza di Dio » (II Cor. IV).

ff. 13, 14. – Gesù-Cristo è il Re dei re ed il Signore dei signori. Egli li ha assoggettati tutti, condividendo le spoglie del forte armato, cioè rendendosi padrone di tutte le Nazioni che appartenevano in precedenza ai demoni, ed ha così formato tutte le bellezze della sua casa, che è la Chiesa. – Si, il Cristo ha reso bella la casa, cioè la Chiesa, con la distribuzione delle sue spoglie, come un corpo è bello per la distribuzione delle sue membra. Ora, si chiama spoglia ciò che è tolto ai nemici vinti. « Nessuno, dice il Salvatore, entra nella casa del forte per togliergli le armi, se non ha prima legato il povero » (S. Matt. XII, 29). Il Cristo ha dunque caricato il demonio di legami spirituali, con la vittoria che ha riportato sulla morte e con la sua Ascensione dagli inferi ai cieli. Egli lo ha legato con il mistero della sua incarnazione, ragion per cui il demonio, benché non avesse potuto trovare nulla che Gli facesse meritare la morte, ha ricevuto il permesso di farlo perire. Egli lo ha legato e gli ha tolto le sue armi come delle spoglie, perché Egli agiva sui figli della diffidenza (Efes. II, 2), per cui Egli assoggettava l’infedeltà ai propri disegni. Allora il Signore ha purificato queste armi con la remissione dei peccati; Egli ha santificato queste spoglie strappate ad un nemico abbattuto e caricato di catene, e le ha distribuite per la bellezza della sua casa. Degli uni ne ha fatti degli Apostoli, degli altri dei Profeti, altri Pastori, o Dottori per i bisogni del Ministero, alfine di edificare il Corpo di Cristo (Ibid. I, 4), (S. Agost.). – Le spoglie che Egli sottrae e delle quali arricchisce la Chiesa, è ancora il deposito delle santa Verità che passa dalla sinagoga alla Chiesa Cristiana, il mondo intero che ha rapito al gentilizio, le vittime che strappa all’inferno, la vita che conquista sulla morte. – Qui dunque il Salmista ci espone, in termini figurati e profetici, l’organizzazione, la forza, i trionfi, le ricchezze della Chiesa. – Sotto la condotta di Gesù-Cristo, il prediletto di Dio, i piccoli, i poveri, i semplici, le donne stesse riportano le vittorie sui nemici della salvezza. Talvolta il Signore, per manifestare i tesori della sua grazia, ha dato lo spettacolo delle virtù più perfette nelle condizioni più eminenti; ma, dice Sant’Agostino, io vedo i peccatori chiamati prima dei filosofi, io vedo Pietro preferito ai re, io vedo migliaia di vergini impossessarsi della corona, e dei bambini anche tenere lezione ai vecchi (Berthier). –  « … Se voi dormite in mezzo a terre che vi sono toccate in eredità ». Il Profeta sembra rivolgersi a coloro ai quali sono state distribuite come delle spoglie per la beatitudine della casa, secondo l’utilità particolare che lo Spirito Santo manifesta per ognuno. Se voi dormite in mezzo alle vostre eredità, voi sarete come le ali della colomba argentata, cioè vi eleverete ad una nuova altezza, restando attaccati alla forza che unisce la Chiesa; perché questa colomba argentata è quella di cui è detto: « … Unica è la mia colomba » (Cant. VI, 8).  Essa è argentata perché istruita dagli insegnamenti divini per cui in un altro Salmo è detto: « I vostri insegnamenti, Signore, cono come l’argento che il fuoco ha separato da ogni terra e che è stato purificato sette volte » (Ps. XI, 7). È dunque un gran bene il dormire in mezzo all’eredità, che significano, secondo qualcuno, i due Testamenti; così, il dormire in mezzo alle parti, è riposare sull’autorità dei due Testamenti; cioè annuire alle testimonianze dei due Testamenti. Di modo tale che ogni parola proposta e riconosciuta proveniente dall’una o dall’altra fonte, mette termine pacificamente ad ogni discussione col riposo più perfetto. Se così è, qual avvertimento è dato qui a coloro che evangelizzeranno con una grande forza, se non è Dio ad accordar loro questa parola con la quale essi potranno evangelizzare, se essi dormono in mezzo a queste due eredità? In effetti a loro è data la parola di verità quando essi riposano sull’autorità dei due Testamenti, ed essi stessi sono le ali della colomba argentata, portando fino in cielo, con la loro predicazione, la gloria della Chiesa (S. Agost.). – Applicato ai semplici fedeli, questo versetto contiene una verità non meno toccante. In effetti, se l’eredità del primo testamento, essendo l’ombra figurativa del secondo, consisteva in una felicità terrestre, e se l’eredità del Nuovo Testamento è l’eterna felicità, dormire in mezzo alle due eredità, non è la ricerca con ardore della prima, ma attendere con pazienza la seconda; perché, a coloro che servono Dio, o piuttosto che rifiutano di servire Dio, alfine di ritrovare la felicità in questa vita e su questa terra, il sonno sfugge ed essi non possono dormire. In effetti, agitati dai piaceri che li infiammano, essi sono spinti ai disordini ed ai crimini, e non hanno riposo, desiderando acquisire e temendo di perdere. « Al contrario, colui che mi ascolta, dice la Sapienza, abiterà nella speranza e riposerà senza timore, esente da ogni minaccia » (Prov. I, 33). Ecco che questo è dormire in mezzo alle eredità: è abitare, non ancora in realtà, ma già nella speranza, nella eredità celeste, e riposare lontano da ogni piacere di una felicità terrestre. Ma quando sarà arrivato ciò che noi speriamo, noi non dormiremo più in mezzo a due eredità; noi regneremo in ciò che è il nuovo ed il vero. Ecco perché nulla ci impedisce di comprendere queste parole: « … Se voi dormite in mezzo alle eredità », applicandole alla nostra morte, secondo il costume della Scrittura, che dà il nome di « sonno » alla morte della carne. Perché la migliore delle morti è quella dell’uomo che, perseverando fino alla fine nella repressione dei piaceri terrestri, e nella speranza dell’eredità celeste, vede l’ultima ora chiudere il corso della sua vita. Ora, coloro che si addormenteranno in questa sorte, saranno come le ali della colomba argentata, per essere trasportati, al momento della resurrezione, nelle nubi, nell’aere, davanti al Cristo, al fine di vivere per sempre con il Signore (I Tess. IV, 14), e si abbelliscono a misura dell’avvicinarsi al sole di giustizia (S. Agost.). – Queste ali argentate della colomba, dopo le grandi sofferenze, non sono ordinariamente per questa vita; questo splendore dell’oro non è che per coloro che sono stati epurati per lungo tempo nella fornace. – Criterio nascosto, ma pieno di giustizia, che il Re del cielo fa non soltanto dei re, ma pure di tutti i popoli della terra. – Separazione ben diversa secondo la quale gli uni diventeranno più bianchi della neve, e gli altri più neri del carbone (Duguet). – Le piume della colomba sono suscettibili di colori cangianti, a seconda di come esse siano esposte ai raggi del sole. Ciò che vi domina è il bianco, il grigio, il nero, il vinaccio, e da questo miscuglio risulta un colore che assomiglia all’oro pallido. Il Profeta si serve qui di questa comparazione per designare la protezione che Dio accorderà al suo popolo, principalmente alla tribù di Giuda, quando anche essa sarà circondata dalle dieci altre tribù divenute sue nemiche, dopo lo scisma di Roboamo. Questa tribù è chiamata qui colomba, come lo è nel Cantico dei Cantici, perché essa rimane fedele più tempo delle altre all’alleanza con Dio (Berthier).

ff. 15, 16. – Ma, nel timore che qualcuno osi comparare Nostro Signore Gesù-Cristo ai Santi, che sono pure chiamati montagne di Dio, e nella paura che si assimilasse a queste montagne, che sono i figli degli uomini, la montagna che è il Cristo, perché non mancherebbero uomini per dire, gli uni che era Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o uno dei profeti, il Salmista si volge ad esse e dice loro: « Perché supponete che queste montagne fertili siano la montagna ove è piaciuto a Dio stabilire la sua abitazione? » Similmente questi grandi uomini hanno ricevuto il nome di luce, perché il Signore ha detto loro: « Voi siete la luce del mondo » (S. Matt. V, 14); ma è stato anche detto del Cristo: « Egli è la vera luce, che illumina ogni uomo che viene in  questo mondo » (S. Giov. I, 9); per cui questi uomini sono delle montagne gloriose, ma ben al di sopra di esse è la montagna preparata sulle cime delle altre montagne. Perché dunque supponete che queste montagne siano la montagna sulla quale è piaciuto a Dio fissare la sua dimora? Non è che Egli non abiti gli altri monti; ma non vi abita se non per il Cristo, « … perché in lui risiede tutta la pienezza della divinità » (Colos. II, 7). Il Signore abiterà le montagne che non sono comparabili a quella preparata sulle cime di tutte le altre; Egli vi abiterà  per condurli fino alla loro fine, cioè fino a Sé stesso, dove essi Lo contempleranno nella sua divinità (S. Agost.). – I luoghi elevati sono stati preferibilmente scelti da Dio per divenire il teatro delle sue divine manifestazioni. I luoghi elevati avvicinano al cielo, e l’esempio che vi si manifesta attira più facilmente gli sguardi. Così Gesù-Cristo compara la sua Chiesa ad una città posta su di una montagna, a causa della sua elevazione e della sua solidità, dice Sant’Agostino, ma la Chiesa non fa che un tutt’uno con Gesù-Cristo. Essa stessa è una montagna, perché Essa è il Corpo di Cristo; ma è Gesù-Cristo che è il fondamento della Chiesa, ed è legalmente Gesù-Cristo che Sant’Agostino riconosce in questa parola del Salmo: « … La montagna di Dio è una montagna grassa e fertile, ove è piaciuto a Dio l’abitarvi, perché è la montagna ove le anime si rafforzano e si arricchiscono di doni celesti ». – Dio scelse quaggiù dei luoghi privilegiati, ove piacque a Lui diffondere con più abbondanza le rugiade della sua grazia. Le sante lettere sono piene di questa teologia, ed essa è il fondamento della pratica antica e costante dei pellegrinaggi. E questo si collega a tutto l’insieme della dottrina cattolica: Dio volendo entrare in trattative con l’uomo, cioè con l’essere nello stesso tempo intelligente e sensibile, ha dovuto adattare alla sua grazia i rapporti di tempo, di luoghi e di persone. C’è dunque una vocazione, una predestinazione per i luoghi come per le persone; ci sono dei luoghi, delle montagne ove si sono accumulate delle meraviglie di un ordine soprannaturale, ove c’è stato il compiacimento di Dio nel risiedervi fin dagli inizi, e dove risiederà fino alla fine (Mgr. Pie, t. VI, p. 524). 

III. — 17-24.

ff. 17, 18. – Il Salmista termina questo Salmo con la descrizione del trionfo di Gesù-Cristo, che dopo essere disceso, con la sua incarnazione seguita dalla sua morte, nelle parti infime della terra, è salito successivamente al di sopra di tutti i cieli, conducendo con Sé una moltitudine di prigionieri, e ha distribuito magnificamente i suoi differenti doni sugli uomini, inviando loro lo Spirito Santo e, cosa più ammirevole, ha trionfato del cuore ribelle di coloro che erano completamente increduli e ha fatto in modo che popoli in precedenza infedeli ed increduli, dimorassero nel Signore, e che il Signore avesse dimorato in essi (Duguet). – Dopo aver descritto il corteo che circonda il carro del trionfo del Signore, il Profeta si rivolge al Signore stesso: « … Voi siete salito nell’alto dei cieli, voi avete catturato la prigionia, avete distribuito dei regali agli uomini. » – L’Apostolo riporta questo versetto e lo applica a Nostro Signore in questi termini: « Ad ognuno di noi, la grazia è stata data secondo la misura del dono di Gesù ». Ecco perché il Profeta ha detto: Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma che significa la parola « ascese », se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui chediscese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose (Efes. IV, 7-10). È dunque, senza alcun dubbio, di Gesù Cristo che il Profeta ha parlato dicendo: « … Voi siete salito nell’alto dei cieli, voi avete fatto prigioniera la cattività, voi avete ricevuto i doni nella persona degli uomini ». E non siate preoccupati dal fatto che l’Apostolo, citando questo passaggio, non abbia detto: « Voi avete ricevuto dei doni nella persona degli uomini », ma: « Egli ha dato dei doni agli uomini ». L’Apostolo, con l’autorità che questo titolo gli dava, ha parlato, così come ha fatto, considerando il Figlio come Dio con il Padre. In questo senso, effettivamente, Egli ha dato dei doni agli uomini, inviando loro lo Spirito-Santo, che è lo Spirito del Padre e del Figlio. Ma se si considera lo stesso Gesù Cristo nel suo corpo che è la Chiesa, se si considera che i Santi ed i fedeli sono sue membra, secondo queste parole dell’Apostolo: « Voi siete il corpo ed le membra di Cristo » (I Cor. XII, 27), senza alcun dubbio, in questa qualità, Egli ha ricevuto dei doni nella persona degli uomini (S. Agost.). –  Ma cosa vuol dire: « Avete catturato la cattività »? Sarà perché Egli ha vinto la morte, che teneva prigionieri coloro sui quali essa regnava? O forse il Profeta ha designato, con questo termine « cattività », gli uomini che il demonio teneva prigionieri? Il Profeta dà agli uomini che erano prigionieri, il nome di cattività, come noi diciamo « milizia » parlando dei militari. Il Profeta ha detto che la cattività era stata catturata dal Cristo. Perché in effetti, la cattività non sarebbe felice se gli uomini potessero essere fatti prigionieri per il loro bene? … Essi sono dunque prigionieri perché sono stati presi, e sono stati presi perché sono stati soggiogati; sottomessi a questo giogo che è pieno di dolcezza, liberati dal peccato di cui erano schiavi, essi sono divenuti i servitori della giustizia, rispetto alla quale erano liberi in precedenza (Rom. VI, 18). Ecco perché il Cristo è in essi, nello stesso tempo, Colui che ha dato i doni agli uomini, e Colui che ha ricevuto dei doni nella sua Persona dagli uomini. Così, in questa cattività, in questa servitù, a questo carro, sotto questo giogo vi sono migliaia di uomini, non che piangono, ma che gioiscono; perché « … il Signore è in essi, nel suo Santuario ». – Ma cosa aggiunge il Profeta? « Anche coloro che non credono che Dio possa abitare in mezzo ad essi ». Non parla della cattività, e non dice perché, prima di passare sotto la felice servitù, essi si trovavano incatenati in una servitù funesta? In effetti è in ragione della loro incredulità che gli uomini erano prigionieri del nemico, « … che agisce sui figli ribelli, nel numero dei quali una volta eravate anche voi, quando vivevate tra essi » (Efes. II, 2-3). È dunque per i doni della sua grazia che il Cristo, che ha ricevuto i doni nella persona degli uomini, ha reso prigioniera questa funesta cattività. In effetti, questi uomini non credevano che un giorno avrebbero abitato la casa di Dio. Ma la fede li ha infine liberati, affinché essi abitassero la casa di Dio, e diventassero essi stessi questa casa e il carro di Dio, formato da migliaia di Santi che si rallegrano (S. Agost.).

ff. 19, 20. – È allora che il cantore di queste parole profetiche, al quale lo Spirito Santo concedeva di contemplare in anticipo queste grandi cose, egli stesso pieno di gioia, intona un inno di gioia e grida: « Benedetto sia il Signore-Dio ».  La terra deve unirsi al cielo per ridire con la moltitudine degli eletti: « La salvezza viene dal nostro Dio, seduto sul trono, e dall’Agnello … Benedizione, gloria, saggezza, azioni di grazie, onore, potenza e forza dal nostro Dio, nei secoli dei secoli ». (Apoc. VII, 10, 12.). – E poiché il Cristo conduce fino alla fine il carro di cui ha parlato, il Profeta continua e dice: « Un cammino prospero ci sarà preparato dal Dio della nostra salvezza ». Queste parole ci insegnano la necessità della grazia. Chi sarà salvato in effetti, se Dio non lo salvava? Ma per paura che questo pensiero non si presentasse al nostro spirito: perché dunque noi moriamo se la grazia ci ha salvato? … egli aggiunge: « Appartiene al Signore liberare dalla morte », lo stesso vostro Signore, non ha avuto altra uscita dalla sua vita, che la morte. Soffriamo dunque con pazienza la morte stessa, sull’esempio di Colui che ha voluto uscire dalla vita per mezzo della morte, benché alcun peccato lo avesse reso tributario della morte, e che fu il Signore, al Quale nessuno poteva togliere la vita ed al Quale apparteneva il deporla da se stesso (S. Agost.).

ff. 21-23. – « Ma comunque Dio schiaccerà la testa dei suoi nemici, e la fronte superba di coloro che camminano nei loro peccati »; vale a dire di coloro che si elevano in maniera disordinata, e che si inorgogliscono fieramente nei loro peccati, mentre dovrebbero attingere sentimenti di umiltà. Egli schiaccerà la loro testa, « perché colui che si esalta, sarà abbassato ». Egli schiaccerà la testa dei suoi nemici e non soltanto di coloro che lo hanno deriso sulla croce, ma anche di tutti quelli che  si ergono contro la sua dottrina e che volgono la sua morte in derisione, come se non fosse che la morte di un uomo (S. Agost.). – Così come Dio è buone nei riguardi dei peccatori umili che riconoscono le loro debolezze, così è terribile nei riguardi dei peccatori orgogliosi che sono nemici dichiarati e vogliono insolentemente perseverare nei loro peccati. Egli li schiaccia talvolta in questa vita, ma sempre nell’altra, dove non ci sarà da sperare più salvezza per coloro il cui orgoglio non sarà stato abbassato in questa vita. – Nessun nemico, per potente che sia, tra le mani di Dio ritira le sue quando a lui piace, con la stessa facilità con la quale Egli ha liberato il suo popolo dalle mani di re potentissimi; non c’è nessun abisso di peccato, quantunque profondo, da cui la bontà onnipotente di Dio non si ritiri quando vuole (Dug.).  

IV. — 24-35.

ff. 25-27. –  « Si è visto il vostro passo, o mio Dio »! Si è visto il vostro passo attraverso il mondo, che voi dovete percorrere interamente su questo carro, chiamato ugualmente nel Vangelo col nome di nube e che significa: i santi ed i fedeli. …Tali sono i passi che da voi si sono visti; vale a dire, tali sono i passi che ci sono stati manifestati, quanto la grazia del Nuovo Testamento ci è stata rivelata. Ecco perché è scritto: « Quanto son belli i piedi di coloro che annunziano la pace, che annunciano la buona novella » (Rom. X, 15). In effetti, questa grazia e questi passi erano nascosti nell’Antico Testamento; « … ma quando è venuta la pienezza dei tempi, e quando è piaciuto a Dio rivelare suo Figlio, perché fosse annunciato tra le nazioni » (Gal. IV, 4), si sono visti i vostri piedi, o mio Dio!, « i passi del mio Dio, del Re che abita nel luogo santo ». In qual luogo santo, se non nel suo tempio? In effetti il tempio di Dio è santo, e « Voi siete questo tempio » (II Cor. III, 17), (S. Agost.). – Ora, perché questi passi fossero visti, « … i principi hanno marciato per primi con coloro che cantavano sul salterio, in mezzo alle fanciulle che battevano sui tamburi ». I Principi sono gli Apostoli; essi hanno in effetti, marciato per primi, affinché i popoli li seguissero; essi hanno marciato per primi annunciando il Nuovo Testamento, « con quelli che cantavano sul salterio », cioè con coloro le cui buone opere, visibili agli altri uomini, glorificassero Dio, come strumenti destinati a lodarlo. Questi stessi principi erano « in mezzo alle fanciulle che battevano sui tamburi », vale a dire: essi erano onorati dal ministero stesso che espletavano; perché tale è il rango dei ministri sacri in mezzo alle nuove chiese che essi governano. In effetti, nel timore che non venga allo spirito di qualcuno, l’interpretare queste figure in senso carnale, il Profeta continua e dice: « benedite il Signore nelle Chiese »; come se dicesse: guardatevi, sentendo parlare di fanciulle che battono sui tamburi, dal pensare a divertimenti lascivi. « Benedite il Signore nelle Chiese ». Le chiese sono figurate con denominazione mistica; le chiese sono le fanciulle che battono sui tamburi, cioè a chi la vittoria riportata sulla carne ha dato un’autorità spirituale. « Benedite dunque nelle Chiese il Signore, Iddio, voi che siete usciti dalle sorgenti di Israele ». È in Israele, in effetti, che Egli ha scelto coloro che voleva fossero delle sorgenti; è là che Egli ha scelto gli Apostoli, i primi che hanno ascoltato queste parole. « Chiunque berrà l’acqua che io gli darò, non avrà mai sete, ma uscirà da lui una sorgente d’acqua che zampillerà  fino alla vita eterna » (Giov. IV, 13, 14); (S. Agost.). – I piccoli ed i grandi, i princìpi ed i popoli si trovano in queste chiese come nella casa comune, per rendere i loro doveri a Dio.

ff. 28-30. – Questa espressione. « Signore, dispiegate la vostra forza », è nello stile dei profeti, che rappresentano Dio come intimante i suoi ordini agli strumenti della sua bontà o delle sue vendette. Dio comanda alla sua forza, quando la impiega, quando ne fa sentire gli effetti. Io potrei dire, nell’orazione: Signore comandate alle vostre luci di illuminarmi; comandate al vostro amore di abbracciarmi; comandate alla vostra misericordia di perdonare i miei peccati; comandate alla vostra saggezza di mostrarmi le vostre vie. Nel Salmo XLIII, il Profeta dice che Dio comanda la salvezza di Giacobbe; vale a dire che Egli prende i mezzi efficaci per salvare il suo popolo. O Signore, ripeto con il sentimento di un cuore toccato dal desiderio di compiacervi: comandate la mia salvezza; comandate ai nemici che vi si oppongono, lasciate la mia anima gioire delle pace che si gusta nel vostro seno; comandate alle mie passioni di tacere alla vostra presenza. Comandate al mio cuore di attaccarsi inviolabilmente a voi (Berthier). – In qualunque grado di virtù e di santità l’uomo sia stabilito, deve chiedere a Dio di stabilizzarlo e completare in lui ciò che ha iniziato. Sovrano ambito è Gesù Cristo, al Quale tutti i re della terra sono venuti a rendere adorazione ed i loro omaggi, consacrando a Lui i loro Stati ed ancor più il loro cuore. Quale dono più gradito a Dio, se non il sacrificio di lode? Ma vi sono degli uomini che, benché portino il nome di Cristiani, hanno sentimenti contrari, e mischiano a queste lodi queste arie discordanti. Che Dio faccia dunque ciò che dice il Profeta: « Reprimere le bestie feroci del canneto ». Queste sono delle vere bestie feroci, perché sono pericolose per la loro mancanza di intelligenza, e sono le bestie feroci delle canne perché essi corrompono, con i loro errori, il senso delle scritture. – Ed è ancora per gli stessi uomini che il Profeta aggiunge: « Essi sono come una moltitudine di tori in mezzo alle vacche dei popoli », affinché coloro che sono stati provati dal denaro siano respinti. Dando loro il nome di tori, a causa della loro testa dura ed indomita, il profeta designa gli eretici, le vacche dei popoli sono le anime facilmente seducibili. « Al loro numero appartengono certi tali che entrano nelle case e accalappiano donnicciole cariche di peccati, mosse da passioni di ogni genere, che stanno sempre lì ad imparare, senza riuscire mai a giungere alla conoscenza della verità » (II Tim. III, 6-7).  – Lo stesso Apostolo dice ancora: « Bisogna che si abbiano delle eresie per manifestare coloro che tra voi sono riprovati » – « È necessario infatti che ci siano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi » (I Cor. XI, 19), cosa che si riconduce a ciò che aggiunge il Profeta: « Affinché tutti quelli che sono provati con l’argento siano riprovati »; cioè manifestati, evidenziati (S. Agost.). – « Respingete le bestie feroci, sempre pronte a slanciarsi dalle loro canne ». Quale spettacolo presenta in questo momento il mondo, se non quello di una banda di tori furiosi che non hanno davanti a loro se non timide vacche? È vero, i popoli stessi sono rammolliti, « stravaccati », pertanto il mondo contiene ancora delle intelligenze ferme, dei coraggi robusti; grandi energie sussistono in seno alle società. Ma queste nature forti ed oneste che sono a prova di argento, vengono escluse, respinte; si riducono gli uomini degni di questo nome, si crede di aver guadagnato tutto, tanto i popoli si personificano in volontà fiacche, in spiriti fluttuanti, in anime che non hanno nulla di virile: truppe di vacche che abbiamo visto più di una volta in fuga, quando i tori hanno fatto irruzione (Mgr. Pie, I, 456, Homél, Pentec.).

ff. 31-35. – I reami o i re della terra hanno bisogno che si ricordi loro l’obbligo che hanno di cantare le lodi di Dio. Essi sono talmente inebriati dalla loro grandezza e dallo sfarzo che li circonda, che dimenticano facilmente ciò che essi devono a Dio, per non ricordarsi se non di quello che essi credono che gli uomini debbano loro. – La voce di Dio è così forte e potente, che nulla è capace di resistergli, e che i suoi nemici più dichiarati saranno infine obbligati a rendergli gloria. – I Santi sono la più grande meraviglia di Dio. Il mondo non è che un’ombra della sua grandezza, ma i Santi ne sono un’immagine viva, essi rappresentano in qualche modo, la virtù e la forza invincibile di Dio, perché è per esse che sono divenuti Santi, malgrado tutti gli attacchi del demonio, del mondo, della carne (Dug.). – « Al suo popolo che è ora fragile e debole, Dio donerà la forza e la potenza ». In effetti quaggiù, noi portiamo i nostri tesori in vasi fragili (II Cor. IV, 8); ma allora, per i gloriosi cambiamenti che avranno luogo anche nei corpi, « egli darà la forza e la potenza al suo popolo »; il Cristo gli darà la forza che per primo ha deposto nella sua carne, e che l’Apostolo chiama la forza di resurrezione (Filip., III, 10); questa forza per la quale la morte sarà distrutta. « Benedetto sia il nostro Dio »! (S. Agost.).

SALMI BIBLICI: “DEUS, MISEREATUR NOSTRI, ET BENEDICAT NOS” (LXVI)

SALMO 66: “DEUS, MISEREATUR NOSTRI, et benedicat nos”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS PAR.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR – 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 66

In finem, in hymnis. Psalmus cantici David.

[1] Deus misereatur nostri, et benedicat nobis;

illuminet vultum suum super nos, et misereatur nostri;

[2] ut cognascamus in terra viam tuam, in omnibus gentibus salutare tuum.

[3] Confiteantur tibi populi, Deus, confiteantur tibi populi omnes.

[4] Lætentur et exsultent gentes, quoniam judicas populos in æquitate, et gentes in terra dirigis.

[5] Confiteantur tibi populi, Deus, confiteantur tibi populi omnes.

[6] Terra dedit fructum suum: benedicat nos Deus, Deus noster!

[7] Benedicat nos Deus, et metuant eum omnes fines terræ.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXVI

Desiderio veemente che ha Davide di vedere il Messia e la redenzione del genere umano.

Per la fine: sopra gli inni; salmo o cantico di David.

1. Iddio abbia pietà di noi, e ci benedica; faccia splendere la luce della sua faccia sopra di noi, e abbia di noi pietà.

2. Affinché la tua via conosciamo sopra la terra, e la salute tua (che è) per tutte le genti.

3. A te dian laude, o Dio, i popoli; a te dian laude i popoli tutti.

4. Si rallegrino ed esultino le genti, perché tu governi i popoli nell’equità, e se’ duce delle nazioni sulla terra.

5. Te confessino, o Dio, i popoli; te confessino i popoli tutti:

6. la terra ha dato il suo frutto.

7. Ci benedica Dio, il nostro Dio; Dio ci benedica, e lo temano tutte l’estremità della terra.

Sommario analitico

Questo salmo è l’espressione delle voci che il Salmista riporta sull’avvento del Messia, l’Incarnazione del Figlio di Dio e la liberazione che deve portare a tutti i popoli. (1)

(1) Questa salmo è senza il nome dell’autore. Secondo un certo numero di interpreti esso sarebbe stato composto sotto Ezechia, e possiede caratteristiche analoghe a quelle dei salmi dei figli di Core.

I. – Egli prega Dio:

1° di aver pietà dei peccatori;

2° di benedire coloro che sono già giustificati;

3° di illuminare coloro che sono sulla strada della perfezione (1).

4° Di aver pietà di tutti affinché si conoscano le sue vie e la salvezza che apporta agli uomini (2).

II. – Egli invita gli uomini:

1° a lodare Dio Salvatore con la bocca e con il cuore;

2° a rallegrarsi a causa della sua giustizia verso i Giudei e della sua misericordia riguardo ai Gentili (3, 4);

3° a rendere pubbliche le sue lodi a causa dell’incarnazione e della benedizione che diffonde a tutti gli uomini (5-7).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1, 2.

ff. 2. Gli uomini chiedono a Dio diversi tipi di benedizioni. Uno vuole essere benedetto nel senso di ottenere una casa piena di beni materiali necessari a questa vita; un altro vuole essere benedetto per ottenere una salute corporale che non si alteri mai; questi vuole essere benedetto, se malato, per recuperare la salute; quegli desidera dei figli e, tutto triste per non vederne nascere, vuole essere benedetto per acquistarsi una posterità. E chi potrebbe enumerare le diverse voci che innalzano gli uomini quando desiderano la benedizione di Dio? … ma ben altri sono i doni che Dio accorda anche ai suoi nemici, ed altri ancora quelli che riserva ai suoi amici. Quali sono i doni che Egli accorda ai suoi nemici? Sono questi che sto per enumerare … sebbene i malvagi talvolta ne siano privati, e questi beni facciano difetto più a questi ultimi che ai primi e benché si trovino in più grande abbondanza presso questi che presso quegli altri. Dio ha voluto che questi beni temporali fossero comuni a tutti, perché se ne avesse dato solo ai buoni, i malvagi avrebbero potuto pensare che per averne bisognasse adorare Dio; D’altra parte, se ne avesse dato solo ai malvagi, i buoni, ma deboli, avrebbero avuto timore di convertirsi, per paura di esserne privati (S. Agost.). – Ma se Dio ci benedice ora, in quale maniera ci benedirà poi? Quale benedizione domanda la voce del Salmista, quando dice: « … e che Dio ci benedica »? La benedizione che Dio riserva ai suoi amici, la benedizione che Egli non dà che ai buoni: non desiderate come fosse qualcosa di considerevole quello che i malvagi pure ricevono. Dio dà loro questi beni perché Egli è buono; Egli fa sorgere il suo sole sui buoni e sui malvagi,  e cadere la sua pioggia sui giusti e sugli ingiusti (Matth. V 45).  Cosa riserva dunque di eccellente per i buoni? « Che faccia splendere su di noi la luce del suo volto ». Voi fate splendere sui buoni e sui cattivi la luce di questo sole materiale; ma fate splendere su di noi la luce del vostro volto. I buoni e i cattivi vogliono la luce del sole, così come pure gli animali, ma « … beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio » (Ibid. V, 8). – Fate risplendere – dice il Profeta – la luce del vostro volto su di noi, questo significa: mostrateci il vostro volto. In effetti Dio non rende il suo volto luminoso che in alcune circostanze, come se talvolta esso fosse senza luce; ma il Profeta chiede che lo faccia brillare su di noi, cioè che ciò che era nascosto ci appaia, o che ciò che era nell’ombra per noi, sia rivelato, o in altri termini, ci appaia in piena luce (S. Agost.). – La grande misericordia e la sovrana benedizione di Dio, desiderata con ardore ed attesa con impazienza da tutti i giusti antichi, era la venuta del Messia. – L’Incarnazione è soprattutto un’opera di sovrana misericordia: 1° perché nessuna creatura poteva meritare de “condigno” l’unione ipostatica del Verbo con la natura umana, « … per le viscere della misericordia del nostro Dio, che, levandosi dal cielo, ci ha visitati »; (Luc. I, 78); 2° perché il Verbo si è incarnato per venire in soccorso alla nostra estrema miseria. « Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perso » (Matth. XVIII, 19). La causa della nostra riparazione non è altro che la misericordia di Dio, che noi non potremmo amare se Egli non ci avesse amato per prima e se non avesse dissipato le tenebre della nostra ignoranza con la luce della sua verità (S. Leo.). 

II. — 3, 7.

ff. 3. – Conoscere Dio e Gesù-Cristo, conoscere la sua via e la sua condotta sulla terra, è una grande scienza; ma c’è infine una differenza infinita tra il conoscere semplicemente ciò che ha fatto sulla terra e conoscerlo in maniera salutare (Duguet). – « Per poter conoscere la nostra via sulla terra ». Che vuol dire la « vostra via »? La via che conduce verso di Voi. Riconosciamo dove andiamo, riconosciamo attraverso quale via andiamo, ma noi non possiamo conoscere né l’una né l’altra nelle tenebre. Siete degli uomini in viaggio su questa terra. Voi avete tracciato davanti a noi la via per la quale tornare a Voi. « Fate dunque che noi conosciamo la vostra via su questa terra ». Qual è questa via che desideriamo conoscere? Noi dobbiamo cercarla, ma non sapremo riconoscerla da noi. Apprendiamo quindi a conoscerla dal Vangelo; « Io sono la via », dice il Signore. Il Cristo ha detto: « … Io sono la via ». Temete di sbagliarvi? Egli ha aggiunto: « … Io sono la verità ». Chi può sbagliarsi se è nella verità? Al contrario, si inganna colui che si allontana dalla Verità! « Il Cristo è la verità, il Cristo è la via, camminate! ». Temete pure di morire prima di arrivare? « … Io sono la vita », ha detto Egli ugualmente. « Io sono la via, la verità e la vita » (Giov. XIV, 6). È come se egli dicesse: « … cosa temete? Voi camminate per mezzo mio, camminate verso di me, voi riposate in me ». Cosa vuol dire dunque il Profeta con queste parole: « Fate che noi conosciamo la vostra via sulla terra », se non: « Fate che sulla terra noi conosciamo il vostro Cristo »? Ma lasciamo rispondere il salmo stesso, perché non crediate che si debba cercare in altri passi della Scrittura una testimonianza che qui manca. Il Profeta, riprendendo il suo pensiero sotto un’altra forma, ci mostra ciò che significano queste parole: « fate che noi conosciamo la vostra via sulla terra »; perché egli aggiunge: « Colui mediante il quale date la salvezza a tutte le nazioni ». Domandate su quale terra? Ascoltate: « a tutte le nazioni ». Chiedetevi qual è questa via? Ascoltate. « Colui per mezzo del quale donate la salvezza ». Ma il Cristo non è Colui attraverso il Quale Dio dà la salvezza? (S. Agost.). 

ff. 4, 6. –  Soggetto legittimo delle lodi, delle azioni, delle grazie e della gioia di tutti i popoli, l’ammirazione profonda dei giudizi equi, cioè della perfetta equità del regno che Gesù-Cristo deve stabilire mediante la distruzione dell’impero ingiusto del demonio. –  Il frutto eccellente che la terra ha dato, è Gesù-Cristo stesso che, secondo la sua umanità, è stato un frutto della terra, ma un frutto elevato e glorioso (Isai. IV, 2). – Doppie benedizioni di Dio, le temporali e le spirituali; le benedizioni proprie ai Giudei e le benedizioni particolari dei Cristiani. – Domandiamo soprattutto queste benedizioni spirituali di cui l’Apostolo rendeva grazie a Dio. « Benedetto sia Dio, il Padre del Signore nostro Gesù-Cristo, che ci ha ricolmi in Gesù-Cristo di ogni benedizione spirituale per i beni celesti, come ci ha eletti in Lui prima della creazione del mondo, affinché, mediante la carità, noi fossimo santi e senza macchia alla sua presenza » (Ephes. III, 4).

ff. 7. – Nei numerosi passaggi della santa Scritturaci viene ripetuto tre volte successivamente il nome di Dio, il pronome possessivo è quasi sempre aggiunto al secondo richiamo: « Ci benedica Dio, Dio nostro, ci benedica Dio »: enunciazione implicita del mistero della Trinità, ed anche quello dell’Incarnazione. Si, benché ogni culto, ogni omaggio, ogni adorazione, ogni amore, appartenga ugualmente alle tre divine Persone;  benché Dio sia assolutamente il Dio di tutti gli esseri, ciò nonostante, per noi e per gli altri uomini, Gesù è più particolarmente « il nostro ». Ecco perché tutto ciò che riguarda Dio-Gesù riguarda l’umanità nella sua fibra più sensibile. « O Cristo, Figlio di Maria, Voi siete il nostro Signore ed il nostro Dio. »  –  « Dominus meus est Deus meus. » Gesù per la terra è qualcosa di più che il Dio del cielo; Gesù è Dio venuto nel suo operare, è il Dio con noi, e il Dio dell’umanità, il Dio della nazioni, il Dio del focolare domestico, il Dio della nostra prima Comunione, il Dio del nostro cuore, il nostro Dio.  (Mgr Pie, 3me Inst. Synod., tom. V).

SALMI BIBLICI: “JUBILATE DEO, OMNIS TERRA” (LXV)

SALMO 65: JUBILATE DEO, OMNIS TERRA

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR – 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 65

In finem. Canticum psalmi resurrectionis.

[1]  Jubilate Deo, omnis terra;

[2] psalmum dicite nomini ejus; date gloriam laudi ejus.

[3] Dicite Deo: Quam terribilia sunt opera tua, Domine! in multitudine virtutis tuae mentientur tibi inimici tui.

[4] Omnis terra adoret te, et psallat tibi; psalmum dicat nomini tuo.

[5] Venite, et videte opera Dei; terribilis in consiliis super filios hominum.

[6] Qui convertit mare in aridam, in flumine pertransibunt pede; ibi lætabimur in ipso.

[7] Qui dominatur in virtute sua in æternum, oculi ejus super gentes respiciunt; qui exasperant non exaltentur in semetipsis.

[8] Benedicite, gentes, Deum nostrum, et auditam facite vocem laudis ejus;

[9] qui posuit animam meam ad vitam, et non dedit in commotionem pedes meos.

[10] Quoniam probasti nos, Deus; igne nos examinasti, sicut examinatur argentum.

[11] Induxisti nos in laqueum; posuisti tribulationes in dorso nostro;

[12] imposuisti homines super capita nostra. Transivimus per ignem et aquam, et eduxisti nos in refrigerium.

[13] Introibo in domum tuam in holocaustis; reddam tibi vota mea

[14] quæ distinxerunt labia mea; et locutum est os meum, in tribulatione mea.

[15] Holocausta medullata offeram tibi, cum incenso arietum; offeram tibi boves cum hircis.

[16] Venite, audite, et narrabo, omnes qui timetis Deum, quanta fecit animæ meæ.

[17] Ad ipsum ore meo clamavi; et exaltavi sub lingua mea.

[18] Iniquitatem si aspexi in corde meo, non exaudiet Dominus.

[19] Propterea exaudivit Deus, et attendit voci deprecationis meæ.

[20] Benedictus Deus, qui non amovit orationem meam, et misericordiam suam a me.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXV

Rendimento di grazie per la perfetta felicità (risurrezione) dopo la calamità; ciò che non può essere se non nell’altra vita.

Per la fine: salmo e cantico della ressurrezione.

1. Terra tutta quanta, alza a Dio voci di giubilo; canta salmi al nome di lui, rendi a lui gloriosa laude.

2. Dite a Dio: Quanto son terribili, o Signore, le opere tue! a cagione della tua molta possanza, i tuoi nemici fingeranno con te.

3. La terra tutta adori te, e canti tue lodi; canti laude al nome tuo. (1)

4. Venite, e osservate le opere di Dio; terribile ne’ suoi consigli verso i figliuoli degli uomini.

5. Egli converte il mare in arida terra; passeranno il fiume a piede asciutto ; ivi in lui ci rallegreremo.

6. Egli ha un dominio eterno per sua potenza; gli occhi di lui sono aperti sopra le nazioni; coloro che lo irritano non s’inalberino dentro di loro.

8. Benedite, o nazioni, il nostro Dio, e fate udire le voci, con cui lo lodate.

9. Egli ha serbata l’anima mia alla vita, e non ha permesso che i miei piedi vacillassero.

10. Perché tu, o Dio, hai fatto prova di noi; ne hai fatto saggio col fuoco come si fa dell’argento.

11. Ci hai condotti al laccio; hai aggravato di tribolazioni le nostre spalle;

12. duri uomini hai messo sopra le nostre teste. Siam passati pel fuoco e per l’acqua, ma ci hai quindi condotti in luogo di ristoro.

13. Entrerò nella tua casa per offerire olocausti; scioglierò i voti pronunziati dalle mie labbra:

14. E i quali la mia bocca proferì nel tempo di mia tribolazione.

15. Ti offerirò pingui olocausti col fumo de’ capri; ti offerirò de’ bovi e de’ montoni.

16. Venite, udite tutti voi che temete Dio, e racconterò quanto grandi cose ha fatto Dio per l’anima mia.

17. A lui alzai le grida della mia bocca, e l’ho glorificato colla mia lingua.

18. Se io vedessi nel cuor mio l’iniquità, il Signore non mi esaudirebbe.

19. Ma Dio mi ha esaudito, e ha dato udienza alla voce delle mie suppliche.

20. Benedetto Dio, il quale non ha allontanato da me né la mia orazione, né la sua misericordia.

(1) La grandezza della vostra potenza convincerà di menzogna coloro che avevano osato negarla; o meglio, voltata in altro senso, egualmente verosimile: i vostri nemici, non potendo resistervi, si sottometteranno a Voi, è vero, ma non con sincerità e buona volontà; essi non si sottometteranno che per timore e solo per dissimulazione.

Sommario analitico

Il Profeta, in questo salmo, composto dopo una grande vittoria su Sennacherib, secondo gli uni, o dopo il ritorno dalla cattività, secondo altri, è la figura di Gesù-Cristo nella sua resurrezione, e di tutti gli eletti che rendono grazie a Dio nel giorno della loro resurrezione. Il Salvatore, trionfando dalla morte, e gli eletti, nella sua persona,

I. – Invitano tutte le nazioni a rendere grazie a Dio:

– 1° levandosi a trasporti di gioia, con accompagnamento di strumenti musicali (1);

– 2° cantando le lodi delle opere di Dio (2), a) a causa del timore che la sua potenza incute ai suoi nemici (2); b) a causa degli omaggi che riceve dai suoi amici di tutta la terra (4); – 3° ammirando le opere ed i consigli di Dio ai figli degli uomini (5).

II. – Espongono le ragioni che motivano queste azioni di grazie:

1° I benefici accordati ai Giudei nel passaggio del mar rosso e del Giordano (6);

2° I benefici molto più grandi accordati ai gentili, la loro elezione alla gloria eterna, cosa che deve reprimere l’orgoglio dei Giudei ed eccitare i gentili a lodare Dio (7, 8);

3° I benefici di cui il Signore è stato personalmente l’oggetto, a) la sua resurrezione, b) la costanza e la perseveranza nella sua passione (9);

4° I benefici dei quali Egli ha ricolmati i suoi eletti, dopo averli provati con diverse tribolazioni (10-12).

III. – Davide rende grazie a Dio!

1° Egli dichiara che offrirà a Dio degli olocausti tutti in una volta volontari, e che fa voto di offrire nel giorno della sua tribolazione (13, 14);

2° espone la qualità delle vittime che intende offrire a Dio (15);

3° invita tutti gli uomini ad unirsi a lui per rendere a Dio queste azioni di grazie (16);

4° fa loro conoscere che deve tutti questi doni alle sue preghiere, delle quali descrive le qualità, il fervore, l’umiltà, la purezza e l’innocenza, e conclude tutto con un atto di lode e di azioni di grazie (17-20).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-5.

ff. 1, 2. – Cosa vuol dire « innalzare grida di giubilo »? Che la vostra gioia, se non può manifestarsi in parole, erompa in grida di allegria. In effetti il giubilo non si esprime con discorsi, ma si produce all’esterno con suoni inarticolati che sembrano erompere da un cuore che ha concepito in se stesso e che partorisce in qualche modo la gioia che ha concepito, gioia che le parole non riescono a tradurre (S. Agost.). – Se voi erompete in grida di giubilazione in modo da essere intesi da Dio, cantate anche sul salterio in modo da essere visti ed ascoltati dagli uomini, ma non lo fate per onore del vostro nome. « Guardatevi infatti dal compiere davanti agli uomini le vostre opere di giustizia, perché essi vi vedano » (Matth. VI, 1). Fate attenzione a queste altre parole: « Che le vostre azioni brillino davanti agli uomini affinché essi vedano il bene che voi fate ed essi glorifichino il Padre vostro che è nei cieli ». (Matth. V, 16). Che  vedano le vostre buone azioni per glorificarne Dio e non per glorificarvene voi; perché se voi fate le vostre buone opera per glorificarvene, vi sarà risposto ciò che il Signore ha detto Egli stesso di certi uomini. « In verità, vi dico, essi hanno già ricevuto la loro ricompensa … » (Matth. XI, 2). Fate attenzione al vostro fine, cantate per il vostro fine, vedete per quale fine agite. Agire per glorificarvi, è questo che vi proibisco; agire per glorificare Dio, è questo che io comando. Cantate dunque sul salterio, non a gloria del vostro nome, ma a gloria del nome del vostro Dio … « che nessuna carne, dice l’Apostolo, si glorifichi in presenza di Dio » (1 Cor. II, 29).  Vedete come Egli ci abbia tolto la gloria per darci la gloria; Egli ci ha tolto la nostra gloria per darci la sua; Egli ci ha tolto una gloria vuota, per darci una gloria piena, Egli ci ha tolto una gloria instabile, per darci una gloria solida. Quanto dunque la nostra gloria è più forte e più ferma, perché essa è in Dio! Voi dunque non dovete glorificarvi in voi stessi, la Verità ve lo proibisce; ma ciò che dice l’Apostolo, la Verità ve l’ha prescritta: « Chi si gloria, si glorifichi in Dio » (1 Cor. I, 31). Le vostri lodi Lo glorifichino dunque (S. Agost.). – Quale gioia e quale consolazione per un’anima che ha ricevuto tutto da Dio, rinviargli tutto, e rendergli con le lodi tutta la gloria che Gli è dovuta, senza che se ne riservi niente per se stessa! 

ff. 3, 4. – Le opere di Dio, mirabili e terribili, sono sia nell’ordine della natura, sia nell’ordine della grazia. Perché le opere di Dio sono formidabili e non amabili? In un altro salmo è detto: « Servite il Signore con timore, e gioite con tremore » (Ps. II, 21). Che significano queste parole? L’Apostolo dice egualmente: « Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore » (Filp. II, 12). Perché “con timore e tremore”? Egli ne da la ragione: « Perché è Dio che opera in voi sia il volere che il fare, secondo la sua buona volontà » (Ibid. 13). Se dunque Dio opera in voi, è per grazia di Dio e non per le vostre forze che voi operate il bene. Di conseguenza se gioite, temete ugualmente, per paura che ciò che è stato dato all’umile non sia tolto al superbo (S. Agost.). – « Che tutta le terra vi adori, etc. » .Questo è il desiderio di un’anima che è tutta interamente di Dio; che tutta la terra Lo adori con amore pieno di rispetto, e canti incessantemente dei cantici a gloria del suo Nome. –  Dio è terribile nei suoi consigli, nei suoi decreti sui figli degli uomini. Questa parola ben meditata popolerebbe ancora i deserti, e farebbe di tutti gli uomini dei penitenti, degli uomini di preghiera. Dio è terribile nella scelta degli eletti, terribile nel castigo dei riprovati, terribile nella sua condotta nei riguardi del primo uomo prevaricatore e di tutta la sua razza, terribile nell’attesa del Messia lungo quattromila anni, terribile nella moltitudine dei popoli che non giungono alla luce del Vangelo, terribile negli scandali di cui permette che il mondo sia pieno, terribile nei colpi con cui batte i suoi amici per provarli, terribile nella prosperità che Egli accorda ai malvagi, terribile nelle vie di oscurità attraverso le quali conduce a coloro che Lo cercano. O Dio infinitamente terribile! Tutte le facoltà della mia anima sono nel timore, quando io penso ai vostri decreti sui figli degli uomini. Io adoro questi consigli divini, non ho alcuna intenzione di volerli sondare; io voglio camminare nella fede come i Patriarchi e come tutti i vostri Santi; che il terrore del quale sono pieno non mi impedisca la fiducia. Io rimetto tutta la mia sorte nelle vostre mani. Io mi avvicino a Voi, non per esaminare ma per benedire tutte le vostre opere (Berthier). 

ff. 5, 6. – « Egli ha mutato il mare in una terra secca ». Questo mare era il mondo, dai flutti salati ed amari, squassato dalle tempeste e scatenante il suo furore con il sollevarsi delle persecuzioni. Il mondo era veramente un mare, ma questa mare è stato convertito in terra secca (S. Agost.). – « Venite e vedete le opere di Dio ». Il Signore ha moltiplicato le sue opere mirabili. Vi si vede spesso ammirare un istrione; quest’uomo, a forza di lavoro, ha imparato a camminare su una corda, e sospeso al di sopra di voi vi tiene “in suspens”. Osservate d’altra parte Colui che vi dà tutt’altro spettacolo: il vostro istrione ha imparato a camminare sulla corda; e chi ha imparato a camminare sul mare? – Dimenticate il vostro teatro e guardate Pietro, vostro Apostolo (Matth. XIV, 29); non si tratta di un funambolo ma, se si può creare questa parola, un “mariambolo”. Camminate dunque così, non su queste acque sulle quali Pietro, camminando, figurava altra cosa, ma su altre acque, perché questo mondo è un mare. Esso ne possiede la funesta amarezza, ha flutti di tribolazione, tempeste delle tentazioni, ecco dove bisogna camminare, ecco le acque che bisogna calpestare (S. Agost., Ps XXXIX). – « Essi attraverseranno il fiume a piedi » Qual è questo fiume? Questo fiume è tutto ciò che muore in questo mondo. Vedete questo fiume: le cose vengono e passano, altre succedono loro per passare egualmente. Non è così per le acque di un fiume che esce dalla terra e che corre? Bisogna che ogni essere che è nato ceda il posto ad un altro essere che nascerà, e tutto questo ordine di cose fuggitive è come un fiume. Che l’anima non si getti per lussuria in questo fiume, che non vi si getti, e ne resti sulla riva. E come passerà attraverso le ingannevoli delizie delle cose deperibili? Che creda in Cristo e passerà a piedi, che passi sotto la guida del Cristo, e passerà a piedi. Cosa vuol dire passare a piedi? Passare facilmente. Essa non cerca un cavallo per passare, non sale sull’orgoglio per oltrepassare il fiume; essa passa umilmente e passa più sicuramente (S. Agost.). – « Allora noi gioiremo in Lui ». Quando ci rallegreremo in Lui? Quando avremo oltrepassato il fiume a piedi. Noi abbiamo la promessa della vita eterna, abbiamo la promessa della resurrezione; allora la nostra cerne non sarà più un fiume. Finché duri la nostra mortalità, vedete se per noi sia un’età durevole. I bambini desiderano crescere senza dubitare che il tempo della loro vita è diminuito negli anni che si succedono. In effetti man mano che si fanno grandi, non sono aggiunti anni alla loro vita, ma sottratti alla loro vita, come l’acqua di un fiume si avvicina indubbiamente man mano che scorre ma allontanandosi dalla sua sorgente. I bambini vogliono crescere per sfuggire al dominio di coloro che sono più grandi di loro; ecco dunque che essi crescono ben presto, ed arrivano alla giovinezza. Ma dopo essere usciti dall’infanzia, essi trattengono, se possono, la loro giovinezza; ma questa passa a sua volta. Poi giunge la vecchiaia: ma nemmeno questa dura sempre! Non la morte la elimina. Ogni carne che nasce in questo mondo è dunque un fiume. Questo fiume di mortalità, passando il quale dobbiamo temere di essere travolti e trasportati dalla cupidigia delle cose mortali, lo attraversa facilmente colui che lo attraversa umilmente, cioè a piedi, sotto la guida di Colui che lo ha traversato per primo e che a sua volta, ha bevuto, fino a morirne l’acqua del torrente, ciò che fa che abbia alzato la sua testa gloriosa. (Ps. CIX, 7). E noi, conseguentemente, avendo traversato questo fiume a piedi, avendo cioè traversato facilmente questa mortalità che corre come l’acqua, « allora noi ci rallegreremo in Lui ». Ma oggi, in chi noi gioiremo, se non in Lui, se non nella speranza di possederlo?. Se in effetti, noi ci rallegriamo al presente, noi gioiamo nella speranza, « … noi gioieremo in Lui”. (S. Agost.).

II. — 6 – 12.

ff. 7. – I principi della terra, il cui regno è limitato dalla durata così breve dei loro anni, hanno poco da temere, poiché la loro potenza non va al di la della loro vita, ma « Colui che ha per se stesso un impero sovrano ed eterno », Colui che regna più in alto dei cieli e dal Quale provengono tutti gli imperi, a Cui solo appartengono la gloria, la maestà, l’indipendenza e che può estendere i suoi castighi fino all’eternità è sovranamente formidabile. – « I suoi occhi sono attenti ad osservare le nazioni », nuovo soggetto di timore e di utilissimo timore; se noi rimiriamo spesso Dio come Egli ci rimira, se noi siamo attenti alla sua divina presenza come Egli è attento a guardare i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre opere, ed Egli ne giudica, non secondo le tenebre della nostra ignoranza, ma secondo la luce della sua saggezza (Duguet).

ff. 8, 9. – Umile ed eterna riconoscenza del vero popolo di Dio, che è il corpo degli eletti, per questa grazia che è al di sopra di tutte le grazie, che Gli è piaciuto di sceglierli, e di predestinarli alla vita, di non aver permesso che i loro piedi fossero scossi, e di averli rafforzati in mezzo a tante insidie e pericoli, per farli perseverare fino alla fine.  (Dug.).

ff. 10-12. – Tutti noi, chiunque siamo, che desideriamo rientrare nel paradiso delle delizie, bisogna che siamo provati dal fuoco, perché non è senza ragione che è scritto che, dopo che Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso, Dio pose all’entrata un cherubino con la spada di fuoco sempre in azione (Gen. III, 24). Si, checché noi siamo, bisogna che noi possiamo dire: « Noi siamo passati per il fuoco e attraverso le acque, e Voi ci avete condotto in un luogo di frescura ». Ora colui la cui anima è circondata dal fuoco della carità non ha paura affatto di questa spada di fuoco. A Pietro stesso che per tante volte si è offerto alla morte per Gesù-Cristo, Egli dirà: « venite qui e mettetevi a tavola ». Ma questo Apostolo potrà dire: « Egli ci ha depurato con il fuoco, come si purifica l’argento ». Perché come il fuoco potrebbe escludere colui in cui le acque abbondanti non hanno potuto spegnere la carità? Ma Pietro sarà purificato come l’argento; ma per me, io sarò purificato come il piombo; finché il piombo sia consumato, io sarò preda delle fiamme. Se Dio non trova in me nessuna particella di argento, me maledetto! Io sarò precipitato nell’inferno, dove brucerò interamente come la paglia leggera. Se Egli trova in me qualche particella d’oro o d’argento, non grazie alla mie opere, ma alla misericordia ed alla grazia di Gesù-Cristo che mi è stata data con il ministero dei sacerdoti, io potrei forse dire: “Nessuno di coloro che sperano in Voi sarà confuso” (Ps. XXIV), (S. Ambrog., Serm. XX in Ps, CXVIII). – Se il nostro cuore non ci condanna, noi possiamo avvicinarci a Dio con fiducia. Tutto ciò che noi comandiamo, lo riceviamo da Lui, perché noi osserviamo i suoi comandamenti, e facciamo ciò che è a Lui gradito (1 Giov. III, 21). – « Voi ci avete fatto passare al fuoco come si fa passare l’argento ». Vedete come Dio è severo contro coloro che hanno riposto l’anima nella vita. « Voi ci avete fatto cadere in una trappola », non per esservi presi e morire, ma per essere liberati dopo esservi stato provati. « Voi avete caricato le nostre spalle con pesanti afflizioni ». In effetti noi ci siamo elevati in una cattiva direzione con il nostro orgoglio, e dopo esserci così elevati, siamo stati curvati affinché dopo questa depressione possiamo elevarci in una buona direzione.  « Voi avete caricato le nostre spalle sotto i pesi degli uomini ». La Chiesa ha sofferto tutti questi mali nelle persecuzioni di ogni genere che l’ha indurita: essa ha sofferto in ciascuno dei suoi membri, li soffre ancora adesso; perché non c’è nessuno che possa, in queste vita, dirsi esente da queste prove.  Ci sono dunque degli uomini che sono come opposti e pesano sulle nostre teste; noi dobbiamo sopportare coloro che non vorremmo vedere presso di noi; noi dobbiamo  soffrire  come superiori degli uomini che sappiamo essere peggiori di noi. Ora se un uomo è esente da colpe, per questo è superiore agli altri; ma al contrario, più è carico di colpe, più è inferiore agli altri. È bene considerare quanto noi siamo peccatori e sopportare, per questo motivo, coloro che fanno curvare la nostra testa, affinché noi possiamo confessare davanti a Dio di aver meritato tutte le nostre pene; infatti, perché soffrire con ribellione ciò che è l’opera di Dio, la giustizia stessa? (S. Agost.). – Tutte queste cose entrano nell’ordine della predestinazione: bisogna essere simile a Gesù-Cristo per partecipare alla sua Gloria. Ciò che è certo è che gli amanti del mondo non sono essi stessi esenti da traversie; essi stessi lo confessano, e ciò nondimeno  il mondo li incanta (Berthier). – Cosa stupefacente, il mondo è nella confusione e non si lascia di amarlo; cosa sarebbe stato se esso fosse stato tranquillo? Voi vi attaccate al mondo, così com’è deforme; cosa sarebbe se non avesse che attrazioni? Voi avvicinate le vostre mani alle spine del mondo, cosa sarebbe se non avreste che a raccoglier dei fiori? (S. Agost.). – Voi avete posto degli uomini alla nostra testa, degli uomini con tutte le debolezze, tutta l’incapacità, tutti i vizi degli uomini; « degli uomini alla nostra testa », degli uomini che, in nome della libertà, vogliono umiliarci sotto il giogo della più ignominiosa servitù. Degli uomini alla nostra testa, per punirci di aver rifiutato di curvarci sotto l’autorità sì legittima e sì dolce di Dio. – Il fuoco e l’acqua sono egualmente pericolosi in questa vita. Il fuoco designa tutte le angosce, tutte le avversità di questo mondo; l’acqua significa l’abbondanza e la prosperità del secolo, che defluisce come l’acqua. Ma il fuoco brucia, l’acqua si dissolve e si corrompe facilmente. Noi ugualmente dobbiamo temere quaggiù il fuoco della tribolazione e l’acqua che tende a corromperci. Restiamo fermi alla presenza del fuoco. Quando l’argilla della nostra vita avrà subìto la cottura della fiamma, essa non temerà più di essere disciolta dall’acqua. Se abbiamo potuto resistere al fuoco, e se non ci siamo lasciati sommergere dall’acqua, allora avremo traversato in pace il fuoco e l’acqua. Il Signore ci farà giungere nel luogo di refrigerio, al soggiorno degli eletti (S. Agost.).  

III.— 13-20.

ff. 13-15. – Sacrifici di azioni di grazie sono dovuti a Dio, e noi dobbiamo offrirglieli incessantemente con una continua riconoscenza di cuore. – È da considerare come un oltraggio fatto a Dio l’offrirgli ciò che nel gregge ha poco valore, per riservarsi il meglio. – Non occorre fare necessariamente dei voti, ma si deve rendere esattamente quel che si è promesso. Non bisogna farlo temerariamente nell’afflizione o in una violenta tentazione, perché allora si promette tutto e poi non si fa nulla (Duguet). – « Sorella cara, dice San Bernardo ad un’anima che aveva promesso di consacrarsi a Dio », dite a Dio con il Profeta: « entrerò nella vostra casa », cioè in questo ritiro benedetto; io vi entrerò con gli olocausti, cioè con questo ritiro benedetto; vi entrerò con degli olocausti, cioè con spirito di contrizione e di compunzione; io « realizzerò i voti che ho fatto, cioè mi offrirò tutto intero, secondo il voto fatto. È di tutta necessità che colui che voglia essere salvato e giungere alle gioie eterne, esaudisca con pia esattezza i voti che ha fatto a Dio » (S. Bern. De modo bene viv.). – « I voti che la mia bocca ha pronunziato nei giorni della tribolazione ». Quante tribolazioni hanno in sé spesso la dolcezza quando è necessaria! Cosa ha detto la sua bocca nella sua tribolazione: « Io vi offrirò il midollo in olocausto ». Che significa questo midollo? Che il mio amore per Voi sia tutto interiore; allora il sentimento che mi fa amare Voi, non sarà superficiale, penetrerà fino al midollo delle mie ossa. In effetti non c’è nulla in noi di più interiore del midollo delle nostre ossa; le ossa sono più interne della carne ed il midollo più interno ancora alle ossa. Chiunque adori Dio superficialmente cerca dunque piuttosto di piacere agli uomini, e siccome i suoi sentimenti interiori sono differenti, non offre il midollo in olocausto. Dio riceve, al contrario, interamente colui di cui riceve il midollo. (S. Agost.).

ff. 16-20. – « È bene tener nascosto il segreto del re, ma è cosa onorevole scoprire e rendere pubbliche le opere di Dio » (Tobia, XII, 7), affinché sia glorificato da tutti gli uomini, Colui a cui appartiene ogni gloria e tutto l’impero. – Ecco ciò che deve dire e fare un’anima che prova gli effetti meravigliosi della grazia di Gesù-Cristo: « Voi che temete Dio, o piuttosto la sua legge, e siete stati istruiti nel temerlo, venite, ascoltate, ed io vi racconterò ciò che può fare la misericordia del Signore e ciò che essa ha fatto. Non ci vorrà altra prova che il mio esempio, ed io vi dirò cosa questa infinita misericordia abbia fatto per me. Io mi trovavo nelle stesse promesse vostre, negli stessi errori vostri, negli stessi vostri eccessi; ma la grazia del mio Dio ha infranto i legami che mi tenevano, ha dissipato le nubi che mi avvolgevano, ha spento le passioni che mi trasportavano. Io ritenevo come voi una follia tutto ciò che mi si diceva delle verità eterne; ma la grazia del mio Dio mi ha disingannato, e mi ha convinto circa la mia follia. Io credevo come voi che questo cambiamento fosse impossibile, che mai avrei potuto risolvermi ad uscire dalle mie abitudini criminali, che mai avrei potuto sostenere una vita più ritirata e più regolata; ma, per grazia del mio Dio, tutte le difficoltà si sono appianate, io ho trionfato sulla natura e le abitudini, mi sono staccato dal mondo e dai suoi incanti; in luogo della confusione e della noia che temevo, ho trovato la calma e la gioia ». (BOURDAL., Sur la grâce.). –  Che significa: « La mia bocca ha gridato verso di Lui e l’ho glorificato sotto le parole della mia lingua? » Io l’ho pregato pubblicamente; io l’ho glorificato nel segreto della mia anima. È poco glorificare Dio con le parole della propria lingua, occorre ancora glorificarlo sotto le parole della sua lingua, cioè pensare nel segreto dell’anima ciò che si afferma in pubblico (S. Agost.). – « Se io guardo l’iniquità nel fondo del mio cuore ». Considerate ora con quale facilità tutti i giorni, degli uomini che devono arrossire per se stessi, accusano di iniquità altri uomini. Egli ha fatto il male – dicono – ha tenuto una condotta perversa; è uno scellerato. Forse non parlano così che a causa degli uomini. Vedete se nel vostro cuore non gettate uno sguardo di compiacenza sull’iniquità, per paura che ciò che voi rimproverate ad un altro, voi non meditiate di farlo, e voi non gridiate contro di lui, non perché ha fatto il male, ma perché il male che egli ha fatto è scoperto. Rientrate in voi stessi; siate voi stesso il vostro giudice interiore. Che l’iniquità vi ricacci nella vostra dimora nascosta, nella cella più intima del vostro cuore, là dove siete da solo con Colui che vede nel segreto, affinché possiate piacere a Dio. Trattenetevi dal gettare sull’iniquità uno sguardo di compiacenza, cioè badate di non amarla; ma piuttosto gettate su di essa uno sguardo di disdegno, cioè disprezzatela ed allontanatevi da essa. Tutto ciò che essa promette di piacevole per attirarvi al peccato, tutto ciò che è oggetto di tristezza, di minaccia, per spingervi a fare del male, tutto questo non è niente, tutto ciò passa, tutto ciò merita di essere disdegnato alfine di essere calpestato e non attirare gli sguardi, alfine di essere desiderato. Ma non è abbastanza preservare i propri occhi dall’iniquità, è poco preservare la propria lingua, badate soprattutto a non gettare su di essa uno sguardo nel vostro cuore; cioè astenetevi dall’amarla, dal consentirvi. Tale è in effetti il significato che noi diamo ogni giorno alla parola sguardo, che noi prendiamo nel senso di amore  (S. Agost.).