LA PREGHIERA DI PETIZIONE (6)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (6)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (6)

OSSIA IL MEZZO Più INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

8. – La candida veste dei figli di Dio.

Non indugiamoci. Questa veste candida di cui intendo parlare qui è la grazia santificante. Essa non è una cosa passeggera e transitoria come la grazia attuale, ma bensì una qualità ed un influsso permanente e stabile della bontà di Dio nelle anime nostre, le quali, per tal celeste influsso divengono pure, giuste, a Dio gradite ed a Lui somiglianti. In virtù di questa grazia diveniamo per giunta figli adottivi di Dio e meritevoli della vita eterna. Ed essa permane in noi abitualmente (e per questo si chiama anche grazia abituale), senza che più di tanto neppur l’avvertiamo, finché non la scacciamo col peccato mortale, cioè con una grave deliberata trasgressione alla legge di Dio. – Queste poche nozioni dovrebbero essere sufficienti a farci comprendere come « questa grazia sia il più grande tesoro che possa arricchire le anime nostre… è il più gran dono che Dio possa farci… E’ la comunicazione della divina natura fatta all’uomo » (Frassinetti). Infatti in grazia di essa noi siamo « fatti consorti della divina natura » (I Pietr. 1, 4), cioè della bellezza e santità stessa di Dio; e noi veniamo così elevati al di sopra di noi e, in certa maniera, divinizzati. Gesù infatti disse: « Io sono la vite, e voi i tralci… Come il tralcio non può portar frutto da se stesso se non rimane intimamente unito alla vite; così neppure voi, se non rimarrete in me… ed io in voi… Chi rimane in me ed io in lui, porterà frutti abbondanti> (Giov. XV). La grazia santificante è insomma la vita stessa di Dio — la vita di Gesù Cristo — trasfusa in noi; per cui ogni uomo che ne è dotato, ben può dire con S. Paolo: « Sì, io vivo; ma non già io, poichè in me vive Cristo » col suo Spirito. « Per me il vivere è Cristo » (Gal. II, 20; Filip. I, 21). Quindi se l’uomo, nella sua condizione naturale, è il binomio « anima e corpo », il vero Cristiano invece è il trinomio « corpo, anima e grazia di Dio », o — come si può pur dire — corpo, anima e Spirito Santo. Non dimentichiamo poi che la grazia santificante ci rende talmente graditi a Dio da farci senz’altro divenire suoi figli adottivi e quindi meritevoli della sua stessa gloria. Ascoltiamo infatti Gesù. Anzitutto spessissimo egli insinua ai suoi discepoli questo grande mistero d’amore; poiché, quando parla del suo celeste Padre, anziché dire « il Padre mio », dice invece quasi sempre « il Padre vostro che è nei cieli… il vostro celeste Padre ». Poi nella preghiera da Lui stesso insegnataci, ce lo fa invocare senz’altro colle parole « Padre nostro che sei nei cieli > facendoci chiaramente capire ch’Egli vuole che il Padre suo sia insieme suo e nostro. E non ebbe Egli pure a dir ai suoi: « Non date ad alcuno.su questa terra il nome di padre, poichè uno solo è il Padre vostro: quello che sta nei cieli»? (Matt. 23, 9). E non volle Egli confermare questa sua amabilissima volontà anche alla Maddalena il giorno stesso della sua risurrezione, dicendole: « Va dai miei fratelli e di’ loro: Io ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro »? (Giov. 20, 17), e ciò, dopo avere, già tre sere innanzi, detto loro: « Nella casa del Padre mio ci sono molti posti… Vado a prepararne uno anche per voi »? (Giov. 14, 2). Davvero Gesù non poteva essere più esplicito di così; e quindi ben poteva anche l’Apostolo dell’amore esclamare tutto estatico: « Guardate di quale amore ci ha amato il Padre, concedendoci di poterci chiamare e di essere davvero figli di Dio » (Giov. 3, 1). E siamo così anche fratelli di Gesù! – Ah! bisogna ben dire che la grazia santificante ci eleva a tal dignità, altezza e nobiltà da farci partecipare dell’infinito! Oh! quanto grandi ci vuole il Signore, se lo vogliamo noi pure! Ma vediamo le cose un po’ più in concreto, cioè in un bambino prima e dopo il battesimo ed in un Cristiano adulto gravato di peccati mortali, prima e dopo la confessione. Il bambino che prima del battesimo (essendo discendente di progenitori colpevoli) è, di fronte a Dio, « figlio d’ira » (Efes. II, 3), e che — se morisse in quello stato — sarebbe senz’altro escluso dall’eterna beatitudine; invece dopo il battesimo è illuminato di luce divina, arricchito di doni celesti, ammantato di splendori, angelici, già figlio adottivo di Dio, e — se morisse in tal condizione — andrebbe immediatamente nel regno della gloria celeste. – E quel Cristiano che è in peccato mortale?Ahi, misero! Per causa di esso egli è aperto nemico di Dio, orrendamente devastato nell’anima, privato di tutti i meriti acquistati in passato colle sue opere buone mentre era in grazia di Dio, schiavo del demonio, reo di grave colpa davanti al Signore e meritevole di eterne atrocissime pene; e, se morisse in tale stato, andrebbe immediatamente nell’inferno. Anzi la sentenza è già firmata; e guai a lui se un’improvvisa morte gli porta anche l’ordine dell’esecuzione!… Ma se quel povero peccatore, per l’infinita misericordia di Dio, riesce a concepire un sincero dolore soprannaturale delle sue colpe o meglio ancora — a farlo seguire da una buona Confessione sacramentale, ecco ch’egli in un attimo riacquista l’amicizia e la figliolanza di Dio, ha di nuovo l’anima riparata e riabbellita, rientra in possesso di tutti i suoi meriti che aveva acquistati prima della colpa; e, se fosse colpito dalla morte in tal buona condizione, la sua sorte sarebbe felicissima fra i divini comprensori nel bel Paradiso. – Ecco quali sono gli stupendi e meravigliosi effetti della grazia santificante nelle anime nostre! – Ma nel confronto abbiamo purtroppo dovuto rilevare quanto gran male sia per l’uomo la mancanza di questa grazia, specialmente se essa è accompagnata — come avviene ordinariamente negli adulti — dal peccato mortale, da numerosi peccati mortali. Oh, quanto orrenda, spaventosa e piena di grave pericolo non è mai la condizione del peccatore! (Vedi in appendice trattato in modo particolare l’argomento.). I Santi, al solo intravvederla in altri, inorridivano, tremavano e si scioglievano in amare lacrime; mentre invece i miseri peccatori, che son parte in causa, spesso non se ne danno pensiero e anzi ridono, scherzano e si divertono! Può mai darsi cecità maggiore di questa? Ed è appunto questa loro cecità, conseguenza del peccato e specialmente dell’abitudine nel peccato, che li porta all’eterno precipizio quasi senza ch’essi se ne avvedano. Ah! « mettono ogni loro studio nel passare felicemente quaggiù i loro giorni; e poi in un lampo si trovano nell’inferno! » (Giob. 21, 13). Eh, già! la loro sorte, se non si ravvedono a tempo, non può essere che questa. Disse infatti Gesù: « Chi non rimane unito a me (come il tralcio alla vite), è gettato via core un tralcio staccato, che poi inaridisce; e in seguito vien raccolto e gettato ad ardere nel fuoco » (Giov. 15, 6)..Dunque, conclude S. Agostino, a noi non rimane che quest’unica affermativa: « O rimanere uniti alla vite, che è Cristo, per mezzo della grazia santificante, oppure rassegnarci al fuoco eterno dell’inferno: « aut vitis, aut ignis ». Quale alternativa tremenda! Ora è mai possibile che, di fronte ad essa, noi restiamo indifferenti? Ecco dunque che cosa è l’uomo che vive in grazia di Dio, ed ecco pure ciò che è l’uomo senza la divina grazia e per giunta carico di colpe personali! E noi continueremo a vivere per mesi e fors’anche per lunghi anni senza sforzarci di uscire da quest’orrenda condizione, da questo tenebroso sotterraneo pieno di sozze bestiacce e di schifosi rettili? O se, per fortuna, ci trovassimo in grazia di Dio, che cosa non dovremmo fare per non decadere da sì felice ed onorevole condizione? Anzi che non dovremmo noi fare per accrescerla ancora maggiormente onde renderci sempre più belli e graditi davanti al grande e nobilissimo Signore nostro, il quale si è degnato di ammetterci — senza alcun nostro merito — alla sua figliolanza e di prometterci la sua stessa felicità eterna, se gli rimarremo fedeli? Ah! qui bisogna venire assolutamente ad una pronta ed energica risoluzione; poiché se già il « non vivere da santo, è viver da folle » (Guido Negri), qual cosa orrenda e mostruosa non sarà mai quella di perseverare ostinatamente nell’aperta inimicizia con Dio? – Che cosa dunque decidiamo? (Da quanto ho scritto si deve capire che chi vive in peccato mortale, non vive né può vivere una vita veramente cristiana. Crederà da Cristiano e si diporterà in via ordinaria da Cristiano; ma spiritualmente egli è morto; e guai a lui se la morte lo sorprende in tal disgraziata condizione! Per lui non c’è altro che l’inferno! Su questo argomento desidererei che fosse letto da tutti il bel volume « Vivere in Cristo » edito a cura del Cons. Dioc. Unioni di A. C. di Treviso e Milano. Esso aprirebbe certamente gli occhi a più d’uno.)..« O Madre della divina grazia, prega per noi! » (Litanie lauretane).

9. — Inviti, attrazioni e spinte al bene.

A questo punto chi fa la carità di seguirmi è pregato a mettere la massima attenzione; poiché ciò che sto per dire ha immensa importanza per quanto esporrò specialmente nel successivo capitolo. Per l’infinita bontà e misericordia di Dio, il quale sinceramente desidera, anzi vuole che tutti gli uomini si salvino, le grazie attuali vengono da Lui concesse e distribuite in misura generosa e sovrabbondante a tutti gli uomini: tanto a coloro che si trovano in grazia santificante, come anche a coloro che vivono in peccato mortale; tanto ai Cristiani, come agli eretici, come perfino ai pagani. Sì, anche i peccatori sono inseguiti e, dirò, perseguitati assai spesso dalle grazie attuali. Infatti, quantunque tanti, per il loro orgoglio, non vogliano riconoscere che Dio li invita, e talvolta anche fortemente — soprattutto quando si trovano lungi dal chiasso e frastuono del gran mondo, in occasione di predicazioni straordinarie, o colpiti da qualche sventura — a mutar vita, a finirla coi disordini, ad abbandonare le’ occasioni cattive, a ritornare all’amoroso amplesso del buon Padre celeste; tuttavia l’esperienza insegna inequivocabilmente che tutti i peccatori convertiti, riandando il loro passato, intravvidero le file misericordiose attraverso le quali il Signore li guidò continuamente fino a farli sfociare dal fitto e scuro labirinto in cui brancicavano, alla luce della grazia ed alla santa libertà di figli di Dio. Non a caso perciò un eminente Accademico d’Italia, ritornando a Dio, poté dire: « Chi neppure una volta ha sentito il desiderio di essere santo, non è un uomo, ma una bestia. Penso che ci siano per tutti certi momenti in cui il cuore desideri di essere più puro, più buono, più leale, più giusto. Ebbene questi sono i momenti della grazia che ci attira più vicino a Dio, che è la stessa purezza, bontà, lealtà, giustizia ». – E non molto più oltre riferirò anche la testimonianza d’un grande finanziere americano, che pure confessa la stessa cosa sotto un altro aspetto. Qui porto due casi, ambedue storici al cento per cento. – A Parigi un protestante s’accorge d’aver dietro di sé sulla via un Sacerdote che porta il Viatico ad un infermo. Egli scantona, il prete lo segue. Indispettito, il protestante volta per un altro vicolo, ed il prete gli è alle calcagna. Allora il protestante infila la porta d’una gran casa e ne ascende le scale fino all’ultimo piano, dicendo tra sè: Qui non verrà certo! Invece il Sacerdote deve portare il Viatico proprio a quel piano e deve entrare proprio per la porta presso la quale il protestante s’era rannicchiato! La conclusione fu che il protestante si arrese, dicendo dentro di sè a Gesù Eucaristico: Voi mi siete corso dietro fin qui: adesso tocca a me ad andare dietro a Voi! Ed immediatamente si convertì. – Un giovane, seccato per le festose capriole che gli fa il cane di famiglia rientrando una sera in casa, gli dà un calcio che lo fa ruzzolare lontano. La povera bestiola, dati un paio di guaiti, s’alza e, tutta confusa, tremante, a capo basso, colla coda tra le gambe, a passo lento e incerto e con un occhio che pare chieda pietà, muove verso il padroncino quasi supplicandolo che lo riammetta alla sua amicizia e al suo amore. Il giovane a tale scena si commuove quasi fino alle lagrime e sente vivo dispiacere per aver dato quel calcio brutale al suo cagnolino. Fin qui tutto è naturale. Ma ecco che due pensieri improvvisi lo sorprendono. Il primo: « Io per aver dato un calcio a un cane, provo immenso dispiacere; mentre invece neppur mi scompongo pei calci orribili che dò al Signore coi miei peccati ». L’altro: « Il cane, quantunque da me maltrattato, mi torna vicino. Ma non fa forse lo stesso anche il mio buon Dio, il quale, benché da me ripetutamente offeso, m’offre tuttavia il suo perdono per potermi ridare l’abbraccio del suo amore? ». Che pensieri! Ma che cosa erano essi se non due grazie attuali, una più preziosa dell’altra? E notisi che qui abbiamo un cane — dico un cane — veicolo della divina grazia! Ma i veicoli della grazia variano all’infinito. – Tali sono quelle improvvise ispirazioni, quelle soavi emozioni, quei saggi consigli, quei teneri rimproveri, quelle salutari correzioni, quelle buone letture, quei fatti impressionanti, quegli amabili incoraggiamenti, quelle misericordiose Consolazioni, quelle provvidenziali sventure, quei singolari avvenimenti, che fanno maggiore impressione e dei quali è intessuta la vita d’ognuno, di quanti ci stanno d’attorno ed anche di persone lontane. Tutte le cose e tutti gli avvenimenti di questo mondo possono servire da veicoli alla grazia attuale. Cosa strana! Talvolta può perfino succedere che una banale notizia, letta su un giornale, ci faccia più salutare impressione di una splendida massima letta su un libro di devozione! Ma che è questo? E’ la grazia di quel Dio che « si trastulla nell’orbe della terra » sotto i nostri occhi! (Prov. 8, 31). Ah sì! quante grazie cl vengono offerte ogni giorno, ogni ora! E noi? Ah! noi, ciechi, bene spesso non ce ne avvediamo neppure! Grandi ed insondabili miniere di grazie sono poi quelle che si dicono « disgrazie ». Eh! sono pochi coloro che non si arrendono a Dio in seguito a forti, ripetuti e ben dosati colpi di sventura. Lo confessa lo stesso Salmista, quando dice: « Mi colpì la tribolazione e il dolore, ed io invocai il nome del Signore)> (Salmo 114, 3). – E disgrazie, oh, quante ne piombano specialmente sui peccatori! Dunque questi non possono dire di non avere, essi pure al pari dei giusti, e forse anche in maggior copia — perché più bisognosi — abbondantissime grazie da parte di Dio. Il guaio invece è che non le vedono o — meglio — non le vogliono vedere, non le vogliono riconoscere per tali, soprattutto non le vogliono assecondare. Ed è proprio questa — come vedremo — la loro colpa più grave e la loro maggior sventura. Ma ecco che s’impone qui una questione oltre ogni dire interessante, anche per il lato pratico. Come dobbiamo diportarci di fronte a questi lumi, queste mozioni e questi eccitamenti divini, che sono le grazie attuali? E’ presto detto. – Chi è già in grazia di Dio deve assecondarle e corrispondervi; e deve pur corrispondervi ed assecondarle chi è in peccato mortale. Il Signore non ci comunica i suoi doni, né perché li disprezziamo, né perché li trascuriamo, né perché ci trastulliamo con essi. Ci vorrebbe altro! Dunque chi è in grazia di Dio deve assecondare le grazie attuali per potersi preservare dal peccato, per poter progredire nella virtù e per poter così aumentare in sé la grazia santificante, che già possiede, ed i meriti per il Paradiso. Poiché, se non corrisponde a queste grazie attuali, egli — per quanto attualmente sia giusto davanti a Dio — a poco a poco decadrà dalla sua giustizia e rettitudine, fino a precipitare nel peccato mortale e perdere così tutto il suo tesoro spirituale. Cosa questa purtroppo frequentissima, di cui comprese assai bene la gravità S. Agostino quando disse: « Temo Gesù che passa! » Oh, guai a chi non ascolta Gesù quando Egli passa colla sua grazia invitandoci al bene! Potrebbe darsi che non ripassi più e che ci abbandoni alla nostra colpevole miseria. – Ma tanto più deve sforzarsi di corrispondere alle grazie attuali il peccatore; poiché soltanto corrispondendo egli docilmente agli inviti ed alle pressioni che Dio gli fa colle grazie attuali, potrà per divina misericordia, raggiungere quella grazia santificante senza la quale non v’è neppure un minimo di vera vita cristiana. – E’ dunque la grazia attuale, e soltanto la grazia attuale, quel mezzo preziosissimo di cui Dio si serve come di ago per introdurre (pel tramite dei Sacramenti del Battesimo o della Penitenza, e talvolta anche del perfetto dolore od amor di Dio congiunti col voto di uno o dell’altro dei suddetti Sacramenti) la grazia santificante nelle anime dei peccatori. Ed è pure la grazia attuale quella magica operaia che (per mezzo delle buone opere e soprattutto dei Sacramenti dei vivi) ricamerà e rinforzerà sempre meglio la veste della grazia santificante nelle anime dei giusti (soprattutto la Comunione). Infatti, per chi è in grazia di Dio, le grazie attuali non son altro che tocchi, attrattive, lumi e spinte a servirsi di tutti i mezzi che la religione suggerisce per rendersi sempre più virtuosi e più graditi a Dio; e per il peccatore le stesse grazie attuali sono a loro Volta tocchi, lumi, attrattive, spinte ed eccitamenti affinché egli esca dallo stato di peccato e si dia all’amore misericordioso di Dio. Proprio così. Le grazie attuali non hanno verso di noi altro uffizio all’infuori di questo. – Ma dunque perché mai tanti peccatori non si convertono? Perché tanti mediocri in virtù non divengono più virtuosi? e perché mai tanti, che pure sono buoni, non diventano migliori ed anzi santi? Eh! unicamente perché non cooperano alla grazia, perchè non corrispondono fedelmente alle molteplici e non di rado vive e forti grazie attuali che il Signore loro manda. Si noti che ciò che ho detto qui è della massima importanza pratica; e perciò va profondamente meditato.

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (4)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (4)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (4)

OSSIA IL MEZZO Più INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

5. — Qual è la mia forza? (Giob. 6, 11).

Scrissi dunque che i comandamenti di Dio si possono osservare tutti e sempre, anche nelle più violente tentazioni. Questo sostiene Iddio, questo insegna la Chiesa, questo confessano i peccatori e questo conferma l’intima coscienza di ognuno. Tutti infatti, dopo commesso un fallo volontario (in questo sta il peccato), dobbiamo riconoscere che, se proprio volevamo, potevamo evitarlo. Ma possiamo noi osservare i comandamenti di Dio colle sole nostre forze?… Le nostre naturali energie sono esse così perspicaci e così forti da poter reagire sempre efficacemente contro il peccato?… – Rispondo: L’uomo (e in questi nostri tempi non occorrerebbe neppur dirlo), l’uomo — dico — è libero. Egli, infatti, può fare una cosa od anche non farla; può fare una cosa od anche un’altra del tutto diversa e perfino opposta, fra le cose a lui possibili. Egli dunque si trova nella possibilità di fare ciò che vuole: tanto il bene, come il male. È però un fatto incontestabile, confermato dall’esperienza stessa, che i sensi e i pensieri del cuore umano sono inclinati al male fin dalla sua adolescenza» (Gen. 8, 21). Ma donde mai tal disordine in noi? È presto detto. Essendosi Adamo, nostro progenitore, ribellato al divino comando con la sua disobbedienza (in questo consiste effettivamente la sua colpa), egli perdette anzitutto la giustizia originale, che corrispondeva press’a poco a quella che è l’attuale grazia santificante; e così si costituì nemico di Dio e fu privato del diritto al premio del Paradiso. Fu pur privato di diversi doni preternaturali dei quali era stato da Dio arricchito nell’atto stesso della creazione; ed essendosi egli ribellato al Signore, avvenne che anche in lui la parte inferiore si ribellasse all’anima, portando così il disordine in tutto il suo essere. Ora questa triste e misera condizione in cui Adamo erasi precipitato per propria colpa, si trasfuse —per essere egli il capostipite del genere umano – in tutti i suoi discendenti, e quindi anche in noi. Questo disordine e questa debolezza alla quale siamo ora, si può dire, naturalmente soggetti, è assai ben ritratta da S. Paolo quando, gemendo, scrive di se stesso ai Romani: « Io non intendo ciò che faccio, poiché purtroppo io opero non quel bene che vorrei, ma bensì quel male che odio… Volendo io operare il bene, mi sta a fianco il male. Mi compiaccio bensì della legge di Dio nel mio interno, e pur vedo nelle mie membra un’altra legge che cozza colla legge della mente e mi rende schiavo del peccato. Disgraziato ch’io sono! chi mi libererà da questo corpo di morte? » (Rom. 7, 15-24). – Quindi benché sia di fede che il peccato di Adamo non abbia estinto il nostro libero arbitrio, tuttavia lo ha attenuato, indebolito e piegato al basso (Conc. Trid.) per modo che l’autore dell’Imitazione di Cristo può asserire che « la poca forza rimasta in noi è come una fievole scintilla nascosta sotto la cenere » (III, 55,. 2). Dopo ciò riescono chiare anche le seguenti gravi parole del Concilio Carisiaco : « Noi abbiamo il libero arbitrio, prevenuto ed aiutato dalla grazia, a fare il bene; ed abbiamo il libero arbitrio a fare il male, se esso è abbandonata dalla grazia » (Denz. n. 317); parole che spiegano in qual senso si debbano prendere queste altre di S. Pier Crisologo « Noi siamo inabili alla virtù, abili al vizio ». Dunque aveva pur ragione, quantunque corrottissimo, lo stesso Ovidio, quando scrisse: «Vedo il meglio e lo approvo, ma poi faccio il peggio » (Metamorfosi). Questa triste constatazione è infatti confermata da S. Agostino medesimo, quando gemendo confessa: « Se la tua bellezza, o mio Dio, mi rapiva verso di te, subito il mio peso me ne strappava via, facendomi precipitare, gemebondo, verso codeste cose infime… e sospiravo legato dalla mia ferrea volontà » (Conf. 7, c. 17). – In pratica qual è dunque la nostra condizione quaggiù?

1. Chi è in peccato mortale (od anche solo originale) non può colle sole sue forze naturali mettersi in condizione d’essere gradito a Dio, nè meritarsi il Paradiso. Infatti « nè il libero arbitrio dell’uomo, nè alcun capitale di natura basta per sè a sollevare l’uomo dal peccato alla grazia, se non interviene il braccio della divina potenza » (Ven. Luigi da Granata).

2. Chi è in peccato mortale non può colle sole sue forze naturali perseverare lungamente senza cadere in altri peccati mortali; e ciò per la ragione che adduco nel numero successivo.

3. Chi è in grazia di Dio, cioè chi ha la grazia santificante, non può colle sole sue forze naturali durare a lungo senza cader in peccato mortale. Così infatti devesi ritenere, poichè « è sentenza comune dei Teologi che quando le tentazioni sono gravi — e chi non ne ha? — senza l’aiuto di Dio nessuno può vincerne nemmeno una ». (In « Alcune note pratiche sul testo di catechismo: l’orazione e la liturgia ». Sono dell’Autore di « Ut vitam habeant » e di « Vivere in Cristo »).

4. Chi è in grazia di Dio non può compiere il minimo atto soprannaturale, cioè tale che in qualsiasi modo giovi alla salute eterna, senza l’aiuto di Dio che si chiama grazia attuale. Gesù infatti disse; « Senza di me voi non potete fare nulla » (Giov. 15, 5). E si potrebbe aggiunger dell’altro; ma questo solo basta per farci capire in che triste e misera condizione ci abbia precipitati il peccato di Adamo. – Ciò posto, come potremo noi metterci in condizione di non dovere ad ogni piè sospinto cadere e ricadere in peccato mortale? Infatti, dal momento che Dio ci vuole effettivamente salvi (è di fede) e che per noi Cristiani l’unico ostacolo alla salvezza eterna è il peccato mortale (e questo è pure di fede), noi dobbiamo fermamente ritenere che Dio, il quale è infinitamente buono e misericordioso, abbia per noi disposto uno o più mezzi tali che realmente ci liberino e preservino dal peccato mortale. Eh, già! chi vuol il fine, deve pur volere e disporre i mezzi necessari ed atti a raggiungerlo. E se tutti così, tanto più Iddio a cui tutto è possibile. (Anche i peccatori ammettono che Dio sia buono e misericordioso. Tant’è vero che essi per lo più peccano nella fiducia del suo incondizionato e facile perdono. Attenti però. C’è una sentenza che dice così: Maledetto l’uomo che pecca nella speranza del perdono. Se Dio è tanto buono, perché si ha a continuare ad offenderlo?). Ora quali sono questi mezzi?… Saranno forse l’istruzione e l’educazione religiosa, la fuga delle cattive occasioni, il frequentare le compagnie dei buoni, il leggere buoni libri, il meditare le massime morali ed eterne, il fare energici sforzi sopra se stessi, il controllare i propri sentimenti e le proprie azioni, il ribadire tenacemente i buoni propositi?… Tutti questi mezzi sono davvero utilissimi e mai abbastanza raccomandati. Vedremo anzi che, almeno in parte, essi devono pur ritenersi necessari. Ed è certo che chi li adopera con costanza dà a vedere ch’eì vuole seriamente intraprendere e continuare la riforma della propria vita secondo il gusto di Dio. – In pratica però — come ci sarà dato di vedere chiaramente in seguito — tutti i mezzi qui enumerati, tanto se adoperati ad uno ad uno, come se usati simultaneamente, sia perché non proporzionati al fine, sia per la connaturale fiacchezza ed incostanza umana nel loro uso, non sono per sè soli sufficientemente efficaci nè a farci risorgere dallo stato di colpa, nè a preservarci abitualmente dal peccato mortale. L’esperienza, infatti, ha dimostrato e tuttora dimostra come le suddette ottime e spesso necessarie pratiche morali e religiose, possono bensì attenuare, leggermente diminuire ed anche per breve tempo rimandare le nostre cadute e ricadute in peccato, ma non valgono a farcele abitualmente evitare. Ed i Ss. Sacramenti?… S. Alfonso, insieme con altri buoni autori, dubita perfino dell’efficacia dei Sacramenti, in quanto preservativi dalla colpa, come vedremo in seguito. E ciò, non perchè essi non siano necessari all’uomo, ma perché il loro fine primario è diverso: è quello d’infondere o di accrescere la grazia santificante; mentre nel caso di cui qui si tratta ci vuole la grazia attuale. Ma allora — dirà più di uno — abbiamo a perderci d’animo e a rassegnarci a vivere quasi abitualmente in istato di peccato mortale, cioè nell’inimicizia con Dio e nel rischio continuo d’andare all’inferno per tutta l’eternità?… No, caro! continua a leggere le successive pagine di questo libretto, e vedrai che Dio ha provveduto le cose in modo che a nessuno mai manchi il mezzo sicurissimo ed efficacissimo sia per liberarsi dal peccato sia per preservarsene in seguito. E tu stesso allora vedrai quanto sono ammirabili le sue invenzioni.

6. — Eureka: Ho trovato!

Ho già detto che Dio effettivamente vuole che tutti gli uomini si salvino e che per salvarli diede alla morte più ignominiosa perfino il suo Figliuolo Unigenito. Ora, dopo ciò, sarà mai credibile ch’Egli non abbia saputo trovare e poi voluto metterci a portata di mano un mezzo effettivamente efficace, col quale tutti, anche i più ignoranti e miseri — insomma tutti indistintamente — possano di fatto preservarsi stabilmente dalla colpa e meritarsi l’eterna salvezza?… Ah, no! Questo sarebbe un negare od almeno mettere in dubbio i suoi più grandi e nobili attributi, che sono la sua infinita sapienza e potenza, e sopratutto la sua infinita Provvidenza, bontà e misericordia. « Come mai Colui che non risparmiò il proprio Figliuolo, ma lo diede per noi tutti, non ci donò ogni cosa insieme con Lui? » (Rom. 8, 32). Dunque questo mezzo tutto divino dev’esserci; e a noi non resta altro da fare che ricercarlo, individuarlo e poi servircene. – Ora che si debba fare molta fatica a scoprirlo? Non credo. Anzitutto è certo che questo mezzo deve provenire da Dio stesso. Eh, già, dal momento che « se il Signore non edifica la casa, inutilmente s’affaticano i costruttori intorno ad essa » e che « se il Signore non custodisce la città, invano veglia su di essa il custode)) (Salmo 126, 1), non può essere diversamente. Gesù stesso infatti disse: « Niuno può venire a me, se il mio Padre non lo attira » e « Senza di me non potete fare nulla » (Giov. 6, 44 e 15, 5). Tal mezzo dunque deve provenire da Dio e non dagli uomini e dalle risorse ch’essi possono avere o porgere. Come Egli fu già l’autore della nostra vita naturale, così Dio stesso vuole pur essere l’autore della nostra virtù, della nostra santità, della nostra salvezza e della nostra gloria eterna. Vorrei poi soggiungere che tal mezzo dev’essere efficace all’uopo. Ma vale forse neppur la pena di dirlo?… Là dove mette mano il Signore, ivi è pure la sua forza, che è onnipotente. Quale sarà dunque questo gran mezzo che ci salverà dal peccato e ci procurerà la vita eterna? Che non sia forse quello che ci addita lo stesso S. Paolo immediatamente dopo le parole di lui da me riferite nel capitolo precedente? Là infatti, dopo aver detto con voce trambasciata : « Infelice ch’io sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte? » — ecco che tosto, con tono che pare gioioso e festivo, soggiunge « La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore » (7, 24-25). Sì, caro Paolo, « ti basta la mia grazia » (II Cor. 12, 9). È proprio la grazia di Dio quel mezzo che ci libererà dal peccato, ci preserverà da colpe successive e ci aprirà le gioiose porte del bel Paradiso. – Infatti lo stesso San Paolo, poco più oltre, spiega assai bene quale sia nei suoi effetti, la divina grazia, scrivendo: « La saggezza carnale è nemica di Dio perché non sta sottomessa alla legge di Dio, essendole ciò impossibile; e perciò coloro che son carnali (cioè saggi secondo lo spirito mondano) non possono piacere a Dio. Voi però non siete carnali, ma bensì spirituali, se pur lo Spirito di Dio (che è la grazia) abita in voi. Se uno non ha lo Spirito di Cristo (anche qui è la grazia), non è dei suoi. Se invece Cristo è in voi, il corpo è bensì morto pel peccato, ma lo spirito è vita in virtù della giustificazione (operata dallo Spirito di Dio, dallo Spirito di Cristo, dalla grazia). E se abita in voi lo Spirito che risuscitò Cristo, Egli che risuscitò Gesù dai morti farà rivivere anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito (grazia) che risiede in voi » (Rom. 8, 7-11). – Dunque — secondo S. Paolo — quella che ci trasforma, che anzi in certo modo ci divinizza dandoci lo stesso Spirito di Dio, ed illumina la nostra mente, muove la nostra volontà e dà forza alle nostre facoltà, ci purifica dalle nostre sozzure morali e spirituali e poi ci sostiene nell’amicizia e nell’amor di Dio, anzi —come vedremo meglio in seguito.— ci mantiene nella privilegiata condizione di figli adottivi di Dio stesso, è la grazia di Dio e soltanto la grazia di Dio. Si, disse S. Paolo — « è per la grazia di Dio, ch’io sono quello che sono » (I Cor. 15, 10). Anzi qui senz’altro soggiungo che, se i mezzi indicati poco fa come insufficienti, saranno prevenuti, assecondati, sostenuti e quindi valorizzati dalla divina grazia, essi porteranno eccellenti frutti e produrranno splendidi effetti nelle anime nostre; mentre invece, se quelle raccomandabilissime pratiche non saranno potenziate dalla grazia di Dio, esse saranno bensì delle buone opere naturali, ma nient’altro e nulla più che pure e semplici opere naturali, le quali in sè e per sè, quantunque attestino la buona volontà di chi le pratica e manifestino i suoi sforzi per raggiungere la virtù, tuttavia non hanno alcun valore per l’acquisto e l’aumento della vita soprannaturale, come non dànno neppure alcun diritto a merito soprannaturale, nè a premio nella vita eterna, neppure se chi le pratica fosse in istato di grazia santificante. Infatti (il paragone è di S. Agostino) come chi — pur avendo l’occhio sanissimo — non può vedere nulla se gli manca la luce; così anche chi ha la grazia santificante non può compiere alcun atto soprannaturale, cioè meritorio per la vita eterna, se non è prevenuto, mosso ed aiutato dalla grazia di Dio che si chiama attuale. – Quanto ho detto adesso potrà sembrare assai strano e forse perfino ostico a chi è imbevuto di naturalismo e di razionalismo (cosa, del resto, assai facile, per non dir comune, nei tempi attuali); ma per un vero Cristiano non può essere diversamente che così. Infatti non è possibile stabilire una qualsiasi proporzione fra il naturale ed il soprannaturale, poiché le cose indicate da questi due termini sono a distanza infinita tra di loro.

Qui — come conclusione di questo capitoletto — metto un tratto del sermone 156° di S. Agostino, nel quale è molto bene sviluppato il mio pensiero. Commentando egli le parole di S. Paolo: « Vivrete, se collo spirito Mortificherete i movimenti della carne)) (Rom. 8, 13), soggiunge: « Tu stavi per dire: Questo lo può fare la mia volontà, il mio libero arbitrio. Ma che volontà?! che libero arbitrio?! Se non ti regge lo Spirito di Dio, tu cadi; se esso non ti rialza, tu resti per terra. Come potrai fare col tuo spirito, se l’Apostolo ti dice: « Sono figli di Dio quanti son guidati dallo Spirito di Dio? » (Rom. 8, .14). E tu vuoi fare da te, lasciarti guidare da te stesso nel mortificare i movimenti della carne? Che ti giova il non essere forse un epicureo (materialista) se poi resti uno stoico (razionalista)? O epicureo o stoico che tu resti, non sarai tra i figli di Dio. Infatti sono figli di Dio quanti son guidati dallo spirito di Lui. Non sono dunque figli di Dio quelli che vivono secondo la loro carne o secondo il loro proprio spirito, né quelli che si lasciano condurre dai piaceri della carne o dallo spirito proprio, ma quanti sono guidati dallo Spirito di Dio ». Questo tratto del gran Dottore della grazia ha non lieve riflesso su quanto ho detto ed anche su quanto sanò per dirti nei tre seguenti capitoli. Quindi non dimenticarlo. E leggi pure la nota sulla grazia che qui faccio seguire.

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (3)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (3)

OSSIA IL MEZZO Più INDISPENSABIE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DA DIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

3. — Quanto è buono con noi il Signore!

A questo punto sarei tentato di fare una domanda: vorrei cioè chiedere se — in fin dei conti – Dio non sia nel suo pieno diritto d’imporci i suoi, ordini e i suoi comandi, e di esigere che siano da noi prontamente, lealmente e perfettamente eseguiti. Infatti non è Egli inequivocabilmente il nostro supremo ed assoluto Padrone? e non siamo quindi noi necessariamente i suoi più stretti ed inalienabili sudditi, ai quali non può essere lecito tergiversare e discutere, e dev’essere invece propria la più assoluta, per quanto ragionevole sottomissione? Così infatti dovrebbe essere, almeno per chi è capace di ragionare. – Ma ahimè! viviamo in tempi nei quali a tanti, che pur difendono a spada tratta, ed esigono tal volta perfin colla violenza — che siano rispettati i diritti dell’uomo o, meglio, quelli che credono e ritengono diritti loro, non si può invece parlare dei diritti dì Dio, senza che essi s’indispettiscono assai gravemente. Essi pretendono per sè, e per sè soli, ogni libertà di pensiero, di parola e di azione. Gli altri invece, e Dio stesso, devono stare alle loro dipendenze, od almeno devono guardarsi dall’intralciane i loro progetti e le loro idee, i loro comandi e le loro azioni, qualunque esse siano. Così è purtroppo! – Ed allora cambiamo registro, e parliamo invece dell’amore che Dio ha dimostrato verso gli uomini, dando loro i suoi comandamenti. Se mai, dei propri diritti, a coloro che si ribellano perfino al suo amore, parlerà poi a tempo opportuno Dio medesimo con quella voce che non potrà esser soffocata, che non ammette replica e che avrà una infallibile sanzione eterna. Che sia adunque vero che Iddio, dandoci i suoi comandamenti, ci abbia dimostrato col fatto, in modo veramente tangibile, il suo grande amore verso di noi?… A me sembra di sì, nè vedo difficoltà alcuna a provarlo. A quanti infatti l’esperienza stessa della vita ha detto così: « Finché ti sei mantenuto fedele al tuo Dio, hai goduto la pace del cuore, hai conservata la benevolenza dei vicini e dei conoscenti, non t’è mai mancato il necessario alla vita e, per giunta, hai pur avuto l’intimo e non illusorio sentimento che il cielo stesso ti sorridesse e benedicesse; mentre invece, appena ti sei allontanato dalla via tracciatati dalla divina legge, hai pure subito sperimentato l’angustia e fors’anche l’inferno nel tuo cuore, ti sei visto guardare di malocchio dai vicini e fors’anche dai congiunti, ti sei procurate miserie e malattie colle intemperanze, sei andato a rischio di cadere e fors’anche sei caduto sotto il rigore delle leggi umane, hai sussultato di spavento in faccia ai pericoli e di fronte alle minacce alla tua vita ed hai pur avuta la certa coscienza che il cielo stesso t’era nemico! » Per quanti purtroppo, perchè non vogliono sottostare agli amorosi comandi di Dio e praticare seriamente la virtù, si avvera appuntino la dolorosa storia del Figliuol prodigo! (Luc. 15, 11-32). E su quanti disgraziati il Signore potrebbe ripetere le amare lamentevoli parole che già rivolse al popolo ebreo, per quanto prediletto, pur tanto instabile ed infedele: « Stupitevi, o cieli, ed anche voi, o porte della terra, ammantatevi d’immensa desolazione per quanto è successo. Il mio popolo ha fatto contemporaneamente due mali: ha abbandonato me, fonte d’acqua viva, ed è andato a scavarsi delle cisterne, delle cisterne incapaci di contener acqua » (Ger. 2, 12-13). Proprio così! E ciò succede perchè è e sarà eternamente vero che « ogni, anima umana che opererà il male, avrà tribolazione ed angustia » e che « sulla via dei peccatori si trovano la sventura e l’infelicità » (Rom. II, 9; Salm. XIII, 3). Per ogni peccatore infatti verrà, e presto, l’ora in cui dovrà gemere col Salmista: « O Signore, i miei occhi versarono lagrime, perchè non osservarono la tua legge » (Salm. CXVIII, 136). Oh, quante sventure ci piombano addosso per causa dei peccati! E quanti peccati — e specialmente certi peccati si pagano palesemente cari anche in questo mondo! – Iddio invece, per il nostro stesso bene, non vorrebbe che noi fossimo colpiti da tali e tanti guai; e ci manifesta questa sua pietosamente benigna volontà col darci quei comandamenti che, se fossero da noi fedelmente osservati, ci preserverebbero, se non da tutte, certo però dalla maggior parte delle umane sofferenze. Ora non è questa una bella prova dell’amorosa bontà e delicatezza di Dio verso di noi?… Oh! come è santo e nello stesso tempo consolante immaginarci il Signore che, nell’atto di darci i suoi comandamenti, ci rivolga pure, come un buon padre, questo saggio avvertimento: « Ascolta, o figlio, le mie parole. Io che t’ho fatto, anche ti conosco, anzi ti conosco assai meglio che non ti conosca tu stesso. Essendo poi al mondo assai prima di te, ho per giunta maggiore esperienza della vita; e perciò conosco assai meglio di te ciò che ti fa bene e ciò che potrebbe farti male. Non te l’avrai quindi a male se Io, pel tuo stesso temporale ed eterno benessere, ti prescrivo di fare ciò che ti fa bene, e ti proibisco di operare ciò che ti farebbe male. Non vorrai tu amorevolmente obbedirmi, o figliuolo? » Ah! non fu questo forse il pensiero di Dio nel darti i suoi comandamenti?… Proprio così. Quanto ho messo in bocca al buon Dio non è affatto parto della mia fantasia, né finzione retorica; ma è la pura e genuina verità. Infatti sta scritto: « Che cosa chiede il Signore Dio tuo da te, se non che tu tema il Signore Dio tuo e tu cammini per le sue vie e tu lo ami e tu serva il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta l’anima; e che tu osservi i comandamenti del Signore e le sue prescrizioni, quali io oggi ti dò, affinché ti provenga bene?.. Se tu ascolterai la voce del Signore Dio tuo osservando ed eseguendo tutti i suoi comandamenti… il Signore Dio tuo ti eleverà sopra tutti i popoli che sono sulla terra; e verranno sopra di te tutte queste benedizioni, e saranno tue, purché tu ascolti i suoi precetti »; e seguono ben dodici versicoli pieni di grandi e preziose benedizioni per chi osserverà i divini comandamenti (Deut. X, 12-13 e XXVIII, 1-14). Dopo ciò chi oserà più chiamare esoso e crudele tiranno il buon Dio per averci prescritto l’osservanza dei suoi comandamenti?… Ma tant’è! Come vi sono dei malati che, nel delirio della febbre, disprezzano, respingono, offendono ed insultano il solerte, valente ed affettuoso medico che vorrebbe salvarli dalla morte colle sue giuste prescrizioni; così purtroppo vi sono pure degli uomini e perfino dei Cristiani — non so dire se più ignoranti o cattivi — i quali tacciano come sopraffattorie e tiranniche le amorose disposizioni di Dio a loro riguardo! Oh, quanto son miseri ed insensati! – O Padre celeste, ed anche voi, o buon Gesù, perdonate loro! Essi non sanno in che cosa consista il loro vero bene.

4. — Una delucidazione importantissima.

Basati dunque sulla parola di quel buon Dio, che è più inclinato a compatirci e soccorrerci, che ad imporci oneri incomportabili e castigarci, noi dobbiamo ritenere e credere che ci riesca possibile adempiere quei divini comandamenti, l’osservanza dei quali è richiesta perché possiamo dare il debito onore a Dio e così raggiungere il premio eterno del Paradiso. Di questo ci assicurano Iddio, la Chiesa, i peccatori convertiti e la nostra coscienza. E — come abbiamo visto – possiamo esser certi che i dannati stessi, se potessero ritentare la gran prova già per loro miseramente fallita, si dimostrerebbero certamente tutti ammirabili campioni di santità, e neppur uno solo di essi ritornerebbe più in quel luogo di tormenti, nel quale non è, né può esserci redenzione. Purtroppo quei miseri devono continuamente dire: « La mietitura è passata, l’estate è terminata; e noi non ci siamo salvati! » (Ger. VIII. 20). A questo punto però viene quasi spontanea una domanda: Quanti e quali sono i comandamenti di Dio? Sono forse quelli che si trovano elencati nel Decalogo mosaico? (Es. XX, 1-17; Deut. V, 6-21). — Si, a rigor di termini, i comandamenti di Dio (fatta la legittima variante al terzo) son proprio quei dieci. Però a scanso di malintesi avverto che, sotto la denominazione di: comandamenti di Dio, chi scrive intende includere anche i doveri dei nostri stati particolari ed i precetti della Chiesa. Non esiste forse per noi l’obbligo di fedelmente osservare anche questi?… Eh, sì! ognuno di noi deve osservare i divini comandamenti secondo i dettami suggeriti dalla particolare condizione di vita in cui si trova (seguo qui l’idea del Tissot (La vita interiore semplificata), il quale dice che i doveri del proprio stato vengono a precisare l’applicazione dei comandamenti e la maniera propria e personale con cui li dobbiamo praticare. I comandamenti sono generali, e la loro applicazione deve essere particolare. I comandamenti enunciano i principi generali, e i doveri del proprio stato precisano le loro applicazioni speciali nell’individuo.); ed al pari dei comandamenti di Dio, devono pur osservarsi i precetti della Chiesa; poiché a coloro dai quali emanano, Gesù disse: « Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me; e chi disprezza Me, disprezza Colui che mi ha mandato » (Luc. 10, 16). Questi precetti, a differenza dei comandamenti, sono variabili e sono anche cassabili da parte della legittima autorità; ed è pur possibile ottenere, per giusti motivi, dispensa dalla loro osservanza. Il grave o gravissimo motivo potrà in qualche circostanza, esonerarci dall’osservarli; ma ciò non toglie che anch’essi, sia pur indirettamente, ci siano comandati da Dio. – Non credo poi di andare lungi dal vero se fra i divini comandamenti includo pure diverse obbligazioni di capitale importanza per chi vuol davvero condurre una vita cristianamente onesta, le quali — quantunque non siano esplicitamente menzionate nel Decalogo — vi si contengono però implicitamente e sono spesso dal Signore richiamate qua e là nella Sacra Scrittura e, per giunta, richieste quasi sempre dalla sana ragione. Ne enumero alcune delle più importanti: l’obbligo, per esempio, di credere a tutte le verità rivelate da Dio e proposteci come verità di fede dalla Chiesa; l’obbligo d’istruirci seriamente nelle cose che dobbiamo credere e fare per essere a Dio graditi e poterci salvare; l’obbligo di pentirci delle nostre colpe e di accusarcene presso il legittimo ministro di Dio; l’obbligo di pregare; l’obbligo di evitare — per quanto è possibile — le occasioni prossime di peccato; l’obbligo di attendere a correggerci almeno dei più gravi nostri difetti; l’obbligo di prendere dalla mano di Dio anche le inevitabili tribolazioni della vita… Come infatti può ritenere di essere in regola col Signore chi non ammette certe cose da Lui rivelate, ancorché siano inconcepibili alla ragione ed inspiegabili alla scienza umana? La potenza e la scienza di Dio non sono forse assai superiori alla nostra? E s’ha forse a credere che tutto il vero sia afferrabile dalla nostra debole mente e proporzionato alla nostra scarsa intelligenza?.. Così pure come può dirsi uomo veramente retto chi commette la gravissima imprudenza di non interessarsi scrupolosamente di quanto il suo supremo Padrone da lui esige perché possa evitare la condanna e sperarne invece il premio; chi non riconosce davanti a Dio (e, quando occorra, anche davanti agli uomini) il male commesso; chi stima male solo quello ch’egli percepisce come tale, e che, neanche per espiare questo, vuol piegarsi a compiere gli atti da Dio stesso prescritti all’uopo; chi non si cura o non si degna o si vergogna di pregare; chi stoltamente confida di poter schivare il peccato senza fuggirne i pericoli; chi non si cura di correggersi delle cattive abitudini e non si sforza di frenare e comprimere le proprie passioni e cattive tendenze; chi si dimostra ribelle o poco sottomesso alle divine disposizioni?.. Eh, no! tali maniere di contenersi non possono essere gradite a Dio; sono anzi spesso da Lui detestate e condannate nelle Ss. Scritture; e perciò chi le segue non può dire di essere in regola con Dio, nè può asserire con sincerità di essere prudente nel suo più grande ed importante negozio, che è quello di salvare l’anima. Conseguentemente le cose opposte a queste da me qui denunciate e già precedentemente elencate, devono ritenersi come da Dio stesso comandate, e perciò da osservarsi scrupolosamente da chi vuole essere davvero in regola con Dio e in pace colla propria coscienza. – Dunque coll’espressione « comandamenti di Dio » io intendo abbracciare tutto ciò che Dio, sia direttamente, sia indirettamente ci comanda di credere e di operare, affmchè possiamo riuscire a Lui graditi e salvare le anime nostre. Fatta questa necessaria dilucidazione riguardo all’estensione che in quest’opuscolo intendo dare all’espressione « divini comandamenti », vediamo ora insieme in qual condizione ci troviamo di fronte all’osservanza dei medesimi: cosa pure importantissima, per non dire assolutamente necessaria a sapersi.

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (4)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (2)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (2)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (2)

OSSIA IL MEZZO PIU’ INDISPENSABILE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DA DIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

1. — Perché siamo øl mondo

11 più o meno lungo periodo di tempo che noi siamo destinati a trascorrere su questo piccolo pianeta dell’immenso universo, è un periodo di prova, alla quale Dio, nostro Creatore e quindi nostro grande Padrone, ci sottomette. Infatti « Dio da principio creò l’uomo, e lo lasciò in mano del suo libero arbitrio. Aggiunse però i suoi comandamenti e i suoi precetti » (Eccli. XV, 14-15). Perché? Oh! certamente perché fossero dall’uomo osservati. Gesù stesso„ il nostro divin Maestro e Redentore, confermò tal disposizione suprema. Ne trascrivo due parabole che riflettono assai bene il suo pensiero. « Un uomo — ei disse — sul punto di mettersi in viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò ad essi i suoi beni. Ad uno diede cinque talenti, a un altro due e ad un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e senz’altro partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti andò subito a trafficarli, e ne guadagnò altri cinque. Allo stesso modo colui che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Chi invece ne aveva ricevuto uno solo, andò a fare un buco nella terra, e vi seppellì il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi ritornò, e li chiamò a rendere i conti. Si fece innanzi chi aveva ricevuto cinque talenti, e ne presento altri cinque, dicendo: Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Il padrone gli rispose: Va bene, o servo buono e fedele: tu sei stato fedele nel poco, ed io ti darò autorità su molto: entra nel gaudio del tuo signore ». Anche colui che aveva ricevuto due talenti, li presentò raddoppiati, e si ebbe le stesse buone parole dal suo padrone. Ma « venne pure innanzi colui che aveva ricevuto un solo talento, e disse: Signore, io sapevo che tu sei un uomo severo, che Mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai piantato. Ebbi timore, ed andai a nascondere il tuo talento sotterra. Eccoti il tuo. Ma il padrone gli rispose: Servo iniquo ed infingardo, se tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho piantato, dovevi portare il mio denaro ai banchieri, e al mio ritorno avrei ritirato il mio coll’interesse. Toglietegli perciò il talento, e datelo a colui che ne ha dieci… E questo servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre, dove sarà pianto e stridor di denti » (Matt. XXV, 14-30). Questo per chi ha trascurato di operare il bene. Ma che sarà di chi si è diportato male? E’ presto detto. « C’era una volta un padre di famiglia, il quale piantò una vigna, la recinse di siepe, vi scavò un frantoio, vi edificò una torre; e, datala a lavorare a dei contadini si pose in viaggio. Venuta la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare i frutti della vigna. Ma i contadini, presi quei servi, uno bastonarono. un altro uccisero e un terzo lapidarono. Egli mandò di nuovo altri servi in maggior numero dei primi, e furono trattati allo stesso modo. Finalmente mandò da essi il suo figliuolo, dicendo: Rispetteranno il mio figlio. Ma i contadini, vedendo il figliuolo, dissero fra di loro: Costui è l’erede. Venite, uccidiamolo; e avremo la sua eredità. E presolo, lo gettarono fuori della vigna, e l’uccisero. Ora — chiese Gesù — quando verrà il padrone della vigna, che farà egli a quei contadini? Gli risposero: Egli colpirà senza misericordia quei tristi, e affiderà la vigna ad altri contadini, che a suo tempo gliene renderanno i frutti » (Matt. XXI, 33-40). E Gesù non solo confermò quel giudizio, ma per giunta lo rincarò. Il vero giudizio infatti è questo: Già sopra la terra ogni anima che opererà il male, cioè andrà contro le disposizioni di Dio, « avrà tribolazione ed angustia » (Rom. II, 9); e nell’altro mondo « andranno i buoni nella vita eterna, ed i cattivi nel fuoco eterno » (Matt. XXV, 46). E si dovrà render conto non solo delle trasgressioni esterne e di quelle che — come si dice — portan conseguenze; ma anche dei pensieri e desideri cattivi (Matt. V, 28), e persino « di ogni parola oziosa » (Matt. XII, 36). Eh, sì! Quantunque a più di uno non garbi questa regola, pure sarà così. « E’ Lui il Signore! E chi oserà contraddirlo? » (I Re, III, 18, e Giob. XI, 10). La mira di Dio infatti è che noi — dopo esserci diportati quaggiù da suoi servi fedeli o, meglio, da buoni figliuoli nell’amorosa osservanza dei suoi comandamenti — possiamo un giorno non lontano (20-50-80 anni di vita non son certo un gran che!) godere di Luì stesso nella sua splendida dimora soprannaturale, come sta scritto: Io stesso sarò la tua mercede immensamente grande… Saremo sempre col Signore… Saremo simili a Lui… Lo vedremo com’Egli è » (Gen. XV, 1; I Tessal. IV, 16; I Giov, III, 2). Oh, il bel Paradiso! « Né occhio vide, né orecchio udì, né cuore umano sperimentò quanto Iddio tien preparato a coloro che lo amano.., non a parole, soltanto con la lingua, ma colle opere e in verità » osservando i suoi comandamenti (I Cor. II, 9; I Giov. III, 18). – E’ troppo chiaro però che, se da una parte ci sono infallibili promesse d’eterna felicità, dall’altra vi sono pure — come ho già accennato — non meno serie minacce di eterna irreparabile rovina per tutti coloro che non avranno voluto sottomettersi alle divine disposizioni. A questi Dio nasconderà la sua faccia amorosa, e tutti i guai cadranno sopra di essi (Deuter. XXXI, 17). Se poi col loro contegno avranno dato ad altrui cattivo esempio, alienando così delle anime dal suo cuore, Egli si scaglierà contro di essi come un’orsa a cui siano stati rapiti i càtuli, per farsene pagare il fio (Os. 1 , 8)! e tutti poi saetterà colle ben note tremende parole: « Via, via da me voi tutti, operatori d’iniquità! Andate; maledetti, nel fuoco eterno! » (Luc. XIII, 27; Matt. XXV, 41). Là poi « saranno puniti di eterna perdizione e tormentati giorno e notte per tutti i secoli » (II Tessal. 1, 9; Apoc. XX, 10). Anzi verrà tempo in cui « il fuoco punirà anche la carne dell’empio » (Eccli. VII, 19). Quali spaventosi riflessi! É’ certo però che Dio, sottomettendoci a prova sì decisiva, non intende affatto umiliarci e, tanto meno, farci violenza; ma intende invece darci modo di potergli provare la nostra fedeltà, affinché Egli, a sua volta, possa premiarci e renderci felicissimi per tutta l’eternità. Sicché chi si lamentasse di questa condizione in cui il Signore ci ha posti, potrebbe assai bene paragonarsi a chi — mentr’era ancora in fasce — fosse stato fatto erede di una immensa fortuna, e che era — già adulto — si rammaricasse d’aver avuto tal felice ventura. E’ chiaro che, se sopra la terra ci fosse un tal uomo, egli sarebbe considerato come uno stolto e un pazzo. Eh, sì! Un tal uomo sarebbe pazzo davvero! Ad ogni modo, dopo quanto ho detto, e comunque la pensino gli stolti ed insensati mondani, « il numero dei quali è infinito » (Eccle. XV), bisogna ritenere che la vita nostra è una cosa oltre ogni dire seria; poiché, proprio quando meno ce l’aspetteremo, essa sboccherà senza dubbio in un’altra vita o di eterni contenti o di eterni tormenti. Vale dunque la pena di pensarci sopra davvero.

2. — Chi sa se è possibile?…

Ma è mai possibile riuscire vittoriosi in questa grande e decisiva prova, alla quale siamo da Dio sottoposti? Se si guarda attorno pel mondo e si osserva ciò che ordinariamente succede, sembrerebbe che agli uomini, anzi alla maggior parte dei Cristiani stessi della nostra epoca, riesca del tutto impossibile stare per lungo tempo alla condizione posta da Gesù medesimo per poterci meritare il Paradiso, e che suona così: « Se vuoi entrare alla vita eterna, osserva i comandamenti » (Matt. XIX, 17): tanti sono gli strappi che continuamente si fanno ai medesimi, specialmente a taluni. Infatti il bestemmiare Dio, Gesù Cristo, l’Ostia divina e la Madonna, il mancare alla Messa domenicale e il profanar le feste con lavori servili, con sbornie e con divertimenti immorali, la più sfacciata libertà di occhi, di parole ed anche di atti contro il buon costume, le esagerazioni della moda che apre la via ai più sozzi piaceri sensuali, la trascuranza d’intervenire alle istruzioni catechistiche e quindi la più supina ignoranza religiosa, e poi le mancanze contro il VII Comandamento e le segrete innumerevoli turpitudini che facilmente si possono intravvedere, sono alcune di quelle colpe divenute ormai talmente comuni che colui, il quale tosto o tardi non vi si trova impigliato ed infangato„ può considerarsi come un’« araba fenice ». E per tal modo i divini comandamenti vengono, non solo martoriati e bistrattati, ma ridotti in frantumi, uno dopo l’altro, tutti. – Oso però fare una domanda: I comandamenti di Dio non si osservano perché è impossibile osservarli, oppure non si osservano perché non si vuole osservarli? In breve: Non si può o non si vuole osservarli? – Potrei spicciarmi col dire come, dal momento che tanti e tanti riuscirono ad osservarli, così potrebbero farlo tutti coloro che hanno — come si dice — la testa sul busto, e potremmo farlo noi pure, poiché siamo della stessa natura; ma è meglio che vediamo insieme un po’ come stiano le cose. A più di uno di coloro che ritornano a Dio dopo una vita molto agitata, feci questa domanda: « Ma com’è stato di te? non potevi fare a meno di commettere tutti quei disordini?… » E mi risposero quasi invariabilmente: « Eh, caro amico! E’ un fatto che io — specialmente per le cattive abitudini contratte nella mia giovinezza e non corrette dai miei genitori — sentivo in me una forza prepotente che mi spingeva o mi trascinava al male. Ma, a dire il vero, la mia reazione a quella forza non fu mai forte, seria e continuata. Anzi spessissimo andavo io stesso in cerca di occasioni per poter soddisfare le mie passioni. Fu solo a principio ch’io provai un po’ di vergogna e ripugnanza al male; ma purtroppo anche allora mi lasciai soggiogare dal desiderio di novità, e mi abbandonai al male soprattutto per non parere diverso dai tristi compagni coi quali m’era messo a bazzicare. Pensavo: Che si dirà di me, s’io non faccio come loro?! — e rimasti vittima del vizio. Ora però, riandando le mie scapestrataggini, posso dire che, se veramente volevo, io potevo evitarle tutte; e che, se le ho invece assecondate, lo devo imputare unicamente a mia colpa. Dio mi perdoni! ». – Dopo aver udito il peccatore ravveduto (i peccatori in alto non fanno volentieri una tal confessione, poiché, se la facessero, si darebbero — come si dice — la zappa sui piedi), ascoltiamo ciò che ci dice la Chiesa nostra Madre. Anche questa per mezzo del catechismo ai fanciulli ed agli adulti, insegna francamente che « i comandamenti di Dio si possono osservare tutti e sempre, anche nelle più forti tentazioni ». – Pure Iddio ci fa sapere che, se vogliamo, possiamo osservare i suoi comandamenti e che il serbargli fedeltà dipende dal nostro arbitrio; e su questo punto insiste in modo tutto speciale, soggiungendo: « Ti ho messo davanti l’acqua e il fuoco: stendi la mano a quello che vuoi. In faccia all’uomo sono la vita e la morte (spirituale), il bene e il male: e gli sarà dato ciò che gli piacerà » (Eccli. XV, 16-18). Fa attenzione alle parole « se vogliamo, possiamo… dipende dal nostro arbitrio.., quello che vuoi.., ciò che gli piacerà ». Esse ci convincono che, volendo, possiamo riuscire bene nella prova alla quale il Signore ci ha sottoposti. Del resto non è forse questa anche la voce della nostra coscienza?… Infatti, caduti che siamo in qualche fallo volontario, tosto dobbiamo intimamente riconoscercene colpevoli, quantunque il nostro amor proprio faccia il possibile per giustificarci o almeno scusarci di fronte agli altri. Gesù pure, quantunque metta come condizione per entrare nella vita eterna l’osservanza dei suoi comandamenti, tuttavia ci assicura che « il suo giogo è soave e il suo peso è leggero » (Matt. XI, 30); ed anche dopo asceso al Cielo, ci fa dire dal suo discepolo prediletto, che « i suoi comandamenti non son gravosi)) (I Giov. V, 3). – Vorresti sentire anche il responso dei miseri dannati. Io ti assicuro che nessuno di essi incolpa il Signore della propria dannazione: tutti quei disgraziati son costretti a riconoscere che, se avessero fatto, per l’onor di Dio e per la salute dell’anima, appena metà dei sacrifici che fecero per accontentare i propri perversi istinti, essi sarebbero riusciti grandi santi in Paradiso. Già, se riuscirono nel male, potevano riuscire anche nel bene. – Del resto — a parte tutto — con chi abbiamo a fare? Forse con un crudele ed esoso tiranno che intenda e voglia la nostra eterna rovina?… Ah, no! questo non deve neppur passare per la nostra mente. Noi abbiamo a fare col Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione » (I Cor. 1, 3); abbiamo a fare con un Signore che « ha compassione di quei che lo temono, come un padre ha compassione dei suoi figliuoli; poiché Egli sa di che miseria siamo impastati, e non dimentica che siam polvere » (Salmo CII, 13-14); abbiamo a fare con un Dio sì buono che invita a sé i peccatori stessi, anche i più grandi, persino con una vera amorosa sfida, dicendo loro: « Su, venite! e poi datemi pur torto se non farò che i vostri peccati — fossero pur come scarlatto — diventino bianchi come la neve, e — fossero pur rossi come la porpora — divengano come candida lana » (Is. 1, 18); (abbiamo a fare con un « Dio che vuole salvi tutti gli uomini », (I Tim. II, 4), con un « Dio che ha talmente amato il mondo da dare il suo Unigenito Figliuolo » alla più atroce delle morti « affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna » (Giov. III, 16). Abbiamo poi a fare con un Uomo-Dio di cui era stato predetto che « non avrebbe spezzato la canna già fessa, né spento il lucignolo appena fumante » (Is. XLII, 2; Matt. XII, 20), che « passò facendo del bene a tutti gli oppressi dal diavolo » (Att. X, 38), e che su tutti coloro che — dopo ciò — lo avevano condannato al più barbaro ed atroce dei supplizi e che tuttavia continuavano a dileggiarlo ed offenderlo colle più ingiuriose parole, invocò dal suo celeste Genitore il più ampio perdono, supplicando: « Padre, perdona loro, perché non sanno ciò che fanno! » (Luc. XXIII, 34). E questo Dio sì buono e misericordioso c’imporrà dei comandi impossibili ad osservarsi?! Ma non sarebbe questa la più orrenda delle bestemmie? – Ah, na non è in Dio che dobbiamo ricercare la vera cagione di tante nostre colpe e quindi di tante sciagure che desolano noi e il mondo tutto. Siamo invece noi, sì, proprio noi i tristi e gl’insensati che — non volendo comprendere il gran bene che sotto tutti gli aspetti ci apporterebbe l’osservanza dei divini comandamenti —ci lusinghiamo di poter raggiungere la felicità in quelle chimere che si chiamano onori, ricchezza e piaceri. Sì, sono proprio questi che c’illudono di poter raggiungere in essi la nostra felicità, e che invece ci tradiscono ogni qualvolta vogliamo goderne senza o contro il beneplacito di Dio. Quindi verrà certamente l’ora in cui il buon Dio, a qualunque peccatore che si sarà dannato, potrà francamente dire: « Che potevo io fare di più per salvarti? Della tua perdizione sei causa tu! » (Is. V, 4; Osea XIII, 9). Ed al misero, per tutta risposta, non resterà che di chinare, con immensa confusione e dolore, la già tanto proterva cervice, e tacere!

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (3)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (1)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (1)

P- B. LAR – RUCHE:

LA PREGHIERA DI PETIZIONE

OSSIA IL MEZZO PIU’ INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DA DIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

Chi sa pregar bene, sa pur vivere rettamente (S. Agost.)

Chi prega, certamente si salva, (S. Alfonso de. Liguori)

Signore, insegnaci a pregare (S. Luca, XI, 1

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

L’Autore a chi legge.

Faccio mie le parole con le quali un certo D. Piazza presentò due anni fa, a mezzo dei tipi di questa stessa Casa Editrice, un opuscoletto intitolato « La Preghiera Cristiana … « Se si sapesse — egli scrisse — se si sapesse che cosa è la preghiera! Io ritengo che la maggior parte degli uomini, e purtroppo anche dei Cristiani, la trascurino e la disprezzino unicamente perchè non ne conoscono la grande necessità e sopratutto l’immensa efficacia. « Ho a dire che uno di questi tali fui io medesimo? — Se dicessi proprio così, non direi il vero. Devo tuttavia confessare che, fino a poco tempo fa, io pure non davo alla preghiera tutta l’importanza. ch’essa giustamente si merita. « Quando però udii il defunto grande Pontefice Pio XI definire S. Alfonso De’ Liguori “il grande Dottore della preghiera ” (e — aggiungo io — lessi le recenti opere « Ut vitam habeant » e « Vivere in Cristo » di autore anonimo), mi posi a ripassar le opere ascetiche di quel gran Santo ed anche quelle di molti altri buoni autori che trattano tale argomento; e finii per convincermi d’aver scoperto un immenso tesoro. « Riflettendo poi che, aprendo tal tesoro anche ad altri, io non ne avrei punto scapitato, ecco che venne fuori questo lavoro, ch’io inetto a disposizione di tutte le anime di buona volontà, pregando di leggerlo con la maggior attenzione possibile. « Se poi qualcuna — come son sicuro — ritrarrà giovamento dai pensieri raccolti in questo libretto, ‘io la supplico a volersi ricordare nelle sue preghiere anche della povera anima mia davanti al Padre ed alla Madre della misericordia ». E non soggiungo altro, poichè sono dei medesimi sentimenti.

L’AUTORE

Introduzione

E’ assai stolto colui che attende ad alcuna cosa all’infuori di quelle che giovano alla propria salvezza (Imit. di Cristo, 1, 2, 2). Oh! è pur bello il pensiero di Dio a nostro riguardo. Vuoi tu conoscerlo? Eccolo in brevi parole: Nell’Antico Testamento: “Dice il Signore: Potrei io voler la morte dell’empio, e non piuttosto ch’egli si converta e viva? » (Ezec. XVIII, 28). Nel Nuovo Testamento: « Dio ha talmente amato il mondo da dare il suo Unigenito Figliuolo, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna » (Gesù in S. Giov. III, 16). Nei tempi apostolici: “Dio vuole che tutti gli uomini si salvino » (I Tim. II, 4). Nei primi tempi della Chiesa: « Noi che siamo stati fatti degni di essere testimoni della venuta di Gesù Cristo, diciamo con perfetta scienza quale sia la buona, gradita e perfetta volontà di Dio dimostrataci a mezzo dello stesso Gesù Cristo, che (cioè) nessuno perisca, ma che tutti gli uomini in Lui unanimemente credenti e a Lui unanimemente lodanti, vivano eternamente co Lui » (Costituz. Apostol. Lib. II, c. 59). – Nel corso dei secoli: « Dio vuole, cioè sinceramente e con tutto l’animo desidera che tutti gli uomini si salvino; ed a tale fine per tutti diede Cristo Redentore, — per mezzo di Lui e in quanto è da Sè — somministra la grazia, i sacramenti e tutti gli altri mezzi necessari alla salvezza; per modo che coloro che si perdono, non si perdono per volontà e predestinazione di Dio, ma unicamente per loro propria colpa e malizia » (Corn. A Lapide). – Ai nostri tempi: « Badate, o miei diletti figliuoli, che voi siete tutti creati pel Paradiso; e Iddio, qual Padre amoroso, prova grande dispiacere quando è costretto a condannare qualcuno all’inferno. Oh, quanto mai il Signore vi ama e desidera che voi facciate buone opere per potervi rendere partecipi di quella grande felicità che a tutti tiene preparata in eterno in cielo! » (S. Giov. Bosco). – Dunque, da quanto ho riferito, appare chiaramente che il pensiero, il desiderio e la volontà stessa di Dio è oltre ogni dire benevola e favorevole verso di noi. Eppure, ciò non ostante, che cosa, succede di fatto?… Ah! per quanto sia spaventoso, leggi pur quanto riferisco in seguito. Disse Gesù: « Entrate per la porta stretta, perchè larga è la porta e spaziosa la via che conduce a perdizione.; e molti son coloro che entrano per questa ». Ed affinchè nessuno ritenesse ch’Egli avesse esagerato o detta una cosa per l’altra, tosto soggiunse « Oh! quanto angusta è la porta e quanto stretta è la via che conduce alla vita; e pochi son coloro che la seguono » (Matt. VII, 18-14). Ed in altra circostanza: e Sforzatevi di entrare per la porta stretta, poichè — ve lo dico io — molti cercheranno di entrare e non vi riusciranno (Luc. XVIII, 23-24). [ (Leggo in un autore modernissimo che passa per la grande, queste parole: « Ma dove mai, in qual passo lugubre del Vangelo questi predicatori di sventura (coloro che ritengono che la maggior parte degli uomini ed anche dei Cristiani adulti vadano dannati) hanno trovata la prova delle loro asserzioni? — Eccolo, proprio in una frase di Gesù, del mite e buon Gesù: Molti sono i chiamati e pochi gli eletti (Matt. XX, 16). E’ strano che tale testo evangelico sia stato così mal tradotto e sì poco capito da quelli che ne fanno un’arma in favore del piccolo numero degli eletti”. — Ed io dico: E strano che un autore come quello non sia riuscito a pescare nel Vangelo, proprio in favore di tal tesi, i testi da me riferiti. Oh! certo anch’io rigetto il Massilon e compagni. Ma chi m’impedisce di stare con S. Alfonso, che citerò subito?…)- Neanche quattro secoli più tardi, troviamo sul pergamo di Antiochia S. Giovanni Crisostomo, uno dei più grandi Padri della Chiesa, il quale ha le seguenti parole che certamente fecero rizzare i capelli a quanti le udirono: “Quanti credete che si salvino nella nostra città? È certo assai grave ciò che sto per dire; ma pure Io dirò: Fra tante migliaia di uomini (dovevano essere circa centomila) non possono essere cento che si salvino. Anzi io dubito pur di questi pochi. Infatti quanta malizia c’è nei giovani! quanto torpore nei vecchi! Nessuno ha un po’ di zelo!” (Omel, 40 al popolo). Dunque appena uno per mille!… Certo allora ad Antiochia molti erano ancor pagani. Pur tuttavia la sentenza del Santo Patriarca dà assai a pensare. Ed essa non è stata condannata dalla Chiesa, nè espulsa dalle sue opere. Quindi per quei tempi deve avere un certo valore. – Intorno al 1700 il beato Antonio Baldinucci S. J. chiaramente predicava all’aperto ad una gran folla, in vista d’un lbell’albero carico di foglie. Discorreva sull’inferno. Ad un trattò, come ispirato, fece questa domanda all’uditorio « Miei fratelli, volete voi sapere quanto grande sia il numero di coloro che si dannano? Guardate quell’albero ». — Tutti gli occhi si portarono su di esso; ed ecco un soffio di vento improvviso e gagliardo agitò tutti i rami della pianta, e fece cadere le foglie in tale abbondanza che non ne rimasero che poche, facili a contarsi. — « Ecco — soggiunse l’uomo di Dio — ecco quante sono le anime che si perdono e quelle che si salvano. Prendete le vostre precauzioni per essere del numero di queste ultime » (Vita del Beato). — Che siansi salvati almeno coloro che assistettero a quello spettacolo?… La storia non lo dice, ed io non lo so. Circa mezzo secolo più tardi S. Alfonso De’ Liguori osò scrivere le seguenti parole : « La sentenza più comune è che la maggior parte dei Cristiani (parlando degli adulti) si danna » (Appar.. alla morte, XVII). Ed oggi?… Purtroppo anche oggi « siamo condannati a vedere l’umanità fluttuante correre accanto a noi verso il piacere, l’inutile, il nulla, l’inferno! » (Plus: Gesù Cristo nei suoi fratelli). Dunque parrebbe che, quantunque Dio voglia salvi tutti gli uomini, moltissimi invece egualmente si perdono e precipitano nell’inferno. Ma come? !… ma perchè?!… ma può mai essere che sia così?!… – Nel settembre 1937 un bravo scrittore, in « “Noi uomini!”, classificò gli uomini moderni nelle seguenti categorie: l’uomo che non crede, l’uomo che se ne infischia, l’uomo che ride, l’uomo delle fogne, l’uomo che crede di credere e — finalmente — l’uomo veramente Cattolico. Orbene se, in via ordinaria, « qual la vita, tal l’uscita — qualis vita, finis ita » (S. Agostino), quali sono davvero in condizione di potersi salvare, all’infuori di quest’ultimo?… Me lo dica chi lo sa! « Ma allora — dirà taluno a questo punto — dove se ne va la bontà e la misericordia di Dio? » — Oh, bella! Nego io forse la misericordia di Dio?!… Io non faccio altro che constatare la grande follia, stoltezza ed insipienza degli uomini riguardo al sommo affare della loro eterna salute. Ed è purtroppo appunto questo che non si vuol riconoscere da tanti al giorno d’oggi. La misericordia di Dio !… Ma sai tu quanto essa ha fatto e continuamente fa perchè gli uomini non si dannino? Essa ha disteso e continua a tener teso come un immenso reticolato di ferro sopra l’inferno, per impedire che gli uomini abbiano a precipitarvi. E gli uomini — almeno tanti uomini, anzi troppi uomini — che cosa fanno invece?… Essi sforzano continuamente colle stesse loro mani le maglie di quella rete, per potervi cadere dentro. Per preservarli da tale sciagura il Signore dovrebbe togliere loro il più bel dono che già loro diede, cioè la libertà di pensare, di volere e di operare: in altre parole dovrebbe privarli della vita e della natura di uomini: cosa che Dio non può fare senza rinnegare la sua opera. Vuoi invece avere un saggio del contegno degli uomini: di quel contegno che conduce molti di essi all’eterna dannazione?… Te lo farò chiaramente vedere in tre tipici quadretti, che qui ti metto innanzi. Una mamma invia il suo figliuolo a portar la merenda al babbo che lavora in campagna; ed il ragazzo, anzichè sollecitare il passo verso il luogo dove lo attende il padre, si trattiene a curiosare qua e là, si ferma a stanar grilli, va a saccheggiare nidi d’uccelli, rincorre libellule e farfalle, si trattiene a giocare con tristi compagni. E intanto il buon babbo aspetti! – Ma non è pur questo il contegno di tanti uomini di fronte a Dio?… Sì, il buon Dio aspetta, e quanto aspetta! Ma dovrà pur venire un giorno la resa dei conti, poichè non siamo immortali. Ed allora?… Eh! allora, se non potremo negare d’aver avuto l’uso della ragione, la ci andrà molto male! – Un’altra storiella. Un colono ha un campo che, con un po’ di lavoro e fatica, potrebbe rendere assai. Ma quel colono non pensa a svellerne le erbacce che vi crescono, non si cura di coltivarlo, anzi ad ogni ora ci butta in quel già misero campo rovi, sterpi, grovigli, ghiaia, pietre e perfino grossi macigni. Ora si può chiedere: Che sarà di quel campo trattato a quel modo? Che ne dirà il padrone? E che farà egli dell’infingardo ed insipiente colono? — Orbene, ciò che del campo affidatogli fa quell’insensato colono, facciamo troppo spesso noi dell’anima nostra. Non facciamo nulla per estirparne i vizi e le cattive inclinazioni, trascuriamo di coltivarla affinchè produca opere virtuose, e — ciò che è peggio — la riempiamo, ad ogni piè sospinto, di imperfezioni, di colpe, di peccati, di disordini, e perfino di delitti. Or che sarà di lei? Che ne dirà Iddio? E quale sarò la sua, la nostra sorte?… Non ci vuole grande intelligenza per intravvederla. Ma prendiamo pure un uomo effettivo, e prendiamolo da quella categoria che nel mondo è considerata come la più saggia e giudiziosa. Ecco dunque quest’uomo che, al termine dei suoi giorni, può farsi con tutta coscienza questo discorsetto: « Oh, bene! Ho sostenuto la mia famiglia, ho nutrito ed allevato tre buoni e bravi figliuoli, ho fabbricato case, ho comperato poderi, ho fatto eccellenti affari, mi son diportato da vero patriotta, lascio un buon nome in paese: insomma sono stato un uomo nel vero senso della parola! Bene! — gli dirò io — mi congratulo e mi felicito con te! Ma dimmi un po’: Sono stati tutti onesti i tuoi affari? Le tue case e i tuoi poderi non grondano forse del sangue dei poveretti da te strozzati? E non c’è forse anche qualche donna che ti maledice o ti maledirà? Non hai mai macchiato la tua lingua con bestemmie, iinprecazioni, discorsi sozzi, inganni e calunnie? Hai osservata la legge dell’astinenza e del digiuno? Hai fatto sempre bene la tua Pasqua e sei stato fedele alla Messa domenicale, al Catechismo e al riposo festivo? Ti sei spesso ricordato del Signore che ti diede tanti beni, e ne hai fatto parte ai poveri? Hai maliziosamente limitato il numero dei figli, ed a quelli che hai accettato hai procurato d’istillare il santo timore ed amor di Dio? Insomma, oltre ad aver fatto quanto hai detto sei pur vissuto da buon Cristiano?… Orbene, se mi puoi rispondere affermativamente, tutto va bene. Ma se per tua disgrazia, mancasti gravemente ai tuoi doveri di seguace di Gesù Cristo e non hai fatto il possibile per riparare a questi tuoi errori, allora devi pur riconoscere di aver fatto tutto fuorcbè ciò che realmente dovevi fare; e di te si può dire francamente: « Hai nome d’esser vivo, ed invece sei morto » (Apoc. III, 1). Sì, davanti a Dio tu non sei altro che un gran miserabile. – Ecco in tre specchietti riprodotta la triste e lagrimevole condizione morale e spirituale in cui oggi versa, si può dire, la maggior parte degli uomini, anche dei nostri paesi cristiani. – Eh, lo so! Tutta questa quasi generale attività umana contro le disposizioni di Dio, contro i dettami della sana ragione e contro il bene spirituale, morale e soprannaturale non solo dei singoli individui ma anche della stessa società, non è dagli uomini appreso e voluto come male. La sarebbe troppo grossa! Tuttavia è un fatto indiscutibile che gran parte di questi uomini, dei quali unica mira e continua preoccupazione su questa terra dovrebbe essere quella di dare onore a Dio col procurar di fare sempre tutto ciò ch’Egli comanda e di evitare ciò ch’Egli proibisce, e ciò non solo per meritarsi l’immenso premio da Lui promesso e schivare l’eterno castigo da Lui minacciato, ma sopratutto per l’infinito merito ch’Egli ha della nostra illimitata e spontanea sottomissione, non ha invece altro a cuore (e i fatti lo dimostrano ad evidenza) che di affannarsi insensatamente in una caccia continua agli onori, alla roba, al denaro, ai divertimenti ed ai piaceri, senza punto badare se tutte queste cose — pur non cattive in se stesse — possano sempre, dovunque, in ogni maniera e in qualsiasi circostanza aversi colla benedizione di Dio; e così vanno quasi sempre, e contro ogni loro previsione ed aspettativa, incontro alla propria rovina morale, spirituale ed anche materiale già in questo mondo, e poi spessissimo pure alla irreparabile loro rovina eterna. E così viene a verificarsi ancora la tremenda sentenza dello Spirito Santo che dice: « Tanti vogliono passare allegramente i loro giorni su questa terra; e poi in un lampo piombano nell’inferno » Giob. XXI, 13). Non si conculcano però impunemente i diritti di Dio, non si può passar sopra ai dettami della coscienza, né è lecito — almeno nei nostri paesi — ignorare o fingere d’ignorare la sovrana legge di Dio, predicata abitualmente nelle nostre chiese. Lo si tenga bene a mente! Sì, convengo che in punto di morte a qualcuno sia dato di aggiustare alla meglio le sue partite con Dio, in cui « la misericordia trionfa del giudizio » (Giac. II, 13). Ma che s’ha a pensare dei tantissimi che vengono colpiti da paralisi al cervello, che muoiono per improvvise tragiche disgrazie, che, pur sapendosi gravemente inferml, si ingegnano di far chiamare i congiunti lontani, il notaio, ed il medico, e non si prendono il minimo pensiero di mettersi anche nelle mani di un Sacerdote per assestare i grovigli della propria coscienza?… Oh! io certo di fronte a morti di questa sorte non dirò con Balaam: “Siano tali anche gli ultimi momenti della mia vita” (Num. XXIII, 10). No, non mi sento in animo di dire così. Sicchè — mi dice qui certamente più di uno dei miei scarsi lettori — secondo te la maggior parte degli uomini, anzi dei Cristiani stessi, va all’inferno?

E rispondo: Non ho veste che mi consenta di dare un giudizio definitivo. So però che vanno certamente all’inferno tutti coloro che non servono Dio e muoiono in peccato mortale. Siccome poi “a Dio solo è noto il numero di coloro che saranno elevati all’eterna felicità del Paradiso” (Dalla Liturgia), così ritengo pure che Dio solo sia in grado di conoscere a qual numero ascendano coloro che van dannati; nè vale la pena di scrutare questo mistero, che resterà impenetrabile fino all’ultimo giorno del mondo.

Ma per conto mio, onde mettermi al sicuro da qualche brutta sorpresa al termine della mia vita temporale, credo prudente seguire il pensiero dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo, dei quali quest’ultimo ci dice: “Operate la vostra salvezza con timore e tremore” (Filip. II, 12), ed il primo: « O fratelli, vieppiù studiatevi di rendere certa la vostra vocazione ed elezione per mezzo delle buone opere” (2 Pietr. 1, 10). E chi vuol seguirmi mi segua. – Ad ogni modo per salvarsi non basta affatto quella stolta speranza che tanti ‘nutrono di “beccarsi” un po’ di Paradiso senza fare nulla o quasi nulla per meritarselo, ed anzi continuando ad accumulare peccati sopra peccati. Questo non è altro che il detestabile « pecca fortiter et crede firmiter » di Lutero, senza alcun timore dei divini giudizi, che poi in punto di morte va a risolversi nella più nera disperazione foriera dell’impenitenza finale e delle pene eterne dell’inferno. Nulla però impedisce, nè a me, nè ad alcuno, di poter ricercare qualche buon mezzo che ci faciliti questa unica opera veramente necessaria della nostra eterna salvezza. – E questo faccio io pure in questo piccolo lavoro sopra la preghiera di petizione; poichè mi sembra d’aver trovato appunto in questa preghiera, tanto squalificata, disprezzata e trascurata, quel mezzo oltre ogni altro necessario ed efficacissimo per raggiungere effettivamente lo scopo finale di tutta la nostra vita, che è la salute eterna. E’ vero: Dio non si accontenta, nè può accontentarsi, delle sole nostre preghiere. Ci vogliono — come vedremo — tante altre cose. Ma tutte queste altre cose il Signore ce le darà soltanto alla condizione che gliele domandiamo. Se non gliele chiederemo, noi o non le avremo, oppure le avremo scarse ed imperfette, cioè tali che non ci gioveranno a salute. Leggi perciò, anzi medita posatamente — capitolo per capitolo — quest’operetta. Io t’assicuro che, prima ancora che tu ne sia giunto alla metà, sarà pur già svanita ogni cattiva impressione che possono averti lasciate le cose da me or ora riferite; poichè nella preghiera ben fatta avrai scoperto quel mezzo facile ed infallibile che ti assicurerà una vita santa seguita da una morte santa che ti aprirà la bella porta della gloria santa del Paradiso. Tutte cose che io ti auguro di vero cuore.

NOVENA AL SACRO ED IMMACOLATO CUORE DI MARIA PER LA CONVERSIONE DEI PECCATORI.

NOVENA AL SACRO ED IMMACOLATO CUORE DI MARIA PER LA CONVERSIONE DEI PECCATORI (inizia 13 agosto, festa 22 agosto)

I. O Cuore immacolato di Maria, irradiato sempre dal sole di Giustizia, Gesù, vibrate un raggio di vostra luce divina nel cuore di quegli infelici che vivono immersi nelle tenebre del peccato, e  scoprire loro l’enormità delle loro colpe, e la via di uscirne con sicurezza e senza dilazione. Ave.

II. O Cuore immacolato di Maria, dolce rifugio dei poveri peccatori, deh, quanti di essi per la vostra intercessione, già provano i salutevoli strazi di quei rimorsi che sono i primi frutti di quella divina grazia di cui Voi siete la Madre. Ah, cara Madre, compite l’opera che avete incominciato, e riduceteli fiduciosi e dolenti al vostro figlio Gesù. Ave.

III. O Cuore immacolato di Maria, Cuore, ahi, trafitto le mille volte dall’acutissima spada del peccato! deh, per pietà, ottenete a questi sgraziati che hanno di bel nuovo crocefisso il vostro divin Figlio, un dolore profondo delle loro colpe, e la grazia di non peccare mai più. Ave.

IV. O Cuore immacolato di Maria, più candido della neve, più splendente del sole, deh, vi commuova lo stato lagrimevole di quegli infelici che gridano all’impotenza d’uscire da quella schiavitù in cui sono stretti dalle loro basse e ree passioni. Ah, cara Madre, Voi che siete la Vergine Potente  per eccellenza, spezzate Voi quelle catene per le quali il demonio tenta di trascinarli all’eterna rovina. Ave.

V. O Cuore immacolato di Maria, che per i miseri peccatori avete tanto patito con Gesù là sul Calvario, esposto agli scherni di quella plebe sfrenata. Voi che conoscete quanto timido e fiacco sia lo spirito dell’uomo, deh, aiutate gl’infelici traviati a vincere gli umani rispetti, e disprezzar le beffe e le derisioni degli ostinati libertini, onde possano stringersi al vostro Cuore materno per non separarsene mai più. Ave.

VI. O Cuore Immacolato di Maria, il più tenero e compassionevole per noi, che deste a Gesù quel Sangue che Egli tutto versò sulla Croce per lavare d’ogni colpa le anime nostre, deh, lavate anche Voi le anime di tutti i peccatori in questo bagno salutare, aiutandoli ad accostarsi al Sacramento della Penitenza col cuore penetrato dal più profondo dolore delle loro colpe. Ave.

VII. O Cuore Immacolato di Maria tempio della Divinità, tabernacolo del divin Verbo, trono luminoso di gloria, santuario di tutte le grazie, deh, fate che dalle anime di tutti i Cristiani spariscono le nere  macchie del peccato, e splendente rifulga d’ogni più bella luce il soave raggio della grazia, onde così sian fatti degni di ricevere il vostro figlio Gesù. Ave.

VIII. O Cuore Immacolato di Maria, sorgente di ogni grazia, albergo delle più elette virtù, deh, fate che nelle anime ravvedute risplendano le cristiane virtù della Fede, della Speranza, della Carità e della Religione; perché così ornate di tanta bellezza, vengano loro da Voi aperte un giorno le beate porte del Paradiso. Ave.

IX. O Cuore Immacolato di Maria, speranza dei fedeli, delizia del Cielo, le passate infedeltà fanno tremare quei benedetti che già risorsero alla grazia. O Regina del Cielo e della terra, o caro Rifugio dei peccatori, deh! continuate ancora il vostro ministero di misericordia e d’amore, col non lasciarli dipartire da Voi mai più. Voi siete la madre della santa perseveranza. Deh, fate loro adunque da Madre: correggeteli, castigateli, ma teneteli sempre nel vostro Cuore santissimo immacolato! Ave, Gloria .

PEL SACRO CUORE DI MARIA.

Deus, qui beatæ Mariæ semper virginis Cor sanctissimum spiritualibus gratiæ donis cumulasti, et ad imaginem divini Cordis Filii tui Jesu Christi charitate et misericordia plenum esse voluisti, concede: ut qui hujus dulcissimi Cordis memoriam agimus, fideli virtutum ipsius imitatione, Christum in nobis exprimere valeamus. Qui tecum , etc.

PER LA CONVERSIONE DEI PECCATORI.

Deus, misericors et clemens, exaudi preces quas pro fratribus pereuntibus, gementes in conspectu tuo effundimus ut, conversi ab errore viæ suæ, liberentur a morte, ut ubi abundavit delictum superabundet et gratia.

ALTRA PER LA CONVERSIONE DEI PECCATORI.

Deus, cui proprium est misereri semper et parcere, suscipe deprecationem nostram; et omnes famulos tuos, quos delictorum catena constringit, miseratio tuæ pietatis clementer absolvat. Per Dominum nostrum, etc.

NOVENA A S. ANNA

NOVENA A S. ANNA

(inizia il 17 luglio, festa il 26 luglio)

[G. Riva: Manuale di Filotea. XXX ed. 1888, Milano.]

La festa, insieme a quella di S. Gioachino, fu instituita da Giulio II nel 1510, e confermata da Gregorio XV nel 1620.

I. Per quell’invitta pazienza con cui pel corso di tanti anni tolleraste, o S. Anna, la vostra penosa sterilità, ottenete a noi pure una costante rassegnazione in tutti i travagli di questa vita. Gloria.

II. Per quella fervorosa ed incessante orazione con cui voi, o sant’Anna, domandavate a Dio di essere consolata colla fecondità, impetrate anche a noi un vero spirito di orazione per poter fecondare il nostro cuore di sante virtù. Gloria.

III. Per quella rigorosa mortificazione che voi, o S. Anna, accoppiaste alle vostre preghiere, ond’essere da Dio più facilmente esaudita, fate che ancora noi a tal fine procuriamo di unire al fervore dell’orazione lo spirito della mortificazione, con cui renderci meritevoli di tutte le grazie celesti. Gloria.

IV. Per quella dolce violenza che faceste al cuore di Dio colle vostre grandi elemosine ed altre opere di carità, impetrate, o S. Anna, anche per noi una carità somigliante alla vostra, onde muovere il Signore ad usare anche a pro nostro le sue infinite misericordie. Gloria.

V. Per quella santa confidenza con cui fermamente speravate, o S. Anna, il compimento dei vostri desideri, impetrate a noi pure una fiducia fermissima con cui ci assicuriamo ogni favore del Cielo. Gloria.

VI. Per quella grande riconoscenza che voi, o S. Anna, mostraste a Dio quando vi vedeste per favore divenuta feconda, fate che ancora noi siamo sempre grati e riconoscenti a Dio pei continui favori che da Lui riceviamo, e così degni ci rendiamo di sempre riceverne dei migliori. Gloria.

VII. Per quel puro e santo amore che voi concepiste, o S. Anna, verso Maria, quando vi vedeste divenuta sua fortunatissima madre, otteneteci di amar sempre questa vostra Figlia sì eccelsa e nostra Madre sì cara, onde meritarci distinta la sua protezione. Gloria.

VIII. Per quel gran sacrifizio che faceste, o S. Anna, della vostra gran Figlia, offrendola fin dai più teneri anni al divino servizio nel tempio, intercedeteci la grazia di poter con santo e nobil coraggio sacrificar a Dio qualunque cosa potesse Egli da noi bramare per acquistarci le sue più distinte beneficenze. Gloria.

IX. Per quella santità fervorosa con cui voi, o S. Anna, serviste a Dio in tutti i giorni di vostra vita, degnatevi di pregar Dio a farci sempre vivere da giusti e da santi sino alla fine dei nostri giorni, e così assicurarci le promesse retribuzioni nel cielo. Gloria.

NOVENA A SAN GIOVANNI BATTISTA (Inizio 15 Giugno)

NOVENA A SAN GIOVANNI BATTISTA

NOVENA A S. GIOVANNI BATTISTA (inizia il 15 giugno, festa 24 giugno)

nato 6 mesi prima di G. C. mart. nel 30 da Erode Agrippa .

I. O glorioso S. Giovanni, che col vivere sempre  la vita più illibata, corrispondeste così bene al vostro nome che significa Grazia, ottenete a noi pure di vivere sì santamente da corrispondere con esattezza al nome glorioso che portiamo di Cristiani. Gloria.

II. Glorioso S. Giovanni, che ancor bambino vi ritiraste nel deserto a condurre la vita la più austera e la più santa, otteneteci, vi preghiamo, la grazia  di viver sempre, se non col corpo, almeno col cuore, staccati da questo mondo, e in continuo esercizio di mortificazione e di penitenza. Gloria.

III. O glorioso S. Giovanni, che al primo udire la voce del Cielo abbandonaste la solitudine, e vi recaste sulla sponda del Giordano a battezzare e a  predicare, otteneteci, vi preghiamo, la grazia di esser sempre docili alla voce di Dio, e pronti a far a tutto quello che a Lui piacerà di comandarci. Gloria.

IV. O glorioso S. Giovanni, che foste il primo  a riconoscere e proclamar Gesù Cristo pel vero Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo,  otteneteci, vi preghiamo, che il principal nostro studio sia quello di glorificar Gesù Cristo nostro Redentore, e di seguire fedelmente tutto ciò che Egli si è degnato d’insegnarci. Gloria.

V. O glorioso S. Giovanni, che vi umiliaste cotanto dinanzi al Verbo Incarnato, da protestarvi indegno di sciogliere i lacci delle sue scarpe, otteneteci, vi  preghiamo, la grazia di conoscere sempre il nostro niente, affinché, lungi dal desiderare l’esaltamento in faccia agli uomini, ci gloriamo piuttosto di essere innanzi a loro umiliati e sprezzati. Gloria.

VI. O glorioso S. Giovanni, che con instancabile zelo insegnaste la via della salute a tutti quelli che ricorrevano a voi, otteneteci, vi preghiamo, la grazia di erudire continuamente i nostri prossimi nella dottrina della verità, precedendoli coll’esempio nella pratica costante delle cristiane virtù. Gloria.

VII. O glorioso S. Giovanni, che con un coraggio non più veduto rimproveraste dei loro delitti, non solo gli scribi o farisei, ma ancora gli stessi monarchi i più temuti del mondo, otteneteci, vi preghiamo, di non ommettere mai per umani riguardi l’adempimento dei nostri doveri, e di non temere nel mondo altro male fuorché il peccato, che ci  disgiunge da Dio, unico vero Bene. Gloria.

VIII. O glorioso S. Giovanni che, rinchiuso nella prigione, non lasciaste di predicar Gesù Cristo e di convertir anime a lui, impetrateci, vi preghiamo, di non desistere mai dall’esatto adempimento delle nostre obbligazioni, per qualunque avversità o persecuzione ci possa avvenire sopra la terra. Gloria.

IX. O glorioso S. Giovanni, che aveste la gloria  d’essere il primo martire della nuova Alleanza sottoponendo colla maggior allegrezza il vostro capo  al taglio micidiale, otteneteci, vi preghiamo, d’essere sempre come voi disposti a sacrificare anche la vita per la difesa della verità e per la gloria di Gesù  Cristo, affinché, sprezzando questa vita fragile ed  infelice, ci assicuriamo dopo la morte la vita eterna e beata in compagnia di voi, o Precursore beatissimo del Messia, non che di tutti gli Angeli e di tutti i Santi nella gloria del Paradiso. Gloria.

NOVENA ALLA SS. TRINITÀ

TRIDUO O NOVENA ALLA SS. TRINITÀ

Alle tre divine Persone.

(Inizio 26 maggio 2023)

Vi adoro e glorifico con tutto il cuore, Trinità sacrosanta, divinità invisibile del Padre, del Figliuolo  e dello Spirito Santo, unico vero Dio in tre Persone distinte, ma eguali fra loro e nella gloria e nella maestà. In Voi solo, da Voi e per Voi, esistono tutte  le cose, o Sostanza essenziale, Verità infallibile e vera Vita, primo nostro Principio, ed ultimo nostro Fine. Dacché mi faceste a vostra immagine e somiglianza, fate che ai vostri santissimi desideri siano sempre conformi tutti i pensieri della mia mente  tutte le parole della mia lingua, tutti gli affetti del  mio cuore, e tutte quante le mie operazioni; affinché, dopo avervi quaggiù veduto in ispecchio ed in enigma per mezzo della fede, giunga finalmente, a contemplarvi faccia a faccia, possedendovi perfettamente per tutti i secoli nel Paradiso. Tre Gloria.

Al Padre.

Dio Padre, fonte d’ogni essere, da cui emana ogni  paternità sulla terra e nel cielo. Voi che, prima della creazione del mondo, ci predestinaste nel vostro divin Figliuolo, e dando a noi lo stesso Unigenito per  nostra redenzione e salvezza, ci adottaste in Lui per vostri figli, fate che noi sempre vi adoriamo in ispirito di verità, ed osservando fedelmente la vostra legge meritiamo di partecipare cogli Angeli alla eterna eredità del Paradiso. Tre Gloria.

Al Figliuolo.

Dio Figliuolo, generato dal Padre prima dei secoli, lume da lume, Dio vero da Dio vero, eguale e consustanziale al Padre, Splendore della sua gloria, Figura della sua sostanza, eterno Verbo per cui furono create tutte le cose, in cui dimora ogni pienezza di grazia, in cui risiede ogni potere in cielo, in terra e negli abissi, e che verrete nella vostra gloria a giudicare alla fine dei secoli i vivi  ed i morti, dacché vi degnaste di indossare la fragile nostra natura, di farvi obbediente fino alla morte e alla morte di croce, di versare per noi fino  all’ultima stilla il vostro Sangue divino, fate che  noi vi siamo sempre riconoscenti a così segnalati favori, e camminando con Voi la strada delle umiliazioni e dei patimenti, giungiamo ancor a partecipare alla gloria del vostro regno. Tre Gloria.

Allo Spirito Santo.

Dio, Spirito Santo, procedente dal Padre e dal  Figliuolo, Amore immutabile e sostanziale dell’uno  e dell’altro, sorgente d’ogni bontà, dispensatore di  ogni grazia, fortezza e conforto, santificatore e perfezionatore delle anime, Spirito Paraclito, Datore dei sette doni e della perseveranza finale, Unzione spirituale, Carità inestinguibile, per la di cui opera  venne compito il glorioso mistero dell’incarnazione del Verbo, diffuso l’Evangelio in tutto il mondo,  e conservato sempre intatto il sacro deposito della fede, animate noi tutti d’un coraggio simile a quello  degli Apostoli per sostenere, malgrado tutte le dicerie e le persecuzioni del mondo, il glorioso carattere di Cristiani, vivere e morire sempre fedeli alla madre comune dei credenti, la Cattolica Chiesa,  fuori della quale non v’ha speranza di salute e di vita. Tre Gloria.

ORAZIONE.

Omnipotens sempiterne Deus, qui dedisti famulis tuis in confessione veræ fidei, æternæ Trinitatis gloriam agnoscere, et in potentia majestatis adorare Unitatem, quæsumus, ut ejusdem fidei firmitate ab omnibus semper muniamur adversis. Per Dominum nostrum, etc.

NOVENA PIÙ BREVE.

1. Gloria al Padre che mi ha creato a sua immagine. Gloria al Figliuolo che mi ha redento colla sua morte. Gloria allo Spirito Santo che mi ha santificato colla sua grazia. Gloria.

II. Gloria al Padre che mi sostiene col suo potere. Gloria al Figliuolo che mi sostiene colla sua  sapienza. Gloria allo Spirito Santo che mi riscalda col suo amore. Gloria.

III. Gloria al Padre che conserva il mio essere. Gloria al Figliuolo che illumina il mio intelletto. Gloria allo Spirito Santo che santifica la mia volontà. Gloria.

IV . Gloria al Padre per mezzo del mio intelletto che mediterà sempre le sue perfezioni. Gloria al Figliuolo per mezzo della mia memoria che ricorderà sempre i suoi benefici. Gloria allo Spirito Santo per mezzo della mia volontà che sarà sempre obbediente alle sue ispirazioni. Gloria.

V. Dagli Angeli e dagli uomini, dal cielo e dalla  terra, nel tempo e nell’eternità, sia lodata, adorata, benedetta e glorificata la santissima, l’augustissima, la beatissima Trinità. Così sia. Gloria.

ORAZIONE PER TRIDUO O PER NOVENA.

Io vi credo, vi amo, vi benedico, vi adoro, o unica,  o indivisibile, o santissima Trinità, Padre, Figliuolo  e Spirito Santo, un solo Dio in tre Persone. Credo  ciò che non comprendo; adoro ciò che non vedo.  Credo, adoro ed amo il Padre che mi ha creato, il  Figliuolo che mi ha redento, lo Spirito Santo che mi ha santificato. Il Padre che mi sostiene colla sua onnipotenza: il Figliuolo che mi governa colla sua sapienza: lo Spirito Santo che mi vivifica col suo amore.

Onoro la possanza del Padre col sottomettermi senza eccezione al suo supremo dominio.

Onoro la Sapienza  del Figliuolo, abbandonandomi interamente alla sua direzione.

Onoro la bontà dello Spirito Santo, lasciandomi rapire dagli allettamenti del suo amore.

O Trinità adorabile! non sareste il mio Dio se non foste superiore alla mia ragione; ed il mio cuore non potrebbe amarvi ed adorarvi come mio Dio, se potesse  comprendervi la mia mente, perché non sareste infinito se non foste incomprensibile; e non sareste Dio se non foste infinito. Quanto meno vi comprendo  tanto più devo credervi ed adorarvi. Quanto più superate le mie cognizioni, tanto più meritate la mia riverenza. Ora siete l’oggetto delle mie adorazioni, ma un giorno sarete l’oggetto della mia beatitudine ed il mio unico amore. Ora siete il soggetto del mio  merito, ma un giorno sarete la mia ricompensa e la mia felicità. Ora a me vi nascondete per accrescere i miei meriti: allora a me vi scoprirete per dare ai miei meriti la corona. Ora non posso meglio onorarvi che col mio silenzio, né voglio interrompere il mio silenzio se non per unirmi ai Serafini, onde cantar continuamente con loro: Santo, Santo, Santo è  il Dio degli eserciti. Sia gloria al Padre che genera il suo Figliuolo colla virtù infinita del suo intelletto.  Sia gloria al Figliuolo ch’è generato e consostanziale  al suo Padre. Sia gloria allo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figliuolo come termine beato  del loro amore. Sia gloria alle tre Persone della SS. Trinità che fanno a se stesse la loro somma felicità, si amano quanto meritano d’essere amate, e procurano a se stesse una gloria infinita. Quando sarà quel giorno, o adorabile Trinità, in cui saremo felici della stessa felicità vostra, per cui avremo la stessa occupazione, quale si è quella di possedervi, di amarvi e glorificarvi per tutta l’eternità! Tre Pater, Ave, Gl.

(G. Riva; Manuale di Filotea. XXX Ed. – Milano 1888)

NOVENA DELL’ANNUNCIAZIONE

NOVENA PER L’ANNUNCIAZIONE

(inizia il 16 marzo, festa 25 marzo )

(G. Riva: Manuale di Filotea – XXX ed. Milano, 1988)

Questa festa in cui si commemora la incarnazione del Verbo nel seno verginal di Maria, fu celebrata fino dai tempi apostolici, ond’è che si hanno su di essa due Omelie di San Gregorio il Taumaturgo, il quale nell’anno 246 fu fatto Vescovo di Neocesarea.

1. Immacolata Maria, che specialmente per la vostra umiltà e verginità meritaste di essere, a preferenza di tutte le donne più famose, eletta a Madre del vostro Creatore, ottenete a noi tutti la grazia di sempre amare, e di sempre praticare come Voi queste due sì belle virtù, onde meritarci a Vostra somiglianza, l’aggradimento del nostro Signore. Ave.

II. Immacolata Maria, che vi turbaste nel sentire celebrate da un Angelo le vostre lodi, ottenete a noi tutti la grazia di avere anche noi, a somiglianza di Voi, un sentimento così basso di noi medesimi, che, disprezzando le lodi della terra, attendiamo solo a meritarci l’approvazione del Cielo. Ave.

III. Immacolata Maria, che preferiste il pregio di Vergine alla gloria di Madre di Dio, quando questa non si fosse potuto conciliare coi vostri angelici proponimenti, ottenete a noi tutti la grazia di essere, a costo di qualunque sacrifizio, sempre fedeli nell’osservanza della Legge santa di Dio e delle nostre buone risoluzioni. Ave.

IV. Immacolata Maria, che con umiltà non più udita, Vi chiamaste ancella di Dio quando l’Arcangelo Gabriele vi preconizzava per di Lui Madre, ottenete a noi tutti la grazia che non c’insuperbiamo giammai per qualunque dono più singolare ci venga fatto da Dio, ma che anzi ci serviamo di tutto per più avanzarci nella via della virtù, ed unirci più strettamente al vero Fonte di felicità. Ave.

V. Immacolata Maria, che per la salute degli uomini non ricusaste l’incarico di divenir Madre del Redentore, quantunque conosceste con chiarezza il dolorosissimo sacrifizio che ne avreste dovuto fare un giorno sopra la croce, quindi la passione amarissima che avreste dovuto Voi medesima sostenere con Lui,  ottenete a noi tutti la grazia che non ci rifiutiamo giammai a qualunque sacrificio che da noi richieda il Signore per la gloria del suo Nome, e la salute dei nostri fratelli. Ave.

VI. Immacolata Maria, che col fiat da Voi proferito nell’accettare l’incarico di divenir Madre del Verbo, rallegraste il cielo, consolaste la terra, e spaventaste l’inferno, ottenete a noi tutti la grazia d’aver sempre una gran confidenza nel vostro santo patrocinio, affinché per Voi veniamo noi pure a godere il frutto di quella Redenzione così copiosa di cui foste, o gran Vergine, la sospirata cooperatrice. Ave.

VII. Immacolata Maria, che con un miracolo tutto nuovo diveniste Madre del Verbo, senza macchiare menomamente la Vostra illibatissima purità, ottenete a noi tutti la grazia di essere sempre così riservati e modesti negli sguardi, nelle parole e nel tratto, che non veniamo mai a macchiare la  castità conveniente al nostro stato. Ave.

VIII. Immacolata Maria, che contraeste una relazione così intima con tutta la SS. Trinità da diventar nel tempo stesso Figlia del Divin Padre, Madre del Divin Figlio, e Sposa dello Spirito Santo, ottenete a noi tutti la grazia di tener sempre l’anima nostra così monda, che meritiamo di essere con verità il tempio vivo del Padre che ci ha creati, del Figliuolo che ci ha redenti, e dello Spirito Santo che ci ha santificati. Ave.

IX. Immacolata Maria, che aveste la gloria singolarissima di portare nel Vostro verginal seno Colui che i cieli e la terra non sono capaci di contenere, ottenete a noi tutti la grazia di esercitarci continuamente, a somiglianza di Voi, nell’umiltà, nella penitenza, nella carità e nell’orazione, onde ricevere degnamente e con frutto lo stesso vostro divin Figliuolo, quando sotto le specie sacramentali si degna di venire dentro di noi; e fate ancora che siamo graziati di questa visita al punto della nostra morte, onde potere svelatamente contemplarlo, amarlo e possederlo con Voi in compagnia degli Angeli e dei Santi in Paradiso. Ave, Gloria.