LA DEVOZIONE AL SACRO CUORE DI GESU’

La divozione al Sacro Cuore di Gesù.

[ A. Carmagnola: “Il Sacro Cuore di Gesù”; S.EI. Ed. Torino, 1920. – DISCORSO II.]

Purtroppo non pochi Cristiani dei nostri giorni, formandosi un Cristianesimo tutto a loro modo, al sentir parlare di divozione lasciano uscir di bocca un sorriso di scherno, e di compassione, come se la divozione non fosse altro che un’esagerazione di teste piccole e di nature meschine. Anzi nel linguaggio moderno quando si è detto di taluno che è un devoto, si è detto abbastanza per renderlo odioso e ridicolo, benché si tratti un’anima profondamente convinta, robusta di virtù, elevata di mente e generosa di sentimenti. E non pochi vi hanno, che preferiscono essere chiamati cristiani alla libera e secondo lo spirito del mondo, che cristiani divoti. Ma tutto ciò, che è altro mai, se non chiarissimo indizio del loro decadimento dallo spirito cristiano? Perché è egli possibile il possedere veramente questo spirito e non avere ciò che si chiama divozione? Se la divozione deriva il suo nome a devovendo dal dedicarsi che alcuno fa prontamente all’altrui servizio, che cosa è dessa altro mai se non la volontà pronta di fare quelle cose che appartengono al servizio di Dio? E tale essendo la divozione, non conviene riconoscere perciò che non solo non è una esagerazione, ma non è neppure un soprappiù di ciò che conviene ad essere vero cristiano, tanto che non si possa dire Cristiano vero colui che non è pure Cristiano divoto? – Ma se certi cristiani alla moda, eppur così ripieni di ignoranza per riguardo alle cose di Dio, già si fanno a deridere in genere la divozione, fanno peggio ancora intendendo a parlare della divozione al Sacro Cuore di Gesù. Per loro questa divozione, oltre che è una divozione tutta nuova, non è altrimenti basata che sulla immaginazione, e non deve servire ad altro che ad occupare gli animi delle religiose, che vivono racchiuse tra le mura di un monastero. Ora quanto grave sia il loro errore è ciò che si verrà conoscendo meglio di mano in mano che, svolgendo la sostanza di questa divozione, si verrà a conoscere più esattamente in che cosa essa consista e come più che ogni altra divozione sia basata, tutt’altro che sull’immaginazione, sulle più belle e più grandi realtà. Tuttavia fin da oggi contro le stolte declamazioni di certi spiriti leggieri ci faremo a considerare di proposito quanto questa divozione al Sacro Cuore di Gesù sia salda ed eccellente.

I. — La divozione al Sacratissimo Cuore di Gesù, tutt’altro che essere una divozione nuova, è la divozione più antica e più costante. In un certo senso si potrebbe dire che è antica quanto è antico il mondo, e che ha cominciato in quel giorno in cui Adamo peccatore, intese insieme con la condanna della sua colpa promettersi da Dio misericordioso il Riparatore del suo male in un figlio della Donna. Perciocché fin d’allora Adamo riconoscendo l’amore, che il Messia Verbo Incarnato, avrebbe dimostrato agli uomini nel venire quaggiù a redimerli, in questo amore, frutto di un Cuore Divino, pose tutta la sua fede, tutta la sua speranza, e questo amore si studiò di ricambiare con l’amor suo e con la penitenza del suo peccato. In questo senso continuarono ancora i patriarchi e tutti i profeti a nutrirgli la loro divozione; e questi ultimi soprattutto ne celebrarono in mille guise la carità, la bontà, la tenerezza e tutte le altre sue perfezioni, tanto che la Chiesa anche oggidì non trova nulla di meglio per onorare questo Divin Cuore nel giorno della sua festa che valersi delle loro magnifiche espressioni. Tuttavia questa divozione al Sacro Cuore di Gesù nell’antica legge non era praticata che indirettamente. – Ma quando nostro Signore diede compimento alle sue promesse, ed incarnatosi e fattosi uomo, si cominciò dagli uomini a sperimentare di fatto la bontà immensa del Cuor suo, si può dubitare che a questo Cuore non si sia preso a tributare una divozione diretta? Quel che è certo si è che Gesù Cristo medesimo fin d’allora offerse il suo Cuore Sacratissimo alla devozione degli uomini. E per prova di ciò basta ricordare quel che fece nell’ultima cena con l’Apostolo suo prediletto san Giovanni. Stando questo Apostolo seduto a fianco di Gesù in modo, che comodamente poteva chinare la testa sopra il Cuore di Gesù Cristo, ve la chinò di fatto; e Gesù non solo glielo permise, ma in certa guisa lo volle, perché così avesse ad intendere i suoi palpiti, avesse a sentire l’ardore delle sue vampe amorose, e potesse un giorno, meglio di ogni altro evangelista, mettere in chiaro le prove infinite e supreme di carità, che questo suo Cuore diede per noi, ed invitare così più efficacemente gli uomini a ricambiarlo d’amore. Sì, dice S. Agostino: secreta altiora de intimo eius Corde potabat; san Giovanni attingeva a questo Cuore i più ineffabili misteri. E così pure asserisce Origene: Bisogna riconoscere che nel fondo del Cuore di Gesù Giovanni pigliasse i tesori della sapienza e della scienza: in penetrali Cordis Iesu thesauros sapientiæ et scientiæ requisisse dicendum est. Ma ecco finalmente che Gesù Cristo nel Getsemani dà principio alla sua Passione, e dal suo cuore risospinge il Sangue all’esterno, quasi per dirci che dal Cuore avevano principio tutti i suoi patimenti; e poscia morto sulla Croce, lascia che un soldato con una lanciata inflittagli con violenza nel fianco destro, vada fino al fianco sinistro a trapassargli il Cuore, come per dirci che lo stesso Cuore ai suoi patimenti poneva il colmo. Allora certamente la sua divozione dovette consolidarsi e stabilirsi più direttamente ancora. Ed in vero l’apostolo ed evangelista S. Giovanni non ci avrebbe notate tutte queste cose particolari intorno al Cuore di Gesù, avvenute nella sua passione e morte, se egli stesso non ne fosse stato ardentemente innamorato. E per altra parte queste cose medesime narrate e fatte conoscere ai cristiani non povano non accendere in loro questa divozione. – Difatti per tacere di molti martiri, nei cui atti si legge, che a questo Sacratissimo Cuore attingevano la forza necessaria a versare il loro sangue per la fede, quali stupende pagine non scrissero mai in suo onore e per la sua divozione i Santi Padri lei primi secoli della Chiesa? S. Agostino e S. Cipriano parlano del Cuore di Gesù nel modo più entusiastico, osservando come da esso ne vennero fuori la Chiesa e i Sacramenti, e in esso si aperse la porta della eterna salute, raffigurata dalla porta dell’arca costrutta da Noè, per la quale passarono gli animali, che non dovevano perire nel diluvio. Tertulliano e S. Giovanni Grisostomo magnificano in questo Cuore la misericordia divina, poiché nell’acqua e nel sangue che sgorgarono dalla sua ferita, veggono chiaramente indicati il Sacramento del Battesimo e della Eucarestia. S. Cirillo vi ritrova il compimento della nostra Redenzione, essendo esso l’indizio più certo della morte di Cristo. S. Efrem, S. Basilio, S. Gregorio Nazianzeno ed altri Santi Padri ancora esaltano altamente questo Cuore, chi chiamandolo fornace di amore, chi scampo sicuro, chi rifugio in tutti i pericoli, chi fonte di ogni grazia e benedizione. Ad imitazione di questi Santi Padri continuarono gli altri dottori e gli altri santi in ogni tempo a tributare i loro omaggi al Cuore Sacratissimo di Gesù. E qui, o miei cari, contentandomi di ricordare i nomi di S. Pier Damiani, dell’illuminato Taulero, di S. Bernardino da Siena, di S. Tommaso da Villanova, di S. Tommaso d’Aquino e di S. Bonaventura, di S. Luigi Gonzaga e di S. Francesco di Sales, di santa Geltrude, di santa Matilde, di santa Teresa, di santa Caterina da Siena, di santa Maddalena de’ Pazzi, di santa Margherita da Cortona, di santa Francesca Romana, tacendo di moltissimi altri santi e sante, faccio tuttavia speciale menzione di S. Bernardo, il quale scriveva intorno al Sacro Cuore pagine così tenere e così sublimi, che la Chiesa non trovò nulla di più adatto per comporre le lezioni della sua officiatura ad onore del Divin Cuore. Ed in vero: « Poiché, egli dice, siamo venuti al Cuore dolcissimo di Gesù, ed è per noi cosa buona il rimanervi, non lasciamoci facilmente allontanare da colui, del quale è scritto: Coloro che da te si allontanano saranno scritti in terra, mentre invece coloro, che a te si avvicinano, avranno i loro nomi scritti in cielo. Accostiamoci adunque a te, ed esultiamo e rallegriamoci in te, memori del tuo Cuore. Oh quanto è cosa buona e gioconda l’abitare in questo Cuore! il gettarvi entro ogni pensiero ed affètto! In questo tempio, in questo santuario, presso a quest’arca del testamento io pregherò e loderò il nome del Signore, dicendo con Davide: Ho trovato il cuore per pregarvi il mio Dio. Sì, ho trovato il cuore del re, del fratello, dell’amico benigno Gesù. E come mai, o Gesù dolcissimo, io non pregherò il mio Dio dentro a questo tuo e mio cuore? Ah! degnati soltanto di ammettermi in questo sacrario, in cui le mie preghiere saranno da te esaudite! Anzi, vogliami trarre tutto nel Cuor tuo. O Gesù, il più bello fra tutti gli uomini, lavami dalla mia iniquità e mondami dal mio peccato, affinché, per tua mercé purificato, io possa accostarmi a te che sei purissimo, e meriti abitare nel Cuor tuo in tutti i giorni della mia vita, e valga a vedere e fare ad un tempo la tua volontà. Imperciocché per questo è stato ferito il tuo fianco, perché a noi sia aperta l’entrata. Per questo fu ferito il tuo Cuore, perché sciolti dalle cure terrene, in esso ed in te possiamo abitare. Tuttavia questo Cuore fu specialmente ferito, affinché per la ferita carnale e visibile ci fosse manifesta la ferita spirituale ed invisibile dell’amore, che lo consuma. – Chi adunque non amerà un cuore così amante? Chi non abbraccerà un cuore sì casto? Amiamo, riamiamo, abbracciamo adunque questo Cuore, e stiamo in esso affinché si degni di stringere e ferire il cuor nostro ancor sì duro ed ostinato con la catena e con il dardo dell’amore. » Così adunque il mellifluo s. Bernardo scriveva e parlava del Sacratissimo Cuore nel secolo XII. – Tuttociò pertanto dimostra chiarissimamente che la divozione al Sacratissimo Cuore in sostanza non è una divozione nuova, come la vollero riguardare certi eretici dispettosi e superbi, ma una divozione antica quanto è antico il Cristianesimo, anzi il mondo, e costante quanto lo fu il corso dei secoli. Epperò per questa sola ragione della sua antichità già bene riesce manifesto, quanto essa sia salda ed eccellente. Ma qui osserviamo, almeno di passaggio, quanto siano stolti ed ignoranti coloro, che senza sapere e riflettere di che si tratti, giudicano senz’altro la divozione al Sacro Cuore di Gesù una divozione propria di teste piccole e di nature meschine. Oh! eran dunque nature meschine e teste piccole un S. Agostino, un S. Giovanni Grisostomo, un S. Bernardo, un S. Bonaventura, e un S. Tommaso d’Aquino? Comprendete perciò, o miei cari, quanto siano sventati e falsi i giudizi dei mondani, e per quel che riguarda la divozione al Sacro Cuore di Gesù, non dubitate punto di apprezzarla e di praticarla, sicuri di conformarvi in essa ai più grandi luminari della Chiesa. Ma sebbene nella sua sostanza la divozione al Sacro Cuore di Gesù non sia nuova affatto, tuttavia la forma speciale, cui la vediamo oggidì praticata in tutto l’universo cattolico, non ebbe principio che verso la fine del secolo decimo settimo, quando lo stesso Gesù Cristo si degnò esprimerne la sua volontà ad una sua sposa diletta. Udite. A Paray-le-Monial in Francia, in un monastero della Visitazione viveva una santa verginella per nome Margherita Alacoque. Fin dai primi anni della sua vita, illustrata dallo Spirito Santo ed arricciata delle benedizioni celesti, disprezzando gli allettamenti del mondo, si era consacrata a Dio col voto di verginità perpetua e aveva preso a praticare ogni più bella virtù cristiana. Ma perché il mondo non avesse a guastare menomamente la bellezza di questo fior di paradiso, quel Divin Padre, che Gesù Cristo stesso chiamò col nome di agricoltore, per opera della sua provvidenza, togliendola di mezzo al mondo, la trapiantava negli orti chiusi della religione, dove, per la maggior abbondanza di grazia e per la fedele corrispondenza alla stessa, cresceva meravigliosamente in spirituale bellezza, tanto da attrarre sopra di sé lo specialissimo sguardo di quel Gesù, che si pasce fra i gigli, e meritare non solo di godere sovente delle sue visite di paradiso, ma di essere eletta per stabilire quaggiù la divozione al suo Sacratissimo Cuore. Ed ecco come andò il fatto. – Volgeva tacita la notte del 16 Giugno dell’anno 1675, fra l’ottava del Corpus Domini, e Santa Margherita vegliava tutta sola appiè del santo altare e fervorosamente pregava. L’anima sua immersa nei divini misteri sentivasi come infuocata di carità, e tale un incendio la abbruciava, da non poter quasi più reggere per l’estremo dolore; quand’ecco si ode su per l’altare un muovere concitato di passi, ed una luce improvvisa balza fuori da quelle tenebre. Margherita leva gli occhi… ed oh! che non vide ella mai?… Le era apparso Gesù Cristo in persona e le dava a vedere il suo Cuore Sacrosanto. Era questo come sopra un trono di vive fiamme, circondato da una corona di spine, squarciato da una ferita, con una croce piantatavi sopra. Margherita lo mirava estatica, come immersa in un mare di gioia e quasi senza mandar un respiro, quando il Divin Redentore ruppe egli stesso il silenzio ed uscì fuori in questi amorosi accenti: « Margherita, ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini, sino a struggersi e consumarsi per dimostrar loro le sue grandi vampe. Ma in ricambio Io non ricevo dalla maggior parte di essi che ingratitudini, tanti sono i disprezzi, le freddezze, le irriverenze, i sacrilegi, che si commettono contro di me nel Sacramento di amore. E ciò che mi torna anche più penoso si è, che a trattarmi così vi sono pure dei cuori a me consacrati. Ti chieggo pertanto che il primo venerdì dopo l’ottava del SS. Sacramento sia dedicato a celebrare una festa particolare in onore del mio Cuore e con la santa Comunione si riparino in quel giorno gli indegni trattamenti, che Io ho ricevuto, mentre stavo esposto sopra gli altari. Io poi ti prometto, che il mio Cuore si dilaterà per spargere con abbondanza le influenze del mio divino amore sopra tutti coloro, che gli renderanno e procureranno che gli sia reso da altri questo onore. » Così parlò Gesù Cristo alla sua diletta Margherita, la quale tutta confusa e tremante per la grande missione che venivale conferita, si faceva umilmente a rispondere: « Ma, Signore amabilissimo, a chi vi volgete voi per una tanta impresa? E non vedete che io sono meschina e peccatrice? Vi mancano forse anime generose, a cui affidare sì grave incarico? » Ma Gesù Cristo nulladimeno, ricordando quella legge del suo governo, per cui si serve di mezzi in apparenza spregevoli per effettuare grandi opere, onde risplenda meglio la potenza del suo braccio, riaffermava la sua volontà e confortava quella santa verginella ad eseguirla. – Anzi, continuando in seguito ad apparirle, le faceva sempre meglio conoscere i segreti del suo Sacratissimo Cuore, le dichiarava il fine, che dovevano proporsi le anime generose che aspirassero a glorificarlo, le suggeriva Egli stesso le pratiche di pietà da Compiersi, le faceva conoscere le grazie che avrebbe compartite ai suoi adoratori, le assicurava che questa divozione si sarebbe mirabilmente dilatata non ostante tutte le opposizioni, con cui taluni l’avrebbero impugnata, e filialmente le inviava un suo fedelissimo servo, il padre La Colombière, della Compagnia di Gesù, perché le fosse di potente aiuto a promuoverla ed a spargerla ovunque. – Così adunque, o miei cari, voi lo avete inteso, è Gesù Cristo medesimo Colui che volle avere un culto pubblico al suo Sacratissimo Cuore. Epperò mirando a questa divozione, sparsa ornai per tutta la terra, ben a ragione dobbiamo esclamare: A Domino factum est istud, et est mirabile in oculis nostris. (Ps. CXVII, 22) E chi sarà pertanto, che nel considerare come Gesù Cristo, la divina Sapienza incarnata, ha Egli medesimo presentato il suo Cuore ad essere onorato dai fedeli, non riconoscerà la grande saldezza e la somma eccellenza, che vi ha nella sua divozione?

II. — Ma io so benissimo, che se qui vi fosse ad ascoltarmi taluno dei così detti spiriti forti, si riderebbe in cuor suo dell’aver dato io importanza alla rivelazione di Santa Margherita Alacoque. Perciocché, che cosa altro mai secondo la moderna incredulità sono le estasi dei Santi, le rivelazioni fatte da Dio a certe anime sue predilette, se non allucinazioni di mente esaltata, effetti di una malattia, che chiamano isterismo? Tuttavia, anche perché crederei tempo gittate il fermarmi a discutere sopra questo nuovo trovato della scienza atea e mostrarne la vanità, io mi accontento di osservare per voi che siete credenti, che senza dubbio le rivelazioni particolari fatte da Dio ai Santi non si hanno da accogliere se non in quella misura, che la Chiesa permette e stabilisce, ma che quando la Chiesa ce ne ha fatto ella medesima sicurtà, allora non dobbiamo più dubitarne. Perché la Chiesa accetta forse ed approva senz’altro qualsiasi particolare rivelazione? Tutt’altro! Essa non accetta e non approva alcuna di queste particolari rivelazioni, se non dopo lunghissimo, minutissimo e serissimo esame, in cui di tali rivelazioni siano prodotte le prove più autentiche. Or bene, queste prove, non altrimenti che nelle rivelazioni di altri santi, la Chiesa le ha pur volute nella rivelazione di Santa Margherita, ed avendole trovate specialmente nella santità della sua vita, essa ha creduto a tale rivelazione e con sicurezza la propose a credersi anche da noi. – Con tutto ciò, o carissimi, sbaglierebbe assai chi credesse che la divozione al Sacro Cuore di Gesù fosse basata unicamente sopra la rivelazione fattane da Santa Margherita. No, questa divozione, come ogni altra che vi ha nel seno della Chiesa, non è basata sopra una privata rivelazione, ma sopra la rivelazione per eccellenza che Iddio fece di tutta la sua religione, ed approvata perciò dalla autorità della Chiesa. – Ponete ben mente. Egli è certissimo che se Iddio non si fosse degnato di rivelarci egli stesso la massima parte delle verità, che a Lui si riferiscono e dei doveri religiosi e morali che a Lui ci stringono, noi non potremmo giammai né conoscerlo, né amarlo, né servirlo convenientemente, tanto da meritare di raggiungere il fine, a cui ci ha destinati. Ma anche in questo Iddio ci manifesta la sua misericordia infinita, nel parlarci e rilevarci tutto ciò che noi avremmo dovuto credere ed operare. – Egli, come ci dice S. Paolo, incominciò a fare la sua divina rivelazione ai padri nostri per mezzo dei profeti, e la compì poscia per opera dello stesso suo divin Figliuolo, Gesù. (Hebr. I, 12) In Gesù Cristo pertanto e negli Apostoli, che lo udirono, la divina rivelazione è perfettamente compiuta, e dopo Gesù Cristo e gli Apostoli non può ammettersi nessuna verità nuova riguardo al deposito della fede. È bensì vero che Iddio anche dopo la venuta del suo divin Figlio sulla terra ha continuato a fare delle particolari rivelazioni a grande numero de’ suoi servi prediletti, ma in nessuna di esse ci rivelò delle verità, che non fossero state già rivelate o ci propose un culto che non fosse già praticato. Ma senza rivelare alcuna nuova verità e senza introdurre alcun nuovo culto, è certo che Iddio in molte di queste sue particolari rivelazioni fece intendere agli uomini qualche suo speciale desiderio in relazione a qualche particolare verità e a qualche forma peculiare del culto già esistente. Così ad esempio, apparendo alla beata Giuliana da Liegi, le rivelò il desiderio vivissimo, che gli si desse una speciale manifestazione di fede, di amore e di gratitudine per l’istituzione del SS. Sacramento dell’Eucaristia, stabilendosi una festa particolare in suo onore, la festa del Corpus Domini. E fu appunto in seguito a questa particolare rivelazione che la Chiesa prese occasione ad istituire una tal festa, perciocché per una parte, esaminando seriamente la rivelazione fatta alla beata Giuliana, la trovò vera, e considerando per l’altra parte se era opportuna una nuova festa ad onore del SS. Sacramento dell’altare, vide che, tutt’altro che essere una novità pericolosa, era un mezzo efficacissimo a ravvivare la fede in una verità mai sempre creduta e a rendere più vivo e solenne il culto, che erasi mai sempre praticato ad onore del SS. Sacramento. La Chiesa adunque, anche per le rivelazioni più splendide che Iddio faccia ai santi, non introdurrà mai alcuna nuova verità da credere od alcuna pratica che non sia conforme alla religione completamente rivelata da Gesù Cristo. Tuttavia prendendo ad esaminare seriamente tali rivelazioni particolari, e trovandole degne di fede, suole da esse prendere occasione per mettere in maggior luce questo o quel mistero, per animare più efficacemente a questa od a quella divozione, conforme al desiderio manifestato da Dio e secondo lo spirito di sapienza e di opportunità, di cui è dotata dalla continua assistenza dello Spirito Santo. – Ora ecco appunto quello che accadde riguardo alla divozione al Sacratissimo Cuore di Gesù. Questa divozione in sostanza, come dissi fin dal principio, non è mancata mai nel seno della Chiesa, perché, basati sulla divina rivelazione i Cristiani hanno creduto sempre che in Gesù Cristo, essendo la Persona divina unita alla natura umana, anche la sua umanità, di cui il Cuore è parte nobilissima, deve essere adorata. – Ma poiché Gesù Cristo si compiacque di apparire ripetutamente alla sua diletta serva Margherita Alacoque, e farle conoscere il desiderio vivissimo, che questa divozione al suo Cuore si dilatasse viemaggiormente fra i fedeli e si praticasse con pubblica solennità, la Chiesa che cosa fece? Anzi tutto esaminò lungamente e seriamente la condotta di quell’inclita serva di Dio, e ritrovatala santa, riconobbe altresì che per ragione della sua santità meritava fede alle sue rivelazioni. E considerando inoltre il gran bene, che ne sarebbe venuto a sé ed ai fedeli dalla pratica della divozione particolare al Sacratissimo Onore, senza punto introdurre una nuova verità da credere, od un nuovo culto da praticare, dalla celebre rivelazione dell’Alacoque prese occasione a concretar meglio e a dare maggior impulso a questa divozione istessa. Il che adunque vuol dire che la divozione al Sacro Cuore di Gesù è basata non già sopra la particolare rivelazione, che Gesù Cristo fece a Santa Margherita, ma sopra la rivelazione per eccellenza che Egli fece a tutto il mondo, e che la Chiesa in seguito alla particolare rivelazione di Santa Margherita ha con l’autorità sua confermata ed esplicata una tale divozione. E per tal guisa la Chiesa ci assicura nello stesso tempo della saldezza e della eccellenza della medesima, e noi la dobbiamo praticare con la massima sicurezza e con tutto l’impegno. È vero che vi sono dei Cristiani superbi, a cui le proprie viste sembrando più giuste che quelle della Chiesa, anche per ciò che riguarda questa divozione non credono di doversi fidare del suo giudizio. Ma noi certamente non saremo nel numero di questi sventurati. Ossequenti alla parola di Gesù Cristo, che disse, che chi ascolta la Chiesa ascolta Lui stesso, senza esitazione di sorta anche in questo ci affideremo a lei, pienamente sicuri che essa, maestra infallibile di verità, né si inganna, né può ingannarci. – Sebbene nel dire che la Chiesa ci assicura della saldezza ed eccellenza della divozione al Sacro Cuore di Gesù, ho detto assai poco; ben altro ha fatto e continua a fare in favore di questa divozione. Essa la raccomanda nel miglior modo possibile. Il Sacro Cuore di Gesù aveva fatto conoscere a Santa Margherita che nel diffondersi della sua divozione si sarebbero levati contro di essa dei grandi nemici, ma che Egli avrebbe regnato malgrado tutte le contraddizioni. E così fu veramente. La setta dei Giansenisti, che negli scritti di Giansenio avevano bevuto gravi errori, mentendo astutissimamente pietà e mortificazione cristiana, trascinava in inganno non pochi fedeli. Appoggiandosi ad uno dei suoi principali errori, che Gesù non è morto per tutti, né per tutti ha versato il suo sangue, si travagliava con diabolica malizia a restringere i benefizi della redenzione e ad impedire i fedeli dì attingere con gaudio le acque di salute alle fonti del Salvatore. Perciocché con speciosi pretesti negava ai fedeli di frequentare la SS. Comunione o vi esigeva condizioni così esagerate di santità, da togliere nel loro animo il pensiero di potervisi ancora accostare. Non era dunque possibile, che a questa nuova razza di Farisei tornasse gradita la divozione al Sacro Cuore, così atta ad allargare il cuore di tutti gli uomini alla speranza della eterna salute e così efficace a promuovere l’uso e la frequenza dei SS. Sacramenti. Epperò non è facile immaginare quanto essi fecero in privato ed in pubblico, affine di screditarla e farla cadere in dispregio. Essi arrivarono al punto da impedire in alcuni paesi della Francia, che si celebrasse la festa del Sacro Cuore e si onorasse la sua immagine. E di sì gran peso fu il loro cattivo esempio che, estesosi in Italia, l’anno 1789 tenevasi un conciliabolo nella città di Pistoia, in cui giungendosi al massimo dell’impudenza, osavasi condannare la devozione al Sacro Cuore siccome nuova, erronea e pericolosa. Ma non ostante una guerra così accanita, il Cuore di Gesù trionfò per opera della Chiesa. Perocché, all’opposto degli eretici, la Chiesa riconoscendo questa divozione utilissima, prese a difenderla, ad inculcarla, a promuoverla in mille guise. Ne stabilì la festa, ne ordinò la Messa, ne compose l’ufficio, ed annuì al desiderio dei fedeli di unirsi in devote congregazioni, che avessero questo scopo speciale di onorare il Sacro Cuore. Che dirò poi dei tesori innumerevoli di sacre indulgenze, che i Romani Pontefici sparsero sopra tali congregazioni, erette in onore del Sacro Cuore, e sopra i fedeli che con ossequi determinati lo onorassero? Che dirò del fervore veramente meraviglioso, con cui sul suo stesso principio una tal divozione fu accolta dai Vescovi non di una Chiesa o di una provincia, ma di cento o più sedi dell’Italia, della Francia, della Germania, del Belgio, della Spagna, della Boemia, della Polonia, ed ora di tutta quanta la Cristianità? Che dirò dello zelo ardente, con cui tutto il clero e secolare e regolare si adoperò a porre in estimazione ed onore questo divin culto? I religiosi ed i sacerdoti più amanti del bene delle anime lo promossero per modo nelle loro congregazioni, nelle loro chiese e parrocchie, che non v’ha più casa di Dio, ove non sia dedicato al Sacro Cuore un altare, ove non sia esposta almeno la sua immagine alla cristiana venerazione. Ma a tutte le prove già addotte non bisogna che io tralasci di aggiungerne una del massimo peso, voglio dire l’erezione di una basilica consacrata al Sacro Cuore di Gesù im Roma, nella sede del Successore di S. Pietro, nella capitale del mondo cattolico, nel centro e nella metropoli della religione cristiana. Perciocché per opera di chi quella basilica si innalzò sul colle Esquilino, splendida di marmi e di pitture? Sì, è vero, fu il Padre Maresca, Barnabita, che da principio ne suggerì e promosse l’idea: fu quel gran servo di Dio, Don Giov. Bosco, che coadiuvato dalla carità degli Italiani e di tutto il mondo cattolico la condusse ad effetto con uno zelo ed una operosità indicibile; ma chi benediceva alla grand’opera e ne comperava col suo proprio denaro il suolo necessario, era l’angelico Pontefice Pio IX, di santa e venerata

memoria, quel Pontefice, che soleva dire e scrivere: « Nel Cuore di Gesù sta riposta la mia speranza: in Corde Jesu spes mea; » e chi affidava il grande e importante incarico a Don Bosco era il S. Padre Leone XIII, di venerata memoria, e così devoto del Sacro Cuore, che sapientemente ne innalzava la festa al maggior grado di solennità. Se pertanto due Pontefici così insigni curarono essi medesimi l’edificazione di un tempio al Sacro Cuore di Gesù, in Roma istessa, da cui, come da elevato e splendissimo faro, parte la luce di verità che illumina tutto il mondo, vi vorrà ancor altro, non dico per assicurarci della saldezza, dell’eccellenza della divozione al Sacro Cuore, ma per stimolarci a praticarla con tutto l’ardore? – Se un figliuolo vuole amare non a parole, ma a fatti la propria madre, non è egli vero che non può avere altro impegno se non di formare con la madre stessa un sol pensiero, un sol desiderio, un solo affetto? Senza alcun dubbio egli approverà quello che la sua buona madre approva, apprezzerà ciò che ella apprezza, amerà ciò che ella ama; e se conosce osservi qualche opera, che torni a lei gradita, si porrà a compierla con la più viva sollecitudine. Se altrimenti facesse e si vantasse di affettuoso figliuolo noi diremmo che egli mentisce. Or bene lo stesso è di ogni Cristiano in riguardo alla Chiesa sua madre spirituale. È Cristiano sincero colui, che approva, apprezza, ama e compie ciò che approva, apprezza, ama, compie la Chiesa, ma non è veramente tale colui che fa diversamente. Se la Chiesa pertanto approva e raccomanda la devozione al Cuore Santissimo di Gesù, siccome quella che non si discosta per nulla dall’inalterabile tesoro delle sue sante dottrine, potrà dirsi sincero Cristiano colui, che non la credesse altro che frutto di una allucinazione mentale, epperò non l’apprezzasse, non l’amasse e non la praticasse? No certamente. Deh! non sia adunque, che alcuno di noi non si accenda ognor più in una divozione così salda e così eccellente. Imitiamo tutti l’esempio dei grandi santi che l’hanno praticata; assecondiamo il volere di Gesù Cristo che l’ha rivelata; conformiamoci al sentimento della Chiesa, che l’ha approvata e raccomandata. E nella stima e nella pratica di questa divozione ci sarà dato certamente di godere i più salutari vantaggi per le anime nostre. – E voi, o Cuore Sacratissimo di Gesù, via, verità e vita di tutti gli uomini che vengono in questo mondo, siatelo specialmente per noi, che intendiamo di professarvi quella divozione, che meritate. Siate la nostra via e conduceteci diritti al vostro amore, al vostro servizio ed al vostro godimento. Siate la nostra verità ed illuminate cogli splendori indefettibili della vostra luce le nostre menti per conoscere sempre meglio i vostri pregi ineffabili. Siate la nostra vita, ed infondete nel cuor nostro lo spirito che vive in voi, affinché non vivendo più che in voi, con voi e per voi quaggiù sulla terra, possiamo un giorno venire a vivere in voi, con voi e per voi lassù in cielo.

L’ORGOGLIO

ORGOGLIO

 [E. Barbier: “I Tesori di Cornelio Alapide”, S.E.I. Ed. Torino, vol. III, 1930]

1. Che cosa è e a qual segno si riconosce. — 2. L’orgoglio è accecamento e pazzia. — 3. L’orgoglio non soffre di essere ripreso. — 4. Differenza tra l’orgoglio e l’umiltà. — 5. Enormità dell’orgoglio. — 6. L’orgoglio è la causa di tutti i mali. – 7. La superbia è detestabile. — 8. Dio umilia i superbi. — 9. Castighi dei superbi. — 10. Diversi gradi d’orgoglio. — 11. Motivi e mezzi di fuggire la superbia

1. Che cosa è e a qual segno si riconosce. — L’orgoglio è la stima sregolata di se stesso. Avere orgoglio vuol dire preporci agli altri; attribuire a noi quello che ci viene da Dio. A quattro segnali si riconosce l’orgoglio : 1° l’orgoglioso crede che gli venga da se stesso quello che possiede; 2° crede di non esserne debitore ad altri che al proprio merito; 3° si gloria di quello che ha e si vanta di quello che non ha; 4° disprezza gli altri e desidera che tutti sappiano ch’egli ha molto.

2. L’orgoglio è accecamento e pazzia. — « Se noi diciamo che non abbiamo peccato, inganniamo noi medesimi e la verità non è in noi » (I Ioann. II, 8), scrive S. Giovanni, e « se qualcuno si tiene per qualche cosa, mentre è un nulla, costui inganna se stesso», ripete S. Paolo (Gal. VI, 3). Gli orgogliosi si compiacciono in se stessi e confidano in sé; si persuadono di essere virtuosi e vivono in una stolta sicurezza, come se non mancassero di nulla e non avessero nulla da temere. O stolto! tu dici: io sono ricco in meriti e non ho bisogno di nessuno, e non sai quanto sei misero, e infelice, e povero, e cieco, e nudo (Apoc. III, 17). L’orgoglioso crede di sapere anche quello che non sa…; non vuol saperne né di consigli né di avvisi; è caparbio; ed ecco perché vi è poca o nessuna speranza di vederlo volgersi a ravvedimento… Tali erano gli scribi e i farisei che, gonfi di se medesimi, non riconobbero il vero dottore Gesù. Cristo e ricusarono di ricevere da lui lume e istruzione… Tali sono i Giudei… Tali ancora tutti gli eretici ostinati…; non vogliono né istruirsi né vedere la verità e vogliono insegnare… Che cosa potete sapere voi, orgogliosi, se non conoscete; come può mai essere che, cenere e polvere, v’insuperbiate? L’orgoglio è la più forte e la più pericolosa delle seduzioni cui l’uomo possa cedere; esso lo precipita nelle più fitte tenebre… L’orgoglioso vede malamente tutte le cose… Vede là dove non c’è nulla da vedere; non vede nulla dove ci sarebbe da vedere qualche cosa… Sempre cieco e zimbello della sua seduzione, egli è convinto della sua chiaroveggenza e imparzialità. Il Crisostomo asserisce che l’orgoglio è somma pazzia e che non si dà uomo più insensato dell’orgoglioso. Difatti, dove trovare idea più pazza di quella di resistere a Dio e di fargli guerra? Vi può essere impresa più stolta che quella di privarci volontariamente del favore, della grazia e del soccorso di Dio da cui tutto dipende e al quale tutto appartiene? Può l’uomo commettere una pazzia più grande che quella di costituirsi antagonista e nemico non di un uomo, non di un angelo, non del demonio medesimo, ma di Dio in persona, così che osi sfidarlo a duello? « L’orgoglio nasce dalla demenza, dice il medesimo santo; non si dà orgoglioso che non sia insensato; il superbo è pieno di stoltezza ». L’orgoglioso, essendo un pazzo, e spregevole e disprezzato, è il caso di dire con S. Paolo: « Vantandosi saggi, sono divenuti stolti » (Rom. I, 22). « Avete voi veduto un uomo che si crede saggio? c’è più da sperare da uno stupido che da lui », leggiamo nei Proverbi (XXVI, 12); e un proverbio popolare dice: «Uomo che si stima, perde ogni stima». — Quelli che si credono accorti, sono facilmente ingannati dal demonio e si perdono. Chi invece riconosce la sua poca saggezza, cerca una guida illuminata, e con questo modo cammina sicuro e facilmente si salva. L’umiltà è la sapienza dell’anima; l’orgoglio ne è la stoltezza; infatti l’umiltà riposa su la verità, l’orgoglio non è che vanità, menzogna, errore. « Perché la terra e la cenere si leva in superbia? » dice l’Ecclesiastico (X, 9). « Perché mai ti gonfi, o uomo? dice S. Bernardo; di che t’insuperbisci tu, concepito nella colpa, nato nella miseria, la cui vita è un peccare, il morire è angustia?».

3. L’orgoglioso non soffre di essere ripreso. — Gli orgogliosi non vogliono mai aver torto… Di loro si può dire:  « Tocca i vulcani e fumeranno (Psalm. CXLIII, 5). Oh sì, dagli orgogliosi di cui i vulcani sono gli emblemi escono rombi di tuono, sordi muggiti, onde di fumo; essi vomitano lave di sarcasmi, di motteggi, di ingiurie contro l’uomo caritatevole che cerchi di riprenderli e condurli a più savi pensieri… Provatevi a correggere un superbo; empie l’aria di lamenti; quante scuse, quante false ragioni accampa!… Non lo si conosce…; s’inventa…; si esagera a suo danno…; tutti sono inveleniti…; nessuno lo tratta con carità… Perché mischiarsi de’ suoi affari…; egli sa regolarsi…; egli non fa male…; nessuno ha diritto d’imporgliene… È proprio vera la sentenza di S. Cirillo, che il rimprovero il quale migliora gli umili, riesce intollerabile ai superbi; e con ragione il Venerabile Beda dice: O quanto misera è la coscienza di colui che rimproverato dalla parola di Dio, se ne risente come di un affronto (Collett.). Quindi il Profeta pregava il Signore, che non permettesse che il suo cuore si volgesse a parole di malizia, per scusare le sue mancanze e i suoi peccati (Psalm. CXL, 4). « Siccome dalla radice dell’orgoglio nasce la disobbedienza, dice S. Gregorio, i disobbedienti ascoltano chi scopre l’enormità delle loro colpe, ma del ripararle per mezzo di un’umile confessione, non ne vogliono sapere. Desiderando grandeggiare, da nulla tanto si guardano, quanto dal lasciar vedere le loro cadute. Perciò vanno in cerca di scuse e pretendono di aver ragione, perché non vogliono apparire peccatori ». S. Bernardo, parlando della caduta di Adamo, cagionata dalla superbia, e della scusa con cui egli volle coprirsi dinanzi a Dio, scusa inspirata anch’essa dall’orgoglio, dimostra quanto grave e odiosa a Dio sia la difesa del male. « Vi è ragione di credere, dice, che quell’antica così famosa e così nocevole prevaricazione avrebbe ottenuto perdono, se l’avesse seguita un’umile confessione e non una difesa. Infatti non nocque tanto la trasgressione, quantunque fatta con animo deliberato, quanto l’ostinazione con la quale le si aggiunse una scusa premeditata ». L’orgoglioso somiglia al riccio; nel quale, se lo vedete correre, distinguete le orecchie, le zampette, il muso; ma se l’avvicinate e cercate di prenderlo, non è più che un gomitolo irto di punte che vi forano le mani. In qualunque modo, da qualunque lato prendiate il superbo, è un riccio che punge e ferisce.

4. Differenza tra l’orgoglio e l’umiltà. — S. Gregorio dice: « Fatto nella sua creazione superiore a tutte le creature, volle il demonio, nostro mortale nemico, gonfio di orgoglio, che lo si considerasse come dominante su tutto. Invece il nostro Redentore, infinitamente grande e superiore a tutto, si degnò farsi piccolo in tutto. L’autore della morte disse: Io ascenderò al cielo; l’autore della vita: L’anima mia è piena d’angosce, è come annichilita. Satana disse : Io porrò il mio trono al di sopra degli astri del cielo; Gesù Cristo disse al genere umano : Ecco che io vengo ad abitare in mezzo agli uomini. Lucifero disse : Io siederò sul monte dell’alleanza dalla parte dell’Aquilone; e il Salvatore: Io sono un verme e non uomo, l’obbrobrio degli uomini, lo scherno della plebe. Satana disse : Io salirò sopra le nubi e sarò simile all’Altissimo; e il Verbo di Dio si è annientato, vestendo la forma di servo {Moral. lib. XXXIV, c. XXI).

5. Enormità dell’orgoglio. — Sant’Ottato, Vescovo di Milevi, dice che è meno cattivo e fatale il peccato con l’umiltà, che l’innocenza con l’orgoglio (Contra Parmen.). Infatti, come osserva S. Bernardo, il superbo s’innalza sopra Dio e si mette con lui in aperta lotta. Dio vuole che si faccia la sua volontà, e il superbo pretende che si faccia la sua. Quindi S. Agostino diceva: « Colui che cerca, o Signore, di volgere i tuoi doni a sua gloria e non alla tua, è ladro ed assassino, è simile al demonio che volle prendere il tuo trono ». Lo stesso santo giunge a dire : « Io oso dire ai superbi che si serbarono continenti, che è utile per loro il cadere. Io oso asserire che è cosa vantaggiosa agli orgogliosi l’inciampare in qualche colpa manifesta e innegabile, affinché essendo caduti per aver cercato di troppo piacere a se stessi, si rialzino dispiacendo a se medesimi ». Ed osserva che « Dio, secondo lui, permise ai barbari che conquistavano e saccheggiavano le città dell’impero Romano, di violare le vergini cristiane, o perché erano orgogliose, o perché vi era pericolo che peccassero di orgoglio, invanendo della loro castità » (De Civit. 1. I, c. XXVIII). Il Profeta pregava: « Preservatemi, o Signore, dal cadere in orgoglio » (Psalm. XXXV, 11). « Chiunque sia, leggiamo nei Proverbi, l’uomo arrogante è abbominato da Dio » (XV, 5). E la ragione sta in ciò, che il superbo si mette come emulo e antagonista di Dio : nuovo Lucifero, vuole uguagliarsi a Dio, e mettere la sua volontà in luogo di quella dell’Onnipotente. « La superbia fa il suo volere, scrive S. Agostino, l’umiltà fa la volontà di Dio ». Gran male è l’orgoglio, perché assale Dio, lo schiaffeggia, lo provoca suo malgrado al combattimento. Enorme è agli occhi del Crisostomo il delitto della superbia; meglio, secondo lui, converrebbe all’uomo essere pazzo, piuttostochè orgoglioso. La pazzia è l’impedimento all’azione dell’anima, l’orgoglio è una pazzia volontaria. Il pazzo forma la infelicità a se solo, il superbo forma la disgrazia degli altri (Hom. XXXIX ad pop.). Spaventosa sentenza è quella dell’Ecclesiastico: « L’orgoglio dell’uomo comincia dal farlo apostatare da Dio; perché il suo cuore si allontana da colui che l’ha fatto e dalla superbia comincia ogni peccato » (X, 14-15). Quindi non c’è da stupire se, come dice S. Giacomo, Dio resiste ai superbi(Iac. IV, 6).

6. L’orgoglio è la causa di tutti i mali. — « La superbia è fonte di ogni male», dice il Crisostomo (Hom. XV, in Matth.). Difatti il primo atto del superbo è scuotere il giogo e la legge dì Dio… « L’orgoglio li ha invasi, leggiamo nei Salmi, ed essi si sono macchiati di ogni empietà (Psalm. LXXII, 6); Davide confessa di se medesimo, che non cessò di peccare se non quando fu umiliato (Psalm… CXVIII, 67). E Tobia ammoniva suo figlio che non si lasciasse mai comandare dall’orgoglio né nei pensieri né nelle parole; perché da esso ebbe origine ogni perdizione (Tob. IV, 14). « L’umiltà, scrive S. Bernardo, rende gli uomini simili agli angeli, l’orgoglio cambia gli uomini in demoni. L’orgoglio è il principio, il fine, la causa di tutti i peccati, perché non solamente esso è peccato in se stesso, ma nessun peccato né ha potuto, né può, né potrà mai esistere senza orgoglio ». No, non si dà peccato senza orgoglio, dice S. Prospero; perché chiunque pecca, preferisce sé e l’appetito a Dio e alla sua legge, il che è vero orgoglio (De Vita contemp. cap. XXV). Dalla superbia trae origine ogni peccato, dice il Crisostomo. Da lei il disprezzo dei poveri, da lei la cupidigia dell’oro, da lei l’ambizione del comando, da lei il desiderio di gloria umana. L’orgoglioso non può sopportare nessuna prova, da qualunque parte essa venga, sia dai superiori, sia dagli inferiori. – La superbia è chiamata da S. Gregorio, regina dei vizi (Moral. lib. III, c. XVIII). Ed in quel modo, continua questo Santo, che la radice di un albero sta nascosta, ma nutrisce il tronco e i rami, così la superbia si nasconde in fondo al cuore, e di lì alimenta molti vizi manifesti. Non vi sarebbe peccato pubblico, se l’orgoglio non possedesse l’anima in segreto (Moral. lib. XXXIV, c. XVII). Non si cade nel male se non per superbia, almeno segreta… L’orgoglio precede gli empi, portando dinnanzi a loro una fiaccola, per condurli al delitto… Agli orgogliosi in generale si adatta quello che S. Agostino diceva dei Pelagiani: «Perché non vollero essere discepoli della verità, divennero maestri dell’errore ». L’orgoglio produce le risse, le gare, le dispute, gli odi, le maldicenze, le calunnie, le liti, le guerre, gli scismi, le eresie, e via dicendo… L’umiltà, al contrario, è sorgente di pace, di concordia, di unione, di carità, di fratellanza… La superbia è la madre di tutti i mali e di tutte le malattie, poiché e quelli e queste sono frutto del peccato. Non vi è peccato che non sia infetto di superbia, perché il peccato è ribellione contro Dio, è disprezzo della sua legge: ora la rivolta e il disprezzo vengono direttamente dall’orgoglio. « Siccome la superbia è il principio di tutti i misfatti, dice S. Bernardo, così è la rovina di tutte le virtù. L’orgoglio cammina il primo per la via del peccato, ma viene l’ultimo per la va del pentimento ». E in altro luogo dice: « La superbia ha concepito il dolore nel cielo, ha partorito l’iniquità nel paradiso terrestre; il dolore figlio del peccato, l’iniquità madre della morte e di tutte le miserie. Solo tra i vizi, l’orgoglio fa guerra a tutte le virtù, e come veleno universale le corrompe tutte ». – Giovanni Crisostomo paragona l’orgoglio alle tempeste di mare; dice che questo delitto acceca lo spirito; fa dell’uomo un oltraggiatore, un bestemmiatore, uno spergiuro, un demonio; non vi è male che l’uguagli. Esso è la sorgente di tutti i vizi, come all’opposto l’umiltà è la fonte di tutte le virtù … È il peccato dei demoni…; è un peccato di cui ben raramente si trova chi si corregga… è tale peccato che conduce per l’ordinario al suo seguito la curiosità, la iattanza, l’ipocrisia, la caparbietà, l’ostinazione, le liti. Gli orgogliosi si nutrono di vento, dice S. Isidoro; la superbia è il più enorme dei delitti, è la causa della morte dell’anima, sia col dare morte a tutte le virtù, sia col generare tutti i vizi… Chiunque pecca è un orgoglioso, perché peccando calpesta i divini precetti (Epist. de forma bene viv.). L’orgoglio, scrive S. Gregorio, impedisce di giudicare con equità; porta alle grida e agli schiamazzi; inspira zelo amaro, gaiezza scomposta, tristezza furiosa, risposte pungenti, atti impudenti, contegno insultante. L’anima dei superbi è sempre forte per fare un oltraggio, sempre debole per tollerare un affronto; pigra ad obbedire, importuna a stimolare gli altri; tarda a fare quello che deve, pronta a quello che non deve. Nessuna esortazione può muoverla a favore di ciò che non le piace, cerca al contrario di essere obbligata a mettere mano a ciò che le piace ». L’orgoglio si caccia dovunque, s’insinua e si mischia in ogni cosa, a tal punto che, secondo l’avviso di S. Agostino, dobbiamo temerlo perfino nelle buone opere(In Medit.). E’ veleno che infetta le preghiere, le confessioni, le comunioni, l’ingegno, la bellezza, lo spirito, l’anima, il cuore… Male sommo, cambia in male perfino il bene. Si attacca a tutte le facoltà dell’anima, ad ogni senso del corpo: «Vi è l’orgoglio del cuore, dice S. Bernardo, l’orgoglio della bocca, l’orgoglio delle opere, l’orgoglio del portamento »… La superbia invade ogni più remoto angolo della terra; si trova in fondo al cuore di quasi tutti gli uomini… Siccome gli angeli cattivi furono perduti da questo vizio, perciò di questo a preferenza di ogni altro si servono per far perdere il genere umano… « Nessuna cosa, dice S. Giovanni Crisostomo, tanto allontana l’uomo dall’amore divino e più facilmente lo precipita nell’inferno, quanto la follia dell’orgoglio. Questo vizio insozza tutta quanta la nostra vita, per quanto splendida e ragguardevole la facciano le preghiere, le elemosine, i digiuni, il pudore, la verginità, la virtù ». L’orgoglio ha spinto gli angeli alla ribellione in cielo e ne ha fatto dei demoni; l’orgoglio ha scavato l’inferno e vi ha precipitato gli spiriti ribelli; l’orgoglio ha cambiato in supplizi eterni le delizie di cui dovevano godere… L’orgoglio ha fatto cadere Adamo; l’ha cacciato dal soggiorno della felicità e condannato al lavoro, alle cure, alle pene, alle ambasce, alla nudità, all’accecamento, ai dolori, alle malattie, alla morte, alla corruzione del sepolcro. « L’orgoglio ha rovesciato la torre di Babele, scrive Papa Innocenzo III, ha confuso le lingue, abbattuto Golia, innalzato il patibolo di Aman, fatto morire Nicanore, colpito Antioco, sommerso Faraone, ucciso Sennacherib. Donde viene questo fasto all’uomo? all’uomo, la cui vita si sviluppa sotto il peso che gli impone il lavoro come castigo che si chiude con la necessità della morte, pena ancor più grande; all’uomo, la cui esistenza è di un istante, la vita un naufragio, il mondo un esilio; all’uomo, cui la morte o già si avvicina, o minaccia di avvicinarsi? ».

7. La superbia è detestabile. — Dove trovare cosa più abbominevole e più degna di severissimi castighi che l’uomo superbo il quale s’innalza su la terra in faccia a un Dio fatto uomo? esclama S. Leone, e conchiude : « Intollerabile impudenza è questa, che un vermiciattolo si gonfi e si inorgoglisca dove la maestà suprema si annienta ». I superbi dispiacquero a Dio fin dal principio(Iudith. IX, 16); anzi tanto lui quanto gli uomini ebbero sempre in odio la superbia (Eccli. X, 7). L’orgoglioso disprezza tutti gli altri, li insulta e canzona, s’innalza al di sopra di loro col sarcasmo e col disprezzo. Ma il Signore dice : « Guai a te che disprezzi! Non sarai tu forse disprezzato a tua volta? » (Isai. XXXIII, 1). Il superbo si prepara dunque il disprezzo e l’umiliazione… L’orgoglio è la strada all’ignominia… A misura che l’orgoglio aumenta e ascende, l’uomo diminuisce e cala fin che si sprofonda nel fango. « Tra i superbi è un continuo rissare » (Prov. XIII, 10), dice il Savio. Ecco perché noi vediamo tra gli eretici tante sètte ed opinioni differenti, quanti sono individui… Gli orgogliosi si odiano a vicenda… Nulla per loro è sacro, ma pretendono di essere essi sacri a tutti. O condotta sommamente ingiusta e detestabile! «Parlare con disdegno ed arroganza, operare con insolenza è un rendersi simile al demonio », dice S. Basilio. S. Leone, parlando di Satana e di Adamo, osserva che « ambedue ambirono l’altezza; quegli della potenza, questi della scienza », ma il primo trovò nel suo orgoglio il sommo della degradazione, il secondo il sommo dell’ignoranza.

8. Dio umilia i superbi. — È sentenza perentoria di Gesù Cristo che « chi si esalta sarà umiliato » (Luc. XVIII, 14); Dio ha fatto dire a S. Giacomo ch’egli resiste ai superbi(Iacob. IV, 6); a tal punto che, come disse la Beata Vergine, impiega contro di loro la forza del suo braccio, per atterrarli, li balza dai loro seggi per collocarvi gli umili (Luc. I, 52). « Signore, esclamava Giuditta, voi non abbandonate quelli che a voi si affidano; ma umiliate quelli che confidano in sé e si vantano della loro forza » (Iudith. VI, 15). Ecco perché il Salmista trovava buono per lui che Dio lo avesse umiliato: (Psalm. CXVIII, 7). « I superbi, dice Giobbe, s’innalzano per breve tempo ma non la dureranno; saranno abbattuti e trebbiati come spighe mature. Si levi pure la superbia dell’empio fino al cielo, giunga anche a nascondere il capo nelle nuvole, egli finirà col perdersi nello sterco e quelli che l’avevano veduto diranno : Dov’è? » (Iob. XXIV, 24) (Ibid. XX, 6-7). Per avere un’idea del modo con cui Dio tratti e combatta i superbi, osservate quali armi e quali eserciti impiega contro gli orgogliosi Egiziani a favore d’Israele; sono rane, moscherini, cavallette… Il re Faraone è vinto da una cavalletta; colui che aveva osato levare la sua fronte contro Dio, è costretto a piegarla sotto una mosca. « Fiero della sua forza, dice S. Agostino, parlando di Golia, gonfio, pettoruto, comincia col riporre in sé solo la vittoria di tutta la sua nazione. E perché ogni orgoglio si palesa nella sfrontatezza, dalla percossa di un sasso in fronte egli è rovesciato a terra. La fronte che mostrava l’impudenza dell’orgoglio, fu spezzata; la fronte che portava l’umiltà della croce di Cristo, fu coronata del trionfo ». Studiate la storia di Aman che finisce col morire su di un patibolo alto cinquanta cubiti, da lui destinato al supplizio dell’umile Mardocheo, e imparerete in qual modo Dio resiste ai superbi. Inviperito quell’orgoglioso, che Mardocheo non piegasse il ginocchio davanti a lui, giura di vendicare nel sangue di lui e di tutti i suoi connazionali, il preteso affronto. Ma tutto a un tratto le cose cambiano. Mardocheo, destinato ad ignominiosa morte, è vestito da Aman medesimo del manto reale, e questi ascende il patibolo preparato per quello. Chi può dire il dispetto e l’umiliazione che prova Aman a questo mutare di scena? Infatti: 1° si vede tolto l’onore altissimo che nella sua superbia si era preparato; 2° vede dato quest’onore all’umile Mardocheo; 3° Aman medesimo deve servire di strumento al trionfo di Mardocheo; 4° quello stesso che poco prima si faceva adorare, ora non è più che lo staffiere, il banditore di un vile giudeo ch’egli detesta; 5° tutti questi affronti, queste inattese fulminanti umiliazioni gli piombano addosso tutte a un tempo, perché l’Altissimo atterra e stritola i superbi; 6° Aman è condannato a pendere da quel medesimo patibolo ch’egli aveva innalzato per Mardocheo. O giudizi di Dio contro i superbi come siete terribili! Le umiliazioni della carne accompagnano l’orgoglio dello spirito… Dio cambia in bestia l’orgoglioso Nabucco che si glorifica nella città di Babilonia; Dio abbatte lo sdegnoso Baldassarre e per umiliarlo e farlo tremare non si serve che di una mano, anzi dell’ombra di una mano; l’arrogante Antioco è divorato vivo dai vermi. « Piangendo e umiliandosi, Pietro si condannava e si salvava, dice S. Agostino, mentre, quando pago di se stesso confidava nelle proprie forze, si perdeva » {In Psalm XXXVII). Lo stesso pensiero aveva espresso il Salmista : « Copriteli, o Signore, d’ignominia, e cercheranno il vostro nome » (Psalm. LXXXII, 15).

9. Castighi dei superbi. — Terribile castigo sono già per i superbi le umiliazioni a cui li condanna Iddio, ma altre punizioni ancora egli loro riserva nella sua collera: 1° Egli si allontana da loro. « L’uomo, dice il Salmista, si esalterà in cuor suo, e Dio ascenderà ancora più in alto » (Psalm. LXIII, 7). « Dall’alto del suo trono il Signore fissa lo sguardo sugli umili, ma gli orgogliosi guarda da lontano », — (Psalm. CXXXVII, 7). – 2° Dio castiga il superbo abbandonandolo a se medesimo. Oggetto di scherno e di abbominio agli altri, l’orgoglioso si cruccia del disprezzo in cui è tenuto, ne è offeso e straziato. « Se tu sei superbo, dice S. Agostino, sarai punito e abbattuto. A Dio non mancano pesi per farvi discendere, e questi pesi saranno quelli dei vostri peccati. Egli ve li rinfaccerà e voi sarete annichilati » (Homil.). L’orgoglio è un carnefice che accompagna l’orgoglioso. In questo senso già diceva Seneca che Dio sta con la spada della vendetta alle spalle dei superbi (In Hercuule). 3° Dio ha rovesciato i troni su cui volevano sedere i superbi, scrive l’Ecclesiastico (X, 17). Lucifero e i suoi seguaci, Adamo, ecc. fanno testimonianza di questa verità… « Dio ha fatto seccare perfin la radice delle nazioni superbe » (X, 18), leggiamo ancora nel medesimo Ecclesiastico. Ne sono prova i sette popoli Cananei sterminati da Dio per il loro orgoglio e il medesimo popolo ebreo spogliato da lui di ogni grazia e di ogni gloria, dopo che respinse Gesù umiliato. 4 ° « Dio ha fatto scomparire la memoria dei superbi » nota il Savio (Eccli. X, 21), e il profeta Malachia annunzia che gli orgogliosi saranno come paglia data alle fiamme, e non ne rimarrà né germe né radice (Malach. IV, 1). 5° Se Dio non perdonò agli angeli superbi, dice S. Bernardo (Serm. I, de Ad.), come lusingarvi che risparmi voi, polvere e cenere? L’angelo non venne al fatto; egli non ebbe che un pensiero di orgoglio, eppure in un attimo fu precipitato senza remissione. Ah! fuggite, ve ne scongiuro, fratelli, fuggite l’orgoglio; schivate quella superbia che gittò così subitamente nelle tenebre Lucifero, più splendido degli astri; fuggite quell’orgoglio che cambiò un angelo, e il primo degli angeli, in un demonio. 6° La superbia ha fruttato la morte. « L’uomo, scrive S. Agostino, era stato fatto immortale; avendo ambito la divinità, non perdette no la qualità di uomo, ma l’immortalità; per causa dell’orgoglio della sua disobbedienza, è stato condannato alle malattie, ai patimenti, alla morte. Quindi la morte introdotta nel mondo dalla superbia, è essa medesima castigo alla superbia (Sentent. CCLX). 7° Rabano Mauro fa osservare che Iddio onnipotente e sommamente buono volendo ogni bene a tutti gli uomini, è stato in certo qual modo costretto ad assoggettare all’impero degli angeli orgogliosi le persone superbe, affinché perseguitate da loro comprendano la differenza infinita che vi passa tra il servizio di Dio e quello del demonio (De adept. virtut.). Il superbo che rifiuta di sottomettersi a Dio, diventa schiavo del demonio, delle concupiscenze carnali, delle passioni, castigo certamente spaventosissimo. 8° L’orgoglio inaridisce la sorgente delle grazie. « Voi farete, o Signore, zampillare fontane nelle valli, e le acque loro passeranno in mezzo ai monti » (Psalm. CIII, 11). Queste valli innaffiate sono gli umili colmi delle grazie del cielo; i monti che non profittano delle acque sono i superbi divenuti simili a macigni aridi e sterili… L’orgoglioso, pieno e gonfio di se stesso, non lascia più in sé luogo alla grazia (IV Reg. IV, 6). La privazione della grazia è prova dell’esistenza dell’orgoglio, come l’abbondanza di grazie è segno dell’esistenza dell’umiltà.. Chi dunque si vede privo della grazia e dei doni di Dio, sappia che vi sono in lui radici di superbia. L’orgoglio manda a male tutte le grazie. Vi è castigo peggiore di questo? 9° La superbia porta con sé l’accecamento spirituale, l’indurimento del cuore, l’impenitenza finale, una morte funesta, un giudizio formidabile, una condanna terribile, l’inferno eterno… Fra tutti i peccati, il più detestato e il più severamente punito da Dio è la superbia. Dio solo è grande, ed ogni orgoglio, assalendo questa grandezza, ben difficilmente ottiene misericordia. Dio dimentica e perdona facilmente le colpe di debolezza, ma ben di rado quelle di caparbietà e di superbia. « Noi apertamente conosciamo, dice S. Gregorio, che evidentissimo segno di riprovazione è l’orgoglio e sicurissimo indizio di predestinazione l’umiltà ». Così parlano unanimi i Padri ed i Dottori, così insegna la Chiesa e la S. Scrittura.

10. Diversi gradi di orgoglio. — L’orgoglio ha sette gradi: 1° non soffrire che gli altri ci guardino come poca cosa; 2° non essere contenti di vederci disprezzati; 3° non confessare che meritiamo di esserlo; 4° non sopportare l’insulto con eguaglianza di amore; 5° non tollerare con pazienza gli affronti; 6° incollerire delle umiliazioni; 7° ricusare di ammettere che non siamo buoni a nulla.

11. Motivi e mezzi per fuggire la superbia. — Ecco nove principali motivi che ci devono indurre a fuggire la superbia : 1° essa è odiosa a Dio ed agli uomini; 2° è causa d’ingiustizie, di rapine, d’inganni, d’insulti; 3° l’uomo, per quanto potente, è sempre di natura sua una misera cosa; 4° ogni uomo è un nulla, anche solo considerata la brevità e la vanità della vita; 5° dopo morte, diventa pasto ai vermi; 6° la superbia è un abbandono di Dio, un’apostasia; 7° è principio, radice, sorgente di ogni peccato; 8° il superbo cessa in certo qual modo di essere la creatura di Dio, per diventare creatura del diavolo; 9° si attira un rovescio di castighi.
Leggiamo nella Scrittura che Davide andando contro Golia, scelse nel torrente cinque pulitissimi sassi con i quali atterrare quel gigante (I Reg. XVII, 40). In quei cinque sassi S. Bernardo riscontra cinque mezzi con i quali noi possiamo battere il Golia dell’orgoglio : 1° la minaccia delle pene; 2° la promessa delle ricompense; 3° l’amor di Dio; 4° l’imitazione dei Santi; 5° la preghiera (Serm. sup. Missus)… Conoscere Dio, conoscere se stesso, ecco un altro rimedio efficacissimo contro l’orgoglio… Bisogna praticare, per quanto è in noi, la bella virtù dell’umiltà; essa è la mazza che atterra e uccide la superbia.

IL SACRO CUORE DI GESU’ E I TEMPI PRESENTI

Il Sacro Cuore di Gesù e i tempi presenti.

[A. Carmagnola: IL SACRO CUORE DI GESU’; S.E.I. Ed. Torino, 1920 – impr.-]

 Cuore! Cuore! Ecco una di quelle parole più espressive, più ricche di significati, che maggiormente si odono sulla bocca degli uomini. E Cuore! Cuore! facciamoci a ripetere ancor noi. Ma non già per ricordare il viscere del petto umano, o le sue morali qualità, bensì per rappresentare dinnanzi a noi il viscere del petto divino e le sue grandezze, le sue perfezioni, i tesori del suo amore infinito per noi. Sì, diciamo e ridiciamo pur le cento volte Cuore! Cuore! per farci a conoscere, ad amare, ad imitare, ad adorare il Cuore Sacratissimo di Cristo. E potremo noi far uso migliore della parola Cuore? Potremo meglio riparare in tal guisa l’uso indegno, che di essa si fa in espressioni idolatriche e sacrileghe? Potremo con essa esprimere, significare qualche cosa di più grande, di più bello, di più sublime, di più buono, di più eletto, di più caro! Cuore, Cuore Sacratissimo, Cuore Santissimo, Cuore Divino, Cuore Adorabile, Cuore di Gesù Cristo, ecco adunque la voce, che noi fin da questo momento prenderemo a ripetere senza stancarci mai. E perché? Perché incominciando oggi il mese di giugno, nel quale ricorre la festa del Cuore di Gesù, e che noi, secondo l’uso cristiano ornai universalmente introdotto, consacriamo a questo Cuore istesso, prendevo col più vivo trasporto a parlarne ogni giorno, affine di accenderci ognora più della sua divozione. – Ed oh! a qual opera importante noi ci accingiamo! Oggidì massimamente si muove contro di Gesù Cristo una guerra atroce, ostinata ed implacabile. Si bestemmia orribilmente il suo santo Nome, si disprezza la sua celeste dottrina, si deridono i Sacramenti, frutti benefici del suo amore per noi, si oltraggia la Chiesa da Lui istituita per la nostra salute, si insulta e si fa patire l’Augusto Capo, che Egli vi ha preposto a governarla, e in cento guise diverse si lavora satanicamente a distruggere .nelle anime il regno di Gesù Cristo. Ora, prendendo noi a parlare del suo Sacratissimo Cuore, ne mostreremo, come meglio ci sarà dato, le grandezze, le perfezioni, le prove di carità per noi, e ci industrieremo per tal guisa a mantenere ed accrescere in noi la sua fede, il suo amore e a diffondere altresì questo amore e questa fede nel cuore dei nostri fratelli. E se a ciò riusciremo, oltreché avremo assicurate grazie specialissime di salute a noi, non arrecheremo altresì vantaggi segnalatissimi alla società, in cui viviamo? I tempi, o miei cari, corrono tristi pur troppo, non ostante le più fallaci parvenze del contrario. E la ragione della miseria ed infelicità presente non da altro è causata se non dall’abbandono e dal disprezzo, in cui fu lasciato cadere Gesù Cristo. – La divozione pertanto al suo Cuore Santissimo, che noi praticheremo e che col nostro esempio faremo praticare da altri, sarà uno dei mezzi più efficaci per risollevare la società presente dal suo abisso, e ridonarle la pace e la prosperità. Ed è ciò appunto che voglio dimostrarvi in questo primo discorso. Ma prima di metter mano agli importanti argomenti, che siamo per trattare, preghiamo umilmente il cuore Santissimo di Gesù, che si degni di purificare le nostre labbra e i nostri cuori. Quando Mosè fu per avvicinarsi al roveto ardente, intese da quello uscir una voce che gli disse: « Sciogliti prima i calzari, perché il luogo in cui stai è terra santa. Ed il Cuore di Gesù, nel quale dobbiamo entrare in questo mese con le nostre considerazioni, coi nostri sentimenti, e coi nostri affetti, è un luogo infinitamente santo, è il ricettacolo di tutta la santità. Diciamogli adunque con umiltà: O Cuore Sacratissimo, purificate le nostre menti, i nostri cuori, le nostre labbra, perché liberi da vani pensieri non riflettiamo più ad altro che a quello che voi ci farete intendere, perché mondi da terreni affetti non amiamo più altro che voi, perché casti nelle parole cantiamo più degnamente che sia possibile le vostre sante lodi.

— Ci andiamo inoltrando nel secolo ventesimo. Ed è innegabile, che chi considera soltanto con occhio superficiale lo stato presente delle cose, va fuori di sé per maraviglia allo spettacolo, che gli si para dinnanzi. Le scienze fisiche e naturali, le conquiste nel campo della materia, la libertà nell’ordine sociale, le agiatezze della vita, sembrano aver raggiunto il loro apogèo, e se pur rimane a fare qualche passo per raggiungerlo si è così sicuri di poterlo fare, che già oggi si dice baldanzosamente: Domani avremo trionfato di ogni difficoltà! Dappertutto per mezzo di fili elettrici, che scorrono per le pianure, travalicano le montagne, stendonsi sul letto dei mari, con la rapidità del fulmine il pensiero e la volontà dell’uomo si appalesano da una ad un’altra città, da un popolo ad un altro popolo, da un mondo ad un altro mondo; che anzi oggimai mercé le scoperte di un nuovo genio italiano ciò avviene anche senza la mediazione dei fili. Là, in mezzo agli oceani navi, che assicurate dai capricci dell’atmosfera e dalla tirannia dei venti volano senz’ali, sfiorando l’abisso, giungendo in porto ad ora stabilita e compiendo in pochi giorni un viaggio, per il quale i nostri antenati impiegavano mesi intieri. Sulla superficie della terra una immensa rete di ferro, sulla quale i treni passano sbuffanti, portati dal vapore, come da un’anima vivente, e trasportando le intere popolazioni a spettacoli, ad affari, a piaceri, che ai nostri maggiori erano ignoti. Le città e persino le ville illuminate la sera da splendori incantevoli, che sembrano eclissare il giorno; e i signori e le dame che folgoranti di sete, di ori, di diamanti o battono il cammino in aria di conquistatori, o nei superbi cocchi paiono essere condotti per le vie del trionfo. Nel tempo stesso la gente del popolo, gli operai, i servitori, gli uomini della gleba, che senza più alcun riguardo si frammischiano nelle agitazioni della vita alla nobiltà ed alla borghesia, tenendo alta la testa e mostrando scritto sulla fronte il pensiero del cuore: « Le distinzioni sono ornai scomparse; è il tempo della libertà, dell’uguaglianza e delle fraternità: anche noi abbiamo i nostri rappresentanti al maneggio della cosa pubblica; siamo ancor noi in pieno possesso dei nostri diritti. » La gioventù poi soprattutto ti si presenta lieta e festante, incoronata di fiori, senza timore che le si appassiscano, spensierata della vita presente e facendo sogni dorati per l’avvenire. Insomma sembrerebbe tornata l’età dell’oro, parrebbero giunti i tempi della prosperità e della tranquillità universale. Eppure… ah! non vi ha bisogno di un lungo esame per riconoscere, che la prosperità non è che apparente e che la tranquillità non esiste. Invece della prosperità regna la miseria, e miseria sì grave, sì orrenda e sì estesa da far soffrire la fame a intere popolazioni. Invece della tranquillità regna la cupidigia, l’agitazione, la lotta, il disordine. Si è fatta la pace, ma la pace non esiste, e più che mai rinvigoreggiano gli odii nazionali e regionali; si invoca la ristorazione morale e non mai i delitti furono più numerosi, più enormi e più feroci, perché non mai i costumi furono così depravati. Quadra troppo bene alla nostra età quella sentenza dell’apostolo Giovanni: Omne quod in mundo est, concupiscentia carnis est, et concupiscentia oculorum, et superbia vitae. ( I Eph. II, 16). Quant’è nel mondo tutto è compiacenza della carne, sete delle ricchezze, superbia della vita. La più parte degli uomini infatti obbliando il principio, onde nacquero, e il fine a cui sono chiamati, fissano tutti i loro pensieri e le loro sollecitudini nei vani e caduchi beni della terra, e violentando la natura e scompigliando l’ordine stabilito, si rendono volontariamente schiavi dei miserabili agi e piaceri dei sensi. È poi naturale che con l’amore degli agi e dei piaceri si accoppi la cupidigia di quanto serve a comprarli. Di qui quella sfrenata avidità di denaro, che acceca quanti invade, e corre tutto fuoco ed a briglia sciolta a scapricciarsi, senza divisare sovente il giusto dall’ingiusto, e non di rado con ributtante insulto all’altrui miseria e impotenza. Di qui la giustizia divenuta così rara, il furto, la rapina, la concussione, l’usura che si pratica sotto tante forme, le catastrofi finanziarie che si moltiplicano, i giuochi di borsa nei quali si rischia non solo quel che si possiede, ma ciò che non si ha e non si avrà giammai; i possessori della fortuna pubblica che vivono tranquillamente al coperto sotto la loro infamia, la qualifica di speculazione disgraziata ai giuochi in cui si è dilapidato il bene altrui, l’invidia alla sorte di quei ricchi disonesti, a cui la fortuna fu più propizia, e da un capo all’altro della scala sociale quel non aver più in credito ed in voga che un’arte, l’arte di riuscire a far denaro, anche a costo di metter le mani sull’oro altrui e di tingerle dell’altrui sangue. E di qual sangue! Talora del fratello, dei figli, del proprio padre e della propria madre! All’istesso modo l’animo inorgoglito per una parte tenta scuotere il giogo d’ogni legge, calpesta ogni autorità e solleva da per tutto la bandiera della ribellione: per l’altra, affine di prevalere ad ogni costo sopra gli altri, si appiglia alla menzogna, alla corruzione, alla forza ed all’arbitrio. Uno sguardo in basso, e le classi povere e lavoratrici vi faranno paura; uno sguardo in alto, e l’autorità o vi farà compassione o vi farà fremere. Il popolo più non rispetta l’autorità, anzi non solo non la rispetta, ma la disprezza e la odia, e la disprezza e la odia solamente perché è autorità. I piccoli, i poveri, gli operai, i diseredati della fortuna alzano il grido di Spartaco, e con celerità spaventosa questo grido si propaga nel mondo ingenerando i più spaventevoli rivolgimenti politici; il pugnale o la palla dell’assassino mette così spesso a pericolo e toglie ben anco la vita dei Capi delle nazioni, e il petrolio, la dinamite, le bombe talora mandano in aria le case o le famiglie dei ricchi, dei padroni, dei capitalisti e dei governanti. Questi poi per parte loro in gran numero arrivano oggi a sedere al banchetto dei pubblici affari non altrimenti che brogliando e corrompendo; e là seduti, serviti del danaro delle pubbliche gabelle, servono ad un tempo stesso alla setta, da cui dipende tutta la loro vita e la loro forza, o eccedendo vilmente di tolleranza verso i malvagi, o più odiosamente di dispotismo verso i buoni. Che se poi dalla società in generale voi vi affacciate in particolare al focolare domestico, dovete tosto ritrarvene atterriti, perciocché nozze senza santità, famiglie senza amore, coniugati senza fedeltà, genitori senza prudenza, figliuoli senza rispetto, anche qui fanno regnare l’alterigia, la disobbedienza ed il disordine. Insomma dappertutto, nella vita privata e nella pubblica, nonostante il progresso delle scienze e della materia, e la prosperità e la tranquillità apparente, decadenza, miseria, malessere e rivoluzione che spaventa. Ma a tanto male chi ha spalancato la via? Quale causa funesta lo ha ingenerato e cresciuto? Quale causa?… L’abbandono e il disprezzo pressoché totale di nostro Signor Gesù! O, Sì, purtroppo, o miei cari, con uno spirito fatale di superba e fallace innovazione, Gesù Cristo fu detronizzato e messo alla porta dalla società, dalla scienza dalla letteratura, dall’arte, dalla morale, dal governo, e persino dalla religione, che si pensò creare senza di Lui; anzi Gesù Cristo non solo fu escluso, ma beffato, insultato, maltrattato, combattuto nella scienza, nella letteratura, nell’arte, nella morale, nel governo e nella religione di nuovo conio. Né crediate che in ciò vi sia esagerazione di sorta. Non avete che a gettare qua e là lo sguardo per convincervi tosto di questa dolorosa e terribile verità. « Considerate l’andamento delle pubbliche scuole. Non solo non si dà luogo in esse all’ecclesiastica autorità, e si lascia d’informare alla pratica dei cristiani doveri gli animi della gioventù, ma si tace il più delle volte l’insegnamento religioso, e ciò che è peggio le si ammanisce una viziata dottrina, la quale, tutt’altro che istruire con le nozioni del vero, infatua coi sofismi dell’errore. » (LEO XIII) – Il libero pensiero ha negate le grandi verità religiose, epperò postergata affatto la fede divina, e filosofando col solo magistero della ragione, si insegna che quanto vi ha nel mondo tutto è corporeo; che gli uomini e gli animali hanno medesimezza di origine e di natura, che forse non vi ha neppure un Dio, sommo artefice del mondo e dominatore delle cose, e che se pure esiste egli è ben diverso da quello che la religione cristiana lo finge. – Considerate la stampa, che più ancora della scuola riproduce il libero pensiero, e col libero pensiero la coscienza libera, che ha proclamato norma unica delle azioni umane il proprio volere; consideratela nei romanzi, nei libri, nei manuali, nelle riviste, negli almanacchi e più ancora nel giornale, che forma oggidì la principale attrattiva del popolo. Da per tutto storie, racconti, novelle, ragionamenti, articoli scientifici e letterari concorrono come tanti colpi di scure contro il tronco di un albero che si vuole atterrare, a rovinare, cioè gli ultimi avanzi della fede popolare. Ivi si insultano i preti, si calunniano e si infamano senza smentita o ritrattazione di sorta; ivi si scherniscono e si combattono le processioni, i pellegrinaggi, le feste religiose, i congressi cattolici e tutte le manifestazioni di fede cristiana; ivi si assale con energia diabolica la Bibbia, il Vangelo, Gesù Cristo, Iddio; ivi con la più cruda fierezza si spaccia il materialismo popolare: « Che Dio non c’è, che Dio è il male, che l a religione ha fatto il suo tempo, che quando si è morti tutto è morto, che l’altro mondo non esiste, che nessuno ne è mai tornato, che il cielo, l’inferno, il purgatorio sono stupidezze; che i preti che li predicano fanno il loro mestiere, che le persone che ancor ci credono sono sciocchi o pazzi, che le persone dabbene non ci credono più, che il regno della superstizione è passato, che è il regno della scienza! » Sì, ecco in tutta la sua sincerità e in tutta la sua estensione la dottrina, che si spaccia ogni dì da milioni e milioni di fogli stampati. Considerate inoltre le stesse arti, già inventate pei comodi della vita e onesto sollievo dell’animo, fatte servire di esca ad infiammare le umane passioni; considerate le ampie e licenziose rappresentazioni teatrali; considerate la educazione laica e viziata che si imparte ai figliuoli nel seno istesso delle famiglie; considerate sopra tutto il lavorìo febbrile, incessante, diabolico delle sette anticristiane, ed il contegno talora aggressivo ed oppressivo dei poteri umani contro la Chiesa cattolica; e poi non penerete a conoscere, che non solo si è respinto Gesù Cristo e la sua dottrina da ogni cosa, ma che in ogni cosa si combatte Gesù Cristo e la sua dottrina e da per tutto si ripete il grido della giudaica perfidia: Nolumns hunc regnare super nos. – Ma che? Dove termina il regno di Gesù Cristo, termina per naturale conseguenza il regno della vita cristiana, e delle cristiane virtù, da cui solo viene ogni bene; termina la castità che conserva il pudore e il buon costume, termina la povertà che ci innalza al di sopra dei miseri beni del mondo, termina l’umiltà che ci rende sommessi all’autorità, dolci con gli eguali, fratellevoli cogl’inferiori, termina la mortificazione che ci fa rassegnati al patire, termina la carità che ci anima al perdono ed al sacrificio; termina insomma il regno di ogni pia bella virtù, e vi sottentra necessariamente, inevitabilmente, un altro regno, il regno del diavolo, il regno d’ogni più turpe vizio; il regno della disonestà, della cupidigia, dell’orgoglio, del godimento, dell’egoismo, dell’ingiustizia, della prepotenza, dell’odio, della vendetta, dell’insubordinazione e della rivoluzione, e accumula rovine sopra rovine, dolori sopra dolori, miserie sopra miserie. Tant’è, la giustizia nella stima e nell’amore di Gesù Cristo innalza e prospera le genti, ma il peccato nell’abbandono e nel disprezzo di Gesù Cristo li abbatte ed immiserisce: Iustitia elevat gentem, miseros autem facit populos peccatum. (Prov. XIV, 34) No, non è da cercare altrove la causa dei mali presenti; perciocché le stesse cause meramente esterne, quali sono gli sbagli gravissimi dei governanti, l’accrescimento enorme delle tasse, l’inferacità del suolo, e simili, non sono altro in fondo in fondo che effetti e castighi prodotti da quella causa prima ed unica.

II. — Se tale adunque è la causa vera e suprema dello stato infelice, a cui trovasi ridotta la nostra società, quale sarà il rimedio per guarirla e salvarla? La sapienza umana si avanza proponendo i suoi. Il socialismo ai giorni nostri vorrebbe a tal line rifare la costituzione sociale dalle sue basi. Ma chi non ha perduto interamente il buon senso, vede a primo aspetto, che nelle teorie del socialismo ridotte alla pratica, anziché un rimedio vi ha un pericolo maggiore del male. I filosofanti vorrebbero far penetrare meglio nelle masse l’idea del dovere, della giustizia e dell’onore. Ma che può mai sull’animo umano l’idea dell’onore, della giustizia e del dovere, quando mancando la dottrina di Gesù Cristo non vi è più nulla da far sperare e più nulla da far temere? Quando dalle pareti del tribunale, della scuola, dell’officina, della casa domestica si è strappato il crocifisso, che rammenta un Dio che tutto vede e tutto conta, anche i più segreti pensieri dell’animo, per darne premio o castigo, dovere, giustizia, onore sono parole prive di senso. I governanti si appigliano alle leggi ed alla forza. Ma moltiplicate pure all’infinito le leggi, raddoppiate le precauzioni, triplicate le serrature, ampliate le prigioni, aumentate le galere e i domicilii coatti, mettete gli stati di assedio, istituite i tribunali militari, pronunziate giudizi con la massima severità ed eseguiteli col maggior apparato di forza, non perciò si stabilirà la prosperità e la pace, non saranno perciò più sicuri i vostri beni e la vostra vita; un po’ di astuzia, un po’ di destrezza, un po’ di violenza basterà ad eludere e ad abbattere ogni cosa per coloro, nei quali avete fatto morire l’idea della legge cristiana e di quel tribunale che non si evita giammai. Miei cari! I rimedi che propone l’umana sapienza sono inutili, perché impotenti ed inefficaci. « Come questo mondo non altrimenti può essere conservato, che dalla volontà e provvidenza di Colui, che l’h a creato, così pure non possono gli nomini essere risanati, che dalla sola virtù di Colui, che gli ha redenti. » No, non est in alio aliquo salus: (Act. IV , 12) – Non havvi salvezza fuor di Lui. « Poiché se Gesù Cristo a prezzo suo sangue riscattò una volta sola il genere umano, nondimeno perenne e costante è l’efficacia di opera cotanta e di sì gran benefizio. » ( LEO XIII) Perciocché questo è il disegno di Dio, di ristorare mai sempre in Cesù Cristo tutto ciò che è nei cieli, e tutto ciò che è sulla terra; Instaurare omnia in Christo, quæ in cœlis et quae in terra sunt. (Eph. 1, 10) E Gesù Cisto ristoratore, dall’alto della sua croce, sollevato in mezzo all’universo ed al tempo, è il centro di ogni armonia che si ristabilisce, d’ogni bellezza che si rinnova, d’ogni grandezza che si ristora: Egli è la via, la verità e la vita. È « la guarigione dei mali presenti è riposta in questo, che mutato avviso, ritornino gl’individui e la società a Gesù Cristo ed al retto cammino della vita cristiana. » (Id.) Tale, nessun’altra, è la gran legge della riparazione: ricondurre Gesù Cristo nella scuola, nell’officina, nella famiglia, nella legislazione, nel governo, nella religione, in tutta quanta la vita sociale ed individuale. Bisogna che ogni cristiano, di fatto e non di nome soltanto, effettui l’ideale del Cristianesimo additato già dai santi Padri: Esso è un altro Cristo: Christianus alter Christus. – Bisogna che l’individuo, la famiglia, la società possa gridare con l’Apostolo: Io vivo, ma non già io, è Gesù Cristo che vive in me. È Gesù Cristo che anima la mia parola, i miei scritti, le mie opere, i miei movimenti, le mie aspirazioni, i miei commerci, le mie industrie, le mie leggi, i miei governi: vivo ego, jam non ego, vivit vero in me Christus. (Galat. II, 20). Oh! quando per mezzo di una vita essenzialmente ed universalmente cristiana, rifiorita di tutte le cristiane virtù sociali ed individuali, sarà ricollocato Gesù Cristo sul suo trono, sarà rimesso nel cuore della società, della famiglia, degl’individui, allora ritornerà il benessere, la prosperità e la pace, perciocché i grandi abbasseranno l’orgoglio, i piccoli si faranno rispettare per le loro virtù e non incuteranno timori coi tumulti, i maestri, i padroni, i genitori eserciteranno con dolcezza e con vigore la loro autorità, e i sudditi, i discepoli, gli operai, i servi, i figliuoli la riveriranno con stima ed affetto; la giustizia metterà la spada nel fodero e signore del mondo sarà l’amore; la miseria scomparirà dai nostri paesi e dalle nostre case, perché allora Iddio ci benedirà tutti de rore

meli et de pinguedine terræ.

III. — Ma io so bene che vi saranno di coloro, i quali nel loro cuore andranno dicendo che questo è un bel sogno, ma nient’altro che un bel sogno. L’apostasia del secolo è andata troppo avanti, l’incredulità è addivenuta troppo generale, perché si possa pervenire a questo di ristabilire largamente la vita e le virtù cristiane in seno alla società. Ed io non nego che tale ristabilimento abbia ad incontrare difficoltà ed ostacoli, né si possa effettuare ad un tratto solo. Ma viva Dio! Egli che « fece sanabili le nazioni » ha pur sempre a secondo della loro infermità apprestato gli opportuni rimedii. Al tempo che il paganesimo agonizzante tentava di mantenersi in vita con lo scannare a milioni i Cristiani, Iddio diede a suoi martiri il coraggio, per cui versando il sangue per la fede, effondevano il seme di cristiani ancor più numerosi. Quando gli eretici, sottentrati ai carnefici, con maggior furore e con maggior nocumento spargevano la zizzania nel campo della Chiesa, Iddio suscitò i Padri e i Dottori, che con la loro ammirabile sapienza ed operosità non tardarono a mondarlo. Quando tra i popoli accesosi lo spirito di odio e di vendetta, gli animi stavano inferociti tra loro nel seno della stessa città e famiglia e la mano correva sì presta a brandire la spada per versare umano sangue, Iddio risvegliava lo spirito di carità vicendevole e di universale fratellanza per mezzo delle grandi famiglie religiose. E in questi ultimi tempi, in cui dapprima il Protestantesimo, ed il Volterianismo, e l’incredulità dappoi, han fatto man bassa sopra i misteri più augusti della nostra santa fede e sopra le pratiche più sante e salutari della nostra santa Religione gridando satanicamente e senza alcun riguardo: « Abbasso Gesù Cristo! abbasso la Vergine e i Santi! » Iddio sembra offrire il rimedio opportuno nella divozione più ferma, più viva e più manifesta ai Santi, alla Vergine e a Gesù Cristo soprattutto. Perciò in questi tempi è che ad onore di vari santi, come ad esempio di san Giuseppe, si è esplicato un culto assai più fervido che nei tempi passati; è in questi tempi che le manifestazioni di amore alla grande Ausiliatrice dei cristiani si sono mirabilmente accresciute; ed è pure in questi tempi che si è fatta e si va facendo più ardente nel cuore dei Cristiani la divozione a Gesù Cristo mediante la divozione diretta al suo Cuore Sacratissimo. – Ora, che nella divozione a questo Cuore Sacratissimo di Gesù, per non dir nulla qui della divozione alla Vergine ed ai Santi, stia riposto un mezzo dei più acconci a ridonare alla società lo spirito, la vita e le virtù cristiane, epperò la pace e la prosperità, nessuno è di retto senso che nol possa vedere. Perciocché, se è vero, come abbiamo riconosciuto, che l’attuale disordine della società consiste nell’abbandono di Gesù Cristo, e che a far scomparire tale disordine non vi è altro mezzo che rimettere nella società Gesù Cristo, bisogna pur confessare che a ciò nulla giova maggiormente, che la divozione al suo Sacratissimo Cuore. Il Cuore di Gesù è il cuore, in cui sono raccolte tutte le bellezze, tutte le perfezioni, tutte le virtù, tutte le dottrine, tutti gli ammaestramenti di Gesù Cristo. Il Cuore di Gesù è il cuore, in cui stanno tutte le ricchezze e tutti i tesori della bontà di Dio verso gli uomini, e da cui sono sgorgate tutte le prove supreme della carità divina in nostro prò. Questo Cuore anzi è per eccellenza la Vittima di Carità per noi; perciocché essendo il cuore l’organo dell’amore, è con questo Cuore, che Gesù Cristo ci amò col più grande amore di sacrifizio, vale a dire con quell’amore che lo spinse a dare tutto se stesso per noi. Nella divozione adunque di questo Sacratissimo Cuore si vengono a studiare e riconoscere particolarmente e profondamente le sue bellezze, le sue virtù, i suoi insegnamenti, le sue prove d’amore, tutta insomma la grand’opera della sua redenzione, e conoscendo tutto ciò resta come impossibile non credere, non amare, non imitare Gesù Cristo e non riporre in Lui tutta la fiducia. Di Archimede si racconta che essendo riuscito ad incentrare tutti i raggi del sole nel disco di una gran lente, di là proiettava saette di fuoco ad incendiare le navi nemiche. Gesù Cristo invece avendo concentrato nel Cuor suo Sacratissimo tutte le grandezze della sua redenzione, da questo Cuore si volge al cuore degli uomini per illuminarli, per infiammarli, per eccitarli alla sua imitazione, alla sua adorazione, all’invocazione del suo aiuto. – E per tal guisa Gesù Cristo creduto, amato, imitato, adorato, invocato dagli individui ripasserà nelle famiglie e nella società, che di individui si compongono; e la famiglia e la società, ritornate cristiane, riavranno la felicità e la pace. Tale, senza dubbio, sarà l’efficacia meravigliosa di questa divozione ben’intesa e ben praticata. Ce ne sta garante la parola istessa di Gesù Cristo. Mostrandosi egli un giorno a santa Geltrude in compagnia di S. Giovanni Apostolo concesse a questa santa di posare la testa sopra il suo petto. Ed allora, intendendo essa i battiti così forti del Cuore di Gesù Cristo, rivolgendosi a S. Giovanni esclamò: Perché, o santo Apostolo, non avete parlato nel vostro Vangelo di quello che ora io sento? E a questa domanda s’intese a rispondere che « una cognizione più intima del Cuore di Gesù era riserbata a quei tempi, in cui essendosi raffreddati i cuori degli uomini nel suo amore, sarebbe stato necessario riaccenderli. » Non temiamo adunque. – Per quanto sia cresciuta l’incredulità e l’indifferenza, per quanto sembrino congiurate contro la fede e la vita cristiana la scienza e la politica, per quanto possa parere vicino un nuovo trionfo del paganesimo e della rivoluzione, non sarà così tuttavia. La vera divozione al Sacro Cuore di Gesù, che si va ogni dì più assodando, mercé il movimento portentoso ed universale verso la SS. Eucarestia, ci anima efficacemente a sperare in tempi migliori. Lo stesso evangelista S. Giovanni dopo aver narrato l’ultimo oltraggio recato al Crocifisso con la lanciata, per cui gli fu aperto il costato e ferito il Cuore, si

affrettò di notare, che ciò avvenne perché si adempisse la Scrittura che diceva: Volgeranno gli sguardi a Colui, che hanno trafitto: Videbunt in quem trafixerunt. (ZACC. XII, 10) E così avvenne realmente, perciocché dopo quella crudele ferita gli stessi crocifissori si volsero a guardar Gesù Cristo non più come oggetto di odio e di abbominazione, ma come oggetto di pietà e di religione, anzi di speranza e di salute. Lo stesso Longino, il soldato, che trasse il duro colpo di lancia, volgendo lo sguardo a quel Cuore ferito essendo stato bagnato dall’acqua e dal sangue, che ne scaturì, non solo acquistò la vista materiale di un occhio che aveva cieco, ma più ancora acquistò la vista dello spirito, poiché conosciuta la verità, l’abbracciò e la seguì, e si fece santo e morì martire! Così anche ora, per mezzo della devozione, volgendo lo sguardo al Cuore trafitto di Gesù Cristo, se ne trarranno per gli stessi malvagi, cha hanno rinnovato il delitto di Longino, torrenti di luce e di amore. Ed oh! voglia Iddio che da tutti si riconosca questa grade verità. Ma poiché Egli nella sua bontà si è degnato di farla riconoscere a voi, che devoti al Sacro Cuore di Gesù siete venuti qui ad onorarlo, fin da questo primo giorno del mese a Lui consacrato, deh! continuate voi ad avvalervi di questo gran mezzo di salute. No, non vi sia alcuno di voi, che creda non appartenergli punto la ristorazione della società od essere opera di ben altri uomini. Quando pure tra di voi non ci fossero che anime semplici e rozze, non vi scordate che Iddio si valse di dodici poveri pescatori per rigenerare il mondo. E con la devozione al Sacro Cuore di Gesù, che voi continuerete a praticare, e che anzi andrete ogni giorno più in voi accrescendo, riuscirete senza dubbio, benché occultamente, a fare al mondo un bene di gran lunga maggiore che non quello di tutti i legulei e filosofi moderni. Venite adunque, o carissimi, venite in questo mese a considerare, a studiare da vicino, a contemplare questo Sacratissimo Cuore. In Lui, secondo l’insegnamento della Chiesa, riconoscete la Vittima della Carità, l’Arca che contiene la legge di grazia e di misericordia, il Santuario intemerato della nuova Alleanza, il Tempio mille volte più santo dell’antico, la sorgente di ogni virtù. Venite ad adorare questo Cuore Divino, a rifugiarvi dentro di Lui, a gustare le sue dolcezze, a sperimentare le sue misericordie. Venite, o giusti, venite, o peccatori,, venite, o anime tranquille, venite, o anime tribolate, venite, venite tutti: nel Sacro Cuore di Gesù, nella sua cognizione, nel suo amore, nella sua imitazione, nella sua vera divozione, troverete tutti la pace, la salute, la felicità. – E voi, o Cuore Sacratissimo di Gesù, che sospingete al vostro capo, alle vostre mani, ai vostri piedi e a tutte le altre parti del vostro corpo, quel sangue preziosissimo con cui voleste operare la redenzione del mondo, deh! non permettete che una tale redenzione non abbia ad essere copiosa. Come un giorno vi commoveste di compassione al vedere innanzi a Voi una turba affamata di pane terreno, commovetevi oggi anche più nel vedere la presente società, che perisce in un’inedia terribile per la mancanza del cibo divino della vostra cognizione e del vostro amore. Mercé la divozione vostra disvelatevi ad essa in tutta la vostra amabilità, e riguadagnatevi tutti i cuori suoi; mercé questa divozione spargete sopra di essa le vostre benedizioni e le vostre grazie di salute, perché ancor essa fa parte del vostro popolo e della vostra eredità; sì, salvatela adunque e beneditela: Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic haereditati tuæ.

IGNORANZA DELLA RELIGIONE

Ignoranza.

[G. Bertetti: Il Sacerdote Predicatore. S.E.I. Ed. Torino, 1919]

— 1. Ignoranza colpevole. — 2. Ignoranza inescusabile. — 3. Ignoranza funestissima nelle sue conseguenze.

1. IGNORANZA COLPEVOLE. — Non è colpa l’ignorare l’astronomia, la geometria,… e tutte le altre scienze umane… Son tutte cose bell’e buone, se si apprendono col retto intento d’aiutarci per mezzo di esse alla conoscenza di Dio:… ma Dio non ci fa nessun obbligo di studiarle, e alla conoscenza di Dio si perviene molto più facilmente con la semplicità del cuore che con la sublimità dell’intelletto: « Io ti ringrazio, o Padre, o Signore del cielo e della terra, perché hai tenute occulte queste cose ai saggi e ai prudenti, e le hai rivelate ai piccolini: così è, o Padre, perché così a te piacque» (MATTH., XI, 25, 26):…. È colpa ignorare ciò che siamo obbligati a sapere;… è colpa ignorare ciò che s’appartiene alla fede e alla morale cattolica, e quest’è obbligo per tutti indistintamente d’apprendere e sapere: « la vita eterna si è che conoscano te, solo vero Dio, e Gesù Cristo mandato da te». (JOAN., XVII , 3) . .. Ed è obbligo di ciascuno in particolare d’apprendere e conoscere ciò che s’appartiene al proprio stato e al proprio officio;… è perciò colpa ignorare quel ch’è necessario sapere in particolare per esercitare coscienziosamente la missione che a ciascun di noi il Signore ha affidato… «È cosa manifesta che chiunque tralascia d’avere o di fare ciò ch’è tenuto ad avere o a fare, fa un peccato d’omissione: perciò è peccato l’ignorare per negligenza quelle cose che s’è in obbligo di sapere ». (S. TH., 2A 2AE , q. 76, a. 2 ) … Eppure, mentre una vera frenesia assale gli uomini d’acquistare la scienza profana, ben pochi si curano della scienza che solo può condurre alla vita eterna… Molti vanno avidamente in cerca di ciò che non sono obbligati a sapere;… pochi sanno le cose che si devono assolutamente sapere… Le tenebre della più profonda ignoranza della religione avvolgono il mondo… Provatevi a interrogare sulle questioni più elementari del dogma e della morale gli artigiani, i mercanti, gl’industriali;… interrogate i dotti e i letterati.

2. IGNORANZA INESCUSABILE . — Quest’ignoranza non ammette scusa… « L’ignoranza della verità non iscusa dalla condanna coloro, ai quali era facile trovarla, se l’avessero voluta cercare: tocca a noi cercare la verità la salvezza, la vita; non alla verità, alla salvezza, alla vita tocca cercare, noi » (S. GIOV. CRIS. , homil. 78 in Matth.);… « altra cosa è non aver saputo, altra cosa non aver voluto sapere; ignorante scusabile è chi vorrebbe imparare e non può; ma chi per non sapere si tura le orecchie alla voce della verità non è solo un ignorante, ma un dispregiatore della verità » (S. BEDA, in 12 Luc.). Potranno scusare la loro ignoranza quegl’infedeli che non sentirono mai parlare di Gesù Cristo,… quei protestanti che furono educati nella persuasione di trovarsi nella vera Chiesa;… ma come potranno scusarsi i cattolici che con tanta comodità d’istruirsi nella religione dicono col fatto, e fors’anche con le parole, al Signore: «Va via da noi; non ne vogliamo sapere de’ tuoi insegnamenti? » (JOB, 21, 14) … — «La regina del mezzogiorno insorgerà nel dì del giudizio contro questa razza d’uomini, e la condannerà, perché venne dall’estremità della terra a udire la sapienza di Salomone: ed ecco qui uno che è da più di Salomone » (MATTH., XII, 42)… Si condanneranno e si renderanno inescusabili da se stessi, poiché non badarono a sacrifici per imparare le cose della terra, e non mossero un dito per imparare le cose del Cielo!

3. IGNORANZA FUNESTISSIMA NELLE SUE CONSEGUENZE. — Chi non conosce Dio, non può amarlo, non può servirlo, non può aspirare alla celeste patria… L’ignoranza colpevole conduce direttamente alla perdizione eterna… Il trascurare la parola di Dio è segno evidente di riprovazione: « Chi è da Dio, ascolta la parola di Dio; voi non lo ascoltate, appunto perché non siete da Dio » (JOAN., VIII, 47) L’ignoranza apre inevitabilmente la via all’errore,… all’eresia,… all’apostasia:… non si vuol più sapere dell’Evangelo, e si presta cieca fede a ogni follia;… non si vuol più sapere di Gesù Cristo, «luce del mondo » (JOAN., VIII, 13), e si perdono dietro a uomini, che sono «nuvoli senz’acqua trasportati qua e là dai venti; alberi d’autunno, infruttiferi, morti due volte, da essere sradicati; flutti del mare infierito, che spumano le proprie turpitudini; stelle erranti, per le quali è riservata tenebrosa caligine in eterno » (Luc., XII, 13). – L’ignoranza della religione conduce alla più sfacciata immoralità:… senza l’Evangelo, si ripiomba in pieno paganesimo;… si perde l’esatta nozione dell’onestà, del diritto, della giustizia, della carità, della santità coniugale, della dignità umana… — É vero che conoscere la religione non significa ancor praticarla;… ma è pur vero che soltanto con la conoscenza di Dio si può avere la virtù… Conoscendo Dio, l’uomo si trova spinto al bene da impulsi più forti di quelli che lo spingono al male;… e anche quando avesse fatto il male, l’uomo trova la forza di rialzarsi, trova almeno un resto di pudore che lo protegge contro l’estremo cinismo dell’immoralità… Quando invece l’ignoranza nelle cose di religione è assoluta, i disordini raggiungono le più immonde e le più sfacciate turpitudini, conducendo tutto un popolo allo sfacelo e alla maledizione di Dio.

INFEDELI

INFEDELI

[G. Bertetti: Il Sacerdote predicatore; S.E.I. Ed. Torino, 1919]
1. Varie specie d’infedeli. — 2. Una grave questione. –
3. Relazioni nostre con gl’infedeli.

1. VARIE SPECIE D’INFEDELI. — Sono infedeli coloro che non hanno la fede di Gesù Cristo;… sia che non l’abbiamo mai avuta (pagani);… sia che, dopo averla avuta, l’abbiano respinta (ebrei ed eretici). Di costoro, i pagani son quelli che errano maggiormente dalla fede, ma sono meno colpevoli, perché « pecca più gravemente contro la fede chi s’oppone alla fede già ricevuta, che chi s’oppone alla fede non mai ricevuta; come pecca più gravemente chi non adempie ciò che ha promesso, che chi non adempie quello che non ha mai promesso » (S. TH., 2a 2a e, q. 10, a. 6)… I pagani non conobbero la via della giustizia; la conobbero i giudei e gli eretici, e l’abbandonarono: « Meglio era per essi il non conoscere la via della giustizia, che, conosciutala, rivolgersi indietro dal comandamento santo che ad essi è stato dato » (2a PETR., 2, 21) . A loro volta gli ebrei, benché in confronto degli eretici professino un maggior numero d’errori contro la fede, tuttavia sono meno colpevoli degli eretici;… perché gli ebrei respingono la fede cristiana ch’essi ricevettero soltanto in figura, gli eretici la respingono dopo averla ricevuta in tutta la manifestazione della realtà;… gli ebrei non ricevettero mai la fede dell’Evangelo, gli eretici l’hanno ricevuta e la respingono guastandola… [Tanto è ancor certo per i modernisti del “Novus Ordo”, per i fallibilisti gallicani lefebvriani, i tesisti materialiter, tutte le sette sedevacantiste attuali (tutti quelli che si dicono cattolici, ma … non lo sono) – ndr.-]
2. UNA GRAVE QUESTIONE si fa intorno a quegl’infedeli che nacquero e furono allevati senza lor colpa nell’infedeltà. – Se costoro, sapendo di poter istruirsi nella fede di Gesù Cristo, trascurano di farlo, sono colpevoli d’infedeltà e non possono sperare di salvarsi. Se invece non hanno alcuna possibilità d’istruirsi nella fede, ma profitteranno di quelle grazie medicinali che Dio lor concede per osservar la legge naturale, e così non opporranno l’ostacolo del peccato, otterranno da Dio la grazia della fede o con mezzi ordinari, o anche, in mancanza di questi, con mezzi straordinari che Dio solo conosce: quel Dio che ci vuol tutti salvi e che a ciascuno dà la grazia necessaria e sufficiente per salvarsi… Ma se non osserveranno la legge naturale, «si danneranno non già per causa del peccato d’infedeltà da loro non commesso, ma per causa degli altri peccati, che non si possono rimettere senza la fede » (S. Th., ib., a. 1)
3. LE RELAZIONI NOSTRE CON GL’INFEDELI s’hanno a fondare su quel principio: che dobbiamo salvare anzitutto l’anima nostra e poi quella degli altri, perciò, evitare per noi ogni pericolo di perversione o di perdita della fede,… e procurare nello stesso tempo la conversione degli infedeli. A evitare ogni pericolo di perversione e di perdita della fede, asteniamoci
assolutamente da ogni partecipazione ai riti religiosi degli eretici,… asteniamoci da ogni disputa con loro circa la fede… Limitiamo al puro necessario le nostre relazioni con loro… trattiamoli caritatevolmente, ma senza soverchia familiarità… Non leggiamo i loro libri… non frequentiamo le loro adunanze [Attenti soprattutto ad evitare qualsiasi contaminazione con il “Novus Ordo”, da evitare come peste velenosa mortalissima –ndr. -]. – A procurare la conversione degl’infedeli, aiutiamo l’opera dei missionari cattolici, con l’obolo della nostra carità e con la preghiera… concorriamo secondo le nostre forze alla redenzione delle anime, pensando qual immenso beneficio sia la fede e in qual pericolo d’eterna dannazione si trovino quei che vivono nelle tenebre e nell’ombra della morte…
— Quanto agl’infedeli che vivono vicino a noi, badiamo anzitutto a non renderli più ostinati nel loro errore, per causa del nostro modo di vivere non sempre conforme all’Evangelo… « Gl’infedeli disprezzano la fede, quando vengono a scoprire le mancanze dei fedeli » (S. TH., ib., a. 10);… addossano alla fede ciò che è colpa nostra,… non si curano dei nostri santi, tengono conto solamente dei cattivi, e mettendoci tutti in un fascio conchiudono che nella loro setta c’è più virtù che nella nostra… La predica più efficace per la conversione delle anime sia quella del buon esempio: « Risplenda la vostra luce innanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone, e glorifichino il vostro Padre ch’è nei cieli » (MATTH., V, 16);… «in tutte le cose fa vedere te stesso modello del ben fare, nella dottrina, nella purità, nei costumi, nella gravità: il discorrere sano, irreprensibile, talmente che chi ci sta di contro abbia rossore, non avendo nulla da dir male di noi» (Tit., 2, 7, 8)…..

LO SCUDO DELLA FEDE (IX)

[A. Carmignola: “Lo Scudo della Fede”. S.E.I. Ed. Torino, 1927]

IX.

I TESTIMONI.

 — I martiri testimoni della, verità, della dottrina cristiana. — Il loro numero. — Se siano stati fanatici o ambiziosi. — I falsi martiri. — Intervento divino nel fatto del martirio.

— È vero che le profezie precisamente avverate ed i miracoli operati mi danno dei motivi assoluti per credere agli insegnamenti della Chiesa Cattolica, come ad insegnamenti rivelati da Dio. Ma come sarò io sicuro dell’avveramento delle profezie e dei miracoli operati?

Lo sarai con la testimonianza di coloro che hanno veduto tutto ciò. Come fa il giudice ad accertarsi di un fatto, su cui ei deve pronunziare sentenza di assoluzione, o di condanna? Interroga i testimoni. Così noi volendo assicurarci dell’avveramento delle profezie e dei miracoli operati, dobbiamo far lo stesso, interrogare coloro che ne sono stati testimoni.

— Ma molte volte i testimoni sono falsi.

Precisamente perciò noi interrogando i testimoni, di cui parliamo, ricercheremo altresì se sono giusti, degni di fede.

— E quali sono questi testimoni?

Sono gli Apostoli, i discepoli di Gesù? e quei cristiani, che massime nei primi secoli della fede furono martiri.

— Come mai?

La parola martire (parola greca) in nostra lingua non significa altro che testimonio. Durante i tre primi secoli del Cristianesimo quasi da per tutto, in seguito poi qua e là, dapprima gli Apostoli e i discepoli di Gesù Cristo, poi i cristiani che abbracciarono la fede da loro insegnata, furono tentati con le persecuzioni a rinnegarla. Pestando essi costanti nella medesima, furono condannati a morte. Ed essi andandovi incontro volonterosi, confessando fino all’ultimo che la loro fede era divina, perché quel Gesù Cristo che era venuto ad insegnarla si era comprovato Dio, testimoniarono con le parole e col fatto la divina rivelazione fatta da Gesù Cristo medesimo.

— Ma i martiri non furono uccisi per delitti comuni? per certe scelleratezze che si dice abbiano commesse? e specialmente per essere stati nemici e odiatori degl’imperatori romani?

Ciò è falso, falsissimo. E la prova più lampante si è, che appena un cristiano avesse rinnegato la fede, era tosto lasciato in libertà, e ben anche colmato di onori e di ricompense. Come si sarebbe fatto ciò, se si intendeva di martirizzare i cristiani non già per la loro fede, ma pei delitti di cui erano imputati? E poi è bensì vero che si andava buccinando per ogni dove che i cristiani erano empi, perché ricevevano e si cibavano della SS. Eucaristia, ossia delle carni immacolate di Gesù Cristo; che erano nemici ed odiatori degli imperatori romani perché  in fatto di religione non la pensavano come essi volevano; ma in realtà non si poté mai provare alcuna delle scelleratezze loro addebitate, e tutt’altro che essere nemici ed odiatori degli imperatori, ne erano i sudditi più fedeli, tanto che il celebre Tertulliano, apologista cristiano, che viveva sulla fine del 2° secolo e per buona pezza del 3°, prese a difendere i cristiani dalle accuse che loro si facevano, e poté sfidare gl’imperatori romani e i magistrati a citare il nome di anche un solo cristiano, che avesse avuto parte nelle congiure o nelle guerre civili, che di quel tempo desolarono quasi del continuo l’impero.

— Ma per l’appunto Tertulliano ed altri apologisti non furono causa con le loro imprudenti parole di provocare lo sdegno degli imperatori?

Ecco il bel modo di ragionare che si usa anche ai dì nostri contro dei buoni cristiani, contro i preti, i vescovi, il Papa, contro la Chiesa. Si gettano contro di loro le più nere calunnie, e poi se essi prendono a ribatterle su pei giornali, o nei libri, od anche ricorrendo ai tribunali, si dice che sono provocatori; se tacciono e lasciano correre, si grida: Perché non fanno le loro difese, perché contro di tali accuse non danno querela? E questa ti pare giustizia? Ma via, quand’anche gli apologisti cristiani fossero stati imprudenti usando delle espressioni troppo violente contro degli imperatori; forse che questi erano in diritto di uccidere in massa i cristiani e di adoperare verso di loro tormenti così atroci, quali furono per l’appunto quelli che adoperarono? Dovevano adunque i cristiani lasciarsi massacrare senza che alcuno di loro si levasse su a protestare contro l’orribile ingiustizia, che si commetteva verso di essi? E qualora fosse stato così non si sarebbe detto che erano poveri sciocchi, ignoranti e testardi?

— Ciò è vero. Ma furono realmente molti i cristiani martirizzati?

Molti? Si tratta di milioni.

— Di milioni! Eppure mi pare aver letto non so dove che i martiri sono alla fin fine ben pochi.

Così hanno osato di dire certi scrittori razionalisti e protestanti dei nostri giorni, ma tuttavia ben diversamente è provato dalla storia. E a chi dobbiamo noi credere ? Ad un misero critico, che gonfio della sua scienza fallace, seduto tranquillamente nel suo gabinetto, con un tiro di penna cassa i calcoli stabiliti da quindici secoli per opera dei più gravi scrittori, od a coloro che quei morti caduti nei combattimenti della verità videro essi medesimi coi loro occhi? E non sono gli stessi pagani, loro contemporanei, quelli che fanno salire a milioni gli uomini, le donne, i vecchi, i fanciulli, i preti, i laici, i nobili, i plebei, i liberi, gli schiavi assassinati nel nome degli dèi per avere pronunziata questa sola parola: « Io sono cristiano? – E non asserisce forse Tacito che si trattava di una moltitudine immensa? Non scrive forse Plinio, che era un popolo infinito sparso per ogni dove e appartenente a ogni classe della società ? E Marco Aurelio, il coronato filosofo, non copre forse de’ suoi disprezzi intere turbe di fanciulli uccisi? E non attesta il medesimo Giuliano apostata, che i cristiani, a schiere, a schiere, correvano al martirio, come le api all’alveare? Ridurre adunque ai minimi termini il numero dei martiri, come fa oggidì qualche scienziato incredulo è un contraddire palesemente la verità, è un rinnegare la luce del sole.

— Ma i martiri non potevano essere vittime infelici del loro fanatismo, del loro esaltamento di animo, anziché testimoni della fede?

Obbiezione vecchia questa ! Ma l’ingente loro numero non è già una prova contraria? Che qualche uomo muoia vittima del fanatismo, cioè dell’animo esaltato da cieca passione, passi; ma che muoiano centinaia, migliaia, milioni… E tra questi milioni non c’erano anche in gran numero illustri filosofi, grandi dottori, uomini di coltura e di genio, gente insomma che non può essere vittima del fanatismo! E poi l’atteggiamento dei martiri era quello di gente fanatica? I martiri fanatici, se possiamo accoppiare insieme questi due termini, mostrano anche morendo inquietudine, agitazione frenetica, orgoglio, fierezza, odio. Tra questi pretesi martiri si pongono Giovanni Huss, Girolamo da Praga, Giordano Bruno. Giovanni Huss fu dapprima sacerdote e poi eretico, e non ostante che fosse stato convinto dei suoi errori in un Concilio radunatosi a Costanza, ostinatamente rifiutò di rinnegarli. Epperò venne abbandonato all’autorità civile, che secondo le leggi di quel tempo lo condannò al rogo (anno 1415). Lo stesso accadde a Girolamo da Praga semplice laico, ma amico di lui e sostenitore dei suoi errori, ed a Giordano Bruno, che fu dapprima domenicano e poscia pervertito si diede ad insegnare pubblicamente ogni sorta d’immoralità e bestemmie (anno 1600), ed al quale, a scopo settario, si volle nel 1889 innalzare a Roma in Campo di Fiori, ove era stato giustiziato, un monumento. – Ma tutti costoro anche negli estremi istanti di loro vita si dimostrarono pieni di superbia, di presunzione, di disprezzo verso coloro, che li dannarono. Nei martiri cristiani invece non si vede che pace, che rassegnazione, che carità, che generosità, che umiltà, che tutto un insieme di virtù, che rapisce e strappa le lagrime. E ciò per tre secoli continui! Dimmi sono cose queste che si possano spiegare col fanatismo! Per fare ciò bisognerebbe essere fanatici davvero!

— Mi viene tuttavia in mente un’altra difficoltà. Ora i martiri della Chiesa Cattolica sono molto onorati, tanto che si erigono loro degli altari, si pongono in venerazione le loro immagini, si celebrano con splendore le loro feste, si fanno i loro panegirici. Non potrebbe essere che prevedendo essi tutto ciò, si lasciassero indurre al martirio dalla vanagloria e dall’ambizione?

E si può dire davvero che, umanamente parlando, essi prevedessero la gloria e gli onori, che avrebbero ricevuto dalla Chiesa? Che anzi non vedevano per lo più che i corpi dei martiri, che li avevano preceduti, restavano insepolti, che le loro ossa e le loro membra dilacerate venivano gettate di spesso in fondo alle cloache? E molte volte ne erano uccisi tanti insieme, per modo che di molti di essi restasse ignoto persino il nome? Ed anche allora che avessero preveduti gli onori resi ad essi in seguito, ti par possibile che ciò bastasse per indurli a soffrire con la più eroica pazienza i più orribili tormenti? Eh! caro mio, devi sapere che i vari generi di morte, con cui si punivano i più scellerati malfattori, la decapitazione, la forca, la crocifissione, erano stimati tormenti troppo miti per far morire i cristiani. Ed ecco perciò le graticole infuocate, le lamine incandescenti, i tori di bronzo arroventati, le tenaglie, gli uncini e i pettini di ferro, gli eculei, le caldaie di olio bollente, il piombo liquefatto, gli orsi, le pantere, i leoni… tutto ciò che l’odio diabolico e l’umana barbarie ha saputo inventare. Or pare a te che la vanagloria e l’ambizione avesse tale forza da indurre l’uomo a lasciarsi scorticare vivo, od abbrustolire, o strappare le carni a brani, o stritolare le ossa dalle belve feroci? E qualora la vanagloria e l’ambizione ottenesse tale effetto sopra un qualche uomo, come l’otterrebbe sopra intere moltitudini e specialmente su poveri idioti, su miseri schiavi, su donne e fanciulli, quali erano moltissimi dei martiri? Di più; vorresti tu che Iddio intervenisse con i suoi miracoli ad approvare degli ambiziosi?

— E Iddio ha Egli fatto pure dei miracoli a prò dei martiri?

Senza dubbio, e moltissimi. Basterebbe che tu leggessi i loro Atti per esserne del tutto persuaso. Talvolta gli strumenti, che si adoperavano per. martirizzarli, da se stessi si spezzavano e diventavano inetti, tal’altra i leoni più feroci diventavano con essi quali miti agnelli e si facevano a lambire le loro mani, altre volte ancora il fuoco non li abbruciava e sterminava invece i loro persecutori, oppure essendo immersi nelle acque ritornavano vivi a galla, oppure a loro intercessione si operavano strepitose guarigioni e persino risurrezioni di morti… insomma i miracoli a pro dei martiri furono senza numero e dei più grandi. Ora se essi fossero stati fanatici, ambiziosi, come si dice, Iddio avrebbe forse operati tanti miracoli per approvare il loro fanatismo, la loro ambizione?

— Non si può negare che queste osservazioni siano di una forza irresistibile. Ma non è egli vero che tutte le religioni hanno i loro martiri? E se è così non si dovrebbe inferire che tutte le religioni sono vere?

Si dice che tutte le religioni abbiano i loro martiri, ma non è così assolutamente. Martire, già l’ho detto, significa testimonio, e testimonio è colui che testifica di aver udito oppure veduto un fatto esterno e visibile. I cristiani morendo per la fede cattolica sì che erano veramente martiri, perché sia con le parole e più ancora col sangue testificavano il fatto che Gesù Cristo si è comprovato Dio, sia con l’avveramento in Lui delle profezie, sia con i miracoli, e lo testificavano precisamente perché molti di essi, come gli Apostoli, e i discepoli di Gesù Cristo, lo videro coi loro occhi ed appresero con le loro orecchie, e gli altri tutti lo intesero dagli Apostoli e dai discepoli di Gesù Cristo e loro successori, e ne furono accertati dai miracoli, che in gran numero videro ancor essi in prova di tal fatto Ma invece i pretesi martiri delle altre religioni di quale fatto mai resero essi testimonianza? Di nessuno. Se essi sembrarono morire per la loro religione, in realtà morirono per le loro fissazioni, per l’attaccamento alle proprie idee, per eccesso di passione ed altre simili ragioni. E chi muore in tal guisa potrà chiamarsi pazzo, fanatico, ostinato, e se vuoi, potrà anche dirsi uomo di coraggio, fermo e tenace nelle proprie idee e nelle sue convinzioni, ma non già martire, ossia testimonio.

— Ma non era la stessa cosa nei martiri? Non morivano anch’essi per tenacia e fermezza delle loro idee e convinzioni religiose?

Allora non hai ancora capito quello che ti ho detto sopra. Sì, è vero, i martiri morivano santamente tenaci e fermi nelle loro idee e convinzioni religiose, ma queste idee sicure, queste convinzioni profonde, che essi avevano della fede cattolica, questa persuasione massima di essa, da che proveniva nei loro animi? Forse solo dallo studio ed apprendimento che essi facevano della religione? No, certo; perché se molti fra di essi furono di tale intelligenza ed elevatezza di ingegno da poter fare tale studio ed apprendimento, la più parte erano indotti, fanciulli, popolani, schiavi, donne, che senz’altro credevano sulla parola degli Apostoli, dei discepoli di Gesù Cristo e dei loro successori. La incrollabile certezza della fede cattolica negli animi cristiani, tanto in quelli degli indotti come in quelli dei dotti, proveniva dalla certezza incrollabile che avevano dei miracoli operati da Gesù Cristo, dagli Apostoli, dai discepoli di Gesù Cristo e dai loro successori, da altri santi martiri, miracoli che una gran parte di essi aveva veduto o andava vedendo coi propri occhi. Testimoni adunque di questi miracoli, ossia di questi fatti esterni e visibili, i quali comprovavano la divinità di Gesù Cristo, e per conseguenza la verità della fede cattolica da loro professata, essi morirono testificando di aver veduto tali fatti, ed è così che furono veramente martiri.

— Mi pare di aver compreso. Vuol dire adunque che se tra i pagani, tra i mussulmani, tra gli ebrei e i protestanti vi sono stati di coloro, che morirono per la loro religione, non fecero altro che attestare la propria convinzione interna, ma nessun fatto esterno che fosse tale da renderli pienamente sicuri della loro interna convinzione.

Benissimo. Insomma i martiri dimostrarono per la fede cattolica una fortezza eroica, anzi sovrumana e miracolosa, perché della fede cattolica avevano una certezza assoluta, che in essi era generata dai fatti miracolosi, di cui erano stati testimoni e dei quali versando il sangue e morendo rendevano la suprema testimonianza.

— E perché dice sovrumana e miracolosa la fortezza dei martiri?

* Perché tutte le circostanze, che accompagnano il martirio cristiano, insieme riunite formano cosa tale che dalla sola natura umana non può provenire, cosa tale, che non altrimenti si può spiegare che con l’intervento di Dio. Il numero dei martiri, la loro condizione, i martini orribili, cui furono sottoposti, la fermezza, la pace, la letizia, con cui li sopportarono, persino vecchi cadenti, donne imbelli, fanciulle timide e giovanetti di prima età, i miracoli che frequentissimi accaddero durante il martirio… son cose tutte che ci fanno dire: Dio era là! Sì, Dio era là a produrre egli stesso il miracolo di tanto coraggio ed eroismo. Ed era appunto questo miracolo che tante volte, essendone spettatori i pagani, operava la loro conversione. « No, non può essere che divina quella fede, che infonde nell’uomo tale forza, dicevano essi, e merita perciò di essere abbracciata e seguita ». E l’abbracciavano, e seguivano. Ciò che fece dire a Tertulliano: « Più voi, o persecutori, ci mietete, e più ci moltiplichiamo: il sangue dei cristiani è seme ». E non solo Dio era là nella forza miracolosa, di cui davano prova i martiri, ma vi era ancora nell’adempimento della profezia fatta da Gesù Cristo sulle persecuzioni. Gesù Cristo aveva chiaramente profetato ai seguaci suoi « che sarebbero stati trascinati innanzi ai tri bunali, davanti ai governatori, ai re, ai presidi per rendergli testimonianza…, che sarebbero stati gettati in carcere, flagellati, straziati uccisi per il suo nome ».

— Ma questa predizione di Gesù Cristo si può chiamare profezia!

Senza dubbio, si può e si deve.

— E non era naturale il prevedere e predire che i pagani si sarebbero levati su a perseguitare i cristiani?

Era naturale il prevedere e predire che i pagani si opponessero alla dottrina dei cristiani, perché si trattava di una dottrina che contrastava la loro vita malvagia, ma non era naturale affatto il prevedere e predire quell’odio così furibondo e quelle persecuzioni così atroci, che si scatenavano contro di loro, mentre in tutto l’impero romano e specialmente a Roma vi era la massima libertà di culto. Si poteva dunque tutto al più prevedere e predire che sarebbero stati non curati o guardati con disprezzo, ma non già così ferocemente perseguitati. Avendo dunque Gesù Cristo fatta una vera profezia intorno alle persecuzioni de’ suoi seguaci e questa essendosi perfettamente avverata in una carneficina, che durò trecento anni, il martirio perciò si deve riguardare ancora come un fatto divino per essere l’adempimento di un oracolo divino. Di maniera che ben si può dire che nel martirio cristiano vi sono le due più grandi forze che siano al mondo: la testimonianza degli uomini al suo grado più alto e la testimonianza di Dio: la Chiesa che afferma col sangue de’ suoi figli la rivelazione divina, e Dio che interviene e si manifesta in questa affermazione della Chiesa. E così il martirio cristiano si può riguardare come la prova massima della verità della fede.

— Sì, davvero, dinanzi a tale prova bisogna essere ben ciechi e maligni per non darsi vinti e non credere fermamente l’insegnamento cristiano.

LA PREGHIERA (Alapide, 3)

PREGHIERA (3)

[E. Barbier: I Tesori di Cornelio Alapide]

10. Come si può pregare sempre? — 11. Ma quando bisogna particolarmente pregare? — 12. Preghiera pubblica. — 13. La preghiera fatta in chiesa ha più efficacia. — 14. Bisogna pregare gli uni per gli altri. — 15. Delle varie preghiere in uso presso i cristiani. — 16. L’elevazione delle mani, nella preghiera, ci propizia Iddio ed è essa stessa una preghiera. — 17. Vi sono di quelli che pregano male. — 18. Errori che si commettono nella preghiera. — 19. Ostacoli alla buona riuscita della preghiera. — 20. Vi sono preghiere che invece di essere esaudite, meritano di essere punite. — 21. Disgrazia di quelli che non pregano. — 22. Mezzi per pregare bene.

10. Come si può pregare sempre? — Ma com’è mai possibile, dicono i partigiani del mondo, gli avari, i dissipati, come è possibile attendere di frequente alla preghiera, pregare, pregare sempre, in mezzo alle cure della famiglia, ai rumori e ai disturbi dei negozi? Senza contare che il tempo manca, come può reggere la mente ad una preghiera continua? Questa cosa è impossibile. Inganno ed errore: la cosa è non solamente possibile ma facilissima. Ascoltate come si può pregare sempre. – Il Venerabile Beda ci dà egli solo in due parole la soluzione di ogni difficoltà: « Sempre prega colui che fa tutte le sue azioni secondo Dio » dice il citato scrittore (In Sentent.). La stessa massima aveva già espresso S. Basilio con quelle altre consimili parole: «Chi si regola sempre bene prega sempre; la sua vita è una preghiera continua » (Hom in Iudittham mart.). Anche secondo S. Ambrogio, il giusto prega sempre, perché anche quando l’anima sua non prega, le opere ch’egli fa, intercedono per lui e tengono per lui il luogo di preghiera; anzi, perfino quando dorme, i fatti suoi risplendono innanzi al Signore e gli servono da patrocinatori presso Dio. Il peccatore medesimo che si trova in peccato mortale, prega sempre dal punto in cui desidera ardentemente di spezzare le sue catene e uscire dal peccato, pregando e offrendo a Dio i suoi sforzi, le sue azioni attuali per ottenere la grazia di convertirsi. Quindi se appena svegliati e levati, offrite a Dio il primo vostro pensiero, e le occupazioni giornaliere, il giorno intero sarà per voi una continua preghiera. Andate al lavoro? Fatene offerta a Dio, ed il vostro lavoro sarà una non interrotta preghiera. Vi sedete a mensa, o uscite a ricreazione? Offrite a Dio il vostro cibo, ricreatevi avendo lui in mente, e il cibo e il divertimento vi servirà di preghiera. Raccomandate a Dio il sonno prima di chiudere le palpebre, e il vostro sonno è una preghiera… Oh quanto ci arricchiremmo facilmente e senza disagio, se facessimo in questo modo! O come guadagneremmo il cielo quasi senza fatica, se veramente lo volessimo! Noi potremmo dire col Salmista: sebbene in altro senso: «Ebbero a bassissimo prezzo la terra desiderata » (Psalm. CV, 24).

11. Ma quando bisogna particolarmente pregare? — In 1° luogo bisogna pregare principalmente al mattino dopo che ci siamo levati: « Signore, dice il re profeta, voi ascoltate sul mattino la mia voce; in sui primi albori del giorno io mi presenterò a voi e contemplerò le opere vostre meravigliose » (Psalm. V, 4-5). « O Dio, Dio mio, io dono a voi i miei pensieri fin dall’aurora » (Psalm. LXII, 1). « Signore, io ho gridato a voi, e la mia preghiera salirà a voi di buon mattino » (Psalm. LXXXVII, 14). – Di buon mattino dobbiamo riempire il nostro cuore dei tesori della preghiera… L’Ecclesiastico ci dice che il vero savio « applicherà, in sul primo albeggiare dell’aurora, il suo cuore a pensare al Signore che lo ha fatto ed a pregare in presenza dell’Altissimo » (Eccli. XXXIX, 6); e l’autore della Sapienza ci fa notare che la manna la quale non poteva essere consumata dal fuoco, si squagliava al primo raggio di sole che l’avesse toccata, affinchè si rendesse a tutti manifesto che bisogna prevenire il sole per lodare Iddio, e conviene adorarlo sui primi albori del giorno (Sap. XVI, 27-28). – « Fin dal mattino, diceva S. Giovanni Climaco, io conosco la mia corsa di tutto il giorno » (Grad. VII); e voleva dire che la sua preghiera del mattino lo rischiarava e lo dirigeva per tutto il giorno, santificava la intera sua giornata. Questo eccellente vantaggio godrebbero tutti i cristiani, se tutti imitassero questo gran Santo… Con la preghiera del mattino; tutto il giorno è bene impiegato e Santificato. Si può quasi asserire che è intieramente profanato, triste e perduto quel giorno in cui si è trascurata la preghiera del mattino.

2° Bisogna pregare al principio ed alla fine di ogni azione… Con questo mezzo tutte le opere restano santificate; si schivano le azioni malvage, perchè non si può offrire a Dio quello che è cattivo.

3° Bisogna imitare il Salmista che diceva: « La sera, la mattina e al mezzodì invocherò il Signore, ed egli ascolterà la mia voce » (Psalm. LIV, 18). La Chiesa per ricordarci questa pia ed utile pratica e per incoraggiarci e aiutarci a seguirla, ha stabilito l’Angelus…

4° Bisogna pregare la sera, prima del riposo. Ascoltate il Salmista: « S’innalzi la mia preghiera come incenso al tuo cospetto; l’elevazione delle mie mani sia il mio sacrifìcio vespertino » (Psalm. CXL, 2).

5° Bisogna pregare nelle tentazioni, fra i pericoli, nelle infermità, quando si tratta della scelta dello stato, e generalmente in ogni affare di rilievo.

6° Bisogna particolarmente pregare nelle domeniche e nelle feste…

7° Bisogna pregare giunti all’età della ragione, in tutte le età della vita, e in tutti i luoghi, ma specialmente nell’ora suprema della morte.

 

12. Preghiera pubblica. — È cosa ottima la preghiera particolare, ma più potente ancora è presso Dio la preghiera pubblica. Dice Gesù Cristo : « Vi dico, in fede mia, che se due tra di voi si accordano su la terra per dimandare qualche cosa, l’otterranno dal Padre mio che è nei cieli, perchè dove si trovano due o tre congregati nel mio nome, io mi trovo in mezzo a loro » (Matth. XVIII, 19-20). – Il popolo tutto quanto pregò con Giuditta; quella preghiera operò prodigi… I Niniviti pregano tutti insieme, ottengono grazia… Gli Apostoli pregano insieme nel cenacolo, lo Spirito Santo discende sopra di loro, li colma de’ suoi doni… I primi Cristiani, unendosi agli Apostoli, fanno preghiere pubbliche, e ottengono la conversione dell’universo pagano. Ester suggerisce a Mardocheo che raduni tutto il popolo, e preghino tutti per lei mentre entrerà nelle stanze del re. Così fu fatto, ed in virtù di quella preghiera pubblica, Ester si rese celebre e gloriosa, cambiò Assuero, fece castigare Amano, liberò il suo popolo dalla strage, procurò grandissima gloria a Dio. Perciò in occasione di pubbliche calamità, di pesti, di carestie, di guerre e simili flagelli, la Chiesa ebbe sempre in uso di ricorrere alla preghiera pubblica. – Le preghiere pubbliche sono più efficaci presso Dio, che le altre, perchè nel numero vi sono sempre dei giusti mescolati coi peccatori, e Dio ascolta anche la preghiera dei peccatori, perchè unita a quella dei giusti… Principalmente nelle preghiere pubbliche lo Spirito Santo dimanda Egli medesimo per noi e supplica con gemiti ineffabili, come dice S. Paolo ai Romani (Rom, VIII, 26). I santi Padri dicono che lo Spirito Santo dimanda per noi, ossia si muove a domandare e gemere. Domanda poi con gemiti ineffabili, cioè celesti e divini, e per mezzo delle misteriose ispirazioni della grazia… Impariamo da questo, che la vera preghiera consiste nei gemiti, negli affetti, nei desideri, nelle orazioni giaculatorie, nei sospiri infocati. – Ma quantunque soli, noi possiamo in certo modo fare pubbliche preghiere, unendo la nostra intenzione a quella della Chiesa e domandando con essa, con tutti i suoi giusti ed i suoi santi, tutto quello che essa chiede a Dio. Vi è poi anche una preghiera comune che tutti possiamo fare. È perfetta e comune la preghiera di coloro che pregano col cuore, con l’anima, con lo spirito; che pregano con le parole, con la compostezza, col raccoglimento di tutti i sensi. Preghiera comune a tutto ciò che in noi può invocare il nome del Signore, è accoppiare insieme, quando preghiamo, la parola, l’attenzione, le buone opere, una vita santa, il corpo, l’anima, la volontà, lo spirito, il cuore. Questi sono come altrettanti esseri riuniti che pregano insieme; ed una preghiera cosiffatta è sempre la ben venuta, l’ascoltata, l’esaudita da Dio… Così pregava l’Apostolo il quale dice : « Che cosa farò io? Pregherò con lo spirito, con l’anima, col cuore » (I Cor. XIV, 15)… La più perfetta di tutte le preghiere pubbliche è la Messa, ossia il Sacrifizio dell’altare…

13. La preghiera fatta in chiesa ha più efficacia. — La preghiera che si fa in chiesa ha maggior pregio ed onora più Iddio, che fatta altrove, perché, 1° essendo la Chiesa la casa propria di Dio in questo mondo, la preghiera che vi si fa veste il carattere di pubblica invocazione, di lode, di adorazione a Dio in faccia a tutta la Chiesa. 2° Nella Chiesa, tutte le preghiere sono unite; quelle di Gesù Cristo, del sacerdote, dei fedeli. 3° Nel tempio, il giusto unito al peccatore viene in aiuto di questo. 4° Vi trova l’esempio degli altri, e questo esempio è di grande spinta e conforto. « Il Signore ha esaudito la mia preghiera nel suo santo tempio», diceva il re profeta (Psalm, XVII, 8). Il profeta Gioele dice che i sacerdoti, i ministri di Dio, piangeranno tra il vestibolo e l’altare, e grideranno: Perdonate, o Signore, perdonate al vostro popolo, e non abbandonate al vitupero la vostra eredità. E allora il Signore avrà pietà degli uomini, li risparmierà, e loro perdonerà; li colmerà de’ suoi favori e darà loro l’abbondanza dei frutti della terra (Ioel. II, 17-19). Salomone costruisce il tempio di Gerusalemme; e Dio gli annunzia e gli promette: « Io ho santificato questa casa da te fabbricata, per porre in essa il mio nome in eterno, e qui si volgeranno i miei sguardi, e quivi poserà il mio cuore per tutti i tempi » (II. Reg. IX, 3).

14. Bisogna pregare gli uni per gli altri. — « Pregate gli uni per gli altri, dice S. Giacomo, affinché andiate salvi », (Iac. V, 16). La carità ci invita e c’impone il debito di pregare gli uni per gli altri; a questo ci spinge l’esempio del Redentore, degli Apostoli e di tutti i Santi. « Padre santo, diceva Gesù a Dio Padre, io vi prego di conservare nel vostro nome quelli che a me avete dato, affinché siano tutti una sola cosa, come noi » (Ioann. XVII, 11). E tanto gli sta a cuore che preghiamo gli uni per gli altri, che non vuole esclusi da questa atto di carità i nemici medesimi; anzi ce ne ha fatto obbligo preciso, con quelle parole: «Pregate per quelli che vi perseguitano e calunniano » (Matth. V, 44), e suggellò il precetto con l’esempio, pubblicamente, in croce, allorché disse: «Padre, perdona loro (ai carnefici), perché non sanno quel che si fanno»  (Luc. XXIII, 34). «Noi pregheremo continuamente per tutti», dicevano gli Apostoli (Act, VI, 4). «Non cessiamo mai dal pregare per voi», scriveva San Paolo ai Colossesi (I, 3), e anche voi pregate per noi (IV, 3). Egli assicurava ai Romani, che faceva sempre ricordo di loro nelle sue orazioni (Rom. I, 9-10). A Timoteo poi raccomandava che si facessero nella sua chiesa preghiere, suppliche, domande, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per quelli che sono in alto grado (I Tito. II, 1-2). La Chiesa prega ogni giorno per tutti: non solamente prega per i suoi membri, ma per tutti gli uomini; per i pagani, per gli eretici, per gli scismatici; prega per i suoi nemici, per i persecutori, per i suoi carnefici. « Per me, esclamava Samuele, Dio mi guardi da questo peccato, che cessi mai dal pregare per voi! » (I Reg. XII, 23). «Se Stefano non avesse pregato per Saulo, forse la Chiesa non avrebbe un San Paolo», scriveva S. Agostino (Epl. XCVII)… Pregare per gli altri è carità, e la carità è la prima condizione della preghiera. Ciascuno dunque, conchiudo con S. Agostino, preghi per tutti, e tutti preghino per ciascuno (Epl. XCVII).

15. Delle varie preghiere in uso presso i Cristiani. — La preghiera del mattino giova a passare santamente la giornata…; quella della sera si fa perché Dio ci benedica e conservi lungo la notte. Con l’invocazione che premettiamo al pranzo ed alla cena, noi dimostriamo e confessiamo : 1° che riconosciamo di avere da Dio le vivande ed ogni altra cosa; 2° che vogliamo prendere il cibo per amor di Dio; 3° che non mangiamo come le bestie; 4° domandiamo che quell’alimento giovi all’anima ed al corpo; 5° preghiamo per ricordarci di Dio, o aver altro buon pensiero durante il pasto; 6° affinché il cibo non sia per satana un mezzo con cui tentarci; 7° per non mangiare troppo o per golosità, ma solo secondo il bisogno; 8° per scacciare il demonio dagli alimenti, non meno che da noi. Il ringraziamento dopo la mensa si fa: 1° per ringraziare Iddio degli alimenti somministratici nella sua bontà; 2° per ottenere la grazia di farne buon uso; 3° perché non abusiamo del vigore e delle forze che quel cibo ci ha dato; 4° affinché Dio continui a somministrarci il pane di ogni giorno… – La preghiera prima del lavoro ha per fine di attirare sopra di noi e su le opere nostre la benedizione di Dio nell’ordine temporale e nello spirituale. La preghiera dopo il lavoro ha lo scopo di ringraziare Dio di averci insinuato l’amore al lavoro, che è una virtù, di averci dato il coraggio per lavorare, e di chiedergli perdono delle colpe o mancanze commesse nel lavorare. – L’Angelus è per onorare la Madre di Dio, la Santissima Trinità, e per ricordarci l’insigne benefizio dell’Incarnazione del Verbo e la grandezza nostra per la Redenzione. La preghiera della domenica vale a santificare il giorno del Signore e ad ottenere grazie per la settimana, ecc., ecc…

16. L’elevazione delle mani, nella preghiera, ci propizia Iddio ed è essa stessa una preghiera. — « Io offro il mio sacrificio della sera, innalzando le mani », diceva il Salmista (Psalm. CXL, 2). « Signore, esclama egli altre volte, io ho innalzato le mie mani verso di te; l’anima mia è come terra arsa da siccità; deh! esaudiscimi presto! » (Psalm. CXLII, 6-7). Leggiamo nell’Esodo, che quando Mosè innalzava le mani, Israele era vittorioso dei nemici; ma quando le abbassava Amalec trionfava (XVII, 11). Del resto, noi troviamo che fin dai primi tempi del cristianesimo gli Apostoli avevano stabilito questa pratica nelle preghiere pubbliche e private : « Voglio, scriveva S. Paolo a Timoteo, che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando le mani pure » (I Tim., II, 8). – Ma con le mani dobbiamo innalzare anche i cuori nostri a Dio che è ne’ cieli, secondo l’avviso di Geremia (Lament. IlI, 41). A commento di queste parole, serve quel tratto di S. Gregorio : « Colui che convalida le sue preghiere con opere buone, alza le sue mani col cuore; come colui il quale prega senza aggiungervi le opere, alza il cuore ma non le mani; chi al contrario fa delle opere buone, ma non prega, costui alza le mani, non il cuore». A quelle parole del Prefazio della Messa il sacerdote alza le mani, e le tiene quindi in alto fino alla comunione… 1° Alzare le mani è atto da supplicante… 2° Noi tendiamo le mani come infelici che sul punto di naufragare, chiedono aiuto… 3° L’elevazione delie mani indica l’elevazione dell’anima a Dio… 4° Per l’estensione delle mani, noi ci offriamo a Dio e ci mettiamo nelle sue braccia divine… 5° Imitiamo la posizione di Gesù Cristo su la croce… 6° E il segnale della carità che abbraccia tutto il mondo… 7° Professiamo il nostro distacco dalla terra… 8° Accenniamo di tendere ed aspirare al cielo… 9° Facciamo violenza a Dio e, animati da confidenza, mostriamo di volere quasi afferrare con le mani quello che gli domandiamo… 10° Stendiamo le braccia come per avvinghiarci a colui che supplichiamo, per vincerlo e sforzarlo a farci misericordia, a patteggiare con noi, e a concederci l’oggetto dei nostri desideri… 11° Proclamiamo i meriti di Gesù crocifisso e li offriamo al Padre come mezzo efficacissimo di ottenere tutto ciò che domandiamo. Perciò il prete all’altare prega molte volte con le braccia stese in forma di croce. 12° Finalmente con questo atteggiamento mostriamo di voler respingere i nemici della nostra salute.

17. Vi sono di quelli che pregano male. — « Voi non sapete quello che domandate », disse Gesù Cristo agli Apostoli, a proposito della domanda da loro fatta di cosa non conveniente (Matth. XX, 22); a quanti si potrebbe dare questa risposta! « Voi domandate e non ricevete, perché chiedete male », a molti altri può ripetersi con S. Giacomo (Iac. IV, 3). – In tre modi può succedere che una persona parlando ad alcuno, non possa farsi intendere e capire: 1° o perché colui al quale si parla, non ode il suono delle parole; 2° o perché non ne afferra il significato; 3° o perché sta distratto in altri pensieri e non bada a quello che gli si dice… Dio ode tutto, intende tutto, comprende tutto, sta attento a tutto. Ma si vuol dire che talora non intende, o non sente, o non sta attento, perché non cura, anzi disprezza, la preghiera mal fatta, come se non badasse, o non udisse, o non intendesse. Perciò il Profeta, prima di mettersi in orazione, diceva al Signore: Porgete orecchio alle mie parole, ascoltate i gemiti miei, udite il grido del mio dolore, o mio re, o mio Dio; state attento alla mia preghiera (Psalm. V, 1-2). Egli chiede pertanto in sul principio che Dio l’intenda, presti l’orecchio, lo comprenda. Ora Dio disprezza, come se non intendesse il suono delle parole di colui che lo prega, quando costui è talmente distratto, che non capisce nemmeno egli medesimo quello che dice, ovvero prega con tanto torpore e tanta divagazione, che la sua preghiera non può levarsi in alto. Dio si regola come se non comprendesse quello che gli si domanda, quando chi prega non sa quello che dice, domandando quello che gli è inutile, ovvero anche nocevole, ancorché lo domandi con attenzione e desiderio. Finalmente Dio fa come chi è distratto, quando chi prega non è degno di essere ascoltato, o prega senza l’umiltà voluta, senza la confidenza necessaria e senza le altre disposizioni che devono accompagnare la preghiera, o quando, essendo peccatore, non ha nemmeno cominciato a pentirsi, a correggersi, a fare penitenza. – Il Salmista, inspirato dallo Spirito Santo, chiede dunque a Dio il dono di pregare bene, affinché gli sia dato di pregare come bisogna, acciocché Dio non rigetti la sua orazione, ma ne oda il suono, ne intenda il significato e l’ascolti. Il Salmista aggiunge, mio re, per ottenere più facilmente; perché un buon re suole esaudire il suo popolo. Soggiunge: mio Dio, per mostrare che in questo re egli vede il suo Dio di cui egli è creatura dipendente in tutto da lui, e che nulla può senza di lui… Dio né ascolta, né comprende, né guarda quelli che pregano male; e quindi non li esaudisce, non essendone meritevoli… .. – Oh come è grande il numero di quelli che pregano male! Se quelli che pregano male non raggiungono quello che domandano, non è da incolparne né Dio né la preghiera in se stessa, ma solamente chi prega male, perché egli prega con cattive disposizioni, o domanda male, o chiede quello che non deve chiedere… « Parecchi, dice S. Agostino, nel pregare languiscono e stanno dormigliosi. Come! il nemico veglia e tu dormi? (In Psalm. LXV). – Dunque pregano male e non meritano di essere né ascoltati né esauditi coloro che pregano senza preparazione, senz’attenzione, o non pregano nel nome di Gesù Cristo; quelli che pregano senza, zelo, senza diligenza, senza fede, senza fiducia, senza fervore, senza umiltà, senza compunzione, senza carità, senza perseveranza. Mancando anche una sola di queste disposizioni, si prega male… Voi domandate e non ricevete; non lagnatevi nè brontolate contro Dio o contro la preghiera: chiamate voi medesimi in colpa; voi non ricevete nulla, nemmeno allora che domandale, perché domandate male (Iac. IV, 3).

18. Errori che si commettono nella preghiera. — « Quello che dobbiamo domandare pregando, non lo sappiamo », dice il grande Apostolo (Rom. VIII, 26). Questo ci può accadere in sei modi: 1° Se domandiamo un bene temporale che sia per nuocere all’anima; 2° se preghiamo con intenzione di essere assolutamente liberati dalla tentazione o da una qualche infermità o croce la quale giova a tenerci bassi e a farci praticare qualche virtù speciale; 3° se chiediamo qualche favore, anche spirituale; ma per ambizione, come i figli di Zebedeo; 4° se domandiamo, per impeto di zelo indiscreto, come gli Apostoli che domandavano a Gesù Cristo che facesse piovere fuoco dal cielo su gli abitanti di Samaria, perché non lo avevano voluto ospitare tra le loro mura; 5° se preghiamo Dio che ci dia subito qualche grazia, la quale meglio ci conviene che ci sia differita, affinché per quest’indugio cresca in noi l’applicazione alla preghiera e il merito della pazienza, e della perseveranza; 6° se chiediamo una condizione nel mondo, o uno stato di vita, al quale Dio non ci chiama… Ora lo Spirito Santo invocato, ricevuto, regnante in noi, governa e dirige tutte queste cose nella preghiera, e dissipa tutti i nostri errori ed inganni. Questo è ciò che intende dire S. Paolo, con quelle parole: « Lo Spirito aiuta la nostra debolezza; poiché quello che ci convenga domandare pregando, noi non lo sappiamo, ma lo Spirito domanda Egli medesimo per noi, con gemiti ineffabili » (ut sup.). – « Vi sono molti, scrive S. Isidoro, i quali Dio non esaudisce secondo il loro volere, ma secondo che conviene alla loro salute ». Dio ci esaudisce talvolta togliendoci quella tribolazione da cui pregavamo di essere liberati, tal altra dandoci la virtù della pazienza, ed in quest’ultimo caso il dono è ancor più grande; qualche volta ci comunica non solo la pazienza, ma anche la gioia nelle prove, e questo è eccellentissimo benefizio… In quanto alle cose temporali, bisogna sempre domandarle con la condizione che possano tornare alla gloria di Dio, a nostra salute, ad edificazione del prossimo… Quelle spirituali possiamo chiederle senza riserva.

19. Ostacoli alla buona riuscita della preghiera. — 1° S. Isidoro nota come due ostacoli insuperabili al buon esito della preghiera, l’ostinarsi nel peccato e il negare il perdono di una ingiuria ricevuta.

2° Impedimenti alla preghiera sono l’agitazione, l’affanno, gli scrupoli. Come nell’acqua torbida non si vede nulla, così l’anima agitata, commossa, troppo scrupolosa, non può vedere Iddio nella preghiera, nè sapere quello che le manca, né domandare come bisogna…

3° « La preghiera è zoppa, dice il Crisostomo, quando l’azione non cammina di pari passo con l’orazione; perché la preghiera e le opere sono i due piedi che reggono l’anima ».

4° Il peccato, e principalmente l’abito del peccato, sono un ostacolo immenso all’efficacia della preghiera. « I vostri delitti alzarono un muro di divisione tra voi e il vostro Dio, leggiamo in Isaia; e i vostri peccati vi nascosero la sua faccia, sicché egli più non vi ode » (Isai. LIX, 2).

5° Pregare senza preparazione, forma un altro ostacolo al buon esito della preghiera. Di questo ci avverte lo Spirito Santo con quella sentenza : « Prima di pregare, prepara l’anima tua; e non essere come uomo che tenta Dio » (Eccli. XVIII, 23).

6° Altro ostacolo al felice esito della preghiera, è domandare cose ingiuste, inutili, vane, nocevoli. Dio, dice S. Cipriano, promette di essere presente e di esaudire le orazioni di coloro i quali rompono i legami dell’ingiustizia e fanno quello che egli comanda: questi meritano di essere esauditi dal Signore. Non bisogna pretendere di accostarci a Dio con preghiere disadorne, infruttuose, sterili; una preghiera nuda non ha efficacia presso Dio perché come ogni albero che non produce frutti è reciso e gettato al fuoco, così un’orazione senza buone opere, senza fecondità di virtù, non è capace di placare Dio e non merita di essere esaudita (Serm.).

7° « Cambiamo i nostri cuori, secondo l’avviso di S. Agostino: perché il giudice supremo si fa subito propizio per mezzo della preghiera, se chi prega si corregge delle sue cattive inclinazioni ».

 20. Vi sono preghiere che invece di essere esaudite, meritano di essere punite. — « Vi è una preghiera esecrabile, dice lo Spirito Santo, ed è quella di colui che si tura le orecchie per non udire la legge »  (Prov. XXVIII, 9); e di questa preghiera imprecava il Salmista: « L’orazione sua gli si ascriva a peccato »  (Psalm. CVIII, 7). 1° È questa la legge del taglione, perché Dio restituisce ciò che gli si presta; come l’empio non vuole ascoltare Iddio che parla per mezzo della sua legge, così a sua volta Iddio ricusa d’ascoltare l’empio, quando questi gli parla con la preghiera… 2° La preghiera di colui che si ostina nel peccato, andando congiunta all’affetto per il peccato e portando perciò con se stessa un disprezzo di Dio; è un peccato, riesce quindi abbominevole ed esecrabile a Dio: ora come volete che Dio l’ascolti senza punirla, piuttosto che rimunerarla? Chi prega con questa disposizione d’animo, dice infatti: Io voglio invocare Dio e servirlo, ma nel medesimo tempo offenderlo e irritarlo. Egli somiglia veramente a quei Giudei che, piegando il ginocchio innanzi a Gesù Cristo e adorandolo, gridavano: Ave, re del Giudei; e nello stesso mentre gli sputavano addosso (Matth. XXVII, 29). Di più, quegli che prega così, sembra fare complice Iddio del suo delitto, perchè preghiere di tal sorta domandano che favorisca il peccato e allora esse sono bestemmie e infinitamente oltraggiose a Dio. Prega davvero solamente colui che non vuole più peccare; ma chi prega e intanto continua nel peccato, si burla di Dio, anzi che pregarlo. 3° Il più delizioso profumo puzza se si mescola col lezzo di una cloaca; così è della preghiera : per quanto odorosa e cara sia a Dio in se stessa, se esce da un cuore infetto e incorreggibile, rimane corrotta dalle pestifere esalazioni del peccato: è un profumo corrotto che Dio non può più soffrire. 4° La preghiera di chi rimane nel peccato è esecrabile, perché chi si ostina nel male vive in istato di inimicizia con Dio : ora Dio odia necessariamente il suo nemico e non ne accoglie la preghiera. Perciò chi prega Dio mentre vuole rimanersene nel peccato, imita Giuda che tradisce il suo maestro mentre lo bacia. – S. Ambrogio, per farci comprendere l’accecamento e la disgrazia di coloro che continuano nel male, e intanto osano pregare senza volontà di correggersi e convertirsi, si serve del seguente paragone: Un tale stava affogato nella melma fino al collo; vedendo passare un viandante, stese le mani e gridò: Deh! abbi pietà di me e cavami di questa pozza. Il viandante gli porse la mano, ma quegli invece di aiutarsene a uscire, cacciò nel fango il braccio che gli veniva in aiuto, e cercò tuffare con sé nella pozzanghera il suo benefattore. Questi allora cambiata la carità in furore, gli disse: Triste ipocrita, perché domandarmi soccorso, mentre tu vuoi rimanerti nel lezzo, e cerchi affondarvi me stesso? Giacché tu ami la corruzione e la morte, restaci; tieni quello che hai scelto. Così fanno coloro i quali pregano Dio che li cavi dalla cloaca impura dei vizi, e frattanto si tengono strettamente abbracciati al vizio; non vogliono uscirne, e si ostinano a rimanervici (In c. IV Apoc.). – Oh! come è grande in questo mondo perverso il numero di coloro che imitano questo infelice! Tutti quelli che non vogliono osservare le leggi di Dio e della Chiesa, uscire dal peccato, allontanarsi dalle occasioni prossime del peccato, si burlano di Dio pregandolo; la loro preghiera è un peccato, è esecrabile O ciechi disgraziati e colpevoli, che non paghi di servirsi di ciò che è male in se stesso, cambiano anche il bene in male; che non contenti di bere acque avvelenate, cambiano in veleno le acque limpide e salutari in se stessei… Come appunto significò Iddio dicendo: « Quando voi stenderete le mani verso di me, io volgerò altrove i miei occhi; voi raddoppierete le preghiere ed io sarò sordo, perchè le vostre mani stillano sangue » (Isai. I, 15). – La ragione ne è evidente, dice Alvarez: Io non vi esaudirò perché siete coperti di peccati volontari: perché per quanto sta da voi, spargete il sangue di Gesù Cristo, e ve ne bagnate le mani (In cap. I Isai.). Non meno fortemente parla, S. Basilio: La causa, egli dice, per cui Dio non ci esaudisce, è che noi lo irritiamo coi nostri peccati. È come se un assassino con le mani tuttora grondanti del sangue di un figlio diletto, da lui svenato sotto gli occhi del padre, andasse a stenderle verso il padre desolato per abbracciarlo e chiedergli grazia. Il sangue del caro figlio, di cui rosseggiano le mani dell’uccisore, non muoverebbe piuttosto a collera che a pietà il padre? E una tal preghiera non è esecrabile? Se questo padre volgerebbe altrove gli occhi e non darebbe retta ad una simile preghiera, come guarderà Iddio, o come potrà esaudire le orazioni di quelli che calpestano le sue leggi, che lo vilipendono senza pentirsene, che vogliono continuare a oltraggiare e crocifiggere il suo divin Figlio? Chi prega Dio senza volontà di uscire dal peccato, tenta Dio, lo provoca, lo irrita con la sua temerità e irriverenza.

 

21. Disgrazia di quelli che non pregano. — Se è disgrazia, anzi peccato il pregare male, e specialmente con volontà di non lasciare la colpa, disgrazia più grave e peccato più enorme è abbandonare la preghiera; poiché sarebbe questo un rinunziare interamente alla propria salvezza e un voler vivere e morire dannato, eternamente reprobo e maledetto… Un orbo che più non vede il sole, è degno di tutta la nostra compassione; ma infinitamente più da compiangere è il cieco spirituale che più non vede la luce della preghiera. S. Bonaventura insegna che colui il quale abbandona la preghiera, porta un’anima morta in un corpo vivo, o è un corpo senz’anima (In Speculo). Abbandonare la preghiera equivale ad essere segnato col suggello della maledizione di Dio e dell’eterna riprovazione che è l’estrema di tutte le sciagure… Oloferne, visitando i dintorni di Betulia, trovò che l’acqua la quale serviva ad abbeverare la città, veniva dal di fuori; ed ordinò che si rompessero gli acquedotti per vincere con la sete la città assediata (Iudith. VII, 6). Il demonio toglie il canale della grazia, quando allontana dalla preghiera; ci priva di forze, ci soggioga e trionfa di noi a suo talento se riesce a farcela abbandonare… « Come città non munita di torri nè di mura, facilmente cade in potere del nemico, così il demonio con poco sforzo espugna e si sottomette un’anima non difesa dalla preghiera, e la spinge a poco a poco ad ogni sorta di scelleratezze ».

22. Mezzi per pregare bene. — 1° Come si può ottenere di non essere distratti, nel tempo della preghiera? domanda S. Basilio, e risponde: Col pensare che si è sotto gli occhi di Dio.

2° « Se procurassimo, dice S. Bernardo, di cercare, di domandare, di battere alla porta con sincera divozione, con grande affetto, con ardente desiderio, state certi che chi domanda riceverebbe, chi cerca troverebbe, a chi picchia sarebbe aperto ».

3° Bisogna accompagnare la preghiera col digiuno e con la elemosina… La preghiera da sola è debole, ma diventa vigorosa e robusta quando sia aiutata dalle due ali del digiuno e della elemosina; con queste ella vola rapida fino al cielo. Perciò il Signore dice: Spezza il tuo pane con l’affamato, da’ ricetto in tua casa al pellegrino, vesti il povero… Poi vieni ad invocarmi ed io ti esaudirò; grida a me ed io ti risponderò : eccomi presente (Isai. LVIII, 7-9). Appoggiato su queste parole, S. Cipriano insegna che Dio non esaudisce la preghiera, se non è congiunta ad opere pie (Serm.). Perciò Daniele diceva di essersi volto a pregare e supplicare Iddio nei digiuni, nella cenere e nel cilizio (Dan. IX, 3).

4° Finalmente chi intende di pregare bene e di ricavare frutto dalla preghiera, deve amare il ritiro: « Io allatterò quest’anima, dice Iddio, la condurrò nella solitudine e parlerò al suo cuore » (Ose. II, 14).

[Fine]

 

LA PREGHIERA (Alapide, 2)

PREGHIERA 2

[E. Barbier: I Tesori di Cornelio Alapide, vol. III, S.E.I. Torino, 1930]

5. Facilità della preghiera. — 6. Bontà infinita di Dio nella preghiera. 7. La preghiera è un onore, una gloria, una felicità. — 8. Motivi di pregare. — 9. Qualità della preghiera . 1° Che cosa si deve fare prima della preghiera; 2° Bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo; 3° Bisogna pregare con attenzione; 4° Con zelo, diligenza, fervore; 5° Con fede e confidenza; 6° con umiltà e compunzione; 7° Bisogna pregare per quanto è possibile in istato di grazia; con cuore puro e scevro di odio; 8° Bisogna pregare sovente e perseverare nella preghiera fino alla morte.

5. Facilità della preghiera. — La preghiera è cosa facilissima a tutti, ricchi e poveri, dotti e ignoranti, vecchi e giovani e tutti possono facilmente pregare. La preghiera, mentre è il più efficace, anzi l’indispensabile mezzo di salute, è nello stesso tempo il più facile. Si può pregare in ogni tempo e luogo… Chiunque ha cuore, possiede tutto quello che occorre per pregare. Dare il cuore a Dio, questo basta: Dio non domanda altra cosa… – Qualcuno alle volte si lamenta che non sa pregare. Come!? Non sapete pregare! questo proviene dal fatto che voi non pregate; pregate, e voi saprete pregare; e quanto più pregherete, tanto più saprete pregare; nessuno diventa sapiente nella preghiera, se non a misura che prega: pregando spesso, s’impara a pregare. – La preghiera è facile, perché può essere breve ed insieme efficacissima. Il Pater, che è la più ricca, la più perfetta di tutte le preghiere; il Pater che racchiude in sè tutte le altre preghiere, è una preghiera non lunga e da tutti conosciuta… Qual fu la preghiera del cieco? «Signore, fate che io veda!». Qual fu la preghiera del pubblicano? « Signore, siatemi propizio, perché io sono un peccatore ». Quale fu la preghiera degli Apostoli in pericolo di naufragare? « Signore, salvateci perché andiamo perduti ». Qual fu la preghiera del centurione? « Signore, io non sono degno che voi entriate in casa mia, ma dite una sola parola, ed il mio servo sarà salvo ». Qual fu la preghiera del buon ladrone su la croce? « Signore, ricordatevi di me quando sarete nel vostro regno ». Tutte queste preghiere sono brevi, facilissime e furono tutte esaudite immediatamente. La preghiera è facile, perché si può pregare in ogni ora, di notte e di giorno. La preghiera è facile, perché Dio che è sempre presente, è sempre disposto ad esaudirci, a soccorrerci, ad ascoltarci. La preghiera è facile, perché Dio è di facile accesso, benché infinitamente grande, vuole che ci rivolgiamo a lui con libertà grandissima. Facile riesce la preghiera, per le consolazioni che vi si gustano ed il sollievo che vi si t.7. rova a tutti i mali.

6. Bontà infinita di Dio nella preghiera. — L’apostolo S. Giacomo dice che chi ha bisogno « domandi a Dio il quale dà a tutti con abbondanza » (Iac. I, 5). Dice S. Giovanni Crisostomo: « Dio vuole che noi riceviamo per mezzo della preghiera quello che desideriamo; oh che felicità, che fortuna è mai questa per noi, di discorrere con Dio, di poter domandare quello che ci abbisogna! ». « Dio è tutto per noi, dice S. Agostino, noi troveremo in lui ogni cosa. Hai tu fame? è tuo cibo; hai tu sete? è tua bevanda; ti trovi a brancolare nel buio? è tua luce; sei tu nudo? è tuo vestimento per l’eternità ». Diciamo pure anche noi con S. Bernardo: « Iddio si è dato tutto a me; si è speso tutto quanto a mio vantaggio» (Servi. IlI, in Circumcis.).
« Dio è vicino a coloro che lo invocano » (Psalm.. CXLIV, 18); e quanti lo invocano, sono esauditi (Psalm. XCVIII, 6). E il Signore medesimo impegna la sua parola, che esaudirà colui il quale leverà a lui le sue grida (Psalm. XC, 15); e si appellava all’esperienza del Salmista, dicendo : « Tu mi hai invocato nella tribolazione, ed io ti ho liberato » (Psalm. LXXX, 8). Insomma, possiamo sfidare con l’Ecclesiastico tutto il mondo a dirci chi mai abbia invocato Dio e non sia stato esaudito (Eccli. II, 12). – È tanta la bontà di Dio, che più desidera egli di dare che non noi di ricevere; e pregato, molto più abbondantemente dà, di quel che non gli si chieda. Iddio, come osserva S. Tommaso, dà 1° liberamente, non vende i suoi doni…; 2° generalmente, non a uno solo, ma a tutti…; 3° copiosamente…; 4° generosamente e senza rimproveri… Si vergogni dunque di se stessa l’indolenza umana; Dio è più disposto a dare che noi a ricevere; è nella natura di Dio il dare.

7. La preghiera è un onore, una gloria, una felicità. — Come è bella e vera quella sentenza del Crisostomo : « La corte e le orecchie dei principi sono aperte per poche persone privilegiate, ma la corte e le orecchie di Dio stanno spalancate per chiunque voglia avervi accesso. »  (De Orand. Dom. 1. II). Nei reali appartamenti non si penetra che a stento; ai monarchi, raro è che si possa parlare, tanti sono gli ostacoli che chiudono il passo alla loro reggia ed alla loro persona! Ma la preghiera ha libera entrata in cielo; essa va a Dio quando le talenta; entra nella corte celeste, si spinge fino al trono della divinità, da sola e ad ogni istante, senza che nessuna guardia le gridi: olà, dove vai? il re del cielo non dà udienza; tu a quest’ora lo importuni. Anzi, le guardie della corte divina, che sono gli Angeli, dicono a chi prega: vieni, entra, chiedi quanto vuoi e ti sarà dato. — E se è onore insigne Tessere ammesso all’udienza di un re, che onore infinitamente più grande non è quello di avere sempre libero l’accesso alla persona del re del cielo! Il mendicante è cacciato via dai palazzi abitati da uomini i quali in fin dei conti sono simili a lui per natura; e i poveri, i miserabili sono quelli che il gran Dio ammette più facilmente nel suo corteo ed ascolta con più premura. Andate, dice continuamente a’ suoi ministri il Re dei re, il Signore dei monarchi, andate per le piazze e per le contrade, nei vicoli e per i crocicchi, e conducete qua tutti gli accattoni, infermi, ciechi, sciancati che troverete e fate loro ressa che entrino, in modo che la mia casa si riempia (Luc. IX, 21-23). Ma non solamente questo gran Dio ci permette di rivolgerci a lui, assicurandoci che ci darà tutto quello che domanderemo, la qual cosa è già altissimo onore e singolarissima distinzione, ma ce ne fa un obbligo… Supponiamo che un mendicante ardisse accostarsi alla mensa di un ricco, con quali parole e con quali maniere ne sarebbe scacciato! e il più misero dei mendicanti va, per mezzo della preghiera, a sedersi quando vuole alla tavola di Dio, presso la persona medesima di Dio. Che dignità! che onore! che gloria!… « Ti è permesso conversare con Dio, scrive il Crisostomo, ti è lecito trattenerti con lui a tuo piacere, per mezzo della preghiera ti è dato di meritare quello che brami. E benché tu non possa intendere con le orecchie del corpo la voce di Dio, ricevendo quello che domandi, ben vedi ch’egli si degna parlare con te, se non con parole certo con benefizi ». Domandate e riceverete, affinché il vostro gaudio sia perfetto, dice Gesù Cristo (Ioann. XVI, 24)… « E qual felicità più grande può avere l’uomo, esclama S. Basilio, che quella di riprodurre su la terra i concerti degli Angeli, attendere alla preghiera su l’alba, esaltare il Creatore con inni e cantici? E poi, spuntato il sole, applicarsi al lavoro, non però mai dimenticando la preghiera? E finalmente, condire come di sale, tutte le azioni con cantici spirituali? ». « Io ho creato la pace per frutto della preghiera», dice il Signore per bocca d’Isaia (Isai. LVII, 19). Ecco la mercede, la felicità, la dolcezza della preghiera: è la pace. Nulla infatti rende l’uomo tanto contento, allegro, tranquillo, quanto la preghiera, principalmente nelle prove, nelle tribolazioni, nella contrizione, e nel pianto dei peccati… Al mondo stolto che non prega, riesce di grave pena la preghiera; non trova tempo per pregare; non può intendere come le anime virtuose possano tanto amare e praticare la preghiera, da consacrarvi ore intere non solo senza noia, ma anzi con diletto. Infelici! essi non conoscono l’unzione della preghiera; non gustarono mai, perché non ne sono meritevoli, o meglio, perché non vogliono, le consolazioni ineffabili, le dolci gioie che accompagnano questo divino trattenimento con Dio! La preghiera è veramente un saggio anticipato delle delizie celesti. Anime tepide, aride, negligenti, pigre, provatevi, fate qualche sforzo, e comprenderete quello che dico, perché lo sentirete, lo proverete in fondo al cuore.

8. Motivi di pregare. — « Domandate, dice Gesù Cristo, cercate, picchiate » (Matth. VII, 7). Domandate per ottenere forze; perché voi non siete che debolezza… Cercate la luce e la verità con la preghiera, perchè voi non siete che tenebre ed errori… Bussate con l’orazione alla porta del cielo e della grazia; perchè vi sono necessari ambedue… Chiedete la grazia senza la quale non potete nulla… Sforzatevi di ritrovare con la preghiera la veste dell’innocenza e delle virtù che avete smarrito… Battete affinchè vi siano aperti i tesori del Cuore ricchissimo di Gesù Cristo. I motivi che ci spingono a pregare sono la nostra povertà…, la nostra fiacchezza…, i nostri debiti spirituali…, le colpe, l’accecamento…, il tempo che ci è dato apposta perchè preghiamo…, la morte…, il giudizio…, l’inferno, il paradiso…, l’eternità.

9. Qualità della preghiera. 1° Che cosa si deve fare prima della preghiera. — « Prima di metterti all’orazione, prepara l’anima tua », dice l’Ecclesiastico (Eccli. XVIII, 23). Ci prepariamo alla preghiera: 1) con la lettura…; 2) col pentimento…; 3) con la considerazione della divina maestà alla quale si va a parlare…; 4) con la meditazione del proprio nulla…; 5) con la considerazione dei propri bisogni…; 6) con la considerazione dei vantaggi della preghiera…; 7) con la premeditazione delle cose che intendiamo domandare, perché non ci accada di chiedere cose o inutili, o nocevoli, o ingiuste; ma la nostra domanda versi intorno ad oggetti giusti, santi, degni di Dio, a lui graditi, a noi salutari. S. Bernardo dice: «Quale tu ti apparecchierai per comparire innanzi a Dio con la preghiera, tale a te si mostrerà Iddio; com’Egli troverà voi, così voi troverete lui; perché Egli è santo, sarà con chi è santo, Egli l’innocente, sarà con l’innocente ».Dio avrà cura di esaudire chi preparerà la sua preghiera nell’attenzione e nel raccoglimento; si mostrerà premuroso e liberale con chi apporterà diligenza e generosità. Chi si mette a pregare senza preparazione, chi si avvicina a Dio senza darsene pensiero, non placa Dio con la sua orazione, ma lo tenta, l’irrita, lo provoca con la sua temerità, con l’audacia, con l’irriverenza, con l’impudenza sua; principalmente poi se trovandosi in peccato, e quindi nemico di Dio e sotto il peso della sua collera, osa chiamarlo amico, senza che provi nessun dolore di averlo offeso. Dio ascolta solamente coloro che gli indirizzano le preghiere accompagnate da fede retta e da buone opere… Dunque, prima di cominciare la preghiera, pensate che voi siete una persona sommamente vile, perché peccatore ingrato, che siete cenere, polvere e corruzione; e per questa considerazione umiliatevi. Pensate quindi alla grandezza del Dio innanzi a cui vi portate con la preghiera; che è un Dio sapientissimo, santissimo, ottimo, onnipotente; amatore delle nature angeliche, riparatore della natura umana, creatore di tutte le cose. Ammirate, rispettate, adorate la divina maestà intimamente presente; ella sta davanti a voi. Amate la sua immensa bontà che è inclinata ad ascoltarvi, ad esaudirvi, a farvi del bene. Riaccendete la vostra speranza, ben sapendo che non uscirete né a mani vuote, né col cuore desolato, dalla presenza di un così gran re, dopo di avergli indirizzata la vostra preghiera. – Ecco un modo pratico per apparecchiarvi alla preghiera: 1) Io intendo pregare per dare lode, benedizione, onore a Dio. Una preghiera cosiffatta è un atto di religione. 2) Mi propongo di pregare Dio per piacergli; questa preghiera vi è ordinata dall’amore. 3) Voglio pregare per ringraziare Dio di tutti i suoi doni temporali e spirituali, concessi a me e a tutti gli altri; ecco un atto di riconoscenza. 4) Voglio pregare per imitare Gesù Cristo, la Beata Vergine Maria, gli Angeli beati e tutti i Santi del cielo, che mai non cessano dal pregare; unisco le mie preghiere alle loro orazioni ed ai loro meriti; ed in questa unione io offrirò le mie preghiere a Dio. Ecco l’iperdulia ed il culto dei Santi… 5) Voglio pregare per ottenere il perdono de’ miei peccati e soddisfarvi; ecco un atto di penitenza… 6) Voglio pregare per la liberazione delle anime del purgatorio, per ottenere ai peccatori il perdono, ai giusti l’aumento della loro giustizia; ecco un atto dell’amor del prossimo… 7) Intendo ancora pregare per chiedere un aumento di grazia e di gloria, cioè di umiltà, di carità, di mansuetudine, di castità, di sobrietà, di forza, di costanza, di perseveranza, di zelo, e in conseguenza per domandare un accrescimento di gloria celeste che corrisponda all’aumento di queste virtù e di queste grazie: ecco un atto di speranza e di differenti virtù… Utilissima cosa è avere tali intenzioni non solamente nella preghiera, ma ancora in tutte le azioni del giorno… Ci siamo noi fino ad oggi apparecchiati così alla preghiera? –

2° Bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo. — È promessa formale del divin Redentore, che tutto quello che domanderemo al Padre nel nome suo, egli lo farà (Ioann. XIV, 13). « Se non sempre subito, osserva S. Agostino, sempre per certo; poiché le grazie sono talora differite, non mai negate ». Altra volta ripete: « Vi do la mia parola, che qualunque cosa domandiate al Padre mio in mio nome, egli ve la darà»; e si lagnava con gli Apostoli, che non avessero fino a quel giorno domandato nulla in nome suo (Ioann. XVI, 23-24). Per questo noi vediamo la Chiesa conchiudere tutte le sue orazioni con l’invocazione del nome di Gesù Cristo. – Perché bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo? Primieramente, perché Gesù è il nostro mediatore presso il Padre (I Ioann. II, 1). Secondariamente, perché Gesù Cristo ci ha riscattati… In terzo luogo perché tutte le grazie vengono da Lui che ne è l’autore ed il dispensiere… In quarto luogo, perché tutto abbiamo da lui, tutto dobbiamo a Lui, e principalmente l’efficacia delle nostre preghiere… – Quando è che noi domandiamo, ossia preghiamo nel nome di Gesù Cristo? “Risponde S. Gregorio: «Il nome del Figliuolo di Dio è Gesù; e Gesù vuol dire Salvatore : pertanto prega nel nome di Gesù, chi domanda cose le quali veramente giovino alla sua eterna salute ». Siccome poi Gesù Cristo ci ha aperto il cielo, si è fatto uomo ed è morto per procurarcelo, il vero mezzo di pregare nel nome di Gesù Cristo, sta nel mettere in pratica quelle parole del Salvatore: « Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, ed il resto l’avrete per di più » (Matth. VI, 33).

3° Bisogna pregare con attenzione. — Perché mai Gesù Cristo c’inculca di pregare in segreto, di allontanarci dal tumulto quando vogliamo pregare se non per insegnarci a stare attenti e raccolti nel tempo della preghiera? « Quando pregherete, dice, entrate nella vostra camera, e chiuso l’uscio, pregate il Padre vostro in segreto; ed egli che vede nel segreto, vi retribuirà » (Matth. VI, 33). Entrate nella vostra stanza, cioè raccoglietevi dentro di voi medesimi, fate attenzione a quello che dite… Chiudete l’uscio, cioè vigilate sui vostri sensi, cacciate le distrazioni, applicatevi con tutto l’animo all’orazione. Entrate nella vostra cella che è il vostro cuore; perché, secondo la frase di S. Francesco d’Assisi, « quando preghiamo, il corpo deve tenere luogo di cella, e l’anima fare l’uffizio di romito ». «State attenti nelle vostre preghiere», avvisa S. Pietro (I, IV, 7). « Non impiegate nel pregare molta copia di parole, scrive S. Agostino, ma con poche parole la preghiera riesce eccellente, quand’è fatta con pia e perseverante attenzione ». Tale era la preghiera di S. Paolo il quale diceva: « Pregherò con lo spirito, pregherò con attenzione » (I Cor. XIV, 15).Quando noi preghiamo, è come se dicessimo col Salmista: «Signore, porgete l’orecchio alle mie parole, ascoltate le mie grida; o mio re, o mio Dio, ascoltate la mia preghiera » (Psalm. V, 1-2). « Signore ascoltate la mia preghiera; essa non viene da bocca mentitrice » (Psalm. XVI, 1). Ora qual sarebbe la sfrontatezza, l’audacia nostra se mentre diciamo a Dio: ascoltateci, porgeteci orecchio, esaudite le  preghiere che in tutta sincerità vi indirizziamo, noi non facessimo punto attenzione a quello che diciamo, non pensassimo a quello che domandiamo, non sapessimo nemmeno noi quello che vogliamo? Noi siamo del continuo in distrazioni volontarie, attendiamo all’orazione sbadati, svagati, pigri, sonnolenti, pensando a tutt’altro che a Dio: ed è questo un pregare? Non è piuttosto un burlarsi di Dio, un insulto a Gesù Cristo? – La preghiera è un’elevazione della mente a Dio. Ma se mentre la bocca prega, l’anima vaga su la terra, si occupa della famiglia, degli affari, delle creature, e simili cose, può essa dire che è elevata a Dio? Ah! una tale preghiera, non merita il nome di preghiera. Noi ci lamentiamo molte volte che non otteniamo quello che domandiamo’. Ah! non è Dio che ricusi di darcelo, ma siamo noi che rifiutiamo di riceverlo. Oseremmo noi tenere tal modo nel chiedere qualche cosa agli uomini? « Voi domandate, diceva già S. Giacomo, e non ricevete, perchè domandate male » (Iac. IV, 3). « Ipocriti, direbbe Gesù Cristo a costoro, bene ha di voi profetato Isaia dove dice : Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me » (Matth. XV, 7-8).

4° Con zelo, diligenza, fervore. — Quando Gesù c’inculca di domandare, di cercare, certo egli c’insinua con questo modo di parlare, che la preghiera nostra dev’essere fatta con diligenza, zelo, fervore. Tale era la costumanza del profeta Davide il quale poteva dire a Dio: « O Dio, Dio mio, io vi cerco fin dall’aurora; chè assetata di voi è l’anima mia » (Psalm. LXII, 2). E poi ancora: « Io mi sono ricordato di voi stando nel mio letto nel più alto della notte; io ho meditato le vostre meraviglie al primo rompere dell’alba » (Id. 7). « A voi ho gridato, o mio Signore; e al mattino la mia preghiera vi previene » (Psalm. LXXXV, 14). I Santi vegliano la notte in preghiere, si alzano di buon mattino per pregare; e noi? noi poltriamo, noi dormiamo.
« O anima, dice S. Agostino, sii sollecita con Colui che è tutta sollecitudine a tuo riguardo; sii pura con Colui che è puro, sii santa con Colui che è santo, sii a disposizione di Colui che sta interamente ai tuoi cenni; quale sarai per Iddio, tale sarà Iddio per te »; cioè, come si esprime S. Eucherio di Lione: « quanta premura e diligenza noi portiamo all’orazione, tanta ne porrà Dio a esaudirci e a concederci le sue grazie» (Epist.). Se voi siete solleciti della preghiera, se procurate di prepararvi, di attendervi, di ben fare, Dio vi ammetterà Volentieri alla sua udienza, coronerà i vostri voti, adempirà i vostri desideri, vi colmerà di benefizi. Quanto meglio le vostre disposizioni concorderanno con quelle di Dio, tanto più vi ascolterà con piacere, vi risponderà con sollecitudine; poiché l’amico conversa volentieri con l’amico, si trattiene con lui lieto e festoso… « La preghiera, scrive l’Alvarez, non è sonno, ma veglia; non pigrizia, ma attività; perché il cuore deve applicarsi con diligenza, e l’intelletto adoprarsi con sollecitudine a comprendere le cose divine, affinché la volontà le gusti e vi si affezioni ». – Noi siamo sicuri di ottenere tutto ciò che domandiamo con la carità. Una preghiera breve ma fervente, vale infinitamente meglio che lunghissime orazioni fatte con tedio e rilassatezza. «La preghiera fervorosa, dice S. Bernardo, penetra certamente i cieli, donde non ritorna mai, senza alcun dubbio, vuota di effetto. Il grido che va diritto a ferire le orecchie di Dio, è il desiderio ardente che si sprigiona dal cuore per mezzo della preghiera ». « Non sono le alte grida, dice il Crisostomo, che scuotono Iddio, ma è il fervido amore, quello che lo muove. Dio non ascolta la voce, ma il cuore ». – « Voi m’invocherete, dice Iddio, e vi partirete esauditi; mi cercherete e mi troverete, perché mi avete cercato con tutto il cuore » (Ier. XXIX, 12-13). Ecco perché il re Profeta diceva che aveva trovato il suo cuore, per pregare (II Reg. VII, 27) : e si augurava che la sua preghiera salisse al cielo come incenso di soave odore (Psalm. CXL, 2). La preghiera fervorosa è incenso di grato odore. Tre cose si richiedono affinché l’incenso s’innalzi e sono l’incensiere, il fuoco, l’incenso. L’incensiere è il cuore, il fuoco dell’incensiere è l’amor di Dio, l’incenso è la preghiera. Senza fuoco, inutile è l’incenso. Quando il cuore avvampa di fervore, la preghiera sale in un attimo fino a Dio, e Dio colma l’anima di mille favori… La preghiera fiacca e accidiosa, è una preghiera non esaudita.

5° Con fede e confidenza. — Sono chiare le parole di Gesù Cristo : « Tutto quello che domanderete con fede, lo riceverete » (Matth. XXI, 22). È vero che la preghiera suppone la fede, altrimenti non si pregherebbe; ma questa non basta, si richiede una fede ferma e viva. Udite l’apostolo S. Giacomo : Se alcuno abbisogna di sapienza, si volga a chiederla a Dio, il quale la dà a tutti con abbondanza, e gli sarà data. « Ma domandi con fede, senza dubitare; perché chi dubita somiglia al flutto del mare, agitato e sobbalzato dal vento. Questo tale non si dia a credere di ricevere cosa veruna » (Iac. I, 5-7). « Il fondamento della preghiera è la fede; dunque, ne conchiude S. Agostino, crediamo per poter pregare, e preghiamo che questa fede la quale ci fa pregare, non ci manchi mai, né si intepidisca : la fede inspira la preghiera: la preghiera fatta ottiene la conferma della fede. Vegliate e pregate affinché non entriate in tentazione: che cosa è entrare in tentazione, se non uscire dalla fede? ». – «Bussate e vi sarà aperto», dice Gesù Cristo (Matth. VII, 7). Domandare e battere indicano la confidenza: non si domanderebbe, tanto meno poi si picchierebbe, quando non si avesse speranza di ottenere. Ma ci vuole una fiducia intera, assoluta, irremovibile… Si cerca, perché si ha fiducia di trovare. In ogni altro luogo la confidenza può essere ingannata; nella preghiera, non mai… Se Dio indugia a concederci quello che chiediamo, si raddoppi la confidenza e si otterrà. Quello che domandate, l’avrete a suo tempo. « Dio, dice il Profeta Abacuc, non ingannerà la vostra fiducia; se tarda a venire, aspettate, poiché verrà e non tarderà » (II, 3). Indegna cosa è tentennare nella confidenza… Chi manca di fiducia non merita di essere esaudito… La confidenza e la fede sono come le due ali della preghiera, con le quali essa Aula fino al trono di Dio e ottiene tutto ciò che le aggrada…

6° Con umiltà e compunzione. — Se, come insegna S. Paolo, noi non siamo capaci di concepire da noi medesimi il menomo buon pensiero, ma Dio è quegli che ce ne dà il potere (II Cor. II, 5), pensate voi se potremo pregare; importa adunque che chi vuole pregare si umilii innanzi a Dio, riconosca le sue miserie e i suoi bisogni, « L’orazione dell’uomo che si umilia, dice il Savio, passa le nubi, penetra nel cielo e non se ne parte finché l’Altissimo l’abbia guardata » (Eccli. XXXV, 21). No, Dio non isdegna mai né rigetta la preghiera dei poveri, cioè di quelli dal cuore umile, la guarda anzi con occhio benigno e cortese; come ci assicura il Salmista: (Psalm. XXI, 25) (Psalm. CI, 18); il quale perciò diceva a Dio: « Ascoltate la mia preghiera, perchè io mi sono umiliato profondamente » (Psalm. CXLI, 7). – L’umiltà è chiamata dal Crisostomo, il carro della preghiera (De Orat.). Anzi possiamo dire che essa le dà le ali con cui essa vola rapidissima al cielo, e senza le quali non fa che strisciare su la terra. Ne avete palpabile esempio nella preghiera del pubblicano, che è accettata immantinente ed esaudita da Dio, mentre quella del fariseo viene ributtata e punita. Osservate anche la preghiera del centurione: per umiltà e basso sentire che aveva di se medesimo, si professa indegno di accogliere tra le sue mura Gesù Cristo; ma appunto perché se ne conosce indegno, Gesù Cristo vuole andarvi. Ah! « Dio resiste agli orgogliosi, dice S. Giacomo, e dà la grazia sua agli umili » (Iac. IV, 6). – Nelle nostre preghiere dobbiamo imitare il mendicante. Appoggiato al suo bastone, il capo scoperto, se ne sta alla porta domandando un tozzo di pane per carità, e se ha alcune piaghe, le tiene scoperte. Tutte queste cose, i suoi cenci, le sue miserie, la sua voce fioca, la sua posizione umile, toccano il cuore del ricco il quale stende la sua mano benefica a sollevarlo… Noi siamo tutti quanti, dice S. Agostino, i mendicanti del grande Padre di famiglia; noi stiamo prostesi alla sua porta per domandargli il nostro pane quotidiano. Noi siamo stati scacciati dal paradiso terrestre, spogliati della veste dell’innocenza e privati di ogni bene, dal demonio e dal peccato. Bisogna dunque domandare con umiltà profondissima (Serra. XV, de Verb. Dovi. sec. Matth.); così pregando siamo certi di ottenere quanto ci occorre, perchè sempre Iddio gradì l’orazione degli umili (Iudith. IX, 16). – Quello poi che serve a un tempo ad eccitare in noi l’umiltà e a renderla certamente gradita a Dio e salutare a noi, è la compunzione del cuore; perchè Iddio non ripudia mai da sè un cuore contrito ed umiliato (Psalm. L, 19); e l’anima che prega compunta e contrita, al dire , di S. Bernardo, avanza rapidamente nella strada della salute. – « La preghiera, scriveva S. Agostino, si fa meglio con gemiti che con parole, più con le lacrime che con la lingua ». Oh come bella ed efficace preghiera sono le lacrime del cuore! « Quando tu pregavi piangendo, disse l’Angelo a Tobia, io presentava la tua preghiera al Signore » (Tob. XII, 12). « Mescoliamo le lacrime alle preghiere, ci suggerisce S. Cipriano: queste sono armi celesti le quali ci rendono invincibili: queste sono fortezze spirituali, e scudi divini che ci difendono ». Lisia si avanza alla testa di ottantamila uomini e di un forte nerbo di cavalleria e va ad assediare Betsura. Corsa voce a Giuda Maccabeo, che il nemico investiva la fortezza, si gettò per terra co’ suoi a domandare al Signore con pianto e gemiti che inviasse un Angelo per la salvezza d’Israele. Allora un cavaliere comparve innanzi ad essi, bianco vestito, con armi d’oro e con la lancia in pugno. Forti di questo soccorso, Giuda col suo esercito attacca battaglia col nemico, ne uccide gran parte, l’altra mette in fuga, riportando una splendida vittoria (II Mach. XI).

7° Bisogna pregare per guanto è possibile in istato di grazia; con cuore puro e scevro di odio. — Ci assicura S. Giacomo, che molto può la preghiera fervente e assidua del giusto (Iac. V, 16); e le preghiere che S. Giovanni vide esalare come profumi dalle coppe d’oro ch’erano tenute in mano dagli Angeli in Cielo, erano le preghiere de’ Santi (Apoc. V, 8). Le orazioni di coloro che si trovano in istato di grazia, sono paragonate ai profumi, a cagione del loro valore e del buon odore. Se Aronne, ponendosi in mezzo al popolo e alzando la voce a Dio con la preghiera, fece cessare la peste che mieteva la moltitudine, è perchè era giusto e santo (Num. XVI, 46). Se Mosè, Elia, Samuele, ecc. avevano tanta forza con le loro preghiere, da ottenere quanto chiedevano, e più ancora, lo dovevano allo stato di grazia in cui si trovavano. – Benché sia cosa desiderabile che chi prega si trovi in istato di grazia, tuttavia il peccatore il quale ha perduto la grazia, deve anche egli pregare, e pregare molto e più che il giusto, per ottenere il perdono de’ suoi peccati e riconciliarsi al più presto con Dio. Il malato ha bisogno di medico e di medicina; ora il peccatore è affetto dalla più spaventosa e orribile malattia che lo condurrebbe al sepolcro dell’inferno, se non adoprasse l’efficace rimedio dell’orazione, se non facesse ricorso a Gesù vero medico. – « Beati quelli dal cuore puro, perchè essi vedranno Dio », disse Gesù Cristo (Matth. V, 8). Ora se avviene che i puri, i casti veggano Dio quaggiù in terra, questo certamente avviene nella preghiera. Se noi ci presentiamo innanzi a Dio per pregarlo con cuore puro, noi potremo, diceva l’abate Giovanni, per quanto è possibile a uomo vestito di carne, vedere Dio e a lui volgere nella nostra preghiera, l’occhio del nostro cuore, e contemplare in ispirito l’Invisibile (Vit. Patr.). La castità di Giuditta unita alla sua preghiera, salvò il popolo giudeo da uno sterminio totale. La preghiera che parte da un’anima casta, pura, senza macchia, è infinitamente cara e gradita a Dio, e riesce onnipotente per l’uomo. – Ora che cosa sarà della preghiera che esce da un’anima travagliata dall’ira, rosa dall’odio? « Ah! nessuno, esclama S. Giovanni Crisostomo, sia così audace che si accosti a Dio con la preghiera, se cova nel suo cuore odio e vendetta ». Dio rigetta non meno con orrore la offerta, il sacrificio di chi prega con odio in cuore, che l’oblazione di chi prega col cuore volontariamente tuffato nel più fetente lezzo. – La preghiera perché  sia esaudita deve sgorgare da un cuore scevro di mal talento e pieno di carità. Pregando, l’uomo vuole e domanda che Dio gli usi misericordia; bisogna dunque che dimentichi e perdoni egli medesimo le ingiurie ricevute da’ suoi simili. Tutte le volte che l’uomo che odia profferisce quelle parole del Pater: Perdona a noi come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi, pronunzia la sua condanna; la sua preghiera è un oltraggio.

8° Bisogna pregare sovente e perseverare nella preghiera fina alla morte. — Non basta pregare una volta, ma bisogna essere assidui a questo esercizio, e mantenervisi perseveranti fino alla morte. « È necessario pregare sempre e non stancarsi mai » (Luc. XVIII, 1). « Se egli continua a bussare, vi assicuro che gli sarà dato tutto ciò che gli abbisogna » (panes) (Luc. XI, 8). « Io vi dico domandate e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto» (Ib. 9). Tutte queste sentenze sono di Gesù Cristo il quale, notate che non dice : domandate, cercate, battete una volta, due, dieci, mille volte; ma in termini generali raccomanda di sempre chiedere, sempre bussare. E la parola confortava con l’esempio; perché nella preghiera consumava le notti intere (Luc. VI, 12). Tre volte egli prega nel giardino degli ulivi, e solamente dopo la terza volta discende un Angelo a consolarlo. Non è questo un sublime esempio ed un forte stimolo per noi a perseverare nella preghiera? « Quando Iddio tarda un po’ a darci quello che gli domandiamo, ci vuole far notare il valore de’ suoi favori, non ce li nega, scrive S. Agostino; cosa lungamente aspettata, arriva più dolce e cara; se è subito concessa, non se ne tiene conto. Chiedendola e cercandola, cresce con l’appetito il gusto che poi si prova nell’assaporarla ». Quanti beni preziosi e abbondanti non ci darà Iddio nella sua bontà, dice il medesimo Santo; quel Dio che ci esorta a domandare e quasi si corruccia se non domandiamo; insistendo presso di lui con una violenza che, al dire di Tertulliano, gli riesce gratissima (Lib. de Orat.). Del resto, quegli che non persevera nella preghiera, non raccoglie nessun frutto duraturo: come non conseguisce il premio quel corridore il quale cade sfinito prima di avere toccato la mèta: la similitudine è di S. Lorenzo Giustiniani. – Degli Apostoli narra S. Luca, che ritornati a Gerusalemme dopo aver assistito all’ascensione del Salvatore, erano del continuo nel tempio a cantare le lodi del Signore (Luc. XXIV, 53); e perseveravano tutti d’accordo nella preghiera con le sante donne e con Maria madre di Gesù, e con i suoi fratelli (Act, I, 14). E tanto era l’amore che portavano alla preghiera, che rinunziarono ad ogni esteriore faccenda, per consacrarsi tutti di proposito alla preghiera continua (Act. VI, 4). Da ciò si comprende come inculcassero con tanta premura la preghiera ai cristiani. « Pregate con ogni sorta d’istanza e di supplica, in tutti i tempi, vigilando e pregando senza tregua, in ispirito, per tutti » (Eph. VI, 18). « Vegliate e perseverate nella preghiera con azioni di grazie » Coloss. IV, 2). « Pregate senza posa » (I Thess. V, 17). « La vera vedova deve perseverare giorno e notte nelle preghiere e nelle suppliche » (7 Tim. V, 5). E quello che raccomandava ai fedeli, lo eseguiva l’Apostolo medesimo che poteva dire di se stesso: «Io prego del continuo per voi » —  (Coloss. I, 3). « Non cesso mai dal pregare per voi e dal domandare che siate forniti della cognizione della volontà di Dio in tutta saviezza e intelligenza spirituale; affinché vi regoliate in maniera degna di Dio, cercando di piacere a lui in tutto » (Ib. 9-10). Mentre S. Pietro era custodito in carcere non si cessava di pregare per lui (Act. XII, 5); e Pietro ne fu scampato; perché grande valore, dice l’Apostolo S. Giacomo, ha la preghiera del giusto purché sia assidua (Iac. V, 16). – Dice S. Gregorio: « Iddio vuole che lo si preghi, che gli si faccia violenza, che lo si vinca con l’importunità. Perciò dice: Il regno de’ cieli va tolto a viva forza, e se ne impadroniscono quelli che usano violenza. Siate dunque assidui alla preghiera, siate importuni nelle vostre suppliche, non scoraggiatevi delle ripulse. Se colui che tu luoghi, pare che non ti ascolti, fagli violenza acciocché riceva il regno dei cieli: sii violento per forzare la porta del cielo. Dolce violenza è questa, per cui Dio non si offende, ma si placa: non si danneggia il prossimo, ma lo si aiuta; non si fa peccato, ma lo si cancella ». Ascoltiamo perciò il consiglio di S. Gerolamo : « Uscendo di casa tua, armati dell’orazione, e rientrandovi, riabbracciala; non dare mai riposo al tuo corpo se prima non hai nutrito l’anima con la preghiera ». Procuriamo con ogni diligenza, secondo il suggerimento di Bartolomeo dei Martiri, di far sì che per mezzo dell’assiduità alla preghiera, il nostro cuore stia sempre aperto a Dio : ricordando quel detto di S. Isidoro: « Chi vuol essere del continuo con Dio, deve frequentemente leggere e pregare: la frequenza nella preghiera ci ripara dall’assalto dei vizi ». Noi dovremmo poter dire col Salmista: «Abbi pietà di me, o Signore, perché ho gridato a Te tutto il giorno » (Psalm. LXXXV, 3). Questo re ci assicura ch’egli lodava e pregava il Signore sette volte al giorno: (Psalm. CXVIII, 164). Nel fatto di Giuditta è notato che, convocato tutto il popolo nel tempio, vi passò la notte in orazione, chiedendo soccorso al Dio d’Israele (Iudith. VI, 21). Che cosa fece Gesù allorché si trattò di scegliere i discepoli? « Se ne andò su la montagna a pregare, e stette in orazione tutta la notte: fattosi giorno, radunò intorno a sé i discepoli e ne scelse dodici tra loro, i quali chiamò Apostoli » (Luc. VI, 12-13). Impariamo da questo esempio a non mettere mai mano ad affare d’importanza, senza aver prima, sovente e per lungo tempo, invocato con la preghiera i lumi dello Spirito Santo. «Attendiamo dunque, conchiudiamo con S. Cipriano, a frequenti preghiere» (Epl. ad Mairtyr.); e ricordiamoci che, come dice lo Spirito Santo, è perseverante nella preghiera, colui che non cessa di pregare finché non abbia ottenuto dall’Altissimo quello che domanda (Eccli. XXXV, 21). Nella perseveranza sta la forza della preghiera; essa ottiene tutto quello che domanda con assiduità… La preghiera perseverante è indicata dal Crisostomo, come l’arma più forte (De Orando Dovi.). Chi non cessa di starsene accanto a Dio per mezzo di una preghiera perseverante, assicura l’anima sua da ogni tirannia di passioni…

                                                                                                                          [2- Continua]

 

LA PREGHIERA (Alapide, 1)

PREGHIERA (1)

[E. Barbier: I Tesori di Cornelio Alapide, vol. III, S.E.I., Torino, 1930]

1.-La preghiera, e sua necessità. — 2. Esempio di Gesù Cristo e dei Santi. — 3. Eccellenza della preghiera. 4. Efficacia della preghiera: 1° Gesù Cristo ci assicura che con la preghiera otteniamo tutto ciò che domandiamo; 2» La preghiera ottiene la saviezza e consola; 3° Chi prega sarà liberato dalle tribolazioni e dalle infermità; 4° Con la preghiera si ottiene la sanità dell’anima; 5° La preghiera opera una vera trasfigurazione nell’uomo; 6° La preghiera è onnipotente; 7° La preghiera è il terrore dei demoni; 8° La preghiera illumina; 9° Per la preghiera si ottiene la conversione dei peccatori; 10° La preghiera ci salva; 11° La preghiera contiene beni immensi. —

1. La preghiera, e sua necessità. — La parola preghiera nel linguaggio della Chiesa si dice oratio, quasi oris ratio, cioè ragione della bocca. La ragione infatti si manifesta per mezzo della parola, specialmente della preghiera, perché la preghiera fu data da Dio all’uomo per supplire la ragione; quel che la ragione, oscurata dal peccato, non può comprendere, lo comprende la preghiera… Del resto, presa in se stessa, la preghiera è un’elevazione della mente a  Dio, per la quale l’anima contempla, loda, ammira, ringrazia Iddio, ovvero gli espone i suoi bisogni, i suoi desideri, i suoi voti, e gli chiede che li soddisfi. Quanto e nell’uno e nell’altro senso sia necessaria la preghiera si vede facilmente se si getta uno sguardo sul Vangelo, su la dottrina dei Padri, su se medesimo: « Domandate, dice Gesù Cristo, cercate, bussate » (Matth. VII, 7). Ecco tre imperativi, e quando Dio parla in modo imperativo, la sua parola importa uno stretto dovere d’ubbidienza. « Bisogna pregare sempre e non stancarsi mai », dice ancora il Salvatore (Luc. XVIII, 1).
La preghiera è necessaria nello stato infelice di peccato per uscirne…; è necessaria nello stato di grazia per perseverarvi…; è necessaria per ottenere la grazia, senza la quale non siamo capaci di nulla…; è necessaria nelle tentazioni. Vegliate e pregate, ci ripete Gesù, come già agli Apostoli diceva: « Vegliate e pregate affinchè non cadiate nella tentazione; perché pronto è lo spirito, ma inferma la carne » (Matth. XXVI, 41). Chi non prega è come una città senza difesa, circondata, anzi già corsa da masnade di nemici.
« La preghiera è per l’uomo, come l’acqua per il pesce », dice il Crisostomo (Lib. II, De orand. Dom.in.). La preghiera è per l’anima nostra, quello che il sole è per la natura, per vivificarla e fecondarla, quello che è l’aria per i nostri polmoni, il pane per la vita materiale, l’arma per il soldato, l’anima per il corpo… E come no? dice infatti l’Apostolo: « Noi non bastiamo da noi medesimi nemmeno a pensare cosa veruna come di propria nostra virtù; ma ogni capacità e sufficienza ci viene da Dio (Il Cor. IlI, 5). Quindi pregate, ma pregate del continuo (I Thess. V, 17). Ah! ben comprendeva la necessità della preghiera il profeta Davide il quale diceva: « A voi rivolgo, o Signore, la mia prece, esauditemi secondo la moltitudine delle vostre misericordie. Cavatemi dal fango, affinché non vi resti affogato. Campatemi dagli artigli de’ miei persecutori, strappatemi al seno dell’abisso. La tempesta delle acque non mi sommerga, non m’ingoi il baratro, né si chiuda sul mio capo la bocca della voragine. Esauditemi, Signore, nella grandezza della vostra clemenza, e non torcete il volto dal vostro servo; io gemo tra angosce, affrettatevi a consolarmi. Venite, liberate l’anima mia, toglietemi al furore de’ miei nemici (Psalm. LXIII, 14-19). Signore, siatemi propizio ed esauditemi, perché povero ed indigente sono io » (Psalm. LXXXV, 1). « Io ho steso le mie mani verso di voi, come terra arsa da lunga siccità, la mia anima ha sete di voi, o Signore; correte in mio soccorso, perché il cuore mi vien meno » (Psalm. CXLII, 6-7). « Chi vuole stare con Dio, deve pregare, dice S. Isidoro; ogni qual volta il peccato minaccia l’anima nostra, ricorriamo alla preghiera ». « Figlio mio, dice l’Ecclesiastico, non lasciarti cadere d’animo nella tua infermità; ma prega il Signore, ed egli ti guarirà » (Eiccli. XXXVII, 9). Quindi il profeta Gioele ordinava ai sacerdoti e ai ministri del Signore che piangessero tra il vestibolo e l’altare, e gridassero: Perdonate, o Signore, perdonate al popolo vostro, e non permettete che l’eredità vostra divenga oggetto di scherno (Ioel. II, 17). Perciò con ragione S. Tommaso insegna che « dopo il battesimo è necessaria all’uomo una continua preghiera » (2a, 3, q. 5, art. 8). La preghiera è dunque necessaria perchè Dio la comanda; è necessaria per trionfare dei nostri nemici, per uscire dal peccato, per non ricadervi, per lavorare alla nostra salute, per ottenere la grazia, senza la quale non vi è salute; è necessaria per corroborare la nostra fiacchezza, per praticare la virtù, per arrivare al cielo…

2. Esempio di Gesù Cristo e dei Santi. — L’Evangelista S. Marco dice di Gesù Cristo, che si levava in sul fare del giorno e andava a pregare in un luogo deserto, ovvero saliva ad orare sopra un monte (I, 35) (Id, VI, 46). La medesima cosa attesta S. Luca, aggiungendo che nella preghiera spendeva le notti intere, e durante la preghiera avvenne la sua trasfigurazione (VI, 12, IX, 28). Da tutti gli Evangelisti poi sappiamo che non imprendeva mai opera di rilievo, non faceva mai miracolo senza che vi facesse precedere la preghiera. Prega nel giardino degli Ulivi, prega su la croce; la vita sua intera non è che una continua preghiera.Da lui ammaestrati, gli Apostoli dicevano: « Noi ci consacreremo del tutto all’orazione » (Act. VI, 4); e della moltitudine dei primi cristiani attesta S. Luca, che si erano tutti dati ad una continua preghiera comune (Id. I, 14). E quando Pietro vien gettato, carico di catene, in prigione, l’assemblea dei fedeli non cessa più di porgere preghiere a Dio per la sua liberazione (Id. XII, 5). –  « Noi preghiamo sempre per voi, scriveva S. Paolo ai Colossesi; e non ci restiamo mai dal domandare a Dio che vi riempia della cognizione della sua volontà, in tutta sapienza e intelligenza spirituale; affinché voi vi conduciate in maniera degna di Dio, cercando di piacere a lui in ogni cosa, fruttificando in ogni opera buona, e crescendo nella scienza di Dio ». I Patriarchi, i Profeti, gli Apostoli i Santi tutti dell’antica e della nuova legge furono uomini di preghiera… Leggete le vite degli uomini di Dio, voi non ne trovate alcuno che non sia stato uomo di continua e fervente preghiera.
3. Eccellenza della preghiera. — Il pregio di un diamante è lo stesso, o che si trovi nelle mani di rozzo villano, o che si trovi nello scrigno di un gioielliere; cosi pure, dice S. Giordano, la preghiera è cosa tanto eccellente in se stessa, che tanto vale in bocca di un idiota quanto su le labbra di un dotto (Surius, In Vita). E infatti, udite l’elogio che ne tesse S. Efrem : « La preghiera è la custode della temperanza, il freno dell’iracondia, la repressione di un’anima orgogliosa, il farmaco contro l’odio, la giusta costituzione delle leggi e del diritto, la potenza dei regni, il trofeo e lo stendardo di una giusta guerra, la protettrice della pace, il sigillo della verginità, la custodia della fedeltà coniugale, il bastone dei viandanti, la guardiana di quelli che dormono, la fertilità per i coltivatori, lo scampo dei naviganti, l’avvocata dei re, la consolazione degli afflitti, la gioia di quelli che godono, il conforto di chi piange, il buon esito dei moribondi. Ah no! non vi è, in tutta la vita dell’uomo tesoro paragonabile alla preghiera ». L’Apocalisse ci dice che gli Angeli in cielo stanno innanzi all’Agnello, tenendo ciascuno arpe e coppe d’oro piene di profumi che sono le preghiere dei Santi (Apoc. V, 8). Le preghiere, quelle specialmente delle anime ferventi, sono paragonate ad un grato profumo sparso per l’atmosfera. Infatti, 1° la preghiera sale come il fumo d’incenso verso il cielo; 2° spande nello sprigionarsi tutt’attorno soavi olezzi; 3° come l’incenso caccia il fetore, così la preghiera caccia il pestifero lezzo del peccato, fuga i demoni, calma l’ira divina; 4° l’incenso brucia e fuma quando è messo sul fuoco; e la preghiera s’infiamma, nel fuoco delle tribolazioni; 5° i profumi sono composti di aromi polverizzati, la preghiera deve partire da un cuore spezzato dall’umiltà e dalla mortificazione; così pure dobbiamo seppellire l’anima nella preghiera, perché più non ne esca e conservi l’incorruttibilità datale dalla grazia. Espressioni consimili a quelle di S. Giovanni adopera l’Ecclesiastico là dove dice che « l’oblazione del giusto (e quale più vera oblazione della preghiera?) impingua l’altare ed esala nel cospetto dell’Altissimo soavissimo odore » (Eccli. XXXV, 8). « La preghiera è, dice S. Agostino, la cittadella delle anime pie, la delizia del buon angelo, il supplizio del diavolo, grato ossequio a Dio, gloria perfetta, speranza certa, sanità inalterabile, comprende insomma tutta la lode e tutto il merito della penitenza e della religione ». La preghiera è un colloquio con Dio; essa è il preludio della beatitudine eterna, l’occupazione degli Angeli, la soluzione di tutte le difficoltà, il rimedio di colui che è infermo nella via del Signore, la correzione e la fecondità dell’anima, l’abbracciamento dello Spirito Santo, la gioia e l’allegrezza… I Padri della Chiesa e i teologi insegnano che vi sono tre specie di buone opere alle quali tutte le altre si rannodano come membri al capo : la preghiera, il digiuno, la elemosina. La preghiera paga quello che è dovuto a Dio: il digiuno, quello che dobbiamo a noi medesimi; la elemosina, quello che dobbiamo al prossimo. La preghiera è paragonata alla rugiada. Come la rugiada tempera l’ardore dell’estate e rinfresca i corpi arsi dal calore solare, così la preghiera, questo familiare abboccamento con Dio, smorza le fiamme della concupiscenza e delle passioni: «Nella preghiera, scrive San Bernardo, si beve il vino celeste che rallegra il cuore dell’uomo; il vino dello Spirito Santo che bea l’anima e le fa dimenticare i piaceri carnali. Questo vino si confà ai bisogni di una coscienza arida e secca; converte nella sostanza dell’anima gli alimenti delle buone opere e ne informa tutte le facoltà rafforzando la fede, consolidando la speranza, dando vigore e ordine alla carità, gravità e fermezza ai costumi ». La preghiera somiglia a fiori belli e soavi che dilettano lo sguardo di Dio, e il cui divino olezzo s’innalza fino al trono di Dio. Ha l’odore della viola, il candore del giglio, la bellezza e l’incanto della rosa. È un fiore d’oro tinto dei più vaghi colori e spirante i più squisiti profumi; rallegra Dio medesimo, e riempie l’anima di celeste delizia…

4. Efficacia della preghiera. 1° Gesù Cristo ci assicura che con la preghiera otteniamo tutto ciò che domandiamo. — « Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perchè chi domanda, riceve; chi cerca, trova; e a chi picchia sarà aperto » (Matth. VII, 7-8). « Vi è forse un padre così crudele che a un figlio il quale gli domandi pane, dia una pietra? o gli dia invece di pesce, un serpente? Se dunque voi, cattivi come siete, sapete dare ai figli vostri cose buone, quanto più il Padre vostro che è nei cieli, vi darà quello che di buono domandate (Id. 9-11). State certi che tutto quello che dimanderete al Padre mio in mio nome, io lo farò; affinchè il Padre sia glorificato nel Figlio. E anche, se a me domanderete cosa alcuna in mio nome, io la farò (Ioann. XIV, 13-14). « Sì, vi dò mia parola, che qualunque cosa domandiate a mio Padre in mio nome, egli ve la darà. Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio: domandate e riceverete, affinché sia compiuta la vostra gioia »  (Ioann. 23-24). Udite ora la conferma di queste promesse del Signore dalla bocca di chi ne parla per esperienza : « Io ho gridato al Signore, e mi ha esaudito » (Psalm. IlI, 5). « Mentre tuttora l’invocava, il Signore mi ha esaudito»  (Id. IV, 2). « Il Signore mi esaudirà quando, griderò a lui » (Id. IV, 4). « Il Signore mi ha inteso, si porse attento alla voce della mia preghiera » (Id. LXV, 19 )(Id. XCVIII, 6). « Egli alzerà la voce verso di me, ed io l’ascolterò », dice il Signore (Id. XC, 15). « Il Signore sta vicino a coloro che lo pregano, a quelli che lo invocano con sincerità di cuore » (Id. CXLIV, 18). Dietro queste molteplici testimonianze chiare, precise e positive della Sacra Scrittura, chi potrà dubitare che la preghiera non ottenga tutto ciò che domanda a Dio?

La preghiera ottiene la saviezza e consola. — « Se vi è tra di voi, dice S. Giacomo, chi abbisogni di sapienza, la domandi a Dio, il quale la dà a tutti in abbondanza, senza rifiutare persona; e gli sarà data » (Iac. I, 5). « Io ho desiderato e mi fu data l’intelligenza, confessa di sé Salomone, io ho pregato, e in me venne lo spirito di saggezza » (Sap. VII, 7). – « Geme alcuno di voi nella mestizia? preghi (e sarà consolato) » (Iac. V, 13). La preghiera è rimedio efficacissimo a guarire ogni piaga, ogni miseria; asciuga le lagrime, mitiga i dispiaceri, addolcisce le amarezze… – Gesù entra in una barca e prende mare, ed ecco che si leva improvvisa una tempesta, i venti soffiano, il tuono mugghia, le onde si accavallano e la barca già minaccia di sommergersi; in questo disperato frangente gli Apostoli si accostano a Gesù che placidamente dorme e svegliatolo gli dicono coll’accento del timore e dello spavento : « Salvateci, Signore, che periamo » . – Ed egli dolcemente rimproveratili del troppo loro timore e della non abbastanza salda fede, si alzò, fe’ cenno ai venti e alle onde, e incontanente il mare fu in bonaccia (Matth. IX, 23-27). Grande miracolo fu certamente questo; ma notate che Gesù lo fece ad istanza degli Apostoli e dopo che la loro preghiera gli ebbe detto: Signore, salvateci, perché altrimenti andiamo tutti naufraghi. Noi possiamo dire di colui che prega, quello che di Gesù Cristo andavano tra di loro dicendo gli spettatori del miracolo : « Chi è costui, al quale obbediscono i venti e le onde? ». Chi è colui che si fa obbedire dai venti delle tentazioni, e dalle onde della concupiscenza? È l’uomo che prega.

Chi prega sarà liberato dalle tribolazioni e dalle infermità. — « Signore, esclama il real Profeta, io non sarò mai confuso, perché ho invocato voi » (Psalm. XXX, 20). « E chi mai invocò Dio, e non si vide da Lui guardato? », domanda l’Ecclesiastico (II, 12). – « Tu mi hai invocato nella tribolazione, ed io te ne ho liberato », diceva il Signore a Davide (Psalm. LXXX, 8). E questi confermava la parola del Signore, esclamando : « In mezzo alle mie tribolazioni, ho levato le mie grida al Signore, ed egli mi ha esaudito » (CXIX, 1) : nè solamente io, ma quanti ricorsero al Signore nelle loro angustie, si videro liberati dalle loro miserie (CVI, 13). – Se parliamo poi in particolare delle infermità guarite per la preghiera, innumerabili ne sono gli esempi. Un uomo coperto di lebbra, vedendo Gesù, si prostra per terra e grida: « Signore, se volete, potete mondarmi » . — Gesù, a quella preghiera, stende la mano, lo tocca e dice : « Lo voglio, sii mondato; e subito la lebbra scompare » (Luc. V, 12-13). Altri due lebbrosi, andando incontro a Gesù che entrava in un villaggio, gridano ad alta voce: « Gesù, maestro nostro, abbi pietà di noi »; ed eccoli guariti su l’istante (Luc. XVII, 12-14).
Due ciechi stavano su l’orlo d’una strada, odono un calpestio di gente che si avanza, domandano qual novità vi sia e udendo che passa Gesù Cristo, cominciano a gridare: « Signore, figliuolo di David, abbi compassione di noi». Gesù si ferma, li chiama a sé, e domanda loro che cosa vogliono. Udita la loro preghiera, mosso da pietà verso di essi, loro toccò gli occhi ed a quel tocco essi ricuperarono la vista (Matth. XX, 30-34). – Marta e Maria pregano Gesù che abbia pietà di Lazzaro, loro fratello, giacente da quattro giorni nel sepolcro; ed a loro intercessione, Gesù lo risuscita (Ioann. XI). Innumerevoli altre miracolose guarigioni, dietro supplica dei malati, o per le preghiere di altre persone, operò Gesù Cristo: di modo che grandissimo era il numero di coloro che potevano dire : « A voi ho innalzato la mia voce, o Signore, e voi mi avete reso la sanità » (Psalm, XXIX, 3). Il re Ezechia cade mortalmente infermo; Is aia gli annunzia per parte di Dio la morte e gli dice: «Regola gli affari tuoi, perché morrai, e non vivrai più oltre » . — « Ezechia allora fa orazione al Signore » . E questi manda di bel nuovo Isaia a dirgli che aveva udito la sua preghiera, e che gli concedeva quindici anni di vita (Isai. XXXVIII, 1-3)… Quante guarigioni non ottennero i santi con le loro preghiere? quanti figli risanati per le orazioni di madri virtuose?

Con la preghiera s’ottiene la sanità dell’anima. — « I medici corporali, dice S. Lorenzo Giustiniani, si fanno pagare la sanità che ci restituiscono, e non sempre loro riesce di darcela; ma Dio guarisce infallibilmente l’anima senza oro e senz’argento; non esige altro che la preghiera; e guarisce sempre l’anima che prega e per cui si prega, per quanto grave e mortale sia la malattia che la travaglia. La preghiera risana i malati spirituali; essa è pronto ed efficacissimo, rimedio per colui che è fortemente tentato dai vizi. Ricorra egli a questo rimedio tutte le volte che ne ha bisogno, ed estinguerà il fuoco delle passioni e si purificherà. La preghiera smorza gli ardori della concupiscenza, come l’acqua spegne il fuoco ». – « II Signore, confessa di sé il real Profeta, si è abbassato verso di me, ha inteso il grido del mio cuore; e mi ha ritirato dall’abisso della miseria e dal fango puzzolente » (Psalm. XXXIX, 3). Altra volta esclamava : « Questo peccatore vi ha domandato la vita, e voi gliel’avete data » (Psalm. XX, 5). – Chi vuole liberarsi dal peccato e rompere le catene della vergognosa sua schiavitù, preghi: Dio spezzerà i suoi ceppi e gli farà misericordia. Il peccatore non può da solo convertirsi e ottenere salute, ma gli è necessaria la grazia di Dio; ora per mezzo della preghiera ottiene tutte le grazie…; la preghiera rende la vita all’anima; risuscita i morti spirituali : miracolo ben più stupendo che quello della risurrezione dei corpi. Perfino Plutarco lasciò scritto: «La preghiera è il vero medico dell anima » (In morib.).

La preghiera opera una vera trasfigurazione nell’uomo. — Narra San Luca che essendo salito Gesù sopra un monte accompagnato da Pietro, Giacomo e Giovanni, per fare orazione, mentre piegava, la sua faccia divenne tutt’altra, e le sue vestimenta apparvero di un candore splendente (Luc. IX, 28-29). Gesù volle trasfigurarsi nella sua preghiera per mostrarci quali sono i frutti dell’orazione; per farci comprendere che nell’orazione noi siamo circondati, penetrati, investiti e come trasfigurati dalla luce celeste, affinché di terreni diventiamo celesti e divini, di uomini ci cangiamo in Angeli. Infatti la preghiera è la trasfigurazione dell’anima: 1) perché l’anima riceve la luce di Dio per conoscerlo, e conoscere e sapere quello ch’essa deve fare; e questo in modo chiaro e visibile. La preghiera ottiene lumi per discernere gli autori e i libri buoni dai cattivi, o pericolosi, o inutili; ottiene che s’intende, si vede, si comprende quello che si legge, lo si ritiene a memoria, e se ne cava profitto. 2) Per mezzo della preghiera si chiede e si ottiene da Dio la sua grazia, con cui tergere le macchie dell’anima, purgarla dai vizi, difenderla dalle tentazioni. Per la preghiera le consolazioni sottentrano alle ambasce, la forza alla debolezza, il fervore alla tiepidezza, la conoscenza al dubbio, il coraggio alla pusillanimità, la gioia alla tristezza, la veglia al sonno, la vita alla morte. Oh! preziosa trasfigurazione e ben degna che chi la prova esclami con Pietro, ebbro di felicità alla vista della Trasfigurazione del Signore : « Che fortuna è lo stare qui! facciamovi delle tende per rimanervi » (Matth. XVII, 4). 3) Per la preghiera l’anima s’innalza al di sopra di se stessa e, dirigendosi verso il cielo, ascende fino a Dio; là essa scorge e apprende che tutte le cose di quaggiù son vili; da quell’altezza in cui la preghiera l’ha portata, essa le disprezza, perché comprende che i veri onori, le vere ricchezze, i veri diletti non si trovano che in cielo. 4) Per la preghiera l’anima vede che tutte le croci sono lievi, che la povertà, le malattie, i rovesci, le prove, ecc. sono un peso leggero: quindi per mezzo della preghiera sopporta tutto; essa ripete con S. Paolo: « Stimo che i patimenti del tempo presente sono un nulla a confronto della gloria futura che sarà in noi rivelata » (Rom. VIII, 18). 5) Per la preghiera l’anima si unisce a Dio, si trasforma in Dio, partecipa della natura del Dio. « Quando preghiamo, dice S. Isidoro, noi parliamo a Dio; quando attendiamo a pie letture, Dio parla a noi ».La preghiera fa di noi il popolo di Dio : « Egli invocherà il mio nome, dice il Signore, ed io lo esaudirò. Io dirò: Tu sei il mio popolo; ed esso dirà: Tu sei il mio Dio» (Zach. XIII, 9). Esso pregherà il Signore, dice Giobbe, il quale si placherà, e gli mostrerà la sua faccia » (Iob. XXXIII, 26). Nè può essere altrimenti, perché la preghiera, dice il Crisostomo, fa di noi altrettanti templi di Gesù Cristo (De Orand. Dovi. lib. II). Inoltre essa ci dà la purezza e la castità, ed è parola di Gesù Cristo che quelli i quali hanno il cuore inondo e puro vedranno Iddio. E che l’orazione ci ottenga da Dio le dette virtù, lo dichiara espressamente Salomone per esperienza avutane: vedendo che gli era impossibile vivere continente, se Dio non lo soccorreva di sua grazia, a Lui fece ricorso con la preghiera (Sap. VIII).

La preghiera è onnipotente. — « Niente al mondo vince in potenza l’uomo probo che prega», sentenzia il Crisostomo (In Matth.). La preghiera è così potente, i suoi frutti, i suoi effetti sono così grandi, che nessun ostacolo l’arresta, non vi è nulla che non ottenga: «La preghiera, osserva S. Giovanni Climaco, a considerarne la natura è una conversazione familiare, è l’unione dell’uomo con Dio. Ma a considerarne l’efficacia e la potenza, è la conservazione del mondo, la riconciliazione con Dio, la madre e la figlia delle lagrime; è la remissione dei peccati, il ponte sotto cui passano le onde delle tentazioni, la fortezza contro l’impeto delle afflizioni, la tregua e la cessazione delle guerre, l’uffizio degli Angeli, l’alimento di tutti gli spiriti, la gloria futura, l’opera per l’eternità, la sorgente delle virtù, la riconciliatrice delle grazie divine, la perfezione spirituale, il cibo dell’anima, la luce dello spirito, il farmaco contro la disperazione, la dimostrazione della speranza, la consolazione nella mestizia, la ricchezza dei religiosi, il tesoro dei solitari, il freno della collera, lo specchio della perfezione religiosa, l’indice della regola, la manifestazione dello stato, la spiegazione delle profezie, il suggello della gloria eterna ». – La preghiera è il respiro dell’anima; pregando, noi mandiamo verso Dio il soffio del desiderio e riceviamo da lui il soffio delle virtù; noi aspiriamo Dio… L’anima che prega è inespugnabile fortezza… Pietro è in carcere, carico di ferri; la Chiesa fa per lui orazione, ed ecco che la vigilia del giorno in cui doveva essere messo a morte da Erode, nel cuore della notte, gli compare un Angelo del Signore, un vivo chiarore splende nel carcere, Pietro è svegliato e, al suo svegliarsi, le catene cadono infrante; egli si trova libero, le porte si aprono ed egli passando in mezzo alle guardie esce di prigione senza che alcuno dei suoi nemici se ne accorga. Chi operò tanti prodigi? La continua, fervida preghiera dei devoti (Act. XII, 5-9).  – La preghiera 1) calma la collera di Dio; ma che dico? lo trae ad obbedire all’uomo… Prega Giosuè ed il sole si arresta nel suo corso (Ios. X, 13). 2) Gli Angeli assistono a quelli che pregano (Dan. IX, 21). Offrono essi medesimi a Dio le orazioni di chi prega e gli riportano il frutto della preghiera esaudita, dice Giobbe (Iob. XII, 12). 3) La preghiera libera l’uomo da mille mali; ottiene la grazia e la salvezza presente e futura. 4) Domina tutti gli elementi e le creature tutte; ferma il corso degli astri; fa piovere fuoco dal cielo (IV, Reg. I, 10). Divide il mare ed i fiumi (Exod. IV, 15-21; Ios. IlI, 16). Risuscita i morti, libera le anime dal purgatorio; ammansa le belve feroci; guarisce la lebbra, la febbre; tiene lontana la peste ed i malori, calma gli uragani, spegne gli incendi, ferma i terremoti; impedisce i naufragi; prende dal cielo tutte le virtù e le grazie e le porta su la terra; trionfa di Dio onnipotente ed in certo qual modo lo incatena a sé. Geremia pregando è rincorato nella sua prigione… Daniele, nella fossa coi leoni, li rende mansueti come agnelli, e loro chiude le fauci con la preghiera… I tre fanciulli nella fornace ardente cantano le lodi del Signore e, a loro preghiera, le fiamme non toccano neppure le loro chiome… Giobbe sul letamaio, per mezzo della preghiera, trionfa di Satana e di ogni sua disgrazia… Con la preghiera, Giuseppe esce vittorioso della più terribile fra le passioni… Con la preghiera Susanna salva la sua virtù e la sua vita; è liberata dalle insidie dei due impudichi vecchioni i quali come calunniatori sono condannati a morte ignominiosa… Il buon ladrone, in virtù della preghiera, vola dalla croce al cielo… Stefano prega, e vede il cielo aperto e vi sale… Non vi è dunque né luogo né tempo in cui non si debba pregare. La preghiera è la colonna delle virtù, la scala della divinità, delle grazie, degli Angeli per discendere su la terra, e degli uomini per ascendere il monte eterno. La preghiera è la sorella degli Angeli, il fondamento della fede, la corona delle anime, il sostegno delle vedove, l’alleggerimento del giogo maritale. La preghiera è una catena d’oro che lega l’uomo a Dio, Dio all’uomo, la terra al cielo; chiude l’inferno, incatena i demoni; previene i delitti e li cancella… La preghiera è di tutte le armi la più, forbita e gagliarda; dà sicurezza incrollabile; è il più ricco tesoro; il porto sicuro della salute; il vero luogo di rifugio… « La preghiera è, dice S. Gregorio Nisseno, la robustezza dei corpi, l’abbondanza, la ricchezza di una casa » (De Orai.). Il popolo ebreo nel deserto prega, ed alla sua preghiera gli uccelli del cielo vengono a farsi sua preda; la manna gli piove dall’alto ed un pane miracoloso gli serve di cibo (Psalm, CIV, 40). Il popolo ha sete, prega, ed alla sua preghiera Dio spacca i massi e le acque ne zampillano in abbondanza, un fiume corre a innaffiare un arido deserto (16. 41). Giacevano sepolti nelle tenebre e nelle ombre di morte, incatenati dalla fame e dal ferro, e gridarono al Signore, ed esso li cavò dalle loro miserie. Li trasse fuori dal buio caliginoso della morte, infranse i loro ceppi, perché pregavano (Psalm. CVI, 14). La preghiera si può paragonare alla torre di Davide, della quale è detto nei Cantici, che s’innalza coronata di merli, munita di ogni difesa, guernita di migliaia di scudi e di ogni genere di armi robuste (Sant. IV, 4). «La preghiera è un’arma celeste, scrive S. Cipriano, una cittadella spirituale, un giavellotto divino che ci protegge ». S. Efrem la chiama un arco col quale noi lanciamo verso Dio saette di santi desideri; con queste frecce noi feriamo il cuore di Dio e ne trionfiamo: con le medesime frecce trapassiamo e abbattiamo i nostri nemici (De Orai.). La preghiera fa discendere il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, nell’anima; dirò meglio, innalza l’anima nel più alto dei cieli e la colloca in seno alla gloria della Triade Augusta; tanto che S. Gerolamo osa affermare che ha forza di arrestare e cangiare i decreti di Dio (In Exod.). E infatti Mosè, come dice la Sapienza, resisté alla collera di Dio, impiegando la preghiera (Sap. XVIII, 21); e quando già i cadaveri si alzavano a monti, egli con la preghiera si fece mediatore, disarmò la vendetta di Dio e la impedì di estendersi a quelli che ancora vivevano (Id. 23); la Sacra Scrittura afferma che se Abramo avesse trovato anche solo dieci giusti che avessero pregato, Sodoma non sarebbe perita (Gen. XVIII, 32). Volete altre prove dell’efficacia della preghiera? La storia del popolo ebreo ve ne somministra delle chiarissime ed innegabili. I Giudei peccano d’idolatria, adorando un vitello d’oro; il Signore sdegnato di tanta durezza, dice a Mosè che lo lasci (cioè, più non preghi per quella gente colpevole), ed egli li sterminerà nel furore del suo sdegno. Mosè non si arrende, ma con fervida preghiera si mette a scongiurare il Signore che gli perdoni e non adempia le sue minacce, affinché gli Egizi non possano dire, a ingiuria del suo nome, che egli li aveva cavati a bella posta dall’Egitto, per ucciderli nei monti, e sterminarli dalla faccia della terra. E il Signore si rappacificò col popolo e non fece quello che aveva stabilito (Exod. XXXII). Non diversamente avvenne quando il popolo ebreo mormorò contro Mosè. Anche allora Iddio disse a Mosè che se n’andasse via di mezzo alla moltitudine, e gli lasciasse libero il braccio per fulminarlo. Allora Mosè, adorato Iddio, corse da Aronne e gli disse: Prendi l’incensiere, e postovi del fuoco dell’altare con dell’incenso, va subito verso la folla, a pregare per essa, perché già la collera di Dio è scoppiata sul popolo e ne fa strage. Obbedì Aronne e corse tra  la moltitudine che già la fiamma divorava; offerse i timiami e stando in piedi tra i vivi e i morti, pregò per il popolo, e la piaga cessò (Num. XVI, 41-4-8). – Nell’Esodo si legge che essendo Israele stato combattuto e vinto da Amalec in Raphidim, Mosè ordinò a Giosuè che, fatta scelta di valorosi guerrieri, uscisse ed affrontasse Amalec, mentr’egli sarebbe asceso il domani su la vetta del monte, tenendo in mano la verga del Signore. Adempì Giosuè l’ordine del duce il quale andò alla volta sua, con Aronne ed Ur, su la vetta del monte prima che Giosuè ingaggiasse battaglia con Amalec. Ora fu osservato che mentre Mosè teneva alte le mani, Israele trionfava, ma se le abbassava, Amalec vinceva. Osservato ciò e veduto a un certo punto che le braccia di Mosè non potevano più reggersi alte per la stanchezza, lo fecero sedere sopra un sasso, ed Aronne ed Ur gli sostennero le braccia le quali perciò ressero in alto fino al tramonto del sole. E per questa preghiera di Mosè, Giosuè sbaragliò Amalec (Exod. XVIII, 8-13). « Mosè, dice il Crisostomo, stava sul monte, vicino al cielo, e quanto più alta era la montagna, tanto più la sua preghiera era vicina a Dio. Qual è il giusto che non abbia trionfato c-o-n la preghiera? qual è il nemico, che non sia stato Vinto con la preghiera?. Per-mezzo della preghiera Daniele penetra e svela le misteriose visioni, le fiamme si estinguono, i leoni si spogliano della loro ferocia, i nemici cadono sgominati e vinti ». Scorrete la storia del popolo ebreo per tutto il tempo in cui fu governato dai Giudici, e se da una parte ci vedete una catena di cadute, d’infedeltà nel servizio del Signore, di delitti, d’idolatrie, e quindi di sciagure, di disastri, di schiavitù, dall’altra si ammira una sequela di perdoni, di benefizi, di liberazioni, rinnovatesi quante volte il pentimento gli mosse il cuore e gli aprì la bocca alla preghiera. Se Otoniele vinse Chusan e liberò Giuda da una servitù di otto anni, mantenendolo poi in pace per quaranta; se Aod uccise Eglon, re dei Moabiti, e pose fine per Israele ad un servaggio di diciott’anni; se Debora mise in rotta l’esercito di Iabin, re di Canaan, freddandone di sua mano il capitano Sisara e tolse i figli di Giacobbe ad un’oppressione che durava da vent’anni; se Gedeone sconfigge i Madianiti, che da sette anni opprimevano Israele; se Iefte lo strappa alle mani dei Filistei i quali facevano pesare su di lui un giogo di ferro da oltre cinque lustri; e se Sansone lo libera di bel nuovo dalla servitù dei medesimi Filistei, prolungatasi per quarant’anni; alla preghiera, ed alle grida che la stirpe di Giacobbe mandava dal fondo del cuore a Dio, in quei crudeli frangenti, se ne deve il merito… Dio si moveva a pietà di loro e li perdonava sempre, quando pentiti facevano ricorso alla preghiera. Come tremendo è il peccato! come potente è la preghiera! Come l’iniquità è punita! come l’orazione è ricompensata! Dio suole dare più di quello che si dimanda. Salomone domanda solamente la sapienza e Dio oltre al concedergliela in sommo grado, vi aggiunge ancora molti favori temporali (II Reg. III). Sara ed Anna sono sterili; pregano, e Dio le fa madri, quella d’Isacco, questa di Samuele. « Chi prega, dice il Crisostomo, ricava segnalati beni dalla sua preghiera, prima ancora che riceva quello che ha domandato; la sua preghiera reprime i tumulti dell’anima, calma l’ira, caccia la gelosia, spegne la cupidigia, scema l’affetto alle cose periture, dà la pace, e fa ascendere al cielo ». Samuele prega per il popolo di Dio oppresso dai Filistei, e il Signore l’esaudisce (I Reg. VII, 9). I Filistei combattono con Israele; ma Samuele prega, e Dio fa rombare con sì orribile fracasso il tuono su di loro, che colti di spavento cadono in faccia all’esercito giudeo. Prega il profeta Elia, e due volte il fuoco del cielo divora i nemici del Profeta, cinquanta per volta (IV Reg. I, 10). Il re di Siria vuole impadronirsi di Eliseo, e spedisce a questo intento cavalli, carri e soldati scelti. Eliseo prega il Signore che accechi tutta quella truppa; e il Signore adempie immantinente la prece del profeta (16. II, 18). A proposito di questo fatto, S. Ambrogio osserva che « la preghiera si spinge a ferire più lontano che una saetta. Eliseo soggiogava i suoi nemici non con le armi, ma con l’orazione ». Poi più avanti ripiglia: Eliseo prega e colpisce di cecità tutta la schiera nemica. Dove sono coloro i quali dicono che le armi degli uomini sono più potenti delle preghiere dei Santi? Ecco qua come alla preghiera del solo Eliseo, un numero grandissimo di nemici è fatto prigioniero; per la preghiera e per i meriti di un solo Profeta, tutto un esercito è sbaragliato e vinto. Dov’è l’esercito sia pure numeroso, agguerrito e valente, il quale possa impadronirsi di tutti i nemici, senza eccettuarne pur uno, e così all’improvviso? Ma la preghiera opera questo prodigio, s’impadronisce di tutti i nemici, e con un altro prodigio non meno grande, di questi nemici, quantunque vinti, nessuno è ferito (ut sup.). Il re Ezechia prega, e con la sua preghiera ottiene lo sterminio delle numerose falangi Assire; Sennacherib vi perde la vita insieme a cento ottantacinque mila uomini (IV Reg. XIX). Tobia prega, e ricupera la vista… Sara prega, ed è liberata da sette mariti bestiali. Giuditta desidera e stabilisce di liberare il suo popolo e di salvarlo dalle mani di Oloferne. Che cosa domanda, ai suoi, per riuscire nel disegno? nient’altro se non che facciano orazione al Signore per lei, fino a tanto che non ritorni a portare loro delle notizie (Iudith. VII, 53). Armata della preghiera, parte; va al campo nemico, passa tra le Ale della soldatesca, entra nel padiglione del capitano, e sostenuta dalla preghiera, mozza il capo ad Oloferne, mette in fuga l’esercito assediante, libera Betulia. La santa donna Giuditta, dice S. Agostino, apre il cielo con le sue preghiere, con l’arte della preghiera fabbrica armi vittoriose con le quali abbatte il nemico e libera il suo popolo da spaventoso terrore. Betulia assediata da numerosa orda di barbari, più belve che uomini, gemeva nell’accasciamento e nella sfiducia. Tutti languivano, morivano di fame e di sete, tutti si figuravano già come caduti, nelle branche di quei feroci. Ma ecco Giuditta che, santificata colla preghiera, col digiuno, con la cenere e col cilizio, si avanza, speranza del popolo, destinata a rendergli sicurezza. Tra le mura di Betulia essa è inquieta, ma sostenuta dalla preghiera, rimane impavida là dove per essa tutto è pericolo. Per mezzo della preghiera, conserva la sua castità, salva il suo popolo, abbatte il nemico. La preghiera è più potente che non tutte le armi: con la preghiera una donna salva una città intera ed una nazione, mentre un esercito intero, senza preghiera, non può salvare il suo duce (In Iudith,). Un decreto di morte è promulgato contro il popolo di Dio schiavo nella Persia. Ester prega, la sua preghiera cambia il cuore, di Assuero, ed Israele è salvo. Ai tempi di Geremia il popolo vilipende il Signore e il Profeta si volge a pregare Iddio. Questi, volendo punire il popolo colpevole, dice al Profeta: la tua preghiera mi lega le mani; non pregare per loro, non indirizzarmi nè cantico nè supplica in loro favore, non opporti a me (Ierem. VII, 16). Dio si sente come inceppato dalle preghiere dei giusti, e non può punire i cattivi, come già aveva detto a Mosè: «Lasciami libero di esercitare la mia giusta vendetta » (Exod. XXXII, 10). Ma in verità Dio desidera che vi sia chi si opponga e trattenga la sua vendetta; si rallegra quando alcuno gli ferma il braccio vendicatore e gli lega le mani con la preghiera. Egli si lamenta, per bocca del profeta Ezechiele, che non gli si fa violenza con la preghiera, che non si prega per disarmarlo (Ezech. XIII, 5). « Io ho cercato tra di loro un uomo il quale s’intromettesse come siepe tra me ed essi, e a me si opponesse per salvare questa terra, affinché io non la disertassi; e non l’ho trovato » (Ezech. XXII, 30). « Perciò ho rovesciato sopra di loro il vaso del mio sdegno, li ho consumati col fuoco della mia collera (Id. 31). La preghiera è siepe e muro di opposizione alla giusta collera di Dio. Il mondo non sussiste se non per le preghiere delle anime ferventi. Perciò Gesù Cristo dice che alla fine dei secoli la fede sarà estinta; ed è perciò che verrà la fine del mondo. – Giona prega nel ventre della balena, e il Signore comanda al cetaceo di rigettare Giona su la riva (Ion. II, 2-11). « Giona, commenta qui S. Gregorio, grida a Dio dal ventre del pesce, dal fondo dell’oceano, dal seno della disobbedienza; e la sua preghiera ascende fino alle orecchie di Dio, e Dio lo libera dalla balena e dalle onde, lo assolve della sua colpa. Gridi il peccatore, che la tempesta delle passioni ha allontanato da Dio e sconquassato e sommerso, che è divenuto la preda del maligno spirito, che fu ingoiato dai flutti del secolo; riconosca e confessi ch’egli giace in fondo all’abisso, affinché la sua preghiera giunga a Dio ». – Finalmente S. Agostino compendia così tutti questi prodigi della preghiera : « Per la sua preghiera Geremia è confortato in carcere; Daniele sta lieto in mezzo ai leoni; i tre fanciulli inneggiano allegri nella fornace ardente; Giobbe trionfa del demonio dal suo letamaio; il ladrone passa dalla croce al cielo; Susanna scampa al tranello dei vecchioni; Stefano, vittorioso de’ suoi lapidatori, è ricevuto in cielo; non vi è dunque luogo in cui non si deva pregare. Preghiamo dunque sempre e in ogni luogo, e gli uni per gli altri, affinché ci salviamo. La preghiera è la santa colonna della virtù, la scala della divinità, lo sposo delle vedove, l’amica degli Angeli, il fondamento della fede, la corona dei religiosi, il sollievo dei coniugati ».
La preghiera è il terrore dei demoni. — « Vestitevi dell’armatura di Dio, suggeriva S. Paolo agli Efesini, affinchè possiate stare fermi e saldi contro le insidie del demonio » (Epist. VI, 11). A commento di queste parole, S. Bernardo scrive : « Fiere certamente sono le tentazioni che ci vengono dal nemico; ma ben più tremenda è per lui la nostra preghiera, che non per noi i suoi assalti ». Infatti, « non così presto, dice S. Giovanni Crisostomo, il ruggito del leone mette in fuga le belve, come la preghiera del giusto sbaraglia i demoni ». Essa è tale saetta, dice S. Ambrogio, che va a colpire il nemico, ancorché lontanissimo (Serra. LXXX, VI); e S. Agostino la chiama il flagello dei diavoli (De Orat.). La preghiera caccia i demoni dal corpo e dall’anima; li costringe all’obbedienza ed alla fuga; assennatissimo quindi è il consiglio che dava a’ suoi monaci l’abate Giovanni: « Che cosa fa un uomo, egli dice, quando vede qualche fiera venirgli incontro? O fugge o si arrampica sopra di un albero; così fate voi, quando il demonio vi tenta; fuggite verso Dio per mezzo della preghiera, montate a lui e sarete salvi; poiché la preghiera atterra le tentazioni e il tentatore, come l’acqua smorza il fuoco ». « Io loderò e invocherò il Signore, cantava il Salmista, e sarò liberato da’ miei nemici » (Psalm. XVII, 4). « Partiti da me, Satana » — Vade, Satana — comandò Gesù al diavolo che osava tentarlo (Matth. IV, 10), e Satana si ritirò immantinente, e gli Angeli si accostarono a lui per servirlo (Ib. 11). I medesimi favori procura a noi la preghiera, caccia gli spiriti cattivi e ci avvicina i buoni. Diciamo sovente : Via da me, o Satana; questa sola orazione mette in fuga l’inferno e ci fa comunicare col cielo’… Il demonio non ha mai potuto vincere chi prega sovente e come si conviene. Se dunque noi siamo vinti, è perchè o non preghiamo, o preghiamo male.

8° La preghiera illumina. — Si legge negli Atti Apostolici, che il Signore disse a un discepolo di nome Anania, che andasse nella contrada chiamata Betta e cercasse nella casa di Giuda, un certo Saulo di Tarso, « perchè egli prega » significandogli nel tempo stesso che quell’uomo il quale pregava, era un vaso di elezione per portare il nome di Gesù Cristo in mezzo ai gentili, dinanzi ai prìncipi della terra ed ai figli d’Israele. Andò Anania, entrò nella casa indicatagli e vi trovò Saulo in orazione; imponendogli le mani, gli disse: Saulo, fratello mio, il Signore Gesù mi ha inviato a te affinché tu veda e sia riempito di Spirito Santo. E su l’istante ricuperò la vista (Act. IX, 10-18). Osservate che Saulo riceve la visita di Anania, lo Spirito Santo e la restituzione della vista, perchè prega. Vogliamo noi che Dio ci visiti egli medesimo, che i buoni Angeli ci assistano; desideriamo di essere illuminati dallo Spirito Santo? Imitiamo Saulo che prega.

9° Per la preghiera si ottiene la conversione dei peccatori. — Basta a persuaderci di questo effetto della preghiera l’esempio di S. Monica il cui figlio Agostino era un grandissimo peccatore e pietra di scandalo. Essa prega, prega molto, prega sovente, non cessa di pregare, e continua per lunghissimo tempo a pregare, e si raccomanda a tutte le persone buone, che preghino per suo figlio; ma finalmente la sua preghiera fa di Agostino un gran santo ed uno dei primi Dottori della Chiesa; avverandosi quella parola di un vescovo alla madre: Andate tranquilla, ché il figlio di tante lagrime non può perire (In Vita). Si legge nella vita di S. Teresa, che essa ottenne con le sue preghiere la conversione di tanti peccatori, quanti ne aveva convertiti S. Francesco Zaverio, Apostolo delle Indie, con le sue prediche e con i suoi miracoli (In Vita).
Donde vengono quei subitanei cambiamenti, quelle stupende miracolose conversioni che avvennero in tutti i secoli e di cui noi siamo testimoni, e in vista delle quali noi dobbiamo dire : « Qui vi è il dito di Dio »? (Exod. XVIII, 19). Dalle preghiere del giusto, dei religiosi, della Chiesa… ,

10° La preghiera ci salva. — « I padri nostri, dice il Salmista, innalzarono le loro grida al Signore e furono salvati… Per me ho levato la mia voce verso Iddio, e il Signore mi salverà » (Psalm. XXI, 6) (Psalm. LIV, 17). – « La preghiera del giusto, dice S. Agostino, è la chiave del cielo; la preghiera ascende al cielo, e la misericordia di Dio ne discende » (Serm. CCXXVI); lo stesso dice S. Efrem, assicurandoci che la preghiera ha sempre l’adito aperto al cielo (De Orat.). Queste sentenze si fondano su la parola medesima di Dio, trovando noi nell’Ecclesiastico, che la supplice preghiera sale fino alle nubi; che l’orazione di chi si umilia passa le nuvole e non si arresta finché non giunge al trono medesimo di Dio (Eccli. XXXV, 20-21).
Quale non dev’essere la forza e l’efficacia della preghiera, se monta fino al cielo, l’apre, e s’inoltra fino al trono di Dio? Notevole esempio ne abbiamo nel profeta Elia, il quale con la sua preghiera apre e chiude a suo volere il cielo! – Per la preghiera, scrive il Crisostomo, noi cessiamo, anche nel tempo, di essere mortali; noi siamo per natura mortali, ma per la preghiera, per la nostra familiare conversazione con Dio, passiamo alla vita immortale. Colui che parla familiarmente con Dio, diventa necessariamente più forte della morte e di tutto ciò che è soggetto alla corruzione. La preghiera assicura la gloria immortale all’anima, e la risurrezione gloriosa ai corpi (In Eccles. c. XXVIII).

11° La preghiera contiene beni immensi, — Dio ascolta, rischiara, illumina, dirige, fortifica, esaudisce chi prega. « Di quanti tesori di saggezza, di virtù, di prudenza, di bontà, di sobrietà, di eguaglianza di costumi non ci riempie la preghiera! », esclama S. Giovanni Crisostomo. Nell’orazione si avvera quel detto di Dio al Salmista: – « Apri la tua bocca ed io l’empirò » (Psalm. LXXX, 11). Quanto più si domanda, tanto più si riceve; più si desiderano ricchezze e più Dio ne dà… « Grida a me, disse Iddio a Geremia, e ti esaudirò; e ti rivelerò cose grandi e certe che tu non sai » (Ierem. XXXIII, 3). – La preghiera è come lavoro in una miniera inesauribile; essa ottiene tutto ciò che vuole; siccome la miniera dei divini tesori non potrebbe mai essere esaurita, attingendovi tutto quello che si desidera, la miniera è sempre intera. A questo oceano di ricchezze, che è Dio, attingono da seimila anni tutti quelli che pregano; e questo mare che bagna e feconda la terra, non è diminuito neppure di una goccia. È sempre pieno, sempre ribocca su coloro che pregano. Diciamo di più, quelli che pregano stanno attorno a questo mare e la loro preghiera ve li immerge per l’eternità. Udiamo ancora alcuni tratti dei santi Padri su questo argomento: « La preghiera, così il Crisostomo, è la guardiana della temperanza, la repressione della collera, il freno della superbia, l’espiazione dei desideri di vendetta, l’estinzione dell’invidia, la conferma della pace ». Secondo S. Bernardo, « purifica l’anima, regola gli affetti, dirige le azioni, corregge gli eccessi, forma i costumi, costituisce la bellezza e l’ornamento della vita. Rasserena il cuore, dice Cassiano, lo allontana dalle cose caduche, lo purifica dai vizi, lo innalza alle cose celesti e lo rende capace e degno di ricevere tutti i beni » . Insomma, come dice S. Agostino, « la preghiera è un sacrificio gradito a Dio; è un soccorso a chi prega; è il flagello di Satana ». [1- continua …]

IL PURGATORIO

IL PURGATORIO.

[G. Dalla Vecchia: Albe Primaverili; G. Galla ed. Vicenza. 1911 – impr.]

* Et exiens vidit turbarti multarti, et misertus est eis..

Ed uscito (di barca) vide una gran turba, e si mosse a compassione di loro.

(Matt. XIV, 14)

ESORDIO. — Dio, infinitamente giusto, riserva agli eletti, ai santi il Paradiso; ai peccatori ostinati 1’Inferno. In cielo non può entrare la minima macchia. Ed allora chi muore in peccato veniale, o senza avere espiato interamente i suoi falli, andrà per sempre dannato? — No, no: questo ripugna alla giustizia e bontà di Dio. — Vi deve essere un luogo, dove l’anima si purga dei piccoli falli, dove sconta il suo debito colla divina Giustizia. Un luogo, dove vi sia il dolore, lo strazio, ma dove ancora sorrida la speranza di raggiungere il sommo Bene… Questo luogo esiste; è il Purgatorio… E nel purgatorio vi è una folla immensa di anime in gemiti, in pianto …. Che faremo? – Gesù, un giorno, uscito dalla barca, trova nel deserto una folla immensa, che lo aveva seguito… Erano migliaia di persone stanche, affamate. Il suo cuore si commuove; con uno strepitoso miracolo sazia i poverini moltiplicando pochi pani e pochi pesci. Et exiens vidit turbavi multam, et misertus est eis.

— Così voi: lasciate per un istante i pensieri terreni…, contemplate quella folla di anime gementi nel fuoco dell’espiazione… ; muovetevi a pietà… La natura, la religione, il vostro interesse, vi dicono di venire in loro aiuto…, di moltiplicare le vostre opere buone…, per distribuirle in loro sollievo…

I – LA NATURA

Il dolore è sacro; chi disprezza un infelice è vile… ; naturale è il bisogno di sollevare chi soffre…

(a) Le anime purganti sono belle della grazia santificante…; e si trovano in mezzo alle fiamme. — Terribili …, strazianti…. per nulla differenti, in ardore, da quelle dell’Inferno… Eodem igne torquetur damnatus et cruciatur electus (S. Agost). — La Scrittura lo chiama spirito di ardore.

— L’orefice purga i gioielli col fuoco…, così Dio quelle anime.

Tomaso scrive: La pena più piccola del purgatorio è molto più grande di tutti i dolori della terra. — S. Agostino: Il fuoco del Purgatorio è molto più doloroso di tutte le pene che puoi vedere, provare, immaginare qui sulla terra… E S. Basilio: Tutti i tormenti di questa vita confrontati colle pene del Purgatorio sono un sollievo, un gaudio. Omnia tormenta huius vitæ comparata pœnis Purgatorii sunt solatia. L’unica differenza fra l’Inferno ed il Purgatorio è questa: Il Purgatorio finisce, e vi regna la rassegnazione: nell’inferno il pianto è disperato ed eterno (Tertulliano).

(b) Vedi un infelice impotente ad aiutarsi… Il cuore t’intima: aiutalo. Le anime purganti soffrono, sospirano, amano…, ma non possono accorciare le loro pene… ; con la morte termina il tempo di meritare… L’ora della liberazione è fissata da Dio…, ed a Lui solo è nota. Ma a voi spetta di aiutarle… ; e le meschine vi stendono le braccia…, chiedono pietà… Miseremini mei!… saltem vos, amici mei. (Iob.). — Ricuserete ? Eppure anche voi vi troverete in quelle fiamme… ; chiamerete i vostri cari a tergere le vostre lagrime infuocate… Quello, che desidererete un dì per voi, fatelo adesso alle misere penanti…

(c) Ma fra quelle anime vi sono persone a te care… ; i loro nomi, come dolci al tuo labbro!… La natura ti grida: aiutale! La mamma tua, vero angelo di amore, pianse, patì, per te… Gemeva sul letto di morte… e tu, in singulto, le promettevi: Non ti obblierò giammai… Mantieni la parola; prega per lei.

Guarda: In quelle fiamme soffre l’anima del tuo fratello, o giovanetta; arde il tuo figlio, o donna… Lo amavi, vivevi per lui … e ne eri ricambiata di affetto… Stretto al tuo collo, nell’estremo anelito ti diceva: Non ti scordar di me… — L’amore ti dice: aiutalo!

— Padre di famiglia! la tua sposa divideva con te il pane, il lavoro, il sorriso ed il pianto, le gioie, la croce, la vita; e fra le tue braccia la rapiva la morte… Di lagrime inondasti il suo avello… Non la obbliare.

— Laggiù gemono benefattori, amici, parenti… Forse soffrono anche per averti troppo amato qui sulla terra. — Tu godi i loro campi, le loro case, i loro beni… Ma la natura esige riconoscenza… Toglili alla loro amarezza…, frangi le loro catene, apri ad essi le porte del cielo…

— Dimenticare i defunti è un oblio straziante, giacché i poveri morti gemono sperando il nostro soccorso. —

In amaritudinibus moratur anima mea (Iob.).

II – LA RELIGIONE.

La Religione di Cristo santifica gli affetti del cuore ;: ed i n modo particolare l’affetto ai poveri morti…

(a) Ella ti accompagna coi sacramenti, colle sue preci, fino all’estremo respiro… Forse ti abbandona estinto? — Innanzi alla tua salma prega gli Angeli ed i Santi ad accorrere per introdurti nell’eterno riposo… Subvenite sancii Dei ; occurrite angeli Domini. Conduce il tuo cadavere al tempio, lo incensa…, lo asperge con l’acqua benedetta… Ti accompagna salmeggiando alla fossa, e ti depone all’ombra della Croce… su cui è scritto: Ego sum resurrectio et vita (Ioan.).

— Per i defunti ella recita un apposito ufficio, dove trovi un’elegia di preci affettuose… Sette volte al dì i sacerdoti inneggiano al Signore e sempre la loro prece si chiude invocando pace agli estinti… Et fidelium animœ per miserieordia, in Dei requiescant in pace.

— Nel santo Sacrificio…, dopo l’elevazione…, il sacerdote nel mistico silenzio di quei momenti santi ricorda le anime benedette del Purgatorio, e supplica Gesù a concedere loro refrigerio, luce e pace… Locum refrigera, lucis, et pacis ut indulgeas deprecamur.

— Per gli estinti un giorno, anzi un mese speciale di preghiere…; indulgenze, altari privilegiati, privilegi particolari ai generosi, che con l’Atto eroico cedono ai defunti i meriti delle loro opere buone. In breve la Chiesa ripete ai viventi: Figli miei, io vi amo; ma altri miei figli gemono espiando i loro falli» Deh! aiutatemi a liberarli dal loro patire: pregate con me: Requiem æternam dona eis, Domine,

(b) La pena maggiore delle anime purganti è la pena del danno, cioè la lontananza da Dio… ; e la Religione ti eccita a congiungere queste orfanello al loro Padre celeste. L’anima purgante è sposa, è figlia di Dio; ella lo ama, si sente attratta a Lui, e per i suoi falli, non ancora espiati, deve rimanere lontana da quel Dio, che è l’unico sospiro dei suoi palpiti infuocati… Sitivit anima mea ad Deum… E va gemendo: Quando mai potrò giungere a vedere la sua faccia divina ? Quando veniam et apparebo ante faciem Dei ? (Salmo XLI). — Protesta di essere pronta a qualunque sacrificio, pure di slanciarsi fra le braccia del suo Signore… Ma finché non sarà suonata l’ora prefissa, non saranno appagati i suoi voti ardenti. Quoniam, si voluisses, sacrificium dedissem utique. (Salmo L).

— Infelice l’esule…, il prigioniero…, la bimba orfanella!… Ma tutto è nulla al confronto, di quello, che soffre l’anima purgante per la lontananza dall’ amplesso di Dio!… — Vorrebbe slanciarsi a Lui,, ma, vedendo (S. Bonav.) di non essere ancora del tutto bella e pura, rassegnata soffre 1’indicibile martirio; si uniforma piamente alle giuste disposizioni del Signore… Sarebbe ben contenta di soffrire ancora più, se tale fosse su lei il volere di Dio…

(c) La Religione infine t’insegna di amare Dio; quindi di appagare i suoi desideri. — Dio ama tutti…, ma specialmente i suoi eletti. Ora, della schiera fulgente degli eletti sono le anime purganti. Hanno la veste dalla grazia, sebbene offuscata da qualche macchia… Questa veste le rende figlie e spose di Dio… Egli desidera di stringerle tra i suoi amplessi di gioia… ; ma la sua giustizia trionfa dopo la morta: devono purgarsi… Non exies inde, donec reddas novissum quadrantem. (Matt. V).

— O tormenti della divina Misericordia! esclama san Gregorio Magno; O tormenta Misericordiæ.

— Vorrebbe il buon Dio, quale padre affettuoso, rendere interamente ed all’istante beate queste anime, che pure lo hanno amato, e per lui hanno faticato e sofferto lungo la vita… Ma la sua infinita santità non può tollerare in cielo ombra veruna; la sua giustizia esige che siano riparati completamente i debiti contratti anche con le colpe veniali… Per questo, in certo modo, è costretto a tenerle tra le fiamme e gli strazi del Purgatorio. Cruciat et amat! amat et cruciat (Idem). – Ebbene, vi dice la Religione, correte, volate in aiuto di Dio; aiutatelo ad appagare i suoi aneliti… Coi vostri suffragi potete prendere colle vostre mani quelle figlie, quelle spose di Dio, per consegnarle ai suoi amplessi divini… Egli ve lo chiede: Date illi vos manducare (Matt. XIV, 16); fate voi, colle vostre opere buone, che queste poverine affamate di me, loro Dio, possano saziare le loro brame ardenti… Vi promette grandi ricompense… Beati i misericordiosi, che troveranno misericordia…. — Oh! nulla si può negare ad un Dio che tanto ci ama… Quoniam Dominus retribuens est (Eccli. XXXV).

III- IL VOSTRO INTERESSE.

Nel Vangelo (S. Matt. X, 42) sta scritto, che neppure un bicchiere di acqua, dato ad un poverello, rimarrà senza premio. Quale dunque sarà la ricompensa per le opere di carità verso i defunti? Tre sono specialmente i premi per i generosi nel suffragare le anime penanti.

1° – Rimedio pel passato. — Guarda la tua vita seminata di colpe… ; tanti anni perduti… ; immensi debiti da pagare al tuo Signore… ; hai rubato forse al buon Dio 1’anima tua… Ebbene colla preghiera, con l’elemosina, col le opere buone, scendi in quel carcere di fuoco…, prendi un’anima penante…, paga il suo debito alla divina Giustizia…, la metti nelle braccia del Padre celeste… Ed i tuoi debiti sono rimessi, ed hai salvato l’ anima tua. Animam salvasti; animam tuam prædestinasti. (S. Agost.).

2° – Soccorso per il presente. — Le anime purganti sentono viva la riconoscenza. Benefac iusto, et reddet retributionem magnam. (Eccli. XII). Nulla possono per sé, ma molto per noi; che le preci del giusto gemente sono potenti presso il cuore di Dio.

— Pregheranno per te; terranno lontane le disgrazie dalla tua casa; voleranno in tuo aiuto nella tentazione, nei cimenti… — S. Geltrude afferma, che mai le fu ricusata una grazia, chiesta per intercessione delle anime del Purgatorio…

3° – Sicurezza per l’avvenire. — Gionata, dopo avere sconfitto i Filistei, ignorando la proibizione del padre, arso di sete gusta una stilla di miele. — Saul viene a saperlo, e lo condanna a morte. Ma tutto il popolo insorge, intercede per lui, e lo salva… Liberavit… populous Jonatham, ut non moreretur. (I Reg. IV.). – Comparirai tu pure, timido e tremante, innanzi al Giudice dei vivi e dei morti… Ma là, in quell’istante tremendo, ti vedrai circondato da tutte le anime, che con i tuoi suffragi hai liberato dal Purgatorio… E, Signore, diranno, non lo condannare; egli fu generoso con noi, il tuo popolo eletto, gli perdona, lo salva; qui fecit salutem hanc magnam in Israel (Ibi.). — Esse ecciteranno i viventi a pregare per te, perché si abbrevi il tempo della tua espiazione…, e felici t’introdurranno nella gloria immortale…

CHIUSA. — S. Vincenzo De’ Paoli vuole fondare un asilo per i bambini poveri. — Aduna le ricche dame di Parigi ed espone loro il pietoso pensiero. Esse si dicono dolenti di non poterlo assecondare, trovandosi già impegnate in innumerevoli opere di carità… Il Santo allora fa venire un bambino orfanello, smunto, lacero… ; e tutto infuocato: « Io lo affido a voi questo povero bimbo, e con lui tanti suoi compagni; abbandonateli adesso, se potete..» Ed io pure vi dico: Laggiù, nel Purgatorio, vi è una folla sterminata di anime infelici, affamate di Dio. Esse vi vedono, vi sentono, vi sono d’intorno, vi stendono supplici le mani… No, no; non le abbandonate. La natura, la religione, il vostro interesse, vi eccitano a volare in loro soccorso. — Con le preghiere, elemosine, col santo Sacrifìcio, con le comunioni, calde indulgenze, tergete le loro lagrime, frangete le loro catene, liberatele da quelle fiamme, le conducete all’amplesso, al bacio dello Sposo, del Padre celeste… Voi benedetti ! che vi attende una ricompensa generosa, immensa, la ricompensa di un Dio. Quoniam Dominus retribuens est. (Eccli. XXXV).