GNOSI: TEOLOGIA DI sATANA (5)

GNOSI: TEOLOGIA DI sATANA (5)

GNOSI E PLATONISMO -II-

Il recupero e la sistematizzazione del paganesimo antico.

[Elaborato dal volume di E. Couvert, “La gnose contre la foi”, cap. I]

I filosofi neoplatonici, Porfirio, Giamblico, Ierocle ed il loro allievi, come quelli della scuola di Alessandria, cercano di sforzarsi di conciliare il monoteismo dei filosofi greci con il politeismo popolare, per dare a quest’ultimo una veste ragionevole. Gli dei del paganesimo, essi ci dicono in sostanza, costituiscono una catena incalcolabile di esseri intermediari le cui perfezioni decrescono in proporzione al loro allontanamento dal Principio creatore. « Nel V secolo della nostra era, scrive J. Denis (Storia delle teorie e delle idee morali dell’antichità), si può dire che tutti i pagani illuminati, benché si ostinassero a conservare la nozione degli dei e dei demoni, non riconoscessero più che l’Essere supremo. Secondo Giamblico, questa credenza è un sentimento necessario, innato in noi, inseparabile dall’essenza della nostra anima che è unita a Dio come il raggio all’astro. » – Così questi filosofi si oppongono fortemente a Cicerone. Quest’ultimo infatti, nel suo “De Natura Deorum” si è sforzato di applicare la sua intelligenza agli dei del politeismo ed ha dato della religione popolare del suo tempo un giudizio particolarmente chiaro: egli ha contestato la molteplicità degli dei, le loro imperfezioni; egli ha mostrato, con qualche esitazione ed incertezza senza dubbio, che Dio non poteva essere che Uno, Perfetto, e che le incoerenze della mitologia erano indegne di una intelligenza ragionevole. Per questo fu pure soggetto alle censure dei neo-platonici. Arnobio ci segnala che « un gran numero di persone si allontanarono dai libri che Cicerone aveva scritto su queste questioni, che li rifuggivano e rifiutavano ogni approccio nella lettura di cose che violavano i loro pregiudizi. Essi arrivarono a dichiarare che il senato dovrebbe dovuto emettere un decreto di annientamento contro queste opere in cui la religione cristiana trovava conferme e che annullavano perciò l’autorità delle tradizioni antiche. Ma sopprimere gli scritti di Cicerone, voleva significare far sparire dei testi già ampiamente presentati al pubblico: non è questo difendere gli dei, ma temere la testimonianza della Verità! » Infine i neo-platonici vanno a costituire un “corpo” dottrinale con elementi eterocliti, ma cementati da una simbologia sistematizzata per opporla alla dottrina cristiana. Essi se ne servirono come di una “macchina da guerra” molto efficace contro i polemisti cristiani. J. Simon, nella sua tesi sui commentari del Timeo di Platone di Proclo, espone bene il loro metodo: « … è lo scopo confessato degli Alessandrini mostrare, nei sistemi più antichi, i germi della loro filosofia e presentarli come una dottrina rivelata dagli dei ai saggi dei tempi antichi e trasmessa senza alterazione fino ad essi, sotto le forme più diverse. Ermes è il primo anello di questa catena d’oro. Gli antichi sacerdoti egiziani, i teologi ed i poeti della Grecia, i discepoli di Pitagora e di Platone ne sono gli anelli, fino alla scuola di Alessandria ed a Proclo. Le stesse dottrine che i teologi dell’Egitto e della Grecia hanno espresso con dei miti e Pitagora con simboli, Platone le rivela senza veli … la scuola di Alessandria, venuta per ultima, abbraccia tutti i metodi in un unico sincretismo! Suo compito principale è quello di estrapolare l’Unità delle dottrine in mezzo a queste apparenti diversità ed insegnarle al mondo con la triplice autorità della religione, della storia, della ragione. » Ecco che cosa c’è di notevole! Bisognerebbe a questo punto rappresentare i filosofi neoplatonici non come dei pensatori avidi di verità, perduti nella contemplazione delle essenze eterne: no, affatto! Poiché essi furono combattenti accaniti di una vera guerra di Religione. Da tali filosofi, tutti gli argomenti e tutti i mezzi furono messi in azione contro i Cristiani, per distruggere la nuova Religione che essi chiamavano “malattia”. È sufficiente leggere “La reazione pagana” di Pierre de Labriolle per convincersene. Si capirà che il loro insegnamento segue da vicino quello degli gnostici, ma se ne distingue per una argomentazione razionale che si appella all’intelligenza, mentre gli gnostici pretendevano di insegnare le stesse dottrine imponendole però come una iniziazione segreta e con il ricorso ad una mitologia delirante che poteva sì soddisfare il desiderio di meraviglioso e di mistero di certe anime, ma necessariamente finiva per respingere spiriti dotati di obiettività e di buon senso.

I falsi “cristi” pagani

Il primo strumento di guerra contro il Cristianesimo che i filosofi neo-platonici utilizzarono, fu quello di forgiare, come si fa con le monete, tutta una serie di falsi “cristi” da opporre all’unico Vero Cristo. Porfirio, Giamblico, Ierocle avevano letto i Vangeli e letti avidamente, si potrebbe dire quasi con una lente di ingrandimento. Essi ne hanno cercato contraddizioni, incoerenze almeno apparenti, per rivolgerle contro gli apologisti cristiani. Essi discussero circa la genealogia di Gesù, i miracoli, la nascita verginale, le tenebre del Venerdì santo, la “sedicente” Resurrezione, etc. Ma nello stesso tempo comprendevano la forza dirompente dell’insegnamento di Gesù. Essi ne ammiravano la bellezza morale, la semplicità benevola, la penetrazione psicologica. Essi conclusero allora che non ci si poteva opporre alla nuova Religione solo con la persecuzione violenta e legalizzata, ma che bisognava recuperare le anime attirate da essa presentando un equivalente di pressoché pari degnità nel paganesimo. Era difficile imbiancare gli dei pagani e togliere loro l’aureola di volgarità e di grossolanità, di violenza e di adulterio … bisognava trovare di meglio. Fortunatamente essi avevano Pitagora, la cui vita era quasi leggendaria e sul quale non si sapeva granché; trovarono poi un pagano, poco conosciuto in giro, con il nome di Apollonio di Tyane, sul quale egualmente era possibile ricamare senza eccessivi sospetti. Non si trattava di “confezionare” degli dei, ma degli “inviati”, degli “intermediari” divini dell’Essere supremo, o meglio ancora attribuire loro la maggior parte delle azioni e dei miracoli di Gesù. Fu questa un’operazione ben riuscita, che ancora oggi inganna qualche erudito ( … oggi forse tra gli ultimi discepoli del neo-platonismo!?)

Apollonio di Tyane

La vita di Apollonio di Tyane fu scritta da Filostrato su richiesta di Julia Domma, moglie dell’imperatore Settimo Severo, una siriana, figlia di un sacerdote del sole. Settimo Severo stesso era uno gnostico e venerava nel suo larario Abramo, Pitagora, Gesù, Apollonio, etc. . Filostrato conosceva i Vangeli e da essi ne copia scene, personaggi, ritratti, avvenimenti e fatti miracolosi. Secondo lui, Apollonio è salito al cielo dopo essersi fatto riconoscere dai suoi discepoli. Questi stava per divenire, secondo la parola del Renan: « una reincarnazione divina che si osò comparare a Gesù ». Ma Filostrato era molto abile… egli intanto non nomina mai il Cristianesimo, si accontenta di dare al suo personaggio delle apparenze “cristiche”, spesso artefatte. Si ritrovano nella sua vita pure diversi episodi che altri scrittori avevano già attribuito a Pitagora. Egli sarà onorato come un essere divino da Settimo Severo ed Aureliano, gli si disegna pure un’aureola di modestia e di saggezza per opporlo a Gesù che si è preteso “con orgoglio”, di essere Figlio di Dio ….  « Ierocle, ci dice Lattanzio, tentava di sminuire l’importanza dei miracoli del Cristo, senza tuttavia negarli e voleva dimostrare che Apollonio ne aveva compiuti di simili e ancor di più grandi. Ci stupiamo che abbia passato sotto silenzio Apuleio, del quale altri citano comunemente tanti prodigi! “Ma perché, o testa folle, nessuno adora Apollonio come un dio con il quale tu sarai punito eternamente dal Dio vero”. Se il Cristo era un mago, perché ha compiuto dei prodigi, Apollonio si è mostrato ancora più abile, perché secondo Filostrato, nel momento in cui Domiziano si disponeva a punirlo, egli sparì subito dal tribunale, mentre il Cristo, si lasciò prendere e appendere alla croce! Tal polemista Ierocle, ha forse voluto incriminare l’orgoglio del Cristo per essersi mostrato come un dio al fine di far venir fuori la modestia di Apollonio che, taumaturgo più grande, non ha rivendicato affatto la sua deificazione. » Anche i cristiani furono attirati da questa immagine posticcia, fabbricata di Apollonio e gli riservarono delle simpatie. Sant’Agostino ci racconta: « Chi non sorrideva nel vedere i nostri contraddittori pagani, comparare o preferire al Cristo: Apollonio, Apuleio ed altri abili maghi? Ed era più sopportabile che essi comparassero tali uomini che non i loro dei; perché bisogna confessare che Apollonio era preferibile molto più che certi personaggi dediti all’adulterio come quello che essi chiamano Juppiter. »

Pitagora

Apollonio di Tiane aveva scritto una vita di Pitagora, della quale non ci resta nulla. Per questo, Giamblico si sforzò di introdurre nella sua “Vita di Pitagora” un gran numero di scene evangeliche. Secondo lui Pitagora sarebbe nato da una vergine, sarebbe fuggito in Egitto, avrebbe costituito un gruppo di dodici discepoli, naturalmente di pescatori, avrebbe fatto numerosi miracoli ad imitazione di Cristo; infine si sarebbe librato nell’aria. « I pitagorici, dice Porfirio, ponevano Pitagora nel numero degli dei, e tutte le volte che volevano rivelare agli altri i segreti della loro scienza, giuravano sul quaternario, come se invocassero Pitagora come un dio. » [Nota sul quaternario sacro: La piramide è la rappresentazione figurata di questo quaternario. « In effetti, dice Ierocle, nel quaternario si vede la prima piramide; la sua base triangolare suppone il numero tre e la sommità che la conclude impone l’unità ». Nella piramide i triangoli sono in numero di quattro, di modo che, vista di lato, la piramide è il triangolo dei nostri franco-massoni e, vista dall’alto, è il quadrato degli gnostici. Noi sappiamo già che per la gnosi, il male è in Dio la perfezione del bene, che satana fa parte integrante della divinità … egli è quella “particella” di divinità che ha insegnato agli uomini che erano divini. È notevole constatare oggi quanto i poteri massonici dilaganti si affannino a posizionare piramidi sulla sommità di torri ed in luoghi pubblici. È questo appunto il “marchio di satana” nel nostro mondo paganizzato]. – « Per venerazione del loro maestro, dice ancora Giamblico, i pitagorici non nominano Pitagora, temono di servirsi del suo nome come di quelli degli dei. Essi lo citano chiamandolo “l’inventore del quaternario”. » Da qui viene che quando giurano per lui, non lo nominano mai, ma dicono semplicemente: “io giuro per lui medesimo, per colui che ha trasmesso alla nostra anima il sacro quaternario”. Essi si inchinano davanti al suo nome dicendo: « Il maestro ha detto » o semplicemente « egli ha detto »; « Vivente, aggiunge Giamblico, i suoi discepoli lo chiamavano divino; quando morì lo citavano dicendo: “questo uomo”, e mai lo nominavano con il suo nome.» “Il maestro” parlava ai suoi novizi nascosto da una tenda. I neo-platonici hanno anche riscritto la vita di Socrate, di Ercole, di Mitra (Matreya presso gli indù), di Elios riprendendo scene, ritratti e fatti miracolosi dai Vangeli. Se vogliamo proseguire la nostra inchiesta al di fuori dei movimenti neo-platonici, troveremo simili plagi nella vita leggendaria di Budda e di Krishna. – Per concludere, riportiamo questa affermazione di Gaston Boisser. « A partire da Marco Aurelio, il paganesimo tentò di riformarsi sul modello della religione che lo minacciava e che esso combatteva. »

L’anima secondo i neo-platonici

E partiamo ancora da Platone: « È solo la nostra anima, egli dice nelle “Leggi”, che costituisce ciò che noi siamo. Il nostro corpo non è che un’immagine che accompagna ciascuno di noi … la nostra vera persona è una sostanza, immortale di sua natura, che si chiama anima. » – « Fintanto che viviamo quaggiù, dice ancora nel “Fedone” noi ci avvicineremo il più possibile nel sapere che, a seconda della misura dei nostri mezzi, noi non avremo alcun commercio con il corpo se non per assoluta necessità, per non permettergli di riempirci della sua natura propria, ma noi lavoreremo per purificarci affinché Dio stesso venga a liberarci. » Sono questi i testi che i neoplatonici utilizzano abbondantemente, soprattutto Giamblico e Ierocle. Ascoltiamoli:  Ierocle, nel suo commentario dei “Versi d’oro” di Pitagora, scrive: « Ciò che tu fai, ciò che tu in effetti sei, è la tua anima. Il tuo corpo non è tuo; esso è presso di te e le cose esteriori sono presso di te, cioè presso il tuo corpo. Grazie a questa distinzione non confonderai mai queste diverse nature; tu saprai scoprire qual è l’essenza dell’uomo non considerando mai come te stesso né il tuo corpo, né le cose esterne e, non curandotene come la tua vera persona, eviterai di cadere in un amore troppo grande per il corpo e per le ricchezze. » – « Lo scopo della filosofia di Pitagora, scrive Dacier, nella sua “Vita di Pitagora”, era liberare dai legami del corpo lo spirito, poiché solo senza il corpo è possibile vedere ed apprendere alcunché; infatti, come ha detto per primo, è lo spirito solo che vede e che intende, essendo tutto il resto cieco e sordo. » – Da questa citazione si vede che i neoplatonici si sono accontentati di spingere alle estreme conseguenze gli insegnamenti di Platone. Ma il senso comune ci insegna, nel corso dell’esistenza, esattamente il contrario. Il nostro corpo è proprio noi stessi, e la nostra anima è il principio di animazione del corpo. Che cos’è un’anima che non anima un corpo, essa non è più un’anima … non è assolutamente nulla! – Platone pretende che noi ci avvicineremo al sapere solo rinunciando al corpo. Giamblico ci assicura che solo lo spirito vede ed intende. Ma il senso comune ci dice esattamente il contrario. Il neonato, alla nascita, ignora tutto. Prende conoscenza del mondo con i suoi occhi, le sue orecchie, etc. Questa presa di conoscenza è difficile, lenta, ardua, passa attraverso numerosi errori, diversi falsi. C’è bisogno di una educazione molto sostenuta perché il bambino giunga ad una visione razionale delle cose. Questa è l’esperienza comune dell’umanità. Platone pertanto sottolinea con qualche formula restrittiva l’assurdità della sua tesi: « se non si è nella assoluta necessità! ». Ma è nel corso della vita che questa necessità si impone. Noi siamo un corpo animato. È il nostro corpo che si muove, agisce, pensa, vede, salta, etc. proprio perché c’è una forma animante, che si dice un’anima. Non si può rettificare questa anima e farne una sostanza. Una sostanza [sub stantes] è ciò che “si tiene sotto” per sostenere l’essere intero. – E sono gli stessi neoplatonici che ce lo dicono con l’incoerenza delle loro fervide immaginazioni. Essi affermano che l’anima esiste fin dall’eternità prima della generazione fisica … affermazione gratuita, assoltamente insostenibile. Come può un principio di “essere”, concepirsi senza l’essere che l’anima? Impossibile! Così essi immaginano un sembiante di corpo, qualche cosa di solido, di consistente, una sostanza insomma per portare questa anima alla generazione. Essi non possono concepire un’anima sospesa nel vuoto. Essi sono realisti malgrado se stessi … ci dicono: « Tutte le anime [è Proclo che parla] prima di “cadere” nella generazione erano anteriormente degli uomini. Essi avevano un veicolo in rapporto con la loro natura, un veicolo invisibile, indefettibile, eterno, come prodotto immediato di una causa immobile. Questo veicolo non è altro che un corpo immortale, è unito all’anima e la dispone, con la sua presenza, ad unirsi poi ad un corpo mortale. È l’intermediario che la avvicina all’involucro materiale che bisognerà subire ..» Pitagora lo chiama “carne spirituale”, “corpo luminoso”, “veicolo dell’anima”. È certo allora la prova che l’anima non è una sostanza, perché necessita di un supporto anche nel mondo divino. E che cos’è questo veicolo immortale che non veicola più niente quando l’anima è caduta in un corpo mortale? Non è dunque più un veicolo del tutto, supporto divenuto inutile, sostanza vuota … ! La Fede Cattolica ci insegna tutt’altro. Il nostro corpo fa parte integrale di noi stessi, costituisce la sostanza del nostro essere. È l’uomo intero, corpo ed anima che sarà salvato o dannato. La Chiesa insegna anche la resurrezione dei corpi, « tempio dello Spirito Santo » … si dice. Quale scandalo! Questo putridume, questo carapace, questa prigione, etc. etc., sarà anch’essa partecipe della visione beatifica. Ecco un dogma della Fede Cattolica che si oppone completamente alla filosofia di Platone, di modo che non può esserci alcuna conciliazione possibile tra le due! – La nostra anima, essendo un principio di animazione del nostro corpo, non è un principio intercambiabile, capace di animare qualsiasi corpo. La nostra anima è quella che dà la forma corporea al nostro essere, essa è dunque la “forma stessa del nostro corpo”, non quella del nostro vicino. Il suo ruolo proprio è quello di animare un corpo, anche nell’eternità, e le è assolutamente impossibile passare da un corpo all’altro, perché allora non sarebbe più la stessa forma, ma un’altra forma, dunque un’altra anima! La reincarnazione è pertanto un assurdo! – Da questo si denota la difficoltà che c’è nel far coabitare negli spiriti le verità della Fede Cattolica con le tesi di una filosofia di radice platonica: esse si scontreranno sempre, ed è il problema che ha sempre avvelenato gli spiriti, fino alle grandi sintesi scolastiche. – Ma continuiamo: « Ni portiamo, dice Epitteto, un dio con noi e noi lo ignoriamo! Noi non riflettiamo che lo profaniamo con azioni malvagie e pensieri impuri! Noi non oseremo fare quel che facciamo davanti ad un vano simulacro, alla presenza di Dio stesso, in presenza del “dio” che c’è nella nostra coscienza, cioè pensare le cose più vergognose che facciamo senza arrossire. Oh! Come conosciamo male la celeste dignità della nostra natura! » – “Noi siamo divini”, dicono i neoplatonici, ma … noi non lo sappiamo. Ma se non sappiamo che portiamo in noi un dio, come possiamo affermarlo? È una pretesa gratuita, inverificabile. Da dove ci viene questa ignoranza. – Santo Ireneo non esita ad interpellare Platone su questo soggetto in un’epoca in cui tutti gli spiriti coltivati lo veneravano: « Platone fece intervenire la “bevanda dell’oblio” … senza fornire la minima prova. Egli dichiarò perentoriamente che le anime entrando in questa vita sono “abbeverate” dall’oblio … prima di entrare nei corpi … “e se la bevanda dell’oblio è sufficiente, dato che è stata bevuta per cancellare il ricordo, come tu sai, o Platone, poiché anche la tua anima è presente in un corpo, che prima di entrare in questo corpo, essa è stata abbeverata da un demonio con il “rimedio dell’oblio”? Se tu ti ricordi del “demone” della bevanda e dell’entrata, tu devi sapere anche tutto il resto. Se tu invece lo ignori, il demonio allora non è veritiero, né il resto di questa teoria relativa alla bevanda dell’oblio … » – “Noi siamo divini”, dicono i neoplatonici, ma noi non ci comportiamo secondo modi divini: … cattive azioni, pensieri impuri, etc. Il testo di Epitteto si pretende moralizzatore; ma nei fatti è contraddittorio ed assurdo. Se noi siamo divini, come possiamo comportarci così? Per la nostra natura divina, l’immoralità è impossibile, ma se essa è invece possibile, dunque noi non siamo divini … – Ma esiste un’altra conseguenza imprevista che gli gnostici moderni malignamente pensano di sviluppare e risolvere. Noi arrossiamo nel fare cose vergognose davanti alle statue degli dei, vani simulacri, ci dice Epitteto, ed ha ragione! Noi non arrossiamo davanti a dio che è in noi, che è noi-stessi. Ma certamente! Per arrossire bisogna trovarsi davanti a qualcuno che ci giudichi secondo il suo criterio di giudizio, al quale propriamente noi aderiamo almeno esteriormente. Ma se Dio è in noi, costituendo la nostra natura celeste, noi non abbiamo più osservatori esterni a noi stessi; noi diventiamo interamente liberi dei nostri atti. È il nostro giudizio che diventa allora criterio supremo del Bene e del Male. Per un essere divino, tutto è bene e non c’è alcuna vergogna possibile! La psicanalisi moderna, volendo decolpevolizzarci, non fa che adottare le tesi di Platone portate alle loro estreme ed assurde conseguenze. Questa enorme contraddizione tra la nostra natura, sedicente divina, ed il nostro comportamento così mediocre, resterà la pietra di inciampo dei platonici e degli gnostici che li seguono.

Caduta e reintegrazione nei neo-platonici

Partiamo sempre ancora di Platone; « l’ardente desiderio, ci dice Ierocle, di colui che vuole fuggire questo pascolo di infelicità, è accelerare la venuta ai pascoli della verità. Se egli non vi arriva, la caduta delle sue ali lo precipita in un corpo terrestre e lo priva della perpetua felicità. Platone si accorda con noi con quanto dice sul soggetto di questa discesa: “Quando l’anima, impotente nel seguire gli dei, non può arrivare alla contemplazione e, dandosi all’infelicità, perde le sue ali e cade sulla terra, allora una legge divina gli prescrive di venire ad animare il corpo di un essere mortale” » (Estratto di Fedro). L’anima umana è un “genio” decaduto (δαίμων=daimon) che è dovuto scendere sulla terra per espiare i peccati commessi. « Gli antichi teologi ed indovini, scrive Filolao, in Clemente d’Alessandria (Gli Stromati), attestano che è la punizione di certe colpe a legare l’anima ai corpi ed a seppellirla come in un sepolcro. » La vita è una punizione e la morte una liberazione. Ma come è possibile che questa nostra anima, “genio” divino, portata da un “carro luminoso”, un “corpo spirituale” etc., abbia potuto commettere la minima colpa, non essendo corrotta né degradata dalla materia prima per poter così cadere su questa terra di infelicità ed in questa prigione-carapace? Poteva dunque la celeste dignità della nostra natura divina convenire ad un’anima difettosa ed impura? C’è una incoerenza enorme, praticamente delirante! Ed infatti i nostri filosofi platonici hanno evitato di spiegarci di quale colpa o difetto si tratti, dove questa sia stata commessa e perché, e chi abbia deciso la sua sorte e con quale criterio! Tutto questo è pura invenzione alla quale nulla corrisponde di reale. Ed andiamo a vedere a quali conseguenze stravaganti conducono tali presupposti. – Secondo Proclo: « La preghiera non è invocazione agli dei per ottenere dei favori, ma essa è essenzialmente pura senza comportare speranze: è lo slancio dell’anima virtuosa verso il “divino” [cioè un’astrazione impersonale!], sorgente di ogni perfezione. Ciò che procede dagli dei, distinguendosene, non è affatto separato. In virtù dell’affinità che la unisce ancora al suo principio, essa tende a ritornarvi e l’atto di amore e di intelligenza che la riporta verso un dio, … questa è la preghiera. L’essenza della preghiera  è il convergere dell’anima verso la divinità; il suo effetto immediato è una maggior virtù, mentre il suo termine supremo è l’assorbimento in Dio! Gli uomini si ingannano stranamente, essi immaginano che Dio si ritiri da essi o che se ne avvicini e che la forza della preghiera sia quella di attirarlo o farlo scendere ad essi. Dio è presente sempre in tutto, Egli è intimo alle nostre anime, o piuttosto le nostre anime sono in lui. Quando crediamo che si avvicini a noi con la virtù, l’amore e la preghiera ci avvicinino a lui e ci uniscono più intimamente alla sua pura essenza con la parte della nostra anima che più gli somiglia. Dio non discende verso l’anima, ma è l’anima che si eleva fino a lui. » Ecco un bell’esempio di disprezzo della Provvidenza. La divinità è presentata dai neoplatonici come pura essenza, impassibile, immobile, senza personalità (« il divino »). Le nostre anime ne sono delle “particelle” cadute, decadute. Ma esse sono divine ed appartengono a questa essenza per loro natura. Esse sono dunque compiute in se stesse ed hanno la forza, la virtù di risalire alla loro sorgente. Non c’è bisogno di una forza soprannaturale, inviata da Dio per “elevare” la nostra natura ad un ordine che la oltrepassa. La nostra anima si eleva da sola, senza aiuto, senza “grazia”, con movimento proprio: è una reintegrazione, un ritorno all’Unità. – Gli uomini si ingannano, ci dice Proclo, quando immaginano di attirare Dio e farlo discendere a loro con la preghiera. Ma questo “errore” [sempre secondo Proclo] è invece comune a tutta l’umanità, è inscritto nella nostra natura umana! Ogni uomo comprende bene di essere debole e spesso impotente, legato ad una vita di difficoltà, ostacoli, sofferenze di ogni tipo, e che ha bisogno di un aiuto. – Dire che la divinità suprema è impassibile, impersonale, indifferente verso l’infelicità, è incitare alla disperazione ed al suicidio: è uccidere la virtù della Speranza. Infatti la nostra preghiera è sempre un appello al soccorso; essa presuppone un Dio personale, capace di piegarsi verso di noi, di accondiscendere alle nostre suppliche. Ecco l’insegnamento della Fede Cattolica. Essa è radicalmente opposta al platonismo ed alle sue successive derivate elucubrazioni.  – Infine, il ritorno alla divinità è presentato dai nostri filosofi, come una deificazione. Una teurgia! Una operazione che ci rimette in contatto con l’Essere superiore, che ci riunisce all’Essenza e all’Anima universale, come dice Plotino. Essa era praticata in riti segreti, magici, nel corso dei quali il “teurgo” sentiva di divenire Dio. Profonda illusione! È facile credersi divino nell’euforia di una cerimonia esaltante, magari sotto l’effetto di droghe [in realtà trattasi di evocazione diabolica!]. La ricaduta nel quotidiano è il segno manifesto che questa deificazione non ha avuto mai luogo realmente. È la stessa teurgia di sempre praticata oggi dagli occultisti satanisti, dai fattucchieri, dai falsi veggenti ed in massa dai franco-massoni, soprattutto ecclesiastici (… quelli della falsa chiesa, la sinagoga di satana).

Una scena di teurgia

Come sentire la natura divina del nostro essere? Non è sufficiente sentirsi divino, occorre averne il sentimento positivo, se non si vuol vivere nell’illusione. Giamblico ce ne da la risposta nel suo “Trattato sui misteri”, quel Giamblico, che Marinus di Napoli chiamava il “divino Giamblico”, il grande taumaturgo neo-platonico del IV secolo! Egli ci descrive la possessione dell’essere umano da parte del “divino”: « Il teagogo [colui che fa apparire la divinità, che la rende presente tra gli uomini … oggi diremmo: il medium!] vede il soffio discendere ed entrare in lui e ne percepisce la grandezza e la qualità. Colui che lo riceve vede apparirgli davanti l’immagine del fuoco. Talvolta questa immagine è visibile a tutti gli assistenti, all’arrivo ed alla dipartita del “dio”. Per questo se ne può determinare esattamente la veracità, la potenza e soprattutto il rango, e coloro che conoscono questa scienza possono dire al soggetto “invaso” di quanto sia capace di dire la verità, quale potenza possa dispiegare e quali atti possa compiere. » – Più avanti Giamblico prosegue: « Il teurgo, con la potenza delle cose ineffabili, non comanda più agli esseri cosmici come un uomo usando di un’anima umana ma, come presumendosi nel rango degli dei, portando minacce superiori alla propria essenza … Usando tali parole egli fa conoscere nella sua estensione, nella sua qualità e nella sua maniera, la potenza che gli dà l’unione con gli dei, che gli è stata procurata dalla conoscenza dei simboli ineffabili … » – Siamo qui in pieno rituale magico, in piena scienza occulta, propria di ogni esoterismo. – Ecco un esempio rimarchevole di conversione neo-platonica: “L’imperatore Giuliano l’Apostata fu allievo del grammatico Libanius. Quest’ultimo lo mise in rapporto con Massimo di Efeso e questi ci racconta la sua conversione al neo-platonismo. Presso di lui, il giovane Giuliano non fu conquistato che dallo splendore del “Vero”: « Fu così, egli dice, che Giuliano incontrò degli uomini imbevuti della dottrina di Platone, sentì parlare degli dei e dei demoni, ed apprese che cos’è l’anima, da dove essa viene, dove va, ciò che la fa decadere, ciò che la eleva, ciò che la definisce, ciò che la esalta, ciò che per essa sono la cattività e la libertà, come può evitare l’una e raggiungere l’altra. Allora rigettò le menzogne alle quali egli aveva creduto [il Cristianesimo, evidentemente]  fino ad allora ed installare nella sua vita lo splendore della Verità come se in un gran popolo si ristabiliscono delle statue di dei precedentemente oltraggiati ed fangati – Questo non è totalmente falso: Massimo stesso fu un filosofo autore di un commentario delle “Categorie” di Aristotele, ma non fu solamente questo; egli fu anche un teurgo e noi vedremo che il passo definitivo di Giuliano nella sua conversione inversa, non si ebbe solo per l’amore della “Verità”, ma innanzitutto e soprattutto per l’impazienza di “sentirsi” divino e di ricevere in se stesso una forza sovrumana. Uno dei suoi maestri, Eusebio, gli raccontò un giorno una seduta meravigliosa in cui apparve Massimo, il cui prestigio e le relazioni intime con gli dei facevano allora l’ammirazione dei suoi devoti. – « Io fui convocato, già da tempo, con diversi amici da Massimo, al tempio di Ecate. Egli così reclutò numerosi testimoni presso di lui. Quando avemmo salutato la “dea”, Massimo esclamò: !Sedetevi, miei amici, guardate bene cosa sta per succedere e vedete se io non sono superiore agli altri uomini.” Noi ci sedemmo tutti. Allora Massimo bruciò un grano di incenso, cantò da se stesso non so quale inno e spinse così lontano la sua esibizione che improvvisamente l’immagine di Ecate sembrò sorridere e poi ridere a voce alta. Siccome noi sembravamo emozionati,  Massimo ci disse: “che nessuno di voi si turbi”. In un istante le torce che la dea teneva davanti alle sue mani, si illuminarono”. Egli non aveva finito di parlare che già il fuoco brillava sulle torce. Noi ci retraemmo, colpiti momentaneamente dallo stupore davanti a questo teatrale apparir di meraviglie, e ci domandammo se avessimo veramente visto queste belle cose. “Ma, aggiunse Eusebio, non vi stupite di alcun fatto del genere, non più di quanto mi stupisca io stesso, e credete che non c’è purificazione che non proceda dalla ragione”. Allora il divino Giuliano si alzò e: “Addio, disse, immergetevi nei vostri libri; voi mi rivelate l’uomo che io cercavo”. » Eusebio credeva di allontanare il suo allievo dalla magia, ma fu l’effetto contrario a prodursi; l’attrazione della potenza soprannaturale e divina, fu più decisiva degli scritti filosofici nella conversione neo-platonica di Giuliano. – San Ippolito ci racconta nei “Philisophoumena” come si procedeva per persuadere gli spiriti semplici e creduloni che fosse veramente apparso il “dio”: « Ecco come il teurgo fa apparire la divinità in tracce di fuoco. Dopo aver disegnato su di un muro la sagoma che si vuol mostrare, se ne sparge segretamente la superficie con una miscela composta da porpora laconiana e bitume di Zante; poi, fingendo un delirio estatico, si avvicina al muro una torcia fiammante, per cui la miscela prende fuoco producendo una grande luce. » Infine Giuliano divenne imperatore ed il neo-platonismo regnò sull’impero; ma non fu per molto tempo. – Ai suoi amici in lacrime intorno al letto sul quale stava per dare l’ultimo respiro, egli rimproverò la loro debolezza: « È una umiliazione per tutti noi, disse, che voi piangiate un principe la cui anima sta per tornare verso il cielo e confondersi con il fuoco delle stelle. » Il silenzio cadde intorno a lui; egli ne approfittò per iniziare con Prisco e Massimo un dialogo sulla vita futura e sulla nobiltà infinita dell’anima … Fu con gioia che rese la sua anima al “suo dio” che lo aveva per un certo tempo imprigionato in un corpo mortale.

 

 

 

GNOSI: TEOLOGIA DI sATANA (4): GNOSI E PLATONISMO

GNOSI E PLATONISMO -I-

[Elaborato dal volume di E. Couvert, “la Gnose contre la Foi”, cap. I]

Quando nel dicembre 1864, il Santo Padre, Papa Pio IX, pubblicò, insieme all’Enciclica “Quanta Cura”, il “Syllabus comprendente i principali errori del nostro tempo”, il primo errore condannato, al numero 1, fu il Panteismo così definito: “1. Nessun supremo, sapientissimo e provvidentissimo Nume divino esiste distinto da questa universalità di cose, e Dio altro non è che la natura stessa delle cose e perciò soggetto a mutazioni, e diventa Dio realmente nell’uomo e nel mondo, e tutte le cose sono Dio, ed hanno la stessissima sostanza di Dio; ed un’identica cosa è Dio con il mondo, e per conseguenza lo spirito con la materia, la necessità con la libertà, il vero col falso, il bene col male, e il giusto con l’ingiusto.  [Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.]. « … e diventa Dio realmente nell’uomo e nel mondo … ».  Queste parole rendono un suono sorprendentemente moderno ed evocano nettamente una certa teologia modernista oggi onnipresente. Così il Panteismo – lungi dall’essere una dottrina obsoleta, ricoperta da uno spesso strato di polvere delle biblioteche – è ben vivente ai nostri giorni, così come lo era nel 1864, tanto che il Papa lo pose in prima linea assoluta tra gli errori del tempo. Il Panteismo è praticamente sempre esistito nella cristianità, in modo più o meno larvato, poiché ha sempre costituito, per un certo numero di filosofi, di apologisti ed anche di teologi, una sorta di tentazione permanente. Come spiegare che questo errore tanto grossolano, offensive per la Maestà divina e per la ragione umana, abbia una vita così dura a morire? Due sembrano essere le cause essenziali, 1°- innanzitutto l’influenza di Platone, 2°- poi quella della gnosi alleata del neoplatonismo alessandrino. Questa doppia influenza la si ritrova nel 1°) Cristianesimo antico – lo stesso Sant’Agostino avrà un bel da fare per allontanarsene, ed Origene ne sarà segnato per sempre -, 2°) nella cabala giudaica, 3°) nell’umanesimo rinascimentale, 4°) nella scuola tradizionalista post-rivoluzionaria, 5°) nel romanticismo, e purtroppo persino 5°) in certe correnti religiose contemporanee e 6°) nell’ultramodernismo apostatico attuale del satanico “novus ordo” dei marrano-massoni usurpanti.

GNOSI E PLATONISMO:

LA DOTTRINA DI PLATONE del V secolo avanti Cristo …

È difficile esporre metodicamente il pensiero di Platone sminuzzato e disperso in una moltitudine di dialoghi socratici. Tenteremo comunque di riassumere l’essenziale del suo insegnamento. 1° – Platone pone in principio due mondi antinomici, il mondo delle Idee, increato, ed il mondo della Materia. 2° – Quest’ultima è informe, indeterminata ed inintellegibile; essa non è che il ricettacolo di tutte le forme possibili capaci di riceverle, ma non di darsi loro. Essa è detta comunque eterna, ingenerabile, increata; essa porta in se stessa dunque un carattere divino, come le idee. Il problema diventa allora quello di sapere qual è il dio di Platone. La risposta è oscura ed indecisa. 3° – La parola “Dio” (ὁ θέος) in lui, designa ordinariamente il Demiurgo, un «operaio divino», un architetto costruttore (δημιουργος, operaio), genio mediatore, incaricato di mettere ordine ed armonia in un caos primitivo. 4° – In Platone non c’è dunque la minima idea di “creazione”: ecco una nozione totalmente ESTRANEA al suo pensiero. 5° – L’uomo è un “duplice” ed appartiene ai due mondi. Questa dualità è l’effetto di una caduta, è una espiazione. 6° – L’anima è uscita al mondo delle Idee, essa cioè preesisteva alla nascita dell’uomo in questo mondo di materia e gli sopravviverà dopo la morte del corpo. 7° – È questa stessa preesistenza delle anime prima della nascita che è utilizzata come argomento principale dell’immortalità dell’anima nel Fedone. 8° – L’anima è incarcerata in un corpo, tra i corpi ed il ricordo delle idee è oscurato in essa. 9° – L’anima comporta tre parti:

.a) L’ἐπιθυμια o appetito inferiore, che risiede nel ventre e che la porta verso il corpo ed i piaceri sensuali;

  1. b) Il θυμος o cuore o appetito superiore che ha la sua sede nel petto e che la porta verso ciò che è bello e buono;
  2. c) Il νους o ragione che ha la sua sede nel capo e che è la facoltà di conoscere e di volere l’ordine intellegibile sotto la sovrana direzione del Bene. – 10° – Il filosofo cura la sua anima: staccandosi quanto più può dal corpo, egli trascorre la vita a liberare la propria anima, cioè a morire! 11° – Il corpo è un ostacolo per l’intelligenza: esso la spinge nella ricerca della verità. Le sue sensazioni ne abusano e turbano i suoi ragionamenti. Più essa si distacca dal corpo, più diviene se stessa, meglio ragiona. Chi dunque raggiungerà la verità, se non colui che si sarà sbarazzato del suo corpo? 12° – Così dunque fin quando saremo impigliati in un corpo, noi non potremo possedere se non in modo imperfetto la verità, oggetto del nostro amore. – 13° – La conoscenza non viene quindi dal sensibile. È solo attraverso la percezione sensibile che l’anima intraprende la ricerca della verità, rientrando in se stessa. La percezione delle apparenze sensibili è per essa un’occasione di ritrovare in essa, come un ricordo dimenticato o come una reminiscenza, la conoscenza intellegibile del mondo e delle Essenze o Idee. 14° – Le percezioni sono le eccitanti, e non l’origine della Scienza, …: “La dialettica ascendente”. Lungi dall’essere un movimento per cui il pensiero uscirebbe dall’anima per cercare l’essere, è al contrario il movimento mediante il quale il pensiero rientra nell’anima per ritrovarvi la scienza dell’essere che l’anima porta in sé, innata. 15° – Il maestro non insegna nulla al suo discepolo: Egli si contenta di risvegliare in lui la conoscenza che egli già porta nell’anima sua, ma che è come velata, oscurata, ottenebrata dal corpo. Il maestro è una “ostetrica” della verità. Come l’ostetrica fa nascere il bambino dal seno di sua madre, così il maestro fa uscire la “verità” dal seno dell’anima: questa è la maieutica di Socrate! – Infine Platone, nel “Banchetto”, 16° – Platone concepisce l’amore unicamente come un desiderio, un appetito del Bene per sé, un cammino per portare a perfezione ciò che è deficitario nella nostra anima in seguito alla caduta in questo mondo materiale, uno sforzo per riacquistare le Bellezza perfetta del mondo delle Idee. È un amore captativo, ripiegato su se stesso, che ignora il dono agli altri. Si chiama l’amore platonico. Ogni qual volta il platonismo farà irruzione nella nostra civilizzazione cristiana, si vedrà apparire questo amore (eros), che rifiuta la costruzione di un focolare stabilizzato nel matrimonio, che rifiuta i figli, e quindi la Vita, un amore sterile, che si auto divora, apparentato alla morte. È il mito di Isotta, è l’amore cortese, dei trovatori, l’amore platonico degli umanisti, è infine l’amore romantico, questa malattia dell’anima che ha imprigionato tutta la nostra letteratura.

LA LETTURA GNOSTICA DEL PLATONISMO DEL II SECOLO DOPO CRISTO!

 Intorno al II secolo dopo Gesù-Cristo, è apparsa una nuova scuola filosofica, quella dei neo-platonici. A partire dall’insegnamento di Platone, Plotino, Porfirio, Giamblico, Proclo, Ierocle ed i loro amici hanno ricostruito un “platonismo” nel quale hanno introdotto i miti di Orfeo e di Pitagora. Con questa sapiente amalgama, essi hanno presentato Platone come il discepolo iniziato ai misteri orfici ed alla setta pitagorica. « Ciò che Orfeo ha promulgato attraverso oscure allegorie, dice Proclo, Pitagora lo insegnò dopo essere stato iniziato ai misteri orfici e Platone ne ebbe piena conoscenza dagli scritti orfici e pitagorici. » – Nulla di più facile e di più scontato! È sufficiente ritrovare in Platone le diverse parti della dottrina esoterica dei misteri e si possono scoprire lo fonti alle quali si è “abbeverato”. La dottrina delle «Idee archetipe delle cose » esposta nel “Fedro” è collegabile ed analoga alla dottrina dei  « Numeri sacri » di Pitagora. Il Timeo dà una esposizione molto confusa e approssimativa di una cosmologia; la dottrina dell’anima, delle sue migrazioni e della sua evoluzione, attraversa tutta l’opera di Platone, ma principalmente la si ritrova nel “Banchetto” ed il “Fedone”. I nostri filosofi neo-platonici costituiscono allora la Scuola di Alessandria. Essi affermano una filiazione delle idee platoniche mediante uno studio comparato delle tradizioni orfiche e pitagoriche. « Questa filiazione, ci dice E. Schuré ne “I grandi iniziati”, tenuta segreta per secoli, non fu rivelata che dai filosofi alessandrini, perché furono i primi a pubblicare il senso esoterico dei Misteri. » Cosa diviene allora l’insegnamento di Platone, dopo questa “meravigliosa amalgama”? precedentemente, dai fedeli di Dioniso, l’anima era collegata al divino, e l’iniziato, prendendo coscienza di questo collegamento, entrava in estasi, in uno stato di sonnambulismo, in una “follia” divina. L’Orfismo aveva sviluppato questa intuizione divina in un « discorso sacro », che elaborò una saggezza filosofica. Ecco i temi trattati dai nostri filosofi neoplatonici:

  • Dualità dell’uomo, corpo ed anima.
  • Eccellenza dell’anima, di origine divina e di natura divina (teion di plotino) fatta per vivere nel soggiorno degli dei immortali, essendo l’anima una particella della divinità.
  • Come punizione per una colpa (?), l’anima è imprigionata in un corpo terrestre ove la sua divinità è offuscata; ma essa può essere liberata da questa cattività con l’iniziazione ai misteri e la via orfica, via ascetica e “purificante”.
  • Dopo la morte, essa scende nell’Ade, ove è giudicata (ma da chi?). se essa è impura, resta nell’Ade ove si reincarna in un corpo terrestre. È la metempsicosi! Se in seguito a successive reincarnazioni, arriva alla via orfica, alla purificazione, essa ritrova la sua divinità e raggiunge la società degli dei.

Plotino espone questa infermità dell’anima, questa “malattia dell’anima decaduta”: « Il tempo [vale a dire il nostro mondo corporeo] è il frutto di una dissociazione della vita dell’anima. » Essa deve dunque fuggire verso l’Eterno: « Rifugiamoci, egli dice, verso questa cara patria » (Enneadi). “Evadiamo dalla vita, dal tempo, dalla storia per ritrovare la nostra condizione divina ed immutevole”. – Non solamente i filosofi neo-platonici hanno costituito una nuova scuola di filosofia, la Scuola di Alessandria, ma essi hanno anche stabilito una liturgia per tutti i loro discepoli fedeli, desiderosi di risalire verso il soggiorno divino [con iniziazione e montata successiva]. Gerolamo Carcopino ci ha descritto come inizialmente esistesse questa basilica pitagorica della Porta Maggiore a Roma, ove gli iniziati utilizzavano i miti religiosi del paganesimo antico come i simboli del ritorno al mondo divino. Si sono anche studiate le tombe dei neoplatonici nell’impero romano. Nei confronti di questa nuova filosofia platonica, non si può che essere colpiti dalla sua somiglianza con la dottrina degli gnostici della stessa epoca, come è stata in precedenza esposta [v. num. precedenti]. I temi metafisici in realtà sono gli stessi, ma sbarazzati dalla stravagante mitologia degli gnostici e di ogni riferimento a Gesù-Cristo ed all’insegnamento del Vangelo. – Cos’è dunque questa risalita dell’anima platonica nel soggiorno degli dei con l’estasi, se non il ritorno all’ « unità primordiale » dei nostri gnostici? E si potrebbe così proseguire il parallelismo tra i due insegnamenti. Ma si pone allora la questione fondamentale: questo destino immortale nel mondo divino è una immortalità personale? Perde l’anima la sua personalità nell’ora precisa in cui perviene alla sua destinazione? Noi sappiamo dall’insegnamento degli gnostici che l’anima divinizzata si perde nel « Pleroma », nel Gran Tutto, ritorno dunque al “nulla”. Siamo in pieno Panteismo.

La dittatura intellettuale di Platone

Nel momento della massima diffusione del Cristianesimo nel mondo greco-romano, Platone regnava come maestro incontrastato sugli spiriti. Quando i filosofi, gli intellettuali si convertono al Crisrianesimo, vi introducono i modi di pensare ed i presupposti metafisici del Patonismo, senza rendersi conto che tra gli insegnamenti di Platone e di Gesù-Cristo, vi è una fondamentale opposizione ed una assoluta incompatibilità. Da ciò una ambiguità nelle loro risposte agli attacchi lanciati dai filosofi pagani: come manifestare simultaneamente la loro ammirazione per la filosofia pagana ed il loro attaccamento all’insegnamento del Vangelo? Noi vedremo che questa amalgama è impossibile e che, secondo il vigore della oro intelligenza o la fermezza della loro fede, gli uni o gli altri dovettero scegliere tra Platone e Gesù-Cristo. Eugène de Faye, nel suo “Origène” scrive: « A partire dal II secolo dell’era cristiana, tutti, filosofi, gnostici, sapienti, teologi cristiani, ritornano al “dio” di Platone. » Origene stesso, malgrado la sua opposizione alle tesi di Celso, aderisce agli insegnamenti di Platone. Egli accetta la dualità anima-corpo, la caduta dell’anima nella materia corporea considerata come una prigione. Nutre un grande rispetto per gli Astri, considerati come esseri intelligenti capaci di agire sulle anime (sono queste le tesi degli astrologi). Egli chiede soltanto che non li si adori. Si sforza poi maldestramente ed artificialmente di trovare analogie tra il linguaggio di Platone ed i dati biblici. Ma si sforza pure di difendere Dio dall’accusa di essere l’autore del male. Egli dice, come Celso che il Male è inerente alla materia. Egli è dunque impegnato incessantemente nella polemica contro Celso, perché deve marcare la sua ammirazione per la filosofia pagana, denunciandone le conseguenze quando viene a scontrarsi con l’insegnamento cristiano. « Origene, ci dice Porfirio, era Cristiano rispetto alle leggi, ma nelle credenze relative alle cose della divinità, era greco, e faceva convergere l’arte dei greci nelle favole straniere [cioè il Cristianesimo]. Egli frequentava in effetti, incessantemente, Platone. Le opere di Numenio, di Nicomaco, di Cronio, di Apollofane, di Longino di Moderato e degli uomini istruiti nelle dottrine pitagoriche erano il suo passatempo … fu da loro che conobbe il metodo allegorico dei Misteri dei greci, e li adattò in seguito alle scritture dei giudei. » Numerio d’Apamea chiamava Platone un « Mosè atticizzante »; per lui anche la materia era l’opera cattiva di un demiurgo. Anche i filosofi neo-platonici contro i quali lottavano, beneficiavano di un immenso prestigio. Porfirio era ammirato dagli apologeti cristiani. San Girolamo stesso era un suo ammiratore da giovane. San Agostino parla di lui con gran rispetto: « philosophus nobilis, magnus gentilium philosophus doctissimus philodophorum ». Egli lo pone al livello di Pitagora e di Platone. – Solo più tardi, dopo matura riflessione ed una migliore comprensione della fede cristiana, manifesterà la sua inquietudine e rigetterà tale ammirazione: « Laus ipsa, qua Platonem vel platonicos seu Academicos philosophos tantum extuli quantum impios nomine non opportuit, non immerito mihi diplicuit. » «Io ho lodato ed ammirato questi filosofi, quando essi erano invece degli uomini empi, ed ho avuto molta difficoltà ad allontanarmene. » Ciò che è l’esatta verità. Sant’Agostino non si è mai staccato dal Platonismo completamente ed anche quando lo rigettava esplicitamente, ne restava impregnato. [Vedi in Gnosi: teologia di satana (6)]

#    #    #

 

 

GNOSI: TEOLOGIA DI Satana (3) – LA GNOSI MEDIOEVALE

GNOSI: TEOLOGIA DI Satana (3)

LA GNOSI MEDIOEVALE

La gnosi cristiana, nasce e si sviluppa, come abbiamo visto, per influsso della gnosi ebraica. Appena spunta il Cristianesimo, gli ebrei e poi i falsi kazari, tenendosi sempre dietro le quinte, da marrani geneticamente modificati, tentano di soffocarlo dall’esterno soffiando nel fuoco delle persecuzioni e dall’interno corrompendone la dottrina evangelica, proponendosi come veri depositari della dottrina di Cristo trasmessa loro –dicono misticamente atteggiati- per via iniziatica, tramite l’evangelista Giovanni o altri. Si delinea così il movimento gnostico sedicente cristiano come tentativo di giudaizzare il Cristianesimo mediante la cabbala. – EGESIPPO, venuto alla fede dall’ebraismo, informa del pullulare di sette eretiche e dei loro capi, cominciando da un certo TEOBUTIS, deluso di non essere fatto vescovo, poi SIMONE IL MAGO, CLEOBIO, DOSITEO, GEORTASIOS e altri, provenienti dal giudaismo (sadducei, farisei, samaritani, esseni, ecc). Da questi gruppi furono influenzati MARCIONE, CARPOCRATE, VALENTINO, BASILIDE, SATORNILE e altri degni figuri. La gnosi insinuatasi nella Chiesa primitiva assume l’indole di sincretismo, così come gli infiltrati della 5^ colonna oggi spacciata sfrontatamente col nome di “ecumenismo” in opposizione alla fede trasmessa dagli Apostoli. Contro tale gnosi combattono con i loro scritti teologici i primi Padri della Chiesa: CLEMENTE D’ALESSANDRIA, ORIGENE (samaritano), GREGORIO DI NISSA, EVAGRIO. – La cabbala spuria, come abbiamo già visto nei numeri precedenti, attribuisce a Dio un’esistenza indeterminata tra l’essere e il non essere, tra il bene e il male; Dio si autogenera dal nulla e raggiunge la sua pienezza nell’uomo per ricadere nel suo nulla originario. –Basilide identifica l’Assoluto col nulla. Nella gnosi cristiana entrano affermazioni di monismo, di Pleroma emanato dall’En-Sof (Padre, Abisso, Silenzio, Teosagnotos, ecc.), il dualismo manicheo col duplice principio del bene e del male ed eoni buoni e cattivi, col mito della caduta dello spirito nella materia malvagia e pura apparenza. L’Adam Qadmon è l’uomo tipico, spirituale, scintilla divina immune dal peccato. La saldezza dell’uomo sta nel riconoscersi entità divina, nel liberarsi dalla matèria per rifondersi col Pleroma originario (Risveglio, Risurrezione, Reminiscenza, Illuminazione sulla propria origine e sul proprio destino). Il male, i demoni, i cattivi e l’intera sostanza ilica (la materia) saranno annichiliti dalla vampa finale. La gnosi pseudo-cristiana rispecchia la cabbala nelle sue molteplici versioni, assumendone di volta in volta maschere apparentemente diverse, ma con caratteri immutabili. – A queste idee portanti si mescolano nei singoli capiscuola miti e fantasie che portano ben lontano dalla fede evangelica. Già dall’epoca apostolica alcuni gnostici, come SIMONE IL MAGO (che in seguito si porta a Roma con la sua empia compagna ELENA) e i Nicolaiti incorrono nella condanna degli stessi Apostoli (v. Act. VIII ,14s; Apoc. II, 6-15). – La corrente gnostica si alimenta in alcuni centri di cultura cosmopolita, tra cui primeggia Alessandria, con la scuola pagana di PLOTINO, la scuola giudaica di TELONE e l’insegnamento cristiano di PÀNTENO, CLEMENTE, ORIGENE che combattono vigorosamente lo gnosticismo. – Espulsi dalla Chiesa, gli gnostici cristiani si affiancano agli ebrei e soffiano nel fuoco delle persecuzioni dell’Impero Romano.

I MANICHEI

Verso la metà del terzo secolo, a Babilonia entra nella corrente gnostica MANU (O MANES, MANETE: 215-276), che affida ai suoi seguaci “I Manichei”, un sistema di idee da lui stesso attribuite a Budda, Zoroàstro e Gesù Cristo. Base del sistema manicheo è il dualismo: dall’eternità esistono due opposti princìpi: il Bene e il Male, che è tenebra, materia. Tra i due princìpi si scatenò una grande lotta che ha dato origine alla situazione del mondo in cui bene e male sono mescolati. Compito dell’uomo è liberarsi dall’elemento malvagio e risalire alla luce mediante la conoscenza comunicata da Cristo, di cui Manu si dichiara «apostolo per provvidenza di Dio Padre». I più, come Eva e Caino, trasmettono la vita perpetuando la mescolanza del bene e del male: pochi invece vivono secondo lo spirito liberandosi dell’elemento oscuro e passionale che portano in sé. Occorre evitare ciò che insudicia la bocca (parole cattive), la mano azioni perverse), il corpo (unione sessuale). Questo insegnamento è praticato solo dagli «eletti», mentre i semplici «uditòri» non lo mettono in pratica. [Lo “spirito degli eletti” lo ritroviamo tra l’altro nella falsa formula, blasfema ed eretica, utilizzata per non-consacrare i fanta-vescovi modernisti, formula autorizzata dal marrano-omosex Montini il 18 giugno 1968, per distruggere alla radice la gerarchia, il sacerdozio cattolico, il culto divino ed i sacramenti … che colpo, e tutto in una volta! È giusto che la sinagoga di satana lo canonizzi e lo elevi agli altari di lucifero … chi lo merita più di lui?]. –  Lo spirito degli eletti entrerà subito in paradiso, quello degli uditori passerà di corpo in corpo fino alla piena purificazione, quando bene e male saranno separati per sempre (metempsicosi). Il manicheismo, la più elementare delle costruzioni gnostiche, si diffuse rapidamente dalla Spagna alla Cina, probabilmente tramite viaggiatori ebrei (sembra che lo fosse Manu). Nell’Iran il manicheismo provocò un tentativo di socialismo segnato da enorme sconvolgimento morale. – Il dualismo manicheo affiora con apporti e varianti diverse nelle correnti medioevali dei bogomili, dei paoliziani, dei catari, degli albigesi, ecc.

GLI ARIANI

Ispirandosi alla concezione del Logos che è sapienza creata,« logos demiurgo » dello gnostico Filone, l’ebreo ARIO afferma: «Noi conosciamo un solo Dio, eterno, non generato»; il Logos invece, «gennetos» ossia generato, è sua creatura. Ario quindi nega la divinità di Cristo, la sua consostanzialità col Padre. L’eresia ariana negatrice della divinità di Cristo si diffuse in tutto l’impero romano e tra gli stessi barbari, provocando una delle più gravi crisi della Chiesa. Fu condannata dal concilio di Nicea nel 325. – Essa riaffiora in alcuni settori della Riforma e in modo più subdolo, ma nemmeno tanto nell’attuale modernismo, come più avanti vedremo.

I BOGOMILLI

Nel 313 l’editto di Costantino pone termine alle persecuzioni. Il Cristianesimo diventa religione di Stato, e nel 392 i riti pagani vengono proibiti. La gnosi però percorre la sua strada con un intreccio di correnti che appaiono costantemente collegate: ebrei, costruttori, templari, bogomili, ecc. – Braccati da Diocleziano, i Manichei nel 390 si rifugiano a Bisanzio, dove alla scuola di Paolo da Samosata assumono il nome di Paoliziani, fedeli al dualismo manicheo, e si diffondono in oriente (Siria, Armenia, Frigia) e verso l’occidente. – Deportati in Tracia come guardie di frontiera contro gli slavi e designati col nome di Bulgari o Bogomili questi praticano un dualismo rigido (ordine di Dagutrìa in Dalmazia), oppure mitigato (ordine di Bulgaria), rifiutano il matrimonio fino a castrarsi, e naturalmente il Battesimo, la Croce di Cristo e le immagini. Dalle coste iugoslave si spingono verso la pianura padana e soprattutto nella Francia meridionale, dove verso il mille nasce il movimento dei Catari (= puri).

I CATARI

All’inizio del secondo millennio i catari «nell’età d’oro dei giudei di Oc» (ARMAND DEL LUNEL) si propagano insieme con la cabbala dalla Francia meridionale (Provenza) all’Italia, Spagna, Germania e Inghilterra. Catari e giudei vivono insieme sotto l’egida dei conti di Tolosa e insieme combattono contro la Croce di Cristo. Lo SCHOLEM informa che dalla Linguadoc provengono le prime personalità note come cabbaliste nell’area cristiana, che danno origine alla tradizione cabbalistica di Spagna. – Utilizzando alcune nozioni cristiane, i catari scalzano le fondamenta stesse del Cristianesimo e costituiscono una grave minaccia sociale. Con mentalità manichea, dal dualismo fondamentale traggono l’idea della malvagità della materia, rifiutando il matrimonio e praticando l’ENDURA (suicidio rituale). Loro centro principale fu Albi, donde il nome di Albigesi. – Il movimento cataro medioevale ha origini complesse, non ancora del tutto accertate. Qualche studioso, come J . EVOLA, lo fa risalire all’antico insediamento ario dei Galli, con oscure concezioni panteiste tipiche degli indi, pure di origine ariana, improntate a un dualismo vicino a quello manicheo. Non è da escludersi che tale dualismo sia stato portato o almeno rafforzato da influssi gnostici orientali indotti che occupavano posti considerevoli anche presso Raimondo di Tolosa e altri prìncipi provenzali, sia tramite i Templari implicati nelle vicende del rogo di JACQUES DE MOLAY con la precisa accusa di contaminazioni gnostiche. – La gnosi catara si sviluppa nell’epoca dei Trovatori, cantori dell’amore cavalleresco -che però provocava incidenti matrimoniali come nel caso di quel cavaliere che fece ingoiare alla moglie il cuore arrostito del suo amante, provocando il suicidio di lei -. E l’epoca del Santo graagl. Catari e Albigesi costituiscono un nodo storico di notevole interesse per la diffusione in Europa di notevoli fermenti anticristiani che, insieme con i disordini degli «spirituali», arano il terreno alla riforma protestante. Contro di essi combattono san Bernardo e san Domenico con i suoi «predicatori», in un’attività di vasta evangelizzazione e di repressione dell’eresia per opera dell’Inquisizione. Le accuse contro questa istituzione domenicana (immensamente più mite delle odierne inquisizioni staliniste, maoiste, ecc.), dei tromboni moderno-progressisti sinistroidi, non tengono conto dei mali ben peggiori da essa evitate all’intera Europa.

I TEMPLARI

La documentazione esistente sulle accuse contro i Templari, raccolte in due volumi da M . MICHELET conferma le gravi imputazioni raccolte nei processi del 1307 a Parigi e dai sette commissari pontifici dal 1309 al 1311. Le accuse non furono strappate sotto tortura, ma raccolte mediante un dialogo calmo e rispettoso dalle dichiarazioni di JACQUES DE MOLAY e di un centinaio di cavalieri (così il Michelet e il protestante Wilcke in Storia dei Templari). Neppure furono sottoposti a tortura i 140 cavalieri esaminati da Fra’ Imberto nel 1307, i settantadue cavalieri inquisiti dal Papa e dai cardinali di Poitiers, i grandi ufficiali dell’ordine esaminati ad Avignone, i 231 cavalieri esaminati dai commissari pontifici a Parigi dal 1309 al 1311. Negli interrogatori si esigeva solo il giuramento di verità (CLEMENTE V, bolla Vox in excelso). [Da questi episodi la moderna sinagoga di satana, la franco-massoneria, inserisce nei suoi luciferini riti, le figure del Santo Padre Clemente e dell’apostata De Molay, attori di pittoresche favole blasfeme e referenti di vendette allucinanti.] – I delitti ammessi dagli inquisiti sono stati: bestemmiare e rinnegare Cristo, praticare oscenità al momento dell’iniziazione segreta, adorare Bafomet nelle assemblee segrete, commettere azioni contro natura, confessarsi reciprocamente. Tutte queste azioni furono confessate anche ripetutamente da un centinaio di templari e dallo stesso Molay per lo più con dimostrazioni di pentimento. Queste azioni ebbero luogo in Francia, Inghilterra, Italia e altrove, in modo che la corruzione dei templari apparve estesa e antica: Molay nel 1307 confessava che quarantadue anni prima, quando fu ricevuto nell’ordine, lui pure aveva rinnegato Cristo con un rito osceno introdotto non si sa quanto tempo prima. I Templari medioevali erano eredi di antichissimi segreti iniziatici che risalivano ai templari egizi, dei quali esistono documenti fin dal 1850 a.C. Il loro cosmopolitismo e la loro professione li metteva facilmente a contatto con i cabbalisti, gli gnostici e gli ermetisti, facendo loro accogliere le idee sotterranee del medioevo fomentate soprattutto dagli ebrei. – La massoneria rivendica la propria origine “mitoligoca” dai Templari e ne assume i simboli per il programma di costruzione del tempio umanitario di indole gnostica. La figura di JACQUES DE MOLAY è assunta come monito di segreto e di rivendicazione. – J . Meinvielle scrive: «La grande associazione cabbalistica nota in Europa sotto il nome di massoneria compare improvvisamente nel mondo in momenti in cui la rivolta contro la Chiesa finiva per smembrare l’unità cristiana. Orbene, i massoni hanno per modello i Templari, per padri i Rosacroce, per predecessori i Giovanniti. La loro teologia infernale è quella di Zoroastro e di Ermete». – Sull’argomento “templari” sono state seminate falsità senza numero, assemblate in congerie strampalate di allucinati occultisti ed esoteristi mossi dalla propaganda massonica ed anticlericale dell’anti-Cristianesimo … una vergogna per la moderna pretesa “intellighentia” di matrice satanica.

 

“GNOSI” LA TEOLOGIA DI sATANA (2)

“GNOSI” LA TEOLOGIA DI sATANA (2)

QUATTRO INTERPRETAZIONI DELLA CABALA

Dopo aver ben riletto lo scritto precedente [“Gnosi: teologia di satana (1)”] passiamo a considerare le interpretazioni della cabala nella quale sono confluite, in modo più o meno evidenti, con elaborazioni più o meno fantasiose o, se preferite, deliranti, tutte le idee gnostiche già considerate. Come si è visto, gli influssi pagani, soprattutto egizi, inducono una contaminazione nella dottrina rivelata affidata agli Ebrei, dando origine alla gnosi “spuria” ebraica che si stratifica in una «tradizione» o «Gabbala», opposta alla Tradizione della Rivelazione divina, ed alla sinagoga mosaica. Non si tratta di un pensiero omogeneo, ma di un sincretismo proteiforme di nozioni legate a una concezione cosmica emanatistica, ingannatrice e falsa sotto vaghe apparenze spirituali, ma pur sempre riconducibili ai principi gnostici di base della “teologia di satana” (v. articolo 1), concezione cosmica che poi ritroveremo in tutte le (false) religioni orientali e nel modernismo attuale infiltrato, con il c.d. Vaticano II, nella Chiesa Cattolica. La molteplicità delle interpretazioni della cabala ne conferma la confusa complessità. – Cominciamo dunque  ad esplorare i tentacoli della complessa piovra gnostica iniziando dall’epoca recente in cui la cabala citata, è stata soggetta a quattro diverse interpretazioni.

1.- INTERPRETAZIONE CRISTIANA di DRACH

P. Drach: era questi un ebreo finto-convertito (il solito marrano!), che non ha mai rivelato però i testi rabbinici dai quali traeva le sue dottrine: si tratta quindi di una cabala riduttiva. Alcuni concetti, espressi senza la limpidezza nitida del tomismo, sono accettabili per le loro vaghe analogie col pensiero cristiano. Inizia già, come sempre, il sottile inganno della “ermeneutica” dei marrani, utilizzata di recente e spudoratamente, dai tempi del conciliabolo [Vaticano II], dai finti papi, effettivamente quasi tutti marrani. La pubblicazione di tali scritti ha incontrato l’ostilità degli ebrei in quanto portava, secondo loro, alla conversione al Cristianesimo. Noi sappiamo oggi che al massimo questa concezione produce il modernismo teologico, cioè un Cristianesimo di facciata, una maschera dietro alla quale si cela il ghigno del “nemico”. Ed infatti vi ritroviamo le idee della “teologia di satana”:

– l’idea di Dio infinito, En-sof;

l’idea dei sefirot, splendori divini, perfezioni divine;

– un vago concetto di Trinità nei primi tre sefirot, che si identificano con Dio stesso;

gli altri sette sefirot, «occhi di Dio», «luminari della menorah» (= il candelabro giudaico), indicano attributi che Giovanni (Apoc l, 4) chiama «sette spiriti», e non angeli (elencati in Apoc. IV,12);

– i dieci sefirot sono rami dell’unico albero divino, non distinti da Dio, che è temerario investigare: quattro investigatori che hanno preteso di «entrare nel verziere», ossia nel mistero, hanno pagato rispettivamente con la morte, la pazzia, la perversione in empietà, la rinuncia a investigare;

L’Adam Qadmon non è Adamo (Adam hari’son), ma è ad esso anteriore, è uno e multiplo, ed in lui e di lui sono tutte le cose: vaga allusione (distorta) al Verbo Incarnato;

-l’Infinito è simboleggiato dal serpente a spirale che si morde la coda.

2.- INTERPRETAZIONE PANTEISTA dell’ebreo GERSHOM SCHOLEM: autogenesi divina dal nulla.

Questo seguace della falsa teologia satanica, riprende e aggiorna, nel suo studio, le grandi correnti della mistica ebraica e quella affermatasi dal 1843 ad opera dell’ebreo ADOLFO FRANK [questi merita un approfondimento ulteriore non proponibile in questa sede].  – Scholen sostiene che Sefer ha Zoar, pubblicato da MOSÈ DE LEON in Castiglia tra il 1280 e ’90, scritto dal quale riprende i suoi concetti anti-teologici, non abbia precedenti cabalistici anteriori. Il suo pensiero scorre su due grandi temi: Dio e l’Uomo in rapporto con Dio; egli afferma: Dio è infinito, En-Sof, avvolto nel mistero. I zefirot sono emanazioni divine, come la fiamma emana dal carbone, il quale però può sussistere senza fiamma. Essi formano il mistico albero di Dio emanante dall’En-Sof, albero che si dilata nell’intero cosmo.

L’uomo, Adam Qadmon, è fatto ad immagine di Dio così come Dio è fatto a immagine dell’Adam Qadmon.

Il Tu divino nelle sue manifestazioni supreme si identifica con

L’Io divino, immanente a tutto il creato come «Chekina», divina «presenza ». Esso costituisce al tempo stesso il fondamento immanente di ogni uomo nel quale afferma pienamente la sua stessa personalità. Il rapporto tra l’Io e il Tu divino, tra l’attivo e il passivo, tra il maschile e il femminino divino (Chekina) è espresso in termini sponsali. Lo Zoar assume il simbolismo fallico. – «Dio è il nulla» che si dispiega nell’autocoscienza dell’uomo. Il nulla è lo zefirot primordiale e la corona della divinità. «Se qualcuno  ti chiede come ha fatto ad uscire il suo essere dal nulla, rispondi: a colui che ha fatto il suo essere dal nulla non manca nulla, poiché l’essere è nel nulla alla maniera del nulla, e il nulla è nell’essere alla maniera dell’essere». Questo pensiero è espresso da altri cabalisti in modi diversi ma equivalenti: il nulla genera il tutto come il punto, in sé in esteso, genera la linea e la superficie, che già in esso son preformate: il punto primordiale (il nulla) è il centro mistico intorno al quale si concentrano i processi della teogonia e della cosmologia. – « La trasformazione del nulla in essere è un avvenimento che si colloca in Dio stesso» (REUCHLIN); il nulla è coesistente con l’infinita pienezza di Dio. Questa autogenesi di Dio dal nulla è affermata già nella teogonia egizia. – Secondo la teoria del Tzimtzum, Dio soggiace a un processo di alternanze tra espansioni e contrazioni cosmiche attraverso le quali Dio si libera dalle incrinature del male. «Il tutto.., è legato al tutto fino all’ultimo anello della catena». «Dio, il mondo, l’anima non hanno ciascuno nel proprio piano vite separate»; la separazione è indotta dal peccata di Adamo, subentrato a rompere la perfetta unità inducendo una frattura tra Dio e il cosmo, rendendo cosi trascendente l’Immanente. Dalla frattura dell’unità divina nasce satana. – Con la caduta di Adamo l’anima umana, preesistente alla creazione nel seno dell’eternità, da scintilla spirituale si è immateriata in un corpo e porta in sé gli stadi divini (sefìrot) attraverso i quali è passata. La metempsicosi [che ritroviamo tra l’altro nelle concezioni gnostiche orientali, in primis nel buddismo] è insegnata dalla scuola cabbalistica di LAURIA, il quale afferma che il processo di purificazione è agevolato dalla preghiera e dalla mortificazione.Nella sua profondità l’anima è intangibile dal peccato. L’uomo ristabilisce l’unità infranta applicandosi all’osservanza della Legge (Torah). Al centro di questo processo di riunificazione sta l’ebreo, che con la pratica della Torà unisce tutte le scintille disperse nella materia. L’opera di restaurazione sarà condotta a termine dalla venuta del Messia e il cosmo intero si redimerà nella redenzione d’Israele. Il male sta nella frattura dell’unità cosmica, germoglia dalla stessa divinità come detrito della «vita nascosta» di Dio, come frutto staccato dall’albero, o «corteccia dell’albero» cosmico, «buccia della noce» (v. l’eretico neo-gnostico TEILHARD DE CHARDIN). – Questa dottrina, che si dispiega su un gioco dialettico di parole che identificano l’essere col non-essere, l’infinito con l’indefinito, il sì col no, la verità con l’errore, il bene col male, ecc., offre l’ispirazione chiave alla dialettica hegeliana [la celebre, purtroppo, tesi-antitesi-sintesi applicata oggi, senza vergogna, dalla finta chiesa dell’uomo che così ha tradotto i termini: Cattolicesimo, modernismo anticattolico, tradizionalismo di facciata dei falsi chierici lefebvriani o sedevacantisti].

 

3.- INTERPRETAZIONE OCCULTISTA (LEVY, GUAITA, AGRIPPA,

PAPUS, PELADAN, S. MARTIN, IVES D’ALVEYDRE, ecc.): cosmogenesi androgina.

Libera da condizionamenti universitari, questa interpretazione rivendica un’origine antichissima di ispirazione esoterica induista, con apporti mosaici, orfici, pitagorici, giovanniti. Si incentra nell’uomo microcosmo che rispecchia il macrocosmo, uomo fatto di corpo e anima congiunti dallo spirito. L’uomo è scintilla divina emanata da Dio come puro spirito «androgino», sessualmente indifferenziato. La caduta originaria ha provocato la scissione tra i due sessi, immateriali in Adamo ed Eva. Ogni uomo porta l’impronta della primitiva unità differenziata in Adamo (nel cervello) e in Eva (nel cuore). L’uomo riacquista la primitiva unità attraverso vari stadi di reincarnazione che lo purificano nell’amore, ricostituendolo androgino e, identificandolo con Dio attraverso il nirvana, ossia la perdita della sua individualità materializzata. L’uomo passa dunque attraverso l’involuzione della caduta, l’evoluzione, il ritorno tramite il nirvana. [Alla base delle teorie “gender”, oltre alle considerazioni neomalthusiane, appaiono evidenti le radici gnostico-occultistiche che ne giustificano le assurdità, evidenti pure ad un unico “neurone” funzionante; uguali considerazioni per l’esondazione dell’orgoglio ed il diritto alla “sodomia”  che si affaccia pure già prepotentemente nella falsa chiesa dell’uomo,  il c.d. “novus ordo”].  – L’universo, modellato sull’uomo, è composto di materia, di vita (Angeli, forze attive della natura), di volontà presente come magnetismo universale. Oscilla tra stati di involuzione e di evoluzione, come l’uomo. – Dio è prototipo dell’uomo e del cosmo, incomprensibile nella sua essenza, conoscibile nelle impronte trinitarie della natura sotto vari nomi. Sole-Terra-Luna, Brahma-Vishnu-Shiva, Iside-Osiride-Phta, Giove-Giunone-Vulcano, Padre-Figlio-Spirito, Kether-Chocmach-Binah (triade cabbalistica conispondente ai primi tre sefirot). Esistono anche i demoni (quliphot), spiriti del male. – Questa cabbala è veicolata storicamente da alchimisti, templari, rosacrociani, massoni, ed oggi in modo larvato anche dai chierici modernisti finto-cattolici.

4.- INTERPRETAZIONE MASSONICA.

Sotto l’insegna del relativismo teorico e morale, la massoneria, nata come strumento dell’egemonia angloebraica, assume nel suo patrimonio culturale tutte le correnti della cabala orientandole verso la costruzione di un One World [il Nuovo Ordine Mondiale, oramai alle porte], in cui l’Adam Qadmon, l’uomo prototipo, è lo stesso ebreo incoronato con il Kether-Malkhut (diadema regale) dominatore del mondo. Tutta la letteratura ebraica illustra questo «grande disegno», di cui già i Rosacroce furono interpreti dal momento in cui la cabala invase l’occidente cristiano. I Rosacroce portarono il Kether-Malkhuth come loro insegna, assunta dal libro di Ester. La cabala trova la sua continuità nella massoneria, che è lo strumento dell’ebraismo anticristiano per la lotta contro la Chiesa di Cristo: Una, Santa, Cattolica, Romana. – Alla cabala giudaico-massonica confluiscono in blocco tutte le correnti del paganesimo antico e moderno, dall’induismo al bramanesimo, a Zarathustra, al manicheismo, al buddismo, alle religioni dell’Egitto, della Grecia, della Mesopotamia, alle gnosi iraniane, al maomettanesimo, al satanismo. – Secondo il MEURIN, ma non solo, i dogmi massonici sono gli stessi della cabala e in particolare l’emanatismo dello Zohar. L’Infinito (En-Sof) è un essere inconsapevole che si autogenera dal nulla, simboleggiato dal punto inesteso (lo jod ebraico), che è la prima sefìra donde emanano gli altri nove sefirot e con essi il cosmo con l’uomo e gli spiriti buoni e cattivi, nei quali l’En-Sof acquista coscienza. La sapienza che emana dall’En-Sof è simboleggiata dalla «corona», come la regina Ester, insignita del diadema regale – il Kether Malkhuth – dopo la vendetta contro Aman e lo sterminio dei nemici, avvenimento emblematico commemorato annualmente dagli ebrei nella festa del Purim (14 febbraio). La corona, viene consegnata ai figli degli ebrei quando compiono il tredicesimo anno come simbolo di forza e incitamento alla conquista. La massoneria rivendica la pretesa di formare l’uomo nuovo, puro (EMEROH: rito del Cavaliere Eletto, immagine del Pinocchio della favola di iniziazione massonica, che da pezzo di legno si trasforma in un essere umano), sul modello dell’Adam Qadmon, l’unico uomo vero (umanesimo ateo), emancipato e moralmente autonomo. . I tre puntini di cui si fregiano i massoni richiamano i tre jod disposti a triangolo in un cerchio come espressione dei tre sefirot o splendori divini superiori, con cui i cabalisti designano l’Assoluto, con allusione al «Tre volte santo», Qados, Qados, Qados [invocazione massonica che ha sostituito il trisagio di Isaia nel nuovo rito montiniano, detto novus ordo missæ, invocazione appunto fatta al signore dell’universo, cioè il baphomet-lucifero].

#     #     #

L’inganno del nemico infernale, attraverso la sua falsa teologia, è oramai evidente per tutte le attività umane, sociali, culturale, filosofiche e massimamente religiose [il vero fine ultimo, l’obiettivo finale del “dragone”]. La sua struttura proteiforme si adatta di volta in volte alle condizioni che si presentano nel tempo e nella società, ma i frutti sono sempre gli stessi: l’allontanarsi dal vero Dio per correre verso il fuoco infernale insieme all’omicida maestro dell’inganno! Pure sempre identiche sono la matrici di base, benché variamente camuffate, che troveremo in situazioni impensabili, nella letteratura profana, nella poesia [ad es. lo gnosticismo dantesco] nelle arti grafiche, nelle espressioni musicali, nella pedagogia, nella medicina, soprattutto nella psicologia e scienze affini, etc.,  … ma avendo la bussola della sana teologia e del magistero della Chiesa Cattolica, tenendo sempre presenti gli otto punti considerati nell’articolo 1, potremo facilmente decodificare e sfuggire alla trappola del feroce nemico, il “leone ruggente” che gira per afferrare anime da spedire all’inferno. Occhio, perché la posta in gioco è veramente importante!]

[Continua …]

 

Inserzione a pagamento, listata a lutto, apparsa all’indomani della morte di A. Roncalli, il massone 33° antipapa con il nome di Giovanni XXIII, omonimo di uno degli antipapi  dello scisma d’Occidente, sul quotidiano messicano EL INFORMADOR di Guadalajara (4 giugno 1963). Vi si legge: «La GRAN LOGGIA OCCIDENTALE MESSICANA dei Massoni liberi e accettati, in occasione del decesso del PAPA GIOVANNI XXIII, rende pubblico il suo cordoglio per la scomparsa di questo grande uomo, che venne a rivoluzionare le idee, i pensieri e le formule della liturgia romana. LE ENCICLICHE “MATER ET MAGISTRA” e “PACEM IN TERRIS” hanno rivoluzionato i concetti in favore dei DIRITTI DELL’UOMO E DELLA SUA LIBERTÀ. L’umanità ha perduto un grande uomo e i Massoni riconoscono in LUI i suoi elevati principi, il suo umanitarismo e la sua condizione di GRAN LIBERALE [= GRAN MASSONE].

Guadalajara, Jalisco, Messico, 3 giugno 1963. – GRAN LOGGIA OCCIDENTALE MESSICANA».

Questo è un manifesto di celebrazione funebre della massoneria per il “fratello” iniziato nella gran loggia di Parigi e poi affiliato alla Loggia di Costantinopoli, da essa introdotto, con la collaborazione della 5^ colonna dei prelati massoni, [capeggiati dal card. Tisserant, Lienart, Bea etc., fino al soglio di Pietro, come profeticamente già annunziato da Leone XIII nella preghiera a S. Michele dell’Esorcismo Breve. La gnosi massonica inizia i suoi fasti modernisti ma … non prævalebunt!

… Et reddet iliis iniquitatem ipsorum: et in malitia eorum disperdet eos: disperdet illos Dominus, Deus noster. [Ps. XCIII, 23]

… et IPSA CONTERET caput tuum!

 

NOACHISMO: il vero obiettivo del modernismo infernale del “novus ordo”

Dall’angolo del falso concilio o conciliabolo, così detto Vaticano II, e grazie al concorso dei dirigenti franco-massoni che hanno dato e danno tuttora continuità al conciliabolo summenzionato, il giudaismo internazionale si è dunque sforzato di attaccare il Cattolicesimo Romano dal suo interno. Deviare la dottrina, significava snaturarla, distruggerla, annientarla. I fatti sono irrefutabili, la cronologia degli avvenimenti succedutisi dal “concilio” in poi, da svariati anni, approva in pieno questa tesi, oramai sotto gli occhi di tutti coloro che tengono gli occhi aperti! – L’avvento di uno pseudo-papa al servizio della causa mondialista è in fase di avanzata attuazione, iniziatasi visibilmente fin dal 26 ottobre del 1958. L’interreligiosità è ormai ben impiantata a Roma, caduta nella totale apostasia, a tal punto che l’ecumenismo [di stampo massonico] è paragonabile quasi ad un dogma di fede per i “dirigenti” post-conciliari. Questo corrisponde in ogni caso ad una volontà di ecumenismo religioso che la sinarchia mondialista ha da tempo perseguito. All’uscita della seconda guerra mondiale, il franco-massone Julian Huxley profetizzò l’evoluzione del Vaticano in questi termini: « la Chiesa cattolica dovrà essere poco a poco purgata dalle sue dottrine intransigenti e particolari, e non conserverà che le espressioni basilari della religione che possono essere condivise da una vasta fraternità religiosa e culturale che dovrà includere tutti i culti e tutte le civilizzazioni. » [discorso del 20/11/ 1946 in una riunione dell’UNESCO a Parigi]. Attualmente non resta che da completare questo “minestrone” ecumenico mescolando in un blasfemo “pentolone” tutte le confessioni [i cui déi sono demoni, come già recitava il salmista profetando nel salmo XCV], ed imponendo una falsa religione ai goïm [i non giudei e i non falsi giudei-kazari]. « La costituzione di una religione universale è lo scopo finale del Giudaismo, » ha scritto il rabbino Elia Benamozegh [in “Israele e l’umanità”, 1961]. Questa religione porta un nome: si tratta del NOACHISMO. – L’idea noachide per i non-giudei fu concepita dal Giudaismo. Essa proviene direttamente dal Talmud. Questa falsa religione deve sostituirsi al Cristianesimo senza necessariamente che se ne ripudi il nome. È una sorta di Cristianesimo nuovo – che non è necessariamente uno – che la sinagoga kabalista vuole si applichi ai gentili, questi non-Giudei, i disprezzati dal “popolo eletto” [da se stesso!]. – Il rabbino Elia Benamozegh conferma la natura propria del noachismo, questa (falsa) religione universale misconosciuta dal grande pubblico. Secondo il rabbino livornese, « il noachismo è la vera, l’unica, l’eterna religione dei gentili. » si tratta di un movimento religioso che « farà fare al Cristianesimo la sua ultima evoluzione […] mediante questa attitudine, che prendereste, potreste essere molto più utili al Giudaismo che se entraste nel suo seno, si, molto più utili dall’esterno che non dall’interno. Ma quando dico dall’esterno, è un modo di dire; in realtà il laico, il noachita, non è fuori dalla Chiesa, egli è nella Chiesa e costituisce egli stesso la vera Chiesa » [L’Église èclipsée, 1997]. Benamozegh precisa questa nozione importante: « non si tratta di cancellare il Cattolicesimo dalla superficie della terra, ma di operare una metamorfosi secondo i criteri della legge noachita ». [op. citata] è dunque ad una trasformazione della Religione Cattolica che il rabbino si richiama. Elia Benamozegh non è il solo ad approvare il naochismo per i goïm. In effetti già le “costituzioni di Anderson”, datate 1738 si pronunziano per una religione universale in cui ognuno dovrà seguire i sette principi di Noè. Citato da Aimé Pallière nel “Santuario sconosciuto”, Elia Benamozegh prosegue: « la religione dell’umanità non è altra cosa che il naochismo (…). Ecco la religione conservata da Israele per essere trasmessa ai gentili (…). Il noachide si ritrova nell’ambito della sola chiesa veramente universale, fedele di questa religione, come il giudeo ne è il sacerdote incaricato, non si dimentichi, di insegnare all’umanità la religione di questi laici, così come egli è tenuto, in quel che personalmente lo concerne, a praticare quella dei suoi sacerdoti. » – Questo neo-Cristianesimo deviato e mistificato, comporta le sette leggi di Noè, i sette comandamenti ai quali i goïm devono obbedienza. La proibizione dell’idolatria e della blasfemia, sono i primi due comandamenti. Essi cono centrati su Dio. Si distingue in seguito la proibizione dei rapporti carnali illeciti – l’adulterio e l’incesto in particolare che sprofondano nella dissolutezza. “Non uccidere” e “non rubare” sono altre due leggi noachite. Bisogna infine aggiungere l’istituzione dei tribunali. Questa ultima legge serve a copertura delle altre sei [e a farle rispettare]. Con il noachismo il Cristiano deve rinunciare ai suoi dogmi principali come la Santissima Trinità e la Divinità di Gesù-Cristo. Adottando questa nuova religione, egli deve perciò cessare di essere Cattolico! – Il noachismo è la realizzazione della formattazione talmudica per i goïm. In tal modo il popolo giudaico diventerebbe il popolo sacerdotale rispetto ai noachidi, di cui esso controllerebbe la falsa religione. Infatti, come lo ha sottinteso Benamozegh, il noachismo è al servizio del messianesimo giudaico talmudico, lasciando il sedicente fedele goïm all’interno della Chiesa. I giudei realizzerebbero così « questa bella teoria della kabbala che fa dell’unione e della concordia degli spiriti qua in basso, il mezzo per realizzare la discesa e lo stabilirsi della divinità sulla terra » [op. cit.], diceva Benamozegh. Prima di arrivare a questo stadio, il lavoro di demolizione deve essere compiuto dalla Chiesa del Vaticano II. Così è successo che i diversi “capi” usurpanti, specie i marrani Montini (c.d. Paolo VI], Woitiła [il teosofo comunista sedicente Giovanni Paolo II], e Ratzinger [l’emerito … Benedetto XVI], hanno fatto tanto per mascherare il satanismo giudaico e prepararne il trionfo finale, attraverso il Vaticano II. Questa evoluzione voluta dal giudaismo internazionale si inscrive nella continuità del conciliabolo rivoluzionario, [basta osservare anche le ultime “mosse” del marrano-laico Bergoglio, mai prete e mai vescovo, né tantomeno “papa” di cui rappresenta una tragica parodia.] Questa evoluzione raggiunge le aspirazioni del “nuovo (dis)ordine mondiale” sul piano religioso. La questione è ora vedere se essa si compierà pienamente, quali resistenze vi si opporranno, e se la prova sarà trasformata in una realizzazione. Questo attacco estremo può essere considerato come l’esito finale di questa cospirazione incessante contro la Chiesa di Cristo. Quando si amplia la prospettiva, una cosa appare oramai certa dalla storia bimillenaria: iniziando dalla Crocifissione di Cristo e perdurando nel corso dei secoli una feroce persecuzione, questo incessante attacco contro la Chiesa si iscrive in un immenso complotto contro Dio. Un complotto di vizi, in cui la giudeo-massoneria è al presente lo strumento di satana, nella sua eterna cospirazione contro l’ordine divino naturale. Ma il salmista aggiunge: “Dominus autem irridebit eum, quoniam prospicit quod veniet dies ejus” [Ps. XXXVI] … [ed essi dovrebbero ben conoscere lo scritto di Davide, quindi si aspettino le conseguenze!]

– Per comprendere i dettagli di un quadro già abbastanza chiaro, lasciamo la parola ad un rabbino dei nostri giorni che si esprime così in un incontro ebrei-cristiani (rav. Di Segni in: Shalom, mensile ebraico di informazione, n. 2/2002, p. 1).: « La Bibbia ci presenta due personaggi, Noè ed Abramo. Da Noè discende l’intera umanità “per questo tutte le genti vengono chiamate, nel linguaggio rabbinico, Noachidi, figli di Noè”. “Nella famiglia umana esiste però un gruppo particolare, quello dei figli d’Israele, anch’essi originariamente noachidi, ma che in virtù della discendenza di Giacobbe Israele, nipote e prosecutore di Abramo, si distinguono (…). È una condizione che potremmo chiamare, definire sacerdotale e di servizio: ‘un regno di sacerdoti e un popolo distinto’”. Abramo è nettamente superiore a Noè: “Ci sono persone normali e ci sono persone speciali. Abramo è il prototipo delle persone speciali. Noè di quelle oneste ma comuni e senza slanci”. Ai due gruppi, come si vede, si appartiene per nascita: per “salvarsi” “è sufficiente che ognuno segua la strada in cui si trova al momento della sua nascita. [La religione del rabbino sembra confondersi con una appartenenza, diciamo così, etnica, e sembra postulare anche la superiorità di una etnia sull’altra, secondo il “credo” talmudico]. – Un Noachide può salvarsi? [La dottrina della doppia legge e della doppia salvezza]. – Sì, per il giudaismo rabbinico un Noachide può salvarsi [bontà loro!], anche se non dobbiamo credere che “salvarsi” significhi necessariamente ciò che significa per noi Cristiani (ovvero la visione beatifica di Dio nella vita eterna. Per il rabbinismo salvarsi significa “aver parte” in qualche modo “al mondo futuro”, il mondo messianico). – “È noto – dice il rabbino – che la dottrina religiosa ebraica costruisce intorno al nome di Noè e dei suoi discendenti una dottrina di doppia legge e doppia salvezza”. Mentre gli Ebrei hanno ricevuto la Legge mosaica, i Noachidi sono tenuti anch’essi ad una legge, la legge Noachide, che non si trova nella Bibbia, ma nei testi rabbinici [ovviamente, non lo avremmo mai immaginato! -ndr.-]: “questi principi si trovano espressi in tradizioni orali rabbiniche che si basano, con maggiore o minore evidenza, su riferimenti scritturali. (…) Universalismo ebraico significa due strade parallele verso la salvezza; è sufficiente che ognuno segua la strada in cui si trova al momento della nascita e ne rispetti le relative norme. Il Noachide, che segue le sue sette regole e ne riconosce l’origine divina, viene definito ‘il fervente delle nazioni del mondo’ e ha parte nel mondo futuro”.              

Le sette regole che ogni Noachide deve rispettare

     “Queste regole sono: il divieto di ogni culto estraneo a quello monoteistico, il divieto della bestemmia, l’obbligo di costituire tribunali, il divieto dell’omicidio, del furto, dell’adulterio e dell’incesto, il divieto di mangiare parti strappate ad animali in vita”. Secondo il rabbino, cinque di questi sette precetti sono patrimonio comune dell’umanità e non pongono particolari problemi. “La norma di rispetto degli animali – aggiunge – è raramente trasgredita” (in realtà, solo i musulmani e i Testimoni di Geova seguono la macellazione rituale ebraica che esclude la liceità di mangiare del “sangue”, e che viene presentata come “norma di rispetto degli animali”, (ripresa dai vegani! -ndr.-). L’attenzione del rabbino è poi tutta concentrata sul primo precetto, quello del monoteismo. “Quanto al culto monoteistico, apparentemente, non ci sono dubbi per le grandi religioni”. Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo non sono forse definite, nel linguaggio post-conciliare divenuto oggi corrente, “le tre grandi religioni monoteistiche”? Il rabbino difatti non scorge difficoltà alcuna nei musulmani, monosteisti rigorosi e persino circoncisi. Ma ha qualche dubbio a proposito dei Cristiani

  I Cristiani: monoteisti o idolatri?

“È necessario a questo punto un chiarimento sulla teologia ebraica, che sul tema del monoteismo e di come sia vissuto dal Cristianesimo si dibatte in un dilemma essenziale. Si discute se la divinità di Gesù possa essere compatibile per un non ebreo (perché per l’ebreo non lo è assolutamente) con l’idea monoteistica”. In altri termini: l’ebreo che diventasse Cristiano, credendo alla divinità di Gesù, cesserebbe di essere monoteista, per diventare “idolatra”. Si deve dire la stessa cosa del non ebreo? Credere nella divinità di Gesù è un peccato di idolatria, una violazione del primo precetto della legge noachide? – “La risposta a questa domanda nella teologia ebraica, come c’era da aspettarselo, non è univoca: c’è chi la nega fermamente, c’è chi l’ammette a certe condizioni. La conseguenza è che secondo l’opinione rigorosa il Cristiano potrebbe non essere nella strada per la salvezza” essendo colpevole di idolatria.

– Per maggiore “illuminazione”, si può leggere in un libro ebraico (Alan Unterman, Dizionario di usi e leggende ebraiche, Laterza, 1994) quanto segue: “se i gentili trasgrediscono queste leggi [noachidi] potrebbero in teoria essere puniti con la pena di morte” (p. 211). Ora, la prima di queste leggi, lo abbiamo visto, è contro l’idolatria, e “la deificazione di Gesù viene considerata dagli ebrei come idolatria” (p. 120); “Maimonide affermava esplicitamente che la divinizzazione di Gesù era idolatra (…) Anche quei rabbini che non consideravano proibito ai gentili il culto combinato (shituf) di Gesù e di Dio Padre, non avevano dubbi nel ritenere che per gli ebrei la conversione al Cristianesimo significasse sottostare all’idolatria” (p. 140). Come il lettore può constatare, Unterman presenta la stessa dottrina del rabbino precedente, con la sola differenza che specifica molto meglio quanto prudentemente da questi si era omesso, ovverosia che “in teoria” “potrebbero essere puniti con la pena di morte” tutti gli ebrei convertiti al Cristianesimo e, secondo la principale autorità ebraica, Maimonide, con la maggioranza dei dottori, anche i Cristiani non ebrei.- Secondo la dottrina di Maimonide quindi, almeno in teoria, tutti i Cristiani, assieme ai politeisti di ogni genere, dovrebbero essere messi a morte. Capiamo come lo sterminio di qualche miliardo di persone sollevi problemi pratici talmente grandi da rendere il precetto rabbinico – almeno nella sua integrità – puramente teorico … ma una guerra tra Cristiani, magari con atomiche ed una “spolverata” di fosforo o di sarin, potrebbe servire allo scopo. – Ecco quanto i nostri “intonacati” falsi chierici noachiti capitanati dai “clowns” sepolcri imbiancati, ci stanno preparando nell’ombra sinistra e sulfurea con i “fratelli” di loggia con i quali, insieme, giocondi ed inebriati, si brinda: “nokem Adonai!”. Solo l’intercessione della Santa Vergine potrà liberarci!

.. et IPSA conteret CAPUT TUUM

LA VERITA’ SU GALILEI:

IL PROTESTANTE CAMUFFATO [L’ERETICO ACCADEMICO] e la CHIESA, MAESTRA INFALLIBILE DI VERITA’

[Riflessioni su un testo di Etienne Couvert: “Visage et masques de la gnose”] (1)

L’ “affare Galilei” appartiene all’arsenale delle menzogne ed imposture che gli storici moderni, al servizio dei cabalisti modernisti, hanno montato in ogni parte con l’odio, per l’odio di Gesù-Cristo e della sua Chiesa, con l’interazione confessata e proclamata di uccidere la fede nelle anime ancora credenti, in ciò favoriti dall’atteggiamento degli impostori della “chiesa dell’uomo”, mostro obbrobrioso del modernismo anticristiano, operante attivamente dal 26 ottobre del 1958. Fin dall’inizio della ricerca sulla gnosi, noi non abbiamo cessato di scontrarci con queste menzogne talmente inculcate negli spiriti, che i nostri studi e le nostre dimostrazioni provocano ancora reazioni di diffidenza e di scetticismo anche nella maggior parte dei cristiani sinceri che hanno molta difficoltà a liberarsi dalle mode intellettuali del “correttamente masso-politico”, dello scientificamente masso-corretto, del religiosamente masso-corretto”. Questo studio su Galilei si iscrive nel prosieguo di quanto si può dire sugli umanisti e sul Rinascimento, sorto dopo l’invasione europea dei marrani evacuati saggiamente dalla penisola iberica. È dunque necessario brevemente ricordare il carattere fondamentalmente anticristiano di questo Umanesimo.

La condanna dell’ELIOCENTRISMO

« Noi sappiamo che il culto di Mithra è stato opposto, nei primi secoli cristiani, a quello di Gesù Cristo. Mithra è il sole invitto, imbattuto, (sol invictus). Esso finì per essere il culto ufficiale dell’impero romano sotto Aureliano. Ecco che gli umanisti del Rinascimento nel loro furore anticattolico hanno ripreso questo culto, ma in segreto, secondo gli usi dei marrani, nelle loro conventicole intime. Il sistema eliocentrico, insegnato da Copernico e ripreso da Galileo è effettivamente una manifestazione dell’adorazione del sole, pura idolatria e becero paganesimo. Copernico scrive nel “De revolutionibus orbium coelestium”: “ in mundo vero omnium residet Sol. Quis enim in hoc pulcherrimo templo lampadem hanc in alio vel meliori loco poneret, quam unde totum simul possit illuminare, si quidem non inepte quidam lucernam mundi, alii mentem, alii rectorem invocant, Trismegistum visibilem deum”. Il sole è dunque, per Copernico lo spirito del mondo, il reggitore del mondo, un dio visibile. Il riferimento ad Ermete Trismegisto è significativo. Il sole ha la sua sede di soggiorno, in tutte le cose del mondo ed il mondo è il suo tempio: non è questa forse una definizione di Panteismo? Galilei ulteriormente precisa: “mi sembra che in natura si trovi una sostanza molto volatile, molto tenue, rapidissima, che nel suo espandersi nell’universo, penetra tutto senza ostacolo, riscalda, dà vita e rende feconde tutte le creature animate. Sembra che i sensi stessi ci mostrino che il corpo del sole è il ricettacolo di questo “spirito”, fuori dal quale si spande su tutto l’universo una immensa luce accompagnata da questo “spirito calorifico”, penetrante tutti i corpi capaci di essere animati, dando loro vita e fecondità.” – “Il sole è un dio visibile al centro dell’universo; immobile esso penetra tutte le creature, è sorgente di vita, anima tutto. Certamente è questo il “culto solare”, tipicamente pagano, che Copernico e Galilei praticavano. Ed è alla luce di questi testi che i giudici del Santo Uffizio, quelli che facevano bene il loro lavoro di guardia dell’ortodossia, hanno condannato Galilei. Da questa chiara angolazione si aprono prospettive nuove sul “complesso Galilei”! Si può ben comprendere infatti che le considerazioni sui movimenti della terra e del sole, non sono altro che un pretesto per sviluppare un insegnamento fondamentalmente panteistico, un “cavallo di Troia” che in una certa misura si insinuò tra le autorità romane. Ma il 24 febbraio 1616, l’Eliocentrismo di Copernico, come decodificato sopra, venne condannato dal Santo-Uffizio ed a giusto titolo come abbiamo visto. E per manifestare che i censori non erano incappati nelle trappole tese, essi hanno precisato con cura che le formule condannate “erano assurde in filosofia e formalmente eretiche”, ma che non pregiudicavano considerazioni puramente astronomiche o fisiche. L’affare a questo punto avrebbe dovuto essere chiuso, lo si doveva arrestare là, ma si era di fronte ad una vera “setta” molto ben organizzata, una proto-ragnatela gnostico-cabalista, archetipo degli interessi ed intrallazzi kazaro-massonici oggi visibilmente e spudoratamente operanti in chiaro, ben al di fuori dell’ombra delle conventicole.

L’Accademia dei Lincei

Questa Accademia funzionava come un club massonico, con una facciata mondana, ufficiale, un proto-rotary, che attirava il bel mondo romano con delle conferenze, dei concerti, dei banchetti e ricevimenti vari, ed un nucleo operativo, lo “zoccolo duro”, nella residenza di campagna di Pietro Cesi ad Acquaspartia, vicino ad Urbino. I tre mentori della setta sono Pietro Cesi, Cesarini, ma soprattutto mons. Ciampoli, il gran maestro dei Lincei, che vedremo all’opera ben presto. – Il programma è chiarissimo. Eccone la formula: “noi stabiliremo con dei ragionamenti ed esperienze, dei paradossi che appaiano completamente contrari ai dogmi consacrati”. Consideriamo bene la formula: le esperienze cosiddette “scientifiche”, i ragionamenti polemici e cavillosi non hanno che un unico scopo: distruggere la fede, cancellare la Religione Cattolica, l’unica vera Religione. Una vera confessione! La solita “solfa”, si tratta di lanciare, sotto il pretesto di una copertura scientifica, come la disputa sulle comete, un attacco in grande stile contro le basi intellettuali della cultura tradizionale che domina a Roma. Ciò che è in gioco è il prestigio e la legittimazione intellettuale dei Lincei. Essa va dunque a scontrarsi con la resistenza del Collegio Romano dei Gesuiti, ove regna il rispetto della tradizione aristotelica in filosofia e la vigilanza sui principi della Fede Cattolica. – Galilei è uno dei membri eminenti dell’Accademia. Il 17 luglio 1620, nel corso di una seduta segreta ad Acquaspartia fu decisa l’operazione denominata “Sarseide”. Galilei doveva preparare un’opera per denunciare la fisica aristotelica, trattata come puro “nominalismo”, lanciare lo slogan: “il libro della natura non è stato scritto per essere letto solamente da Aristotele. Questo grande libro del mondo è alla portata di tutti. I commentari di Aristotele sono come “una prigione della ragione”. Egli doveva mettere la sua autorità al servizio dell’Accademia per assicurarle prestigio e legittimità intellettuale. E si mette all’opera! Nel frattempo, il 17 settembre del 1621, era morto il cardinale Bellarmino, l’energico prefetto del Santo-Officio. Si poteva così avere l’opportunità di profittare di una grande libertà per le “Novità”. Nel 1622, il manoscritto del “Saggiatore” è nelle mani dei Lincei. Esso è rivisto e corretto da Cesarini, poi dal principe Cesi, mentre il testo definitivo è redatto da mons. Ciampoli, il “Gran Maestro”. È una vera “macchina da guerra” contro coloro che sono considerati gli “adoratori ostinati dell’antichità”, contro i Gesuiti del Collegio romano. L’opera è piena di falsità e di insulti contro di essi, impiega l’arma del ridicolo puntato sul Collegio Romano e sulla devozione al principio dell’autorità della Tradizione, con formule caustiche ed insolenti contro queste “… anatre incapaci di seguire il volo degli angeli”. – Ora, per i Gesuiti, il principio di autorità era più sacro di una citazione criticabile. Era un valore di carattere religioso ed un punto fondamentale della lotta contro l’eresia. Ed essi reagirono! “L’errore si trova, essi diranno, nell’opera gli atomi di Epicuro, nelle idee di Democrito, nel Nominalismo di Occam, nelle elucubrazioni confuse di matrice pitagorica. Vi si lodavano gli autori pagani in odore di ateismo e degli autori cattolici in odore di eresia”. Un vero scandalo dunque!

Un Papa “novatore”, Urbano VIII

Nel 1623, nuovo Conclave … mons. Ciampoli “lavora” i cardinali, intriga e “fa in modo” che sia eletto Papa Urbano VIII, suo amico e complice. Maffei Barberini è giovane, ama la poesia, è uno sportivo; oggi diremmo che aveva presa “mediatica”. Egli si incarica di piazzare degli “uomini” dei Lincei in tutti i posti principali della corte. Il mons. Ciampoli resta il consigliere intimo e discreto. – Il giovane nipote del nuovo Papa, Francesco Barberini, diviene cardinale a sua volta e “dirige” il pontificato, … egli sarà l’“anima dannata” di suo zio. – Nel corso delle grandi feste e delle manifestazioni di entusiasmo organizzate dai Lincei per promuovere il nuovo Papa eletto, Galilei è ricevuto ufficialmente come “filosofo del Vaticano”, nel corso di una bella cerimonia, il 23 aprile del 1624. Barberini sa che deve la su elezione al gran maestro dei Lincei, al mons. Ciampoli. Quest’ultimo conosce i “segni dei tempi”, per lui questo Pontificato è una “mirabile congiuntura”. – Grazie a lui il mondo di Aristotele è finito. Galilei è il “filosofo cristiano moderno” che rimpiazza il pagano Aristotele nella “summa” della nuova cultura cattolica. Egli pone i suoi amici e quelli di Galilei alla “Sapienza”, nuova università romana, che si erge contro il Collegio romano dei Gesuiti. – La nuova filosofia è presente a corte, in cattedra, nelle accademie e nelle famiglie della società romana. Rivoluzione culturale che permetteva di sperare ben presto di poter rilanciare la campagna in favore di Copernico, l’eretico-condannato. Urbano VIII si leva contro i Gesuiti. Nel 1627, rifiuta la canonizzazione del cardinale Bellarmino imponendo, proprio in questa occasione, l’obbligo di attendere cinquanta anni prima di introdurre un processo di Canonizzazione. Egli nomina il cardinale Pietro de Berulle, “il nuovo teologo”, il mistico riformatore della fede, grande nemico dei Gesuiti e grande amico di Saint-Cyran … è lui che orienta gli Oratoriani di Francia verso il Giansenismo per circa due secoli. Ma il 3 novembre 1624, nel suo discorso inaugurale del Collegio romano, il P. Spinola condanna fermamente i tentativi di edificare una nuova costruzione umana di saggezza: egli compara la nuova filosofia pagana dei novatori alla “costruzione della Torre di Babele”. I novatori vogliono scalare il Cielo … essi sono dei ribelli contro Dio e la Fede. Essi vogliono provocare la rovina della Chiesa! Questo discorso fa sensazione. – Ma, in questa “mirabile congiuntura”, non è facile denunciare Galilei, il “sapiente” (falso) cattolico ufficiale, l’amico intimo del Papa, il più grande filosofo d’Europa, amato, coccolato, adulato, rispettato e temuto. E mentre il nuovo Papa ed i sui “amici” dell’Accademia dei Lincei, preparano questa rivoluzione culturale, i Gesuiti, continuano attraverso l’Europa la loro impresa di riconquista delle provincie protestanti. In questo contesto, ci sembra del tutto opportuno riprodurre una bella pagina del libro di Pietro Redondi [“Galilei eretico”] che seguiamo possa passo. “Non sono le petulanti e chiassose manifestazioni di gioia dei letterati novatori e degli aristocratici progressisti romani galvanizzati dall’elezione di un Papa amico di Galilei ed intellettuale raffinato a preoccupare i Gesuiti; ma è una linea generale di apertura culturale e politica improvvisa ed i cui effetti sono contrari alla linea di rinnovo e di lotta della Chiesa della Contro-riforma fissata dal Concilio di Trento. La Compagnia di Gesù, che è lo strumento più efficace di questa linea di condotta, non è vittima di una stretta visione provinciale e romana dei problemi, che condiziona numerosi suoi nemici nella curia. Il fronte principale di lotta contro la Riforma, non sono né i corridoi della Curia, né i saloni dell’Accademia, ma sono le pianure e le città dell’Ungheria e della Boemia, ove i padri della Compagnia, al seguito dei reggimenti della linea imperiale, riportano vittorie; essi riconquistano per Roma le chiese profanate dai riti protestanti, issano le loro bandiere ornate del simbolo dell’Eucaristia sui monasteri degli ordini religiosi decadenti e corrotti, e li confiscano per farne collegi e centri di educazione religiosa, senza preoccuparsi dei reclami romani degli ordini monastici. Il successo dei Gesuiti è impressionante, sul teatro principale della guerra di religione. Nei territori appena strappati ai protestanti, intere popolazioni si riconvertono in massa al Cattolicesimo con ogni mezzo e ad ogni costo. “Forti di queste vittorie e della coscienza politica e religiosa delle sue dimensioni mondiali, la Compagnia di Gesù sa che la fedeltà all’impero è la migliore garanzia contro la Riforma. Essa diffida di pericolose aperture diplomatiche del nuovo Pontefice in direzione di un avventuriero senza scrupoli come Richelieu, nuovo atro nascente della politica europea”.

Il vero processo

Quando il libro del “Saggiatore” appare in libreria a Roma, il primo esemplare venduto viene comprato da P. Grassi, professore eminente del collegio romano. Egli, di carattere irascibile, si adira violentemente con il libraio. Il P. Grassi, annuncia una risposta che non viene. – Galilei intanto viene ricevuto con grande pompa dal Papa nell’aprile del 1624. Ora, nell’estate del 1624, il P. Grassi depone alla cancelleria del Santo-Uffizio una denuncia in regola contro il “Saggiatore” per eresia concernente l’Eucaristia. Il testo di questa denuncia è stato ritrovato da Pietro Redondi in un dossier annesso al processo Galilei, che era stato dunque ben separato fin dall’inizio dell’affare. – Il p. Grassi muove due accuse fondamentali contro Galilei. 1) Il “nominalismo” di Occam, secondo cui le qualità delle cose non sono che dei nomi, ma che nella realtà non esistono: “… se vedo il colore rosso di questo oggetto, questo colore non è che nella mia percezione, ma non nel sole”. È evidentemente un’assurdità. – 2) L’“Atomismo” di Democrito; “… se gli atomi o corpuscoli, o “minima” costituiscono la sostanza dell’oggetto, allora le percezioni sensibili che sono il prodotto di queste particelle fanno anche parte della sostanza delle cose; se dunque, nelle Specie eucaristiche, le forme sensibili del pane e del vino permangono dopo la Consacrazione, la loro sostanza medesima resta presente. Non c’è dunque transustansazione, ma consustansazione”. La tesi di Galilei non fa che riprendere la tesi di Lutero e dei protestanti: Galilei, il filosofo ufficiale della corte pontificia e grande amico del Papa, non è che un “protestante camuffato” …. In effetti le Congregazioni Generali dei Gesuiti hanno sempre condannato l’“Atomismo” di moda presso gli umanisti e ne hanno proibito l’insegnamento nei collegi della Compagnia, condanne rinnovate nel corso del XVII secolo con notevole insistenza. Il primo aprile 1632, la Compagnia di Gesù aveva proibito di insegnare la dottrina degli atomi nei collegi. [… “Non si deve identificare la sostanza con l’estensione e le qualità. Le particelle non sono che misure della materia. L’Atomismo non è che una forma sottile di materialismo. Se è la materia che produce le forme sensibili e le qualità delle cose, allora essa diviene creatrice delle sue forme; essa è dunque di natura divina …”] Questa condanna viene rinnovata nel 1641, nel 1643, nel 1649. Ecco la formula protestante: “Il pane ed il Corpo del Cristo sono realmente, non sostanzialmente né essenzialmente presenti, perché se il pane non avesse più sostanza, non sarebbe più niente e di conseguenza, non sarebbe nemmeno un Sacramento”. Si scorge qui la vecchia tentazione nominalista. Da questo si vede che tali insegnamenti filosofici contrari al buon senso, provocano conseguenze disastrose nelle affermazioni della Dottrina Cattolica. Il filosofo cristiano non può dunque insegnare il “nominalismo” né l’“Atomismo” senza recare nocumento alla Fede. L’accusa è grave, e Galilei lo comprende subito, ha paura e si cerca di rassicurarlo: il suo libro aveva ricevuto l’imprimatur e l’approvazione entusiasta del Papa stesso. Egli crede così di poter contare sull’impunità, ma il sospetto di eresia comincia a circolare in città, malgrado il favore del Papa. Si consiglia a Galilei di non raccogliere il guanto, di restare zitto; noi diremmo oggi volgarmente di “squagliarsela”; perché Galilei sa bene che l’accusa è ben fondata e che il P. Grassi ha compreso pienamente l’intenzione soggiacente e truffaldina dell’autore.

La fronda dei cardinali

Il 18 aprile 1631, nella Cappella Sistina, in presenza del Papa Urbano VIII e nel corso della liturgia del Venerdì Santo, il P. Grassi, l’eminente gesuita, pronuncia una solenne orazione che dovette risuonare molto sgradevolmente alle orecchie del Papa: “Noi dobbiamo piangere, o beati Padri, una spaventosa distruzione ed una immensa rovina. L’edificio che la Saggezza Divina aveva eretto con le sue mani, questo tempio eterno della pace tra Dio e gli uomini viene ora demolito da saccheggiatori empi, distrutto, raso al suolo. « Quanto è veramente atroce assistere alla scena della imminente rovina. Questi strumenti, queste leve, questi operai, tutto è a posto, pronto per l’opera spaventosa di distruzione … i guardiani del tempio, i nuovi leviti, dormono di un sonno profondo. Ma il terrore li scuote ora dal loro sonno profondo. La folla dei saccheggiatori avanza … Già il velo del tempio, come quando l’anima si separò dal Cristo, è squarciato; già tutta la struttura si inclina ed un fracasso simile a quello della morte, anche se sono addormentati, li spinge ora a svegliarsi … le cose sacre sono calpestate, gli altari rovesciati, il tempio in rovina. Dove ci rifugeremo, dove, io mi domando? » Cosa stava accadendo dunque? L’armata svedese di Gustavo-Adolfo percorreva l’Europa centrale, distruggendo, bruciando, assassinando tutti al suo passaggio. Le armate imperiali erano impreparate ed impotenti davanti a questa furia. Gustavo-Adolfo si avvicinava alle Alpi. Il 7 aprile egli era in Baviera, saccheggiando e depredando i collegi dei Gesuiti, costringendoli a fuggire o a nascondersi. La situazione era grave e durante questo tempo « i leviti dormivano ». Chiaramente qui era indicato il Papa: Gustavo-Adolfo minacciava Roma, c’era terrore, e questo era troppo. – Più volte già i cardinali avevano rimproverato il Papa di compiacenza per gli eretici a Roma. Si reclamava un’azione energica, una crociata cattolica contro l’eresia e le novità sovversive. L’8 marzo del 1632, il Cardinale Borgia si alza, denuncia le debolezze del Papa e comincia a leggere una memoria «di grandissima importanza per la religione e la fede ». Egli rimprovera al Papa la sua attitudine conciliante verso il re di Svezia. Urbano VIII vuole togliergli la parola e minaccia di deporlo. Il fratello del Papa vuole prenderlo con la forza, ma gli altri Cardinali gli si raggruppano intorno per proteggerlo. Si crea un gran tumulto, uno scandalo in pieno concistoro. L’avvenimento viene risaputo in tutte le cancellerie. La Spagna reagisce immediatamente, protesta diplomaticamente contro le compiacenze del Papa verso il nemico della religione, sostenendo energicamente il Cardinale Borgia, divenuto il vero maestro del concistoro. Si parla di deporre il Papa! Qualche giorno più tardi, l’imperatore Habsbourg invia a Roma il suo cancelliere, il Cardinale gesuita Peter Pazmani che viene a ripetere al Papa le stesse minacce di Madrid. Il Papa deve promettere un rigore maggiore nella difesa dell’ortodossia. « La mirabile congiuntura » è oramai finita!

Il falso processo

Nel marzo 1632, Galilei pubblica il “Dialogo”, gradito al Papa e munito di imprimatur. Galilei vi riprende la tesi di Copernico sui movimenti della terra e le maree, con l’autorizzazione del Vaticano, a condizione di non mescolare le considerazioni sulle Scritture, e presentandola come ipotesi, senza riferimenti alle Scritture. Galilei ne profitta per riprendere l’atomismo di Democrito ed attaccare Aristotele. Egli identifica la sostanza corporale alle sue componenti materiali e quantitative, riducendo il reale al suo valore numerico. Ma egli evita di usare il termine “atomo” e di parlare di sostanza. Il suo amico e complice Campanella, la cui reputazione di eretico era ben acquisita, lo felicita in una lettera del 3 aprile 1632 … di rinnovare « gli antichi pitagorici e i partigiani di Democrito ». La lettera viene intercettata: la complicità è evidente. Viene inviata una denuncia alla cancelleria del Santo-Uffizio … subito il Papa confida l’affare a suo nipote, il Cardinale Barberini, affare che non può lasciare nelle mani del Cardinale Borgia, Prefetto del Santo-Uffizio, che lo accusa apertamente di  indulgenza colpevole e mancanza di fermezza nell’opera di Contro-Riforma. Portare il caso al Santo-Uffizio, sarebbe stato un vero suicidio politico per il Papa, uno scandalo enorme, la prova della sua complicità con i novatori. Il Cardinal nipote forma allora una commissione speciale al di fuori del Santo-Uffizio. Si rassicura Galilei sulle intenzioni benevole del Papa, suo grande amico, ed il Cardinale nipote si esprime così nei confronti del nunzio di Firenze, in una lettera del 25 settembre 1632: «Si sono affidate le opere di Galilei ad una commissione particolare con il compito di esaminarle e di vedere se si poteva evitare di portarle davanti alla Sacra Congregazione del Santo-Uffizio ». il Papa precisa allo stesso nunzio che aveva fatto un grande favore a Galilei per « … non aver sottomesso una tale materia al tribunale, ma ad una congregazione particolare creata espressamente per lui … che gran cosa! ». Galilei viene appoggiato dal Cardinale nipote, incaricato della sua difesa. Egli deve riconoscere di aver difeso la teoria di Copernico, mostrarsi conciliante, non protestare: « … il tribunale allora poté essere clemente con l’accusato e sua Santità essere soddisfatto ». E ciò è fatto, Galilei viene obbligato a proclamare pubblicamente in una chiesa la condanna dell’eliocentrismo [il culto di Mithra] già formulata precedentemente contro Copernico. Egli fa questa dichiarazione il 22 giugno del 1633, con soddisfazione di tutti. Il Papa gli da un castello come residenza sorvegliata [premio di consolazione e risarcimento dei danni!]. Ma il Cardinale Borgia, indignato dal processo, si rifiuta di firmare il processo verbale. L’indomani il P. Grassi viene esiliato a Savona. Gli si proibisce di pubblicare qualsivoglia cosa; egli, da gesuita fedele ed obbediente, si sottomette. Il testo della seconda denunzia contro il “Dialogo” è sparito dagli archivi, come tutti i resoconti delle sedute della “Commissione speciale”: il lavoro evidentemente è stato ben fatto! – Punto finale. L’affare Galilei era chiuso … tutto il resto, non è che leggenda, mito, menzogna ed imposture … perno su cui poggiare la leva della mistificazione modernista e progressista degli intellettualoidi dell’inganno massonico-mondialista ed ecumenista.

Il fallimento di un Pontificato

L’ultimo “exploit”, se così si può dire, del Papa Urbano VIII fu l’evasione riuscita di Campanella. Tommaso Campanella, domenicano nato in Calabria, a Stilo, possedeva una feconda immaginazione, estese conoscenze in materia di cabala ed alchimia, delle idee ispirate a Joachim de Flore, una attività disordinata e furibonda. Egli si faceva chiamare “il Messia”, annunciava le catastrofi della fine dei tempi. Poiché le sue predizioni tardavano ad avverarsi, immaginò di montare una cospirazione per cacciare gli Spagnoli dal Regno di Napoli. Aveva pure compromesso numerosi gentiluomini e trecento monaci, ma fu preso in tempo e condannato alla carcerazione a Napoli. Egli aveva continuato la crociata contro la Scolastica e contro Aristotele. Ma Urbano VIII venne in suo soccorso. Per tre anni negoziò la sua liberazione con la corte di Madrid, ma invano. Finalmente promise al Re di Spagna che lo avrebbe fatto giudicare dal Santo Uffizio. Questi, fidandosi, glielo consegnò nel 1926, dopo 25 anni di prigionia. Ma ben presto il Papa gli accordò la libertà e lo ammise nella sua intimità. Egli aveva pubblicato una “Apologia per Galilei” ed “una difesa del sistema di Copernico … non contraria alle scritture”, nel 1634. Il suo capolavoro, se così si può dire, fu “la città del sole” dove predicava la comunione totale dei beni e delle persone, nella diretta filiazione di Tommaso Moro. Ma le sue eresie erano ben conosciute. Lo si minacciava, si facevano appelli al Santo-Uffizio. Disperando la sua causa, Urbano VIII si sentì con il conte di Noailles, ambasciatore francese, per aiutarlo a fuggire travestito da cavaliere. Fu caldamente raccomandato a Richelieu ed al Re di Francia Luigi XIII. Ottenne pure una pensione di 3000 libbre, e si stabilì a Parigi ove lavorò alla Biblioteca del re. Gabriel Naudé, il bibliotecario capo, ringraziò pubblicamente Urbano VIII “in nome della scienza, di aver coperto Campanella con la sua autorità”. Ora Naudé era membro della “Fraternità della rosa+croce”, la cui parola d’ordine era: “Guerra al Papa, abolizione del culto” [la solita manfrina anche delle logge attuali, comprese quelle ecclesiastiche, anzi quelle soprattutto!]. Quando l’Inquisizione Reale di Napoli si accorse del sotterfugio, chiese che gli si rendesse il prigioniero. Il Papa rifiutò! – In tutta questa storia, noi assistiamo ad una girandola: Umanisti, Rosa+croce, Lincei ed altri empi formavano tra loro come una vasta “ragnatela” che copriva tutta l’Europa. Questi uomini erano legati da una corrispondenza regolare di attive complicità, come abbiamo visto. L’affare Galilei non può essere veramente compreso se non all’interno di una ben più vasta tragedia, quella delle lotta del Protestantesimo, guidato dai soliti kazari, dappertutto infiltrati, contro i dogmi della Fede Cattolica e contro la Filosofia Scolastica che ne è il necessario supporto. Si faceva finta di attaccare Aristotele ed i Gesuiti del Collegio Romano … ma nei fatti, con fare sornione, si lavorava con accanimento per uccidere la fede nelle anime. Quando un Papa è eletto da una consorteria, quando la sua elezione è il risultato di manovre sotterranee, per dare il potere gerarchico ad un amico e complice, costui si trova in una situazione ben poco confortevole: Urbano VIII non può confessare la sua intenzione profonda e una volta posto sul trono di Pietro, egli è ben obbligato per la sua funzione magisteriale, a continuare ad insegnare le verità della Fede Cattolica alle quali non crede più e che vorrebbe distruggere. Egli deve manovrare delicatamente tra coloro che hanno “fatto” la sua elezione e che reclamano continuamente ciò che essi si attendono da lui, e l’insieme del clero romano restato fedele, che ignora queste manovre, resta perplesso e diffidente davanti alle situazioni che mal comprende. Ci vuole una singolare attitudine all’inganno per utilizzare le formule della Fede Cattolica svuotate dalle loro sostanze, e metterle al servizio del panteismo e della gnosi. – I nostri moderni falsi Pontefici [gli antipapi succedutisi dal 28 ottobre 1958 in poi], i servi dell’anticristo, sono dei virtuosi in questo gioco diabolico. – I più perspicaci avevano allora compreso: erano i Gesuiti del collegio romano, pubblicamente e violentemente attaccati [… mentre oggi è l’ordine più infiltrato ed infestato da marrani e massoni]. Si sono trovati a Roma in quest’epoca degli uomini coraggiosi ed energici per essersi opposti fermamente contro un Papa che aveva abbandonato il suo dovere di stato. Ma vi erano stati pure dei Principi cristiani come il re Filippo IV di Spagna e l’Imperatore Ferdinando II di Habsbourg che misero tutto il peso della loro autorità e delle loro potenze contro Urbano VIII, fino a minacciarlo di deposizione. Si cercano oggi vanamente questi Principi Cristiani! – Questa vicenda è servita ai “nemici di Dio e di tutti gli uomini”, per comprendere che non avrebbero mai potuto manipolare, come in situazioni analoghe precedenti e successive, nessun vero Papa, seppure Cardinale compiacente, perché questi, una volta divenuto Vicario di Cristo, cambiava atteggiamento ed era controllato dal Sant’Uffizio, paladino incrollabile ed inattaccabile dell’ortodossia della Fede Cattolica. Ecco perché hanno voluto nel 1958 l’elezione di un “vero” Papa [Gregorio XVII], impedendogli subito di esercitare pubblicamente il suo “Incarico” e spedendolo in un esilio monitorato 24 ore al giorno per 31 anni. Non lo hanno ucciso pur potendolo fare con estrema facilità, perché per essi era una “garanzia”: … quello è il Papa, e finché è Papa, gli altri non lo sono! Al suo posto hanno creato così una serie di “burattini” manipolabili a piacimento perché non Vicari di Cristo né guidati dallo Spirito Santo [anzi dallo spirito opposto”]. Nel contempo, per garantirsi la docilità dei burattini al movimento dei “fili” mossi dal “gran burattinaio”, e la loro libertà di azione dottrinale anticristiana, si è operata una indispensabile e “strategica” eliminazione del “Santo Uffizio”. Create le “idonee” premesse, i marrani modernisti della quinta colonna hanno potuto trionfare largamente, come ancora oggi vediamo, contando sul sonno colpevole dei “cani” da guardia, i cani muti grassi e sazi che hanno introdotto anzi ben volentieri i lupi nell’ovile a fare strage di anime. – Per Galilei sarebbe stata una “pacchia” spacciarsi per un geniale scienziato innovatore, appoggiato da falsi prelati e falsi gesuiti compiacenti … ma poverino, sfortunatamente era nato troppo presto .. se fosse stato operativo dopo il 1958, altro che premio Nobel, quello che i marrani cabalisti appioppano ai loro “beniamini” per convincere gli sciocchi goym che sono uomini straordinari da ammirare e seguire con fiducia! … ed il culto di Mithra si sarebbe appalesato subito senza ricorrere al baphomet-lucifero massonico. – L’ltimo insegnamento che questa vicenda “pompata” ci offre è questo: la Santa Chiesa Cattolica, Sposa Immacolata del Cristo, Madre tenerissima verso i suoi figli (i Cattolici!), è INFALLIBILE in materia di fede e di morale, inattaccabile in materia dottrinale e dogmatica, seppur rappresentata da elementi che umanamente lasciano a desiderare o semplicemente sono i “cani muti” dipinti dal Profeta Isaia. La Chiesa, Una, Santa, Cattolica, Apostolica Romana, NON DEVE CHIEDERE SCUSA A NESSUNO, mai, in nessun tempo ed in alcun modo. Se sentiamo qualcuno che, Dio ci scansi, dovesse farlo, allora siamone certi: questi è un servo del “nemico”, un lupo satanico travestito da “angelo” di luce [sinistra!], e sappiamo che … non dobbiamo assolutamente credergli, anzi dobbiamo fuggire lontano al più presto e rifugiarci tra le braccia della nostra Santissima Madre, la Vergine Maria … et IPSA conteret caput tuum! Exsurgat Deus et …

(1) Etienne Couvert è un autore francese che ha studiato per anni la gnosi nei suoi variegati aspetti, evidenziandone le infiltrazioni in ogni campo, da quello letterario a quello filosofico, pedagogico, teologico. I suoi testi sono oramai dei classici dell’argomento, e da essi altri hanno largamente scopiazzato e riprodotto. Pur non appartenendo alla “vera” Chiesa Cattolica, considerando anzi la “sinagoga di satana” massonico-modernista essere la Chiesa di Cristo [e nonostante ne abbia evidenziato tutti gli aspetti gnostico-cabalistici, fieramente anticristiani …], i suoi studi, al netto delle considerazioni sulla falsa chiesa e sui falsi “papi”, sono estremamente interessanti e vale la pena tenerli in grande considerazione, con tutta la prudenza richiesta nel valutare l’opera di un a-cattolico (ci auguriamo inconsapevole!) [-ndr.-] 

 

 

 

UN’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE IL MODERNISTA APOSTATA DI TORNO … e pure il masso-illuminato dell’«ECCLESIA»: HUMANUM GENUS

HUMANUM GENUS

S. S. Leone XIII

LETTERA ENCICLICA AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE PACE E COMUNIONE.

“CONDANNA DEL RELATIVISMO FILOSOFICO E MORALE DELLA MASSONERIA”

VENERABILI FRATELLI SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

Il genere umano, dopo che “per l’invidia di Lucifero” si ribellò sventuratamente a Dio creatore e largitore de’ doni soprannaturali, si divise come in due campi diversi e nemici tra loro; l’uno dei quali combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l’altro per il trionfo del male e dell’errore. Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo; e chi vuole appartenervi con sincero affetto e come conviene a salute, deve servire con tutta la mente e con tutto il cuore a Dio e all’Unigenito Figlio di Lui. Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all’eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio. Questi due regni, simili a due città che con leggi opposte vanno ad opposti fini, con grande acume di mente vide e descrisse Agostino, e risali al principio generatore di entrambi con queste brevi e profonde parole: “Due città nacquero da due amori; la terrena dall’amore di sé fino al disprezzo di Dio, la celeste dall’amore di Dio fino al disprezzo di sé (De Civit. Dei, lib. XIV, c. 17). – In tutta la lunga serie dei secoli queste due città pugnarono l’una contro l’altra con armi e combattimenti vari, benché non sempre con l’ardore e l’impeto stesso. Ma ai tempi nostri i partigiani della città malvagia, ispirati e aiutati da quella società, che larga mente diffusa e fortemente congegnata prende il nome di Società Massonica, pare che tutti cospirino insieme, e tentino le ultime prove. Imperocché senza più dissimulare i loro disegni, insorgono con estrema audacia contro la sovranità di Dio; lavorano pubblicamente e a viso aperto a rovina della Santa Chiesa, con proponimento di spogliare affatto, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefizi recati al mondo da Gesù Cristo nostro Salvatore. – Gemendo su questi mali, spesso, incalzati dalla carità, Noi siam costretti a gridare a Dio: “Ecco, i nemici tuoi menano gran rumore e quei che t’odiano hanno alzato la testa. Hanno formato malvagi disegni contro i tuoi santi. Hanno detto: venite, e cancelliamoli dai numero delle nazioni” (Psalm. XXXII, 2-5). – In sì grave rischio, in sì fiera ed accanita guerra al Cristianesimo, è dover Nostro mostrare il pericolo, additare i nemici, e resistere quanto possiamo ai disegni ed alle arti loro, affinché non vadano eternamente perdute le anime che Ci furono affidate, e il regno di Gesù Cristo, commesso alla Nostra tutela, non solo stia e conservisi intero, ma per nuovi e continui acquisti si dilati in ogni parte della terra. – Chi fosse e a che mirasse questo capitale nemico, che usciva fuori dai covi di tenebrose congiure, lo compresero tosto i Romani Pontefici Nostri Antecessori, vigili scolte a salute del popolo cristiano; e antivenendo col pensiero l’avvenire, dato quasi il segnale, ammonirono Principi e popoli non si lasciassero ingannare alle astuzie e trame insidiose. Diede il primo avviso del pericolo Clemente XII (Cost. In eminenti, 24 Aprile 1738); e la Costituzione di lui fu confermata e rinnovata da Benedetto XIV (Cost. Providas, 18 maggio 1751). Ne seguì le orme Pio VII (Cost. Ecclesiam a Jesu Christo, 13 Settembre 1821); poi Leone XII con l’Apostolica Costituzione Quo graviora (Cost. in. data del 23 Marzo 1825), abbracciando in questo punto gli atti e i decreti de’ suoi Antecessori, li ratificò e suggellò con irrevocabile sanzione. Nel senso medesimo parlarono Pio VIII (Encicl. Traditi, 31 Maggio 1829), Gregorio XVI (Encicl. Mirari, 15 Agosto 1832) e più volte Pio IX (Encicl. Qui pluribus, 9 Novembre 1846. Alloc. Multiplices inter, 25 Settembre 1865, ecc.). – Imperocché da fatti giuridicamente accertati, da formali processi, da statuti, riti, giornali massonici pubblicati per le stampe, oltre alle non rare deposizioni dei complici stessi, essendosi venuto a chiaramente conoscere lo scopo e la natura della setta massonica, quest’Apostolica Sede alzò la voce, e denunziò al mondo, la setta dei Massoni, sorta contro ogni diritto umano e divino, essere non men funesta al Cristianesimo che allo Stato, e fece divieto di darvi il nome sotto le maggiori pene, onde la Chiesa suol punire i colpevoli. Di che irritati i settari e credendo di poter, parte col disprezzo, parte con calunniose menzogne sfuggire o scemare la forza di tali sentenze, accusarono d’ingiustizia o di esagerazione i Papi, che le avevano pronunziate. – In questo modo cercarono di eludere la autorità ed il peso delle Costituzioni Apostoliche di Clemente XII, di Benedetto XIV, e similmente di Pio VII, e di Pio IX. Nondimeno tra i Frammassoni medesimi ve ne ebbe alcuni i quali riconobbero loro malgrado, che quelle sentenze dei Romani Pontefici, ragguagliate alla dottrina e alla disciplina cattolica, erano altamente giuste. E ai Pontefici si unirono non pochi Principi ed uomini di Stato, i quali ebbero cura o di denunziare all’Apostolica Sede le Società Massoniche, o di proscriverle essi stessi con leggi speciali nei loro domini, come fu fatto nell’Olanda, nell’Austria, nella Svizzera, nella Spagna, nella Baviera, nella Savoia ed in altre parti d’Italia. – Ma la saggezza dei Nostri Predecessori ebbe, ciò che più conta, piena giustificazione dagli avvenimenti. Imperocché le provvide e paterne loro cure, o fosse l’astuzia e l’ipocrisia dei settari, ovvero la sconsigliata leggerezza di chi pure aveva ogni interesse di tener gli occhi aperti, non avendo né sempre né per tutto sortito l’esito desiderato, nel giro d’un secolo e mezzo la società Massonica si propagò con incredibile celerità; e traforandosi per via di audacia e d’inganni in tutti gli ordini civili, incominciò ad essere potente in modo da parer quasi padrona degli Stati. – Da sì celere e tremenda propagazione ne sono seguiti a danno della Chiesa, della potestà civile, della pubblica salute, quei rovinosi effetti, che i Nostri Antecessori gran tempo innanzi avevano preveduti. Imperocché siamo ormai giunti a tale estremo da dover tremare pei le future sorti non già della Chiesa, edificata su fondamento non possibile ad abbattersi da forza umana, ma di quegli Stati, dove la setta di cui parliamo o le altre affini a quella e sue ministre e satelliti, possono tanto. – Per queste ragioni, appena eletti a governare la Chiesa, vedemmo e sentimmo vivamente nell’animo la necessità di opporCi, quanto fosse possibile, con la Nostra autorità a male si grande. E colta bene spesso opportuna occasione, venimmo svolgendo or l’una or l’altra di quelle capitali dottrine, in cui il veleno degli errori massonici pareva che fosse più intimamente penetrato. Così con la Lettera Enciclica “Quod Apostolici muneris“, sfolgorammo i mostruosi errori dei Socialisti e Comunisti: con l’altra “Arcanum” prendemmo a spiegare e difendere il vero e genuino concetto della famiglia, che ha l’origine e sorgente sua nel matrimonio: con quella che incomincia “Diuturnum” ritraemmo l’idea del potere politico, esemplata ai principi dell’Evangelo, e mirabilmente consentanea alla natura delle cose e al bene dei popoli e dei sovrani. – Ora poi, ad esempio dei Nostri Predecessori, Ci siam risoluti di prender direttamente di mira la stessa società Massonica nel complesso delle sue dottrine, dei suoi disegni, delle sue tendenze, delle sue opere, affinché, meglio conosciutane la malefica natura, ne sia schivato più cautamente il contagio. – Varie sono le sètte che, sebbene differenti di nome, di rito, di forma, d’origine, essendo per uguaglianza di proposito e per affinità de’ sommi principi strettamente collegate fra loro, convengono in sostanza con la setta dei Frammassoni, quasi centro comune, da cui muovono tutte e a cui tutte ritornano. Le quali, sebbene ora facciano sembianza di non voler nascondersi, e tengano alla luce del sole e sotto gli occhi dei cittadini le loro adunanze, e stampino effemeridi proprie, ciò nondimeno, chi guardi più addentro, ritengono il vero carattere di società segrete. – Imperocché la legge del segreto vi domina e molte sono le cose, che per inviolabile statuto debbonsi gelosamente tener celate, non solo agli estranei, ma ai più dei loro adepti: come, ad esempio, gli ultimi e veri loro intendimenti; i capi supremi e più influenti; certe conventicole più intime e segrete; le risoluzioni prese, e il modo ed i mezzi da eseguirle. A questo mira quel divario di diritti, cariche, offici tra’ soci; quella gerarchica distinzione di classi e di gradi, e la rigorosa disciplina che li governa. – Il candidato deve promettere, anzi, d’ordinario, giurare espressamente di non rivelar giammai e a nessun patto gli affiliati, i contrassegni, le dottrine della setta. Così, sotto mentite sembianze e con l’arte d’una continua simulazione, i Frammassoni studiansi a tutto potere di restare nascosti, e di non aver testimoni altro che i loro. Cercano destramente sotterfugi, pigliando sembianze accademiche e scientifiche: hanno sempre in bocca lo zelo della civiltà, l’amore della povera plebe: essere unico intento loro migliorare le condizioni del popolo, e i beni del civile consorzio accomunare il più ch’è possibile a molti. Le quali intenzioni, quando fossero vere, non sono che una parte dei loro disegni. Debbono inoltre gli iscritti promettere ai loro capi e maestri cieca ed assoluta obbedienza: che ad un minimo cenno, ad un semplice motto, n’eseguiranno gli ordini; pronti, ove manchino, ad ogni più grave pena, e perfino alla morte. E di fatti non è caso raro, che atroci vendette piombino su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto, o disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia. – Or bene questo continuo infingersi, e voler rimanere nascosto: questo legar tenacemente gli uomini, come vili mancipii, all’altrui volontà per uno scopo da essi mal conosciuto: e abusarne come di ciechi strumenti ad ogni impresa, per malvagia che sia: armarne la destra micidiale, procacciando al delitto la impunità, sono eccessi che ripugnano altamente alla natura. La ragione adunque evidentemente condanna le sètte Massoniche e le convince nemiche della giustizia e della naturale onestà. – Tanto più che altre e ben luminose prove ci sono della sua rea natura. Per quanto infatti sia grande negli uomini l’arte di fingere e l’uso di mentire, egli è impossibile che la causa non si manifesti in qualche modo pe’ suoi effetti. “Non può un albero buono dar frutti cattivi, né un albero cattivo frutti buoni” (Matth. VII, 18). Ora della Massonica sètta esiziali ed acerbissimi sono i frutti. Imperocché dalle non dubbie prove che abbiamo testé ricordate apparisce, supremo intendimento dei Frammassoni esser questo: distruggere da capo a fondo tutto l’ordine religioso e sociale, qual fu creato dal Cristianesimo, e pigliando fondamenti e nome dal Naturalismo, rifarlo a loro senno di pianta. – Questo per altro, che abbiamo detto o diremo, va inteso della setta Massonica considerata in se stessa, e in quanto abbraccia la gran famiglia delle affini e collegate società; non già dei singoli suoi seguaci. Nel numero dei quali può ben essere ve ne abbia non pochi, che, sebbene colpevoli per essersi impigliati in congreghe di questa sorta, tuttavia non piglino parte direttamente alle male opere di esse, e ne ignorino altresì lo scopo finale. Così ancora tra le società medesime non tutte forse traggono quelle conseguenze estreme, a cui pure, come a necessarie illazioni dei comuni principi, dovrebbero logicamente venire, se la enormità di certe dottrine non le trattenesse. La condizione altresì dei luoghi e dei tempi fa che taluna di esse non osi quanto vorrebbe od osano le altre. Il che però non le salva dalla complicità con la setta Massonica, la quale più che dalle azioni e dai fatti, vuol esser giudicata dal complesso de’ suoi principi. – Ora fondamentale principio dei Naturalisti, come il nome stesso lo dice, egli è la sovranità e il magistero assoluto dell’umana natura e dell’umana ragione. Quindi dei doveri verso Iddio o poco si curano, o mal ne sentono. Negano affatto la divina rivelazione; non ammettono dogmi, non verità superiori all’intelligenza umana, non maestro alcuno, a cui si abbia per l’autorità dell’officio da credere in coscienza. E poiché è privilegio singolare e unicamente proprio della Chiesa cattolica il possedere nella sua pienezza, e conservare nella sua integrità il deposito delle dottrine divinamente rivelate, l’autorità del magistero, e i mezzi soprannaturali dell’eterna salute, somma contro di lei è la rabbia e l’accanimento dei nemici. Si osservi ora il procedere della setta Massonica in fatto di religione, là specialmente dov’è più libera di fare a suo modo, e poi si giudichi, se ella non si mostri esecutrice fedele delle massime dei Naturalisti. Infatti con lungo ed ostinato proposito si procura che nella società non abbia alcuna influenza, né il magistero né l’autorità della Chiesa; e perciò si predica da per tutto e si sostiene la piena separazione della Chiesa dallo Stato. Così si sottraggono leggi e governo alla virtù divinamente salutare della religione cattolica, per conseguenza si vuole ad ogni costo ordinare in tutto e per tutto gli Stati indipendentemente dalle istituzioni e dalle dottrine della Chiesa. – Né basta tener lungi la Chiesa, che pure è guida tanto sicura, ma vi si aggiungono persecuzioni ed offese. Ecco infatti piena licenza di assalire impunemente con la parola, con gli scritti, con l’insegnamento, i fondamenti stessi della cattolica religione: i diritti della Chiesa si manomettono; non si rispettano le divine sue prerogative. Si restringe il più possibile l’azione di lei; e ciò in forza di leggi, in apparenza non troppo violente, ma in sostanza nate fatte per incepparne la libertà. Leggi di odiosa parzialità si sanciscono contro il Clero, cosicché vedesi stremato ogni giorno più e di numero e di mezzi. Vincolati in mille modi e messi in mano allo Stato gli avanzi dei beni ecclesiastici; i sodalizi religiosi aboliti, dispersi. – Ma contro l’Apostolica Sede e il Romano Pontefice arde più accesa la guerra. Prima di tutto egli fu sotto bugiardi pretesti spogliato del Principato civile, propugnacolo della sua libertà e de’ suoi diritti; poi fu ridotto ad una condizione iniqua, e per gli infiniti ostacoli intollerabile; finché si è giunti a quest’estremo, che i settari dicono aperto ciò che segretamente e lungamente avevano macchinato fra loro, doversi togliere di mezzo lo stesso spirituale potere dei Pontefici, e fare scomparire dal mondo la divina istituzione del Pontificato. Di che, ove altri argomenti mancassero, prova sufficiente sarebbe la testimonianza di parecchi di loro, che spesse volte in addietro, ed eziandio recentemente dichiararono, essere veramente scopo supremo dei Frammassoni perseguitare con odio implacabile il Cristianesimo, e che essi non si daranno mai pace, finché non vedano a terra tutte le istituzioni religiose fondate dai Papi. – Che se la setta non impone agli affiliati di rinnegare espressamente la fede cattolica, cotesta tolleranza, non che guastare i massonici disegni, li aiuta. Imperocché in primo luogo è questo un modo di ingannar facilmente i semplici e gli incauti, ed un richiamo di proselitismo. Poi con aprir le porte a persone di qualsiasi religione si ottiene il vantaggio di persuadere col fatto il grand’errore moderno dell’indifferentismo religioso e della parità di tutti i culti: via opportunissima per annientare le religioni tutte, e segnatamente la cattolica che, unica vera, non può senz’enorme ingiustizia esser messa in un fascio con le altre. – Ma i Naturalisti vanno più oltre. Messisi audacemente, in cose di massima importanza, per una via totalmente falsa, sia per la debolezza dell’umana natura, sia per giusto giudizio di Dio che punisce l’orgoglio, trascorrono precipitosi agli errori estremi. Così avviene che le stesse verità, che si conoscono pei lume naturale di ragione, quali sono per fermo l’esistenza di Dio, la spiritualità ed immortalità dell’anima umana, non hanno più pei essi consistenza e certezza. Or negli scogli medesimi va per via non dissimile ad urtare la setta Massonica. – L’esistenza di Dio, è vero, i Frammassoni generalmente la professano: ma che questa non sia in ciascun di loro persuasione ferma e giudizio certo, essi stessi ne fan fede. Imperocché non dissimulano, che nella famiglia massonica la questione intorno a Dio è un principio grandissimo di discordia; ed anzi è noto come pur di recente si ebbero tra loro su questo punto gravi contese. – Fatto sta che la setta lascia agl’iniziati libertà grande di sostenere circa Dio la tesi che vogliono, affermandone o negandone la esistenza; e gli audaci negatori vi hanno accesso non men facile di quelli che, a guisa dei Panteisti, ammettono Iddio, ma ne travisano il concetto: ciò che in sostanza riesce a ritenere della divina natura non so quale assurdo simulacro, distruggendone la realtà. Ora abbattuto o scalzato questo supremo fondamento, forza è che vacillino anche molte verità di ordine naturale, come la libera creazione del mondo, il governo universale della provvidenza, l’immortalità dell’anima, la vita futura e sempiterna. – Scomparsi poi questi, come dire, principi di natura, importantissimi per la speculativa e per la pratica, è agevole il vedere che cosa sia per addivenire il pubblico e il privato costume. Non parliamo delle virtù sovrannaturali, che senza special favore e dono di Dio niuno può né esercitare, né conseguire, e delle quali non è possibile che si trovi vestigio in chi superbamente disconosce la redenzione del genere umano, la grazia Celeste, i Sacramenti, l’eterna beatitudine: parliamo dei doveri che procedono dalla onestà naturale. Imperocché Iddio, creatore e provvido reggitore del mondo; la legge eterna, che comanda il rispetto e proibisce la violazione dell’ordine naturale; il fine ultimo degli uomini, posto di gran lunga al di sopra delle create cose, fuori di questa terra; sono queste le sorgenti e i principi della giustizia e della moralità. I quali principi se, come fanno i Naturalisti ed altresì i Frammassoni, si tolgano via, incontanente l’etica naturale non ha più né dove appoggiarsi, né come sostenersi. E per fermo la morale, che sola ammettono i Frammassoni, e che vorrebbero educatrice unica della gioventù, è quella che chiamano civile e indipendente, ossia che prescinde affatto da ogni idea religiosa. Ma quanto sia povera, incerta, e ad ogni soffio di passione variabile cotesta morale, lo dimostrano i dolorosi frutti, che già in parte appariscono. Imperocché ovunque essa ha cominciato a dominare liberamente, dato lo sfratto alla educazione cristiana, la probità e integrità dei costumi scade rapidamente, orrende e mostruose opinioni levan la testa, e l’audacia dei delitti va crescendo in modo spaventoso. Il che si lamenta e deplora da tutti; e spesse volte, sforzati dalla verità, non pochi di quegli stessi l’attestano, che pur tutt’altro vorrebbero. – Oltre a ciò, per essere l’umana natura infetta dalla colpa di origine, e perciò più proclive al vizio che alla virtù, non è possibile vivere onestamente senza mortificare le passioni, e sottomettere alla ragione gli appetiti. In questa pugna è bene spesso necessario disprezzare i beni creati, e sottoporsi a molestie e sacrifici grandissimi, a fine di serbar sempre alla ragione vincitrice il suo impero. Ma i Naturalisti e i Massoni, ripudiando ogni divina rivelazione, negano il peccato originale, e stimano non esser punto affievolito né inclinato al male il libero arbitrio (Conc. Trid. Sess. VI, De justif., c. I.). Anzi esagerando le forze e l’eccellenza della natura, e collocando in lei il principio e la norma unica della giustizia, non sanno pur concepire che, a frenarne i moti e moderarne gli appetiti, ci vogliono sforzi continui e somma costanza. E questa è la ragione, per cui vediamo offerte pubblicamente alle passioni tante attrattive: giornali e periodici senza freno e senza pudore; rappresentazioni teatrali oltre ogni dire disoneste; arti coltivate secondo i principi di uno sfacciato verismo; con raffinate invenzioni promosso il molle e delicato vivere; insomma cercate avidamente tutte le lusinghe capaci di sedurre e addormentare la virtù. Cose altamente riprovevoli, ma pur coerenti ai principi di coloro che tolgono all’uomo la speranza dei beni Celesti, e tutta la felicità fanno consistere nelle cose caduche, avvilendola sino alla terra. – Ed a conferma di ciò che abbiamo detto, può servire un fatto più strano a dirsi, che a credersi. Imperocché gli uomini scaltri ed accorti non trovando anime più docilmente servili di quelle già dome e fiaccate dalla tirannide delle passioni, vi fu nella setta Massonica chi disse aperto e propose, doversi con ogni arte ed accorgimento tirare le moltitudini a satollarsi di licenza: così lesi avrebbero poi docile strumento ad ogni più audace disegno. – Quanto al consorzio domestico, ecco a un dipresso tutta la dottrina dei Naturalisti. Il matrimonio non è altro che un contratto civile; può legittimamente rescindersi a volontà dei contraenti; il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato. Nell’educare i figli non s’imponga religione alcuna: cresciuti in età, ciascuno sia libero di scegliersi quella che più gli aggrada. – Ora questi principi i Frammassoni li accettano senza riserva: e non pure li accettano, ma studiansi da gran tempo di fare in modo, che passino nei costumi e nell’uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamente per nulli i matrimoni non celebrati nella forma civile; altrove le leggi permettono il divorzio; altrove si fa di tutto, perché sia quanto prima permesso. Così si corre di gran passo all’intento di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a talento. – Ad impossessarsi altresì della educazione dei giovanetti mira con unanime e tenace proposito la setta dei Massoni. Comprendono ben essi, che quell’età tenera e flessibile lasciasi figurare e piegare a loro talento, e però non esserci espediente più opportuno di questo per formare allo Stato cittadini tali, quali essi vagheggiano. Quindi nell’opera di educare e istruire i fanciulli non lasciano ai ministri della Chiesa parte alcuna né di direzione, né di vigilanza: e in molti luoghi si è già tanto innanzi, che l’educazione della gioventù è tutta in mano dei laici; e dall’insegnamento morale ogni idea è sbandita di quei grandissimi e santissimi doveri, che l’uomo congiungono a Dio. – Seguono le massime di scienza sociale. Dove i Naturalisti insegnano, che gli uomini hanno tutti gli stessi diritti, e sono di condizione perfettamente eguali; che ogni uomo è, per natura, indipendente; che nessuno ha diritto di comandare agli altri; che volergli uomini sottoposti ad altra autorità, da quella in fuori che emana da loro stessi, è tirannia. Quindi il popolo è sovrano: chi comanda, non aver l’autorità di comandare se non per mandato o concessione del popolo; tantoché a talento di questo egli può, voglia o non voglia, esser deposto. L’origine di tutti i diritti e doveri civili è nel popolo, ovvero nello Stato, che si regga per altro secondo i nuovi principi di libertà. Lo Stato inoltre dev’essere ateo; tra le varie religioni non esservi ragione di dar la preferenza a veruna: doversi fare di tutte lo stesso conto. – Ora che queste massime piacciano ugualmente ai Frammassoni, e che su questo tipo e modello vogliano essi foggiati i governi, è cosa notissima, e che non ha bisogno di prova. Egli è un pezzo, di fatti, che, con quanto hanno di forze e di potere, apertamente lavorano per questo, spianando così la via a quei non pochi più audaci di loro, e più avventati nel male, che vagheggiano l’uguaglianza e comunanza di tutti i beni, fatta scomparire dal mondo ogni distinzione di averi e di condizioni sociali. – Da questi brevi cenni si scorge chiaro abbastanza, che sia e che voglia la setta Massonica. I suoi dogmi ripugnano tanto e con tanta evidenza alla ragione, che nulla può esservi di più perverso. Voler distruggere la religione e la Chiesa fondata da Dio stesso, e da Lui assicurata di vita immortale, voler dopo ben diciotto secoli risuscitare i costumi e le istituzioni del paganesimo, è insigne follia e sfrontatissima empietà. Ne meno orrenda e intollerabile cosa egli è ripudiare i benefizi largiti per Sua bontà da Gesù Cristo non pure agl’individui, ma alle famiglie e agli Stati; benefizi, per giudizio e testimonianza anche di nemici, segnalatissimi. In questo pazzo e feroce proposito pare quasi potersi riconoscere quell’odio implacabile, quella rabbia di vendetta, che contro Gesù Cristo arde nel cuore di satana. – Similmente l’altra impresa, in cui tanto si travagliano i Massoni, di atterrare i precipui fondamenti della morale, e di farsi complici e cooperatori di chi, a guisa di bruto, vorrebbe lecito ciò che piace, altro non è che sospingere il genere umano alla più abbietta e ignominiosa degradazione. – Ed aggravano il male i pericoli, onde sono minacciati tanto il domestico, quando il civile consorzio. Come di fatti esponemmo altra volta, esiste nel matrimonio, per unanime consenso dei popoli e dei secoli, un carattere sacro e religioso: oltreché per legge divina l’unione coniugale e indissolubile. Or se questa unione si dissacri, se permettasi giuridicamente il divorzio, la confusione e la discordia entreranno per conseguenza inevitabile nel santuario della famiglia, e la donna la sua dignità, i figli perderanno la sicurezza d’ogni loro benessere. – Che poi lo Stato faccia professione di religiosa indifferenza, e nell’ordinare e governare il civile consorzio non si curi di Dio, né più né meno che se Egli non fosse, è sconsigliatezza ignota agli stessi pagani; i quali avevano nella mente e nel cuore così scolpita non pur l’idea di Dio, ma la necessità di un culto pubblico, che giudicavano potersi più facilmente trovare una città senza suolo, che senza Dio. E veramente la società del genere umano, a cui siamo stati fatti da natura, fu istituita da Dio autore della natura medesima, e da Lui deriva come da fonte e principio tutta quella perenne copia di beni senza numero, ond’essa abbonda. Come dunque la voce stessa di natura impone a ciascuno di noi di onorare con religiosa pietà Iddio, perché abbiamo da Lui ricevuto la vita e i beni che l’accompagnano; così per la ragione medesima debbono fare popoli e Stati. Opera perciò non solo ingiusta, ma insipiente ed assurda fanno coloro, che vogliono sciolta da ogni religioso dovere la civile comunanza. – Posto poi che per volere di Dio nascano gli uomini alla società civile, e che il potere sovrano sia vincolo così strettamente necessario alla società stessa, che, dove quello manchi, questa necessariamente si sfascia, ne segue che l’autorità di comandare deriva da quello stesso principio, da cui deriva la società. Ed ecco la ragione, che l’investito di tale autorità, sia chi si voglia, è ministro di Dio. Laonde fin dove è richiesto dal fine e dalla natura dell’umano consorzio, si deve obbedire al giusto comando del potere legittimo, non altrimenti che alla sovranità di Dio reggitore dell’universo: ed è capitalissimo errore il dare al popolo piena balia di scuotere, quando gli piaccia, il giogo dell’obbedienza. – Così ancora chi guardi alla comune origine e natura, al fine ultimo assegnato a ciascuno, ai diritti e ai doveri che ne scaturiscono, non è da dubitare che gli uomini sono tutti uguali fra loro. Ma poiché capacità pari in tutti è impossibile, e per le forze dell’animo e del corpo l’uno differisce dall’altro, e tanta è dei costumi, delle inclinazioni, e delle qualità personali la varietà, egli è assurdissima cosa voler confondere e unificare tutto questo, e recare negli ordini della vita civile una rigorosa ed assoluta uguaglianza. Come la perfetta costituzione del corpo umano risulta dall’unione e compagine di vali membri che, diversi di forma e di uso, ma congiunti insieme e messi ciascuno al suo posto, formano un organismo bello, forte, utilissimo e necessario alla vita; così nello Stato quasi infinita è la varietà degl’individui che lo compongono; i quali, se, parificati tra loro, vivano ognuno a proprio senno, ne uscirà una cittadinanza mostruosamente deforme; laddove, se distinti in armonia di gradi, di offici, di tendenze di arti, bellamente cooperino insieme al bene comune, renderanno immagine d’una cittadinanza ben costituita e conforme a natura. – Del resto i turbolenti errori, che abbiamo accennati, debbono troppo far tremare gli Stati. Imperocché tolto via il timore di Dio e il rispetto delle divine leggi, messa sotto i piedi l’autorità dei Principi, licenziata e legittimata la libidine delle sommosse, sciolto alle passioni popolari ogni freno, mancato, dai castighi in fuori, ogni ritegno, non può non seguirne una rivoluzione e sovversione universale. E questo sovversivo rivolgimento è lo scopo deliberato e l’aperta professione delle numerose associazioni di Comunisti e Socialisti: agli intendimenti dei quali non ha ragione di chiamarsi estranea la setta Massonica, essa che tanto ne favorisce i disegni, ed ha comuni con loro i capitali principi. Che se non si trascorre coi fatti subito e da per tutto alle estreme conseguenze, il merito di ciò deve recarsi, non già alle massime della setta o alla volontà dei settari, ma alla virtù di quella divina religione, che non può essere spenta, e alla parte più sana dell’umano consorzio, che, sdegnando di servire alle società segrete, si oppone con forte petto all’esorbitanza dei loro conati. – E volesse il Cielo, che universalmente dai frutti si giudicasse la radice, e dai mali che ci minacciano, dai pericoli che ci sovrastano si riconoscesse il mal seme! Si ha da fare con un nemico astuto e fraudolento che, blandendo popoli e monarchi, con lusinghiere promesse e con fini adulazioni entrambi ingannò. – Insinuandosi sotto specie di amicizia nel cuore dei Principi, i Frammassoni mirarono ad avere in essi complici ed aiuti potenti per opprimere il Cristianesimo; e a fine di mettere nei loro fianchi sproni più acuti, si diedero a calunniare ostinatamente la Chiesa come nemica del potere e delle prerogative reali. Divenuti con tali arti baldanzosi e sicuri, acquistarono influenza grande nel governo degli Stati, risoluti per altro di crollare le fondamenta dei troni, e di perseguitare, calunniare, discacciare chi tra’ sovrani si mostrasse restio a governare a modo loro. – Con arti simili adulando il popolo, lo trassero in inganno. Gridando a piena bocca libertà e prosperità pubblica; facendo credere alle moltitudini che dell’iniqua servitù e miseria, in cui gemevano, tutta della Chiesa e dei sovrani era la colpa, sobillarono il popolo, e lui smanioso di novità aizzarono ai danni dell’uno e dell’altro potere. Vero è bensì che dei vantaggi sperati maggiore è l’aspettazione che la realtà: anzi oppressa più che mai la povera plebe vedesi nelle miserie sue mancare gran parte di quei conforti, che nella società cristianamente costituita avrebbe potuto facilmente e copiosamente trovare. Ma di tutti i superbi, che si ribellano all’ordine stabilito dalla provvidenza divina, questo è il consueto castigo, che donde sconsigliatamente promettevansi fortuna prospera e tutta a seconda dei loro desideri, trovino ivi appunto oppressione e miseria. – Quanto alla Chiesa, se comanda di ubbidire innanzi tutto a Dio supremo Signore di ogni cosa, sarebbe ingiuriosa calunnia crederla perciò nemica del potere de’ Principi, od usurpatrice dei loro diritti. Vuole anzi essa, che quanto è dovuto alla potestà civile, lesi renda per dovere di coscienza. Il riconoscere poi da Dio, com’essa fa, il diritto di comandare, aggiunge al potere politico dignità grande, e giova molto a conciliargli il rispetto e l’amore dei sudditi. Amica della pace, autrice della concordia, tutti con affetto materno abbraccia la Chiesa; e intenta unicamente a far bene agli uomini, insegna doversi alla giustizia unir la clemenza, al comando l’equità, alle leggi la moderazione; rispettare ogni diritto, mantenere l’ordine e la tranquillità pubblica, sollevare al possibile privatamente e pubblicamente le indigenze degl’infelici. “Ma – per usare le parole di Sant’Agostino – credono o vogliono far credere che non torna utile alla società la dottrina del Vangelo, perché vogliono che lo Stato posi non sul fondamento stabile delle virtù, ma sull’impunità dei vivi” (Epist. CXXXVII, al. III, ad Volusianum c. v, n. 20). Per le quali cose opera troppo più conforme al senno civile e necessaria al comune benessere sarebbe, che Principi e popoli, in cambio di allearsi coi Frammassoni a danno della Chiesa, si unissero alla Chiesa per respingere gli assalti dei Frammassoni. – In ogni modo, alla vista d’un male sì grave e già troppo diffuso, è debito Nostro, Venerabili Fratelli, applicar l’animo a cercarne i rimedi. E poiché sappiamo che nella virtù della religione divina, tanto più odiata dai Massoni, quanto più temuta, consiste la migliore e più salda speranza di rimedio efficace, a questa virtù sommamente salutare crediamo che prima di tutto sia da ricorrere contro il comune nemico. Tutte queste cose pertanto, che i Romani Pontefici Nostri Antecessori decretarono per attraversare i disegni e render vani gli sforzi della setta Massonica; tutte quelle che sancirono per allontanare o ritrarre i fedeli da così fatte società; tutte e singole Noi con l’Autorità Nostra Apostolica le ratifichiamo e confermiamo. E qui confidando moltissimo nel buon volere dei fedeli, preghiamo e scongiuriamo ciascuno di loro per quanto su questo proposito fu prescritto dall’Apostolica Sede. Preghiamo poi e supplichiamo voi, Venerabili Fratelli, che cooperiate con Noi ad estirpare questo rio veleno, che largamente serpeggia in seno agli Stati. A voi tocca difendere la gloria di Dio e la salvezza delle anime; tenendo, nel combattimento, questi due fini davanti agli occhi, non vi mancherà coraggio né fortezza. Il giudicare quali sieno i più efficaci mezzi da superare gli ostacoli è cosa che spetta alla prudenza vostra. – Pur nondimeno trovando Noi conveniente al Nostro ministero l’additarvi alcuni dei mezzi più opportuni, la prima cosa da farsi si è togliere alla setta Massonica le mentite sembianze, e renderle le sue proprie, ammaestrando con la voce, ed eziandio con Lettere Pastorali, i popoli, quali siano di tali società gli artifizi per blandire ed allettare; quali la perversità delle dottrine e la disonestà delle opere. – Conforme dichiararono più volte i Nostri Predecessori, chiunque ha cara quanto deve la professione cattolica e la propria salute, non si lusinghi mai di poter senza colpa iscriversi, per qualsivoglia ragione, alla setta Massonica. Niuno si lasci illudere alla simulata onestà; imperocché può ben parere a taluno che i Massoni nulla impongano di apertamente contrario alla fede e alla morale: ma essendo essenzialmente malvagio lo scopo e la natura di tali sètte, non può essere lecito di darvi il nome, né di aiutarle in qualsivoglia maniera. – È necessario in secondo luogo con assidui discorsi ed esortazioni mettere nel popolo l’amore e lo zelo dell’istruzione religiosa: e a tal fine molto raccomandiamo, che con ragionamenti opportuni a voce e in iscritto si spieghino i principi fondamentali di quelle santissime verità, nelle quali consiste la cristiana sapienza. Scopo di ciò è guarire con l’istruzione le menti, e premunirle contro le molteplici forme degli errori, e i vari allettamenti dei vizi, massime in questa gran licenza di scrivere ed insaziabile brama di imparare. – Opera faticosa di certo: nella quale tuttavia partecipe e compagno delle fatiche vostre avrete specialmente il clero, se in grazia del vostro zelo sarà ben disciplinato e istruito. Ma causa così bella e di tanta importanza richiede altresì l’industria cooperatrice di quei laici, che all’amore della religione e della patria congiungono probità e dottrina. Con le forze unite di questi due ordini procurate, Venerabili Fratelli, che gli uomini conoscano intimamente ed abbiano cara la Chiesa; perché quanto più crescerà in essi la conoscenza e l’amore di lei, tanto maggiormente saranno aborrite e schivate le società segrete. Egli è per questo che, giovandoCi della presente occasione, torniamo non senza ragione a ricordare la opportunità inculcata altra volta, di promuovere caldamente e proteggere il Terz’Ordine di San Francesco, di cui recentemente con prudente condiscendenza mitigammo la regola. Imperocché, secondo lo spirito della sua istituzione, esso non mira ad altro, che a trarre gli uomini all’imitazione di Gesù Cristo, all’amore della Chiesa, alla pratica di tutte le cristiane virtù: e però tornerà efficacissimo a spegnere il contagio delle sètte malvagie. Cresca dunque di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui, tra molti altri, può anche sperarsi questo prezioso frutto, di ricondurre gli animi alla libertà, alla fraternità, alla uguaglianza: non quali va sognando assurdamente la sètta Massonica, ma quali Gesù Cristo recò al mondo e Francesco nel mondo ravvivò. La libertà diciamo dei Figli di Dio, che affranca dal servaggio di Satana e dalle passioni, tiranni pessimi: la fraternità, che da Dio prende origine, Creatore e Padre di tutti: l’uguaglianza che, fondata sulla giustizia e carità, non distrugge tra gli uomini tutte le differenze, ma dalla varietà della vita, degli offici, delle inclinazioni forma quell’accordo e quasi armonia, voluta da natura a utilità e dignità del civile consorzio. – In terzo luogo esiste un’istituzione, attuata sapientemente dai nostri maggiori, e poi coll’andar del tempo dimessa, la quale può servire ai di nostri come di modello e di forma a qualcosa di simile. – Intendiamo parlare dei Collegi e Corpi di arti e mestieri, destinati, sotto la guida della religione, a tutela degl’interessi e dei costumi. I quali Collegi, se per lungo uso ed esperienza riuscirono di gran vantaggio ai nostri padri, torneranno molto più vantaggiosi all’età nostra, perché opportunissimi a fiaccare la potenza delle sètte. I poveri operai, oltre ad essere per la stessa condizione loro degnissimi sopra tutti di carità e di sollievo, sono in modo particolare esposti alle seduzioni dei fraudolenti e raggiratori. Vanno perciò aiutati con la massima generosità, e invitati alle società buone, affinché non si lascino trascinare nelle malvagie. Per questo motivo Ci sarebbe assai caro che, adattate ai tempi, risorgessero per tutto sotto gli auspici e il patrocinato dei Vescovi a salute del popolo siffatte aggregazioni. E Ci è di grandissimo conforto il vederle fondate già in molti luoghi insieme coi patronati cattolici: due istituzioni, che mirano a giovare la classe onesta dei proletari, a soccorrere e proteggere le loro famiglie, i loro figli, e a mantenere in essi con l’integrità dei costumi l’amore della pietà, e la conoscenza della religione. – E qui non possiamo passare sotto silenzio la Società di San Vincenzo de’ Paoli, insigne per lo spettacolo e l’esempio che porge, e si altamente benemerita della povera plebe. Le opere e le intenzioni di codesta società sono ben note: essa è tutta in sovvenire i bisognosi e i tribolati, prevenendoli amorosamente, e ciò con mirabile sagacia, e con quella modestia, che quanto meno vuol comparire, tanto è più opportuna all’esercizio della carità e al sollevamento delle umane miserie. – In quarto luogo, a conseguir più facilmente l’intento, alla fede e vigilanza vostra raccomandiamo caldissimamente la gioventù, speranza dell’umano consorzio. – Nella buona educazione di essa ponete grandissima parte delle vostre cure, e non vi date mai a credere di aver vigilato e fatto abbastanza, pel tener lontana l’età giovinetta da quelle scuole e da quei maestri donde sia da temere l’alito pestifero delle sètte. Fate che i genitori, i direttori spirituali, i parroci, nell’insegnare la dottrina cristiana, non si stanchino di ammonire opportunamente i figli e gli alunni intorno alla rea natura di tali sètte, anche perché imparino per tempo le varie e subdole arti, solite usarsi dai propagatori di quelle per irretire la gente. Anzi quei che apparecchiano i giovinetti alla prima comunione faranno benissimo, se gl’indurranno a proporre e promettere di non ascriversi, senza saputa dei propri genitori ovvero senza consiglio del parroco o del confessore, a società alcuna. – Ma ben comprendiamo, che le comuni nostre fatiche non sarebbero sufficienti a svellere questa perniciosa semenza dal campo del Signore, se il Celeste padrone della vigna non ci sarà largo a tale effetto del suo generoso soccorso. Convien dunque implorarne il potente aiuto con fervore veemente ed ansioso, pari alla gravità del pericolo e alla grandezza del bisogno. Inorgoglita dei prosperi successi, la Massoneria insolentisce, e pare non voglia più metter limiti alla sua pertinacia. Per un’iniqua lega ed un’occulta unità di propositi da per tutto i seguaci suoi congiunti insieme, si dànno scambievolmente la mano e l’uno rinfocola l’altro a più osare nel male. Assalto sì gagliardo vuole non men gagliarda difesa: vogliam dire che tutti i buoni debbono collegarsi in una vastissima società di azione e di preghiera. Due cose pertanto dimandiamo da loro; da una parte, che unanimi, a schiere serrate, a piè fermo resistano all’impeto ognora crescente, delle sètte; dall’altra, che sollevando con molti gemiti le mani supplichevoli a Dio, implorino a grande istanza, che il Cristianesimo prosperi e cresca vigoroso; che riabbia la Chiesa la necessaria libertà; che i traviati ritornino a salute; che gli errori alla verità, i vizi faccian luogo alla virtù. – Invochiamo a tal fine l’aiuto e la mediazione di Maria Vergine Madre di Dio, affinché contro l’empie sètte, in cui si vedono chiaramente rivivere l’orgoglio contumace, la perfidia indomita, la simulatrice astuzia di Satana, dimostri la potenza sua, essa che trionfò di lui sin dal suo primo concepimento. – Preghiamo altresì San Michele, principe dell’angelica milizia, debellatore del nemico infernale; San Giuseppe, sposo della Vergine Santissima, Celeste e salutare patrono della cattolica Chiesa; i grandi Apostoli Pietro e Paolo, propagatori e difensori invitti della fede cristiana. Per il patrocinio di essi e per la perseveranza delle comuni preghiere confidiamo, che Iddio si degnerà di sovvenire pietosamente ai bisogni della umana società, minacciata da tanti pericoli.

A pegno poi delle grazie Celesti e della benevolenza Nostra impartiamo con grande affetto a voi, Venerabili Fratelli, al clero e a tutto il popolo commesso alle vostre cure l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 20 Aprile 1884, anno VII del Nostro Pontificato.

LEONE PP. XIII

Dopo aver letto, nei giorni appena trascorsi, l’opera di F. Sarda e Salvany (v. in: exsurgatdeus.org/massonismo e Cattolicesimo I, II, III) e l’Enciclica su riportata del Santo Padre, S. S. Leone XIII, non ci resta da aggiungere altro, se non che le idee del massonismo, oramai dilaganti, imperanti nella nostra società moderna, cosiddetta “civile” [leggi: massonizzata!], ben oltre il quadro descritto per quei tempi, sono diventate le colonne portanti del “modernismo religioso” attuale, altresì imperante “in toto” nella falsa chiesa dell’uomo, che ha preso il posto della Chiesa di Cristo, la Chiesa Cattolica, tornata, come millenni orsono, nelle catacombe, dopo l’estromissione nel 1958 del Papa legittimamente eletto: Gregorio XVII [cardinal G. Siri], dopo il c.d. concilio Vaticano II, il conciliabolo già condannato anzitempo da Pio II nella sua terribile bolla “Execrabilis”, e dopo l’intronizzazione di satana in Vaticano, nella cappella Paolina, il 29 giugno del 1963, in una doppia messa nera, alla presenza del falso papa allora appena insediato. In realtà il modernismo religioso attuale del “Novus ordo” ed il massonismo, hanno la medesima radice spirituale: il “luciferismo pragmatico”. Che Dio, che “irridebit eos et subsannabit eos…”, ci liberi! E la Vergine Maria schiacci il serpente infernale che Le insidia il calcagno quanto prima! “… Ipsa conteret caput tuum”. Noi ci sentiamo sicuri, confortati dalla parola di Gesù il Cristo “Non prævalebunt”, e per la sentenza già pronunziata per il traditore, antico o moderno che sia: “… melius illi erat, si natus non fuisset”!  

… et Ipsa conteret caput tuum!

F. Sarda Y Salvani: MASSONISMO E CATTOLICESIMO -3-

F . Sarda y Salvany:

MASSONISMO E CATTOLICESIMO:

Parallelo tra la dottrina delle logge e quella della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana. -3-

XVII

Quanto differisce la dottrina del massonismo e quella del Cattolicesimo circa la beneficenza

Su questo punto, come per tutto il resto, il criterio massonico è in opposizione diretta con il criterio francamente cristiano; con questa sola differenza, qui il nemico lavora in modo molto più abile, ed introduce nella società una confusione molto più grande. Qui il demone della massoneria porta la sua maschera fin sugli occhi, per così dire; cosa che fa che sia banalmente considerato come l’angelo della carità, anche da persone che su altri soggetti sono molto abili a comprendere dall’inizio il suo inganno infernale. Qui si scambia frequentemente per dolce riflesso della luce celeste ciò che non è altro che il sinistro bagliore delle fiamme dell’abisso. Qui l’arte di ingannare è il più possibile ingegnosa; al punto tale che l’orpello e lo stagno circolano talvolta sul mercato della vita sociale e sono accettate come moneta corrente allo stesso titolo dell’oro e dell’argento meglio purificato. La ragione di ciò, a ben considerare, si trova nella delicatezza della materia alla quale si fa subire questa alterazione. In altre branche, il nemico ha bisogno di sostituire al vizio una virtù, e questo per dare a questo vizio i colori dell’apparenza di questa stessa virtù, ciò che, come si vede, è una cosa difficile. Qui invece la cosa è più facile, poiché il sentimento naturale di compassione che ci ispirano le afflizioni ed i bisogni dei nostri simili, diviene simpatia e finisce per sedurre con ciò che sarebbe imprevidente, anche dopo aver rimosso l’aureola del soprannaturale. Qui il naturalismo presenta qualcosa di nobile e di elevato che gli permette certi falsi aspetti del divino, anche quando compie gli sforzi più grandi per separarsi da Dio e muoverGli guerra. È dunque un campo di operazioni più favorevole alla seduzione, e la massoneria esercita questa seduzione in tre maniere: 1° – essa storna l’attenzione dell’uomo dai bisogni principali del suo fratello, come quelli dell’anima, per fissarla solo sui bisogni del suo corpo che sembrano più pressanti, perché sono più visibili e più sensibili; 2° – mediante questi obiettivi falsificati o per lo meno mutilati, essa gli propone egualmente una serie di stimolazioni puramente umane, come la pura soddisfazione di un sentimentalismo femminile, o la soddisfazione ancor più grossolana dell’amor proprio, della vanità e del rispetto umano; 3° – conformemente al carattere puramente umano di questi stimoli, essa suggerisce come mezzi per esercitare la carità, mezzi semplicemente terrestri, subordinati ad una moralità puramente terrena, e pertanto esente da qualsiasi scrupolo. Ecco i tre aspetti che, a nostro umile avviso, caratterizzano la beneficenza massonica, volgarmente chiamata “filantropia”, e la pongono in diretta opposizione con la beneficenza cristiana, la sola che possa glorificarsi del bello e santo nome di “carità”. La carità, al contrario di ciò che abbiamo visto per la filantropia di cui la massoneria si copre come maschera, si distingue per i seguenti caratteri: 1° – Essa ha come obiettivo l’uomo completo, l’uomo intero, vale a dire con il suo corpo e l’anima; ma il fine supremo dell’anima è il suo principale scopo. 2° – L’amore di Dio ed il sentimento del dovere, ecco il suo principale stimolo: e di conseguenza, in tutti i casi essa ha un motivo sovrannaturale. 3° – I suoi processi sono in tutto conformi alla legge divina, e per la stessa ragione non sono per nulla, neanche nei minimi dettagli, in opposizione alla più rigida morale. Questi tre punti di vista, del massonismo e del Cattolicesimo relativamente alla beneficenza, vengono esposti, confrontati ed esaminati nei paragrafi seguenti che, come i nostri lettori avranno avuto già modo di intravedere, hanno un carattere praticamente incontestabile ed hanno nell’ora presente una sovrana opportunità.

XVIII

Si esamina il primo dei tre punti di vista segnalati più in alto.

Trattando del modo di sovvenire ai bisogni del prossimo, dobbiamo mostrare la differenza radicale che esiste, tra il massonismo ed il Cattolicesimo, nel modo di apprezzare questi bisogni. Per il massonismo, che non è altro che “naturalismo”, l’uomo non ha altri bisogni che quelli della vita naturale; questi bisogni occupano il primo posto, o meglio essi costituiscono gli unici bisogni. Tutto il fine dell’uomo, secondo il naturalismo massonico, è in se stesso e non esce dalla sfera della sua vita materiale e terrena. I soli bisogni degni di essere presi in considerazione nell’uomo sono quelli che si riconducono al suo corpo, al più, alla sua intelligenza, per ciò che riguarda le verità della filosofia umana. Da questo il naturalismo conclude con una logica rigorosa, benché si appoggi sopra un falso principio, che la sofferenza, sia fisica che morale, è per la creatura umana il male essenziale, e che non possa essere vista altrimenti, e sia da considerare unicamente nella sua opposizione al bene terrestre. Da ciò risulta che ogni beneficenza massonica, o ispirata dal massonismo, abbia come unico oggetto di liberare l’uomo da questa sofferenza, o almeno alleviarla, senza andare assolutamente più in là, poiché non esistono altri orizzonti per i suoi occhi bendati., Questo uomo che pretende a torto di essere caritatevole, crede bonariamente di aver fatto molto, o meglio di aver fatto tutto quando abbia appagato la fame dell’indigente con un pezzo di pane, o coperto le sue membra nude con un sottile pezzo di stoffa, o portato qualche sollievo ai suoi dolori, procurando i rimedi prescritti dal medico o dal chirurgo e, quando non riesce nell’intento, si crede nell’impossibilità assoluta di fare ciò che sia di più perfetto; e a ben vedere non si può esigere di più da chi nell’uomo non vede che il suo involucro esteriore, cioè solamente il suo corpo. Il Cattolicesimo ha dell’uomo una idea ben superiore, e pertanto si pone a suo riguardo in modo completamente diverso. Esso vede in lui un coro e soprattutto un’anima; di conseguenza, distingue tra ordini di bisogni e di sofferenze, e prescrive in suo favore due specie di opere di beneficenza, che il Catechismo designa sotto il nome soave di « Opere di misericordia corporale e spirituale ». E siccome riconosce la superiorità dell’anima sul corpo, riconosce pure, molto logicamente, che le opere corporali appartengano ad un ordine inferiore alle opere spirituali, e che esse debbano essere subordinate a queste ultime, benché possano essere esse stesse elevato allo stesso rango se nel compierle ci si proponga un fine spirituale, oltre al motivo superiore della fede che deve animarle tutte. Tale è l’apprezzamento giustissimo del Cattolicesimo. Il fine supremo dell’uomo, il suo fine più nobile, l’unicamente importante, poiché definitivo, è quello della sua anima immortale, che deve salvare e che può perdere. Dunque ogni opera di beneficenza, qualunque sia la sofferenza che abbia come scopo di alleviare, deve principalmente avere di vista questo fine ultimo dell’uomo, ed essere considerato principalmente come un mezzo per arrivare a questo fine nobilissimo. Il pane che viene dato per lenire la fame, il vestito destinato a coprire la nudità del povero, la visita ed il rimedio destinato al sollievo dell’infermo, hanno come fine immediato, e per così dire tangibile, di lenire la fame e vestire la nudità, risollevare da un’infermità, ma devono avere come fine superiore ed ultimo il perfezionare l’anima ed aiutarla ad ottenere i beni che gli sono propri e cioè: la verità e la grazia di Dio, e soprattutto la felicità eterna! Certamente questo non fa che questo soccorso materiale che viene dato, valga di meno o sia dato con minore spontaneità ed abbondanza; ma esso viene porto in maniera più degna dell’uomo e della sua nobilissima condizione; esso viene offerto non come ad un cane o ad un cavallo, ai quali vogliamo unicamente conservare la vita, ma come si deve effettivamente donare ad un essere ragionevole per il quale si desiderano, oltre all’assistenza passeggera del momento, le gioie della suprema felicità. Questo sia detto per i bisogni che possono in qualche modo essere soccorsi, e per i dolori che possono ricevere qualche sollievo. Ma quando il bisogno è tale che nessun soccorso umano possa soddisfarlo, e che la spina del dolore sia così profonda che alcuna mano d’uomo può strappare, ah! È allora che si vede molto chiaramente quanto sia vano, impotente, sterile, la beneficenza puramente umana, e quanto sia sublime, feconda e potente la vera carità! È allora infatti che la luce della fede rivela agli occhi dell’afflitto tutta la sua filosofia sul dolore insegnandogli in primo luogo, che essa è transitoria, e che di conseguenza non ha il carattere del male assoluto ed inaccessibile ad ogni speranza; in secondo luogo che essa è meritoria e che può e deve essere, accettandola con rassegnazione, il principio e la causa di una felicità infinita; in terzo luogo che essa è soddisfattoria, vale a dire che essa serve mirabilmente, nel piano divino, a purificarci, a farci espiare e pagare in questa vita i debiti a volte molto pesanti che abbiamo contratto con la suprema Maestà. Tutto questo modifica, eleva e, in qualche modo, trasforma talmente la sofferenza agli occhi del buon cristiano, che considera l’afflizione non solo come qualche cosa di tollerabile, ma spesso, e lo si vede in tante anime giuste, come qualcosa di desiderabile. Trasformazione meravigliosa, impero completo dello spirito sulla materia, realizzata dalla fede e dalla grazia di Dio, per rendere efficace la vera carità, che è unicamente soprannaturale e cristiana. Si constata dunque quale distanza immensa, infinita, separi primariamente l’idea cattolica della carità, dall’ideale naturalista e massonica della stessa virtù. Questa differenza traspare in modo ancor più evidente per il modo in cui il massonismo ed il Cattolicesimo considerano l’uomo ed il suo fine ultimo, come constateremo anche più chiaramente nei successivi paragrafi.

XIX

Si esamina il secondo dei punti segnalati più in alto.

Il massonismo essenzialmente opposto al Cattolicesimo, nel modo di apprezzare l’oggetto materiale della beneficenza, vale a dire l’uomo, non lo è meno nell’apprezzare il motivo formale e della regola di questo apprezzamento, che deve può e essere esclusivamente l’amore di Dio. Vediamo ora questo secondo aspetto della questione, che non offre un minore interesse. Il motivo formale delle beneficenza massonica o naturalista si riduce all’amore dell’uomo per l’uomo stesso, senza considerazione per un’altra idea superiore. In vero questo sentimento è chiamato giustamente “filantropia”, parola greca che significa “amore dell’umanità”. Questa parola è sonora ed ampollosa, non possiamo negarlo, e talvolta è a questa sonorità musicale che bisogna attribuire l’effetto che produce su certe immaginazioni. Ma se ci arrestiamo un istante ad esaminarne il valore ideologico, è possibile che lo troveremo anche vuoto ed insignificante, per quanto in apparenza pomposa, come succede per la maggior parte delle parole la cui risonanza è in proporzione alla loro vacuità di significato. Amare l’uomo solo per l’uomo, significa esporsi a due inconvenienti molto gravi, e così possiamo diffidare di tutti i filantropi passati e presenti ed evitarli con il loro sistema assurdo ed impotente. In primo luogo si presentano dei casi, e sono i più frequenti, nei quali l’uomo è di per se stesso poco amabile, sia che si consideri dal punto di vista fisico o da quello morale: ed in questi casi, se non devo amare l’uomo per ciò che vale, ditemi, vi prego, come posso fare per dare una base, un motivo all’amore che devo avere per degli esseri poco simpatici? In secondo luogo, esistono degli altri casi, anche molto numerosi, in cui l’uomo è estremamente amabile, ed allora, se non ci sono altre ragioni che amare l’uomo per se stesso, oh! … è ancora peggio: ditemi, quali limiti, qual freno darete a questo sentimento per impedirgli di essere disordinato e mantenerlo entro i giusti limiti? – Ci si permetta di dare qualche sviluppo a ciascuno dei due pensieri: l’uomo, abbiamo detto, è spesso un essere molto poco amabile. Gli esempi in appoggio a questa verità sono conosciuti da tutti, e sarebbe ozioso riportarli per provarlo con lunghe dimostrazioni. Considerato fisicamente, il povero è d’ordinario ripugnante: quasi sempre il misero è disgustoso e più sovente, l’infermità impressiona negativamente. I poveri simpatici e buoni non si trovano che nei drammi teatrali o nei romanzi: nella vita reale, la casa del povero, lungi dall’attirare, ripugna. Bisogna fare uno sforzo, fare spesso violenza ai movimenti naturali della sensibilità e dell’impressionabilità per avvicinarsi al letto di un tisico, per penetrare nella mansarda o nella soffitta dell’indigente. Chiamiamo a testimoniarne le persone le più generose e le più dedite alle opere di carità. Coloro che sono decisi su questo punto, lo sono perché sono riusciti a vincere da sé nella battaglia contro la natura; ed è in ciò che precisamente consiste il merito principale della loro virtù. Questa battaglia esiste specialmente quando si considera nel povero non la sua difformità fisica, ma la sua difformità morale, che è talvolta ancor più sordida. Ci sono dei poveri che sono realmente buoni, che hanno un cuore nobile e riconoscente, ma ve n’è di quelli che sono cattivi ed hanno degli istinti perversi, vili, abietti, e che non sanno ricambiare i benefici ricevuti se non con una nera ingratitudine. E tuttavia essi devono essere amati da colui che è veramente caritatevole, e molto più degli altri, perché deve soccorrerli non solo nei loro bisogni fisici, ma ancor più correggerli nelle loro deformità morali. E benché lo spirito ripugni nell’avvicinarsi ad una di queste creature degradate, bisogna ugualmente accostare il proprio cuore a questo altro cuore a volte gangrenato e corrotto. Ditemi ora dunque: quando l’uomo non è amabile, né fisicamente né moralmente; quando al contrario è nel fisico e nel morale antipatico, disprezzabile, degno di odio e talvolta ben colpevole, se l’uomo non deve essere amato se non quando e perché lo meriti, come tale uomo potrà essere amato? Che il naturalismo discorra finché vorrà, esso non troverà mai un motivo sufficiente per determinarsi a fare del bene a tali creature, se non nel merito che tale azione ha agli occhi di Dio nostro Signore. – Vediamo ora la controparte di questo ragionamento. Si supponga che un misero o indigente, invece di essere poco simpatico, lo sia sfortunatamente anche oltre misura. Supponiamo il caso, che non è raro, in cui una donna che possiede un fascino pieno di attrazione e che abbia bisogno del soccorso di un uomo, o ancora quello in cui un uomo nel pieno vigore giovanile abbia bisogno di essere soccorso da una donna dalla mano carezzevole e delicata. Se la beneficenza deve essere puramente umana, come dice il naturalismo, chi regolerà i movimenti naturali del cuore? E notate che qui parliamo dello straripamento degli istinti più nobili, ma comunque di un’esondazione!. Chi può sostenerli, frenarli, se essi deviano? Se nel primo caso c’è bisogno del motivo della fede, come uno stimolante divino, non è certo che nel secondo si abbia bisogno ancor più del motivo della fede come di un moderatore divino? Quale uomo riservato e discreto invierà le nostre giovani ed angeliche “sorelle di carità” a respirare l’atmosfera viziata dei campi, che somigliano così poco ad un chiostro, senza un divino salvacondotto? Quale campione cattolico o qual giovane prete affronterà senza danni per la sua anima certi focolai di infezione senza questa celeste salvaguardia? E come, in questi casi si potrà praticare, anche senza un vero successo, ma semplicemente senza incorrere in gravi danni, la nobilissima ma delicatissima e fragilissima virtù della carità? Noi crediamo aver detto abbastanza per essere compresi, e perché si veda chiaramente che se c’è una circostanza in cui sia necessario, non solo di credere in Dio, ma di pensare molto a Lui, è quando si tratta di essere veramente caritatevole. È così che la religione ha sempre insegnato con profonda saggezza; è quello che conferma nella pratica una esperienza certa mai smentita. Amare l’uomo per l’uomo solo, ed amarlo sinceramente, è una formula più facile da scrivere nei libri massonici e da sviluppare pomposamente nei gioiosi banchetti delle logge, che da impiantare nelle sale degli ospedali e nelle mansarde delle periferie dei nostri grandi centri suburbani. Amare l’uomo per l’uomo solo ed amarlo sinceramente, sono due cose praticamente irrealizzabili! La prova ne è evidente, poiché praticamente la cosa non si è mai vista realizzare. L’uomo sente non raramente per l’altro uomo null’altro che un sovrano disprezzo, se non addirittura una avversione profonda, nel caso in cui non provi per lui un’attrazione puramente sensuale ed una grossolana passione. La ragione di questo è molto chiara. L’uomo per l’uomo solo non è in fondo, e non può essere logicamente, che l’uomo considerato per il proprio interesse. Senza l’idea di Dio chi, in effetti è unicamente il mio prossimo, se non io stesso? L’egoismo è dunque la conseguenza inevitabile del principio naturalista. Ebbene! Questo egoismo umano ha ordinariamente due forme che lo volgono in brutalità: a) la forma del disprezzo, quando si prova per il fratello l’indifferenza o la repulsione; b) quella di un grossolano appetito, quando il fratello eccita una colpevole passione. E la filantropia naturale, lo abbiamo visto, non ha rimedi contro questo doppio male. E tuttavia questa falsa carità grida, si agita, fa capricci, come dunque si procura stimolanti per le sue opere? Come e con quale filo a piombo e con quale livella li rinnega e li ordina? Noi studieremo queste questioni con maggiori dettagli di quanto fatto qui, nel successivo paragrafo, nel quale vedremo e costateremo in modo più suggestivo le differenze essenziali che distinguono la vera dalla falsa beneficenza, quella che è cattolica e quella detta massonica, quella che è di Dio, e quella che è del demonio, la scimmia di Dio!

XX

Si esamina il terzo punto menzionato più in alto, quello che oggi è il più pratico.

Stabilendo la beneficenza, senza l’amore di Dio come stimolante, e senza la legge di Dio per regola, è chiaro che il massonismo vada alla ricerca di altri stimolanti e di altre regole. È appunto là che brilla il suo “genio”! Entriamo nell’esame del quadro che offre ai nostri occhi la filantropia o carità naturale. – Costa all’uomo spogliarsi di ciò che gli appartiene per darlo sconsideratamente ad un altro uomo. Perché egli si decida a questo difficile sacrificio, occorre che gli si offra una ricompensa. Il Cattolicesimo la offre da quaggiù nei vantaggi del merito, e nell’avvenire con la prospettiva della ricompensa. Coloro che escludono Dio dalla beneficenza, non possono riconoscere in essa né questo merito soprannaturale, né questa ricompensa promessa. – Essi devono cercare e proporre all’uomo delle compensazioni nella vita presente, ed essi la offrono nel modo seguente: – In primo luogo, essi eccitano la sensibilità naturale, che non può fare a meno di commuovere l’uomo, anche il più depravato, al sola vista delle afflizioni altrui. Questo sentimento è il più nobile di tutti quelli che sono puramente umani, ma è così debole per se stesso, che non produce qualche atto in favore dell’indigente che nel caso in cui non sia necessario imporsi per questo dei pesanti sacrifici. Tra il veder soffrire il fratello ed imporre a se stessi qualche sofferenza, è chiaro che si opterà per la prima soluzione, a meno che una ragione superiore non incoraggi od obblighi a fare altrimenti. In secondo luogo essi lusingano con la vanità mediante i pubblici applausi, e portano tale uomo o tale donna ad essere generosi ed a compiere questo o tal altro atto di carità come ostentazione dell’amor proprio. In terzo luogo, essi minacciano con il ridicolo del rispetto umano colui che non doni di buon grado o dia mal volentieri la somma di denaro che gli si domanda, somma che si porge alla fine mormorando e brontolando, non con un sentimento di compassione fraterno per l’indigente, ma talvolta maledicendolo, a causa della costrizione che opera con le sue esigenze. Noi vediamo tanti esempi di questo genere, dalle sottoscrizioni ufficiali o i doni volontariamente forzati che il governo impone sotto il pretesto delle calamità pubbliche, fino alle commissioni che, sotto una forma più o meno autoritaria, percorrono talvolta i quartieri della città con lo stesso oggetto. – In quarto luogo, quando questo non sia sufficiente, cioè quando il ricco non si risolva a soccorrere il povero con lo stimolante della sua naturale sensibilità, o per un movimento di vanità, o sotto l’impulso del rispetto umano, il massonismo per questo non si perde d’animo; esso conosce perfettamente tutte le risorse che fanno agire l’uomo bestiale “animalis homo”, e non mancherà di metterli tutti in gioco. Esso fa allora appello alla frivolezza, in cambio dell’elemosina che vuol trarre dalla sua borsa, perché non si può dire che l’ottenga dal cuore, lo sottomette alla tentazione più forte, perché è la più grossolana: gli offre cioè dei divertimenti. A questo scopo apre come un mercato pubblico di sensualità, per ottenere in favore delle opere di beneficenza un contributo in rapporto al gusto di ognuno: offre delle canzoni a colui al quale piace ascoltarle, delle danze più o meno indecenti a chi ha il palato meno delicato, i sorrisi ed i favori di una donna a colui che ha bisogno di questo apparato per allentare la sua borsa. Si vede allora ciò che nessuno potrebbe credere se non lo vedesse con i propri occhi. Le grandi calamità nazionali, i grandi lutti della patria, sembrano produrre nelle anime lo stesso effetto dei più gloriosi trionfi, poiché si traducono ugualmente all’esterno con divertimenti e feste: a questo punto la contraffazione della carità ha snaturato i sentimenti più naturali dell’uomo; in tal modo si è venuto a spogliare della sua natura ed a cadere in ciò che è contrario alla natura, a forza di voler fuggire il soprannaturale cristiano. Vogliano i nostri lettori osservare bene la progressione discendente di questi stimolanti “naturalistici” ai quali si è dovuto ricorrere per rimpiazzare lo stimolante soprannaturale. Dapprima le emozioni o l’impressionabilità nervosa; in seguito la sete di applausi, più tardi la paura del ridicolo e la censura; infine la sete di piaceri. Di modo che, per non volere attenersi alla carità discesa dal cielo e penetrata dai profumi del tempio, si giunge a chiederla con le passioni più basse dell’umanità, e perfino ricorrendo all’infamia della prostituzione. – Perciò si vede chiaramente innanzitutto quanto una beneficenza di questo tipo abbia ben poco di nobile, e poi quanto ben poca consistenza abbia. L’elemosina procurata con tali mezzi deve logicamente considerarsi un semplice soccorso materiale. Colui che dona per tali motivi da al più uno scudo o un franco, ma non offre un sentimento del cuore capace di incoraggiare il povero, di fargli comprendere che lo si guarda come un proprio simile, che lo si abbracci e lo si consoli come un fratello. Ed ancor mano lo si rispetterà o servirà come un’immagine vivente di Dio. Si da al povero, così come si getta un pezzo di pane ad un cane che si vuole allontanare dal cammino, o come si paga al governo la tassa di un contributo. Questa carità, al più, è una carità passeggera, un fuoco di artificio che non dura oltre la festa per la quale viene preparato. Durante qualche istante, sotto la prima impressione di una grande catastrofe, al cospetto delle esigenze dell’opinione pubblica fortemente eccitata, si fa qualcosa, si raccoglie una certa somma; ma ben presto l’egoismo nativo e l’indifferenza abituale riprendono i loro antichi diritti. Non c’è nulla delle opere che richiedono perseveranza, che domandano pazienza. Non è così che vengono fondate istituzione che vivono per secoli, come ad esempio gli ospedali e gli asili, che assorbono una intera vita, tutta una fortuna; ciò che si fa attualmente è artificioso, frivolo, temporaneo, giornaliero. Nulla di strano, l’idea di Dio e dell’Eternità, non presiedono a nulla di tutto questo!

XXI

Seguito sullo stesso soggetto.

 Se la beneficenza senza Dio deve essere necessariamente fatta con stimolanti sufficienti, deboli, incostanti, poco disposti a tutto ciò che abbia il carattere di vero sacrificio, non è men certo che in assenza di regole e di moderatore, debba essere inevitabilmente poco delicata, senza scrupolo alcuno nei suoi mezzi e nei suoi processi. Cosa si propone la beneficenza senza Dio? Tutt’al più di trarre l’indigente da un imbarazzo materiale. – Non prendendo Dio come motivo primario, né come fine ultimo, né come regolatore dei mezzi da impiegare per giungere a tal fine, è naturale e logico che essa giudichi buoni e convenienti tutti i processi, a condizione che essi acquisiscano una somma di denaro con il cui aiuto si uscirà abilmente da una difficoltà. Essa non può supporre che per delle pure ragioni di umana convenienza, si rinunzi ad impiegarli: soprattutto quando si sa già in precedenza che il criterio della convenienza umana è molto elastico in tutte le questioni di morale che si offrono al suo apprezzamento, e soprattutto lo è ancor più quando una maggiore elasticità possa dissimularsi e darsi un’apparenza di onestà, con il pretesto che la si tolleri perché opera buona, per … soccorrere pressanti bisogni. – Qualcuno dei nostri lettori avrà probabilmente trovato eccessivo ciò che abbiamo detto più in alto, e cioè che una certa carità moderna non esiti talvolta a ricorrere anche alle turpitudini della prostituzione. Noi siamo stati ben lontani, quando abbiamo scritto questo, dal pensare di avere sottomano un fatto che giustificasse la nostra asserzione. È satana stesso, che diviene talvolta a nostro vantaggio, nelle nostre opere, un eccellente collaboratore, che ci fornisce questa prova per mezzo di uno dei suoi rappresentanti più autorevoli della stampa locale (della città di Barcellona). Noi prendiamo ricopiamo da questo organo satanico il passo seguente, che sembra espressamente scritto per darci ragione. Vi è scritto infatti: « I due avvenimenti del giorno più curiosi sono una festa di carità a Parigi ed un processo in Germania. La festa di carità è consistita in un concorso di nuoto al quale hanno preso parte delle donne. Questo concorso ha avuto luogo di notte, nel ginnasio nautico. Queste donne hanno nuotato in pubblico e con abilità. Noi ci dispensiamo dal menzionare il tipo di pubblico che ha assistito ad uno spettacolo così nuovo e attraente: la carità scusa tutto, secondo la moderna dottrina, e non osiamo meravigliarci di ciò che potrebbero tentare nel tempo le dame francesi, sempre sotto la copertura della carità. E allora? È così che poco a poco la carità puramente umana stima leciti ed onesti per un suo fine dei mezzi che altrimenti non potrebbe impiegare se dovesse sottostare al freno severo della legge di Dio. Ma senza parlare di cose indegne di essere menzionate, la pratica della carità senza Dio presenta un altro genere di inconveniente che, per essere di un ordine più o meno abietto, non manca di essere molto in voga. Tali sono coloro che risultano dalla frode e dalla malversazione con la quale mani poco delicate riescono a stornare a loro profitto personale dei fondi destinati al sollievo dei bisogni altrui. Questa lebbra è così contagiosa e colpisce oggi fortemente ogni specie di carità laica o civile che nelle recenti calamità abbiamo potuto vedere con i nostri occhi personaggi che non si potevano certamente sospettare di attacchi al clericalismo, andare a depositare i loro doni tra le mani del vescovo o del curato, sicuri così, con tal mezzo, di vedere arrivare questi doni alla loro vera destinazione, perché incerti nel saperli arrivare invece per tutt’altro cammino. Sì, il trionfo della Carità Cattolica sulla sua rivale, sul suo nemico, la sua contraffazione, la carità massonica o civile, è manifesta, splendida, indiscutibile, abbiamo potuto costatarlo in occasione degli ultimi terremoti. Il buon senso naturale ha prevalso spontaneamente in questa occasione nella maggior parte dei cuori, sul pregiudizio della setta: tutti hanno compreso che il miglior filo conduttore della carità, dal cuore di colui che può soccorrere fino al cuore di colui che ha bisogno di essere soccorso, e pertanto dalla borsa ben guarnita del primo, alla borsa vuota del secondo, è il filo della credenza religiosa, e che tutt’altro modo di domandare la carità e tutt’altro modo di praticarla e distribuire dei soccorsi, sarà attuale e liberale, fin tanto che si vorrà, ma non darà mai risultati. – In definitiva, sia ha bisogno di credere in Dio, di parlare di Dio, di pensare a Dio e di credere a Dio per dare molto al prossimo, e dare in modo tale che il prossimo sia veramente soddisfatto. Le epidemie dell’ultimo anno hanno mostrato nella stessa vicina Nazione un altro vantaggio, dello stesso genere, della vera carità sulla carità massonica. La massoneria aveva allontanato dagli ospizi e dagli asili gli infermieri e le infermiere appartenenti agli istituti religiosi, avendo messo al loro posto dei laici dal repubblicanesimo più accentuato ed i meno sospetti di clericalismo. Arriva l’ora terribile, non si tratta più di praticare gli ordinari trattamenti, ma di esporre la propria vita per la salute del prossimo. E questi valenti secolari d’ambo i sessi abbandonano quasi tutti vergognosamente il loro posto, provando con ciò che erano solo dei soldati che non servono che in tempo di pace. E la stessa massoneria che domina nella maggior parte dei consigli municipali e provinciali, deve subire l’umiliazione di fare un nuovo appello ai religiosi ed alle religiose che essi avevano allontanato con violenza dai letti degli ammalati. E religiosi e religiose sono accorsi subito all’appello dei loro nemici, non per vantarsi di una vittoria sì gloriosa, o per rinfacciare loro l’incoerenza presente e la loro ingiustizia passata, ma semplicemente per morire per i loro fratelli, così come accaduto a molti di essi. Quale lezione? Il mondo attuale li ha visto all’opera, e certamente non si può essere probabilmente più convincenti! Esso li ha sotto gli occhi e sotto mano, affinché veda e tocchi ciò che può e sa fare con tanta facilità la carità che ha Dio come principio, come fine, come regola, e che non può né sa fare in altro modo, per numerosi che siano i suoi sforzi, la carità che si ostina a fare a meno di Dio.

XXII

Opposizione radicale che esiste tra il cattolicesimo e la massoneria, nel modo di apprezzare l’arte.

L’arte è uno dei punti sui quali ci siamo proposti di indicare rapidamente in cosa differisca l’apprezzamento e l’influenza del massonismo e del Cattolicesimo. Andremo ora a trattare questo soggetto, ma senza dargli gli sviluppi che desideriamo, per non prolungare oltremodo un soggetto che oltrepassa già i limiti ordinari. L’arte, nelle sue diverse manifestazioni, come espressione del bello, innato nell’uomo, potrebbe chiamarsi il meno umano di tutti i concetti umani, o se si vuole, il meno terrestre, tanto è ideale, sublime e vicino al divino ed al celeste. Tutti i popoli, gli infedeli ed i cristiani, hanno riconosciuto nell’arte vera e nei veri artisti, qualcosa di divino il « quid divinum », che dà alle opere d’arte un carattere che le distingue essenzialmente da tutte le altre cose concepite dal sapiente o dell’artista di talento. L’arte e l’artista vivente respirano e si sviluppano in una regione molto più elevata e più pura di quella in cui si muove il comune mortale; essi godono di orizzonti illuminati da una luce più viva di quella di cui si gode nelle comuni sfere della vita; essi appartengono all’umanità, ma ne sono, come noi abbiamo visto, la parte più nobile; è con esse che, nell’ordine naturale, si manifesta nel modo più evidente, l’origine divina dell’uomo e la fiammella del fuoco celeste dispensata dalla mano del Creatore in questo vaso di fango che si chiama corpo. È una ragione in più per cui, il nemico di Dio e dell’uomo si sforza di rapire loro l’onore ad entrambi, oscurando con neri vapori e bagliori sinistri dell’abisso, la pura e serena luce del cielo, che l’arte e l’artista hanno la missione di far risplendere con l’aiuto delle loro opere sulle aride vallate terrestri. Il naturalismo o il massonismo, ha qui uno scopo facile da comprendere: fare che ciò che il Creatore ha elargito all’uomo per guardare unicamente in alto, sia rivolto unicamente in basso; padroneggiare ed esaltare un’arte che sia l’espressione delle concupiscenze che abbrutiscono ed animalizzano l’uomo; in luogo di proporgli e raccomandargli un’arte che sia l’espressione dei sentimenti elevati che nobilitano ed elevano la sua dignità. La materia in qualche modo spiritualizzata, era, per così dire, la formula dell’arte cristiana. Lo spirito abbassato quanto più possibile alle vili soddisfazioni della carne: ecco la divisa dell’arte naturalista. Cantare, dipingere, scolpire di modo che la poesia, il quadro, la statua o il monumento, siano come tante ali per mezzo delle quali l’uomo si elevi, al di sopra della sua condizione di esiliato, a gioie superiori, a sentimenti più nobili e, di conseguenza, ad un livello superiore nelle sue idee e nei suoi atti; tale sarà l’apostolato divino dell’arte che in qualche artista giunge ad essere una vera religione. Cantare, dipingere, scolpire, perché le immondizie della materia lusinghino ancor più i sensi, perché l’uomo trovi più gioia in ciò che lo avvilisce e lo imbratta, perché si getti più risolutamente nel fango; perché egli dimentichi ed anche detesti il cielo con la più cieca ostinazione: tale è l’apostolato satanico dell’arte empia e nemica di Dio. – da queste caratteristiche si riconoscerà facilmente a quale movimento obbedisca e quale luce, se celeste o infernale, si rifletta sulla fronte della maggior parte degli artisti del nostro tempo infame. Per il fatto che anche molto spesso allontani l’uomo da Dio, e lo degradi, l’arte moderna lascia chiaramente vedere quali siano il suo principio ed il suo spirito: se non è Dio, è certamente il suo nemico! La massoneria, che è questo nemico universale di Dio, organizzato, concentrato e costituito, per così dire, in una vasta congiura di forze nemiche di Dio, proclama, propaga ed incoraggia quest’arte avvilita e corruttrice che abbrutisce l’uomo, mentre che l’arte ispirata dalla fede cristiana tende costantemente a divinizzarlo: la musica, la letteratura, la pittura, la scultura sono nelle mani della massoneria e nelle mani di spiriti che essa ispira disgraziatamente, come tanti focolai ardenti di grossolana sensualità e di brutale concupiscenza che, dopo aver disseccato il cuore come una febbre bruciante, lo indurisce al punto che non potrà mai provare un sentimento più nobile. Con le emozioni della carne e dei nervi svaniscono nell’anima la gioia serena, pura ed entusiasta che produce in esso la vera bellezza. In luogo dell’estasi intellettuale artistica, si trova e si ottiene l’ebbrezza e l’eccitazione nervosa, che non è che l’imitazione e la parodia. Ditemi di grazia: non è questo più frequentemente il carattere dell’arte della nostra epoca? Non sono forse i suoi effetti manifesti e deplorevoli?

XXIII

Come si vede chiaramente l’applicazione di questa dottrina

nei piaceri moderni.

Giungiamo al termine di queste semplici considerazioni, che non sono certamente un enunciato di idee, e che richiederebbero, per essere sviluppate in modo conveniente, molto più dello spazio di quello che abbiamo potuto loro consacrare nell’insieme. L’applicazione più comune e più pratica di ciò che noi dicevamo nel precedente paragrafo sull’arte che ha subito l’influenza funesta della massoneria, si offre chiaramente ai nostri occhi nelle distrazioni o nei piaceri pubblici, e nella stampa, branca speciale della letteratura, che può e deve essere annoverata tra questi passatempi. Sì, i divertimenti pubblici e la stampa moderna sono generalmente oggi, un puro massonismo [e non c’erano ancora il cinema e la televisione! –ndt. -], vale a dire il prodotto dell’influenza massonica e nel contempo un mezzo per propagarlo ed estenderlo. Noi ne abbiamo la prova sottomano, e per comprenderlo, è sufficiente ricordare i principi che abbiamo enunciato in precedenza. Il massonismo non è null’altra cosa che il naturalismo; ed i divertimenti moderni e la letteratura contemporanea si sforzano, da molti anni, di essere esclusivamente naturalisti. Ne risulta che essi sono radicalmente ed assolutamente massonici e … massonizzanti, un effetto e nel contempo una causa molto attiva di questa orribile cospirazione di tutti gli elementi sociali contro il regno soprannaturale di Dio Nostro-Signore sulla creatura e sulla società umana. – Che il naturalismo sia assolutamente l’oggetto e l’ispiratore di tutto ciò che l’uomo scrive, canta o propone per il piacere dell’umanità, è innegabile a meno che non si sia ciechi o miopi nel costatarlo su ogni locandina teatrale, in ogni pubblicazione giornalistica circolante tra il pubblico, o in tutti i cartelli agli angoli delle strade. Attualmente, la materia non è più idealizzata come ai tempi in cui si credeva universalmente che essa fosse uno degli oggetti primordiali dell’arte, ma l’idea si materializza, si prostituisce, si avvilisce vergognosamente per essere un apparato seducente per l’uomo. Una gran parte, o meglio la quasi totalità degli spettacoli e della produzione letteraria del giorno sono delle cloache immonde, che non causano nausea a tutti gli stomaci, semplicemente perché questi hanno contratto anch’essi una deplorevole infermità, e sono diventati assolutamente carnali e grossolani. E non è solo la critica cattolica che formula questo giudizio e avanza questa condanna, i dottori del razionalismo contemporaneo stesso, nei loro frequenti intervalli di lucidità e nei momenti di sano apprezzamento costatano questo male, lo deplorano e lo stigmatizzano. Zola nel romanzo, Echegaray nell’arte drammatica, Sara Bernhart nell’ambizione plastica di quest’arte, sono tre tipi che possono personificare in pieno tre scuole che meriterebbero meglio il nome di “ignobile prostituzione”. Queste scuole regnano oggi e predominano quasi in assoluto, e come il sovrano Pontefice lo ha denunciato per la massoneria, esse esercitano sul gusto una influenza sociale che in qualche modo può definirsi un dominio. Si leggono queste produzioni e non si legge nessun’altra cosa! Si ascolta, si vede, si applaude tutto questo con furore, e non si ascolta, non si vede e non si applaude se non questo: ogni altro nutrimento artistico ed intellettuale diviene senza gusto ed insipido per i palati abituati a queste salse fortemente speziate. Ecco precisamente un campo nel quale la massoneria può gloriarsi di regnare anche su coloro che apparentemente sono i suoi più risoluti nemici. L’anima si spaventa alla vista delle numerose famiglie cattoliche, e sinceramente cattoliche, che con il favore del romanzo e dello spettacolo massonico, respirano, bevono e mangiano ogni giorno ed ogni notte, a dosi piene, il veleno del massonismo più sottile e più raffinato. Nelle letture, gli spettacoli, non si predica null’altro che l’odio dell’ordine soprannaturale cristiano, o quantomeno l’astrazione voluta ed affettata di quest’ordine. Questi uomini vanno formando insensibilmente i loro sentimenti, le loro idee ed i loro costumi su questi modelli naturalistici; essi si abituano a pensare, a sentire, a giudicare, a determinarsi secondo questo criterio; e alla fine essi si trovano ad essere, nel loro foro interiore, dei perfetti massoni di grado superiore, benché nella loro vita, essi non abbiano mai visto un triangolo, né portato grembiulini, né assistito ad alcun rito ufficiale della setta. Che importa tuttavia che essi non abbiano partecipato a riti esteriori, se la loro vita è interamente conforme al suo spirito, se essi sono diventati proseliti delle sue massime e delle sue usanze e se, così spesso, senza forse rendersene conto, ne sono divenuti dei campioni calorosi e zelanti? Questo non è tutto; qui il pregiudizio è tanto più grande ed il risultato più considerevole quanto più l’azione è segreta e procede da persone contro le quali si è meno in guardia. Così vanno oggi le cose; ed è ciò che spiega l’immensa influenza del massonismo scientifico, letterario, artistico e pratico nella società attuale. Noi abbiamo convenuto ingenuamente che non c’è massone che non sia passato attraverso le prove grottesche dell’iniziazione, quando in realtà il massonismo conta soprattutto sul prestigio e sull’influenza di coloro che non si sono mai sottomessi a simili cerimonie. A che cosa dunque servono questi riti simbolici? Queste logge misteriose? Questi clubs tenebrosi? Se si attribuiscono alla massoneria tutti i risultati ottenuti su molti degli infelici cattolici, questi vanno ben al di là delle loro speranze. Pertanto, e lo abbiamo detto già fin dall’inizio, e tale è l’oggetto vero del nostro presente lavoro, il massonismo è nella nostra epoca più pericoloso della stessa massoneria. Ci piace dirlo ancora: quest’ultima potrebbe ben indebolirsi ed anche sparire dal quadro delle istituzioni, mentre l’altro dimorerebbe e regnerebbe in modo assoluto e quasi esclusivo, così come oggi la cosa comincia disgraziatamente a delinearsi.

EPILOGO

Eccoci giunti, conformemente al piano che abbiamo tracciato, al termine delle nostre considerazioni sul massonismo ed il Cattolicesimo. Noi ci fermiamo qui, senza far posto a mille altre questioni che si presentano in questo momento sotto la nostra penna e che ci renderebbero interminabili su questo soggetto. Ci sembra del resto che noi abbiamo sufficientemente provato la nostra tesi, cioè l’aver dimostrato l’opposizione radicale ed assoluta che esiste tra il massonismo ed il Cattolicesimo, mostrando successivamente la soluzione opposta che essi danno a tutti ed a ciascuno dei problemi filosofico-sociali che si agitano oggi in Europa. Non resta più da ascoltare su questo soggetto che la voce più autorevole di tutte, cioè quella del Dottore supremo che, dalla suo soglio di Roma, ci ha parlato con tanta precisione e chiarezza nella sua celebre enciclica Humanun Genus. Non ci resta che ascoltare la voce della massoneria alfine di decidere come catalogare per nostro conto questi cattolici più ciechi e più ostinati, che non ha potuto convincere nemmeno l’oracolo universale del Vaticano, e che hanno bisogno, per uscire dalla loro strana perplessità, della decisione più autorizzata forse da satana stesso: noi vogliamo parlare dell’oracolo delle logge. Sì, questo oracolo ha pure parlato, ha reso omaggio alla verità delle affermazioni pontificie, a vergogna di tanti pretesi cattolici che si ostinano a tacciarle di esagerazioni e di pessimismo. Sì, è la mano ufficiale della massoneria che ha scritto in uno dei suoi bollettini più autorevoli (Bulletin Maçonnique de la grande Loge symbolique Écossaise), le seguenti frasi di una spaventosa esattezza. Tutti i nostri lettori vi vedranno la sintesi e nello stesso tempo la conferma di tutto ciò che abbiamo scritto su questo soggetto: « la franco-massoneria – viene detto – non può fare a meno di ringraziare il sovrano Pontefice, Leone XIII, per la sua ultima Enciclica che, con una autorità incontestabile ed una grande abbondanza di prove, viene a dimostrare una volta in più, che esiste un abisso insormontabile tra la Chiesa, di cui egli è il rappresentante, e la rivoluzione, della quale la massoneria è il braccio destro. È bene che coloro che sono esitanti cessino di riporre vane speranze di conciliazione. Bisogna che tutti si abituino a comprendere che è giunta l’ora di optare tra l’ordine antico che si appoggia sulla rivoluzione, e l’ordine nuovo che non riconosce altri fondamenti che la scienza e la ragione umana: tra lo spirito di autorità e lo spirito di libertà. » [Fine. Leggi l’enciclica in: UN’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE IL MODERNISTA APOSTATA DI TORNO … e pure il masso-illuminato dell’«ECCLESIA»: Hunanum genus/exsurgatdeus.org]

 

F. Sarda Y Salvani: MASSONISMO E CATTOLICESIMO -2-

Sarda y Salvany: Massonismo e cattolicesimo -2-

VIII

Il concetto intrinseco e fondamentale del massonismo e la sua opposizione essenziale al cattolicesimo sono posti in una luce più ampia.

Il massonismo non differisce dal naturalismo; ed il naturalismo, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, è la negazione della caduta originale dell’uomo, della sua riabilitazione mediante Gesù-Cristo, e di conseguenza dei diritti individuali e sociali sulla creatura che Egli ha riscattato. Il massonismo non è, come pensano taluni, l’ateismo puro, benché come conseguenza logica, esso conduca là; non è parallelamente né la demagogia né il socialismo, benché per sua inclinazione naturale, conduca infallibilmente la società ai suoi estremi. Esso non è niente di tutto ciò. Il massonismo si sforza di mantenersi nella sfera abitata dai conservatori onesti e saggi a modo loro: esso vuole che la società riposi sui suoi fondamenti; esso è partigiano dell’ordine, dell’equità, del mutuo rispetto delle classi e degli interessi; solo esso vuole tutto questo ma senza Gesù-Cristo, senza il Cristianesimo, completamente fuori dall’atmosfera cristiana. Questo è un problema difficile, ben più, insolubile, perché dopo che la rivelazione cristiana si è compiuta, è impossibile sottrarvisi senza cadere nell’abisso della più orribile anarchia individuale e sociale. Le cose oggi non sono più quelle che erano prima della venuta di Gesù-Cristo. La società o gli individui che non sono stati cristianizzati, possono certamente mantenersi in un certo stato di onestà naturale di cui la storia ci offre qualche raro esempio; ma la società in cui gli individui che hanno conosciuto il Cristo ed in seguito l’hanno rinnegato, non possono, per un giusto castigo del cielo ed in virtù delle inflessibili leggi della logica, evitare di cadere negli abissi profondi della più abietta empietà, del più ripugnante satanismo. È quel che insegna la storia e che dimostra l’esperienza di tutti i giorni. È la ragione è facilmente comprensibile. Colui che non ha conosciuto Gesù-Cristo e non ha alcuna idea della sua rivelazione, può non essere cristiano; questo è un male considerevole, ma non il peggiore di tutti i mali. Ma l’aver conosciuto il Cristo e la sua rivelazione ed in seguito apostatare, non è nulla meno che l’anticristianesimo deliberato e volontario. Tra questi due stati c’è la stessa differenza che intercorre tra la semplice ignoranza della verità e la guerra aperta e dichiarata verso questa stessa verità. Tale oggigiorno è la situazione della massoneria, o meglio, del massonismo. Il suo obiettivo è l’organizzazione di un ordine sociale senza il Cristo; ma per la forza delle circostanze, si vede nell’obbligo di organizzare un ordine sociale contro il Cristo. Esso vorrebbe semplicemente una società non cristiana, secondo il modello di taluni popoli dell’antichità; ma esso giunge invece ad una società anticristiana o satanica. Per parlare più chiaramente, il naturalismo ha potuto un giorno non essere altro che l’assenza più o meno colpevole del sovra-naturalismo; oggi, per forza di cose, il naturalismo non può essere che l’anticristianesimo. Il Papa nella sua celebre enciclica “Humanum genus”, percorre le diverse sfere dell’ordine sociale in cui il massonismo, oggi dominante, lascia vedere più chiaramente la sua influenza naturalista o anticristiana. Sulla sua sequela ed alla luce dei suoi dotti insegnamenti, noi speriamo di mettere queste verità alla portata di coloro che non hanno mai discorso su queste materie, riducendole ai punti seguenti:

La religione,

Lo stato,

La famiglia,

La proprietà,

L’educazione,

L’insegnamento scientifico,

La beneficenza,

Le lettere e le arti, i divertimenti.

Sono invero tanti i problemi in cui si manifesta francamente oggi l’opposizione che esiste tra il criterio massonico ed il criterio cristiano, e del quale la semplice indicazione suppone un programma di studi che comporterebbero non solo qualche breve capitolo su di una rivista popolare, ma volumi e volumi. Quantunque sia, noi pensiamo tuttavia che facendo notare come, su ciascuno di questi punti, al “si” massonico si opponga sempre il “no” cristiano, e reciprocamente, potremo chiarire per un gran numero di lettori certi dubbi che potrebbero derivare relativamente all’universalità ed alla preponderanza del massonismo all’epoca nostra; ed essi vedranno quanto sia vero ciò che noi diciamo recentemente, che cioè: un gran numero di persone che credono, forse in buona fede, di aborrire cordialmente il massonismo e la massoneria, al contrario pensano, parlano, decidono ed agiscono “massonicamente”. È questa una osservazione che non lasceremo mai di ripetere, e che l’estrema pazienza e bontà dei nostri benevoli lettori ci permetterà talvolta ancora di ricordare: perché, non dubitino, è la che si trova il segreto dei nostri mali presenti e della formidabile oppressione che esercita su di noi la tirannica massoneria.

IX

L’opposizione radicale che esiste tra il massonismo ed il cattolicesimo nel modo di intendere il concetto della religione.

Così noi andiamo ad esaminare ad uno ad uno i principali punti sui quali si manifesta la contraddizione essenziale esistente tra la soluzione cattolica e la soluzione massonica. È il mezzo più pratico di mostrare, anche a coloro che sono meno versati in questo genere di studi, quanto sia profondo l’abisso che separa il massonismo dal Cattolicesimo, e più di tutto ciò che c’è di formalmente massonico in un gran numero di idee che professano oggi, senza il minimo scrupolo, taluni uomini che non di meno vogliono farsi passare per onesti cristiani. Il primo problema che si offre all’intelligenza umana, è quello della Religione, o per meglio dire: questo problema racchiude tutti gli altri. Ma noi qui vogliamo unicamente parlare di religione in ciò che l’uomo ha l’obbligo di conoscere di essa; ed è inteso che, parlando di religione, noi non abbiamo da considerare se non la sola vera, la religione Cattolica, apostolica, romana. Stabilito questo, noi andiamo a vedere che il “si” o “no” del contraddittorio del criterio massonico e del criterio cattolico hanno lo stesso punto di partenza. Il massonismo sostiene che la religione è una questione puramente individuale e che riguarda il foro interno di ciascuno; che l’uomo è libero di servire ed adorare Dio nel modo che gli sembrerà il migliore, e che nessuno può essere obbligato o costretto da un altro a praticare questi o quegli atti di religione. Tale è il fondamento sul quale il massonismo stabilisce la sua teoria della libertà assoluta dei culti, che è per esso il primo dei pretesi diritti dell’uomo, il più sacro ed il più inviolabile dei diritti. Così infatti tutti i legislatori moderni, ispirandosi a questo criterio massonico, hanno iscritto in prima linea questo diritto fondamentale, che è stato denominato, con nome sonoro e pomposo, di libertà di coscienza. Il Cattolicesimo sostiene al contrario, che questa libertà di coscienza non esiste; che la rivelazione di Gesù-Cristo è obbligatoria per l’individuo, così come per le nazioni, che l’uomo libero non ha il diritto di vivere al di fuori della fede o di professare delle opinioni che gli siano contrarie, senza fare di debolezza e rendersi disprezzabile; che se l’uomo deve avere incessantemente dei sentimenti di carità e di compassione per colui che si inganna in buona fede, egli deve essere perciò severo nei riguardi di colui che professa sistematicamente l’errore; che nelle società cristiane che vogliono vivere e governarsi cristianamente, è logico che gli attacchi contro la fede siano passibili di pene, come lo sarebbe l’attacco contro un’altra istituzione fondamentale qualsiasi di questa società, e che ugualmente, in queste società, non si può stabilire come base la libertà di coscienza, ma tutt’al più concedere una tolleranza più o meno larga che la si demarchi bene, per Dio! – o in virtù delle circostanze antecedenti e concomitanti, si trovi già stabilito e radicato il fatto di una diversità più o meno considerevole di opinioni in materia di religione. Ma questo fatto, quando realmente esiste, non può mai essere sanzionato come un diritto, ancor meno esser proposto ufficialmente come un progresso, ma ben al contrario, ci si deve sforzare di portarvi rimedio e di farlo sparire, come si farebbe per qualunque calamità sociale. La religione, presso il Cattolicesimo, non è una relazione libera tra l’uomo e Dio, una relazione che ciascuno possa regolare o determinare a suo gradimento. Altrimenti, bisognerebbe considerare come perfettamente legittime e gradite a Dio tutte le impurità, le oscenità e le prostituzioni di coloro che onoravano Venere e Adone nei templi di Cipro; tutte le crudeltà dei sacrifici umani che offrivano a Teutate gli antichi galli; gli orribili festini ove si servivano le carni dei prigionieri che gli Irochesi celebravano in onore della loro falsa divinità; l’immolazione dei genitori anziani che prescriveva ai Massageti una assurda pietà filiale; il sacrificio della vedova sulla catasta di legna nel rogo del marito, come esige il cerimoniale dei funerali in India, o le ecatombe spaventose con le quali il monarca sanguinario del Dahomey solennizza le sue feste. Se è giusto che l’uomo onori la Divinità a suo piacimento, si devono considerare queste mostruosità come lecite, giuste e gradite al Cielo, e colui che vi partecipa non merita più del castigo di quest’altro che predica la falsa Bibbia, o di chi pratica le meraviglie e gli incantesimi dello spiritismo. E il massonismo, o deve ammettere come logiche tutte queste assurdità, o convenire, mediante una rigorosa e razionale conseguenza, che non c’è altra maniera legittima di onorare Dio se non quella con la quale Egli voglia essere onorato, e che essendosi Dio Padre degnato di inviare il suo unico Figlio al mondo per insegnargli col suo esempio e la sua dottrina questo mezzo unico con cui essere servito ed onorato, sarebbe una rivolta contro Dio e contro il suo Cristo, il ricorrere ad altri mezzi, o insegnare che l’uomo è libero di determinare il suo criterio religioso, qualunque esso sia, in opposizione al criterio rivelato dal Figlio di Dio; soprattutto dopo che quest’ultimo ha sigillato il suo Vangelo con queste formali parole, espresse e decisive, che distruggono assolutamente ogni pretesa di libertà umana su questo punto: « colui che crederà e sarà battezzato, sarà salvato; ma colui che non crederà, sarà condannato » [“Qui crediderit, et baptizatus fuerit, salvus erit; qui vero non crediderit, condemnabitur”. Marc, XVI, 16]. Si veda dunque di cosa si fanno eco tutte queste disgraziate vittime dell’illusione che sostiene oggi l’assurda e fallace teoria massonica secondo la quale la religione è una questione libera e puramente interiore, e ciascuno è capace di servire ed onorare Dio a suo modo. È inutile far notare che coloro che pretendono di servire ed onorare Dio liberamente, hanno l’abitudine di non servirLo ed onorarLo affatto in alcun modo, e di non ricordarsi affatto dell’esistenza di Dio. Se si pretende che nessun altro all’infuori di Dio possa giudicare gli atti interiori che non si producono in alcun modo all’esterno, si dice allora la verità, ma una verità di La Palisse [ovvia]: perché se questi fatti sono puramente interni e non producono alcunché all’esterno, essi sono assolutamente occulti, ed è chiaro che essi non cadano e non possono cadere sotto nessuna giurisdizione che non sia la giurisdizione diretta dello stesso Dio, il solo che vede le cose nascoste. È per questa ragione in questo senso che si dice che la Chiesa stessa non può giudicare degli atti puramente interiori; ma questo non vuol dire che tali atti siano liberi. Dio può giudicarli, ed in effetti li giudica in modo terribile; e la Chiesa può imporli come regole, come regole severe, benché non le appartenga propriamente giudicare altrove, se non al tribunale della misericordia, il fedele che viene ad accusarsi.

X

Un altro punto sul quale il massonismo ed il Cattolicesimo sono radicalmente opposti l’uno all’altro, è la maniera di considerare lo Stato civile.

Se esiste un’opposizione radicale tra il massonismo ed il cattolicesimo nel loro modo di apprezzare i rapporti diretti dell’uomo con Dio, ciò che costituisce il problema religioso, la loro opposizione non è meno radicale nel loro modo di esprimere l’idea che essi si fanno dello Stato civile, ciò che costituisce un altro punto egualmente importante. Lo Stato per il massonismo, è indipendente, sovrano, senza altro freno né soggezione che le proprie leggi, che non possono essere emanate da altra autorità che non sia la sua. Lo Stato, massonicamente parlando, è il principio di tutto ciò che costituisce la vita sociale, la fonte dell’autorità, l’autore del diritto, l’istitutore della famiglia, il fondamento della proprietà, il direttore unico dell’insegnamento: in una parola, in qualche modo, è un Dio. Lo Stato, secondo l’espressione paradossale e storica di Rousseau, è il principio di tutte le insanie liberali moderne; esso è come la risultante delle volontà di tutti i cittadini, e pertanto in tutta la sua onnipotente entità, esso rappresenta il diritto libero di tutti, e mostra, per mezzo del suffragio universale, che è la libera volontà dei suoi membri. – E ciò che la maggioranza dei suffragi dichiara buono, è buono; ciò che dichiara come vero, è vero; e non esiste, né in cielo né in terra, alcuna regola superiore a quella, e le sue decisioni sono senza appello. Da questo risulta praticamente che questa indipendenza assoluta dello Stato si trasforma, per tutti coloro che sono sotto la sua dipendenza, in una servitù la più odiosa e degradante. Il dio-stato, in possesso di tali attribuzioni, è un despota orribile, che detta con una brutalità senza uguali le sue leggi capricciose e le impone secondo il suo beneplacito, senza altra forza né prestigio che quello che gli danno la frusta e la sciabola che esso brandisce al di sopra della massa abbrutita. Da lì, per effetto di una reazione naturale della dignità umana, vi è come conseguenza, nel popolo, una continua rivolta contro questo genere di autorità umana divenuta odiosa, e da tutte le labbra sfugge spontaneamente questa esclamazione celebre di un poeta: « chi ha costituito l’uomo giudice dell’uomo? » Perché in effetti, se colui che deve comandarmi e giudicarmi in questa vita non mi comanda e non mi giudica in virtù di un principio che sia superiore a lui e a me, in virtù di quale diritto quest’uomo mi comanda e mi giudica? Questo non può essere per il solo fatto brutale che sia più forte di me. Tale è il fondamento della teoria massonica sui diritti dello Stato ed i doveri del cittadino. Esaminiamo ora l’insegnamento cattolico sul medesimo soggetto. – Il Cattolicesimo insegna che l’uomo è stato creato da Dio per vivere in società, e con tal mezzo ottenere il suo fine eterno. L’organizzazione sociale non è dunque il risultato di un patto o di una convenzione tra i membri di una società come lo ha falsamente preteso Rousseau, ma è l’effetto della volontà di Dio, che ha creato l’uomo per questo fine, e non per altro. La società è dunque divina nel suo fine e nel suo principio. Ed essendo così, le sue basi fondamentali, di cui la prima è l’autorità, sono ugualmente di diritto divino. È così che ogni autorità legittima è di diritto divino. Coloro che si burlano del diritto divino, suppongono falsamente che il Cattolicesimo non lo riconosca che come l’aureola sacra della regalità. Non c’è nulla di più falso. Per la Chiesa, ogni autorità legittima è di diritto divino, che questa autorità sia regale, aristocratica, democratica, o mista. Per la Chiesa, colui che comanda legittimamente non comanda mai né in nome suo, né in nome del popolo; egli comanda sempre in nome di Dio, che solo può autorizzare un uomo a comandare su di un altro uomo suo eguale. Da ciò risulta, come conseguenza di questo divino insegnamento, che colui che comanda, chiunque sia, non è, in questa prerogativa di comando, nessun’altra cosa che il ministro o il rappresentante di Dio, « il ministro di Dio per il bene », come dice San Paolo (Dei minister in bonum, – Rom. XIII, 4), e che non può comandare legittimamente secondo il suo umore o il suo capriccio, ma seguendo le leggi della retta ragione e della rivelazione, precedentemente stabilite. E risulta ancora da questo che colui che governa debba essere il primo a venir sottomesso alle leggi che egli si è incaricato di applicare, supponendo che il rigore non lo abbia fatto con le leggi da se stesso, ma che non abbia fatto che promulgare e prescriverne l’osservazione, considerandole come una semplice applicazione pratica di un’altra legge più elevata, di cui egli si riconosce come il primo e più fedele vassallo. E così, nello stesso tempo in cui si trova applicato il carattere dell’autorità, che acquisisce una sorta di divino riflesso, l’obbedienza si trova parimenti elevata ed nobilitata, poiché in definitiva risulta che essa si applica non secondo il capriccio dell’uomo, ma per un ordine emanato da Dio. – L’insegnamento della Chiesa su queste verità di diritto pubblico cristiano è talmente formale, che se un legislatore o governo comanda, non secondo la legge di Dio, ma secondo il proprio capriccio o secondo il suo buon piacere, essa permette di dargli il nome di “tiranno”, ed essa vuole che, se prescrive qualcosa di opposto alla legge di Dio, non si sia affatto obbligati ad obbedirgli. È così che la dottrina cattolica garantisce con eguale saggezza sia i diritti dell’autorità che quelli della libertà, e risolve con questo il problema complicato delle relazioni tra il capo ed i soggetti, problemi che le costituzioni massoniche moderne si sforzano invano di risolvere dopo tanti anni, e che ogni giorno di più si aggravano. Discorrono dunque parlando da massoni e non da cattolici, coloro che dicono che bisogna curvare la testa davanti ad ogni ordine arbitrario dello Stato, anche a dispetto dei diritti della coscienza cristiana; coloro che professano il principio insensato della sovranità nazionale, e quest’altra insania che tutti i poteri emanano dalla nazione; e quest’altra stupidaggine che pretende che il re ed il parlamento possano tutto, eccetto che fare di un uomo una donna. E discorrono e parlano massonicamente coloro che, nei casi dubbi, in presenza di una legge unica e vessatoria si traggono dall’imbarazzo dicendo: « è una legge dello Stato », come se dopo questo, non vi sia nient’altro da esaminare. Noi sappiamo che, contro questa teoria assordante dello stato-Dio, si sia immaginato recentemente un sistema di contrappesi, basato sulla teoria dei diritti individuali del cittadino, diritti imprescindibili e non soggetti all’azione della legge. Ma siccome la base di questi pretesi diritti individuali non è altro che il puro razionalismo, senza altra legge o regola superiore se non la volontà dell’uomo che deve esercitarli, ne risulta, in senso inverso, lo stesso inconveniente. Con questa brillante teoria si verrebbe a sostituire al dispotismo governativo, l’oligarchia popolare che è, in fin dei conti, il dispotismo delle folle che conduce sempre all’oppressione della minoranza e dei più degni, da parte della moltitudine e dei più audaci. E tutto questo per non ammettere nella società civile un moderatore divino, una legge superiore all’uomo, un Principio soprannaturale! Tutto questo per volere stabilire la società sul naturalismo, emanazione infernale della massoneria!

XI

Come differiscono il massonismo ed il cattolicesimo in ciò che concerne la costituzione della famiglia.

L’opposizione non è meno evidente tra le dottrine che professano il massonismo ed il cattolicesimo rispetto alla costituzione della famiglia. E non potrebbe essere altrimenti, dato che la famiglia è l’elemento sociale per eccellenza, e che è a questo elemento più che a tutti gli altri che deve essere applicato dalla Chiesa il criterio soprannaturale, e dalla massoneria il criterio naturalista o secolarizzante. La massoneria insegna che l’atto costitutivo della famiglia, che è il matrimonio, non abbia assolutamente nulla e che vedere con Dio e con la Religione. L’uomo, essa dice, si unisce alla donna, perché la comunità di natura li chiama a questa unione, di cui alcuna legge divina deve regolarne le condizioni. Ma poiché questo è grossolanamente bestiale per essere accettato senza protesta da parte del genere umano, che malgrado tutto si riconosce superiore in qualche cosa ai cani ed ai cavalli, la massoneria ha inventato, per colore e per rendere meno ripugnante queste unioni senza l’intervento di Dio, una certa falsa sanzione, che è per quanto possibile una imitazione della verità, e che essa ha decorato con il nome di “matrimonio civile”. Così non è più Dio ma lo Stato che si attribuisce il diritto di sanzionare l’unione legale dei due sessi, di prescriverne e determinarne le condizioni. L’assurdità di una tale unione è così evidente, che è sufficiente esporla perché il più cieco la comprenda. Spogliando il matrimonio della sua sanzione divina e soprannaturale, non gli resta che una sanzione umana, che per quanto rispettabile possa essere, non lascerà di essere sempre umana, di procedere dal re o dal parlamento, o dai due insieme. La legge umana non può dunque dare a questo contratto di matrimonio una forza maggiore di quella che da agli altri contratti civili che essa autorizza o instituisce. Ebbene, negli altri contratti, la legge non può imporre altri obblighi che quelli che i contraenti vogliono imporsi; ed anche ognuno di essi può aggiungere al contratto le condizioni, restrizioni o riserve, che stipulano d’accordo con l’altra parte contraente. Il matrimonio resta dunque ridotto alle condizioni di un qualunque contratto, o meglio di un semplice “traffico” secondo una espressione che non è senza grazia, di un ingegnoso scrittore. In questo “traffico”, al quale le parti interessate sono libere di aggiungere o togliere le condizioni che detta loro la libera volontà, non è di conseguenza, non è che più o meno l’annullamento completo della legge coniugale, una vera abolizione del matrimonio [“il contratto della vacca”]!. I massonizzanti obiettano che è precisamente per la conservazione di questo legame che è stata stabilita la legge; che nessuna unione ha effetti civili e di sanzione più garantita e quindi di formalità legali che il suddetto matrimonio civile. Vana osservazione! Innanzitutto è un capriccio dispotico della legge volere intervenire, in nome del solo uomo, in un contratto come questo, imponendo delle leggi così assolute, mentre si lasciano tutti gli altri contratti alla libera e sovrana disposizione dei contraenti. La logica è nell’uomo più potente che un articolo di legge; e quando questo articolo è illogico e sconclusionato, allora la legge perde la sua forza e la sua autorità, nel pensiero di coloro che devono rispettarla. Così nel caso presente, la legge ad esempio prescriverà, opportunamente e ragionevolmente, che un uomo non possa sposarsi che con una donna, che questa unione sarà indissolubile, e che non possa contrarsi con questo o quest’altro grado di parentela. Tuttavia, poiché essa non prescriverà tutto ciò in virtù di un principio superiore, di una legge superiore, di una legge divina, ma perché così è sembrato buono al legislatore monarchico o democratico, cioè a giudizio di un uomo, ad un certo momento, un comune cittadino, anch’egli uomo come colui che ha proclamato questa legge, dirà: « Se due donne acconsentono a vivere con me in un onesto matrimonio, non lo possono fare? E se una o più donne [oggi pure uomini, e un domani forse anche delle bestie! –ndr.-] contraggono con me questa unione, e conveniamo tra noi tre che questo contratto non sarà valido per un certo tempo, riservandoci il diritto di rinnovarlo o dissolverlo ogni anno, ogni cinque anni, o ogni mese, o in ogni istante, perché non lo possiamo? E se vogliamo contrarre questa unione con i nostri cugini, nipoti, zii, ed anche con i nostri fratelli, chi potrà impedirlo? In cosa i diritti di altri sarebbero lesi? Quale legge generale sarebbe violata? Non si è visto all’inizio del mondo, queste unioni contrarsi necessariamente tra i parenti più ravvicinati? La poligamia non è stata in diversi popoli una legge generale? E dopo tutto, perché queste cose siano possibili, non è sufficiente che gli interessati lo vogliano, senza pregiudizio per terzi? Se si ritiene inutile l’intervento di Dio nel contratto coniugale, perché comparire davanti al sindaco o il giudice? Se il matrimonio è una pura funzione umana, non è sufficiente all’uomo ed alla donna usare del loro rispettivo umano diritto per essere uniti? Così può ragionare ogni Cittadino contro la legge massonica; e la legge massonica non può rispondere a questa argomentazione che deriva dal semplice buon senso. Ma quando anche la legge umana trovasse tanta forza morale ed un diritto sufficiente per dare una sanzione conveniente ad un atto così grave come quello in questione qui, è certo che oggi la legge umana, precisamente perché si è privata del suo fondamento che è la legge di Dio, non è sicura essa stessa di ciò che prescriverà domani, in opposizione a quanto essa prescrive attualmente. Spieghiamo ancora il nostro pensiero. Il voto di un parlamento ha stabilito oggi che l’uomo e la donna sono legittimamente sposati con la sola formalità della loro dichiarazione davanti al sindaco o al giudice, in tal modo che essa è oggi matrimonio, perché lo ha stabilito così il voto di un parlamento. Di conseguenza, domani non sarà più lo stesso, se un nuovo voto del parlamento decide diversamente. Così la formalità augusta del legame coniugale, base della famiglia, dipenderà sempre da una maggioranza di deputati che avranno stabilito che il matrimonio debba essere considerato come stabilito in questo o quest’altro modo. Questa maggioranza potrà decretare che il legame che unisce l’uomo e la donna non è individuale, ma sia possibile la poligamia o la poliandria, e tale sarà la legge, se decide in tal modo; essa potrà votare che il contratto matrimoniale sia temporaneo e non più perpetuo, e questa legge dipende dal loro voto; esso potrà stabilire ancora che gli sposi possano divorziare a richiesta dei due coniugi o di uno di loro, come stanno per fare i rivoluzionari francesi, e tale sarà la legge, in ragione del loro voto! Ed in virtù di un criterio razionalista e massonico, la giurisprudenza più scrupolosa non potrà opporvisi per nulla. Che si voglia costatare se sia si o no, è certo che la pretesa istituzione del matrimonio civile, provochi radicalmente con essa la distruzione di ogni vero matrimonio, e che non sia niente altro che una maschera sotto la quale si nasconda momentaneamente per confondere il popolo che non vede dove lo si vuole veramente condurre. È qui necessario mettere in opposizione con gli odiosi insegnamenti della massoneria sul matrimonio, la dottrina della Chiesa cattolica sul medesimo soggetto? Non credo, tutti i nostri lettori la conoscono sufficientemente. La Chiesa Cattolica insegna l’istituzione divina del matrimonio, considerata sia nel Cristianesimo, sia fuori da esso. Fuori dal Cristianesimo, prima della sua apparizione e nei paesi dove non ancora è brillata la sua luce divina, l’uomo e la donna si uniscono non in virtù di un diritto che conferisce loro lo Stato, secondo delle formalità prescritte dalla legge civile, ma in virtù di un principio di ordine superiore stabilito da Dio all’inizio del mondo, quando ha detto: « l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua sposa, ed essi saranno una sola carne ». Così, al pari della legge naturale, è la sola volontà dei contraenti che costituisce davanti a Dio il matrimonio; tutt’al più interviene l’autorità del padre di famiglia a benedire e sanzionare questa unione. Nelle religioni positive, pur tra tante grandi stravaganze, è sempre la Religione che si presenta per autorizzare e consacrare il matrimonio. Il Cristo l’ha elevato alla dignità di Sacramento, ed ha dichiarato che esso è il simbolo della mistica unione che esiste tra Lui e la sua Chiesa; e dopo averlo così elevato, ha lasciato alla sua Chiesa la cura di determinarne le regole e le circostanze, di garantirne l’unità e la perpetuità, sottraendo queste leggi al capriccio incostante degli uomini ed alla instabilità delle leggi umane, spesso così capricciose quanto gli uomini dai quali esse emanano. Che si dica ora se il massonismo ed il Cattolicesimo non siano in opposizione radicale relativamente al loro rispettivo concetto del matrimonio! Che si dica ancora quale dei due principi pervenga meglio ai fini sublimi del matrimonio, dell’onore della donna, alle prerogative ed alla dignità umana!

XII

Opposizione radicale tra il massonismo ed il cattolicesimo nel loro modo di considerare i diritti della potestà paterna.

Il massonismo insegna ancora delle mostruosità le più enormi relativamente alla famiglia; esso non si contenta di insegnarle, le mette in pratica. È questa una conseguenza del modo di organizzare unicamente “al civile” questa istituzione fondamentale, e dell’assurdo principio che ha prevalso e secondo il quale la famiglia è una creazione della legge civile, da cui essa trae la sua esistenza e la sua forza. Il massonismo fa ancora un passo in più: esso afferma infatti che tutti i diritti che nascono dal matrimonio non sono, secondo il suo pensiero, che una creazione dello Stato, e sono unicamente sottomessi allo Stato. Da ciò risulta che il primo e principale di questi diritti familiari, quello conosciuto con il nome di “potestà paterna”, non appartenga ai genitori che in virtù di una concessione supposta dalla legge civile, e nella forma e secondo la misura che le piace accordare. Da qui nasce il diritto che si arroga lo stato massonico sull’educazione, che esso decora pomposamente con il nome di “educazione obbligatoria”, e che è uno dei punti essenziali del programma che la massoneria annuncia e prepara per l’avvenire. Così il padre e la madre, secondo questo orribile sistema, dando la luce ai propri figli, esercitano non una funzione naturale, bensì una funzione sociale, questi figli appartengano loro per conto dello Stato che, in qualche modo, è il loro supremo signore, per cui i figli stessi sono dello Stato, prima di essere dei loro genitori: lo Stato ha giurisdizione su di essi ancor prima dei genitori. Questo è un despotismo orribile, che trasforma le famiglie in semplici centri di allevamento ad uso di questo feroce tiranno, maestro di tutta la gioventù: dispotismo brutale e disumano, che si è proposto come un nuovo dogma rigeneratore dell’umanità all’epoca della rivoluzione francese, e che dopo di essi è stato, in modo più o meno dissimulato, il fondamento obbligato di tutte le legislazioni ispirate dalla massoneria. – E tuttavia questi principi sono falsi, mostruosamente falsi, contrari ad ogni diritto positivo e naturale. La famiglia non è una creazione dello Stato. Al contrario, si potrebbe con più ragione dire che lo Stato è una creazione, un’amplificazione della famiglia, perché non si concepisce lo Stato senza delle famiglie già esistenti, raggruppate o ingrandite per costituirlo. I diritti della famiglia non vengono dunque per concessione dello Stato, e non è lo Stato che conferisce ad un padre la sua autorità paterna; tutt’al più la riconosce e ne regola l’esercizio. È dunque una menzogna, una grossolana menzogna, dire che i figli appartengano allo stato prima di appartenere ai genitori, e che essi li danno alla luce per conto dello Stato per cui questi ne possa disporre a suo buon grado, a sua volontà e piacimento. Di conseguenza, il principio sul quale si fonda l’educazione obbligatoria è parimenti una menzogna: lo Stato non può obbligare il padre ad allevare suo figlio in questa o quella maniera, o impedirgli di allevarlo a suo gradimento, secondo le regole o le condizioni che gli impone la sua coscienza, in accordo con un’altra Legge più elevata. È dunque una tirannia contro natura, inumana, antisociale ed antireligiosa, pretendere di imporre ai popoli questo modo di considerare l’istituzione domestica nei suoi principi e nei suoi diritti essenziali. – Non è così che la Chiesa l’intende; al contrario, Essa che viene accusata di opprimere tutte le libertà, è in questo, come in tutto il resto, la guardiana zelante dei diritti della vera libertà. Essa insegna che i padri hanno dei figli che vengono loro da Dio, che li ha costituiti padri unicamente allo scopo più nobile di procurare a Se stesso nuovi servitori e nuovi eredi del suo Cielo, ed anche allo scopo di dare alla patria dei buoni ed onesti cittadini. La Chiesa riconosce al padre e alla madre il diritto ed il dovere di allevare i loro figli per questo fine supremo; ma Essa è gelosa dei diritti della libertà naturale, al punto tale che se un padre ed una madre non appartengono per battesimo alla sua giurisdizione, essa si considera impedita nell’intervenire nell’educazione del fanciullo, fino a che egli non abbia raggiunta l’età di agire e pronunziarsi secondo la propria coscienza. È così che è severamente proibito battezzare i figli degli infedeli contro la volontà dei loro genitori, eccetto quando uno di essi almeno sia soggetto alla Chiesa per Battesimo. La Chiesa considera come un attentato contro il diritto naturale l’educazione di un figlio minorenne nella Religione Cristiana contro la volontà espressa di suo padre e di sua madre non battezzati. E più tardi, quando il figlio è giunto alla sua maggiore età, la Chiesa non lo ammette alla professione religiosa senza il permesso dei genitori, quando essi hanno bisogno dei loro figli per sovvenire a qualche loro fabbisogno; e non è che nel caso in cui il rifiuto dei genitori sia assolutamente irragionevole e senza fondamento, o perché questa presunta necessità non esista, che il figlio maggiorenne è ammesso nella Chiesa per abbracciare lo stato religioso senza il permesso dei genitori. Con quale delicatezza quindi la Chiesa rispetta tutti i diritti naturali! Essa li rispetta infinitamente più che il naturalismo, che non è che la contraffazione del vero diritto naturale, come il liberalismo è la contraffazione della vera libertà, ed il razionalismo è la contraffazione di tutto ciò che è veramente ragionevole. Tuttavia, o cecità! Le legislazioni che si sono ispirate a questo principio cristiano, sono chiamate tiranniche ed oppressive della dignità umana; le si accusa di violare i diritti della natura, di profanare il focolaio domestico. E quelle, al contrario, dalla setta massonica, ispirate dal suo grossolano materialismo, sono proclamate libere, nobili, patriottiche, adatte ad elevare il cittadino. È così che si giunge direttamente a questa condizione ignominiosa ed abietta della famiglia, nella quale i figli non sono che una “cosa” della nazione, “carne da macello” a disposizione del capo supremo, se questo si impegna in imprese militari che renderanno il suo nome odioso; “materiale da officine”, se non ha lo spirito militare, ma lo spirito da burocrate, che domina la nazione. È là che ci conduce a passo da gigante la massoneria, man mano che il suo soffio infernale riesce a strapparci alla Chiesa. Essa emancipa l’uomo, è vero, ma strappandolo dal seno e dalle braccia di una Madre tenerissima, e per sottometterlo, mani e piedi legati, al regime della verga, unico scettro che possa convenire per governare una società caduta in sì profonda abiezione.

XIII

Quanto differiscono essenzialmente il massonismo ed il Cattolicesimo nei loro princìpi sulla proprietà.

 La proprietà è una delle altre istituzioni fondamentali della società che hanno subito l’azione distruttiva del massonismo. E doveva essere logicamente così: una volta distrutta o considerevolmente alterata la nozione di famiglia, quella della proprietà, che è tanto rassomigliante ad essa, doveva prima o poi avere una sorte analoga. Così il concetto massonico della proprietà, conformemente a ciò che abbiamo visto per il matrimonio, non è né più né meno che la distruzione della proprietà. Il massonismo considera la proprietà non come un diritto naturale dell’uomo, diritto anteriore alla sua condizione di cittadino, ma come una creazione del diritto civile, e pertanto subordinato in tutto alle disposizioni arbitrarie del dio-stato. È così che abbiamo visto lo Stato, per motivi di pura convenienza personale, dichiarare nulla la proprietà sacra appartenente ad una comunità, proprietà che riposa tuttavia sui diritti uguali a quelli della proprietà secolare e privata; ed anche fare delle leggi per la proprietà e ripartirne i carichi, così come per regolarne il godimento e la trasmissione, al punto tale che il proprietario è finito non essere nient’altro che l’amministratore dei suoi beni o una sorta di usufruttuario privilegiato. Tutto questo deriva dalla falsa nozione che si ha di questa verità, la più delicata dopo il matrimonio. Lo stato massonicamente costituito, benché non lo dica chiaramente, viene a costituirsi come il proprietario assoluto di tutti i beni dei cittadini, allo stesso modo di come si considera proprietario di tutti i loro figli. Con questo principio, esso annulla il sacro diritto della proprietà, secondo il suo beneplacito, così come ha distrutto già il diritto della Chiesa e delle comunità per mezzo della disammortizzazione; esso rende inoltre impossibile il libero uso di questa proprietà, uso che è essenziale, per mezzo delle leggi della disaggregazione (o espropiazione): per i più futili motivi, esso spoglia i cittadini contro la loro volontà, come frequentemente si vede oggi, per mezzo della facoltà sì largamente concessa della espropriazione forzata; senza parlare poi dell’arroganza con la quale tratta, come abbiamo costatato, le questioni dell’eredità e della trasmissione delle proprietà. Così lo stato massonico, senza professare apertamente il socialismo, che abbandona quanto alla forma ed al nome, non però quanto al fondo, ai demagoghi della strada e dei clubs; … senza professare, io dico, apertamente il socialismo, lo stato massonico è nel suo spirito, nei suoi fini ed in diversi suoi processi, perfettamente socialista. Si è al punto che se il socialismo puro e senza veli riuscisse un giorno a prevalere nella prassi, esso non avrebbe nulla da inventarsi per impiantare le sue orribili teorie; gli sarebbe sufficiente generalizzare i principi che il criterio massonico e liberale hanno precedentemente stabilito, e dedurne tutte le conseguenze logiche e tutte le applicazioni. – La dottrina del Cattolicesimo sulla proprietà è in assoluta contraddizione con tutto questo. Il Cattolicesimo riconosce la proprietà come un diritto naturale ed inerente alla personalità umana. Secondo il Cattolicesimo, l’uomo è proprietario così come socievole, come uomo, per natura, cioè per volontà espressa di Dio. Così anteriormente a tutte le legislazioni civili, l’uomo era già proprietario, nessuno poteva, ad esempio, spogliarlo del prodotto della sua caccia, o del frutto dell’albero che egli aveva piantato, o dell’opera delle sue mani. Le legislazioni civili non possono dunque spogliare arbitrariamente nessuno della sua proprietà; esse non possono fare altro che garantirne e regolarne l’esercizio, perché il cittadino goda dei suoi beni senza pregiudizio per gli altri. Ma esse non possono strappargli i suoi beni sacri ed inviolabili, come si è fatto nel nostro secolo con tante leggi ingiuste, che non sono, considerandole secondo i princìpi della morale e del diritto, che degli atti di brigantaggio legale. Questa nozione molto elevata della proprietà, deriva, come per l’autorità e la famiglia, dal considerarla non una creazione dell’uomo, bensì una istituzione divina; a questa nozione della proprietà di diritto divino, opposta a quella nozione menzognera della proprietà di diritto umano, il Cattolicesimo ha aggiunto la sanzione del settimo precetto del Decalogo, che più che la proibizione del furto, è in realtà una consacrazione del diritto di proprietà. Questo comandamento difende dal furto e dalla rapina, non solo ai soggetti particolari, ma pure agli Stati ed ai governi; ed è appoggiandosi ad esso che l’Antico Testamento maledice la memoria di questa regina Gezabele che si impadronì della modesta vigna del povero Naboth, e che la Chiesa ci offre nella storia dei suoi Vescovi, la grande figura di san Giovanni Crisostomo che si presenta coraggiosamente alla presenza dell’imperatrice Eudosia per esigere la restituzione di alcune monete ad una vedova sventurata, alla quale questa maestà imperiale le aveva sottratte. È così che la Chiesa intende il diritto di proprietà ed il settimo comandamento. La proprietà di diritto umano o di pura istituzione civile, come la intende e la pratica il massonismo, è sufficiente indicarlo qui, è esposta, relativamente alla sua sicurezza legale, agli stessi rischi e pericoli che abbiamo menzionato parlando del matrimonio. Se la proprietà è una pura creazione del diritto positivo umano, essa è soggetta, come quello, alle variazioni ed alle vicissitudini che possono provenire da un cambio di legislazione. E siccome la legislazione cambierà con il potere legislativo, quando, con qualche colpo di rivoluzione oggi assai probabili, il paese si lascerà imporre una camera legislativa composta da elementi socialisti, formando una maggioranza parlamentare, questa camera potrà votare semplicemente l’abolizione della proprietà, o la sua riorganizzazione secondo l’ideale del collettivismo, o semplicemente la sua ripartizione eguale tra tutti i cittadini, conformemente al sistema comunemente ammesso dai partigiani della teoria socialista. Una camera legalmente costituita può emettere un voto del genere, e nessuno potrà legalmente né impedirlo, né disprezzarlo; e non c’è giurisprudenza al mondo, stante i principi massonici, che possa tacciare questo voto di assurdità: essa deve riconoscere come perfettamente logica, soprattutto se una tale camera socialista ricordi, nelle considerazioni o nei preliminari di una sua legge futura, che una tale abolizione della proprietà non è una cosa nuova, ma che è stata già messa in pratica da alcuni anni, contro la Chiesa, senza il nome di disammortizzazione, e che grazie ad essa, si vedono figurare, come proprietari, un gran numero di coloro che sono oggi i detentori di questi beni. Io lo chiedo al giureconsulto più furbo, cosa si può rimproverare ad una tale legge, ammettendo le teorie massoniche? I poveracci che essa ha spogliato, potranno qualificarla come un attentato odioso e criminale, ma il popolo, la scienza ed il buon senso saranno forzati a chiamarla una legalità! Tale è la conseguenza dell’esclusione dell’idea di Dio dalle umane istituzioni. Non c’è alcuna di questa istituzioni che non resti come sospesa in aria, se gli si toglie il fondamento divino, perché l’ordine sovrannaturale è la condizione indispensabile dell’ordine naturale. Tutto ciò che concerne l’uomo, può, a prima vista, sussistere qualche tempo senza Dio, ma ben presto arriverà il languore e la morte. È così che un albero al quale abbiano tagliato segretamente la principale radice, non vede già nei primi giorni sfiorire i suoi rami; ma infallibilmente non tarderà a vederli disseccare e morire, privi della linfa necessaria. Bisogna inoltre notare che ciò che concerne l’uomo, senza cessare di essere soprannaturale e divino, può essere semplicemente umano, come abbiamo già detto in precedenza, a meno che non divenga francamente satanico. L’uomo non può vivere emancipato e senza avere un maestro, come sogna nel suo insensato orgoglio. Se si detronizza Dio, questo trono lasciato vacante sarà immediatamente occupato dal demonio!

XIV

Dottrina del massonismo e del Cattolicesimo sull’educazione pubblica.

Seguendo il programma che abbiamo tracciato per mettere in rilievo le divergenze essenziali delle dottrine che separano il massonismo dal Cattolicesimo, ci accingiamo a parlare in questo momento dell’educazione, che è uno dei punti sui quali esiste l’opposizione più radicale tra i criteri di ognuno di essi. Il massonismo ed il Cattolicesimo si trovano nello stesso tempo in presenza di un fanciullo ed essi convengono che questo ragazzo, oltre agli alimenti materiali che nutrono il suo corpo, abbia bisogno di un alimento morale che nutra il suo spirito; essi si accordano anche nell’ammettere che l’educazione è necessaria. Il Cattolicesimo vede nel fanciullo un essere che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza, ma un essere degradato, corrotto dal peccato originale, che ha fatto nascere in lui una moltitudine di germi che conviene combattere nonché delle cattive inclinazioni che occorre reprimere. È un campo in cui non si può sperare di raccogliere bei fiori o bei frutti se non quando non si sia gettata una buona semenza, che si dovrà irrorare in tempo conveniente, alla quale si attaccheranno costantemente delle erbe cattive da estirpare, in una parola: si dovrà coltiverà con estrema cura. – Se non dovesse essere così, egli non resterà sterile e senza vegetazione, ma produrrà in abbondanza dei frutti velenosi pieni di ogni genere di perversione e di malizia. E queste cure, che consistono nel mostrare a volte tenerezza e talvolta severità verso il bambino, talvolta nell’incoraggiarlo e talvolta nel fargli delle reprimende, costituiscono quella che nel Cattolicesimo si chiama “l’educazione”. Perché queste cure producano dei buoni risultati, la prima nozione da inculcare al fanciullo, è la legge morale, che egli deve rispettare, e la sanzione eterna di questa legge che deve sperare o temere secondo che l’osservi fedelmente o la violi. E siccome egli non può avere legge senza legislatore, né sanzione legale senza giudice che l’applichi, bisogna cominciare ad inculcare allo spirito del fanciullo l’idea di Dio, che è il Legislatore invisibile, la cui autorità dà la sua forza alla legge, ed il giogo che, mediante castighi o ricompense, procura l’osservanza della legge. Così con i consigli, le massime, gli esempi ed i soccorsi del suo organismo divino, che è la Chiesa, il Cattolicesimo crede di possedere il sistema di educazione migliore, il più perfetto ed il più ragionevole, il solo che permetta di dirigere il fanciullo fin dalla prima età, a dominare i suoi affetti ed i suoi sentimenti più intimi. Tale è l’educazione cattolica, basata interamente sull’ordine naturale. – Il massonismo procede in modo ben diverso, secondo il suo criterio grossolanamente naturalista. Esso prende il fanciullo, e comincia ad ingannarsi nell’idea fondamentale che se ne fa: esso lo considera non come un essere viziato dal peccato originale, ma come un essere perfetto, nel pieno possesso di se stesso, ed in tutta l’integrità della sua perfezione morale. Si domanda allora: se il bambino è perfetto e in lui non c’è nulla di vizioso o di sregolato, a cosa gli può essere utile l’educazione? A nulla assolutamente! La dove non c’è da combattere il germe cattivo e le tendenze colpevoli, ciò che si deve desiderare è che l’albero cresca secondo tutta la sua naturale esuberanza, senza che il ferro del giardiniere venga a tagliare alcuni dei suoi rami più rigogliosi. Converrà allora istruirlo, non allevarlo: che egli apprenda le lettere, i logaritmi, la geografia, la fisica, la chimica, la storia, la musica e la ginnastica, perché il maestro non si occupa di formare il cuore. Egli ha così tutto ciò di cui ha bisogno per il suo perfetto sviluppo. E seguendo questo processo, molto logico, dato che si parte dalla negazione del peccato originale, è inutile parlare al fanciullo di Dio o della Religione, e di tutto ciò che vi si riconduce: ecco come logicamente viene giustificato quel che si chiama “l’insegnamento laico”, novità che la massoneria si sforza da alcuni anni di introdurre nel nostro paese. I nostri lettori vedono allora chiaramente in cosa consista la differenza essenziale che passa tra il massonismo ed il Cattolicesimo nel modo di concepire i fondamenti relativi all’educazione? Il semplice buonsenso è sufficiente a portare su questo punto un giudizio imparziale. L’uomo non nasce perfetto, come la massoneria vorrebbe supporre; l’uomo nasce e cresce non con una sviluppo pacifico, ma in mezzo a battaglie penose e continue contro di lui e quasi tutto ciò che lo circonda: l’opera dell’educazione consiste dunque nell’insegnargli a combattere per facilitargli la vittoria. E quali armi gli dà per combattere, quali lezioni gli offre, per affrontare questa lotta, l’educazione laica o senza Dio? Nessuna, assolutamente! Al contrario essa permette che si sviluppino in lui tutti gli istinti cattivi, che sono appunto i principali nemici da combattere, facendogli carezzare oltretutto l’idea di una totale indipendenza che non si accomoda con alcun pensiero di soggezione o di repressione. Essa le lascia aperte con lamentevole temerarietà tutte le vie di uscita attraverso le quali le passioni possono prodursi con foga ed impetuosità, una volta allentate le potenti molle che la Religione sola è in grado di comprimere e regolarne l’esercizio, molle che essa qualifica come insensate superstizioni. Essendo il fanciullo imbevuto di queste idee, ne risulterà necessariamente che, se ha un “sangue vivo”, diventerà una belva feroce; se ha invece un temperamento indolente, sarà un suino di Epicuro, mai un uomo capace di portare sulla sua fronte, non diciamo la nobiltà del cristiano, ma neppure la dignità di un uomo ragionevole.

XV

Cosa pensano il massonismo ed il Cattolicesimo dell’insegnamento ufficiale

 Dal momento che il Cattolicesimo ed il massonismo differiscono essenzialmente quando si tratta di precisare e di fissare ciò che si intenda ordinariamente per educazione, si potrà giudicare come ancora più profondo sia l’abisso che li separa nella questione dell’insegnamento. Qui tuttavia c’è un vantaggio: l’opposizione mutua dei due sistemi è più franca e più evidente; qui il velo di copertura non serve e non impedisce di conoscere fin dal primo momento quali siano i nemici contro i quali il Cattolico sincero del nostro tempo debba guardarsi. Il Cattolicesimo ci insegna che ogni insegnamento debba essere subordinato al dogma, per aver con esso una relazione più o meno diretta. La ragione è chiara: ciò che si chiama la scienza, anche nel suo concetto più degno e più elevato, non è ordinariamente la verità certa, bensì la verità presunta, o la verità che si ritiene essere tale, nonostante gli esempi molto frequenti che le teorie più autorizzate ed universalmente accettate, poco tempo dopo sono state annoverate come tra i più celebri paradossi. Essendo lo spirito umano essenzialmente fallibile, non si può avere un’altra idea della verità filosofica o scientifica. Non è così per la verità religiosa, nella sua parte formalmente dogmatica e definita: essa è la verità certa, fissa, oggettiva, indipendente da scoperte del domani o del secolo seguente; la verità una, immutabile, indefettibile, eterna come Dio. È dunque una regola rigorosamente scientifica che la verità puramente presunta ed ipotetica sia subordinata alla verità fissa ed assoluta, che questa sia la pietra di paragone per verificare la verità di quella; che ciò che è conosciuto come certo “a priori”, sia base e guida di cui ci si possa servire per verificare, accettare o rigettare le conoscenze acquisite posteriormente. Ecco perché il Cattolicesimo esige che tutto l’ordine delle conoscenze umane parta da questo principio in cui tutti i suoi insegnamenti dogmatici sono indiscutibili, e bisogna che si resti fedelmente e scrupolosamente attaccati ad essi, senza permettere il minimo scarto, con il pretesto della “libertà”. È così soltanto che si insegna e che si apprende in modo cattolico. In questo sistema, siano rese grazie a Dio! Non arresta in nessuno né è di danno al legittimo slancio dell’intelligenza umana; esso anzi lo favorisce, al contrario dandogli dei principi certi, come lo prova l’esperienza ripetuta centinaia di volte, che mostra in tutti i tempi i geni più sublimi che abbracciano con lo sguardo vasti orizzonti ed estendono il campo delle loro investigazioni, benché il Cattolicesimo esiga da essi questa subordinazione espressa ai suoi dogmi infallibili. Al contrario, per la larghezza di vedute, l’elevazione delle idee, la fecondità delle scoperte, la profondità dei ragionamenti, i figli delle fede hanno potuto in tutti i secoli accettare di essere messi in parallelo con i partigiani del libero pensiero. Essi lo possono ancora oggi, certi che questi ultimi resteranno ben lontano dietro ad essi. L’insegnamento organizzato massonicamente si dichiara in tutto e per tutto, “libero pensiero”. Tale è disgraziatamente quello che oggi si applica in quasi tutti i centri ufficiali, anche nella nostra Spagna. Secondo le dichiarazioni molto serie che abbiamo raccolto con impressione di orrore dalla bocca dei funzionari che malgrado tutto vogliono considerarsi cattolici, il professore è tenuto a chiudersi entro i limiti di una certa prudenza, senza offendere ciò che è legalmente reputato come inviolabile; anche se non si riesce oggi a capire cosa si intenda con questo, tanto sono divenuti labili ed incerti i limiti di questa inviolabilità. La scienza, o ciò che viene spacciato sotto questo nome, è dunque libera, al punto da permettersi ogni specie di arditezze e licenze, ivi compresa quella di insegnare che l’uomo sia nato da un orango-tango perfezionato, o che Dio non è che un puro fantasma della superstizione popolare. Massonicamente parlando, tali sono i diritti della scienza, tali i privilegi dell’insegnamento. E se qualcuno forma così la gioventù, e aggiunge ai suoi insegnamenti i principi della morale calcati sulla teoria del libero amore o sui funesti programmi della liquidazione sociale, non può essere logicamente né rimproverato né impedito. È vero che il massonismo dottrinale e viscido non tollera tali applicazioni del criterio del libero pensiero, ma questo prova soltanto che il massonismo, oltre che falso, è in più incoerente nella sua falsità, cosa che lo rende doppiamente iniquo ed odioso. In effetti, se non si ammette per la scienza il freno del dogma cattolico, perché ammettere quello del governo? Se la Chiesa non ha il diritto di esigere, in nome di Dio, il rispetto di certe verità, con qual diritto il ministro può esigere che si rispettino come inviolabili certi principi o istituzioni sociali? O l’intelligenza umana è libera, nella sua marcia e nei suoi sviluppi, di andare ove gli piacerà o dove non è: se essa è libera, lo è interamente; ed allora che la si lasci andare liberamente e senza alcun ostacolo. Rendiamo più chiara questa verità. Datasi una certa linea, con i principi massonici si può avere l’unica conseguenza della franca proclamazione della libertà confessionale, senza il timbro dell’Università. Ma questo non conviene alla setta, che sa in modo certo che sul terreno della libera concorrenza, sarebbe battuta dall’insegnamento cattolico. Alla setta conviene il monopolio ufficiale, l’insegnamento con l’avallo razionalista dello stato, che si costituisca per questo suo unico depositario e dispensatore legale. È così che si è creato ciò che nessun altro secolo aveva conosciuto, « l’idolo dello stato insegnante », così come abbiamo visto parlando della proprietà, del matrimonio e della patria potestà. Come risultato si ha l’odioso assoggettamento del cittadino al dominio di una tirannia cento e mille volte più ignominiosa di quella che, come si è preteso fraudolentemente, abbia mai oppresso altre volte l’insegnamento sottomesso al nobile Magistero della Chiesa di Dio.

XVI

Cosa pensano il massonismo ed il Cattolicesimo sull’insegnamento ufficiale (…seguito)

La tirannia massonica dello Stato insegnante, di cui abbiamo parlato in precedenza, irrita tanto più quanto più è giustificata e quando viene esercita in una nazione esclusivamente o quasi esclusivamente Cattolica, così com’è per fortuna, la nostra Spagna, al riparo dei sogni della Rivoluzione. Succede così che alla violazione brutale dei diritti della verità religiosa si aggiunge la violazione non meno empia dei diritti dei cittadini, malgrado le continue proteste con le quali lo stato massonico o liberale si dichiari con zelo protettore e guardiano di questi stessi diritti. In effetti chi può negare che i padri di famiglia cattolici, anche coloro che praticamente lasciano a desiderare sotto il rapporto del Cattolicesimo, desiderino tutti per i loro figli l’insegnamento cattolico? Chi può disconoscere che questi padri di famiglia costituiscano ancora oggi la maggioranza, o la quasi totalità dei contribuenti? Tuttavia chi dei nostri lettori si ferma per contemplare con orrore ciò che accade? Che si fermino quindi a contemplare questa infamia, che non ha ancora fissato la loro attenzione: essi pagano l’insegnamento ufficiale, danno i loro soldi ai maestri, sostengono le università, le istituzioni, le scuole normali e primarie; essi sostengono tutto questo con i loro contributi dapprima, e poi con la loro adesione ed i loro nomi iscritti sui registri delle matricole, quando affidano i loro figli a queste istituzioni. Sembrerebbe dunque che pagando l’istruzione che è venduta loro sicuramente a caro prezzo, essi debbano almeno ottenere che sia conforme al loro desiderio ed alla loro volontà. Ma non è affatto così: lo stato vende il “suo” insegnamento, lo vende caro, lo vende con privilegio esclusivo, non permettendo che si consideri valido ciò che non sia di gusto né di colui che lo paga, né di colui che lo riceve, condizione che si considera obbligatoria in ogni contratto di vendita; ma al contrario esso dà questo insegnamento contro la volontà e gli interessi dell’uno e dell’altro, violando così con il suo dispotismo professorale, i diritti del portafoglio, della dignità e della coscienza. Lo Stato insegnante, convertito in un mercato di programmi, li offre in cambio di denaro buono e sonante … dopo averli falsificati ed avvelenati; ed il dio-stato non arrossisce nel praticare ciò che ogni giorno punisce in ogni individuo che altera un commestibile o una bevanda! Ed il padre, il povero padre deve pagare con il suo denaro l’avvelenamento morale di suo figlio, e acconsentire a questo avvelenamento, almeno nel caso in cui voglia fargli abbracciare una carriera: perché lo stato massonico ha tagliato tutti i canali dell’acqua della scienza, obbligando tutti i cittadini a non poter bere se non alla sua sorgente mefitica ed avvelenata, onde ottenere un diploma che metta i loro figli in condizione di entrare in una facoltà o di esercitare una professione. Questa tirannia è simile a quella che utilizzavano negli ultimi tempi della persecuzione contro il Cristianesimo, gli Imperatori romani, quando imponevano degli idoli nei luoghi ove si vendevano i generi di prima necessità, sul mercato pubblico, ed esigevano da ogni cittadino l’adorazione dell’idolo prima di cedergli la carne, il vino o il pane di cui avevano quotidianamente bisogno. È quanto è predetto puntualmente per i tempi dell’anticristo, nell’Apocalisse di San Giovanni, quando si dice che « … verrà un tempo in cui nessuno potrà comprare né vendere, se non è marchiato dal carattere della bestia » cosa che può ben significare la rivoluzione. È così già anche ora con l’insegnamento ufficiale, dispensato unicamente dall’organo e dal sigillo della massoneria: nessuno potrà essere avvocato, medico, ingegnere, etc., se non sia passato sotto il rullo di questa macchina, che ne fa per bene un massone completo, o per lo meno indebolisce il vigore e la forza delle proprie convinzioni cristiane. Lo stato massonico vuole le coscienze, che esso proclama libere, come la moneta che non può circolare senza il marchio del suo conio o del suo punzone. – Che la Chiesa abbia le stesse esigenze per i “suoi”, che dopo tutto sono suoi e “vogliono” esserlo, questo viene indicato come una oppressione dispotica, la servitù del pensiero; che lo stato massonico agisca allo stesso modo verso le intelligenze è invece cosa nobile, generosa, liberale, con questa particolarità nuova: che qui ci si sente oppressi da un processo unico, ci si vede obbligati, con suprema umiliazione, a pagare ed a mettere da se stessi la catena ignominiosa che si deve portare. Così va oggi il mondo, così va nell’Europa, così va, padri cattolici, per i figli di questa nazione cattolica! L’Episcopato e la buona stampa lanciano ogni giorno il loro grido d’allarme, denunciando i discorsi ed i libri che il cattolico paga con il proprio denaro, affinché la massoneria faccia loro servire a strappare la fede alle anime. Che non si dica che noi esageriamo, perché su questo soggetto noi non diciamo che un quarto di ciò che occorrerebbe dire. La rete massonica è una trama sì abilmente ed universalmente ordita in tutta la nazione. Alla scuola primaria, o al collegio, o all’università, non c’è un’anima che non veda esposta la sua fede a cadere in una qualche trama di questa rete. E questo non parlando che dell’insegnamento ufficiale; se noi esaminiamo poi quello che si offre in una moltitudine di atenei, circoli, accademie, biblioteche popolari: quasi tutte, ad eccezioni di quelle che sono francamente cattoliche, sono delle vere succursali del massonismo, i nostri amici vedranno quanto potremmo generalizzare ancor più la nostra proposizione. Riassumendo: satana, sotto il mantello del professore, regna oggi nel mondo ed è la causa dei principali disastri. Non prova questo in modo tanto eloquente che è su questo terreno che tutti i buoni Cattolici devono immediatamente condurre la battaglia principale? [Continua …]

 

F. Sarda Y Salvani: MASSONISMO E CATTOLICESIMO -1-

F. Sarda y Salvany:

MASSONISMO E CATTOLICESIMO:

Parallelo tra la dottrina delle logge e quella della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana. [Parigi, 1890] -1-

INTRODUZIONE

Alla prima impressione di stupore causato nel mondo dall’importantissima enciclica “Humanum genus” del nostro Santo Padre il Papa, Leone XIII, enciclica diretta contro la franco-massoneria e così conosciuta dai nostri lettori, si è accesa dappertutto una discussione ardente e febbrile sui punti principali di questo documento, il più considerevole forse tra tutti quelli che siano stati indirizzati al mondo cattolico dalla Santa Sede durante questo secolo. Questo documento non è tra quelli che la setta può più o meno occultare immergendolo tra la confusione delle sue arguzie e delle sue fanfaronate, o nella miserabile cospirazione del silenzio. No: questa parola sovrana ha oltrepassato fin dall’inizio per importanza tutti gli avvenimenti del giorno, essendo essa stessa l’avvenimento più rilevante e più solenne; essa ha coperto tutti i clamori della stampa e dei clubs: essa proveniva così dall’alto ed aveva un tale ascendente morale, che niente era stato capace di dominarla. Oggi ancora, malgrado tutto, tutti coloro che parlano o scrivono trattano del soggetto, i buoni come i cattivi, i cattolici ed i razionalisti. L’enciclica in effetti ha trovato dappertutto un’eco favorevole od ostile; dappertutto ancora essa è ricevuta o con una assoluta sottomissione o con una certa resistenza: da nessuna parte trova neutralità o indifferenza. Noi dunque, pure parliamo a nostra volta, e poiché abbiamo il grande onore di occupare in vero una modesta rilevanza nell’agone contemporaneo, non possiamo né dobbiamo tralasciare l’occasione che ci si presenta di combattere la buona battaglia! Il primo effetto, diciamo noi, prodotto nel mondo pontificio è stato l’ammirazione, lo sbigottimento, un profondo stupore. Come è possibile, molti dicono, che il Sovrano Pontefice abbia avuto una tale audacia? Poggiando i piedi all’inverso, se ci è permesso parlare così, come per scappare da Roma a mo’ di fuggitivo, è mai possibile che il Pontefice oppresso osi guardare in faccia e con sguardo intrepido i poteri [forti –ndt.] attuali che, tranne qualche rara eccezione, sono tutti raggiunti dagli anatemi lanciati contro la franco-massoneria? Non spera, Egli, nulla dall’Inghilterra o dalla Prussia? E con quale ardimento lancia questo guanto di sfida ai franco-massoni coronati di Prussia e di Inghilterra? Non si troverà nella necessità di chiedere ad uno di questi governi un asilo per poter gestire l’ultimo scampolo della sua indipendenza? Come dunque si chiude la porta di tutti questi Stati con tale tempestiva dichiarazione di guerra a tutto il mondo ufficiale? Bisogna convenire in verità che il Papa si espone molto, perché questo documento, è come un fischietto suonato da una sì suprema Autorità in faccia a tutti i rivoluzionari democratici o aristocratici dei tempi presenti. Egli si espone troppo? Ha dunque un santo ardore? Si spinge oltre? Dunque Egli si sente forte, anche davanti ai “potenti”? Questo potere che lo si presenta come alle prese con la morte. Ma è che egli respira vigorosamente, molto vigorosamente, amici miei! E questo moribondo che non si decide mai a morire, comunica una vita più abbondante a coloro che già vivono. Vedete cosa accade oggi, come uno spettacolo per il mondo che non attende da lui alcun servizio; ma questo non lo impaurisce affatto, Egli brucia, per così dire i suoi vascelli, questo insigne capo delle armate spirituali e, nuovo Ferdinando Cortez, Egli affronta impavido le “rapide” della Rivoluzione; Egli prende l’offensiva e mette tutto a ferro, fuoco e sangue fino all’interno delle fortezze del nemico; Egli affronta il “mostro” in un corpo a corpo per colpirlo al cuore. E viva Dio!, Egli lo ha colpito con un’abile mossa; ed ecco vediamo il mostro che si dibatte in convulsioni disperate, versando un sangue immondo ed annunciante con ruggiti orribili il furore che gli causa questa prima disfatta. Questo per ciò che concerne il “mostro” rivoluzionario. Ma per noi, è una certezza indubbia che il colpo più terribile, più decisivo, più mortale portato dall’enciclica, ha colpito la Rivoluzione all’acqua di rosa, benevola, quella che porta il nome di “cattolicesimo liberale”: il Syllabus è stato la sua sentenza di morte, l’enciclica Humanum Genus è stata la sua esecuzione e la sua sepoltura. Essi se ne vanno dogmatizzando incessantemente, questi signori semirivoluzionari [i cattolici liberali –ndt. -], che sono i peggiori di tutti, per il fatto stesso che non vogliono apparire, denunciando inoltre che la eccellente e ferma strategia dei cattolici più strenui, che provoca contro l’attuale nemico i rudi combattimenti che noi tutti ben conosciamo, sia stravagante. Per paura di non sappiamo quali conflitti giornalieri, essi vorrebbero che non si dicesse nulla, che non si parlasse neppure di queste questioni, o che si affrontassero almeno sempre in uno stile che possa, essendo l’impresa difficile, vincere il nemico ma senza irritarlo, oppure senza umiliarlo: che si combattano quanto si voglia le sette dei secoli passati, ma mai, assolutamente mai la setta attuale: come se nelle nostre cattoliche case dovessimo dare un gran colpo di spada solo al cadavere di un turco, azione che è espressione di un modo pacifico di combattere e che non offre molta difficoltà; che infine in ogni caso, ci si tenga in guardia, operando non con l’opportunità, che è una gran legge, bensì con l’opportunismo, che ne è la contraffazione e la vergognosa parodia. Ed ecco in mezzo a questi spari improvvisi, dall’alto del suo Sinai, la voce del Papa: egli sanziona, con questa Enciclica, che sarà ormai l’espressione più completa del decalogo antirivoluzionario, tutta la propaganda che, durante gli ultimi anni, son venuti a sostenere al prezzo di mortali difficoltà, i capi più valorosi dell’intransigenza cattolica. Egli solleva nel momento che sembra il più inopportuno, cioè contro tutte le regole dell’opportunismo, la questione fra tutte la più bruciante con i toni più critici e contro le persone e le cose più raccomandabili; lasciando una volta di più risoluta e decisa, una verità oggi spesso misconosciuta, benché di buon senso, e cioè che non c’è mai un momento migliore per combattere se non quello in cui i nemici si presentano o accettano il combattimento. – L’enciclica “Humanum genus”, già dicendo semplicemente “io ci sono” ha ottenuto due grandi vittorie per la buona causa della verità: 1°sulla rivoluzione crudele essa ha dato la misura del suo valore e della sua forza; 2° sulla rivoluzione ipocrita, ha evidenziato ancora una volta la sua falsità e le tolto la maschera. – Essa ha dato, a tutti noi Cattolici, nello stesso tempo una grande consolazione ed una grande lezione: a) la consolazione di sapere che noi sosteniamo un buono, un eccellente combattimento quando noi parliamo, già da qualche tempo, come parla oggi il Papa; b) l’incoraggiamento a continuare a sostenere ancora lo stesso combattimento, sempre allo stesso modo, ma con entusiasmo nuovo ed un nuovo coraggio intrepido. – In questo opuscolo, noi abbiamo compendiato un commentario semplice e popolare di questo documento pontificale. Conoscere il nemico è già un grande vantaggio per poterlo vincere ed abbattere. Facciamo dunque conoscere al mondo attuale, meno cattivo forse che ingannato, le dottrine di questa setta infernale, la cui organizzazione materiale offre un danno minore della sua continua propaganda nell’ordine delle dottrine. Noi crediamo di assolvere ad un solo unico dovere. Che i lettori ritengano anch’essi un dovere il contribuire secondo il loro potere alla diffusione di queste idee, principalmente nelle classi più modeste e meno istruite, e pertanto ancor più esposte alle seduzioni della setta infernale. Sabadell, mese del Sacro-Cuore, 1885.

MASSONISMO E CATTOLICESIMO

I

A quali fini questa nuova condanna della franco-massoneria e delle sue dottrine pronunciata dal Sovrano Pontefice nell’enciclica “Humanum Genus”?-

Il massonismo è la stessa cosa della massoneria?

L’oggetto dell’enciclica “Humanum genus” è la condanna della massoneria. Questa setta infernale era già stata a più riprese riprovata e condannata dalla Santa Sede dai precedenti Pontefici; la prima questione che si pone in presenza di questo nuovo documento è la seguente: perché mai questa nuova condanna contenuta nella attuale enciclica se a Roma era già stata pronunciata sullo stesso soggetto una sentenza ufficiale, autorizzata, definitiva e di conseguenza gravemente obbligatoria per i veri Cattolici? Perché il Papa ci parla ancora sul medesimo soggetto, e perché gli “ultramontani” considerano questo documento come una vera “novità”? Noi cercheremo di rispondere, nella modesta misura delle nostre forze, a questi dubbi; e questi stessi dubbi ci metteranno in condizione di studiare e di comprendere perfettamente l’importanza speciale che offre il suddetto documento rispetto a tutti gli altri precedenti dello stesso genere. Certo la massoneria è condannata, sotto questo stesso nome, già da molto tempo, ed il nostro Santo Padre, il Papa, tiene conto delle condanne dei suoi gloriosi predecessori. Così altre volte come oggi, era peccato appartenere alla massoneria, e questa setta è stata maledetta da quando è stata per la prima volta dichiarata satanica ed anticristiana dal Dottore universale. Ma ciò che non avevano fatto i precedenti atti pontificali, era il definirla, il rappresentarla, fotografarla in qualche modo, mostrando ciò che essa è in se stessa e nelle sue opere, con l’ampiezza e l’estensione che dispiega l’attuale Vicario di Cristo. È là ciò che fa il carattere speciale e dominante della presente Enciclica. La massoneria è detestabile; essere massone è un crimine! Noi tutti Cattolici sappiamo e predichiamo già questo. Ma che cos’è essere massone? Quali sono le dottrine essenzialmente massoniche? Fino a qual punto il massonismo ha infettato la società attuale? È questo ciò che ignorano un gran numero di uomini, anche tra i cosiddetti “buoni”; è questo che molti, anche tra i Cattolici sinceri, non vogliono comprendere interamente; è ciò che per molti non era che una manìa insensata, un tema fastidioso di affrontare la convenzione di fanatici e di intransigenti: ed ecco che il principale effetto della parola pontificia è stato, questa volta, dopo aver condannato di nuovo la setta, quello di     1° – smascherarla, dopo averla riprovata. 2° – Dipingerla; richiamando l’attenzione del mondo sulla massoneria si è richiamato anche il massonismo. Essendo così estesa l’azione della massoneria, dopo aver studiato per lungo tempo ed attentamente la parola di Leone XIII, noi abbiamo intitolato il presente lavoro, non “massoneria e Cattolicesimo”, ciò che sembrava essere una formula più concreta, ma “massonismo e Cattolicesimo”, titolo che abbraccia completamente tutto l’ampio concetto massonico. Perché a nostro umile avviso, c’è là il concetto più essenziale, più esatto, più naturale dell’enciclica. Tuttavia qualcuno riderà della nostra distinzione qualificandola sovranamente astratta e metafisica, se non addirittura arbitraria e puerile. Noi andremo a provare che essa è, al contrario, semplicemente molto pratica, facile da comprendere e di applicazione indispensabile ed immediata. La massoneria è un’associazione o una setta, fino ai nostri giorni interamente segreta, oggi pubblica ed ufficiale e conosciuta dappertutto, fin per strada, pressoché uguale ad una istituzione legale. Essa ha la sua organizzazione, la sua dottrina, i suoi processi, le sue iniziazioni, le sue assemblee, etc. I massoni sono coloro che vi sono affiliati e che non vi hanno rinunciato con un’abiura formale. Tale è, riassumendo, la società chiamata massoneria. Per il momento ci basta darne una nozione fondamentale. Ci sono la massoneria ed i massoni; ma questo non è ancora il “massonismo”. Il massonismo è più ed ancor più di questo! Tale è l’obiettivo principale e più esteso a cui mira, come si può vedere, l’enciclica “Humanum genus”. Il massonismo è la dottrina massonica che abitualmente si ritiene, si professa e si pratica, che ritengono, professano e praticano realmente molti di coloro che materialmente non possono essere chiamati massoni, perché non sono materialmente iscritti nei registri della setta. Il massonismo è l’influenza massonica nelle leggi, nella diplomazia, nelle letture, nei divertimenti, nelle opere di beneficenza, nell’insegnamento ed in tutte le sfere della vita sociale. Si può essere fautori, complici e colpevoli di tutto questo, senza essere positivamente affiliati alle logge o aver rivestito il ridicolo grembiulino massonico. Per rendere più chiaro il nostro pensiero, ricorreremo ad un mezzo semplice e popolare di comparazione. La luce che i fisici chiamano diffusa, e che è quella che rischiara durante il giorno, i luoghi in cui non penetrano i raggi del sole, non è certamente il sole stesso. Tuttavia è la luce del sole, benché non sia il disco solare. È da lui che proviene tutta la sua beltà, il suo splendore, la sua benefica influenza. Così è per il massonismo; è lo splendore, l’irraggiamento diffuso di questo focolaio tenebroso di perversione anticristiana che si chiama la massoneria. Esso estende la sua influenza molto più lontano da quest’ultima; esso avvelena corrompe ed uccide massonicamente anche un gran numero di coloro che ignorano l’esistenza dei massoni e della massoneria. L’effetto di questo massonismo o di questa massoneria diffusa, molto più funesto di quello della massoneria stessa, nel suo senso concreto e materiale, è questo orribile potere che possiedono oggi le logge nel mondo intero, e che non possiederebbe certamente se la massoneria non avesse potuto contare che sul concorso dei suoi affiliati ufficiali, e se non fosse aiutata e servita dalla protezione più efficace di un gran numero di massoni incoscienti, vale a dire di cattolici impregnati, talvolta senza volerlo, altre volte per loro devianze, dal massonismo più raffinato. Ci sembra che questa distinzione non apparirà oramai strana e metafisica a qualcuno di quelli che forse sorridevano all’inizio. Ci sembra che essi comincino a percepire dal nostro linguaggio la questione posta, lo scopo che noi perseguiamo. Da questo punto di vista elevato, si aprono ai nostri occhi orizzonti estesi ed immensi. Si vedrà già come, prendendo le parole del Papa singolarmente, e soprattutto quelle che hanno come scopo di smascherare la massoneria, noi metteremo, con l’aiuto di Dio, il dito nella piaga, e troveremo in questo ammirevole documento emanato da Roma la diagnosi di ogni male sociale dell’ora presente. La prima causa e la prima radice di questo male è la massoneria, il cui effetto più generale e più terribile nelle sue conseguenze è ciò che abbiamo chiamato “massonismo”. Questa denominazione volgare ed usuale, data come autentica da Roma in altri documenti è – perché non dirlo a nostra volta? – quella di liberalismo. Noi lo vedremo, con l’aiuto di Dio, nei capitoli seguenti. Mediante la distinzione che abbiamo indicato, il marchio iniziale e la divisione naturale del nostro lavoro, noi parleremo in primo luogo della massoneria considerata nel suo oggetto materiale, o della setta in particolare, in concreto, e questo solo come maniera di costruzione del luogo; in secondo luogo e principalmente, noi parleremo della massoneria considerata nel suo oggetto formale, “formaliter”, o del “massonismo” e delle sue opere e delle influenze massoniche in generale. Il Papa ha aperto una breccia attraverso la quale dobbiamo passare senza paura né rispetto umano, noi tutti che ci gloriamo di marciare sotto gli ordini di un Capo molto valoroso!

II

L’esistenza nel mondo attuale di questo orribile focolaio di anticristianesimo che si chiama: la massoneria.

La prima cosa che fa l’enciclica “Humanum genus” sul soggetto della massoneria, è affermarne l’esistenza. In questa affermazione sembra meritare di essere segnalata in ragione della sua importanza capitale, la tattica dei settari che, quando si sentono colpiti da una condanna pontificale, è sempre la stessa: innanzitutto essi assicurano, con tono scherzoso, che questo errore o questa setta contro la quale è lanciata l’anatema non esiste, che questa “eresia” non è che un mito fiorito nella immaginazione del Papa; poi, essi cercano sempre di distinguere nella dottrina riprovata un buono ed un cattivo concetto, pretendendo che in un senso la condanna sia legittima, ma non in tal altro, che è precisamente quello che essenzialmente la motiva. L’Arianesimo ed il pelagianesimo, che furono le eresie più formidabili; il giansenismo ed il liberalismo, che sono state le eresie più funeste degli ultimi tempi, hanno brillato fra tutte per l’abilità con la quale esse hanno saputo mantenersi come su di un campo di battaglia vasto e ben protetto dal favore di queste sottigliezze diaboliche. Contro queste sottigliezze tortuose che più di tutto il resto caratterizzano la loro perfidia nativa, la Chiesa ha sempre opposto l’infallibilità del suo insegnamento, non solo in ciò che riguarda le dottrine considerate da un punto di vista speculativo e teorico, ma anche relativamente alla loro esistenza pratica, nell’ordine dei fatti che si trovano esposte in un libro, o incarnate in una setta o in un’istituzione. Di modo che l’autorità decisiva del Magistero pontificio, si esercita non solo sul dogma e sugli insegnamenti che gli sono opposti, ma anche sul fatto dogmatico, vale a dire su ciò che noi potremmo chiamare la sua realizzazione pratica nella sfera sociale. Non è dunque una oziosità che il Papa cominci su questo grave documento affermando l’esistenza della massoneria. Per poco che si conosce il mondo miserabile nel quale viviamo oggi, questo mondo che nonostante le sue fastidiose pretese di “lumi” e di civilizzazione, è talvolta così insensato, così arretrato e su molti punti più credulone e facile da ingannare rispetto a tre secoli fa; per poco, lo ripeto, che si conosca il mondo malvagio col quale dobbiamo convivere, si vedrà che ciò che conveniva innanzitutto, era questa solenne, autorizzata e definitiva affermazione. Così in verità, da circa un anno, parlando con un uomo considerevole, che si picca di essere un “sapiente”, e che lo è realmente in una certa branca, noi abbiamo inteso con tristezza cadere dalle sue labbra questa affermazione magistrale, che cioè “la franco-massoneria è una chimera”, e che noi non siamo altro che fanciulli lattanti, tremanti al cospetto di un fantasma, noi che ci occupiamo sempre della massoneria. Sono numerosi, o almeno lo sono stati fino ad oggi, coloro che hanno creduto che realmente la massoneria non sia che una macchina da guerra inventata dagli oratori o dai giornalisti ultramontani. Essi non osservano che queste imprese nelle quali non si vede niente della massoneria, costituiscono precisamente il primo dei trucchi massonici, quello che la setta utilizza con più ardore e, senza contraddizione, con più successo. Per tutti questi uomini, le parole gravi del Papa che afferma, nella pienezza della sua infallibile autorità, che la franco-massoneria esiste, ed esiste veramente, questa parola pontificia è caduta come una bomba in mezzo alle loro negazioni innocenti o perfide. È dunque certo e dimostrato e non solo con la testimonianza dei fatti, che i ciechi volontari hanno potuto solo fino a questo giorno non vedere, ma in modo molto più formale ancora con l’autorità della Chiesa, che esiste una setta chiamata “massoneria” o franco-massoneria. È questo un fatto reale, vivente, palpitante, attuale, come gli altri che nel mondo esteriore e sensibile, richiamano la nostra attenzione. Esiste una vasta associazione o lega, segreta fino a questi ultimi tempi, quasi pubblica ed ufficiale oggi, che conta in ogni nazione dei centri secondari chiamati “logge”, ed i cui adepti o affiliati si contano a milioni, ordinati sotto una bandiera comune, senza riguardi per le differenze di nazionalità o politiche, ed animate da uno stesso odio contro il Cristo e la sua santa Chiesa. Come esiste in pieno giorno e allo splendere del sole una società visibile, organizzata, avente i suoi capi riconosciuti ed accettati, con la sua gerarchia; società che si chiama il Cristianesimo, perché essa è in qualche modo la personificazione delle dottrine e dei precetti di Cristo, suo immortale Fondatore; così esiste un’altra società che è nata e si è ingrandita col favore delle tenebre, anche essa organizzata ed in possesso della sua gerarchia, sottomessa a dei capi formidabili e misteriosi; società che, essendo come una personificazione di tutti gli odi contro il Cristo, può certamente definirsi l’anti-cristianesimo organizzato, o meglio l’anticristo, e perché? Unicamente per dei motivi di convenienza strategica non porta questo nome, ma quello di massoneria o di franco-massoneria. – Una tal società, formidabile “chiesa di satana”, in opposizione diretta ed in lotta continua con la Chiesa del Cristo, si trova diffusa, come sua eterna rivale, in tutto il mondo conosciuto, e lavora con tutto il suo potere nell’estendere ogni giorno le sue incommensurabili frontiere. Ed il suo desiderio è quello di stabilire in tutti i paesi e con tutti i mezzi un reame universale di satana al posto del Reame universale di Gesù-Cristo, al quale suo Padre ha dato in eredità tutti i secoli e tutti i popoli, benché, per fini conosciuti dalla sua insondabile provvidenza, ma che noi conosciamo in parte, Egli abbia permesso che questo divino Reame sia in lotta continua con il reame di satana, fino all’ora del trionfo completo del Cristo nel giorno del Giudizio Universale. Questa società infernale esiste, lavora cospira, scrive, perora, legifera, governa, lotta, estende il suo impero, porta in se stessa la chiave della maggior parte degli avvenimenti moderni. La sua opera è questo mondo ufficiale stabilito dappertutto, o direttamente contro Dio o, vergognosamente, facendo astrazione da Dio, o ipocritamente, volendo che Dio divida con i suoi nemici, il suo sovrano dominio. Dai suoi centri esce, come ispirato da satana, quasi tutto quello che si predica e si insegna ai popoli, in opposizione con quel che insegna la santa Chiesa Cattolica, apostolica romana. Il mondo, il demonio e la carne avevano già da Adamo, delle massime, delle attrazioni e dei processi opposti alla verità, la massoneria è venuta, nei tempi moderni, a dare a tutte queste forze individuali e, per così dire, separate e disunite, una funesta unità di obiettivo, di principio e di processi, la cui perfezione e saggezza non si comprendono e non si spiegano se non riconoscendo che siano di origine diabolica. Il diavolo è cattivo, è certo, ma egli ha una natura angelica che, secondo gli insegnamenti della teologia, non è stata distrutta né dal peccato né dalla punizione che gli è stata inflitta. – Qual è l’estensione materiale, e da questa l’influenza disastrosa di questa chiesa anticristiana, in precedenza molto segreta e occulta, ma oggi visibile, apparente, preponderante e regnante sovrana? Se ne avrà l’idea con la statistica, e i dati seguenti, che noi riprendiamo, per ciò che concerne l’Europa, da un giornale autorizzato e che crediamo ben informato:

Inghilterra.- La Grande Loggia d’Inghilterra, la cui sede è a Londra, data dal 1717; essa ha ai suoi ordini la cifra enorme di 2.019 logge. Un’altra potenza, di rito « antico ed accettato » per l’Inghilterra ed i paesi delle Gallie, porta il titolo di Supremo Consiglio del 33° grado. Essa fu stabilita nel 1845, e conta 88 capitoli.

Scozia. La Gran loggia scozzese, la cui sede è ad Edimburgo, fu fondata nel 1738, ed ha sotto i suoi ordini 891 logge. Il Supremo Consiglio del 33° grado del rito scozzese antico ed accettato conta 10 capitoli.

Irlanda. – La gran loggia d’Irlanda. La cui sede è a Dublino, ha sotto i suoi ordini il numero considerevole di 1014 logge.

Danimarca. – La grande loggia di Danimarca, la cui sede è a Copenhagen, fu fondata nel 1747 ed ha 10 logge ai suoi ordini.

Svezia e Norvegia. – La grande loggia di questi paesi, la cui sede è a Stoccolma, fu fondata nel 1754, ed ha 33 logge ai suoi ordini.

Belgio. – Il grande oriente del Belgio si è stabilito a Bruxelles nel 1832, e dispone di 24 logge.

Olanda. – Il grande oriente del Paesi Bassi ha la sua sede a la Haye, e fu fondato nel 1756, è disposta in 79 logge, nel 1884, riunenti 2185 associati.

Germania. – La Germania settentrionale possiede otto poteri massonici e cinque logge indipendenti, con un totale di 42.496 massoni attivi. La gran loggia nazionale, la loggia madre, si trova a Berlino, e fu fondata nel 1774. Essa conta 113 logge che riuniscono 13.095 affiliati. La grande loggia regionale di Germania, la cui sede è pure a Berlino, data dal 1774, e conta 107 logge, con un totale di 8.762 associati. La gran loggia reale di York, la cui sede è pure a Berlino, fu fondata nel 1798; essa conta 61 logge e 4.774 membri. La gran loggia di Amburgo , che ha la sua sede in questa città, fu fondata nel 1740, e conta 31 logge e 2.629 affiliati. La gran loggia eclettica di Francoforte fu fondata il 18 marzo 1783, e conta 12 logge e 1.396 membri. La gran loggia di Baviera, il “sole, fu fondata il 21 gennaio 1741, e conta 24 logge e 1701 membri. La gran loggia regionale di Sassonia, la cui sede è a Dresda, fu fondata nel 1811, e conta 18 logge e 3000 membri. La grande loggia dell’unione massonica, che ha la sua sede a Darmstadt, fu fondata nel 1846; essa conta 9 logge e 896 membri.

Francia. – Il grande oriente di Francia risiede a Parigi, fu fondato nel 1736, e tiene sotto la sua obbedienza 66 “laboratori”, 13 nel dipartimento della Senna, 208 negli altri dipartimenti, 14 ad Algeri, 11 nelle colonie, e 28 nelle nazioni straniere. – Oltre al grande oriente, esiste a Parigi: 1° il supremo consiglio del rito scozzese antico accreditato per la Francia e le sue dipendenze (o possessi fuori dal continente); 2° l’ordine massonico orientale del Misraim o d’Egitto; 3à la grande loggia simbolica scozzese di Francia.

Lussemburgo. – Il consiglio supremo del granducato del Lussemburgo fu stabilito nel 1844, e conta due logge.

Ungheria. – Il grande oriente d’Ungheria risiede a Pesth; fu fondato nel 1871 e conta 15 logge. Il grande oriente di Ungheria, fondato nel 1870, conta 24 logge e 783 membri.

Italia. – Il grande oriente di Italia, supremo consiglio, fu fondato nel 1861, e conta 150 “laboratori”.

Spagna.- Il grande oriente nazionale di Spagna, gran loggia spagnola, risiede a Madrid. Fu fondato il 15 gennaio 1726 da lord Warton; ha ai suoi ordini 182 logge. In più esiste un supremo consiglio della massoneria spagnola, fondato nel 1868; conta 216 logge e tre capitoli.

Portogallo. – Il grande oriente di Lisbona ed il supremo consiglio della massoneria portoghese, fondata nel 1805, si fusero nel 1869 e contano114 logge.

Svizzera.- La grande loggia di Berna, fondata nel 1844, conta 74 logge. Riassumendo da questa tenebrosa statistica risultano, solo in Europa, esserci 5.486 logge parrocchie de questa chiesa infernale. Noi diciamo: in Europa soltanto, perché bisogna notare che c’è un ugual numero nelle altre contrade del mondo conosciuto e specialmente in America, ove la corruzione massonica è penetrata in modo particolare.

III

La massoneria ha realmente l’influenza e la potenza che si suppone nel mondo attuale?

 Dopo avere affermato l’esistenza della massoneria contro coloro che sotto un pretesto qualunque si sforzano di far passare per un mito fantastico questa tenebrosa cospirazione contro Dio, il Papa viene a formulare sullo stesso soggetto, altre due affermazioni molto importanti: primariamente la sua formidabile influenza sociale attuale; secondariamente il carattere pernicioso ed assolutamente anticristiano di questa influenza sociale. Sono queste, due verità che i partigiani della setta si ostinano ad oscurare ed a velare, ma ora non è più loro possibile negare la sua esistenza materiale. « Nello spazio di un secolo e mezzo, dice il Papa, la setta massonica ha fatto dei progressi incredibili. Impiegando nello stesso tempo l’audacia e l’inganno che ha invaso tutti i gradi della gerarchia sociale, essa comincia a godere, in seno agli stati moderni, di un potere che equivale quasi alla sovranità. Da questa rapida e formidabile estensione, sono risultati necessariamente per la Chiesa, per l’autorità dei princìpi e la salute pubblica, dei mali che i nostri predecessori hanno previsto da lungo tempo avanzare. Ben presto ci si è trovati in presenza di gravissimi motivi di timore dell’avvenire, non sicuramente per la Chiesa, le cui fondamenta sono al sicuro da tutti gli attacchi degli uomini, ma per gli Stati in seno ai quali hanno acquisito una influenza considerevole, sia questa setta, la franco-massoneria, sia le altre associazioni simili che concorrono alla sua opera di distruzione o che servono da satelliti. » Noi abbiamo tradotto qui questo paragrafo nella sua integrità, perché nel suo austero laconismo, si rivela come il più grave di questo documento così importante. Noi sappiamo ufficialmente da esso che la franco-massoneria non è un’associazione qualunque, una lega di volgari malfattori, un riparo di gente aconfessionali, come comunemente si dice, ma una associazione che ha invaso tutti i gradi della gerarchia sociale. Sicuramente noi lo sapevamo già, ma oggi noi ne siamo ufficialmente avvertiti. Così tutti i gradi delle gerarchie sociali sono infettati da questa lebbra: non precisamente questi o quegli ambienti sociali, nei quali si trova più ordinariamente, almeno in apparenza, una disposizione più grande ad ogni specie di crimine; non i gruppi più avanzati della demagogia moderna, coloro che formano la sua avanguardia ed le sue guide, coloro che senza alcun camuffamento, annunciano il loro orribile desiderio di bandire dalla terra il nome di Dio, e di abolire sotto i colpi del loro odio egalitario ogni distinzione gerarchica, ogni idea di autorità; No!: la massoneria è ancor più il massonismo, è una malattia, una fillossera che ha infettato tutti i gradi della gerarchia sociale, come dice testualmente il Sovrano Pontefice; e questo non nel modo di una affezione senza gravità, di un male cronico poco dannoso, ma come un male che comincia a prendere, in seno agli Stati moderni, una influenza talmente preponderante, che equivale in qualche modo, secondo la parola formale del Vicario di Cristo, ad una vera sovranità. O Cielo! E noi che così spesso, ci siamo visti coperti di confusione, quasi scomunicati, quando con riserve più o meno espresse, ci siamo arrischiati ad esprimere questo medesimo pensiero, che ha scatenato contro di noi tutti gli sforzi combinati della società attuale! Noi esagerati e fanatici, che abbiamo da sempre creduto, sotto tutti i punti di vista, che la massoneria, sia la pura eterodossia, l’eresia formale contro Dio, il suo Cristo, la sua Chiesa ed i suoi figli più devoti, che essa ispiri i principali elementi costitutivi di questa moderna organizzazione, che attiri verso la terra, e sia patrocinata apertamente e scientemente da tutti i figli di Belial per far la guerra a Gesù-Cristo Nostro Signore! È vero così che noi ci siamo inchinati rispettosamente davanti alla suprema affermazione del Vicario di Gesù-Cristo, che ci assicura che questa peste abbia già infettato tutte le sfere dell’ordine sociale esistente. Incidiamo questi insegnamenti nella nostra memoria e non permettiamo che ne escano giammai.! Sappiamo dunque in quale ambiente viviamo, con chi camminiamo; pensiamo ai nemici contro i quali dobbiamo combattere in ogni momento. Noi siamo pertanto alle prese con un contagio che ha invaso tutte le sfere dell’ordine sociale, con un nemico che ci sta spalla a spalla dappertutto, con un’atmosfera che ci penetra, ci attacca, e spande il suo veleno dappertutto. Essa ci combatte apertamente sulla piazza pubblica ed anche negli impieghi ufficiali, ove il suo potere raggiunge la sovranità. Essa si nasconde astutamente e penetra fino nel nostro focolaio domestico, se non vegliamo con uno zelo costante ed attivo; essa ci punge ancora, sul modello della spina nascosta sotto i fiori, finanche nelle opere di pietà, essa cospira contro di noi in mezzo a mille trappole tese con grande abilità, che solo coloro che sono santamente intransigenti posso prevedere ed evitare. Queste parole sono solenni e racchiudono un grande principio di condotta, un’importante regola pratica per la vita del Cattolico della nostra epoca. Esse erigono come principale regola di prudenza, nel nostro modo attuale di vita e di lotta, e principalmente nei confronti dei poteri pubblici, ciò che possiamo permettere di chiamare un “criterio di diffidenza”. Sì, noi ci decidiamo a scrivere questa parola senza esitare, non alla leggera, ma dopo una matura riflessione. Alle virtù fondamentali che in ogni tempo il campionario valente della verità ha dovuto considerare proprie alla sua condizione, occorre aggiungere oggi questa che è la caratteristica dell’epoca: una saggia e prudente “diffidenza” verso tutto ciò che la circonda; questo è evidente, poiché tutto ciò che la circonda è infetto, ha subìto il contagio, la presenza di questo “virus” pestifero massonico che ha avvelenato tutti i gradi o sfere dell’ordine sociale. – Tempo addietro questo consiglio franco e leale sarebbe stato tacciato di mancanza di carità da qualche infelice che ignora forse che questa parola “carità” è quella che noi abbiamo l’abitudine di considerare da qualche anno come quella che deve ispirarci maggiore diffidenza. Lo si dirà ancor più nell’era attuale, perché questo criterio di diffidenza e di pessimismo che proclamiamo qui, non è fondato sul nostro apprezzamento, ma sulla parola formale del Papa; tanto più che questa setta diabolica, non ha trovato maschera più conveniente per nascondersi, che quella della santa pratica della carità, affettandosi di farsi passare per niente di meno che una pura associazione di beneficenza.

IV

Ma non si dice tra coloro che ritengono di essere ben informati, che la massoneria sia un’associazione di pura beneficenza?

Naturalmente! Ciò che soprattutto desidera tutta la setta massonica, la dove può ottenerlo è, come abbiamo visto, che si neghi o si metta in dubbio la sua esistenza. In questo essa agisce conformemente ai suoi istinti di setta segreta. Ma, al contrario, la dove essa dispera di riuscirci, si contenta di non essere conosciuta tale così come essa è in realtà. A questo scopo, ciò che essa cerca innanzitutto, è una maschera comoda e simpatica entro la quale avvolgersi; e non c’è niente che si presti meglio a questo gioco se non la carità. Maschera comoda, abbiamo detto, perché non c’è niente di più facile per un’associazione che darsi il nome e le apparenze di un’associazione di carità: andiamo a vederlo all’istante! Maschera simpatica, abbiamo aggiunto, come sono sempre simpatiche la generosità e la liberalità, qualunque siano il principio e la fonte, come vedremo ugualmente. Da questo risulta che lo scopo della massoneria è di mostrasi benefattrice e filantropica. Essa ottiene così due risultati: in primo luogo essa nasconde ai semplici il suo vero carattere, secondariamente attira a sé con il favore dell’aspetto esteriore delle buone opere coloro che non guardano il fondo delle cose, e che non considerano se non il loro lato esteriore e di apparenza. Il Papa, nella sua Enciclica, fa parimenti giustizia di questa trappola satanica. Di conseguenza: la massoneria è o non è una associazione di beneficenza? Si e no, e diamo la spiegazione di questa risposta singolare ed in apparenza contraddittoria. Si, in un certo qual modo la massoneria è un’associazione di beneficenza, poiché per reclutare degli adepti in gran numero e per conservarli uniti per mezzo di una certa solidarietà, attraverso le differenti nazionalità e razze, essa non ha trovato miglior mezzo che una mutua protezione universale, in virtù della quale, ogni affiliato, in qualunque distretto si trovi, è assistito dai suoi co-associati nelle sue relazioni, nell’ottenere un impiego, etc. così, in diverse circostanze ed in certe branche dell’amministrazione o dei pubblici servizi, il titolo di “massone” è la migliore delle raccomandazioni per arrivare ad essere vantaggiosamente posizionato. Si è recentemente citato il caso di un giovane ben preparato che aspirava ad un certo impiego, al quale poteva pretendere a buon diritto. Colui al quale manifestava il suo desiderio, gli rispondeva semplicemente: “ … per ottenerlo, vi è sufficiente, mio caro amico, passare da M. X …., e dare il vostro nome alla loggia”. Il giovane, che era un fervente cattolico, dichiarò che non voleva ricorrere a questo mezzo che la sua coscienza riprovava. “Andate dunque, non fate il bambino, replicò l’impertinente interlocutore: voi troverete iscritti sui registri della loggia una lunga lista di personaggi che sono cattolici come voi, e non si sono fermati a tale scrupolo. Oggi non si giunge alla fortuna se non per questa via. In effetti è così nella maggior parte dei casi, salvo qualche rara e molto onorabile eccezione. E si comprende facilmente che non possa essere altrimenti. Lo stato moderno è costituito in modo essenzialmente massonico, i suoi principali rappresentanti sono massoni, ed oggi la cosa pubblica è organizzata e stabilita in modo tale che quasi tutto dipende dall’influenza dello stato, cosa che costituisce il più alto grado di assolutismo immaginabile: ne risulta, come conseguenza rigorosa, che tutto o quasi tutto oggi è subordinato, ad esempio nelle carriere pubbliche, all’influenza diretta o indiretta della massoneria. E la massoneria sarebbe ben insensata se non facesse girare a proprio vantaggio questa potenza colossale di cui gode negli stati moderni. Ora la massoneria è scellerata, ma non manca di abilità così come lucifero, suo occulto ispiratore: non è insensata, ma al contrario estremamente abile, perversa com’è. Da lì viene che, nella distribuzione degli impieghi e delle cariche o funzioni pubbliche, si vede spesso la mano potente della massoneria elevare chi essa vuole, ed arrestare parallelamente al suo grado, questo o quell’avanzamento. È questo che spiega pienamente il fenomeno di certe progressioni e di certe disgrazie. Nei gradi delle armate, la massoneria aiuta il merito personale; ma essa può anche supplire, se lo desidera. Nei concorsi letterari e nella preparazione delle liste di questi concorsi, non è inverosimile che faccia più o meno inclinare la bilancia e ferire la coscienza. Nel commercio e nella navigazione, essa conta su relazioni che sono di un’importanza capitale per il successo. Nelle guerre, essa apre le piazze, facilita la comunicazione dei piani e le confidenze, e talvolta impiega ben altri proiettili con cui ottenere vittorie stupefacenti. Nelle lettere essa procura all’improvviso un successo favoloso a certi drammi, a certi romanzi, a delle opere scientifiche che senza di essa sarebbero rimaste nell’oscurità, così come essa soffoca, per mezzo di una criminale cospirazione del silenzio, l’opera del più sublime genio, che non consente di accettare l’odioso “imprimatur” della setta. Con il favore delle immense risorse che offrono oggi il giornalismo e le associazioni, la massoneria può arrivare, su certi determinati punti, a monopolizzare funzioni sociali e l’opinione pubblica stessa, al punto da mettere chiunque non si sottometta al suo dominio, nella impossibilità di crearsi un posto qualsiasi nella vita sociale. È così che si vede compiere alla lettera ciò che l’Apocalisse ha profetizzato del regno di questa bestia simbolica, che designa, secondo tutti gli interpreti, il potere anticristiano degli ultimi tempi. “Essa otterrà, è detto, che nessuno possa comprare o vendere se non colui che porta sulla fronte il marchio o il sigillo della bestia o la cifra del suo nome”. È alla realizzazione di questo fine che nella vita moderna tende incessantemente la massoneria, e chi può dubitare che essa non l’abbia già in gran parte realizzata? Così con uno scopo di pia unione o di associazione di interessi individuali, convergenti tutti però verso l’interesse generale della setta, essa si converte in società di mutuo soccorso per i suoi affiliati. Questo trucco nel contempo l’aiuta a guadagnare ed a conservare questi affiliati, servendo così a coprire con un mantello onorevole il contrabbando della sua propaganda. È la che si trova la ragione della nostra domanda, o meglio della nostra risposta affermativa e negativa. La massoneria è un’associazione perniciosamente di beneficenza, in quanto lavora, con l’aiuto del soccorso che si prestano mutualmente i suoi membri, ad estendersi ed a esercitare la sua disastrosa influenza sulla macchina sociale, di cui oggi essa è il più potente motore. Essa non è un’associazione di beneficenza, se con essa si intende, come si dovrebbe, un’associazione consacrata all’esercizio della carità per fini puramente caritatevoli, tanto a favore del corpo che dell’anima di colui che ne è l’oggetto, e senza limitare la sua assistenza al cerchio di coloro che sono già affiliati o che si vuole guadagnare all’associazione.

V

Conferma, con l’aiuto di un’osservazione molto ben appropriata alla circostanza, di ciò che è stato detto nel paragrafo precedente.

Che la massoneria non sia un’associazione di beneficenza e di carità, come affermano i suoi affiliati ed i suoi mentori, è un punto di cui si acquisisce la dimostrazione e la convinzione con l’aiuto di un solo argomento, davanti al quale tutti gli altri diventano inutili, ed al quale è impossibile opporre una risposta soddisfacente e ragionevole. Ecco l’argomento: la massoneria gode, per i nostri peccati, di una preponderanza e di una influenza considerevole nel mondo moderno ufficiale ed extraufficiale. In molti punti, ed il Papa lo ha detto, il suo potere occulto equivale in qualche modo alla sovranità. Noi esprimiamo lo stesso pensiero in termini meno velati. Molto frequentemente la massoneria è giunta a sostituire completamente l’antica influenza sociale della quale godeva il Cattolicesimo in tempi migliori. Sì, è così purtroppo, ed i massoni non si vantino affatto di tale trionfo. In un gran numero di sfere della nostra società, il massonismo possiede pienamente oggi tutta l’influenza e tutta l’azione di cui godevano in altre epoche, la Chiesa Cattolica. Ma è qui che noi entriamo in pieno nella nostra argomentazione. Quando, ai tempi della sua preponderanza sociale, l’influenza cattolica dominava il mondo, essa lasciava dappertutto dei monumenti insigni del suo spirito veramente umanitario e caritatevole. Che i nostri avversari non vengano qui a gettarci in faccia le loro banali ridicole accuse di tenebre ed oscurantismo. Questo è scritto nella storia, ed ogni retorica sarà impotente a cancellarla. Quando la Chiesa esercitava nel mondo la sua preponderanza per il bene di questo mondo, non c’era un bisogno al quale Ella non si interessasse, una lacrima che non asciugasse, un’amarezza che non raddolcisse, una sofferenza fisica e morale sulla quale non stendesse la sua materna mano. I grandiosi acquedotti, le confortevoli stazioni termali, i vasti circhi, i superbi archi di trionfo, inventati dal paganesimo, potevano essere splendidi, ancorché essi siano frequentemente arrossati dal sangue; gli ospedali, gli orfanotrofi, gli asili di pellegrinaggio, gli istituti per il riscatto dei prigionieri, non sono stati fondati, sostenuti e serviti che dal Cattolicesimo e nel Cattolicesimo! Non c’è un angolo di terra ove il Cristianesimo abbia dominato, senza che si vedano prove chiare ed irrefutabili di questa verità. Le mille associazioni che esso ha ispirato a questo fine, gli ordini religiosi che ha stabilito con questo scopo, le grazie spirituali per mezzo delle quali ha vivificato ed incoraggiato tutto questo, gli eroi della beneficenza pubblica che esso ha canonizzato: tutto questo è conosciuto e riempie i nostri gloriosi annali. Anche oggi, povera, disprezzata, perseguitata, spogliata nel mondo intero, la Santa Chiesa di Dio trova nel fondo inesauribile della sua immensa carità mille risorse e mezzi per soccorrere e consolare il genere umano. Le sue istituzioni antiche si mantengono in tutto il loro vigore, ed ogni giorno si vedono rifiorire come nuove sotto l’azione della fede generosa che vive in essa. Non è passato nemmeno mezzo secolo da quando ha fondato le Piccole Sorelle dei poveri: e questi angeli terrestri hanno già aperto degli asili per anziani nel mondo intero. Da meno tempo ancora, don Bosco ha fondato i suoi laboratori salesiani, ove già più di centomila giovani operai sono occupati e strappati alla propaganda socialista dallo zelo dell’infaticabile fondatore. Si annunciava già da qualche giorno, la fondazione a Grenoble di queste Piccole Sorelle dell’operaio, che apriranno incessantemente le loro case in mezzo ai fumi del carbone fossile delle nostre fabbriche, per disinfettarle da questo altro fumo infernale che asfissia così spesso l’anima del povero lavoratore. Ecco le meraviglie che ha generato, che genera e produrrà ancora in favore dei suoi nemici e dei suoi persecutori, questa Chiesa di Dio, vilipesa, impoverita e attaccata da ogni parte! – Che fa, dal canto suo, in favore dei poveri e degli abbandonati, la franco-massoneria onnipotente e trionfante? Dove sono le opere che essa ha fondato, le istituzioni che ha creato, i fratelli e le sorelle che essa ha inviato a morire nei giorni lugubri delle epidemie, gli abbandonati che essa accudisce, i fanciulli che raccoglie, le donne perdute che essa riabilita, gli anziani che consola, gli infermi che assiste, i morti che seppellisce? Ove sono i suoi vasti ospizi, i suoi asili spaziosi, gli orfanotrofi ed i lebbrosari, le sue scuole di artigianato e dei mestieri, i suoi rifugi? Invano le cercheremo nelle statistiche contemporanee: i quadri ufficiali mostrati dai governi, non ne fanno alcuna menzione. La massoneria non ha dunque fatto niente? Oh si!, essa ha fatto, ha ben fatto, o meglio disfatto, tante cose. Essa si è impegnata con estremo furore, per anni ed anni, a demolire tutte le istituzioni, a distruggere tutte le nostre opere. Per mezzo delle leggi di confisca, che sono le sue leggi, essa ha rapito alla Chiesa tutto ciò che la pietà dei fedeli aveva accumulato nelle sue mani in favore dei poveri. Per mezzo di leggi ostili alle congregazioni, anche esse sue leggi, essa ha allontanato in Francia, e dal letto dei moribondi, la stessa suora di carità. Per mezzo di altri mille inganni e processi, che sono egualmente opera sua, essa è riuscita a paralizzare dappertutto la nostra azione, a diminuire la nostra influenza, ad allontanare il povero dal prete, a strapparlo, per mezzo delle “solidarietà”, che sono parallelamente una delle sue invenzioni, dalle mani della misericordia divina nell’ora suprema della morte ed a privarlo degli onori della sepoltura cristiana dopo il suo decesso! Ah! Si, a questo punto essa è benefacente, filantropica ed umanitaria, la massoneria! Domandiamolo ai lussuosi monumenti che essa ha elevato per rimpiazzare gli antichi monasteri, per il piacere dei suoi signori usurai: domandiamolo a questa superba carrozza trainata da vigorosi cavalli, e sulla quale si erge nella rispettabile persona questo massone filantropo che si è arricchito con i beni delle istituzioni di beneficenza; chiediamolo a questi demagoghi convertiti in opulenti proprietari con i beni degli ospedali venduti all’asta. Che si metta ancora in dubbio, dopo ciò, la questione di sapere se la massoneria è o non una associazione di beneficenza, che ha saputo trarre buon profitto per se stessa e per i suoi adepti, dai beni dei poveri della Chiesa!

VI

La massoneria considerata dal punto di vista dottrinale, o “massonismo”, il principale oggetto di questo opuscolo.

Dopo il breve articolo consacrato a dare una debole idea della setta massonica dal punto di vista materiale, ci sembra arrivato il momento di parlarne da un punto di vista dottrinale e formale, che è il vero oggetto dell’attuale lavoro, di cui ciò che precede non è che un preliminare o il prologo. È evidente in effetti, come abbiamo detto all’inizio, che per noi e per ogni cattolico che vede le cose con chiarezza, così come le vede il Papa, ciò che costituisce la vera gravità di questo soggetto, non è il raggruppamento di un numero più o meno considerevole di uomini, armati di grembiuli, compassi, sciarpe e squadre, che in certi giorni si divertono a fare una mascherata più o meno esteriore e buffonesca. Quale è il numero di questi uomini? Qual è la loro organizzazione? Quali sono i loro gradi? Le loro feste, le loro cerimonie? è questo uno studio che richiederebbe più di cento volumi, e che ha perso oggi gran parte del suo interesse, dal momento che la massoneria ha cessato di tenere i suoi misteri racchiusi nell’ombra o nella penombra. I nostri lettori possono su questo punto ricorrere a qualche autore che ha scritto su questa materia.- Il soggetto che sollecita attualmente la nostra attenzione è meno conosciuto. Il “massonismo” è qualcosa più della massoneria: è una parola, come si direbbe nel linguaggio scolastico, che ha un significato più esteso: è un concetto più generale, più ampio, di più vasta comprensione. Il massonismo è la dottrina della massoneria, è il suo spirito, la sua influenza; è questa atmosfera che si estende in tutti i sensi e giunge ad infettare col suo veleno il mondo intero ed a fare numerose vittime tra coloro che massoni non sono. Il massonismo è un insieme di principi, di massime, di teorie, di processi, di applicazioni, che sono riusciti a formare una corrente che coinvolge il mondo moderno, dopo averlo fatto uscire completamente, almeno nella sua parte ufficiale, dalla fede antica che Dio e la Chiesa avevano tracciato. Il massonismo è questa cosa che fa che un cristiano convinto, e che vuole perseverare nella sua fermezza, sembri oggi un “fenomeno”, una singolarità esotica che contrasta con tutto ciò che lo circonda. Il massonismo infine, è pressappoco ciò che troveranno naturale ed accettabile gli uomini di mondo nell’era attuale, ed anche numerosi cattolici obbligati in coscienza a ragionare secondo altri principi. Ed essi li giudicano naturali ed accettabili, perché si sono formati, spesso senza pensarci, un criterio massonico in luogo di un criterio cattolico: essi vedono, apprezzano, giudicano, decidono, agiscono secondo dei principi massonici; ed essi fanno tutto questo senza essere massoni, e persuasi forse di aborrire in cuor loro la massoneria. È questo il carattere più orribile dell’epoca attuale: l’ignoranza completa della loro vera situazione, nella quale vivono un gran numero di uomini cattolici a “loro modo”, e che la rivoluzione trova come suoi ausiliari più attivi e potenti. Tale è il trionfo veramente satanico che si propone di ottenere la massoneria, e che, diciamolo francamente, ha già in gran parte ottenuto. Dopo aver escluso dal mondo sociale l’immagine di Cristo che la predicazione cristiana vi aveva impresso, ed averla rimpiazzata con l’immagine di satana, senza che il mondo sembri accorgersi di questo cambiamento, essa ha rimpiazzato il Cattolicesimo, che è l’anima della società, con il massonismo, senza che l’imprevidenza degli uomini abbia permesso di constatare la differenza che esiste tra lo spirito che anima oggi il corpo sociale e quello che lo animava in altri tempi. [Questa situazione oggi si è realizzata anche nella Chiesa Cattolica che insensibilmente e lentamente, si è trasformata per l’apporto della massoneria ebraica e della “quinta colonna” dei marrani, in sinagoga di satana, guidata da antipapi servi di lucifero, e senza che quasi nessuno se ne sia accorto, o meglio, se ne “voglia” accorgere – ndt.-]. Ecco perché noi diamo al “massonismo” una sì grande importanza ben al di sopra della massoneria. Quest’ultima è stata lo strumento di cui esso si è servito per demolire l’antico edificio di cui la Croce era il coronamento, per edificare il nuovo edificio, che non vuole affiggere segni cristiani. Lo strumento perde la sua importanza quando questo edificio è costruito. Così infatti, quando la massoneria ha raggiunto il suo scopo sociale, comincia a mettere da parte questo ridicolo apparato cerimoniale del quale fino ad ora si era circondata e del quale oramai non ha più bisogno per compiere la sua infernale missione. Fino al punto che non saremo più stupefatti, se le cose continuano ad andare avanti, di vedere un giorno dichiarare la chiusura di tutte le logge. A cosa serviranno in effetti esse, quando tutto il mondo ufficiale non sarà più che una immensa loggia? Si ha dunque ragione, fino ad un certo punto, di dire che la massoneria ha oggi meno importanza di un secolo fa. Questo è naturale, perché essendo dappertutto il massonismo sovrano, la massoneria deve rinunciare alla propaganda che ha perso così la sua principale ragion d’essere. Il massonismo domina tutto oggi, e di fronte ad esso, in mezzo alle rovine che ha accumulato, non resta in piedi se non il Cattolicesimo. Il massonismo ed il Cattolicesimo sono i veri elementi essenzialmente opposti, nella terribile lotta attuale: ecco perché abbiamo sintetizzato, riassunto in poche parole tutto il piano del nostro presente lavoro. Andiamo dunque a vedere, prendendo come guida il Papa, ciò che è il massonismo, quali siano le applicazioni pratiche nelle quali si riflette la sua ispirazione satanica nell’ambito della società attuale, e quali siano i punti principali sui quali è in disaccordo con la Dottrina Cattolica.

VII

Concetto intrinseco della massoneria sotto il rapporto dottrinale, o concetto essenziale di tutta la dottrina massonica.

 La massoneria non è soltanto una società che ha degli adepti; essa è un simbolo di dottrine che gli adepti si sforzano di far prevalere ad ogni costo nella sfera sociale. È a queste dottrine massoniche, alle mille influenze che tentano di far prevalere, all’applicazione variegata che si da’ di queste dottrine nella vita pubblica e, ai nostri giorni, finanche nella vita privata, che noi diamo il nome di massonismo. Qual è dunque, ci chiediamo ora, il concetto, l’idea fondamentale del massonismo? Il Papa risponde, nella sua magistrale Enciclica “Humanum genus”, in questi termini che precisano e definiscono chiaramente tutta la questione: « I franco-massoni si propongono, in tutti i loro sforzi tendenti a questo scopo, di distruggere interamente ogni disciplina religiosa e sociale nata dalle istituzioni cristiane, e sostituirle con altre adattate alle loro idee, ed i cui princìpi e leggi fondamentali sono tratte dal naturalismo ». Il massonismo, pertanto, in bare a questa definizione, non è dunque che il “naturalismo”. Che cos’è questo naturalismo? Questa parola porta in se stessa il suo significato, e la sua etimologia ne fornisce la più chiara definizione. Il naturalismo è la negazione, o almeno l’esclusione, dell’ordine soprannaturale cristiano. Il naturalismo è dunque un anticristianesimo completo e perfetto. Entriamo in qualche spiegazione. Tutto l’ordine cristiano è fondato sul dogma della caduta originaria dell’uomo e sulla sua riabilitazione mediante l’Incarnazione del Figlio unico di Dio. L’uomo naturale è dunque l’uomo del peccato, che non ha alcun mezzo, né per essere convenientemente buono sulla terra, né per arrivare al suo fine ultimo all’uscita da questa vita. Per essere convenientemente buono ed ottenere il suo fine ultimo, l’uomo deve essere non l’uomo naturale, che è decaduto, ma l’uomo soprannaturalizzato che Gesù-Cristo ha rivelato e sostiene con la sua grazia. Per parlare più chiaramente, non è oggi sufficiente all’uomo essere l’uomo della creazione, egli deve essere l’uomo della Redenzione. L’esistenza dell’uomo non gli dà la sua perfezione intera, ma occorre che sia bensì cristiano. È sui principi della verità eterna, presentiti un giorno dalla stessa filosofia umana, ma messa in luce solamente dalla rivelazione divina su cui è fondato il Cattolicesimo, ed è da questi principi che trae logicamente tutte le sue conseguenze. – Il naturalismo parte da principi radicalmente opposti. Secondo esso, l’uomo non è caduto, e di conseguenza non ha bisogno di riabilitazione. Se c’è un Dio Creatore, il naturalismo non ne ha certezza; ma in cambio esso sa pertinentemente che non c’è Redentore. Gesù-Cristo è stato dunque un uomo “puro”, e la Chiesa è un puro inganno. L’essere ragionevole è perfetto e per arrivare a tutti i suoi fini, anche al suo fine ultimo, non ha bisogno di alcun soccorso che sia al di fuori della conoscenza e della portata del naturalismo! L’uomo ha dunque in se stesso tutti i mezzi propri ad ottenere questi fini, mezzi che gli sono assolutamente sufficienti; egli sa tutto ciò che gli è necessario sapere, perché la sua ragione è in tutta la sua integrità; egli osserva tutto ciò che gli conviene, perché la sua volontà non è stata indebolita; egli supera tutte le resistenze che l’appetito o la passione oppongono alla legge morale, perché il suo libero arbitrio non ha subìto alcuna influenza. E come l’uomo si rende autosufficiente in tutto, così pure la società è ugualmente autosufficiente, poiché nella sua ragione essa è perfettamente illuminata e possiede l’onniscienza; nella sua volontà essa è perfettamente sana e non ha alcuna tendenza al male; nel suo libero arbitrio, essa non deve affatto resistere alle cattive inclinazioni ed agli istinti perversi. Quindi si ignori tutto questo ordine soprannaturale che il Cristianesimo proclama come un ausilio indispensabile della natura inferma e decaduta! Che non ci siano più, inoltre: 1° – una questione che riguardi Gesù-Cristo considerato come l’Autore, il conservatore ed il consumatore di questo ordine soprannaturale; – 2° l’organizzazione speciale del soprannaturale che si chiama Chiesa Cattolica, ed infine – 3° questo Essere supremo, misterioso, che si chiama Dio, e che è l’ultima logica negazione del naturalismo. Ecco, superficialmente schizzato, nei suo tratti principali, questo sistema anticristiano del quale è facile ora distinguere a prima vista i fondamenti assurdi. Anche facendo astrazione da ciò che insegna la rivelazione di Gesù-Cristo, appoggiata su tutti i suoi potenti motivi di credibilità, l’idea che il naturalismo si fa dell’uomo e della società, è un’idea evidentemente falsa. Secondo questo sistema, l’uomo è perfetto, la società è perfetta, essi trovano da se stessi tutto ciò che sia loro necessario, e non hanno bisogno di nulla che sia loro superiore. – Ma l’uomo è debole, cieco, miserabile; da se stesso inclinato al male, il suo libero arbitrio è continuamente in lotta con gli istinti perversi, ai quali non resisterebbe senza la grazia di Dio. Egli ha dunque bisogno di una Luce superiore per conoscere, di una Forza superiore per agire, di un Soccorso superiore per non essere continuamente vinto. Egli non è un essere perfetto, egli è una miserabile rovina di qualche cosa che un giorno ebbe la sua perfezione, e che poi ha avuto bisogno di essere restaurato a caro prezzo. Egli nasce piangendo e non può essere buono se non lottando e trionfando da se stesso; in più, anche per ben morire, bisogna che qualcuno gli venga in aiuto. E la società? La società, unione di uomini, è come ogni insieme, della stessa natura delle sue parti. Essa è imperfetta, decaduta, portata al male, e non riesce a vivere che grazie alla repressione ed al freno che essa si impone; ciò che è da sé, il segno di una ben esile perfezione. – Ecco dunque come, fondato su queste basi ingannevoli, il naturalismo intero è pura menzogna. E tuttavia il naturalismo o il massonismo è il grande sistema teorico e pratico del mondo attuale! [Continua …]