CRISTO REGNI (11)

CRISTO REGNI (11)

 P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur ,Mediolani, die 4 febr. 1926 – Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

CAPITOLO III

L’onore del Re della gloria disdegnato

V. – Il vittorioso appello del Signore

Sopra tutte le opposizioni, restano i diritti del Maestro che ha fatto, del sacerdote, lo strumento indispensabile delle sue grazie. Egli si riserba il diritto sovrano di regnare, nella numerosa falange dei suoi amici predestinati, quelli ch’Egli ha guardato con sguardo di predilezione; Giovanni e le Marie… Egli li prende dove vuole; fra gli umili, fra i grandi, fra i santi e fra gl’indifferenti. E a volte per far risplendere la sua potenza, Egli va a cercare anche lontano. Egli designa, chiama sotto mille diverse forme, insiste con la sua grazia, fa dolce pressione, pur lasciando a ciascuno la libertà, il merito di seguirlo; si può sempre preferire a Lui, le reti e la barca del mondo, e rifiutare la missione gloriosa d’essere « pescatori» d’uomini ». – Avviene qualche che il giovane, la fanciulla restano esitanti, confusi, turbati. E allora comincia la grande e delicata missione dei genitori cristiani. Dio, che ha loro partecipato l’autorità sua, richiede da essi un gesto di fede, una condotta che sia d’accordo con la loro coscienza cristiana, e che non soltanto non contraddica, ma sia conforme e faccia eco alla sua volontà suprema. La loro missione d’educatori e di maestri continua, con lo stretto dovere, di secondare l’appello della grazia, senza precipitare le soluzioni, ma circondando soavemente e fortemente e prudentemente l’anima del fanciullo. E la santa decisione può nascere dal cuore della madre e delle figlie, del padre e del fanciullo come un unico e stesso cuore. Oh, che santa unione! – Se ancora, dopo di questo, resta qualche dubbio, la preghiera, i savi consigli d’un direttore e una sottomissione perfetta alla volontà di Dio, provocheranno certamente la luce. – Una famiglia per quanto nobile e cristiana, non può meritare la grazia di questa visita di Gesù Cristo, che passa da Re in cerca d’un ministro, da Fidanzato che vuol scegliersi una sposa. Certo, le vocazioni possono essere talora titoli di nobiltà divina, onde Nostro Signore vuol ricompensare la virtù provata d’una famiglia a Lui particolarmente unita, la fedeltà di molte generazioni… Ma l’onore di possedere un sacerdote o una suora è talmente superiore a ogni merito personale, ch’esso rimane una delle grazie più gratuite che il Signore possa accordare ai suoi amici. Così pensava il sig. Martin, il babbo avventurato della piccola Teresa, quando diceva: « Io non merito che il Signore venga a prendere le sue spose a casa Mia ». Il numero sempre crescente, delle famiglie cristiane, insensibili e refrattarie a questo onore incomparabile, è uno dei sintomi più inquietanti della decadenza del senso sociale cristiano. Supponete questa dolorosa inversione d’una delle più belle scene evangeliche: la sera del Giovedì Santo, Gesù, venuto a Betania, per il supremo addio, è fermato sulla soglia della casa, congedato colla sua Madre Divina, da coloro che Egli aveva chiamato suoi amici: Lazzaro, Marta e Maria, e questo perch’Egli li invitava a partecipare alla sua crocifissione, e a seguirli fino al Calvario! Ahimè, come questa scena si ripete troppo spesso, per il Cuore Divino, nelle famiglie amate, ove Egli viene ad invitare qualcuno al suo seguito! Eppure è  Lui il solo padrone, che avendoci tutto dato, può anche liberamente riprendere e scegliere quel che è suo. Non è dunque mai l’intruso, meno ancora il ladro, quando chiama con un amore che potrebbero invidiarci gli Angeli. È ho visto molto spesso scacciare insolentemente l’Amico di Betania! Ho visto questo dolce Maestro, bandito dal focolare, solo perché osava rivendicare un bene che solo temporaneamente aveva confidato alla custodia dei genitori. – Queste famiglie così degne, così cortesi, di educazione così fine, io le ho viste, soffocate dalla collera, lo le ho intese pronunciare parole che, per rispetto alla sua miseria, non avrebbero detto ad un mendicante impertinente. « Io ho otto figlie », mi diceva una signora, « tutte son fisse nella mia mente: sei saranno per il mondo; esse si mariteranno facilmente. Quanto a Luisa, la più piccola, è così poco graziosa, così poco simpatica e intelligente che farà bene ad entrare in convento. È la sola alla quale permetterò di essere religiosa » ed abbassando la voce, « il piccolo cencio della famiglia: non è buona a nulla ». Il Signore dispose altrimenti, e prese, nonostante il volere della madre, le due figlie preferite per il monastero, e una terza per il cielo. Un rovescio di fortuna cambiò crudelmente la posizione. Le tre figliole che restarono dovettero lavo far vivere la madre e la sorella malata. La povera madre, in uno stato quasi di miseria, dovette assoggettarsi a mangiare nel parlatorio di un convento, ove una delle sue figliole era divenuta superiora. Ella aveva spesso detto: « È una provvidenza che vi siano dei conventi, perché essi sono il rifugio degli spiriti miseri e insopportabili, delle malaticce, di coloro che una famiglia di un ceto rispettabile non potrebbe convenientemente sistemare », e in altri termini: Gesù è il mendicante al quale si gettano i rifiuti del mondo, gli esseri deboli nel fisico e nel morale. – Ho potuto spesso ammirare la debolezza infinita, la pazienza instancabile, la divina pietà del Maestro adorabile, il cui Cuore resiste a tutti gli oltraggi per conquistare un’anima d’apostolo, un’anima di sposa. La lotta è crudele anche per gli eletti, tanto più, in quanto sentono che il seguire Colui che li chiama, è un loro pieno diritto. Essi veggono la libertà di cui godono i loro fratelli, libertà di cui questi possono abusare a volte, mentre essi menano una vita di oppressione e di diffidenza insopportabile. Tutti li allontanano da tutto ciò che potrebbe favorire quello che viene preso per una « esaltazione ». Non si accorda loro che il minimo di espansione, di pietà e s’impongono loro le più odiose restrizioni. Conosco il caso di un giovane che, per arrivare a intrattenersi con il suo direttore, non trovava altro mezzo che di fingere una innocente relazione amorosa, per la quale veniva approvato in famiglia. Egli vedeva a teatro, a passeggio, una giovinetta… e tutti e due parlavano di vocazione, perché tutti e due si trovavano nella stessa insostenibile e dolorosa situazione. Essi dunque complottavano in favore di Nostro Signore. Aiutandosi a frustare le opposizioni, che le famiglie entusiaste della loro unione avrebbero fatto alle loro vocazioni, essi si vedevano al teatro ed a passeggio, ma.. dopo qualche momento di mistico conversare, si separavano, ed andavano a compiere il loro piano d’avvenire, coi loro confessori. Egli a ventun anni e lei a ventitré, partivano e realizzavano infine la santa ambizione, per la quale avevano sofferto per lunghi anni, una vera tortura morale. Non è un’enorme ingiustizia in questo caso, veramente vissuto, che questi due giovani, che pur avendo ogni libertà di vedersi e d’incontrarsi, non potessero avvicinare i loro maestri e direttori neanche una volta al mese? Quanti casi come questi, ed anche più penosi, si verificano in seno alle migliori famiglie! Ci si difende con accanimento contro il Volere Divino, e giovani anime si veggono tristemente obbligate di lottare contro i loro parenti. Una convinzione di coscienza lotta contro l’affezione ed il rispetto filiale. « Se lei sapesse — mi diceva una giovane — come il mio cuore batte quando debbo incontrare i miei cari parenti, per difendere la mia vocazione, i diritti contestati del mio Gesù! » – « lo spero che tu non ci darai mai questo grande dolore », diceva la Contessa X… a sua figlia di venti anni, che parlava continuamente di voler essere religiosa, rinunciando ai più brillanti partiti e dando prova in tutti i modi della serietà della sua decisione. « Tutto, mia cara, tutto eccetto questo: diceva la madre con veemenza —; questo sarà un sacrificio al disopra delle mie forze. E poi pensa al tuo stato. ». Dai venti ai ventotto anni, la povera fanciulla subì degli assalti terribili. Infine, dopo una scena di disperazione da parte della madre, ella si sente vinta e dichiara di acconsentire a maritarsi. « Ma brava — esclama la madre consolata tu hai finalmente pensato all’onore dei tuoi parenti; il cielo ti benedica ». Il Cielo avrebbe presto risposto dell’onor suo! Due anni dopo, poche persone intime, accompagnate dagli agenti di polizia, bussavano alla porta dell’albergo ove abitava la contessa. Esse riconducevano presso la madre, la giovane figlia, vacillante, tutta atterrita dallo spavento, con gli abiti portanti ancora tracce di sangue… Ella si era maritata con un « viveur », che aveva considerata questa unione soltanto come un mezzo per dare, con i milioni della sposa, un lustro al suo blasone scolorito.  Era stata molto infelice, e quella notte, il marito, che non l’amava affatto, era rientrato tardi ed ubriaco, ed aveva cercato di batterla perché essa lo aveva rimproverato; e mentre lei si difendeva, egli perduta la testa per la collera e per i fumi dell’alcool, si era ucciso con quello stesso colpo che voleva dirigere alla povera donna. Se i genitori hanno il diritto di mettere a prova prudentemente e delicatamente la vocazione dei loro figlioli; se anche, in certi casi è per essi un dovere, non debbon tuttavia opporvisi per partito preso. Vi è un’enorme distanza tra la discrezione del silenzio, dell’osservazione, dell’attesa, ed il sistema della biasimevole opposizione di cui abbiamo parlato. E perché tante esigenze, tante prove, fatte fare prematuramente, tante precauzioni per questa vocazione di sacrificio; ed invece tanta felicità, tante strade aperte per le carriere del mondo, ove i pericoli che minacciano l’onore, la coscienza dei giovani, sono così numerosi? Si direbbe che i genitori siano nati, e vissuti nel mondo, come in un paradiso terrestre, circondati di virtù e di delizie, talmente preme loro che i propri figlioli vi rimangano, nonostante la voce della loro coscienza. – Noi concepiamo chiaramente la lotta del cuore in un padre e in una madre; la perplessità dovuta ad una esitazione istintiva, ad una ripugnanza naturale al sacrificio che loro chiede Gesù, ma non comprendiamo il perché, nelle famiglie cristiane, il mondo sia preferito alla vita religiosa. Poiché di fatto, su cento eletti del Signore, si può giudizio, più con certezza affermare che, in generale, tutti e cento siano molto felici, mentre che quelli che hanno l’esperienza del secolo, sanno quale sia, all’opposto, la spaventosa proporzione dei felici tra coloro che vivono nel mondo. – Se i genitori avessero incontrato, prima del loro matrimonio, le diffidenze, le opposizioni nascoste e palesi, i fastidi di ogni genere che tante giovinette hanno, per attuare la loro sublime vocazione, avrebbero considerato quelle giuste, legittime, ragionevoli? No! essi sanno bene a quali pericoli, a quali scandali frequenti, a quali sofferenze conducono le opposizioni matrimoniali fondate, per esempio, su l’ineguaglianza del patrimonio o di stato, quando i cuori che si amano superano qualunque ostacolo, pur di raggiungere la loro felicità. Forse qualcuno, leggendo queste righe, ricorderà le amarezze provate per il rifiuto e l’opposizione sistematica: che essi risparmino ai loro figlioli, di fronte a una via ben più alta e sublime, queste angustie, che sono un’agonia del cuore. – Mi preme di esporre qui un’idea molto seria, che potrebbe far riflettere molte famiglie cattoliche. – Da che dipende lo strano, inesplicabile svilupparsi d’indifferenza, d’irreligiosità, e a volte anche l’assenza assoluta di pietà, in un fanciullo nato ed educato in un focolare cristiano? Questa anomalia può avere, secondo il mio umile giudizio, più spesso di quanto non si pensi, la sua causa non soltanto nel singolo individuo, ma nella catena che lega le famiglie e le generazioni. La legge della grazia, come la legge della natura, stabilisce questo stretto legame, questa comunione di beni e di infermità morali e materiali. Mi è sembrato constatare, che quando si estingue la sorgente di grazia, che è il pozzo divino di una vocazione, non soltanto ne patiscono le anime degli estranei assetati dell’acqua della grazia, ma la famiglia stessa ne soffre, o ne soffrirà nelle successive generazioni. Quel pozzo divino; quelle messe, quelle immolazioni, quelle preghiere, quella vita. d’olocausto erano destinate prima di tutto ad arricchire la vita soprannaturale del giardino familiare. Tutti gli alberi di questo giardino vivono colle radici nello stesso suolo, tutte le anime sono in stretta comunione spirituale; vi è una partecipazione più o meno abbondante di tesori, di luce, di forza, di amore. E che non si vada a cercare un’altra spiegazione a questi strani problemi morali, a questi enigmi angosciosi che si incontrano in alcune famiglie: la chiave non ne è, spesso, che il rifiuto delle grazie di una vocazione. Si è rinunciato ad un patrimonio: misteriosamente, un male latente ed insanabile ne farà lungamente sentire la privazione, per diverse generazioni. Il Signore è geloso del suo onore; è facile avvedersi di ciò. Egli che, per estrema umiltà, provocata dal suo amore, lascia il trono, lo scettro ed il suo cielo di gloria per salvare il mondo, non vuol essere disprezzato nelle sue chiamate. Di quest’oltraggio, che lo ferisce infinitamente, Egli si vendica — pare portando via, con violenza, il tesoro rifiutato alla Maestà sua. – Non dimenticherò mai questa eloquente lezione di giustizia divina, inflitta a una madre ostinata, da Nostro Signore. La Signorina di X… supplicava invano i suoi per ottenere l’autorizzazione d’entrare in convento. Essendo maggiorenne avrebbe potuto farne a meno, ma le sembrava preferibile d’aspettare che il suo affetto, le sue pene, la tenacia nel suo desiderio. piegassero l’opposizione di sua madre. Questa, da parte sua, sperava in una evoluzione nell’animo della figlia. La situazione diveniva pertanto sempre più penosa, e la madre, esasperata, finì per esclamare un giorno: « Ebbene, se dovessi scegliere fra vederti religiosa e contemplarti morta, preferisco e chiedo la seconda cosa ». Ed ella insisté su questo terribile augurio. Ma per dissipare la dolorosa impressione prodotta sulla giovane, essa aggiunse: « Preparati: domani partiremo. I viaggi ti distrarranno; staremo in giro due mesi, e avrai, senza dubbio, la fortuna di dimenticare, in viaggio, le tue fantasticherie ». Esse partirono, e la mamma non risparmiò né denaro, né fatica per distrarre con passeggiate, teatri, serate e spiagge, i desideri deprecati della docile figliola, che, nonostante tutto, conservava intimamente il tesoro della sua vocazione. Un giorno, mentre il treno espresso su cui erano montate arrivava alla grande stazione di X …, la fanciulla dette un leggero grido, mormorando convulsamente: « Gesù mio » e … cadde morta ai piedi della madre costernata. Qualche minuto dopo, il cadavere era calato dalla vettura e steso sopra un banco d’una sala d’aspetto. Al posto del velo di sposa di Nostro Signore, era spiegato un lenzuolo funebre; la povera madre pagava a duro prezzo la sua triste preferenza…

CRISTO REGNI (10)

CRISTO REGNI (10)

 P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani, die 4 febr. 1926 – Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR: In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

CAPITOLO III

L’onore del Re della gloria disdegnato

III.  Sacrifici mondani – Sacrifici Cristiani

I genitori possono di buon diritto temere gli onori che vengono dal mondo. Essi darebbero prova di una grande saggezza, nel tener lungi alcune ambizioni di gloria e di ricchezza, suscettibili di essere un giorno la causa della infelicità dei loro figlioli. Essere grande nel mondo, non significa sempre essere onesto e felice. – Il sacerdozio e la vita religiosa non offrono onori pericolosi. Nostro Signore riversa, sopra quelli che Egli sceglie, le sue grazie in sovrabbondanza. D’altra parte l’esser tentati dall’onore sacerdotale e dalla gloria di una vita monacale, non può generare l’orgoglio e il sensualismo, perché costituisce l’attrattiva intima di una vocazione di sacrificio dello spirito, del cuore, dei sensi.  « Io voglio essere prete! », diceva un fanciullo al suo curato. E questi di rimando: — Ma i preti sono disprezzati, nella strada li chiamano « pretonzoli ».  — Proprio perché li insultano, io voglio essere prete. Li insultano, perché sono buoni. —- Ma si combatte la religione, caro fanciullo, e la si perseguita nei suoi ministri. — Ragione di più, signor Curato; io la difenderò. — Ma allora, perché vuoi essere prete? Tu puoi formarti un brillante avvenire, seguendo la carriera di tuo padre. — Perché? perché il buon Dio non è amato e tutti  Lo abbandonano. Voglio legarmi a Lui, e andrò a farlo conoscere ed amare. Io sarò l’avvocato di Gesù. — Bisogna convenire che la carne ed il sangue non parlano questo linguaggio, e che l’immensa maggioranza dei buoni non è spinta a sacrificare tutto e per la gloria di una Croce e per il piacere di un diadema di spine. – « Che orribile sacrificio impone ai genitori la vocazione religiosa! », si lamentava una madre cristiana, che aveva proprio allora sentito suo figlio di venti anni, dirle di essere francamente risoluto a farsi sacerdote e religioso. Oh! siamo rispettosi e giusti verso Nostro Signore! Sì, certo, c’è un sacrificio, un sacrificio reciproco e doloroso, mai orribile. E questa parola ferisce il Cuore di Gesù. Lo dice mai qualcuno, quando dona i suoi figli al mondo? L’aveva forse detto, quella stessa madre, quando la sua figlia maggiore s’era maritata ad un uomo d’affari, destinato a restare, forse per sempre, lontano dal suo paese, e che conduceva la fanciulla ad una distanza di oltre due settimane di viaggio? Aveva essa esitato ad unire la sua seconda ad un diplomatico, parimenti lontano dal suo paese e dalla sua famiglia? Aveva essa ostacolato la vocazione del primogenito, ufficiale di marina; del più piccolo, già iniziatosi alla carriera militare a diciott’anni appena? Ma quando il buono, il dolce, l’adorabile Gesù, che rende il mille per uno, che permette la ferita, ma la cosparge di balsamo, e di una gloria che non si può calcolare; quando il Re dei re tende la mano al suo fanciullo, gli offre un magnifico destino di bellezza, di onore e di fecondità; quando il Maestro del mondo vuol sollevarlo fino al suo trono, oh, allora, la vocazione diviene un orribile, un impossibile sacrificio! Allora soltanto tutta l’influenza efficace e potente della madre agirà per fare desistere il giovane dalla sua aspirazione. Quale illogica incomprensione, e che ingiustificabile contegno! – Il sacrificio imposto dalla vocazione religiosa, è veramente più penoso e meno compensato di quello che esigono le carriere del mondo e i matrimoni? È una perniciosa ed errata illusione il crederlo. Ascoltate questa storia, dolorosamente vissuta: una signora di ventisette anni, distinta e buona, vuol essere religiosa: ha avuto questo desiderio dalla sua prima Comunione fatta ad otto anni. La madre vi si oppone risolutamente e le dichiara che finché essa vivrà non le darà mai il consenso. Dopo una resistenza quasi eroica, esaurita dai quotidiani rimproveri e dalle più pressanti sollecitazioni, si rassegna a maritarsi a ventisette anni, con le labbra sorridenti, ma col cuore dolorante. Tre anni dopo la morte di suo padre, le esecuzioni testamentarie portano delle complicazioni impreviste. Il giovane marito è esigente, ambizioso; egli è attaccato con esagerazione a quello che egli considera i diritti di sua moglie. Vi sono altri figli interessati, le cose non sono chiare. Ora un giorno, il tribunale cita la Signora X… per abuso di beni di minorenni e per falso, in una dichiarazione che le si era fatta fare. Uno scritto firmato da sua figlia l’accusa. La povera madre, nel ricevere la notifica della citazione grida: « Sono giustamente castigata! È mai possibile che mia figlia, la quale avrebbe rinunziato a ogni sua fortuna per il convento, tratti ora sua madre di ladra e spergiura? ». – Il caso è tipico. Se non è per il denaro, è per mille altre cose inattese che le madri hanno sofferto e soffriranno sempre per i loro figlioli, che stanno nel mondo. Senza che questi arrivino a pervertirsi, i loro nuovi doveri ed i loro interessi provocano spesso tali conflitti familiari, che arrivano ad essere dei veri calvari intimi, tragedie penose e accoranti. Per seguire suo marito, la figliola abbandona sua madre: per creare un nuovo focolare, il figlio lascia il focolare paterno: questa è la legge ineluttabile del matrimonio. È il sacrificio dei genitori che danno i loro figlioli al mondo; è spesso qui il duro e orribile Sacrificio! Certo, la separazione imposta dalla vocazione sacerdotale e religiosa ha il suo lato penoso, ma essa è mille volte compensata e più dolce, in seguito, per i genitori. La ragione è semplice: i preti e i religiosi non dividono i loro cuori; nel darsi a Dio essi non hanno dimenticato la loro famiglia. « Il più caro dei miei fanciulli, il più mio, il più vicino al cuore mio, nonostante la distanza che ci ha sempre separati, sei tu, il figliolo apostolo » mi ha scritto più di una volta mia madre, col pericolo di rendere gelosi gli altri otto figli che le vivono intorno. Le distanze sono relative, quando le anime restano unite! Oh! vi sono ben altri ostacoli che dividono, oltre gli oceani e le montagne. Si è delle volte vicini e così lontani… Guardate un po’ voi, madri che leggete queste righe, guardate intorno voi e troverete che troppo spesso il matrimonio dei figlioli non è una conferma della affezione figliale. Al contrario invece, voi non troverete mai la prova che il seminario od il convento abbiano soffocato nei giovani il quarto comandamento o ne abbiano diminuita la forza. Altra cosa è il separarsi, ed altra è il dimenticare l’attaccamento nobile del figlio verso i suoi, o di rinunciarvi. E non è certo il mondo che può invitare i sacerdoti od i religiosi ad intendere dalla sua bolla, le lezioni di dignità, di gratitudine, di affezione filiale. – Genitori cristiani, se voi sapeste, per esperienza, il compenso che il Signore vi riserva, voi non avreste abbastanza lacrime per riparare la diffidenza, forse la ribellione, con le quali avete ricevuto le sue proposte di gloria. Qual è dunque quello stato di vita, in cui non vi sia in gran parte il sacrificio, e tanto più crudele, quanto più siano allontanati i sacri doveri, per essere esenti dalla croce? Si sarebbe veramente tentati a credere che alcune delle famiglie cristiane non temano che la Croce del Maestro Gesù, tanto esse sono coraggiose nel sacrificio che la vita o la società impongono loro. Così durante la grande guerra, quale eroismo patriottico nel cuore delle madri! I figli partivano, le madri dicevano loro addio piangendo, sì; ma le loro lacrime erano calme e fiere. Giammai esse avrebbero pensato di arrestare il figlio sì caro, da quel glorioso cammino d’immolazione alla Patria! E se per disgrazia egli avesse avuto una esitazione, una debolezza, la virtù materna avrebbe rinvigorito lo spirito vacillante del giovinetto e l’avrebbe tenuto fermo nella via dell’onore e del dovere. Un plauso per queste patriote ammirabili! Ma ove sono esse mai, le grandi Cristiane che mostrano tanta nobiltà e tanto volere nella vocazione dei loro figlioli, quando questi entrano nel cammino infinitamente più glorioso, del seminario o del convento? – Si era a Ginevra, durante il governo dell’illustre Monsignore Mermillod. La tempesta morale imperversava su di lui. Una notte, la folla malvagia aveva urlato per lunghe ore: « a morte il Vescovo, a morte! » Di buon mattino Monsignore riceveva la visita della sua vecchia madre. « Sembra » diceva essa, che vogliano uccidere il Vescovo di Ginevra; io l’ho saputo ieri sera molto tardi e mi sono affrettata a venirti a supplicare di non fuggire. Il tuo dovere è di restare qui. Se tu morrai per la fede, quale onore sarà per la famiglia!» Se le famiglie cristiane avessero delle madri di questa forza, e di questo spirito, la Chiesa sarebbe sempre glorificata e vittoriosa. La crisi di autorità nelle famiglie e quella di pudore nella società, sono certamente in gran parte dovute alla crisi di vocazioni.

IV. Il Sacerdozio e lo Stato Religioso in confronto alle altre classi della Società.

Se il Maestro Divino non regna più nel focolare, se la sua Legge è compromessa, se vi è del rilasciamento e si constatano delle libertà pericolose nelle relazioni sociali, se lo spirito mondano ha profanato il santuario della famiglia, è forse da meravigliarsi che non vi giunga più la voce della chiamata Divina, che la semenza della verginità e del sacrificio non vi si sviluppi, e che il frutto benedetto e sacro delle vocazioni non vi sì maturi più? Non sì raccoglie il frumento dalla sabbia, né l’uva squisita fra i cespugli di un sentiero battuto. La crisi delle vocazioni è il segno più sicuro della mancanza inquietante delle virtù cristiane e sociali. Dal frutto si giudica l’albero ed il terreno La necessità assoluta di un ambiente molto ricco di virtù, perché vi nasca e vi si sviluppi una vocazione è un argomento indiretto per dimostrar come sia eminente e nobile la vita sacerdotale e religiosa. Gli eletti debbono vivere casti: il loro nido deve essere dunque casto. Essi debbono essere obbedienti ed umili, vale a dire che non si produrranno in un ambiente orgoglioso. Essi debbono vivere di sacrificio; epperò il lusso e la mollezza attesteranno il loro manifestarsi. Si vuole sapere che cosa vale una società ed un paese? La statistica del clero e delle comunità religiose sarà la migliore regola per giudicare. Perché? Perché gli eletti del Signore sono la più bella la più nobile espressione della moralità e dell’idealismo cristiano di una Nazione. Molto meno delle milizie nazionali, molto meglio delle Istituzioni di diritto pubblico, il sacerdozi e la vita religiosa sono di diritto e di fatto una norma vivente per giudicare l’elevatezza intima della coscienza, quella della società e della nazione. Nessun altra istituzione fa della virtù eroica un sistema di vita, mantenuto ed amato fino alla morte. È dunque una vera gloria l’esservi assunto. A coloro che non si peritano di parlare di cose che ignorano e di pubblicare che i sacerdoti ed i religiosi hanno cercato la pace in un ritiro egoista e facile, che sono i fuggiaschi della battaglia, i disertori della vita, noi potremmo dare la risposta che dette un buon monaco, pieno di spirito ad un signore superbo che era andato a visitarlo: « Se la nostra vita è così dolce, così comoda, se noi siamo vigliaccamente barricati, dietro queste mura, ebbene… non faccia penitenza restando nel mondo, venga a provare la nostra vita fatta di sonnolenza e di torpore, così Ella potrà parlare, non con prevenzione, ma da uomo onesto e convinto ». – Abbracciare l’ignominia redentrice della Croce di Gesù Cristo, è diventata un’ignominia sociale. Le classi dirigenti non vollero più prendere la parte che loro spettava di diritto al servizio del Re dei re. Altri tempi, altri costumi! Avviene tristemente per il sacerdozio, quello che avviene per le mode femminili. Una casa famosa per l’audacia ed il credito delle sue mode, disegna alcuni modelli, dichiara che la forma e le linee che costituiscono durante la stagione l’ultima eleganza, ed il pubblico che si dice intelligente e ragionevole, accetta, paga caro, e critica chiunque osi criticarli. « Rivoluzione e liberalismo » è come quella casa di mode, come la società di tutti quegli individui pervenuti alla sommità della scala sociale, in grazia della loro audacia, resa possibile dall’indifferenza degli ambienti cattolici: questa società ha lanciato la sua opinione, e questa opinione fa legge contro di noi. – Ed ecco che anche la gente onesta ci considera ora con disprezzo, e quando ci avvicina è convinta, da parte sua, di farci l’onore di una vera e propria concessione. Eppure la nobiltà, la vera nobiltà è la nostra; ed ogni dignità o tradizione, qualunque essa sia, impallidisce dinanzi alla dignità dell’abito sacerdotale o religioso. Bisognerebbe convincere di nuovo, il fior fiore delle famiglie, di questa grande e bella verità. Così la concepiva una nobile signora, presentata dal suo curato al nuovo Vescovo: « Non dica: « signora Duchessa », signor Curato, dica piuttosto », interruppe ella durante la presentazione, « … la madre del Sacerdote X… Ecco il titolo glorioso di cui sono fiera, e di cui resterò fiera anche in cielo ». Qualche giorno dopo l’elezione di Pio X, domandarono a questi, quale titolo di nobiltà avrebbe accordato alle sue sorelle: « Il titolo di nobiltà, risponde il Sovrano Pontefice, l’hanno già; sono sorelle del Papa. » – I Principi che hanno rinunziato ad alcuni loro privilegi e diritti per diventare sacerdoti, non sono discesi di grado, essi hanno fatto, per una grazia misericordiosa e gratuita, un’ascensione immensa, per cingere la più bella corona, la corona sacerdotale. Tutti i beni ed i poteri a cui rinunziano, non sono nulla, in confronto di un calice pieno del Sangue Divino. – Luisa di Francia, nel lasciare la Corte di suo padre, Luigi XV, per scambiarla con una cella di carmelitana, a San Dionigi, aggiunse al suo blasone un nuovo titolo di nobiltà. Ella sorpassò le sue sorelle e lasciò di gran lunga dietro di sé, il lignaggio reale della famiglia, quando il velo di Regina del Gran Re del cielo e della terra venne a coprirle la testa, non più soltanto circondata di pietre preziose, ma consacrata dal Sangue di Gesù che la chiamava — Oh titolo ineffabile — Sponsa mea! Sposa mia! È proprio questo in complesso che io dicevo con una convinzione al di sopra di ogni eloquenza durante la professione di una giovane Suora, che lasciava la famiglia, una buonissima condizione sociale, un brillante avvenire, una immensa ricchezza: « Ella cambia, sorella mia, l’oasi di un deserto, i suoi pochi fiori, la sua ombra, e la sua scarsa sorgente, con un giardino di gioia immortale. « Ella dona un granellino di sabbia e riceve un fulgido dono; ella si priva d’una goccia, ed un oceano infinito la inonda; rinunzia ad essere la regina di un focolare o di un salotto, per essere regina fra gli Angeli, per divenire la sposa del Creatore. I suoi beni l’avrebbero un giorno, forse, riempita d’amarezza: li avrebbe dovuti ad ogni modo lasciare, mentre che la ricchezza divina che oggi possiede sarà un bene eterno. – Sorella, ecco quello che il linguaggio delle creature chiama « sacrificio » e che nel linguaggio del Vangelo io chiamo « esaltazione e gloria divina ». Che cosa è, infatti, la vera nobiltà, se non una tradizione. d’onore, di dignità morale, di coraggio, di devozione, di alta virtù? Questa nobiltà è legata ad un nome che impone il rispetto. Non è dunque una posizione improvvisata, né una vincita alla lotteria. La nobiltà è una bellezza che tende all’immortalità. Ma qual è la nobiltà più legittima di quella del sacerdote, che è erede della grandezza, della potenza redentrice del Re-Salvatore, ed il cui ministero e la cui vita debbono essere infatti, di valore e di devozione eroica? Che cosa sono le più ricche tradizioni di nobiltà, le più alte cariche sociali, paragonate a questa discendenza del Cristo-Gesù, che è il sacerdozio, di origine divina e antico di venti secoli? E vicino al sacerdote, primo principe tra i principi la religiosa, creazione splendida della Chiesa, di una bellezza che sorpassa, in un certo senso, la beltà angelica, santuario vivente del Signore, la religiosa, dico io, non ha sopra di sé che il sacerdote ed il Cielo. – Nella misura in cui il gran mondo disprezza e disdegna la gloria del sacerdote e della religiosa, la rivoluzione, più logica di quel che si pensi, vendica incoscientemente il Dio così oltraggiato. Perché delle distinzioni e delle caste fra gli uomini, quando essi non accettano i titoli conferiti da Dio stesso? I demagoghi ritorcono contro i signori, il loro stesso linguaggio. Come l’aristocrazia, la borghesia, a sua volta, non ha più confidenza nel Signore e gli lesina i suoi figli. L’esempio delle classi alte trascina il discredito gettato dagli uni, provoca il rispetto negli altri. Il sacerdozio non attira più. Esso appare come una casta in decadenza. E si cerca sempre per i fanciulli, quand’essi hanno talento e carattere, una educazione atta ad elevarli al disopra del comune, un piedestallo che li renderà grandi, e nello stesso tempo onorerà la famiglia intera. Rettifichiamo qui, senza pietà, un termine che implica in sé un’idea falsa. Si dice: la carriera sacerdotale, il sacerdozio non è una carriera propriamente detta, è uno stato unico a parte ed al di sopra di tutte le carriere, anche delle più nobili. E se vi fu un tempo in cui la sua nobiltà fu tanto ambita nella società, da provocare in essa delle ambizioni, le cui conseguenze furono tanto dolorose, oggi ohimè! Essa è caduta: il sacerdozio è discreditato, abbandonato, da tutte le classi sociali. Se uno dei figli di un gran signore ha ricevuto il rifiuto formale da suo padre, alla domanda di farsi prete, perché gli si è fatto osservare « che non deve abbassarsi », perché il figlio del dottore o del notaio dovrebbe andarsi a chiudere in seminario, quando tutto gli sorride nell’avvenire, quando ha la speranza di elevarsi nella società, e di lasciare alla sua famiglia, un nome ch’egli avrà reso illustre? L’onore offerto da Nostro Signore è misconosciuto e disprezzato… che dolore! Si sarebbe fieri di avere un figlio ministro o alto personaggio ai servizi di un re della terra, e si teme di farne un ministro del Re immortale? Una giovinetta molto ricca della borghesia, può aspirare a un nobile parentado e ciò avviene frequentemente, perché i milioni comprano tutto. Ma è raro, molto raro ch’ella non incontri opposizioni, se pretende di diventare « regina » consacrandosi a Dio. Un castello potrebbe diventare la sua dimora; il monastero, il palazzo del Re Crocifisso… è una follia! Ma gli umili, rispondono essi almeno generosamente all’appello divino? Ne sono essi onorati? Ohime! Essi risentono della mentalità anzidetta, per quanto in un grado minore. Essi sanno che i tempi sono duri, che il sacerdote è povero e che per lui la lotta è aspra. Niente li attira adunque verso il seminario od il convento. Bisogna, per conseguenza, che la fede degli umili sia ben radicata, perché il divino mietitore scelga tra di essi alcune belle spighe, che frutteranno mille per uno nel campo della Chiesa. – Ma sembra che il Dio di Betlemme abbia voluto, come compenso, mettere nell’anima del povero e dell’umile una nobiltà di sentimenti ed un istinto del Divino, che noi riscontriamo sempre meno nella classe superiore. Io conosco una povera domestica, già avanzata in età e malaticcia, che dette tutte le sue economie per le spese necessarie all’educazione in un seminario, di un fanciullo più povero di lei: « Io servirò fino alla morte, diceva ella, ma voglio offrire un sacerdote al mio Dio. » – Il barone di … è vittima di un grave accidente di caccia. Per molto tempo ha dimenticato i suoi doveri religiosi: altezzoso e poco amico dei sacerdoti, egli agonizza tuttavia nella povera stanza di una chiesa  di campagna. Il giovane sacerdote ha, egli stesso, deposto il ferito sul proprio letto, ed ha fatto con abilità e delicatezza, i primi medicamenti. Quando la famiglia piangente arriva, il ferito è calmo. Egli riposa tra le braccia dello zelante sacerdote, che lo ha confortato, ed ora lo conforta e lo prepara al supremo distacco. – Dopo la prima esplosione di dolore, la madre e le figlie si provano a ringraziare; la loro riconoscenza è ben grande per quel sacerdote, che il ferito vuole accanto a sé, chiamandolo il suo miglior amico, il suo ammirabile benefattore. Esse chiedono: « il Suo nome Reverendo? » Sentendolo, il barone turbato si solleva ed esclama: « Ma come, Ella sarebbe il figlio di X… il nostro antico portiere?… » « Sì, risponde il giovane sacerdote, timidamente. Ma non parliamo di questo, aggiunge egli, rivolgendosi alle signore, preghiamo piuttosto per il caro malato. Io le ho attese per dargli il Viatico ». La sera stessa il barone rendeva la sua anima a Dio, fra le braccia dell’umile sacerdote, figlio di portiere, di cui ecco la storia. A undici anni, per sua richiesta, i genitori lo misero in Seminario. Il barone, scontento e dimentico dei lunghi anni di servizio e di fedeltà del suo servitore e di sua moglie, che era stata nutrice di due sue figlie, congedò la famiglia, quando apprese questa notizia. Qualche tempo dopo, il buon servitore, minato dal dolore, morì, ma il fanciullo continuò gli studi, e Dio voleva che il giusto pentimento, la misteriosa espiazione, la santa vendetta, la riconciliazione caritatevole fosse fatta nelle sue mani sacerdotali. In quell’ora solenne, in quel quadro illuminato già dalla luce dell’Eternità, chi era realmente il grande, il vero personaggio di dignità morale, e di potere superiore a tutta la potenza terrena? – Vi è anche di peggio della diffidenza delle classi: la mentalità dei giovani educati nella frivolezza, per il piacere. E come la sconfitta d’un esercito è certa, per l’educazione effeminata e per la leggerezza di costumi d’una razza, così lo spirito di sacrificio e di dedizione, la vocazione di rinunzia a sé stessi del sacerdote e della vita religiosa, non possono svilupparsi in una gioventù assetata di comodità e delirante di piacere. – Il principio antimilitarista non è soltanto e principalmente un principio d’orgoglio rivoluzionario: essa è, prima di tutto, un principio di sensualismo eccessivo. Si aborre l’esercito più per egoismo che per umanità. Nel seminario e nel chiostro si forma ugualmente una milizia, più forte, più disciplinata, più rigida nella santa austerità, più virile nella resistenza di carattere, più provata non solo in atti isolati, ma in una vita intera di eroismo. Ora, i giovani vogliono scuotere ogni giogo di disciplina. Tanto si è parlato loro di libertà, di indipendenza, di diritto alla potenza senza limiti, che sembra loro impossibile, anche se cresciuti in famiglia cristiana, d’abbracciare la vita sacerdotale o religiosa. – Nella crisi di vocazione vi è una crisi acuta di carattere, vi è anche una crisi di sensualismo. La mancanza di sobrietà, di freno, di pudore, crea un’atmosfera carica di passione, che la vita sociale, l’abitudine del teatro malsano e degli abiti provocanti rende più densa ed asfissiante. La virtù dei giovani, anche dei migliori, è scossa.

CRISTO REGNI (9)

CRISTO REGNI (9)

 P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO [II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani, die 4 febr. 1926 Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

CAPITOLO III

L’onore del Re della gloria disdegnato

Crisi di vocazioni sacerdotali e religiose

Dic ut sedeant hi duo filii mei, unus ad dexteram tuam et unus ad sinistram in regno tuo

[Di’ che seggano questi due miei figlioli uno alla tua destra, l’altro alla tua sinistra nel tuo regno.]

(Matteo XX, 21).

I. – Lo spirito contemporaneo riguardo al sacerdozio ed alla vita religiosa. Come siamo lontani dal tempo in cui la madre degli Zebedei, credendo alla Regalità temporale di Gesù e spinta dal suo amore materno, chiedeva al Maestro che si degnasse « far sedere i suoi due figliuoli, l’uno alla destra, l’altro alla sinistra nel suo Regno! » C’era un errore, nello spirito di questa donna, sulla natura del Regno Messianico; e c’era forse anche un sentimento reprensibile di vanità; e tuttavia nobile e previdente cuore d’una madre! Essa non chiede nulla per sé: non pensa che alla gloria dei suoi figli; e li vede già nel suo pensiero, ministri del Re-Gesù, e forse forti d’una potenza eguale a quella di Giuseppe, in Egitto. – La razza delle madri che si dimenticano, offrendo i loro figli a Nostro Signore, minaccia di estinguersi. Era un meraviglioso linguaggio, a traverso i secoli cristiani; perché non continua in tutta la sua santa nobiltà e la sua feconda bellezza? L’onore d’essere scelti e preferiti dal Re d’Amore, l’onore immenso di servir Gesù e di darlo alla terra, con la potenza del Sacerdozio e il sacrificio della vita religiosa, non è più oggetto d’ambizione, ma di timore e di disdegno. Perchè? È la risposta inquieta e negativa. alla grave domanda di nostro Signore: « Potete bere il calice che io bevo? » – In ogni tempo, il Sacerdozio e la vita religiosa sono stati una via dolorosa per quelli che le hanno seguite, ed hanno avuto la grazia di comprendere la gloria sanguinante del Calvario e le pesanti responsabilità legate a questa gloria. – Ma con le idee di libertà sfrenate che corrono come un uragano devastatore, con lo spirito ragionatore e orgoglioso, conseguenza di questa falsa libertà, nell’atmosfera satura del sensualismo raffinato dell’epoca nostra, le vocazioni sacerdotali e religiose diventano spesso un eroismo. E gli eroi sono pochissimi, specialmente quando l’eroismo è intimo, segreto, e che non deve contare né sulla benevolenza, né sugli applausi umani, ma sullo staffile terribile delle critiche e del disprezzo sociale. Era più facile, una volta, alle famiglie cristiane di conformarsi alla volontà divina e di accordare ai loro figlioli la libertà santa di seguire le chiamate del Signore. I campi erano molti più divisi allora: non si incontravano i giudei e i samaritani. Non era stata stretta l’alleanza fra i figli di Dio e i figli degli uomini. Negli ambienti cattolici si godeva di una maggiore indipendenza, e l’influenza delle critiche era molto diminuita dalle distanze reciprocamente stabilite e rispettate. – La società moderna ha spezzato gli ostacoli; e i mondani più audaci hanno rumorosamente invaso, con la loro dottrina, lo spirito, l’educazione e i costumi della vita familiare e sociale dei Cristiani. Le emanazioni malefiche delle loro teorie hanno soffocato la gran deferenza e l’ammirazione simpatica che si aveva, sempre per tradizione, per gli eletti al chiostro e all’Altare, tanto negli ambienti, cristiani e ferventi, che tra le persone semplicemente oneste. La persecuzione ha fatto il resto. Confusi tra la folla, relegati negli ultimi posti, carichi di obbrobri, spogliati, spesso scacciati, siamo il rifiuto di una società deformata. La confidenza delle famiglie, di quelle famiglie persino, in cui si trasmettevano le tradizioni di venerazione verso di noi, ha ceduto a delle ragioni spiegabilissime di prudenza. Quanto all’immensa maggioranza delle famiglie — dominate dal rispetto umano, e scosse da questa mondanità, il cui cammino sempre facile, conduce all’indifferenza religiosa — essa si rifiuta con sempre maggiore energia, di dare i propri figlioli ad una istituzione sconosciuta e criticata. Questa indifferenza delle famiglie, più nefasta d’una persecuzione odiosa, è la prima causa della sterilità deplorevole della nostra società, in relazione alle vocazioni. – La fede è diminuita, il credito del religioso e del sacerdote è finito, a causa dell’attentato del mondo al suo prestigio soprannaturale, alla sua aureola evangelica… Ed ecco che questi due stati son divenuti, per una falsa concezione moderna, delle comuni carriere, apprezzabili, cioè, unicamente nella misura in cui esse possono dare un certo avvenire al giovane o alla fanciulla, e far conseguire alle loro famiglie, qualche vantaggio materiale. Le persecuzioni recenti e le condizioni critiche che traversano lo stato ecclesiastico e gli ordini religiosi, non promettono più quell’avvenire splendido e sicuro che poteva non produrre, ma facilitare almeno in altri tempi le vocazioni. Da allora, quale recisa opposizione non offre la nostra società, materialista e indifferente, all’aspirazione d’un ragazzo, che si dica chiamato al seminario o al convento! Si chiedevano onori alla Chiesa, quando essa poteva darne attraverso la sua potenza e il suo trionfo sociale. Tutti l’amavano nell’ora del Thabor; quanta differenza coll’attitudine ingrata d’adesso, che è l’ora del Pretorio. Si dimentica che la gloria di essere al bando per Iddio, è una gloria che sorpassa tutti gli onori. Se sono poche le madri, ammirabili nella loro ambizione, le quali vogliono vedere i loro figlioli consacrarsi a Gesù-Re, ciò avviene perché non si riconosce l’onore che questo Re fa ridondare sui suoi ministri e sulle sue spose. – Cos’è un principe o un re della terra, in confronto di un sacerdote? Misurate la loro potenza; il principe firmerà forse, migliaia di sentenze di morte; il sacerdote, con l’assoluzione, emetterà migliaia di sentenze di vita eterna, compresa quella dello stesso principe. Egli battezza, assolve e sotterra i Re! Che cos’è una regina, in confronto di una religiosa? Meno di una portinaia, in confronto della sposa d’un re! Un’umile religiosa, che insegnava il catechismo alle figliuole di Luigi XV, dette in proposito una simile risposta, quando una di esse, urtata dal un’osservazione della sua maestra, disse fieramente: « Pensate voi che parlate alla figlia del vostro Re? » E la religiosa: « Non dimenticate neanche, Signora, che siete dinanzi alla sposa del Dio di vostro padre e del vostro Dio! » – Il secolo nostro, pieno di se stesso, e tanto lontano da qualsiasi idealismo, soprattutto da quello che s’ispira al Vangelo, misconosce e rifiuta le grandi idee ed i nobili sentimenti delle precedenti generazioni. Esso ha sostituito, al concetto ereditario della dignità cristiana, un criterio molto più elastico e comodo, nel senso morale, e molto più egoista nelle risultanze pratiche. Non c’è da meravigliarsi, dunque, che si consideri il Sacerdozio come una carriera qualunque, molto umile, poco rispettabile, e molto meno redditizia di tante altre. Ed il mondo i fa presto a giudicare i motivi di questa inferiorità. La religiosa, oh, essa non ha potuto pensare al chiostro che per puntiglio o in un momento d’inesplicabile storditezza; ammenoché non vi abbia trovato il rifugio ad una impotenza fisica o morale o la manifestazione d’un forte egoismo. – Numerose famiglie cristiane pensano oggi come il mondo e dicono: « Oh, no, Signore, non sei Tu che chiami il mio figliolo: è lui che sì inganna. » Oppure: « la nostra figliola crede vocazione, ciò che è un illusione, essa non deve lasciare i suoi genitori, se non per maritarsi, ma giammai per consacrarsi a Te. La madre degli Zebedei non si incontra quasi più… Ma il Maestro buono, che non è mutevole come noi, continua a passare fra gli uomini, affascinando con uno sguardo, trascinando con una parola « Lascia tutto, vieni e seguimi! » Nonostante il mondo e la bufera di modernità che ha investito la società cristiana, l’esercito degli apostoli e delle o spose di Cristo rimane. Se è meno numeroso, è però meglio agguerrito, nello spirito della sua sublime vocazione. – Se il mondo si affretta tanto a giudicare e a valutare quel che gli è superiore, può essere permesso anche a noi di scoprire e di abbattere l’incoerenza dei ragionamenti, per i quali esso si vanta di essere saggio. Guardate: nella misura in cui la famiglia si disfà, a poco, a poco, dell’autorità del Maestro, i genitori reclamano per sé un aumento di autorità. In virtù di essa, che costoro dichiarano sacra, inviolabile, si oppongono alla scelta che i loro figli hanno fatto della vocazione religiosa o sacerdotale. Pertanto, essi dicono di lasciarli liberi, oh, assolutamente liberi di scegliere la loro via… a meno che la scelta non cada proprio sul solo stato decisamente escluso. È forse logico tutto questo? Si può aspirare a tutte le carriere degne e, onorevoli; si può sposare o restar celibi; si può tentare la fortuna, esponendo la propria salute e anche la vita, ma non si ha il diritto di indossare l’abito talare o religioso. La chiamata intima, l’attrazione potente, irresistibile, il diritto di cercare la felicità secondo ciò a cui spinge la propria coscienza, possono essere invocati… invano. Temporeggiare, provar a piegare la mentalità degli oppositori, tutto è inutile: non si ha il diritto di consacrarsi a Dio. Si può dare tempo, gioventù, cuore ad una società frivola; si può darlo con giuramento ad una creatura che, buona oggi, è capace di darci disinganni orribili domani.. Si può consacrarsi alla salvezza della patria, mostrarle un amore eroico, offrirle il proprio sangue. Tutto questo è bello, è buono… eccettuato servire il Signore e consacrargli la propria vita. – Ora bisogna che il Signore disprezzato accordi questi diritti. Cerca l’uomo di vendicarsi della sua impotenza, rifiutandosi di riconoscere, nel Creatore la sorgente divina da cui emanano tutti i diritti e quello inviolabile, di far primeggiare il suo onore e il suo servizio? – Se si fosse veramente logici, non si dovrebbe invocare il titolo di « padre » per opporsi al Padre per eccellenza, Giudice divino dei genitori, fedeli o infedeli rappresentanti di Lui. La gerarchia diritti e dei doveri spezzata, quando Dio non ha più l’autorità suprema, e non può dire ai genitori quel che disse ad Abramo: « Offrimi il figlio tuo in olocausto alla mia «gloria ». La famiglia può chiedere a buon diritto dei sacrifici ai membri che la compongono, per il bene generale del focolare. La società può imporre alle famiglie, per il bene sociale, dei veri sacrifici. La Nazione può esigere, anche per forza, delle grandi immolazioni, per il bene pubblico e nazionale. Ed è nell’ordine naturale delle cose accettare tutto questo. Non vi sarebbe che Dio, il Signore di ciascun uomo, il Padrone assoluto delle famiglie, il Re Sovrano della società e delle nazioni, che non potrebbe reclamare, imperiosamente e con pieno diritto, le sue proprietà, prestate temporaneamente ai genitori? Per l’onore, per il denaro, per la pace, per l’umanità, i genitori possono e debbono cedere tutti i giorni parte del loro relativo diritto. E Gesù Cristo avrà meno diritto degli avvenimenti che Egli stesso conduce, e delle creature che vivono del suo soffio?… – Il sacerdozio e la vita religiosa, doni sublimi del Signore, sono talmente al disopra di tutti i beni, di tutti gli Stati, di tutti gli onori della terra! Vale a dire che, quando Egli chiama al suo seguito è giusto lasciar tutto e passare, se fosse necessario, su un braciere ardente. Perché nulla, sulla terra è così nobile e così bello; e pertanto le sofferenze più inaudite non possono comprare l’onore, l’amore, la felicità che il Cuore di Gesù riserba a questi predestinati. – Noi siamo convinti che la maggior parte delle famiglie, che lasciano bussare invano alla porta loro il Re dei re, lo fanno in un momento di timore del sacrificio, in un pensiero spiegabilissimo, cioè, d’egoismo. Esse non si rendono conto del bene inapprezzabile, del tesoro senza pari che esse rifiutano, del torrente di benedizioni celesti di cui esse si privano e del giusto pentimento che ne avranno un giorno, forse troppo tardi! Il sacerdote e la religiosa sono tanto poco e male conosciuti, che è ben facile spiegarsi i mille pregiudizi diffusi contro il loro nobile stato. Allontanàti più o meno da ogni relazione con le creature esclusivamente mondane, spesso separati dalla vita pubblica sociale, essi non possono essere compresi dal mondo, che hanno lasciato, d’altronde, con ragionevole disdegno. E il mondo risponde a questa indifferenza giustificata, accentuando la sua diffidenza verso questi « eccentrici », la cui vita seria e felice è una condanna alla loro, vana, molle e inquieta. Aggiungiamo a questa diffidenza generale, a questa misconoscenza, tutte le calunnie che sono state diffuse dall’ignoranza e dalla malizia, tutti gli oltraggi fatti loro, ed avremo una spiegazione più che sufficiente di questa atmosfera ostile alle vocazioni. Questo è antimilitarismo contro l’esercito del Signore. Oh, se le famiglie cristiane, i focolari veramente onesti e fedeli conoscessero il « dono di Dio », il segno d’onore, il valore della grazia, la distinzione soprannaturale, il beneficio inaudito, la preferenza gratuita e gloriosa che suppone l’appello di Gesù, tanto per gli eletti che per loro stesse, oh, come tratterebbero il Signore alla porta loro! Come gli direbbero, prese da santa confusione: « Allontanati da noi, Signore, che siamo peccatori! O Maestro, non siamo degni che Tu entri sotto il nostro tetto! »  Ahimè! il gesto che ferma su tante soglie il Re di gloria, che va in cerca di apostoli e di vergini, non mai ispirato ad umiltà, forma delicata d’adorazione! Esso è provocato dalla misconoscenza dei diritti divini di Gesù Cristo!

II. – I figlioli appartengono a Dio

A chi appartengono i figli, e quale è il loro destino? Ecco adunque la vera soluzione della questione della vocazione. Sono, i genitori, i padroni o i semplici depositari, incaricati d’interpretare una volontà ed un comandamento divino? Essi sono stati gli strumenti per la vita naturale, ma il diritto cristiano non riconosce loro alcuna autorità assoluta, sull’avvenire dei loro figlioli. – Il quarto comandamento è sempre subordinato al primo. I genitori devono andare a Dio, poiché essi sono da Dio; i figli, attraverso i genitori, devono tendere a Dio, poiché anche essi sono da Dio. Se la società, e soprattutto la Patria, hanno dei diritti che genitori debbono rispettare, e ai quali sacrificano le loro più legittime 00affezioni, in un grado infinitamente superiore, il Signore s’è riservato il pieno diritto di disporre della vita e della morte delle creature affidate, temporaneamente e condizionatamente, alla cura affettuosa, alla custodia cristiana di altre creature – E come il potere civile, anche più legittimo e meglio stabilito, non può assolutamente misconoscere i sacri diritti dell’individuo, e questi, quando si tratta di difendere la sua coscienza cristiana, per esempio, è obbligato a disubbidire alla autorità umana opposta alla divina, così la patria podestà, fondata sulla natura e confermata dalla legge evangelica, non può contrariare il diritto del figlio, chiamato dal suo Dio. Il figlio è del Creatore, passando attraverso i genitori che l’han ricevuto per Lui, e che debbono renderglielo, non solo all’ora della sua morte, ma anche quando il Signore lo sceglie e lo chiama, lo trae dietro a sé e lo fa camminare pel sentiero stretto, ma glorioso, dei consigli evangelici. Se neanche un sol capello del nostro capo può cadere senza il permesso del Maestro, se ogni uccello e ogni fiorellino è nutrito e rinfrescato per ordine di Lui, che pensare dell’autorità divina e della Provvidenza amorosa che vegliano sull’esercizio dei suoi sovrani diritti, e sull’avvenire temporale ed eterno dei figli?… D’altra parte, chi ha il segreto di questo avvenire? Dio solo, nessuno all’infuori di Lui, ed Egli se lo riserba gelosamente. Non vediamo forse tutti i giorni, per esperienza, fallire le previsioni così prudentemente calcolate, così ben combinate? E quando noi crediamo aver raggiunto lo scopo, con un piano sapientemente elaborato, sopravvengono avvenimenti imprevisti, malattie improvvise, agitazioni materiali o morali, che distruggono immediatamente le nostre previsioni. Anche la morte ci prova che l’avvenire delle creature non è che nelle mani del Creatore. – Chi può tracciare all’uomo la sua via, se non Colui che conosce l’uomo? Ora, chi conosce veramente, intimamente e profondamente l’uomo, se non Dio? La vocazione è un problema troppo grave per affidarne la soluzione al corso delle circostanze, delle velleità o degli interessi umani. Il legame fra l’avvenire temporale e l’avvenire eterno è molto stretto. La vocazione è la strada, l’eternità è la mèta cui questa strada deve condurre. Vi è un ingranaggio fatto da una sapienza increata; guardiamoci dallo spezzare una molla della catena, che comincia dalla culla e, che, intrecciata da una mano provvidenziale, conduce all’eternità. Quanto spesso il fermarsi d’un’anima, per colpa sua o di altri, una deviazione definitiva dalla diretta via, ha delle fatali conseguenze quaggiù e nella sua vita avvenire. Se è vero che le stelle hanno la loro via, invariabilmente tracciata, non l’avrà forse l’anima cristiana, più preziosa di tutte le costellazioni? Da ciò sembra che il Cristiano, soprattutto se ha la responsabilità della paternità, non dovrebbe osare, per nessun pretesto, far deviare un’anima di fanciullo dalla via divina verso cui è spinta. Ahimè! il numero di questi audaci incoscienti aumenta, ma non negli ambienti religiosi, dove le vocazioni sono un’eccezione straordinaria, ma nelle famiglie in cui si riversa la misericordia del Cuore di Gesù. Questo. gesto, quanto mai pericoloso, è un attentato contro la Sapienza e l’assoluta Sovranità di Dio e tanto più grave in quanto esso è commesso proprio da coloro che sono ufficialmente incaricati da Dio d’educare i loro figlioli in modo che essi siano sempre pronti ad ascoltare la Sua voce, e ad ubbidire alle Sue chiamate. Di conseguenza, si rende vana l’attesa divina, si sviano i disegni di Lui, si arresta la corrente della Sua misericordia, si assume un’enorme responsabilità morale. – Privare così il Signore della sua gloria non può dare la felicità. Un sacerdote di meno: calcolate, se potete, il bene immenso che sarebbe stato Compiuto e che non lo sarà mai!… Un sacerdote di meno, vuol dire 368 messe di meno; e supponete che questo sia soltanto per 25 anni e così potremo calcolare, se si aggiunge l’amministrazione dei Sacramenti, la grazia delle predicazioni e le iniziative di zelo?… Potremo mai farci un’idea di questo bene immenso, incalcolabile, che sorpassa ogni previsione, e a cui ci si è opposti? – Un religioso o una suora di meno, una sposa cioè una lampada, una particella d’ostia di meno sull’altare, è la soppressione di tutta una vita di lavoro, di preghiera, di sacrificio, la distruzione di grazie, di vita divina, di fecondità spirituale. – È forse permesso di rifiutare impunemente il mantello di porpora con cui Gesù stesso avvolge un fanciullo predestinato? di togliere il diadema regale ch’Egli pone sulla fronte di una giovinetta? Si può forse privare impunemente di tante glorie, il Re dei re? È possibile esporre migliaia di anime alla loro perdita eterna, soffocando delle vocazioni di sacerdoti, di contemplativi, di spose, zelatrici della gloria sua, senza provocare la giusta collera di Dio? Poiché non si tratta soltanto, né principalmente, di rifiutare questo onore che Dio decreta e offre gratuitamente, ma di sconvolgere l’ingranaggio della salvezza, di rompere la rete meravigliosa destinata ad una meravigliosa pesca. E il sangue di Gesù è versato inutilmente per migliaia di creature, che periranno per mancanza di ministero sacerdotale, e del ministero nascosto dell’umile religiosa. Se a causa dell’astensione di un uomo onesto, d’uno solo, dalle elezioni, il paese può subire dei grandi disastri politici e nazionali, cosa sarà nel piano della Redenzione se, per colpa d’una famiglia cristiana, un sacerdote o una suora mancano, nel torrente di misericordia che il Cuore di Gesù vorrebbe riversare, con il loro zelo e col sacrifizio loro, sul mondo intero? Nel mondo morale, come nel fisico, un cataclisma spaventoso delle disgrazie irreparabili, possono essere la conseguenza d’una lacuna, apparentemente leggera ed isolata. Così ragionava un gran Vescovo, col Marchese de B… qualche anno prima della guerra. Il figlio minore del Marchese, giovane di 19 anni, manifestava il desiderio di farsi sacerdote. Il padre si opponeva: « Rifletta, diceva Monsignore, all’enorme responsabilità di fronte a Dio e di fronte alla Chiesa. Un sacerdote di meno, specialmente alla nostra epoca così sterile di vocazioni ecclesiastiche, porta gravi conseguenze! ». E poiché il Marchese si ostinava ed esprimeva freddamente un’irrevocabile volontà, Monsignore, congedandosi, disse con triste gravità: « Chiedo a Nostro Signore di illuminarvi su una questione così seria e delicata, e, in ogni caso, desidero sinceramente che questo sacerdote di meno nella diocesi, già tanto provata dal numero esiguo delle vocazioni, non manchi proprio a Lei, all’ora della sua morte! » La guerra scoppia. 1 due sacerdoti del paese prossimi al castello del Marchese partono come soldati portaferiti. Tre anni dopo, il Marchese vien colpito da apoplessia, e chiede un prete. Il curato del villaggio più vicino è vecchio ed infermo, e deve assistere molti parrocchiani. Si deve cercare altrove un altro prete, e quando questo giunge, il malato è morto. Il prete che è di meno nella diocesi è forse quello che manca al capezzale dell’agonizzante. – E notare che la guerra ha reso ancora più acuta questa crisi, alla quale S. S. Pio XI allude nella sua Enciclica con queste parole: « Come è per noi doloroso il vedere che il contingente dei preti diminuisce dappertutto ». Il Papa se ne duole!

CRISTO REGNI (10)

COSTUMI MODERNI ANTICRISTIANI

COSTUMI MODERNI ANTICRISTIANI

P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

Da: TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

PROPRIETÀ LETTERARIA

Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani, die 4 febr. 1926 – Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

PREM. TIP. PONT. ED ARCIV. S. GIUSEPPE – MILANO

LA SANTITÀ DEL RE D’AMORE SOCIALMENTE OLTRAGGIATA

1. – Modestia e Moralità

Il profeta Isaia, indirizzando ai Pastori negligenti le minacce del Signore, li chiama, nel suo linguaggio ardito, dei cani muti che non sanno abbaiare (Is. LVI, 19). Guai infatti alla sentinella che non dà l’allarme, e il cui silenzio porta alla rovina coloro che il cielo le ha affidati! È dovere gravissimo e urgente, quello di denunziare il pericolo. – Ora, sembra evidente che una delle epidemie morali tremende, se non la più tremenda, in forza del suo carattere di provocazione pubblica e contagiosa, sia l’assenza di pudore che manifesta oggi la società. Ma per stigmatizzare i termini di questa passione scatenata, bisogna usare nello stesso tempo una suprema delicatezza, una chiarezza persuasiva. Non bisogna ometter nulla, ma neanche dir niente che possa offendere le coscienze cieche ed innocenti, che tuttavia l’aspetto esteriore accusa. Numerose infatti sono quelle — avremo l’occasione di dirlo — per le quali il candore eccessivo non permette di comprendere il perché delle severe prescrizioni della Chiesa; eppure la loro disobbedienza le conduce ad un abisso. L’affare della moda, checché se ne dica, implica una seria questione di coscienza, poiché, dopo il peccato originale, una relazione molto intima esiste fra il vestiario e la purità. Il pudore, che obbliga a coprirsi modestamente, è una virtù tanto delicata quanto il candore dei gigli… tanto sensibile quanto la limpidezza «d’uno specchio, cui un leggero soffio offusca. Che la natura in se stessa sia buona, che possa esercitare î suoi diritti, tutto ciò sarebbe stato vero difatti senza il peccato originale. Che si usi un simile linguaggio nei paesi non per anco illuminati dalla fulgida bellezza del Vangelo e del Cristianesimo può, a rigore, concepirsi; ma che sì senta proclamar questo, nel nostro mondo, è inammissibile. Il Signore Gesù ha permesso che, per le circostanze eccezionali del mio ministero, nei centri di vita intensa, potessi convincermi della gravità di tale questione, della sua importanza per il Regno sociale del Cuore di Gesù. Oh, come vorrei comunicare tutta la convinzione dell’anima mia, a quelli e soprattutto a quelle che leggeranno queste pagine! Vorrei dir loro tutto ciò, ma con il grande, l’immenso rispetto alla squisita delicatezza che avrei per mia madre, se mi trovassi nella dura necessità di farle una lezione indispensabile, un doloroso e pesante richiamo. Possano esse essere accettate con una docilità ed una sommissione dolcemente illuminate e dirette dalla grazia. – Più che mai vorrei aver la soavità di Gesù, per dire tutto quel che debbo dire in suo nome, a delle anime belle, trascinate dalla vertigine d’un mondo seduttore. Quando il sole cade dietro le montagne, sembra che porti con sé la bellezza delle cose, l’armonia delle linee e dei colori. I più bei quadri della natura, i sommi, come i minimi capolavori della creazione, si cancellano, ingolfati in un impenetrabile abisso di tenebre.  – V’è un Sole che non si contenta di render sensibile al nostro sguardo la beltà intrinseca delle cose, ma che è esso stesso! la sorgente di ogni bellezza morale e spirituale: questo Sole è Gesù. Chiunque non gravita attorno alla sua Legge ed al suo Cuore, non può percepire le sublimi altezze d’un’anima cristiana, la sua nobiltà, la dignità sua, i secreti tesori di uno splendore intimo che rapisce gli Angeli; e vive allora necessariamente nelle tenebre. Nell’ordine della natura, vi sono le stelle che di notte brillano di luce propria, come per vendicarsi di essere state eclissate dallo splendore del sole. Ma nell’ordine morale, le stelle, voglio dire le anime che possono esser luminose e belle per se stesse, senza Gesù Cristo; radiose fuori di Lui, caste e nobili, disconoscendolo, di queste stelle, dico, non ne possono esistere. Noi potremmo, parlando di bellezze morali, distinguere due categorie: una, fatta di quei fiori il cui succo avvelenato dal peccato, nel Paradiso terrestre, è stato come guarito sul Calvario, dal Sangue del Cristo; l’altra fatta di fiori, per così dire, creati dalla Legge Evangelica, nati nel Cuore di Gesù, fiori squisiti dell’umiltà, e soprattutto della castità, della purezza e della modestia. – Il miracolo d’amore della Risurrezione fu coronato da un altro miracolo, unico nella storia, quello di una verginità feconda. Sembra che Dio abbia voluto inaugurare l’èra cristiana in un’atmosfera fino allora sconosciuta, quella della purezza. Da allora, la castità personificata e incarnata, rimarrà il prototipo della bellezza morale. Essa è, nel suo splendore, una creazione, una sublimità divina e inconcepibile: Maria Immacolata. Il naturalismo fu il primo serpente schiacciato dal suo piede verginale. Lo splendore immacolato della Regina dell’amore, non è che il riflesso della santità del Re, suo figlio; ora, chiunque ama Gesù e l’adora, deve anche rassomigliare a Maria: il suo spirito, il suo cuore, come la sua carne, devono tendere a raggiungere la verginale purezza di Lei. Soltanto i cuori puri vedranno Dio e riceveranno Gesù dalle mani della Vergine Maria. – Ecco la dottrina, il principio cristiano. Ma quando consideriamo la società, noi constatiamo che siamo ritornati al paganesimo immondo della antica Roma e di Atene. – L’affermazione non è ardita né personale: ma si appoggia su testimonianze evidenti; si basa su fatti innegabili. – Questo ritorno ad un passato che non aveva conosciuto Gesù, dopo venti secoli di Cristianesimo, non è tuttavia un fenomeno anormale, ma una logica conseguenza della « scristianizzazione ». Le tenebre, le bruttezze morali ci avviluppano come una fitta nebbia, perché la famiglia e la società allontanano da sé il Sole Divino che feconda e conserva ogni bellezza morale; quella del fanciullo, come quella della madre. V’è peraltro qualche cosa di strano e di allarmante, nella evoluzione nefasta del costume e delle mode: è la larga parte che vi occupa, da qualche tempo, l’ambiente cristiano, il mondo cattolico. Sì: e tutta l’amarezza delle nostre riflessioni sorge da questa dolorosa constatazione: con grande e felice sorpresa dei rilasciati che ci spiano e ci criticano, un certo numero di famiglie che credono, pregano e hanno l’etichetta di Cattolici, sono, da qualche tempo, tocche e contaminate da questo naturalismo degradante ed estremamente pernicioso. – Si è sempre visto, in ogni tempo, lavorare il male alla sua opera di seduzione: ma i suoi operai naturali non erano, fin qui, che gli amici d’un mondo basso e volgare, la cui influenza era mediocre. Vi sono state in ogni tempo delle mostre destinate all’ufficio di diffondere l’immoralità, di far la « réclame » alle novità perniciose (con le quali si riesce spesso a far fortuna). L’inferno ebbe, ed avrà sempre, i suoi agenti di perdizione: lasciamoli passare, ed abbassiamo gli occhi, con la pietà nell’anima. Questo male, troppo comune, ahimè, noi lo sorvoliamo, per fermare lo sguardo sull’evidente rilasciamento esteriore dell’ambiente sinceramente cristiano. Non vogliamo analizzare la vita interiore, la coscienza intima del Cristiano; ma condannare una pubblica manifestazione di collettiva spudoratezza; ma elevarci contro una licenziosità di abitudini, di costumi, di mode, il cui credito è dovuto alla malaugurata debolezza delle famiglie cristiane. – Siamo ancora a tempo ad arginare. questa corrente di fango, prima che essa abbia invaso tutti i salotti ed avvelenate tutte le manifestazioni della vita sociale moderna. Non è veramente doloroso veder vestite come persone frivole la Signora X… e le sue figliole? Eppure esse si comunicano spesso e fanno il loro ritiro annuale! eppure sono delle eccellenti persone… Illuminale Tu, Gesù! Non è da meravigliare che un’altra madre cristiana abbia condotto le sue figliole ad una rappresentazione teatrale scabrosa, ove siano scene disgustose per la loro cruda realtà, scandalose per la loro indecenza? Ne son rimaste forse sorprese e dispiacenti? No, perché avevan già letta la produzione disonesta! E domani, nonostante quel po’ di scandalo, nonostante l’errore della loro presenza al cattivo spettacolo, esse probabilmente andranno alla Comunione… Forma Tu stesso la loro coscienza, Gesù!

Non è forse cristianamente inesplicabile veder su quella spiaggia mondana, adagiate nei liberi atteggiamenti dei bagni di sole, le signorine tali e tali? La loro conversazione è molto animata. Le frasi vive e leggere come delle palle di tennis, si scambiano col gruppo dei giovanotti che le circondano. E le loro toilettes, che sarebbero al massimo permesse sott’acqua, appartengono tuttavia ad un pubblico che si chiama rispettabile. La mattina quasi tutte erano andate in Chiesa, ed hanno protestato il loro amore a Gesù-Ostia. E se si fosse presentato ora là, questo Gesù, Dio di santità? … Novelle Eve colpevoli, come sarebbero fuggite vergognose e confuse, per sottrarsi allo sguardo divino che condanna ogni impudicizia…

II. – Mentalità moderna – Sue cause

Che pensare d’un’aberrazione talmente inqualificabile? Non è forse un segno dei tempi?  La fiaccola del male entra nelle case dei buoni; e ciò comunemente; qui, là, dovunque… Gesù ne ha il cuore ferito. La Chiesa geme e protesta invano! Per quel certo mondo, le tavole della Legge giacciono in pezzi, e non è davvero la Chiesa che le ha spezzate,  come Mosè… – « Ci vorrebbero, scrive un polemista cristiano – molta più  unità e logica pagana e mondana. » È vero re perché noi non abbiamo nell’insieme quella coesione e questo modo di ragionare profondo, dobbiamo assistere ad una  resurrezione della Roma pagana. Ma essa non consiste tanto nelle diverse manifestazioni dell’arte, pittura, scultura, ecc., quanto nella vita sociale: e questo è peggio. Niente da meravigliare, certo che questa rinascita furiosa del paganesimo, si ripeta in differenti epoche, come il cratere di un vulcano infernale che sì riapra; ma è assai preoccupante constatare che i suoi gas, mortalmente asfissianti, abbiano penetrato fino alle porte chiuse dei focolari cristiani. Qual è dunque la spiegazione plausibile di questa ibrida mescolanza di pietà e di vita sociale frivola; di buona volontà intima, e di scandalo esteriore, di comunioni frequenti e di costumi licenziosi? –  Per rispondere, torno ad un’affermazione del capitolo precedente, che qualcuno può aver trovato strana. Il Giansenismo disseccò l’amore di Dio nei cuori e soppresse, nel focolare domestico, l’impero di Gesù. Bandì il Re d’Amore e lo sostituì con un Cristo severo, con un Dio terribile, schiacciante, tonante come Giove. Per molto tempo, un certo nucleo di Cattolici ha vissuto di Giansenismo. Questa camicia di forza doveva cadere e cadde finalmente. Noi assistiamo da qualche tempo agli eccessi della libertà, alla sfrenata licenza di una società, che vuole inconsapevolmente rivalersi d’aver vissuto troppo lungamente sotto la pressione d’un terrore religioso pseudo-cristiano; La menzogna non è mai un elemento di educazione morale. Io dicevo anche che la mancanza d’una carità forte, vigorosa, in quelle famiglie avvelenate dal Giansenismo, aveva provocato una educazione artificiale, formalista, che non poteva durare. Convenzioni religiose. d’un rigorismo assurdo e troppo spinto, educazione senza base, senza vera conoscenza del Vangelo, senza l’Anima e il cuore di questo Gesù evangelico ed eucaristico. Ecco dunque almeno  in parte, la ragione d’essere di queste famiglie, cattoliche di titolo ma pagane di costume, di abiti e di godimenti, nella vita sociale. I cattivi vi sono forse in piccolo numero. ma i deboli, i profondamente ammalati vi abbondano. Noi risentiamo soprattutto delle mancanze di Eucarestie, nel sangue di molte generazioni cristiane, istruite nel Catechismo, ben imparato a memoria ma mai vissuto, nello spirito, per amore.  E poiché il Sangue del Salvatore non corre con sovrabbondanza nelle vene dei nostri Cristiani, perché non s’è fuso col sangue di tante famiglie cattoliche, non c’è oggi in noi, la forza di una energica e coraggiosa reazione. – Lo sappiamo: senza Gesù-Ostia, nessuna vita interiore, nessuna energia morale per la lotta; nessuna castità possibile, né nella carne né nello spirito. Che l’acqua scorra sulle fronti, ma che il Sangue Divino scorra anche nelle vene! La forma religiosa non esiste senza essere animata da un amore ardente. Esso è l’anima della nostra anima, ed è la grande carità che civilizza, non già la superficie, ma il cuore degli individui e delle società. Con la cittadella cattolica così minata, non era difficile farla diventare la preda dei mondani e metterla, dopo qualche sforzo combinato di prudenza e d’audacia, alla stregua del secolo dissoluto. – Non ci manca davvero molto, fra noi, per giungere all’apoteosi di Venere. Essa è l’idolo vivente verso il quale la sommissione è cieca alle sue leggi tanto nelle vie, quanto nella famiglia e nel mondo.  Il gesto rituale alla dea non è ancora compiuto di fatto; ma il culto è già reale. Eravamo ad una funzione di riparazione. In una tribuna di Chiesa che loro era riservata, in considerazione della casta e della condizione sociale che occupavano nelle opere cattoliche della città, io vidi un gruppo di Signore molto raccolte, ma il cui assieme sarebbe stato francamente scorretto anche fuori di Chiesa. Siccome la cerimonia si prolungava, esse si ritirarono per assistere ad un ballo in un albergo, il cui scandalo degli abiti e della danza era quanto mai notorio, ed era stato, per parte della autorità ecclesiastica, il tema obbligato della censura dei quaresimalisti… – Non è questa una penosa disfatta per Gesù e per l’Immacolata, che delle donne cristiane cioè, escano calme e soddisfatte da una festa di riparazione per andare senza indugio, senza apparente rimorso, ancora fragranti dell’odore dell’incenso, a partecipare ad una riunione, dove si sa che il Maestro sarà flagellato? E non è anche un fenomeno morale degno di studio?  Non si può supporre « a priori », che tutte le persone che agiscono così, vogliano volontariamente, consapevolmente il male, e che vogliano accrescerlo con lo scandalo: no. Che non si dica peraltro che il dovere di piacere al marito sia ordinariamente la causa del contegno e dell’atteggiamento frivolo e mondano. Nell’ambiente sinceramente retto di cui parliamo, si potrebbe, la maggior parte delle volte, metter sulle labbra dei mariti quel che mi diceva uno di loro, riguardo a certe conferenze che dovevo fare alle Signore: « Dica loro, Padre mio, dica loro ben chiaramente che i mariti, anche quelli che son poco religiosi, ratificano la legge divina che vuole che le nostre spose fuggano il lusso, la vanità, la spudoratezza. Noi lo vogliamo per interesse di onore umano e sociale, molto più che per interesse economico. Insista, faccia loro questa grande ed urgente carità. Ne conosco qualcuna che ha già compreso… Lei non perderà certo il suo tempo… – Sono rari i mariti che non hanno questa mentalità. L’assenza di una vera e profonda carità nella educazione cattolica, ci ha condotti a questo stato di paganesimo. Si è vigilato con diligenza alla formazione dello spirito, si è stabilita la conoscenza speculativa. Dei grandi principî, ma sì è troppo trascurato di formare il cuore all’amore del Salvatore. Si è considerato come un accidente quel che è una sostanza; sì è mostrato il Vangelo e dettato la Legge, ma non s’è abbastanza diretto il cuore nella via dell’amore, e della confidenza verso il Legislatore di luce e di carità verso l’adorabile persona di Nostro Signore soprattutto nel Santo Sacramento. Senza questo amore senza la sua potenza morale, si possono sapere molte cose senza viverle. La conoscenza della teoria non fa che rendere più colpevoli quelli che non vi si uniformano nella vita pratica. – Bisogna amare Gesù Cristo per osservare pienamente la sua Legge ed il suo Vangelo. Infatti, nella vita sociale, in moltissime circostanze è quasi impossibile resistere alla corrente mondana e frivola, senza la base di un amore serio, intimo, fervente. Bisogna rendersi conto del tempo e delle circostanze, per apprezzare il dono di forza morale che suppone spesso, in una persona del mondo, il fatto di opporsi al disordine della società seducente che lo circonda. Ecco perché in questo caso, più che criticare, compatisco. Rendersi indipendente è spesso senza che ci se ne avveda, un eroismo segreto. Ma questo eroismo non sarà mai se non il frutto di una santa passione d’amore per il Maestro adorabile. Solamente col possesso del suo Cuore, si possono sfidare il mondo ed i suoi sarcasmi: non altrimenti. Guardate i meravigliosi sacrifici di dignità morale cristiana, che la fidanzata ottiene dal fidanzato, quando essa sia una giovanetta veramente pia, consapevole dei propri doveri e della responsabilità cui va incontro nell’avvenire. Guardate reciprocamente, quel che il giovane ottiene da lei, in omaggio alla loro affezione: l’astensione da certe riunioni mondane e dall’avvicinar persone frivole e volgari: un cambiamento di abitudini e di contegno… e così via. Il cuore comanda ed è obbedito. Oh, se il Cuore di Gesù avesse questa Sovranità vittoriosa! L’applicazione di questo metodo, in un ordine molto più elevato, trattandosi d’amor divino, farebbe dei Santi nelle schiere dei più eletti Cristiani. E. nello stesso modo che il Dottor Angelico « ha potuto dire che la pace più autentica e reale, si raggiunge più con la carità che con la giustizia » (Citata da S. S. Pio XI nell’Enciclica Ubi arcano Dei Consilio), così si può affermare che l’insieme della vita cristiana si incoraggia e si vivifica molto più che dalla conoscenza dei diritti di Dio e delle sue Leggi, dalla carità, dall’amore che ci porta verso Colui che ha stabilito questi principî e che ne è il fondamento irremovibile e la indefettibile sorgente. È vero che il meraviglioso sforzo soprannaturale di grazia che è il movimento verso il Cuore di Gesù, trascina a poco a poco le famiglie cristiane in questa via del verace amore, ma la vittoria sulla immensa maggioranza non è ancora compiuta.

III. – Profondità del male

Entriamo adesso in uno studio concreto di questo male di spudoratezza collettiva che diventa sempre più una regola convenuta, e di cui non si arrossisce più, di cui non ci si può neanche meravigliare di non arrossire, senza esporsi a passare per ingenui… o maliziosi od eccentrici. Non perdiamo di vista che il nostro studio riguarda coloro che son ritenuti, e non senza ragione, Cattolici convinti e praticanti. Nell’età d’oro del nostro tempo, il pudore era considerato come un angelo vigilante e venerato; come una vergine di celestiale bellezza, ed era ambito fra le più belle virtù. Poi divenne, con la sventurata evoluzione dei tempi e con l’indifferenza religiosa, una semplice vestale che le famiglie meno cristiane tolleravano con freddezza. Nel periodo di rinascimento pagano in cui viviamo, Venere regna senza rivali… II pudore non è più ai giorni nostri, la vergine cristiana, e neppure la. Degna vestale. La si tratta come una « vecchia zitella » decaduta, antiquata, le cui ridicole esigenti pretese non si adattano più alla nostra epoca di emancipazione, che intende liberare la donna da pregiudizi assurdi e caduchi.  Il vecchio adagio cristiano diceva che la donna deve essere onesta e deve anche mostrarlo. Se ai nostri giorni ella deve esserlo nello stesso modo, non ha però più bisogno di mostrarlo, per essere ricevuta, stimata e ammirata. Il fondo intimo della coscienza è un affare privato, si dice; quanto alla fama esteriore, modesta, pudica, questo non ha nulla che vedere con la coscienza. Che triste aberrazione! Povera morale, tanto lontana dal Vangelo. L’immodestia non è più un peccato: così ha decretato un certo mondo, (e qual mondo!) Essa è snobismo, eleganza, igiene! Così parlava Venere… e la sua corte s’è allargata con grande scapito della virtù. – Questa bruttura ed abiezione morale ostentate, erano prima le caratteristiche di una certa categoria di persone. assai poco rispettabili, ahimè, e che certo, allora, non dettavano legge. Oggi invece esse dettano il contegno nella via, nei ricevimenti, nei teatri, nell’estate e nell’inverno. Costoro hanno, con forbici diabolicamente malefiche, diminuito, tagliato, soppresso, come hanno voluto, dispoticamente, costantemente, determinando le dimensioni e le fantasie della moda. Una parte dell’elemento onorato e cristiano, si piega alle loro pagane novità, e spoglia inconsapevolmente Gesù della sua tunica, di quel Gesù già flagellato dai suoi nemici, per flagellarlo un’altra volta e più crudelmente, con le mani dei suoi stessi amici. – Le frivole lanciano la moda… ma troppo numerose sono le virtuose e le serie che la pagano e l’accreditano dinanzi alla società. I fatti che stanno a mostrare l’inesplicabile accecamento, hanno provocato, a più riprese, gli anàtemi del Papa e dell’Episcopato del mondo intero. In Polonia, come in America, nel Belgio come nella Spagna, in Germania come nella Svizzera, e in Austria, ed in Francia, i Vescovi hanno parlato tanto forte e chiaramente, come l’avevano fatto in Italia; ora, sarebbe insensato credere che tale uniformità di riprovazione non abbia altra base che una fantasia eccitata, o degli scrupoli da disprezzare. Se i nostri Pastori, i Vescovi hanno dovuto imporre regole di modestia, anche alle persone pie, che frequentano la Chiesa e s’accostano alla Comunione, ciò significa che le leggi generali di convenienza. non bastano più! … E queste regole di modestia devono essere applicate anche un po’ largamente, per non creare costantemente dei seri inconvenienti nella casa di Dio… Noi siamo dunque in questa crisi di pudore, in presenza di uno squilibrio morale collettivo. Poiché la legge cristiana obbliga tanto alla modestia esteriore, quanto alla interiore purezza, e la mancanza della prima, aggiunge alla colpabilità, la terribile responsabilità dello scandalo: la provocazione al male. Ecco una testimonianza schiacciante del potere del peccato d’impudicizia. Un giovane di buona famiglia si trova convalescente dopo la grave malattia che lo ha trattenuto, a letto in una clinica, per oltre tre mesi. Quanto prima, dunque, esso potrà ritornare a casa sua. Il medico primario, grande amico della famiglia, ha il diritto, e sente il dovere di fargli una lezione di morale. Come medico, ha un’autorità incontestata, e ne approfitta per parlare chiaramente al giovanotto: « Lei conosce già, per dolorosa esperienza, ove conducano le mondanità pericolose; adesso, si tenga in guardia; prenda delle ferme risoluzioni ». Ascoltate la risposta sfolgorante di verità del povero convalescente: « Dottore, grazie! Ma perché Lei, medico, non può salire in cattedra e dire anche alle signore e alle signorine che si chiamano oneste e che lo sono forse nell’intimo, di esserlo molto, molto di più anche all’esterno? Perché anch’io, senza uscire dall’ambiente rispettabile della mia famiglia e della cerchia delle mie relazioni, io trovo già ad ogni passo, fra quelle che sono, senza dubbio, le migliori, il fuoco che brucia le vene… e che finisce un giorno per irrompere nella foga della passione. Grazie, dottore; ma poiché Lei è Cattolico, parli ai Sacerdoti, dica che non si contentino delle buone intenzioni delle persone virtuose, ma che fustighino e condannino la loro immodestia del vestire e del contegno, inconsapevole, voglio crederlo, ma pericoloso per chi le avvicina o deve viver con loro. Esse forse andranno in paradiso, ma senza pensarci, lanciano noi, talora, nell’abisso ». Tale quale il coscienzioso dottore me lo ha trasmesso, io, predicatore ed apostolo, lo ripeto a quelle che, essendo rette dinanzi a Dio, non sembrano altrettanto di esserlo dinanzi alla società, ed incorrono perciò in tremende responsabilità. – Non dimentichino esse che la modestia è, nello stesso modo che una virtù privata, una inestimabile ed imperiosa virtù sociale. Dobbiamo forse contribuire e possiamo farlo impunemente, alla caduta del nostro fratello? Ora, la immodestia per sé stessa, come ho già detto, è un’eccitazione al male più pericoloso, perché più seducente; e questo non è soltanto vero per le persone pervertite, ma anche, starei per dire, soprattutto per quelli, più numerosi che non si creda, la cui natura, nonostante i loro sforzi, è anemizzata, malaticcia, propensa al male. Tutti portiamo il tesoro della virtù in un vaso prezioso, ma fragilissimo: coloro che affermano il contrario, mentono. Questo vaso, bisogna portarlo e farlo portare con una prudenza e una delicatezza di carità veramente cristiana, perché la carne è debole. Noi viviamo sotto un regime cristiano, nel quale la modestia è un principio stabilito da intima virtù e di dignità sociale esteriore. La società dunque, ha il diritto di reclamare quando, mancando a certi elementari riguardi, si fa mostra di brutture morali che non sono lezioni di onestà e di virtù, soprattutto per la generazione che cresce, che formerà la società di domani. D’altronde, noi sappiamo troppo bene che questo male è una fiamma che divora rapidamente il più bell’edificio morale. – Ricordate l’orribile battaglia dei laghi Masuriani? Migliaia e migliaia di russi, caduti in un’imboscata, perirono nei pantani simulati, affogando nel fango, e divorati dai rettili. Lo spettacolo di quei reggimenti incalzati dalle baionette fino al fondo dell’abisso, annegantisi sotto il peso delle loro stesse armature, dovette esser terribile. Questa stessa battaglia, senza molta resistenza, ahimè, si continua ancora, pur troppo. Il mondo spinge con le sue critiche pungenti, l’elemento rispettabile cristiano, che il rispetto umano travolge. Da tutte le parti, sono le paludi fangose che minacciano d’inghiottire i reggimenti delle giovani generazioni. È tutto un piano strategico, mirabilmente ed accuratamente elaborato da satana, in perfetto accordo con gli uomini del progresso, i grandi luminari e superuomini del secolo. Guardate come sono strette le maglie di queste reti mondane! Guardate come la battaglia pagana continua, coinvolgendo spietatamente nei vortici del rilasciamento. La Chiesa porta ai giorni nostri il grande lutto dei suoi migliori perduti. Studiamo dunque brevemente le insidie ed i pericoli della mondanità moderna.

IV. – La moda

Essa è un’autorità ordinariamente nefasta, arbitraria, molto spesso immorale. I protestanti avevano inventata la papessa Giovanna, un essere di finzione detestabile, una favola mille volte assurda. Io credo di aver scoperto una papessa reale, di una autorità mondiale, infallibile per i suoi adepti e che facendo fronte ai Pontefici ed ai Vescovi, distrugge, con un solo suo decreto, una parte della legislazione cristiana: è la papessa – Moda. Io le riconosco tutta la sua indiscutibile e triste autorità, che sopravvive in grazia a coloro che sono inclini all’imitazione per la propria stessa natura e per un vano rispetto umano. Tuttavia, nonostante quelli che dicono che il parlare contro di esso, sia una perdita di tempo, più di una volta, con la grazia di Gesù, credo di essere riuscito a far distruggere i suoi decreti di ignominia. La moda siede di diritto in due o tre grandi capitali, ma di fatto, percorre il mondo, assoldando le sue vittime per l’inferno, in tutti i paesi. La condizione attuale, indispensabile per ottenere i suoi favori, con il titolo di elegante, è di abbigliarsi appena dell’indispensabile e più ancora… per produrre l’impressione che sì è vestiti, senza esserlo. San Girolamo lo diceva già, quando rimproverava questa licenza alle patrizie convertite: « i vestiti di seta tessuti d’oro coprono i corpi senza vestirli ». lo concepisco l’esistenza della moda ed ammetto che per ragioni di estetica e d’igiene essa cambi e vari i suoi modelli secondo le stagioni, i gusti, i paesi. Comprendo come essa faccia spendere dei milioni, quando essa stessa li divora. Io mi rendo conto delle esigenze del secolo e della raffinatezza che esso ha potuto apportare in tutto. Ma è cosa biasimevole e inaccettabile che la Moda si faccia un veicolo per l’inferno; che sacrifichi al culto di Venere, il candore, la modestia, la bellezza morale delle famiglie cristiane. – Signore Gesù, tu ami talmente i fiori di giglio, che ne hai affidato la cura a tua Madre immacolata! – Come ne restano pochi di questi fiori ai giorni nostri! Come è facile il contare le giovinette pie, quelle cioè che santamente pure, rifiutano di bruciare l’incenso della loro delicatezza e della loro dignità di cristiane, davanti alla Dea! Tuttavia, le regine non dovrebbero vestirsi come le schiave… Eppoi, quando le figlie di Maria hanno perduto il valore di questo fiore di neve, di questa beltà caratteristica della Madre loro, di questo celestiale riflesso di candore, chi potrebbe renderle mai più rassomiglianti agli Angeli? Ahimè! se in una festa data da gente scelta e cristiana si presentassero due regine: Maria Immacolata e… Venere, io credo pur troppo che la Vergine Purissima non potrebbe riconoscere le sue figliole… « Regina dei gigli, Santissima Madre, oh! fa vedere a quelle che ti proclamano il loro amore, che non te lo confermano mentre sempre con le loro azioni, fa vedere che v’è una virtù tanto cara al tuo Cuore che non sarà mai abbastanza praticata: la modestia « Conserva il loro candore e la loro purezza ». La moda comanda con tale audacia « le si obbedisce  con tale sottomissione che il conflitto fra i diritti di Dio e quelli che essa si arroga, giunge finanche ai piedi dell’altare. – Molti giornali si occupano di questo, il che prova che molte donne pie, pur senza essere cattive, sono spesso incoscienti. Ad  X… si parla molto, in società, d’un incidente avvenuto nella Chiesa del G. Il giorno della festa di S. I. il Cardinale B. celebrava in quella Chiesa una Messa solenne alla quale molte nobili signore erano venute pe ricevere la S. Comunione dalla mano del Porporato. Ma esse avevano dei vestiti piuttosto da teatro che a Chiesa. Al momento di scendere dall’altare, per dare la Comunione, il Cardinale se ne accorse, e rivoltandosi verso l’altare, ripone il ciborio nel Tabernacolo. Poi,   nuovamente rivolo verso il pubblico, cominciò a palare. Che cosa disse? … Quelle signore avranno lungamente nella memoria la sua veemente apostrofe. Quel che egli disse, lo disse in tono tale che esse lasciarono immediatamente la Chiesa, inseguite fino alla porta dalla parola del Cardinale, indignato che delle donne osassero venire ad inginocchiarsi all’altare, con un vestiario da concerto, da teatro o da ballo… E veramente non troviamo eccessiva l’indignazione del Prelato. – Ho detto: autorità nefasta, tirannica, della moda; ed aggiungo, dispotismo. Essa non nasconde più — ed è molto meglio — le sue tendenze pagane e scandalose, essa confessa chiaramente la vera ragione dei vestiti troppo corti, delle stoffe trasparenti. Io mi permetto ancora di stralciare da una rivista elegante e diffusa, sfogliata a caso nel parlatorio di un istituto d’educazione, questo brano suggestivo: « Alcuni ballerini entusiasti hanno organizzato, l’estate passato, dalle undici a mezzogiorno, sulle spiagge di moda, il tango-aperitivo che si ballava in costume! È naturale che le sarte si siano occupate della creazione di abiti da ballo « sensationnels » « deshabillants ». Il tango, che si ride degli anàtemi, continua la sua carriera brillante, ma esige un vestiario appropriato al ritmo lascivo della sua cadenza ». Considerate il cinismo di queste parole! – La pubblicazione citata, è fatta per un ambiente onesto… Notate questo, famiglie cattoliche, e rileggete: il tango si ride degli anatemi… Ora voi sapete benissimo che i Vescovi hanno elevato all’unanimità la loro voce per condannare e proibire il tango, il fox-trott, ecc. Il Santo Padre stesso li ha testé interdetti. Ridetevene, dice il mondo, acclamate la Venere trionfante!… Autorità nefasta che altera i cuori e falsa la coscienza.  – Ascoltate questo strano incidente: Dopo aver assistito ad una Messa solenne in onore della Santissima Vergine, patrona di una confraternita molto in onore nell’aristocrazia della città, una signora e la sua bambina di quattordici anni vanno in un grande negozio di moda. La madre esamina molti modelli e infine ne sceglie uno, ma al momento di provarselo, sente in sé un rimorso molto giusto: quello di scandalizzare la figliuola. Allora, piuttosto che rinunziare al modello, le dice: « Vai in fondo alla sala, figlia mia, e voltati verso il muro » Oh! che una fanciulla non possa vedere sua madre, senza essere turbata, e che la madre lo riconosca senza rimediarvi! Che deviazione inaudita del più profondo senso morale, che, negli umili come nei grandi, è dappertutto una luce di natura! A quale cataclisma morale siamo per arrivare? – Un sintomo di questa allarmante decadenza è, da qualche anno, la profanazione del candore delle ciulle da 7 a 15 anni già vestite con delle acconciature in completo disaccordo con le regole elementari della morale e della modestia. La moda aveva per molto tempo rispettato l’innocenza verginale delle piccole; questo rispetto oggi non c’è più. Eppure, si son viste arrossire di sé stesse, piccole innocenti, in presenza di persone rispettabili cercare istintivamente di coprirsi, e restare confuse di non averne la possibilità materiale. È crudele e disgustoso, certamente, perché l’infanzia è sacra. Ora l’abuso può diventare scandaloso e « guai a colui che scandalizza uno di questi piccoli che sono miei », dice sempre Nostro Signore. –  Il grave peccato non consiste solamente nel fatto, tuttavia tanto condannabile, dei vestiti troppo corti, ma nella perdita del pudore, della delicatezza femminile, per l’abitudine contratta della nudità. Dove saranno, ohimè!, le nostre piccole Agnesi tredicenni, che soffrono il martirio, che versano il loro sangue per conservare il loro fiore verginale? Come le norme fisiche, così quelle della morale si apprendono dalla prima infanzia. Come sono felice di poter dichiarare ai Cattolici che leggeranno queste pagine, che S. S. Benedetto XV si è degnato, non soltanto di benedire, ma di incoraggiare risolutamente la campagna che difende la purezza delle famiglie cristiane, contro le audacie dell’odierno paganesimo. Ecco un estratto dell’autografo pontificio. È ancora la voce di Gesù che difende i suoi piccoli: « Il formidabile torrente di vizi, che inonda la società moderna, riceve un funesto appoggio da questo abuso che è la moda incedente. E questa moda, per la negligenza, o peggio ancora per la vanità colpevole di tante madri di famiglia, si estende malauguratamente alle fanciulle, esponendo ad un gran pericolo il candore della loro innocenza. « Tuttavia, se simili calamità contristano il cuore paterno, siamo confortati d’altra part nel vedere sorgere felici iniziative, il cui scopo è di combattere questa frenesia di licenza nel modo di vestire » (Lettera di S. S. Benedetto XV al R. P. Mathéo). Se qualcuno, poco rispettoso dell’autorità suprema, osa discutere le parole sagge ed opportune del Papa, io gli rispondo con il seguente fatto, che dà una lezione chiara e severa.  Un venerabile curato incontra una fanciulla di tredici o quattordici anni, vestita secondo la moda attuale, senza calze, con una veste estremamente corta e leggera. La fanciulla, accompagnata dalla sua governante, va a fare la sua passeggiata in tale acconciatura. Il Curato è un vecchio amico della famiglia, ed ha anche preparato la piccola alla sua prima Comunione. Egli la ferma infatti, e le dice: « Va a dire a tua madre da parte mia di allungarti il vestito almeno fino al ginocchio ed anche di più, perchè tu non sei più una bimbetta. E le dirai che sono rimasto impressionato di vederti in una acconciatura così poco cristiana.  La fanciulla, che è molto intelligente e molto buona, fa, tutta commossa, l’ambasciata del Curato. Insiste, perché è perfettamente convinta che egli ha ragione: « Ho vergogna di uscire vestita come se andassi al bagno », dice lamentandosi. Ma la madre risponde: « che il Curato s’occupi dei suoi affari in chiesa, io m’occupo dei miei in casa mia ». La risposta viene riferita al Curato dalla fanciulla, dopo la lezione di catechismo. Ma ecco che qualche giorno più tardi la madre, da buona cristiana (!) va a comunicarsi, come era sua abitudine, alla Messa del Curato. Quando questi giunge davanti a lei, per la Comunione, passa appresso… Distrazione?… una seconda volta lo stesso… una terza egualmente… Oh! allora? La Messa è finita, la signora si precipita furente in Sacrestia ed investe violentemente il buon Curato, rimproverandogli il suo sorprendente modo di agire. Ma le parti erano cambiate: « Signora, vogliate pensare ai vostri affari, come è vostro desiderio, in Chiesa io mi occupo dei miei ». – Infatti, se il prete che ha il diritto di assolvere, non ha anche quello di indicare ciò che è contrario alla Legge del Signore, perché andare da lui a confessarsi? Termino con questa lettera che Sua Eminenza il Cardinale Mercier volle indirizzarmi, per riaffermare il suo appello lanciato alle famiglie cristiane per invitarle alla modestia: « Sì, Lei ha ragione: l’andazzo oggi in voga, per cui le madri imprudenti subiscono la tirannia della moda e denudano le loro figliolette, col pretesto dell’eleganza o dell’igiene, è colpevole e giustifica la sua riprovazione. Noi ci uniamo a Lei per supplicare le madri cristiane di ascoltare gli avvertimenti del nostro bene amato Pontefice, Benedetto XV, Vicario di Gesù Cristo, supremo interprete della morale cristiana. Educatori ed educatrici dell’infanzia e della gioventù considerate le vostre responsabilità. « Noi decliniamo la nostra, indicandovi il vostro dovere; voi non vi sottraete alla vostra, rifiutando di obbedirci » (Lettera del 10 gennaio 1921 al R. P. Matéo). – Ascoltate il lamento di Gesù: « Misericordia di me! Abbiate pietà di me e delle vostre anime, voi che vi piegate a tutte le esigenze pericolose della moda e che vi mettono in condizioni tali di provocare il male con condannabili sfrontatezze. « Misericordia di me: Abbiate pietà di me, mamme, spose e figliuole cristiane che io amo tanto. Non offuscate la vostra bellezza morale, facendovi ingannare da un miraggio di vanità mondana. Perché mi flagella, calpestando la mia legge Divina?… »

V. – Gli spettacoli

Roma pagana reclamava il pane… e gli spettacoli del circo. La società pseudo cristiana dei nostri giorni invoca anche essa a gran voce gli spettacoli. Essa non potrebbe farne a meno, ne è febbrilmente assetata. Io non condannerei, certamente, un teatro sano ed idealista, che potrebbe essere, a rigore, una scuola di virtù e di pensieri nobili, ma questo genere di teatro, ancora ricordato dai nostri nonni, non esiste quasi più. Il teatro moderno, invece, non dà che il quadro di passioni smodate e scandalose, e lo dà con una seduzione tentatrice. Con questi filtri diabolici esso abbellisce il peccato. La società moderna vi sì è assuefatta. Chi, oggi, si astiene da una rappresentazione, perché scabrosa e indecente? Una cerchia ben ristretta di Cristiani. Contro tale astensione vi è un rispetto umano molto più potente della delicatezza di coscienza. Far vedere di essersi privati, per scrupolo, da una rappresentazione, significherebbe essere indicati a dito da tutti. Quelli che osano affrontare la critica e che sì permettono di farlo valorosamente, quando se ne presenta l’occasione, sono una minoranza molto piccola. La mentalità attuale, d’altra parte, non permette più la critica sana. Qualche tempo fa si discuteva, in un salotto cristiano, intorno ad una scena veramente scandalosa. Un’artista insolente si era permessa di presentarsi in modo che io non posso dire. Ebbene, il pubblico l’aveva applaudita. Qualche famiglia indignata aveva abbandonato il teatro ed aveva attirato l’attenzione della polizia in proposito. Colui che raccontava il fatto era indignato contro un tale attentato al pudore. Ma di comune accordo gli si fece osservare che la cosa in se stessa non poteva avere nulla di speciale per essere additata alla censura, se nel teatro non vi fossero persone di età matura! Ciò significava dire chiaramente che tali spettacoli potevano essere permessi. Significava dire, in un modo molto farisaico, che la licenza, il peccato di impudicizia, la seduzione, la provocazione non esistono più, quando si sono varcati i venticinque anni! Dopo questa età che cosa se ne fa, l’uomo del sesto  e nono comandamento, e di tutto quello che essi contengono, come la purezza dello spirito, dei desideri, dei pensieri, ecc.? E ad eccezione di una sola persona, tutti in un salotto cristiano, pensavano egualmente e qualcuno portava anche come esempio che in Grecia, ai tempi dei famosi tragici, l’abuso di cui si parlava, era invece diventato un’abitudine. Che modo di pensare veramente cattolico, quello di cercare, dopo venti secoli di Cristianesimo, come scusa alle licenze della nostra epoca, queste licenze maledette ed abbominevoli in uso in Grecia e a Roma! Dopo venti o venticinque anni, è permesso di veder tutto, di sentir tutto… si è confermati nelle grazia!… – Quale bene immenso si potrebbe fare con le ingenti somme, sacrificate dai buoni in tanti spettacoli più che leggeri, frivoli e mondani… Bisogna reagire con coraggio ed ottimismo cristiano. Ma questa reazione deve cominciare dalla classe dirigente, perché il male, come il bene, discende quasi sempre da essa. Nel dire classe dirigente, voglio indicare soprattutto il fior fiore delle famiglie cristiane. Ad esse sta il decidere il gran conflitto morale dei nostri giorni, se il Maestro Gesù dovrà cioè subire ancora per molto tempo l’ignominioso flagello di cui la impudicizia lo rende vittima. « Misericordia di me: abbiate misericordia di me, voi che affollate gli spettacoli, davanti ai quali, secondo voi, tutto è permesso. Cessate di ridervi del sesto comandamento che io v’ho dettato. Fermatevi, figli miei! Oh! guardate alla luce del Tabernacolo; che torrente di fango, di frivolezza, di odiosa immodestia giunge come un insulto, quasi fino ai miei piedi divini! Esso minaccia la fede, i costumi del focolare, l’innocenza dei vostri fanciulli. Perché mi battete calpestando la mia Legge Divina? »

VI. – Divertimenti mondani – Danze

La vera vita sociale, vale a dire lo scambio sincero di relazioni degne, semplici e cortesi fra le famiglie, è un elemento di moralità, di educazione, nello stesso tempo che una barriera che regola, in una vita rettamente onesta, la legittima espansione dei nobili sentimenti di cristiana solidarietà. La vita sociale ben compresa, cristianamente vissuta, intensifica la vita di famiglia, e le impedisce di esser travolta dalla vertigine d’una vita mondana diametralmente opposta. La mondanità, con i suoi incalcolabili pericoli, nasce da una corruzione della vita sociale. Nella cerchia della famiglia e delle relazioni, quando non si trova più l’onesto riposo e la gioia legittima, il teatro, il casino ed il club offrono con successo, i loro frutti proibiti. Ai giorni nostri si vede un eccesso spaventoso di vita mondana a detrimento della vera vita sociale e di famiglia. Ecco perché le riunioni che vengono chiamate di società, sono nella maggior parte dei casi, delle riunioni mondane, ove la frivolezza e strane libertà comandano, procurando malsani divertimenti. Donde vengono questi balli « zoologici », come li chiama uno scrittore molto liberale? No, certo, da salotti distinti ed aristocratici. Le sale da ballo di alcuni casini ed alberghi molto volgari li hanno messi in voga. E come il vento fa penetrare negli atri più eleganti i detriti e le lordure della strada, così essi sono penetrati negli ambienti più distinti: hanno dovuto ben fare il giro di « halls » poco decenti e morali per ottenere il lasciapassare; ma si finisce sempre per concedere qualche cosa alle invenzioni dell’inferno… perché satana è più tenace ad attaccarci, che noi a difenderci. – La sconvenienza di tali balli è così sfacciata e il loro uso s’è così radicato, anche tra le persone rispettabili, che lo stesso Santo Padre ha dovuto protestare energicamente e riprovare con indignazione un tale andazzo. Ecco l’anàtema del. Sovrano: Pontefice: « Noi non deploreremo mai abbastanza l’accecamento di tante donne d’ogni età e di tutte le condizioni: invasate dal desiderio di piacere, esse non veggono fino a che punto l’indecenza del loro vestire turba l’uomo il più onesto ed offende Dio. La maggior parte avrebbero in altri tempi arrossito, come di un fallo molto grave contro la modestia cristiana: ed oggi non è per loro abbastanza l’esibirsi in tal modo nelle pubbliche vie; ma non sì peritano neanche di oltrepassare le soglie delle Chiese, di assistere al Santo Sacrificio della Messa, di accostarsi alla Comunione, portando là, ove si riceve il Celeste Autore della purezza, l’alimento seduttore di vergognose passioni. non parliamo di quelle danze esotiche e barbare, recentemente importate nei circoli mondani, una più indecente dell’altra: non si saprebbe immaginare niente di più adatto a bandire ogni residuo di pudore ». – Bisognava che l’abuso ed i pericoli fossero eccessivamente gravi, perché il Sovrano Pontefice fosse obbligato a precisare l’anàtema contro l’insieme delle mode e dei costumi particolarmente contro queste danze « esotiche e barbare ». Sembra veramente che Roma e l’antica Grecia, sepolte da secoli sotto la polvere dei loro idoli, rialzino la testa, e minaccino, con una rinascenza pagana, il Cristianesimo che aveva condannato inesorabilmente le passioni delle loro deità. Ed ecco che il nuovo Pontefice gloriosamente regnante, S. S. Pio XI, leva anche la sua autorevole voce: « Nessuno ignora come le frontiere del pudore siano state varcate, soprattutto nelle acconciature e nelle danze, dalla frivolezza delle donne e delle fanciulle, i cui abiti lussuosi eccitano l’indignazione dei poveri » (Enciclica: Ubi arcano Dei Consilio). « Le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa », è certo; ma si direbbe che in ogni crisi come quella che subiamo attualmente, l’anima cristiana, vale a dire il fondo cattolico dei popoli, è straziata dalle perfide tenaglie di questo modo, che crocifisse Gesù, e tende a rinnovare costantemente la sua Passione in mezzo a noi. Il peggio di tale sventura, non è il compito dei carnefici ufficiali di questo moderno calvario, ma l’inconcepibile cooperazione, ed il servile consenso dei buoni, degli amici… tolleranti e rilasciati… – Che pensare ad esempio del seguente episodio? Dopo la lettura, nella Chiesa parrocchiale di una spiaggia elegante, degli anàtemi del Papa, e d’un  vigoroso commento del Vescovo, lo zelante Curato dichiara chiaramente che i Cristiani che non si asterranno da quei divertimenti, non potranno ricever la assoluzione. Qualche giorno dopo, una combinazione è trovata, da un gruppo di pie (?!) danzatrici che vogliono, nondimeno, comunicarsi per la festa della Madonna. Si farà un’escursione, la vigilia della solennità, andando un po’ lontano, fino alla città di X… in un’altra diocesi. Là ci si confesserà, sfuggendo così all’anàtema; si tornerà un po’ tardi, per potersi facilmente scusare di mancare alle danze serali, e la mattina… comunione … E dopo la festa, si ricomincerà a ballare, e così… fino alla prossima festa! Non si chiama questo, prendersi giuoco della propria coscienza e dei giudizi di Dio? Non è voler procedere con alla destra l’Immacolata e alla sinistra il serpente del male, in un’alleanza impossibile quanto quella del peccato grave con lo stato di grazia? « Miseremini mei! Abbiate pietà di me, e anche delle anime vostre, voi che prodigate follemente il vostro danaro, la vostra giovinezza, la vostra salute! « Miseremini mei! Pietà di me, delle anime vostre, voi che perseguite i piaceri d’un’ora fuggevole, e vi stordite nella vertigine della passione sfrenata!

« Perché mi colpite, calpestando la mia Legge Divina? »

VII. – Costumi e libertà alla moderna

Che libito fe’ licito in sua legge » (Inf. V, 56 – NdT.)

Ebbi ultimamente occasione di incontrarmi con un uomo di raro talento, reduce da un viaggio di studio nel Giappone. Aveva vissuto lunghi mesi laggiù, studiando ed osservando i costumi. Vi aveva trovato cose notevoli, ma mi esprimeva, nonostante la sua ammirazione per una tale civilizzazione, questo rammarico: « Peccato che quel paese sia ancora tanto profondamente pagano! » E mi enumerava dei fatti e mi spiegava i costumi… Quando ebbe finito, io lo meravigliai dall’applicazione che a mia volta potevo disgraziatamente fare, delle sue critiche, ai costumi parimenti pagani dei grandi centri europei, delle spiagge e delle stazioni mondane, frequentate da un pubblico eletto e creduto cristiano. – Forse che il Giappone è più pagano, e soprattutto più colpevole nel suo paganesimo, delle nostre società convenzionalmente cristiane? Ahimè! Se i paesi del Levante son capaci di progresso, si direbbe che i paesi d’Occidente sono davvero, dal punto di vista del costume cristiano, i paesi del « sole che tramonta ». – Noi non possiamo ripetere in queste pagine, quel che, moltissimi dei! giornali più in vista annunziano in grossi caratteri e raccontano con particolari mostruosi … La leggerezza con la quale pubblicano quei grandi e piccoli scandali di costumi, l’inavvertenza con cui si leggono e ne parla, provano che si tratta di fatti abituali, quotidiani, generali, ai quali non si dà importanza, nella vita morale della società moderna. Ma per non citare che una manifestazione di questo paganesimo, parliamo di quello delle spiagge di moda. – Se qualche anno prima della guerra ci avessero fatto il quadro di una di queste Spiagge, con i relativi bagni di sole, le animate conversazioni sulla sabbia, e le danze « barbare » in maglia, avremmo immediatamente pensato alle terre infami di Roma e di Atene. E tutti avremmo condannato con indignazione tali costumi. In pochi anni appena, i tempi sono cambiati; e lo spavento annienta, pensando a questa giovane generazione formata nella frivolezza, e in conseguenza capace di produrre, quanto prima, frutti di sventura morale. – Convenite che se vi è una misura di dignità, e delle forme di convenienza e di virtù, per il contegno e l’acconciatura della donna, nelle vie o nei salotti, esse sono da applicarsi soprattutto alla spiaggia, e per una delicatezza che dovrebbe essere elementare, sembra che siano più necessarie sulla sabbia che altrove. Il pudore, è esso una virtù cristiana, o una semplice convenzione sociale: come quella di salutare con la mano destra, o di vestirsi di nero quando si è in lutto? Convenzione che si può dunque abolire o cambiare col tempo o per il capriccio di una società?.… Non è più adunque un immutabile principio di evangelica virtù, che la donna cristiana debba essere pura e che debba anche apparir tale, sempre e dovunque. Ma allora, come chiamare questa libertà che denuda e fa il gioco della più volgare immodestia, sotto il pretesto della moda o dell’igiene? Da quando in qua, la delicatezza femminile cristiana, è da considerarsi come una esagerazione di spregevole bigottismo, della quale, si possa disimpegnarsi e prendersi gioco? Il paganesimo non ha il diritto di rinascere, e la convenzione. e la morte non han diritto che al sepolcro! – Aspettando il Conte di… nella splendida sala della sua dimora, io guardavo le incisioni di una rivista reputata seria: ed ecco che trovo nel numero di agosto, una, due, tre vedute di una spiaggia mondana molto frequentata. Che indecenza di costumi! Che vergognosa licenziosità! Si leggeva, sotto quelle fotografe: « Scene deliziose della spiaggia di X …… – Bagni di sole e di « flirt ». « Un istante di riposo dopo il tango in maglia ». Prove pratiche che i vecchi pregiudizi scompaiono! « Pietà, Gesù!… » Leggo qualche rigo della cronaca mondana e trovo, fra le altre prove di audacia anti-cristiana, questo: « Quando fa molto caldo, si torna al bagno per la seconda o terza volta, la sera, sul tardi, quando le ombre del crepuscolo avvolgono già la spiaggia. Inutile dire che i giovani soprattutto aspettano con impazienza le ombre per godere d’una legittima libertà, che nessuno, ai giorni nostri, oserebbe criticare. Qualche anno ſa ci si sarebbe meravigliati delle cose che s’impongono all’epoca nostra, e che fanno il loro cammino come frutto d’una civilizzazione più raffinata. – Questa promiscuità senza scrupoli, é una felice innovazione che attira un mondo elegante alla spiaggia di K.…., come lo provano d’altronde le istantanee che riproduciamo più su ». Ancora una volta, pesate le parole insultanti e il cinismo delle affermazioni scandalose. – Ma il Conte entra: gli manifesto il mio stupore di vedere in una rivista che gode credito di onestà, delle fotografie di persone i cui atteggiamenti rendono certamente la loro moralità assai dubbia. Ed egli di rimando: « Oh, non lo dica, Padre mio; queste sono fotografie d’una società distintissima ed elegante. Ecco in quest’altro numero le mie tre figlie, mentre prendono il loro bagno di sole. Quei giovani che lei vede presso di loro, sono il fiore della nostra società » Pietà, Gesù! Il suo Cuore adorabile avrà trovato, io spero, una riparazione nell’angoscia, nello stringimento di cuore che provai sentendo un Cristiano (!) in così perfetto accordo col cinico cronista, vedendo un padre tanto cieco e noncurante della bellezza morale delle proprie figlie e delle insidie mondane tese alla loro virtù. Le spiagge mondane son luoghi malefici che hanno pervertito tanto le coscienze, quanto i cattivi spettacoli. Esse sono spesso il teatro sconveniente in cui gli attori sono proprio gli stessi Cristiani. Leggete questa osservazione d’un giornalista, tanto intelligente quanto coscienzioso: « Ero, qualche giorno fa, 1n una delle più eleganti stazioni balneari. Vidi passare a centinaia, donne giovani e adolescenti. Quante, fra loro, erano appena uscite da istituti di educazione tra i più rispettati del paese? Quasi tutte m’hanno fatto arrossire: molte m’avrebbero fatto piangere… » Così constata e parla un giornalista. Ma è anche il Vicario di Cristo che denunzia, costernato, questa disfatta morale: « In molti luoghi », dice S. S. Pio XI, « non si trovano più costumi degni di un Cristiano, a tal punto che non solamente la società umana non progredisce verso questo progresso universale di cui ci si glorifica abitualmente, ma sembra addirittura ricondurci alla barbarie » (Enciclica citata). « Miseremini mei! » Abbiate pietà. di me, e delle anime vostre, voi che vivete inebriati dai rischioso piacer d’una malsana sensualità! « Miseremini mei! » Abbiate pietà di me e anche delle anime vostre, voi che vivete la vita spensieratamente folle dei circoli, del salotto e delle spiagge mondane ». « Perché  mi batti, calpestando la mia Legge divina? ». Pietà del nostro Re! Non castigate come uno schiavo, Colui che è il nostro Dio!

VIII. – Rimedi

E, per chiudere questo capitolo, tanto penoso a scriversi, eppure tanto necessario per essere letto e meditato, noi faremo, in forma di corollari, alcune flessioni importanti. La prima sarà pet scusare in parte, un gran numero di questi colpevoli. Come spiegarsi infatti, la resistenza d’un nucleo tanto vasto di Cristiani alle prescrizioni della Chiesa, relative alla immodestia delle mode e ai divertimenti disonesti? La donna cristiana, in generale, tanto casta e pura, non vede e non può vedere quel che non comprende. Essa ha gli occhi limpidi e giudica con questa limpidezza il cuore e lo sguardo altrui. – L’innocenza è una celestiale beltà; ma essa è un grave rischio senza la docilità. La disobbedienza alle severe leggi della modestia, nasce dunque dal fatto che la donna e la giovanetta non comprendono il perché di tal severità, e la giudicano una « pia esagerazione ». Esse cedono alla vanità, al rispetto umano; fanno come le altre, forse con qualche piccolo rimorso, ma spesso senza la minima malizia. Questo è evidente. Ma non è meno evidente che il male cagionato da questa infantile incoscienza, da questa mancanza di sommissione alla Chiesa, è immenso e positivo, intorno ad esse e loro malgrado. Per discrezione, è impossibile dimostrarlo loro; ché si può entrare in certi particolari che offenderebbero la loro delicatezza. Ma occorre affermar loro decisamente, in nome di un’autorità divina, che esse debbono obbedire in coscienza ed integralmente. Io posseggo la copia di una lettera curiosissima e molto interessante. È firmata da una persona conosciuta ed è scritta da una giovinetta dall’anima molto onesta e retta: « lo sono giovane, ho venti anni; sono molto gaia ed amo pazzamente la moda ed i balli. Ho sempre considerato fino a questo momento le condanne lanciate contro i balli moderni e le mode attuali, come invettive esagerate e ridicole di gente bacchettona, di vecchie zitellone e di persone maliziose. Avendo sentito commentare la pastorale dell’Arcivescovo, sull’immoralità dei nostri odierni divertimenti, ho voluto leggerla, per curiosità. Questo le proverà che io non sono una cattolica praticante; non ho ancora fatto la prima Comunione. Ho dunque letto la Pastorale. Mi pareva molto strano che un prelato reputato così saggio e santo, potesse condannare severamente quel che ci diverte tanto comunemente. Ebbene, tutto quel che afferma questa Pastorale, è profondamente vero. Le dirò come ne sia stata pienamente convinta, in modo semplice e assolutamente inatteso. « Ero in viaggio: sentendomi poco bene, andai nel corridoio e là, in un vicino compartimento di lusso, sentii la conversazione di un gruppo di giovani della nostra società. Essi si scambiavano le loro riflessioni e le loro impressioni sopra i nostri balli, le nostre acconciature vaporose, le nostre mode poco modeste. Ho ascoltato sì, coi miei stessi orecchi, quel che non avrei mai creduto, se me lo avessero raccontato: in che modo, cioè, essi interpretavano e giudicavano maliziosamente le nostre maniere, i nostri atteggiamenti, le nostre innocenti famigliarità, la nostra libertà. Parlavano e ridevano forte, designando e nominando di quando in quando l’una o l’altra delle mie amiche. Con mio stupore, sentii nominare e giudicare ed accusare anche me, mentre la coscienza non mi aveva mai nulla rimproverato. « Quel viaggio decise del mio avvenire. Non soltanto non ballerò più e mi terrò discosta da una società di cui là, in quel vagone, era raccolto il fior fiore… ma da oggi decido d’istruirmi nella dottrina della Chiesa che veglia tanto amorosamente sul bene spirituale e l’onorabilità dei figli suoi. Sì, io mi avvicinerò ad essa; e diventerò la sua figlia sommessa e riconoscente per sempre. Ho compreso a che cosa portano le leggerezze; ho sentito cosa si poteva pensare di noi, ed eccomi convinta. Ah, se potessi mettere in guardia altre fanciulle imprudenti, candide, spensierate e incredule come me! » – Insistiamo sulla risoluzione finale: « Diventerò una figlia sottomessa e riconoscente alla Chiesa ». Ecco il solo rimedio, poiché la saggezza e l’amore della nostra Santa e dolce Madre, la Chiesa, fanno della sua direzione, una regola sicura e indefettibile di onore, di pace, di salute. Se la Chiesa, ed essa sola, ha il potere di dar l’assoluzione, essa sola in conseguenza è giudice nella determinazione di quel che è immorale e pericoloso. – Ah! se essa potesse, rompendo il suggello del segreto sacerdotale, divulgare le abominevoli conseguenze quotidiane prodotte dalla licenza sempre crescente! Se i Sacerdoti potessero dire tutto, come confonderebbero i più incuranti, i più increduli, i più ingenui di questa questione estremamente grave e delicata dei costumi e delle mode anticristiane. « Io vi faccio i complimenti per la vostra sincerità apostolica » mi diceva il dottore di una grande clinica, « ma se io dovessi giudicare, io direi tre volte di più, senza violare il segreto professionale ». – Crediamolo: coloro che gridano contro la malizia, quando noi tocchiamo questa questione, sono ordinariamente i più grandi, i più raffinati maliziosi!… Essi vogliono godere con disonestà a detrimento delle anime candide, in cui cercano provocare la rivolta contro l’autorità, a loro profitto. Ipocriti! Si scandalizzano essi, gli scandalosi, della nostra indignazione e perché noi vogliamo prevenire lo scandalo di cui essi godono e approfittano!… Ecco sempre coloro che accusano la Casta Susanna… per vendicarsene. – Un Cardinale Arcivescovo, cosciente dei suoi doveri e delle sue responsabilità, parlava molto chiaramente di questa questione in una recente ordinanza. Un giornale poco degno, nonostante, o forse a cagione della sua grande popolarità, osò rispondere,, domandando in tono ironico, come mai il Cardinale poteva essere al corrente degli abusi e dei misfatti condannati. In verità bisogna essere o molto povero di spirito o disonesto più che altro per fare questa domanda. Come mai noi siamo al corrente degli abusi scandalosi, se viviamo lontani dagli scandali? La risposta è semplicissima. Ad ogni istante, i feriti gravi, raccolti sotto l’infuriar delle mitraglie, vengono condotti dai portaferiti, nell’ospedale più vicino al campo di battaglia. Il capo dell’ospedale, un grande chirurgo, dopo lunghe e penose ore di lavoro, esclama sfinito: « Che orribile battaglia! che sanguinoso combattimento ». Un ufficiale gli dice: « che ne sa Lei dottore? Noi veniamo dal campo di battaglia e noi potremmo dirlo, ma lei, come può affermarlo? Ohimè, risponde tranquillamente il chirurgo, io lo so meglio di lei. Lei non ha visto forse che le sue ferite e quelle di coloro che le sono caduti vicino; mentre che centinaia di poveri resti umani sono passati per le mie mani… mutilati dalla mitraglia… alberi sradicati dalla spaventosa tempesta. Per tutto questo, per il fatto di essere sempre occupato e dover pensare a curare orribili ferite, io posso giudicare meglio di lei del furore… dell’uragano, della asprezza della battaglia. È il nostro caso: meglio dei mondani distratti, storditi, troppo abituati alle malsane mondanità, noi siamo in condizione ci comprendere a distanza, dal numero delle vittime curate nelle nostre « ambulanze e cliniche morali » quale è la potenza infausta e mortale dell’immortalità del nostro secolo. Nessuno meglio di noi è in istato di portare un giudizio equo sulla moralità sociale. Noi siamo la riva, dove approdano tanti poveri malati morali, tanti naufraghi, di tutte le età e di tutte le condizioni! Si viene a noi, con l’anima straziata, la confessione sincera sulle labbra, e con le lagrime che bruciano il cuore e gli occhi. Ma non si viene a noi mai troppo tardi, lasciatemelo dire! Non che il male deplorato non sia molto grave, ma perché il Cuore di Gesù è l’Onnipotenza di resurrezione morale. – Dopo quello di perdonare, noi abbiamo sempre il dovere di prevenire tanti mali, comunque dispiaccia al mondo, predicandone coraggiosamente i rimedi. Questo nostro dovere è tanto più urgente, quanto più ovunque si soffre, per mancanza di lume soprannaturale. Difatti è questo un segno evidente che si impone in questa crisi di pudore. Il senso morale della modestia e della purezza si affievolisce di giorno in giorno, diventa pressoché nullo. Gli occhi del Cristiano, ed a poco a poco la sua coscienza, s’abituano allo spettacolo del male, fino al punto di non esserne più turbati. Il pericolo è grave: insinuandosi nel cuore, può prenderci tutti. Già molti dei buoni blandamente addormentati dall’abitudine della rilassatezza sociale e degli spettacoli immorali, sono giunti all’indifferenza. Io ho anche trovato delle scuole cattoliche dove si era abituati a vedere i fanciulli con i loro vestiti poco modesti, la cui indecente acconciatura, non urtava più le maestre cristiane… – Se mancano i controllori della virtù, le sentinelle deste e zelanti, noi toccheremo il fondo dell’abisso. Non è vero, per esempio, che alcune mode, che qualche anno fa sarebbero state condannate, soltanto se viste in figurino, sono oggi accettate, generalizzate, a cagione di una tolleranza che degenera in abitudine? Uno dei più sicuri e caratteristici sintomi della lebbra è l’insensibilità degli organi. L’insensibilità morale è un sintomo reale della lebbra morale che ci invade vittoriosamente. « Guai! » ha detto il Signore, « a colui che scandalizza! » Se con piena giustizia, noi abbiamo osservato che la grande maggioranza delle donne e delle giovinette hanno una scusa, quella della loro ignoranza del male, sottolineiamo però molto chiaramente che le loro responsabilità restano gravi, dal momento soprattutto che esse hanno per guidarle, la materna difesa della Chiesa. Esse non potranno, con questo, scusarsi interamente delle loro colpe davanti al Tribunale del Dio di ogni purezza e di ogni giustizia, che ha affidato appunto alla Chiesa la cura delle nostre anime. Quante Cristiane deplorano i deviamenti e la mancanza di sottomissione nei loro mariti? Quante donne si lamentano della libertà di pensiero, della politica pericolosa degli uomini? Quante si indignano, perché i consigli della Chiesa non sono ascoltati nella scelta delle letture, nelle direttive delle idee filosofiche e sociali! Ora, che fanno esse del resto, per provare questa sottomissione alla Santa Chiesa, ch’esse vorrebbero invece tanto trovare nei loro fratelli? Riconoscono esse questa autorità, che i loro mariti misconoscono? Tuttavia, se la Chiesa esagera nel difendere le mode indecenti, perché non esagera nel proibire alcune letture o nel respingere alcune dottrine di filosofia pericolose? Le donne non agiscono in modo diverso dagli uomini. La Chiesa non ha due misure: questi e quelle debbono ubbidire. – Una signora di eleganza tutta moderna, e poco modesta, mi viene a visitare, per confidarmi la sua pena: « Come, come convertire mio marito ? » « Col convertire se stessa, Signora », le rispondo… Comprese? Lo spero; ma perché lamentarsi della colpa altrui e portare inconsideratamente in sé il peccato? – « Perché » mi dice una giovanetta, bianca come un fiocco di neve, ma molto dedita per vanità a seguire tutte le mode, « Perché lei ha predicato così severamente contro le mode attuali? Non veggo dove sia il gran pericolo, né per me, né per gli altri. Voglia compiacersi spiegarmelo più chiaramente, e le prometto, uniformerò la mia linea di condotta alla sua. « Mi promette Lei » le rispondo, « di accettare una sola osservazione molto grave, che io le farò come risposta definitiva ai suoi dubbi e alla sua curiosità? ». « Glielo prometto, padre ». Ascolti: « Se in un’acconciatura poco modesta, con vesti troppo corte ed una scollatura esagerata, lei fa una passeggiata di molte ore, nel centro della città, volendo, per semplice vanità, attirar l’attenzione sulla sua persona, creda pure che, tornando a casa sua, lei avrà probabilmente la responsabilità di qualche peccato grave, forse di molti, che lei avrà fatto commettere… – « Voglio rispettare il suo candore, ma le debbo questa risposta severa; e ora, da fanciulla veramente pia, sia docile, e bandisca ogni frivolezza esteriore ». – Ella ne fu molto colpita, e si mantenne, nonostante il suo ambiente, di una modestia ammirabile. Bisogna far cadere le scaglie, senza aprire gli occhi. Molte Cristiane, come questa giovinetta, peccano per vanità, cedendo alla sconvenienza della moda. La loro responsabilità rimane, a motivo dei reiterati ed imperativi avvertimenti della Chiesa, alla quale Nostro Signore ha detto: « Chi ascolta voi, ascolta me ». E nello stesso modo che i genitori comandano, senza spiegare ai loro figli, le ragioni degli ordini che danno: così la Chiesa, nostra Madre, non è obbligata a dirci il motivo delle sue prescrizioni. Veramente; noi ci domandiamo d’altronde, come una donna o una fanciulla intelligente, e Cristiana possa credere che l’insieme della Chiesa docente, che tutti i Vescovi, assolutamente d’accordo, su questo punto, col Nostro Santo Padre, il Sommo Pontefice, s’ingannino ed esagerino tutti, parlando unanimemente in favore della modestia, condannando decisamente gli abusi e la licenziosità moderna. Non è dunque, se non per la via della sommissione perfetta, che si otterrà una coscienza tranquilla, in tutti gli atti della vita e soprattutto nelle ore angosciose dell’agonia. – Meditate questa fine infinitamente triste d’una donna mondana. Nella sua giovinezza, e durante i lunghi anni della sua vita, la signora *** è stata frivola e leggera, nonostante la sua educazione, e la tradizione della sua famiglia; ed ha sempre sorriso degli anatemi della Chiesa. Ma quando l’età e soprattutto la malattia l’hanno paralizzata, essa fece di necessità virtù, e nel suo letto, sembrò almeno a riparare le sue follie. Non le si è nascosta la gravità del suo male, tanto che s’è spesso confessata, ha avuto qualche scrupolo, ed ha ricevuto gli ultimi Sacramenti. Ma ecco che una sera, ella si ridesta di soprassalto da un sonno leggero, e, spalancando gli occhi con spavento, mostra il Crocifisso a quelli che la circondano e grida: « Guardate! Oh, guardate come il Cristo è coperto del sangue della flagellazione che io gli ho fatto subire con le mie mondanità!… Guardate come questo sangue gronda… e cade sopra di me! Ascoltate come questo Cristo mi maledice!… Le si fa osservare che si è confessata, ma ella insiste: « Egli mi maledice, perché ho scandalizzato le mie figliole le quali, mondane come me, formeranno i loro figli alla scuola del peccato. E queste responsabilità sono mie, e mi schiacciano. Guardate, oh, guardate il sangue di Cristo, flagellato dalle mie follie! Che orrore! Ho tradito l’educazione delle mie figliole, scandalizzandole col cattivo esempio. Guardate, il Cristo mi maledice, e il suo Sangue cade sopra di me… » E si abbatté, estenuata: qualche sospiro ancora… ella era dinanzi al suo Giudice! Vorreste voi agonizzar così?

IX. – Conclusione

Privilegiate del Cristianesimo, non parlate d’esagerazioni. voi sapete di abusi incalcolabili delle grandi città, i delitti sociali; i delitti d’immoralità che amareggiano da ogni i parte il Cuore di Gesù, con un oceano di fiele e di orribile ingratitudine; ma a voi che siete gli amici, incombe di gridare alla riparazione e fare un’ammenda onorevole piena di amore, piuttosto che trovare te nelle proteste dei vostri Vescovi e nei loro insegnamenti, un tema di critica. Babilonia, oggi sembra sventuratamente rinascere dalle sue ceneri più che secolari. E se l’abuso dei sensi pervertiti provocò il diluvio, quale non dovrebb’essere oggi la collera della giustizia vendicatrice che l’indecenza dei costumi moderni eri ammassa sul nostro capo senza un assalto prodigioso d’amore misericordioso e redentore? Questi molteplici Babilonesi, che irritano il Cielo e gli gettano una sfida di sacrilega insolenza, dovrebbero accorare i fedeli: l’ardore e la sincerità della loro fede dovrebbe provocare in essi una recrudescenza d’amore, che a sua volta dovrebbe tradursi in una vita più casta, più austera, più profondamente e socialmente cristiana. – Amici del gran Re oltraggiato e flagellato, non osiamo chiedervi di portare il cilicio ma vi chiediamo, meglio ancora, un cuor contrito, un’anima penitente, una vita sociale purificata dall’infetto paganesimo che ci avvelena. –  Fate della vostra vita, Cattolici praticanti, una grande riparazione d’amore. Madri e spose cristiane, giovanette pie, amate con cuore sincero e con coraggio Maria, il cui titolo più radioso e prezioso è quello d’Immacolata. Non dimenticate che è Lei che vi ha riscattate con la sua vittoria: è per Lei che voi avete questa dolce regalità sociale della Chiesa cristiana, di cui voi godete. Non dimenticate che Gesù ve l’ha voluta come Madre, la sua Vergine Madre! Conservate dunque la santa e legittima fierezza della vostra dignità e della vostra beltà cristiana, difendete questi tesori con una santa collera nell’anima. Rassomigliate per amore e purezza, per candore e modestia, a colei che ha potuto dire a Bernardina: «Io sono l’Immacolata Concezione » Non fate arrossire vostra Madre. Pensate a Lei, nel salotto e sulla spiaggia, nella strada e a teatro. Non velate di lagrime il suo sguardo, che vi segue sempre con materna tenerezza. Non l’obbligate ad allontanarsi con dolore da una figlia poco delicata e poco pudica! Dimostrate a Maria che voi siete le sue figlie di gloria. Ella vi mostrerà che è la Regina potente e fedele. – « O Regina dell’amore, copri con un manto di giglio e di neve, quelle fanciulle che il serpente del mondo cerca strapparti ! »

Il lamento del Cuore di Gesù

« Voi siete tutti puri oggi, ma non lo siete sempre. Tra coloro che seggono alla mia tavola, che mangiano al mio banchetto, che bevono nel mio calice, che sono perciò i miei figli, i miei amici, i miei fratelli, i miei cari discepoli, ve ne sono di quelli che mi straziano e mi trafiggono crudelmente il Cuore. Nell’ascoltarmi, non guardate gli stolti, gli ignoranti che non sanno quel che si fanno, quando bestemmiano il mio Nome. Non sono essi i più colpevoli. Sono quei disgraziati che si dicono Cristiani, ma che m’oltraggiano odiosamente nelle manifestazioni della loro vita nel mondo. Oh! come sono dolorosi i colpi che Io ricevo da questi Cattolici mondani, colpi che riaprono tutte le mie ferite e mettono le mie ossa allo scoperto. Come potrebbero non flagellarmi queste anime cristiane, che di mattina si comunicano, professandomi la loro fedeltà e di sera osano condurmi nel fango?… Dimenticano dunque che io sono la Santità?.. Sì, voi vi ingannate, miei piccoli figlioli, nel proclamare, contro ogni principio della coscienza cristiana, che l’immoralità è autorizzata dall’arte, dall’igiene… scusando così le indecenze della moda, e lo scandalo del teatro moderno. Io ho schiacciato Venere ed il paganesimo, ho maledetto ogni impurità, ho maledetto ogni licenza, tutte le provocazioni al male, Io le maledico sempre. Io sono l’Eterno Presente! – Il mio Cuore è amaramente angosciato da tutti quelli che amo e che discutono la mia Legge, disprezzando i consigli miei e della Chiesa e condannandoli come un’esagerazione di scrupoli troppo puerili. Io piango per i miei figli, i miei amici, che contribuiscono con il loro talento, con il loro denaro, colla loro bellezza, allo sviluppo di questa moda rilasciata, di queste lubricità provocanti, e che sono stimolo alle passioni. Essi adducono come pretesto i loro obblighi sociali, le esigenze moderne!… Che fanno essi della mia Legge Divina con i suoi obblighi e i suoi doveri, assunti verso di me, col battesimo? Non disprezzate i carnefici del Calvario, perché questi infedeli mi hanno eretto un nuovo calvario di cui essi sono i carnefici. Non parlate della vigliaccheria dei soldati che sono di guardia alla prigione; altri mi flagellano più crudelmente ancora e mi sputano sul viso. Non pensate al tradimento di Giuda. Guardate piuttosto tutti questi nuovi Giuda, che abbandonano il loro Maestro ed Amico, per la soddisfazione dei loro sensi. Tutto quel denaro che essi lasciano alla porta dei teatri è per il mio Cuore, come i trenta denari di un continuo tradimento. Il vostro Gesù tradito, il vostro Gesù flagellato e crocifisso; il vostro Gesù col Cuore trafitto dalla impudicizia sociale, vi supplica di aver pietà di Lui. Abbiate pietà di Lui, voi che vivete nel fasto e nel piacere e nelle raffinatezze dei sensi! Abbiate pietà di Me, voi che col vostro nome, colla fortuna, col credito, coll’esempio, reagite contro lo scatenarsi delle passioni. Fate servire alla mia gloria l’influenza che voi esercitate nella società! Respingete come illegittimo, ogni basso e indegno divertimento, ogni abitudine anti-cristiana, ogni trovata del raffinato sensualismo, ogni piacere equivoco e pericoloso. Guardatevi, guardatevi, che la vostra responsabilità un giorno non vi schiacci. Gesù, flagellato dall’impudicizia della società, vi supplica di aver pietà di Lui. – Abbiate pietà di Me, voi i cui salotti non dovrebbero mai tollerare libertà di vestiti, di balli, di linguaggio! Io ho fatto in pezzi gli idoli pagani. Voi che vi accostate alla Comunione, oserete restaurarli? I tempi cambiano — dite voi, Io che sono la Legge ed il Giudice, Io non cambio mai. Gesù flagellato dall’impudicizia della società, vi supplica di aver pietà di Lui. Abbiate pietà di Me, voi madri e spose che Io ho nobilitato! La vostra influenza è grande e spesso decisiva sull’animo dei vostri, per lo spirito che potete far regnare nel vostro focolare. Se vi ho riscattate, era mio intento di fare di voi, col senso più delicato che avete di ogni dovere e di ogni diritto, un centro di luce. Diventereste voi invece una sorgente di scandalo e di tenebre? Conservate; oh! conservate la mia Legge di purezza, con il riflesso della bellezza immacolata della Madre mia, la vostra Regina! Vigilate sulla modestia cristiana dei vostri fanciulli e delle vostre fanciulle. Non desiderate per essi che la splendente e radiosa beltà del candore. Difendete, dal mondo perverso e corruttore, la soglia della vostra dimora. Il Maestro, il solo Maestro in casa vostra sono Io, il vostro Dio tutto amore, il vostro Re-Amico. Non lo dimenticate, lottate con Me, per Me, Io sono lo stesso Gesù, il supremo e giusto Legislatore della vita privata e della vita sociale. – Gesù flagellato dall’impudicizia del mondo, vi supplica di aver pietà di Lui. E. voi, i gaudenti della vita, anime affievolite, così facilmente sedotte dalle sirene del piacere, dalla dea volubile e menzognera, la vanità; anime malaticce, assetate di sensazioni, prese dalle vertigini del mondo, cuori buoni, ma che un facile carattere ed una virtù poco solida, rendono così compiacenti; coscienze troppo facili e sensibili ad ogni mutamento della moda e delle dottrine, arrestatevi nella vostra corsa verso l’abisso. Questo mondo corruttore, che vi attira e vi piace, è il vestibolo dell’inferno; arrestatevi! Il mio Vangelo non vi inganna. La vostra salvaguardia è la mia Legge. La vostra saggezza è la saggezza della Chiesa. Di grazia, arrestatevi! Non calpestate con la vostra vita mondana, la mia Croce sanguinante! Nessuno, fuori di me, vi ama di un amore vero. Io vi tendo, le braccia. Dimentico i vostri traviamenti; amatemi alla vostra volta, di un amore intero e leale! Perché voi entriate nell’intimità del mio Cuore, vi apro la ferita del mio Costato. Entrate, prendetevi tutto per voi, il Cuore di un Dio, ardente di voi! Venite, abbiate pietà di Me! Gesù tradito, Gesù flagellato, Gesù crocifisso, Gesù dal Cuore trafitto, vi supplica di aver pietà di Lui!

CRISTO REGNI (8)

CRISTO REGNI (8)

 P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori) TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani, die 4 febr. 1926 Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR – In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

Capitolo secondo

IX. – Conclusione

Privilegiate del Cristianesimo, non parlate d’esagerazioni, voi sapete di abusi incalcolabili delle grandi città, i delitti sociali; i delitti d’immoralità che amareggiano da ogni parte il Cuore di Gesù, con un oceano di fiele e di orribile ingratitudine; ma a voi che siete gli amici, incombe di gridare alla riparazione e fare un’ammenda onorevole piena di amore, piuttosto che trovare nelle proteste dei vostri Vescovi e nei loro insegnamenti, un tema di critica. Babilonia, oggi sembra sventuratamente rinascere dalle sue ceneri più che secolari. E se l’abuso dei sensi pervertiti provocò il diluvio, quale non dovrebb’essere oggi la collera della giustizia vendicatrice che l’indecenza dei costumi moderni ammassa sul nostro capo senza un assalto prodigioso d’amore misericordioso e redentore? Questi molteplici Babilonesi che irritano il Cielo e gli gettano una sfida di sacrilega insolenza, dovrebbero accorare i fedeli: l’ardore e la sincerità della loro fede dovrebbe provocare in essi una recrudescenza d’amore, che a sua volta dovrebbe tradursi in una vita più casta, più austera, più profondamente e socialmente cristiana. – Amici del gran Re oltraggiato e flagellato, non osiamo chiedervi di portare il cilicio ma vi chiediamo, meglio ancora, un cuor contrito, un’anima penitente, una vita sociale purificata dall’infetto paganesimo che ci avvelena. –  Fate della vostra vita, Cattolici praticanti, una grande riparazione d’amore. Madri e spose cristiane, giovanette pie, amate con cuore sincero e con coraggio Maria, il cui titolo più radioso e prezioso è quello d’Immacolata. Non dimenticate che è Lei che vi ha riscattate con la sua vittoria: è per Lei che voi avete questa dolce regalità sociale della Chiesa cristiana, di cui voi godete. Non dimenticate che Gesù ve l’ha voluta come Madre, la sua Vergine Madre! Conservate dunque la santa e legittima fierezza della vostra dignità e della vostra beltà cristiana, difendete questi tesori con una santa collera nell’anima. Rassomigliate per amore e purezza, per candore e modestia, a colei che ha potuto dire a Bernardina: «Io sono l’Immacolata Concezione » Non fate arrossire vostra Madre. Pensate a Lei, nel salotto e sulla spiaggia, nella strada e a teatro. Non velate di lagrime il suo sguardo, che vi segue sempre con materna tenerezza. Non l’obbligate ad allontanarsi con dolore da una figlia poco delicata e poco pudica! Dimostrate a Maria che voi siete le sue figlie di gloria. Ella vi mostrerà che è la Regina potente e fedele. – « O Regina dell’amore, copri con un manto di giglio e di neve, quelle fanciulle che il serpente del mondo cerca strapparti ! »

Il lamento del Cuore di Gesù

« Voi siete tutti puri oggi, ma non lo siete sempre. Tra coloro che seggono alla mia tavola, che mangiano al mio banchetto, che bevono nel mio calice, che sono perciò i miei figli, i miei amici, i miei fratelli, i miei cari discepoli, ve ne sono di quelli che mi straziano e mi trafiggono crudelmente il Cuore. Nell’ascoltarmi, non guardate gli stolti, gli ignoranti che non sanno quel che si fanno, quando bestemmiano il mio Nome. Non sono essi i più colpevoli. Sono quei disgraziati che si dicono Cristiani, ma che m’oltraggiano odiosamente nelle manifestazioni della loro vita nel mondo. Oh! come sono dolorosi i colpi che Io ricevo da questi Cattolici mondani, colpi che riaprono tutte le mie ferite e mettono le mie ossa allo scoperto. Come potrebbero non flagellarmi queste anime cristiane, che di mattina si comunicano, professandomi la loro fedeltà e di sera osano condurmi nel fango?… Dimenticano dunque che io sono la Santità?.. Sì, voi vi ingannate, miei piccoli figlioli, nel proclamare, contro ogni principio della coscienza cristiana, che l’immoralità è autorizzata dall’arte, dall’igiene… scusando così le indecenze della moda, e lo scandalo del teatro moderno. Io ho schiacciato Venere ed il paganesimo, ho maledetto ogni impurità, ho maledetto ogni licenza, tutte le provocazioni al male, Io le maledico sempre. Io sono l’Eterno Presente! – Il mio Cuore è amaramente angosciato da tutti quelli che amo e che discutono la mia Legge, disprezzando i consigli miei e della Chiesa e condannandoli come un’esagerazione di scrupoli troppo puerili. Io piango per i miei figli, i miei amici, che contribuiscono con il loro talento, con il loro denaro, colla loro bellezza, allo sviluppo di questa moda rilasciata, di queste lubricità provocanti, e che sono stimolo alle passioni. Essi adducono come pretesto i loro obblighi sociali, le esigenze moderne!… Che fanno essi della mia Legge Divina con i suoi obblighi e i suoi doveri, assunti verso di me, col Battesimo? Non disprezzate i carnefici del Calvario, perché questi infedeli mi hanno eretto un nuovo calvario di cui essi sono i carnefici. Non parlate della vigliaccheria dei soldati che sono di guardia alla prigione; altri mi flagellano più crudelmente ancora e mi sputano sul viso. Non pensate al tradimento di Giuda. Guardate piuttosto tutti questi nuovi Giuda, che abbandonano il loro Maestro ed Amico, per la soddisfazione dei loro sensi. Tutto quel denaro che essi lasciano alla porta dei teatri, è per il mio Cuore, come i trenta denari di un continuo tradimento. Il vostro Gesù tradito, il vostro Gesù flagellato e crocifisso ; il vostro Gesù col Cuore trafitto dalla impudicizia sociale, vi supplica di aver pietà di Lui. Abbiate pietà di Lui, voi che vivete nel fasto e nel piacere e nelle raffinatezze dei sensi! Abbiate pietà di Me, voi che col vostro nome, colla fortuna, col credito, coll’esempio, reagite contro lo scatenarsi delle passioni. Fate servire alla mia gloria l’influenza che voi esercitate nella società! Respingete come illegittimo, ogni basso e indegno divertimento, ogni abitudine anti-cristiana, ogni trovata del raffinato sensualismo, ogni piacere equivoco e pericoloso. Guardatevi, guardatevi, che la vostra responsabilità un giorno non vi schiacci. Gesù, flagellato dall’impudicizia della società, vi supplica di aver pietà di Lui. – Abbiate pietà di Me, voi i cui salotti non dovrebbero mai tollerare libertà di vestiti, di balli, di linguaggio! Io ho fatto in pezzi gli idoli pagani. Voi che vi accostate alla Comunione, oserete restaurarli? I tempi cambiano — dite voi, Io che sono la Legge ed il Giudice, Io non cambio mai. Gesù flagellato dall’impudicizia della società, vi supplica di aver pietà di Lui. Abbiate pietà di Me, voi madri e spose che Io ho nobilitato! La vostra influenza è grande e spesso decisiva sull’animo dei vostri, per lo spirito che potete far regnare nel vostro focolare. Se vi ho riscattate, era mio intento di fare di voi, col senso più delicato che avete di ogni dovere e di ogni diritto, un centro di luce. Diventereste voi invece una sorgente di scandalo e di tenebre? Conservate; oh! conservate la mia Legge di purezza, con il riflesso della bellezza immacolata della Madre mia, la vostra Regina! Vigilate sulla modestia cristiana dei vostri fanciulli e delle vostre fanciulle. Non desiderate per essi che la splendente e radiosa beltà del candore. Difendete, dal mondo perverso e corruttore, la soglia della vostra dimora. Il Maestro, il solo Maestro in casa vostra sono Io, il vostro Dio tutto amore, il vostro Re-Amico. Non lo dimenticate, lottate con Me, per Me, Io sono lo stesso Gesù, il supremo e giusto Legislatore della vita privata e della vita sociale. – Gesù flagellato dall’impudicizia del mondo, vi supplica di aver pietà di Lui. E. voi, i gaudenti della vita, anime affievolite, così facilmente sedotte dalle sirene del piacere, dalla dea volubile e menzognera, la vanità; anime malaticce, assetate di sensazioni, prese dalle vertigini del mondo, cuori buoni, ma che un facile carattere ed una virtù poco solida, rendono così compiacenti; coscienze troppo facili e sensibili ad ogni mutamento della moda e delle dottrine, arrestatevi nella vostra corsa verso l’abisso. Questo mondo corruttore, che vi attira e vi piace, è il vestibolo dell’inferno; arrestatevi! Il mio Vangelo non vi inganna. La vostra salvaguardia è la mia Legge. La vostra saggezza è la saggezza della Chiesa. Di grazia, arrestatevi! Non calpestate con la vostra vita mondana, la mia Croce sanguinante! Nessuno, fuori di me, vi ama di un amore vero. Io vi tendo, le braccia. Dimentico i vostri traviamenti; amatemi alla vostra volta, di un amore intero e leale! Perché voi entriate nell’intimità del mio Cuore, vi apro la ferita del mio Costato. Entrate, prendetevi tutto per voi, il Cuore di un Dio, ardente di voi! Venite, abbiate pietà di Me! Gesù tradito, Gesù flagellato, Gesù crocifisso, Gesù dal Cuore trafitto, vi supplica di aver pietà di Lui!

CRISTO REGNI (9)

CRISTO REGNI (7)

CRISTO REGNI (7)

 P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur: Mediolani, die 4 febr. 1926 Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

Capitolo secondo

VIII. – Rimedi

E per chiudere questo capitolo, tanto penoso a  scriversi, eppure tanto necessario per essere letto e meditato, noi faremo, in forma di corollari, alcune flessioni importanti. – La prima sarà pet scusare in parte, un gran numero di questi colpevoli. Come spiegarsi infatti, la resistenza d’un nucleo tanto vasto di Cristiani alle prescrizioni della Chiesa, relative alla immodestia delle mode e ai divertimenti disonesti? La donna cristiana, in generale, tanto casta e pura, non vede e non può vedere quel che non comprende. Essa ha gli occhi limpidi e giudica con questa limpidezza il cuore e lo sguardo altrui. – L’innocenza è una celestiale beltà; ma essa è un grave rischio senza la docilità. La disobbedienza alle severe leggi della modestia, nasce dunque dal fatto che la donna e la giovanetta non comprendono il perchè di tal severità, e la giudicano una « pia esagerazione ». Esse cedono alla vanità, al rispetto umano; fanno come le altre, forse con qualche piccolo rimorso, ma spesso senza la minima malizia. Questo è evidente. Ma non è meno evidente che il male cagionato da questa infantile incoscienza, da questa mancanza di sommissione alla Chiesa, è immenso e positivo, intorno ad esse e loro malgrado. Per discrezione, è impossibile dimostrarlo loro; chè si può entrare in certi particolari che offenderebbero la loro delicatezza. Ma occorre affermar loro decisamente, in nome di un’autorità divina, che esse debbono obbedire in coscienza ed integralmente. Io posseggo la copia di una lettera curiosissima e molto interessante. È firmata da una persona conosciuta ed è scritta da una giovinetta dall’anima molto onesta e retta: « lo sono giovane, ho venti anni; sono molto gaia ed amo pazzamente la moda ed i balli. Ho sempre considerato fino a questo momento le condanne lanciate contro i balli moderni e le mode attuali, come invettive esagerate e ridicole di gente bacchettona, di vecchie zitellone e di persone maliziose. Avendo sentito commentare la pastorale dell’Arcivescovo, sull’immoralità dei nostri odierni divertimenti, ho voluto leggerla, per curiosità. Questo le proverà che io non sono una cattolica praticante; non ho ancora fatto la prima Comunione. Ho dunque letto la Pastorale. Mi pareva molto strano che un prelato reputato così saggio e santo, potesse condannare severamente quel che ci diverte tanto comunemente. Ebbene, tutto quel che afferma questa Pastorale, è profondamente vero. Le dirò come ne sia stata pienamente convinta, in modo semplice e assolutamente inatteso. « Ero in viaggio: sentendomi poco bene, andai nel corridoio e là, in un vicino compartimento di lusso, sentii la conversazione di un gruppo di giovani della nostra società. Essi si scambiavano le loro riflessioni e le loro impressioni sopra i nostri balli, le nostre acconciature vaporose, le nostre mode poco modeste. Ho ascoltato sì, coi miei stessi orecchi, quel che non avrei mai creduto, se me lo avessero raccontato: in che modo, cioè, essi interpretavano e giudicavano maliziosamente le nostre maniere, i nostri atteggiamenti, le nostre innocenti famigliarità, la nostra libertà. Parlavano e ridevano forte, designando e nominando di quando in quando l’una o l’altra delle mie amiche. Con mio stupore, sentii nominare e giudicare ed accusare anche me, mentre la coscienza non mi aveva mai nulla rimproverato. « Quel viaggio decise del mio avvenire. Non soltanto non ballerò più e mi terrò discosta da una società di cui là, in quel vagone, era raccolto il fior fiore… ma da oggi decido d’istruirmi nella dottrina della Chiesa che veglia tanto amorosamente sul bene spirituale e l’onorabilità dei figli suoi. Sì, io mi avvicinerò ad essa; e diventerò la sua figlia sommessa e riconoscente per sempre. Ho compreso a che cosa portano le leggerezze; ho sentito cosa si poteva pensare di noi, ed eccomi convinta. Ah, se potessi mettere in guardia altre fanciulle imprudenti, candide, spensierate e incredule come me! » – Insistiamo sulla risoluzione finale: « Diventerò una figlia sottomessa e riconoscente alla Chiesa ». Ecco il solo rimedio, poiché la saggezza e l’amore della nostra Santa e dolce Madre, la Chiesa, fanno della sua direzione, una regola sicura e indefettibile di onore, di pace, di salute. Se la Chiesa, ed essa sola, ha il potere di dar l’assoluzione, essa sola in conseguenza è giudice nella determinazione di quel che è immorale e pericoloso. – Ah! se essa potesse, rompendo il suggello del segreto sacerdotale, divulgare le abominevoli conseguenze quotidiane prodotte dalla licenza sempre crescente! Se i Sacerdoti potessero dire tutto, come confonderebbero i più incuranti, i più increduli, i più ingenui di questa questione estremamente grave e delicata dei costumi e delle mode anticristiane. « Io vi faccio i complimenti per la vostra sincerità apostolica » mi diceva il dottore di una grande clinica, « ma se io dovessi giudicare, io direi tre volte di più, senza violare il segreto professionale ». – Crediamolo: coloro che gridano contro la malizia, quando noi tocchiamo questa questione, sono ordinariamente i più grandi, i più raffinati maliziosi!… Essi vogliono godere con disonestà a detrimento delle anime candide, in cui cercano provocare la rivolta contro l’autorità, a loro profitto. Ipocriti! Si scandalizzano essi, gli scandalosi, della nostra indignazione e perché noi vogliamo prevenire lo scandalo di cui essi godono e approfittano!… Ecco sempre coloro che accusano la Casta Susanna… per vendicarsene. – Un Cardinale Arcivescovo, cosciente dei suoi doveri e delle sue responsabilità, parlava molto chiaramente di questa questione in una recente ordinanza. Un giornale poco degno, nonostante, o forse a cagione della sua grande popolarità, osò rispondere,, domandando in tono ironico, come mai il Cardinale poteva essere al corrente degli abusi e dei misfatti condannati. In verità bisogna essere o molto povero di spirito o disonesto più che altro per fare questa domanda. Come mai noi siamo al corrente degli abusi scandalosi, se viviamo lontani dagli scandali? La risposta è semplicissima. Ad ogni istante, i feriti gravi, raccolti sotto l’infuriar delle mitraglie, vengono condotti dai portaferiti, nell’ospedale più vicino al campo di battaglia. Il capo dell’ospedale, un grande chirurgo, dopo lunghe e penose ore di lavoro, esclama sfinito: « Che orribile battaglia! che sanguinoso combattimento ». Un ufficiale gli dice: « che ne sa Lei dottore? Noi veniamo dal campo di battaglia e noi potremmo dirlo, ma lei, come può affermarlo? Ohimè, risponde tranquillamente il chirurgo, io lo so meglio di lei. Lei non ha visto forse che le sue ferite e quelle di coloro che le sono caduti vicino; mentre che centinaia di poveri resti umani sono passati per le mie mani… mutilati dalla mitraglia… alberi sradicati dalla spaventosa tempesta. Per tutto questo, per il fatto di essere sempre occupato e dover pensare a curare orribili ferite, io posso giudicare meglio di lei del furore… dell’uragano, della asprezza della battaglia. È il nostro caso: meglio dei mondani distratti, storditi, troppo abituati alle malsane mondanità, noi siamo in condizione ci comprendere a distanza, dal numero delle vittime curate nelle nostre « ambulanze e cliniche morali » quale è la potenza infausta e mortale dell’immortalità del nostro secolo. Nessuno meglio di noi è in istato di portare un giudizio equo sulla moralità sociale. Noi siamo la riva, dove approdano tanti poveri malati morali, tanti naufraghi, di tutte le età e di tutte le condizioni! Si viene a noi, con l’anima straziata, la confessione sincera sulle labbra, e con le lagrime che bruciano il cuore e gli occhi. Ma non si viene a noi mai troppo tardi, lasciatemelo dire! Non che il male deplorato non sia molto grave, ma perché il Cuore di Gesù è l’Onnipotenza di resurrezione morale. – Dopo quello di perdonare, noi abbiamo sempre il dovere di prevenire tanti mali, comunque dispiaccia al mondo, predicandone coraggiosamente i rimedi. Questo nostro dovere è tanto più urgente, quanto più ovunque si soffre, per mancanza di lume soprannaturale. Difatti è questo un segno evidente che si impone in questa crisi di pudore. Il senso morale della modestia e della purezza si affievolisce di giorno in giorno, diventa pressoché nullo. Gli occhi del Cristiano, ed a poco a poco la sua coscienza, s’abituano allo spettacolo del male, fino al punto di non esserne più turbati. Il pericolo è grave: insinuandosi nel cuore, può prenderci tutti. Già molti dei buoni blandamente addormentati dall’abitudine della rilassatezza sociale e degli spettacoli immorali, sono giunti all’indifferenza. Io ho anche trovato delle scuole cattoliche dove si era abituati a vedere i fanciulli con i loro vestiti poco modesti, la cui indecente acconciatura, non urtava più le maestre cristiane… – Se mancano i controllori della virtù, le sentinelle deste e zelanti, noi toccheremo il fondo dell’abisso. Non è vero, per esempio, che alcune mode, che qualche anno fa sarebbero state condannate, soltanto se viste in figurino, sono oggi accettate, generalizzate, a cagione di una tolleranza che degenera in abitudine? Uno dei più sicuri e caratteristici sintomi della lebbra è l’insensibilità degli organi. L’insensibilità morale è un sintomo reale della lebbra morale che ci invade vittoriosamente. « Guai! » ha detto il Signore, « a colui che scandalizza! » Se con piena giustizia, noi abbiamo osservato che la grande maggioranza delle donne e delle giovinette hanno una scusa, quella della loro ignoranza del male, sottolineiamo però molto chiaramente che le loro responsabilità restano gravi, dal momento soprattutto che esse hanno per guidarle, la materna difesa della Chiesa. Esse non potranno, con questo, scusarsi interamente delle loro colpe davanti al Tribunale del Dio di ogni purezza e di ogni giustizia, che ha affidato appunto alla Chiesa la cura delle nostre anime. Quante Cristiane deplorano i deviamenti e la mancanza di sottomissione nei loro mariti? Quante donne si lamentano della libertà di pensiero, della politica pericolosa degli uomini? Quante si indignano, perché i consigli della Chiesa non sono ascoltati nella scelta delle letture, nelle direttive delle idee filosofiche e sociali! Ora, che fanno esse del resto, per provare questa sottomissione alla Santa Chiesa, ch’esse vorrebbero invece tanto trovare nei loro fratelli? Riconoscono esse questa autorità, che i loro mariti misconoscono? Tuttavia, se la Chiesa esagera nel difendere le mode indecenti, perché non esagera nel proibire alcune letture o nel respingere alcune dottrine di filosofia pericolose? Le donne non agiscono in modo diverso dagli uomini. La Chiesa non ha due misure: questi e quelle debbono ubbidire. – Una signora di eleganza tutta moderna, e poco modesta, mi viene a visitare, per confidarmi la sua pena: « Come, come convertire mio marito ? » « Col convertire se stessa, Signora », le rispondo… Comprese? Lo spero; ma perché lamentarsi della colpa altrui e portare inconsideratamente in sé il peccato? – « Perché » mi dice una giovanetta, bianca come un fiocco di neve, ma molto dedita per vanità a seguire tutte le mode, « Perchè lei ha predicato così severamente contro le mode attuali? Non veggo dove sia il gran pericolo, né per me, né per gli altri. Voglia compiacersi spiegarmelo più chiaramente, e le prometto, uniformerò la mia linea di condotta alla sua. « Mi promette Lei » le rispondo, « di accettare una sola osservazione molto grave, che io le farò come risposta definitiva ai suoi dubbi e alla sua curiosità? ». « Glielo prometto, padre ». Ascolti: « Se in un’acconciatura poco modesta, con vesti troppo corte ed una scollatura esagerata, lei fa una passeggiata di molte ore, nel centro della città, volendo, per semplice vanità, attirar l’attenzione sulla sua persona, creda pure che, tornando a casa sua, lei avrà probabilmente la responsabilità di qualche peccato grave, forse di molti, che lei avrà fatto commettere… – « Voglio rispettare il suo candore, ma le debbo questa risposta severa; e ora, da fanciulla veramente pia, sia docile, e bandisca ogni frivolezza esteriore ». – Ella ne fu molto colpita, e si mantenne, nonostante il suo ambiente, di una modestia ammirabile. Bisogna far cadere le scaglie, senza aprire gli occhi. Molte Cristiane, come questa giovinetta, peccano per vanità, cedendo alla sconvenienza della moda. La loro responsabilità rimane, a motivo dei reiterati ed imperativi avvertimenti della Chiesa, alla quale Nostro Signore ha detto: « Chi ascolta voi, ascolta me ». E nello stesso modo che i genitori comandano, senza spiegare ai loro figli, le ragioni degli ordini che danno: così la Chiesa, nostra Madre, non è obbligata a dirci il motivo delle sue prescrizioni. Veramente; noi ci domandiamo d’altronde, come una donna o una fanciulla intelligente, e Cristiana possa credere che l’insieme della Chiesa docente, che tutti i Vescovi, assolutamente d’accordo, su questo punto, col Nostro Santo Padre, il Sommo Pontefice, s’ingannino ed esagerino tutti, parlando unanimemente in favore della modestia, condannando decisamente gli abusi e la licenziosità moderna. Non è dunque, se non per la via della sommissione perfetta, che si otterrà una coscienza tranquilla, in tutti gli atti della vita e soprattutto nelle ore angosciose dell’agonia. – Meditate questa fine infinitamente triste d’una donna mondana. Nella sua giovinezza, e durante i lunghi anni della sua vita, la signora *** è stata frivola e leggera, nonostante la sua educazione, e la tradizione della sua famiglia; ed ha sempre sorriso degli anatemi della Chiesa. Ma quando l’età e soprattutto la malattia l’hanno paralizzata, essa fece di necessità virtù, e nel suo letto, sembrò almeno a riparare le sue follie. Non le si è nascosta la gravità del suo male, tanto che s’è spesso confessata, ha avuto qualche scrupolo, ed ha ricevuto gli ultimi Sacramenti. Ma ecco che una sera, ella si ridesta di soprassalto da un sonno leggero, e, spalancando gli occhi con spavento, mostra il Crocifisso a quelli che la circondano e grida: « Guardate! Oh, guardate come il Cristo è coperto del sangue della flagellazione che io gli ho fatto subire con le mie mondanità!… Guardate come questo sangue gronda… e cade sopra di me! Ascoltate come questo Cristo mi maledice!… Le si fa osservare che si è confessata, ma ella insiste: « Egli mi maledice, perché ho scandalizzato le mie figliole le quali, mondane come me, formeranno i loro figli alla scuola del peccato. E queste responsabilità sono mie, e mi schiacciano. Guardate, oh, guardate il sangue di Cristo, flagellato dalle mie follie! Che orrore! Ho tradito l’educazione delle mie figliole, scandalizzandole col cattivo esempio. Guardate, il Cristo mi maledice, e il suo Sangue cade sopra di me… » E si abbatté, estenuata: qualche sospiro ancora… ella era dinanzi al suo Giudice! Vorreste voi agonizzar così?

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 P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO [II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur – Mediolani, die 4 febr. 1926 Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

VII. – Costumi e libertà alla moderna

Che libito fe’ licito in sua legge » (Inf. V, 56 – NdT.)

Ebbi ultimamente occasione di incontrarmi con un uomo di raro talento, reduce da un viaggio di studio nel Giappone. Aveva vissuto lunghi mesi laggiù, studiando ed osservando i costumi. Vi aveva trovato cose notevoli, ma mi esprimeva, nonostante la sua ammirazione per una tale civilizzazione, questo rammarico : « Peccato che quel paese sia ancora tanto profondamente pagano! » E mi enumerava dei fatti e mi spiegava i costumi… Quando ebbe finito, io lo meravigliai dall’applicazione che a mia volta potevo disgraziatamente fare, delle sue critiche, ai costumi parimenti pagani dei grandi centri europei, delle spiagge e delle stazioni mondane, frequentate da un pubblico eletto e creduto cristiano. – Forse che il Giappone è più pagano, e soprattutto più colpevole nel suo paganesimo, delle nostre società convenzionalmente cristiane? Ahimè! Se i paesi del Levante son capaci di progresso, si direbbe che i paesi d’Occidente sono davvero, dal punto di vista del costume cristiano, i paesi del « sole che tramonta ». Noi non possiamo ripetere in queste pagine, quel che, moltissimi dei! giornali più in vista annunziano in grossi caratterl e raccontano con particolari mostruosi … La leggerezza con la quale pubblicano quei grandi e piccoli scandali di costumi, l’inavvertenza con cui si leggono e ne parla, provano che si tratta di fatti abituali, quotidiani, generali, ai quali non si dà importanza, nella vita morale della società moderna. Ma per non citare che una manifestazione di questo paganesimo, parliamo di quello delle spiagge di moda. – Se qualche anno prima della guerra ci avessero fatto il quadro di una di queste Spiagge, con i relativi bagni di sole, le animate conversazioni sulla sabbia, e le danze « barbare » in maglia, avremmo immediatamente pensato alle terre infami di Roma e di Atene. E tutti avremmo condannato con indignazione tali costumi. In pochi anni appena, i tempi sono cambiati; e lo spavento annienta, pensando a questa giovane generazione formata nella frivolezza, e in conseguenza capace di produrre, quanto prima, frutti di sventura morale. – Convenite che se vi è una misura di dignità, e delle forme di convenienza e di virtù, per il contegno e l’acconciatura della donna, nelle vie o nei salotti, esse sono da applicarsi soprattutto alla spiaggia, e per una delicatezza che dovrebbe essere elementare, sembra che siano più necessarie sulla sabbia che altrove. Il pudore, è esso una virtù cristiana, o una semplice convenzione sociale: come quella di salutare con la mano destra, o di vestirsi di nero quando si è in lutto? Convenzione che si può dunque abolire o cambiare col tempo o per il capriccio di una società?.… Non è più adunque un immutabile principio di evangelica virtù, che la donna cristiana debba essere pura e che debba anche apparir tale, sempre e dovunque. Ma allora, come chiamare questa libertà che de nuda e fa il gioco della più volgare immodestia, sotto il pretesto della moda o dell’igiene? Da quando in qua, la delicatezza femminile cristiana, è da considerarsi come una esagerazione di spregevole bigottismo, della quale, si possa disimpegnarsi e prendersi gioco? Il paganesimo non ha il diritto di rinascere, e la convenzione. e la morte non han diritto che al sepolcro! – Aspettando il Conte di… nella splendida sala della sua dimora, io guardavo le incisioni di una rivista reputata seria: ed ecco che trovo nel numero di agosto, una, due, tre vedute di una spiaggia mondana molto frequentata. Che indecenza di costumi! Che vergognosa licenziosità! Si leggeva, sotto quelle fotografe: « Scene deliziose della spiaggia di X …… – Bagni di sole e di « flirt ». « Un Istante di riposo dopo il tango in maglia ». Prove pratiche che i vecchi pregiudizi scompaiono! « Pietà, Gesù!… » Leggo qualche rigo della cronaca mondana e trovo, fra le altre prove di audacia anti-cristiana, questo: « Quando fa molto caldo, si torna al bagno per la seconda o terza volta, la sera, sul tardi, quando le ombre del crepuscolo avvolgono già la spiaggia. Inutile dire che i giovani soprattutto aspettano con impazienza le ombre per godere d’una legittima libertà, che nessuno, ai giorni nostri, oserebbe criticare. Qualche anno ſa ci si sarebbe meravigliati delle cose che s’impongono all’epoca nostra, e che fanno il loro cammino come frutto d’una civilizzazione più raffinata. – Questa promiscuità senza scrupoli, é una felice innovazione che attira un mondo elegante alla spiaggia di X.…., come lo provano d’altronde le istantanee che riproduciamo più su ». Ancora una volta, pesate le parole insultanti e il cinismo delle affermazioni scandalose. – Ma il Conte entra: gli manifesto il mio stupore di vedere in una rivista che gode credito di onestà, delle fotografie di persone i cui atteggiamenti rendono certamente la loro moralità assai dubbia. Ed egli di rimando: « Oh, non lo dica, Padre mio; queste sono fotografie d’una società distintissima ed elegante. Ecco in quest’altro numero le mie tre figlie, mentre prendono il loro bagno di sole. Quei giovani che lei vede presso di loro, sono il fiore della nostra società » Pietà, Gesù! Il suo Cuore adorabile avrà trovato, io spero, una riparazione nell’angoscia, nello stringimento di cuore che provai sentendo un Cristiano (!) in così perfetto accordo col cinico cronista, vedendo un padre tanto cieco e noncurante della bellezza morale delle proprie figlie e delle insidie mondane tese alla loro virtù. Le spiagge mondane son luoghi malefici che hanno pervertito tanto le coscienze, quanto i cattivi spettacoli. Esse sono spesso il teatro sconveniente in cui gli attori sono proprio gli stessi Cristiani. Leggete questa osservazione d’un giornalista, tanto intelligente quanto coscienzioso: « Ero, qualche giorno fa, 1n una delle più eleganti stazioni balneari. Vidi passare a centinaia, donne giovani e adolescenti. Quante, fra loro, erano appena uscite da istituti di educazione tra i più rispettati del paese? Quasi tutte m’hanno fatto arrossire: molte m’avrebbero fatto piangere… » Così constata e parla un giornalista. Ma è anche il Vicario di Cristo che denunzia, costernato, questa disfatta morale: « In molti luoghi », dice S. S. Pio XI, « non si trovano più costumi degni di un Cristiano, a tal punto che non solamente la società umana non progredisce verso questo progresso universale di cui ci si glorifica abitualmente, ma sembra addirittura ricondurci alla barbarie » (Enciclica citata). « Miseremini mei! » Abbiate pietà. di me, e delle anime vostre, voi che vivete inebriati dai rischioso piacer d’una malsana sensualità! « Miseremini mei! » Abbiate pietà di me e anche delle anime vostre, voi che vivete la vita spensieratamente folle dei circoli, del salotto e delle spiaggie mondane ». « Perché  mi batti, calpestando la mia Legge divina? ». Pietà del nostro Re! Non castigate come uno schiavo, Colui che è il nostro Dio!

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Nihil obstat quominus imprimatur – Mediolani, die 4 febr. 1926 Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR – In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

IV. – La moda

Essa è un’autorità ordinariamente nefasta, arbitraria, molto spesso immorale. I protestanti avevano inventata la papessa Giovanna, un essere di finzione detestabile, una favola mille volte assurda. Io credo di aver scoperto una papessa reale, di una autorità mondiale, infallibile per i suoi adepti e che facendo fronte ai Pontefici ed ai Vescovi, distrugge, con un solo suo decreto, una parte della legislazione cristiana: è la papessa – Moda. Io le riconosco tutta la sua indiscutibile e triste autorità, che sopravvive in grazia a coloro che sono inclini all’imitazione per la propria stessa natura e per un vano rispetto umano. Tuttavia, nonostante quelli che dicono che il parlare contro di esso, sia una perdita di tempo, più di una volta, con la grazia di Gesù, credo di essere riuscito a far distruggere i suoi decreti di ignominia. La moda siede di diritto in due o tre grandi capitali, ma di fatto, percorre il mondo, assoldando le sue vittime per l’inferno, in tutti i paesi. La condizione attuale, indispensabile per ottenere i suoi favori, con il titolo di elegante, è di abbigliarsi appena dell’indispensabile e più ancora… per produrre l’impressione che sì è vestiti, senza esserlo. San Girolamo lo diceva già, quando rimproverava questa licenza alle patrizie convertite: « i vestiti di seta tessuti d’oro coprono i corpi senza vestirli ». lo concepisco l’esistenza della moda ed ammetto che per ragioni di estetica e d’igiene essa cambi e vari i suoi modelli secondo le stagioni, i gusti, i paesi. Comprendo come essa faccia spendere dei milioni, quando essa stessa li divora. Io mi rendo conto delle esigenze del secolo e della raffinatezza che esso ha potuto apportare in tutto. Ma è cosa biasimevole e inaccettabile che la Moda si faccia un veicolo per l’inferno; che sacrifichi al culto di Venere, il candore, la modestia, la bellezza morale delle famiglie cristiane. – Signore Gesù, tu ami talmente i fiori di giglio, che ne hai affidato la cura a tua Madre immacolata! – Come ne restano pochi di questi fiori ai giorni nostri! Come è facile il contare le giovinette pie, quelle cioè che santamente pure, rifiutano di bruciare l’incenso della loro delicatezza e della loro dignità di cristiane, davanti alla Dea! Tuttavia, le regine non dovrebbero vestirsi come le schiave… Eppoi, quando le figlie di Maria hanno perduto il valore di questo fiore di neve, di questa beltà caratteristica della Madre loro, di questo celestiale riflesso di candore, chi potrebbe renderle mai più rassomiglianti agli Angeli? Ahimè! se in una festa data da gente scelta e cristiana si presentassero due regine: Maria Immacolata e… Venere, io credo pur troppo che la Vergine Purissima non potrebbe riconoscere le sue figliole… « Regina dei gigli, Santissima Madre, oh! fa vedere a quelle che ti proclamano il loro amore, che non te lo confermano mentre sempre con le loro azioni, fa vedere che v’è una virtù tanto cara al tuo Cuore che non sarà mai abbastanza praticata: la modestia « Conserva il loro candore e la loro purezza ». La moda comanda con tale audacia « le si obbedisce  con tale sottomissione che il conflitto fra i diritti di Dio e quelli che essa si arroga, giunge finanche ai piedi dell’altare. – Molti giornali si occupano di questo, il che prova che molte donne pie, pur senza essere cattive, sono spesso incoscienti. Ad  X… si parla molto, in società, d’un incidente avvenuto nella Chiesa del G. Il giorno della festa di S. I. il Cardinale B. celebrava in quella Chiesa una Messa solenne alla quale molte nobili signore erano venute pe ricevere la S. Comunione dalla mano del Porporato. Ma esse avevano dei vestiti piuttosto da teatro che a Chiesa. Al momento di scendere dall’altare, per dare la Comunione, il Cardinale se ne accorse, e rivoltandosi verso l’altare, ripone il ciborio nel Tabernacolo. Poi,   nuovamente rivolo verso il pubblico, cominciò a palare. Che cosa disse? … Quelle signore avranno lungamente nella memoria la sua veemente apostrofe. Quel che egli disse, lo disse in tono tale che esse lasciarono immediatamente la Chiesa, inseguite fino alla porta dalla parola del Cardinale, indignato che delle donne osassero venire ad inginocchiarsi all’altare, con un vestiario da concerto, da teatro o da ballo… E veramente non troviamo eccessiva l’indignazione del Prelato. – Ho detto: autorità nefasta, tirannica, della moda; ed aggiungo, dispotismo. Essa non nasconde più — ed è molto meglio — le sue tendenze pagane e scandalose, essa confessa chiaramente la vera ragione dei vestiti troppo corti, delle stoffe trasparenti. Io mi permetto ancora di stralciare da una rivista elegante e diffusa, sfogliata a caso nel parlatorio di un istituto d’educazione, questo brano suggestivo: « Alcuni ballerini entusiasti hanno organizzato, l’estate passato, dalle undici a mezzogiorno, sulle spiagge di moda, il tango-aperitivo che si ballava in costume! È naturale che le sarte si siano occupate della creazione di abiti da ballo « sensationnels » « deshabillants ». Il tango, che si ride degli anàtemi, continua la sua carriera brillante, ma esige un vestiario appropriato al ritmo lascivo della sua cadenza ». Considerate il cinismo di queste parole! – La pubblicazione citata, è fatta per un ambiente onesto… Notate questo, famiglie cattoliche, e rileggete: il tango si ride degli anatemi… Ora voi sapete benissimo che i Vescovi hanno elevato all’unanimità la loro voce per condannare e proibire il tango, il fox-trott, ecc. Il Santo Padre stesso li ha testé interdetti. Ridetevene, dice il mondo, acclamate la Venere trionfante!… Autorità nefasta che altera i cuori e falsa la coscienza.  – Ascoltate questo strano incidente: Dopo aver assistito ad una Messa solenne in onore della Santissima Vergine, patrona di una confraternita molto in onore nell’aristocrazia della città, una signora e la sua bambina di quattordici anni vanno in un grande negozio di moda. La madre esamina molti modelli e infine ne sceglie uno, ma al momento di provarselo, sente in sé un rimorso molto giusto: quello di scandalizzare la figliuola. Allora, piuttosto che rinunziare al modello, le dice: « Vai in fondo alla sala, figlia mia, e voltati verso il muro » Oh! che una fanciulla non possa vedere sua madre, senza essere turbata, e che la madre lo riconosca senza rimediarvi! Che deviazione inaudita del più profondo senso morale, che, negli umili come nei grandi, è dappertutto una luce di natura! A quale cataclisma morale siamo per arrivare? – Un sintomo di questa allarmante decadenza è, da qualche anno, la profanazione del candore delle ciulle da 7 a 15 anni già vestite con delle acconciature in completo disaccordo con le regole elementari della morale e della modestia. La moda aveva per molto tempo rispettato l’innocenza verginale delle piccole; questo rispetto oggi non c’è più. Eppure, si son viste arrossire di sé stesse, piccole innocenti, in presenza di persone rispettabili cercare istintivamente di coprirsi, e restare confuse di non averne la possibilità materiale. È crudele e disgustoso, certamente, perché l’infanzia è sacra. Ora l’abuso può diventare scandaloso e « guai a colui che scandalizza uno di questi piccoli che sono miei », dice sempre Nostro Signore. –  Il grave peccato non consiste solamente nel fatto, tuttavia tanto condannabile, dei vestiti troppo corti, ma nella perdita del pudore, della delicatezza femminile, per l’abitudine contratta della nudità. Dove saranno, ohimè!, le nostre piccole Agnesi tredicenni, che soffrono il martirio, che versano il loro sangue per conservare il loro fiore verginale? Come le norme fisiche, così quelle della morale si apprendono dalla prima infanzia. Come sono felice di poter dichiarare ai Cattolici che leggeranno queste pagine, che S. S. Benedetto XV si è degnato, non soltanto di benedire, ma di incoraggiare risolutamente la campagna che difende la purezza delle famiglie cristiane, contro le audacie dell’odierno paganesimo. Ecco un estratto dell’autografo pontificio. È ancora la voce di Gesù che difende i suoi piccoli: « Il formidabile torrente di vizi, che inonda la società moderna, riceve un funesto appoggio da questo abuso che è la moda incedente. E questa moda, per la negligenza, o peggio ancora per la vanità colpevole di tante madri di famiglia, si estende malauguratamente alle fanciulle, esponendo ad un gran pericolo il candore della loro innocenza. « Tuttavia, se simili calamità contristano il cuore paterno, siamo confortati d’altra part nel vedere sorgere felici iniziative, il cui scopo è di combattere questa frenesia di licenza nel modo di vestire » (Lettera di S. S. Benedetto XV al R. P. Mathéo). Se qualcuno, poco rispettoso dell’autorità suprema, osa discutere le parole sagge ed opportune del Papa, io gli rispondo con il seguente fatto, che dà  una lezione chiara e severa.  Un venerabile curato incontra una fanciulla di tredici o quattordici anni, vestita secondo la moda attuale, senza calze, con una veste estremamente corta e leggera. La fanciulla, accompagnata dalla sua governante, va a fare la sua passeggiata in tale acconciatura. Il Curato è un vecchio amico della famiglia, ed ha anche preparato la piccola alla sua prima Comunione. Egli la ferma infatti, e le dice: « Va a dire a tua madre da parte mia di allungarti il vestito almeno fino al ginocchio ed anche di più, perchè tu non sei più una bimbetta. E le dirai che sono rimasto impressionato di vederti in una acconciatura così poco cristiana.  La fanciulla, che è molto intelligente e molto buona, fa, tutta commossa, l’ambasciata del Curato. Insiste, perché è perfettamente convinta che egli ha ragione: « Ho vergogna di uscire vestita come se andassi al bagno », dice lamentandosi. Ma la madre risponde: « che il Curato s’occupi dei suoi affari in chiesa, io m’occupo dei miei in casa mia ». La risposta viene riferita al Curato dalla fanciulla, dopo la lezione di catechismo. Ma ecco che qualche giorno più tardi la madre, da buona cristiana (!) va a comunicarsi, come era sua abitudine, alla Messa del Curato. Quando questi giunge davanti a lei, per la Comunione, passa appresso… Distrazione ?… una seconda volta lo stesso… una terza egualmente… Oh! allora? La Messa è finita, la signora si precipita furente in Sacrestia ed investe violentemente il buon Curato, rimproverandogli il suo sorprendente modo di agire. Ma le parti erano cambiate: « Signora, vogliate pensare ai vostri affari, come è vostro desiderio, in Chiesa io mi occupo dei miei ». – Infatti, se il prete che ha il diritto di assolvere, non ha anche quello di indicare ciò che è contrario alla Legge del Signore, perché andare da lui a confessarsi? Termino con questa lettera che Sua Eminenza il Cardinale Mercier volle indirizzarmi, per riaffermare il suo appello lanciato alle famiglie cristiane per invitarle alla modestia: « Sì, Lei ha ragione: l’andazzo oggi in voga, per cui le madri imprudenti subiscono la tirannia della moda e denudano le loro figliolette, col pretesto dell’eleganza o dell’igiene, è colpevole e giustifica la sua riprovazione. Noi ci uniamo a Lei per supplicare le madri cristiane di ascoltare gli avvertimenti del nostro bene amato Pontefice, Benedetto XV, Vicario di Gesù Cristo, supremo interprete della morale cristiana. Educatori ed educatrici dell’infanzia e della gioventù considerate le vostre responsabilità. « Noi decliniamo la nostra, indicandovi il vostro dovere; voi non vi sottraete alla vostra, rifiutando di obbedirci » (Lettera del 10 gennaio 1921 al R. P. Matéo). – Ascoltate il lamento di Gesù: « Misericordia di me! Abbiate pietà di me e delle vostre anime, voi che vi piegate a tutte le esigenze pericolose della moda e che vi mettono in condizioni tali di provocare il male con condannabili sfrontatezze. « Misericordia di me: Abbiate pietà di me, mamme, spose e figliuole cristiane che io amo tanto. Non offuscate la vostra bellezza morale, facendovi ingannare da un miraggio di vanità mondana. Perché mi flagella, calpestando la mia legge Divina?… »

V. – Gli spettacoli

Roma pagana reclamava il pane… e gli spettacoli del circo. La società pseudo cristiana dei nostri giorni invoca anche essa a gran voce gli spettacoli. Essa non potrebbe farne a meno, ne è febbrilmente assetata. Io non condannerei, certamente, un teatro sano ed idealista, che potrebbe essere, a rigore, una scuola di virtù e di pensieri nobili, ma questo genere di teatro, ancora ricordato dai nostri nonni, non esiste quasi più. Il teatro moderno, invece, non dà che il quadro di passioni smodate e scandalose, e lo dà con una seduzione tentatrice. Con questi filtri diabolici esso abbellisce il peccato. La società moderna vi sì è assuefatta. Chi, oggi, si astiene da una rappresentazione, perché scabrosa e indecente? Una cerchia ben ristretta di Cristiani. Contro tale astensione vi è un rispetto umano molto più potente della delicatezza di coscienza. Far vedere di essersi privati, per scrupolo, da una rappresentazione, significherebbe essere indicati a dito da tutti. Quelli che osano affrontare la critica e che sì permettono di farlo valorosamente, quando se ne presenta l’occasione, sono una minoranza molto piccola. La mentalità attuale, d’altra parte, non permette più la critica sana. Qualche tempo fa si discuteva, in un salotto cristiano, intorno ad una scena veramente scandalosa. Un’artista insolente si era permessa di presentarsi in modo che io non posso dire. Ebbene, il pubblico l’aveva applaudita. Qualche famiglia indignata aveva abbandonato il teatro ed aveva attirato l’attenzione della polizia in proposito. Colui che raccontava il fatto era indignato contro un tale attentato al pudore. Ma di comune accordo gli si fece osservare che la cosa in se stessa non poteva avere nulla di speciale per essere additata alla censura, se nel teatro non vi fossero persone di età matura! Ciò significava dire chiaramente che tali spettacoli potevano essere permessi. Significava dire, in un modo molto farisaico, che la licenza, il peccato di impudicizia, la seduzione, la provocazione non esistono più, quando si sono varcati i venticinque anni! Dopo questa età che cosa se ne fa, l’uomo del sesto  e nono comandamento, e di tutto quello che essi contengono, come la purezza dello spirito, dei desideri, dei pensieri, ecc.? E ad eccezione di una sola persona, tutti in un salotto cristiano, pensavano egualmente e qualcuno portava anche come esempio che in Grecia, ai tempi dei famosi tragici, l’abuso di cui si parlava, era invece diventato un’abitudine. Che modo di pensare veramente cattolico, quello di cercare, dopo venti secoli di Cristianesimo, come scusa alle licenze della nostra epoca, queste licenze maledette ed abbominevoli in uso in Grecia e a Roma! Dopo venti o venticinque anni, è permesso di veder tutto, di sentir tutto… si è confermati nelle grazia!… – Quale bene immenso si potrebbe fare con le ingenti somme, sacrificate dai buoni in tanti spettacoli più che leggeri, frivoli e mondani… Bisogna reagire con coraggio ed ottimismo cristiano. Ma questa reazione deve cominciare dalla classe dirigente, perché il male, come il bene, discende quasi sempre da essa. Nel dire classe dirigente, voglio indicare soprattutto il fior fiore delle famiglie cristiane. Ad esse sta il decidere il gran conflitto morale dei nostri giorni, se il Maestro Gesù dovrà cioè subire ancora per molto tempo l’ignominioso flagello di cui la impudicizia lo rende vittima. « Misericordia di me: abbiate misericordia di me, voi che affollate gli spettacoli, davanti ai quali, secondo voi, tutto è permesso. Cessate di ridervi del sesto comandamento che io v’ho dettato. Fermatevi, figli miei! Oh! guardate alla luce del Tabernacolo; che torrente di fango, di frivolezza, di odiosa immodestia giunge come un insulto, quasi fino ai miei piedi divini! Esso minaccia la fede, i costumi del focolare, l’innocenza dei vostri fanciulli. Perché mi battete calpestando la mia Legge Divina? »

VI. – Divertimenti mondani – Danze

La vera vita sociale, vale a dire lo scambio sincero di relazioni degne, semplici e cortesi fra le famiglie, è un elemento di moralità, di educazione, nello stesso tempo che una barriera che regola, in una vita rettamente onesta, la legittima espansione dei nobili sentimenti di cristiana solidarietà. La vita sociale ben compresa, cristianamente vissuta, intensifica la vita di famiglia, e le impedisce di esser travolta dalla vertigine d’una vita mondana diametralmente opposta. La mondanità, con i suoi incalcolabili pericoli, nasce da una corruzione della vita sociale. Nella cerchia della famiglia e delle relazioni, quando non si trova più l’onesto riposo e la gioia legittima, il teatro, il casino ed il club offrono con successo, i loro frutti proibiti. Ai giorni nostri si vede un eccesso spaventoso di vita mondana a detrimento della vera vita sociale e di famiglia. Ecco perché le riunioni che vengono chiamate di società, sono nella maggior parte dei casi, delle riunioni mondane, ove la frivolezza e strane libertà comandano, procurando malsani divertimenti. Donde vengono questi balli « zoologici », come li chiama uno scrittore molto liberale? No, certo, da salotti distinti ed aristocratici. Le sale da ballo di alcuni casini ed alberghi molto volgari li hanno messi in voga. E come il vento fa penetrare negli atri più eleganti i detriti e le lordure della strada, così essi sono penetrati negli ambienti più distinti: hanno dovuto ben fare il giro di « halls » poco decenti e morali per ottenere il lasciapassare; ma si finisce sempre per concedere qualche cosa alle invenzioni dell’inferno… perché satana è più tenace ad attaccarci, che noi a difenderci. – La sconvenienza di tali balli è così sfacciata e il loro uso s’è così radicato, anche tra le persone rispettabili, che lo stesso Santo Padre ha dovuto protestare energicamente e riprovare con indignazione un tale andazzo. Ecco l’anàtema del. Sovrano: Pontefice: « Noi non deploreremo mai abbastanza l’accecamento di tante donne d’ogni età e di tutte le condizioni: invasate dal desiderio di piacere, esse non veggono fino a che punto l’indecenza del loro vestire turba l’uomo il più onesto ed offende Dio. La maggior parte avrebbero in altri tempi arrossito, come di un fallo molto grave contro la modestia cristiana: ed oggi non è per loro abbastanza l’esibirsi in tal modo nelle pubbliche vie; ma non sì peritano neanche di oltrepassare le soglie delle Chiese, di assistere al Santo Sacrificio della Messa, di accostarsi alla Comunione, portando là, ove si riceve il Celeste Autore della purezza, l’alimento seduttore di vergognose passioni. non parliamo di quelle danze esotiche e barbare, recentemente importate nei circoli mondani, una più indecente dell’altra: non si saprebbe immaginare niente di più adatto a bandire ogni residuo di pudore ». – Bisognava che l’abuso ed i pericoli fossero eccessivamente gravi, perché il Sovrano Pontefice fosse obbligato a precisare l’anàtema contro l’insieme delle mode e dei costumi particolarmente contro queste danze « esotiche e barbare ». Sembra veramente che Roma e l’antica Grecia, sepolte da secoli sotto la polvere dei loro idoli, rialzino la testa, e minaccino, con una rinascenza pagana, il Cristianesimo che aveva condannato inesorabilmente le passioni delle loro deità. Ed ecco che il nuovo Pontefice gloriosamente regnante, S. S. Pio XI, leva anche la sua autorevole voce: « Nessuno ignora come le frontiere del pudore siano state varcate, soprattutto nelle acconciature e nelle danze, dalla frivolezza delle donne e delle fanciulle, i cui abiti lussuosi eccitano l’indignazione dei poveri » (Enciclica: Ubi arcano Dei Consilio). « Le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa », è certo; ma si direbbe che in ogni crisi come quella che subiamo attualmente, l’anima cristiana, vale a dire il fondo cattolico dei popoli, è straziata dalle perfide tenaglie di questo modo, che crocifisse Gesù, e tende a rinnovare costantemente la sua Passione in mezzo a noi. Il peggio di tale sventura, non è il compito dei carnefici ufficiali di questo moderno calvario, ma l’inconcepibile cooperazione, ed il servile consenso dei buoni, degli amici… tolleranti e rilasciati… – Che pensare ad esempio del seguente episodio? Dopo la lettura, nella Chiesa parrocchiale di una spiaggia elegante, degli anàtemi del Papa, e d’un  vigoroso commento del Vescovo, lo zelante Curato dichiara chiaramente che i Cristiani che non si asterranno da quei divertimenti, non potranno ricever la assoluzione. Qualche giorno dopo, una combinazione è trovata, da un gruppo di pie (?!) danzatrici che vogliono, nondimeno, comunicarsi per la festa della Madonna. Si farà un’escursione, la vigilia della solennità, andando un po’ lontano, fino alla città di X… in un’altra diocesi. Là ci si confesserà, sfuggendo così all’anàtema; si tornerà un po’ tardi, per potersi facilmente scusare di mancare alle danze serali, e la mattina… comunione … E dopo la festa, si ricomincerà a ballare, e così… fino alla prossima festa! Non si chiama questo, prendersi giuoco della propria coscienza e dei giudizi di Dio? Non è voler procedere con alla destra l’Immacolata e alla sinistra il serpente del male, in un’alleanza impossibile quanto quella del peccato grave con lo stato di grazia? « Miseremini mei! Abbiate pietà di me, e anche delle anime vostre, voi che prodigate follemente il vostro danaro, la vostra giovinezza, la vostra salute! « Miseremini mei! Pietà di me, delle anime vostre, voi che perseguite i piaceri d’un’ora fuggevole, e vi stordite nella vertigine della passione sfrenata!

« Perché mi colpite, calpestando la mia Legge Divina? »

CRISTO REGNI (3)

CRISTO REGNI (3)

 P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani, die 4 febr. 1926

Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926- Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

CAPITOLO II.

LA SANTITÀ DEL RE D’AMORE SOCIALMENTE OLTRAGGIATA

Pilatus autem volens populo satisfacere, dimisit illis Barabbam et tradidit Jesum flagellis caesum.

[Pilato, volendo compiacere il popolo, restituì libero Barabba, e dopo aver fatto flagellare. Gesù, lo rilasciò.]

1. – Modestia e Moralità

Il profeta Isaia, indirizzando ai Pastori negligenti le minacce del Signore, li chiama, nel suo linguaggio ardito, dei cani muti che non sanno abbaiare (Is. LVI, 19). Guai infatti alla sentinella che non dà l’allarme, e il cui silenzio porta alla rovina coloro che il cielo le ha affidati! È dovere gravissimo e urgente, quello di denunziare il pericolo. – Ora, sembra evidente che una delle epidemie morali tremende, se non la più tremenda, in forza del suo carattere di provocazione pubblica e contagiosa, sia l’assenza di pudore che manifesta oggi la società. Ma per stigmatizzare i termini di questa passione scatenata, bisogna usare nello stesso tempo una suprema delicatezza, una chiarezza persuasiva. Non bisogna ometter nulla, ma neanche dir niente che possa offendere le coscienze cieche ed innocenti, che tuttavia l’aspetto esteriore accusa. Numerose infatti sono quelle — avremo l’occasione di dirlo — per le quali il candore eccessivo non permette di comprendere il perché delle severe prescrizioni della Chiesa; eppure la loro disobbedienza le conduce ad un abisso. L’affare della moda, checché se ne dica, implicauna seria questione di coscienza, poiché, dopo il peccato originale, una relazione molto intima esiste fra il vestiario e la purità. Il pudore, che obbliga a coprirsi modestamente, è una virtù tanto delicata quanto il candore dei gigli… tanto sensibile quanto la limpidezza «d’uno specchio, cui un leggero soffio offusca. Che la natura in se stessa sia buona, che possa esercitare î suoi diritti, tutto ciò sarebbe stato vero difatti senza il peccato originale. Che si usi un simile linguaggio nei paesi non per anco illuminati dalla fulgida bellezza del Vangelo e del Cristianesimo può, a rigore, concepirsi; ma che sì senta proclamar questo, nel nostro mondo, è inammissibile. Il Signore Gesù ha permesso che, per le circostanze eccezionali del mio ministero, nei centri di vita intensa, potessi convincermi della gravità di tale questione, della sua importanza per il Regno sociale del Cuore di Gesù. Oh, come vorrei comunicare tutta la convinzione dell’anima mia, a quelli e soprattutto a quelle che leggeranno queste pagine! Vorrei dir loro tutto ciò, ma con il grande, l’immenso rispetto alla squisita delicatezza che avrei per mia madre, se mi trovassi nella dura necessità di farle una lezione indispensabile, un doloroso e pesante richiamo. Possano esse essere accettate con una docilità ed una sommissione dolcemente illuminate e dirette dalla grazia. – Più che mai vorrei aver la soavità di Gesù, per dire tutto quel che debbo dire in suo nome, a delle anime belle, trascinate dalla vertigine d’un mondo seduttore. Quando il sole cade dietro le montagne, sembra che porti con sé la bellezza delle cose, l’armonia delle linee e dei colori. I più bei quadri della natura, i sommi, come i minimi capolavori della creazione, si cancellano, ingolfati in un impenetrabile abisso di tenebre.  – V’è un Sole che non si contenta di render sensibile al nostro sguardo la beltà intrinseca delle cose, ma che è esso stesso! la sorgente di ogni bellezza morale e spirituale: questo Sole è Gesù. Chiunque non gravita attorno alla sua Legge ed al suo Cuore, non può percepire le sublimi altezze d’un’anima cristiana, la sua nobiltà, la dignità sua, i secreti tesori di uno splendore intimo che rapisce gli Angeli; e vive allora necessariamente nelle tenebre. Nell’ordine della natura, vi sono le stelle che di notte brillano di luce propria, come per vendicarsi di essere state eclissate dallo splendore del sole. Ma nell’ordine morale, le stelle, voglio dire le anime che possono esser luminose e belle per se stesse, senza Gesù Cristo; radiose fuori di Lui, caste e nobili, disconoscendolo, di queste stelle, dico, non ne possono esistere. Noi potremmo, parlando di bellezze morali, distinguere due categorie: una, fatta di quei fiori il cui succo avvelenato dal peccato, nel Paradiso terrestre, è stato come guarito sul Calvario, dal Sangue del Cristo; l’altra fatta di fiori, per così dire, creati dalla Legge Evangelica, nati nel Cuore di Gesù, fiori squisiti dell’umiltà, e soprattutto della castità, della purezza e della modestia. – Il miracolo d’amore della Risurrezione fu coronato da un altro miracolo, unico nella storia, quello di una verginità feconda. Sembra che Dio abbia voluto inaugurare l’èra cristiana in un’atmosfera fino allora sconosciuta, quella della purezza. Da allora, la castità personificata e incarnata, rimarrà il prototipo della bellezza morale. Essa è, nel suo splendore, una creazione, una sublimità divina e inconcepibile: Maria Immacolata. Il naturalismo fu il primo serpente schiacciato dal suo piede verginale. Lo splendore immacolato della Regina dell’amore, non è che il riflesso della santità del Re, suo figlio; ora, chiunque ama Gesù e l’adora, deve anche rassomigliare a Maria: il suo spirito, il suo cuore, come la sua carne, devono tendere a raggiungere la verginale purezza di Lei. Soltanto i cuori puri vedranno Dio e riceveranno Gesù dalle mani della Vergine Maria.- Ecco la dottrina, il principio cristiano. Ma quando consideriamo la società, noi constatiamo che siamo ritornati al paganesimo immondo della antica Roma e di Atene. L’affermazione non è ardita né personale: ma si appoggia su testimonianze evidenti; si basa su fatti innegabili. – Questo ritorno ad un passato che non aveva conosciuto Gesù, dopo venti secoli di Cristianesimo, non è tuttavia un fenomeno anormale, ma una logica conseguenza della « scristianizzazione ». Le tenebre, le bruttezze morali ci avviluppano come una fitta nebbia, perché la famiglia e la società allontanano da sé il Sole Divino che feconda e conserva ogni bellezza morale; quella del fanciullo, come quella della madre. V’è peraltro qualche cosa di strano e di allarmante, nella evoluzione nefasta del costume e delle mode: è la larga parte che vi occupa, da qualche tempo, l’ambiente cristiano, il mondo cattolico. Sì: e tutta l’amarezza delle nostre riflessioni sorge da questa dolorosa constatazione: con grande e felice sorpresa dei rilasciati che ci spiano e ci criticano, un certo numero di famiglie che credono, pregano e hanno l’etichetta di Cattolici, sono, da qualche tempo, tocche e contaminate da questo naturalismo degradante ed estremamente pernicioso. – Si è sempre visto, in ogni tempo, lavorare il male alla sua opera di seduzione: ma i suoi operai naturali non erano, fin qui, che gli amici d’un mondo basso e volgare, la cui influenza era mediocre. Vi sono state in ogni tempo delle mostre destinate all’ufficio di diffondere l’immoralità, di far la « réclame » alle novità pemiciose (con le quali si riesce spesso a far fortuna). L’inferno ebbe, ed avrà sempre, i suoi agenti di perdizione: lasciamoli passare, ed abbassiamo gli occhi, con la pietà nell’anima. Questo male, troppo comune, ahimè, noi lo sorvoliamo, per fermare lo sguardo sull’evidente rilasciamento esteriore dell’ambiente sinceramente cristiano. Non vogliamo analizzare la vita interiore, la coscienza intima del Cristiano; ma condannare una pubblica manifestazione di collettiva spudoratezza; ma elevarci contro una licenziosità di abitudini, di costumi, di mode, il cui credito è dovuto alla malaugurata debolezza delle famiglie cristiane. – Siamo ancora a tempo ad arginare. questa corrente di fango, prima che essa abbia invaso tutti i salotti ed avvelenate tutte le manifestazioni della vita sociale moderna. Non è veramente doloroso veder vestite come persone frivole la Signora X… e le sue figliole? Eppure esse si comunicano spesso e fanno il loro ritiro annuale! eppure sono delle eccellenti persone… Illuminale Tu, Gesù! Non è da meravigliare che un’altra madre cristiana abbia condotto le sue figliole ad una rappresentazione teatrale scabrosa, ove siano scene disgustose per la loro cruda realtà, scandalose per la loro indecenza? Ne son rimaste forse sorprese e dispiacenti? No, perché avevan già letta la produzione disonesta! E domani, nonostante quel po’ di scandalo, nonostante l’errore della loro presenza al cattivo spettacolo, esse probabilmente andranno alla Comunione… Forma Tu stesso la loro coscienza, Gesù!

Non è forse cristianamente inesplicabile veder su quella spiaggia mondana, adagiate nei liberi atteggiamenti dei bagni di sole, le signorine tali e tali? La loro conversazione è molto animata. Le frasi vive e leggere come delle palle di tennis, si scambiano col gruppo dei giovanotti che le circondano. E le loro toilettes, che sarebbero al massimo permesse sott’acqua, appartengono tuttavia ad un pubblico che si chiama rispettabile. La mattina quasi tutte erano andate in Chiesa, ed hanno protestato il loro amore a Gesù-Ostia. E se si fosse presentato ora là, questo Gesù, Dio di santità? … Novelle Eve colpevoli, come sarebbero fuggite vergognose e confuse,. per sottrarsi allo sguardo divino che condanna ogni impudicizia…

II. – Mentalità moderna – Sue cause

Che pensare d’un’aberrazione talmente inqualificabile? Non è forse un segno dei tempi?  La fiaccola del male entra nelle case dei buoni; e ciò comunemente; qui, là, dovunque… Gesù ne ha il cuore ferito. La Chiesa geme e protesta invano! Per quel certo mondo, le tavole della Legge giacciono in pezzi, e non è davvero la Chiesa che le ha spezzate,  come Mosè… – « Ci vorrebbero, scrive un polemista cristiano – molta più  unità e logica pagana e mondana. » È vero re perché noi non abbiamo nell’insieme quella coesione e questo modo di ragionare profondo, dobbiamo assistere ad una  resurrezione della Roma pagana. Ma essa non consiste tanto nelle diverse manifestazioni dell’arte, pittura, scultura, ecc., quanto nella vita sociale: e questo è peggio. Niente da meravigliare, certo che questa rinascita furiosa del paganesimo, si ripeta in differenti epoche, come il cratere di un vulcano infernale che sì riapra; ma è assai preoccupante constatare che i suoi gas, mortalmente asfissianti, abbiano penetrato fino alle porte chiuse dei focolari cristiani. Qual è dunque la spiegazione plausibile di questa ibrida mescolanza di pietà e di vita sociale frivola; di buona volontà intima, e di scandalo esteriore, di comunioni frequenti e di costumi licenziosi? –  Per rispondere, torno ad un’affermazione del capitolo precedente, che qualcuno può aver trovato strana. Il Giansenismo disseccò l’amore di Dio nei cuori e soppresse, nel focolare domestico, l’impero di Gesù. Bandì il Re d’Amore e lo sostituì con un Cristo severo, con un Dio terribile, schiacciante, tonante come Giove. Per molto tempo, un certo nucleo di Cattolici ha vissuto di Giansenismo. Questa camicia di forza doveva cadere e cadde finalmente. Noi assistiamo da qualche tempo agli eccessi della libertà, alla sfrenata licenza di una società, che vuole inconsapevolmente rivalersi d’aver vissuto troppo lungamente sotto la pressione d’un terrore religioso pseudo-cristiano; La menzogna non è mai un elemento di educazione morale. Io dicevo anche che la mancanza d’una carità forte, vigorosa, in quelle famiglie avvelenate dal Giansenismo, aveva provocato una educazione artificiale, formalista, che non poteva durare. Convenzioni religiose. d’un rigorismo assurdo e troppo spinto, educazione senza base, senza vera conoscenza del Vangelo, senza l’Anima e il cuore di questo Gesù evangelico ed eucaristico. Ecco dunque almeno  in parte, la ragione d’essere di queste famiglie, cattoliche di titolo ma pagane di costume, di abiti e di godimenti, nella vita sociale. I cattivi vi sono forse in piccolo numero. ma i deboli, i profondamente ammalati vi abbondano. Noi risentiamo soprattutto delle mancanze di Eucarestie, nel sangue di molte generazioni cristiane, istruite nel Catechismo, ben imparato a memoria ma mai vissuto, nello spirito, per amore.  E poiché il Sangue del Salvatore non corre con sovrabbondanza nelle vene dei nostri Cristiani, perché non s’è fuso col sangue di tante famiglie cattoliche, non c’è oggi in noi, la forza di una energica e coraggiosa reazione. – Lo sappiamo: senza Gesù-Ostia, nessuna vita interiore, nessuna energia morale per la lotta; nessuna castità possibile, né nella carne né nello spirito. Che l’acqua scorra sulle fronti, ma che il Sangue Divino scorra anche nelle vene! La forma religiosa non esiste senza essere animata da un amore ardente. Esso è l’anima della nostra anima, ed è la grande carità che civilizza, non già la superficie, ma il cuore degli individui e delle società. Con la cittadella cattolica così minata, non era difficile farla diventare la preda dei mondani e metterla, dopo qualche sforzo combinato di prudenza e d’audacia, alla stregua del secolo dissoluto. – Non ci manca davvero molto, fra noi, per giungere all’apoteosi di Venere. Essa è l’idolo vivente verso il quale la sommissione è cieca alle sue leggi tanto nelle vie, quanto nella famiglia e nel mondo.  Il gesto rituale alla dea, non è ancora compiuto di fatto; ma il culto è già reale. Eravamo ad una funzione di riparazione. In una tribuna di Chiesa che loro era riservata, in considerazione della casta e della condizione sociale che occupavano nelle opere cattoliche della città, io vidi un gruppo di Signore molto raccolte, ma il cui assieme sarebbe stato francamente scorretto anche fuori di Chiesa. Siccome la cerimonia si prolungava, esse si ritirarono per assistere ad un ballo in un albergo, il cui scandalo degli abiti e della danza era quanto mai notorio, ed era stato, per parte della autorità ecclesiastica, il tema obbligato della censura dei quaresimalisti… – Non è questa una penosa disfatta per Gesù e per l’Immacolata, che delle donne cristiane cioè, escano calme e soddisfatte da una festa di riparazione per andare senza indugio, senza apparente rimorso, ancora fragranti dell’odore dell’incenso, a partecipare ad una riunione, dove si sa che il Maestro sarà flagellato? E non è anche un fenomeno morale degno di studio?  Non si può supporre « a priori », che tutte le persone che agiscono così, vogliano volontariamente, consapevolmente il male, e che vogliano accrescerlo con lo scandalo: no. Che non si dica peraltro che il dovere di piacere al marito sia ordinariamente la causa del contegno e dell’atteggiamento frivolo e mondano. Nell’ambiente sinceramente retto di cui parliamo, si potrebbe, la maggior parte delle volte, metter sulle labbra dei mariti quel che mi diceva uno di loro, riguardo a certe conferenze che dovevo fare alle Signore: « Dica loro, Padre mio, dica loro ben chiaramente che i mariti, anche quelli che son poco religiosi, ratificano la legge divina che vuole che le nostre spose fuggano il lusso, la vanità, la spudoratezza. Noi lo vogliamo per interesse di onore umano e sociale, molto più che per interesse economico. Insista, faccia loro questa grande ed urgente carità. Ne conosco qualcuna che ha già compreso… Lei non perderà certo il suo tempo… – Sono rari i mariti che non hanno questa mentalità. L’assenza di una vera e profonda carità nella educazione cattolica, ci ha condotti a questo stato di paganesimo. Si è vigilato con diligenza alla formazione dello spirito, si è stabilita la conoscenza speculativa. Dei grandi principî, ma sì è troppo trascurato di formare il cuore all’amore del Salvatore. Si è considerato come un accidente quel che è una sostanza; sì è mostrato il Vangelo e dettato la Legge, ma non s’è abbastanza diretto il cuore nella via dell’amore, e della confidenza verso il Legislatore di luce e di carità verso l’adorabile persona di Nostro Signore soprattutto nel Santo Sacramento. Senza questo amore senza la sua potenza morale, si possono sapere molte cose senza viverle. La conoscenza della teoria non fa che rendere più colpevoli quelli che non vi si uniformano nella vita pratica. – Bisogna amare Gesù Cristo per osservare pienamente la sua Legge ed il suo Vangelo. Infatti, nella vita sociale, in moltissime circostanze è quasi impossibile resistere alla corrente mondana e frivola, senza la base di un amore serio, intimo, fervente. Bisogna rendersi conto del tempo e delle circostanze, per apprezzare il dono di forza morale che suppone spesso, in una persona del mondo, il fatto di opporsi al disordine della società seducente che lo circonda. Ecco perché in questo caso, più che criticare, compatisco. Rendersi indipendente è spesso senza che ci se ne avveda, un eroismo segreto. Ma questo eroismo non sarà mai se non il frutto di una santa passione d’amore per il Maestro adorabile. Solamente col possesso del suo Cuore, si possono sfidare il mondo ed i suoi sarcasmi: non altrimenti. Guardate i meravigliosi sacrifici di dignità morale cristiana, che la fidanzata ottiene dal fidanzato, quando essa sia una giovanetta veramente pia, consapevole dei propri doveri e della responsabilità cui va incontro nell’avvenire. Guardate reciprocamente, quel che il giovane ottiene da lei, in omaggio alla loro affezione: l’astensione da certe riunioni mondane e dall’avvicinar persone frivole e volgari: un cambiamento di abitudini e di contegno… e così via. Il cuore comanda ed è obbedito. Oh, se il Cuore di Gesù avesse questa Sovranità vittoriosa! L’applicazione di questo metodo, in un ordine molto più elevato, trattandosi d’amor divino, farebbe dei Santi nelle schiere dei più eletti Cristiani. E. nello stesso modo che il Dottor Angelico « ha potuto dire che la pace più autentica e reale, si raggiunge più con la carità che con la giustizia » (Citata da S. S. Pio XI nell’Enciclica Ubi arcano Dei Consilio), così si può affermare che l’insieme della vita cristiana si incoraggia e si vivifica molto più che dalla conoscenza dei diritti di Dio e delle sue Leggi, dalla carità, dall’amore che ci porta verso Colui che ha stabilito questi principî e che ne è il fondamento irremovibile e la indefettibile sorgente. È vero che il meraviglioso sforzo soprannaturale di grazia che è il movimento verso il Cuore di Gesù, trascina a poco a poco le famiglie cristiane in questa via del verace amore, ma la vittoria sulla immensa maggioranza non è ancora compiuta.

III. – Profondità del male

Entriamo adesso in uno studio concreto di questo male di spudoratezza collettiva che diventa sempre più una regola convenuta, e di cui non si arrossisce più, di cui non ci si può neanche meravigliare di non arrossire, senza esporsi a passare per ingenui… o maliziosi od eccentrici. Non perdiamo di vista che il nostro studio riguarda coloro che son ritenuti, e non senza ragione, Cattolici convinti e praticanti. Nell’età d’oro del nostro tempo, il pudore era considerato come un angelo vigilante e venerato; come una vergine di celestiale bellezza, ed era ambito fra le più belle virtù. Poi divenne, con la sventurata evoluzione dei tempi e con l’indifferenza religiosa, una semplice vestale che le famiglie meno cristiane tolleravano con freddezza. Nel periodo di rinascimento pagano in cui viviamo, Venere regna senza rivali… II pudore non è più ai giorni nostri, la vergine cristiana, e neppure la. Degna vestale. La si tratta come una « vecchia zitella » decaduta, antiquata, le cui ridicole esigenti pretese non si adattano più alla nostra epoca di emancipazione, che intende liberare la donna da pregiudizi assurdi e caduchi.  Il vecchio adagio cristiano diceva che la donna deve essere onesta e deve anche mostrarlo. Se ai nostri giorni ella deve esserlo nello stesso modo, non ha però più bisogno di mostrarlo, per essere ricevuta, stimata e ammirata. Il fondo intimo della coscienza è un affare privato, si dice; quanto alla fama esteriore, modesta, pudica, questo non ha nulla che vedere con la coscienza. Che triste aberrazione! Povera morale, tanto lontana dal Vangelo. L’immodestia non è più un peccato: così ha decretato un certo mondo, (e qual mondo!) Essa è snobismo, eleganza, igiene! Così parlava Venere… e la sua corte s’è allargata con grande scapito della virtù. – Questa bruttura ed abiezione morale ostentate, erano prima le caratteristiche di una certa categoria di persone. assai poco rispettabili, ahimè, e che certo, allora, non dettavano legge. Oggi invece esse dettano il contegno nella via, nei ricevimenti, nei teatri, nell’estate e nell’inverno. Costoro hanno, con forbici diabolicamente malefiche, diminuito, tagliato, soppresso, come hanno voluto, dispoticamente, costantemente, determinando le dimensioni e le fantasie della moda. Una parte dell’elemento onorato e cristiano, si piega alle loro pagane novità, e spoglia inconsapevolmente Gesù della sua tunica, di quel Gesù già flagellato dai suoi nemici, per flagellarlo un’altra volta e più crudelmente, con le mani dei suoi stessi amici. – Le frivole lanciano la moda… ma troppo numerose sono le virtuose e le serie che la pagano e l’accreditano dinanzi alla società. I fatti che stanno a mostrare l’inesplicabile accecamento, hanno provocato, a più riprese, gli anàtemi del Papa e dell’Episcopato del mondo intero. In Polonia, come in America, nel Belgio come nella Spagna, in Germania come nella Svizzera, e in Austria, ed in Francia, i Vescovi hanno parlato tanto forte e chiaramente, come l’avevano fatto in Italia; ora, sarebbe insensato credere che tale uniformità di riprovazione non abbia altra base che una fantasia eccitata, o degli scrupoli da disprezzare. Se i nostri Pastori, i Vescovi hanno dovuto imporre regole di modestia, anche alle persone pie, che frequentano la Chiesa e s’accostano alla Comunione, ciò significa che le leggi generali di convenienza. non bastano più! … E queste regole di modestia devono essere applicate anche un po’ largamente, per non creare costantemente dei seri inconvenienti nella casa di Dio… Noi siamo dunque in questa crisi di pudore, in presenza di uno squilibrio morale collettivo. Poiché la legge cristiana obbliga tanto alla modestia esteriore, quanto alla interiore purezza, e la mancanza della prima, aggiunge alla colpabilità, la terribile responsabilità dello scandalo: la provocazione al male. Ecco una testimonianza schiacciante del potere del peccato d’impudicizia. Un giovane di buona famiglia si trova convalescente dopo la grave malattia che lo ha trattenuto, a letto in una clinica, per oltre tre mesi. Quanto prima, dunque, esso potrà ritornare a casa sua. Il medico primario, grande amico della famiglia, ha il diritto, e sente il dovere di fargli una lezione di morale. Come medico, ha un’autorità incontestata, e ne approfitta per parlare chiaramente al giovanotto: « Lei conosce già, per dolorosa esperienza, ove conducano le mondanità pericolose; adesso, si tenga in guardia; prenda delle ferme risoluzioni ». Ascoltate la risposta sfolgorante di verità del povero convalescente: « Dottore, grazie! Ma perché Lei, medico, non può salire in cattedra e dire anche alle signore e alle signorine che si chiamano oneste e che lo sono forse nell’intimo, di esserlo molto, molto di più anche all’esterno? Perché anch’io, senza uscire dall’ambiente rispettabile della mia famiglia e della cerchia delle mie relazioni, io trovo già ad ogni passo, fra quelle che sono, senza dubbio, le migliori, il fuoco che brucia le vene… e che finisce un giorno per irrompere nella foga della passione. Grazie, dottore; ma poiché Lei è Cattolico, parli ai Sacerdoti, dica che non si contentino delle buone intenzioni delle persone virtuose, ma che fustighino e condannino la loro immodestia del vestire e del contegno, inconsapevole, voglio crederlo, ma pericoloso per chi le avvicina o deve viver con loro. Esse forse andranno in paradiso, ma senza pensarci, lanciano noi, talora, nell’abisso ». Tale quale il coscienzioso dottore me lo ha trasmesso, io, predicatore ed apostolo, lo ripeto a quelle che, essendo rette dinanzi a Dio, non sembrano altrettanto di esserlo dinanzi alla società, ed incorrono perciò in tremende responsabilità. – Non dimentichino esse che la modestia è, nello stesso modo che una virtù privata, una inestimabile ed imperiosa virtù sociale. Dobbiamo forse contribuire e possiamo farlo impunemente, alla caduta del nostro fratello? Ora, la immodestia per sé stessa, come ho già detto, è un’eccitazione al male più pericoloso, perché più seducente; e questo non è soltanto vero per le persone pervertite, ma anche, starei per dire, soprattutto per quelli, più numerosi che non si creda, la cui natura, nonostante i loro sforzi, è anemizzata, malaticcia, propensa al male. Tutti portiamo il tesoro della virtù in un vaso prezioso, ma fragilissimo: coloro che affermano il contrario, mentono. Questo vaso, bisogna portarlo e farlo portare con una prudenza e una delicatezza di carità veramente cristiana, perché la carne è debole. Noi viviamo sotto un regime cristiano, nel quale la modestia è un principio stabilito da intima virtù e di dignità sociale esteriore. La società dunque, ha il diritto di reclamare quando, mancando a certi elementari riguardi, si fa mostra di brutture morali che non sono lezioni di onestà e di virtù, soprattutto per la generazione che cresce, che formerà la società di domani. D’altronde, noi sappiamo troppo bene che questo male è una fiamma che divora rapidamente il più bell’edificio morale. – Ricordate l’orribile battaglia dei laghi Masuriani? Migliaia e migliaia di russi, caduti in un’imboscata, perirono nei pantani simulati, affogando nel fango, e divorati dai rettili. Lo spettacolo di quei reggimenti incalzati dalle baionette fino al fondo dell’abisso, annegantisi sotto il peso delle loro stesse armature, dovette esser terribile. Questa stessa battaglia, senza molta resistenza, ahimè, si continua ancora, pur troppo. Il mondo spinge con le sue critiche pungenti, l’elemento rispettabile cristiano, che il rispetto umano travolge. Da tutte le parti, sono le paludi fangose che minacciano d’inghiottire i reggimenti delle giovani generazioni. È tutto un piano strategico, mirabilmente ed accuratamente elaborato da satana, in perfetto accordo con gli uomini del progresso, i grandi luminari e superuomini del secolo. Guardate come sono strette le maglie di queste reti mondane! Guardate come la battaglia pagana continua, coinvolgendo spietatamente nei vortici del rilasciamento. La Chiesa porta ai giorni nostri il grande lutto dei suoi migliori perduti. Studiamo dunque brevemente le insidie ed i pericoli della mondanità moderna.

CRISTO REGNI (2)

CRISTO REGNI (2) 

P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. Vita E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur – Mediolani, die 4 febr. 1926

Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR

In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

PREM. TIP. PONT. ED ARCIV. S., GIUSEPPE – MILANO

CAPITOLO I

L’AUTORITA’ DEL RE DEI RE DIMINUITA

I. Il grande male moderno

lo non ho mai avuto gran timore degli attacchi rabbiosi dei settari che combattono contro la Chiesa e i suoi altari. La loro potenza aggressiva è limitata in virtù della misericordia di Gesù, che conosce la nostra miseria e che non permette che noi siamo tentati al di là dalle nostre forze; del resto, la collera dell’inferno è una prova che sta tutta a favore degli apostoli e delle anime. – Più della potenza dei nemici, io temo la debolezza degli alleati, e l’indifferenza dei buoni. Se Nostro Signore, infatti, ha affermato a santa Margherita Maria, in un modo così sicuro, che Egli regnerà « non ostante i suoi nemici », non ha con questo affatto contraddetto un’altra affermazione: che è indispensabile per completare l’interpretazione dello spirito della sua promessa: Egli regnerà soprattutto in misura della fedeltà dei suoi amici, e giammai malgrado coloro che Egli si è degnato eleggere per suoi amici ed apostoli del suo cuore. Il Re d’Amore regnerà nonostante l’inferno ed i suoi seguaci, si … Ma Egli non regnerà se vi sarà tiepidezza e fiacchezza in coloro che sono la sua falange di destra; non regnerà malgrado i figli della sua luce e gli eletti del suo amore. – Uno dei mali rilevati ed aggravati dagli avvenimenti, riguarda precisamente una cerchia di persone cristiane e cattoliche, dominata in parte dallo spirito mondano. Un insieme di massime perniciose, un andazzo di vita mondana e pagana, si sono in esso infiltrate, smovendo gli amici del Maestro, inquinando soprattutto i costumi, le abitudini e l’educazione della famiglia cristiana. E tutto questo con una grande abilità, senza toccare l’esteriorità cristiana, senza profanare, con manifesta empietà, le tradizioni sacre. Si è sempre cattolici di nome, si possiede l’amore proprio del titolo di cattolico e se ne conserva l’apparenza, ma l’anima di questo cattolicesimo si evapora q goccia a goccia. Che distanza immensa tra lo spirito, la mentalità, il costume, le abitudini, l’educazione di due successive generazioni! Che eredità di nobiltà morale e cristiana dilapidata dalle esigenze assurde ed inique di una società che, di fatto se non di diritto, condanna come cosa fuor di moda il Vangelo, la sua morale ed il suo spirito. – In questo studio sommario, terrò lungi dal mio pensiero coloro che sono veri e propri mondani, i frivoli per educazione, gli indifferenti e gli irreligiosi, ma tratterò esclusivamente di quello ch’io chiamerei mondo cattolico, ove la società e la famiglia cristiana si manifestano profondamente contaminate da alcune idee stravaganti e pericolose, e soprattutto per i costumi troppo liberi e paganeggianti. – Alle famiglie credenti soltanto rivolgerò il lamento che ad essi fece il Cuore di Gesù quando disse: « lo sono stato ferito in casa dei miei e fra i miei ». Costretto per debito di coscienza ad aprire gli occhi altrui, vorrei avere il tono persuasivo di un convinto, e nello stesso tempo l’accento afflitto d’un cuore sacerdotale. Lungi da me il pensiero ed il tono di una critica sferzante, che non s’addice mai alla penna del sacerdote. Il mio linguaggio è consacrato unicamente a sradicare il male, mostrando il bene, certamente con la piena sincerità di una coscienza sacerdotale, ma anche con la delicatezza e la dolcezza ineffabile del Vangelo che ama e rispetta il malato che bisogna guarire.

II. – Gesù è sempre ricevuto in casa di Simone

Una lettera molto gentile mi invita a fare l’Intronizzazione del Cuore di Gesù in una cospicua e grande famiglia. Dico grande, perché è nobile e ricca, e perché ha un nome molto cristiano. Mi si fissa il giorno e l’ora; mi si prega anche, arrivando in casa di fermarmi in portineria per farvi la stessa cerimonia. lo vado. Fin dalla soglia della portineria, l’intera famiglia del portiere, piena di gioia e di riconoscenza si prepara a ricevermi. La piccola stanza da pranzo è adornata di fiori e risplende di luci. Quante preziose economie sono state impiegate per la bella immagine del Re, amico di Betania, che spicca nella gran cornice dorata, in un’armonia di semplicità e di decoro! I fanciulli sono stati dispensati dalla scuola, e di buon mattino tutta la famiglia s’è inginocchiata alla Sacra Mensa. Ed ora essa canta, prega e piange di gioia. Io pronuncio poche parole, poi i fanciulli, i genitori da parte dell’Amico che rimane a presiedere il focolare, e vuol partecipare alle sue gioie ed ai suoi dolori… Ma prima di lasciarli, bisogna ch’io firmi alcune immagini ricordo, e prometta loro una Messa di ringraziamento, per l’onore e la grazia che il Re Gesù ha concesso, e perché essi si mantengano degni della amicizia di Lui. – Ed ora, toccate con mano qual doloroso contrasto! Tutto pieno ancora di commozione per l’amore semplice e forte di questi poveri, per il Povero divino, salgo in ascensore, e dopo qualche secondo, vengo introdotto nella sontuosa dimora della famiglia X … È mezzogiorno. La padrona di casa mi riceve, e dopo qualche parola di ringraziamento, mi invita a cominciare la cerimonia… Guardo attorno a me e cerco l’altare, o almeno l’immagine del Sacro Cuore. La signora X… indovina il mio desiderio e mi conduce in fondo al salone. Là, trovo, confuso fra cento ninnoli cinesi, una piccola e minuscola statua. Non un fiore, non una piccola lampada. I candelabri di bronzo restano spenti. Essi conservano la loro luce per altri, e non per Gesù! Domando con discrezione: — La famiglia assisterà a questa funzione ufficiale? — Il marito ed il figlio maggiore sono ancora in letto, perché son tornati dal teatro molto tardi; e le due giovani figlie sono appena uscite per fare a tempo, se sarà possibile, ad ascoltare l’ultima Messa. Dunque dinanzi a Madama X… e a due domestiche si rinnova il banchetto di Simone! Con brevi parole commento la scena evangelica, mi lamento di una accoglienza tanto fredda, e la biasimo: il Maestro è stato invitato, è vero, ma ahimè, è stato ricevuto senza onori; Gesù, riconosciuto forse, ma senza amore, quasi come un Re detronizzato!… Questo quadro rappresenta tutta una mentalità, tutto uno spirito di Cristianesimo convenzionale, ancora sincero, ma anemico, diluito, sfigurato. Il posto d’onore, voglio dire il trono vivente di gloria e di regalità d’amore, che Nostro Signore desidera e reclama, Egli non lo trova più, in generale, nella casa dei suoi, cioè nella sua casa. – La famiglia cristiana, salvo alcune belle eccezioni, venendo a patti con le esigenze mondane, lo misconosce di fatto. Non si vorrebbe tuttavia che Egli se ne allontanasse, e che, all’esterno, si creda o si dica questo; tuttavia, il posto intimo che gli spetta per diritto divino, nell’anima dei genitori, e per conseguenza in quello dei figli, non è più il suo. Per una conseguenza logica, se nella coscienza e nei cuori, Gesù non è più il Re che governa, il Padrone che comanda, non potrà esserlo, del pari, nella vita pubblica della società. Se per Lui c’è rimasto soltanto un certo protocollo di etichetta cattolica, si deve al fatto che Nostro Signore non è più se non un Re, un Sovrano che si riceve in incognito, con estrema prudenza. In qualunque casta sociale, questo male è penetrato; e dovunque, i timorosi e i pavidi si piegano, sotto il giogo del paganesimo moderno. Si adora furtivamente il Divino Crocifisso, aspettando che i tempi cambino, per alzare il suo labaro ed elevare il suo Vangelo e la sua Legge agli onori della vita sociale. Nostro Signore è sempre più allontanato dallo sguardo e dal cuore della società; Egli non è più il Maestro! La migliore prova di questa affermazione è il fatto concreto, eloquente e costante di una vita familiare e di una vita collettiva soprattutto, in aperta contraddizione: coi più elementari principî di una coscienza cristiana. Quel che dicono le labbra, in Chiesa, la domenica; quel che mormora il cuore, sempre in segreto, è sconfessato dagli atti della vita pubblica, tanto è vero che non si può servire due padroni in una volta. Onde bisogna tristemente concludere che, se si seguono i mondani, non si ha di Cristiani che il nome; e la fede allora è debole a tal punto, che non ha più il potere di arrestare sulla soglia del cuore e del focolare domestico, il flutto invadente e fangoso del piacere proibito.

II. – Qual è la conseguenza più immediata di questa apostasia latente?

È la mancanza d’autorità nella famiglia, con tutti i suoi effetti funesti. La gerarchia dei diritti e dei doveri è tale, che quando se ne toccano le fondamenta, tutto l’organismo resta scosso. Così, nella misura in cui la famiglia elimina la sovranità sociale di Nostro Signore, perde il suo prestigio ed il suo equilibrio; l’autorità dei genitori ne risente, e la felicità familiare crolla fatalmente, presto o tardi. – « Venga a casa, presto, Padre mio », mi supplica un giorno un signore, in preda a viva commozione. Gli domando perché, ed egli cerca di spiegarsi; ma poiché i singhiozzi lo soffocano, lo faccio sedere e aspetto. « Ecco — mi dice, dopo qualche minuto; — Lei conosce il mio figlio maggiore, e sa quali sacrifizi abbiamo fatto per la sua educazione ed il suo avvenire. Ma Lei sa, pure, che sei mesi fa egli partì in cattiva compagnia, e, dopo d’allora, siamo rimasti senza sue notizie. Ecco che arriva all’improvviso, va diritto in camera sua, senza neanche salutare né sua madre né me. Indignati, andiamo verso di lui, rimproverandogli la sua condotta, chiedendogli donde viene e cosa ha fatto… Ebbene, sa Lei quale è stata la sua risposta? Ha insultato me, suo padre, ed ha alzato la mano sulla madre sua! Oh, che ingrato! … Venga Padre, venga con me a parlargli ». — « Caro signore, non vengo ». — « Ma io non comprendo perché non vuol cercare di parlargli e di convertirlo ». — « No, no, mi scusi, non posso venire assolutamente ». — « Padre, perché dunque? Mi spieghi almeno la sua condotta, tanto contraria alle sue predicazioni? » — « Sì, signore, lo farò in poche parole ». E avvicinandomi, prendo affettuosamente la mano dell’infelice padre, e gli dico gravemente, ma col cuore commosso di tenera pietà: « Ecco, è tanto tempo, che sua moglie ed io la supplichiamo di piegare i ginocchi e di compiere i suoi doveri di Cristiano; ebbene, dimenticando lei il primo comandamento, ha insegnato a suo figlio a dimenticare il quarto. Non è questo logico? Se suo padre disobbedisce agli ordini di un Dio, egli può bene disconoscere l’autorità di suo padre, che, dopo tutto, non è che una creatura. Lei è stato buono con la sua sposa e i suoi figli buono con i suoi amici ed i suoi domestici: ma è stato crudele verso Nostro Signore; Egli è il solo che Lei abbia misconosciuto; Suo figlio è stato buono per i suoi amici; troppo buono e condiscendente. tutti, forse, eccetto che con Lei, suo padre. Si metta in ginocchio, riconosca l’autorità del Maestro, confessi le sue colpe, ed allora, sì, noi andremo a casa, vi condurremo Gesù, e convertiremo il giovane ». La sua confessione fu ammirabile di sincerità e pentimento, e la conversione del figlio, che ne seguì fu non meno bella e vera. Ecco l’equilibrio ristabilito nell’ordine e per l’ordine del Vangelo. La pace non ne è che una logica conseguenza. Non si dirà mai abbastanza che il gran male moderno non è la guerra, la rivoluzione o il caro prezzo della vita. No, il male radicale trascendente, sta nel focolare domestico scosso, perché totalmente o in parte scristianizzato. Non bisogna ragionare da fanciulli e giudicare l’importanza di un fenomeno dal fracasso prodotto, dalle sue remote ripercussioni. Per i semplici, un colpo di cannone è più spaventoso di un microbo o di un libro. Ora, noi sappiamo che tutti i cannoni non hanno fatto tanto male quanto un microbo, dal punto di vista fisico, e quanto un libro, dal punto di vista morale. I tre quarti di male che devastano l’Europa, radendo fino alle radici quel che la guerra aveva lasciato ancora in piedi, sono la conseguenza d’un male che è alla sorgente stessa della umanità: nella famiglia.  Leggete questa frase uscita dal cuore angosciato del Papa Pio XI: « Si è decretato che Dio, che il Cristo Signore non presiederebbe più alla costituzione della famiglia! » (Enciclica citata). Ecco il male radicale, che lo stesso S. S. Benedetto XV denunziava nella sua lettera del 25 aprile 1915, preconizzando la crociata dell’Intronizzazione del Cuore di Gesù nelle famiglie. – Noi dimentichiamo troppo ingenuamente che la famiglia è scuola per eccellenza, di virtù o di vizio, di santità o di delitto, e trascurando di purificare questa sorgente, ci lamentiamo sterilmente di mali che ci vengono a colpire per nostra negligenza. Le famiglie mondane si trasformano rapidamente in pagane, per divenire addirittura laicizzate. Non si capovolgono impunemente i principî del Vangelo; l’edificio della Redenzione è fondato su Nazareth, ed è la famiglia cristiana che dovrà sempre perpetuare il frutto del Calvario. A misura dunque che la tempesta satanica neutralizza l’esempio di Nazareth, vale a dire l’influenza del santuario domestico, per eccellenza cristiano, essa compromette i frutti della Redenzione. Questo è un principio positivo di legge divina. Il Signore avrebbe potuto procedere altrimenti, ma Egli tracciò questa legge, e vi si sottomise Lui stesso; fondò la famiglia e la divinizzò elevando il matrimonio alla dignità ed alla sublimità di un sacramento.

IV. – L’apostasia sociale, dolorosa e logica conseguenza della apostasia famigliare.

Si potrebbe forse trovare, tanto tra i saggi ed i ricchi, quanto fra la folla degli avventurieri, dei semplici e dei poveri, un tale esercito di gente senza fede né legge, che dirige la cosa pubblica, che influisce potentemente sui destini dei popoli, che lavora con pertinacia a laicizzare la società, che studia con passione i mezzi di sopprimere Dio ed il suo Cristo da tutte le attività della vita; si potrebbe, dico, trovare un’armata tanto formidabile, se la famiglia cristiana fosse rimasta una cittadella di verità e di morale cristiana? No, mille volte no! Confesso; certo, che qualche unità di questo immenso esercito possa essere formata da vili apostati di qualche focolare cristiano, ma noi siamo obbligati a constatare che la immensa maggioranza è il frutto naturale d’una società neo-pagana. Questo male non è stato improvvisato dal recente conflitto d’armi. La barca navigava già senza bussola: andava alla deriva, quando fu urtata da questa mina subacquea che fu la guerra.  a famiglia cattolica era già stata colpita mortalmente dal Giansenismo, eresia più pericolosa di qualunque altra, perché la più ipocrita e la più astuta nel suo sistema d’attacco, e nelle sue tendenze di distruzione. Conservare, come insegna, il blasone di un Cristianesimo scrupoloso ed integrale, che abilità satanica! Servirsi della Croce, per avvelenare il focolare domestico, con un veleno ad azione lenta, profonda, mortale, quale potente fortuna di diabolico successo!… Il Giansenismo è il monaco apostata, diventato, per orgoglio, un novello satana, ma un satana che conserva l’abito, l’aspetto, la dignità esteriore del religioso. – Accentuando, per principio, la sua apparenza di virtù austera e penitente, gravemente, con l’aureola d’un anacoreta, d’un uomo di preghiera e di disciplina, è penetrato nel santuario familiare, infiltrandovi uno spirito tanto più forte e penetrante, quanto la forma estetica di questo mentitore corrispondeva ad un ideale di austerità, vagheggiata da talune famiglie cristiane. – Il Giansenismo non si fermò ai rigoristi, ai ferventi dell’osservanza alle leggi divine, ma invase abilmente e risolutamente tutto il fiore della cristianità, non già per predicare, come il protestantesimo, un rilassamento, ma per reagire contro i rilassati e i non curanti. Da principio, il Giansenismo non avvelenò tanto le folle, quanto un nucleo di famiglie, influenti per la loro situazione sociale, o per il credito della loro virtù cristiana. Predicando in questo ambiente, una crociata di terrore, col suo rigorismo ad oltranza; sostituendo il timore alla carità, facendo agire arbitrariamente la giustizia divina da inesorabile, là dove il Vangelo e la Chiesa predicano la Misericordia, esso provocò in un gran numero di famiglie cristiane, e perfino nelle istituzioni religiose, dopo un focoso assalto alle austerità, una profonda nevrastenia morale, quasi sempre inguaribile perché basata sulla rivolta dello spirito, sull’orgoglio. La religione di cotesti seminatori di terrore non poteva reggersi lungamente. Un Cristianesimo fatto soltanto di timore e di spavento, non poteva formare che una casta di farisei e di formalisti. Questa religione di costrizione, che confondeva il rispetto col servilismo, che condannava l’espansione del cuore cristiano, il suo canto d’amore e di confidenza, come un’insolenza contro il Cielo, questa tremenda deformazione del Vangelo, cadde a poco a poco, ma lasciò dietro di sé la fatica, il malessere profondo, la nausea dell’idea religiosa. – Quando la corda troppo tesa si ruppe, non restò nelle anime che un tetro silenzio: si sentirono deluse, e si vendicarono della lunga e dura quaresima che si era loro fatta subire, passando quasi furiosamente da questo esasperante rigore, al carnevale sociale in cui anemizza e muore la coscienza cristiana. Fu un poco quel che potemmo vedere anche noi, durante la guerra europea: il timore formidabile dei primi mesi, empì le chiese di folle rigurgitanti, e non mancarono gli ingenui che credettero ad una conversione repentina, splendida. Tuttavia, siccome la vittoria si fece attendere, l’entusiasmo cessò, e seguì il rilassamento. Il più gran delitto del Giansenismo fu di spegnere la fiaccola d’amore che ardeva per Gesù Cristo, nel santuario familiare. Il Cristianesimo è sostanzialmente carità, poiché il suo Fondatore non è che amore: e sopprimere questo carattere dal cuore e dal focolare domestico è proscriverne il suo Re; è calpestare il primo dei suoi diritti sovrani, quello d’essere appassionatamente amato; è impedire l’intimità di Betania col suo amico divino Gesù: « Voi, amici miei » aveva detto Egli stesso. Il Giansenismo commetteva questo delitto di soffocare il cuore del Cristiano, sotto il pretesto del rispetto per la maestà di Dio. Di questo Dio, che lasciò nel cielo la sua gloria per dirci, abbassandosi immensamente ed immensamente amandoci, quelle parole: « Venite tutti! » sotto il pretesto, dico, del rispetto per quel Dio che chiama e rassicura: « Venite tutti… son io… non temete… » Inconcepibile aberrazione! Credere che la confidenza, escluda il rispetto, che l’avvicinarsi a Gesù, il desiderio di andare a Lui, di vederlo, significhi misconoscere la nostra indegnità e la nostra miseria… prendere per orgoglio, il desiderio che ognuno dovrebbe avere, e la dolce realtà di essere amico di Lui… non poterlo servire in ginocchio, cantando con amore il suo amore, senza avere dinanzi l’ossessione di un inferno minaccioso… temere mille volte di più essere castigato, che il non essere amato e non amare… è questo l’orribile Giansenismo. Ahimè! Sì, conservare la pace, nonostante la propria miseria, credere con immensa fede alla pietà di un Salvatore che ci conosce e ci ama come noi siamo, abbandonarsi alla sua misericordia, al suo Cuore, riconoscendo le proprie colpe, era, dicevano essi, provocare infallibilmente una sentenza di vindice giustizia. Pertanto, Gesù-Ostia, il Dio fatto uomo, prigioniero per amore, assetato dell’amore dell’uomo, rinchiuso per sempre, dal Giansenismo, nel Tabernacolo, come in una fortezza inespugnabile. Non è un fosso soltanto che si scava, ma un abisso immenso, insuperabile, fra il Cuore di Gesù, che fa sua delizia l’abitare fra i figli degli uomini, e il cuore dell’uomo, la cui debolezza aspira alla forza, e la cui tenerezza tende all’unione divina dell’amore. – « No — dice l’eretico — il Dio del Tabernacolo non si può avvicinare nella sua santità. Il Dio di penitenza è vendicatore nella sua giustizia. Il Dio della Croce schiaccia, più ancora del peccato, i poveri peccatori. Il Dio del Paradiso è terrificante nella sua maestà e nella sua gloria… tenetevi lontani da Lui! » Così tutta la economia redentrice e vivificante del Vangelo viene impugnata. Il terrore religioso regna sulle anime. Noi raccogliamo ancora la messe avvelenata che questa abbominevole dottrina ha seminato nel fior fiore delle famiglie cristiane d’Europa. L’educazione puramente formale, artificiale, vana e fittizia che si dà ai nostri giorni, è in parte la conseguenza del veleno del Giansenismo. La mancanza di carità grande, ardente, vigorosa non poteva produrre che frivolezza. Non essendo Gesù più il Re, ed il centro «della famiglia, è stato sostituito dall’idolatria « del proprio io » nelle due manifestazioni che sono le più pericolose: la vanità e la sensibilità. Ed ecco come, mentre rimane la veste superficiale di Cristiani, gli idoli domestici, gli Dei lari sono riapparsi nel focolare. – Difatti, la mondanità che infesta le famiglie cristiane è divenuta tanto ai giorni nostri il peccato di moda, che non ha ormai neppure più il triste privilegio di essere uno scandalo.  Che dissipazione di tempo, di gioventù, di ricchezza e soprattutto di tesori spirituali e morali, in questa vita mondana, non solamente vana ed inutile, ma pericolosa per l’esempio, quando questo esempio viene dall’alto, da coloro che sono ancora considerati i conservatori della morale evangelica. – E non si creda che questa frivolezza sia soltanto una forma esteriore, che questa mondanità sia solamente un abito sconveniente, ma che nasconde invece un’anima sana ed in fondo onesta e cristiana. Se essa si rivela attraverso una spaventosa immodestia esteriore e di conseguenza attraverso manifestazioni di vanità, essa penetra molto al di là dall’epidermide; entra nel cuore, succhia a poco a poco tutta la potenzialità morale, dovuta all’educazione, all’atavismo, alla tradizione cristiana. Essa distrugge moralmente il senso soprannaturale e la concezione cattolica delle migliori famiglie. – Così è avvenuto in casa della signorina X…, giovanetta di nobile stirpe, di educazione e di modi distinti, e la cui famiglia è molto cristiana di nome, molto mondana di fatto. Ella parla al suo fidanzato con sincerità, come essa stessa racconta, due settimane prima del matrimonio. Gli dichiara la felicità che prova nell’aver trovato in lui il giovane di spirito superiore, indipendente nelle sue opinioni, fiero delle sue convinzioni personali, libero dai tanti pregiudizi della religione e della razza. Egli è proprio il marito che aveva sognato e che certamente non le imporrà, nella pienezza della gioventù, il giogo crudele ed altrettanto ridicolo di una famiglia… I fanciulli toglierebbero la libertà di godere e di viaggiare… « non ho mai avuta la vocazione di nutrice o di istitutrice », conclude essa in uno scoppio di riso… Io lo ripeto (escludendo completamente dal mio pensiero quell’ambiente che si considera emancipato da quelli che si chiamano i ceppi della religione, e dove non sì conosce appena il Nome di Nostro Signore), Gesù Cristo non comanda quasi più in mezzo ai suoi. – Si tratta di una rivoluzione sociale segreta che pervade i salotti e si insinua fino nell’intimità dei santuari familiari per seminarvi la menzogna e la sventura. E nel suo sistema raffinato e sapiente, fa opera di morte, con maggiore efficacia forse del fermento rivoluzionario, che agita le popolazioni dei trivi e delle bettole. – Se si conoscessero le sventure innumerevoli di questa mondanità! Esse non si esibiscono, ahimè, come i gioielli o i broccati, ma quante gioconde commedie dissimulano tremende agonie… Pax; pax! . et non erat pax! (ler VI, 14). Se si sapesse che quella tale famiglia tanto ricca, non è esteriormente che il lussuoso sepolcro imbiancato di tutte le speranze e di qualche bagliore di felicità svanita!… Il capo è quasi sempre assente dal focolare domestico, e quando c’è, si fa servire in camera sua… La moglie rimane spesso nella tetra solitudine che le sue tre figlie giovanette le creano, vivendo fuori una vita, malsana quasi certamente, ma che sollevi dal silenzio mortale e dalla opprimente tristezza della casa ch’esse chiamano, con ironico disgusto, « il catafalco ». Ci si ritrova tuttavia « ufficialmente », nelle visite che conviene rendere o ricevere insieme, o al teatro… ma altrove, ci si sfugge reciprocamente, non ci si saluta nemmeno. L’intesa di questa disunione è fatta da lunghi anni. Si dorme sotto lo stesso tetto; ci si rimane per forza, quando si è ammalati… e questo è tutto, e anche troppo… Oh, se almeno questa famiglia fosse unica nella sua infelicità! Ahimè! migliaia e migliaia di focolari domestici, quel bandito elegante, forsennato, crudele che si chiama mondo, saccheggia spietatamente. Egli ne scaccia invariabilmente il suo eterno rivale, il Maestro crocifisso; ma lascia prudentemente, al posto della « Divina Realtà », per soddisfazione di una coscienza falsata e soprattutto per salvare le apparenze di una vita cristiana, per la dissimulazione dell’apostasia, esso lascia — l’ingannatore — il blasone cattolico. La grande ricetta del secolo: salvare le apparenze! Mancando il Re, il suo labaro continua a sventolare, per coprire, con la sua gloria, le molteplici disfatte della morale. Questa vita vertiginosa, che si chiama vita del gran mondo, non è che una morfinomania, una ricerca di narcotici che addormenti per un’ora tanti intimi rimorsi. Non posso paragonarla ad altro che a un banchetto in cui nessuno gode tranquillamente degli alimenti che sono serviti, ma nel quale i convitati assistono ad una sfilata di vivande che assaggiano appena, per alzarsi di tavola tediati, stanchi e ancora affamati. – Stordirsi così, andando da un salone a una spiaggia, da un teatro ad un ballo; stordirsi, cambiando maschera, in questo carnevale apparentemente elegante e di buon gusto; stordirsi ricercando nuove distrazioni e nuove raffinatezze del piacere, la più eloquente dichiarazione di una profonda infelicità? – In mezzo alle più belle feste, fra due sorrisi mendaci, si soffocano talora dei singhiozzi… E l’amarezza mortale di questi mondani pet debolezza e per moda, viene dall’assenza si potrebbe dire con Marta, se Tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe perito… » – Le croci di disperazione che li schiacciano, sono tanto differenti da quelle che dà il Re d’amore. Il calice che il mondo offre ai suoi amici, pieno di amarezza e di torbido, è molto diverso da quello del Getsemani, a cui il Maestro ci invita a partecipare. Tuttavia, Gesù-Re, bandito da quelle famiglie e quei cuori, non varcherà mai, contro la loro volontà, la soglia della loro porta. Ma aspetterà paziente, perché è il Salvatore, che il dolore li obblighi a ricordarsi di Lui: « Signore… colui che tu ami è malato! » – Quanto a noi, il nostro compito, dinanzi a questa terribile crisi familiare, è quello di ripetere con tutte le nostre forze: « Il Maestro è là… Batte alla porta vostra… Vi chiama: apritegli! » « Il suo scettro è di luce e di pace, il suo giogo è dolce e lieve, Lui solo può promettere la felicità vera delle anime, senza opprimere peraltro la sorgente delle lacrime, ma divinizzando e fecondando ogni pena ». – « Apparisce chiaramente », dice l’Enciclica di S. S. Pio XI, « che non vi ha alcuna pace di Cristo fuori di Cristo, e che in conseguenza noi non possiamo cooperare più efficacemente a ristabilire la pace, se non restaurando il Regno di Cristo ». Ricostituiamo dunque integralmente i diritti del Maestro, del solo Re delle anime, della famiglia, della società; intronizziamo profondamente in maniera vitale e vissuta, Gesù Cristo, il solo Liberatore, il solo Salvatore, ed avremo restaurato in Lui ogni cosa, e con Lui, l’ordine e la pace individuale e sociale. – Affrettiamo il suo Regno sociale, il suo Regno d’amore: adveniat! Per la nostra salute eterna Egli deve regnare: Domine, Salva nos, perimus! (Matteo VIII, 25).