DEDICAZIONE DELLE BASILICHE DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO – 18 novembre

DEDICAZIONE DELLE BASILICHE

DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO

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18 NOVEMBRE.

Come l’anniversario del Tempio di Gerusalemme era giorno solenne presso gli Ebrei, così le nostre Chiese, divenute per la dedicazione il tempio del Dio vivente presso di noi, solennizzano ogni anno l’anniversario di questo memorabile avvenimento. La Liturgia che unisce il pensiero della chiesa materiale a quello della Chiesa mistica di Cristo, non fa oggi che ripeterci la Casa del Signore essere luogo di rifugio, di preghiera e di santificazione. Tra questi luoghi sacri che i prodi guerrieri di Cristo resero celebri, e che i Cristiani venerano da tempo immemorabile, il primo è sempre stata la Confessione o tomba di S. Pietro. – Dicesi che l’illustre Principe degli Apostoli fosse sepolto subito dopo la morte, nel luogo stesso del martirio, sul colle Vaticano. Nel medesimo giorno S. Paolo, decapitato alle Acque Salvie, ove ora si vede la Chiesa delle Tre Fontane, venne deposto lungo la via Ostiense, fuori le mura di Roma, e precisamente ove ora sorge l’attuale e grandiosa Basilica. Se pensiamo che gli stessi pagani erano soliti di dedicare agli dèi bugiardi, con speciale atto consacrativo, gli edifici destinati al culto divino, non dobbiamo meravigliarci se a maggior diritto troviamo nel Cristianesimo istituzioni corrispondenti. Infatti, cessate le persecuzioni, vediamo svolgersi una grande magnificenza nelle costruzioni delle Chiese. – Il pio Imperatore Costantino dopo aver fondato la prima Chiesa Madre in Laterano, ne fece fabbricare sette altre a Roma ed un numero maggiore in Italia. La prima di queste sette situata sul colle Vaticano, fu dedicata in onore di S. Pietro; e un’altra ne fece sorgere lungo la Via Ostiense, poco distante dal luogo del martirio di S. Paolo a lui dedicata. – La ricchezza e la magnificenza di questi grandiosi templi non la cedevano punto a quanto l’architettura aveva prodotto di più perfetto in tutto l’impero. Papa S. Silvestro ne fece la solenne consacrazione. Dopo oltre 11 secoli l’antica Basilica Vaticana minacciava di cadere, quando sotto il pontificato di Giulio II nel 1506, fu riedificata su l’attuale grandioso disegno e nuovamente consacrata da Urbano VIII al 18 Novembre del 1626. Per opera dei sommi artisti del tempo, quali il Bramante, Raffaello, Michelangelo e Bernini, essa è riuscita il più vasto tempio del mondo. Sotto i suoi altari si conservano le reliquie di un grande numero di Papi, martiri, ed altri santi; ma le più preziose sono quelle di S. Pietro, poste sotto un magnifico altare detto della “Confessione” su cui solo il Romano Pontefice [attualmente impedito – ndr.-] può celebrar Messa. – La ricchissima Basilica di S. Paolo che ai 18 Luglio 1823 fu distrutta da un incendio venne riedificata anch’essa col nuovo splendore di un’arte perfetta, e riconsacrata con grandissima pompa dal Pontefice Pio IX il 10 Dicembre 1854 tra immenso stuolo di. Cardinali e Vescovi convenuti da tutto l’Orbe cristiano a Roma per la proclamazione del dogma dell’Immacolata. Oggi dunque, come 15 secoli addietro, veneriamo in esse le gloriose spoglie dei Principi degli Apostoli. Quivi le turbe devote, dice S. Giovanni Crisostomo, e l’imperatore, benché ammantato di porpora, viene a visitarle, le onora con un bacio rispettoso, e prostrato, riguarda come favore del Cielo l’avere per protettori un pescatore ed un tessitore di tende.

RICORDO. — La chiesa è la casa del Signore; è luogo di preghiera e perciò merita rispetto, decoro e devozione.

PREGHIERA. — Ti preghiamo, Dio Onnipotente che in questi luoghi da noi indegni dedicati al Tuo nome, tu porga le orecchie di tua pietà a quanti ti invocano. Così sia. [da: I Santi per ogni giorno dell’anno – 1933]

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In questo giorno di festa grande per la Chiesa di Cristo, il cuore dei cattolici è oggi purtroppo pieno di mestizia, perché si è avverata la profezia di S. Luigi Maria Grignion de Montfort, nitidamente esposta nella sua “preghiera infuocata”:

La divina legge è trasgredita, il vostro Vangelo abbandonato, i torrenti di iniquità inondano sulla terra e travolgono perfino i vostri servi. Tutta la terra si trova in uno stato deplorevole, l’empietà regna sovrana; il vostro santuario è profanato e l’abominio è fin nel luogo santo. Giusto Signore, Dio delle vendette, lascerete nel vostro zelo, che tutto vada in rovina? Ogni luogo diverrà alla fine come Sodoma e Gomorra?”

C’è da restare attoniti nell’osservare la situazione di attuale apostasia diffusa nella società, nei popoli, soprattutto fin nelle chiese e nei sacri palazzi di un tempo, gestiti dalla “setta” dei marrano-modernisti, i falsi sacerdoti mai validamente consacrati, che tutto vuol distruggere, consegnando ciò che eventualmente resta al “nemico di Dio e di tutti gli uomini”; è uno stato di profonda amarezza, anche se tutto era già stato ampiamente profetizzato fin dalle origini della Chiesa dallo stesso Maestro divino. Lo sgomento deve lasciar posto però alla speranza, cominciando magari a rileggere la lettera di S. Anastasio al suo gregge, quando la peste giudaico-ariana sembrava aver definitivamente preso possesso della Chiesa Cattolica: “Dio solo vi consoli! … Che cosa vi rattrista … è il fatto che altri hanno occupato le chiese con la violenza, mentre voi, durante questo periodo, ne siete fuori? È un dato di fatto che essi hanno i palazzi: ma voi avete la Fede Apostolica! Essi possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete fuori dai luoghi di culto, ma la Fede abita in voi! Prendiamo in considerazione: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente! Chi ha perso e chi ha vinto nella lotta: colui che occupa gli edifici, o colui che custodisce la Fede? Vero è che le premesse sono buone solo quando è predicata la Fede Apostolica: tutto è santo, solo quando tutto si svolge là in modo Santo … –

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Quel che resta della Chiesa di Cristo …

Penitenza e preghiera ci confortino allora in attesa che il “soffio della bocca” del Signore bruci l’empia setta relegandola nell’imo degli inferi, e tutto torni, nella Chiesa di Cristo, la Chiesa Cattolica, a splendere come una volta:

“Et ambulabunt gentes in lumine ejus: et reges terrae afferent gloriam suam et honorem in illam. Et portae ejus non claudentur per diem: nox enim non erit illic. Et afferent gloriam et honorem gentium in illam. Non intrabit in eam aliquod coinquinatum, aut abominationem faciens et mendacium, nisi qui scripti sunt in libro vitae Agni”- [E le genti cammineranno dietro alla sua luce, e i re della terra le porteranno la loro gloria e il loro onore. E le sue porte non si chiuderanno nel giorno, perché non vi sarà notte. E a lei sarà portata la gloria e l’onore delle genti. Non entrerà in essa nulla d’immondo o chi commette abominazione e menzogna, bensì quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. Apo 21:24-27].

Preghiamo in particolare con i salmi del Re-Profeta:

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Leva manus tuas in superbias eorum in finem. Quanta malignatus est inimicus in sancto! Et gloriati sunt qui oderunt te in medio solemnitatis tuae; posuerunt signa sua, signa; et non cognoverunt sicut in exitu super summum. Quasi in silva lignorum securibus exciderunt januas ejus in idipsum; in securi et ascia dejecerunt eam. Incenderunt igni sanctuarium tuum, in terra polluerunt tabernaculum nominis tui. Dixerunt in corde suo cognatio eorum simul: quiescere faciamus omnes dies festos Dei a terra. Signa nostra non vidimus; jam non est propheta; et nos non cognoscet amplius. Usquequo, Deus, improperabit inimicus? irritat adversarius nomen tuum in finem? Ut quid avertis manum tuam, et dexteram tuam de medio sinu tuo in finem?

[Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne: il nemico ha devastato tutto nel tuo santuario. Ruggirono i tuoi avversari nel tuo tempio, issarono i loro vessilli come insegna. Come chi vibra in alto la scure nel folto di una selva, con l’ascia e con la scure frantumavano le sue porte. Hanno dato alle fiamme il tuo santuario, hanno profanato e demolito la dimora del tuo nome; 8pensavano: “Distruggiamoli tutti”; hanno bruciato tutti i santuari di Dio nel paese. Non vediamo più le nostre insegne, non ci sono più profeti e tra di noi nessuno sa fino a quando… Fino a quando, o Dio, insulterà l’avversario, il nemico continuerà a disprezzare il tuo nome? Perché ritiri la tua mano e trattieni in seno la destra? – Ps. LXXIII, 3-11;

Salmo LXXVIII

      Deus, venerunt gentes in haereditatem tuam; polluerunt templum sanctum tuum; posuerunt Jerusalem in pomorum custodiam. Posuerunt morticina servorum tuorum escas volatilibus caeli, carnes sanctorum tuorum bestiis terrae. Effuderunt sanguinem eorum tamquam aquam in circuitu Jerusalem, et non erat qui sepeliret. Facti sumus opprobrium vicinis nostris, subsannatio et illusio his qui in circuitu nostro sunt. Usquequo, Domine, irasceris in finem? accendetur velut ignis zelus tuus? Effunde iram tuam in gentes quae te non noverunt, et in regna quae nomen tuum non invocaverunt; quia comederunt Jacob, et locum ejus desolaverunt. Ne memineris iniquitatum nostrarum antiquarum; cito anticipent nos misericordiae tuae, quia pauperes facti sumus nimis. Adjuva nos, Deus, salutaris noster; et propter gloriam nominis tui, Domine, libera nos, et propitius esto peccatis nostris, propter nomen tuum. Ne forte dicant in gentibus: Ubi est Deus eorum? et innotescat in nationibus coram oculis nostris ultio sanguinis servorum tuorum qui effusus est. Introeat in conspectu tuo gemitus compeditorum; secundum magnitudinem brachii tui posside filios mortificatorum; et redde vicinis nostris septuplum in sinu eorum; improperium ipsorum quod exprobraverunt tibi, Domine. Nos autem populus tuus, et oves pascuae tuae, confitebimur tibi in saeculum; in generationem et generationem annuntiabimus laudem tuam. –

[O Dio, nella tua eredità sono entrate le nazioni, hanno profanato il tuo santo tempio, hanno ridotto in macerie Gerusalemme. Hanno abbandonato i cadaveri dei tuoi servi in pasto agli uccelli del cielo, la carne dei tuoi fedeli agli animali selvaggi. Hanno versato il loro sangue come acqua intorno a Gerusalemme, e nessuno seppelliva. Siamo divenuti l’obbrobrio dei nostri vicini, scherno e ludibrio di chi ci sta intorno. Fino a quando, Signore, sarai adirato: per sempre? Arderà come fuoco la tua gelosia? Riversa il tuo sdegno sui popoli che non ti riconoscono e sui regni che non invocano il tuo nome, perché hanno divorato Giacobbe, hanno devastato la sua dimora. Non imputare a noi le colpe dei nostri padri, presto ci venga incontro la tua misericordia, poiché siamo troppo infelici. Aiutaci, Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome, salvaci e perdona i nostri peccati per amore del tuo nome. Perché i popoli dovrebbero dire: “Dov’è il loro Dio?”. Si conosca tra i popoli, sotto i nostri occhi, la vendetta per il sangue dei tuoi servi. Giunga fino a te il gemito dei prigionieri; con la potenza della tua mano salva i votati alla morte. Fa’ ricadere sui nostri vicini sette volte l’affronto con cui ti hanno insultato, Signore. E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo, ti renderemo grazie per sempre; di età in età proclameremo la tua lode.]

Salmo LXXXIII :

 Quam dilecta tabernacula tua, Domine virtutum! Concupiscit, et deficit anima mea in atria Domini; cor meum et caro mea exsultaverunt in Deum vivum. Etenim passer invenit sibi domum, et turtur nidum sibi, ubi ponat pullos suos. Altaria tua, Domine virtutum, rex meus, et Deus meus. Beati qui habitant in domo tua, Domine; in saecula saeculorum laudabunt te. Beatus vir cujus est auxilium abs te, ascensiones in corde suo disposuit, in valle lacrimarum, in loco quem posuit. Etenim benedictionem dabit legislator; ibunt de virtute in virtutem, videbitur Deus deorum in Sion. Domine Deus virtutum, exaudi orationem meam; auribus percipe, Deus Jacob. Protector noster, aspice, Deus, et respice in faciem christi tui. Quia melior est dies una in atriis tuis super millia; elegi abjectus esse in domo Dei mei magis quam habitare in tabernaculis peccatorum. Quia misericordiam et veritatem diligit Deus, gratiam et gloriam dabit Dominus. Non privabit bonis eos qui ambulant in innocentia. Domine virtutum, beatus homo qui sperat in te.

 [Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L’anima mia languisce e brama gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. Anche il passero trova la casa, la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio. Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio. Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion. Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera, porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe. Vedi, Dio, nostro scudo, guarda il volto del tuo consacrato. Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove, stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi. Poiché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine. Signore degli eserciti, beato l’uomo che in te confida.]

 

SAN MARTINO I PAPA E MARTIRE

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SAN MARTINO I PAPA E MARTIRE

12 NOVEMBRE.

[da: I Santi per ogni giorno dell’anno, Soc. S. Paolo, 1933 –imprim.-]

Certamente la vita di questo martire del dovere, il quale con ammirabile eroismo bevette fino all’ultima stilla il calice delle continue amarezze perla difesa della Chiesa, dovette apparir grande ai suoi contemporanei! Martino nacque a Todi nell’Umbria e studiò a Roma, ove si rese celebre pel suo sapere non meno che per le sue rare doti e virtù. Era appena stato consacrato Sacerdote quando Papa Teodoro lo mandò come suo nunzio a Costantinopoli per tentare il richiamo dei Monoteliti all’unità della Fede. Ma morto pochi anni dopo il Papa (649), Martino fu richiamato a Roma a succedergli. Si portò egli sulla Sede Apostolica col dolore di aver lasciato l’Oriente in preda alle eresie ed alle più gravi ribellioni. Onde, per prima cosa, convocò un Concilio Lateranense, dove espose al venerando consesso le tristi situazioni e condannò gli eresiarchi principali: il Patriarca Sergio, Paolo e Pirro assieme all’editto dell’Imperatore Costante che tollerava i disordini, e per di più mandò un suo Vicario a Costantinopoli. – I monoteliti anziché sottomettersi, s’accesero maggiormente di rabbia e tosto inviarono a Roma l’esarca Olimpio, con disegno di uccidere il Pontefice, o almeno di impadronirsi della sua persona. – Non avendo, per palese miracolo, potuto consumare la loro congiura, ricorsero a mezzi ancor più diabolici, aggravando il S. Pontefice di mostruose calunnie presso l’Imperatore, il quale, già infetto di eresia, fu spinto ad assecondare i loro empi disegni. – Spedì tosto una seconda armata e parte colla violenza, parte colla calunnia, mentre che Vescovi e Clero gridavano: « Noi vivremo e morremo con lui », i nuovi giudei riuscirono a legarlo, e nella stessa notte 8 Giugno del 654, imbarcarlo per Costantinopoli. – Colà giunto, dopo lungo e dolorosissimo viaggio fra privazioni e crudeli trattamenti, il S. Pontefice provò con irrefragabili ragioni la sua innocenza; ma indarno. – Costante tentò costringerlo a sottoscrivere gli editti già da lui stesso solennemente condannati, ma il Papa disprezzando la minacce, l’esilio e la morte stessa, rispose: « Non possumus ». Allora fu dai magistrati vilmente spogliato delle insegne pontificie, incatenato ed esposto all’infamia per le vie della città, mentre i fedeli gemevano e struggevansi in lacrime. Fu così messo in prigione per alcuni mesi, finché il 10 marzo del 655 venne deportato definitivamente in Crimea, per attendervi l’esecuzione della sentenza. – Di là il S. Pontefice scriveva: « Vivo fra le angosce dell’esilio, spogliato di tutto, lontano dalla mia Sede; sostento il fragile mio corpo di duro pane, ma nulla più mi curo delle terrene cose. Prego continuamente Iddio che per intercessione dei SS. Pietro e Paolo, tutti rimangano nella vera fede. Confido nella divina misericordia che chiuderà presto la mia mortai carriera… ». Il Signore esaudì la preghiera del S. Pontefice e morì martire del dovere per la difesa della giustizia e della verità il 16 settembre del 655, dopo 6 anni di dolorosissimo pontificato. Il suo corpo, venne sepolto provvisoriamente in una cappella della B. Vergine, e poco dopo trasferito a Roma, presso la Basilica di S. Martino di Tours.

PRATICA. — Le sofferenze di questa vita, sopportate con pazienza, sono aumento di merito per la vita eterna. Preghiamo per quelli che sono più perseguitati e tribolati.

PREGHIERA. — Dio, che ci allieti ogni anno con la solennità del tuo beato Martino Papa e Martire; concedi, propizio che mentre ne celebriamo il natalizio, ci rallegriamo ancora della sua protezione. Così sia.

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Anche noi, come il Sommo Pontefice Martino I, gridiamo quest’oggi: “NON POSSUMUS”: accettare gli insulti alla Chiesa di Cristo, gli obbrobri del novus ordo, l’ipocrisia di tanti falsi e blasfemi prelati, la fede svuotata di tutti i contenuti soprannaturali, l’usurpazione della Cattedra di Pietro e delle diocesi, la cancellazione del Sacrificio della Croce offerto al Padre per i nostri peccati e la sua sostituzione con il falso rito offerto a lucifero, il massonico signore dell’universo, la forzata spinta finale a precipitare nel lago di fuoco di tantissime anime che Cristo ha riscattato dalla eterna morte a prezzo del suo sangue. No, “non possumus”, ed in questa situazione di esilio della vera Gerarchia cattolica e del Santo Padre GREGORIO XVIII, come già fu per il suo predecessore, Gregorio XVII card. Siri, analoga a quella di S. Martino I, i cattolici si uniscano in un solo coro, come coloro che sostenevano a suo tempo il Papa esiliato: « Noi vivremo e morremo con lui »! Intanto preghiamo anche per gli apostati adepti del novus ordo, perché ritornino alla vera fede cattolica, ed innalzino alla Santissima Trinità il canto del salmo LXIII: l’ “Exaudi, Deus” … con il finale “laetabitur justus in Domino”!

Psalmus LXIII

Exáudi, Deus, oratiónem meam cum déprecor: * a timóre inimíci éripe ánimam meam. – Protexísti me a convéntu malignántium: * a multitúdine operántium iniquitátem.  – Quia exacuérunt ut gládium linguas suas: * intendérunt arcum rem amáram, ut sagíttent in occúltis immaculátum. – Súbito sagittábunt eum, et non timébunt: * firmavérunt sibi sermónem nequam.  – Narravérunt ut abscónderent láqueos: * dixérunt: Quis vidébit eos?  – Scrutáti sunt iniquitátes: * defecérunt scrutántes scrutínio. –  Accédet homo ad cor altum: * et exaltábitur Deus.  – Sagíttæ parvulórum factæ sunt plagæ eórum: * et infirmátæ sunt contra eos linguæ eórum. – Conturbáti sunt omnes qui vidébant eos: * et tímuit omnis homo. –  Et annuntiavérunt ópera Dei, * et facta ejus intellexérunt. – Lætábitur justus in Dómino, et sperábit in eo, * et laudabúntur omnes recti corde.
[Esaudisci, o Dio, la mia preghiera, quando t’invoco; * dal timore del nemico libera l’anima mia. – Tu mi hai protetto dalla cospirazione dei maligni: * dalla moltitudine di quelli che operano l’iniquità. – Perché affilarono come spade le loro lingue: * tesero il loro arco, amara cosa, per saettare nell’oscurità l’innocente. – Lo saetteranno all’improvviso, e non temeranno: * si sono confermati nel perverso disegno. – Presero consiglio per nascondere i loro lacci; e dissero: * Chi li scoprirà? – Escogitarono iniquità; * gli indagatori vennero meno nelle ricerche. – L’uomo scenderà nel fondo del suo cuore: * ma Dio sarà esaltato. – Le ferite, che essi fanno, sono frecce di fanciulli: * e le loro lingue sono rimaste senza forza, voltatesi a loro danno. – Tutti quelli che li vedevano furono turbati, * ed ogni uomo fu preso da timore. – E annunziarono le opere di Dio, * e compresero le cose da lui fatte. – Il giusto si rallegrerà nel Signore, e spererà in lui; * e tutti i retti di cuore saranno lodati.]

FESTA DI OGNISSANTI

 

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Hymnus

Placare, Christe, servulis,

Quibus Pátris clementiam

Tuæ ad tribunal grátiæ

Patrona Virgo póstulat.

Et vos beáta, per novem

Distincta gyros ágmina,

Antíqua cum præsentibus,

Futúra damna péllite.

Apóstoli cum vatibus,

Apud severum Júdicem,

Veris reorum flétibus

Exposcite indulgéntiam.

Vos purpurati mártyres,

Vos candidati præmio

Confessiónis, éxsules

Vocate nos in pátriam.

Chorea casta vírginum,

Et quos erémus íncolas

Transmísit astris, cælitum

Locáte nos in sédibus.

Auférte gentem pérfidam

Credéntium de fínibus,

Ut unus omnes únicum

Ovíle nos pastor regat.

Deo Patri sit glória,

Natóque Pátris unico,

Sancto simul Paráclito,

In sempitérna sæcula. Amen.

[Ti placa, o Cristo, coi servi, per i quali la clemenza del Padre implora, presso il tribunale della tua grazia, la Vergine patrona. E voi, schiere beate in nove cori distinte, gli antichi, presenti e futuri mali da noi allontanate. Apostoli e Profeti, presso il severo Giudice al sincero pianto dei rei, implorate clemenza. Voi, porporati Martiri, voi, candidi e gloriosi Confessori, da questo esilio chiamateci alla patria. Casto stuolo delle Vergini, e quanti dall’eremo migraste a popolare il cielo, nelle sedi locateci dei celesti. Sperdete la gente perfida di mezzo ai credenti, onde tutti in unico ovile ci governi un sol Pastore. Sia gloria a Dio, Padre, e al Figlio suo unigenito, insieme collo Spirito Paraclito, per i secoli eterni. Amen.]

 

FESTA DI TUTTI I SANTI

La festa della Chiesa trionfante.

[Dom Gueranger, “l’anno liturgico” vol. II]

« Vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, d’ogni nazione, d’ogni tribù, d’ogni lingua e stavano davanti al trono vestiti di bianco, con la palma in mano e cantavano con voce potente: Gloria al nostro Dio » (Apoc. VII, 9-10). Il tempo è cessato e l’umanità si rivela agli occhi del profeta di Pathmos. La vita di battaglia e di sofferenza della terra (Giob. VII, 1) un giorno terminerà e l’umanità, per molto tempo smarrita, andrà ad accrescere i cori degli spiriti celesti, indeboliti già dalla rivolta di Satana, e si unirà nella riconoscenza ai redenti dell’Agnello e gli Angeli grideranno con noi: Ringraziamento, onore, potenza, per sempre al nostro Dio! (Apoc. VII, 11-14). – E sarà la fine, come dice l’Apostolo (I Cor. 15, 24), la fine della morte e della sofferenza, la fine della storia e delle sue rivoluzioni, ormai esaurite. Soltanto l’eterno nemico, respinto nell’abisso con tutti i suoi partigiani, esisterà per confessare la sua eterna sconfitta. Il Figlio dell’uomo, liberatore del mondo, avrà riconsegnato l’impero a Dio, suo Padre e, termine supremo di tutta la creazione e di tutta la redenzione, Dio sarà tutto in tutti (ibid. 24-28). Molto prima di san Giovanni, Isaia aveva cantato: Ho veduto il Signore seduto sopra un trono alto e sublime, le frange del suo vestito scendevano sotto di lui a riempire il tempio e i Serafini gridavano l’uno all’altro: Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti: tutta la terra è piena della sua gloria (Is. VI, 1-3). – Le frange del vestimento divino sono quaggiù gli eletti divenuti ornamento del Verbo, splendore del Padre (Ebr. I, 3), perché, capo della nostra umanità, il Verbo l’ha sposata e la sposa è la sua gloria, come egli è la gloria di Dio (I Cor. XI, 7). Ma la sposa non ha altro ornamento che le virtù dei Santi (Apoc. XIX, 8): fulgido ornamento, che con il suo completarsi segnerà la fine dei secoli. La festa di oggi è annunzio sempre più insistente delle nozze dell’eternità e ci fa di anno in anno celebrare il continuo progresso della preparazione della Sposa (Apoc. XIX, 7).

Confidenza.

Beati gli invitati alle nozze dell’ Agnello! (ibid. 9). Beati noi tutti che, come titolo al banchetto dei cieli, ricevemmo nel battesimo la veste nuziale della santa carità! Prepariamoci all’ineffabile destino che ci riserba l’amore, come si prepara la nostra Madre, la Chiesa. Le fatiche di quaggiù tendono a questo e lavoro, lotte, sofferenze per Dio adornano di splendenti gioielli la veste della grazia che fa gli eletti. Beati quelli che piangono! (Mt. V, 5). – Piangevano quelli che il Salmista ci presentava intenti a scavare, prima di noi, il solco della loro carriera mortale (Sal. CXXV) e ora versano su di noi la loro gioia trionfante, proiettando un raggio di gloria sulla valle del pianto. La solennità, ormai incominciata, ci fa entrare, senza attendere che finisca la vita, nel luogo della luce ove i nostri padri hanno seguito Gesù, per mezzo della beata speranza. – Davanti allo spettacolo della felicità eterna nella quale fioriscono le spine di un giorno, tutte le prove appariranno leggere. O lacrime versate sulle tombe che si aprono, la felicità dei cari scomparsi non mescolerà forse al vostro rammarico la dolcezza del cielo? Tendiamo l’orecchio ai canti di libertà che intonano coloro che, momentaneamente da noi separati, sono causa del nostro pianto. Piccoli o grandi (Apoc. XIX, 5), questa è la loro festa e presto sarà pure la nostra. – In questa stagione, in cui prevalgono brine e tenebre, la natura, lasciando cadere i suoi ultimi gioielli, pare voler preparare il mondoall’esodo verso la patria che non avrà fine. Cantiamo anche noi con il salmista: « Mi sono rallegrato per quello che mi è stato detto: Noi andremo nella casa del Signore. O Gerusalemme, città della pace, che ti edifichi nella concordia e nell’amore, noi siamo ancora nei vestiboli, ma già vediamo i tuoi perenni sviluppi. – L’ascesa delle tribù sante verso di te prosegue nella lode e i tuoi troni ancora liberi si riempiono. Tutti i tuoi beni siano per quelli che ti amano, o Gerusalemme, e nelle tue mura regnino la potenza e l’abbondanza. Io ho messo ormai in te le mie compiacenze, per gli amici e per i fratelli, che sono già tuoi abitanti, e, per il Signore nostro Dio, che in te abita, in te ho posto il mio desiderio » (Sal. CXXI).

Storia della festa.

Troviamo prima in Oriente tracce di una festa in onore dei Martiri e san Giovanni Crisostomo pronunciò una omelia in loro onore nel iv secolo, mentre nel secolo precedente san Gregorio Nisseno aveva celebrato delle solennità presso le loro tombe. Nel 411 il Calendario siriaco ci parla di una Commemorazione dei Confessori nel sesto giorno della settimana pasquale e nel 539 a Odessa, il 13 maggio, si fa la «memoria dei martiri di tutta la terra». In Occidente i Sacramentari del V e del VI secolo contengono varie messe in onore dei santi Martiri da celebrarsi senza giorno fisso. Il 13 maggio del 610, Papa Bonifacio IV dedicò il tempio pagano del Pantheon, vi fece trasportare delle reliquie e lo chiamò S. Maria ad Martires. L’anniversario di tale dedicazione continuò ad essere festa con lo scopo di onorare in genere tutti i martiri. – Gregorio III, a sua volta, nel secolo seguente, consacrò un oratorio « al Salvatore, alla sua Santa Madre, a tutti gli Apostoli, martiri, confessori e a tutti i giusti dormienti del mondo intero ». – Nell’anno 835, Gregorio IV, desiderando che la festa romana del 13 maggio fosse estesa a tutta la Chiesa, provocò un editto dell’imperatore Luigi il Buono, col quale essa veniva fissata al 1 novembre. – La festa ebbe presto la sua vigilia e nel secolo xv Sisto IV la decorò di Ottava obbligatoria per tutta la Chiesa.

Desiderare l’aiuto dei Santi.

 «Perché possiamo sperare tanta beatitudine dobbiamo desiderare ardentemente l’aiuto dei Santi, perché quanto non possiamo ottenere da noi ci sia concesso per la loro intercessione.» Abbiate pietà di noi, sì, abbiate pietà di noi, voi che siete nostri amici. Voi conoscete i nostri pericoli, voi conoscete la nostra debolezza; voi sapete quanto grande è la nostra ignoranza, e quanta la destrezza dei nostri nemici; voi conoscete la violenza dei loro attacchi e la nostra fragilità. Io mi rivolgo a voi, che avete provato le nostre tentazioni, che avete vinto le stesse battaglie, che avete evitato le stesse insidie, a voi ai quali le sofferenze hanno insegnato ad avere compassione.» Io spero inoltre che gli angeli stessi non disdegneranno di visitare la loro specie, perché è scritto: visitando la tua specie non peccherai » (Giob. V, 24). Del resto, se io conto su di essi perché noi abbiamo una sostanza spirituale e una forma razionale simile alla loro, credo di poter maggiormente confidare in coloro che hanno, come me, l’umanità e che sentono perciò una compassione particolare e più intima per le ossa delle loro ossa e la carne della loro carne.

Confidenza della loro intercessione.

»Non dubitiamo della loro benevola sollecitudine a nostro riguardo. Essi ci attendono fino a quando anche noi non avremo avuta la nostra ricompensa, fino al grande giorno dell’ultima festa, nella quale tutte le membra, riunite alla testa sublime, formeranno l’uomo perfetto in cui Gesù Cristo, nostro Signore, degno di lode e benedetto nei secoli, sarà lodato con la sua discendenza. Così sia » (Discorso sui Santi, passim).

OMELIA di S.S. GREGORIO XVII (G. Siri)

TUTTI I SANTI – S. Messa (1972)

Fratelli miei, tra poco procederemo all’ordinazione sacerdotale di questi quattro diaconi. Ora, riflettiamo bene sul Vangelo che abbiamo sentito leggere. E tolto dal capitolo 5° di Matteo (vv. 1- 12a) e fa parte del Discorso detto della Montagna. Non mi fermo a commentare le otto beatitudini espresse, ma, considerando l’insieme del brano evangelico, mi limito ad alcuni rilievi di carattere generale, che peraltro ritengo estremamente importanti. – Dobbiamo partire da questo punto: le otto beatitudini, enunciate e proclamate ora, contengono il codice della santità. Questo va affermato in modo certo, va scolpito, perché c’è da desiderare che si finisca in questo mondo una buona volta di giocare con le parole, sostituendo le parole e gli slogans al Vangelo, e si ritorni a parlare puramente e semplicemente con le parole che ha usato Nostro Signore Gesù Cristo. Si è abusato e si abusa troppo di parole generiche, che possono dire tutto quello che si vuole e che possono anche dire nulla. Qui abbiamo i l codice della santità. E vorrei osservare che la meta proposta non solo ai sacerdoti, ma ai fedeli è la santità. La santità corrisponde alla giustizia in senso biblico, perché nella Sacra Scrittura quando si parla di giustizia si intende tutto l’insieme per cui una creatura intelligente può piacere a Dio ed entrare nel beneplacito divino. Dico: si deve tendere alla giustizia. Non basta tendere alla comunione, è troppo poco; non basta tendere alla liberazione – chissà poi da che -, è troppo poco; non basta tendere alla solidarietà, è troppo poco; non basta tendere alla redenzione dei mali terreni, che non avverrà mai, è troppo poco, ed è talmente troppo poco da essere un inganno per tutti, poveri e ricchi. Si tende alla santità! Il Vangelo ci chiama a questo traguardo, ed è necessario pronunciare una parola di severa condanna su tutte le sostituzioni e su tutti gli alibi che si tendono a offrire con tante parole vuote agli uomini, alibi affinché facciano tutto quello che loro comoda e per di più si credono, ingannandosi, dì Poter meritare la vita eterna. Dunque è a questo codice della santità che si deve guardare. Le parole umane ci possono ingannare, quelle divine no. – Veniamo ad una seconda considerazione di ordine generale: questi otto canoni che portano alla santità e che sono tali che uno li comprende tutti, sono fra di loro reversibili come gli universali nell’ente. Questi otto canoni hanno un punto di arrivo, che sta al di sopra della santità ed è la vita eterna, perché Gesù promette per quelli che osserveranno questi canoni il Regno di Dio ultimo, perfetto, che è il Cielo. È necessario guardare alla vita eterna. È essa che domina la vita del tempo; gli altri elementi, che possono nello svolgersi dei fatti diventare indicativi per noi, sono elementi che in tanto vanno accolti in quanto possono essere certamente recepiti nella tendenza alla vita eterna. Tutto riguarda la vita eterna: quello che faremo oggi, quello che abbiamo fatto ieri, quello che faremo domani, un lungo domani. Tutto è giustificato solo se tende alla vita eterna. L’alternativa alla vita eterna per i destini ultimi si chiama dannazione; per il tempo, e cioè l’esperienza della vita, si chiama il nulla. Difatti gli uomini sembra che si divertano; non è così! In realtà la gran parte, la quasi totalità del loro divertirsi è semplicemente una fuga. Hanno paura di se stessi, del mistero che portano nell’anima loro e del mistero che sta al fondo di tutte le cose e della storia. La vita eterna: si parli di quella, anche perché in tanto si aggiustano, meglio diremo, si rabberciano le cose di questo mondo in quanto tendiamo alla vita eterna, perché è sul filo di questa tentazione che sta la risoluzione di tutti i problemi terrestri degli uomini. E questa è la seconda considerazione generale. – Passo ad una terza: negli otto canoni della santità noi abbiamo una rivelazione che abbaglia. Tutto quello che potrebbe sembrare rifiuto per gli uomini, serve benissimo per la vita eterna. Gli uomini dal fomite della loro concupiscenza sono portati ad amare prima di tutto se stessi e poi le cose, in quanto le cose sono un arricchimento di se stessi. Dire a loro e parlare a loro della povertà di spirito, la prima delle beatitudini, cioè del distacco del cuore dai beni terreni, è cosa che agli sprovveduti può far paura. E invece no, è la cosa più utile che a loro si possa suggerire sia per l’eternità sia anche per il tempo, perché quando nel tempo si ha il cuore distaccato dalle cose terrene, tutti noi diventiamo padroni e sovrani e solo allora abbiamo l’indipendenza e la libertà. Quando uno non ha il cuore distaccato da se stesso e dai beni terreni, dica quel che vuole, non è un uomo libero, fa pietà, e voi capite quale scorta di pietà occorre avere nel cuore a vedere e a sentire tutto quello che vediamo e sentiamo. Ecco la rivelazione abbagliante degli otto canoni della santità: tutto quello che il mondo scarta come se fosse minorazione, come se fosse debolezza, come se fosse asservimento – no! -; la fame e la sete di giustizia, la sofferenza, il pianto, la mitezza (scambiata dagli uomini come una debolezza, mentre è la più grande forza per dominarli): tutto questo, quello che il mondo pare rifiutare, tutto serve alla vita eterna. Ma l’ho già detto: è quello che serve di più anche a risolvere le questioni terrene. E ringraziamo Iddio che noi, molte volte prigionieri delle cose, di questa terra e costretti quasi al pianto dal loro maligno intersecarsi, possiamo guardare le vicende di questo mondo in qualche modo, non del tutto, come le vedremo quando saremo arrivati nella casa del Padre. – E finalmente vi prego di osservare: questi otto canoni cominciano tutti con la parola “beati”. È grande questo, perché la parola “beati” non si riferisce solo al fatto che avremo la vita eterna e che intanto possiamo godere della speranza e dell’attesa della vita eterna, ma si riferisce anche al tempo. In questo mondo ci può essere una beatitudine, naturalmente imperfetta, naturalmente relativa, naturalmente ridotta e naturalmente contestabile dagli altri. Comunque nostro Signore afferma che in questo mondo pure può esistere una certa beatitudine iniziale, perché l’insieme delle beatitudini fa capire che la beatitudine perfetta è nel Regno, lassù, non quaggiù, ma la possiamo avere. E la cosa è da Lui esplicitamente detta nell’ultima beatitudine, con la quale chiuderemo il nostro discorso, perché dice della peggior cosa di cui abbiano paura gli uomini addirittura: “in questo momento godete ed esultate” (Mt 5, 12). È la rivelazione stupenda di questo canone della santità: Nostro Signore non ci ha condannati alla tristezza di questo mondo, no; sa che ce ne sarà, ma non ci ha condannati, non ci ha obbligati ad essere perennemente tristi, tutt’altro. Ci ha insegnato persino a godere ed esultare quando le cose secondo una piccola ragione umana sembrerebbero addirittura disastrose. E ringraziamo Iddio, perché sappiamo sempre dove poterci rifugiare comunque vadano le cose di questo mondo. – Ed ora, l’ultima beatitudine: “Beati voi quando vi perseguiteranno e, mentendo, diranno di voi ogni male a causa mia” (Mt 5, 11). Causa sua: attenti bene alle parole! “Godete allora ed esultate perché è grande la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5, 12a). Più di così non si può dire. Cari tra poco sacerdoti, questa beatitudine portatela con voi e ringraziate Dio, imparate a ringraziare Dio e a godere quando gli altri vi daranno fastidio. Il fastidio è un inizio della persecuzione, ma è già una piccola persecuzione. Ne troverete tante di cose che vi daranno fastidio. Sappiate che il Salvatore ha detto: “Delle più grandi cose che danno fastidio, godete ed esultate”. Per poter godere ed esultare imparate per tempo a ringraziare Dio di tutte le cose che vi andranno a traverso. Imparate per tempo! Quando si è imparato a ringraziare sempre Iddio, a questo mondo non ci si sta poi troppo male, e non esageriamo con le cose tristi e con le cose severe fuori posto. Portatela con voi questa ottava beatitudine. Ed ora, cari fratelli questa solennità di tutti i Santi è non sotto tutti i punti di vista, ma sotto un certo punto di vista la più grande solennità dell’anno, e noi in questa cattedrale la celebriamo come tale. Perché? Perché è la festa in cui siamo tutti uno, noi quaggiù e quelli che sono in Cielo. Avete sentito legger la visione dell’Apocalisse (7, 2-4.9-14), della liturgia eterna. La visione di questa liturgia eterna è una visione composta con elementi umani, pertanto è un segno, soltanto un segno, che però getta la nostra mente in una ricerca verso l’infinito. Oggi siamo una cosa sola noi e i Santi. È questo i l giorno. Anche perché tra i Santi, dei quali celebriamo la festa, non ci sono soltanto quelli che sono stati canonizzati o beatificati, ci sono tutti coloro che sono in Cielo con Dio. Quindi pensiamo alle molte persone che abbiamo conosciuto. Oggi siamo con loro.

S. EVARISTO PAPA E MARTIRE

Oggi si festeggia uno dei tanti Papi “impediti” della storia della Chiesa, che ha operato nella clandestinità delle catacombe, esattamente come l’attuale Pontefice, Gregorio S.S. XVIII, successore di Gregorio XVII, Cardinal Siri, e la Gerarchia in esilio della Chiesa Eclissata. Secondo alcuni falsi sapienti, se il Papa è impedito, il Papato non è da considerare valido. Secondo questi illustri “asini”, praticamente la successione pietrina si è fermata subito dopo S. Pietro. Questi sono dei veri sedevacantisti, nel senso che la loro testa è una sede assolutamente “vacante” di materia grigia. E pensare che ci sono tante anime che vanno loro dietro … verso l’inferno! Preghiamo con S. Evaristo per tutte loro.

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EVARISTO PAPA E MARTIRE

26 OTTOBRE.

Questo santo Pontefice, che per nove anni sedette sulla cattedra di San Pietro, illustrò la Chiesa con savie disposizioni, non meno che colla sua santa vita, coronata dalla palma del martirio. – Nacque Evaristo in Grecia da padre ebreo. Nella sua giovinezza frequentò le principali scuole della sua dotta patria, ed alla coltura filosofica e letteraria, unì pure lo studio delle dottrine cristiane, bandite dagli immediati successori degli Apostoli. Iscrittosi fra i catecumeni, ricevette il Santo Battesimo e divenne egli pure zelantissimo apostolo della fede, dapprima fra i suoi connazionali e poscia in Roma, chiamatovi forse da Papa Anacleto, che ne aveva ammirate le doti non comuni di scienza e di zelo. Alla morte di Papa Anacleto, per l’unanime consenso dei fedeli, fu eletto Evaristo a succedergli nel difficile e delicato Ministero. – Gravi furono le difficoltà che egli dovette sostenere nel suo Pontificato, rese più gravi ancora dalle furiose persecuzioni suscitate dagl’imperatori di Roma. La Chiesa era perciò costretta in quel tempo a svolgere le sue attività negli oscuri sotterranei delle Catacombe. – Ivi si compievano le sacre funzioni, ivi venivano conferiti gli Ordini Sacri, ivi pure si prendevano disposizioni per le più urgenti necessità. Non si può dubitare dello zelo indefesso di Papa Evaristo, né della sua pastorale vigilanza, secondo che il gran Martire Ignazio di Antiochia ci fa sapere sulla condotta dei fedeli di Roma al tempo di questo degnissimo successore di San Pietro. Essi infatti venivano proposti in esempio alle altre chiese della cristianità, per la purezza di dottrina, per l’ardente carità con cui si amavano, e vicendevolmente si prestavano aiuto, e per l’eroico attaccamento alla fede cristiana. – Moltissime e di singolare importanza sono le opere compiute nella Chiesa da questo glorioso Pontefice; però ricordate alcune, perché degne di maggiore rilievo. – Anzitutto, la divisione da lui fatta della Diocesi di Roma in Titoli o Parrocchie, a ciascuna delle quali propose un prete cardinale. Si ritiene pure sua l’istituzione dei sette Diaconi che dovevano accompagnare il Vescovo nella Sacra Predicazione. Uno dei suoi meriti più insigni, fu però quello di avere propugnato la santificazione del Matrimonio, ordinando che venisse celebrato pubblicamente e che le nozze fossero benedette dal Sacerdote: disposizione che fu poi largamente inculcata dal sapientissimo Leone XIII, e ultimamente da Pio XI, che ci ha donato un nuovo preziosissimo documento coll’Enciclica « Casti connubii » del 29 Dicembre 1930. – Ed è veramente un gran merito quello di avere riformato l’istituto matrimoniale, poiché ben sappiamo come la società tragga origine dalla famiglia: se questa sarà ispirataai sacri princìpi della fede, oh! allora tanti disordini saranno evitati ed al focolare domestico si tempreranno le virtù famigliari e sociali che faranno di un buon cristiano un savio cittadino. Il Santo Pontefice durante il suo saggio governo della Chiesa, conferì tre volte i Sacri Ordini, consacrando quindici Vescovi, diciassette Sacerdoti e due Diaconi. Santamente chiuse i suoi giorni, coronati dal glorioso martirio, che subì per ordine di Traiano, l’anno 112. – Le sue sacre spoglie furono deposte sul Colle Vaticano presso la tomba di San Pietro

FRUTTO. — Leggiamo volentieri la parola del Papa, sapendo che in Lui parla il Divin Maestro Gesù Cristo.

PREGHIERA. — Riguarda, Dio onnipotente, la nostra infermità e perché ci grava il peso del nostro mal operato ci protegga la gloriosa intercessione del tuo beato Martire e Pontefice Evaristo. Così sia.

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Proprio oggi, ricorre il 48° anniversario dell’elezione del Cardinal Siri al Soglio di Pietro, col nome di GREGORIO XVII. Il suo Papato fu però impedito da subito dal cardinal Tisserand, capobanda dei delinquenti della “Quinta colonna” infiltrata nel conclave a protezione degli interessi giudaico-massonici, decisi ad eleggere un vero Papa infallibile, ed a sostituirlo poi con un “pinocchio” fallibilissimo, che si muovesse agitato dai fili dei burattinai [fu eletto infatti il massone A. Roncalli, uno dei vari “santo-dannati” della sinagoga di satana che occupa attualmente la Santa Sede. A questo nuovo Eliodoro, ed agli altri, ancor peggiori di lui, che gli sono succeduti, e che ancor oggi sono ivi insediati, ricordiamo che la stessa sorte del biblico condottiero, toccherà loro che hanno occupato indebitamente la sede del Vicario di Cristo. Infatti fu lo stesso Eliodoro, convertito dalle “batoste” degli inviati celesti del Signore, a darne la sentenza: “Si quem habes hostem, aut regni tui insidiatorem, mitte illuc, et flagellatum eum recipies, si tamen evaserit: eo quod in loco sit vere Dei quaedam virtus. Nam ipse, qui habet in caelis habitationem, visitator et adjutor est loci illius, et venientes ad malefaciendum percutit, ac perdit”. [II Macc. III, 20-30]. [Se hai qualcuno che ti è nemico o insidia il tuo governo, mandalo là e l’avrai indietro flagellato per bene, se pure ne uscirà salvo, perché in quel luogo c’è veramente una potenza divina. Lo stesso che ha la sua dimora nei cieli è custode e difensore di quel luogo ed è pronto a percuotere e abbattere coloro che vi accedono con cattiva intenzione].

SAN RAFFAELE – 24 OTTOBRE

SAN RAFFAELE, ARCANGELO

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[Dom Guéranger. L’anno liturgico, vol. II]

La vicinanza della grande solennità che farà convergere sopra di noi gli splendori del cielo, ispira alla Chiesa un raccoglimento profondo. Salvo l’omaggio che intende rendere ai gloriosi Apostoli Simone e Giuda, poche feste di rito semplice romano rompono il silenzio degli ultimi giorni di ottobre e conviene che le nostre anime si uniformino alle disposizioni della Chiesa. Tuttavia, non ci sottrarremo ad esse, se ricorderemo brevemente l’Arcangelo che la Chiesa oggi solennizza.

Ministero di san Raffaele.

L’ufficio che adempiono verso di noi gli spiriti celesti è espresso in modo mirabile nelle scene graziose, che rivestono di toccante bellezza la storia di Tobia. Ricordando i buoni uffici della guida e dell’amico, che chiama fratello Azaria, Tobiolo dice al padre: « Come ricompenseremo i suoi benefici? Mi ha guidato e ricondotto sano e salvo, ha ricuperato egli stesso il denaro che Gabelo ci doveva, devo a lui se ho incontrata la sposa che mi era destinata e ne ha cacciato il demonio, riempiendo di gioia i suoi genitori, mi ha liberato dal pesce, che stava per inghiottirmi e a te ha fatto vedere finalmente la luce del cielo: siamo stati da lui colmati di benefici » (Tob. XII, 2-3). Padre e figlio, desiderano mostrare nel modo possibile a uomini la gratitudine a chi tanto l’aveva meritata. L’Angelo si fa conoscere e orienta tutta la loro riconoscenza al supremo benefattore. « Benedite il Dio del cielo e glorificatelo sopra tutto ciò che ha vita, perché egli ha fatto splendere sopra di voi la sua misericordia. Quando voi pregavate in lacrime e seppellivate i morti io presentavo al Signore le vostre preghiere e siccome eravate graditi a Dio era necessario che foste provati dalla tentazione. Ora il Signore mi ha mandato per guarirvi e liberare dal demonio la sposa di vostro figlio. Io sono l’Angelo Raffaele, uno dei sette che stiamo davanti al Signore. Pace a voi, non temete e lodate Dio » (ibid. XII, 4-22).

Confidenza.

Ricordiamo anche noi i benefici del cielo, perché, con la certezza di Tobia, che vedeva con i suoi occhi l’Arcangelo Raffaele, noi sappiamo dalla fede che l’angelo del Signore segue i nostri passi dalla culla alla tomba. Abbiamo per lui lo stesso confidente abbandono e il cammino della vita, più seminato di pericoli che il cammino nel paese dei Medi, sarà per noi sicuro e gli incontri che faremo saranno felici, perché preparati dal Signore e la sua benedizione, splendore anticipato della patria, si diffonderà sopra di noi e sui nostri cari. Prendiamo dal Breviaro Ambrosiano un inno in onore dell’Arcangelo radioso: Raffaele, guida divina, ricevi con bontà l’inno sacro che le nostre voci supplichevoli e gioiose ti dedicano. Dirigi il nostro cammino verso la salvezza, sostieni i nostri passi, perché non andiamo vagando senza meta, avendo perduto il sentiero del cielo. Guarda a noi dal cielo e riempi le nostre anime dello splendore brillante che discende dal Padre santo dei lumi. Restituisci ai malati la salute, fa’ cessare la notte dei ciechi e guarendo i loro corpi, riconforta i loro cuori. Tu, che stai davanti al sommo Giudice, scusaci per i nostri delitti; placa l’ira vendicatrice dell’Onnipotente, tu cui noi affidiamo le nostre preghiere. Tu, che sostenesti il gran combattimento, confondi il nostro superbo nemico e, per vincere lo spirito di rivolta, donaci forza, aumenta in noi la grazia. Sia gloria a Dio Padre e al suo unico Figlio con Io Spirito Paraclito e ora e sempre. Così sia.

INNO

Cristo, decoro dei santi Angeli,

creatore e redentore del genere umano,

danne di salire alle beate sedi

dei celesti abitatori.

L’Angelo, medico della nostra salute,

Raffaele, ci assista dal cielo, così che

guarisca tutti gli infermi, e nei passi incerti

della vita ci diriga.

La Vergine, regina della pace e Madre della luce,

e il sacro coro degli Angeli

ci assistano sempre, e con essi la splendida

corte del cielo.

Ce lo conceda la Divinità beata,

il Padre, il Figlio e lo Spirito

Santo, la cui gloria risplende

per tutto il mondo.

Amen.

Dal libro di Tobia [Tob XII: 1-22]

Tobia chiamò a sé suo figlio, e gli disse: Che possiamo dare a quest’uomo santo, che è venuto con te? E Tobiolo rispose e disse a suo padre: Padre, qual ricompensa gli daremo? qual cosa può essere proporzionata ai suoi benefizi? Egli m’ha condotto e rimenato sano, egli stesso ha riscosso il denaro da Gabelo, egli m’ha fatto aver moglie, e ha tenuto lungi da lei il demonio, ha consolato i suoi genitori, ha salvato me stesso dall’esser divorato dal pesce, a te pure ha dato di rivedere la luce del cielo, e per lui siamo stati ricolmi d’ogni bene. Che potremo dargli che sia proporzionato a tutto questo? Ma ti prego, padre mio, di supplicarlo, se mai si degnasse di prendersi la metà di tutto ciò ch’è stato portato. E il padre e il figlio chiamatolo e tiratolo in disparte, cominciarono a pregarlo che si degnasse di accettare la metà di tutto quello che avevano portato. Allora egli disse loro in segreto: Benedite il Dio del cielo, e glorificatelo dinanzi a tutti i viventi, perché ha usato con voi la sua misericordia. Perché è bene di tener nascosto il segreto del re: ma è cosa lodevole rivelare e manifestare le opere di Dio. Buona cosa è l’orazione unita al digiuno, e l’elemosina è meglio che metter da parte tesori d’oro: perché l’elemosina libera dalla morte, ed è essa che cancella i peccati, e fa trovare la misericordia e la vita eterna. Quelli invece che commettono il peccato e l’iniquità, sono nemici dell’anima propria. Pertanto vi manifesto la verità, e non vi terrò più nascosto questo mistero. Quando tu pregavi con lacrime e seppellivi i morti, e, lasciando il tuo pranzo, nascondevi di giorno i morti in casa tua, e di notte li seppellivi, io presentai al Signore la tua orazione. E siccome tu eri accetto a Dio, fu necessario che la tentazione ti provasse. E adesso il Signore m’ha mandato a guarirti, e a liberare dal demonio Sara moglie del tuo figlio. Perché io sono l’Angelo Raffaele, uno dei sette, che stiamo dinanzi al Signore. Udite tali cose, si conturbarono, e caddero tremanti colla faccia per terra. E l’Angelo disse loro: La pace sia con voi, non temete. Se infatti sono stato con voi, è stato per volere di Dio: beneditelo e lodatelo. A voi sembrava veramente ch’io mangiassi e bevessi, ma io mi servo di un cibo invisibile, e d’una bevanda, che non può esser vista dagli uomini. Ora è tempo che ritorni a colui, che mi ha mandato: or voi benedite Dio, e raccontate tutte le sue meraviglie. E detto ciò, disparve dagli occhi loro, ed essi non poterono più vederlo. Allora prostrati per tre ore colla faccia per terra, benedissero Dio, quindi, rialzatisi, raccontarono tutte le sue meraviglie.

Sermone di san Bonaventura Vescovo

Sui Santi Angeli Sermone 5, sulla fine

Raffaele significa medicina di Dio. E dobbiamo notare che si può essere liberati dal male mediante tre benefici, che Raffaele ci accorda quando ci guarisce. Dapprima Raffaele, il medico (celeste), ci libera dall’infermità dello spirito, inducendoci al dolore della contrizione; onde Raffaele disse a Tobia Appena sarai entrato in casa tua, ungi gli occhi di lui col fiele. Così fece, e ci vide. Perché non poté far ciò Raffaele stesso? Perché l’Angelo non dà la compunzione, ma mostra solo la via. Per il fiele s’intende dunque l’amarezza della contrizione, che guarisce gli occhi interni della mente, secondo il Salmo: «Egli guarisce i contriti di cuore»(Ps. CXLIII,3). Questa contrizione è un ottimo collirio. Nel capo secondo dei Giudei si dice che l’Angelo salì al luogo di quelli che piangevano, e disse al popolo: «Io vi trassi dal paese d’Egitto, feci per voi tali e tanti benefizi; e tutto il popolo pianse, onde quel luogo fu chiamato il luogo dei piangenti» (Jud. II,1 et 5). Carissimi gli Angeli tutto dì ci parlano dei benefizi di Dio, e ce li richiamano alla mente, dicendoci: Chi è che t’ha creato, che t’ha redento? Che hai fatto, chi hai offeso? Se ripensi a questo, non troverai altro rimedio che piangere. In secondo luogo Raffaele ci libera dalla schiavitù del diavolo, penetrandoci della memoria della passione di Cristo; in figura di che è detto nel capo sesto di Tobia: Se metterai un pezzetto di quel cuore sui carboni accesi, il suo fumo scaccerà qualunque specie di demoni. Infatti nel capo ottavo di Tobia si dice, che Tobia mise un pezzetto di esso cuore sui carboni, e Raffaele confinò il demonio nel deserto dell’alto Egitto. Che significa ciò? Non avrebbe potuto Raffaele confinare il demonio, se non si fosse posto quel cuore sui carboni? Era forse il cuore del pesce che dava tanto potere all’Angelo? No certo! Esso non avrebbe potuto nulla, se li non ci fosse stato un mistero. Infatti con ciò ci si fa intendere che non c’è nulla oggi che ci liberi dal potere del diavolo come la Passione di Cristo, la quale procedé dal suo cuore, come da una radice, cioè dalla carità. Il cuore Infatti è la sorgente d’ogni nostro calore vitale. Se dunque metti il Cuore di Cristo, cioè la passione che soffrì, la cui radice è la carità, sorgente del suo ardore, sui carboni, cioè sulla memoria infiammata, subito il demonio sarà allontanato in modo da non poterti più nuocere. In terzo luogo ci libera dalla pena di trovarci in opposizione con Dio, pena che abbiamo incorso offendendo questo Dio, e ciò inducendoci a pregare con insistenza; e a questo si riferisce quel che disse l’Angelo Raffaele a Tobia nel capo dodicesimo: «Quando pregavi piangendo, anche io offrivo la tua preghiera al Signore» (Tob. XII,13). Gli Angeli ci riconciliano con Dio, per quanto possono. I nostri accusatori davanti a Dio sono i demoni. Gli Angeli poi ci scusano, allorché offrono le nostre preghiere, che c’inducono a fare con devozione, com’è nel capo ottavo dell’Apocalisse: «Sali il fumo degli aromi nel cospetto del Signore dalla mano dell’Angelo» (Apoc. VIII,4). Questi profumi che si consumano soavemente, sono le preghiere dei Santi. Vuoi placare Dio che hai offeso? Prega con devozione. Essi offrono a Dio la tua preghiera per riconciliarti con Dio. In san Luca si dice che Cristo, preso da spasimo, pregava intensamente, e che gli apparve un Angelo del Signore a confortarlo (Luc. 3,43). Ora tutto ciò avvenne per noi, perché egli non abbisognava del conforto di lui, ma per mostrarci ch’essi assistono volentieri quelli che pregano con devozione, e volontieri li aiutano e confortano, e ne offrono a Dio le preghiere. – Papa Benedetto XV estese a tutta la Chiesa la festa di san Raffaele Arcangelo.

Omelia di san Giovanni Crisostomo

Omelia 36, ovvero 35, su Giovanni, n. 1

Che maniera è questa di guarire? che mistero c’è sotto? Perché queste cose non furono scritte senza una ragione; ma ci descrivono quasi in figura e in immagine il futuro, affinché, avvenendo improvvisamente qualche cosa di straordinario, non vacillasse in qualche modo la fede di molti uditori. Cos’è dunque questa descrizione? Essa predice il battesimo che doveva conferirsi in seguito, pieno di virtù e d’una grazia immensa, il battesimo che doveva lavare tutti i peccati, e rendere i morti alla vita. Questo battesimo dunque è figurato nella piscina e in molti altri simboli, Per esso il Signore diede dapprima l’acqua, che lava le macchie del corpo, e anche le macchie non reali, ma riputate tali, provenienti dai funerali, dalla lebbra e simili; e nell’antica legge bisognava, in molte circostanze, purificarsi coll’acqua. – Ma torniamo al nostro soggetto. La Provvidenza ha dunque voluto, come abbiam detto, che l’acqua servisse a togliere prima le macchie del corpo, poi le diverse infermità. E Dio per avvicinarci di più alla grazia del battesimo, non solo toglie le macchie, ma guarisce altresì le malattie. Difatti le immagini che toccano più da vicino la verità, sia nel battesimo, sia nella passione, sia in altri soggetti, sono più chiare di quelle date anticamente. E come i satelliti che sono vicini al re, sono più elevati in dignità di quelli che ne sono distanti; così è avvenuto delle figure. L’Angelo del Signore dunque scendendo agitava l’acqua, e le infondeva una virtù curativa, affinché i Giudei comprendessero che il Signore degli Angeli poteva con più forte ragione guarire tutti i mali dell’anima. Ma, come qui non era la semplice acqua che guariva (altrimenti l’avrebbe fatto sempre) ma operava ciò sotto l’azione dell’Angelo; così pure in noi non è semplicemente l’acqua che opera, ma, dopo aver ricevuto la grazia dello Spirito, allora solo cancella tutti i peccati. – «Intorno a questa piscina giaceva una gran moltitudine d’infermi, ciechi, zoppi, paralitici in attesa del moto dell’acqua» (Joann. 5,3). Ma allora la stessa infermità era sovente di ostacolo a che, chi lo volesse, fosse guarito; ora invece ognuno può avvicinarsi alla piscina spirituale. Dacché non è più un Angelo a muover l’acqua, ma è il Signore degli Angeli che opera tutto. Né possiamo dire: Quando arrivo io, un altro s’è già buttato prima di me. Perché, venisse pure tutto il mondo, la grazia non si consuma per questo, né vien meno la sua efficacia o azione, ma rimane sempre la stessa. E come i raggi del sole ci illuminano ogni giorno, né si consumano, né, servendo a molti, perdono alcunché della loro luce; così, anzi molto meno, si diminuisce l’operazione dello Spirito per la moltitudine di coloro su cui si esercita. Ciò poi avvenne, affinché quelli í quali sapevano che l’acqua guariva le malattie del corpo, e s’erano familiarizzati con questo spettacolo, credessero più facilmente che anche i mali dell’anima possono guarirsi.

ALL’ARCANGELO S. RAFFAELE

I. Nobilissimo Arcangelo San Raffaele, che dalla Siria alla Media accompagnaste sempre fedele il giovanetto Tobia, degnatevi di accompagnare anche me’ miserabile peccatore nel pericoloso viaggio che ora sto facendo dal tempo all’eternità. Gloria.

II. Sapientissimo Arcangelo S. Raffaele, che camminando presso il fiume Tigri, preservaste il giovane Tobia dal pericolo della morte, insegnandogli la maniera d’impadronirsi di quel pesce che lo minacciava, preservate anche l’anima mia dagli assalti di quel mostro che dappertutto mi circonda per divorarmi. Gloria.

III. Amorosissimo Arcangelo S. Raffaele, che arrivato nella Media col giovane Tobia, andaste voi stesso nella città di Rages per riscuotere da Gabelo la nota somma di cui era debitore, siate, vi prego, mediatore dell’anima mia presso il Signore affine di ottenermi la total remissione degli enormi debiti da me contratti colla sua tremenda giustizia. Gloria.

IV. Potentissimo Arcangelo S. Raffaele che liberaste la buona Sara dall’immondo Asmodeo, costringendolo a far ritorno ne’ suoi abissi, liberate anche l’anima mia dall’avarizia, dalla superbia, dalla collera, dalla libidine, dalla gola, dall’accidia e da tutte le altre passioni, che, a guisa di demoni, la tiranneggiano continuamente, e fate che, liberata una volta, non abbia mai più a ritornar sotto l’ignominioso lor giogo. Gloria.

V. Benignissimo Arcangelo S. Raffaele, che procuraste alla buona Sara una compita felicità, maritandola con Tobia dopo di averla prodigiosamente liberata dalla schiavitù del demonio, fate che anche l’anima mia, tolta alla tirannia delle passioni, si unisca come una sposa al suo Gesù con vincoli indissolubili di una fede sempre viva e di una carità sempre ardente. Gloria.

VI. Pietosissimo Arcangelo S. Raffaele, che con prodigio affatto nuovo, ridonaste al cieco Tobia il prezioso dono della vista, liberate, vi prego, l’anima mia dalla cecità che l’affligge e la disonora, affinché conoscendo le cose nel loro vero aspetto, non mi lasci mai ingannare dalle apparenze, ma cammini sempre sicuro nella via dei divini comandamenti. Gloria.

VII. Liberalissimo Arcangelo S. Raffaele, che, dopo aver ricolmato di benefici e di ricchezze la casa di Tobia, generosamente rifiutaste tutti i tesori a voi offerti in attestato di riconoscenza, ottenetemi, vi prego, un totale distacco dalle cose della terra, affinché rivolga tutti i miei sforzi all’acquisizione dei beni eterni e inestimabili del paradiso. Gloria.

VIII. Umilissimo Arcangelo S. Raffaele, che ricusaste di ricevere gli omaggi d’adorazione a voi prestati dalla riconoscente famiglia del buon Tobia, ottenetemi dal Signore un grande amore all’umiltà, affinché fuggendo tutti gli onori e le distinzioni del mondo riponga tutta la mia gloria nel vivere una vita nascosta in Gesù Cristo. Gloria.

IX. Perfettissimo Arcangelo S. Raffaele, che state sempre innanzi al trono dell’Altissimo a lodarlo, a benedirlo, a glorificarlo, a servirlo, fate che anch’io non perda mai di vista la divina presenza, affinché i miei pensieri, le mie parole, le mie opere sien sempre dirette alla sua gloria ed alla mia santificazione. Gloria.

OREMUS

Deus, qui Beatum Raphaelem Areangelum Tobiae, famulo tuo comitem dedisti in via, concede nobis famulis tuis, ut ejusdem semper protegamur custodia et muniamur ausilio. Per Dominum, etc.

GIACULATORIA.

Fate ch’io seguavi — sempre fedele,

Mio caro Arcangelo — San Raffaele.

PREGHIERA A S. Raffaele, Arcangelo.

Glorioso Arcangelo, S. Raffaele, grande principe della corte celeste, illustre per le tue doti di saggezza  e la grazia, guida dei viaggio per terra e per mare, consolatore dello sfortunato e rifugio dei peccatori ti prego di aiutarmi in tutti i miei bisogni e in tutte le prove di questa vita, come tu hai una volta assistito il giovane Tobia nel suo cammino. E dal momento che tu sei il  “Medico di Dio”, umilmente ti prego di guarire la mia anima delle sue numerose infermità ed il mio corpo dei mali che l’affliggono, se questo favore è per il mio maggior bene. Ti chiedo, in particolare, per la tua purezza angelica, che io possa divenire tempio vivo dello Spirito Santo. Amen.

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Sua Santità, Leone XIII., da un rescritto della S. Congreg. delle Indulgenze del 21 giugno 1890, concede ai fedeli che recitano la preghiera di cui sopra, un’indulgenza di cento giorni, una volta al giorno.

(Fonte:. “La Raccolta”, 1903, Imprimatur, p 368)

29 Settembre SAN MICHELE ARCANGELO

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Hymnus

{ex Commune aut Festo}

Te, splendor et virtus Patris,

Te vita, Jesu, cordium,

Ab ore qui pendent tuo,

Laudamus inter angelos.

Tibi mille densa millium

Ducum corona militat:

Sed explicat victor crucem

Michael salutis signifer.

Draconis hic dirum caput

In ima pellit tartara,

Ducemque cum rebellibus

Caelesti ab arce fulminat.

Contra ducem superbiae

Sequamur hunc nos principem,

Ut detur ex Agni throno

Nobis corona gloriae.

Deo Patri sit gloria,

Qui nos redemit Filius

Et Sanctus unxit Spiritus

Per Angelos custodiat. Amen.

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Ad Sanctum Michaëlem Archangelum. Precatio.

[S.S. Leone XIII]

PRINCEPS gloriosissime caelestis militiae, sancte Michael Archangele, defende nos in proelio et colluctatione, quae nobis adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in caelestibus. Veni in auxilium hominum, quos Deus creavit inexterminabiles, et ad imaginem similitudinis suae fecit, et a tyrannide diaboli emit pretio magno. Proeliare hodie cum beatorum Angelorum exercitu proelia Domini, sicut pugnasti contra ducem superbiae luciferum, et angelos eius apostaticos: et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in coelo. Sed proiectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus et satanas, qui seducit universum orbem; et proiectus est in terram, et angeli eius cum illo missi sunt. En antiquus inimicus et homicida vehementer erectus est. Transfiguratus in angelum lucis, cum tota malignorum spirituum caterva late circuit et invadit terram, ut in ea deleat nomen Dei et Christi eius, animasque ad aeternae gloriae coronam destinatas furetur, mactet ac perdat in sempiternum interitum. Virus nequitiae suae, tamquam flumen immundissimum, draco maleficus transfundit in homines depravatos mente et corruptos corde; spiritum mendacii, impietatis et blasphemiae; halitumque mortiferum luxuriae, vitiorum omnium et iniquitatum. Ecclesiam, Agni immaculati sponsam, faverrimi hostes repleverunt amaritudinibus, inebriarunt absinthio; ad omnia desiderabilia eius impias miserunt manus. Ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est, ibi thronum posuerunt abominationis et impietatis suae; ut percusso Pastore, et gregem disperdere valeant. Adesto itaque, Dux invictissime, populo Dei contra irrumpentes spirituales nequitias, et fac victoriam. Te custodem et patronum sancta veneratur Ecclesia; te gloriatur defensore adversus terrestrium et infernorum nefarias potestates; tibi tradidit Dominus animas redemptorum in superna felicitate locandas. Deprecare Deum pacis, ut conterat satanam sub pedibus nostris, ne ultra valeat captivos tenere homines, et Ecclesiae nocere. Offer nostras preces in conspectu Altissimi, ut cito anticipent nos misericordiae Domini, et apprehendas draconem, serpentem antiquum, qui est diabolus et satanas, ac ligatum mittas in abyssum, ut non seducat amplius gentes. Hinc tuo confisi praesidio ac tutela, sacra sanctae Matris Ecclesiae auctoritate, ad infestationes diabolicae fraudis repellendas in nomine Jesu Christi Dei et Domini nostri fidentes et sicuri aggredimur. 

Ecce Crucem Domini, fugite partes adversae.

Vicit Leo de tribu Juda, radix David.

Fiat misericordia tua, Domine, super nos.

Quemadmodum speravimus in te.

Domine, exaudi orazionem meam.

Et clamor meus ad te veniat.

 Oremus.

Deus, et Pater Domini nostri Jesu Christi, invocamus nomen sanctum tuum, et clementiam tuam supplices exposcimus ut, per intercessionem Immaculatae semper Virginis Dei Genitricis Mariae, beati Michaëlis Archangeli, beati Joseph ejusdem beatae Virginis Sponsi, beatorum Apostolorum Petri et Pauli et omnium Sanctorum, adversus satanam, omnesque alios immondos spiritus, qui ad nocendum humano generi animasque perdendas pervagatur in mundo, nobis auxilium praestare digneris. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.

Hymnus

Christe, sanctorum decus angelorum,

Gentis humanae Sator et Redemptor,

Caelitum nobis tribuas beatas

Scandere sedes.

Angelus pacis Michael in aedes

Caelitus nostras veniat serenae

Auctor  ut pacis lacrimosa in orcum

Bella releget.

Angelus fortis Gabriel, ut hostes

Pellat antiquos, et amica caelo,

Quae triumphator statuit per orbem,

Templa revisat.

Angelus nostrae medicus salutis,

Adsit e caelo Raphael, ut omnes

Sanet aegrotos, dubiosque vitae

Dirigat actus.

Virgo dux pacis, Genitrixque lucis,

Et sacer nobis chorus angelorum

Semper assistat, simul et micantis

Regia caeli.

Praestet hoc nobis Deitas beata

Patris ac Nati pariterque sancti

Spiritus, cujus resonat per omnem

Gloria mundum.

Amen.

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A San Michele Arcangelo

Gloriosissimo S. Michele Arcangelo, Ministro della Suprema Divina Sede, Principe della Celeste Milizia, mandato in aiuto del Popolo di Dio, impetratemi il perdono di miei peccati, regolate le mie azioni secondo la volontà del Signore, e con la moltitudine degli Angeli soccorretemi nell’ora e nel punto della mia morte; liberate l’anima mia dal nemico infernale e guidatela con allegrezza all’eterno riposo. Così sia. [Via del Parasiso, Siena, 1823]

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ALL’ARCANGELO S. MICHELE (29 Sett.).

I. – O Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che pieno di fede, di umiltà, di riconoscenza, di amore, lungi dall’aderire alle suggestioni del ribelle Lucifero, o di intimidirvi alla vista degli innumerabili suoi seguaci, sorgeste anzi per primo contro di lui ed animando ed animando alla difesa della causa di Dio tutto il restante della Corte celeste, ne riportaste la più completa vittoria, ottenetemi, vi prego, la grazia di scoprire tutte le insidie, e resistere a tutti gli assalti di questi angeli delle tenebre, affinchè, trionfando a vostra imitazione dei loro sforzi, meriti di,risplendere un giorno sopra quei seggi di gloria da cui furono essi precipitati per non risalirvi mai più. Gloria.

II. – Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che destinato alla custodia di tutto il popolo Ebreo, lo consolaste nelle afflizioni, lo illuminaste nei dubbi, lo provvedeste di tutti i bisogni, fino a dividere i mari, a piovere manna dalle nubi, a stillar acqua dai sassi, illuminate, vi prego, consolate, difendete, e sovvenite in tutti i bisogni l’anima mia, affinché, trionfando di tutti gli ostacoli che ad ogni passo s’incontrano nel pericoloso deserto di questo mondo, possa arrivare con sicurezza a quel regno di pace e di delizie, di cui la terra promessa ai discendenti di Abramo non era che una smorta figura. Gloria.

III. – Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che, costituito capo e difensore della cattolica Chiesa, la rendeste sempre trionfatrice della cecità dei gentili colla predicazione degli Apostoli, della crudeltà dei tiranni colla fortezza dei Martiri, della malizia degli eretici colla sapienza dei dottori, e del mal costume del secolo colla purità delle Vergini, la santità dei Pontefici e la penitenza dei confessori, difendetela continuamente dagli assalti dei suoi nemici, liberatela dagli scandali de’ suoi figliuoli, affinché, mostrandosi sempre in aspetto pacifico e glorioso, ci teniamo sempre più fermi nella credenza nella credenza dei suoi dogmi, e perseveriamo sino alla morte nell’osserrarvanza dei suoi precetti. Gloria.

IV.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che state alla destra dei nostri altari per portare al trono dell’Eccelso le nostre preghiere ed i nostri sacrifici, assistetemi, vi prego, in tutti gli esercizi di cristiana pietà, affinchè compiendoli con costanza, con raccoglimento e con fede, meritino di essere di vostra mano presentati all’Altissimo, e da Lui ricevuti come l’incenso in odore di grata soavità. Gloria.

V.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che dopo Gesù Cristo e Maria, siete il più potente mediatore fra Dio e gli uomini, al cui piede s’inchinano confessando le proprie colpe le dignità le più sublimi di questa terra, riguardate, vi prego, con occhio di misericordia la miserabile anima mia dominata da tante passioni, macchiata da tante iniquità, ed ottenetemi la grazia di superare le prime, e detestar le seconde, affinché, risorto una volta, non ricada mai più in uno stato sì indegno e luttuoso. Glor.

VI.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele che come terror dei demoni, siete dalla divina bontà destinato a difenderci dai loro assalti nell’estrema battaglia consolatemi, vi prego, in quel terribile punto colla dolce vostra presenza, aiutatemi col vostro insuperabile potere a trionfare di tutti quanti i miei nemici, affinché, salvato per mezzo vostro dal peccato e dall’Inferno, possa esaltare per tutti i secoli la vostra potenza e la vostra misericordia. Gloria.

VII.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che con premura più che paterna discendete pietosamente nel tormentoso regno del Purgatorio per liberarvi le anime elette, e seco voi trasportarle nella eterna felicità, fate, vi prego, che, mediante una vita sempre santa e fervorosa, io meriti di andare esente da quelle pene sì atroci. Che se, per le colpe non conosciute, o non abbastanza piante e scontate, siccome già lo preveggo, mi vi andassi condannato per qualche tempo, perorate in allora presso il Signore la mia causa, movete tutti i miei prossimi a suffragarmi, affinché il più presto possibile voli al cielo a risplendere di quella luce santissima che fu promessa ad Abramo ed a tutti i suoi discendenti. Gloria.

VIII. – Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, destinato a squillare la tromba annunziatrice del gran Giudizio, ed a precedere con la croce il Figliuolo dell’uomo nella gran valle, fate che il Signore mi prevenga con un giudizio di bontà e di misericordia in questa vita, castigandomi a norma delle mie colpe, affinchè il mio corpo risorga insieme coi giusti ad una irnmortalità beata e gloriosa, e si consoli il mio spirito mio spirito alla vista di quel Gesù che formerà il gaudio e la consolazione di tutti quanti gli eletti. Gloria.

IX.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che costituito governatore di tutta l’umana natura, siete in modo speciale il Custode della cattolica Chiesa, e del visibil suo Capo, riunite al seno di questa eletta Sposa di Gesù Cristo, tutte le pecore erranti, gli infedeli, i turchi, gli ebrei, gli scismatici, i peccatori, affinché, adunati tutti in un sol ovile, possano cantare unitamente per tutti i secoli le sovrane misericordie: sostenete nella via della santità, e difendete da tutti i nemici l’Infallibile interprete dei suoi voleri, il suo vicario sopra la terra, il Romano (Vero) Pontefice/affinché obbedendo sempre alla voce di questo pastore universale, non mai si allontanino dai pascoli della salute, ma crescano anzi ogni giorno nella giustizia, così i sudditi come i magistrati, così i popoli come i Re, e compongano su questa terra quella società concorde, pacifica ed indissolubile, che è l’immagine, il preludio e la caparra di quella perfetta ed eterna che comporranno con Gesù Cristo tutti i beati nel cielo. Gloria.

Oremus.

Da nobis, omnipotens Deus, beati Michaeli Arcangeli honore ad summa proficere; ut cujus in terra gloriam praedicamus, ejus quoque precibus adjuvemur in coelis. Per Dominum etc.

GlACULATORIA A S. MICHELE.

O glorioso, O forte – arcangiol s. Michele,

Siatemi in vita e in morte – proteggitor fedele.

20 settembre S. EUSTACHIO m.

S.  EUSTACHIO MARTIRE

eustachius

[da: “I Santi per ogni giorno dell’anno”. 1933 – imprimatur -]

Eustachio, nominato dapprima Placido, celebre fra i Romani per i suoi natali, ricchezze e gloria militare, meritò sotto l’imperatore Traiano il titolo di maestro della milizia. Esercitandosi un giorno alla caccia inseguiva un cervo di straordinaria grandezza che d’un tratto si fermò e vide fra le sue corna un’immagine radiosa di Gesù Cristo che gli disse — Placido, perché mi perseguiti? Ti sono apparso in forma di questo animale perché voglio la tua salvezza. Io sono Gesù Cristo cui tu servi inconsciamente. Le tue elemosine sono salite fino a me ed io sono venuto a prendere te, mentre tu pensavi di prendere un cervo. — Colpito da tali parole l’Ufficiale cadde da cavallo. Ritornato in sé esclamò: « Dimmi chi sei, perché io creda in te ». E Gesù gli rispose « Io sono il Creatore del mondo, il tuo Redentore ». – A tale risposta Placido vinto dalla grazia cadde a terra per la seconda volta, esclamando « Io credo, Signore che tu sei il Creatore dell’universo e che converti chi è nell’errore ». Ed il Signore: « Se tu credi, istruisci la tua sposa e i tuoi figli,va dal Vescovo e chiedi di essere battezzato ». A mezzanotte adunque, si recarono dal Vescovo di Roma, il quale dopo di aver innalzato al Signore un inno di ringraziamento, li battezzò imponendo a Placido il nome di Eustachio, alla sposa quello di Teospita, ed ai figli i nomi di Agapito e Teospito. – Eustachio il giorno dopo ritornato come gli aveva ordinato il Signore, sul luogo della visione avuta, sentì predirsi da Lui quanto avrebbe dovuto soffrire per la sua gloria. Poco dopo sostenne con pazienza ammirabile gravissime calamità sì da essere ridotto in breve tempo alla più squallida miseria. Costretto a fuggire di nascosto, con strazio si vide miseramente rapire nel viaggio dapprima sua sposa e poi anche i figli. Oppresso da tante prove, dimorò a lungo nascosto in una lontana regione, finché confortato da una luce celeste e chiamato da Traiano per una nuova impresa militare fu eletto capo delle truppe dell’impero. In quella spedizione, ricuperati inaspettatamente i figiuoli insieme alla loro madre, entrò in Roma vincitore tra le universali acclamazioni. Ricevuto l’ordine di sacrificare ai falsi dei per la riportata vittoria, si rifiutò energicamente. L’imperatore, dopo di aver cercato invano di fargli rinnegare la fede di Gesù Cristo, lo espose colla sposa e coi figliuoli ai leoni. Ma questi si mantennero mansueti, onde l’imperatore irritato li fece rinchiudere in un toro di bronzo arroventato donde, terminato il martirio al canto delle divine lodi, se ne volarono alla felicità eterna il 20 di Settembre. I loro corpi sepolti religiosamente dai fedeli, vennero poi ritrovati intatti e trasferiti nella Chiesa eretta a loro nome.

RICORDO. — Vanità delle vanità, e tutte le cose sono vanità, salvo che amare Iddio, ed a lui solo servire.

PREGHIERA. — O Dio, che concedi di celebrare il natale dei tuoi santi martiri Eustachio e Compagni suoi: danne di godere della loro compagnia nell’eterna beatitudine. Così sia.

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In questo giorno preferiamo festeggiare la memoria di questo Santo martire con tutta la propria famiglia, a differenza di altri che celebrano i “momenti” gloriosi (si fa per dire) della Massoneria, braccio operativo delle “serpi” velenose che odiano Dio e tutti gli uomini, tra i quali la vile presa di porta Pia a Roma da parte dei “buzzurri” prezzolati. Tra i festeggianti “figli della vedova” oramai si fanno notare anche “finti” prelati del novus ordo, giusto per sottolineare l’identità di vedute e di scopi. Vediamo in queste foto, un sorridente e soddisfatto “fratello”, partecipare, da bravo “Giuda al guinzaglio”, alle celebrazioni di un evento tanto “spirituale” da meritare la presenza di un cardinale, seppur finto! Che il Grande Santo, invocato contro il fuoco, ci liberi dal fuoco eterno e dal “novus ordo”, via sicura per accedere allo stagno della Geenna, ove sarà “pianto e stridor di denti” … e non solo il 20 settembre!

W.  S. Eustachio.

MADONNA DELLA CINTURA

MADONNA DELLA CINTURA

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Sulla divozione della Cintura.

[da: Manuale di Filotea del sac. G. Riva – XXX ed.; Milano, 1888]

La madre di S. Agostino, Santa Monica, fatta vedova del suo consorte Patrizio, e risoluta di imitare Maria SS. Anche nell’abito, La pregò di farle conoscere come Ella avesse vestito nei giorni della sua vedovanza, specialmente dopo l’Ascensione di Cristo al cielo. La B. Vergine non tardò a compiacerla. Le apparve poco dopo, coperta di un’ampia veste che dal collo le andava ai piedi, ma di stoffa cosi dozzinale, di taglio così semplice, di colore così oscuro che non saprebbesi immaginare abito più dimesso e più penitenziale. Dessa ai lombi era stretta da una rozza cintura di pelle, scendente fin quasi a terra, al lato sinistro dalla fibbia che la rinfrancava. – Indi slacciandosi di propria mano la cintura, la porse a Monica, raccomandandole di portarla costantemente, e di insinuare tal pratica a tutti i fedeli bramosi del suo speciale patrocinio. Fra i primi ad approfittarne fu il suo figlio S. Agostino, e da lui venne in seguito a diffondersi in ogni ceto di fedeli, specialmente per opera del sempre benemerito Ordine che si denomina Agostiniano, la cui regola, con poche modificazioni, divenne comune a tutti gli Ordini Religiosi della vita attiva che furono più tardi instituiti. Ora, siccome i Papi accordarono ai cinturati la partecipazione a tutti i beni spirituali che sono proprii dell’ordine agostiniano, non che degli altri Ordini che dalla regola di sant’Agostino presero la norma del vivere religioso, è facile il comprendere che non v’ha sacro consorzio in cui possano godersi vantaggi maggiori di quelli che si godono dai devoti della Madonna della Cintura, ond’è che a Pietro Re di Aragona, supplicante Clemente X di qualche speciale Indulgenza, il Papa non altro rispose che queste memorande parole: “Prendete la Cintura di S. Agostino ed avrete tutto quel che bramate”. I tanti miracoli poi, di guarigioni d’ogni morbo, di preservazione d’ogni offesa, e di conseguimento d’ogni genero di favori ottenuti con tal devozione, come ha di molto aumentato l’impegno di iscriversi a sì pia confraternita, cosi deve impegnare ancora voi a non trascurare un mezzo cosi facile e sicuro per procurarvi ogni bene così spirituale, come temporale, mediante la fedele pratica di tutto quello che è imposto a tutti gli ascritti, oltre ad una vita di penitenza di cui è simbolo la Cintura, indicando essa il disprezzo del mondo, la mortificazione tutta propria del Cristiano, e la costante disposizione a camminare senza mai arrestarsi nella via che guida a salute. Quindi la Chiesa l’ha fatta soggetto di una festa speciale nella Domenica successiva al giorno di S. Agostino, che è al 28 di Agosto. Per partecipare a tanti vantaggi si richiedono tre cose: – 1. Farsi inscrivere regolarmente da chi ne ha la facoltà. – 2. Portare costantemente la cintura benedetta nell’atto dell’ascrizione. – 3 Recitare ogni giorno il Coronano di 13 Pater, un Credo, ed una Salve Regina.

 

ALLA MADONNA DELLA CINTURA

la cui festa si celebra nella Dom. succ. al 28 Agosto.

I – Per quella benignità tutta singolare con cui compiaceste ne’ suoi desideri la fedelissima vostra serva santa Monica, personalmente apparendole in veste oscura, stretta in vita con una semplice Cintura di pelle, per farle conoscere con chiarezza quell’abito penitenziale che fu da voi usato in tutto il tempo della vostra dimora sopra la terra dopo la gloriosa ascensione del vostro Unigenito al cielo, degnatevi, amabilissima Vergine, di far conoscere anche a noi tutti la necessità di seguire i vostri esempi in tutta la nostra condotta anche esteriore, e di impetrarci coraggio indispensabile per conformarvici costantemente, malgrado tutte le dicerie del mondo sempre nemico della cristiana pietà, onde meritarci con sicurezza il vostro validissimo Patrocinio. Ave.

.II – Per quel singolarissimo beneficio che vi degnaste di fare a tutto il mondo col manifestare a Santa Monica il penitente abito da voi usato negli ultimi anni di vostra vita, volendo con esso significare il disprezzo di tutte le pompe, e la mortificazione continua d’ogni disordinato appetito, che devono formare il carattere dei veri discepoli di Gesù Cristo, degnatevi, o amabilissima Vergine, d’inspirare in noi tutti un continuo aborrimento di tutte le mondane comparse, e d’ogni men retto assecondamento delle nostre passioni, affinchè, vivendo a vostr’imitazione sempre umili e mortificati, ci assicuriamo col vostro patrocinio la protezione speciale del vostro divin Pigliuolo. Ave.

III – Per quelle distintissime grazie che voi faceste non solo a santa Monica, al suo figlio S. Agostino e a tutto l’ordine degli Eremitani, che da lui prese il proprio nome, ma ancora a tutti i fedeli che si arruolarono sotto lo stendardo della vostra santa Cintura, fate, o amabilissima Vergine, che, gloriandoci anche noi tutti di professare costantemente una devozione così bella, meritiamo di essere quei domestici| prediletti, che al dir dello Spirito Santo nel libro dei Proverbii (c. XXXI), favoriti di Cingolo misterioso, sono coperti di doppia veste, cioè della somiglianza con Cristo e della imitazione di Voi, affinché, conformandoci sempre alle sue massime e ai vostri esempi, meritiamo poi di partecipare alla vostra gloria nel cielo, dopo aver fatto nostra premura la vostra glorificazione.sulla.terra. Ave, Gloria.

Avvertenze pei confratelli della Cintura:

Siccome ali ascritti a questa Confraternita tanto favorita di privilegi e di indulgenze, sono tenuti a recitare ogni giorno 13 “Pater” ed “Ave” nonché una “Salve Regina”, cosi a comodo di chi volesse conoscere tutto lo spirito di questa devota pratica, quindi ricavarne maggior vantaggio col conformarvisi fedelmente, ho stimato bene di qui soggiungere il seguente:

Coronino della Cintura.

Reciteremo tredici Pater ed Ave in memoria e venerazione del nostro Signore Gesù-CRISTO, e dei dodici Apostoli, i quali composero il Credo, epilogando in esso i misteri principali della nostra santa Fede. – Imploriamo adunque, per essere esauditi, l’aiuto della Beata Vergine della Consolazione, quello del Padre Sant’Agostino e della sua madre santa Monica.

Actiones nostras, quaesumus Domine, aspirando preveni, et adiuvando proseguere, ut cuncta nostra oratio et operatio a te semper incipiat, et per te coepta finiatur. Per Christum Dominimi nostrum. Ave.

1. Nel primo articolo “Credo in Deum Patrem omnipotentem, creatorem coeli et terrae”, consideriamo come Dio onnipotente crea dal nulla il cielo e la terra con tutto ciò che in essi si trova… Vergine Santissima, aiutateci a disprezzare le vanità della terra per attendere solo all’acquisto de’ beni eterni del cielo. Pater, Ave, Gloria

2 – Nel secondo articolo “Et in Jesum Christum Filium Ejus unicum, Domìnum nostrum”, consideriamo che GesùCristo Signor nostro è vero ed unico Figlio dell’eterno Padre… Vergine beatissima aiutateci a credere, sperare in Lui, ed amarLo con tutto il cuore, perché Egli solo è il vero Salvatore del mondo. Pater, Ave, Gloria.

3 – Nel terzo articolo “Qui conceptus est de Spiritu Sancto, natus ex Maria Virgine”, consideriamo che Gesù è vero Figlio di Maria sempre Vergine, la Quale lo concepì nel suo ventre purissimo per opera dello Spirito Santo e Lo partorì senza lesione della sua purità immacolata … Vergine gloriosissima, aiutateci a ricuperare e conservare la divina grazia, acciò, come voi siete vera Madre di Dio, così noi diventiamo per l’opera vostra suoi adottivi figliuoli. Pater, Ave, Gloria.

4 – Nel quarto articolo “Passus sub Pontio Pilato, crucifixus, mortuus et sepultus”, consideriamo la Passione, Morte e Sepoltura del nostro Redentor Crocifisso, conservandone nel cuore una tenera compassione… Madre afflittissima, fate che le piaghe del Signore siano sempre impresse nel nostro cuore. Pater, Ave, Gloria.

5 – Nel quinto articolo “Descendit ad inferos; Tertia die resurrexit a mortuis”, consideriamo cbe l’anima di Gesù scese al Limbo a liberar ì Santi Padri, fra il corteggio dei quali, tre giorni dopo la sua morte, risuscitò glorioso…. Vergine consolatissima nel vedere il vostro divin Figliuolo risorto, aiutateci a risorgere dalla colpa alla grazia e dalla abiezione alla gloria. Pater, Ave, Gloria.

6 – Nel sesto articolo “Ascendit ad Coelos: Sedet ad dexteram Dei Patris omnipotentis”, consideriamo che Gesù, quaranta giorni dopo risorto, benedisse la Madre, gli Apostoli, i Discepoli e i fedeli che Lo seguirono sul monte Oliveto, a vista dei quali sali al Cielo, ove siede alla destra del suo divin Padre:… Vergine benedetta, aiutateci ad umiliarci, a patire, ed a portare !a nostra croce per essere poi esaltati alla eterna gloria nel cielo. Pater, Ave, Gloria.

7 – Nel settimo articolo “Inde venturus est judicare vivos et mortuos”, consideriamo che Gesù Cristo dall’alto del cielo scenderà nella valle di Giosafat per giudicare tutto il genere umano, l’ultimo giorno del inondo… Madre avvocata de’ peccatori aiutateci, acciò, vivendo adesso la vita dei giusti, possiamo in quel tremendo giorno trovarci alla destra degli Eletti. Pater, Ave, Gloria.

8 – Nell’ottavo articolo “Credo in Spiritum, Sanctun”, consideriamo l’altissimo mistero della SS. Trinità, e con atto di viva fede crediamo, che se il divin Figlio è “ab eterno” generato dal Padre, “ab eterno” pure lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliulo: ed è con essi un solo Iddio, perché una sola e medesima è la natura, ed ugualissime le perfezioni di que stre tre divine Persone…. Vergine purissima, impetrateci voi dal vostro divino sposo una divina fiamma di carità, acciò purgato il nostro cuore da ogni affetto terreno, arda solo d’amore divino. Pater, Ave, GIoria.

9 – Nel nono articolo “Sanctam Ecclesiam Catholicam, Sanctorum Communionem”, consideriamo che Iddio nostro Signore, per sua mera bontà, senza alcun nostro merito, ci ha fatti nascere ed allevare in seno della santa Madre Chiesa, partecipi dei meriti infiniti di Gesù Cristo e di tutti i santi, a differenza di tanti eretici ed infedeli che nascono e muoiono fuori del grembo di Colei che è l’unica Arca della salute…. Vergine pietosissima, aiutateci a ringraziarLo di sì gran benefizio, e a tenerci sempre pronti a dar il sangue e la vita per confessare la verità della nostra santa Fede. Pater, Ave, Gloria.

10 – Nel decimo articolo “Remissionem peccatorum” consideriamo che la bontà divina è infinitamente maggiore della nostra più grande malizia, e può rimettere qualunque colpa per enorme e scandalosa che sia… Vergine purissima, impetrateci una vera contrizione adesso e nell’ora della nostra morte, acciò, riconciliati con Dio, proviamo i benefici effetti di sua infinita misericordia. Pater, Ave, Gloria.

11 – Nell’undecimo articolo “Carnis Resurrectionem”, consideriamo che nel giorno dell’universale Giudizio dobbiamo tutti risuscitare, ripigliando ciascuno il proprio corpo…. Vergine immacolata, la vostra santa Cintura custodisca da ogni sozzura la nostra carne, acciò in quel giorno risplenda gloriosa, più bella del sole, come l’avranno gli Eletti per tutta quanta l’eternità. Pater, Ave, Gloria.

12 – Nel duodecimo articolo “Vitami aeternam”, consideriamo l’ultimo fine dell’uomo, cioè la vita eterna da Dio preparata ai fedeli suoi servi, non temporanea ed infelice, come la presente, ma immortale e beata per ogni genere di delizie…. Ah! Vergine prudentissima, aiutateci a far buon uso del tempo presente per conseguire alla fine 1’eternità dei Beati in paradiso. Pater, Ave, Gloria.

13 – Consideriamo per ultimo come la santa Cintura rappresenti l’umanità sacrosanta del divin Redentore, che per amor nostro volle spargere tutto il suo preziosissimo sangue, e dar la vita fra tormenti e disprezzi d’ogni maniera…. Maria, madre di Dio, aiutateci a meditare con frutto, nella santa Cintura che portiamo, un misterioso ritratto del vostro divin Figlio, nostro Redentore, e uniformare alla sua tutta la nostra condotta. Pater, Ave, Gloria.

Umiliati ai vostri piedi santissimi, o Maria, Madre della consolazione, raccomandiamo la felice conservazione del regnante sommo Pontefice, 1’esaltazione della santa madre Chiesa, l’estirpazione delle eresie, la pace fra i principi cristiani, e finalmente tutti i fedeli vivi e defunti, perché gli uni vengano da voi assistiti in tutti i loro bisogni, gli altri siano presto liberati dalle pene atrocissime del Purgatorio.

  1. Ora pro nobis, sancta Mater Consolationis, R. Ut digni, etc.
  2. Ora pro nobis, sancte Pater Augustine. R. Ut digni, etc.
  3. Ora pro nobis, sancta Mater Monica. R. Ut digni, etc.

Salve Regina!

 

PER LA CONFRATERNITA DELLA CINTURA,

“Defende, quaesumus, Domine, beata Maria semper virgine intercedente, cum beato patre Augustino et beata matre Monica, istam ab omni adversitate Societatem: et toto corde tibi prostratam, ab hostium propitius tuere clementer insidiis. Per Dominum nostrum, etc”.

DEL PAPA

“Deus omium Fidelium Pastore et Rector, famulum tuum Gregorium, quem Pastorem Ecclesiae tuae praeesse voluisti, propitius respice; da ei quaesumus, verbo et exemplo quibus praest proficere ut ad vitam, una cum grege sibi credito, perveniat sempiternam. Per Dominum nostrum”, etc.

PER QUALUNQUE BISOGNO

“Deus, refugium nostrum et virtus, adesto piis Ecclesiae tuae precibus, Auctor ipse pietatis, et praesta; ut quod fìdeliter petimus efficaciter consequamur. Per Christ. Dom. nostr. Amen”.

SAN BERNARDO

SAN BERNARDO

[20 agosto]

San_Bernardo

SAN BERNARDO E SAN NORBERTO LIBERANO LA CHIESA DAGLI ARTIGLI DEL GIUDAISMO

[Da: M. Pinay: “Complotto contro la Chiesa”, Roma 1962]

 

In questo caso la Divina Provvidenza, come è stato promesso, venne in aiuto, per salvare la Chiesa, valendosi come sempre dispone, di azioni di uomini capaci di tutto sacrificare per la salvezza della cattolicità; uomini che ad un determinato momento sanno valutare in tutta la sua grandezza il disastro verificatosi o l’avvicinarsi di una catastrofe, pronti a lanciarsi fisicamente e spiritualmente nella lotta, con disinteresse, animati da una mistica superiore, da uno slancio travolgente, contro la Sinagoga e i suoi seguaci. – Così sorse S. Ireneo, quando lo gnosticismo giudaico minacciò di sgretolare la cristianità; allo stesso modo sorse S. Atanasio, il grande luminare antiebraico, quando l’eresia dell’ebreo Ario fu sul punto di scalzare dalle fondamenta la Chiesa: così, in situazioni analoghe sorsero più tardi S. Giovanni Crisostomo; S. Ambrogio di Milano, S. Cirillo di Alessandria, S. Isidoro di Siviglia, S. Felice e gli Arcivescovi Agobardo, Amolone e molti altri, tutti illuminati dalla Grazia divina nella lotta implacabile sia contro gli ebrei, secolari nemici della S. Chiesa e del genere umano, come pure contro le loro quinte colonne, le loro eresie e i loro movimenti sovversivi. – Ora che la Chiesa traversava la crisi forse più grave dalle sue origini, chi sarebbe sorto? Quale o quali sarebbero state le guide dell’azione antiebraica, strumenti di Cristo in questa occasione per la salvezza della sua Santa Chiesa? Come sempre, l’aiuto di Dio si verificò col manifestarsi di due altissime personalità: S. Bernardo, dottore della Chiesa ed abate di Chiaravalle, e S. Norberto, fondatore dell’Ordine norbertino, ed arcivescovo di Magdeburgo, imparentato con la famiglia Imperiale germanica. – Quando san Bernardo ebbe notizia di ciò che era deprecatamente successo a Roma [l’usurpazione fraudolenta della cattedra di Pietro – ndr. -], prese una di quelle decisioni che molti avrebbero esitato a prendere: decise infatti di abbandonare la vita pacifica e tranquilla del chiostro per impegnarsi in una lunga e dura battaglia, piena di asperità e di pericoli, ed oltre a ciò ritenuta una causa persa. Infatti, il presunto Papa criptogiudeo dominava completamente la situazione grazie al suo oro ed agli appoggi che continuavano ad essergli assicurati, mentre Innocenzo II, abbandonato e fuggiasco, scomunicato da Anacleto, sembrava avere perduto ogni speranza, tanto più che la sua situazione era resa più precaria da una elezione che, secondo teologi ed eminenti storici, non era avvenuta completamente secondo il Diritto Canonico allora vigente. – Tuttavia, San Bernardo si assunse la difesa di una causa quasi battuta, perché egli la riteneva buona e non credeva che la Chiesa potesse andare a finire in quel modo tra gli artigli del suo peggiore nemico, il giudaismo. – Prescindendo dal fatto che una maggioranza di 23 cardinali aveva votato per Anacleto, mentre erano stati soltanto sei quelli che avevano votato per Innocenzo trascurando il modo seguito per eleggere quest’ultimo, considerò il problema dal vero punto di vista da cui doveva essere considerato. – In una lettera inviata all’Imperatore di Germania Lotario, diceva tra l’altro: « È un affronto per Cristo che un figlio di giudei occupasse la Cattedra di S. Pietro ». In tal modo, il Santo Dottore della Chiesa metteva il dito sulla piaga, fornendo una diagnosi della situazione in tutta la sua gravità. Infatti era inammissibile che diventasse Papa un giudeo, nemico della Santa Chiesa. Nella stessa lettera all’Imperatore egli diceva altresì che, « la reputazione di Anacleto era scarsa anche tra i suoi stessi amici, mentre Innocenzo era fuori di ogni sospetto». – L’Abate Ernold, biografo di San Bernardo e suo contemporaneo, informa che Pierleoni aveva ammassato immense ricchezze sia da legato che da cardinale e che «quindi aveva derubato le chiese spogliandole dei loro preziosi» e che quando perfino i cattivi cristiani che lo seguivano si erano rifiutati di spezzare calici e crocifissi d’oro per farli fondere, Anacleto si valse per questa bisogna di ebrei, « … i quali spezzarono vasi sacri e sculture con grande zelo; con il denaro ricavato dalla vendita di tali oggetti, Anacleto, secondo quanto si sapeva, era in grado di perseguitare i sostenitori di Innocenzo II». – Queste ed altre gravissime accuse contro l’anti-papa ebreo vennero formulate da Uberto, vescovo di Lucca, da Andrea Dandolo doge di Venezia, da Anselmo abate di Grembloux, e da altri cronisti e storici. Tale lotta veniva ad accentrarsi intorno alle persone dell’Imperatore di Germania e del Re di Francia, i quali rappresentavano allora le forze politiche più potenti nel mondo cattolico. – San Bernardo, con l’aiuto del suo grande amico San Norberto, mise tutto il suo impegno nel convincere i due sovrani indecisi a prestare tutto il loro appoggio a Innocenzo. Per questo inviò loro delle lettere, prendendo nei loro confronti molteplici iniziative. Luigi VI di Francia non seppe decidersi, in questo senso, e chiese che venisse convocato un Concilio che secondo il suo desiderio si riunì a Etampes. Vi partecipò San Bernardo, che con eloquenza e passione riuscì a convincere i Padri del Sinodo a dichiararsi in favore di Innocenzo, adducendo, oltre ai motivi già ricordati ed altri, il fatto che Innocenzo era stato eletto per primo, e che pur avendo successivamente Anacleto ottenuto il voto favorevole di una grandissima maggioranza di cardinali, la prima elezione doveva considerarsi valida, fino a quando non fosse stata giuridicamente annullata. Egli adduceva altresì il fatto che Innocenzo aveva ricevuto la consacrazione al Pontificato dalle mani della personalità competente a tale scopo, e cioè dal Cardinale vescovo di Ostia. – Fu particolarmente preziosa l’audacia e l’energia dell’eroico Cardinale Almerico, il quale fece seppellire il Papa defunto segretamente ed affrettatamente, appena dopo morto, passando subito all’elezione di Innocenzo benché in modo alquanto irregolare. La Santa Chiesa, il mondo cristiano e tutta l’umanità dovrebbero essere grati a questo attivo ed audace cardinale onorandone la memoria; egli infatti, iniziando col suo colpo di mano la lotta per la salvezza della Santa Chiesa, contribuì a salvare tutto il mondo; se gli ebrei otto secoli fa fossero riusciti a dominare la cristianità, la catastrofe che ora minaccia in modo spaventoso il mondo intero si sarebbe verificata forse da alcuni secoli, in un’epoca in cui anche l’Islam era minacciato seriamente dalla rete di organizzazioni segrete cripto-rivoluzionarie giudee, che come i «Batini» e gli “Asassini” minacciavano di sgretolarlo e di dominarlo. – Innocenzo II, fuggiasco da Roma e da poco rifugiatosi in Francia, vide risorgere la sua fortuna, che sembrava tramontata, grazie al Concilio di Etampes. Con l’appoggio ed il riconoscimento datogli da questo, era accompagnato anche dall’appoggio del Re di Francia, preziosissimo dal punto di vista temporale; egli infatti, a partire da quel momento, divenne uno dei maggiori appoggi del Papa legittimo contro Anacleto, definito Antipapa dal sinodo ricordato. – Accettando il pensiero di S. Bernardo, il re di Francia non entrò nel merito della legittimità dell’elezione dell’uno o dell’altro Papa, bensì considerò dei due fosse il più degno, come risulta dal famoso Sugerio Abate di Saint-Denis che ne scrisse in merito. Fu così grazie alla attività travolgente di San Bernardo, che fallì la diplomazia abilissima di Anacleto, che si mostrava pio cattolico con tutti i mezzi a disposizione per ottenere l’appoggio del Re di Francia. Faceva bella mostra di falsa pietà, coprendo i suoi progetti di riforma sotto il pretesto di battersi per ridare alla Chiesa la purezza dei tempi primitivi, motivo questo sempre molto popolare per la sua nobiltà. Aveva cominciato scegliendo il nome del primo successore di San Pietro, cioè del papa Anacleto I. – Ci troviamo qui dunque, come si vede, di fronte ad una delle prime manifestazioni della Bestia dell’Apocalisse, che si presenta sotto le sembianze dell’Agnello, cioè di Cristo Nostro Signore, ma che opera come il Dragone. Molti in quel tempo, clero e laici, considerarono assai spesso Anacleto come l’Anticristo, o, nel migliore dei casi, come precursore dell’Anticristo. – L’atteggiamento che di fronte a questa questione avrebbe assunto l’imperatore di Germania, Lotario, avrebbe avuto un peso definitivo. Molto opportunamente egli indicò che si trattava di una questione di competenza della Chiesa e perciò fu convocato un altro congresso a discuterne; in esso la parola di San Norberto ebbe influenza decisiva. Tuttavia la battaglia quasi definitiva doveva essere combattuta nel Concilio di Reims, svoltosi verso la fine del 1131, e conclusosi con la completa sconfitta di Pietro Pierleoni; infatti, in quel Sinodo, i Vescovi di Inghilterra, Castiglia ed Aragona, riconobbero Innocenzo Papa della Chiesa, avallando quanto era stato deciso dall’Episcopato francese e tedesco, che aveva già riconosciuto Innocenzo. In quel Sinodo Pierleoni venne anche scomunicato. – È giusto riconoscere che in questa lotta ebbero peso notevolissimo gli Ordini religiosi, che consci del pericolo rappresentato dal giudaismo per la chiesa vedevano in Anacleto il maggior pericolo della cristianità. E così misero in opera l’attività dei loro conventi, con dinamismo e passione, per salvare la Santa Chiesa da questa mortale minaccia. Purtroppo, al tempo nostro in cui la Santa Chiesa è così gravemente minacciata dal comunismo e dalla “quinta colonna” ebraica inseritasi nel clero, nulla fa prevedere che le forze gigantesche degli Ordini religiosi che forse potrebbero salvare la situazione, si accingano alla lotta. Essi dedicano tutto il loro tempo ad opere pie, certo, degne di ogni elogio, ma che nel momento attuale impediscono loro di dedicarsi al compito fondamentale, che è quello di salvare la Chiesa. Riteniamo che se questi Ordini si destassero dal loro letargo si renderebbero conto che proprio adesso, come ai tempi di Pierleoni, è indispensabile soprassedere, in gran parte, per il momento, alle pie opere che assorbono gran parte del loro tempo, per dedicare una buona parte di esso alla lotta per salvare la Cristianità. Con ciò si sarebbe fatto un passo decisivo verso la salvezza. – Che Iddio, Signore Nostro, illumini i Padri Generali di questi Ordini, svelando loro la necessità di prendere in questo senso una decisione suprema e decisiva. – Le preghiere e l’attività della Regola sono importantissime, ma è più importante ancora salvare la Santa Chiesa dalla minaccia comunista che rischia di annientarla. – San Bernardo ed intere legioni di frati dovettero abbandonare la tranquilla serenità del chiostro e le occupazioni della Regola, naturalmente con le relative autorizzazioni, per scendere nelle piazze a salvare la cristianità. E vi riuscirono! – Dopo il Concilio di Reims rimaneva al Pierleoni soltanto l’appoggio dell’Italia, principalmente del cognato, Duca Ruggero II di Sicilia, che era praticamente padrone della situazione nella penisola. Il matrimonio dell’ebrea convertita, sorella dell’Antipapa, con questo duca, era servito a qualche cosa e questo matrimonio di convenienza dava già i suoi frutti. – Per riuscire a trionfare definitivamente sul giudeo che a Roma usurpava il trono di San Pietro era necessario ricorrere ad una invasione militare, ad una specie di crociata. San Bernardo e San Norberto si adoperarono a convincere l’imperatore Lotario ad effettuarla. Questi, con un modesto esercito, si unì ad Innocenzo nell’Italia settentrionale, e marciò su Roma, occupandola senza resistenza, dato che molti nobili italiani avevano tradito Anacleto all’ultimo momento. Lotario insediò Innocenzo in Laterano, mentre Pierleoni si asserragliava in Castel Sant’Angelo controllando S. Pietro. Per questo, Lotario venne incoronato imperatore da Innocenzo nel Laterano. Ma, avanzando allora Ruggero di Sicilia con un potente esercito, Lotario fu costretto a ritirarsi ed anche il Papa non potè rimanere a Roma, ma fu costretto a ritirarsi, lasciando Anacleto padrone della situazione. Innocenzo, ritirandosi a Pisa, convocò in quella città un grande Concilio, a cui parteciparono i vescovi di quasi tutta la Cristianità e gran numero di priori di conventi che ebbero una parte predominante nella lotta. Tra questi stava sempre sulla breccia San Bernardo. – L’anno dopo, Lotario ridiscese in Italia per ripristinare il Papa Innocenzo sul trono di San Pietro e cacciarne Anacleto. Merita particolare attenzione e considerazione la condotta dell’Imperatore di Germania. Egli infatti, in quei momenti critici per la Chiesa e per il mondo cristiano, mise da parte gli interessi personali ed i sentimenti dell’Impero, a seguito della dura lotta per l’investitura, per dedicare anima e corpo al compito di salvare la Cristianità. Dio volesse che nella crisi mondiale attuale fossero numerose le personalità che abbracciassero eguale condotta, e fossero capaci di posporre i loro personali interessi alle necessità nazionali, dimenticando rancori a volte giustificati, nell’unione di tutti i popoli per la lotta che deve combattersi contro l’imperialismo giudaico e delle dittature massoniche e comuniste che ne derivano! -Giustamente, Innocenzo II, nel fragore della lotta, scriveva all’imperatore Lotario quanto segue: «La Chiesa, con ispirazione divina, vi ha scelto e proclamato legislatore, quasi secondo Giustiniano e nuovo Costantino, per combattere l’empietà eretica degli ebrei». – La campagna vittoriosa permise a Lotario di battere Ruggero e di respingerlo in Sicilia; ma non riuscì ad occupare Roma, nella quale rimase l’ebreo usurpatore, a scandalo dell’umanità. Quando Lotario ed i suoi eserciti abbandonarono l’Italia, Ruggero di Sicilia la riconquistò quasi completamente; sembrava così che la causa di Pierleoni risorgesse pericolosamente. – L’allarme nella cristianità aumentava col risorgere minaccioso dell’Antipapa, chiamato apertamente ebreo da Arnoldo Vescovo di Liseaux, da Mandredo, vescovo di Mantova e altri eminenti prelati. L’arcivescovo Gualtiero di Ravenna denunciava lo scisma di Anacleto quale eresia di perfidi giudei. Il Rabbino Louis Newman ricorda che il partito innocenziano affermava che Anacleto era l’«Anticristo», opinione manifestata più volte a Lotario da parte dei cardinali che appoggiavano il Papa legittimo. Lo stesso papa Innocenzo II fece delle affermazioni secondo cui l’usurpazione di Anacleto era una «perfidia ebraica insensata» il suo grido di battaglia. – Il dotto Rabbino già menzionato conclude la sua narrazione di questa lotta col seguente commento: «La posizione del Pontefice ebreo fu difesa con successo fino alla di lui morte, avvenuta il 25 gennaio 1138». – Questo diligente israelita, più onesto di tanti altri, non ha timori ed afferma con chiarezza assoluta che Pierleoni fu un ebreo, ed anzi lo chiama esplicitamente «Pontefice Ebreo». La sua audacia arriva a chiamare Innocenzo II «Antipapa». – Morto a Roma l’usurpatore ebreo con tutti gli onori papali, il suo Corpo cardinalizio, che, a quanto si diceva, era in buona parte composto da porporati che praticavano segretamente il giudaismo, passò all’elezione di un nuovo papa, o per meglio dire di un Antipapa. La scelta cadde sul cardinale Gregorio, proclamato papa con l’appoggio di Ruggero di Sicilia. – Il nuovo Papa prese il nome di Vittore IV; intanto però la predicazione instancabile di San Bernardo, unita alla pressione degli eserciti germanici, era riuscita ad ottenere che a poco a poco i principali baluardi di Pierleoni accettassero il Papa legittimo; fu il caso del Vescovo di Milano e di altri prelati di altre città; infine la stessa Roma fu conquistata dall’eloquenza di San Bernardo. – Negli ultimi giorni l’antipapa ebreo fu costretto a rifugiarsi un’altra volta in San Pietro ed occupò anche Castel Sant’Angelo potentemente difeso. Ma a poco a poco il partito del Pierleoni andava perdendo prestigio e forze cosicché il nuovo antipapa Vittore IV si trovò di fronte ad una situazione praticamente insostenibile, e fu l’eloquenza di San Bernardo a convincerlo a capitolare. – In questo episodio è facile scorgere la tattica che continua ad avere una parte decisiva nelle lotte politiche del giudaismo. In base ad essa, quando una fazione ebraica o dominata dal giudaismo si vede sconfitta, cerca di impedire che l’imminente disfatta possa trasformarsi in una distruzione e catastrofe, fingendo a tempo opportuno la resa al nemico, implorando misericordia, o negoziando per ottenere autorizzazione a conservare le maggiori prerogative possibili, fingendo e promettendo, in cambio, fedeltà. – Questa forza ebraica, salvandosi dalla distruzione, riesce spesso a conservare preziose posizioni nel nuovo regime instaurato dal vincitore; essa però, anziché mostrare per questo gratitudine, se ne vale nell’ombra per cospirare, organizzare in segreto le proprie forze, aumentarle nel tempo, in modo da potere infliggere, al momento opportuno, il colpo a tradimento che annienterà il nemico fiducioso e generoso che aveva dato all’avversario ingrato la possibilità di risorgere e di insidiare nuovamente, anziché distruggerlo quando avrebbe potuto farlo. Questa è stata sempre la storia tra cristiani ed ebrei nel corso di oltre un millennio ed è stata altresì una delle cause delle rinascite delle sinagoghe dopo le clamorose sconfitte. – Purtroppo è giunto il tempo in cui le parti sono cambiate. Sia il Giordano che gli altri fratelli di Pietro Pierleoni si finsero pentiti, chiesero perdono, fecero abiura di ogni eresia, riconciliandosi con l’autorità pontificia legittima e con il loro atteggiamento ipocrita e spettacolare, riuscirono a commuovere Innocenzo II e San Bernardo che perdonarono loro generosamente. Invece di distruggere le loro forze, S. Santità li mantenne nei loro gradi e posizioni nella corte pontificia; successivamente arrivò a concedere loro omaggi e cariche, nell’intento di raggiungere l’unificazione salda e durevole della S. Chiesa, cercando di conquistare con la sua estrema bontà i criptogiudei che forse si sarebbero potuti pentire sinceramente, commossi da tanta generosità. – Più energico fu invece Innocenzo nel campo ecclesiastico. Nel 1139, convocato un Concilio Ecumenico, che fu il Concilio Laterano II, furono in esso condannate le dottrine di Arnaldo da Brescia e di Pietro di Bruys, come pure furono revocati gli atti di Anacleto e degradati sacerdoti, vescovi e cardinali — cioè tutti gli ecclesiastici consacrati da Pierleoni, ritenuti eretici giudaizzanti o scismatici. – Con ciò il Santo Padre epurò il clero dai criptogiudei e dagli elementi della “quinta colonna”, risanando così le gerarchie e distruggendo di colpo le infiltrazioni ebraiche nella gerarchia stessa verificatesi, come si può immaginare, sotto la protezione del «Pontefice Ebreo» come lo definisce il celebre Rabbino Newman. Tuttavia la magnanimità che il Papa aveva avuto in campo politico con Giordano Pierleoni ed i di lui fratelli doveva essere foriera di tragiche conseguenze per la Santa Sede. – Occorre qui far notare che deve essere stato San Bernardo ad orientare verso la politica del perdono. Per la sua eccessiva bontà era nata in lui l’idea che forse, modificando la politica nei confronti degli ebrei, la Santa Chiesa avrebbe potuto intenerirne il cuore indurito. San Bernardo, da un lato combatteva le attività scismatiche degli ebrei, dall’altro usava nei loro confronti estrema indulgenza, opponendosi ad ogni persecuzione o azione a loro danno; in altre parole volle ammansire il lupo con la sua bontà, pensando di togliergli in tal modo la ferocia. – Come sempre, gli israeliti abusarono della bontà di San Bernardo, mostrando molto chiaramente l’impossibilità di trasformare il lupo in pecora. Lo si vide chiaramente nei secoli successivi, quando la Santa Chiesa fu obbligata ad adoperarsi in modo energico, a volte implacabile, nella sua azione contro gli ebrei. – I roghi dell’Inquisizione furono in gran parte il risultato del doloroso e triste insuccesso della generosità politica di perdono, tolleranza e bontà auspicata da San Bernardo.

InnocenzoII

Innocenzo II

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Oggi non basterebbe un solo San Bernardo, in quanto i marrani da cacciare sono diversi, a cominciare dal “gatto” e la “volpe”, i “pupazzi di neve” che impunemente scorrazzano in Vaticano, e dai falsi prelati della “quinta colonna”, arruolati tra i modernisti, ed ancor più tra i tradizionalisti scismatici delle sette sedevacantiste e delle “fraternità” sacrileghe e paramassoniche generate dal “cavaliere Kadosh”. Non ci rimane che pregare affinché con l’intercessione di San Bernardo e San Norberto, il Signore abbrevi i tempi dell’apostasia bruciando i suoi nemici [… e quelli di tutta l’umanità], come da promessa biblica, con il soffio della sua bocca! Che il Signore ci conceda! Amen.

S. GIOVANNI EUDES CONFESSORE

S. GIOVANNI EUDES CONFESSORE

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19 AGOSTO.

[da: I Santi per ogni giorno dell’anno; Pia Soc. S.Paolo ed. Alba – Roma, 1933]

Giovanni nacque il 14 novembre 1601 da pia e modesta famiglia nel paesello di Ri in Francia. Fin da giovanetto diede prova di grande virtù e di sentita pietà, dimostrando una particolar devozione alla SS. Eucaristia ed a Maria Vergine. Alunno dei Padri della Compagnia di Gesù nel Collegio di Caen, percorse con grandi lodi gli studi di lettere e di filosofia, mantenendosi sempre puro come un angelo. Sentendosi chiamato alla vita sacerdotale, lasciò il mondo, e si ritirò nell’oratorio del Padre di Berulle. – Consacrato Sacerdote a Parigi, incominciò subito a esercitare con grandissimo zelo il suo apostolato di predicazione con un’unzione tale, che il celebre Padre Olier di S. Sulpizio lo chiamò: « la rarità del suo secolo ». – Datosi bentosto alle missioni, percorse la Normandia, una parte della Bretagna, la Borgogna, la Piccardia, la Sciampagna, la Brie, riportando ovunque grandissimo frutto. – Dopo vent’anni dacché era nell’Oratorio, ispirato dal Signore, fondò, assieme a cinque suoi compagni, la «Congregazione dei Sacerdoti di Gesù e di Maria » per la formazione dei Chierici. Scopo della sua Congregazione, è la direzione dei Seminari, le missioni del popolo e gli esercizi al Clero. Diede ancora vita ad altre sante istituzioni, che gli procurarono tanti meriti per il cielo, tra le quali vi sono: l’Ordine di Nostra Signora della Carità, l’Istituto del Buon Pastore d’Angers, e la Società del Cuore ammirabile della Madre di Dio. – Fu studio particolare di Giovanni il promuovere il culto liturgico e la devozione ai cuori sacratissimi di Gesù e di Maria, celebrandone per il primo le feste ogni anno, e lasciando alla sua Congregazione di celebrarle con grande solennità. Per questo ebbe dal Pontefice Leone XIII il bel titolo di autore del culto liturgico dei Cuori SS. di Gesù e di Maria.

cuore di Mariacuore di gesù

– Acceso di amore ardentissimo verso questi due cuori amabili, ne scrisse l’ufficio liturgico, istituì in loro onore confraternite, e compose ammirabili libri di pietà. Grande devoto del Papa, e suo strenuo difensore, fece argine e resistette forte alla eresia dei giansenisti che in quei tempi devastava sì orribilmente la Chiesa di Dio. – Non guardò né odii, né persecuzioni, né calunnie, ma, qual fedele seguace di Gesù, pregò e perdonò ai suoi nemici. -Non contento di fare del bene colla predicazione, volle pure estenderlo colla penna, intingendola in quei due Cuori, dei quali era tanto devoto. Lasciò parecchi scritti, pregiati per pietà e dottrina. – All’età di 80 anni, affranto dalle fatiche e dagli anni nel desiderio ardentissimo di unirsi a Dio, ripetendo di continuo i nomi soavissimi di Gesù e di Maria, tante volte invocati in vita, spirò santamente il 19 Agosto 1680. – Pio X, esaminatene le eroiche virtù, lo dichiarò beato, e Pio XI, lo ascrisse al catalogo dei Santi nell’anno 1925. – La sua statua fu collocata nella basilica di S. Pietro, assieme a quelle dei Santi fondatori di Ordini religiosi.

PRATICA. — Imitiamo S. Giovanni Eudes nella sua ardente carità verso Dio e verso la Santa Madonna. Ci sia sempre cara la devozione al S. Cuore di Gesù.

PREGHIERA. — O Signore, che a promuovere il culto al tuo Cuore Sacratissimo e a quello immacolato della tua Madre, ti sei degnato di eleggere il beato Giovanni, concedici, che seguendo i suoi esempi e colla sua protezione, giungiamo anche noi al tuo dolcissimo amplesso nel cielo. Così sia.

bandiera ca.fr. 1950