SANTO NATALE (2020): MESSA DELLA NOTTE

SANTO NATALE (2020)

Doppio di I cl. con ottava privileg. di III ord. – Paramenti bianchi.

PRIMA MESSA • DURANTE LA NOTTE.

Stazione a S. Maria Maggiore all’altare del Presepe.

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Il Verbo, generato nell’eternità del Padre, (Com. Grad.) ha elevato fino all’unione personale con sé il frutto benedetto del seno verginale di Maria, ciò che significa che la natura umana e la natura divina sono legate in Gesù nell’unità di una sola Persona, che è la seconda Persona della SS. Trinità. E, come quando si parla di figliolanza, è la persona che si designa, si deve dire che Gesù è il Figlio di Dio perché la sua persona è divina; è il Verbo incarnato. Perciò Maria è la Madre di Dio; non perché essa abbia generato il Verbo, ma perché ha generato l’umanità che il Verbo si è unito nel mistero dell’Incarnazione; mistero di cui la nascita di Gesù a Betlemme fu la prima manifestazione al mondo. Si comprende allora perché la Chiesa canti ogni anno a Natale: « Puer natus est nobis et Filius datus est nobis»; un fanciullo è nato per noi, un figlio ci viene dato, (Intr., Allei.). Questo Figlio è il Verbo incarnato, generato come Dio dal Padre nel giorno dell’eternità: Ego hodie genui te, e che Dio genera come uomo nel giorno dell’Incarnazione: Ego hodie genui te; perché con l’assunzione della sua umanità in Dio « assumptione humanitatis in Deum » (Simbolo di S. Atanasio), il Figlio di Maria è nato alla vita divina, ed ha Dio stesso per Padre, perché Egli è unito ipostaticamente a Dio Figlio. – «Con grande amore, dice S. Leone, il Verbo incarnato ha ingaggiato la lotta contro satana per salvarci, perché l’onnipotente Signore ha combattuto con il crudelissimo nemico non nella maestà di Dio, ma nella debolezza della nostra carne » (5a Lez.). E la vittoria che ha riportato, malgrado la sua debolezza, mostra che Egli è Dio. – Fu nel mezzo della notte, che Maria mise al mondo il Figlio primogenito e lo depose in una mangiatoia. Cosi la Messa si celebra a mezzanotte nella Basilica di S. Maria Maggiore, dove si conservano le reliquie della mangiatoia. – Questa nascita in piena notte è simbolica. È il « Dio da Dio, luce da luce » (Credo) che disperde le tenebre del peccato. « Gesù è la vera luce che viene a illuminare il mondo immerso nelle tenebre » (Or.). «Col Mistero dell’Incarnazione del Verbo, dice il Prefazio, un nuovo raggio di splendore del Padre ha brillato agli occhi della nostra anima, perché, mentre conosciamo Iddio sotto una forma visibile, possiamo esser tratti da Lui all’amore delle cose invisibili ». « La bontà del nostro Dio Salvatore si è dunque manifestata a tutti gli uomini per insegnarci a rinunciate alle cupidigie umane, per redimerci da ogni bassezza e per fare di noi un popolo gradito, e fervente di buone opere» (Ep.). «Si è fatto simile a noi perché noi diventiamo simili a Lui (Secr.) e perché dietro il suo esempio possiamo condurre una vita santa » (Postcom.). « È cosi che vivremo in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà, attendendo la lieta speranza e l’avvento della gloria del nostro grande Iddio Salvatore e nostro Gesù Cristo » (Ep.). Come durante l’Avvento, la prima venuta di Gesù ci prepara dunque alla seconda.

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps II: 7.
Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te

(Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato).
Ps II:1
Quare fremuérunt gentes: et pópuli meditáti sunt inánia?

[Perché si agitano le genti: e i popoli ordiscono vani disegni?]

Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te.

[Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato].

Oratio

Orémus.
Deus, qui hanc sacratíssimam noctem veri lúminis fecísti illustratióne claréscere: da, quǽsumus; ut, cujus lucis mystéria in terra cognóvimus, ejus quoque gáudiis in coælo perfruámur:

[O Dio, che questa notta sacratissima hai rischiarato coi fulgori della vera Luce, concedici, Te ne preghiamo, che di Colui del quale abbiamo conosciuto in terra i misteriosi splendori, partecipiamo pure i gaudii in cielo:]

Lectio

Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli ad Titum
Tit 2:11-15
Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut, abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie et juste et pie vivámus in hoc sǽculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Jesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere et exhortáre: in Christo Jesu, Dómino nostro.

[Carissimo: La grazia salvatrice di Dio si è manifestata per tutti gli uomini e ci ha insegnato a rinnegare l’empietà e le mondane cupidigie, e a vivere in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà, aspettando la lieta speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e Salvatore nostro Gesù Cristo. Egli ha dato sé stesso per noi, a fine di riscattarci da ogni iniquità, e purificare per sé un popolo suo proprio, zelante per buone opere. Insegna queste cose e raccomandale: in nome del Cristo Gesù, Signore nostro.]

Aspirazione. Siate benedetto, o mio divin Salvatore, che vi siete degnato di scendere dal cielo e rivestirvi di nostra carne mortale, per venire ad insegnarmi il cammino giustizia! Riconoscente a sì grande amore e per profittare di un sì gran benefizio, rinunzio ad ogni empietà e ad ogni inimicizia, ai piaceri della carne ed a tutte le azioni, parole, pensieri che potessero dispiacervi, e prometto fermamente di vivere con temperanza, giustizia e pietà. Deh! la vostra grazia, o mio Dio, mi renda fedele ai disegni che essa m’ispira!

(Goffinè: Manuale per la santif. della Domenica, etc …)

Graduale

Ps CIX:3; 1
Tecum princípium in die virtútis tuæ: in splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.
[Con te è il principato dal giorno della tua nascita: nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino.]

V. Dixit Dóminus Dómino meo: Sede a dextris meis: donec ponam inimícos tuos, scabéllum pedum tuórum. Allelúja, allelúja.

[V. Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra: finché ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Allelúia, allelúia.]

Ps II: 7
V. Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Allelúja.

[V. Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secundum Lucam
Luc II: 1-14
In illo témpore: Exiit edíctum a Cæsare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Hæc descríptio prima facta est a præside Sýriæ Cyríno: et ibant omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et Joseph a Galilæa de civitáte Názareth, in Judæam in civitátem David, quæ vocatur Béthlehem: eo quod esset de domo et fámilia David, ut profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre prægnánte. Factum est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies, ut páreret. Et péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit, et reclinávit eum in præsépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce, Angelus Dómini stetit juxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus: Nolíte timére: ecce enim, evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiæ coeléstis, laudántium Deum et dicéntium: Glória in altíssimis Deo, et in terra pax hóminibus bonæ voluntátis.

[In quel tempo: Uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava di fare il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirino era preside della Siria. Recandosi ognuno a dare il nome nella propria città, anche Giuseppe, appartenente al casato ed alla famiglia di Davide, andò da Nazareth di Galilea alla città di Davide chiamata Betlemme, in Giudea, per farsi iscrivere con Maria sua sposa, ch’era incinta. E avvenne che mentre si trovavano lì, si compì per lei il tempo del parto; e partorì il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia, perché non avevano trovato posto nell’albergo. Nello stesso paese c’erano dei pastori che pernottavano all’aperto e facevano la guardia al loro gregge. Ed ecco apparire innanzi ad essi un Angelo del Signore e la gloria del Signore circondarli di luce, sicché sbigottirono per il gran timore. L’Angelo disse loro: Non temete, perché annuncio per voi e per tutto il popolo un grande gaudio: infatti oggi nella città di Davide è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sia per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, giacente in una mangiatoia. E d’un tratto si raccolse presso l’Angelo una schiera della Milizia celeste che lodava Iddio, dicendo: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.]

Omelia

(Mons. G. Bonomelli: MISTERI CRISTIANI, I vol. Queriniana, Brescia, 1894)

Il nascimento di Gesù Cristo

Signori! Voi ora avete udita la narrazione che S. Luca, unico dei quattro Evangelisti, ci lasciò del nascimento di Gesù Cristo e dei particolari semplicissimi, che lo accompagnarono. È una narrazione, che abbiamo udito cento e cento volte, eppure ci torna sempre bella e cara come la memoria dell’infanzia. Quella capanna abbandonata, quei poveri sposi, Giuseppe e Maria, che si ricoverano nel cuore della notte, quella mangiatoia, quel Bambino, che avvolto in fasce sopra vi è adagiato, quegli angeli, che aleggiano e cantano sulla capanna e chiamano i pastori, i primi pastori, che accorrono dai vicini colli e adorano  il nato Salvatore del mondo, formano un quadro d’una semplicità incantevole, d’ una bellezza impareggiabile, che rapisce il cuore. In quella deserta capanna tutto parla a chi ha scintilla di fede. Quell’Infante celeste, promesso da Dio, annunziato dai patriarchi e dai profeti, simboleggiato nei riti della sinagoga, aspettato confusamente da tutti i popoli, nel quale si concentrano i desideri e le speranze tutte del passato e si concentreranno l’ammirazione, la fede e l’amore dei futuri, quell’Infante celeste non sa articolare un solo accento; piange e vagisce anch’egli come l’ultimo bambino del popolo; ma se  tace la lingua parlano le opere. E che dicono l’opere sue? Ciò che più tardi confermeranno le parole, secondo la bella frase di S. Bernardo – lam clamat exæmplo quod postmodum conmaturus est verbo – In questo ragionamento, che è piuttosto una Omelia, noi seguiremo passo passo il racconto evangelico, cavandone quelle pratiche applicazioni che per essere comuni non cessano d’essere interessanti e importantissime. Il racconto evangelico, che vi ho riportato, ha tre parti distinte: la prima comincia dal primo versetto e si chiude col sesto e narra il viaggio di Giuseppe e Maria da Nazaret a Betlemme e la ragione del viaggio: la seconda parte si racchiude tutta nel versetto settimo e narra il nascimento di Gesù Cristo: la terza corre dal settimo al decimo-settimo versetto e contiene l’annunzio angelico datone ai pastori e la loro andata a Betlemme. L’Impero romano, dopo le ferocissime guerre civili, che l’aveano riempiuto di stragi e di sangue, era composto in pace profonda: il tempio di Giano era chiuso e Cesare Augusto vedeva le aquile romane temute e rispettate dal Tigri al Tago, dal Reno al Nilo. La civiltà, quella che era possibile nel paganesimo, avea toccato il supremo fastigio: nel foro risuonavamo ancora le voci di Ortensio e Cicerone, le odi di Orazio si cantavano per le vie e i versi del dolce Virgilio, che salutavano il rinnovamento del secolo e la prole celeste erano sulle bocche di tutti. I tempi erano mutati: lo scettro di Giuda era caduto nelle mani d’uno straniero, si compivano le settanta settimane e il mondo aspettava il Salvatore. Un’umile verginella di Nazaret, a tutti ignota, lo portava nel suo seno intemerato e il giorno, in cui dovea comparire sulla terra era vicino. Ma vi era un vaticinio, celebre in Israele, il vaticinio di Michea (. 2): esso diceva a chiara note che il Promesso duce d’Israele sarebbe nato in Betlemme: ora la Vergine vivea in fondo alla Galilea, a Nazaret, precisamente nella regione più lontana da Betlemme. Come dunque si adempirà la parola del profeta? Tutto è nelle mani di Dio e delle sue parole non cade un apice solo. Gli uomini operano liberamente ed anche seguendo le loro passioni servono inconsci ai suoi disegni e se ne fanno i suoi esecutori fedeli. Udite il Vangelista. « A que’ giorni uscì un editto da Cesare Augusto perché si facesse il censo del mondo intero: questo censo fu il primo, che si facesse, essendo Quirino preside della Siria. Qual’era il fine che mosse Cesare Augusto ad imporre quel censo? La Storia nol dice, ma è troppo naturale che fosse quello di determinare i tributi e regolare l’amministrazione dell’immenso Impero e fora’ anche l’orgoglio di poter dire con certezza: – Tanti milioni si curvano sotto il mio scettro! – Chi mai poteva immaginare, che quel decreto dell’Imperatore romano adempiva il vaticinio d’ un profeta, vissuto sei secoli prima e obbligava a un lungo viaggio il figlio di Dio fatto uomo, i Vicari del quale un giorno si sarebbero assisi sul suo trono istesso! – Impariamo a rispettare e venerare i consigli di Dio in tutti i fatti degli uomini, perché a lui servono i buoni e i cattivi, Davide come Saule, Ciro come Zorobabele. La Palestina allora non era propriamente provincia dell’Impero romano, ma n’era re Erode: re tributario dovette sottostare a quel censimento delle persone e delle sostanze, che preludeva alla prossima unione all’ Impero. Il censimento, secondo l’uso degli Ebrei, richiedeva che ciascuno dovesse recarsi nella tribù o nella città, donde teneva l’origine e perciò Giuseppe dovette recarsi a Betlemme e condursi seco Maria, ancorché già presso a dare alla luce. Entrambi in quel decreto videro il dito di Dio, che li conduceva là dove secondo i Profeti doveva nascere il Salvatore del mondo. Da Nazaret a Betlemme vi sono circa quattro giornate di cammino, che è quanto dire circa 80 chilometri, pigliando la via dritta, che attraversa la pianura di Iesrael, tocca Betulia, Sichem e Gerusalemme, la via battuta dalle carovane. La povera gente camminava a piedi, guidando per lo più 1’umile cavalcatura del povero, il giumento col carico delle provvisioni necessarie e di cui talvolta usava per alleggerire la fatica. La carovana, in cui gli uomini viaggiavano separatamente dalle donne, sostava a quando a quando all’ombra di qualche albero o presso qualche fonte e per difendersi dal calore del sole si raccoglieva nel Khan o caravan-serragli, specie di recinto di pietre gregge, che sorgeva all’ingresso d’ogni villaggio e offriva un miserabile riparo ai viaggiatori ed alle bestie. Allo spuntare dell’alba, la carovana si metteva in cammino, cantando i salmi, che si riferiscono a Gerusalemme e al tempio (Didon, Vol. I, pag. 50). Era uno spettacolo di fede e di pietà, che riflette mirabilmente il carattere dei popoli orientali, grave, solenne e profondamente religioso. – Maria e Giuseppe, seguendo la carovana, attraversata Gerusalemme e fatto ivi secondo ogni verosimiglianza una sosta più o meno lunga, ripresero il cammino alla volta di Betlemme, che dista circa dieci chilometri, nella direzione di mezzogiorno. Il paese è tutto rotto a valli, colli e burroni e Betlemme giace sopra due colline, che si congiungono in forma di semicerchio e formano un grandioso anfiteatro verdeggiante e coperto di viti e di olivi, di fichi e di mandorli. Poco lungi si vede il campo, dove Ruth, la povera moabita, spigolava e lì presso il piccolo colle, su cui era l’aia di Booz. Ecco la patria di Davide, che vi custodiva il gregge paterno: ecco il luogo, che Dio ha scelto e dove vedrà la luce il Figliuol suo. Maria e Giuseppe vi dovettero giungere in sul fare della sera: il carovan-serragli, o albergo di Betlemme, era ingombro e pei due poverelli non v’era più luogo, scrive 1’Evangelista – Non erat eis locus in diversorio -. Nei fianchi dei monti e dei colli di Palestina, che sono calcarei, spesso la natura e talvolta la mano dell’uomo qua e là hanno aperto ampie fessure e caverne e profondi scavi, che si nascondono nelle viscere della terra; in uno di quegli scavi, che talora serviva di riparo agli animali ed anche agli uomini che forse si chiamava la stalla, i due viaggiatori, stanchi del cammino, trovarono un ricovero (Didon, 1. c.) Fratelli! Non vi sia grave udire alcune considerazioni volgari, si, ma sempre belle e acconce ad ogni stato di persone e che scaturiscono dal racconto evangelico. Noi vediamo le due più sante creature, che fossero sulla terra, Giuseppe e Maria, ubbidire con gravissimo loro disagio al comando d’un Imperatore straniero e per giunta pagano; ciò è nulla: noi vediamo lo stesso Figliuol di Dio, il Salvatore del mondo, che sta per nascere, nella Madre e colla Madre ubbidire allo stesso comando, con qual disagio, pensatelo voi, che sapete per fede, Gesù Cristo dal primo istante di sua incarnazione aver avuto perfettissimo conoscimento d’ogni cosa, anzi aver avuto la visione beatifica. Ecco, o signori e fratelli miei, il modello sovrano della nostra condotta per ciò che riguarda le Autorità costituite anche politiche e civili. Se vi erano persone, che potevano sottrarsi al dovere della ubbidienza verso di esse, erano Giuseppe e Maria e sopra tutto il nascituro Figliuolo di Dio, supremo legislatore del cielo e della terra. Eppure ubbidiscono prontamente, non si lagnano del lungo cammino, del rigore della stagione: non mettono innanzi ragioni o privilegi: non cercano se l’autorità che comanda è legittima, né perché comandi: nulla di tutto ciò: obbediscono semplicemente. Noi Cristiani cattolici dobbiamo seguire tanto esempio. La nostra regola immutabile è stabilita da S. Paolo, che dice ai Cristiani di Roma, ai tempi di Nerone « Ogni uomo è sottoposto alle podestà superiori, perché non vi è podestà se non da Dio: e le podestà che sono, sono da Dio ordinate, a talché chi resiste alle podestà resiste all’ordine di Dio ». Noi cristiani cattolici, fissi gli occhi sull’esempio della santa Famiglia e fermi nella dottrina del grande Apostolo, dinnanzi alle Autorità non discutiamo: non domandiamo le prove della loro origine, né esaminiamo i titoli della loro legittimità: al di sopra di loro vediamo Iddio, che regge le cose umane e fa passare lo scettro dall’uno all’altro monarca come e quando gli piace: noi non guardiamo agli uomini che tengono il potere, ma sì al potere, che è nelle loro mani: questo è sempre da Dio anche quando è in mani inique, come sull’altare è sempre il ministro di Dio, che parla e offre i sacri misteri, ancorché indegno. Noi cristiani cattolici non ci rivoltiamo mai contro le Autorità, le rispettiamo ed ubbidiamo, non solo per timore, ma per coscienza, pel sentimento del dovere, perché in una parola, ubbidiamo a Dio. Che se codeste Autorità ci comandano ciò che offende Dio e le sue leggi, allora noi senza timore e con ogni rispetto rispondiamo cogli Apostoli: – Si deve ubbidire prima a Dio e poi agli uomini. Fate ciò che volete di noi, non possiamo calpestare la nostra coscienza e fallire ai nostri doveri verso Dio. E questa la nostra regola in faccia a Diocleziano, come in faccia a Costantino, a Carlo Magno o Enrico VIII, dinnanzi ad una repubblica, come dinnanzi ad un Impero, dinnanzi ad un corpo legislativo, come ad un corpo esecutivo. E questa la libertà, che ci ha portata il Vangelo di Cristo, allorché disse: – Rendete a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che spetta a Cesare -. Vi piaccia contemplare coll’occhio della fede i due viaggiatori, che da Nazaret salgono a Betlemme. Vedeteli questi due sposi, che non si separano un solo istante, sempre a fianco l’uno dell’altro: pieni di affetto riverente mettono ogni studio in compiacersi a vicenda: i loro cuori si intendono a meraviglia; parlano tra loro con voce piana e soave, ma non delle cose della terra: i loro pensieri come i loro discorsi sono tutti di cielo; non un lamento, non ombra di timore o sconforto; in ogni cosa veggono la mano amorosa della Provvidenza e da essa si lasciano docilmente condurre. Sempre lieti e tranquilli portano sulla fronte la serenità imperturbabile dell’animo. Amabili, cortesi con tutti, non cercano, non schivano la compagnia di persona, felici di rendere a tutti qualche servigio se possono: nascondono studiosamente il mistero, del quale essi soli posseggono il segreto e gustano la gioia di trovarsi in mezzo a quella turba di poveri e di anime pie, che con essi salgono verso Betlemme. Quanta pace! Quanta modestia! Quanta umiltà! Quanta fede e quale abbandono in Dìo! I compagni di viaggio li miravano stupiti, li segnavano a dito e li circondavano di rispetto religioso; parea che dagli sguardi, dagli atti e dalla persona di quo’ due sposi raggiasse una luca divina, un’aura di paradiso. L’Uomo-Dio, l’aspettato Redentore del mondo camminava con essi e schiere di angeli invisibili e venerabondi li seguivano e spandevano intorno un profumo di cielo, ammiranti tanta grandezza e tanta povertà, tanta virtù congiunta a tanta umiltà e semplicità. I due pellegrini, come dicevamo, non trovato luogo nel Khan o caravan serragli, si erano ridotti in una di quelle grotte od in uno di quegli scavi, che si vedono ancora a metà costa della collina per trovarvi un riparo nella notte, che cadeva. Grande Iddio! Ed è qui, in questa grotta, che deve venire alla luce il vostro Figliuolo, il sospirato Messia? E questo il palagio, è questa la reggia, che avete preparata a Colui, che deve essere il Re di tutte le nazioni e che voi dalla eternità generate di voi stesso tra gli splendori dei santi? La ragione si confonde, si smarrisce e non ci resta che credere al Vangelo e adorare in silenzio il mistero di fede e di amore, che sta per compirsi. In un cielo limpidissimo, com’è in Oriente, scintillano le stelle e lo dipingono per tutti i seni; il confuso rumore del giorno a poco a poco si è dileguato; qua e là per le capanne sparse lungo le colline e nel gruppo di case, che formano Betlemme, appariscono e spariscono lumi incerti; la notte col nero suo manto avvolge tutte le cose e il silenzio regna profondo e solenne in tutta la valle e intorno alla fortunata grotta. Accostiamoci riverenti e vediamo che cosa avviene in quell’antro, che sta per tramutarsi in un paradiso. Giuseppe, tutto raccolto in sé, in un angolo, prega e medita; la Vergine, le mani giunte, gli occhi fissi in alto e pieni di letizia, circonfusa d’una luce celeste, più simile ad un Angelo che ad una creatura terrestre, sembra estatica e tutta rapita in Dio. – In quel silenzio beato, nel cuore della notte, ecco nato sul duro terreno un bambino, che tende le picciolette e tremanti mani alla Vergine e tacitamente chiede le cure materne. Ella estatica lo contempla, si inginocchia, l’adora, lo piglia tra le sue braccia, cogli occhi ineffabilmente ridenti e gonfi di lagrime lo mostra a Giuseppe, lo bacia, lo avvolge tra le fascia e lo depone sulla paglia della mangiatoia. È il Vangelo che dice tutto questo con una semplicità sublime e inarrivabile. Udite le sue parole: « E partorì il Figliuolo suo primogenito e lo fasciò e lo reclinò in una mangiatoia, perché per loro non vi era un posto nell’albergo ». Il fatto più grande, che si incontri in tutta la storia, a cui e legata la sorte dell’umanità tutta quanta, si  contiene in questa sentenza brevissima! Non un accenno di stupore, non una parola di compatimento pel parvolo, che soffre, per la madre sì povera: non un cenno alla durezza ed alla ingratitudine degli uomini, che non hanno un asilo per questi tre abbandonati e nemmeno un cenno alla futura grandezza del nato bambino: nulla: la narrazione nuda, brevissima del fatto e nient’altro! « Colei che era divenuta madre, rimanendo vergine, vergine partorisce. Il Vangelo lo lascia capire: ella non conosce né la debolezza, né lo sfinimento delle madri comuni. E dessa che raccoglie il suo bambino, è dessa che lo colloca nella culla allora trovata. La fede cristiana rimase in ginocchio dinnanzi a questa donna e al bambino, che riposa sul suo seno: contemplandola, apprese dolcezza, la povertà, il sacrificio; di questa scena ineffabile essa si creò in ogni tempo visioni novelle senza stancarsi mai, senza mai esaurirne la forza, la bellezza, l’incanto » (P. Didon, pag. 52). – Ponete mente a questa parola – Primogenito – con cui il Vangelista designa il divino Infante. Forrsechè con essa il Vangelo vuole insinuarci, che Maria ebbe altri figli? Tolga il cielo! Sarebbe manifesta eresia, giacché noi salutiamo Maria quale vergine per eccellenza, sempre vergine. La parola primogenito significa il primo nato? Che può essere primo ed ultimo, unico, come crediamo essere stato Gesù Cristo. E chi può mai credere che Maria, sì tenera e gelosa della sua verginità, ch’era disposta a rifiutare la gloria della maternità divina, se questa le avesse tolta quella, potesse poi farne getto? Chi potrebbe mai immaginare, che dopo essere diventata madre con sì strepitoso miracolo, rimanendo vergine, volontariamente a tanta gloria rinunciasse? Come credere, scrive S. Tommaso, che, avendo ricevuto dal cielo tal Figlio, potesse desiderare d’averne altri? O Maria, o Vergine e Madre! Noi ci prostriamo ai vostri piedi e crediamo che questi due titoli sì gloriosi si accoppiano in voi in guisa, che l’uno abbellisce e compie l’altro e insieme congiunti fanno di voi un miracolo quale il mondo mai non vide, né vedrà l’uguale. Voi foste simile ad un albero gentile, che sotto i raggi del sole e la rugiada del cielo cresce, cresce sempre e di sé germoglia un fiore candido come la neve e nel fiore germoglia il frutto, che maturo si stacca da sé e fiore e frutto sono lavoro della pianta, che non pure non ne riceve offesa, ma bellezza e decoro. Dio, scrisse il Nazianzeno, è la fonte della purezza e della verginità, anzi è la stessa purezza e verginità e perciò quanto più l’anima si avvicina a Dio e tanto più diventa pura e vergine, simile, ad una nube che più si imbianca e si imporpora quanto più si solleva da terra e più diritti riceve i raggi del sole. Maria sì alta levossi e tanto si avvicinò a Dio, che tutta fu penetrata e investita della sua virtù, lo toccò nell’essere suo immediatamente per guisa, che nel proprio seno ricevette il Figlio di lui e lo vestì della propria carne e così vestito lo porse a tutta la progenie di Adamo. Nessuna creatura fu più vergine di Maria e la sua purezza e verginità allora toccò il sommo grado della perfezione quando divenne madre, onde questi due titoli, che nelle altre donne si escludono a vicenda, in Maria si uniscono per modo che a vicenda si perfezionano. Maria concepì vergine e la sua generazione nel tempo è simile alla generazione del Padre nella eternità. Ecce virgo concipiet – Maria diede alla luce vergine – Natus ex Maria Virgine – Il raggio del sole attraversa l’aria, l’acqua e il cristallo, eppure l’aria e l’acqua non tremolano tampoco e il cristallo non si spezza, né si appanna. Io penso e il mio pensiero si genera nel fondo dell’anima mia senza sforzo, senza divisione: penso, e il mio pensiero, pur rimanendo tutto nei penetrali dell’anima mia, invisibile a tutti, tutto intero esce dall’anima mia, si veste del suono e del segno esterno e diventa sensibile e visibile, a tutti si manifesta senza che avvenga dentro o fuori di me ombra di divisione. Similmente Gesù nasce da Maria, rimanendo inviolata la sua verginità – Natus ex Maria Virgine – . Poco lungi da Betlemme, a levante e a mezzogiorno, s’apre una bella e ricca valle. In quella anche nella stagione invernale, giorno e notte, andavano errando e pascendo numerosi greggi, secondo l’uso orientale. Mentre nella grotta si compiva il mistero, che S. Paolo chiama nascosto ai secoli: mentre la piccola città di Betlemme era sepolta nel sonno, lo spirito di Dio comincia quell’opera, che avrà fine col termine dei tempi. Lungo la valle, che si distende ad oriente e a mezzogiorno di Betlemme, alcuni pastori vegliavano e facevano la guardia al loro gregge. Erano forse i soli uomini, che a quell’ora vegliavano ed erano certamente tra più poveri della contrada, 2) (Il P. Didon che per due anni visse e studiò in Palestina, nella Vita di Gesù, pag. 53, scrive: – 1 pastori in Oriente rappresentano la classe infima della popolazione agricola: sono i servi dei servi dei servi. Il padrone del campo non lavora : ha i suoi lavoratori, i suoi operai i guardiani dei greggi. I pastori si vedono ancor oggi, la testa coperta d’un lungo velo nero, una pelle di montone sulle spalle, i pie’ nudi o avvolti in miserabili sanigli, un piccolo bastone di abete o di sicomero in mano.) ma di costumi semplici e pieni di fede antica; a questi uomini, che vegliano, che sono poverissimi, ma ricchi di virtù, è riserbato l’alto onore d’essere chiamati pei primi ad adorare il nato Salvatore, ad essere la primizia dei credenti in Israele. Gran cosa, o fratelli! I primi uomini che sono reputati degni di vedere e adorare il Figlio di Dio fatto uomo, non sono i ricchi, non sono i dotti, non sono i grandi, i re della terra, ma i poveri, gli ignoranti, gli ultimi del popolo. E questo il carattere della Religione, che Gesù Cristo porta sulla terra, la preferenza per le classi spregiate e sofferenti, perché queste dalla povertà e dal dolore meglio preparate al conoscimento della verità, più prontamente ubbidiscono alla sua voce. E in vero come mai i grandi, i ricchi, i potenti della terra, a quell’ora sepolti nel sonno, o intesi ai trastulli e ai piaceri, avrebbero udita la voce di lui e sarebbero accorsi a’ suoi piedi? Come mai, essi pieni di fasto e di orgoglio, si sarebbero prostrati dinnanzi ad un bambino adagiato sulla paglia di una mangiatoia? Dio nell’ordine soprannaturale come nel naturale opera per mezzo delle cause seconde e gli angeli sono gli ordinari messaggeri del suo volere; ed ecco un angelo, credo de’ primi, apparve a que’ pastori « e un fulgore divino li ravvolse, sicché essi forte temettero ». Le apparizioni degli esseri celesti sono quasi sempre accompagnate da irradiamenti di luce. Forsechè gli angeli sono luce e di lor natura diffondono intorno a sé onde luminose? No, per fermo; gli Angeli sono sostanze spirituali di ben altra natura di questa luce, che si spande per ogni dove nell’atmosfera. Gli esseri invisibili (e tali sono gli angeli) a noi esseri visibili non possono far conoscere la loro presenza e la loro azione se non mercé di manifestazioni esterne e perciò devono usare di cose sensibili, e poiché la luce tra le cose sensibili è la più bella e meglio d’ogni altra rappresenta la perfezione degli spiriti, di questa si mostrano ammantati e in questa sogliono far sentire la loro presenza. Quella luce sfolgorante in mezzo alle fìtte tenebre della notte riempì naturalmente di timore qne’ poveri pastori e subitamente l’angelo, per assicurarli, disse: « Non temete. Anzi rallegratevi, perché vi do l’annuncio, che dee riempire voi e tutto Israele d’immensa gioia. A Betlemme, la città di Davide, è nato il Salvatore e lo riconoscerete a questo segno: troverete un bambino, avvolto tra fasce e reclinato in una mangiatoia. » E son questi, o signori, i segni per riconoscere il Messia, il Figlio dell’Eterno, divenuto Figlio dell’uomo? I segni della debolezza, dell’estrema povertà? così è: l’orgoglio umano avea bisogno d’esser fiaccato ed è questa la prima lezione che ci è data a Betlemme. E vero, tanta debolezza e povertà poteva essere uno scandalo, poteva offendere la ragione e mettere a pericolo la fede de’ pastori; ma Dio dispone ogni cosa con somma sapienza e mentre da un lato umilia l’orgoglio degli uomini collo spettacolo della grotta di Betlemme, dall’altro conforta ed avvalora la fede coll’annunzio celeste degli ‘angeli: se le fasce e la mangiatoia mostrano la debolezza e la povertà estrema dell’Infante celeste, il messaggio degli Angeli, la luce che li avvolge, provano ad evidenza ch’egli è veramente il promesso Salvatore. Sempre così: la vita di Gesù Cristo, dalla mangiatoia alla croce, ci dispiega sotto gli occhi l’incessante alternativa della debolezza massima e della massima grandezza, della potenza propria di Dio e della infermità propria dell’uomo: così si rivela costantemente la doppia natura di Cristo, e mentre per una parte siamo costretti a vedere in Lui l’uomo, per l’altra dobbiamo riconoscere in Lui Dio e la nostra fede in Lu i , Dio-Uomo, è perfettamente stabilita. – E mentre così parlava co’ pastori l’Angelo, una moltitudine d’altri Angeli a quello si unì e insieme cantavano lodando Dio: « Gloria nel più alto de’ cieli a Dio e in terra pace agli uomini di buon volere ». Tutto ciò che avviene quaggiù, lassù in Cielo è preveduto e voluto e tutti i fatti, che si svolgono sulla terra, sono l’effetto delle cause invisibili e arcane, che operano in cielo. E bene a ragione si può dire, che tutto il mistero della vita di Cristo, che oggi nasce, si racchiude in queste due parole, che riempiranno lo spazio e i secoli: Gloria e pace! Gloria a Dio in Cielo, pace agli uomini in terra (Didon 1. c.). — E perché gloria a Dio? Perché Dio si è abbassato fino a farsi uomo e perché un uomo ora è Dio! Perché Dio fatto uomo, disvela la smisurata grandezza dell’amore suo e dispiega le ricchezze della sua sapienza, della sua potenza, della sua giustizia, di tutte le sue perfezioni. Gloria a Dio, perché ora si dischiudono le porte de’ cieli e gli uomini, riconciliati con Dio, rifatti secondo la sua immagine, vi potranno entrare e cresceranno le lingue, che lassù lo esaltano e cantano le sue grandezze. Pace agli uomini in terra, perché il maestro divino è comparso in mezzo a loro, perché la vittima espiatrice de’ loro falli è preparata e comincia il sacrificio, che più tardi sarà consumato sul Golgota. Ciò, che porta la pace agli uomini, glorifica Dio, e ciò che glorifica Dio porta la pace agli uomini. In questo giorno Dio dall’alto de’ cieli vede per la prima volta nato sulla terra un figlio innocente, santo, immacolato, eguale a sé e a cui può e deve dire: – Tu sei il Figliuol mio diletto: in te trovo tutte le mie compiacenze -. Oggi per la prima volta dalla terra s’innalza un grido, un gemito, che placa Iddio, e gli rende un onore adeguato, degno di lui. Oggi Iddio dall’ alto de’ cieli vede il Figliuol suo unigenito vestito della forma umana e, abbracciando Lui, non può non abbracciare tutti i fratelli suoi secondo la carne e perciò è fatta la pace tra il cielo e la terra, tra Dio e gli uomini. Gloria adunque a Dio in alto e pace in terra agli uomini. Ma a quali uomini? Agli uomini di buona volontà, bonæ voluntatis: non agli uomini pigri, non agli uomini indolenti, non ai malevoli, ma agli uomini alacri, pronti, benevoli, di buona volontà. – Le anime semplici, rette, di buona volontà, ancorché spesso digiune d’ ogni scienza, illuminate da Dio, non so come, hanno uno sguardo netto, acuto, sicuro più dei dotti; hanno l’attrazione, l’istinto santo della verità e tosto l’afferrano. La fede semplice e docile va dritta a Dio, mentre la scienza gonfia e superba discute, è restìa, e si smarrisce nel labirinto delle prove e dei dubbi. I Pastori hanno veduta la luce, hanno udito la voce degli Angeli, che li invitano a Betlemme; non frappongono indugio e chiamandosi gli uni gli altri, gridano: – Andiamo, andiamo a Betlemme, a vedere questo fatto che è avvenuto e che il Signore ci ha manifestato; e vennero in fretta e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino posto sulla mangiatoia -. Ciò che dicessero e facessero que’ pastorelli là nella grotta di Betlemme, chi ha filo di fede in cuore, può troppo bene immaginarlo. Fratelli dilettissimi! Uomini di buona volontà, pieni di fede e docili come i pastori, in spirito, andiamo, andiamo noi pure a Betlemme; vediamo il mistero d’amore, che vi si è compiuto e, prostrati a’ piedi di quella mangiatoia, facciamo ciò che la fede e l’amore ci domandano.

IL CREDO

Credo …

Offertorium

Orémus
Ps XCV:1 1:13
Læténtur cæli et exsúltet terra ante fáciem Dómini: quóniam venit.

[Si allietino i cieli, ed esulti la terra al cospetto del Signore: poiché Egli è venuto.]

Secreta

Acépta tibi sit, Dómine, quǽsumus, hodiérnæ festivitátis oblátio: ut, tua gratia largiénte, per hæc sacrosáncta commércia, in illíus inveniámur forma, in quo tecum est nostra substántia:

[Ti sia gradita, o Signore, Te ne preghiamo, l’offerta dell’odierna solennità: affinché, aiutati dalla tua grazia, mediante questi sacrosanti scambi, siamo ritrovati conformi a Colui nel quale la nostra sostanza è unita alla Tua:]

Prefatio de Nativitate Domini

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ óculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: Sanctus …

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps CIX:3
In splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.

[Nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino.]

Postcommunio

Orémus.
Da nobis, quǽsumus, Dómine, Deus noster: ut, qui Nativitátem Dómini nostri Jesu Christi mystériis nos frequentáre gaudémus; dignis conversatiónibus ad ejus mereámur perveníre consórtium:

[Concedici, Te ne preghiamo, o Signore Dio nostro, che celebrando con giubilo, mediante questi sacri misteri, la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, meritiamo con una vita santa di pervenire al suo consorzio:]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

ORDINARIO DELLA MESSA

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: DOVERI DEI GENITORI VERSO I FIGLI

Doveri dei genitori verso i figli.

Credidit ipse, et domus ejus tota.

(JOAN. IV, 53).

Possiamo noi trovare, Fratelli miei, un esempio più adatto per far intendere a tutti i capi di famiglia che essi non possono efficacemente lavorare alla loro salvezza se nel medesimo tempo non lavorano a quella dei loro figli? Invano i padri e le madri passerebbero la loro vita nel far penitenza, nel piangere i loro peccati, nel distribuire le ricchezze ai poveri; se essi hanno la disgrazia di trascurare la salute dei loro figli, tutto è perduto per essi. Ne dubitate, F. M.? Aprite le Scritture, e vi vedrete che se i genitori furono santi, lo furono del pari i loro figli, ed anche i dipendenti. Quando il Signore loda quei padri e quelle madri che si sono distinti per fede e pietà, non dimentica di dirci che i loro figli ed i loro servi hanno camminato sulle loro tracce. Lo Spirito Santo vuol farci l’elogio di Abramo e di Sara? Non tralascia nel medesimo tempo di ricordarci l’innocenza di Isacco e il fervoroso e fedele lor servo Eliezero (Gen XXIV). E se ci mette davanti le rare virtù della madre di Samuele, fa rilevare subito le belle qualità di questo degno figliuolo (I Reg. I e II). Se ci manifesta l’innocenza di Zaccaria e di Elisabetta ci parla subito di Giovanni Battista, il santo precursore del Salvatore (Luc. I). Quando il Signore vuol presentarci la madre dei Maccabei come una madre degna dei suoi figliuoli, ci mostra nel medesimo tempo il coraggio e la generosità di questi, che danno la vita con tanta gioia per il Signore (II Macc. VII). Se S. Pietro ci parla del centurione Cornelio come d’un modello di virtù, ci dice anche che tutta la sua famiglia serviva con lui il Signore (Act. X, 2) . Se il Vangelo ci parla di quell’ufficiale che venne a domandare a Gesù la guarigione di suo figlio, ci dice che dopo averla ottenuta non si diede più pace finché tutta la famiglia non credette con lui nel Signore (Joan. IV, 58). Quali esempi per i padri e le madri! Dio mio! se i padri e le madri dei nostri giorni avessero la fortuna di esser santi, quanti figli di più pel cielo! quanti figli di meno per l’inferno! Ma, forse mi direte, che cosa dobbiamo fare per adempiere i nostri doveri, poiché sono sì grandi e sì terribili? — Ahimè! io non oso dirvelo, tanto sono gravi per un Cristiano che desidera adempirli come vuole il buon Dio. Ma giacché sono obbligato a mostrarveli, eccoli: istruire i vostri figli, cioè insegnar loro a conoscere il buon Dio ed i propri doveri; correggerli cristianamente, dar loro buon esempio, guidarli per la giusta via che conduce al cielo, camminandovi per primi voi stessi. Ahimè ! F. M., io temo che questa istruzione vi sia, come tante altre, nuovo argomento di condanna. Il voler mostrarvi la grandezza dei vostri doveri, è volere discendere in un abisso senza fondo, e volere spiegare una verità che l’uomo non può mettere i n tutta la sua luce. – Per questo, F. M. bisognerebbe potervi far comprendere ciò che valgono le anime dei vostri figli, quanto ha sofferto Gesù Cristo per ridonar loro il cielo, il conto spaventoso che un giorno dovrete renderne a Dio, la felicità che fate loro perdere per tutta l’eternità, i tormenti che preparate loro per l’altra vita; converrete con me, F. M., che nessun uomo è capace di tutto questo. Ah! disgraziati genitori, se li stimaste quanto li stima il demonio! Quando pure egli impiegasse tre mila anni per tentarli, se finalmente riuscisse ad averli, conterebbe per nulla tutte le sue fatiche. Piangiamo, F. M., la perdita di tante anime che i genitori stessi ogni giorno gettano nell’inferno. Diamo uno sguardo superficiale ai vostri doveri, e frattanto, se non avete perduta interamente la fede, vedrete che non avete fatto nulla di quanto il buon Dio vuol che facciate per i vostri figli, o piuttosto che avete fatto tutto quanto occorreva per perderli. Ah! quante persone maritate non andranno in cielo! — E perché? mi direte voi. — Ecco. Perché vi sono molti che entrano nello stato del matrimonio senza le necessarie disposizioni, e profanano così da principio questo sacramento. Sì, dove sono quelli che ricevono questo Sacramento con la dovuta preparazione? gli uni vi sono condotti dal pensiero di accontentare i loro impuri desiderii; gli altri sono attirati da viste d’interesse, o dalle seduzioni della beltà; ma quasi nessuno ha per oggetto Dio solo. Ahimè! quanti matrimoni profanati, e come sono poche le unioni dove regnano la pace e la virtù! Dio mio! Quante persone maritate si danneranno. Ma, no, F. M., non entriamo in questi particolari, vi ritorneremo un’altra volta; parliamo solo dei doveri dei genitori verso i figli; sono abbastanza estesi per servirci da soggetto di trattenimento. Per oggi, F . M., non dirò nulla di quei padri e di quelle madri, del cui delitto non potrei dipingere a colori abbastanza vivi e forti la enormità e l’orrore. Essi fissano, prima di Dio stesso, il numero dei loro figli, mettono dei limiti ai disegni della Provvidenza s’oppongono alle sue adorabili volontà. Copriamo, F. M., tutte queste turpitudini con un velo, che nel grande giorno delle vendette, Colui, che ha tutto visto, contato e. ponderato saprà strappare. I tuoi delitti, amico, sono ancora nascosti, ma fra qualche giorno  Dio saprà manifestarli davanti a tutto l’universo. Sì, F. M., nel giorno del giudizio vedremo tutti gli orrori commessi nel matrimonio e che avrebbero fatto fremere gli stessi pagani. Non dico neppur nulla di quelle madri delinquenti, che vedrebbero senza dolore, ahimè! forse anche con piacere, perire i loro poveri figli prima di averli dati alla luce, e di aver loro procurato la grazia del Battesimo; le une, per timore dei fastidi che proverebbero nell’allevarli; le altre per timore del disprezzo e del rifiuto che proverebbero da un marito brutale ed irragionevole; non dico, senza religione, perché i pagani non farebbero di più, Dio mio! e possono tali delitti trovarsi fra i Cristiani? Eppure. F. M., quanto ne è grande il numero! Ancora una volta, quante Persone maritate sono dannate! Ecchè, amico mio, il buon Dio vi ha forse dato cognizioni superiori alle bestie, solo perché poteste offenderlo meglio? Gli uccelletti e gli stessi animali più feroci dovranno servirvi d’esempio? Vedetele,  queste povere bestie, quanto si rallegrano al vedersi moltiplicare i loro nati: di giorno si affaticano a cercar loro il nutrimento, e di notte li coprono colle loro ali per difenderli dalle ingiurie del tempo. Se una mano rapace porta via loro i piccoli, le sentirete lamentarsi; sembra che esse non possano più abbandonare i loro nidi, sempre nella speranza di ritrovarli. Quale vergogna, non dico per i pagani, ma per i Cristiani, che gli animali siano più fedeli nell’adempimento dei disegni della Provvidenza, che non gli stessi figli di Dio; cioè i padri e le madri che Dio ha scelto solo per popolare il cielo! No, no, F. M., non continuiamo, abbandoniamo un argomento così ributtante; entriamo nei particolari che riguardano un maggior numero di persone. Io vi parlerò più semplicemente che mi sarà dato, affinché possiate ben comprendere i vostri doveri ed adempirli.

1° Dico anzitutto che quando una madre è incinta deve pregare o fare qualche elemosina; meglio ancora, se può, far celebrare una Messa, per domandare alla santa Vergine di riceverla sotto la sua protezione, affinché ottenga da Dio che il povero infante non muoia senza aver ricevuto il santo Battesimo. Se una madre avesse veramente il sentimento religioso, direbbe a se stessa: “Ah! se avessi la fortuna di veder questo bambino diventare un santo, e contemplarlo per tutta l’eternità al mio fianco, cantando le lodi del buon Dio, quale gioia per me!„ Ma no, no, F. M., non è questo il pensiero che occupa una madre incinta: essa proverà invece un affannoso dispiacere nel vedersi in questo stato, e forse penserà di distruggere il frutto del suo seno. Dio mio, il cuore di una madre cristiana, può concepire un tale delitto? Eppure, quante ne vedremo, in quel giorno, che avranno nutrito in sé tali pensieri d’omicidio!

2° Dico inoltre che una madre incinta che vuol conservare il figliuolo pel cielo, deve evitare due cose: il portare carichi troppo pesanti e l’alzare le braccia troppo con isforzo per prendere qualche cosa, il che potrebbe nuocere al povero figliuolo e farlo perire. La seconda cosa da evitare, è il prendere rimedi che possano far patire il figliuolo, o dare in iscatti di collera, ciò che potrebbe spesso soffocarlo. I mariti devono tollerare molte cose che in un altro tempo non tollererebbero; se non vogliono farlo per riguardo alla madre, lo facciano almeno per riguardo al bambino; poiché potrebbe perdere la grazia del santo Battesimo; il che sarebbe la più grande di tutte le disgrazie!

3° Quando una madre vede avvicinarsi il tempo del parto, deve andarsi a confessare, e per più ragioni. La prima, perché molte durante il parto muoiono e, se per isventura ella avesse la disgrazia d’essere in peccato, si dannerebbe. La seconda, perché essendo in istato di grazia, tutte le pene e dolori che soffrirà saranno ricompensati in cielo. La terza, perché il buon Dio non mancherà di accordarle tutte le grazie che essa augurerà al suo figliuolo. Una madre, durante il parto, deve conservare il pudore e la modestia, per quanto nel suo stato le sia possibile, e non mai dimenticarsi di essere alla presenza di Dio, ed in compagnia del suo buon angelo custode. Non deve mangiare mai di grasso nei giorni proibiti, senza permesso, perché attirerebbe la maledizione su di sé e sul figlio.

4° Non lasciate mai passare più di ventiquattro ore senza far battezzare i vostri figli; se non lo fate, vi rendete colpevoli, eccetto però che non abbiate serie ragioni. Per padrini e madrine scegliete persone buone per quanto lo potete; eccone la ragione: tutte le preghiere, le buone opere che faranno i padrini e le madrine, in virtù della parentela spirituale coi vostri figli otterranno a questi una quantità di grazie dal cielo. Sì, F. M., stiamo certi che nel giorno del giudizio vedremo molti figli riconoscersi debitori della loro salute alle preghiere, ai buoni consigli ed ai buoni esempi dei padrini e delle madrine. Un’altra ragione vi obbliga: se voi venite a mancare, essi dovranno tenere il vostro posto. Dunque, se aveste la disgrazia di scegliere padrini e madrine senza religione, questi non potrebbero che condurre i vostri figli all’inferno. Padri e madri, non dovete mai lasciar perdere il frutto del Battesimo ai vostri figli: come sareste ciechi e crudeli! La Chiesa vuol salvarli col santo Battesimo, e voi, per negligenza, li rimettete in potere del demonio! Poveri bambini; in quali mani avete la disgrazia di cadere! Ma quanto ai padrini ed alle madrine non bisogna dimenticare che per farsi mallevadori di un fanciullo è necessario essere sufficientemente istruiti, di poter istruire essi il fanciullo, se il padre e la madre avessero a mancargli. Inoltre bisogna che siano buoni Cristiani ed anche perfetti Cristiani; poiché devono servir d’esempio ai loro figli spirituali. Perciò una persona che non fa Pasqua non deve tener a battesimo un bambino, e neppure una persona che ha una cattiva abitudine e non vuole rinunciarvi, o che va ai balli, o che frequenta abitualmente le bettole; perché ad ogni interrogazione del sacerdote, fa un giuramento falso: cosa grave, come ben vedete, in presenza di Gesù Cristo stesso, e ai piedi del sacro fonte battesimale. Quando non avete le necessarie condizioni per essere padrini cristiani, dovete rifiutare; e, se tutto questo vi è già capitato, dovete confessarvene, e non cadere più in simile peccato.

5° Non dovete far dormire i vostri figli con voi prima dell’età di due anni; se lo fate, commettete peccato. La Chiesa ha fatto questa legge non senza ragione: voi siete obbligati ad osservarla. — Ma, mi direte, alle volte fa molto freddo, o si è molto stanchi. — Questo non è una ragione che possa scusarvi davanti a Dio. Del resto, quando vi siete maritati, sapevate che sareste stati obbligati a portare il peso e ad adempiere i doveri inerenti a questo stato. Vi sono anche, F. M., dei padri e delle madri così poco istruiti in materia di religione, o così noncuranti dei loro doveri, che fanno dormire con sé figliuoli dai quindici ai diciotto anni, e spesso anche fratelli e sorelle assieme. Dio mio in quale stato d’ignoranza sono questi padri e queste madri! — Ma, mi direte, non abbiamo letti. — Voi non avete letti: ma è meglio farli dormire su di una seggiola, o in casa del vostro vicino. Dio mio! quanti genitori e figli dannati! Ma ritorno ancora al mio punto, dicendo che tutte le volte che fate dormire con voi i figliuoli prima che abbiano due anni, offendete il buon Dio. Ahimè! quanti poveri bambini alla mattina sono trovati soffocati dalla madre, ed a quante madri, qui presenti, è toccata questa disgrazia! E quand’anche Iddio ve ne avesse preservate, non siete meno colpevoli che se lì aveste trovati soffocati ogniqualvolta hanno dormito con voi. Voi non volete convenirne, cioè non ve ne correggete: aspettiamo il giorno del giudizio, ed allora sarete obbligate di ammettere quanto ora non volete riconoscere. — Ma, mi direte, quando sono battezzati non vanno perduti, anzi vanno in cielo. — Senza dubbio, F. M., non andranno perduti, ma siete voi che vi perderete; del resto sapete voi a che cosa destinava Iddio quei figliuoli? Forse quel bambino sarebbe stato un buon sacerdote. Avrebbe condotto una quantità di anime a Dio; ogni giorno, celebrando la S. Messa, avrebbe reso più gloria a Dio che tutti gli angeli ed i santi riuniti insieme in cielo. Avrebbe tratto più anime dal purgatorio che non le lagrime e lo penitenze dei solitari offerte al trono di Dio. Comprendete ora, il male di lasciar morire un fanciullo, anche battezzato? Se la madre di S. Francesco Saverio, che fu un gran santo che ha convertito tanti idolatri, l’avesse lasciato perire; ahimè! quante anime nell’inferno, al giorno del giudizio, la rimprovererebbero di essere stata la causa della loro dannazione, perché quel fanciullo era mandato da Dio por convertirli! Voi lasciate perire quella bambina che forse si sarebbe data a Dio; colle sue preghiere e co’ suoi buoni esempi avrebbe condotto un gran numero di anime al cielo. Forse madre di famiglia, avrebbe ben allevato i suoi figli che, a loro volta, ne avrebbero allevati altri, e così la religione si sarebbe mantenuta e conservata per numerose generazioni. Voi contate poco, F. M., la perdita di un fanciullo, col pretesto che è battezzato; ma aspettate il giorno del giudizio, e vedrete e riconoscerete ciò che non comprenderete mai in questo mondo. Ahimè! se i padri e le madri facessero di tanto in tanto questa riflessione, quante anime di più vi sarebbero in cielo.

6° Io dico che i genitori sono colpevoli assai quando accarezzano i loro figli in un modo troppo sconveniente. — Ma, mi direte, non facciamo alcun male, è soltanto per carezzarli; — ed io invece vi dirò che offendete il buon Dio, e che attirate la maledizione su questi poveri bambini. Sapete che cosa ne avviene? Ecco: Vi sono dei fanciulli che hanno presa questa abitudine dai genitori, e l’hanno conservata fino alla loro prima comunione. Ma, mio Dio! si può credere che questo avvenga da parte di genitori cristiani?

7° Vi sono delle madri, che hanno sì poca religione, o se volete, sono così ignoranti, che per mostrare alle vicine la robustezza dei loro figli li scoprono nudi; altre per lavarli, li lasciano per lungo tempo scoperti davanti a tutti. Ebbene non dovreste farlo, neppure se niuno vi fosse presente. Forse non dovete rispettare la presenza dei loro Angeli custodi? Lo stesso dicasi quando li allattate. Deve forse una madre cristiana lasciare il seno scoperto? e quantunque ben coperta, non deve forse voltarsi dove non vi sia alcuno? Altre, sotto pretesto che sono nutrici, non si coprono che per metà; quale abbominazione! Non c’è da far arrossire persino i pagani? Si è obbligati, per non esporsi a sguardi impuri, di fuggire la loro compagnia. Che orrore! — Ma, mi direte, quantunque vi sia presente alcuno, bisogna pur allattare i figli e fasciarli quando piangono. — Ed io vi dirò che quando piangono, dovete fare tutto il possibile per acquietarli; ma è meglio lasciarli piangere un poco che offendere Iddio. Ahimè! quante madri sono causa di sguardi impuri, di cattivi pensieri, di toccamenti disonesti! Ditemi, sono quelle le madri cristiane che dovrebbero essere così riservate? Dio mio! quale giudizio dovranno subire? Altre sono così maleducate che d’estate lasciano correre per tutta la mattina i loro figli mezzo nudi. Ditemi, o miserabili, non stareste forse meglio tra le bestie selvagge? Dove è la vostra religione e il pensiero dei vostri doveri? Ahimè! della religione non ne avete, e quanto ai vostri doveri, non li avete mai conosciuti. Voi stesse ne date la prova ogni giorno. Ah! poveri figli, quanto siete disgraziati d’aver tali genitori!

8° Dico, che dovete ancora sorvegliare i vostri figli quando li mandate nei campi; là, lontani da voi, si abbandonano a tutto ciò che il demonio ispira loro. Se l’osassi, vi direi che essi commettono ogni sorta di disonestà; che passano delle mezze giornate nel far cose abbominevoli. So che la maggior parte non conoscono il male che fanno; ma aspettate quando ne avranno la conoscenza. Il demonio non mancherà di ricordar loro quello che han fatto in questi momenti, per farli peccare. Sapete, F. M., ciò che produce la vostra negligenza o la vostra ignoranza? Eccolo: ricordatevelo bene. Una buona parte dei figliuoli che mandate nei campi, alla loro prima comunione commettono dei sacrilegi; essi hanno contratto delle abitudini vergognose: e non osano manifestarle, ovvero non se ne sono corretti. In seguito, se un sacerdote che non vuol dannarli, non li ammette, lo si rimprovererà, dicendo: Fa così perché è il mio … “Via, miserabili, vegliate un po’ meglio sui vostri figli, e saranno ammessi. Sì, dirò che la maggior parte dei vostri figli hanno cominciato la lor riprovazione da quando cominciarono ad andare nei campi. — Ma, mi direte, noi non possiamo seguirli sempre, avremmo ben da fare. — Per questo, F. M., non vi dico nulla; ma tutto quello che so è che voi risponderete delle anime loro come della vostra. — Ma noi facciamo quello che possiamo. — Io non so se voi fate quello che potete; ma quello che so è questo, che se i vostri figli presso di voi si dannano, vi dannerete voi pure; ecco quello che so, e niente altro. Avrete un bel dir di no, che io vado troppo avanti; se non avete del tutto perduta la fede, ne converrete; ciò solo basterebbe a gettarvi in una disperazione dalla quale non potreste più uscirne. Ma io so che voi non farete un passo di più per meglio osservare i vostri figli; voi non vi inquietate di questo; ed avete quasi ragione, perché avrete il tempo di tormentarvi durante tutta l’eternità. Andiamo avanti.

9. Non dovete far dormire le vostre domestiche o le vostre figlie, in appartamenti, dove alla mattina vanno i servi a cercare le rape o le patate. Bisogna dirlo, a confusione dei padri e delle madri, dei padroni e delle padrone; povere fanciulle e povere domestiche, avranno la confusione di alzarsi, di vestirsi davanti a gente che ha tanta religione quanta ne avrebbe se non avesse mai sentito parlare del vero Dio. Spesso poi i letti di queste povere fanciulle non avranno cortine. — Ma, mi direte, se bisognasse fare tutto ciò che voi dite, quanto lavoro ci sarebbe. — Amico mio, è questo appunto ciò che dovete fare, e se non lo fate ne sarete giudicati e puniti: certamente. Voi non dovete far dormire i vostri figli che hanno già sette od otto anni, nella vostra stessa camera. Ricordatevi, F. M., non conoscerete il male che fate se non al giudizio di Dio. So bene che non farete nulla o quasi nulla di ciò che vi insegno; non importa; io vi dirò sempre tutto ciò che vi devo dire; dopo, tutto il male sarà vostro e non mio, perché vi faccio conoscere ciò che dovete fare per adempire i vostri doveri verso i figli. Quando il buon Dio vi giudicherà, non potrete dire che non sapevate ciò che bisognava fare; io allora vi ricorderò ciò che oggi vi ho detto. – Avete adunque visto, F. M., che i vostri figli, benché piccoli, vi fanno commettere molte mancanze; ora vedrete che quando saranno alti ve ne faranno commettere di più grandi e di più funeste per voi e per essi. Converrete tutti con me, F. M., che più i vostri figli avanzano in età più dovete raddoppiare le preghiere e le cure, perché i pericoli sono maggiori, e le tentazioni più frequenti. Ditemi ora, fate voi tutto questo? No, senza dubbio; quando i vostri figli erano piccoli voi avevate la cura di parlar loro del buon Dio, di far loro recitare le preghiere; vegliavate un po’ sulla loro condotta, domandavate loro se si erano confessati, se avevano assistito alla santa Messa; avevate la precauzione di ricordar loro d’andare alla dottrina. Ma da quando hanno raggiunto i diciotto o i venti anni, non ispirate più loro in cuore l’amore ed il timor di Dio, non ricordate loro la felicità di chi lo serve in questa vita, il rimorso che si ha morendo, di andare perduti: ahimè! quei poveri figli sono pieni di vizi; ed hanno già mille volte trasgredito, senza conoscerli, i comandamenti della legge di Dio: il loro spirito è ripieno delle cose terrene, e vuoto di quelle di Dio. Voi parlate loro del mondo. Una madre comincerà a dire alla figliuola che la tale si è unita col tale, e che è stato un buon partito; bisognerebbe che anch’essa trovasse simile fortuna. Questa madre non avrà in mente che la figlia, cioè, farà tutto ciò che potrà per farla comparire agli occhi del mondo. Essa la coprirà di vanità, fors’anche a costo di far dei debiti; le insegnerà a camminare diritta, dicendole che cammina tutta curva, o non si sa che a cosa somigli. Certo vi stupisce che vi siano madri così cieche. Ahimè! come è grande il numero di queste povere cieche che cercano la perdita delle loro figlie! Altra volta, vedendole uscire la mattina, si daranno maggior premura di guardare so hanno la cuffia ben accomodata, il viso e le mani ben pulite, che di chiedere se hanno offerto il loro cuore a Dio, se hanno fatto le loro preghiere e offerta a Dio la loro giornata; di questo non parlano mai. Altre volte diranno alle figliuole che non bisogna essere troppo rustiche, che bisogna far buon viso a tutti; che bisogna farsi delle conoscenze per potersi collocare. Quante madri o poveri padri accecati dicono al figlio: Se ti porterai gentilmente o se farai bene quella cosa, ti lascerò andare alla fiera di Montmerle o alla Sagra (Vedi la nota a pag. 313, vol. II); cioè, se farai sempre quello che io vorrò, ti trascinerò nell’inferno! Dio mio, è questo il linguaggio di genitori cristiani che dovrebbero pregare giorno e notte per i loro propri figli, affinché il buon Dio ispiri loro un grande orrore per i piaceri, un grande amore per Lui e per la salute della loro anima? Quello che addolora ancor di più, è vedere che vi sono figliuole le quali non sono affatto portate ad uscir di casa; ed i genitori le pregano, le sollecitano dicendo loro: Se stai sempre in casa non troverai da collocarti, fuori non sarai conosciuta. Volete voi, madre mia, che la vostra figlia faccia delle conoscenze? Non inquietatevi troppo, ne farà senza che voi abbiate a tormentarvi tanto; aspettate ancora un po’ e, vedrete, se le avrà fatte. La figlia, che non avrà forse il cuore guasto come quello della madre, soggiungerà: Farei volentieri come voi volete; ma il signor Parroco non vuole; ci dice che tutto ciò non fa che attirare la maledizione del buon Dio nei matrimoni. Io non mi sento voglia di andar a ballare, che ve ne pare, mamma? — Eh! Buon Dio, quanto sei ingenua, figlia mia, ad ascoltare il signor Parroco; bisogna bene che egli dica qualche cosa; è il suo mestiere; noi si prende quello che si vuole e si lascia il resto agli altri. — Ma, allora, non faremo Pasqua? — Ah! povera bambina; se lui non ci assolverà, andremo da un altro; ciò che rifiuta l’uno, un altro l’accetta sempre. Figlia mia, sii prudente, ritorna presto, ma va pure; quando non sarai più giovane avrai finito di divertirti. „ Un’altra volta sarà una vicina che le dirà: “Voi lasciate troppo libera vostra figlia, essa finirà col darvi dei dispiaceri. — Mia figlia! le risponderà; non temo proprio di nulla. E poi le ho raccomandato di essere prudente ed essa me l’ha promesso; sono sicura che frequenta solo persone dabbene.„ — Madre mia, aspettate ancora un po’ e vedrete il frutto della sua assennatezza. Quando la colpa sarà palese, vostra figlia diventerà argomento di scandalo per tutta la parrocchia, coprirà di obbrobrio e di disonore la famiglia; e se nulla se ne scorgerà, cioè se nessuno lo saprà, tuttavia essa porterà sotto il velo del sacramento del matrimonio un cuore ed un’anima guasti da impurità, alle quali s’era data prima del matrimonio, fonte di maledizioni per tutta la sua vita. — Ma, dirà una madre, quando vedrò mia figlia andar troppo oltre, allora saprò ben io fermarla; non la lascerò più uscire, oppure adoprerò il bastone. — Voi, o madre, non le darete più il permesso; non inquietatevi, essa saprà prenderselo senza che voi vi affatichiate a darglielo, e se mostrerete anche solo di volerglielo rifiutare, ella saprà ben minacciarvi, burlarsi di voi, e partire. Siete stata voi ad eccitarla la prima volta, ed ora non potrete più trattenerla. Forse piangerete, ma a che serviranno le vostre lagrime? a nulla, se non a farvi ricordare che vi siete ingannata, che dovevate essere più prudente e guidar meglio i vostri figli. Se ne dubitate, ascoltatemi un momento e, malgrado la durezza del vostro cuore, per l’anima dei vostri poveri figli, vedrete che è solo il primo passo quello che costa; una volta che li avete lasciati uscir di strada non ne siete più padrone, e spesso fanno una fine miserabile. – Si racconta nella storia, che un padre aveva un figlio il quale gli dava ogni sorta di consolazioni; era buono, obbediente, riservato nelle sue parole, ed era nel medesimo tempo l’edificazione di tutta la parrocchia. Un giorno che vi fu un divertimento nel vicinato, il padre gli disse: “Figlio mio, tu non esci mai; va a divertirti un po’ coi tuoi amici, sono giovani dabbene, e non sarai in cattiva compagnia.„ Il figlio gli rispose: “Padre, per me non v’ha piacere più grande, e miglior divertimento che il restare in vostra compagnia.„ Ecco una bella risposta da parte di un figlio, che preferisce la compagnia di suo padre a tutti gli altri piaceri ed a tutte le altre compagnie. “Ah! figlio mio, gli rispose il povero padre accecato, verrò anch’io con te.„ Il padre parte col figlio. La seconda volta, il giovane non ha più bisogno di farsi tanto pregare; la terza va da solo, non ha bisogno di suo padre; al contrario, il padre comincia a dargli fastidio; egli conosce già molto bene la strada. Il suo spirito non è più preoccupato che dal suono degli strumenti che ha sentito, delle persone che ha viste. E finisce coll’abbandonare quelle piccole pratiche di pietà che si era prescritte quand’era tutto di Dio; finalmente si lega con una giovane ben più cattiva di lui. I vicini cominciano già a parlare di lui, come di un nuovo libertino. Quando il padre se n’accorge, vuol opporsi, gli proibisce di andare in qualsiasi luogo senza il suo permesso; ma non trova più nel figlio l’antica sottomissione Nulla può più fermarlo; si burla del padre, dicendogli che, non potendo ora divertirsi lui, vuol impedirlo anche agli altri. Il padre disperato, non vede più rimedio, si strappa i capelli, vuol castigarlo. La madre che capiva meglio del marito i pericoli di quelle compagnie, gli aveva spesso ripetuto che faceva molto male, che avrebbe avuto dei dispiaceri; ma era troppo tardi. Un giorno il padre, vistolo tornare da quei divertimenti, lo castigò. Il figlio, vedendosi contrariato dai genitori, si arruolò soldato; e qualche tempo dopo il padre ricevette una lettera che gli annunciava che il figliuol suo era rimasto schiacciato sotto i piedi dei cavalli. Ahimè! dove andò questo povero figlio? Dio non voglia che sia andato all’inferno. Intanto se egli si è dannato, come tutto fa credere, il padre fu la vera causa della sua perdizione. Quand’anche il padre facesse penitenza, la sua penitenza e le sue lagrime non riusciranno mai a strappare quel povero figlio dall’inferno. Ah! disgraziati genitori che gettate i vostri figli nelle fiamme eterne! Voi trovate questo alquanto esagerato; ma se esaminiamo davvicino la condotta dei genitori, vediamo che questo è quello appunto che essi fanno tutti i giorni. Se ne dubitate solo un po’ tocchiamo più da vicino questo punto. Non è vero che vi lamentate ogni giorno dei vostri figli? che non potete più comandar loro? purtroppo è vero. Voi forse avete dimenticato quel giorno in cui avete detto a vostro figlio o a vostra figlia: Se vuoi andare alla fiera di Montmerle, o alla Sagra, va pure, non ritornare però troppo tardi. Vostra figlia vi ha risposto che avrebbe fatto ciò che volevate. — Va pure, non esci mai, bisogna che ti pigli un momento di svago. — Non potete dir di no. Ma dopo qualche tempo, non avrete più bisogno di sollecitarla, né di darle il permesso. Allora, vi affliggerete, perché esce di casa senza dirvelo. Guardatevi indietro, o madre, e vi ricorderete che le avete dato il permesso una volta per tutte. Di più: vedete che cosa accadrà quando le avrete permesso di andare ovunque la conduca la sua testa senza cervello. Voi volete ch’essa faccia delle conoscenze per potersi collocare. State certa, che continuando a correre per le strade, ne farà tante, e moltiplicherà le sue colpe. Sarà questo cumulo di peccati che impedirà alla benedizione di Dio di spandersi su questi poveri figli al momento del loro matrimonio. Ahimè! questi poveretti sono già maledetti da Dio! Mentre il sacerdote alza la mano per benedirli, Dio dall’alto de’ cieli lancia le sue maledizioni. E di qui comincerà una spaventosa sorgente di disgrazie per essi. Questo nuovo sacrilegio, aggiunto a tanti altri, fa perder loro la fede per sempre. Allora, nel matrimonio, dove si crede tutto permesso, la vita non è più che un abisso di corruzione che farebbe fremere l’inferno stesso se ne fosse testimonio. Ma tutto questo dura poco. Ben presto cominceranno a non essere rari i dispiaceri, gli odi, gli alterchi ed i cattivi trattamenti dall’una e dall’altra parte. — Dopo cinque o sei mesi di matrimonio il padre vedrà suo figlio infuriato e quasi disperato, maledire i genitori, la moglie e fors’anche quelli che hanno combinato il matrimonio. Suo padre, stupito, gli domanderà che cosa è successo: “Ah! quanto sono disgraziato; ah! se quando son nato mi aveste ucciso, o se prima del mio matrimonio qualcheduno m’avesse avvelenato! — Ma, figlio mio, gli dirà il padre tutto affannato, bisogna aver pazienza. Che cosa vuoi! forse non sarà sempre così. — Non mi dite nulla, se mi sentissi il coraggio, mi tirerei una fucilata, o mi getterei nel fiume: con costei bisogna ad ogni momento altercare e battersi.„ — Non è questo, o buon padre, il frutto di quelle parole: Lasciamo che il Parroco dica, bisogna far delle conoscenze, altrimenti non si troverà da collocarsi. Va pure, figlio mio, sii prudente, torna di buon’ora e sta tranquillo? Sì, senza dubbio, amico mio, se foste stato assennato ed aveste consultato Iddio, non vi sareste collocato come avete fatto; Dio non l’avrebbe permesso; ma avrebbe fatto con voi come col giovane Tobia; vi avrebbe scelto Lui stesso una sposa che, venendo in casa, vi avrebbe apportato la pace, la virtù, ogni sorta di benedizioni. Ecco, amico mio, ciò che avete perduto non volendo ascoltare il vostro pastore ed avendo seguito il consiglio dei vostri ciechi genitori. – Un’altra volta sarà una povera figliuola che verrà, forse tutta ammaccata di battiture, a deporre nel seno della madre le sue lagrime ed i suoi dispiaceri. Esse mescoleranno assieme le loro lagrime: “Ah! madre mia, quanto sono stata disgraziata d’aver preso un marito come quello! così malvagio e brutale! Io credo che un giorno si dirà ch’egli mi ha uccisa.„ — “Ma, le dirà la madre: devi fare tutto ciò che ti comanda.„ — “Io lo faccio sempre; ma nulla lo accontenta, è sempre in collera.„ — “Povera figliuola, le dirà la madre, se avesti sposato un tale che t’ha domandata, saresti stata ben più felice… „ Voi v’ingannate, madre, non è questo che dovete dirle. “Ah! povera figlia, se t’avessi insegnato il timore e l’amor di Dio, non t’avrei mai lasciata correre ai divertimenti: Dio non avrebbe permesso che tu fossi così disgraziata…„ Non ricordate, buona madre, quelle vostre parole: lascia dire il signor Parroco, va pure; sii prudente, ritorna di buon’ora e sta tranquilla. Va benissimo, madre mia, ma ascoltate. Un giorno, passai vicino ad un gran fuoco; presi una manata di paglia e ve la gettai dentro, dicendole di non bruciare. Quelli che furono testimoni del mio atto, mi dissero, burlandosi di me: “Avete un bel dirle di non bruciare; non l’impedirete certo. — E come, risposi, se io le dico di non bruciare?„ Che no pensate, madre mia? vi riconoscete? Non è questa la vostra condotta, o quella della vostra vicina? Non è vero che avete detto a vostra figlia prima di concederle che partisse, di essere assennata? — Sì, senza dubbio… — Andate, buona madre, voi foste cieca, voi siete stata il carnefice dei vostri figli. Se essi sono disgraziati nel loro matrimonio, voi sola ne siete la causa. Ditemi, buona madre, se aveste avuto un po’ di religione e di amore per i vostri figli, non dovevate fare tutto il possibile per evitar loro il male che avete commesso voi, quando eravate nella medesima condizione? Parlerò più chiaro. Non siete abbastanza contenta di esser disgraziata voi; volete che lo siano anche i vostri figli. E voi, figlia mia, siete sfortunata nella vostra famiglia? Me ne dispiace assai; ma ne sono meno stupito che se mi diceste che siete felice, dopo le disposizioni che avete portato al vostro matrimonio. – Sì, F. M., la corruzione oggi è salita tant’alto tra i giovani, che sarebbe quasi impossibile trovare chi riceva santamente questo Sacramento, come è impossibile vedere un dannato salire al cielo. — Ma, mi direte, ve ne sono ancora alcuni. — Ahimè! amico mio, dove sono?… Ah! sì, un padre od una madre non mettono alcuna difficoltà di lasciare per tre o quattro ore, alla sera od anche durante i vespri, la loro figlia con un giovane. — Ma, mi direte, sono buoni. — Sì, senza dubbio, sono buoni; la carità deve farcelo credere. Ma ditemi, madre mia, eravate voi buona quando eravate nel medesimo caso di vostra figlia? – Finisco, F. M., dicendo che se i figli sono disgraziati in questo mondo e nell’altro, è colpa dei genitori che non hanno usato tutti i mezzi possibili per condurli santamente per la via della salute, dove il buon Dio li avrebbe certo benedetti. Ahimè! al giorno d’oggi, quando un giovane od una giovane vogliono collocarsi, bisogna assolutamente che abbandonino il buon Dio No, non entriamo in questi particolari; vi tornerò su un’altra volta. Poveri padri e povere madri, quanti tormenti vi aspettano nell’altra vita! Fin che la vostra discendenza durerà, voi parteciperete a tutti i suoi peccati, sarete puniti come se li aveste commessi voi, e per di più renderete conto di tutte le anime della vostra discendenza che si danneranno. Tutte queste povere anime vi accuseranno di averle fatte perdere. Questo è facilissimo da comprendersi. Se aveste ben allevato i vostri figli, essi avrebbero allevato bene i loro: si sarebbero salvati gli uni e gli altri. Ciò non basta ancora; voi sarete responsabili davanti a Dio di tutte le buone opere che la vostra discendenza avrebbe fatte sino alla fine del mondo, e che non avrà fatto per causa vostra. Che ne pensate, padri e madri? Se non avete ancor perduta la fede, non avete motivo di piangere sul male che avete fatto, e sull’impossibilità di rimediarvi? Non avevo io ragione di dirvi, in principio, che è quasi impossibile mostrarvi in tutta la sua luce la grandezza dei vostri doveri? Eppure quello che vi ho detto oggi non è che un piccolo sguardo Ritornate domenica, padri e madri, lasciate la casa in custodia ai vostri figli, ed io continuerò, senza però potervi far comprenderò tutto. Ahimè! quanti genitori trascinano i loro poveri figli nell’inferno, e insieme vi cadono essi stessi. Dio mio! si può pensare a tanta sciagura senza fremere? Felici quelli che il buon Dio non chiama al matrimonio! Quale conto di meno avranno da rendere! — Ma, mi direte: “Noi facciamo quello che possiamo.„ Voi fate ciò che potete, sì, senza dubbio; ma per perderli, non per salvarli. Finendo vi voglio mostrare che non fate quello che potete. Dove sono le lagrime versate, le penitenze e le elemosine fatte per domandare a Dio la loro conversione? Poveri figli, quanto siete disgraziati d’appartenere a genitori, i quali non lavorano che a rendervi infelici in questo mondo, ed ancor più nell’altro! Come vostro padre spirituale, ecco il consiglio che vi do: Quando vedete i vostri genitori che mancano alle funzioni, lavorano alla domenica, mangiano di grasso nei giorni proibiti, non frequentano più i Sacramenti, non s’istruiscono, fate tutto il contrario; affinché i vostri buoni esempi li salvino, e se otterrete questa felicità, avrete tutto guadagnato. E ciò che vi auguro.

DOMENICA IV DI AVVENTO (2020)

IV DOMENICA DI AVVENTO. (2020)

Stazione alla Chiesa dei 12 Apostoli.

Dom. privil. Semid. di II cl. Paramenti violacei.

Come tutta la liturgia di questo periodo, la Messa della Quarta Domenica dell’Avvento, ha lo scopo di prepararci al doppio Avvento di Cristo, avvento di misericordia a Natale, nel quale noi commemoriamo la venuta di Gesù, e avvento di giustizia alla fine del mondo. L’Introito, il Vangelo, l’Offertorio e il Communio fanno allusione al primo, l’Epistola si riferisce al secondo, e la Colletta, il Graduale e l’Alleluia possono applicarsi all’uno e all’altro. Le tre grandi figure delle quali si occupa la Chiesa durante l’Avvento ricompaiono in questa Messa. Isaia, Giovanni Battista e la Vergine Maria. Il Profeta Isaia annuncia di S. Giovanni Battista, che egli è: « la voce di colui che grida nel deserto: preparate la via del Signore, appianate tutti i suoi sentieri, perché ogni uomo vedrà la salvezza di Dio ». E la parola del Signore si fece sentire a Giovanni nel deserto: ed egli andò in tutti i paesi intorno al Giordano e predicò il battesimo di penitenza (Vang.). « Giovanni, spiega S. Gregorio, diceva alle turbe che accorrevano per essere battezzati da lui: Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire la collera che sta per venire? La collera infatti che sovrasta è il castigo finale, e non potrà fuggirlo il peccatore, se non ricorre al pianto della penitenza. « Fate dunque frutti degni di penitenza. In queste parole è da notare che l’amico dello sposo avverte di offrire non solo frutti di penitenza, ma frutti degni di penitenza. La coscienza di ognuno si convinca di dover acquistare con questo mezzo un tesoro di buone opere tanto più grande quanto egli più si fece del danno con il peccato » (3° Nott.). « Iddio, dice anche S. Leone, ci ammaestra Egli stesso per bocca del Santo Profeta Isaia: Condurrò i ciechi per una via ch’essi ignorano e davanti a loro muterò le tenebre in luce, e non li abbandonerò. L’Apostolo S. Giovanni ci spiega come s’è compiuto questo mistero quando dice: Noi sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza perché possiamo conoscere il vero Iddio ed essere nel suo vero Figlio » (2° Nott.). – Per il grande amore che Dio ci porta ha inviato sulla terra il Suo unico Figlio, che è nato dalla Vergine Maria. Proprio questa Vergine benedetta ci ha dato di fatto Gesù; così, nel Communio, la Chiesa ci ricorda la profezia di Isaia: « Ecco che una Vergine concepirà e partorirà l’Emmanuele », e nell’Offertorio Ella unisce in un solo saluto le parole indirizzate a Maria dall’Arcangelo e da Santa Elisabetta, che troviamo nei Vangeli del mercoledì e del venerdì precedenti: « Gabriele, (nome che significa « forza di Dio »), è mandato a Maria — scrive S. Gregorio — perché egli annunziava il Messia che volle venire nell’umiltà e nella povertà per atterrare tutte le potenze del mondo. Bisognava dunque che per mezzo di Gabriele, che è la forza di Dio, fosse annunciato Colui che veniva come il Signore delle Virtù, l’Onnipotente e l’Invincibile nei combattimenti, per atterrare tutte le potenze del mondo » (35° Serm.). La Colletta fa allusione a questa «grande forza» del Signore, che si manifesta nel primo avvento, perché è nella sua umanità debole e mortale che Gesù vinse il demonio, come anche ci parla dell’apparizione della sua«grande potenza» che avverrà al tempo del suo secondo avvento, quando, come Giudice Supremo, verrà nello splendore della sua maestà divina, a rendere a ciascuno secondo le sue opere (Ep.). Pensando che, nell’uno e nell’altro di questi avventi, Gesù, nostro liberatore, è vicino, diciamogli con la Chiesa « Vieni Signore, non tardare ».

Incipit

In nómine Patris,  et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Exod XVI :16; 7
Hódie sciétis, quia véniet Dóminus et salvábit nos: et mane vidébitis glóriam ejus

[Oggi saprete che verrà il Signore e ci salverà: e domattina vedrete la sua gloria.]


Ps XXIII: 1
Dómini est terra, et plenitúdo ejus: orbis terrárum, et univérsi, qui hábitant in eo.

[Del Signore è la terra e quanto essa contiene; il mondo e e tutti quelli che vi abitano.]

Hódie sciétis, quia véniet Dóminus et salvábit nos: et mane vidébitis glóriam ejus.

[Oggi saprete che verrà il Signore e ci salverà: e domattina vedrete la sua gloria.]

Oratio  

Oremus.
Excita, quǽsumus, Dómine, poténtiam tuam, et veni: et magna nobis virtúte succúrre; ut per auxílium grátiæ tuæ, quod nostra peccáta præpédiunt, indulgéntiæ tuæ propitiatiónis accéleret:

[O Signore, Te ne preghiamo, súscita la tua potenza e vieni: soccòrrici con la tua grande virtú: affinché con l’aiuto della tua grazia, ciò che allontanarono i nostri peccati, la tua misericordia lo affretti.]

Lectio

Lectio Epístolæ beati Pauli Apostoli ad Corinthios
1 Cor IV: 1-5
Fratres: Sic nos exístimet homo ut minístros Christi, et dispensatóres mysteriórum Dei. Hic jam quaeritur inter dispensatóres, ut fidélis quis inveniátur. Mihi autem pro mínimo est, ut a vobis júdicer aut ab humano die: sed neque meípsum judico. Nihil enim mihi cónscius sum: sed non in hoc justificátus sum: qui autem júdicat me, Dóminus est. Itaque nolíte ante tempus  judicáre, quoadúsque véniat Dóminus: qui et illuminábit abscóndita tenebrárum, et manifestábit consília córdium: et tunc laus erit unicuique a Deo.

[ “Fratelli mici, così ci consideri ognuno come ministri di Cisto, e dispensatori dei misteri di Dio. Del resto poi ciò che si richiede ne’ dispensatori è che sian trovati fedeli. A me pochissimo importa di esser giudicato da voi, o in giudizio umano; anzi nemmeno io giudico di me stesso. Poiché non ho coscienza di nessun male; ma non per questo sono giustificato; e chi mi giudica, è il Signore. Onde non vogliate giudicare prima del tempo, finché venga il Signore: il quale rischiarerà i nascondigli delle tenebre, e manifesterà i consigli de’ cuori, ed allora ciascuno avrà lode da Dio”.]

(L. Goffiné, Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste; trad. A. Ettori P. S. P.  e rev. confr. M. Ricci, P. S. P., Firenze, 1869).

A qual fine la Chiesa fa leggere oggi questa lettera?

Per avvertire quelli che ieri ricevettero i sacri ordini a distinguersi per la fedeltà ai loro doveri e per la santitàdella vita, quanto sono distinti per l’alta dignità del loro stato; per ispirare il rispetto dovuto ai sacerdoti. che sono i ministri di Gesù Cristo, e i dispensatori dei divini misteri; ed in ultimo per ricordare ai Fedeli questa seconda venuta del Figliuolo dell’uomo; ed invitarli così a giudicarsi da se stessi, a purificare il loro cuore per la festa del Natale, ed a ricevere degnamente Gesù Cristo come Salvatore, sicché non l’abbiamo a temer come Giudice.

In che qualità Gesù Cristo si serve dei Sacerdoti?

Se ne serve in qualità di economi, di dispensatori dei santi misteri, di mediatori e di ambasciatori. Perciò Iddio ordina tanto espressamente di riverirli. I sacerdoti che governano bene siano doppiamente onorati, in particolar modo quelli che si affaticano nella predicazione e nell’istruire. (Lett. prima a Timoteo cap. V. v. 17.).

I Sacerdoti possono amministrare i sacramenti a loro piacere?

No, come gli economi non possono fare a loro volontà.  Essendo gli economi di Gesù Cristo, debbono conformarsi al suo volere, esercitar fedelmente il loro ufficio. e per conseguenza non dare ai cani ciò che è santo, cioè non dar l’assoluzione, o conferire altri Sacramenti ai non degni. Nelle prediche non debbono cercare né di lusingar l’orecchio né di far mostra del loro ingegno, ma predicare la dottrina di Gesù Cristo con tutta la gravità e dignità conveniente, né guardare al giudizio degli uomini, siccome faceva s. Paolo.

Perché i Sacerdoti non debbono guardare al giudizio degli uomini?

Perché spesso avviene che gli uomini giudicano dall’apparenza, e non secondo la verità, per passione, per amor proprio, per spirito di parte, e non secondo giustizia; danno elogio e biasimo senza attendere al merito; sono incostanti nei loro giudizi, approvando ciò che prima censurarono, e censurando quel che approvarono: trovano cattivo ciò che piace a Dio, e buono ciò che gli dispiace; e tutto quanto gli uomini dicono di noi non può togliere né aggiunger niente al nostro merito innanzi a Dio: il giudizio di Dio, sempre conforme alla verità, è il solo al quale debbono riguardare i Sacerdoti e tutti gli altri Cristiani. Qual follia dunque è quella di coloro che seguono le mode scandalose del mondo e si conformano ai suoi corrotti costumi, per non dispiacergli; si uniscono a compagnie pericolose, per non comparir singolari; lasciano le pratiche di religione per umano rispetto, e dimandan sempre: che dirà il mondo? e mai: che dirà Iddio? se faccio questa cosa, se tralascio quest’altra? Se io volessi piacere agli uomini dice s. Paolo – non sarei servo di Gesù Cristo. – Il giudizio degli uomini non ci distolga mai dall’adempimento degli ordini di Dio, che non ricompensa se non la fedeltà. V’è onore e felicità più grande del servire a Dio? Cerchiamo dunque di piacergli in tutto.

Perché S. Paolo non voleva giudicar se stesso?

Perché non sapeva come Dio lo giudicava, sebbene di niente gli rimordesse la coscienza: senza una rivelazione di Dio, nessuno sa se sia degno d’amore o d’odio. Dio scandaglia i cuori e le reni; nulla può sfuggire al suo sguardo, ed i giudizi di Lui sono ben differenti da quelli degli uomini, che accecati dall’amor proprio e dalla passione, spesso non vedono il male che fanno; nascondono sé a se stessi, e si giustificano quando dovrebbero condannarsi. Tale si crede innocente e si riguarda come santo, che al giorno poi del giudizio sarà ricoperto di confusione, quando Dio svelerà in faccia all’universo tutte le azioni di lui e tutti gli interni segreti. Non giudichiamo gli altri; di loro ci è ignoto l’interno; ma giudichiamo noi stessi: esaminiamoci accuratamente, pesiamo tutte le nostre azioni, scendiamo nel fondo della nostra coscienza, frugando tutte le pieghe e i nascondigli del nostro cuore; ed imiteremo s. Paolo che si giudicava così da se stesso; ma imitiamo parimente s. Paolo che in un altro senso non si giudicava da sè, cioè se dopo uu’esatta ricerca, non troviamo nulla di riprensibile in noi, senza troppo fidarci del nostro giudizio, rimettiamo a Dio il giudizio definitivo, ed affatichiamoci per la nostra salvezza con timore e tremito, ponendo la confidenza nella misericordia del Signore.

Aspirazione. Ah! Signore, non entrate in giudizio col vostro servo, poiché nessun uomo vivente sarà giustificato alla vostra presenza. O chiave di David, e scettro della casa d’Israele, che aprite e nessuno chiude, che serrate e nessuno apre, venite a sottrarre il prigioniero dalla carcere, il misero assiso nelle tenebre all’ombra della morte.

Graduale 

Ps CXLIV:18; CXLIV:  21
Prope est Dóminus ómnibus invocántibus eum: ómnibus, qui ínvocant eum in veritáte.

[Il Signore è vicino a quanti lo invocano: a quanti lo invocano sinceramente.]


V. Laudem Dómini loquétur os meum: et benedícat omnis caro nomen sanctum ejus.

[La mia bocca dia lode al Signore: e ogni mortale benedica il suo santo Nome.]

Alleluja

Allelúja, allelúja,
V. Veni, Dómine, et noli tardáre: reláxa facínora plebis tuæ Israël. Allelúja

[Vieni, o Signore, non tardare: perdona le colpe di Israele tuo popolo. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia  sancti Evangélii secundum Lucam.
R. Gloria tibi, Domine!
Luc III:1-6
Anno quintodécimo impérii Tibérii Cæsaris, procuránte Póntio Piláto Judæam, tetrárcha autem Galilaeæ Heróde, Philíppo autem fratre ejus tetrárcha Ituraeæ et Trachonítidis regionis, et Lysánia Abilínæ tetrárcha, sub princípibus sacerdotum Anna et Cáipha: factum est verbum Domini super Joannem, Zacharíæ filium, in deserto. Et venit in omnem regiónem Jordánis, praedicans baptísmum pæniténtiæ in remissiónem peccatórum, sicut scriptum est in libro sermónum Isaíæ Prophétæ: Vox clamántis in desérto: Paráte viam Dómini: rectas fácite sémitas ejus: omnis vallis implébitur: et omnis mons et collis humiliábitur: et erunt prava in dirécta, et áspera in vias planas: et vidébit omnis caro salutáre Dei.”

“L’anno quintodecimo dell’impero di Tiberio Cesare, essendo procuratore della Giudea Ponzio Pilato, e tetrarca della Galilea Erode, e Filippo suo fratello tetrarca della Galilea Erode, e Filippo suo fratello, tetrarca dell’Idurea della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i Pontefici Anna e Caifa, il Signore parlò a Giovanni figliuolo di Zaccaria, nel deserto. Ed egli andò per tutto il paese intorno al Giordano, predicando il battesimo di  penitenza per la remissione dei peccati: conforme sta scritto nel libro dei sermoni d’Isaia profeta: Voce di uno cbe grida nel deserto: Preparate la via del Signore; raddrizzate i suoi sentieri: tutte le valli si riempiranno, e tutti i monti e le colline si abbasseranno: e i luoghi tortuosi si raddrizzeranno, e i malagevoli si appianeranno: e vedranno tutti gli uomini la salute di Dio”. (Luc. III, 1-6).

OMELIA

[Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, curato d’Ars – Vol. I, ed. Ed. Marietti, Torino-Roma, 1933]

Sulla SODDISFAZIONE

Facite ergo fructus dignos pœnitentiæ

[Fate dunque degni frutti di penitenza].

(S. Luc., III: 8.)

Tale è, fratelli miei, il linguaggio che il santo Precursore del Salvatore teneva a tutti coloro che venivano a trovarlo nel deserto, alfine di apprendere da lui ciò che bisognava fare per avere la vita eterna. Fate – diceva loro – dei frutti degni di penitenza perché i vostri peccati siano rimessi; vale a dire che chiunque di voi abbia peccato, non ha altro rimedio che la penitenza, anche coloro che dei peccati hanno  già ottenuto il perdono. Infatti i nostri peccati rimessi nel tribunale della penitenza ci lasciano ancora delle pene da subire o in questo mondo, che sono le pene e tutte le miserie della vita, o nelle fiamme del purgatorio. C’è questa differenza, fratelli miei, tra il Sacramento del Battesimo e quello della Penitenza. In quello del Battesimo, Dio non ricorre se non alla sua misericordia, cioè Egli ci perdona senza esigere nulla da noi, a differenza di quello della Penitenza, in cui Dio non ci rimette i nostri peccati e non ci rende la grazia che alla condizione che noi subiremo una pena temporale, o in questo mondo, o nelle fiamme del Purgatorio; è per punire il peccatore del disprezzo e dell’abuso della sua grazia. Se Dio vuole che facciamo penitenza perché i nostri peccati ci siano perdonati, è ancora per preservarci dal ricadere nei medesimi peccati, affinché ricordandoci di ciò che abbiamo patito per quelli già confessati, non abbiamo più il coraggio di ricadervi. Dio vuole che noi uniamo le nostre penitenze alle sue, e che consideriamo bene quanto Egli abbia sofferto per rendere le nostre meritorie. Ahimè! Fratelli miei, non ci inganniamo; senza le sofferenze di Gesù-Cristo, tutto ciò che avremmo potuto fare, non avrebbero potuto mai soddisfare nemmeno il nostro più piccolo peccato. Ah! DIO mio, quanto grati vi siamo di questo grande atto di misericordia verso dei miserabili ingrati! Io voglio dunque mostrarvi, fratelli miei: 1° Che benché i nostri peccati ci siano perdonati, noi non siamo esenti dal fare penitenza. 2° Quali siano le opere con le quali possiamo soddisfare alla giustizia di DIO, o per parlarvi più chiaramente, io vi dimostrerò che cosa sia la soddisfazione, che è la quarta disposizione che dobbiamo offrire per ricevere degnamente il Sacramento della Penitenza.

I. Voi tutti sapete, fratelli miei, che il Sacramento della Penitenza è un Sacramento istituito da Nostro Signore Gesù-Cristo per rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo. È principalmente in questo Sacramento che il Salvatore del mondo ci mostra la grandezza della sua misericordia poiché non c’è peccato che questo Sacramento non cancelli, qualunque sia il loro numero e per quanto enorme sia la loro gravezza; di modo che ogni peccatore è sicuro del suo perdono e di riguadagnare l’amicizia del suo DIO se – dalla parte sua – reca le disposizioni che questo Sacramento richiede. La prima disposizione è quella di ben conoscere i propri peccati, il loro numero e le loro circostanze che possono o ingrandirli, o cangiarne la specie: e questa conoscenza non ci sarà conceduta se non dopo averla chiesta allo Spirito Santo. Ogni persona che, nel suo esame, non chiede i lumi dello Spirito Santo, non può che fare una Confessione sacrilega. Se questo vi è successo, tornate sui vostri passi, perché siate sicuri che le vostre Confessioni non sono state che delle cattive Confessioni. – La  seconda condizione è di dichiarare i propri peccati come vi dice il Catechismo, senza artificio o infingimento, vale a dire: tali come li conoscete. Questa accusa non sarà fatta come si deve finché non avrete chiesto la forza al buon DIO: senza questo è impossibile dichiararli come si deve e riceverne il perdono. Voi dovete dunque esaminarvi davanti al buon DIO se tutte le volte che avete voluto confessarvi, gli abbiate domandato questa forza; se avete mancato in questo, tornate sulle vostre confessioni, perché siete sicuri che nulla valgono. – La terza condizione che richiede questo Sacramento, perché vi sia accordato il perdono dei vostri peccati, è la contrizione, in altre parole il rammarico di averli commessi, con la risoluzione sincera di non più commetterli, e con un desiderio vero di fuggire tutto ciò che può farci ricadere. Questa contrizione viene dal cielo e non ci vien data se non dalla preghiera e dalle lacrime: preghiamo dunque e piangiamo pensando che questa mancanza di contrizione è quella che danna il maggior numero. Veramente si accusano i propri peccati; ma spesse volte il cuore non vi ha la sua parte. Si raccontano i peccati come si racconterebbe una storia indifferente; non abbiamo questa contrizione, perché non cambiamo vita. Noi ripetiamo ogni anno, ogni sei mesi, ogni mese o tre settimane, od ogni otto giorni, se volete, gli stessi peccati, le stesse colpe; noi battiamo sempre la stessa via; nessun cambiamento avviene nel nostro modo di vivere. Da dove possono provenire tutti queste sventure che precipitano tante anime nell’inferno, se non dalla mancanza di contrizione? E come possiamo sperare di averla, se spesso non la domandiamo solo a DIO, oppure la chiediamo senza desiderare di averla? Se voi non vedete alcun cambiamento nella vostra condotta, vale a dire, se non siete migliorato dopo tante Confessioni e Comunioni, tornate sui vostri passi, riconoscete la vostra sventura prima che non ammetta più rimedio. Fratelli miei, per avere la speranza che le nostre Confessioni siano fatte con delle buone disposizioni, è necessario, confessandoci, convertirci: senza questo, tutto ciò che noi facciamo non fa che prepararci ogni sorta di sventure per l’altra vita. – Ma dopo aver ben conosciuto i nostri peccati con la grazia dello Spirito Santo, dopo averli ben dichiarati come conviene, avere il dolore dei propri peccati, ci resta ancora una quarta condizione, perché le altre tre portino i frutti, è la soddisfazione che dobbiamo a DIO ed al prossimo. Io dico a DIO, per riparare le ingiurie che il peccato gli ha fatto, ed al prossimo, per riparare il torto che abbiamo fatto alla sua anima ed al suo corpo. – Innanzitutto io vi dirò che dall’inizio del mondo, noi vediamo dappertutto che DIO, perdonando il peccato, ha sempre voluto una soddisfazione temporale, che è un diritto che la sua giustizia domanda. La sua misericordia ci perdona; ma la sua giustizia vuol essere soddisfatta in qualche piccola cosa, di guisa che dopo aver peccato, dopo averne ottenuto il perdono, noi dobbiamo vendicarci su noi medesimi facendo soffrire il nostro corpo che ha peccato. Ma ditemi, fratelli miei, qual tipo di penitenza noi facciamo in confronto a quello che i nostri peccati ci hanno meritato, che è un’eternità di tormenti? O DIO mio, quanto siete buono nel contentarvi di sì poca cosa! – Se le penitenze che vi si impongono vi sembrano dure e penose da fare per il gran numero dei vostri peccati mortali, percorrete la via dei Santi e vedrete le penitenze che essi hanno fatto, benché molti fossero sicuri del loro perdono. Vedete Adamo, al quale il Signore stesso dice che il suo peccato gli era perdonato: e che malgrado ciò, fece penitenza per più di novecento anni, penitenza che fa tremare. Vedete Davide al quale il Profeta Nathan viene a dire, da parte di DIO, che il suo peccato gli viene rimesso e che si sottomette ad una penitenza così rigorosa che non può più reggersi in piedi; egli faceva risuonare il suo palazzo di grida e di singhiozzi, causati dal dolore dei suoi peccati. Egli medesimo dice che sta per scendere nella tomba piangendo: che il suo dolore non lo abbandonerà che con la vita; le sue lacrime fluiscono così copiose che ci dice egli stesso che bagna il suo pane delle sue lacrime e bagna il suo letto col suo pianto. Vedete ancora san Pietro, per un peccato che lo spavento gli ha fatto commettere, il Signore lo perdona. Egli piange il suo peccato per tutta la sua vita con tanta abbondanza che le sue lacrime lasciano traccia sul suo volto. Che fa santa Maddalena dopo la morte del Salvatore? Va a seppellirsi nel deserto ove piange e fa penitenza tutta la sua vita: tuttavia DIO, le aveva certo perdonato, poiché dice ai farisei che molti peccati le erano stati rimessi perché molto aveva amato. Ma senza andare così lontano, fratelli miei, vedete le penitenze che si imponevano nei primi tempi della Chiesa. Vedete se quelle di adesso hanno una qualche proporzione con quelle di quei tempi. Per aver giurato il santo Nome di DIO senza pensarci, ahimè! – ciò che è tanto comune, anche per i  fanciulli che non sanno forse nemmeno una preghiera – lo si condannava a digiunare per sette giorni a pane ed acqua. Per aver consultato un indovino, sette anni di penitenza, per aver lavorato alcun poco la domenica, bisognava far penitenza tre giorni, per aver parlato durante la santa Messa, bisognava digiunare dieci giorni a pane ed acqua. Se nella quaresima si era lasciato di digiunare per un giorno, bisognava digiunare sette giorni. Per aver danzato davanti ad una chiesa in un giorno di Domenica o di festa, si veniva condannati a digiunare quaranta giorni a pane ed acqua. Per essersi presi gioco di un Vescovo e del proprio pastore, volgendo le loro istruzioni in ridicolo, bisognava far penitenza per quaranta giorni. Per aver lasciato morire un bambino senza Battesimo, tre anni di penitenza. Per essersi travestiti nel carnevale, tre anni di penitenza. Per un giovane o una fanciulla che avessero danzato, tre anni di penitenza, e se recidivi, li si minacciava di scomunicarli. Coloro che facevano dei viaggi di domenica o nelle feste senza necessità, sette giorni di penitenza. Una giovane che avesse commesso un peccato contro la purezza con un uomo sposato, dieci anni di penitenza. – Ebbene! Fratelli miei, ditemi, cosa sono le penitenze che ci vengono imposte se le compariamo a quelle di cui abbiamo parlato? Tuttavia la giustizia di DIO è la stessa; i nostri peccati non sono meno terribili agli occhi di DIO, e non meritano meno di esser puniti.

II. – Non dovremmo essere coperti di confusione, nel far quel poco che facciamo, rispetto a quello che facevano i primi Cristiani facendo penitenze così dure e sì lunghe? Ma, mi direte, quali sono dunque le opere con le quali possiamo soddisfare alla giustizia di DIO per i nostri peccati? Se desiderate compierle, nulla di più facile da fare, come vedrete. La prima è la penitenza che il confessore vi impone e che fa parte del Sacramento della Penitenza: se non si ha l’intenzione di compierla con tutto il cuore per qual che si può, la confessione non sarebbe che un sacrilegio; la seconda, è la preghiera; la terza è il digiuno; la quarta è l’elemosina; e la quinta le indulgenze che sono le più facili da compiere e le più efficaci.

Io dico: 1° la penitenza che il confessore ci impone prima di impartirci l’assoluzione, noi dobbiamo riceverla con gioia e riconoscenza, ed adempierla esattamente, per quanto ci è possibile, senza di che, dobbiamo grandemente temere di fare una Confessione sacrilega. Se pensiamo di non poterla fare, bisognerebbe far presente al confessore le nostre ragioni: se egli le trova buone, la cangerà, ma ci sono delle penitenze che il prete non può né deve cambiare. Le penitenze che servono a correggere il peccatore, come ad esempio proibire la bettola ad un ubriacone, la danza alla giovane, o ad un giovane la compagna di una persona che la trascina al male; obbligare a riparare qualche ingiustizia che si è commessa, a confessarsi spesso perché si è vissuto per un certo tempo nella trascuratezza della propria salvezza. Voi converrete con me che un prete non può, né debba cambiare queste penitenze, ma se esistessero delle ragioni per far cambiare la propria penitenza, bisognerebbe che sia il prete a cambiarla, a men che non sia affatto impossibile, perché un altro confessore non conosce per quale ragione sia stata data. Voi troverete le vostre penitenze lunghe e difficili, fratelli miei? Ma lo dite seriamente? Paragonatele dunque a quelle dell’inferno che avete meritato per i vostri peccati. Ah! con qual gioia un povero dannato, non riceverebbe, fino alla fine del mondo, le penitenze che vi si danno ed ancor più rigorose se a questo prezzo, potrebbe mettere termine al suo supplizio! Quale felicità per lui! Ma questo non gli sarà mai concesso. – Orbene! Fratelli miei, ricevendo la nostra penitenza con gioia, con un vivo desiderio di compierla diligentemente per quanto possiamo, noi ci liberiamo dall’inferno, come si il buon DIO accordasse ai dannati quel che vi ho detto. O mio DIO, quanto il peccatore conosce poco la sua felicità!

Io dico: 1° Noi dobbiamo compiere la penitenza che ci impone il confessore, e l’ometterla sarebbe un grave peccato. Non è che a questa condizione che DIO restituisce la sua grazia al peccatore e che il sacerdote, a suo nome, gli rimette i peccati. Ditemi, fratelli miei, non sarebbe un’empietà non fare la penitenza e sperare ancora nel perdono? È un andare contro la ragione: è un volere la ricompensa senza che nulla ci costi. – Che pensare, fratelli miei, di coloro che non fanno la loro penitenza? Per me, ecco quello che ne penso. Se essi non hanno ancora ricevuto l’assoluzione, questi non hanno il desiderio di convertirsi, poiché rifiutano i mezzi per questo necessari, e quando tornano a confessarsi, il prete deve loro rifiutare l’assoluzione una seconda volta. Ma se il penitente ha ricevuto l’assoluzione ed ha omesso la sua penitenza, è un peccato mortale se i peccati confessati erano mortali, e la penitenza imposta sia in sé considerevole; egli deve ben temere che la sua confessione non sia stata sacrilega per la mancanza di una volontà sincera di soddisfare DIO per i suoi peccati. Ma io non parlo qui che di coloro che avrebbero omesso tutta la loro penitenza o una parte considerevole, e nemmeno di coloro che l’avessero dimenticata o che non avessero potuto farla nel momento prescritto. – Di poi, io dico che è necessario compiere la propria penitenza tutta intera nel tempo designato e devotamente. Non bisogna tralasciar nulla di ciò che ci è stato imposto; al contrario, noi dobbiamo aggiungere a quella che il confessore ci ha imposto. San Cipriano ci dice che la penitenza deve eguagliare la colpa, che il rimedio non deve essere da meno del male. Ma, ditemi, fratelli miei, quali sono le penitenze che si dan impongono? Ah! la recita di qualche Rosario, di qualche litania, qualche elemosina, alcune piccole mortificazioni. Ditemi, tutte queste cose hanno qualche proporzione con i nostri peccati che meritano dei tormenti che non finiranno mai? Ci sono quelli che fanno la loro penitenza camminando o seduti, e questo non si deve fare. La vostra penitenza la dovete compiere in ginocchio, a meno che il sacerdote non vi dica che possiate farla camminando o seduti. Se questo vi è capitato, dovete confessarvene e non rifarlo. – In secondo luogo io dico che bisogna farla nel tempo prescritto, altrimenti voi peccherete, a meno che non aveste potuto fare altrimenti, e allora dirlo al vostro confessore quando ritornate. Ad esempio, egli vi avrà ordinato di fare una visita al Santo Sacramento dopo gli uffici, perché egli sa che voi andate con delle compagnie che non vi porteranno al buon DIO. Egli avrà comandato di mortificarvi in qualche cosa ai vostri pasti, perché siete soggetti all’ingordigia; di fare un atto di contrizione se avete la sventura di ricadere nel peccato che avete già confessato. E quando altre volte aspettate, per compiere la vostra penitenza, il momento in cui siete vicini a confessarvi; voi comprendete così bene come me, che in tutti questi casi, siete ben colpevoli, e non dovete mancare di accusarvi e trovarvi più in simili contingenze. – In terzo luogo, io dico che bisogna fare la vostra penitenza devotamente, cioè con pietà, con una disposizione sincera di abbandonare il peccato. Farla con pietà, fratelli miei, vuol dire farla con attenzione dal lato spirituale e con la devozione del cuore. Se farete la vostra penitenza con distrazione volontaria, voi non l’avreste compiuta, e sareste obbligati a rifarla. Farla con pietà, è farla con grande fiducia che il buon DIO perdonerà i vostri peccati per i meriti di Gesù-Cristo che ha soddisfatto per voi con le sue sofferenze e la morte sulla croce. Noi dobbiamo farla con gioia, consci del potere soddisfattorio a DIO che abbiamo offeso, e di trovare mezzi così facili per poter cancellare i nostri peccati che meriterebbero di farci soffrire per tutta l’eternità. Una cosa che non dovete mai dimenticare è che tutte le volte che fate la vostra penitenza dovete dire a DIO: Mio DIO! Io unisco questa leggera penitenza a quella che Gesù-Cristo mio Salvatore vi ha offerto per i miei peccati; ecco quello che renderà la vostra penitenza meritoria e gradita a DIO. – Io dico ancora che noi dobbiamo compiere la nostra penitenza con un vero desiderio di lasciare definitivamente il peccato, qualunque cosa ci costi, fosse anche il soffrire la morte. Se noi non siamo con queste disposizioni, lungi dal soddisfare alla giustizia di DIO, lo oltraggiamo nuovamente, cosa che ci renderebbe ancora più colpevoli. – Io ho detto che non dobbiamo contentarci della penitenza che ci impone il confessore, perché essa non è nulla, o quasi nulla se la compariamo a ciò che meritano i nostri peccati. Se il confessore ci tratta con tanti riguardi, è perché teme di disgustarci dall’operare la nostra salvezza. Se voi avete veramente a cuore la vostra salvezza, voi stessi dovete imporvi delle penitenze. Ecco quelle che meglio vi convengono. Se avete la disgrazia di dare scandalo, bisogna rendervi così vigilanti che il vostro vicino non possa vedere nulla in voi che non lo porti al bene; bisogna che voi mostriate con la vostra condotta che la vostra vita sia veramente cristiana. E se avete la sventura di peccare contro la santa virtù della purezza, bisogna mortificare questo miserabile corpo con dei digiuni, dandogli solo ciò che gli occorre per non togliergli la vita, e perché possa adempiere ai  propri doveri, e di tanto in tanto farlo riposare sul duro. Se voi trovate di aver qualcosa da mangiare che soddisfi la vostra ingordigia, bisogna rifiutarla al vostro corpo e disprezzarla per quanto l’avete amata: egli voleva perdere la vostra anima, bisogna che voi lo puniate. Bisogna che spesso il vostro cuore che ha pensato a cose impure, porti i vostri pensieri nell’inferno, che è il luogo riservato agli impudichi. Se siete attaccato alla terra, bisogna fare delle elemosine quanto più potete per punire la vostra avarizia, privandovi di tutto ciò che non vi è assolutamente necessario per la vita. – Siamo stati negligenti nel servizio di Dio, imponiamoci, per far penitenza, di assistere a tutti gli esercizi di pietà che si fanno nella vostra parrocchia. Io voglio dire, alla Messa, ai Vespri, al Catechismo, alla preghiera, al Rosario, affinché DIO, vedendo la nostra alacrità, voglia perdonarci tutte le nostre negligenze: se abbiamo alcuni momenti liberi tra le funzioni, consacriamoli a qualche lettura di pietà, ciò che nutrirà la nostra anima, soprattutto col leggere qualche vita dei santi nelle quali noi vediamo ciò che essi hanno fatto per santificarsi; questo ci incoraggerà; facciamo qualche piccola visita al Santo Sacramento per chiedergli perdono dei peccati che abbiamo commesso durante la settimana. Se ci sentiamo colpevoli di qualche peccato, andiamocene a liberarci affinché le nostre preghiere e tutte le buone opere siano più gradite a DIO e più vantaggiose per la nostra anima. Abbiamo l’abitudine di giurare, di lasciarci trasportare dalla collera? Mettiamoci in ginocchio per dire questa santa preghiera: Mio DIO, sia benedetto il vostro santo Nome in tutti i secoli dei secoli; DIO mio, purificate il mio cuore, purificate le mie labbra affinché non pronunzi mai parole che vi oltraggino e mi separino da Voi. Tutte le volte che voi ricadrete in questo peccato, bisogna al momento o fare un atto di contrizione, o dare qualche elemosina ai poveri. Avete lavorato di Domenica? Avete venduto o comprate durante questo santo giorno, senza necessità? Date ai poveri un’elemosina che superi il profitto che ne avrete fatto. Avete mangiato o bevuto in eccesso? Occorre che, in tutti vostri pasti, vi priviate di qualche cosa. Ecco fratelli miei, delle penitenze che non solo possono soddisfare alla giustizia di DIO, se unite a quelle di Gesù-Cristo, ma possono ancora preservarci dal ricadere nei nostri peccati. Se volete comportarvi in tal modo, voi siete sicuro di correggervi con la grazia del buon DIO. – Si, fratelli miei, noi dobbiamo castigarci e punirci per aver fatto il male, questo sarà il vero mezzo per evitare le penitenze ed i castighi dell’altra vita. È vero che ciò costa; ma noi non possiamo esimercene, finché siamo ancora in vita e DIO si accontenta di sì poca cosa. Se noi aspettiamo dopo la morte, non ci sarà più tempo, fratelli miei, tutto sarà finito e non ci resterà che il rimpianto per non averlo fatto. Sentiamo qualche ripugnanza per la penitenza, fratelli miei, gettiamo gli occhi sul nostro amabile Salvatore, vediamo ciò che Egli ha fatto, ciò che ha sofferto alfine di soddisfare il Padre suo per i nostri peccati. Prendiamo coraggio con l’esempio di tanti illustri martiri che hanno consegnato i loro corpi ai carnefici con tanta gioia. Animiamoci ancora, fratelli miei, con il pensiero delle fiamme divoranti del purgatorio che soffrono le povere anime condannate per peccati forse minori dei nostri. Se vi costa, fratelli miei, far penitenza, voi otterrete la ricompensa eterna che queste penitenze vi meriteranno. 2° Abbiamo detto che potremo soddisfare alla giustizia di DIO con la preghiera, non solo la preghiera vocale o mentale, ma ancora con l’offerta di tutte le nostre azioni, levando di tanto in tanto il nostro cuore al buon DIO durante la giornata, dicendo: mio DIO, voi sapete che è per Voi che io lavoro; Voi mi ci avete condannato per soddisfare alla vostra giustizia per i miei peccati. Mio DIO, abbiate pietà di me che sono un peccatore così miserabile, che mi sono ribellato tante volte contro di Voi che siete il mio Salvatore ed il mio DIO. Io desidero che tutti i miei pensieri, tutti i miei desideri non abbiano che un oggetto e che tutte le mie azioni non siano fatte se non col proposito di piacervi. Quel che piò essere gradito a DIO, è il pensare spesso ai nostri fini ultimi, cioè alla morte, al giudizio, all’inferno che è fatto per la dimora dei peccatori.

3° Io dico che noi possiamo soddisfare alla giustizia di DIO con il digiuno. Si comprende sotto il nome di digiuno, tutto ciò che può mortificare il corpo e lo spirito, come rinunciare alla propria volontà, cosa che è sì gradita a DIO e ci merita più di trenta giorni di penitenza; di soffrire per amor di DIO le ripugnanze, le ingiurie, i disprezzi, le confusioni che crediamo di non meritare; di privarci di qualche visita, come sarebbe andare a vedere i nostri parenti, i nostri amici, le nostre terre ed altre cose simili che ci procurerebbero qualche piacere; di tenerci in ginocchio un po’ più a lungo, perché il corpo che ha peccato soffra in qualche maniera. Io ho pure detto che noi possiamo soddisfare alla giustizia di DIO con l’elemosina come dice il profeta a Nabucodonosor: « … riscatta i tuoi peccati con l’elemosina » (Dan. IV, 21). Ci sono diversi tipi di elemosine: quelle che riguardano il corpo, come dar da mangiare a coloro che non hanno pane; vestire coloro che non hanno di che vestirsi; andare a visitare gli ammalati; dar loro del danaro, rifare il loro letto; tener loro compagnia; preparare i loro farmaci: ecco ciò che riguarda il corpo. Ma ecco quelle che riguardano l’anima e che sono ancor ben più preziose di quelle che non hanno rapporto se non con il corpo. Ma. voi direte, come facciamo l’elemosina spirituale? Eccolo: è quando voi andate a consolare una persona che ha un dolore, che ha subito una perdita; voi la consolate con parole piene di bontà e di carità, facendole ricordare la grande ricompensa che il buon DIO ha promesso a coloro che soffrono per amor suo; che le pene del mondo non sono che un momento, mentre la ricompensa sarà eterna. L’elemosina spirituale è istruire gli ignoranti, che sono queste povere persone che saranno perdute se qualcuno non avrà compassione di loro. Ah! quante persone non sanno cosa fare per essere salvate; che ignorano i principali Misteri della nostra santa Religione; che malgrado tutte le loro pene e le altre buone opere saranno dannate. – Padri e madri, padroni e padrone, dove sono i vostri doveri? Li conoscete un poco? No, io non credo. Se voi li conosceste un poco, qual non sarebbe la vostra alacrità nel vedere se i vostri figli conoscono bene tutto ciò che è necessario della Religione per non andare perduti? Quanti di voi cercherebbero tutti i mezzi possibili per far loro imparare ciò a cui il vostro dovere di padre e di madre vi obbliga! Mio DIO! Quanti giovani perduti per ignoranza! E questo per colpa dei loro genitori che forse, non potendo istruirli da se stessi, non avuto il cuore di affidarli a coloro che potevano farlo, lasciamoli vivere in questo stato e perire per l’eternità. Padroni e padrone, qual elemosina fate a questi poveri domestici, dei quali la maggior parte non sa nulla della loro Religione? Mio DIO! Quante anime che si perdono delle quali i loro padroni e padrone dovranno nel gran giorno rendere conto! Io gli do la sua paga – mi direte – sta a lui farsi istruire, io non lo prendo che per lavorare; egli guadagna solamente ciò che gli do. Voi vi ingannate. Il buon DIO vi ha affidato questo povero giovane. Non solo per aiutarvi a lavorare, ma ancora perché gli insegniate a salvare la propria anima. Ahimè! un padrone ed una padrone possono ben vivere tranquilli vedendo i loro domestici in uno stato di dannazione certa? Mio DIO! Quanto la perdita di un’anima sta loro così poco a cuore! Ah! quante volte le padrone saranno testimoni dei loro domestici che non fanno le loro preghiere né al mattino, né alla sera; e nulla diranno loro, o si contenteranno di pensare: ecco un domestico che non ha gran Religione! Ma senza andare più oltre, basti che faccia bene la vostra opera, voi siete contento. O mio DIO! Qual accecamento? Chi mai potrà comprenderlo? Io dico che un padrone o una padrona dovrebbero avere tanta cura e prendere tante precauzioni nell’istruire o far istruire sia i loro domestici che i loro garzoni, durante tutto il tempo che saranno a loro servizio. DIO ve ne domanderà conto come dei vostri figli, nulla di meno. Voi avete il compito di essere padre e madre; è a voi che DIO chiederà conto. Ahimè! se tanti poveri domestici non hanno Religione, questa sventura è in gran parte dovuta al fatto che essi non sono istruiti. Se voi aveste la carità di istruirli, e far loro conoscere ciò che devono fare per salvarsi, i doveri che hanno da compiere verso DIO, verso il prossimo e verso se stessi, quali siano le verità della nostra santa Religione che bisogna assolutamente conoscere, voi fareste loro aprire gli occhi sulla loro sventura. Ah! Quali ringraziamenti non vi faranno essi per tutta l’eternità, dicendo che dopo DIO, è a voi che sono debitori della loro felicità eterna. Mio DIO! Si possono lasciar perire delle anime così preziose che tanto sono costate a Gesù-Cristo per essere riscattate? Ma voi mi direte, questo è facile da dirsi. Se si vuol parlare loro di Religione, essi non ascoltano se non per burlarsi di voi. Questo è purtroppo vero; ce n’è tanti che sono tanto disgraziati da non voler aprire gli occhi sulla loro disgrazia; ma non tutti: ce ne sono alcuni che sono ben contenti di farsi istruire. Bisogna prenderli con dolcezza, ricordando che, quando crederete che questo non gli servirà a niente, ne sarete tanto più ricompensati che se ne aveste fatti dei santi. Ma non vi ingannate. Prima o poi si ricorderanno di ciò che voi gli avete insegnato; verrà un giorno che essi ne profitteranno e pregheranno per voi il buon DIO. Voi dovete loro ancora l’elemosina delle vostre preghiere. Un padrone o una padrona che ha dei domestici, non deve lasciar trascorrere un giorno senza pregare il buon DIO per essi. Io sono persuaso che ci sono tanti che forse non hanno mai pregato per i loro domestici. Ma, voi mi direte, ben lungi dall’aver pregato per essi, io non vi ho mai pensato. Ah! Fratelli miei, io non credo a questo. Se voi avete vissuto in sì grande ignoranza verso i vostri doveri, sareste da compiangere e degni di estrema compassione. Se un domestico non deve mancare di pregare per i suoi padroni, un padrone, una padrona gli deve la medesima cosa, ed ancor di più perché il domestico non è incaricato dell’anima del suo padrone, mentre il padrone è incaricato dell’anima dei suoi domestici. Mio DIO! Quante persone non conoscono il loro dovere; e di conseguenza, non lo compiono e saranno perduti per l’eternità. Padri e madri, padroni e padrone, non dimenticate questa elemosina spirituale che dovete ai vostri figli ed ai vostri domestici. Voi dovete ancor loro l’elemosina dei vostri buoni esempi che serviranno di guida a loro per andare in cielo. – Ecco, fratelli miei, ciò che io credo sia maggiormente capace di soddisfare alla giustizia di DIO, per i vostri peccati confessati e perdonati. Voi potete di giunta soddisfare alla giustizia di Dio, sopportando con pazienza tutte le miserie che sarete obbligati a soffrire malgrado voi, come le malattie, le infermità, le afflizioni, la povertà, le fatiche che avrete da sostenere lavorando, il freddo, il caldo, gli accidenti che vi incolgono, la necessità di morire. Vedete la bontà di DIO che ci ha fatto la grazia di rendere tutte le nostre azioni meritorie, e degne di evitare tutte le pene dell’altra vita. ma, disgraziatamente, fratelli miei, non è con questo spirito che noi soffriamo i mali che DIO ci invia, come altrettante grazie che Egli ci fa; ahimè! essendo ciechi, su questo ultimo punto, sul nostro bene, noi giungiamo perfino a mormorare ed a maledire la mano di un Padre sì buono che cambia le pene eterne in altre che non sono che di qualche minuto. E noi, fratelli miei, siamo così ciechi intorno nostra felicità? Mettiamo tutto a profitto: malattie, avversità, afflizioni, tutte queste cose sono dei beni che noi accumuliamo per il cielo, o piuttosto che ci esenteranno dal dover soffrire dei tormenti così rigorosi nell’altra vita. Uniamo tutte le nostre pene a quelle di Gesù-Cristo, alfine di renderle meritorie e degne di soddisfare alla giustizia di DIO. Infine il gran mezzo di soddisfare alla giustizia di DIO, è amarlo, avere un vivo pentimento dei nostri peccati, perché Gesù-Cristo ci ha detto che molto sarà rimesso a colui che ama molto, ed a colui che meno ama, meno peccati gli saranno rimessi. (Luc. VII, 47).

5° Noi abbiamo detto che le indulgenze sono dei mezzi molto efficaci per soddisfare alla giustizia di DIO, vale a dire per farci evitare le pene del purgatorio. Queste indulgenze sono composte dai meriti sovrabbondanti di Gesù-Cristo, della Vergine Santa e dei Santi, ciò che costituisce un tesoro inesauribile al quale il buon DIO ci dà il potere di attingere. Per farvelo meglio comprendere, è come se voi foste debitore di venti o trenta lire verso un uomo ricco che vuole essere pagato; voi non avete niente, o vi sarebbe necessario un tempo infinito per saldare il vostro debito. Un ricco ci dice: « Voi non avete di come saldare i vostri debiti? prendete dal mio scrigno ciò che vi è necessario per pagare ciò che dovete. » Ecco precisamente ciò che DIO  fa. Noi siamo nell’impossibilità di soddisfare alla sua giustizia, Egli ci apre il tesoro delle indulgenze nel quale possiamo prendere tutto ciò che ci serve per soddisfare alla giustizia di DIO. Ci sono delle indulgenze parziali, che non rimettono che una parte delle nostre pene, e non tutte, come sono quelle che si guadagnano recitando le litanie del santo Nome di Gesù, e per le quali ci sono 200 giorni di indulgenza; dicendo quelle della Santa Vergine, ci sono 400 giorni, e così di tante altre. Ci sono delle indulgenze quando si dice l’Ave Maria, l’Angelus, i tre atti di fede, di speranza e carità; andando a visitare un ammalato, istruendo un ignorante. Ma le indulgenze plenarie sono la remissione di tutte le pene che noi dobbiamo soffrire in Purgatorio; di modo tale che, dopo esserci confessati di un gran numero di peccati, benché perdonati, ci resta ancora un numero quasi infinito di anni di Purgatorio. Se guadagniamo queste indulgenze plenarie nella loro interezza, noi saremo esenti dal Purgatorio così come un bambino che muore subito dopo il suo Battesimo, o un Martire che dà la sua vita per DIO. Queste indulgenze possono lucrarsi se si è iscritti nella Confraternita del santo Rosario, tutte le prime domeniche del mese, quando si ha la fortuna di confessarsi e comunicarsi, ed in tutte le feste della Santa Vergine; tutte le terze domeniche, se siamo della Confraternita del Santo-Sacramento. Oh! Fratelli miei, quanto è facile liberarsi delle pene dell’altra vita per un Cristiano che profitti delle grazie che il buon DIO gli presenta. Ma bisogna pur dire che per guadagnare tutti questi beni, bisogna essere in stato di grazia, essersi confessati e comunicati, e fare le preghiere che il Santo Padre prescrive; non c’è che la Via Crucis per la quale non c’è bisogno di confessarsi né comunicarsi. Ma bisogna essere sempre esenti da peccato mortale; aver un grande rammarico di tutti i peccati veniali ed essere in una vera risoluzione di non più commetterli. Se avete queste disposizioni, voi potete lucrarle per voi e per le anime del purgatorio. Niente, fratelli miei, è così facile che il soddisfare alla giustizia di DIO, dato che abbiamo tanti mezzi per questo, di modo tale che se andiamo in Purgatorio sarà per nostra propria colpa. Oh! se un Cristiano fosse istruito e volesse profittare di tutto ciò che il buon DIO presenta, quanti tesori egli cumulerebbe per il cielo! DIO mio! Se noi siamo così poveri, è perché noi non vogliamo arricchirci, ma non è ancora tutto. Dopo aver soddisfatto a DIO, bisogna ancor soddisfare il nostro prossimo per il torto che gli abbiamo fatto, sia al corpo, sia alla sua anima. Io dico che si fa torto al suo corpo, cioè alla sua persona, oltraggiandolo sia con parole ingiuriose o sprezzanti, o con cattivi trattamenti. Se abbiamo avuto la sventura di oltraggiarlo con parole ingiuriose, bisogna fargli le scuse e riconciliarsi con lui. Se gli si è fatto torto battendo le sue bestie, ciò che può capitare quando le si trova a fare qualche danno ai nostri raccolti, voi siete obbligati a dargli tutto ciò di cui avete causato la perdita: voi potreste farvi pagare e non maltrattare queste bestie; se voi avete fatto qualche torto, voi siete obbligato a ripararlo per quanto potete, senza che siate grandemente colpevole. Se avete dimenticato di farlo, avete peccato e dovete accusarvene. Se avete fatto torto al vostro prossimo nel suo onore, come ad esempio per una maldicenza, voi siete obbligato a dare buone informazioni per quante di cattive ne abbiate date, nascondendo i difetti che essi potrebbero avere, che non siete obbligati a svelare. Se l’avete calunniato, dovete andare a trovare le persone alle quali avete detto cose false del vostro prossimo e dire loro che tutto quel che avete loro detto, non era vero: che voi ne siete ben convinto, e che li pregate di non crederle. Ma se gli avete fatto questo torto nell’anima, è ancor più difficile riparare, tuttavia bisogna pur farlo per quanto possibile, senza il che, mai il buon DIO ci perdonerà. Bisogna pure esaminarvi caso mai abbiate dato scandalo ai vostri figli o ai vicini. Quanti padri e madri, padroni e padrone che scandalizzano i loro figli e i loro domestici, non facendo preghiere, né mattino né sera, o che le fanno vestendosi, o sdraiati su una poltrona, che non faranno neanche un segno di croce né prima, né dopo aver mangiato. Quante volte li sentiamo giurare e forse anche bestemmiare. Quante volte vi hanno visto lavorare la Domenica mattina, anche prima della Santa Messa. bisogna ancora esaminare se avete cantato canzoni licenziose, se avete preso libri cattivi, se avete dato cattivi consigli, come dicendo a qualcuno di vendicarsi, di ripagarsi con le proprie mani, o rivolgere ingiurie al prossimo. Voi dovete ancora esaminarvi se non avete preso degli oggetti del vostro vicino che avete dimenticato di restituire; se avete dimenticato di fare qualche elemosina se vi è stata comandata o qualche restituzione da parte dei vostri poveri genitori defunti. Bisogna aver la felicità che i vostri peccati siano perdonato, che non abbiate nulla dei beni del prossimo che voi dovete e potete rendergli; che non abbiate infamato la sua reputazione, bisogna che voi abbiate fatto tutto ciò che potevate per ripararla; bisogna esservi riconciliato con i vostri nemici, parlare loro come se non avessero fatto che del bene nella vostra vita, senza conservare nulla nel vostro cuore se non la carità che un buon Cristiano deve avere per tutti. Bisogna ricevere la vostra penitenza di bon grado, con un vero desiderio di compierla come meglio potete, farla in ginocchio con pietà e riconoscenza, pensando quanto il buon DIO sia buona da contentarsi di così poche cose, e fare in modo che le pene che proviate nel vostro stato, vi servano come penitenza; possiamo lucrare quanto più possiamo indulgenze, affinché dopo la morte abbiamo la sorte di aver soddisfatto a DIO per i nostri peccati, ed al prossimo per i torti che gli abbiamo recati, e che possiamo comparire con fiducia al tribunale di DIO. È la felicità che vi auguro.

Credo …

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Luc 1: 28
Ave, María, gratia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui.

Secreta

Sacrifíciis pæséntibus, quǽsumus, Dómine, placátus inténde: ut et devotióni nostræ profíciant et salúti.

[O Signore, Te ne preghiamo, guarda benigno alle presenti offerte: affinché giovino alla nostra devozione e alla nostra salvezza.]

Comunione spirituale: COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Is. VII:14
Ecce, Virgo concípiet et páriet fílium: et vocábitur nomen ejus Emmánuel.

[Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio: e si chiamerà Emanuele.]

Postocommunio

Orémus.
Sumptis munéribus, quǽsumus, Dómine: ut, cum frequentatióne mystérii, crescat nostræ salútis efféctus.

[Assunti i tuoi doni, o Signore, Ti preghiamo, affinché frequentando questi misteri cresca l’effetto della nostra salvezza.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: SULLA SODDISFAZIONE

[Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, curato d’Ars – Vol. I, ed. Ed. Marietti, Torino-Roma, 1933]

Sulla SODDISFAZIONE

Facite ergo fructus dignos pœnitentiæ

[Fate dunque degni frutti di penitenza].

(S. Luc., III: 8.)

Tale è, fratelli miei, il linguaggio che il santo Precursore del Salvatore teneva a tutti coloro che venivano a trovarlo nel deserto, alfine di apprendere da lui ciò che bisognava fare per avere la vita eterna. Fate – diceva loro – dei frutti degni di penitenza perché i vostri peccati siano rimessi; vale a dire che chiunque di voi abbia peccato, non ha altro rimedio che la penitenza, anche coloro che dei peccati hanno  già ottenuto il perdono. Infatti i nostri peccati rimessi nel tribunale della penitenza ci lasciano ancora delle pene da subire o in questo mondo, che sono le pene e tutte le miserie della vita, o nelle fiamme del purgatorio. C’è questa differenza, fratelli miei, tra il Sacramento del Battesimo e quello della Penitenza. In quello del Battesimo, Dio non ricorre se non alla sua misericordia, cioè Egli ci perdona senza esigere nulla da noi, a differenza di quello della Penitenza, in cui Dio non ci rimette i nostri peccati e non ci rende la grazia che alla condizione che noi subiremo una pena temporale, o in questo mondo, o nelle fiamme del Purgatorio; è per punire il peccatore del disprezzo e dell’abuso della sua grazia. Se Dio vuole che facciamo penitenza perché i nostri peccati ci siano perdonati, è ancora per preservarci dal ricadere nei medesimi peccati, affinché ricordandoci di ciò che abbiamo patito per quelli già confessati, non abbiamo più il coraggio di ricadervi. Dio vuole che noi uniamo le nostre penitenze alle sue, e che consideriamo bene quanto Egli abbia sofferto per rendere le nostre meritorie. Ahimè! Fratelli miei, non ci inganniamo; senza le sofferenze di Gesù-Cristo, tutto ciò che avremmo potuto fare, non avrebbero potuto mai soddisfare nemmeno il nostro più piccolo peccato. Ah! DIO mio, quanto grati vi siamo di questo grande atto di misericordia verso dei miserabili ingrati! Io voglio dunque mostrarvi, fratelli miei: 1° Che benché i nostri peccati ci siano perdonati, noi non siamo esenti dal fare penitenza. 2° Quali siano le opere con le quali possiamo soddisfare alla giustizia di DIO, o per parlarvi più chiaramente, io vi dimostrerò che cosa sia la soddisfazione, che è la quarta disposizione che dobbiamo offrire per ricevere degnamente il Sacramento della Penitenza.

I. Voi tutti sapete, fratelli miei, che il Sacramento della Penitenza è un Sacramento istituito da Nostro Signore Gesù-Cristo per rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo. È principalmente in questo Sacramento che il Salvatore del mondo ci mostra la grandezza della sua misericordia poiché non c’è peccato che questo Sacramento non cancelli, qualunque sia il loro numero e per quanto enorme sia la loro gravezza; di modo che ogni peccatore è sicuro del suo perdono e di riguadagnare l’amicizia del suo DIO se – dalla parte sua – reca le disposizioni che questo Sacramento richiede. La prima disposizione è quella di ben conoscere i propri peccati, il loro numero e le loro circostanze che possono o ingrandirli, o cangiarne la specie: e questa conoscenza non ci sarà conceduta se non dopo averla chiesta allo Spirito Santo. Ogni persona che, nel suo esame, non chiede i lumi dello Spirito Santo, non può che fare una Confessione sacrilega. Se questo vi è successo, tornate sui vostri passi, perché siate sicuri che le vostre Confessioni non sono state che delle cattive Confessioni. – La  seconda condizione è di dichiarare i propri peccati come vi dice il Catechismo, senza artificio o infingimento, vale a dire: tali come li conoscete. Questa accusa non sarà fatta come si deve finché non avrete chiesto la forza al buon DIO: senza questo è impossibile dichiararli come si deve e riceverne il perdono. Voi dovete dunque esaminarvi davanti al buon DIO se tutte le volte che avete voluto confessarvi, gli abbiate domandato questa forza; se avete mancato in questo, tornate sulle vostre confessioni, perché siete sicuri che nulla valgono. – La terza condizione che richiede questo Sacramento, perché vi sia accordato il perdono dei vostri peccati, è la contrizione, in altre parole il rammarico di averli commessi, con la risoluzione sincera di non più commetterli, e con un desiderio vero di fuggire tutto ciò che può farci ricadere. Questa contrizione viene dal cielo e non ci vien data se non dalla preghiera e dalle lacrime: preghiamo dunque e piangiamo pensando che questa mancanza di contrizione è quella che danna il maggior numero. Veramente si accusano i propri peccati; ma spesse volte il cuore non vi ha la sua parte. Si raccontano i peccati come si racconterebbe una storia indifferente; non abbiamo questa contrizione, perché non cambiamo vita. Noi ripetiamo ogni anno, ogni sei mesi, ogni mese o tre settimane, od ogni otto giorni, se volete, gli stessi peccati, le stesse colpe; noi battiamo sempre la stessa via; nessun cambiamento avviene nel nostro modo di vivere. Da dove possono provenire tutte queste sventure che precipitano tante anime nell’inferno, se non dalla mancanza di contrizione? E come possiamo sperare di averla, se spesso non la domandiamo solo a DIO, oppure la chiediamo senza desiderare di averla? Se voi non vedete alcun cambiamento nella vostra condotta, vale a dire, se non siete migliorato dopo tante Confessioni e Comunioni, tornate sui vostri passi, prima che riconosciate la vostra sventura che non ammetta più rimedio. Bisogna, fratelli miei, per avere la speranza che le nostre Confessioni siano fatte con delle buone disposizioni, è necessario, confessandoci, convertirci: senza questo, tutto ciò che noi facciamo non fa che prepararci ogni sorta di sventure per l’altra vita. – Ma dopo aver ben conosciuto i nostri peccati con la grazia dello Spirito Santo, dopo averli ben dichiarati come conviene, avere il dolore dei propri peccati, ci resta ancora una quarta condizione, perché le altre tre portino i frutti, è la soddisfazione che dobbiamo a DIO ed al prossimo. Io dico a DIO, per riparare le ingiurie che il peccato gli ha fatto, ed al prossimo, per riparare il torto che abbiamo fatto alla sua anima ed al suo corpo. – Innanzitutto io vi dirò che dall’inizio del mondo, noi vediamo dappertutto che DIO, perdonando il peccato, ha sempre voluto una soddisfazione temporale, che è un diritto che la sua giustizia domanda. La sua misericordia ci perdona; ma la sua giustizia vuol essere soddisfatta in qualche piccola cosa, di guisa che dopo aver peccato, dopo averne ottenuto il perdono, noi dobbiamo vendicarci su noi medesimi facendo soffrire il nostro corpo che ha peccato. Ma ditemi, fratelli miei, qual tipo di penitenza noi facciamo in confronto a quello che i nostri peccati ci hanno meritato, che è un’eternità di tormenti? O DIO mio, quanto siete buono nel contentarvi di sì poca cosa! – Se le penitenze che vi si impongono vi sembrano dure e penose da fare per il gran numero dei vostri peccati mortali, percorrete la via dei Santi e vedrete le penitenze che essi hanno fatto, benché molti fossero sicuri del loro perdono. Vedete Adamo, al quale il Signore stesso dice che il suo peccato gli era perdonato: e che malgrado ciò, fece penitenza per più di novecento anni, penitenza che fa tremare. Vedete Davide al quale il Profeta Nathan viene a dire, da parte di DIO, che il suo peccato gli viene rimesso e che si sottomette ad una penitenza così rigorosa che non può più reggersi in piedi; egli faceva risuonare il suo palazzo di grida e di singhiozzi, causati dal dolore dei suoi peccati. Egli medesimo dice che sta per scendere nella tomba piangendo: che il suo dolore non lo abbandonerà che con la vita; le sue lacrime fluiscono così copiose che ci dice egli stesso che bagna il suo pane delle sue lacrime e bagna il suo letto col suo pianto. Vedete ancora san Pietro, per un peccato che lo spavento gli ha fatto commettere, il Signore lo perdona. Egli piange il suo peccato per tutta la sua vita con tanta abbondanza che le sue lacrime lasciano traccia sul suo volto. Che fa santa Maddalena dopo la morte del Salvatore? Va a seppellirsi nel deserto ove piange e fa penitenza tutta la sua vita: tuttavia DIO, le aveva certo perdonato, poiché dice ai farisei che molti peccati le erano stati rimessi perché molto aveva amato. Ma senza andare così lontano, fratelli miei, vedete le penitenze che si imponevano nei primi tempi della Chiesa. Vedete se quelle di adesso hanno una qualche proporzione con quelle di quei tempi. Per aver giurato il santo Nome di DIO senza pensarci, ahimè! – ciò che è tanto comune, anche per i  fanciulli che non sanno forse nemmeno una preghiera – lo si condannava a digiunare per sette giorni a pane ed acqua. Per aver consultato un indovino, sette anni di penitenza, per aver lavorato alcun poco la domenica, bisognava far penitenza tre giorni, per aver parlato durante la santa Messa, bisognava digiunare dieci giorni a pane ed acqua. Se nella quaresima si era lasciato di digiunare per un giorno, bisognava digiunare sette giorni. Per aver danzato davanti ad una chiesa in un giorno di Domenica o di festa, si veniva condannati a digiunare quaranta giorni a pane ed acqua. Per essersi presi gioco di un Vescovo e del proprio pastore, volgendo le loro istruzioni in ridicolo, bisognava far penitenza per quaranta giorni. Per aver lasciato morire un bambino senza Battesimo, tre anni di penitenza. Per essersi travestiti nel carnevale, tre anni di penitenza. Per un giovane o una fanciulla che avessero danzato, tre anni di penitenza, e se recidivi, li si minacciava di scomunicarli. Coloro che facevano dei viaggi di domenica o nelle feste senza necessità, sette giorni di penitenza. Una giovane che avesse commesso un peccato contro la purezza con un uomo sposato, dieci anni di penitenza. – Ebbene! Fratelli miei, ditemi, cosa sono le penitenze che ci vengono imposte se le compariamo a quelle di cui abbiamo parlato? Tuttavia la giustizia di DIO è la stessa; i nostri peccati non sono meno terribili agli occhi di DIO, e non meritano meno di esser puniti.

II. – Non dovremmo essere coperti di confusione, nel far quel poco che facciamo, rispetto a quello che facevano i primi Cristiani facendo penitenze così dure e sì lunghe? Ma, mi direte, quali sono dunque le opere con le quali possiamo soddisfare alla giustizia di DIO per i nostri peccati? Se desiderate compierle, nulla di più facile da fare, come vedrete. La prima è la penitenza che il confessore vi impone e che fa parte del Sacramento della Penitenza: se non si ha l’intenzione di compierla con tutto il cuore per quel che si può, la confessione non sarebbe che un sacrilegio; la seconda, è la preghiera; la terza è il digiuno; la quarta è l’elemosina; e la quinta le indulgenze che sono le più facili da compiere e le più efficaci.

Io dico: 1° la penitenza che il confessore ci impone prima di impartirci l’assoluzione, noi dobbiamo riceverla con gioia e riconoscenza, ed adempierla esattamente, per quanto ci è possibile, senza di che, dobbiamo grandemente temere di fare una Confessione sacrilega. Se pensiamo di non poterla fare, bisognerebbe far presente al confessore le nostre ragioni: se egli le trova buone, la cangerà, ma ci sono delle penitenze che il prete non può né deve cambiare. Le penitenze che servono a correggere il peccatore, come ad esempio proibire la bettola ad un ubriacone, la danza alla giovane, o ad un giovane la compagnia di una persona che la trascina al male; obbligare a riparare qualche ingiustizia che si è commessa, a confessarsi spesso perché si è vissuto per un certo tempo nella trascuratezza della propria salvezza. Voi converrete con me che un prete non può, né debba cambiare queste penitenze, ma se esistessero delle ragioni per far cambiare la propria penitenza, bisognerebbe che sia il prete a cambiarla, a men che non sia affatto impossibile, perché un altro confessore non conosce per quale ragione sia stata data. Voi troverete le vostre penitenze lunghe e difficili, fratelli miei? Ma lo dite seriamente? Paragonatele dunque a quelle dell’inferno che avete meritato per i vostri peccati. Ah! con qual gioia un povero dannato, non riceverebbe, fino alla fine del mondo, le penitenze che vi si danno ed ancor più rigorose se a questo prezzo potesse mettere termine al suo supplizio! Quale felicità per lui! Ma questo non gli sarà mai concesso. – Orbene! Fratelli miei, ricevendo la nostra penitenza con gioia, con un vivo desiderio di compierla diligentemente per quanto possiamo, noi ci liberiamo dall’inferno, come se il buon DIO accordasse ai dannati quel che vi ho detto. O mio DIO, quanto il peccatore conosce poco la sua felicità!

Io dico: 1° Noi dobbiamo compiere la penitenza che ci impone il confessore, e l’ometterla sarebbe un grave peccato. Non è che a questa condizione che DIO restituisce la sua grazia al peccatore e che il sacerdote, a suo nome, gli rimette i peccati. Ditemi, fratelli miei, non sarebbe un’empietà non fare la penitenza e sperare ancora nel perdono? È un andare contro la ragione: è un volere la ricompensa senza che nulla ci costi. – Che pensare, fratelli miei, di coloro che non fanno la loro penitenza? Per me, ecco quello che ne penso. Se essi non hanno ancora ricevuto l’assoluzione, questi non hanno il desiderio di convertirsi, poiché rifiutano i mezzi per questo necessari, e quando tornano a confessarsi, il prete deve loro rifiutare l’assoluzione una seconda volta. Ma se il penitente ha ricevuto l’assoluzione ed ha omesso la sua penitenza, è un peccato mortale se i peccati confessati erano mortali, e la penitenza imposta sia in sé considerevole; egli deve ben temere che la sua confessione sia stata sacrilega per la mancanza di una volontà sincera di soddisfare DIO per i suoi peccati. Ma io non parlo qui che di coloro che avrebbero omesso tutta la loro penitenza o una parte considerevole, e nemmeno di coloro che l’avessero dimenticata o che non avessero potuto farla nel momento prescritto. – Di poi, io dico che è necessario compiere la propria penitenza tutta intera nel tempo designato e devotamente. Non bisogna tralasciar nulla di ciò che ci è stato imposto; al contrario, noi dobbiamo aggiungere a quella che il confessore ci ha imposto. San Cipriano ci dice che la penitenza deve eguagliare la colpa, che il rimedio non deve essere da meno del male. Ma, ditemi, fratelli miei, quali sono le penitenze che si impongono? Ah! la recita di qualche Rosario, di qualche litania, qualche elemosina, alcune piccole mortificazioni. Ditemi, tutte queste cose hanno qualche proporzione con i nostri peccati che meritano dei tormenti che non finiranno mai? Ci sono quelli che fanno la loro penitenza camminando o seduti, e questo non si deve fare. La vostra penitenza la dovete compiere in ginocchio, a meno che il sacerdote non vi dica che possiate farla camminando o seduti. Se questo vi è capitato, dovete confessarvene e non rifarlo. – In secondo luogo io dico che bisogna farla nel tempo prescritto, altrimenti voi peccherete, a meno che non aveste potuto fare altrimenti, e allora dirlo al vostro confessore quando ritornate. Ad esempio, egli vi avrà ordinato di fare una visita al Santo Sacramento dopo gli uffici, perché egli sa che voi andate con delle compagnie che non vi porteranno al buon DIO. Egli avrà comandato di mortificarvi in qualche cosa ai vostri pasti, perché siete soggetti all’ingordigia; di fare un atto di contrizione se avete la sventura di ricadere nel peccato che avete già confessato. E quando altre volte aspettate, per compiere la vostra penitenza, il momento in cui siete vicini a confessarvi; voi comprendete così bene come me, che in tutti questi casi, siete ben colpevoli, e non dovete mancare di accusarvi e di non trovarvi più in simili contingenze. – In terzo luogo, io dico che bisogna fare la vostra penitenza devotamente, cioè con pietà, con una disposizione sincera di abbandonare il peccato. Farla con pietà, fratelli miei, vuol dire farla con attenzione dal lato spirituale e con la devozione del cuore. Se farete la vostra penitenza con distrazione volontaria, voi non l’avreste compiuta, e sareste obbligati a rifarla. Farla con pietà, è farla con grande fiducia che il buon DIO perdonerà i vostri peccati per i meriti di Gesù-Cristo che ha soddisfatto per voi con le sue sofferenze e la morte sulla croce. Noi dobbiamo farla con gioia, consci del potere soddisfattorio a DIO che abbiamo offeso, e di trovare mezzi così facili per poter cancellare i nostri peccati che meriterebbero di farci soffrire per tutta l’eternità. Una cosa che non dovete mai dimenticare è che tutte le volte che fate la vostra penitenza dovete dire a DIO: Mio DIO! Io unisco questa leggera penitenza a quella che Gesù-Cristo mio Salvatore vi ha offerto per i miei peccati; ecco quello che renderà la vostra penitenza meritoria e gradita a DIO. – Io dico ancora che noi dobbiamo compiere la nostra penitenza con un vero desiderio di lasciare definitivamente il peccato, qualunque cosa ci costi, fosse anche il soffrire la morte. Se noi non siamo con queste disposizioni, lungi dal soddisfare alla giustizia di DIO, lo oltraggiamo nuovamente, cosa che ci renderebbe ancora più colpevoli. – Io ho detto che non dobbiamo contentarci della penitenza che ci impone il confessore, perché essa non è nulla, o quasi nulla se la compariamo a ciò che meritano i nostri peccati. Se il confessore ci tratta con tanti riguardi, è perché teme di disgustarci dall’operare la nostra salvezza. Se voi avete veramente a cuore la vostra salvezza, voi stessi dovete imporvi delle penitenze. Ecco quelle che meglio vi convengono. Se avete la disgrazia di dare scandalo, bisogna rendervi così vigilanti che il vostro vicino non possa vedere nulla in voi che non lo porti al bene; bisogna che voi mostriate con la vostra condotta che la vostra vita sia veramente cristiana. E se avete la sventura di peccare contro la santa virtù della purezza, bisogna mortificare questo miserabile corpo con dei digiuni, dandogli solo ciò che gli occorre per non togliergli la vita, e perché possa adempiere ai  propri doveri, e di tanto in tanto farlo riposare sul duro. Se voi trovate di aver qualcosa da mangiare che soddisfi la vostra ingordigia, bisogna rifiutarla al vostro corpo e disprezzarla per quanto l’avete amata: egli voleva perdere la vostra anima, bisogna che voi lo puniate. Bisogna che spesso il vostro cuore che ha pensato a cose impure, porti i vostri pensieri nell’inferno, che è il luogo riservato agli impudichi. Se siete attaccato alla terra, bisogna fare delle elemosine quanto più potete per punire la vostra avarizia, privandovi di tutto ciò che non vi è assolutamente necessario per la vita. – Siamo stati negligenti nel servizio di Dio, imponiamoci, per far penitenza, di assistere a tutti gli esercizi di pietà che si fanno nella vostra parrocchia. Io voglio dire, alla Messa, ai Vespri, al Catechismo, alla preghiera, al Rosario, affinché DIO, vedendo la nostra alacrità, voglia perdonarci tutte le nostre negligenze: se abbiamo alcuni momenti liberi tra le funzioni, consacriamoli a qualche lettura di pietà, ciò che nutrirà la nostra anima, soprattutto col leggere qualche vita dei santi nelle quali noi vediamo ciò che essi hanno fatto per santificarsi; questo ci incoraggerà; facciamo qualche piccola visita al Santo Sacramento per chiedergli perdono dei peccati che abbiamo commesso durante la settimana. Se ci sentiamo colpevoli di qualche peccato, andiamocene a liberarci affinché le nostre preghiere e tutte le buone opere siano più gradite a DIO e più vantaggiose per la nostra anima. Abbiamo l’abitudine di giurare, di lasciarci trasportare dalla collera? Mettiamoci in ginocchio per dire questa santa preghiera: Mio DIO, sia benedetto il vostro santo Nome in tutti i secoli dei secoli; DIO mio, purificate il mio cuore, purificate le mie labbra affinché non pronunzi mai parole che vi oltraggino e mi separino da Voi. Tutte le volte che voi ricadrete in questo peccato, bisogna al momento o fare un atto di contrizione, o dare qualche elemosina ai poveri. Avete lavorato di Domenica? Avete venduto o comprate durante questo santo giorno, senza necessità? Date ai poveri un’elemosina che superi il profitto che ne avrete fatto. Avete mangiato o bevuto in eccesso? Occorre che, in tutti i vostri pasti, vi priviate di qualche cosa. Ecco fratelli miei, delle penitenze che non solo possono soddisfare alla giustizia di DIO, se unite a quelle di Gesù-Cristo, ma possono ancora preservarci dal ricadere nei nostri peccati. Se volete comportarvi in tal modo, voi siete sicuro di correggervi con la grazia del buon DIO. – Si, fratelli miei, noi dobbiamo castigarci e punirci per aver fatto il male, questo sarà il vero mezzo per evitare le penitenze ed i castighi dell’altra vita. È vero che ciò costa; ma noi non possiamo esimercene, finché siamo ancora in vita e DIO si accontenta di sì poca cosa. Se noi aspettiamo dopo la morte, non ci sarà più tempo, fratelli miei, tutto sarà finito e non ci resterà che il rimpianto per non averlo fatto. Sentiamo qualche ripugnanza per la penitenza, fratelli miei? Gettiamo gli occhi sul nostro amabile Salvatore, vediamo ciò che Egli ha fatto, ciò che ha sofferto alfine di soddisfare il Padre suo per i nostri peccati. Prendiamo coraggio con l’esempio di tanti illustri martiri che hanno consegnato i loro corpi ai carnefici con tanta gioia. Animiamoci ancora, fratelli miei, con il pensiero delle fiamme divoranti del purgatorio che soffrono le povere anime condannate per peccati forse minori dei nostri. Se vi costa, fratelli miei, far penitenza, voi otterrete la ricompensa eterna che queste penitenze vi meriteranno. 2° Abbiamo detto che potremo soddisfare alla giustizia di DIO con la preghiera, non solo la preghiera vocale o mentale, ma ancora con l’offerta di tutte le nostre azioni, levando di tanto in tanto il nostro cuore al buon DIO durante la giornata, dicendo: mio DIO, voi sapete che è per Voi che io lavoro; Voi mi ci avete condannato per soddisfare alla vostra giustizia per i miei peccati. Mio DIO, abbiate pietà di me che sono un peccatore così miserabile, che mi sono ribellato tante volte contro di Voi che siete il mio Salvatore ed il mio DIO. Io desidero che tutti i miei pensieri, tutti i miei desideri non abbiano che un oggetto e che tutte le mie azioni non siano fatte se non col proposito di piacervi. Quel che piò essere gradito a DIO, è il pensare spesso ai nostri fini ultimi, cioè alla morte, al giudizio, all’inferno che è fatto per la dimora dei peccatori.

3° Io dico che noi possiamo soddisfare alla giustizia di DIO con il digiuno. Si comprende sotto il nome di digiuno, tutto ciò che può mortificare il corpo e lo spirito, come rinunciare alla propria volontà, cosa che è sì gradita a DIO e ci merita più di trenta giorni di penitenza; di soffrire per amor di DIO le ripugnanze, le ingiurie, i disprezzi, le confusioni che crediamo di non meritare; di privarci di qualche visita, come sarebbe andare a vedere i nostri parenti, i nostri amici, le nostre terre ed altre cose simili che ci procurerebbero qualche piacere; di tenerci in ginocchio un po’ più a lungo, perché il corpo che ha peccato soffra in qualche maniera. Io ho pure detto che noi possiamo soddisfare alla giustizia di DIO con l’elemosina come dice il profeta a Nabucodonosor: « … riscatta i tuoi peccati con l’elemosina » (Dan. IV, 21). Ci sono diversi tipi di elemosine: quelle che riguardano il corpo, come dar da mangiare a coloro che non hanno pane; vestire coloro che non hanno di che vestirsi; andare a visitare gli ammalati; dar loro del danaro, rifare il loro letto; tener loro compagnia; preparare i loro farmaci: ecco ciò che riguarda il corpo. Ma ecco quelle che riguardano l’anima e che sono ancor ben più preziose di quelle che non hanno rapporto se non con il corpo. Ma, voi direte, come facciamo l’elemosina spirituale? Eccolo: è quando voi andate a consolare una persona che ha un dolore, che ha subito una perdita; voi la consolate con parole piene di bontà e di carità, facendole ricordare la grande ricompensa che il buon DIO ha promesso a coloro che soffrono per amor suo; che le pene del mondo non sono che un momento, mentre la ricompensa sarà eterna. L’elemosina spirituale è istruire gli ignoranti, che sono queste povere persone che saranno perdute se qualcuno non avrà compassione di loro. Ah! quante persone non sanno cosa fare per essere salvate; che ignorano i principali Misteri della nostra santa Religione; che malgrado tutte le loro pene e le altre buone opere saranno dannate. – Padri e madri, padroni e padrone, dove sono i vostri doveri? Li conoscete un poco? No, io non credo. Se voi li conosceste un poco, qual non sarebbe la vostra alacrità nel vedere se i vostri figli conoscono bene tutto ciò che è necessario della Religione per non andare perduti? Quanti di voi cercherebbero tutti i mezzi possibili per far loro imparare ciò a cui il vostro dovere di padre e di madre vi obbliga! Mio DIO! Quanti giovani perduti per ignoranza! E questo per colpa dei loro genitori che forse, non potendo istruirli da se stessi, non avuto il cuore di affidarli a coloro che potevano farlo, lasciamoli vivere in questo stato e perire per l’eternità. Padroni e padrone, qual elemosina fate a questi poveri domestici, dei quali la maggior parte non sa nulla della loro Religione? Mio DIO! Quante anime che si perdono delle quali i loro padroni e padrone dovranno nel gran giorno rendere conto! Io gli do la sua paga – mi direte – sta a lui farsi istruire, io non lo prendo che per lavorare; egli guadagna solamente ciò che gli do. Voi vi ingannate. Il buon DIO vi ha affidato questo povero giovane. Non solo per aiutarvi a lavorare, ma ancora perché gli insegniate a salvare la propria anima. Ahimè! un padrone ed una padrona possono ben vivere tranquilli vedendo i loro domestici in uno stato di dannazione certa? Mio DIO! Quanto la perdita di un’anima sta loro così poco a cuore! Ah! quante volte le padrone saranno testimoni dei loro domestici che non fanno le loro preghiere né al mattino, né alla sera; e nulla diranno loro, o si contenteranno di pensare: ecco un domestico che non ha gran Religione! Ma senza andare più oltre, basti che faccia bene la vostra opera, voi siete contento. O mio DIO! Qual accecamento? Chi mai potrà comprenderlo? Io dico che un padrone o una padrona dovrebbero avere tanta cura e prendere tante precauzioni nell’istruire o far istruire sia i loro domestici che i loro garzoni, durante tutto il tempo che saranno a loro servizio. DIO ve ne domanderà conto come dei vostri figli, nulla di meno. Voi avete il compito di essere padre e madre; è a voi che DIO chiederà conto. Ahimè! se tanti poveri domestici non hanno Religione, questa sventura è in gran parte dovuta al fatto che essi non sono istruiti. Se voi aveste la carità di istruirli, e far loro conoscere ciò che devono fare per salvarsi, i doveri che hanno da compiere verso DIO, verso il prossimo e verso se stessi, quali siano le verità della nostra santa Religione che bisogna assolutamente conoscere, voi fareste loro aprire gli occhi sulla loro sventura. Ah! Quali ringraziamenti non vi faranno essi per tutta l’eternità, dicendo che dopo DIO, è a voi che sono debitori della loro felicità eterna. Mio DIO! Si possono lasciar perire delle anime così preziose che tanto sono costate a Gesù-Cristo per essere riscattate? Ma voi mi direte, questo è facile da dirsi. Se si vuol parlare loro di Religione, essi non ascoltano se non per burlarsi di voi. Questo è purtroppo vero; ce n’è tanti che sono tanto disgraziati da non voler aprire gli occhi sulla loro disgrazia; ma non tutti: ce ne sono alcuni che sono ben contenti di farsi istruire. Bisogna prenderli con dolcezza, ricordando che, quando crederete che questo non gli servirà a niente, ne sarete tanto più ricompensati che se ne aveste fatti dei santi. Ma non vi ingannate. Prima o poi si ricorderanno di ciò che voi gli avete insegnato; verrà un giorno che essi ne profitteranno e pregheranno per voi il buon DIO. Voi dovete loro ancora l’elemosina delle vostre preghiere. Un padrone o una padrona che ha dei domestici, non deve lasciar trascorrere un giorno senza pregare il buon DIO per essi. Io sono persuaso che ci sono tanti che forse non hanno mai pregato per i loro domestici. Ma, voi mi direte, ben lungi dall’aver pregato per essi, io non vi ho mai pensato. Ah! Fratelli miei, io non credo a questo. Se voi avete vissuto in sì grande ignoranza verso i vostri doveri, sareste da compiangere e degni di estrema compassione. Se un domestico non deve mancare di pregare per i suoi padroni, un padrone, una padrona gli deve la medesima cosa, ed ancor di più perché il domestico non è incaricato dell’anima del suo padrone, mentre il padrone è incaricato dell’anima dei suoi domestici. Mio DIO! Quante persone non conoscono il loro dovere; e di conseguenza, non lo compiono e saranno perduti per l’eternità. Padri e madri, padroni e padrone, non dimenticate questa elemosina spirituale che dovete ai vostri figli ed ai vostri domestici. Voi dovete ancor loro l’elemosina dei vostri buoni esempi che serviranno di guida a loro per andare in cielo. – Ecco, fratelli miei, ciò che io credo sia maggiormente capace di soddisfare alla giustizia di DIO, per i vostri peccati confessati e perdonati. Voi potete di giunta soddisfare alla giustizia di Dio, sopportando con pazienza tutte le miserie che sarete obbligati a soffrire malgrado voi, come le malattie, le infermità, le afflizioni, la povertà, le fatiche che avrete da sostenere lavorando, il freddo, il caldo, gli accidenti che vi incolgono, la necessità di morire. Vedete la bontà di DIO che ci ha fatto la grazia di rendere tutte le nostre azioni meritorie, e degne di evitare tutte le pene dell’altra vita. ma, disgraziatamente, fratelli miei, non è con questo spirito che noi soffriamo i mali che DIO ci invia, come altrettante grazie che Egli ci fa; ahimè! essendo ciechi, su questo ultimo punto, sul nostro bene, noi giungiamo perfino a mormorare ed a maledire la mano di un Padre sì buono che cambia le pene eterne in altre che non sono che di qualche minuto. E noi, fratelli miei, siamo così ciechi intorno nostra felicità? Mettiamo tutto a profitto: malattie, avversità, afflizioni, tutte queste cose sono dei beni che noi accumuliamo per il cielo, o piuttosto che ci esenteranno dal dover soffrire dei tormenti così rigorosi nell’altra vita. Uniamo tutte le nostre pene a quelle di Gesù-Cristo, alfine di renderle meritorie e degne di soddisfare alla giustizia di DIO. Infine il gran mezzo di soddisfare alla giustizia di DIO, è amarlo, avere un vivo pentimento dei nostri peccati, perché Gesù-Cristo ci ha detto che molto sarà rimesso a colui che ama molto, ed a colui che meno ama, meno peccati gli saranno rimessi. (Luc. VII, 47).

5° Noi abbiamo detto che le indulgenze sono dei mezzi molto efficaci per soddisfare alla giustizia di DIO, vale a dire per farci evitare le pene del purgatorio. Queste indulgenze sono composte dai meriti sovrabbondanti di Gesù-Cristo, della Vergine Santa e dei Santi, ciò che costituisce un tesoro inesauribile al quale il buon DIO ci dà il potere di attingere. Per farvelo meglio comprendere, è come se voi foste debitore di venti o trenta lire verso un uomo ricco che vuole essere pagato; voi non avete niente, o vi sarebbe necessario un tempo infinito per saldare il vostro debito. Un ricco ci dice: « Voi non avete di come saldare i vostri debiti? prendete dal mio scrigno ciò che vi è necessario per pagare ciò che dovete. » Ecco precisamente ciò che DIO  fa. Noi siamo nell’impossibilità di soddisfare alla sua giustizia, Egli ci apre il tesoro delle indulgenze nel quale possiamo prendere tutto ciò che ci serve per soddisfare alla giustizia di DIO. Ci sono delle indulgenze parziali, che non rimettono che una parte delle nostre pene, e non tutte, come sono quelle che si guadagnano recitando le litanie del santo Nome di Gesù, e per le quali ci sono 200 giorni di indulgenza; dicendo quelle della Santa Vergine, ci sono 400 giorni, e così di tante altre. Ci sono delle indulgenze quando si dice l’Ave Maria, l’Angelus, i tre atti di fede, di speranza e carità; andando a visitare un ammalato, istruendo un ignorante. Ma le indulgenze plenarie sono la remissione di tutte le pene che noi dobbiamo soffrire in Purgatorio; di modo tale che, dopo esserci confessati di un gran numero di peccati, benché perdonati, ci resta ancora un numero quasi infinito di anni di Purgatorio. Se guadagniamo queste indulgenze plenarie nella loro interezza, noi saremo esenti dal Purgatorio così come un bambino che muore subito dopo il suo Battesimo, o un Martire che dà la sua vita per DIO. Queste indulgenze possono lucrarsi se si è iscritti nella Confraternita del santo Rosario, tutte le prime domeniche del mese, quando si ha la fortuna di confessarsi e comunicarsi, ed in tutte le feste della Santa Vergine; tutte le terze domeniche, se siamo della Confraternita del Santo-Sacramento. Oh! Fratelli miei, quanto è facile liberarsi delle pene dell’altra vita per un Cristiano che profitti delle grazie che il buon DIO gli presenta. Ma bisogna pur dire che per guadagnare tutti questi beni, bisogna essere in stato di grazia, essersi confessati e comunicati, e fare le preghiere che il Santo Padre prescrive; non c’è che la Via Crucis per la quale non c’è bisogno di confessarsi né comunicarsi. Ma bisogna essere sempre esenti da peccato mortale; aver un grande rammarico di tutti i peccati veniali ed essere in una vera risoluzione di non più commetterli. Se avete queste disposizioni, voi potete lucrarle per voi e per le anime del purgatorio. Niente, fratelli miei, è così facile che il soddisfare alla giustizia di DIO, dato che abbiamo tanti mezzi per questo, di modo tale che se andiamo in Purgatorio sarà per nostra propria colpa. Oh! se un Cristiano fosse istruito e volesse profittare di tutto ciò che il buon DIO presenta, quanti tesori egli cumulerebbe per il cielo! DIO mio! Se noi siamo così poveri, è perché noi non vogliamo arricchirci, ma non è ancora tutto. Dopo aver soddisfatto a DIO, bisogna ancor soddisfare il nostro prossimo per il torto che gli abbiamo fatto, sia al corpo, sia alla sua anima. Io dico che si fa torto al suo corpo, cioè alla sua persona, oltraggiandolo sia con parole ingiuriose o sprezzanti, o con cattivi trattamenti. Se abbiamo avuto la sventura di oltraggiarlo con parole ingiuriose, bisogna fargli le scuse e riconciliarsi con lui. Se gli si è fatto torto battendo le sue bestie, ciò che può capitare quando le si trova a fare qualche danno ai nostri raccolti, voi siete obbligati a dargli tutto ciò di cui avete causato la perdita: voi potreste farvi pagare e non maltrattare queste bestie; se voi avete fatto qualche torto, voi siete obbligato a ripararlo per quanto potete, senza che siate grandemente colpevole. Se avete dimenticato di farlo, avete peccato e dovete accusarvene. Se avete fatto torto al vostro prossimo nel suo onore, come ad esempio per una maldicenza, voi siete obbligato a dare buone informazioni per quante di cattive ne abbiate date, nascondendo i difetti che essi potrebbero avere, che non siete obbligati a svelare. Se l’avete calunniato, dovete andare a trovare le persone alle quali avete detto cose false del vostro prossimo e dire loro che tutto quel che avete loro detto, non era vero: che voi ne siete ben convinto, e che li pregate di non crederle. Ma se gli avete fatto questo torto nell’anima, è ancor più difficile riparare, tuttavia bisogna pur farlo per quanto possibile, senza il che, mai il buon DIO ci perdonerà. Bisogna pure esaminarvi caso mai abbiate dato scandalo ai vostri figli o ai vicini. Quanti padri e madri, padroni e padrone che scandalizzano i loro figli e i loro domestici, non facendo preghiere, né mattino né sera, o che le fanno vestendosi, o sdraiati su una poltrona, che non faranno neanche un segno di croce né prima, né dopo aver mangiato. Quante volte li sentiamo giurare e forse anche bestemmiare. Quante volte vi hanno visto lavorare la Domenica mattina, anche prima della Santa Messa. Bisogna ancora esaminare se avete cantato canzoni licenziose, se avete preso libri cattivi, se avete dato cattivi consigli, come dicendo a qualcuno di vendicarsi, di ripagarsi con le proprie mani, o rivolgere ingiurie al prossimo. Voi dovete ancora esaminarvi se non avete preso degli oggetti del vostro vicino che avete dimenticato di restituire; se avete dimenticato di fare qualche elemosina se vi è stata comandata o qualche restituzione da parte dei vostri poveri genitori defunti. Bisogna aver la felicità che i vostri peccati siano perdonati, che non abbiate nulla dei beni del prossimo che voi dovete e potete rendergli; che non abbiate infamato la sua reputazione, bisogna che voi abbiate fatto tutto ciò che potevate per ripararla; bisogna esservi riconciliato con i vostri nemici, parlare loro come se non avessero fatto che del bene nella vostra vita, senza conservare nulla nel vostro cuore se non la carità che un buon Cristiano deve avere per tutti. Bisogna ricevere la vostra penitenza di bon grado, con un vero desiderio di compierla come meglio potete, farla in ginocchio con pietà e riconoscenza, pensando quanto il buon DIO sia buono da contentarsi di così poche cose, e fare in modo che le pene che proviate nel vostro stato, vi servano come penitenza; possiamo lucrare quanto più possiamo indulgenze, affinché dopo la morte abbiamo la sorte di aver soddisfatto a DIO per i nostri peccati, ed al prossimo per i torti che gli abbiamo recati, e che possiamo comparire con fiducia al tribunale di DIO. È la felicità che vi auguro.

DOMENICA III DI AVVENTO (2020)

III DOMENICA DI AVVENTO (2020)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Stazione a S. Pietro

Semid. Dom. privil. di II cl. – Paramenti rosacei o violacei.

Il Signore è già vicino, venite, adoriamolo (Invitatorio). 1° Avvento. È Maria che ci dà Gesù: « Tu sei felice, o Maria, perché tutto quello che è stato detto dal Signore, si compirà in te » (Ant. Magn.). « Da Bethlem verrà il Re dominatore, che porterà la pace a tutte le Nazioni » (2° resp.) « e che libererà il suo popolo dal dominio dei suoi nemici » (4° resp.). Le nostre anime parteciperanno in un modo speciale a questa liberazione nelle feste di Natale, che sono l’anniversario della venuta in questo mondo del vincitore di satana.« Fa, chiede la Chiesa, che la nascita secondo la carne del tuo unico Figlio ci liberi dall’antica schiavitù che ci tiene sotto il giogo del peccato ». (Messa del giorno, 25 dic.). S. Giovanni Battista prepara i Giudei alla venuta del Messia: egli ci prepara anche all’unione, ogni anno più intima, che Gesù contrae con le nostre anime a Natale.« Appianate la via del Signore » dice il Precursore. Appianiamo dunque le vie del nostro cuore, e Gesù Salvatore vi entrerà per darci le sue grazie liberatrici.

Avvento. S. Gregorio fa allusione alla venuta di Gesù alla fine del mondo allorché, spiegando il Vangelo, dice: «Giovanni, il Precursore del Redentore, precede Gesù nello spirito e nella virtù d’Elia, che sarà il precursore del Giudice » (9a Lezione). Dell’avvento di Gesù come Giudice parlano l’Epistola e l’Introito. Se proviamo gran gioia nell’avvicinarsi alle feste del Natale, che ci ricordano la venuta dell’umile bambino della mangiatoia, quanto più il pensiero della sua venuta in tutto lo splendore della sua potenza e della sua maestà, non deve empirci di santa esultanza, perché  allora soltanto la nostra redenzione sarà compiuta. S. Paolo scrive ai Cristiani: « Godete, rallegratevi nel Signore, ve lo ripeto ancora, perché il Signore è vicino ». E come nella Domenica Lætare (Questa pia pratica in uso per la benedizione della rosa a Roma, nella Domenica Lætare, si è estesa a tutti i sacerdoti che ne hanno desiderio per la celebrazione della Messa ed è passata alla Domenica Gaudete, perché queste due domeniche cantano la nostra liberazione dalla schiavitù del peccato per opera di Cristo), i sacerdoti che lo desiderano celebrano oggi con paramenti rosa, colore che simboleggia la gioia della Gerusalemme celeste, dove Gesù ci introdurrà alla fine dei tempi. « Gerusalemme, sii piena di gioia, perché il tuo Salvatore sta per venire » (2a Ant. vesp.). Desideriamo dunque questo avvento, che l’Apostolo dice vicino, e, invece di temerlo, auguriamoci con santa impazienza che si realizzi presto. « Muovi, o Signore, la tua potenza, e vieni a soccorrerci » [« Ecco — dice l’Apocalisse — il Signore apparirà e con Lui milioni di Santi e sulla sua veste porterà scritto: Re dei Re e Signore dei Signori » (1° resp.). « Il Signore degli eserciti verrà con grande potenza » (4° resp.). « Il Suo Regno sarà eterno e tutte le Nazioni Lo serviranno » (6° resp.). (All). « Vieni, o Signore, non tardare » (Ant. delle Lodi). « Per adventum tuum libera nos, Domine »].

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Phil IV:4-6
Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Modéstia vestra nota sit ómnibus homínibus: Dóminus enim prope est. Nihil sollíciti sitis: sed in omni oratióne petitiónes vestræ innotéscant apud Deum.

[Godete sempre nel Signore: ve lo ripeto: godete. La vostra modestia sia manifesta a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non siate ansiosi per alcuna cosa, ma in ogni circostanza fate conoscere a Dio i vostri bisogni]

Ps LXXXIV: 2
Benedixísti, Dómine, terram tuam: avertísti captivitátem Jacob.

[Hai benedetto, o Signore, la tua terra: hai liberato Giacobbe dalla schiavitù].

Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Modéstia vestra nota sit ómnibus homínibus: Dóminus enim prope est. Nihil sollíciti sitis: sed in omni oratióne petitiónes vestræ innotéscant apud Deum.

[Godete sempre nel Signore: ve lo ripeto: godete. La vostra modestia sia manifesta a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non siate ansiosi per alcuna cosa, ma in ogni circostanza fate conoscere a Dio i vostri bisogni.]

Oratio

Orémus.
Aurem tuam, quǽsumus, Dómine, précibus nostris accómmoda: et mentis nostræ ténebras, grátia tuæ visitatiónis illústra:

[O Signore, Te ne preghiamo, porgi benigno ascolto alle nostre preghiere e illumina le tenebre della nostra mente con la grazia della tua venuta.]

Lectio

Lectio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Philippénses

Philipp IV: 4-7
Fratres: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Modéstia vestra nota sit ómnibus homínibus: Dóminus prope est. Nihil sollíciti sitis: sed in omni oratióne et obsecratióne, cum gratiárum actióne, petitiónes vestræ innotéscant apud Deum. Et pax Dei, quæ exsúperat omnem sensum, custódiat corda vestra et intellegéntias vestras, in Christo Jesu, Dómino nostro.
R. Deo gratias.

[“Rallegratevi sempre nel Signore: da capo ve lo dico, rallegratevi. La vostra benignità sia nota a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non siate ansiosi di nulla: ma in ogni cosa le vostre domande siano manifestate a Dio nell’orazione, nella preghiera e nel rendimento di grazie. E la pace di Dio, che supera ogni mente, custodisca i vostri cuori e le vostre menti in Gesù Cristo „ (Ai Pilipp. IV, 4-7]

(L. Goffiné, Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste; trad. A. Ettori P. S. P.  e rev. confr. M. Ricci, P. S. P., Firenze, 1869).

Che significa rallegrarsi nel Signore?

Significa ringraziare Dio del benefizio che ci ha dato di una felice eternità, e della continua protezione che ci presta: e rallegrarsi dei mali e delle persecuzioni che si possono avere a sopportare per il Signore, come se ne rallegrarono gli Apostoli, e specialmente s. Paolo. – Docili all’esortazione di s. Paolo, la nostra vita sia esemplare, e mai la nostra sollecitudine per i beni temporali sia eccessiva; confidiamoci nella Provvidenza: gratissimi a Dio per i suoi benefizi esponiamo a Lui le nostre necessità. E può questo Dio di bontà, che ha cura dei più piccoli animali abbandonare i suoi figli, se ricorrono a Lui come al migliore dei padri?

(P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.

(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)

SERVITE DOMINO IN LÆTITIA!

Ecco un testo latino, biblico, molto popolare, forse troppo, nel senso che forse c’è chi, malignamente o ingenuamente (non importa), lo fraintende. Però, a parte gli equivoci e i malintesi, il testo in sé è bello ed è di indubbia marca religiosa, giudeo-cristiana. Un’onda di letizia corre dal Vecchio al Nuovo Testamento, dalla Legge al Vangelo di Gesù Cristo. Nostro Signore non è il maestro arcigno e burbero, non è l’asceta truce o il filosofo altero. No. Di fronte ai discepoli del Battista, che digiunano troppo, i suoi discepoli digiunano meno, poco. Di fronte ai Farisei accigliati per ostentazione di virtù o per piccineria di spirito, il volto del Maestro, Gesù, e dei suoi discepoli è non solo sereno; addirittura ilare. E San Paolo riprende questa tradizione evangelica, come Egli suole, quando grida nell’Epistola che oggi leggiamo, ai Filippesi: allegri, allegri in Dio. « Gaudete, iterum dico gaudete. » Il quale cristiano gaudio non è — sarebbe quasi superfluo il dirlo se io non volessi circoscrivere bene questa gioia cristiana di fronte ad altri stati spirituali affini ma non da confondersi con essa — l’incomposta rumorosa sfrenata ilarità del mondo: una ilarità fatta di incoscienza e di voluttà più o meno accentuata. La gioia cristiana sta molto più in qua, sta molto più in su della follia pagana. Quella è divina, questa è brutale. Quella si esprime nel sorriso, nel riso magari; questa nella sghignazzata. Paolo la descrive benissimo con due tratti contrastanti: la letizia nostra è: divina; in Domino e composta, « modestia vestra nota sit omnibus hominibus. » Ma come la gioia cristiana si oppone alle accigliatezze o tristezze farisaiche e alla gioia pagana, così non va confusa colla serenità pura e semplice, colla imperturbabilità — per usare la frase precisa — del filosofo stoico, greco. Non turbarsi mai. Nell’alto cielo non arrivano i turbamenti atmosferici della terra. Ma questa imperturbabilità oltreché tutta umana, oscilla, nello stoicismo, tra l’egoismo e l’orgoglio; egoista la imperturbabilità se nutrita dal desiderio di non soffrire; orgogliosa se ispirata da desiderio di parere; è qualcosa di negativo, di freddo; anche il marmo non si turba mai, nella sua glaciale, marmorea freddezza e durezza. Il Cristianesimo ha portato al mondo l’attività di fronte alla passività, la possibilità di fronte alla negabilità. Quello che è la carità attiva e calda del Cristianesimo di fronte alla inerte compassione buddistica, questo è la gioia cristiana di fronte alla stoica imperturbabilità. Il Cristianesimo ci vuole, sì, sereni, della serenità di un bel viso terso, ma ci vuole anche lieti, giocondi, allegri, positivamente contenti. Non gli basta che noi non si maledica; vuole che benediciamo, e molto, la vita. Non solo non dobbiamo essere corrucciati coi nostri fratelli, ma dobbiamo verso di loro nutrire la nostra benevolenza. Il nostro non deve essere un viso olimpico, serenamente olimpico per disprezzo di tutti e di tutto, disprezzo altezzoso e quasi corrucciato, o disprezzo umoristico, disprezzo sempre…: Noi non dobbiamo disprezzare nulla e nessuno. Dobbiamo amar tutti e tutto, meno il male. – Una luce divina deve nutrire questa nostra gioia: la luce della bontà di Dio. Il mondo, per noi che lo vediamo in quella luce divina del Dio Creatore, Creatore buono, il mondo è bello. – Per noi che vediamo la storia nella luce di Dio, il Dio Redentore, caritatevole, l’avvenire è santo. Non siamo dei fatui che non vedono le ombre nel quadro, nel mondo e nella vita: ma su quella ombra grandeggia la luce di Dio. La luce trionfa. Lietamente noi abbracciamo la vita — non dice l’accettiamo, che è di nuovo una espressione di passività: l’abbracciamo, che vuol dire attività — colle sue lotte e coi suoi sacrifici e dolori. Alla lotta andiamo giocondi, sicuri della vittoria; i sacrifici li accettiamo lieti, sicuri della ricompensa. « Servite Domino in Lætitia: » ripetiamolo pure il vecchio ritornello, con nuova e più lucida coscienza, e, soprattutto, applichiamolo

Graduale

Ps LXXIX: 2; 3; 79:2

Qui sedes, Dómine, super Chérubim, éxcita poténtiam tuam, et veni.

[O Signore, Tu che hai per trono i Cherubini, súscita la tua potenza e vieni.]

Qui regis Israël, inténde: qui dedúcis, velut ovem, Joseph.

[Ascolta, Tu che reggi Israele: che guidi Giuseppe come un gregge. Allelúia, allelúia.]

Alleluja

Allelúja, allelúja,

Excita, Dómine, potentiam tuam, et veni, ut salvos fácias nos. Allelúja.

[Suscita, o Signore, la tua potenza e vieni, affinché ci salvi. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem

Gloria tibi, Domine!

Joann l: XIX-28

“In illo tempore: Misérunt Judæi ab Jerosólymis sacerdótes et levítas ad Joánnem, ut interrogárent eum: Tu quis es? Et conféssus est, et non negávit: et conféssus est: Quia non sum ego Christus. Et interrogavérunt eum: Quid ergo? Elías es tu? Et dixit: Non sum. Prophéta es tu? Et respondit: Non. Dixérunt ergo ei: Quis es, ut respónsum demus his, qui misérunt nos? Quid dicis de te ipso? Ait: Ego vox clamántis in desérto: Dirígite viam Dómini, sicut dixit Isaías Prophéta. Et qui missi fúerant, erant ex pharisæis. Et interrogavérunt eum, et dixérunt ei: Quid ergo baptízas, si tu non es Christus, neque Elías, neque Prophéta? Respóndit eis Joánnes, dicens: Ego baptízo in aqua: médius autem vestrum stetit, quem vos nescítis. Ipse est, qui post me ventúrus est, qui ante me factus est: cujus ego non sum dignus ut solvam ejus corrígiam calceaménti. Hæc in Bethánia facta sunt trans Jordánem, ubi erat Joánnes baptízans.”

“In quel tempo i Giudei mandarono da Gerusalemme a Giovanni i sacerdoti ed i leviti, per domandargli: Chi sei tu? Ed ei confessò, e non negò, e confessò: Non son io il Cristo. Ed essi gli domandarono: E che adunque? Se’ tu Elia. Ed ei rispose: Noi sono. Se’ tu il profeta? Ed ei rispose: No. Gli dissero pertanto: Chi se’ tu, affinché possiamo render risposta a chi ci ha mandato? Che dici di te stesso? Io sono, disse, la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come ha detto il profeta Isaia. E questi messi erano della setta de’ Farisei. E lo interrogarono, dicendogli: Come adunque battezzi tu, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? Giovanni rispose loro, e disse: Io battezzo nell’acqua; ma v’ha in mezzo a voi uno, che voi non conoscete: questi è quegli che verrà dopo di me, il quale è prima di me; a cui io non son degno di sciogliere i legaccioli delle scarpe. Queste cose successero a Betania di là dal Giordano, dove Giovanni stava battezzando”.

(Jo. I, 19-28).

Omelia

[I Sermoni del B. GIOVANNI B. M. VANNEY,

trad. It. di Giuseppe D’Isengrad P. d. M. – vol. IV, Torino, Libreria del Sacro Cuore – 1908- imprim. Can. Ezio Gastaldi-Santi, Provic. Gen., Torino, 8  apr. 1908].

Mirabilis Deus in sanctis suis.

(Mirabile è Dio ne’ suoi santi.)

– Psalm. LXVII, 36 -.

Tale fu il linguaggio del Re-Profeta nel considerare la grandezza de’ beni e delle grazie che Dio concede a quelli che lo amano. Sì, certamente, fratelli miei, tutto quello che Dio ha fatto è mirabile: tutto ci rivela un Dio d’infinita sapienza, potenza e misericordia, infinito in ogni maniera di perfezioni. Ma possiamo pur dire che ne’ suoi santi ha fatto qualche cosa di più singolare, o, piuttosto, ha voluto mostrarci in essi ritratte tutte le virtù che Gesù Cristo, suo Figliuolo, ha praticato nel tempo della sua vita mortale. Vogliamo infatti conoscere quale sia stata la vita nascosta di Gesù? Andiamo a visitar quei solitari, i cui capelli incanutirono nelle foreste, e vedremo in essi le virtù di Lui. Vogliam conoscere, almeno in parte, la bellezza ch’ebbe ai suoi occhi e la stima in cui tenne la più bella delle virtù, la purità? Entriamo nei monasteri e vedremo persone dell’un sesso e dell’altro crocifiggere senza posa la loro carne, per conservare in sé così bella virtù. Vogliamo conoscere la sua vita apostolica? Consideriamo tutti quegli apostoli e quei missionari che varcano i mari per annunziare il Vangelo agli idolatri, e sacrificano sanità e vita per salvare quelle povere anime. Desideriamo avere un’idea della vita sofferente di Gesù Cristo? Andiamo in traccia delle numerose schiere dei martiri, consideriamo i supplizi a cui sono sottoposti: gli uni muoiono sull’eculeo o sulle brace ardenti; altri sotto i denti dei leoni, altri muoiono tra i più terribili tormenti. Sì, miei fratelli, in tutti codesti Santi ci par di rivedere la vita stessa di Gesù Cristo. Ciò appunto fa dire anticipatamente al santo Re-Profeta: « O mio Dio, quanto siete ammirabile nei vostri santi! ». Tuttavia, fratelli miei, possiam dire che san Giovanni Battista (…) racchiude in sé solo tutte le virtù degli altri Santi. La vita del Salvatore fu tutta spesa nel piacere al Padre suo, salvare le anime e far penitenza; e tale fu pure la vita di S. Giovanni Battista. La vita di Gesù Cristo fu pura; e pura fu quella di S. Giovanni Battista. Fin dagli anni più teneri si ritirò nel deserto e non ne uscì che per combattere il vizio, e morir pel suo Dio, prima che il suo Dio morisse per lui. Gesù Cristo è morto per risarcire la gloria del Padre suo; S. Giovanni è morto per sostenere i diritti del suo Dio. Oh! miei fratelli, quante virtù si scoprono in questo gran santo! Certo Maria tiene il primo posto dopo il suo divino Figliuolo; ma possiamo dire che, dopo Maria, tiene il primo posto san Giovanni Battista. Per animarvi, fratelli miei, ad aver grande fiducia in questo incomparabile santo, vi farò conoscere alcune delle grazie che Dio gli ha fatto a preferenza di tutti gli altri eletti. Se vogliamo far l’elogio di certi santi, cominciamo col ricordare i vizi a cui sulle prime si abbandonarono; poi cerchiamo di seppellir questi nelle lor lacrime e coprirli con le penitenze che praticarono in tutto il resto della vita. Vediamo da una parte la debolezza umana, dall’altra la potenza della grazia. Vogliamo parlare di S. Maddalena? Raccontiamo prima la sua vita peccatrice, poi le lacrime che ha versato e le penitenze che ha fatto per placare la giustizia divina. Parliamo di S. Pietro? Vi diciamo che, dopo avere sgraziatamente rinnegato il divino Maestro, pianse amaramente, e la sua penitenza durò tutto il tempo della sua vita. Le loro lacrime e la loro penitenza ci consolano; ma tuttavia ci affliggono i loro peccati, perché hanno offeso un Dio così buono e sì degno d’essere amato! Ma, miei fratelli, nel nostro buono e grande S. Giovanni Battista non troviamo nulla che possa rattristarci. Tutto invece ci deve rallegrare, perché in lui vediamo bene soltanto e nulla di male: solo virtù e nessun peccato. Degli altri santi si cominciano a contare le virtù e le penitenze a partir da una certa età: ma di S. Giovanni Battista possiamo cominciare a dir meraviglie anche prima della sua nascita. Oh! miei fratelli, è pur buona cosa lodare un santo in cui non vediamo che le virtù più sublimi! Ma la gran difficoltà che incontriamo nel far l’elogio di S . Giovanni Battista è che le sue virtù son condotte a sì alto grado di perfezione, e così al di sopra dell’umana conoscenza, che ci par cosa temeraria il volerci provare a dime qualche cosa. Non dovremmo contentarci di lodare e benedire il Signore che in maniera così straordinaria lo ha innalzato sugli altri santi? S. Giovanni Battista è tra gli uomini il solo che sia rimasto così poco tempo sotto la tirannia del peccato; aveva sei mesi appena quando Gesù Cristo venne in persona a santificarlo nel seno della madre: grazia concessa a lui solo. Si dice, sì, che il profeta Geremia sia stato santificato nel seno della madre; ma i santi Padri dubitano che sia stato nell’istessa maniera. Per darvi un’idea della grandezza del nostro santo, vi dirò che fu ambasciatore dell’Eterno Padre, il quale lo mandò ad annunziare la venuta del suo Figliuolo sulla terra. Sì, miei fratelli, questo gran santo fu come quella bella stella del mattino che annunzia il levarsi del sole, che deve riscaldare la terra e ravvivare la natura. Il cielo fece sì gran conto di S. Giovanni Battista, che, per annunziarne la venuta, si valse di quanto aveva di più grande nella sua corte. L’Angelo istesso annunziò la concezione del Salvatore e quella di S. Giovanni. Fu (possiamo dirlo) un bambino tutto celeste: fu formato nel seno d’una madre, dopo la B. Vergine, la più santa che sia stata al mondo. Egli fu opera piuttosto della grazia che della natura, perché i suoi parenti erano molto avanzati in età e non più in condizione d’aver prole. S. Agostino (In parecchi sermoni In natali Joannis Baptistæ), domanda perché di S. Giovanni Battista si festeggia la nascita, mentre di tutti gli altri santi si celebra la festa nel giorno della morte.« Perché, risponde il santo, gli altri santi non furono eletti da Dio prima di nascere, e neppure nell’atto del loro nascimento, ma soltanto nel corso della lor vita dopo molti combattimenti e penitenze; S. Giovanni Battista invece fu eletto da Dio non solo nel nascere, ma prima ancor che nascesse; prima di vederla luce è profeta; ancor nel seno della madre riconosce già il Salvatore del mondo, pur esso chiuso ancora nel seno della S S . Vergine » . Sì, diciamolo, fratelli miei, prima che i suoi occhi si aprissero, già contemplava il suo Dio e il suo Salvatore promesso da tanti secoli. E vediamo poi che fu pure un continuo prodigio tutta la sua vita. La sua nascita fu simile a quello splendido sole che sorge ogni giorno a portar in ogni parte gioia e fecondità. La sua culla fu come un monte di balsamo, che spande i suoi profumi fino alle estremità della terra. Infatti, quando S. Giovanni venne al mondo, tutti i suoi parenti e tutti quei dei dintorni erano pieni di ammirazione; si udivano dirsi a vicenda: « Che sarà un giorno codesto fanciullo? Veramente è sopra di esso la mano onnipotente di Dio » (S. Luc. I, 66). Sì, miei fratelli, da qualunque parte consideriamo questo Santo, nulla vediamo in lui che non sia grande. 1° È grande pel nome di Giovanni che gli fu dato; 2° è grande per le grazie di cui il cielo lo ricolmò; 3° è grande per la missione affidatagli da Dio; 4° è grande per le sublimi virtù che praticò; 5° è grande dinanzi a Dio; 6° è grande dinanzi agli uomini; 7° finalmente è grande nella sua morte. Non è un abisso di grandezze? Non ho ragione di dirvi che sarebbe guadagno il serbare il silenzio, anziché voler tentar l’elogio di sì gran Santo: tanto le sue virtù sono superiori all’umana conoscenza? Oh! quante grazie, fratelli miei, possiamo ottener dal cielo per la sua protezione!

Dico adunque: 1° che S. Giovanni è grande pel nome che l’Angelo gli ha dato. L’Eterno Padre scelse per lui questo nome per farci intendere che quel fanciullo sarebbe tutto celeste. Il nome « Giovanni » significa « grazia, benedizione, privilegio singolare ».

2° Dico che è grande pei favori concessigli dal cielo. Dio infatti per cancellare in lui il peccato originale, non seguì le leggi ordinarie: fu santificato nel seno della madre. S. Ambrogio dice che la grazia di Dio l’animò anche prima che avesse vita; e S. Pier Crisologo, che Dio lo mise in cielo prima che i suoi piedi toccassero la terra; gli diede lo spirito divino prima dell’umano, e gli fece dono della sua grazia prima che la natura avesse formato il suo corpo. Sì, aggiunge questo gran santo, Dio lo fece vivere in Sé prima che vivesse della vita naturale. Ma se vogliamo avere un’idea anche più sublime di questa grandezza, convien considerare che Gesù Cristo stesso, in quanto uomo, gli ha meritato queste grazie, e che la SS. Vergine fu eletta dall’eterno Padre per esserne depositaria. Oh! miei fratelli, quante grazie, quante virtù, quante grandezze rinchiuse in un solo santo! Appena Gesù Cristo è concepito nel seno della sua SS. Madre, parte, o meglio comanda a Lei d’andare prontamente a visitare sua cugina Elisabetta per santificare il suo precursore. « Pare, dice S. Pier Damiani, che il Salvatore sia venuto al mondo per lui  solo: lascia tutti gli altri da parte per cercar solo S. Giovanni » . Dà a sua Madre forza straordinaria per varcare le montagne della Giudea, il che Ella fa con incredibile prestezza. Al giungere di Maria S. Elisabetta e S. Giovanni Battista son presi da un dolce rapimento: Elisabetta apre la bocca per manifestare i favori che Dio le ha fatto con la visita di Maria; Giovanni Battista esulta di gioia, e adora il suo Dio e Salvatore, anche prima di vederlo con gli occhi del corpo. Ah! felice santificazione, che fu fatta da Gesù Cristo in persona con tanta benevolenza e sollecitudine! Ma a quest’amore premuroso di Gesù Cristo aggiungiamo, miei fratelli, le sollecitudini di Maria, dispensatrice delle sue grazie. Oh! qual felicità fu quella di S. Giovanni Battista che, uscendo dal seno della madre, fu posto tra le braccia della SS. Vergine! – Oh! miei fratelli, quale effusione di grazie nei tre mesi che rimase presso Elisabetta sua cugina! Quante volte prese tra le braccia il fanciullo! Quante volte lo portò e lo baciò! S. Ambrogio ci dice che la SS. Vergine aveva tale purezza e santità, soprattutto dopo aver concepito e poi dato alla luce il Figliuol di Dio, che a chiunque la vedesse comunicava la purità. Impossibile, dice questo Padre, mirarla e non sentirsi accesi d’amore per sì bella e preziosa virtù. S. Dionisio Areopagita dice che, anche dopo l’Ascensione di Nostro Signore, Ella aveva tali grazie, tal fascino, tali attrattive, tale santità, e si vedevano in Ella tanta maestà e tali raggi di divinità che, se la fede non l’avesse vietato, tutti l’avrebbero adorata come una dea. Se dunque chiunque soltanto la rimirasse, si sentiva pieno di sì grande purità, qual purezza non dovette comunicare a S. Giovanni Battista carezzandolo, abbracciandolo, effondendo sulle sue labbra lo spirito della grazia col suo alito verginale; poiché in quel momento Gesù e Maria erano, per così dire, una cosa sola? Gesù, in quel tempo felice per Maria, respirava per la bocca di Lei; il soffio e l’alito di Maria non erano altro che il respiro di Gesù. Se Maria dopo l’Ascensione di Gesù Cristo aveva sì grande impero sulle anime, qual torrente di grazia non dovette spandere su S. Giovanni quando Gesù era nel suo seno? O avventurato fanciullo! O madre felice! Quante grazie vi ha recato la visita di Maria! E non dovremo credere che, in quei momenti beati, il cuoricino di S. Giovanni fosse una fornace ardente delle fiamme dell’amor divino? Ma se tante grazie si accompagnarono alla sua nascita, che sarà del corso della sua vita? Ad ogni tratto Iddio gli concede nuovi favori; comincia a darglieli fin dal seno della madre e non cesserà che quando Erode gli farà troncare il capo per consegnarlo all’infame Erodiade.

3° S. Giovanni Battista è grande per la missione da tutta l’eternità assegnatagli da Dio Padre. Lo Spirito Santo ne parla con effusione d’ammirazione: ci fa sapere che l’eterno Padre l’ha scelto per annunziare agli uomini la venuta del Salvatore. I profeti e le figure l’avevano prenunziato molto tempo prima; ma Giovanni Battista è veramente la voce di Dio che grida nel deserto annunziando al popolo che il regno de’ cieli è vicino, che il Salvatore è già sulla terra. Vedendo venire a sé il Figliuolo di Dio, Giovanni, pieno di gioia, si volge verso il popolo e dice: « Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che cancella i peccati del mondo » – (S. Giov. I, 29). Ecco il Redentore del mondo promesso ed aspettato da quattromila anni: è desso, e viene a redimere gli uomini… « Fate dunque frutti degni di penitenza! » (S. Matt. III, 8). Sì, miei fratelli, quest’ufficio di precursore è sì nobile che non abbiamo termini per parlarne degnamente. L’eterno Padre volle che S. Giovanni Battista sostenesse le parti del suo Figliuolo; a lui par che voglia affidata la cura della sua causa, come a cuore più puro d’ogni altro e più degno. Ma accresce poi quasi all’infinito la grandezza di S. Giovanni Battista l’aver avuto l’alto onore di battezzare il suo Dio: questa missione è ultimo compimento che mette interamente il colmo alla sua gloria. « O mio Dio! esclama S. Agostino con effusione di meraviglia, qual gloria maggiore pel servo che quella di battezzare il suo Salvatore e il suo Padrone? Qual onore per una creatura vedere a’ suoi piedi il Creatore! » (Sermo VI in Natali S. Joannis Baptistæ c. IV, 4). « Figliuoli miei, ci dice Tertulliano, per toccare il corpo adorabile di Gesù Cristo era necessario che S. Giovanni Battista avesse purità proporzionata a quella della S. S. Vergine », la qual cosa par che lo inetta quasi al pari di Lei.

4° S. Giovanni Battista è grande per le virtù sublimi che ha praticato. Non vi parlerò, miei fratelli, delle sue virtù interiori: è un abisso senza fondo, cui Dio solo poté scandagliare: tutt’al più possiamo parlare di quelle che apparvero agli occhi degli uomini, e li riempirono di stupore. Se consideriamo la sua penitenza, il suo zelo infaticabile, il suo distacco e la sua grande umiltà, non sapremo di quale convenga parlar per la prima. Dico innanzi tutto che uscì, ancor fanciullo, dalla casa paterna per andare in un deserto, ove visse solo in compagnia delle fiere selvagge: per veste aveva una tunica grossolana fatta di pelo di cammello: suo nutrimento erano un po’ di miele selvatico e qualche locusta (S. Matt. III, 4). Per bevanda aveva acqua soltanto, e in sì piccola quantità che Gesù Cristo disse di lui « che non mangiava né beveva » (Ibid. X I , 18), facendoci intender con ciò che prendeva scarsissimo alimento, tanto per sostentare la vita. Vediamo, sì, molti santi andare a passar nelle foreste parte dei loro giorni; ma avevano come alloggiare e provvedere alle loro necessità. San Giovanni solo, possiamo assicurarlo, entrò sì giovane nella solitudine. Infatti aveva diciotto mesi appena quando il re Erode ebbe il barbaro pensiero di far morire tutti i bambini dai due anni in giù. Zaccaria, padre di S. Giovanni, consigliò ad Elisabetta, sua consorte, di prender il fanciullo e fuggire per scampare al macello. Infatti dopo tutte le meraviglie che si eran vedute alla sua nascita, v’era motivo di temere che fosse preso pel Messia. Per salvar da morte il suo figliuolo Elisabetta fuggì frettolosamente nei boschi abbandonandosi nelle mani della Provvidenza; ma (ohimè!) quaranta giorni dopo morì (Vedi in Ribadeneira al 24 di Giugno i particolari qui riferiti). Gli ufficiali del re, andati da Zaccaria, gli chiesero ove fossero la madre e il figliuolo. Il padre rispose che non poteva dirlo. Sbuffando di collera, lo uccisero tra il vestibolo e l’altare; perché era allora a pregare nel tempio. Ma che sarà di S. Giovanni che non ha ancora due anni, in mezzo ad un bosco, senza padre, senza madre, senza speranza d’alcun d’aiuto umano? Ciò vi fa forse meraviglia; ma non temete: tutto accade per ordine preciso della Provvidenza. Sebbene i suoi parenti fossero gran santi, pur non erano degni d’aver cura di questo incomparabile fanciullo: questo onore era riservato agli Angeli. Morta appena Elisabetta, l’eterno Padre mandò, non solo un Angelo, ma uno stuolo d’Angeli che vegliarono alla conservazione di questo celeste fanciullo fino al tempo in cui fu capace di provvedere a se stesso. Sappiamo bene che il Signore mandò parecchie volte ai santi con che provvedere alle loro necessità: agli uni mandò corvi, come a S. Paolo primo eremita; ad altri cani, come a S. Rocco; o cervi come a S. Gille; comandò una volta ad un Angelo di recare il nutrimento al profeta Elia, mentre era perseguitato dalla regina Gezabele (III Re, XIX, 5). Ma quanto a S. Giovanni gli animali non avrebbero osato di accostarsi all’ambasciatore dell’eterno Padre. Neppur bastava un Angelo, era necessario che di lui s’occupasse tutto il Paradiso. Il nostro santo è dunque privo delle braccia materne, ma tosto scendono gli Angeli e lo circondano. « O mio Dio! esclama l’illustre Cardinal Baronio, qual prodigio di meraviglie è questo fanciullo che, anche nascendo, fa stupire cielo e terra! ». La sua penitenza comincia quasi con la vita. Ah! povero bambino, perché fai tu penitenza? Certo non è il solo che abbia fatto penitenza. Se scorriamo le vite dei santi, vi incontriamo rigori che riempiono di confusione la nostra mollezza. Gli uni passano sette od otto giorni senza mangiare e bere; altri, quale S. Simeone Stilita (Vite dei Padri del deserto T. VII), giungono a quaranta giorni; oppure tollerano tormenti la cui pittura fa morire di spavento, come un S. Venanzio, una S. Regina e molti altri. Vediamo però che tutti avevano peccato, e tutti perciò avevano bisogno di far penitenza per soddisfare alla divina giustizia. Ma S. Giovanni perché fa penitenza? La sua vita, dopo quella della SS. Vergine, non è la vita più pura e più santa di tutte? Eccone la ragione. Essendo ambasciatore dell’eterno Padre per annunziare la venuta del suo Figliuolo, doveva essere adorno delle più sublimi virtù, e la sua sola presenza doveva cominciare a scuotere e commuovere i cuori con l’esempio d’una vita sì innocente e insieme così penitente. Suo nutrimento e sua occupazione son lacrime e gemiti; non v’è virtù ch’egli non pratichi nel più alto grado di perfezione. Dopo tanti anni di lacrime e di penitenze lascia il deserto; ma per annunziare al popolo la venuta del Messia e prepararvelo; mostrò tanto coraggio perché sperava di dar la vita pel suo Salvatore, prima che il Salvatore la desse per lui. – Fu grande pel suo zelo. Parlava con tanto ardore, con zelo così acceso, che faceva tutti stupire. Si credeva vedere in lui il profeta Elia tornato sulla terra e salito sul suo carro di fuoco per convertire i peccatori più induriti. Nulla lo trattiene; dovunque trova il vizio lo combatte con zelo inaudito. Rimprovera ai peccatori la loro vita vergognosa, e li minaccia della collera di Dio, se non fanno penitenza: « Razza di vipere, dice loro, chi vi ha insegnato a fuggire la collera del Signore, vicina a cadere su voi? Fate dunque frutti degni di penitenza, non ritardate più la vostra conversione, poiché la scure è ai piedi dell’albero, e ogni albero che non porta buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco » (S. Matt. III, 7, 10). « Sì, esclama S. Bernardo, era talmente acceso d’amor di Dio, che le sue parole erano a guisa di ardenti carboni, capaci d’accendere i cuori più ghiacciati e convertire i più ostinati peccatori ». Se gli si chiedeva che cosa dovesse farsi per prepararsi alla venuta del Messia, rispondeva: « Chi ha due vesti ne dia una ai poveri. Chi ha pane ne dia a chi non ne ha » (S. Luc. III, 11). Finalmente nell’ardore del suo zelo, saputo che il re si abbandonava al vizio infame dell’impurità, va alla corte ed arditamente gli rimprovera una vita sì ignominiosa ed indegna. Eppur sapeva certo che questo passo gli costerebbe la vita! Non importa: la gloria di Dio è assalita, e ciò basta perché né minacce, né tormenti valgano a trattenerlo; si mette ogni altro riguardo sotto i piedi; crede d’essere al mondo solo per difendere la causa del suo Dio, e, dacché se ne presenta l’occasione, la coglie. Ah! piacesse a Dio che i suoi ministri ai dì nostri fossero tutti in eguali disposizioni, e né promesse, né minacce potassero indurli a tradire la loro coscienza! Sì, fratelli miei, questo santo ardeva di desiderio di dar la vita pel suo Salvatore. Oh! se avessimo tutti questa sorte felice, e facessimo a tal fine tutto ciò che possiamo, quanti peccati di meno, e quante opere virtuose e buone di più! – Egli è grande pel suo distacco dai beni di questo mondo e pel suo dispregio pur della vita. Nella povertà ha, in certo modo, superato Gesù Cristo. Se Gesù non volle nascere in una casa che appartenesse ai suoi parenti, tuttavia qualche tempo dopo venne a Nazareth, in casa di sua Madre. Invece S. Giovanni Battista abbandonò la casa paterna in età di circa diciotto mesi e non vi tornò più. Il Figliuolo di Dio fu assai povero nelle vesti e nell’alimento; S. Giovanni Battista lo fu, per così dire, anche di più. Il Figliuol di Dio aveva vesti ordinarie; egli ha soltanto una pelle di cammello irta di peli. L’alimento del Figliuol di Dio è un po’ di pane comune; quello di S. Giovanni Battista un po’ di miele selvatico e qualche locusta. Il Figlio di Dio riposava sopra un letto disagiato; S. Giovanni aveva per letto la nuda terra. Perciò Gesù Cristo medesimo ha detto che Giovanni Battista non mangiava né beveva per farci intendere la grandezza della sua penitenza. Il Salvatore del mondo aveva la compagnia dei suoi parenti; S. Giovanni Battista non ebbe altra compagnia che le bestie selvagge. Non è vero, fratelli miei, (e dobbiamo pur confessarlo) che di quest’oceano di virtù non può trovarsi il fondo, e quanto possiamo dirne, di fronte alla realtà, è nulla! – È grande per la sua umiltà. La terra, miei fratelli, non ebbe mai la sorte avventurata di vedere un santo umile del pari. Dopo la SS. Vergine egli è quanto v’ha di più grande, e si paragona a quanto v’è di più vile e di più debole sulla terra. Agli occhi del mondo gode la più alta stima: chi lo riguarda come un Angelo sceso dal cielo, chi lo crede il Messia. Invero i Pontefici e i capi del popolo giudaico avevano concepito di lui sì grande idea, che gli mandarono i più ragguardevoli della loro nazione, i sacerdoti e i leviti, per saper da lui, dalla sua propria bocca chi fosse. Gli domandarono prima s’era il Messia, perché una vita accompagnata da tanti prodigi, così ritirata e penitente, ai loro occhi, conveniva solo al Messia. Quell’abisso d’umiltà risponde loro senza rigiri: « No ». Non potendo persuadersi che fosse un uomo ordinario, gli domandano se è Elia, sapendo che questo profeta era operator di miracoli. Risponde di nuovo: « No: non sono » . — « Ma, gli dicono allora, se non sei né il Messia, né un profeta, dicci chi sei, perché possiamo dar risposta a quelli che ci han mandato » . — « Ebbene, risponde questo prodigio d’umiltà, io son la voce di colui che grida nel deserto: preparate le vie del Signore, fate penitenza » (S. Giov. I). Poteva mostrare in miglior modo la sua umiltà che dicendo d’essere un mero suono di voce risuonante nel deserto? Può trovarsi cosa più debole e di minor valore che il suono della voce? « Colui che viene dopo di me è infinitamente più grande di me, e io non son degno neppure di sciogliere il legacciolo delle sue scarpe ». Oh! umiltà incomparabile! Poteva a buon dritto attribuirsi la qualità di profeta,» perché mandato da Dio per annunziar la venuta del suo Figliuolo; ma, per distruggere la buona opinione che si aveva di lui, si serve delle parole più adatte a farlo confondere con la, comune degli uomini. « È facile, fratelli miei, dice S. Agostino, non desiderar lodi, quando niuno vuol darcene; ma è difficile non godere nell’udirle quando pubblicamente ci si danno ».

5° S. Giovanni Battista è grande dinanzi a Dio, perché Gesù di sua bocca ne ha fatto l’elogio, e ha lodato le sue belle virtù. Vi è certo gran differenza tra le lodi che danno gli uomini e quelle che Dio medesimo dà. Tutti gli uomini possono ingannarsi; ma Dio stima e loda soltanto ciò che merita d’essere stimato o lodato. Oh! qual gloria pel nostro santo essere stato grande dinanzi a Dio! È il maggior di tutti gli onori. Gesù Cristo ebbe di lui tanta stima, che non volle lasciarne far l’elogio da un uomo qualsiasi e neppur da un Angelo; volle farlo Egli in persona, facendo conoscer così che nessuna creatura, in cielo ed in terra, era capace di farlo degnamente. Leggiamo, sì, nella santa Scrittura che Dio, parlando di Mosè, di Giuseppe, di Nathan profeta e del profeta Elia, dice che furono grandi dinanzi ai re della terra; ma, quanto all’esser grande dinanzi a Dio, ciò è detto di S. Giovanni Battista soltanto. Se mi fosse lecito parlar così, direi che Dio pare volerlo eguagliare a se stesso. L’Angelo, nunzio dell’Incarnazione, usò le medesime parole parlando a Maria e ad Elisabetta: « Il Figliuolo vostro sarà grande dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini ». Ciò posto, fratelli miei, non ho ragione di dire che niuna creatura era capace di far l’elogio di quest’angelo vivente sulla terra? Gesù Cristo, è vero, ha lodato Maddalena per avere abbracciato i suoi piedi; ha lodato il centurione e la Cananea, dicendo che in tutto Israele non aveva trovato fede sì grande; mai ha parlato di qualche virtù in particolare; ma quanto al nostro santo si compiace singolarmente di parlar di ciascuna delle sue perfezioni. Uditelo quando, rivolgendosi ai Giudei, parla ad essi della grandezza di S. Giovanni: « Che cosa siete andati a veder nel deserto? Una canna agitata dal vento? » cioè un uomo ordinario, che abbia per sua porzione l’incostanza e la debolezza, e pieghi ad ogni vento? No, no, è un uomo incrollabile e inviolabilmente attaccato alla legge divina. Uditelo parlar della sua penitenza. « Chi siete andati a vedere? Forse un uomo delicatamente vestito come i mondani? No, uomini di tal fatta sono nelle case dei grandi ». Finalmente per estenderne la lode quasi all’infinito, dice « che tra i nati di donna niuno può superarlo » (S. Matteo XI, 11). Può forse dirsi di più, miei fratelli? Gesù Cristo nel lodare qualche virtù non la mise mai al di sopra di quella d’altri santi; ma nel dar lodi a Giovanni Battista ne esalta la santità al di sopra di quella di tutti gli altri uomini. Inoltre asserisce infine ch’esso « è profeta e più che profeta ». Oh! miei fratelli, quante grazie e quante benedizioni otterremmo se avessimo la bella sorte d’avere vera confidenza in questo gran Santo!…

6° S. Giovanni è grande dinanzi agli uomini. Parecchi secoli innanzi i profeti ne annunziarono la nascita e, parlando della sua venuta, usarono di tutta l’eloquenza che aveva dato loro lo Spirito santo. Il profeta Isaia lo dipinge sotto la figura d’una voce risuonante che si farà sentire per tutti i deserti della Giudea (Isai. XL, 3). Geremia lo paragona ad un muro di bronzo e ad una saetta infocata, per farcene conoscere la costanza e lo zelo per la gloria di Dio (Gerem. I, 18). Malachia lo chiama un angelo per mostrarci la bellezza e la grandezza della sua purità (Malac. III, 1). « Sì grande stima si aveva di lui, dice S. Giovanni Damasceno, che tutto il popolo lo seguiva credendolo il Messia. Quand’ebbe la bella sorte di battezzare Gesù Cristo, gli si sarebbero attribuite quelle parole che si udirono scender dal cielo: « È questi il mio Figliuolo diletto », se lo Spirito Santo, che apparve allora sotto forma di colomba, non avesse fatto conoscere il Figliuolo di Dio posandosi sul suo capo » . Dopo la sua morte si credette vedere nella persona di Gesù Cristo S. Giovanni Battista risorto. I Padri della Chiesa non sanno in quali termini parlare di lui; tanto al di sopra della loro scienza riconoscono essere i suoi meriti! S. Pier Crisologo lo chiama scuola di virtù, modello di santità, regola di giustizia, martire della verginità, esempio di castità, predicatore della penitenza, voce degli apostoli, luce del mondo, testimonio di Dio e santuario della SS. Trinità. Per darvi una prova della stima, in cui la Chiesa del cielo e della terra tiene il nostro Santo, vi dirò che Dio aveva ispirato alla sua Chiesa il pensiero di celebrar tre Messe nel giorno della sua nascita, come in quello della nascita del Salvatore: tanto conforme è la sua vita con quella del divino Maestro! Ebbene, fratelli miei, avevate voi tale idea della grandezza, della dignità e della santità di S. Giovanni Battista? Ah! perché, amici miei, abbiamo si poca devozione verso i Santi e sì poca fiducia in essi? Perché non ci siam mai dati pensiero di conoscere le virtù e le penitenze che han praticato e il potere che hanno presso Dio.

7° Finalmente S. Giovanni Battista è grande per la sua morte. Essa è pienamente conforme a quella di Gesù Cristo. Gesù Cristo ha tracciato la via del cielo; ma quanto a S. Giovanni Battista, l’ha fatto camminare innanzi a sé. S. Giovanni lo ha preceduto nel deserto, ha abbracciato prima di Lui la penitenza esteriore, prima di Lui ha predicato, prima di Lui è morto. Il Salvatore fu abbandonato da tutti i suoi amici, eccetto la sua SS. Madre; S. Giovanni pare lo sia stato anche di più. Gesù Cristo, nella sua Passione, fu seguito da alcune pie donne che piangevano; S. Giovanni non ebbe chi lo consolasse: ad esempio del divino Maestro moriva fra i tormenti e nell’abbandono universale. Quando il beato S. Stefano fu lapidato da’ Giudei, ebbe la sorte felice d’essere incoraggiato dal Signore medesimo, che schiuse i cieli, e per questa apertura gli si mostrò. S. Giovanni soffre una morte anche più amara che S. Stefano; perché, se Gesù avesse voluto consolare S. Giovanni, non avrebbe avuto bisogno d’aprire i cieli; ma solo di far pochi passi per venire dalla Galilea in Giudea. Avrebbe potuto almeno mandargli un angelo per consolarlo, come lo mandò a S. Pietro che, imprigionato nella città stessa di Gerusalemme per ordine di Erode, fu visitato da un Angelo che spezzò le sue catene e lo restituì sano e salvo ai fedeli (Atti degli Ap. XII). Perché dunque, fratelli miei, Gesù Cristo non fece così a riguardo del suo congiunto, ch’era di tutti i santi il più innocente, il più austero tra tutti i confessori ne’ rigori della penitenza, il più casto tra i vergini, il più mortificato e il più tormentato tra i martiri nella sua passione e nella sua morte? Non vi meravigliate, fratelli miei, di vedere un santo sì grande, di cui Dio medesimo ha fatto tanti elogi, morire senza consolazione e nell’ultima sua ora abbandonato; dopo essere stato in tutto il corso della sua vita immagine vivente di Gesù Cristo, doveva esserlo anche nella sua morte. Come il Figliuol di Dio ne’ suoi ultimi momenti dovette essere abbandonato dal Padre suo, così il nostro santo dovette essere abbandonato da Gesù, suo congiunto. Lo zelo che Gesù Cristo mostrò per la gloria del Padre suo, la sua libertà nel riprendere il vizio, gli attirarono accusatori e falsi testimoni. L’istesso fu di S. Giovanni Battista (S. Marc. VI). Erode, vedendo la sua libertà nel riprenderlo, lo fece imprigionare per richiesta dell’adultera Erodiade. Quelli che resero falsa testimonianza contro Gesù erano persone di niun conto; quei che fecero condannare S. Giovanni Battista erano quanto può darsi d’infame sulla terra: un re impudico, una donna adultera e la figliuola di lei non meno spregevole. Mentre il re e tutta la sua corte s’abbandonavano alla crapula e all’impudicizia, questa ballò con tanta grazia che il re promise di darle qualunque cosa volesse, foss’anche la metà del suo regno. L’infame fanciulla si rivolse alla madre per sapere che cosa dovesse chiedere al re. La madre adultera, nemica del più santo tra gli uomini, le disse: « Va, prendi questo piatto e recami il capo di Giovanni ». La sciagurata figlia, degna di tal madre, torna subito dal re e gli dice: « Dammi subito su questo piatto la testa di Giovanni Battista ». Parve che a tal domanda il re inorridisse; ma, non volendo aver nome d’incostante, comandò ad un manigoldo di andar a decapitare Giovanni. La rea fanciulla, lieta d’aver quella testa più che se avesse avuto la metà del regno d’Erode, andò tutta in festa a portarla alla madre, la quale, sbuffando di collera, osò afferrare con le sue mani impure la lingua del più santo tra i figliuoli degli uomini, e preso lo spillo con cui teneva ferme le trecce, la trafisse in mille punti, per vendicarsi della libertà con cui le aveva rimproverato i suoi delitti. Ohimè! miei fratelli, chi non sarà pieno di confusione alla vista di tanta crudeltà? Gesù Cristo fu bagnato del suo sangue nella flagellazione; ma non meno lo fu S. Giovanni Battista nella sua passione, poiché par che il suo sangue gli abbia fatto come un secondo vestimento. Gesù Cristo dopo morte non fu più perseguitato; ma il nostro santo provò anche dopo morte il furore dei suoi nemici. Chi non si meraviglierà di vedere così gran santo soffrir tanti tormenti senza che Gesù ne prenda la difesa? Ah! miei fratelli, fu perché Dio voleva innalzare Giovanni al più alto grado di perfezione e di gloria. Volle che la sua vita e la sua morte fossero un continuo martirio. Dio poi non tardò a punire gli autori della morte di Giovanni. La fanciulla impudica, un giorno passando un fiume, fu presa, dicesi, tra due massi di ghiaccio, che le troncarono il capo. Erode poi e l’adultera Erodiade, accusati da Agrippa d’aver macchinato una sedizione e costretti ad andar esuli in Ispagna, morirono entrambi per via oppressi da ogni sorta di mali. Quanto abbiam detto ci mostra che i patimenti e le persecuzioni furono e saranno sempre il retaggio dei santi e dei buoni Cristiani, e che, quando siam spregiati e perseguitati dai seguaci del mondo, dobbiamo rallegrarcene. Chiediamo a Dio, miei fratelli, nell’ottava di questa bella festa, che voglia concederci, per l’intercessione di questo gran santo, le virtù ch’egli praticò nel corso della sua vita, e soprattutto la sua umiltà ch’egli spinse a così alto grado; la sua purità che difese a costo della vita; il suo distacco dai beni terreni e il suo disprezzo della morte; finalmente la sua perfetta unione con Dio. Sì, rivolgiamoci con fiducia a S. Giovanni Battista; ricordiamo che in cielo è assai più potente che sopra la terra, e ci otterrà grazie nel tempo e gloria nell’eternità. Questa felicità vi desidero.

CREDO …

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps LXXXIV:2
Benedixísti, Dómine, terram tuam: avertísti captivitátem Iacob: remisísti iniquitatem plebis tuæ. [Hai benedetto, o Signore, la tua terra: liberasti Giacobbe dalla schiavitù: perdonasti l’iniquità del tuo popolo.]

Secreta

Devotiónis nostræ tibi, quǽsumus, Dómine, hóstia iúgiter immolétur: quæ et sacri péragat institúta mystérii, et salutáre tuum in nobis mirabíliter operétur.

[Ti sia sempre immolata, o Signore, quest’ostia offerta dalla nostra devozione, e serva sia al compimento del sacro mistero, sia ad operare in noi mirabilmente la tua salvezza.]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Is XXXV: 4.
Dícite: pusillánimes, confortámini et nolíte timére: ecce, Deus noster véniet et salvábit nos.

[Dite: Pusillànimi, confortatevi e non temete: ecco che viene il nostro Dio e ci salverà.]

Postcommunio

Orémus.
Implorámus, Dómine, cleméntiam tuam: ut hæc divína subsídia, a vítiis expiátos, ad festa ventúra nos præparent.

[Imploriamo, o Signore, la tua clemenza, affinché questi divini soccorsi, liberandoci dai nostri vizii, ci preparino alla prossima festa.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

Ite, Missa est.
R. Deo gratias.

FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE (2020)

FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE (2020)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Doppio di 1a classe. – Paramenti bianchi.

Festa di precetto.

Avendo da tutta l’eternità deciso di fare di Maria la Madre del Verbo Incarnato (Ep.), Dio volle che dal primo istante del suo concepimento Ella schiacciasse la testa del serpente, e la circondò di un ornamento di santità (Intr.) e fece della sua anima, che preservò da ogni macchia, un’abitazione degna del suo figliuolo (Oraz.). La festa dell’Immacolata Concezione si celebrava nel sec. VIII in Oriente il 9 dicembre; nel sec. IX in Irlanda il 3 maggio e nell’XI sec. in Inghilterra l’8 dicembre. I benedettini con S. Anselmo, e i francescani con Duns Scoto (+ 1308) si dimostrarono favorevoli alla festa dell’Immacolata Concezione, celebrata dal 1128 nei monasteri anglo sassoni. Nel sec. XV papa Sisto IV, fece costruire nel Vaticano la cappella Sistina in onore della Concezione della Vergine. E l’8 dic. 1854 Pio IX proclamò ufficialmente questo grande dogma; interpretando la tradizione cristiana, sintetizzata dalle parole dell’Angelo: « Ave Maria, piena di grazia, il Signore è teco ». ( Vang.) « Sei tutta bella, o Maria, e macchia originale non è in te » dice con grande verità il verso alleluiatico. Come l’aurora, messaggera dei giorno, Maria precede l’astro che ben presto illuminerà il mondo delle anime. (Com.). Ella introduce nel mondo suo Figlio e per la prima volta si presenta nel ciclo liturgico. Domandiamo a Dio di « guarirci e di purificarci da tutti i nostri peccati » (Secr..e Post.), affinché siamo resi più degni di accogliere Gesù nei nostri cuori.

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Is LXI: 10
Gaudens gaudébo in Dómino, et exsultábit ánima mea in Deo meo: quia índuit me vestiméntis salútis: et induménto justítiæ circúmdedit me, quasi sponsam ornátam monílibus suis.

[Mi rallegrerò nel Signore, e l’ànima mia esulterà nel mio Dio: perché mi ha rivestita di una veste di salvezza e mi ornata del manto della giustizia, come sposa adorna dei suoi gioielli.


Ps XXIX: 2
Exaltábo te, Dómine, quóniam suscepísti me: nec delectásti inimícos meos super me.

[Ti esalterò, o Signore, perché mi hai rialzato: e non hai permesso ai miei nemici di rallegrarsi del mio danno.]


Gaudens gaudébo in Dómino, et exsultábit ánima mea in Deo meo: quia índuit me vestiméntis salútis: et induménto justítiæ circúmdedit me, quasi sponsam ornátam monílibus suis.

[Mi rallegrerò nel Signore, e l’ànima mia esulterà nel mio Dio: perché mi ha rivestita di una veste di salvezza e mi ornata del manto della giustizia, come sposa adorna dei suoi gioielli.]

Oratio

Orémus.
Deus, qui per immaculátam Vírginis Conceptiónem dignum Fílio tuo habitáculum præparásti: quǽsumus; ut, qui ex morte ejúsdem Filii tui prævísa eam ab omni labe præservásti, nos quoque mundos ejus intercessióne ad te perveníre concédas.

[O Dio, che mediante l’Immacolata Concezione della Vergine preparasti al Figlio tuo una degna dimora: Ti preghiamo: come, in previsione della morte del tuo stesso Figlio, preservasti lei da ogni macchia, cosí concedi anche a noi, per sua intercessione, di giungere a Te purificati.]

Lectio

Léctio libri Sapiéntiæ
Prov VIII: 22-35
Dóminus possedit me in inítio viárum suárum, ántequam quidquam fáceret a princípio. Ab ætérno ordináta sum, et ex antíquis, ántequam terra fíeret. Nondum erant abýssi, et ego jam concépta eram: necdum fontes aquárum erúperant: necdum montes gravi mole constíterant: ante colles ego parturiébar: adhuc terram non fécerat et flúmina et cárdines orbis terræ. Quando præparábat coelos, áderam: quando certa lege et gyro vallábat abýssos: quando æthera firmábat sursum et librábat fontes aquárum: quando circúmdabat mari términum suum et legem ponébat aquis, ne transírent fines suos: quando appendébat fundaménta terræ. Cum eo eram cuncta compónens: et delectábar per síngulos dies, ludens coram eo omni témpore: ludens in orbe terrárum: et delíciæ meæ esse cum filiis hóminum. Nunc ergo, filii, audíte me: Beáti, qui custódiunt vias meas. Audíte disciplínam, et estóte sapiéntes, et nolíte abjícere eam. Beátus homo, qui audit me et qui vígilat ad fores meas quotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Qui me invénerit, invéniet vitam et háuriet salútem a Dómino.

[Il Signore mi possedette dal principio delle sue azioni, prima delle sue opere, fin d’allora. Fui stabilita dall’eternità e fin dalle origini, prima che fosse fatta la terra. Non erano ancora gli abissi e io ero già concepita: non scaturivano ancora le fonti delle acque: i monti non posavano ancora nella loro grave mole; io ero generata prima che le colline: non era ancora fatta la terra, né i fiumi, né i càrdini del mondo. Quando preparava i cieli, io ero presente: quando cingeva con la volta gli abissi: quando in alto dava consistenza alle nubi e in basso dava forza alle sorgenti delle acque: quando fissava i confini dei mari e stabiliva che le acque non superassero i loro limiti: quando gettava le fondamenta della terra. Ero con Lui e mi dilettava ogni giorno e mi ricreavo in sua presenza e mi ricreavo nell’universo: e le mie delizie sono lo stare con i figli degli uomini. Dunque, o figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Udite l’insegnamento, siate saggi e non rigettatelo: Beato l’uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno all’ingresso della mia casa, e sta attento sul limitare della mia porta. Chi troverà me, troverà la vita e riceverà la salvezza dal Signore.]

Graduale

Judith XIII: 23
Benedícta es tu. Virgo María, a Dómino, Deo excélso, præ ómnibus muliéribus super terram,
[Benedetta sei tu, o Vergine Maria, dal Signore Iddio Altissimo, piú che tutte le donne della terra].

Judith XV: 10
Tu glória Jerúsalem, tu lætítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri. Allelúja, allelúja
[Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu l’allegrezza di Israele, tu l’onore del nostro popolo. Allelúia, allelúia]

Cant. IV: 7
Tota pulchra es, María: et mácula originális non est in te. Allelúja.
[Sei tutta bella, o Maria: e in te non v’è macchia originale. Allelúia].

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Lucam
Luc I: 26-28
In illo témpore: Missus est Angelus Gábriël a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus.
[In quel tempo: Fu mandato da Dio l’Àngelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nàzaret, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei, l’Àngelo disse: Ave, piena di grazia: il Signore è con te: Benedetta tu fra le donne.]

OMELIA

[G. Perardi, La Vergine Madre di Dio, Libr. del Sacro Cuore, Torino 1908]

L’Immacolata Concezione di Maria [V.]

Erano trascorsi circa quattro mila anni dacché Adamo, commesso il peccato, era stato scacciato dal Paradiso terrestre. Il mondo giaceva nelle più fitte tenebre religiose e morali. L’umanità aveva ormai compiuta la sua prova dolorosa: abbandonata a sé era precipitata nell’abisso di ogni male. Aveva cercato la scienza all’infuori di Dio; ed in luogo della scienza, che non aveva potuto raggiungere, era caduta negli errori più mostruosi. Aveva cercato la grandezza, contro Dio ed invece era precipitata nell’abisso d’ogni più ignominiosa depravazione, nell’abbrutimento d’ogni sozzura. – Contemplate l’umanità nei quaranta secoli dopo la sua uscita dall’Eden demeritato, e riconoscetela ancora, se vi è possibile! Quando uscì dal paradiso terrestre portò con sé un patrimonio prezioso di nozioni religiose e morali… Ed ora tutto è dissipato, tutto è perduto, tutto è sconvolto. Non conosce più Dio, non la sua origine, non il suo ultimo fine… e si deve quasi confessare che non ha più esatta la distinzione del bene dal male. – Rimane ferma la promessa del Liberatore, rimangono le profezie preannunziatrici, rimangono i simboli, le figure, rimane la sentenza fulminata contro il demonio. Ma intanto il demonio trionfa; si direbbe esser egli il padrone, il signore delle anime. – Il demonio! Oh! egli ben conosce le profezie. Sapeva esser ormai giunta l’ora in cui il Messia doveva nascere e nella sua folle superbia, aveva prese le precauzioni per impedirne la venuta. Baldassarre assediato in Babilonia aveva egli pure preso tutte le precauzioni per impedire l’entrata di Ciro liberatore: agguerrite le fortezze, disciplinati gli eserciti, invigilati i nemici, provveduta abbondantemente la città del necessario. Così il demonio aveva preso i suoi provvedimenti. Il Liberatore doveva venire per via di generazione; e questa anche nella discendenza dei Patriarchi era stata insozzata dalle suggestioni di satana. Il Figlio di Dio doveva nascere da una vergine; ma i pianti della figlia di Jefte (Giud. XI) hanno distolto le figlie d’Israele dalla via della verginità. Nessuna vergine per l’Emmanuele. È preannunziato che il Messia sarà un gran Re, che il suo trono sarà splendido come il sole, che il suo regno non avrà fine, ma il demonio è tranquillo: Erode regna in Gerusalemme e la potenza romana lo sostiene. È stato predetto che nascerà dalla stirpe di David; ma da parecchi secoli questa nobile famiglia è decaduta, ed i superstiti lavorano per vivere. La storia ricorda che Ciro penetrò in Babilonia — deviate le acque dell’Eufrate — pel letto del fiume rimasto asciutto. Iddio, per così esprimerci, devia la corrente nefasta del peccato originale, e per mezzo di Maria Immacolata verrà e salverà il genere umano. – L’Immacolata! Argomento bello e dolcissimo che richiama anche oggi la nostra considerazione. È un mistero, ma un mistero pieno di luce, un mistero che rischiara, conforta ed indirizza. Riflettiamo.

I. — I misteri della fede hanno questo di proprio che, incomprensibili nella loro natura, se ben si meditano al lume della ragione e della fede, ci si presentano d’una ragionevolezza che appaga la nostra mente sitibonda del vero. Tale è pure il mistero della Concezione Immacolata di Maria. La mente ed il cuore ci dicono che era cosa convenientissima che Maria fosse Immacolata nella sua Concezione. – Era cosa convenientissima che Maria fosse Immacolata nella Concezione. Poiché, trattando dei misteri di Maria, avremo spesso occasione di accennare a questa ragione di convenienza, giova qui ricordare un pensiero di sant’Agostino, che potremo applicare sempre, ogni qual volta dovremo appellarci a questa ragionevolezza che si manifesta nelle opere di Dio: « Sappi, dice il santo Dottore, che quanto ti avverrà di ritrovare più conforme alla retta ragione, Dio creatore di tutti i beni, lo ha certamente fatto »; ossia: Iddio opera in quel modo che appare più conforme ai dettati della ragione rettamente indirizzata. – Ora la nostra mente, illuminata dalla fede, ci suggerisce molte ragioni che mostrano conveniente la Concezione Immacolata di Maria. Un grande oratore francese, Bossuet, dice che vi sono proposizioni difficili, le quali per essere solidamente dimostrate, richiedono ogni sforzo del ragionamento e tutti gli espedienti dell’eloquenza; altre invece, al solo enunciarle, gettano nell’anima nostra una luce sì viva che sono abbracciate prima che dimostrate (Serm. I per la festa dell’Concezione di Maria). Che la Concezione di Maria sia Immacolata — così già osservava lo stesso Bossuet due secoli innanzi ch’essa fosse definita qual dogma di fede — che il suo diletto Figlio, onnipotente, l’abbia voluta preservare da quella peste comune che corrompe la nostra natura, profana le nostre facoltà, arreca la morte fino alle sorgenti medesime della vita, chi nol crederebbe? Chi mai ad un’asserzione sì plausibile, sì ragionevole, non presterebbe di buon grado il suo assenso?

1° La verità dell’Immacolata Concezione di Maria si collega a tutto il Cristianesimo; le radici e le tracce se ne ritrovano non solo nella tradizione, ma anche in tutto l’ordine e il concatenamento dei nostri più santi misteri; e voi vedrete che non si può rigettarla senza intaccare ciò che la fede ha di più intimo, ciò che il nostro cuore e la nostra mente hanno di più delicato e caro. Dall’eternità Iddio sceglie questa figlia della stirpe umana colpita di maledizione, per introdurre nel mondo il Liberatore; ed in previsione dei gloriosi destini di Lei l’associa al culto anticipato che l’umanità tributa al Figlio nel corso dei secoli precedenti la sua venuta, al culto dei simboli e delle figure ugualmente che al culto delle profezie, come abbiamo altra volta ricordato. Dopo Isaia e Geremia circolano fra i popoli voci misteriose: un nome di donna si unisce alla tradizione della venuta del Redentore sparsa per ogni dove. La Vergine madre riceve gli omaggi non solo del popolo eletto, Israele,  ma altresì delle sibille, dei druidi, dei poeti pagani, come ci attesta la storia dei popoli antichi. Maria dunque « è amata e prescelta da Dio da tutta l’eternità. Ella è preparata nei tempi insieme al suo Figlio e riceve unitamente a Lui il culto anticipato delle figure e degli oracoli. A questo succederà il culto di obbedienza e di amore che lo stesso Figlio di Dio renderà in persona con la propria presenza alla Madre sua; le lodi e le benedizioni dell’umanità cristiana, i cantici eterni degli Angeli e degli eletti. Catena mirabile, dite voi, le cui estremità si confondono entrambe nel seno della divinità! Non correte tanto nell’ammirare, o Signori. Se la Vergine profetizzata deve subire la legge comune, e al pari di ogni nato della stirpe umana, essere colpita dal peccato originale, ecco spezzarsi la catena, e dividersi in due parti disunite, ciascuna delle quali rimarrà collocata in una delle due ère che dividono il tempo, e allora nella economia divina noi non potremo più ravvisare, rispetto a Colei che Dio ha separato dal restante delle creature con tanti privilegi, questo che è il carattere rivelatore della sua perfetta sapienza: voglio dire l’unità. Infatti per quanto Egli sia pronto a purificare l’anima di Maria, riman però sempre vero che per un tempo Ella è contaminata, per un tempo Ella è odiosa al suo Creatore, per un tempo deve cessare ogni omaggio davanti a Lei, per un tempo vi è uno stacco fra l’èra di preparazione e l’èra di grazia » (Monsabré, L’Immacolata Concezione).

2° Maria è la Regina degli Angeli. Se Essa non fosse stata Immacolata nella sua Concezione, ecco quale assurda conseguenza ne verrebbe. Gli Angeli a Dio fedeli avrebbero per Regina non solo una creatura meno pura e perfetta di loro, una creatura sulla cui prima origine avrebbero in certo modo a piangere, ma essi, fedeli a Dio, avrebbero per Regina Colei che fu, sia pure per breve istante, schiava degli angeli ribelli a Dio. La ragione, la mente, il cuore protestano, si ribellano contro la supposizione di una tale possibilità che sarebbe aperta sconvenienza per tutto il cielo; e che perciò Dio non poteva permettere.

3° Maria è Figlia diletta del divin Padre. Quando Dio Padre nei suoi eterni disegni stabilì che il mondo verrebbe salvato per l’Incarnazione del divino Figliuolo, che questo mistero si compirebbe nel seno di una Vergine per l’opera purissima dello Spirito Santo, adottò con adozione singolare e straordinaria a sua Figlia Colei che destinava ad essere prima la Madre venerata del suo Figlio e poi, per una misteriosa estensione, di tutti i figli della Chiesa, ed essere la Sposa del divino Spirito. – Quando Dio Padre destinava Maria a tanta grandezza, a nostro modo di esprimerci, vedeva in Lei qualche cosa di Gesù, un cominciamento di Gesù, e nella carne e nel sangue di questa Vergine la sorgente augusta dove lo Spirito Santo attingerebbe per formare la carne ed il sangue del Salvatore. « L’amore del Padre pel suo Figliuolo, l’eterno ed incomparabile oggetto delle sue compiacenze, si estese perciò da quel momento su Maria come sopra un cominciamento di Gesù Cristo e della santa Umanità del Redentore. La potenza di tale amore, e la liberalità delle sue profusioni dovettero, voi lo intendete, essere senza confini. Da ciò potete giudicare quanto l’adozione della Vergine fu eccellente, poiché procedeva da un amore così grande ed aveva un fine così sublime. Ogni dilazione della grazia avrebbe messa la piaga del peccato in quella santa anima, così pura che preferiva alla stessa maternità divina una verginità che si perde, quantunque senza peccato, nell’innocenza di un santo matrimonio. Maria fu perciò adottata da Dio Padre nell’istante medesimo in cui fu concepita: non vi fu, per Lei, tra la creazione e l’adozione, alcun intervallo. Ma una tale adozione, notatelo, è la grazia santificante, è la santità, è la giustizia che esclude il peccato; perciò l’adozione di Maria fu la Concezione senza macchia, la Concezione Immacolata. – « Inoltre è evidente che Dio Padre dovette compiacersi di far rivivere in Maria tutta la bellezza, tutta la purezza primitiva della sua immagine, disonorata dappertutto pel contagio comune; e che potendolo fare, Egli pose la sua gioia nel preservare Maria dal peccato, e nel crearla nella giustizia affinché tutte le inclinazioni di questa Figlia diletta essendo pure, e non avendo mai alcun germe macchiato l’amabile fiore della sua innocenza perfetta, Egli potesse riposare su Lei i suoi sguardi con amore e contemplarvi con compiacenza, come in uno specchio fedele, tutti i tratti della propria rassomiglianza alterata così profondamente dal peccato nel rimanente degli uomini. E come si riscontrerebbe in Maria questa rassomiglianza quando l’anima di Lei fosse stata macchiata dal peccato? Non vi sarebbe una ripugnanza manifesta? » (Dupanloup, Sull’Immacolata). – Osservate ancora: Dio creando Maria, la creò perché  divenisse Madre di Gesù. Quando Davide annunziò ai primari che Salomone era stato eletto per edificare con grande magnificenza il tempio di Gerusalemme, ricordò loro che si doveva preparare l’abitazione non ad un uomo, ma a Dio (I. Paralip. XXIX, 1). Quanto più dobbiamo credere che l’eterno Padre creando Maria perché fosse un giorno Madre di Gesù, dovette, diremo così, ornarla in modo divino perché aveva ad essere non la madre di una creatura, ma del Creatore! E perciò ben a ragione la Chiesa canta che Dio per la Concezione Immacolata di Maria preparò al suo Unigenito un albergo degno della divinità. — Così pure a nostro modo di esprimerci, Dio Padre associava Maria alla divinità destinandola a Madre di Gesù condividendo con Lei i diritti della Paternità sul Verbo divino. E non vi sarebbe ripugnanza nel pensare che l’anima di Maria non fosse stata sempre bella e pura, sempre santificata dalla grazia, ossia Immacolata?

4° Maria è Madre di Gesù, Madre di Dio. A nessuno dei figli degli uomini è dato scegliersi la madre. Ma se ciò fosse dato ad alcuno, certamente potendo sceglierla nobile, regina, potente, non la sceglierebbe plebea, schiava, meschina. Or il Figliuolo di Dio poté eleggersi, prepararsi la Madre; e non è fargli torto il pensare che, mentre poteva sceglierla tutta bella, tutta pura, tutta santa per la Concezione Immacolata, la volesse invece macchiata nell’anima, della colpa originale? – In questo caso l’umiliazione, l’obbrobrio di Maria, sarebbe stata umiliazione ed obbrobrio di Gesù medesimo. È assioma comune, ed è pure parola dello Spirito Santo, che l’onore e la gloria dei genitori si riflettono nei figliuoli ugualmente che il disonore. E per questo, come la corruzione del corpo di Maria nella tomba sarebbe risalita fino al suo divin Figlio e perciò Dio la volle assunta in cielo in corpo ed anima, egualmente, anzi più ancora, sarebbe ridondata a disonore del divino Figliuolo la corruzione dell’anima di Maria pel peccato originale, quando Dio non l’avesse preservata affatto immune. Potrei ricordare un detto di un gran re, Atalarico, che « vi sono delle condizioni di cose in cui i principi guadagnano quello che essi donano, quanto cioè la generosità torna a loro onore » (CASSIOD., Variar, lib. VIII, epist. XXIII). Tale è veramente il caso che noi studiamo. Se Gesù Cristo onora sua Madre volendola Immacolata, onora se stesso perché la Concezione Immacolata di Maria è più onorifica a Gesù che non a Maria medesima. – Per causa del peccato originale l’anima è in disgrazia di Dio, schiava del demonio. E Dio avrebbe potuto eleggersi per madre una donna in sua disgrazia, o tollerare che anche per un solo istante l’anima di Lei fosse soggetta ad un qualsiasi dominio del demonio? E poi: sapete voi che cosa vuol dire essere Madre di Dio? Essere Madre di Dio vuol dire sorpassare negli onori, nella gloria, nella santità gli Angeli, gli Arcangeli, i Cherubini, i Serafini del Cielo. Essere Madre di Dio significa salire alla più alta dignità, alla più sublime grandezza, ad una grandezza tale che, eccettuatane la grandezza infinita di Dio, non se ne può immaginare alcuna o maggiore o somigliante. Essere Madre di Dio significa essere stretta con Dio, coi vincoli più intimi e più cari, quali son quelli fra un figlio ed una madre, vincoli di autorità, per parte di Maria su Dio stesso. E io non saprei intendere come questo Figlio, infinitamente sapiente, onnipotente, Dio, avrebbe potuto permettere che la propria Madre anche per un solo istante fosse serva del demonio. È assurdo pensare che Dio dovesse, quasi confessando la sua incapacità, dire a Maria sua madre: Fosti in mia disgrazia, fosti soggetta al dominio del mio nemico. – Recatevi in ispirito a Betlemme: « Il Messia è nato, questo Figlio dell’Altissimo, questo Santo dei Santi: sua Madre si è chinata sul suo volto, palpitante di rispetto e di amore. Egli colle sue piccole mani, l’accarezza. Dagli occhi azzurri del Bambino fissi nella fronte materna, partono raggi divini. Quale estasi comune nel possesso di Gesù in Maria, e di Maria in Gesù. Ebbene se la Vergine non è stata Immacolata nella sua Concezione, se in Ella ha circolato qualche cosa della sozzura umana, non fosse che un giorno, un’ora, un solo secondo, vedo il demonio che allo spettacolo della tenerezza tra il Figlio e la Madre, passa nell’ombra, fa intendere un ghigno che è il suo canto di vittoria, e, principe delle tenebre e della bruttezza, getta a Cristo (ne avrebbe il diritto) questo insulto: Tua Madre fu già in mio potere, prima di essere tua io l’ho posseduta nella sozzura. Tale supposizione è intollerabile. Alla larga, o satana » (Lémann, La Vergine Maria, parte I, c. II).

5° Maria è sposa dello Spirito santo. Quando l’Arcangelo Gabriele scende, inviato da Dio, a Nazaret e si presenta a Maria la saluta: Ave gratia plena. Dopo un tale saluto, le annunzia che lo Spirito d’amore, dai cieli, dov’è dai secoli eterni legame di carità che unisce il Padre ed il Figlio, verrà quaggiù nel cuor suo e la virtù dell’Altissimo la coprirà dell’ombra stessa della maestà divina: Spiritus sanctus superveniet in te et virtus Altissimi obumbrabit tibi (Luc. I, 35): per questa misteriosa operazione della potenza e della purezza infinita, Maria diventò la Madre del Verbo fatto carne e portò nelle sue viscere l’Emanuel promesso fin dal paradiso terrestre. – Domando: Potrebbe darsi che in quell’anima che lo Spirito Santo doveva unire a sé coi nodi di una così bella alleanza, con legami così stretti, così dolci, così forti; in quell’anima che Egli doveva investire della santa sua maestà e della sua onnipotente virtù, avesse trionfato prima di tutto il demonio e che il peccato avesse preceduto lo Spirito d’amore nel cuore della sua sposa? Oh! A ragione esclama qui il grande mons. Dupanloup: « Si vorrebbe, dice, che nel cuore di Maria, in quelle viscere verginali che lo Spirito santo doveva, con un prodigio inaudito, fecondare, consacrare, quasi divinizzare, facendo loro concepire un Dio di guisa che Colui che doveva nascere da Maria sarebbe la santità stessa, … quod nascetur ex te sanctum: si vorrebbe dire che in quel cuore il demonio fosse stato primo padrone; pel primo avesse preso con le sue mani impure quel vaso ammirabile, preparato per così grandi meraviglie; pel primo vi avesse trionfato con orgoglio? No, no! Il più semplice buon senso vi ripugna allo stesso modo che la tradizione. A chi infatti si riuscirà a persuadere che i pensieri di Dio siano meno alti, le sue inclinazioni meno benevole, ovvero le sue convenienze meno delicate che quelle dei re della terra, i quali nulla risparmiano per nobilitare ed elevare fino a loro le spose che si scelgono? A chi si farà credere che lo Spirito d’ogni purezza, risoluto dall’eternità di fare di Maria la sua Sposa, abbia potuto lasciarla, anche per un solo istante, nella miseria della nostra comune condizione e nella bassezza del peccato?

6° L’amor di Dio non poteva permettere che la macchia del peccato originale deturpasse l’anima bella di Maria; l’amore di Dio la volle Immacolata. Difatti Iddio ha amato Maria più che non l’abbiano amata tutti gli Angeli e Santi insieme. Quanto hanno amato Maria i Santi! Con quali espressioni tenere ed amorose parlano di Maria! E noi stessi, non è vero che amiamo ardentemente Maria? Non è questo l’affetto più tenero, più ardente del nostro cuore? È possibile vivere senza amare Maria? Oh! non è figlio chi non ama la madre! È un bruto, anzi peggiore del bruto, perché l’animale bruto ama la madre. E non è, no, non è Cristiano chi non ama Maria. Non può aver sentimenti d’amore per Gesù chi non li ha per la Madre sua! Sì, noi amiamo Maria! E perché l’amiamo la vogliamo Immacolata! Se fosse stato in nostro potere, oh! come l’avremmo preservata dalla macchia originale! L’avremmo voluta tutta bella, tutta santa. E Dio che l’ha amata infinitamente più di noi, non avrebbe fatto ciò che avremmo fatto noi se lo avessimo potuto? Dio che è amore infinito, Dio che ama Maria in modo infinito? Bisogna rinnegare la ragione ed il cuore per ammettere — quand’anche la Chiesa non l’avesse definito come dogma di fede — la possibilità che Maria non fosse Immacolata. Oh! l’Immacolata è per noi l’ideale della bellezza spirituale, della santità.

7 ° Devoti cristiani, pensiamo che noi pure abbiamo partecipato in parte al dono di cui fu favorita Maria. Vi abbiamo partecipato quando, bambini forse di poche ore, di pochi giorni, fummo recati alla chiesa e le acque battesimali scorsero sul nostro capo. La grazia di Dio scese allora in noi; e l’anima nostra divenne tutta pura e bella, ed adorna della grazia santificante, figlia di Dio. Oh! ricordiamo con gioia, con riconoscenza, il nostro battesimo! Oh! se avessimo sempre conservato, come Maria, la bellezza spirituale dell’anima nostra! Riacquistiamola, se l’abbiamo perduta, e poi riguardiamola sempre come il più prezioso nostro tesoro, conserviamola con quell’amore con cui riguardiamo Maria Immacolata. Mi sia qui permessa una parola ai genitori. Quando Iddio vi fa dono d’un bambino, deh! non lasciate trascorrere tempo prima di recarlo alla Chiesa pel santo Battesimo! Pensate che si tratta di procurargli la più grande ventura, di renderlo figlio di Dio, di render tutta bella e santa l’anima sua, allontanare da lui il demonio, sottrarlo alla sua schiavitù, renderlo partecipe della bellezza spirituale dell’Immacolata.

II. Un pensiero ancora al privilegio di Maria Immacolata. È un privilegio unico, un privilegio grande, un privilegio divino. Unico. Ogni uomo che nasce in questa terra, porta in se stesso le rovine della colpa; anzi concepito in peccato ne porta dal primo istante di sua esistenza la macchia e la pena. Questa è la legge comune, contro cui non vale chiarezza di sangue, né potenza d’armi, né splendore di gloria. Tutti siamo figli della colpa. L’umanità ci passa dinnanzi come le onde dell’Oceano che di continuo s’incalzano e premono; tutte le generazioni portano in fronte il marchio della colpa originale: passano i patriarchi, i profeti, gli apostoli, i martiri, le vergini, i padri della Chiesa, gli uomini più insigni per santità, e tutti ripetono con Davide: « Io fui concepito nella iniquità, e nei peccati mi ha concepito la madre mia » (Ps. L, 6). Solo Maria è degna dell’inno trionfale della Chiesa: « Tota pulcra es, Maria, et macula originalis non est in te » ; è un privilegio, non raro, ma unico: è il prodigio di Dio santificatore. Grande. Oh! veramente grande è tal prodigio. Par di vedere l’anima di Maria nell’atto della Concezione. Uscita bella, santa e perfetta dalle mani di Dio, spiegava agile il volo per unirsi al corpicciuolo formatosi in seno ad Anna, quando la vide il principe degli abissi. Il superbo che da 40 secoli era avvezzo a trionfi, come prima la guardò già la contava tra le sue prede e quanto più celesti ne scorgeva i lineamenti e l’aspetto, tanto più godendo della nuova conquista, apriva le labbra per annebbiarla col pestifero suo soffio. Stavano intanto spettatori gli Angeli e i demoni, quelli infiorati di gigli pronti a cantare le glorie della bellissima creatura, questi ridendo del riso della superbia pronti a cantare le vittorie dell’inferno. L’anima di Maria intanto che già tutta palpitava di carità mentre stava per congiungersi al corpo si scontrò a faccia a faccia con quell’antico omicida. Senonchè mentre il superbo spalancava le fauci ingorde per appestarla, ella spiccò più lieve il volo, e lasciatasi cadere a piombo sull’empio, schiacciatogli il capo, avvintogli il collo se lo trasse sotto i piedi pesto e vinto. Dio la resse col suo braccio onnipotente, e quando vide il serpente infernale sotto il virgineo piede di Lei, le cinse di stelle il capo, le pose il sole qual veste, le sottomise sgabello ai piedi la luna. Oh! privilegio veramente grande, per cui Maria trionfò del peccato, del demonio! Divino! Sì, veramente divino perché Dio solo poteva operare in Maria e con Maria tale prodigio. Dio è legislatore assoluto, superiore a tutte le leggi: Dio solo aveva potenza di compiere un tale prodigio, e se l’atto era superiore alle forze umane e create era però degno di Dio. – La corruzione originale è come un torrente impetuoso che potenza umana non può arrestare nel suo corso. Ma non vi ha corrente così impetuosa che Dio non possa arrestare. Dio, che al cenno di Giosuè arrestò altra volta il corso delle acque del Giordano, e a sua richiesta fermò il sole, Dio che impedì per mezzo degli Angeli alle fiamme della fornace di Babilonia di offendere i tre fanciulli giudei. Dio medesimo arresta il corso della originale corruzione innanzi all’anima eletta di Maria. E perciò il trionfo di Maria Immacolata è il trionfo di Dio; la gloria dell’Immacolata, è gloria divina.

III. Potrà forse qualcuno osservare che noi diamo troppa importanza al dogma della Concezione Immacolata di Maria. No, o devoti Cristiani, noi non potremo mai dare a questo dogma l’importanza che merita, e ciò per due ragioni: perché è dogma fondamentale della nostra fede, e perché  segna il rimedio al male capitale del secolo nostro. Il razionalismo moderno nega tutto. La Concezione Immacolata di Maria ci ricorda le supreme verità che ci riguardano, la nostra origine, il nostro fine, la caduta dell’uomo in Adamo, la divinità di Gesù Cristo, la redenzione umana. Oh! meditiamo questo dogma così grande; e le verità più importanti della fede splenderanno allora alla nostra mente per illuminarla ed indirizzarla. Il mondo è superbia, e un fremito di ribellione agita le moltitudini insofferenti di autorità. Meditate l’Immacolata e troverete di che umiliarvi, pensando alla sventura originale. Il male ci colpì, ci avvilì prima ancora della nostra nascita. Quasi non eravamo ancora, e già eravamo vinti dal demonio. Piaga gravissima dell’età nostra è il sensualismo più abbietto: godere e non altro che godere; tale è il fine a cui molti mirano ai giorni nostri. Voi contemplate con raccapriccio il dilagare delle sfrenatezze del senso per cui non ci è dato di fare un passo nelle nostre città senza dover chinare la fronte vergognosa degli spettacoli, delle figure che le si presentano innanzi. Il dogma della Concezione Immacolata di Maria ci presenta nella Vergine corredentrice, Madre di Gesù e Madre nostra, il tipo ideale della bellezza spirituale, il trionfo dello spirito sul senso, ci addita il modello che dobbiamo proporci ad imitare nel nostro pellegrinaggio terreno. Ah! comprendiamo come sia stato beneficio speciale della Provvidenza che il dogma dell’Immacolata fosse definito nei tempi moderni, quando appunto di tale verità più abbisognavamo. Siamo pertanto devoti dell’Immacolata onde indirizzare la nostra mente per la via della fede, onde saper mortificare la superbia dello spirito, e mantenerci puri in mezzo al fango del mondo.

ESEMPIO. — La Medaglia miracolosa, che dall’anno 1832 tanto si diffuse fra i fedeli, rappresenta da una parte l’Immacolata Concezione della santa Vergine, e dall’altra la lettera M sormontata da una croce, con i sacri cuori di Gesù e di Maria al disopra. Fu, in una visione, mostrata ad una Figlia della carità, suor Caterina Labouré, consacrata a Dio in una delle comunità di Parigi, e morta il 31 dicembre 1876. Ecco i particolari storici di questa rivelazione secondo una lettera del 17 marzo 1834, scritta dal direttore stesso di questa figlia privilegiata: Verso la fine del 1836, questa pia figlia partecipò al suo direttore spirituale una visione avuta nella sua orazione. Aveva, come in un quadro, veduta la SS. Vergine, come è d’ordinario rappresentata sotto il titolo d’Immacolata Concezione, in piedi, colle braccia stese. Dalle sue mani uscivano raggi che la rapivano, e udì queste parole: Questi raggi sono il simbolo delle grazie che ottengo agli uomini. Attorno alla immagine leggevasi in caratteri d’oro questa breve invocazione: O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi. Considerato questo quadro per alcuni momenti, le fu mostrato il rovescio del quadro stesso e vide la lettera M sormontata da una croce e, al disopra, i sacri cuori di Gesù e di Maria. Allora di nuovo si fece intendere la voce e le disse: Bisogna coniare una medaglia su questo modello, e le persone che la porteranno benedetta e indulgenziata, e con pietà diranno questa breve preghiera, saranno specialmente protette dalla Madre di Dio. Chiese se dovevasi mettere qualche iscrizione dalla parte ove trovavasì la lettera M, la croce ed i due cuori, come si vedeva dall’altra parte: e le fu risposto che no, giacché questi simboli parlavano abbastanza all’anima pia. Il prudente direttore prese questo racconto come illusione d’una pia immaginazione, e si contentò di magnificare in generale la divozione alla Santa Vergine. – Circa tre mesi dopo, la serva di Dio ebbe la medesima visione e dal suo direttore fu trattata nel modo stesso. Finalmente, dopo altri tre mesi, vide ed udì per la terza volta le medesime cose: ma questa volta la voce le disse di più che la Santa Vergine non era contenta che il direttore non si desse punto pensiero di far coniare questa medaglia. Allora il direttore sempre guardingo contro le illusioni, ma temendo d’opporsi ai disegni di Dio, che come a lui piace può esercitare la sua misericordia, andò a trovare l’Arcivescovo di Parigi, gli parlò delle tre visioni e della medaglia che si voleva con tanta insistenza. Il prelato rispose non esservi inconveniente alcuno nel far coniare quella medaglia, poiché era mirabilmente conforme alla fede ed alla pietà verso la Madre di Dio, e non poteva che contribuire a farla onorare. Dietro queste parole del venerabile Arcivescovo, il direttore non esitò più, e la medaglia fu coniata. – Questa medaglia cominciò subito a diffondersi presso le figlie della carità, che ne diedero ad alcuni infermi e moribondi ostinati nel non volersi confessare. Si ottennero guarigioni al tutto sorprendenti e non meno sorprendenti conversioni. Allora da tutte le parti si chiesero di tali medaglie, sicché dopo pochi mesi se ne erano spacciate più di 50 mila: e poco dopo si contavano a parecchi milioni quelle che circolavano soltanto nel Belgio, nella Francia e nell’Italia. Portiamo devotamente la Medaglia miracolosa, quale segno di fede nel dogma dell’Immacolata e di amore verso Maria; e questa Medaglia sarà lo scudo di difesa del nostro cuore, dell’anima nostra contro il demonio, sarà il pegno della protezione e delle benedizioni celesti su di noi.

CREDO …

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Luc 1: 28
Ave, María, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, allelúja.

[Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne. Allelúia].

Secreta

Salutárem hóstiam, quam in sollemnitáte immaculátæ Conceptiónis beátæ Vírginis Maríæ tibi, Dómine, offérimus, súscipe et præsta: ut, sicut illam tua grátia præveniénte ab omni labe immúnem profitémur; ita ejus intercessióne a culpis ómnibus liberémur.

[Accetta, o Signore, quest’ostia di salvezza che Ti offriamo nella solennità dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria: e fa che, come la crediamo immune da ogni colpa perché prevenuta dalla tua grazia, cosí, per sua intercessione, siamo liberati da ogni peccato].

Praefatio

de Beata Maria Virgine
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubique grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Conceptióne immaculáta beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit: et, virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Jesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes: Sanctus …

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Te, nella Conceptióne immaculáta della Beata sempre Vergine Maria, lodiamo, benediciamo ed esaltiamo. La quale concepí il tuo Unigenito per opera dello Spirito Santo e, conservando la gloria della verginità, generò al mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore. Per mezzo di Lui, la tua maestà lodano gli Angeli, adorano le Dominazioni e tremebonde le Potestà. I Cieli, le Virtú celesti e i beati Serafini la célebrano con unanime esultanza. Ti preghiamo di ammettere con le loro voci anche le nostre, mentre supplici confessiamo dicendo: Santo …]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps LXXXVI: 3, Luc I: 49
Gloriósa dicta sunt de te, María: quia fecit tibi magna qui potens est.

[Cose gloriose sono dette di te, o Maria: perché grandi cose ti ha fatte Colui che è potente].

Postcommunio

Orémus.
Sacraménta quæ súmpsimus, Dómine, Deus noster: illíus in nobis culpæ vúlnera réparent; a qua immaculátam beátæ Maríæ Conceptiónem singuláriter præservásti.

[I sacramenti ricevuti, o Signore Dio nostro, ripàrino in noi le ferite di quella colpa dalla quale preservasti in modo singolare l’Immacolata Concezione della beata Maria].

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

DOMENICA II DI AVVENTO (2020)

DOMENICA II DI AVVENTO (2020)

Stazione a S. Croce in Gerusalemme.

Semid. Dom. privil. Il cl. – Paramenti violacei.

Tutta la liturgia di questo giorno è piena del pensiero di Isaia, (nome che significa: Domini Salus: Salvezza del Signore), che è per eccellenza il profeta che annuncia l’avvento del regno del Cristo Redentore. Egli predice, sette secoli prima, che « una Vergine concepirà e partorirà l’Emanuele »  — che Dio manderà «il suo Angelo, — cioè Giovanni Battista — per preparare la via avanti a sé (Vang.) e che il Messia verrà, rivestito della potenza di Dio stesso, (I e III antif. dei Vespri) per liberare tutti i popoli dalla tirannia di satana. « Il bue — dice ancora il profeta Isaia — riconosce il suo possessore e l’asino la stalla del suo padrone; Israele non m’ha riconosciuto: il mio popolo non m’ha accolto » (I Dom. 1° Lez. ) — « Il germoglio di Jesse — continua — s’innalzerà per regnare sulle nazioni » (Ep.) e « i sordi e i ciechi che sono nelle tenebre (cioè i pagani) comprenderanno le parole del libro e verranno » (Vang.). Allora la vera Gerusalemme (cioè la Chiesa) « trasalirà di gioia » (Com.) perché i popoli santificati da Cristo vi accorreranno (Grad. All). Il Messia — spiega Isaia — « porrà in Sion la salvezza e in Gerusalemme la gloria » — « Sion sarà forte perché il Salvatore sarà sua muraglia e suo parapetto » cioè il suo potente protettore. Così la Stazione è a Roma, nella Chiesa detta di S. Croce in Gerusalemme, perché vi si conservava una grossa parte del legno della Santa Croce, mandata da Gerusalemme a Roma quando fu ritrovata.

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

 Introitus

Is XXX: 30.
Pópulus Sion, ecce, Dóminus véniet ad salvándas gentes: et audítam fáciet Dóminus glóriam vocis suæ in lætítia cordis vestri.

[Popolo di Sion, ecco il Signore verrà a salvare tutte le genti: il Signore farà udire la gloria della sua voce inondando di letizia i vostri cuori.]

Ps LXXIX:2
Qui regis Israël, inténde: qui dedúcis, velut ovem, Joseph.

[Ascolta, tu che reggi Israele, tu che guidi Giuseppe come un gregge.]

Pópulus Sion, ecce, Dóminus véniet ad salvándas gentes: et audítam fáciet Dóminus glóriam vocis suæ in lætítia cordis vestri.

[Popolo di Sion, ecco il Signore verrà a salvare tutte le genti: il Signore farà udire la gloria della sua voce inondando di letizia i vostri cuori.]

Oratio

Orémus.
Excita, Dómine, corda nostra ad præparándas Unigéniti tui vias: ut, per ejus advéntum, purificátis tibi méntibus servíre mereámur:
[Eccita, o Signore, i nostri cuori a preparare le vie del tuo Unigenito, affinché, mediante la sua venuta, possiamo servirti con anime purificate:]

Lectio

Lectio Epístolæ beáti Pauli Apostoli ad Romános.
Rom XV:4-13.
Fatres: Quæcúmque scripta sunt, ad nostram doctrínam scripta sunt: ut per patiéntiam et consolatiónem Scripturárum spem habeámus. Deus autem patiéntiæ et solácii det vobis idípsum sápere in altérutrum secúndum Jesum Christum: ut unánimes, uno ore honorificétis Deum et Patrem Dómini nostri Jesu Christi. Propter quod suscípite ínvicem, sicut et Christus suscépit vos in honórem Dei. Dico enim Christum Jesum minístrum fuísse circumcisiónis propter veritátem Dei, ad confirmándas promissiónes patrum: gentes autem super misericórdia honoráre Deum, sicut scriptum est: Proptérea confitébor tibi in géntibus, Dómine, et nómini tuo cantábo. Et íterum dicit: Lætámini, gentes, cum plebe ejus. Et iterum: Laudáte, omnes gentes, Dóminum: et magnificáte eum, omnes pópuli. Et rursus Isaías ait: Erit radix Jesse, et qui exsúrget régere gentes, in eum gentes sperábunt. Deus autem spei répleat vos omni gáudio et pace in credéndo: ut abundétis in spe et virtúte Spíritus Sancti.

 “Tutte le cose che furono già scritte, furono scritte per nostro ammaestramento, affinché per la pazienza e per la consolazione delle Scritture noi manteniamo la  speranza. Il Dio poi della pazienza e della consolazione vi conceda di avere un medesimo sentimento fra voi, secondo Gesù Cristo. Affinché di pari consentimento, con un sol labbro, diate gloria a Dio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo. Il perché accoglietevi gli uni gli altri come Gesù Cristo ha accolto voi a gloria di Dio. E veramente io affermo, Gesù Cristo essere stato ministro della circoncisione per la veracità di Dio, per mantenere le promesse fatte ai patriarchi: i gentili poi glorificare Iddio per la misericordia, siccome sta scritto: Per questo io ti celebrerò fra le nazioni e inneggerò al tuo nome. E altrove: Rallegratevi, o genti, col suo popolo. E ancora: “Quante siete nazioni, lodate il Signore, e voi, o popoli tutti, celebratelo. E Isaia dice ancora: Vi sarà il rampollo di Jesse e colui che sorgerà a reggere le nazioni, e le nazioni spereranno in lui. Intanto il Dio della speranza vi ricolmi di ogni allegrezza e pace nel credere, affinché abbondiate nella speranza per la forza dello Spirito santo. ,, (Ai Rom, XV, 4-13). –

L’intenzione di s. Paolo in questa lettera è di far essere certe controversie domestiche, che lo spirito di gelosia aveva suscitate tra i Giudei ed i Gentili convertiti alla fede. Quelli si gloriavano delle promesse che Dio aveva fatto ai lor padri, di dare il Salvatore, che sarebbe della loro nazione; questi rimproveravano ai Giudei la manifesta ingratitudine della quale si eran fatti colpevoli uccidendo il loro Redentore. S. Paolo dimostra agli uni come agli altri che essi devono tutto alla grazia ed alla misericordia del Salvatore.

Perché Dio è chiamato il Dio della pazienza, della consolazione e della speranza?

Perché fa sua longanimità verso i peccatori lo determina ad aspettare la loro conversione con pazienza; perché  da Lui viene questa consolazione interiore che sbandisce ogni pusillanimità; e fa insieme trovar gaudio nelle croci; perché Egli è che ci dà la speranza di pervenire, dopo questa vita a godere Lui stesso.

Aspirazione. O Dio di pazienza, di consolazione e speranza, fate che una perfetta rassegnazione al vostro santo volere versi la gioia e la pace nei nostri cuori, e che la Fede, la Speranza e la Carità ci rechino, con la pratica delle buone opere, al possedimento del bene a cui fummo creati, e che ci attende nell’eternità, se adempiremo fedelmente le condizioni alle quali ci è stato promesso.

Omelia I

[P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.

(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)]

Si deve o no leggere la Bibbia? Non ho bisogno, non dovrebbe esserci il bisogno di spiegarvi che cosa è la Bibbia, il libro religioso, giudaico-cristiano, perché una parte della nostra Bibbia, ci viene dagli Israeliti, il popolo Santo d’una volta e un’altra parte è nostra, proprio nostra, cristiana. Libro diverso dagli altri e agli altri superiore, perché divino in veste umana, divinamente ispirato, come con precisione tecnica, dicono i teologi. Il titolo, libro per eccellenza, dice da solo che cosa è da leggersi. I libri sono fatti apposta per essere letti, e da leggersi da parte di quelli che sono Cristiani. I libri di musica li leggono le anime musicali, il libro sacro devono leggerlo i Cristiani. Bisogna leggere la Bibbia. Ed è l’esortazione di San Paolo, quando dice ai fedeli del suo tempo: tutto ciò che si contiene nella Bibbia è stato scritto per nostra istruzione. Ma badiamo: la parola istruzione non ha sulla penna di San Paolo il valore che ha oggi. Istruire oggi significa parlare all’intelligenza dei lettori o degli uditori per soddisfarne la curiosità — curiosità nobile o frivola, ma curiosità sempre. I libri scientifici, sono il tipo del libro che tende a soddisfare la curiosità nobile, i romanzi, le novelle sono il tipo del libro che vuol soddisfare la curiosità volgare. San Paolo non vuole certo accomunare con questi libri scientifici o romantici il libro divino, Sacro, il libro dei libri della Bibbia. Più che di istruzione, quando siamo colla Bibbia, bisognerebbe parlare di edificazione spirituale. E infatti, continua San Paolo dicendo che la Bibbia è stata scritta per noi, per la nostra istruzione « affinché di pazienza e dì consolazione biblica si nutrano le nostre speranze ». Il che vuol dire che la Bibbia è il libro nutrificatore delle nostre speranze, un libro di consolazione, in mezzo alle tristezze della vita. Occorre però attenersi alle giuste norme prudenziali stabilite dalla Chiesa in questa lettura, affinché la parola divina, fraintesa, non si trasformi in veleno. Tutta la Bibbia è piena da cima a fondo d’una speranza, d’una grande e consolante speranza che sorresse per secoli e millenni quel popolo missionario (come lo chiamò il p. Lacordaire). È la speranza del Messia, del liberatore divino, del suo popolo e non del suo popolo solamente. Verrà fu la parola d’ordine dei Patriarchi, dei Profeti, della piazza e della reggia, del tempio e del foro: verrà. E voleva dire: verrà il Messia, verrà Lui e trasformerà ogni cosa. Spezzerà la catena della schiavitù per la libertà, getterà nelle tenebre il raggio vittorioso della Sua luce. Nei giorni più tristi, in mezzo alle condizioni umanamente disperate, quel popolo ripeteva pieno di fede la grande parola di quella speranza, e si rasserenava. Invece di abbattersi si rialzava; vinto materialmente ma ancora spiritualmente vincitore. Deportato sulle rive del Tigri e dell’Eufrate — fiumi di Babilonia — di un raggio di speranza faceva scintillare le sue lagrime. – Storia utile a rievocare in questa sacra stagione dell’Avvento, perché a quelle grandi speranze della Bibbia antica, risponde la speranza del Vangelo nuovo. Verrà, dissero per millenni gli Israeliti, tornerà, diciamo, da due mila anni e continueremo a dire chi sa per quanto noi Cristiani. Tornerà, ecco l’Avvento nuovo come nel verrà c’è tutto l’avvento antico. Tornerà, è forma di terrore per i nemici di Gesù Cristo e del Suo Vangelo, che, perciò, fanno di tutto per deprecare quel ritorno. Non lo vogliono, non lo credono. Ma noi lo vogliamo, noi Cristiani di tutte le generazioni. Il ritorno di Gesù per noi è il ritorno dell’amico caro al cuore, il ritorno del Giudice caro alla nostra coscienza. Quel ritorno significa la cessazione dei nostri dolori, il trionfo dei nostri ideali, la ricompensa delle nostre fatiche. Il Vangelo è pieno di questa idea, anzi, si riassume in questo annuncio: Gesù, il Messia, tornerà. È  anzi questa la buona novella, il Vangelo per eccellenza. Perché ciò che noi diciamo, tornerà, vuol dire: vive. E non vive lontano; è vicino. « Dominus enim prope est. » Il suo ritorno è sempre imminente. Tornerà colla Sua gloria, è presente con la Sua grazia. Così con questo spirito di fede e d’amore va letta la Bibbia, va meditato il Vangelo: il libro delle grandi e delle non fallaci, non vane speranze. – Per confortarci nella tristezza presente, per non lasciarci travolgere dalle tentazioni, che deprimono, dalle seduzioni che eccitano. Per i nostri separati fratelli protestanti la Bibbia è la maestra della fede, per noi è pure l’animatrice, la confortatrice delle grandi speranze.

Graduale

Ps XLIX: 2-3; 5
Ex Sion species decóris ejus: Deus maniféste véniet,
V. Congregáta illi sanctos ejus, qui ordinavérunt testaméntum ejus super sacrifícia.

[Da Sion, ideale bellezza: appare Iddio raggiante.
V. Radunategli i suoi santi, che sanciscono il suo patto col sacrificio. Alleluia, alleluia.]

Alleluja

Allelúja, allelúja,
Ps CXXI: 1
V. Lætátus sum in his, quæ dicta sunt mihi: in domum Dómini íbimus. Allelúja.

[V. Mi sono rallegrato in ciò che mi è stato detto: andremo nella casa del Signore. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaeum.
R. Gloria tibi, Domine!
Matt. XI:2-10

In illo tempore: Cum audísset Joánnes in vínculis ópera Christi, mittens duos de discípulis suis, ait illi: Tu es, qui ventúrus es, an alium exspectámus? Et respóndens Jesus, ait illis: Eúntes renuntiáte Joánni, quæ audístis et vidístis. Cæci vident, claudi ámbulant, leprósi mundántur, surdi áudiunt, mórtui resúrgunt, páuperes evangelizántur: et beátus est, qui non fúerit scandalizátus in me. Illis autem abeúntibus, coepit Jesus dícere ad turbas de Joánne: Quid exístis in desértum vidére? arúndinem vento agitátam? Sed quid exístis videre? hóminem móllibus vestitum? Ecce, qui móllibus vestiúntur, in dómibus regum sunt. Sed quid exístis vidére? Prophetam? Etiam dico vobis, et plus quam Prophétam. Hic est enim, de quo scriptum est: Ecce, ego mitto Angelum meum ante fáciem tuam, qui præparábit viam tuam ante te.  

“In quel tempo avendo Giovanni udito nella prigione le opere di Gesù Cristo, mandò due de’ suoi discepoli a dirgli: Sei tu quegli che sei per venire, ovvero si ha da aspettare un altro? E Gesù rispose loro: Andate, e riferite a Giovanni quel che avete udito e veduto. I ciechi veggono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, si annunzia ai poveri il Vangelo; ed è beato chi non prenderà in me motivo di scandalo. Ma quando quelli furono partiti, cominciò Gesù a parlare di Giovanni alle turbe: Cosa siete voi andati a vedere nel deserto? una canna sbattuta dal vento? Ma pure che siete voi andati a vedere? Un uomo vestito delicatamente? Ecco che coloro che vestono delicatamente, stanno ne’ palazzi dei re. Ma pure cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico io, anche più che profeta. Imperocché questi è colui, del quale sta scritto: Ecco che io spedisco innanzi a te il mio Angelo, il quale preparerà la tua strada davanti a te” .

OMELIA II.

 (Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, Vol. I, Quarta edizione, C. ed. Marietti, Torino-Roma, 1933)

Sul rispetto umano

Beatus qui non fuerit scandalizatus in me.

[Beati coloro che non faranno di me soggetto di scandalo.]

Nulla è più glorioso e più onorevole per un Cristiano che portare il nome sublime di figlio di DIO, di fratello di Gesù-Cristo. Ma all’opposto nulla è più indegno che aver vergogna di manifestarlo nelle tante occasioni che si presentano. No, fratelli miei, non ci stupiamo di vedere degli ipocriti mostrare per quanto possono, un’esteriorità di pietà per attirarsi stima e lode degli uomini, mentre i loro poveri cuori sono divorati dal peccato più infame. Essi vorrebbero, questi ciechi, gioire degli onori che sono inseparabili dalla virtù, senza darsi pena di praticarla. Ma siamo ancor meno meravigliati nel vedere dei buoni Cristiani nascondere, per quanto lo possono, le loro buone opere davanti al mondo, per tema che la vanagloria non scivoli nei loro cuori e che i vani applausi degli uomini non facciano loro perderne il merito e la ricompensa. Ma fratelli miei, ove troveremmo una viltà più colpevole, un abominio più deplorevole della nostra: che, facendo professione di credere in Gesù-Cristo, avendo fatto i più sacri giuramenti di camminare sulle sue orme, sostenere i suoi interessi e la sua gloria, anche a discapito della nostra vita, siamo poi così codardi che alla prima occasione violiamo le promesse che gli abbiamo fatto sul sacro fonte battesimale. Ah! Sciagurati, cosa facciamo? Chi è Colui che rinneghiamo? Ahimè! Noi abbandoniamo il nostro DIO, il nostro Salvatore, per schierarci tra gli schiavi del demonio che ci inganna e che non cerca altro che la nostra perdita e la nostra eterna dannazione. Oh! Maledetto rispetto umano! Quante anime conduci all’inferno! Ma per farvi meglio vederne la viltà, vi mostrerò: 1° Quanto il rispetto umano, cioè la vergogna di operare il bene, oltraggi il buon DIO. 2° Come colui che lo commetta riveli uno spirito debole e limitato.

I. – Noi non parleremo, fratelli miei, di tutti quegli empi della prima classe che consacrano il loro tempo, la loro scienza e la loro povera vita a distruggere la nostra santa Religione, se lo potessero. Questi sciagurati non sembrano che vivere per annientare le sofferenze, i meriti della morte e della passione di Gesù-Cristo. Essi hanno utilizzato gli uni le loro forze, gli altri la loro scienza per infrangere questa pietra sulla quale Gesù-Cristo ha costruito la sua Chiesa. Ma questi insensati andranno a sfracellarsi contro questa pietra della Chiesa, che è la nostra santa Religione, che sussisterà sempre malgrado tutti i loro sforzi. – In effetti, fratelli miei, a cosa è servita tutta la furia dei persecutori della Chiesa, dei Neroni, dei Massimini,   dei Diocleziani e di tanti altri che hanno creduto con la forza delle armi, di giungere a torla di mezzo?  È tutto all’opposto: il sangue di tanti martiri non è servito, come dice Tertulliano, che a far fiorire la Religione più che mai, ed il loro sangue sembrava una semenza che ne producesse cento per uno. Sciagurati! Che vi ha fatto questa bella e santa Religione per perseguitarla tanto, Essa che sola può rendere l’uomo felice sulla terra? Ahimè! Quante lacrime e grida salgono ora dall’inferno ove riconoscono chiaramente che questa Religione, contro la quale si sono scatenati, li avrebbe condotti al cielo. Ma rimpianti inutili e superflui! – Vedete ancora questi altri empi che hanno fatto tutto ciò  che hanno potuto per distruggere la nostra santa Religione con i loro scritti, come un Voltaire, un Jean-Jacques Rousseau, un Diderot, un D’Alambert, un Volney e tanti altri, che non hanno trascorso la loro vita che a vomitare con i loro scritti tutto ciò che il demonio poteva loro inspirare. Ahimè! Essi hanno fatto del male, è vero; essi hanno perso delle anime, ne hanno trascinate con sé tante all’inferno; ma non hanno potuto distruggere la Religione come essi credevano; si sono sgretolati essi contro questa pietra. Ma non hanno infranto la pietra sulla quale Gesù-Cristo ha costruito la sua Chiesa e che dovrà durare fino al chiudersi dei secoli. Dove sono ora questi poveri empi? Ahimè! Nell’inferno, ove piangono la loro infelicità e quella di tutti coloro che hanno trascinato con sé. Nulla diciamo ancora, fratelli miei, di questi ultimi empi che, senza mostrarsi apertamente nemici della Religione, soltanto perché praticano ancora alcuna parte esterna, e che malgrado questo, li ascoltate di tanto in tanto escono in piccole facezie, per causa di esempio, sulla virtù o la pietà di coloro che non hanno il coraggio d’imitare. Ditemi, amico mio, che vi ha fatto questa Religione che avete ricevuto dai vostri avi che l’hanno praticata sì fedelmente sotto i vostri occhi, che tante volte vi hanno detto che essa solo poteva fare la felicità dell’uomo sulla terra e che, abbandonandola non potremmo essere che infelici? E dove pensate, amico mio, che la vostra piccola empietà vi condurrà? Ahimè! Amico mio, all’inferno, per piangere il vostro accecamento. Nulla diciamo ancora di quei Cristiani che non sono Cristiani che di nome; che fanno il loro dovere di Cristiani in un modo sì stomachevole che vi farebbero morire di compassione. Vedetene uno, nel tempo della sua preghiera fatta con noia, dissipazione, senza rispetto. Vedete là in chiesa senza devozione: l’Officio comincia sempre troppo presto e finisce sempre troppo tardi; il sacerdote non ancora è disceso dall’altare che essi sono già fuori. Non bisogna parlar loro della frequenza dei Sacramenti; se talvolta vi si accostano, è con una certa indifferenza che rivela che essi non comprendono affatto quel che fanno. Tutto ciò che ha riferenza con il servizio di Dio è fatto con disgusto spaventoso. DIO mio, quante anime perdute per l’eternità! O DIO mio! Quanto piccolo è il numero di coloro che entreranno nel regno dei cieli, perché ce n’è così pochi che fanno quel che devono per meritarlo. – Ma, voi direte ora: chi sono dunque coloro che si rendono colpevoli di rispetto umano? Fratelli miei, ascoltatemi un istante e lo saprete. Innanzitutto vi dirò con San Bernardo, che da qualsiasi lato consideriamo il rispetto umano, che è la vergogna di compiere i propri doveri di Religione a causa del mondo, tutto ce ne dimostra il disprezzo di Dio e delle sue grazie e l’accecamento dell’anima. Io dico in primo luogo, fratelli miei, che la vergogna di operare il bene, per il timore di essere disprezzati o scherniti da parte di qualche empio sciagurato, o da qualche ignorante, è un disprezzo orribile che facciamo della presenza del buon DIO, davanti al quale noi siamo, e che potrebbe subito gettarci all’inferno. Perché, fratelli miei, questi cattivi Cristiani vi scherniscono e gettano in ridicolo la vostra devozione? Ahimè! Fratelli miei, eccone la vera ragione: è che non avendo la forza di fare ciò che voi fate, vi prendono di mira perché risvegliate i rimorsi della loro coscienza; ma siate ben sicuri che nel cuore, essi non vi disprezzano, all’opposto vi stimano molto. Se essi hanno da prendere un buon consiglio, o domandare una grazia presso il buon DIO, non è a coloro che tengono la loro stessa condotta che faranno ricorso, ma a coloro che hanno schernito, almeno a parole. Voi avete vergogna, amico mio, di servire il buon DIO temendo di essere sprezzato? Ma, amico mio, rimirate dunque Colui che è morto appeso a questa croce, domandategli dunque se Egli ha avuto vergogna di essere disprezzato, e di morire in modo ignominioso su questa croce infame. Ah! ingrati che non siamo altri verso DIO, che sembra trovare la sua gloria nel rendere pubblico di secolo in secolo che Egli ci sceglie come suoi figli. O DIO mio! Quanto l’uomo è cieco e spregevole di temere un miserabile “che cosa si dirà”, e non temere di offendere DIO, sì buono. In secondo luogo, io dico che il rispetto umano ci fa disprezzare tutte le grazie che il buon DIO ci ha meritate con la sua morte e la sua passione. Si, fratelli miei, con il rispetto umano, noi annientiamo tutte le grazie che il buon DIO ci aveva destinate per salvarci. Oh! Maledetto rispetto umano, quante anime precipiti all’inferno! In terzo luogo: io dico che il rispetto umano dimostra il più deplorevole accecamento. Ahimè! non poniamo mente a quello che perdiamo! Fratelli miei, qual disgrazia per noi! Noi perdiamo il nostro DIO, che nulla può tenergli luogo. Noi perdiamo il cielo con tutti i suoi beni ed i suoi piaceri! Ma un’altra disgrazia è che noi prendiamo il demonio per nostro padre, e l’inferno con tutti i suoi tormenti come nostra eredità e nostra ricompensa. Noi cangiamo le nostre dolcezze e le nostre gioie eterne nei patimenti e nelle lacrime. Ah! amico mio, a cosa pensate? Quali non saranno i vostri rimorsi per l’eternità! Ah! mio DIO, vi si può pensare e vivere ancora come schiavi del mondo? – È vero, mi direte voi, che colui che teme il mondo per compiere i suoi doveri di Religione è ben infelice, poiché il buon DIO ci dice che colui che avrà vergogna di servirlo davanti agli uomini, non vorrà Egli riconoscerlo davanti a suo Padre nel giorno del giudizio. – Ma DIO mio, temere il mondo, perché dunque? Poiché noi sappiamo che bisogna assolutamente essere disprezzati dal mondo per piacere a DIO. Se  voi temevate il mondo, non occorreva diventare Cristiano. Voi sapete bene che sulle fonti sacre del Battesimo, avete prestato giuramento alla presenza di Gesù-Cristo medesimo, che rinunziavate al demonio e al mondo; che vi sareste impegnato a seguire Gesù-Cristo portando la sua croce, caricato di obbrobri e disprezzo. Se temevate il mondo ebbene! Rinunciate al vostro Battesimo e datevi a questo mondo che voi tanto temete di dispiacere. – Ma, voi mi direte, quand’è che agiamo per rispetto umano? Amico mio, ascoltatemi bene. È il giorno che siete stato alla fiera, o in una locanda in cui si mangiava carne in un giorno proibito e che vi si pregò di mangiare; voi accontentandovi di abbassare gli occhi e di arrossire, invece di dire che eravate Cristiano, che la Religione vi proibiva di mangiarla, voi ne avete mangiato come gli altri, dicendo: se  non faccio come gli altri, sarò dileggiato. – Sarete dileggiato, amico mio. Ah! certamente è un danno! Ah! mi direte, io farò peggio diventando la causa di tutti i cattivi discorsi che si diranno contro la Religione, che non ne farei mangiando della carne. Ditemi, amico mio, voi commettereste un male più grande? Se i martiri avessero temuto tutte queste bestemmie, tutti questi giuramenti, avrebbero rinunciato tutti alla loro Religione? È tanto peggio per coloro che operano il male. Ahimè!, fratelli miei, diciamo meglio, non è già abbastanza che altri disgraziati abbiano crocifisso Gesù-Cristo con la loro vita cattiva; occorre ancora che voi vi uniate ad essi per far soffrire Gesù-Cristo ancor di più? Voi temete di essere schernito? – Ah! Infelici, guardate Gesù-Cristo sulla croce e vedete ciò che ha fatto per voi. – Voi non sapete quando avete rinnegato Gesù-Cristo? È un giorno in cui, stando con due o tre persone, sembrava che non aveste mani, e che non sapevate fare il segno della croce, e stavate osservando se vi erano occhi su di voi e vi siete contentato di dire il vostro “Benedicite”, o l’Agimus nel vostro cuore, o che vi siete recati in un angolo per dirli. È quando, passando davanti ad una croce, faceste finta di non vederla o diceste che non è per noi che è morto il buon DIO. – Non sapete dunque quando avete avuto il rispetto umano? Fu un giorno in cui, trovandovi in una società, ove si pronunciavano parole turpi contro la santa virtù della purezza, o contro la Religione, voi non osaste riprendere quelle persone, e peggio, per il timore di essere dileggiato, avete sorriso. Ma, voi mi direte, … a ciò si è costretti, altrimenti saremmo fatti segno agli scherni. Voi, amico mio, temete di essere schernito? Fu pure questo timore che portò San Pietro a rinnegare il suo divin Maestro; ma la paura non impedì che commettesse un grave peccato, che egli pianse per tutta la vita. – Voi non sapete quando avete avuto il rispetto umano? È il giorno in cui il buon DIO vi ha dato il pensiero di andarvi a confessare i vostri peccati, sentivate di averne molto bisogno, ma pensaste che si getterebbe il ridicolo sopra di voi, e che sareste stato trattato da devoto. Un’altra volta vi cadde in pensiero di recarvi ad assistere alla santa Messa fra la settimana, e che potevate farlo; voi avete detto in voi stessi che si getterebbe il ridicolo sopra di voi e si direbbe:  È buona cosa per coloro che non hanno nulla da fare, per coloro che hanno con che vivere colle loro rendite. – Quante volte questo maledetto rispetto umano vi ha impedito di assistere al Catechismo, alla preghiera della sera? Quante volte, stando a casa a far qualche preghiera o qualche lettura di pietà, vi siete nascosto vedendo venire qualcuno! Quante volte il rispetto umano vi ha fatto violare la legge del digiuno o dell’astinenza non osando dire che voi digiunavate, o non mangiavate di grasso? Quante volte non avete osato dire il vostro Angelus davanti a tutti, o vi siete accontentati di dirlo nel vostro cuore, o siete usciti a recitarlo in luogo appartato? quante volte non avete fatto le preghiere al mattino o alla sera, perché vi siete trovati con persone che non le recitavano; e tutto questo per timore di essere derisi. Andate, poveri schiavi del mondo, raggiungete l’inferno nel quale sarete precipitati; voi avrete tutti il tempo di rimpiangere il bene che il mondo vi ha impedito di operare. Ah! mio DIO, quale triste vita conduce chi vuol piacere al mondo ed al buon DIO! No, amico mio, voi vi ingannate, oltre che a vivere sempre infelici, voi non giungerete mai al punto di piacere al mondo e al buon DIO; questo vi è impossibile come il mettere fine all’eternità. Ecco il consiglio che voglio darvi e così sarete meno infelici: o vi date tutto a DIO, o tutto al mondo; non cercate, non seguite che un solo maestro, ed una volta al suo seguito, non lo lasciate. Voi non vi ricordate ciò che Gesù-Cristo vi ha detto nel Vangelo? voi non potete servire DIO e il mondo con i suoi piaceri, e Gesù-Cristo con la sua croce. Non è vero che amerete di appartenere ora a DIO, ed ora al mondo? Parliamo più francamente: sarebbe necessario che la vostra coscienza, che il vostro cuore vi permettesse di sedervi al mattino alla santa tavola, e la sera di prender parte alla danza; una parte del giorno passarla in chiesa ed il resto frequentare le bettole e darsi ai giuochi; un momento parlare del buon DIO ed un altro uscire in parole turpi, o in calunnie contro il prossimo; una volta far del bene al vostro vicino, ed in un altro momento recargli ingiuria; in altre parole, che coi buoni opererete il bene, parlerete del buon DIO, con i malvagi, commetterete il male! – Ah! fratelli miei, quanto male ci fa commettere la compagnia dei malvagi! Quanti peccati eviteremmo se avessimo la sorte di fuggire le persone senza Religione. San Agostino scrive, che essendosi trovato diverse volte con dei malvagi, aveva vergogna nel non avere tanta malizia quanto loro, e per non essere biasimato, diceva anche il male che non aveva fatto. (Conf. lib. II, c. II, 7). Poveri ciechi! Quanto siete da compiangere! Qual triste vita!… oh! Maledetto rispetto umano che trascini tante anime nell’inferno. Oh! di quanti e quanti crimini sei la causa. Ah! qual grande disprezzo facciamo delle grazie che il buon DIO vuole concederci per salvarci. Ahimè! quanti che hanno cominciato la loro riprovazione col rispetto umano, perché a grado che hanno disprezzato le grazie che il buon DIO voleva loro concedere, la fede si è estinta in essi, a poco a poco hanno sentito meno la grandezza del peccato, la perdita del cielo, gli oltraggi che facevano a DIO con il peccato. Essi sono finiti per cadere in paralisi, vale a dire che essi non hanno riconosciuto lo stato miserando della loro povera anima; essi restano nel peccato e il maggior numero vi perisce. – Noi leggiamo nel Vangelo che Gesù-Cristo, nelle sue missioni, colmava di ogni sorta di grazie i luoghi pei quali passava. A volte c’era un cieco al quale ridonava la vista; a volte c’erano dei sordi che Egli faceva ascoltare: ora c’è un lebbroso che guarisce, là è un morto al quale rende la vita. Tuttavia vediamo che pochi sono quelli che rendono pubblici i benefici che ricevono, essi lo fanno solo nel momento in cui sono ai piedi di Gesù-Cristo. E donde proviene questo, fratelli miei? Essi temevano i Giudei, perché bisognava essere nemici o dei Giudei, o di Gesù-Cristo; quando stavano dietro a Gesù-Cristo essi lo riconoscevano, e quando erano con i Giudei, sembravano approvarli con il loro silenzio. Ecco precisamente ciò che facciamo noi; quando siamo soli, noi riflettiamo sui benefici ricevuti dal buon DIO, e non possiamo impedirci di testimoniargli la nostra riconoscenza d’essere nati Cristiani, di essere stati confermati; ma quando siamo con i libertini, sembriamo essere dei loro sentimenti applaudendo con i nostri sorrisi o il nostro silenzio, la loro empietà. Oh! Qual indegna preferenza, esclama San Massimo; ah! maledetto rispetto umano quante anime trascini all’inferno! Ahimè! fratelli miei, qual tormento non proverà una persona che vuol piacere e vivere in tal modo, come ne abbiamo un bell’esempio nel Vangelo. Noi vi leggiamo che il re Erode s’era invaghito, per amor profano, di Erodiade. Questa barbara cortigiana aveva una figlia che danzò davanti a lui con tanta grazia, che egli le promise la metà del suo regno. Ma l’infelice si guardò bene dal chiedergliela, ciò non bastava; essendo ella andata da sua madre a prender consiglio su cosa dovesse chiedere al re, la madre, più infame della figlia, le presentò un piatto: « Va, le disse, a chiedere al re che metta su questo piatto la testa di Giovanni Battista affinché tu me la porti; » e questo perché San Giovanni le rimproverava la sua vita cattiva. Il re, a questa domanda, fu preso da spavento, perché da un canto stimava Giovanni-Battista e gli spiaceva la morte di un uomo che era così degno di vivere. Cosa farà egli? Qual partito abbraccerà? Ah! sciagurato rispetto umano, cosa stai per fare? Il re non vorrebbe far morire San Giovanni-Battista; ma d’altro canto, egli teme che si rida di lui, poiché essendo re, non tenga la parola data. Andate, disse questo re infelice ad un carnefice, andate a tagliare la testa di San Giovanni Battista, io preferisco piuttosto lasciar gridare la mia coscienza che lasciar che si rida di me! Ma quale orrore! Quando comparve la testa nella sala, i suoi occhi e la sua bocca, benché chiusi, sembrano rimproverargli il suo crimine, e minacciarlo dei castighi più terribili. A questo spettacolo, egli fremette ed impallidì. Ahimè! quanto è  da compiangere colui che si lascia guidare dal rispetto umano. – È ancor vero che il rispetto umano non ci impedisce sempre di compiere delle buone opere. Ma quante buone opere delle quali il rispetto umano ci fa perdere il merito. Quante buone opere non faremmo se non sperassimo di esserne lodati e stimati dal mondo! Quante persone che non vengono in chiesa se non per rispetto umano, pensando che, dal momento che di una persona che non pratichi più la religione, almeno esternamente, non si ha più confidenza in essa, e si dice: Dove non c’è Religione, non c’è coscienza. Quante madri che sembrano aver cura dei loro figli solo per essere stimate agli occhi del mondo! Quanti si riconciliano con i loro nemici, perché temono che si perda la buona stima che si ha di essi! Quante persone non sarebbero così buone se non sapessero di essere lodate dal mondo. Quanti sono più riservati nelle loro parola e più modesti nella chiesa a causa del mondo! Oh! sciagurato rispetto umano, quante buone opere mandi a male che condurrebbero tanti Cristiani in cielo e che non faranno che spingerle nell’inferno. Ma – voi mi direte – torna molto difficile condursi in modo che il mondo non si immischi in tutto ciò che si fa. Ma, fratelli miei, noi non aspettiamo la nostra ricompensa dal mondo, ma solo da DIO: se siamo lodati, io so bene di non meritarlo, essendo peccatore; se mi si disprezza non c’è nulla di straordinario per un peccatore come noi che abbiamo tante volte disprezzato il buon DIO con i nostri peccati; noi non meritiamo miglior trattamento. Non ci ha forse detto Gesù-Cristo: beati coloro che saranno disprezzati e perseguitati! E tuttavia, chi sono coloro che vi disprezzano? Ahimè! Alcuni poveri peccatori che non hanno il coraggio di fare ciò che voi fate, che per nascondere un poco la loro vergogna, vorrebbero che foste come loro; è un povero cieco che, lungi dal disprezzarvi, dovrebbe trascorrere la sua vita a piangere la propria sventura. I suoi scherni vi dimostrano quanto è da compiangere o degno di compassione. Egli fa come un uomo che ha perduto lo spirito, che corre per le foreste, si rotola a terra, gettandosi nei precipizi e gridando a tutti quelli che lo vedono di imitarlo; egli ha un bel gridare, … lasciatelo fare, e compiangetelo, perché non conosce la sua disgrazia. Ugualmente, fratelli miei, lasciamo questi poveri sventurati gridare e insultare i buoni Cristiani; lasciate gli insensati nella loro demenza; lasciamo i ciechi nelle loro tenebre; ascoltiamo le grida e le urla dei riprovati; ma nulla temiamo; seguiamo la nostra strada; essi si fanno molto male, senza punto farcene, compiangiamoli e non ci curiamo di loro. – Sapete voi perché vi dileggiano? Perché vedono che li temete e che un nulla vi fa arrossire. Non è la vostra pietà che insultano, ma soltanto la vostra incostanza e la vostra viltà nel seguire il vostro Capo. Guardate la gente del mondo: con quale audacia seguono il loro capo; non si fanno gloria di essere libertini, ubriaconi, vendicativi, furbi? Guardate un impudico, teme forse di vomitare le sue parole sconce davanti al mondo? E questo perché? Fratelli miei, è perché sono costretti a seguire il loro maestro che è il mondo; essi non pensano e non cercano che di piacergli; hanno un bel soffrire, nulla li può arrestare. Ecco, fratelli miei, ciò che voi fareste se vorreste condurvi allo stesso modo. Voi non temereste né il mondo né il demonio; voi non cerchereste e non vorreste se non ciò che potrebbe piacere al vostro padrone che è DIO stesso. Convenite con me, che i mondani sono molto più costanti nei loro sacrifici che fanno per compiacere al loro padrone, che è il mondo, di noi nel fare ciò che dobbiamo fare per piacere al nostro padrone, che è il nostro DIO.

II. – Ma, ora, ricominciamo in altro modo. Ditemi, amico mio, perché voi insultate coloro che fanno professione di pietà? O, perché, meglio comprendiate, coloro che fanno preghiere più lunghe delle vostre, che frequentano più spesso i Sacramenti di quanto non lo facciate voi e che fuggono gli applausi del mondo? Di tre cose l’una, fratelli miei, o guardate queste persone come degli ipocriti, o voi insultate la pietà stessa, o infine siete pieni di rabbia per il fatto che essi valgono più di voi.

per trattarli come ipocriti bisogna che voi abbiate letto nel loro cuore, e che non vi siate perfettamente convinti che tutta la loro devozione sia falsa. Eh che! Fratelli miei, non sembra naturale che quando vediamo fare qualche buona opera da qualcuno, noi pensiamo che il loro cuore è buono e sincero? Secondo questo, vedete quanto il vostro linguaggio ed il vostro giudizio siano ridicoli. Voi vedete un buon esterno nel vostro vicino, e dite e pensate che la sua interiorità non valga nulla. Ecco, si dice, del buon frutto; certamente l’albero che lo porta è di buona specie, e voi ben lo giudicate. E se si tratta di giudicare delle persone dabbene, voi direte tutto il contrario: ecco del buon frutto; ma l’albero che lo porta non vale nulla! No, fratelli miei, no, voi non siete né ciechi, né insensati se ragionate in tal modo.

In secondo luogo, noi diciamo che voi schernite la pietà stessa: io non mi inganno; voi non insultate questa persona perché prega più a lungo o più spesso e con rispetto: no, non è per questo, perché anche voi pregate (almeno se non lo fate mancate ad uno dei vostri primi doveri). È forse perché frequenta i Sacramenti? Ma voi non siete venuti fino a questo giorno senza avvicinarvi ai Sacramenti, voi foste veduti al tribunale della penitenza, foste veduti assidervi alla sacra mensa. Voi non disprezzate dunque questa persona perché adempie meglio di voi i suoi doveri di religione; essendo perfettamente convinti del pericolo in cui siamo di perderci, e di conseguenza del bisogno che abbiamo di fare ricorso alla preghiera ed ai Sacramenti per perseverare nella grazia del buon DIO, perché dopo questo mondo non vi è più altro mezzo: bene o male bisognerà restarci per tutta l’eternità.

No, fratelli miei, non è tutto questo che ci molesta nella persona del nostro vicino: il fatto è che, non avendo il coraggio di imitarlo, non vorremmo avere l’onta della nostra viltà, ma vorremmo trascinarlo nei nostri disordini o nella nostra vita indifferente. Quante volte ci diciamo: a che servono tutte queste litanie, a che serve stare tanto in chiesa, andarvi così presto, ed il resto? Ahimè! fratelli miei, il fatto è che la vita delle persone di pietà che sono serie, è la condanna della nostra vita fiacca ed indifferente. È molto facile capire che la loro umiltà ed il disprezzo che hanno di se stesse, condanni la vostra vita orgogliosa, che non vuole soffrire nulla, che vorrebbe che tutti ci amassero e ci lodassero; non c’è dubbio che la loro dolcezza e la loro bontà per tutti, fa onta ai nostri trasporti ed alle nostre collere; è ben vero che la loro modestia, la loro riserva in tutti i loro portamenti condanna la nostra vita mondana e piena di scandali. Non è forse solo questo che ci tormenta nella persona del nostro prossimo? Non è questo che ci ferisce, quando sentiamo dire del bene delle altre persone di cui si narrano le buone azioni? Sì, senza dubbio la loro devozione, il loro rispetto per la Chiesa ci condanna e fa ombra alla nostra vita tutta leggera ed alla nostra indifferenza per la nostra salvezza. Come siamo naturalmente portati a scusare negli altri i difetti che abbiamo noi stessi, ugualmente siamo sempre portati a disapprovare negli altri le virtù che non abbiamo il coraggio di praticare: è quello che vediamo ogni giorno. Un libertino è contento di trovare un libertino che lo applaudirà nei suoi disordini; ben lungi dal distoglierlo, lo incoraggia piuttosto. Un vendicativo si rallegrerà di essere con un altro vendicativo per consultarsi insieme alfine di trovare il mezzo di vendicarsi dei loro nemici. Ma mettete una persona saggia con un libertino, una persona che è sempre pronta a perdonare con un vendicativo: tosto vedrete i malvagi scatenarsi contro i buoni. E questo perché? Fratelli miei, se non perché non avendo la forza di fare ciò che essi fanno, vorrebbero poterli trascinare dalla loro parte, affinché la loro vita santa non sia una censura continua per la loro. Ma se bramaste di comprendere l’accecamento di coloro che dileggiano le persone che meglio di loro adempiono ai doveri del Cristiano, ascoltatemi un istante. – Cosa direste di una persona povera che porta invidia a un ricco, se questo povero non è ricco perché non lo vuole? Non gli direste: amico mio, perché dite male di quella persona perché è ricca? Spetta a voi di esserlo, ed anche straricco se lo bramate. Allo stesso modo, fratelli miei, perché siamo portati a criticare coloro che sono più saggi? Essi non negano a noi di esserlo ed anche di più, se lo desideriamo. Coloro che praticano la religione, e che ci vanno innanzi, non ci impediscono di essere saggi, ed anche più saggi se lo vogliamo. – Io dico dunque che sono coloro che non hanno religione che disprezzano quelli che la professano …; io non mi inganno, non li disprezzano, fanno solamente sembiante di disprezzarli, perché nel fondo del loro cuore essi sono pieni di stima per essi; ne volete una prova? Eccola. Presso chi va una persona, anche senza pietà, per trovare qualche consolazione nelle sue pene, o qualche raddolcimento nei propri dolori o nelle proprie sofferenze? Credete voi che si recherà da un’altra persona senza religione come ella? No, amico mio, no. Ella sa bene che una persona senza religione non può consolarla, né dare buoni consigli. Ma ella andrà pure a trovare persone che un tempo ha dileggiato. Ella è molto ben convinta che non c’è persona saggia e timorosa di DIO, che non possa consolarla e lenire un po’ le sue pene. In effetti, fratelli miei, quanto volte noi, sopraffatti dall’affanno o da qualche altra miseria, ci siamo recati a trovare qualche persona savia, e dopo un quarto ora di conversazione ci siamo sentiti tutti cambiati e ci siamo ritirati dicendo: coloro che amano il buon DIO sono felici come anche coloro che gli sono intorno. Io mi desolavo, non facevo che piangere, mi disperavo. In un istante in cui sono stato con questa persona, mi sono sentito consolato. È vero tutto ciò che mi ha detto, che il buon DIO mi aveva permesso questo per il mio bene, e che tutti i Santi e le Sante avevano sofferto più di me, e che giovava assai più patire in questo mondo che nell’altro. E concludemmo col dire: se avrò qualche pena, presto vi tornerò per consolarmi. Oh! bella Religione, quanto coloro che seriamente vi praticano, sono felici, e quanto le dolcezze e le consolazioni che ci procura sono grandi e preziose! … – Ebbene! Fratelli miei, voi dunque vedete che schernite coloro che non lo meritano; voi dovete invece ringraziare infinitamente il buon DIO di avere tra voi qualche buona anima che sappia placare la collera di DIO, senza di che noi saremmo oppressi dalla sua giustizia. Ma, a ben considerare, ad una persona che fa bene le sue preghiere, che non cerca che di piacere a DIO, che ama rendere servizio al prossimo, che sa dare perfino il suo necessario per aiutarlo, che perdona volentieri a coloro che gli fanno ingiuria, non potete dire che fa del male, al contrario. Ella non è che ben degna di essere lodata e stimata dal mondo. È tuttavia questa persona che voi straziate; forse che non pensavate a ciò che dicevate? È ben vero, voi riflettete in voi medesimo; ella è più felice di noi. Amico mio, ascoltatemi ed io vi dirò ciò che dovrete fare: ben lontano dal colpevolizzarli, voi dovreste fare ogni sforzo per imitarli; unirvi ogni mattino alle loro preghiere ed a tutte le opere che fanno durante la giornata. Ma – direte – per fare ciò che esse fanno, c’è da farsi troppo violenza e troppi sacrifici da imporsi. Non tanti quanto voi dite! … è così malagevole recitare bene le vostre preghiere il mattino e la sera? È tanto difficile ascoltare la parola di DIO con rispetto, chiedendo al buon DIO la grazia di profittarne? È così difficile non uscir fuori durante le istruzioni? Non lavorare il santo giorno della Domenica? Non mangiare la carne nei giorni proibiti? E disprezzare i mondani che vogliono assolutamente perdersi? Se temete che vi manchi il coraggio, portate i vostri sguardi sulla Croce ove Gesù-Cristo è morto, e vedrete che non vi mancherà il coraggio. Vedete queste folle di martiri che hanno sofferto tutto ciò che non potrete mai comprendere, per timore di perdere le loro anime. Sono essi ora spiacenti, fratelli miei, di aver disprezzato il mondo ed i suoi “cosa si dirà”? Concludiamo, fratelli miei, dicendo quanto poche persone ci sono che servono veramente il buon DIO. Gli uni cercano di distruggere la Religione, se potessero, con la forza delle armi, come facevano i re e gli imperatori pagani; gli altri con le loro grida empie vogliono avvilirla e farla perdere se potessero; altri la dileggiano in coloro che la praticano, ed infine altri vorrebbero praticarla, ma hanno paura di farlo davanti al mondo. Ahimè, fratelli miei, quanto piccolo è il numero di quelli che sono fatti per il cielo poiché sono i soli che combattono vigorosamente il demonio e le loro inclinazioni, e che disprezzano il mondo con tutte i suoi scherni! Perché noi, non aspettiamo la nostra ricompensa e la nostra felicità che da DIO solo, perché amare il mondo che noi abbiamo promesso con giuramento di odiare e disprezzare per non seguire che Gesù-Cristo, portando la sua croce tutti i giorni della nostra vita? Avventurato colui, fratelli miei, che non cerca che DIO solo e disprezza tutto il resto! È la felicità che vi auguro … 

CREDO …

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps LXXXIV: 7-8
Deus, tu convérsus vivificábis nos, et plebs tua lætábitur in te: osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam, et salutáre tuum da nobis.

[O Dio, rivolgendoti a noi ci darai la vita, e il tuo popolo si rallegrerà in Te: mostraci, o Signore, la tua misericordia, e concedici la tua salvezza.]

Secreta

Placáre, quǽsumus, Dómine, humilitátis nostræ précibus et hóstiis: et, ubi nulla suppétunt suffrágia meritórum, tuis nobis succúrre præsídiis.

[O Signore, Te ne preghiamo, sii placato dalle preghiere e dalle offerte della nostra umiltà: e dove non soccorre merito alcuno, soccorra la tua grazia.]

Comunione spirituale: COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Bar V: 5; IV:36
Jerúsalem, surge et sta in excélso, ei vide jucunditátem, quæ véniet tibi a Deo tuo.

[Sorgi, o Gerusalemme, e sta in alto: osserva la felicità che ti viene dal tuo Dio.]

Postcommunio

Orémus.
Repléti cibo spirituális alimóniæ, súpplices te, Dómine, deprecámur: ut, hujus participatióne mystérii, dóceas nos terréna despícere et amáre cœléstia.
[Saziàti dal cibo che ci nutre spiritualmente, súpplici Ti preghiamo, o Signore, affinché, mediante la partecipazione a questo mistero, ci insegni a disprezzare le cose terrene e ad amare le cose celesti.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

ORDINARIO DELLA MESSA

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: SUL RISPETTO UMANO

(Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, Vol. I, Quarta edizione, C. ed. Marietti, Torino-Roma, 1933)

Sul rispetto umano

Beatus qui non fuerit scandalizatus in me.

[Beati coloro che non faranno di me soggetto di scandalo. (S. Matteo. XI, 6)]

Nulla è più glorioso e più onorevole per un Cristiano che portare il nome sublime di figlio di DIO, di fratello di Gesù-Cristo. Ma all’opposto nulla è più indegno che aver vergogna di manifestarlo nelle tante occasioni che si presentano. No, fratelli miei, non ci stupiamo di vedere degli ipocriti mostrare per quanto possono, un’esteriorità di pietà per attirarsi stima e lode degli uomini, mentre i loro poveri cuori sono divorati dal peccato più infame. Essi vorrebbero, questi ciechi, gioire degli onori che sono inseparabili dalla virtù, senza darsi pena di praticarla. Ma siamo ancor meno meravigliati nel vedere dei buoni Cristiani nascondere, per quanto lo possono, le loro buone opere davanti al mondo, per tema che la vanagloria non scivoli nei loro cuori e che i vani applausi degli uomini non facciano loro perderne il merito e la ricompensa. Ma fratelli miei, ove troveremmo una viltà più colpevole, un abominio più deplorevole della nostra: che, facendo professione di credere in Gesù-Cristo, avendo fatto i più sacri giuramenti di camminare sulle sue orme, sostenere i suoi interessi e la sua gloria, anche a discapito della nostra vita, siamo poi così codardi che alla prima occasione violiamo le promesse che gli abbiamo fatto sul sacro fonte battesimali. Ah! Sciagurati, cosa facciamo? Chi è Colui che rinneghiamo? Ahimè! Noi abbandoniamo il nostro DIO, il nostro Salvatore, per schierarci tra gli schiavi del demonio che ci inganna e che non cerca altro che la nostra perdita e la nostra eterna dannazione. Oh! Maledetto rispetto umano! Quante anime conduci all’inferno! Ma per farvi meglio vederne la viltà, vi mostrerò: 1° Quanto il rispetto umano, cioè la vergogna di operare il bene, oltraggi il buon DIO. 2° Come colui che lo commetta riveli uno spirito debole e limitato.

I. – Noi non parleremo, fratelli miei, di tutti quegli empi della prima classe che consacrano il loro tempo, la loro scienza e la loro povera vita a distruggere la nostra santa Religione, se lo potessero. Questi sciagurati non sembrano che vivere per annientare le sofferenze, i meriti della morte e della passione di Gesù-Cristo. essi hanno utilizzato gli uni le loro forze, gli altri la loro scienza per infrangere questa pietra sulla quale Gesù-Cristo ha costruito la sua Chiesa. Ma questi insensati andranno a sfracellarsi contro questa pietra della Chiesa, che è la nostra santa Religione, che sussisterà sempre malgrado tutti i loro sforzi. – In effetti, fratelli miei, a cosa è servita tutta la furia dei persecutori della Chiesa, dei Neroni, dei Massimini,   dei Diocleziani e di tanti altri che hanno creduto con la forza delle armi, di giungere a torla di mezzo?  È tutto all’opposto: il sangue di tanti martiri non è servito, come dice Tertulliano, che a far fiorire la Religione più che mai, ed il loro sangue sembrava una semenza che ne producesse cento per uno. Sciagurati! Che vi ha fatto questa bella e santa Religione per perseguitarla tanto, Essa che sola può rendere l’uomo felice sulla terra? Ahimè! Quante lacrime e grida salgono ora dall’inferno ove riconoscono chiaramente che questa Religione, contro la quale si sono scatenati, li avrebbe condotti al cielo. Ma rimpianti inutili e superflui! – Vedete ancora questi altri empi che hanno fatto tutto ciò  che hanno potuto per distruggere la nostra santa Religione con i loro scritti, come un Voltaire, un Jean-Jacques Rousseau, un Diderot, un D’Alambert, un Volney e tanti altri, che non hanno trascorso la loro vita che a vomitare con i loro scritti tutto ciò che il demonio poteva loro inspirare. Ahimè! Essi hanno fatto del male, è vero; essi hanno perso delle anime, ne hanno trascinate con sé tante all’inferno; ma non hanno potuto distruggere la Religione come essi credevano; si sono sgretolati essi contro questa pietra. Ma non hanno infranto la pietra sulla quale Gesù-Cristo ha costruito la sua Chiesa e che dovrà durare fino al chiudersi dei secoli. Dove sono ora questi poveri empi? Ahimè! Nell’inferno, ove piangono la loro infelicità e quella di tutti coloro che hanno trascinato con sé. Nulla diciamo ancora, fratelli miei, di questi ultimi empi che, senza mostrarsi apertamente nemici della Religione, soltanto perché praticano ancora alcuna parte esterna, e che malgrado questo, li ascoltate di tanto in tanto escono in piccole facezie, per causa di esempio, sulla virtù e o la pietà di coloro che non hanno il coraggio d’imitare. Ditemi, amico mio, che vi ha fatto questa Religione che avete ricevuto dai vostri avi che l’hanno praticata sì fedelmente sotto i vostri occhi, che tante volte vi hanno detto che essa solo poteva fare la felicità dell’uomo sulla terra e che, abbandonandola non potremmo essere che infelici? E dove pensate, amico mio, che la vostra piccola empietà vi condurrà? Ahimè! Amico mio, all’inferno, per piangere il vostro accecamento. Nulla diciamo ancora di quei Cristiani che non sono Cristiani che di nome; che fanno il loro dovere di Cristiani in un modo sì stomachevole che vi farebbero morire di compassione. Vedetene uno, nel tempo della sua preghiera fatta con noia, dissipazione, senza rispetto. Vedete là in chiesa senza devozione: l’Officio comincia sempre troppo presto e finisce sempre troppo tardi; il sacerdote non ancora è disceso dall’altare che essi sono già fuori. Non bisogna parlar loro della frequenza dei Sacramenti; se talvolta vi si accostano, è con una certa indifferenza che rivela che essi non comprendono affatto quel che fanno. Tutto ciò che ha riferenza con il servizio di Dio è fatto con disgusto spaventoso. DIO mio, quante anime perdute per l’eternità! O DIO mio! Quanto piccolo è il numero di coloro che entreranno nel regno dei cieli, perché ce n’è così pochi che fanno quel che devono per meritarlo. – Ma, voi direte ora: chi sono dunque coloro che si rendono colpevoli di rispetto umano? Fratelli miei, ascoltatemi un istante e lo saprete. Innanzitutto vi dirò con San Bernardo, che da qualsiasi lato consideriamo il rispetto umano, che è la vergogna di compiere i propri doveri di Religione a causa del mondo, tutto ce ne dimostra il disprezzo di Dio e delle sue grazie e l’accecamento dell’anima. Io dico in primo luogo, fratelli miei, che la vergogna di operare il bene, per il timore di essere disprezzati o scherniti da parte di qualche empio sciagurato, o da qualche ignorante, è un disprezzo orribile che facciamo della presenza del buon DIO, davanti al quale noi siamo, e che potrebbe subito gettarci all’inferno. Perché, fratelli miei, questo cattivi Cristiani vi scherniscono e gettano in ridicolo la vostra devozione? Ahimè! Fratelli miei, eccone la vera ragione: è che non avendo la forza di fare ciò che voi fate, vi prendono di mira perché risvegliate i rimorsi della loro coscienza; ma siate ben sicuri che nel cuore, essi non vi disprezzano, all’opposto vi stimano molto. Se essi hanno da prendere un buon consiglio, o domandare una grazia presso il buon DIO, non è a coloro che tengono la loro stessa condotta che faranno ricorso, ma a coloro che hanno schernito, almeno a parole. Voi avete vergogna, amico mio, di servire il buon DIO temendo di essere sprezzato? Ma, amico mio, rimirate dunque Colui che è morto appeso a questa croce, domandategli dunque se Egli ha avuto vergogna di essere disprezzato, e di morire in modo ignominioso su questa croce infame. Ah! ingrati che non siamo altri versi DIO, che sembra trovare la sua gloria nel rendere pubblico di secolo in secolo che Egli ci sceglie come suoi figli. O DIO mio! Quanto l’uomo è cieco e spregevole di temere un miserabile “che cosa si dirà”, e non temere di offendere DIO, sì buono. In secondo luogo, io dico che il rispetto umano ci fa disprezzare tutte le grazie che il buon DIO ci ha meritate con la sua morte e la sua passione. Si, fratelli miei, con il rispetto umano, noi annientiamo tutte le grazie che il buon DIO ci aveva destinate per salvarci. Oh! Maledetto rispetto umano, quante anime precipiti all’inferno! In terzo luogo: io dico che il rispetto umano dimostra il più deplorevole accecamento. Ahimè! non poniamo mente a quello che perdiamo! Fratelli miei, qual disgrazia per noi! Noi perdiamo il nostro DIO, che nulla può tenergli luogo. Noi perdiamo il cielo con tutti i suoi beni ed i suoi piaceri! Ma un’altra disgrazia è che noi prendiamo il demonio per nostro padre, e l’inferno con tutti i suoi tormenti come nostra eredità e nostra ricompensa. Noi cangiamo le nostre dolcezze e le nostre gioie eterne nei patimenti e nelle lacrime. Ah! amico mio, a cosa pensate? Quali non saranno i vostri rimorsi per l’eternità! Ah! mio DIO, vi si può pensare e vivere ancora come schiavi del mondo? – È vero, mi direte voi, che colui che teme il mondo per compiere i suoi doveri di Religione è ben infelice, poiché il buon DIO ci dice che colui che avrà vergogna di servirlo davanti agli uomini, non vorrà Egli riconoscerlo davanti a suo Padre nel giorno del giudizio. – Ma DIO mio, temere il mondo, perché dunque? Poiché noi sappiamo che bisogna assolutamente essere disprezzati dal mondo per piacere a DIO. Se  voi temevate il mondo, non occorreva diventare Cristiano. Voi sapete bene che sulle fonti sacre del Battesimo, avete prestato giuramento alla presenza di Gesù-Cristo medesimo, che rinunciavate al demonio e al mondo; che vi sareste impegnato a seguire Gesù-Cristo portando la sua croce, caricato di obbrobri e disprezzo. Se temevate il mondo ebbene! Rinunciate al vostro Battesimo e datevi a questo mondo che voi tanto temete di dispiacere. – Ma, voi mi direte, quand’è che agiamo per rispetto umano? Amico mio, ascoltatemi bene. È il giorno che siete stato alla fiera, o in una locanda in cui si mangiava carne in un giorno proibito e che vi si pregò di mangiare; voi accontentandovi di abbassare gli occhi e di arrossire, invece di dire che eravate Cristiano, che la Religione vi proibiva di mangiarla, voi ne avete mangiato come gli altri, dicendo: se  non faccio come gli altri, sarò dileggiato. – Sarete dileggiato, amico mio. Ah! certamente è un danno! Ah! mi direte, io farò peggio diventando la causa di tutti i cattivi discorsi che si diranno contro la Religione, che non ne farei mangiando della carne. Ditemi, amico mio, voi commettereste un male più grande? Se i martiri avessero temuto tutte queste bestemmie, tutti questi giuramenti, avrebbero rinunciato tutti alla loro Religione? È tanto peggio per coloro che operano il male. Ahimè!, fratelli miei, diciamo meglio, non è già abbastanza che altri disgraziati abbiano crocifisso Gesù-Cristo con la loro vita cattiva; occorre ancora che voi vi uniate ad essi per far soffrire Gesù-Cristo ancor di più? Voi temete di essere schernito? – Ah! Infelici, guardate Gesù-Cristo sulla croce e vedete ciò che ha fatto per voi. – Voi non sapete quando avete rinnegato Gesù-Cristo? È un giorno in cui, stando con due o tre persone, sembrava che non aveste mani, e che non sapevate fare il segno della croce, e stavate osservando se vi erano occhi su di voi e vi siete contentato di dire il vostro “Benedicite”, o l’Agimus nel vostro cuore, o che vi siete recati in un angolo per dirli. È quando, passando davanti ad una croce, faceste finta di non vederla o diceste che non è per noi che è morto il buon DIO. – Non sapete dunque quando avete avuto il rispetto umano? Fu un giorno in cui, trovandovi in una società, ove si pronunciavano parole turpi contro la santa virtù della purezza, o contro la Religione, voi non osaste riprendere quelle persone, e peggio, per il timore di essere dileggiato, avete sorriso. Ma, voi mi direte, … a ciò si è costretti, altrimenti saremmo fatti segno agli scherni. Voi, amico mio, temete di essere schernito? Fu pure questo timore che portò San Pietro a rinnegare il suo divin Maestro; ma la paura non impedì che commettesse un grave peccato, che egli pianse per tutta la vita. – Voi non sapete quando avete avuto il rispetto umano? È il giorno in cui il buon DIO vi ha dato il pensiero di andarvi a confessare i vostri peccati, sentivate di averne molto bisogno, ma pensaste che si getterebbe il ridicolo sopra di voi, e che sareste stato trattato da devoto. Un’altra volta vi cadde vi cadde in pensiero di recarvi ad assistere alla santa Messa fra la settimana, e che potevate farlo; voi avete detto in voi stessi che si getterebbe il ridicolo sopra di voi e si direbbe:  È buona cosa per coloro che non hanno nulla da fare, per coloro che hanno con che vivere colle loro rendite. – Quante volte questo maledetto rispetto umano vi ha impedito di assistere al Catechismo, alla preghiera della sera? Quante volte, stando a casa a far qualche preghiera o qualche lettura di pietà, vi siete nascosto vedendo venire qualcuno! Quante volte il rispetto umano vi ha fatto violare la legge del digiuno o dell’astinenza non osando dire che voi digiunavate, o non mangiavate di grasso? Quante volte non avete osato dire il vostro Angelus davanti a tutti, o vi siete accontentati i dirlo nel vostro cuore, o siete usciti a recitarlo in luogo appartato? quante volte non avete fatto le preghiere al mattino o alla sera, perché vi siete trovati con persone che non le recitavano; e tutto questo per timore di essere derisi. Andate, poveri schiavi del mondo, raggiungete l’inferno nel quale sarete precipitati; voi avrete tutti il tempo di rimpiangere il bene che il mondo vi ha impedito di operare. Ah! mio DIO, quale triste vita conduce chi vuol piacere al mondo ed al buon DIO! No, amico mio, voi vi ingannate, oltre che a vivere sempre infelici, voi non giungerete mai al punto di piacere al mondo e al buon DIO; questo vi è impossibile come il mettere fine all’eternità. Ecco il consiglio che voglio darvi e così sarete meno infelici: o vi date tutto a DIO, o tutto al mondo; non cercate, non seguite che un solo maestro, ed una volta al suo seguito, non lo lasciate. Voi non vi ricordate ciò che Gesù-Cristo vi ha detto nel Vangelo? voi non potete servire DIO e il mondo con i suoi piaceri, e Gesù-Cristo con la sua croce. Non è vero che amerete di appartenere ora a DIO, ed ora al mondo? Parliamo più francamente: sarebbe necessario che la vostra coscienza, che il vostro cuore vi permettesse di sedervi al mattino alla santa tavola, e la sera di prender parte alla danza; una parte del giorno passarla in chiesa ed il resto frequentare le bettole e darsi ai giuochi; un momento parlare del buon DIO ed un altro uscire in parole turpi, o in calunnie contro il prossimo; una volta far del bene al vostro vicino, ed in un altro momento recargli ingiuria; in altre parole, che coi buoni opererete il bene, parlerete del buon DIO, con i malvagi, commetterete il male! – Ah! fratelli miei, quanto male ci fa commettere la compagnia dei malvagi! Quanti peccati eviteremmo se avessimo la sorte di fuggire le persone senza Religione. San Agostino scrive, che essendosi trovato diverse volte con dei malvagi, aveva vergogna nel non avere tanta malizia quanto loro, e perché non essere biasimato, diceva anche il male che non aveva fatto. (Conf. lib. II, c. II, 7). Poveri ciechi! Quanto siete da compiangere! Qual triste vita!… oh! Maledetto rispetto umano che trascini tante anime nell’inferno. Oh! di quanti e quanti crimini sei la causa. Ah! qual grande disprezzo facciamo delle grazie che il buon DIO vuole concederci per salvarci. Ahimè! quanti che hanno cominciato la loro riprovazione col rispetto umano, perché a grado che hanno disprezzato le grazie che il buon DIO voleva loro concedere, la fede si è estinta in essi, a poco a poco hanno sentito meno la grandezza del peccato, la perdita del cielo, gli oltraggi che facevano a DIO con il peccato. Essi sono finiti per cadere in paralisi, vale a dire che essi non hanno riconosciuto lo stato miserando della loro povera anima; essi restano nel peccato e il maggior numero vi perisce. – Noi leggiamo nel Vangelo che Gesù-Cristo, nelle sue missioni, colmava di ogni sorta di grazie i luoghi pei quali passava. A volte c’era un cieco al quale ridonava la vista; a volte c’erano dei sordi che Egli faceva ascoltare: ora c’è un lebbroso che guarisce, là è un morto al quale rende la vita. tuttavia vediamo che pochi sono quelli che rendono pubblici i benefici che ricevono, essi lo fanno solo nel momento in cui sono ai piedi di Gesù-Cristo. E donde proviene questo, fratelli miei? Essi temevano i Giudei, perché bisognava essere nemici o dei Giudei, o di Gesù-Cristo; quando stavano dietro a Gesù-Cristo essi lo riconoscevano, e quando erano con i Giudei, sembravano approvarli con il loro silenzio. Ecco precisamente ciò che facciamo noi; quando siamo soli, noi riflettiamo sui benefici ricevuti dal buon DIO, e non possiamo impedirci di testimoniargli la nostra riconoscenza d’essere nati Cristiani, di essere stati confermati; ma quando siamo con i libertini, sembriamo essere dei loro sentimenti applaudendo con i nostri sorrisi o il nostro silenzio, la loro empietà. Oh! Qual indegna preferenza, esclama San Massimo; ah! maledetto rispetto umano quante anime trascini all’inferno! Ahimè! fratelli miei, qual tormento non proverà una persona che vuol piacere e vivere in tal modo, come ne abbiamo un bell’esempio nel Vangelo. Noi vi leggiamo che il re Erode s’era invaghito, per amor profano, di Erodiade. Questa barbara cortigiana aveva una figlia che danzò davanti a lui con tanta grazia, che egli le promise la metà del suo regno. Ma l’infelice si guardò bene dal chiedergliela, ciò non bastava; essendo ella andata da sua madre a prender consiglio su cosa dovesse chiedere al re, la madre, più infame della figlia, le presentò un piatto: « Va, le disse, a chiedere al re che metta su questo piatto la testa di Giovanni Battista affinché tu me la porti; » e questo perché San Giovanni le rimproverava la sua vita cattiva. Il re, a questa domanda, fu preso da spavento, perché da un canto stimava Giovanni-Battista e gli spiaceva la morte di un uomo che era così degno di vivere. Cosa farà egli? Qual partito abbraccerà? Ah! sciagurato rispetto umano, cosa stai per fare? Il re non vorrebbe far morire San Giovanni-Battista; ma d’altro canto, egli teme che si rida di lui, poiché essendo re, non tenga la parola data. Andate, disse questo re infelice ad un carnefice, andate a tagliare la testa di San Giovanni Battista, io preferisco piuttosto lasciar gridare la mia coscienza che lasciar che si rida di me! Ma quale orrore! Quando comparve la testa nella sala, i suoi occhi e la sua bocca, benché chiusi, sembrano rimproverargli il suo crimine, e minacciarlo dei castighi più terribili. A questo spettacolo, egli fremette ed impallidì. Ahimè! quanto è  da compiangere colui che si lascia guidare dal rispetto umano. – È ancor vero che il rispetto umano non ci impedisce sempre di compiere delle buone opere. Ma quante buone opere delle quali il rispetto umano ci fa perdere il merito. Quante buone opere non faremmo se non sperassimo di esserne lodati e stimati dal mondo! Quante persone che non vengono in chiesa se non per rispetto umano, pensando che, dal momento che di una persona che non pratichi più la religione, almeno esternamente, non si ha più confidenza in essa, e si dice: Dove non c’è Religione, non c’è coscienza. Quante madri che sembrano aver cura dei loro figli solo per essere stimate agli occhi del mondo! Quanti si riconciliano con i loro nemici perché temono che si perda la buona stima che si ha di essi! Quante persone non sarebbero così buone se non sapessero di essere lodate dal mondo. Quanti sono più riservati nelle loro parola e più modesti nella chiesa a causa del mondo! Oh! sciagurato rispetto umano, quante buone opere mandi a male che condurrebbero tanti Cristiani in cielo e che non faranno che spingerle nell’inferno. Ma – voi mi direte – torna molto difficile condursi in modo che il mondo non si immischi in tutto ciò che si fa. Ma, fratelli miei, noi non aspettiamo la nostra ricompensa dal mondo, ma solo da DIO: se siamo lodati, io so bene di non meritarlo, essendo peccatore; se mi si disprezza non c’è nulla di straordinario per un peccatori come noi che abbiamo tante volte disprezzato il buon DIO con i nostri peccati; noi non meritiamo miglio trattamento. Non ci ha forse detto Gesù-Cristo: beati coloro che saranno disprezzati e perseguitati! E tuttavia, chi sono coloro che vi disprezzano? Ahimè! Alcuni poveri peccatori che non hanno il coraggio di fare ciò he voi fate, che per nascondere un poco la loro vergogna, vorrebbero che foste come loro; è un povero cieco che, lungi dal disprezzarvi, dovrebbe trascorrere la sua vita a piangere la propria sventura. I suoi scherni vi dimostrano quanto è da compiangere o degno di compassione. Egli fa come un uomo che ha perduto lo spirito, che corre per le foreste, si rotola a terra, gettandosi nei precipizi e gridando a tutti quelli che lo vedono di imitarlo; egli ha un bel gridare, … lasciatelo fare, e compiangetelo, perché non conosce la sua disgrazia. Ugualmente, fratelli miei, lasciamo questi poveri sventurati gridare e insultare i buoni Cristiani; lasciate gli insensati nella loro demenza; lasciamo i ciechi nelle loro tenebre; ascoltiamo le grida e le urla dei riprovati; ma nulla temiamo; seguiamo la nostra strada; essi si fanno molto male, senza punto farcene, compiangiamoli e non ci curiamo di loro. – Sapete voi perché vi dileggiano? Perché vedono che li temete e che un nulla vi fa arrossire. Non è la vostra pietà che insultano, ma soltanto la vostra incostanza e la vostra viltà nel seguire il vostro Capo. Guardate la gente del mondo: con quale audacia seguono il loro capo; non si fanno gloria di essere libertini, ubriaconi, vendicativi, furbi? Guardate un impudico, teme forse di vomitare le sue parole sconce davanti al mondo? E questo perché? Fratelli miei, è perché sono costretti a seguire il loro maestro che è il mondo; essi non pensano e non cercano che di piacergli; hanno un bel soffrire, nulla li può arrestare. Ecco, fratelli miei, ciò che voi fareste se vorreste condurvi allo stesso modo. Voi non temereste né il mondo né il demonio; voi non cerchereste e non vorreste se non ciò che potrebbe piacere al vostro padrone che è DIO stesso. Convenite con me, che i mondani sono molto più costanti nei loro sacrifici che fanno per compiacere al loro padrone, che è il mondo, di noi nel fare ciò che dobbiamo fare per piacere al nostro padrone, che è il nostro DIO.

II. – Ma, ora, ricominciamo in altro modo. Ditemi, amico mio, perché voi insultate coloro che fanno professione di pietà? O, perché, meglio comprendiate, coloro che fanno preghiere più lunghe delle vostre, che frequentano più spesso i Sacramenti di quanto non lo facciate voi e che fuggono gli applausi del mondo? Di tre cose l’una, fratelli miei, o guardate queste persone come degli ipocriti, o voi insultate la pietà stessa, o infine siete pieni di rabbia per il fatto che essi valgono più di voi.

per trattarli come ipocriti bisogna che voi abbiate letto nel loro cuore, e che non vi siate perfettamente convinti che tutta la loro devozione sia falsa. Eh che! Fratelli miei, non sembra naturale che quando vediamo fare qualche buona opera da qualcuno, noi pensiamo che il loro cuore è buono e sincero? Secondo questo, vedete quanto il vostro linguaggio ed il vostro giudizio siano ridicoli. Voi vedete un buon esterno nel vostro vicino, e dite e pensate che la sua interiorità non valga nulla. Ecco, si dice, del buon frutto; certamente l’albero che lo porta è di buona specie, e voi ben lo giudicate. E se si tratta di giudicare delle persone dabbene, voi direte tutto il contrario: ecco del buon frutto; ma l’albero che lo porta non vale nulla! No, fratelli miei, no, voi non siete né ciechi, né insensati se ragionate in tal modo.

In secondo luogo, noi diciamo che voi schernite la pietà stessa: io mi inganno; voi non insultate questa persona perché prega più a lungo o più spesso e con rispetto: no, non è per questo, perché anche voi pregate (almeno se non lo fate mancate ad uno dei vostri primi doveri). È forse perché frequenta i Sacramenti? Ma voi non siete venuti fino a questo giorno senza avvicinarvi ai Sacramenti, voi foste veduti al tribunale della penitenza, foste veduti assidervi alla sacra mensa. Voi non disprezzate dunque questa persona perché adempie meglio di voi i suoi doveri di religione; essendo perfettamente convinti del pericolo in cui siamo di perderci, e di conseguenza del bisogno che abbiamo di fare ricorso alla preghiera ed ai Sacramenti per perseverare nella grazia del buon DIO, perché dopo questo mondo non vi è più altro mezzo: bene o male bisognerà restarci per tutta l’eternità.

No, fratelli miei, non è tutto questo che ci molesta nella persona del nostro vicino: il fatto è che, non avendo il coraggio di imitarlo, non vorremmo avere l’onta della nostra viltà, ma vorremmo trascinarlo nei nostri disordini o nella nostra vita indifferente. Quante volte ci diciamo: a che servono tutte queste litanie, a che serve stare tanto in chiesa, andarvi così presto, ed il resto? Ahimè! fratelli miei, il fatto è che la vita delle persone di pietà che sono serie, è la condanna della nostra vita fiacca ed indifferente. È molto facile capire che la loro umiltà ed il disprezzo che hanno di se stesse, condanni la vostra vita orgogliosa, che non vuole soffrire nulla, che vorrebbe che tutti ci amassero e ci lodassero; non c’è dubbio che la loro dolcezza e la loro bontà per tutti, fa onta ai nostri trasporti ed alle nostre collere; è ben vero che la loro modestia, la loro riserva in tutti i loro portamenti condanna la nostra vita mondana e piena di scandali. Non è forse solo questo che ci tormenta nella persona del nostro prossimo? Non è questo che ci ferisce, quando sentiamo dire del bene delle altre persone di cui si narrano le buone azioni? Sì, senza dubbio la loro devozione, il loro rispetto per la Chiesa ci condanna e fa ombra alla nostra vita tutta leggera ed alla nostra indifferenza per la nostra salvezza. Come siamo naturalmente portati a scusare negli altri i difetti che abbiamo noi stessi, ugualmente siamo sempre portati a disapprovare negli altri le virtù che non abbiamo il coraggio di praticare: è quello che vediamo ogni giorno. Un libertino è contento di trovare un libertino che lo applaudirà nei suoi disordini; ben lungi dal distoglierlo, lo incoraggia piuttosto. Un vendicativo si rallegrerà di essere con un altro vendicativo per consultarsi insieme alfine di trovare il mezzo di vendicarsi dei loro nemici. Ma mettete una persona saggia con un libertino, una persona che è sempre pronta a perdonare con un vendicativo: tosto vedrete i malvagi scatenarsi contro i buoni. E questo perché? Fratelli miei, se non perché non avendo la forza di fare ciò che essi fanno, vorrebbero poterli trascinare dalla loro parte, affinché la loro vita santa non sia una censura continua per la loro. Ma se volete bramaste di comprendere l’accecamento di coloro che dileggiano le persone che meglio di loro adempiono ai doveri del Cristiano, ascoltatemi un istante. – Cosa direste di una persona povera che porta invidia a un ricco, se questo povero non è ricco perché non lo vuole? Non gli direste: amico mio, perché dite male di quella persona perché è ricca? Spetta a voi di esserlo, ed anche straricco se lo bramate. Allo stesso modo, fratelli miei, perché siamo portati a criticare coloro che sono più saggi? Essi non negano a noi di esserlo ed anche di più, se lo desideriamo. Coloro che praticano la religione, e che ci vanno innanzi, non ci impediscono di essere saggi, ed anche più saggi se lo vigliamo. – Io dico dunque che sono coloro che non hanno religione che disprezzano quelli che la professano …; io non mi inganno, non li disprezzano, fanno solamente sembiante di disprezzarli, perché nel fondo del loro cuore essi sono pieni di stima per essi; ne volete una prova? Eccola. Presso chi va una persona, anche senza pietà, per trovare qualche consolazione nelle sue pene, o qualche raddolcimento nei propri dolori o nelle proprie sofferenze? Credete voi che si recherà da un’altra persona senza religione come ella? No, amico mio, no. Ella sa bene che una persona senza religione non può consolarla, né dare buoni consigli. Ma ella andrà pure a trovare persone che un tempo ha dileggiato. Ella è molto ben convinta che non c’è persona saggia e timorosa di DIO, che non possa consolarla e lenire un po’ le sue pene. In effetti, fratelli miei, quanto volte noi, sopraffatti dall’affanno o da qualche altra miseria, ci siamo recati a trovare qualche persona savia, e dopo un quarto ora di conversazione ci siamo sentiti tutti cambiati e ci siamo ritirati dicendo: coloro che amano il buon DIO sono felici come anche coloro che gli sono intorno. Io mi desolavo, non facevo che piangere, mi disperavo. In un istante in cui sono stato con questa persona, mi sono sentito consolato. È vero tutto ciò che mi ha detto, che il buon DIO mi aveva permesso questo per il mio bene, e che tutti i Santi e le Sante avevano sofferto più di me, e che giovava assai più patire in questo mondo che nell’altro. E concludemmo col dire: se avrò qualche pena, presto vi tornerò per consolarmi. Oh! bella Religione, quanto coloro che seriamente vi praticano, sono felici, e quanto le dolcezze e le consolazioni che ci procura sono grandi e preziose! … – Ebbene! Fratelli miei, voi dunque vedete che schernite coloro che non lo meritano; voi dovete invece ringraziare infinitamente il buon DIO di avere tra voi qualche buona anima che sappia placare la collera di DIO, senza di che noi saremmo oppressi dalla sua giustizia. Ma, a ben considerare, ad una persona che fa bene le sue preghiere, che non cerca che di piacere a DIO, che ama rendere servizio al prossimo, che sa dare perfino il suo necessario per aiutarlo, che perdona volentieri a coloro che gli fanno ingiuria, non potete dire che fa del male, al contrario. Ella non è che ben degna di essere lodata e stimata dal mondo. È tuttavia questa persona che voi straziate; forse che non pensavate a ciò che dicevate? È ben vero, voi riflettete in voi medesimo; ella è più felice di noi. Amico mio, ascoltatemi ed io vi dirò ciò che dovrete fare: ben lontano dal colpevolizzarli, voi dovreste fare ogni sforzo per imitarli; unirvi ogni mattino alle loro preghiere ed a tutte le opere che fanno durante la giornata. Ma – direte – per fare ciò che esse fanno, c’è da farsi troppo violenza e troppi sacrifici da imporsi. Non tanti quanto voi dite! … è così malagevole recitare bene le vostre preghiere il mattino e la sera? È tanto difficile ascoltare la parola di DIO con rispetto, chiedendo al buon DIO la grazia di profittarne? È così difficile non uscir fuori durante le istruzioni? Non lavorare il santo giorno della Domenica? Non mangiare la carne nei giorni proibiti? E disprezzare i mondani che vogliono assolutamente perdersi? Se temete che vi manchi il coraggio, portate i vostri sguardi sulla Croce ove Gesù-Cristo è morto, e vedrete che non vi mancherà il coraggio. Vedete queste folle di martiri che hanno sofferto tutto ciò che non potrete mai comprendere, per timore di perdere le loro anime. Sono essi ora spiacenti, fratelli miei, di aver disprezzato il mondo ed i suoi “cosa si dirà”? Concludiamo, fratelli miei, dicendo quanto poche persone ci sono che servono veramente il buon DIO. Gli uni cercano di distruggere la Religione, se potessero, con la forza delle armi, come facevano i re e gli imperatori pagani; gli altri con le loro grida empie vogliono avvilirla e farla perdere se potessero; altri la dileggiano in coloro che la praticano,, ed infine altri vorrebbero praticarla, ma hanno paura di farlo davanti al mondo. Ahimè, fratelli miei, quanto piccolo è il numero di quelli che sono fatti per il cielo poiché sono i soli che combattono vigorosamente il demonio e le loro inclinazioni, e che disprezzano il mondo con tutte i suoi scherni! Perché noi, non aspettiamo la nostra ricompensa e la nostra felicità che da DIO solo, perché amare il mondo che noi abbiamo promesso con giuramento di odiare e disprezzare per non seguire che Gesù-Cristo, portando la sua croce tutti i giorni della nostra vita? Avventurato colui, fratelli miei, che non cerca che DIO solo e disprezza tutto il resto! È la felicità che vi auguro … 

DOMENICA I DI AVVENTO (2020)

DOMENICA I DI AVVENTO (2020)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B.; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Stazione a S. Maria Maggiore.

Semid. Dom. privil. di I cL. – Paramenti violacei.

A Natale Gesù nascerà nelle nostre anime, perché allora si celebrerà l’anniversario della sua nascita e alla domanda della Chiesa sua Sposa, alla quale non rifiuta nulla, accorderà alle nostre anime le stesse grazie che ai pastori e ai re magi. Cristo tornerà cosi alla fine del mondo per « condannare i colpevoli alle fiamme e per invitare con voce amica i buoni in cielo » (Inno Matt..). Tutta la Messa di questo giorno ci prepara a questo doppio Avvento (Adventus) di misericordia e di giustizia.

Alcune parti si riferiscono indifferentemente all’uno e all’altro (Intr. Oraz. Grad. All.), altre fanno allusione alla umile nascita del nostro Divin Redentore, (Comm. Postcomm.). Altre, infine, parlano della sua venuta come Re in tutto lo splendore della sua potenza e della sua maestà (Ep., Vang.). L’accoglienza che noi facciamo a Gesù quando viene a redimerci, sarà quella ch’Egli ci farà quando verrà a giudicarci. Prepariamoci dunque, con sante aspirazioni e col mutamento della nostra vita alle feste di Natale, per essere pronti all’ultimo tribunale, dal quale dipenderà la sorte della nostra anima per l’eternità. Abbiamo fiducia, perché « quelli che aspettano Gesù non saranno confusi » (Intr. Grad. Off.). – Nella basilica di S. Maria Maggiore tutto il popolo di Roma un tempo si intratteneva in questa la Domenica di Avvento, per assistere alla Messa solenne che celebrava il Papa, assistito dal suo clero. Si sceglieva questa chiesa, perché è Maria che ci ha dato Gesù e poiché in questa chiesa si conservano le reliquia della mangiatoia nella quale la Madre benedetta adagiò il suo Figlio divino.

Incipit

In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXIV: 1-3.
Ad te levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur.

[A Te ho innalzato l’ànima mia: Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché quelli che confidano in Te non saranno confusi.]


Ps XXIV: 4
Vias tuas, Dómine, demónstra mihi: et sémitas tuas édoce me.

[Mostrami le tue vie, o Signore, e insegnami i tuoi sentieri.]

Ad te levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur.

[A Te ho innalzato l’ànima mia: Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché quelli che confidano in Te non saranno confusi.]

Oratio

Orémus.
Excita, quǽsumus, Dómine, poténtiam tuam, et veni: ut ab imminéntibus peccatórum nostrórum perículis, te mereámur protegénte éripi, te liberánte salvári:

[Súscita, o Signore, Te ne preghiamo, la tua potenza, e vieni: affinché dai pericoli che ci incombono per i nostri peccati, possiamo essere sottratti dalla tua protezione e salvati dalla tua mano liberatrice.]

Lectio

Lectio Epístolæ beati Pauli Apostoli ad Romános Rom XIII: 11-14.

“Fratres: Scientes, quia hora est jam nos de somno súrgere. Nunc enim própior est nostra salus, quam cum credídimus. Nox præcéssit, dies autem appropinquávit. Abjiciámus ergo ópera tenebrárum, et induámur arma lucis. Sicut in die honéste ambulémus: non in comessatiónibus et ebrietátibus, non in cubílibus et impudicítiis, non in contentióne et æmulatióne: sed induímini Dóminum Jesum Christum” .

 “È già ora che ci svegliamo dal sonno, perché al presente la salute è più vicina che quando credemmo. La notte è avanzata e il giorno è vicino: gettiam via le opere delle tenebre e vestiamo le armi della luce. Camminiamo con decoro, come chi cammina alla luce del giorno; non in crapule e in ubriachezze, non sotto coltri ed in lascivie, non nelle contese e nell’invidia; ma rivestite il Signore Gesù Cristo e non accarezzate la carne per concupiscenza „ (Ai Rom. XIII, 11-14).

S. Paolo, dopo avere spiegato in questa ammirabile lettera i principali doveri del Cristianesimo, eccita i Romani a praticar la virtù, rammentando loro la breve durata di una vita che tanti uomini passano in un tristo assopimento. Gli esorta ad uscirne, perché il tempo stringe, ed il momento definitivo della nostra salute non è molto lontano. – Che cosa si intende qui per l’assopimento, per la notte ed il giorno, e per le opere delle tenebre?

Per assopimento s’intende quella funesta tiepidezza che fa trascurare a tanti Cristiani ogni mezzo di salute. Ah! di quanti noi possiamo dire che la morte sarà il loro risvegliarsi! Per la notte s’intende il peccato, che immerge l’anima nelle tenebre allontanando da Dio, che è il vero lume; per il giorno, s’intende la fede, la grazia, la riconciliazione con Dio, la scienza della salute. Le opere delle tenebre sono i peccati in generale, ed in particolare quelli che si commettono nell’oscurità della notte da chi l’aspetta per abbandonarsi al male. – Quali sono le  armi della luce, delle quali dobbiamo rivestirci? Sono la fede, la speranza e la carità, e in generale tutte le buone opere. Noi combatteremo per esse il demonio, il mondo e la carne.

Che significa camminare nella decenza come durante il giorno?

Significa il non fare e non dire alla presenza di Dio. che vede e sente tutto, nulla di ciò che non si osa fare o dire in presenza delle persone che più si rispettano.

Che vuol dire rivestirsi di Gesù Cristo?

Vuol dire pensare, parlare ed operar come Gesù Cristo.

Aspirazione: O mio divino Gesù! fate che la penitenza mi tolga dal sonno del peccato; la pratica delle buone opere mi faccia camminare alla luce delle vostre grazie, e l’imitazione delle vostre virtù mi rivesta di Voi stesso, che dovete essere l’ornamento dell’anima mia.

[P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.]

(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)

SCUOTIAMOCI.

La nostra vita di Cristiani oscilla tra un grande ricordo e una grande, immensa speranza. Non aspettiamo più nulla e aspettiamo ancora tutto. Non abbiamo l’attesa degli ebrei, i quali, come è noto, aspettano ancora la grande manifestazione di Dio; aspettano il Messia. Egli per noi è venuto. Ma Egli deve ritornare. È venuto… deve tornare; qui è il ritmo della nostra vita cristiana. – Fede nel Venuto, attesa nel Venturo. Qualcuno ha parlato dell’attesa come di uno stato psicologico proprio dei primi Cristiani. E certo essi cantavano all’indirizzo di Gesù, il Salvatore: tornerà a giudicare i vivi ed i morti. Ma lo cantiamo anche noi con la stessa tonalità interiore. Non con tristezza, con gioia, non con terrore, con fiducia. L’annuncio di questo ritorno è fatto in forma e con tono d’invocazione: Signore, vieni! La stagione ecclesiastica, (c’è un anno ecclesiastico come c’è un anno meteorologico, quello per gli spiriti, questo per i corpi), dell’avvento è l’espressione concreta, sociale, liturgica dei due sentimenti. Noi ricordiamo il primo Avvento del Cristo, riconoscenti. Lo diciamo, lo ripetiamo, lo cantiamo: è venuto. Dopo secoli di ripetute promesse, di attesa angosciosa, è venuto. E una gran gioia si diffonde nelle nostre anime… Il terreno religioso è solido sotto i nostri piedi. Le promesse di Dio non falliscono. La parola di Lui non torna indietro vuota mai. Ecco perché siamo sicuri che tornerà. La seconda promessa si adempierà come la prima si è adempiuta. Come è venuto il Salvatore, tornerà il Giudice. La sicurezza del ritorno si traduce in un’impressione di rapidità, di prontezza. Tanto più che il ritorno finale, universale, definitivo si confonde per ciascuno di noi con un ritorno parziale, individuale. Il Giudice torna quando noi gli andiamo incontro, colla morte… E allora l’attitudine è quella che la odierna epistola ci descrive d’accordo con la frase della parabola evangelica. Lo sposo è alle porte, torna, viene!… Pronti dunque a riceverlo! Sempre pronti! I veri sempre pronti siamo noi Cristiani. Sempre vigili. Fuori, nel mondo si dorme o si sonnecchia. Si fa il male, (notte, tenebre) o non si fa abbastanza alacremente il bene (sonnecchiare). In piedi, grida l’Apostolo ai dormienti e ai sonnecchianti. « Hora est jam nos de somno surgere. » E’ l’ora della sveglia, sempre… Non c’è un’ora: questa o quella: sempre desti perché lo sposo può arrivare da un momento all’altro. Tutte le ore sono buone per il  Suo ritorno. Bella e balda attitudine di temperanza e di operosità. Non fare il male mai, nessun male: fare il bene sempre, tutto il bene possibile, finché è giorno, finché dura la vita. Operare con chi ha coscienza della luce che gli brilla d’attorno. Il malfattore non lavora di giorno, la luce gli dà fastidio, la teme, gli dà noia. Il male si fa di notte. È da compatirsi se lo fa il pagano, per cui non è ancora spuntata la luce, non è venuto ancora il giorno. Non il Cristiano per cui il giorno della verità, della bontà è spuntato. Il programma negativo del non fare male, l’Apostolo lo svolge analiticamente: niente lussuria, niente piaceri illeciti, niente contese reciproche e miserabili invidie. Non la bestialità molle e non la bestialità violenta: nessuna delle due forme in un Cristiano. Ma di giorno l’uomo conscio del tempo che fa, conscio della luce che brilla non sta ozioso, pago a non far male di giorno lavora, utilizza il tempo, fa bene, fa il bene. Così noi Cristiani. La luce splende sul nostro capo, ci si irradia d’intorno, profittiamone per camminare, per progredire. Attizziamo il fuoco nella lampada con cui dovremo da un momento all’altro ricevere lo Sposo: versiamoci dentro l’olio pingue, l’olio abbondante delle opere buone, « Lumbi præcincti, lucernæ ardentes in manibus. » Che bella falange questi sempre pronti alla vita morale e religiosa! Questi intransigenti col male, questi incontentabili del bene! Falange in aumento continuo, mentre i giorni passano e le generazioni si succedono, e lo Sposo pare che tardi. In realtà i tempi maturano sempre. Il ritardo rafforza l’attesa; l’attesa più intensa nutre le operosità più febbrili. E la misura del bene voluta dalla Provvidenza di Dio nella storia dell’umanità si colma. Possiamo noi avere oggi la gioia di lavorare a questo colmarsi della misura, domani la gioia di vederla compiuta!

Graduale

Ps XXIV: 3; 4
Univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur, Dómine.

[Tutti quelli che Ti aspettano, o Signore, non saranno confusi].


V. Vias tuas, Dómine, notas fac mihi: et sémitas tuas édoce me.

[Mostrami le tue vie, o Signore, e insegnami i tuoi sentieri.]

Alleluja

Allelúja, allelúja.

Ps LXXXIV: 8. V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam: et salutáre tuum da nobis. Allelúja.

[Mostraci, o Signore, la tua misericordia: e dacci la tua salvezza. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum S. Lucam.

Luc XXI: 25-33.

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Erunt signa in sole et luna et stellis, et in terris pressúra géntium præ confusióne sónitus maris et flúctuum: arescéntibus homínibus præ timóre et exspectatióne, quæ supervénient univérso orbi: nam virtútes coelórum movebúntur. Et tunc vidébunt Fílium hóminis veniéntem in nube cum potestáte magna et majestáte. His autem fíeri incipiéntibus, respícite et leváte cápita vestra: quóniam appropínquat redémptio vestra. Et dixit illis similitúdinem: Vidéte ficúlneam et omnes árbores: cum prodúcunt jam ex se fructum, scitis, quóniam prope est æstas. Ita et vos, cum vidéritis hæc fíeri, scitóte, quóniam prope est regnum Dei. Amen, dico vobis, quia non præteríbit generátio hæc, donec ómnia fiant. Coelum et terra transíbunt: verba autem mea non transíbunt.

“In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: Vi saranno dei prodigi nel sole, nella luna e nelle stelle, e pel mondo le nazioni in costernazione per lo sbigottimento (causato) dal fiotto del mare e dell’onde: consumandosi gli uomini per la paura e per l’aspettazione di quanto sarà per accadere a tutto l’universo: imperocché le virtù de’ cieli saranno commosse. E allora vedranno il Figliuolo dell’uomo venire sopra una nuvola con potestà grande e maestà. Quando poi queste cose principieranno ad effettuarsi, mirate in su, e alzate le vostre teste; perché la redenzione vostra è vicina. E disse loro una similitudine: Osservate il fico e tutte le piante: quando queste hanno già buttato, sapete che la state è vicina. Così pure voi, quando vedrete queste cose succedere, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico, che non passerà questa generazione, fino a tanto che tutto si adempia. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”

Omelia

Sul giudizio finale.

[Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, curato d’Ars – Vol. I, 4° ed. Ed. Marietti, Torino-Roma, 1933]

Tunc videbunt Filium hominis venientem cum potestate magna et majestate.

(Allora vedranno venire il Figlio dell’uomo con grande potenza e maestà terribile, circondato dagli Angeli e dai Santi.)

Non è più, fratelli miei un DIO rivestito dalle nostre infermità, nascosto nell’oscurità di una povera stalla, adagiato in una mangiatoia, saziato di obbrobri, accasciato sotto il pesante fardello della croce; è un DIO rivestito da tutto lo splendore della sua potenza e della sua maestà, che fa annunziare la sua venuta dai prodigi più eclatanti, cioè dall’eclissi del sole, della luna, dalla caduta delle stelle e da un intero stravolgimento della natura. Non è più un Salvatore che viene con la dolcezza di un agnello, per essere giudicato dagli uomini e riscattarli: è un Giudice giustamente irritato, che giudica gli uomini con tutto il rigore della sua giustizia. Non è più un pastore caritatevole che viene a cercare le sue pecore disperse e perdonarle: è un DIO  vendicatore che viene a separare per sempre i peccatori dai giusti, caricare i malvagi della sua più terribile vendetta, e deliziare i giusti con un torrente di dolcezze. Momento terribile, momento spaventoso, quando giungerai? Momento doloroso, ahimè! Forse, in qualche mattino, noi ascolteremo i precursori di questo Giudice così terribile per i peccatori. O voi, peccatori, uscite dalla tomba dei vostri peccati, venite al tribunale di DIO, istruitevi sulla maniera in cui il peccatore sarà trattato. L’empio, in questo mondo, sembra voler disconoscere la potenza di DIO, vedendo i peccatori senza punizione; egli giunge fin’anche a dire: No, no, non c’è DIO, né inferno; oppure: DIO non bada a ciò che accade sulla terra. Ma aspettiamo il giudizio e, in questo grande giorno, DIO manifesterà la sua potenza e mostrerà a tutte le nazioni che ha visto tutto e contato tutto. Qual differenza, fratelli miei, con le meraviglie che operò creando il mondo! Che sgorghino le acque, fertilizzino la terra; e nello stesso istante, le acque copriranno la terra donandole la fertilità. Ma quando Egli verrà per distruggere il mondo, comanderà al mare di lasciare le sue rive con una impetuosità spaventosa che ingoierà tutto l’universo nel suo furore. Quando DIO creò il cielo, ordinò alle stelle di attaccarsi al firmamento. Alla sua voce, il sole rischiarò il giorno, e la luna presiedette alla notte. Ma in questo ultimo giorno, il sole si oscurerà, la luna e le stelle non daranno più luce. Tutti questi astri meravigliosi cadranno con uno spaventoso fracasso. Quale differenza, fratelli miei cari. DIO impiegò sei giorni nel creare il mondo; ma per distruggerlo, sarà sufficiente un battito d’occhio. Per creare l’universo e tutto ciò che esso racchiude, DIO non chiamò nessuno spettatore di tante meraviglie; ma nel distruggerlo, saranno presenti tutti i popoli, tutte le nazioni confesseranno che c’è un DIO e che Esso è potente. Venite, empi beffardi, venite, increduli raffinati, venite a conoscere se c’è un DIO, e se è onnipotente! O DIO mio! Il peccatore cambierà linguaggio in questo momento! Quanti rimpianti! Qual pentimento per aver tralasciato un tempo sì prezioso! Ma non c’è più tempo, tutto è finito per il peccatore, tutto è senza speranza! Oh! Quanto terribile sarà questo momento! San Luca ci dice che gli uomini si disseccheranno per la paura fin dalla punta dei piedi pensando ai dolori che saranno loro preparati. Ahimè, fratelli miei, si può disseccare per la paura e morire dallo spavento nell’attesa di un malore infinitamente meno grande di quello di cui è minacciato il peccatore e che certamente gli arriverà se continua a vivere nel peccato. In questo momento, fratelli miei, io mi dispongo a parlare del giudizio in cui noi compariremo tutti per rendere conto di tutto il bene ed il male che avremo fatto, per ricevere la nostra sentenza definitiva per il cielo o per l’inferno: se venisse un Angelo dal cielo ad annunciarvi da parte di DIO che tra ventiquattro ore tutto l’universo sarà ridotto in fuoco da una pioggia di fuoco e zolfo, e voi cominciaste ad avvertire i tuoni scuotenti, i furori delle tempeste abbattersi sulle vostre case, i fulmini talmente numerosi tanto da rendere l’universo un rogo ardente, e l’inferno vomitasse già tutti i suoi riprovati le cui urla e grida si possono ascoltare da tutti gli angoli del mondo; che il solo mezzo per evitare tutti questi malanni fosse lasciare il peccato e fare penitenza; intendereste voi, fratelli miei, tutti questi uomini senza versare un torrente di lacrime e gridare: misericordia! Non vi gettereste ai piedi degli altari per chiedere misericordia? O accecamento, o incomprensibile infelicità dell’uomo peccatore! I mali che il vostro pastore vi annuncia sono ancor più infinitamente spaventosi e degni di strappare le vostre lacrime, lacerare i vostri cuori. Ahimè! Queste verità così terribili diventeranno tante sentenze che stanno per pronunciare la vostra eterna condanna. Ma la più grande di ogni disgrazia, è che voi ne siete insensibili e continuate a vivere nel peccato e non riconosciate la vostra follia se non nel momento in cui non avrete più rimedio. Ancora un momento, e questo peccatore che viveva tranquillamente nel peccato, sarà giudicato e condannato; ancora un istante ed egli porterà questo rimpianto per l’eternità. Sì, fratelli miei, noi saremo giudicati, nulla di più certo; sì, noi saremo giudicati senza misericordia; sì noi rimpiangeremo eternamente l’aver peccato.    

I. — Noi leggiamo nella Sacra Scrittura, fratelli miei, che tutte le volte che DIO vuole inviare qualche flagello al mondo o alla sua Chiesa, Egli lo fa sempre precedere da qualche segno per cominciare a gettare il terrore nei cuori, e per portarlo a placare la sua giustizia. Volendo far perire l’universo con un diluvio, l’arca di Noè, che si impiegarono cento anni per costruirla, fu un segno per condurre gli uomini alla penitenza, cosicché tutti non dovessero perire. Lo storico Giuseppe ci dice che prima della distruzione della città di Gerusalemme, comparve per molto tempo una cometa in forma di falce che gettò nella costernazione il mondo. Ognuno diceva: Ahimè, cosa vuol dire questo segno? Forse qualche grande sventura che DIO vuole inviarci? La luna rimase otto giorni senza dare luce; le genti sembravano già non potessero vivere. Tutto ad un tratto comparve un uomo sconosciuto che per tre anni non faceva altro che gridare per le strade di Gerusalemme, giorno e notte: Guai a Gerusalemme! Guai a Gerusalemme! … lo si prese e lo si batté con verghe per impedirgli di gridare, ma niente lo fermò. Dopo tre anni, egli gridò: Ah! Gerusalemme: ah! guai a me. Una pietra lanciata da una macchina gli cadde addosso e lo schiacciò in quell’istante. Allora tutti i mali di cui questo sconosciuto aveva minacciato Gerusalemme, le si abbatterono addosso. La fame fu così grande, che le madri sgozzavano i loro figli per servirsene da nutrimento. Gli abitanti, senza sapere perché, si sgozzavano gli uni gli altri; la città fu presa e come annientata; le strade e le piazze erano coperte da cadaveri; il sangue scorreva a fiumi, i pochi che sopravvissero, furono venduti come schiavi. Ma, siccome il giorno del giudizio sarà il giorno più terribile ed il più spaventoso che ci sia mai stato, sarà preceduto da segno così paurosi che getteranno il terrore fino al fondo degli abissi. Nostro Signore ci dice che, in questo momento terribile per il peccatore, il sole non darà più luce, la luna sarà simile ad una massa di sangue, e le stelle cadranno dal cielo. L’aria sarà talmente piena di fulmini che sarà tutta un fuoco, e si sentiranno tuoni, il cui rimbombo sarà così grande che gli uomini disseccheranno per il terrore fin dalla pianta dei loro piedi. I venti saranno così impetuosi che nulla potrà resistere loro. Gli alberi e le case, saranno inghiottiti dal caos del mare; il mare stesso sarà talmente agitato dalle tempeste che i suoi flutti si alzeranno di quattro cubiti sopra le montagne più alte, e scenderanno così in basso da mostrare gli orrori degli inferi; tutte le creature, anche inanimate, sembreranno volersi annientare per evitare la presenza del loro Creatore, vedendo quanto i crimini degli uomini hanno lordato e sfigurato la terra. Le acque dei mari e dei fiumi gorgoglieranno come olio nei bracieri; gli alberi e le piante vomiteranno torrenti di sangue; i tremori della terra saranno così grandi che si vedrà la terra aprirsi da ogni parte; la maggior parte degli alberi e delle bestie saranno distrutti, gli uomini che resteranno saranno come insensati; le rocce, i monti crolleranno con un frastuono spaventoso. Dopo tutti questi orrori, sarà acceso il fuoco nei quattro angoli del mondo, ma un fuoco così violento che brucerà le pietre, le rocce e la terra, come un filo di paglia gettato in una fornace. Tutto l’universo sarà ridotto in cenere; è necessario che questa terra lordata da tanti crimini, sia purificata dal fuoco che sarà acceso dalla collera del Signore, di un DIO giustamente irritato.  – Dopo che questa terra, fratelli miei, coperta da tanti crimini sarà purificata, DIO invierà i suoi Angeli che soneranno la tromba ai quattro angoli del mondo, e che diranno a tutti i morti: Alzatevi, morti, uscite dalle vostre tombe, venite e preparatevi al giudizio. Allora tutti i morti, buoni e cattivi, giusti e peccatori, riprenderanno le stesse forme che un tempo avevano, il mare vomiterà tutti i suoi cadaveri rinchiusi in esso, la terra rigetterà tutti i corpi seppelliti da tanti secoli nel suo seno. Dopo questa rivoluzione, tutte le anime dei santi discenderanno dal cielo raggianti di luce, ogni anima si ricongiungerà con il suo corpo dando mille e mille benedizioni. Venite – esse diranno – compagno delle mie sofferenze; se avete lavorato per piacere a DIO; se avete fatto consistere la vostra felicità nelle sofferenze e nei combattimenti, oh! Quanti beni ci sono riservati, sono più di mille anni che io gioisco di questa felicità; oh! Quale gioia per me ad annunciarvi i tanti beni che si sono stati preparati per l’eternità. Venite, occhi benedetti, che tante volte vi siete chiusi al cospetto di oggetti impuri, timorosi di perdere la grazia del vostro DIO, venite nel cielo dove non vedrete che beltà che mai in questo mondo si vedono. Venite, orecchie mie, voi che avete avuto orrore delle parole e dei discorsi impuri e calunniatori; venite ed ascolterete nel cielo questa musica celeste che vi metterà in continuo rapimento. Venite, miei piedi e mani mie, che tante volte vi siete adoperate a sollevare gli sventurati; andiamo a trascorrere la nostra eternità in questo bel cielo ove vedremo il nostro amabile e caritatevole Signore che tanto ci ha amato. Ah! voi vedrete Colui che tante volte è venuto a riposare nel vostro cuore. Ah! noi vi vedremo questa mano ancora tinta del sangue del nostro divin Salvatore, per mezzo del quale Egli ci ha meritato tanta gioia. Infine, il corpo e l’anima dei Santi si daranno mille e mille benedizioni, e questo per tutta l’eternità. Dopo che tutti i Santi avranno ripreso i loro corpi raggianti di gloria, tutti là, secondo le buone opere e le penitenze che avranno fatto, attenderanno con piacere il momento in cui DIO starà per svelare in faccia a tutto l’universo tutte le lacrime, tutte le penitenze, tutto il bene che avranno compiuto durante tutta la loro vita senza trascurarne neppure una, neppure una sola, già tutte rapite dalla felicità di DIO stesso. Aspettate, dirà loro Gesù-Cristo stesso, aspettate, io voglio che tutto l’universo veda quanto voi abbiate lavorato con piacere. I peccatori induriti, gli increduli dicevano che Io fossi indifferente a tutto ciò che voi facevate per me; ma Io voglio mostrare loro oggi che vi ho visto ed ho contato tutte le vostre lacrime versate nel fondo dei deserti; Io voglio oggi mostrare loro che Io ero al fianco vostro sui patiboli. Venite tutti e comparite davanti a questi peccatori che mi hanno disprezzato ed oltraggiato, che hanno osato negare che Io esistessi, che Io li vedessi. Venite, figli miei, venite miei diletti e vedrete quanto sono stato buono, quanto grande è il mio amore per voi. – Contempliamo, fratelli miei, per un istante, questo numero infinito di anime giuste che rientrano nei loro corpi, che rendono simili a dei soli luminosi. Voi vedete tutti questi martiri, con in mano la palma. Vedete tutte queste Vergini, con la corona della verginità sulla testa. Vedete tutti questi Apostoli, questi sacerdoti, che hanno salvato tante anime, con i raggi di gloria di cui sono abbelliti. Fratelli miei, tutti diranno a Maria, questa Madre-Vergine: andiamo a raggiungere Colui che è in cielo per dare un nuovo splendore alle vostre beltà. Ma no, un momento di pazienza; Voi siete stata disprezzata, calunniata e perseguitata dai malvagi, è giusto che, prima di entrare in questo reame eterno, i peccatori vengano a fare ammenda onorevole. – Ma, terribile e fragorosa rivoluzione! … Io sento la stessa tromba che intima ai riprovati di uscire dagli inferi. Venite peccatori, carnefici e tiranni – dirà DIO che voleva tutti salvi – venite, comparite al tribunale del Figlio dell’Uomo, a Colui del quale sì sovente avete voluto persuadervi che non vi vedesse, né vi intendesse! Venite e comparite, perché tutto quello che voi avete commesso, sarà manifestato in faccia a tutto l’universo. Allora l’Angelo griderà: Abissi degli inferi, aprite le vostre porte, vomitate tutti i riprovati, il loro Giudice li chiama. Ah! Momento terribile! Tutti queste anime maledette riprovate, orribili come demoni, usciranno dagli abissi ed andranno, come dei disperati, a cercare i propri corpi. Ah! Momento crudele! Nel momento in cui l’anima entrerà nel suo corpo, questo corpo proverà tutti i rigori dell’inferno. Ah! Corpo maledetto, dirà l’anima al suo corpo che ha rotolato e trascinato nel fango delle sue impurità; sono già mille anni che soffro e brucio nell’inferno. Venite occhi maledetti, che tante volte avete avuto piacere nel volgere sguardi disonesti su di voi od altri, venite all’inferno per contemplarvi i mostri più orribili. Venite, orecchie maledette, che avete tratto tanto piacere da queste parole, da questi discorsi impuri, venite eternamente a sentire le grida, le urla, i ruggiti dei demoni. Venite, lingua e bocca maledetta che tante volte avete dato baci impuri e che nulla avete risparmiato per accontentare la vostra sensualità e la vostra ingordigia; venite nell’inferno e non avrete che il fiele dei dragoni per nutrimento. Vieni, corpo maledetto che ho tanto cercato di accontentare; vieni, tu sarai immerso per l’eternità in uno stagno di fuoco e di zolfo, alimentato dalla potenza e dalla collera di DIO! Ah! chi potrà comprendere e raccontarci le maledizioni che il corpo e l’anima si vomiteranno per tutta l’eternità? Sì, fratelli miei, ecco tutti i giusti ed i riprovati che hanno ripreso la forma antica, cioè i loro corpi tali come ora li vediamo, che attendono il loro Giudice, ma un Giudice giusto e senza compassione, per punire o ricompensare, secondo il bene o il male che noi avremo fatto. Eccolo che arriva, seduto su di un trono, sfolgorante di gloria, circondato da tutti gli Angeli, con lo stendardo della sua croce che marcerà davanti a Lui. I dannati vedranno il loro Giudice; ah! che dico? Vedranno Colui che essi non hanno visto procurare loro la felicità del Paradiso, e che, malgrado Lui, si sono dannati: montagne, essi grideranno, schiacciateci, nascondeteci dalla faccia del nostro Giudice; rocce, cadeteci addosso; ah! di grazia, precipitateci negli inferi! No, no, peccatore, avanza e vieni a render conto di tutta la tua vita. vieni avanti maledetto, che tanto hai disprezzato un DIO così buono. Ah! Giudice mio, Padre mio, mio Creatore, dove sono mio padre, mia madre che mi hanno dannato? Ah! io vorrei vederli; ah! io vorrei loro domandare il cielo che essi mi hanno lasciato perdere. Padre mio e madre mia, siete voi che mi avete dannato, siete voi la causa della mia rovina. No, no, avanza verso il tribunale del tuo DIO, per te tutto è perduto: sì, tu sei perduto! Sì, tutto è perduto, poiché tu hai perduto la tua anima ed il tuo DIO. Ah! chi potrà mai comprendere il dolore di un dannato che si vedrà di fronte, cioè nel lato dei Santi, un padre o una madre tutti raggianti di gloria e pronti per il cielo, e vedersi riservato all’inferno? Montagne, diranno questi riprovati, fateci sfuggire; ah! di grazia cadeteci addosso! Ah! porte degli abissi, apritevi per nasconderci! No, peccatore; tu hai sempre disprezzato i miei comandamenti; ma oggi Io voglio mostrarti che sono Io il tuo padrone. Comparirai davanti a me con tutti i tuoi crimini dei quali è intessuta tutta la tua vita. Ah! è allora – ci dice il profeta Ezechiele – che il Signore prenderà questo gran foglio miracoloso, ove sono scritti e consegnati tutti i crimini degli uomini. Quanti peccati, mai comparsi agli occhi dell’universo, si vedranno apparire. Ah! tremate, voi che forse dopo quindici o venti anni, avete accumulati peccati su peccati. Ah! guai a voi! Allora Gesù-Cristo, con il libro delle coscienze in mano, chiamerà tutti i peccatori per convincerli di tutti i peccati che avranno commesso nel corso della loro vita, con il suono di un tuono spaventoso. Venite impudichi – dirà loro – avvicinatevi e leggete giorno per giorno; ecco tutti questi pensieri che hanno riempito la vostra immaginazione, tutti questi desideri vergognosi che hanno corrotto il vostro cuore; leggete e contate i vostri adulteri, eccone il luogo, il momento in cui li avete commessi, ecco la persona con la quale avete peccato. Leggete tutte le vostre mollezze e le vostre lascivie, leggete e contate quante volte avete perso delle anime che mi erano costate così caramente. Era da più di mille anni che il vostro corpo era marcito e la vostra anima all’inferno, ed il vostro libertinaggio portava ancora anime all’inferno. Vedete questa donna che avete perduto, vedete questo marito, questi figli e questi vicini! Tutti chiedono vendetta, tutti vi accusano che li avete perduti e che senza di voi sarebbero destinati al cielo. – Venite figlie mondane, strumenti di satana, venite e leggete tutte queste cure e questi tempi che avete impiegato nel prepararvi; contate il numero dei cattivi pensieri e dei cattivi desideri che avete suscitato a coloro che vi hanno visto. Vedete tutte le anime che gridano che siete state voi che li avete perduti. – Venite maldicenti, seminatori di falsi rapporti, venite e leggete, ecco dove sono segnate tutte le vostre maldicenze, i vostri insulti, le vostre ingiurie; ecco tutte le divisioni che avete provocato; ecco tutte le turbe che avete fatto nascere, tutte le perdite e tutti i mali dei quali la vostra lingua maledetta è stata la prima causa. Andate disgraziati, andate ad ascoltare le grida e le urla spaventose dei demoni. – Venite avari maledetti, leggete e contate questo denaro e questi beni fatiscenti ai quali avete legato il vostro cuore, il disprezzo del vostro DIO, e per i quali avete sacrificato la vostra anima. Avete dimenticato la vostra durezza per i poveri? Eccola, leggete e contate. Ecco il vostro oro ed il vostro denaro, chiedete ora loro soccorso, dite loro che vi traggano dalle mie mani. Andate maledetti a soffrir fame negli inferi. – Venite vendicativi, leggete e vedete tutto ciò che voi avete fatto per nuocere al vostro prossimo, contate tutte queste ingiustizie, contate tutti questi pensieri di odio e di vendetta che avete nutrito nei vostri cuori; andate, maledetti, nell’inferno. Voi siete stati ribelli: i miei ministri hanno detto mille volte che se non amate il vostro prossimo come voi stessi, non c’è perdono per voi. Ritiratevi da me, maledetti, andate all’inferno, sarete la vittima della mia eterna collera, ove conoscerete che la vendetta non è che per DIO solo. – Vieni, vieni, ubriacone, ecco là un bicchiere di vino, un pezzo di pane che tu hai strappato dalla bocca di tua moglie e dei tuoi figli; ecco tutti gli eccessi, li riconosci? Sono i tuoi, o sono quelli del tuo vicino? Ecco il numero delle notti, dei giorni, le domeniche e le feste che tu hai trascorso nelle bettole; ecco  fino all’ultima, le parole disoneste che hai dette nelle tue sbornie; ecco tutti i giuramenti, tutte le imprecazioni che hai vomitato; ecco tutti gli scandali che hai dato a tua moglie, ai tuoi figli, ai vicini. Sì, io ho scritto tutto, ho tutto contato. Va, disgraziato, ad ubriacarti negli inferi del fiele della mia collera. – Venite mercanti, operai, di qualunque stato voi siate, venite, rendetemi conto fino all’obolo di tutto ciò che avete comprato e venduto; venite, esaminiamo insieme se le vostre misure ed i vostri conti siano conformi ai miei? Ecco, mercanti, il giorno in cui avete ingannato questo bambino. Ecco il giorno in cui avete fatto pagare due volte la stessa cosa. Venite, profanatori dei Sacramenti, ecco tutti i vostri sacrilegi, tutte le vostre ipocrisie. Venite, padri e madri, rendetemi conto di queste anime che a voi ho affidato; rendetemi conto di tutto ciò che hanno fatto i vostri figli, i vostri domestici; ecco tutte le volte che avete dato loro il permesso di andare nei luoghi e con le compagnie in cui hanno peccato. Ecco tutti i cattivi pensieri ed i cattivi desideri che vostra figlia ha coltivato; ecco tutti gli abbracci e le azioni infami; ecco tutte le parole impure che i vostri figli hanno pronunziato. Ma, Signore, diranno i padri e le madri, io non li ho comandati. Non importa, dirà ad essi il loro Giudice, i peccati dei tuoi figli, sono i tuoi peccati. Dove sono le virtù che hai fatto loro praticare? Dove sono i buoni esempi che hai loro dati o le buone opere che hai fatto fare loro? Ahimè! Cosa sarà di questi padri e queste madri che vedono che i loro figli, gli uni vanno a ballare, gli altri ai giochi o alla bettola, e vivono tranquilli. O DIO mio quale cecità! Oh! Da quali crimini si vedranno oppressi in questi terribili momenti! Oh! Quanti peccati nascosti che saranno manifestati alla presenza di tutto l’universo! Oh! Abissi profondi degli inferi, apritevi per ingoiare questa folla di perversi che non hanno vissuto che per oltraggiare DIO e dannarsi. Ma – voi mi direte – tutte le buone opere che abbiamo fatto non serviranno dunque a niente? Questi digiuni, queste penitenze, queste elemosine, queste Comunioni, queste Confessioni saranno dunque senza ricompensa? No, vi dirà Gesù-Cristo, tutte le vostre preghiere non erano che pratiche di abitudini, i vostri digiuni ipocrisie, le vostre elemosine vanagloria; il vostro lavoro non aveva altro scopo che l’avarizia e la cupidigia, le vostre sofferenze non erano accompagnate che da pianti e mormorii; in tutto ciò che facevate, Io non c’ero per nulla; tuttavia vi ho ricompensato con beni temporali, ho benedetto il vostro lavoro, ho dato fertilità ai vostri campi, arricchiti i vostri figli, il poco di bene che avete fatto ve l’ho ricompensato con più di quanto potevate attendere. Ma, Egli ci dirà, i vostri peccati vivono ancora, essi vivranno eternamente davanti a me; andate maledetti, nel fuoco eterno preparato per tutti coloro che mi hanno disprezzato durante la loro vita. – Sentenza terribile, ma infinitamente giusta. Cosa di più giusto? Un peccatore che per tutta la sua vita, non ha fatto che rivoltarsi nel crimine, malgrado le grazie che il buon DIO gli presentava incessantemente per uscirne! Vedete questi empi che si lamentavano del loro pastore, che disprezzavano le parole di vita, che volgevano in ridicolo quello che il loro pastore diceva ad essi? Vedete questi peccatori che si gloriavano nel non avere Religione, che schernivano coloro che la praticavano? Vedeteli, questi cattivi Cristiani che avevano così spesso in bocca queste orribili bestemmie che- essi dicevano – trovavano ancora eccellente il pane, e non avevano bisogno di Confessione? Vedete questi increduli che ci dicevano che, quando fossimo morti, tutto era finito? Vedete la loro disperazione, ascoltateli confessare la loro empietà? Li udite implorare misericordia? Ma tutto è finito, non avete più che l’inferno per retaggio. – Vedete questo orgoglioso che scherniva e disprezzava tutti? Lo vedete inabissato nel suo cuore, condannato per una eternità sotto i piedi dei demoni? Vedete quell’incredulo che diceva che non c’è DIO, che non c’è inferno? Lasciate confessare loro davanti a tutto l’universo che c’è un DIO Giudice, ed un inferno dove sta per precipitare per non uscirne mai più? È vero che DIO darà la libertà a tutti i peccatori di portare lo loro ragioni, le loro scuse per giustificarsi, se possono. Ma ahimè! Che potrà dire un criminale che non vede che crimine e ingratitudine? Ahimè! Tutto ciò che potrà dire un peccatore in questo momento doloroso non servirà che a mostrare ancor più la sua empietà e la sua ingratitudine. – Ecco, senza dubbio, fratelli miei, ciò che vi sarà di più sconvolgente in questo terribile momento; questo sarà quando vedremo che DIO non ha nulla risparmiato per salvarci; che Egli ci fa fatto partecipi dei meriti infiniti della sua morte in croce; che Egli ci ha fatto nascere nel seno della sua Chiesa; che ci ha dato dei pastori per mostrarci ed insegnarci tutto ciò che si debba fare per essere felici. Egli ci ha dato i Sacramenti per farci recuperare la sua amicizia tutte le volte che l’avessimo perduta. Non ha posto dei limiti al numero dei peccati che voleva perdonarci; se il nostro ritorno fosse sincero, saremmo stati sicuri del nostro perdono, egli ci ha atteso per un numero infinito di anni, benché non vivessimo che per oltraggiarlo; Egli non voleva perderci o piuttosto voleva assolutamente salvarci; e noi non abbiamo voluto! Siamo noi stessi che lo forziamo con i nostri peccati a fargli emettere una sentenza di eterna riprovazione: Andate, figli maledetti, andate a trovare colui che avete imitato: io non vi riconosco, se non per non schiacciarvi con tutti i furori della mia eterna collera. – Venite, ci dice il Signore per mezzo di uno dei suoi Profeti, venite, uomini, donne, ricchi e poveri, quantunque peccatori, di qualunque stato e condizione siate, dite tutti insieme, ditemi le vostre ragioni, ed Io vi dirò le mie. Entriamo in giudizio, pesiamo tutto ai piedi del santuario. Ah! momento terribile per un peccatore che da qualunque lato consideri la sua vita, non vede che peccato, ed alcun bene. DIO mio! Che sarà di lui? In questo mondo, il peccatore ha sempre qualche scusa da recare per tutti i peccati che ha commesso; egli porta finanche il suo orgoglio al tribunale della penitenza, dove non dovrebbe comparire se non per accusar se stesso e condannarsi. Per gli uni l’ignoranza; per altri le tentazioni troppo violente; infine per altri, le occasioni e i cattivi esempi: ecco, ogni giorno le ragioni che i peccatori accampano per nascondere la oscurità dei loro crimini. Venite peccatori orgogliosi, vedete se le vostre scuse saranno bene accolte nel giorno del giudizio, e spiegatevi con Colui che ha la falce in mano, che ha visto tutto, tutto contato, tutto pesato. Voi non sapevate, direte, che questo fosse un peccato! Ah! Sventurati, vi dirà Gesù-Cristo, se foste nati tra le nazioni idolatre che non hanno mai sentito parlare del vero DIO, potreste ancora scusarvi per la vostra ignoranza; ma voi Cristiani, che avete avuto la fortuna di nascere nel seno della mia Chiesa, allevati nel centro della luce, voi, ai quali si parla della vostra eterna felicità? Dalla vostra infanzia vi si insegna cosa fare per procurarvela, voi che mai si è cessato di istruire; era proprio perché non avete voluto istruirvi; era proprio perché non avete voluto profittare delle istruzioni o che voi avete rifuggito. Andate maledetti! Andate, le vostre scuse vi rendono ancor più degni di maledizione! Andate, figli maledetti, negli inferi e bruciate con la vostra ignoranza. – Ma, dirà un altro, le mie passioni erano troppo vive e grande la mia debolezza. Ma, dirà loro il Signore, poiché DIO era così buono da farvi conoscere la vostra debolezza, ed i vostri pastori vi dicevano che bisognava continuamente vegliare su voi stessi, mortificarvi, se volevate domarle; perché facevate tutto all’opposto? Perché prendevate tanta cura nel contentare il vostro corpo ed i vostri piaceri? DIO vi faceva conoscere la vostra debolezza e voi ricadevate ad ogni istante? Perché non facevate ricorso a DIO per chiedergli la sua grazia? Perché non ascoltavate i vostri pastori che non cessavano di esortarvi nel chiedere le grazie e le forze di cui avevate bisogno per vincere il demonio? Perché avete dunque tanto spesso disprezzato la parola di DIO che vi avrebbe guidato nel cammino che dovevate intraprendere per andare a Lui? Ah! Peccatori ingrati e ciechi, tutti questi beni erano a vostra disposizione, voi potevate servirvene come tanti altri. Cosa avete fatto per impedirvi di cadere nel peccato? Voi non avete pregato che per uso ed abitudine. Andate maledetti! Più avete conosciuto la vostra debolezza, più dovevate far ricorso a DIO che vi avrebbe sostenuto ed aiutato per operare la vostra salvezza. Andate maledetti, voi non siete se non più colpevoli. – Ma ci sono tante occasioni di peccare, dirà ancora un altro. Amico mio, io conosco tre tipi di occasione che possono portare al peccato. Tutti gli stati hanno i loro pericoli. Io dico che ve ne sono di tre sorta: quelli in cui siamo necessariamente esposti per i doveri del nostro stato, quelli che incontriamo senza cercarli, e quelli ai quali ci esponiamo senza necessità. Se per quelli in cui ci invischiamo senza necessità non abbiamo scusanti, non cerchiamo di scusare un peccato con un altro peccato. Voi avete inteso cantare cattive canzoni, voi dite; avete ascoltato una maldicenza o una calunnia, e perché siete andato in questa casa o con questa compagnia? Perché frequentate queste persone senza Religione? Non sapete che chi si espone al pericolo è colpevole e vi perirà? Colui che cade senza esporsi si rialza ben presto, e la sua caduta lo rende ancor più vigilante e saggio. Ma non vedete voi che DIO ci ha promesso il suo soccorso nelle tentazioni, non ce lo ha promesso però quando abbiamo la temerarietà di esporci da noi stessi. Andate maledetti, voi stessi avete cercato di perdervi; voi meritate l’inferno che è riservato ai peccatori come voi. – Ma, voi mi direte, si hanno continuamente cattivi esempi davanti agli occhi. Voi avete cattivi esempi … quale scusa frivola! Se ne avete di cattivi, non ne avete pure di buoni? Perché non avete seguito piuttosto i buoni che i cattivi? Quando vedevate che questa giovane andava in chiesa, alla sacra mensa, perché non la seguivate, piuttosto che seguire quella che andava alle danze? Quando quest’uomo andava in chiesa per adorarvi Gesù-Cristo nel santo tabernacolo, perché non avete seguito i suoi passi piuttosto che seguire le orme di coloro che si recavano alla bettola? Dite piuttosto, peccatori, che avete amato più la via larga che vi ha condotto in questo disastro in cui vi trovate, che il cammino che il Figlio di DIO ha tracciato Egli stesso. La vera causa delle vostre cadute e della vostra riprovazione, non viene dunque né dai cattivi esempi, né dalle occasioni, né dalle vostre debolezze, né dalle grazie che vi mancavano; ma soltanto dalle cattive disposizioni del vostro cuore che non avete voluto reprimere. Se avete fatto il male, è perché lo avete voluto. La vostra perdita non viene dunque, che solamente da voi. – Ma, mi direte, non ci veniva sempre detto che DIO era buono. È vero che Egli è buono, ma Egli è giusto; la sua bontà e la sua misericordia sono per voi passate: non c’è più che la sua giustizia e la sua vendetta. Ahimè! Fratelli miei, noi che abbiamo tanta ripugnanza nel confessarci, se cinque minuti prima di questo grande giorno, DIO ci concedesse dei sacerdoti per confessare i nostri peccati perché fossero cancellati, ahimè! Con quanta premura non ne profitteremmo? Questo non ci sarà mai concesso in questo momento di disperazione. Il re Bogoris fu molto più saggio di noi. Essendo stato istruito da un missionario della Religione Cattolica, ma trattenuto ancora dai falsi piaceri del mondo, per effetto della Provvidenza di DIO, un pittore cristiano al quale aveva dato la commissione di dipingere nel suo palazzo la caccia più terribile alle bestie selvatiche, gli dipinse all’opposto il giudizio finale, il mondo tutto in fuoco, Gesù-Cristo in mezzo ai fulmini ed ai tuoni, l’inferno già aperto per inghiottire i dannati, con figure tanto spaventose, per cui il re restò di stucco. Ritornato in sé, si sovvenne di ciò che il missionario gli aveva detto per evitare gli orrori di questo momento, in cui il peccatore non può che avere la disperazione per retaggio, e rinunciando in seguito ai suoi piaceri, passò il resto della sua vita nella penitenza e nelle lacrime. Ahimè! Fratelli miei, se questo re non si fosse convertito, sarebbe morto egualmente, avrebbe lasciato tutti i suoi beni ed i suoi piaceri, è vero, un po’ più tardi; ma morendo, nel volgere di secoli, sarebbero passati ad altri. Egli sarebbe invece a bruciare per sempre nell’inferno, mentre è in cielo per l’eternità, ed è contento, aspettando questo giorno, di vedere che tutti i suoi peccati gli siano perdonati e non riappariranno mai più, né agli occhi di DIO, né agli occhi degli uomini. – Fu questo pensiero ben meditato da San Girolamo che lo spinse a tanti rigori per il suo corpo e a versare tante lacrime. Ah! esclamava egli in questa vasta solitudine, mi sembra di sentire ad ogni istante questa tromba che deve svegliare tutti i morti, chiamarmi al tribunale del mio Giudice. Questo pensiero faceva tremare un Davide sul suo trono, un Agostino in mezzo ai suoi piaceri, malgrado tutti gli sforzi che faceva per soffocare questo pensiero che un giorno sarebbe stato giudicato. Egli diceva di tanto in tanto al suo amico Alipio: Ah! caro amico, verrà il giorno in cui noi appariremo davanti al tribunale di DIO per ricevervi la ricompensa del bene o il castigo del male che avremo fatto durante la nostra vita; lasciamo, amico caro mio la strada del crimine per quella che hanno seguito tutti i santi. Prepariamoci a questo giorno, fin dal momento presente. – San Giovanni Climaco ci racconta che un solitario lasciò il suo monastero per passare in un altro a farvi più penitenza. La prima notte, fu chiamato al tribunale di DIO che gli mostrò come egli fosse debitore verso la sua giustizia di cento libbre d’oro. Ahimè! Signore, egli esclamò, cosa devo fare per acquistarli? Egli restò tre anni in questo monastero, dove DIO permise che fosse disprezzato e maltrattato da tutti gli altri, al punto che gli sembrava che nessuno potesse sopportarlo. Il Signore gli apparve una seconda volta dicendogli che non aveva acquistato ancora che un quarto del suo debito. Ah! Signore, esclamò ancora, cosa devo fare quindi per farmi giustificare? Egli si finse pazzo per tredici anni, facendo tutto ciò che gli si voleva: lo si trattava duramente come una bestia da soma. Il buon DIO gli apparve una terza volta, dicendogli che era giunto alla metà. Ah! Signore, poiché io l’ho voluto, devo soffrire per poter soddisfare alla vostra giustizia. Ah! DIO mio! Non aspettate che i miei peccati siano puniti dopo il giudizio. San  Giovanni Climaco ci racconta un fatto che ci fa tremare. C’era, ci dice, un solitario che dopo quarant’anni piangeva i suoi peccati in fondo ad un bosco. Alla vigilia della sua morte, tutto ad un tratto, fuor di sé, aprendo gli occhi, guardando a destra ed a sinistra del suo letto, come se avesse visto qualcuno che gli domandasse conto della sua vita, rispondeva con voce tremante: Sì, io ho commesso questo peccato, ma io l’ho confessato ed ho fatto penitenza per trenta anni, fino a quando il buon DIO mi ha perdonato. Tu hai commesso anche questo peccato, gli diceva questa voce. No, gli rispose il solitario, io non l’ho commesso. Prima di morire lo si sentì gridare: DIO mio, DIO mio, togliete, togliete i miei peccati, per piacere, da davanti agli occhi miei, io non posso più sopportarli. Ahimè! Cosa ci accadrà se il demonio ci rimprovera anche i peccati che non abbiamo commesso, a noi che siamo tutti coperti dai peccati e non abbiamo fatto penitenza; ahimè! Cosa dobbiamo aspettarci per questo terribile momento? Se i Santi appena sono rassicurati, cosa accadrà a noi? – Cosa dobbiamo concludere da tutto questo, fratelli miei? Non bisogna mai perdere di vista che noi saremo giudicati un giorno senza misericordia, e che tutti i nostri peccati saranno mostrati agli occhi di tutto l’universo; e che dopo questo giudizio, se ci troviamo in questi peccati, andremo a piangerli negli inferi senza poterli né cancellarli, né dimenticarli. Oh! Quanto siamo ciechi, fratelli miei, se non profittiamo del poco di tempo che ci resta da vivere per assicurarci il cielo. Se siamo peccatori, abbiamo la speranza del perdono; se noi invece lo aspettiamo allora, non ci saranno più risorse. DIO mio! Fatemi la grazia di non farmi mai perdere il ricordo di questo terribile momento, soprattutto quando sarò tentato, per non lasciarmi soccombere; affinché in questo giorno noi udiamo queste dolci parole uscite dalla bocca del Salvatore: « Venite, benedetti dal Padre mio, a possedere il regno che vi è stato preparato fin dal principio del mondo. »

Credo

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps XXIV: 1-3. Ad te levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur.

[A Te ho innalzato l’ànima mia: Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché quelli che confidano in Te non saranno confusi.]

Secreta

Hæc sacra nos, Dómine, poténti virtúte mundátos ad suum fáciant purióres veníre princípium.[Questi misteri, o Signore, purificandoci con la loro potente virtú, ci facciano pervenire piú mondi a Te che ne sei l’autore.]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps LXXXIV: 13.
Dóminus dabit benignitátem: et terra nostra dabit fructum suum.

[Il Signore ci sarà benigno e la nostra terra darà il suo frutto.]

Postcommunio

Orémus.
Suscipiámus, Dómine, misericórdiam tuam in médio templi tui: ut reparatiónis nostræ ventúra sollémnia cóngruis honóribus præcedámus.
[Fa, o Signore, che (per mezzo di questo divino mistero) in mezzo al tuo tempio sperimentiamo la tua misericordia, al fine di prepararci convenientemente alle prossime solennità della nostra redenzione.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: SUL GIUDIZIO FINALE.

I SERMONI DEL CURATO D’ARS

Sul giudizio finale.

[Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, curato d’Ars – Vol. I, 4° ed. Ed. Marietti, Torino-Roma, 1933]

Tunc videbunt Filium hominis venientem cum potestate magna et majestate.

(Allora vedranno venire il Figlio dell’uomo con grande potenza e maestà terribile, circondato dagli Angeli e dai Santi.)

(Ev. s. S. Luc., XXI, 27.)

Non è più, fratelli miei un DIO rivestito dalle nostre infermità, nascosto nell’oscurità di una povera stalla, adagiato in una mangiatoia, saziato di obbrobri, accasciato sotto il pesante fardello della croce; è un DIO rivestito da tutto lo splendore della sua potenza e della sua maestà, che fa annunziare la sua venuta dai prodigi più eclatanti, cioè dall’eclissi del sole, della luna, dalla caduta delle stelle e da un intero stravolgimento della natura. Non è più un Salvatore che viene con la dolcezza di un agnello, per essere giudicato dagli uomini e riscattarli: è un Giudice giustamente irritato, che giudica gli uomini con tutto il rigore della sua giustizia. Non è più un pastore caritatevole che viene a cercare le sue pecore disperse e perdonarle: è un DIO  vendicatore che viene a separare per sempre i peccatori dai giusti, caricare i malvagi della sua più terribile vendetta, e deliziare i giusti con un torrente di dolcezze. Momento terribile, momento spaventoso, quando giungerai? Momento doloroso, ahimè! Forse, in qualche mattino, noi ascolteremo i precursori di questo Giudice così terribile per i peccatori. O voi, peccatori, uscite dalla tomba dei vostri peccati, venite al tribunale di DIO, istruitevi sulla maniera in cui il peccatore sarà trattato. L’empio, in questo mondo, sembra voler disconoscere la potenza di DIO, vedendo i peccatori senza punizione; egli giunge fin’anche a dire: No, no, non c’è DIO, né inferno; oppure: DIO non bada a ciò che accade sulla terra. Ma aspettiamo il giudizio e, in questo grande giorno, DIO manifesterà la sua potenza e mostrerà a tutte le nazioni che ha visto tutto e contato tutto. Qual differenza, fratelli miei, con le meraviglie che operò creando il mondo! Che sgorghino le acque, fertilizzino la terra; e nello stesso istante, le acque copriranno la terra donandole la fertilità. Ma quando Egli verrà per distruggere il mondo, comanderà al mare di lasciare le sue rive con una impetuosità spaventosa che ingoierà tutto l’universo nel suo furore. Quando DIO creò il cielo, ordinò alle stelle di attaccarsi al firmamento. Alla sua voce, il sole rischiarò il giorno, e la luna presiedette alla notte. Ma in questo ultimo giorno, il sole si oscurerà. La luna e le stelle non daranno più luce. Tutti questi astri meravigliosi cadranno con uno spaventoso fracasso. quale differenza, fratelli miei cari. DIO impiegò sei giorni nel creare il mondo; ma per distruggerlo, sarà sufficiente un battito d’occhio. Per creare l’universo e tutto ciò che esso racchiude, DIO non chiamò nessuno spettatore di tante meraviglie; ma nel distruggerlo, saranno presenti tutti i popoli, tutte le nazioni confesseranno che c’è un DIO e che Esso è potente. Venite, empi beffardi, venite, increduli raffinati, venite a conoscere se c’è un DIO, e se è onnipotente! O DIO mio! Il peccatore cambierà linguaggio in questo momento! Quanti rimpianti! Qual pentimento per aver tralasciato un tempo sì prezioso! Ma non c’è più tempo, tutto è finito per il peccatore, tutto è senza speranza! Oh! Quanto terribile sarà questo momento! San Luca ci dice che gli uomini si disseccheranno per la paura fin dalla punta dei piedi pensando ai dolori che saranno loro preparati. Ahimè, fratelli miei, si può disseccare per la paura e morire dallo spavento nell’attesa di un malore infinitamente meno grande di quello di cui è minacciato il peccatore e che certamente gli arriverà se continua a vivere nel peccato. In questo momento, fratelli miei, io mi dispongo a parlare del giudizio in cui noi compariremo tutti per rendere conto di tutto il bene ed il male che avremo fatto, per ricevere la nostra sentenza definitiva per il cielo o per l’inferno: se venisse un Angelo dal cielo ad annunciarvi da parte di DIO che tra ventiquattro ore tutto l’universo sarà ridotto in fuoco da una pioggia di fuoco e zolfo, e voi cominciaste ad avvertire i tuoni scuotenti, i furori delle tempeste abbattersi sulle vostre case, i fulmini talmente numerosi tanto da rendere l’universo un rogo ardente, e l’inferno vomitasse già tutti i suoi riprovati le cui urla e grida si possono ascoltare da tutti gli angoli del mondo; che il solo mezzo per evitare tutti questi malanni fosse lasciare il peccato e fare penitenza; intendereste voi, fratelli miei, tutti questi uomini senza versare un torrente di lacrime e gridare: misericordia! Non vi gettereste ai piedi degli altari per chiedere misericordia? O accecamento, o incomprensibile infelicità dell’uomo peccatore! I mali che il vostro pastore vi annuncia sono ancor più infinitamente spaventosi e degni di strappare le vostre lacrime, lacerare i vostri cuori. Ahimè! Queste verità così terribili diventeranno tante sentenze che stanno per pronunciare la vostra eterna condanna. Ma la più grande di ogni disgrazia, è che voi ne siete insensibili e continuate a vivere nel peccato e non riconosciate la vostra follia se non nel momento in cui non avrete più rimedio. Ancora un momento, e questo peccatore che viveva tranquillamente nel peccato, sarà giudicato e condannato; ancora un istante ed egli porterà questo rimpianto per l’eternità. Sì, fratelli miei, noi saremo giudicati, nulla di più certo; sì, noi saremo giudicati senza misericordia; sì noi rimpiangeremo eternamente l’aver peccato.    

I. — Noi leggiamo nella Sacra Scrittura, fratelli miei, che tutte le volte che DIO vuole inviare qualche flagello al mondo o alla sua Chiesa, Egli lo fa sempre precedere da qualche segno per cominciare a gettare il terrore nei cuori, e per portarlo a placare la sua giustizia. Volendo far perire l’universo con un diluvio, l’arca di Noè, che si impiegarono cento anni per costruirla, fu un segno per condurre gli uomini alla penitenza, cosicché tutti non dovessero perire. Lo storico Giuseppe ci dice che prima della distruzione della città di Gerusalemme, comparve per molto tempo una cometa in forma di falce che gettò nella costernazione il mondo. Ognuno diceva: Ahimè, cosa vuol dire questo segno? Forse qualche grande sventura che DIO vuole inviarci? La luna rimase otto giorni senza dare luce; le genti sembravano già non potessero vivere. Tutto ad un tratto comparve un uomo sconosciuto che per tre anni non faceva altro che gridare per le strade di Gerusalemme, giorno e notte: Guai a Gerusalemme! Guai a Gerusalemme! … lo si prese e lo si batté con verghe per impedirgli di gridare, ma niente lo fermò. Dopo tre anni, egli gridò: Ah! Gerusalemme: ah! guai a me. Una pietra lanciata da una macchina gli cadde addosso e lo schiacciò in quell’istante. Allora tutti i mal di cui questo sconosciuto aveva minacciato a Gerusalemme, le si abbatterono addosso. La fame fu così grande, che le madri sgozzavano i loro figli per servirsene da nutrimento. Gli abitanti, senza sapere perché, si sgozzavano gli uni gli altri; la città fu presa e come annientata; le strade e le piazze erano coperte da cadaveri; il sangue scorreva a fiumi, i pochi che sopravvissero, furono venduti come schiavi. Ma, siccome il giorno del giudizio sarà il giorno più terribile ed il più spaventoso che ci sia mai stato, sarà preceduto da segno così paurosi che getteranno il terrore fino al fondo degli abissi. Nostro Signore ci dice che, in questo momento terribile per il peccatore, il sole non darà più luce, la luna sarà simile ad una massa di sangue, e le stelle cadranno dal cielo. L’aria sarà talmente piena di fulmini che sarà tutta un fuoco, e si sentiranno tuoni, il cui rimbombo sarà così grande che gli uomini disseccheranno per il terrore fin dalla pianta dei loro piedi. I venti saranno così impetuosi che nulla potrà resistere loro. Gli alberi e le case, saranno inghiottiti dal caos del mare; il mare stesso sarà talmente agitato dalle tempeste che i suoi flutti si alzeranno di quattro cubiti sopra le montagne più alte, e scenderanno così in basso da mostrare gli orrori degli inferi; tutte le creature, anche inanimate, sembreranno volersi annientare per evitare la presenza del loro Creatore, vedendo quanto i crimini degli uomini hanno lordato e sfigurato la terra. Le acque dei mari e dei fiumi gorgoglieranno come olio nei bracieri; gli alberi e le piante vomiteranno torrenti di sangue; i tremori della terra saranno così grandi che si vedrà la terra aprirsi da ogni parte; la maggior parte degli alberi e delle bestie saranno distrutti, gli uomini che resteranno, saranno come insensati; le rocce, i monti crolleranno con un frastuono spaventoso. Dopo tutti questi orrori, sarà acceso il fuoco nei quattro angoli del mondo, ma un fuoco così violento che brucerà le pietre, le rocce e la terra, come un filo di paglia gettato in una fornace. Tutto l’universo sarà ridotto in cenere; è necessario che questa terra lordata da tanti crimini, sia purificata dal fuoco che sarà acceso dalla collera del Signore, di un DIO giustamente irritato.  – Dopo che questa terra, fratelli miei, coperta da tanti crimini sarà purificata, DIO invierà i suoi Angeli che soneranno la tromba ai quattro angoli del mondo, e che diranno a tutti i morti: Alzatevi, morti, uscite dalle vostre tombe, venite e preparatevi al giudizio. Allora tutti i morti, buoni e cattivi, giusti e peccatori, riprenderanno le stesse forme che un tempo avevano, il mare vomiterà tutti i suoi cadaveri rinchiusi nel caos, la terra rigetterà tutti i corpi seppelliti da tanti secoli nel suo seno. Dopo questa rivoluzione, tutte le anime dei santi discenderanno dal cielo tutti raggianti di luce, ogni anima si ricongiungerà con il suo corpo dando mille e mille benedizioni. Venite – esse diranno – compagno delle mie sofferenze; se avete lavorato per piacere a DIO; se avete fatto consistere la vostra felicità nelle sofferenze e nei combattimenti, oh! Quanti beni ci sono riservati, sono più di mille anni che io gioisco di questa felicità; oh! Quale gioia per me ad annunciarvi i tanti beni che si sono stati preparati per l’eternità. Venite, occhi benedetti, che tante volte vi siete chiusi al cospetto di oggetti impuri, timorosi di perdere la grazia del vostro DIO, venite nel cielo dove non vedrete che beltà che mai in questo mondo si vedono. Venite, orecchie mie, voi che avete avuto orrore delle parole e dei discorsi impuri e calunniatori; venite ed ascolterete nel cielo questa musica celeste che vi metterà in continuo rapimento. Venite, miei piedi e mani mie, che tante volte vi siete adoperate a sollevare gli sventurati; andiamo a trascorrere la nostra eternità in questo bel cielo ove vedremo il nostro amabile e caritatevole Signore che tanto ci ha amato. Ah! voi vedrete Colui che tante volte è venuto a riposare nel vostro cuore. Ah! noi vi vedremo questa mano ancora tinta del sangue del nostro divin Salvatore, per mezzo del quale Egli ci ha meritato tanta gioia. Infine, il corpo e l’anima dei Santi si daranno mille e mille benedizioni, e questo per tutta l’eternità. Dopo che tutti i Santi avranno ripreso i loro corpi raggianti di gloria, tutti là, secondo le buone opere e le penitenze che avranno fatto, attenderanno con piacere il momento in cui DIO starà per svelare in faccia a tutto l’universo tutte le lacrime, tutte le penitenze, tutto il bene che avranno compiuto durante tutta la loro vita senza trascurarne neppure una, neppure una sola, già tutte rapite dalla felicità di DIO spesso. Aspettate, dirà loro Gesù-Cristo stesso, aspettate, io voglio che tutto l’universo veda quanto voi abbiate lavorato con piacere. I peccatori induriti, gli increduli dicevano che Io ero indifferente a tutto ciò che voi facevate per me; ma Io voglio mostrare loro oggi che vi ho visto, ed ho contato tutte le vostre lacrime versavate nel fondo dei deserti; Io voglio oggi mostrare loro che Io ero al fianco vostro sui patiboli. Venite tutti e comparite davanti a questi peccatori che mi hanno disprezzato ed oltraggiato, che hanno osato negare che Io esistessi, che Io li vedessi. Venite, figli miei, venite miei diletti e vedrete quanto sono stato buono, quanto grande è il mio amore per voi. – Contempliamo, fratelli miei, per un istante, questo numero infinito di anime giuste che rientrano nei loro corpi, che rendono simili a dei soli luminosi. Voi vedete tutti questi martiri, con in mano la palma. Vedete tutte queste Vergini, con la corona della verginità sulla testa. Vedete tutti questi Apostoli, questo sacerdoti, che hanno salvato tante anime, con i raggi di gloria di cui sono abbelliti. Fratelli miei, tutti diranno a Maria, questa Madre-Vergine: andiamo a raggiungere Colui che è in cielo per dare un nuovo splendore alle vostre beltà. Ma no, un momento di pazienza; Voi siete stata disprezzata, calunniata e perseguitata dai malvagi, è giusto che, prima di entrare in questo reame eterno, i peccatori vengano a fare ammenda onorevole. – Ma, terribile e fragorosa rivoluzione! … Io sento la stessa tromba che intima ai riprovati di uscire dagli inferi. Venite peccatori, carnefici e tiranni – dirà DIO che voleva tutti salvi – venite, comparite al tribunale del Figlio dell’Uomo, a Colui del quale sì sovente avete voluto persuadervi che non vi vedesse, né vi intendesse! Venite e comparite, perché tutto quello che voi avete commesso, sarà manifestato in faccia a tutto l’universo. Allora l’Angelo griderà: Abissi degli inferi, aprite le vostre porte, vomitate tutti i riprovati, il loro Giudice li chiama. Ah! Momento terribile! Tutti queste anime maledette riprovate, orribili come demoni, usciranno dagli abissi ed andranno, come dei disperati a cercare i propri corpi. Ah! Momento crudele! Nel momento in cui l’anima entrerà nel suo corpo, questo corpo proverà tutti i rigori dell’inferno. Ah! Corpo maledetto, dirà l’anima al suo corpo che ha rotolato e trascinato nel fango delle sue impurità; sono già mille anni che soffro e brucio nell’inferno. Venite occhi maledetti, che tante volte avete avuto piacere nel volgere sguardi disonesti su di voi od altri, venite all’inferno per contemplarvi i mostri più orribili. Venite, orecchie maledette, che avete tratto tanto piacere da queste parole, da questi discorsi impuri, venite eternamente a sentire le grida, le urla, i ruggiti dei demoni. Venite, lingua e bocca maledetta che tante volte avete dato baci impuri e che nulla avete risparmiato per accontentare la vostra sensualità e la vostra ingordigia; venite nell’inferno e non avrete che il fiele dei dragoni per nutrimento. Vieni corpo maledetto che ho tanto cercato di accontentare; vieni, tu sarai immerso per l’eternità in uno stagno di fuoco e di zolfo, alimentato dalla potenza e dalla collera di DIO! Ah! chi potrà comprendere e raccontarci le maledizioni che il corpo e l’anima si vomiteranno per tutta l’eternità? Sì, fratelli miei, ecco tutti i giusti ed i riprovati che hanno ripreso la forma antica, cioè i loro corpi tali come ora li vediamo, che attendono il loro Giudice, ma un Giudice giusto e senza compassione, per punire o ricompensare, secondo il bene o il male che noi avremo fatto. Eccolo che arriva, seduto su di un trono, sfolgorante di gloria, circondato da tutti gli Angeli, con lo stendardo della sua croce che marcerà davanti a Lui. I dannati vedranno il loro Giudice; ah! che dico? Vedranno Colui che essi non hanno visto procurare loro la felicità del Paradiso, e che, malgrado Lui, si sono dannati: montagne, essi grideranno, schiacciateci, nascondeteci dalla faccia del nostro Giudice; rocce, cadeteci addosso; ah! di grazia, precipitateci negli inferi! No, no, peccatore, avanza e vieni a render conto di tutta la tua vita. vieni avanti maledetto, che tanto hai disprezzato un DIO così buono. Ah! Giudice mio, Padre mio, mio Creatore, dove sono mio padre, mia madre che mi hanno dannato? Ah! io vorrei vederli; ah! io vorrei loro domandare il cielo che essi mi hanno lasciato perdere. Padre mio e madre mia, siete voi che mi avete dannato; siete voi che mi avete dannato; siete voi la causa della mia rovina. No, no, avanza verso il tribunale del tuo DIO, per te tutto è perduto: sì, tu sei perduto! Sì, tutto è perduto, poiché tu hai perduto la tua anima ed il tuo DIO. Ah! chi potrà mai comprendere il dolore di un dannato che si vedrà di fronte, cioè nel lato dei Santi, un padre o una madre tutti raggianti di gloria e pronti per il cielo, e vedersi riservato all’inferno! Montagne, diranno questi riprovati, fateci sfuggire; ah! di grazia cadeteci addosso! Ah! porte degli abissi, apritevi per nasconderci! No, peccatore; tu hai sempre disprezzato i miei comandamenti; ma oggi Io voglio mostrarti che Io sono il tuo padrone. Comparirai davanti a me con tutti i tuoi crimini dei quali è intessuta tutta la tua vita. Ah! è allora – ci dice il profeta Ezechiele – che il Signore prenderà questo gran foglio miracoloso, ove sono scritti e consegnati tutti i crimini degli uomini. Quanti peccati mai comparsi agli occhi dell’universo, si vedranno apparire. Ah! tremate, voi che forse dopo quindici o venti anni, avete accumulati peccati su peccati. Ah! guai a voi! Allora Gesù-Cristo, con il libro delle coscienze in mani, chiamerà tutti i peccatori per convincerli di tutti i peccati che avranno commesso nel corso della loro vita, con il suono di un tuono spaventoso. Venite impudichi – dirà loro – avvicinatevi e leggete giorno per giorno; ecco tutti questi pensieri che hanno riempito la vostra immaginazione, tutti questo desideri vergognosi che hanno corrotto il vostro cuore; leggete e contate i vostri adulteri, eccone il luogo, il momento in cui li avete commessi, ecco la persona con la quale avete peccato. Leggete tutte le vostre mollezze e le vostre lascivie, leggete e contate quante volte avete perso delle anime che mi erano costate così caramente. Era da più di mille anni che il vostro corpo era marcito e la vostra anima all’inferno, ed il vostro libertinaggio portava ancora anime all’inferno. Vedete questa donna che avete perduto, vedete questo marito, questi figli e questi vicini! Tutti chiedono vendetta, tutti vi accusano che li avete perduti e che senza di voi sarebbero destinati al cielo. – Venite figlie mondane, strumenti di satana, venite e leggete tutte queste cure e questi tempi che avete impiegato nel prepararvi; contate il numero dei cattivi pensieri e dei cattivi desideri che avete suscitato a coloro che vi hanno visto. Vedete tutte le anime che gridano che siete state voi che li avete perduti. – Venite maldicenti, seminatori di falsi rapporti, venite e leggete, ecco dove sono segnate tutte le vostre maldicenze, i vostri insulti, le vostre ingiurie; ecco tutte le divisioni che avete provocato; ecco tutte le turbe che avete fatto nascere, tutte le perdite e tutti i mali dei quali la vostra lingua maledetta è stata la prima causa. Andate disgraziati, andate ad ascoltare le grida e le urla spaventose dei demoni. – Venite avari maledetti, leggete e contate questo denaro e questi beni fatiscenti ai quali avete legato il vostro cuore, il disprezzo del vostro DIO, e per i quali avete sacrificato la vostra anima. Avete dimenticato la vostra durezza per i poveri? Eccola, leggete e contate. Ecco il Vostro oro ed il Vostro denaro, chiedete ora loro soccorso, dite loro che vi traggano dalle mie mani. Andate maledetti a soffrir fame negli inferi. – Venite vendicativi, leggete e vedete tutto ciò che voi avete fatto per nuocere al vostro prossimo, contate tutte queste ingiustizie, contate tutti questi pensieri di odio e di vendetta che avete nutrito nei vostri cuori; andate, maledetti, nell’inferno. Voi siete stati ribelli: i miei ministri hanno detto mille volte che se non amate il vostro prossimo come voi stessi, non c’è perdono per voi. Ritiratevi da me, maledetti, andate all’inferno, sarete la vittima della mia eterna collera, ove conoscerete che la vendetta non è che per DIO solo. – Vieni, vieni, ubriacone, ecco là un bicchiere di vino, un pezzo di pane che tu hai strappato dalla bocca di tua moglie e dei tuoi figli; ecco tutti gli eccessi, li riconosci? Sono i tuoi, o sono quelli del tuo vicino? Ecco il numero delle notti, dei giorni, le domeniche e le feste che tu hai trascorso nei cabaret; ecco  fino all’ultima, le parole disoneste che hai dette nelle tue sbornie; ecco tutti i giuramenti, tutte le imprecazioni che hai vomitato; ecco tutti gli scandali che hai dato a tua moglie, ai tuoi figli, ai vicini. Sì, io ho scritto tutto, ho tutto contato. Va, disgraziato, ad ubriacarti negli inferi del fiele della mia collera. – Venite mercanti, operai, di qualunque stato voi siate, venire, rendetemi conto fino all’obolo di tutto ciò che avete comprato e venduto; venite, esaminiamo insieme se le vostre misure ed i vostri conti siano conformi ai miei? Ecco, mercanti, il giorno in cui avete ingannato questa bambino. Ecco il giorno in cui avete fatto pagare due volte la stessa cosa. Venite, profanatori dei Sacramenti, ecco tutti i vostri sacrilegi, tutte le vostre ipocrisie. Venite, padri e madri, rendetemi conto di queste anime che a voi ho affidato; rendetemi conto di tutto ciò che hanno fatto i vostri figli, i vostri domestici; ecco tutte le volte che avete dato loro il permesso di andare nei luoghi e con le compagnie in cui hanno peccato. Ecco tutti i cattivi pensieri ed i cattivi desideri che vostra figlia ha coltivato; ecco tutti gli abbracci e le azioni infami; ecco tutte le parole impure che i vostri figli hanno pronunziato. Ma, Signore, diranno i padri e le madri, io non li ho comandati. Non importa, dirà ad essi il loro Giudice, i peccati dei tuoi figli, sono i tuoi peccati. Dove sono le virtù che hai fatto loro praticare? Dove sono i buoni esempi che hai loro dati o le buone opere che hai fatto fare loro? Ahimè! Cosa sarà di questi padre e queste madri che vedono che i loro figli, gli uni vanno a ballare, gli altri ai giochi o alla bettola, e vivono tranquilli. O DIO mio quale cecità! Oh! Da quali crimini si vedranno oppressi in questi terribili momenti! Oh! Quanti peccati nascosti che saranno manifestati alla presenza di tutto l’universo! Oh! Abissi profondi degli inferi, apritevi per ingoiare questa folla di perversi che non hanno vissuto che per oltraggiare DIO e dannarsi. Ma – voi mi direte – tutte le buone opere che abbiamo fatto non serviranno dunque a niente? Questi digiuni, queste penitenze, queste elemosine, queste Comunioni, queste Confessioni saranno dunque senza ricompensa? No, vi dirà Gesù-Cristo, tutte le vostre preghiere non erano che pratiche di abitudini, i vostri digiuni ipocrisie, le vostre elemosine vanagloria; il vostro lavoro non aveva altro scopo che l’avarizia e la cupidigia, le vostre sofferenze non erano accompagnate che da pianti e mormorii; in tutto ciò che facevate, Io non c’ero per nulla; tuttavia vi ho ricompensato con beni temporali, ho benedetto il vostro lavoro, ho dato fertilità ai vostri campi, arricchiti i vostri figli, il poco di bene che avete fatto ve l’ho ricompensato con più di quanto potevate attendere. Ma, Egli ci dirà, i vostri peccati vivono ancora, essi vivranno eternamente davanti a me; andate maledetti, nel fuoco eterno preparato per tutti coloro che mi hanno disprezzato durante la loro vita. – Sentenza terribile, ma infinitamente giusta. Cosa di più giusto! Un peccatore che per tutta la sua vita, non ha fatto che rivoltarsi nel crimine, malgrado le grazie che il buon DIO gli presentava incessantemente per uscirne! Vedete questi empi che si lamentavano del loro pastore, che disprezzavano le parole di vita, che volgevano in ridicolo quello che il loro pastore diceva ad essi? Vedete questi peccatori che si gloriavano nel non avere Religione, che schernivano coloro che la praticavano? Vedeteli, questi cattivi Cristiani che avevano così spesso in bocca queste orribili bestemmie che- essi dicevano – trovavano ancora eccellente il pane, e non avevano bisogno di Confessione? Vedete questi increduli che ci dicevano che, quando fossimo morti, tutto era finito? Vedete la loro disperazione, ascoltateli confessare la loro empietà? Li udite implorare misericordia? Ma tutto è finito, non avete più che l’inferno per retaggio. – Vedete questo orgoglioso che scherniva e disprezzava tutti? Lo vedete inabissato nel suo cuore, condannato per una eternità sotto i piedi dei demoni? Vedete quell’incredulo che diceva che non c’è DIO, che non c’è inferno? Lasciate confessare loro davanti a tutto l’universo che c’è un DIO Giudice, ed un inferno dove sta per precipitare per non uscirne mai più? È vero che DIO darà la libertà a tutti i peccatori di portare lo loro ragioni, le loro scuse per giustificarsi, se possono. Ma ahimè! Che potrà dire un criminale che non vede che crimine e ingratitudine? Ahimè! Tutto ciò che potrà dire un peccatore in questo momento doloroso non servirà che a mostrare ancor più la sua empietà e la sua ingratitudine. – Ecco, senza dubbio, fratelli miei, ciò che vi sarà di più sconvolgente in questo terribile momento; questo sarà quando vedremo che DIO non ha nulla risparmiato per salvarci; che Egli ci fa fatto partecipi dei meriti infiniti della sua morte in croce; che Egli ci ha fatto nascere nel seno della sua Chiesa; che ci ha dato dei pastori per mostrarci ed insegnarci tutto ciò che si debba fare per essere felici. Egli ci ha dato i Sacramenti per farci recuperare la sua amicizia tutte le volte che l’avessimo perduta. Non ha posto dei limiti al numero dei peccati che voleva perdonarci; se il nostro ritorno fosse sincero, saremmo stati sicuri del nostro perdono, egli ci ha atteso per un numero infinito di anni, benché non vivessimo che per oltraggiarlo; Egli non voleva perderci o piuttosto voleva assolutamente salvarci; e noi non abbiamo voluto! Siamo noi stessi che lo forziamo con i nostri peccati a fargli emettere una sentenza di eterna riprovazione: Andate, figli maledetti, andate a trovare colui che avete imitato: io non vi riconosco, se non per non schiacciarvi con tutti i furori della mia eterna collera. – Venite, ci dice il Signore per mezzo di uno dei suoi Profeti, venite, uomini, donne, ricchi e poveri, quantunque peccatori, di qualunque stato e condizione siate, dite tutti insieme, ditemi le vostre ragioni, ed Io vi dirò le mie. Entriamo in giudizio, pesiamo tutto ai piedi del santuario. Ah! momento terribile per un peccatore che da qualunque lato consideri la sua vita, non vede che peccato, ed alcun bene. DIO mio! Che sarà di lui? In questo mondo, il peccatore ha sempre qualche scusa da recare per tutti i peccati che ha commesso; egli porta finanche il suo orgoglio al tribunale della penitenza, dove non dovrebbe comparire se non per accusar se stesso e condannarsi. Per gli uni l’ignoranza; per altri le tentazioni troppo violente; infine per altri, le occasioni e i cattivi esempi: ecco, ogni giorno le ragioni che i peccatori accampano per nascondere la oscurità dei loro crimini. Venite peccatori orgogliosi, vedete se le vostre scuse saranno bene accolte nel giorno del giudizio, e spigatevi con Colui che ha la face in mano, che ha visto tutto, tutto contato, tutto pesato. Voi non sapevate, direte, che questo fosse un peccato! Ah! Sventurati, vi dirà Gesù-Cristo, se foste nati tra le nazioni idolatre che non hanno mai sentito parlare del vero DIO, potreste ancora scusarvi per la vostra ignoranza; ma voi Cristiani, che avete avuto la fortuna di nascere nel seno della mia Chiesa, allevato nel centro della luce, voi, ai quali si parla della vostra eterna felicità? Dalla vostra infanzia vi si insegna cosa fare per procurarvela, voi che mai si è cessato di istruire; era proprio perché non avete voluto istruirvi; era proprio perché non avete voluto profittare delle istruzioni o che voi avete rifuggito. Andate maledetti! Andate, le vostre scuse vi rendono ancor più degni di maledizione! Andate, figli maledetti, negli inferi e bruciate con la vostra ignoranza. – Ma, dirà un altro, le mie passioni erano troppo vive e grande la mia debolezza. Ma, dirà loro il Signore, poiché DIO era così buono da farvi conoscere la vostra debolezza, ed i vostri pastori vi dicevano che bisognava continuamente vegliare su voi stessi, mortificarvi, se volevate domarle; perché facevate tutto all’opposto? Perché prendevate tanta cura nel contentare il vostro corpo ed i vostri piaceri? DIO vi faceva conoscere la vostra debolezza e voi ricadevate ad ogni istante? Perché non facevate ricorso a DIO per chiedergli la sua grazia? Perché non ascoltavate i vostri pastori che non cessavano di esortarvi nel chiedere le grazie e le forze di cui avevate bisogno per vincere il demonio? Perché avete dunque tanto spesso disprezzato la parola di DIO che vi avrebbe guidato nel cammino che dovevate intraprendere per andare a Lui? Ah! Peccatori ingrati e ciechi, tutti questi beni erano a vostra disposizione, voi potevate servirvene come tanti altri. Cosa avete fatto per impedirvi di cadere nel peccato? Voi non avete pregato che per uso ed abitudine. Andate maledetti! Più avete conosciuto la vostra debolezza, più dovevate far ricorso a DIO che vi avrebbe sostenuto ed aiutato per operare la vostra salvezza. Andate maledetti, voi non siete se non più colpevole. – Ma ci sono tante occasioni di peccare, dirà ancora un altro. Amico mio, io conosco tre tipi di occasione che possono portare al peccato. Tutti gli stati hanno i loro pericoli. Io dico che ve ne sono di tre sorta: quelli in cui siamo necessariamente esposti per i doveri del nostro stato, quelli che incontriamo senza cercarceli, e quelli ai quali ci esponiamo senza necessità. Se per quelli in cui ci invischiamo senza necessità non abbiamo scusanti, non cerchiamo di scusare un peccato con un altro peccato. Voi avete inteso cantare cattive canzoni, voi dite; avete ascoltato una maldicenza o una calunnia, e perché siete andato in questa casa o con questa compagnia? Perché frequentate queste persone senza Religione? Non sapete che chi si espone al pericolo è colpevole e vi perirà? Colui che cade senza esporsi si rialza ben presto, e la sua caduta lo rende ancor più vigilante e saggio. Ma non vedete voi che DIO ci ha promesso il suo soccorso nelle tentazioni, non ce lo ha promesso però quando abbiamo la temerarietà di esporci da noi stessi. Andate maledetti, voi stessi avete cercato di perdervi; voi meritate l’inferno che è riservato ai peccatori come voi. – Ma, voi mi direte, si hanno continuamente cattivi esempi davanti agli occhi. Voi avete cattivi esempi … quale scusa frivola! Se ne avete di cattivi, non ne avete pure di buoni? Perché non avete seguito piuttosto i buoni che i cattivi? Quando vedevate che questa giovane va in chiesa, alla sacra mensa, perché non la seguite, piuttosto che seguire quella che andava alle danze? Quando quest’uomo andava in chiesa per adorarvi Gesù-Cristo nel santo tabernacolo, perché non avete seguito i suoi passi piuttosto che seguire le orme di coloro che si recavano alla bettola? Dite piuttosto, peccatori, che avete amato più la via larga che vi ha condotto in questo disastro in cui vi trovate, che il cammino che il Figlio di DIO ha tracciato Egli stesso. La vera causa delle vostre cadute e della vostra riprovazione, non viene dunque né dai cattivi esempi, né dalle occasioni, né dalle vostre debolezze, né dalle grazie che vi mancavano; ma soltanto dalle cattive disposizioni del vostro cuore che non avete voluto reprimere. Se avete fatto il male, è perché lo avete voluto. La vostra perdita non viene dunque, che solamente da voi. – Ma, mi direte, non ci veniva sempre detto che DIO era buono. È vero che Egli è buono, ma Egli è giusto; la sua bontà e la sua misericordia sono per voi passate: non c’è più che la sua giustizia e la sua vendetta. Ahimè! Fratelli miei, noi che abbiamo tanta ripugnanza nel confessarci, se cinque minuti prima di questo grande giorno, DIO ci concedesse dei sacerdoti per confessare i nostri peccati perché fossero cancellati, ahimè! Con quanta premura non ne profitteremmo? Questo non ci sarà mai concesso in questo momento di disperazione. Il re Bogoris fu molto più saggio di noi. Essendo stato istruito da un missionario della Religione Cattolica, ma trattenuto ancora dai falsi piaceri del mondo, per effetto della Provvidenza di DIO, un pittore cristiano al quale aveva dato la commissione di dipingere nel suo palazzo la caccia più terribile alle bestie selvatiche, gli dipinse all’opposto il giudizio finale, il mondo tutto in fuoco, Gesù-Cristo in mezzo ai fulmini ed ai tuoni, l’inferno già aperto per inghiottire i dannati, con figure tanto spaventose, per cui il re restò di stucco. Ritornato in sé, si sovvenne di ciò che il missionario gli aveva detto per evitare gli orrori di questo momento, in cui il peccatore non può che avere la disperazione per retaggio, e rinunciando in seguito ai suoi piaceri, passò il resto della sua vita nella penitenza e nelle lacrime. Ahimè! Fratelli miei, se questo re non si fosse convertito, sarebbe morto egualmente, avrebbe lasciato tutti i suoi beni ed i suoi piaceri, è vero, un po’ più tardi; ma morendo, nel volgere di secoli, sarebbero passati ad altri. Egli sarebbe invece a bruciare per sempre nell’inferno, mentre è in cielo per l’eternità, ed è contento, aspettando questo giorno, di vedere che tutti i suoi peccati gli siano perdonati e non riappariranno mai più, né agli occhi di DIO, né agli occhi degli uomini. – Fu questo pensiero ben meditato da San Girolamo che lo spinse a tanti rigori per il suo corpo e a versare tante lacrime. Ah! esclamava egli in questa vasta solitudine, mi sembra di sentire ad ogni istante questa tromba che deve svegliare tutti i morti, chiamarmi al tribunale del mio Giudice. Questo pensiero faceva tremare un Davide sul suo trono, un Agostino in mezzo ai suoi piaceri, malgrado tutti gli sforzi che faceva per soffocare questo pensiero che un giorno sarebbe stato giudicato. Egli diceva di tanto in tanto al suo amico Alipio: Ah! caro amico, verrà il giorno in cui noi appariremo davanti al tribunale di DIO per ricevervi la ricompensa del bene o il castigo del male che avremo fatto durante la nostra vita; lasciamo, amico caro mio la strada del crimine per quella che hanno seguito tutti i santi. Prepariamoci a questo giorno, fin dal momento presente. – San Giovanni Climaco ci racconta che un solitario lasciò il suo monastero per passare in un altro a farvi più penitenza. La prima notte, fu chiamato al tribunale di DIO che gli mostrò come egli fosse debitore verso la sua giustizia di cento libbre d’oro. Ahimè! Signore, egli esclamò, cosa devo fare per acquistarli? Egli restò tre anni in questo monastero, dove DIO permise che fosse disprezzato e maltrattato da tutti gli altri, al punto che gli sembrava che nessuno potesse sopportarlo. Il Signore gli apparve una seconda volta dicendogli che non aveva acquistato ancora che un quarto del suo debito. Ah! Signore, esclamò ancora, cosa devo fare quindi per farmi giustificare? Egli si finse pazzo per tredici anni, facendo tutto ciò che gli si voleva: lo si trattava duramente come una bestia da soma. Il buon DIO gli apparve una terza volta dicendogli, che era giunto alla metà. Ah! Signore, poiché io l’ho voluto, devo soffrire per poter soddisfare alla vostra giustizia. Ah! DIO mio! Non aspettate che i miei peccati siano puniti dopo il giudizio. San  Giovanni Climaco ci racconta un fatto che ci fa tremare. C’era, ci dice, un solitario che dopo quarant’anni piangeva i suoi peccati in fondo ad un bosco. Alla vigilia della sua morte, tutto ad un tratto, fuor di sé, aprendo gli occhi, guardando a destra ed a sinistra del suo letto, come se avesse visto qualcuno gli domandasse conto della sua vita, rispondeva con voce tremante: Sì, io ho commesso questo peccato, ma io l’ho confessato ed ho fatto penitenza per trenta anni, fino a quando il buon DIO mi ha perdonato. Tu hai commesso anche questo peccato, gli diceva questa voce. No, gli rispose il solitario, io non l’ho commesso. Prima di morire lo si sentì gridare: DIO mio, DIO mio, togliete, togliete i miei peccati, per piacere, da davanti agli occhi miei, io non posso più sopportarli. Ahimè! Cosa ci accadrà se il demonio ci rimprovera anche i peccati che non abbiamo commesso, a noi che siamo tutti coperti dai peccati e non abbiamo fatto penitenza; ahimè! Cosa dobbiamo aspettarci per questo terribile momento? Se i Santi appena sono rassicurati, cosa accadrà a noi? – Cosa dobbiamo concludere da tutto questo, fratelli miei? Non bisogna mai perdere di vista che noi saremo giudicati un giorno senza misericordia, e che tutti i nostri peccati saranno mostrati agli occhi di tutto l’universo; e che dopo questo giudizio, se ci troviamo in questi peccati, andremo a piangerli negli inferi senza poterli né cancellarli, né dimenticarli. Oh! Quanto siamo ciechi, fratelli miei, se non profittiamo del poco di tempo che ci resta da vivere per assicurarci il cielo. Se siamo peccatori, abbiamo la speranza del perdono; se noi invece lo aspettiamo allora, non ci saranno più risorse. DIO mio! Fatemi la grazia di non farmi mai perdere il ricordo di questo terribile momento, soprattutto quando sarò tentato, per non lasciarmi soccombere; affinché in questo giorno noi udiamo queste dolci parole uscite dalla bocca del Salvatore: « Venite, benedetti dal Padre mio, a possedere il regno che vi è stato preparato fin dal principio del mondo. »