CREMAZIONE = DANNAZIONE

CREMAZIONE = DANNAZIONE

“Figliuolo, spargi lacrime sopra il morto, e come per duro avvenimento, comincia a sospirare e secondo il rito, ricopri il suo corpo, e non trascurare la sua sepoltura”. (Sir. XXXVIII, 16)

[da: Enciclopedia Cattolica, vol IV, voce: Cremazione, C. d. V. 1951].

Trattiamo, su richiesta di alcuni lettori, del tema di grande attualità e di grande importanza per la nostra anima e per l’eterna salvezza: intendiamo parlare della pratica neo-pagana, o se preferite, gnostico-massonica, della cremazione. Secondo una simbologia piuttosto convenzionale, l’incenerimento dei defunti sembra voler significare che i corpi sono per sempre risoluti e dispersi, secondo il concetto gnostico del “tutto universale” nel quale ogni cosa si dissolverebbe alla sua morte, come ogni altra cosa priva di anima immortale, come le piante o le bestie; il rito cristiano, invece, dell’inumazione accompagna l’idea della morte equiparata al sonno, ed esprime con più aderenza la fede cristiana della finale resurrezione, ciò come espressione simbolica, non come realtà. In via assoluta, infatti, la cremazione non è contraria a nessuna verità naturale o rivelata; molto meno è tale da costituire un ostacolo all’onnipotenza di Dio per la resurrezione dei corpi. E neppure può dirsi che leda in qualche modo i diritti della persona umana: il cadavere non è più persona e quindi non è più per sé ed in sé essenzialmente inviolabile. Di fatto però la cremazione è ripugnante alla disciplina della Chiesa fin dai suoi primi inizi, contraria agli squisiti sensi di pietà cristiana verso i defunti; mentre il rito contrario, l’inumazione, per unanime, ininterrotto, tradizionale insegnamento, è assurto ad una aderente significazione dell’immortalità dell’anima, della fede nella resurrezione della carne; ad un richiamo palese di avvenimenti ed insegnamenti biblici, già operanti nella tradizione giudaica (si pensi alla figura del vecchio Tobia che rischiava la propria vita per custodire nella sua casa i morti che di notte poi segretamente seppelliva), come dell’idea del corpo-seme (I Cor. XV, 36-44), della terra-madre (Gen. III, 19; Giob. I, 21, Eccli. XL, 1.) della morte-riposo e sonno (Dan. XII, 2; Jo. XI, 11-39). – Tale pratica essenzialmente pagana fu ridotta man mano che si diffondeva il Cristianesimo. Con la vittoria della Chiesa tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, cessa la cremazione nell’Impero romano. Poi cessò fino a dissolversi pure in ogni paese ove era penetrato il Cristianesimo. Dopo l’anno mille, prese piede una strana usanza funebre in Europa, quella di cuocere bollendoli i cadaveri per scarnificarli artificialmente, perché più facilmente le ossa ripulite potessero essere trasportate da un luogo ad un altro. Una decretale di Bonifacio VIII (1299), colpisce di scomunica “latae sententiae” riservata alla santa Sede, i mandanti e gli esecutori di tale operazione, privando il corpo, così trattato di sepoltura ecclesiastica (c. I, De sepulturis, III, 6 in “Extravag. Comm.”). La decretale nel suo testo e contesto è anche una condanna implicita della cremazione, condanna che ebbe i suoi effetti perché la pratica della cottura e dell’incenerimento dei corpi fu interrotta per secoli. – Le origini del moderno movimento per la cremazione si vogliono ricollegare con la rivoluzione del XVIII secolo. Un primo progetto del Consiglio dei Cinquecento in Francia del 1797, per rendere facoltativa la cremazione, fu respinto, ma più tardi in diversi paesi europei ebbero successo altri tentativi. La massoneria ha molte responsabilità al riguardo. Pur non potendosi, per insufficienza di prove, imputarle la genesi di tale movimento, è vero che lo ha favorito in tutti i modi per spirito soprattutto anticlericale, curando di dargli quel carattere di indipendenza e di spirito di libertà di pensiero, di svincolamento da tradizioni religiose, che è stata la causa principale della condanna della Chiesa. Mentre la Chiesa diede prova di tolleranza in materia con i neofiti dell’India per non porre ostacoli alla loro conversione, intransigente invece si mostrò per opposte ragioni al fronte dei cremazionisti dei paesi cattolici, nei quali era evidente il proposito di scristianizzare. Nel 1° documento che è della S. Congregazione del S. Ufficio in data 19 maggio 1886 (Approvato dal Sommo Pontefice Leone XIII), la Chiesa condanna la cremazione come un detestabile abuso, proibisce di destinare per testamento o convenzione con le società di cremazione, o comunque, il proprio cadavere alla cremazione, o di far cremare quello degli altri; proibisce di appartenere a società cremazioniste, che, se affiliate alla massoneria, soggiacciono alle pene ecclesiastiche comminate contro quest’ultima, cioè le numerose scomuniche dei Papi dell’epoca, collezionate in pochi anni (Acta Sanctæ Sedis 19, 1886, p. 46.). Il 15 dicembre dello stesso anno usciva un altro decreto della medesima Congregazione, che interdiceva ai sacerdoti l’accesso al forno crematoio per compiervi i sacri riti, pur permettendoli nella casa dei fedeli o in Chiesa, qualora la cremazione avesse luogo per volontà dei superstiti. Ché se la cremazione avviene per destinazione del defunto, mantenuta fino alla morte, egli è privato della sepoltura ecclesiastica, come gli eretici e gli apostati scomunicati. Altri decreti in tale direzione, proibenti con l’interdizione dei sacramenti anche per i non massoni, furono sempre emessi dalla Congregazione dell’Indice il 27 luglio 1892, il 3 agosto del 1897 (in Acta Sanctæ Sedis, 30 del 1897, p. 630). Il 25 febbraio 1926 (AAS, 18 – 1926 – p. 282), ancora una volta il S. Ufficio ribadiva la condanna della Chiesa verso la pratica abominevole della cremazione come pure nel giugno del 1926. Il Codice Canonico (quello vero, pio-benedettino del 1917, che fa parte del Magistero infallibile ed irreformabile della Chiesa) è ancor più esplicito: La pena per chi, in qualunque modo, abbia dato disposizione che venga cremato il proprio cadavere, e non l’abbia ritrattata, è a norma del can. 2291 n. 5 e 1240 §1 n. 5, la privazione della sepoltura ecclesiastica e quindi, a norma del can. 1204, dell’accompagnamento alla Chiesa, delle esequie e della deposizione in luogo sacro. Conseguentemente il defunto sarà privato di qualunque messa esequiale, anche anniversaria (can. 1241). Alla luce di questi documenti ufficiali della vera Chiesa Cattolica, sottoscritti da Pontefici canonicamente validamente eletti, e quindi non modificabili in alcun modo da nessun vero successore alla Cattedra di S. Pietro (solo dei burattini massonici hanno potuto riformare riti, dottrina e canoni, ovviamente in modo truffaldino ed invalido), colui che decide di farsi cremare, o chi per lui decida, specie se appartenente alle conventicole di perdizione, è candidato all’eterna dannazione, ed in pratica anticipa di poco, con il fuoco materiale, lo stato di “fuoco eterno dell’inferno” promesso ai reprobi dal decreto evangelico del Signore Nostro Gesù Cristo. La cremazione, in altre parole, è l’anticamera del fuoco eterno nel quale verrà gettato ogni tralcio secco e sterile staccatosi dalla vite piantata dal Cristo, cioè la sua unica Chiesa, stabile, incorruttibile, immarcescibile, irreformabile nella dottrina e nella morale.  

Credo …. unam sanctam cathólicam et apostólicam Ecclésiam!

26 OTTOBRE 1958: HABEMUS PAPAM… IMPEDITUM

26 OTTOBRE 1958 HABEMUS PAPAM … IMPEDITUM

…. et mulier fugit in solitudinem ubi habebat locum paratum a Deo … et datæ sunt mulieri alæ duæ aquilæ magnæ ut volaret in desertum in locum suum… Et iratus est draco in mulierem: et abiit facere praelium cum reliquis de semine ejus, qui custodiunt mandata Dei, et habent testimonium Jesu Christi. (Apoc. XII)

… E alla Donna, cioè alla Chiesa, furono date ali di aquila per fuggire nel deserto, lungi dalla corruzione di uomini immondi e perversi dei quali è scritto:

Væ illis, quia in via Cain abierunt, et errore Balaam mercede effusi sunt, et in contradictione Core perierunt! Hi sunt in epulis suis maculae, convivantes sine timore, semetipsos pascentes, nubes sine aqua, quæ a ventis circumferentur, arbores autumnales, infructuosæ, bis mortuæ, eradicatæ, …

in novissimo tempore venient illusores, secundum desideria sua ambulantes in impietatibus. Hi sunt, qui segregant semetipsos, animales, Spiritum non habentes.

[Guai ad essi! Perché si sono incamminati per la strada di Caino e, per sete di lucro, si sono impegolati negli errori di Balaàm e sono periti nella ribellione di Kore. Sono la sozzura dei vostri banchetti, sedendo insieme a mensa senza ritegno, pascendo se stessi; come nuvole senza pioggia portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, due volte morti, sradicati; come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture; come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno …

Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni. Tali sono quelli che provocano scismi, bestie prive dello Spirito. (Ep. Jud.).

Roma perderà la fede, e sarà la sede dell’anticristo… La Chiesa sarà eclissata … (La Salette, 1846).

La sinagoga massonica, sede dell’anticristo, si insedia nel luogo santo spacciandosi per Chiesa di Cristo ….

Transfiguratus in angelum lucis, cum tota malignorum spirituum caterva late circuit et invadit terram, ut in ea deleat nomen Dei et Christi eius, animasque ad aeternae gloriæ coronam destinatas furetur, mactet ac perdat in sempiternum interitum. Virus nequitiæ suæ, tamquam flumen immundissimum, draco maleficus transfundit in homines depravatos mente et corruptos corde; spiritum mendacii, impietatis et blasphemiæ; halitumque mortiferum luxuriæ, vitiorum omnium et iniquitatum. Ecclesiam, Agni immaculati sponsam, faverrimi hostes repleverunt amaritudinibus, inebriarunt absinthio; ad omnia desiderabilia eius impias miserunt manus.

Ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est, ibi thronum posuerunt abominationis et impietatis suæ; ut percusso Pastore, et gregem disperdere valeant.

(Preghiera a S. Michele di S. S. Leone XIII).

… Vade, satana, inventor et magister omnis fallaciæ, hostis hamanæ salutis. Da locum Christo, in quo nihil invenisti de operibus tuis; da locum Ecclesiæ uni, santæ, catholicæ, et apostolicæ, quam Christus ipse acquisivit sanguine suo.

SED PORTÆ INFERI NON PRÆVALEBUNT ADVERSUS EAM… (Matth. XVI, 18)

Et IPSA  conteret caput tuum.

PROFEZIA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI: LO “STERMINATORE” È TRA NOI VISIBILE DAL 28 OTTOBRE 1958

PROFEZIA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI: LO STERMINATORE È TRA Noi VISIBILE DAL 28 OTTOBRE 1958

Dopo aver convocato i suoi fratelli poco prima della sua morte (1226), Francesco ha avvertito su tribolazioni future, dicendo:

« Fratelli agite con forza e fermezza in attesa del Signore. Un periodo di grandi tribolazioni e afflizioni in cui grandi pericoli e imbarazzi temporali e spirituali accadranno; la carità di molti si raffredderà e l’iniquità dei malvagi abbonderà. Il potere dei demoni sarà più grande del solito, la purezza immacolata della nostra comunità religiosa e altri saranno appassiti al punto che ben pochi fra i Cristiani vorranno obbedire al vero sommo Pontefice e alla Chiesa Romana con un cuore sincero e perfetta carità.

« Nel momento decisivo di questa crisi, un personaggio non canonicamente eletto, elevato al Soglio pontificio, si adopererà a propinare sagacemente a molti il veleno mortale del suo errore.

Mentre gli scandali si moltiplicheranno, la nostra Congregazione religiosa sarà divisa tra altre che saranno completamente distrutte, perché i loro membri non si opporranno, ma consentiranno all’errore. Ci saranno così tante e tali opinioni e divisioni tra la gente, e tra i religiosi e i chierici che, se quei giorni malefici non fossero abbreviati, come annunciato dal Vangelo, anche gli eletti cadrebbero nell’errore (se fosse possibile), se in tale uragano non fossero protetti dall’immensa misericordia di Dio. Così la nostra Regola e il nostro modo di vita saranno violentemente attaccati da alcuni. Delle tentazioni terribili sorgeranno.

« Coloro che supereranno la grande prova riceveranno la corona della vita. Guai a quelli tiepidi che metteranno ogni loro speranza nella vita religiosa, senza resistere saldamente alle tentazioni consentite per provare gli eletti. Coloro che nel fervore spirituale abbracceranno la pietà con la carità e zelo per la verità, subiranno persecuzioni e insulti come se fossero scismatici e disobbedienti. Perché i loro persecutori, spronati da spiriti maligni, diranno che in questo modo prestano grande onore a Dio nell’uccidere e rimuovere dalla terra degli uomini tanto cattivi. Allora il Signore sarà il rifugio degli afflitti e Lui li salverà, perché hanno sperato in Lui. E poi per rispettare il loro Capo, agiranno secondo la Fede e sceglieranno di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, acquistando con la morte la vita eterna, non volendo conformarsi all’errore e alla perfidia, per assolutamente non temere la morte.

« Così alcuni predicatori terranno la verità in silenzio e negandola la calpesteranno.

“La santità di vita sarà derisa da coloro che la professano solo esteriormente e per questa ragione Nostro Signore Gesù Cristo invierà loro non un degno pastore, ma uno sterminatore“.

[Opera Omnia S. FRANCISCI ASSISIATIS, col. 430 Paris Imp. Bibliothèque écclésiastique 1880 (dalle annotations de Louis-Hubert Remy) – Grassetto e colore, redazionale -].

Tutto si sta realizzando nei minimi dettagli … La profezia del Santo serafico è allineata perfettamente alle profezie bibliche: Apocalisse, S. Paolo in II Tess., Daniele XII, S. Matt. XXIV, etc… Lo sterminatore con il suo veleno modernista è tra noi dal 1958 incarnato nei masso-prelati Roncalli, Montini, Woitila …  fino ai sigg. Ratzinger e Bergoglio … Ma non lo temiamo, la nostra fede irremovibile nella parola di Cristo e nel santo Magistero Ecclesiasticio, lo abbatterà e ci salverà l’anima. Per i seguaci dello “sterminatore” (modernisti del novus ordo, i discepoli del cavaliere kadosh, i sedevacantisti e i cani sciolti vari) c’è lo stagno di fuoco ad attenderli … in eterno.

31 ANNO IN “ECLISSI”… MA LE PORTE DEGLI INFERI NON PRÆVALEBUNT (3 MAGGIO 2022)

3 MAGGIO 2022

Oggi la Chiesa Cattolica, nella sacra Liturgia ricorda il Ritrovamento della Croce sulla quale era morto N. S. Gesù Cristo riscattando il genere umano dalla schiavitù del demonio. Nello stesso giorno, il 3 maggio 1991 veniva eletto al Sommo Pontificato, S. S. Gregorio XVIII, successore di S. S. Gregorio XVII, Giuseppe Siri. In tal modo si perpetuava la successione apostolica ( … Pietro avrà una successione perpetua… ) del Vicario di Cristo a capo visibile della Chiesa senza macchia e senza rughe, la Sposa di Cristo, Luce di Sapienza dei popoli, Maestra infallibile di verità che non si inganna e non inganna e via unica di salvezza eterna. Il Santo Padre raggiunge così quota 31 anni di Pontificato, uguagliando il suo predecessore, ed avvicinandosi alla durata del regno di S. S. Pio IX, il secondo dopo S. Pietro. Al proposito riportiamo un documento infallibile ed irreformabile circa la perpetuità del sommo Pontificato infallibile affidato a Pietro ed ai suoi successori:

COSTITUZIONE DOGMATICA
PASTOR AETERNUS
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO IX

Il Vescovo Pio, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del Sacro Concilio. A perpetua memoria.

Il Pastore eterno e Vescovo delle nostre anime, per rendere perenne la salutare opera della Redenzione, decise di istituire la santa Chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli si ritrovassero uniti nel vincolo di una sola fede e della carità. Per questo, prima di essere glorificato, pregò il Padre non solo per gli Apostoli, ma anche per tutti coloro che avrebbero creduto in Lui attraverso la loro parola, affinché fossero tutti una cosa sola, come lo stesso Figlio e il Padre sono una cosa sola. Così dunque inviò gli Apostoli, che aveva scelto dal mondo, nello stesso modo in cui Egli stesso era stato inviato dal Padre: volle quindi che nella sua Chiesa i Pastori e i Dottori fossero presenti fino alla fine dei secoli.

Perché poi lo stesso Episcopato fosse uno ed indiviso e l’intera moltitudine dei credenti, per mezzo dei sacerdoti strettamente uniti fra di loro, si conservasse nell’unità della fede e della comunione, anteponendo agli altri Apostoli il Beato Pietro, in lui volle fondato l’intramontabile principio e il visibile fondamento della duplice unità: sulla sua forza doveva essere innalzato il tempio eterno, e la grandezza della Chiesa, nell’immutabilità della fede, avrebbe potuto ergersi fino al cielo [S. Leo M., Serm. IV al. III, cap. 2 in diem Natalis sui]. E poiché le porte dell’inferno si accaniscono sempre più contro il suo fondamento, voluto da Dio, quasi volessero, se fosse possibile, distruggere la Chiesa, Noi riteniamo necessario, per la custodia, l’incolumità e la crescita del gregge cattolico, con l’approvazione del Sacro Concilio, proporre la dottrina relativa all’istituzione, alla perennità e alla natura del sacro Primato Apostolico, sul quale si fondano la forza e la solidità di tutta la Chiesa, come verità di fede da abbracciare e da difendere da parte di tutti i fedeli, secondo l’antica e costante credenza della Chiesa universale, e respingere e condannare gli errori contrari, tanto pericolosi per il gregge del Signore.

Capitolo I – Istituzione del Primato Apostolico nel Beato Pietro

Proclamiamo dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore in modo immediato e diretto. Solamente a Simone, infatti, al quale già si era rivolto: “Tu sarai chiamato Cefa” (Gv 1,42), dopo che ebbe pronunciata quella sua confessione: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo”, il Signore indirizzò queste solenni parole: “Beato sei tu, Simone Bariona; perché non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli: e io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli” (Mt 16,16-19). E al solo Simon Pietro, dopo la sua risurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e di guida su tutto il suo ovile con le parole: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore” (Gv 21,15-17). A questa chiara dottrina delle sacre Scritture, come è sempre stata interpretata dalla Chiesa cattolica, si oppongono senza mezzi termini le malvagie opinioni di coloro che, stravolgendo la forma di governo decisa da Cristo Signore nella sua Chiesa, negano che Cristo abbia investito il solo Pietro del vero e proprio primato di giurisdizione che lo antepone agli altri Apostoli, sia presi individualmente, sia nel loro insieme, o di coloro che sostengono un primato non affidato in modo diretto e immediato al beato Pietro, ma alla Chiesa e, tramite questa, all’Apostolo come ministro della stessa Chiesa.

Se qualcuno dunque affermerà che il beato Pietro Apostolo non è stato costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, o che non abbia ricevuto dallo stesso Signore Nostro Gesù Cristo un vero e proprio primato di giurisdizione, ma soltanto di onore: sia anatema.

Capitolo II – Perpetuità del Primato del Beato Pietro nei Romani Pontefici

Ciò che dunque il Principe dei pastori, e grande pastore di tutte le pecore, il Signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato Apostolo Pietro per rendere continua la salvezza e perenne il bene della Chiesa, è necessario, per volere di chi l’ha istituita, che duri per sempre nella Chiesa la quale, fondata sulla pietra, si manterrà salda fino alla fine dei secoli. Nessuno può nutrire dubbi, anzi è cosa risaputa in tutte le epoche, che il santo e beatissimo Pietro, Principe e capo degli Apostoli, colonna della fede e fondamento della Chiesa cattolica, ricevette le chiavi del regno da Nostro Signore Gesù Cristo, Salvatore e Redentore del genere umano: Egli, fino al presente e sempre, vive, presiede e giudica nei suoi successori, i vescovi della santa Sede Romana, da lui fondata e consacrata con il suo sangue [Cf. Ephesini Concilii, Act. III]. Ne consegue che chiunque succede a Pietro in questa Cattedra, in forza dell’istituzione dello stesso Cristo, ottiene il Primato di Pietro su tutta la Chiesa. Non tramonta dunque ciò che la verità ha disposto, e il beato Pietro, perseverando nella forza che ha ricevuto, di pietra inoppugnabile, non ha mai distolto la sua mano dal timone della Chiesa [S. Leo M., Serm. III al. II, cap. 3]. È questo dunque il motivo per cui le altre Chiese, cioè tutti i fedeli di ogni parte del mondo, dovevano far capo alla Chiesa di Roma, per la sua posizione di autorevole preminenza, affinché in tale Sede, dalla quale si riversano su tutti i diritti della divina comunione, si articolassero, come membra raccordate alla testa, in un unico corpo [S. Iren., Adv. haer., I, III, c. 3 et Conc. Aquilei. a. 381 inter epp. S. Ambros., ep. XI].

Se qualcuno dunque affermerà che non è per disposizione dello stesso Cristo Signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro abbia per sempre successori nel Primato sulla Chiesa universale, o che il Romano Pontefice non sia il successore del beato Pietro nello stesso Primato: sia anatema.

Capitolo III – Della Forza e della Natura del Primato del Romano Pontefice

Sostenuti dunque dalle inequivocabili testimonianze delle sacre lettere e in piena sintonia con i decreti, chiari ed esaurienti, sia dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, sia dei Concili generali, ribadiamo la definizione del Concilio Ecumenico Fiorentino che impone a tutti i credenti in Cristo, come verità di fede, che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice detengono il Primato su tutta la terra, e che lo stesso Romano Pontefice è il successore del beato Pietro, Principe degli Apostoli, il vero Vicario di Cristo, il capo di tutta la Chiesa, il padre e il maestro di tutti i cristiani; a lui, nella persona del beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù Cristo, il pieno potere di guidare, reggere e governare la Chiesa universale. Tutto questo è contenuto anche negli atti dei Concili ecumenici e nei sacri canoni.

Proclamiamo quindi e dichiariamo che la Chiesa Romana, per disposizione del Signore, detiene il primato del potere ordinario su tutte le altre, e che questo potere di giurisdizione del Romano Pontefice, vero potere episcopale, è immediato: tutti, pastori e fedeli, di qualsivoglia rito e dignità, sono vincolati, nei suoi confronti, dall’obbligo della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza, non solo nelle cose che appartengono alla fede e ai costumi, ma anche in quelle relative alla disciplina e al governo della Chiesa, in tutto il mondo. In questo modo, avendo salvaguardato l’unità della comunione e della professione della stessa fede con il Romano Pontefice, la Chiesa di Cristo sarà un solo gregge sotto un solo sommo pastore. Questa è la dottrina della verità cattolica, dalla quale nessuno può allontanarsi senza perdita della fede e pericolo della salvezza.

Questo potere del Sommo Pontefice non pregiudica in alcun modo quello episcopale di giurisdizione, ordinario e immediato, con il quale i Vescovi, insediati dallo Spirito Santo al posto degli Apostoli, come loro successori, guidano e reggono, da veri pastori, il gregge assegnato a ciascuno di loro, anzi viene confermato, rafforzato e difeso dal Pastore supremo ed universale, come afferma solennemente San Gregorio Magno: “Il mio onore è quello della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei fratelli. Io mi sento veramente onorato, quando a ciascuno di loro non viene negato il dovuto onore” [Ep. ad Eulog. Alexandrin., I, VIII, ep. XXX].

Dal supremo potere del Romano Pontefice di governare tutta la Chiesa, deriva allo stesso anche il diritto di comunicare liberamente, nell’esercizio di questo suo ufficio, con i pastori e con i greggi della Chiesa intera, per poterli ammaestrare e indirizzare nella via della salvezza. Condanniamo quindi e respingiamo le affermazioni di coloro che ritengono lecito impedire questo rapporto di comunicazione del capo supremo con i pastori e con i greggi, o lo vogliono asservire al potere civile, poiché sostengono che le decisioni prese dalla Sede Apostolica, o per suo volere, per il governo della Chiesa, non possono avere forza e valore se non vengono confermate dal potere civile.

E poiché per il diritto divino del Primato Apostolico il Romano Pontefice è posto a capo di tutta la Chiesa, proclamiamo anche ed affermiamo che egli è il supremo giudice dei fedeli [Pii VI, Breve Super soliditate, d. 28 Nov. 1786] e che in ogni controversia spettante all’esame della Chiesa, si può ricorrere al suo giudizio [Conc. Oecum. Lugdun. II]. È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]. Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici.

Dunque se qualcuno affermerà che il Romano Pontefice ha semplicemente un compito ispettivo o direttivo, e non il pieno e supremo potere di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo per quanto riguarda la fede e i costumi, ma anche per ciò che concerne la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o che è investito soltanto del ruolo principale e non di tutta la pienezza di questo supremo potere; o che questo suo potere non è ordinario e diretto sia su tutte e singole le Chiese, sia su tutti e su ciascun fedele e pastore: sia anatema.

Capitolo IV – Del Magistero Infallibile del Romano Pontefice

Questa Santa Sede ha sempre ritenuto che nello stesso Primato Apostolico, posseduto dal Romano Pontefice come successore del beato Pietro Principe degli Apostoli, è contenuto anche il supremo potere di magistero. Lo conferma la costante tradizione della Chiesa; lo dichiararono gli stessi Concili Ecumenici e, in modo particolare, quelli nei quali l’Oriente si accordava con l’Occidente nel vincolo della fede e della carità. Proprio i Padri del quarto Concilio di Costantinopoli, ricalcando le orme dei loro antenati, emanarono questa solenne professione: “La salvezza consiste anzitutto nel custodire le norme della retta fede. E poiché non è possibile ignorare la volontà di nostro Signore Gesù Cristo che proclama: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”, queste parole trovano conferma nella realtà delle cose, perché nella Sede Apostolica è sempre stata conservata pura la religione cattolica, e professata la santa dottrina. Non volendo quindi, in alcun modo, essere separati da questa fede e da questa dottrina, nutriamo la speranza di poterci mantenere nell’unica comunione predicata dalla Sede Apostolica, perché in lei si trova tutta la vera solidità della religione cristiana” [Ex formula S. Hormisdae Papae, prout ab Hadriano II Patribus Concilii Oecumenici VIII, Constantinopolitani IV, proposita et ab iisdem subscripta est]. Nel momento in cui si approvava il secondo Concilio di Lione, i Greci dichiararono: “La Santa Chiesa Romana è insignita del pieno e sommo Primato e Principato sull’intera Chiesa Cattolica e, con tutta sincerità ed umiltà, si riconosce che lo ha ricevuto, con la pienezza del potere, dallo stesso Signore nella persona del beato Pietro, Principe e capo degli Apostoli, di cui il Romano Pontefice è successore, e poiché spetta a lei, prima di ogni altra, il compito di difendere la verità della fede, qualora sorgessero questioni in materia di fede, tocca a lei definirle con una sua sentenza”. Da ultimo il Concilio Fiorentino emanò questa definizione: “Il Pontefice Romano, vero Vicario di Cristo, è il capo di tutta la Chiesa, il padre e il maestro di tutti i Cristiani: a lui, nella persona del beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù Cristo, il supremo potere di reggere e di governare tutta la Chiesa”.

Allo scopo di adempiere questo compito pastorale, i Nostri Predecessori rivolsero sempre ogni loro preoccupazione a diffondere la salutare dottrina di Cristo fra tutti i popoli della terra, e con pari dedizione vigilarono perché si mantenesse genuina e pura come era stata loro affidata. È per questo che i Vescovi di tutto il mondo, ora singolarmente ora riuniti in Sinodo, tenendo fede alla lunga consuetudine delle Chiese e salvaguardando l’iter dell’antica regola, specie quando si affacciavano pericoli in ordine alla fede, ricorrevano a questa Sede Apostolica, dove la fede non può venir meno, perché procedesse in prima persona a riparare i danni [Cf. S. Bern. Epist. CXC]. Gli stessi Romani Pontefici, come richiedeva la situazione del momento, ora con la convocazione di Concili Ecumenici o con un sondaggio per accertarsi del pensiero della Chiesa sparsa nel mondo, ora con Sinodi particolari o con altri mezzi messi a disposizione dalla divina Provvidenza, definirono che doveva essere mantenuto ciò che, con l’aiuto di Dio, avevano riconosciuto conforme alle sacre Scritture e alle tradizioni Apostoliche. Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede. Fu proprio questa dottrina apostolica che tutti i venerabili Padri abbracciarono e i santi Dottori ortodossi venerarono e seguirono, ben sapendo che questa Sede di San Pietro si mantiene sempre immune da ogni errore in forza della divina promessa fatta dal Signore, nostro Salvatore, al Principe dei suoi discepoli: “Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”.

Questo indefettibile carisma di verità e di fede fu dunque divinamente conferito a Pietro e ai suoi successori in questa Cattedra, perché esercitassero il loro eccelso ufficio per la salvezza di tutti, perché l’intero gregge di Cristo, distolto dai velenosi pascoli dell’errore, si alimentasse con il cibo della celeste dottrina e perché, dopo aver eliminato ciò che porta allo scisma, tutta la Chiesa si mantenesse una e, appoggiata sul suo fondamento, resistesse incrollabile contro le porte dell’inferno.

Ma poiché proprio in questo tempo, nel quale si sente particolarmente il bisogno della salutare presenza del ministero Apostolico, si trovano parecchie persone che si oppongono al suo potere, riteniamo veramente necessario proclamare, in modo solenne, la prerogativa che l’unigenito Figlio di Dio si è degnato di legare al supremo ufficio pastorale.

Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa.

Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema.

Dato a Roma, nella pubblica sessione celebrata solennemente nella Basilica Vaticana, nell’anno 1870 dell’Incarnazione del Signore, il 18 luglio, venticinquesimo anno del Nostro Pontificato.

Lettura del santo Vangelo secondo Matteo

Matt XVI:13-19

In quell’occasione: Gesù, venuto nelle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo? Eccetera…

Omelia di san Leone Papa

Sermone 2 nell’anniversario della sua elezione, prima della metà.

Allorché, come abbiamo inteso dalla lettura del Vangelo, il Signore domandò ai discepoli, chi essi (in mezzo alle diverse opinioni degli altri) credessero ch’Egli fosse, e gli rispose il beato Pietro con dire: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Matth. 16,16; il Signore gli disse: « Beato te, Simone, figlio di Giona, perché non te l’ha rivelato la natura e l’istinto, ma il Padre mio ch’è nei cieli Matth. XVI,17-19: e io ti dico, che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei: e darò a te le chiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa legherai sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa scioglierai sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli». Rimane dunque quanto ha stabilito la verità, e il beato Pietro conservando la solidità della pietra ricevuta, non cessa di tenere il governo della Chiesa affidatagli. Infatti in tutta la Chiesa ogni giorno Pietro ripete: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»; ed ogni lingua, che confessa il Signore, è istruita dal magistero di questa voce. Questa fede vince il diavolo e spezza le catene di coloro ch’esso aveva fatti schiavi. Questa, riscattatili dal mondo, li introduce nel cielo, e le porte dell’inferno non possono prevalere contro di lei. Perché essa ha ricevuto da Dio fermezza sì grande, che né la perversità della eresia poté mai corromperla, né la perfidia del paganesimo vincerla. Così dunque, con questi sentimenti, dilettissimi, la festa odierna viene celebrata con un culto ragionevole; così che nella umile mia persona si consideri ed onori colui nel quale si perpetua la sollecitudine di tutti i pastori e la custodia di tutte le pecore a lui affidate, e la cui dignità non vien meno neppure in un erede. Quando dunque noi facciamo udire le nostre esortazioni alla vostra santa assemblea, credete che vi parla quello stesso di cui teniamo il posto: perché animati dal suo affetto noi vi avvertiamo, e non vi predichiamo altro se non quello ch’egli ci ha insegnato, scongiurandovi, che cinti spiritualmente i vostri lombi, «meniate una vita casta e sobria nel timor di Dio» 1Petri 1,13. Voi siete, come dice’ l’Apostolo, «la mia corona e la mia gioia» Philipp. 4,1, se però la vostra fede, che fin dal principio del Vangelo è stata celebrata in tutto il mondo, persevererà nell’amore e nella santità. Poiché, se tutta la Chiesa sparsa per tutto il mondo deve fiorire in ogni virtù; è giusto che fra tutti i popoli voi vi distinguiate per il merito di una pietà più eccellente, voi che, fondati sulla vetta stessa della religione e sulla pietra dell’apostolato, siete stati riscattati, come tutti, da nostro Signore Gesù Cristo e, a preferenza degli altri, istruiti dal beato Apostolo Pietro.

Orémus.


Deus, qui, ad conteréndos Ecclésiæ tuæ hostes et ad divínum cultum reparándum, Gegorium Pontíficem Máximum elígere dignátus es: fac nos ipsíus deféndi præsídiis et ita tuis inhærére obséquiis; ut, ómnium hóstium superátis insídiis, perpétua pace lætémur.

[O Dio, che a sconfiggere i nemici della tua Chiesa e a restaurarne il divin culto ti degnasti eleggere Gregorio a sommo Pontefice: fa, che noi, difesi dal suo soccorso, siamo così attaccati al tuo servizio, che, superate le insidie di tutti i nemici, godiamo la perpetua pace].

ExsurgatDeus.org. ed il pusillus grex cattolico, augura al Sommo Pontefice, felicemente regnante, di raggiungere e superare, Dio permettendo, la durata del Pontificato di S. S., il venerabile Papa Pio IX, assicurandoGli nel contempo la costante preghiera per invocare la grazia divina a sostegno del suo martirio “in eclissi”, ed offrendosi “una cum Papa nostro Gregorio” quale ostia di sacrificio nel calice della sua odierna consacrazione eucaristica. Auguri, santità, alla fine i Cuori della Vergine Maria e del S. N. Gesù Cristo vinceranno, e le porte del male non prœvalebunt… et IPSA conteret …

LA VITA INTERIORE (13)

LA VITA INTERIORE E LE SUE SORGENTI (13)

Sac. Dott. GIOVANNI BATTISTA CALVI

con prefazione di Mons. Alfredo Cavagna Assistente Ecclesiastico Centr. G. F. di A. C.

Ristampa della 4° edizione , Riveduta.

SOLE CHE ARDE!

LA VISITA A GESÙ SACRAMENTATO

GIOIA DELL’ANIMA.

È, forse, possibile conoscere Gesù e non sentirsene attratti, non volerlo amare? È, forse, possibile amare Gesù e non pensare a Lui? non avvicinarlo? non visitarlo? Visitare Gesù nel SS. Sacramento dell’altare ov’Egli volle rimanere per testimoniarci il suo Amore, è un dovere, è una necessità, è una gioia, è un conforto senza pari pel nostro povero cuore! Occorre una dimostrazione? Pensiamo a Gesù Re del cielo e della terra; nostro redentore, benefattore, padre, maestro, giudice, premio! A Gesù unico e vero amore; a Gesù che immolatosi per noi sul Calvario, prima dell’inizio della sua passione, quasi in contrasto col durissimo, ingiusto, crudele trattamento degli uomini, per amore degli uomini stabilisce di rimanere sulla terra nel santo sacramento dell’Eucaristia! Da quel giorno, da quel momento supremo in cui durante l’ultima cena, e si offerse al Padre e si diede a noi, Gesù è rimasto, re di Amore per nutrimento del nostro amore, ne’ santi tabernacoli! Povere creature umane, noi siamo soliti a subire gl’incerti dell’entusiasmo per cause vere o fittizie, ogni qualvolta, soprattutto se improvvisamente, o per maestosità di apparato abbiamo i sensi stuzzicati, eccitati, impressionati. Non riflettiamo che tutte le esteriorità, per quanto grandiose non dovrebbero mai pretendere la precedenza della nostra attrazione, del nostro assorbimento, quia Dominus adest, perché il Signore è presente, è vicino a noi, è nel santo tabernacolo, nelle chiese, e ci attende.

GESÙ DIMENTICATO.

Le anime pie, i sacerdoti, i religiosi che si nutrono di Gesù sentono vivissimo il desiderio di visitarlo e di ternergli compagnia. Ma… e gli altri? La SS. Eucaristia non fu istituita per tutti? Gesù afferma ch’Egli è nel tabernacolo, per tutti. Vi è tutti i giorni per accoglierci, per ricevere la nostra adorazione quotidiana; come v’è, pure, per essere subito pronto a uscire all’invito dei più umili, per essere portato al capezzale de’ morenti, per discendere nella cella del carcerato, per salire sul patibolo del condannato. – Le autorità e i grandi della terra visitano rare volte i loro sudditi, i propri dipendenti, sono, sì e no, appena veduti. O meglio, permettono, appena, di lasciarsi vedere da… lontano. Così, in generale. Rarissimi possono avvicinare le autorità, e quasi sempre, nel solo interesse delle autorità stesse. Gesù, invece, è sempre vicino a noi, e ci visita sempre. Anzi: Gesù nel santo Sacramento è una lunga visita che fa a tutte le creature umane della terra. Tutti possono andare da Lui, Egli non fa distinzione di persone e nulla pretende. Se un giorno abbiamo avvicinato un nostro inferiore, se lo abbiamo aiutato per quel poco che potevamo, se gli abbiamo, inoltre, dimostrato un po’ d’affetto, ne attendiamo un po’ di riconoscenza o, anche, di contraccambio. Gesù è rimasto fra noi, ci ha visitato e ci visita di continuo, ci ha fatto godere i benefizi della sua immolazione, ha lavato i nostri peccati col suo sangue, ci ha dato la grazia co’ suoi Sacramenti. Non ha, forse pieno diritto d’essere ringraziato, contraccambiato, visitato, amato, adorato?

DOLOROSE CONSTATAZIONI.

Sì. Gesù ha tutti i diritti d’essere ringraziato, contraccambiato, visitato… adorato! Ma la realtà è molto diversa. Quante chiese rimangono vuote tutto il giorno! Se non vi fosse l’umile lampada che manda i suoi deboli guizzi tra le arcate deserte del tempio, si potrebbe, talora, dire d’essere in una tomba tanto il freddo s’addice a quella miserabile solitudine. « Così viene trattato il Re dei viventi, il Re immortale, il Re di tutti i secoli… » Come un morto, portato al camposanto e abbandonato alla sua tomba! Povero Gesù!… Quando prometteva l’istituzione dell’Eucaristia, e i Farisei mormoravano e molti gli voltavano le spalle quasi scandalizzati, Egli si rivolgeva malinconicamente ai cari Apostoli e loro domandava: Volete andarvene anche voi? (GIOV., VI, 68). Ora che l’Eucaristia è istituita, ora ch’Egli rimane lì, nostro prigioniero volontario, non può più in certe chiese ripetere nemmeno queste parole… Se ne sono andati tutti… tutti, anche le anime buone… E ciò, mentre le piazze, i teatri, gli alberghi sono pieni di sfaccendati… mentre intorno alle regge dei sovrani terreni brulica uno sciame di sudditi ossequienti… mentre gl’insensati baciano vilmente le catene che li tengono avvinti a una creatura… » (E. Bertetti, il Sacerdote predicatore).

SCUSE INUTILI.

La maggior parte delle anime che non si recano a visitare Gesù si scusano adducendo la necessità del lavoro, la molteplicità delle occupazioni. È, questo, il solito, funesto errore della preferenza al corpo, alle esigenze della vita materiale invece che all’anima e ai suoi doveri verso Dio. Non si riflette abbastanza che Gesù è padrone di tutto; che tutto dipende ed è vivificato da Lui; che noi senza di Lui non possiamo nulla. Come gli Apostoli senza Gesù inutilmente pescarono tutta la notte, e viceversa. tanto abbondantemente pescarono quando Gesù fu con loro, così è sempre di noi: Prima Dio, adunque, poi tutto il resto! – Ma se, pure per caso, la lontananza dal tempio o le esigenze imperiose del nostro lavoro, le conseguenze disastrose delle intemperie non ci permettessero di visitare Gesù, adoriamolo, almeno, in ispirito, col desiderio più vivo, col cuore e col pensiero più ricco d’affettuosità filiale. Questo modo di visitare, d’onorare, di adorare Gesù è, oggi, fortunatamente tanto diffuso e felicemente praticato dagli inscritti nelle falange dell’Associazione detta La Guardia d’Onore, approvata, benedetta e favorita dall’autorità dei Sommi Pontefici.

LE ATTRATTIVE DI GESÙ,

Gesù ci attende per farci felici, per arricchirci del suo amore, della sua grazia, perché noli possiamo vivere più strettamente uniti con Lui. Egli è, per questi motivi, nella SS. Eucaristia colla sua divinità. L’infinito, l’eterno, il perfettissimo… Su la porta del tabernacolo sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo; oppure: Costui, cioè Gesù, riceve i peccatori… Disse un giorno Gesù: Dove sono io, vi sarà anche il mio servo. Gesù è là nel tabernacolo; per questo motivo, dobbiamo colà esservi anche noi. – Vi si trova Gesù anche nella sua amicizia. È sua questa meravigliosa dichiarazione: « Le mie delizie sono nell’essere coi figliuoli degli uomini ». E quando non vi rimase più tra gli uomini vivo e reale e palpabile dopo la sua ascensione al cielo, Egli aveva già provveduto per rimanervi come un amico tenerissimo, per mezzo dell’Eucaristia: Ecco che Io sono con voi sino alla fine dei secoli. È nel tabernacolo con le sue ricchezze. Domini est terra et plenitudo eius. I tesori dell’ordine naturale e quelli dell’ordine soprannaturale sono nelle sue mani. « Quand’era nella sua vita mortale, tutti andavano a trovarlo: i fanciulletti per ricevere la sua benedizione, i giovani per chiedere il segreto della vita eterna; i ciechi, i sordi, i muti per essere guariti; gli addolorati e i feriti della vita per trovare conforto; Pietro per ottenere il perdono; la Maddalena per salire nella virtù e nell’amore più di quello che era discesa nel fango. Dal suo tabernacolo ripete incessantemente la grande parola che volgerà eternamente verso di Lui i cuori angosciati: venite a me, tutti, ma voi specialmente che siete curvi sotto il lavoro e il dolore» (Rouzic L., La giornata santificata.). – Gesù è nei tabernacoli colla sua umiltà. A Betlemme apparve sotto l’aspetto di un bimbo tenerissimo; nel tabernacolo sotto le specie eucaristiche. Bontà infinita e misericordiosa del Cuore SS. di Gesù! Sì, sì. Procuriamo di ripetere con S. Bernardo nell’estasi della più intensa commozione più Gesù si fa piccolo e più merita il nostro omaggio, il nostro amore, la nostra riconoscenza nel visitarlo, nell’interrogarlo, nel soffrire con Lui, nel renderlo partecipe di tutto ciò che abbiamo nel cuore e nell’anima. Questi sono i motivi per cui i santi ritornavano incessantemente al tabernacolo di Gesù. La forza e l’attrattiva dell’amore li guidava, li estasiava, li assorbiva. Per questi motivi l’apostolo della gioventù, San Giovanni Bosco, insisteva tanto nel parlare di Gesù Sacramentato ai suoi giovinetti. Sapeva che l’innocenza si nutre solo presso il santo altare. E i frutti erano sorprendenti. Quante volte dovette allontanare, dolcemente; dall’altare, dopo la permanenza di parecchie ore nell’estasi dell’unione col Cuore SS. di Gesù, il pio venerabile giovanetto Domenico Savio? Rigermogliavano in lui gli esempi di S. Giovanni Berchmans il quale, parecchie volte al giorno, appena poteva, correva da Gesù, e non vi correva solo.

IMPARIAMO A PARLARE CON GESÙ.

Molte, troppe anime andrebbero volentieri da Gesù, e magari vanno anche per qualche volta. Poi troncano. Non vi si recano più e interrogati del perché, rispondono: non so che dire a Gesù. Questa risposta meriterebbe, certamente, una lunga spiegazione. Le cause di questo «non so che dire» sono molto, molto dolorose. Molte anime, però, ripetono questa dichiarazione inconsciamente, e non è che la spiegazione della loro timidità mista a pigrizia mentale. Temono, coteste anime, il più piccolo sforzo. Se volessero realmente, basterebbe un po’ di riflessione. Chi è Gesù? Chi sono io? Che vuole Gesù da me? E io che voglio da lui? Perché Gesù rimane qui? Da quando? — Ma: e le anime sante che facevano presso Gesù? La risposta viene subito chiarissima: adoravano, amavano, riparavano, domandavano, ringraziavano. Qui, c’è tutto. Noi dobbiamo fare altrettanto. Non sappiamo neppure fare questo? – Narra il S. Curato d’Ars che ogni mattina, nella sua chiesa parrocchiale, un contadino andava ad inginocchiarsi davanti all’altare di Gesù Sacramentato. Le sue labbra rimanevano immobili, ma i suoi occhi erano sempre fissi nel tabernacolo. Punto da curiosità, il santo un giorno gli si avvicina e gli chiede: Che cosa fai, qui, o caro amico? — E il buon contadino subito con gioiosa prontezza: io lo guardo ed Egli mi guarda. Facciamo, almeno, anche noi altrettanto, e accontenteremo Gesù: Gesù dolce, Gesù amore, Gesù re del nostro cuore.

LA VITA INTERIORE (14)

COSTUMI MODERNI ANTICRISTIANI

COSTUMI MODERNI ANTICRISTIANI

P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

Da: TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. VITA E PENSIERO – MILANO]

PROPRIETÀ LETTERARIA

Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani, die 4 febr. 1926 – Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

PREM. TIP. PONT. ED ARCIV. S. GIUSEPPE – MILANO

LA SANTITÀ DEL RE D’AMORE SOCIALMENTE OLTRAGGIATA

1. – Modestia e Moralità

Il profeta Isaia, indirizzando ai Pastori negligenti le minacce del Signore, li chiama, nel suo linguaggio ardito, dei cani muti che non sanno abbaiare (Is. LVI, 19). Guai infatti alla sentinella che non dà l’allarme, e il cui silenzio porta alla rovina coloro che il cielo le ha affidati! È dovere gravissimo e urgente, quello di denunziare il pericolo. – Ora, sembra evidente che una delle epidemie morali tremende, se non la più tremenda, in forza del suo carattere di provocazione pubblica e contagiosa, sia l’assenza di pudore che manifesta oggi la società. Ma per stigmatizzare i termini di questa passione scatenata, bisogna usare nello stesso tempo una suprema delicatezza, una chiarezza persuasiva. Non bisogna ometter nulla, ma neanche dir niente che possa offendere le coscienze cieche ed innocenti, che tuttavia l’aspetto esteriore accusa. Numerose infatti sono quelle — avremo l’occasione di dirlo — per le quali il candore eccessivo non permette di comprendere il perché delle severe prescrizioni della Chiesa; eppure la loro disobbedienza le conduce ad un abisso. L’affare della moda, checché se ne dica, implica una seria questione di coscienza, poiché, dopo il peccato originale, una relazione molto intima esiste fra il vestiario e la purità. Il pudore, che obbliga a coprirsi modestamente, è una virtù tanto delicata quanto il candore dei gigli… tanto sensibile quanto la limpidezza «d’uno specchio, cui un leggero soffio offusca. Che la natura in se stessa sia buona, che possa esercitare î suoi diritti, tutto ciò sarebbe stato vero difatti senza il peccato originale. Che si usi un simile linguaggio nei paesi non per anco illuminati dalla fulgida bellezza del Vangelo e del Cristianesimo può, a rigore, concepirsi; ma che sì senta proclamar questo, nel nostro mondo, è inammissibile. Il Signore Gesù ha permesso che, per le circostanze eccezionali del mio ministero, nei centri di vita intensa, potessi convincermi della gravità di tale questione, della sua importanza per il Regno sociale del Cuore di Gesù. Oh, come vorrei comunicare tutta la convinzione dell’anima mia, a quelli e soprattutto a quelle che leggeranno queste pagine! Vorrei dir loro tutto ciò, ma con il grande, l’immenso rispetto alla squisita delicatezza che avrei per mia madre, se mi trovassi nella dura necessità di farle una lezione indispensabile, un doloroso e pesante richiamo. Possano esse essere accettate con una docilità ed una sommissione dolcemente illuminate e dirette dalla grazia. – Più che mai vorrei aver la soavità di Gesù, per dire tutto quel che debbo dire in suo nome, a delle anime belle, trascinate dalla vertigine d’un mondo seduttore. Quando il sole cade dietro le montagne, sembra che porti con sé la bellezza delle cose, l’armonia delle linee e dei colori. I più bei quadri della natura, i sommi, come i minimi capolavori della creazione, si cancellano, ingolfati in un impenetrabile abisso di tenebre.  – V’è un Sole che non si contenta di render sensibile al nostro sguardo la beltà intrinseca delle cose, ma che è esso stesso! la sorgente di ogni bellezza morale e spirituale: questo Sole è Gesù. Chiunque non gravita attorno alla sua Legge ed al suo Cuore, non può percepire le sublimi altezze d’un’anima cristiana, la sua nobiltà, la dignità sua, i secreti tesori di uno splendore intimo che rapisce gli Angeli; e vive allora necessariamente nelle tenebre. Nell’ordine della natura, vi sono le stelle che di notte brillano di luce propria, come per vendicarsi di essere state eclissate dallo splendore del sole. Ma nell’ordine morale, le stelle, voglio dire le anime che possono esser luminose e belle per se stesse, senza Gesù Cristo; radiose fuori di Lui, caste e nobili, disconoscendolo, di queste stelle, dico, non ne possono esistere. Noi potremmo, parlando di bellezze morali, distinguere due categorie: una, fatta di quei fiori il cui succo avvelenato dal peccato, nel Paradiso terrestre, è stato come guarito sul Calvario, dal Sangue del Cristo; l’altra fatta di fiori, per così dire, creati dalla Legge Evangelica, nati nel Cuore di Gesù, fiori squisiti dell’umiltà, e soprattutto della castità, della purezza e della modestia. – Il miracolo d’amore della Risurrezione fu coronato da un altro miracolo, unico nella storia, quello di una verginità feconda. Sembra che Dio abbia voluto inaugurare l’èra cristiana in un’atmosfera fino allora sconosciuta, quella della purezza. Da allora, la castità personificata e incarnata, rimarrà il prototipo della bellezza morale. Essa è, nel suo splendore, una creazione, una sublimità divina e inconcepibile: Maria Immacolata. Il naturalismo fu il primo serpente schiacciato dal suo piede verginale. Lo splendore immacolato della Regina dell’amore, non è che il riflesso della santità del Re, suo figlio; ora, chiunque ama Gesù e l’adora, deve anche rassomigliare a Maria: il suo spirito, il suo cuore, come la sua carne, devono tendere a raggiungere la verginale purezza di Lei. Soltanto i cuori puri vedranno Dio e riceveranno Gesù dalle mani della Vergine Maria. – Ecco la dottrina, il principio cristiano. Ma quando consideriamo la società, noi constatiamo che siamo ritornati al paganesimo immondo della antica Roma e di Atene. – L’affermazione non è ardita né personale: ma si appoggia su testimonianze evidenti; si basa su fatti innegabili. – Questo ritorno ad un passato che non aveva conosciuto Gesù, dopo venti secoli di Cristianesimo, non è tuttavia un fenomeno anormale, ma una logica conseguenza della « scristianizzazione ». Le tenebre, le bruttezze morali ci avviluppano come una fitta nebbia, perché la famiglia e la società allontanano da sé il Sole Divino che feconda e conserva ogni bellezza morale; quella del fanciullo, come quella della madre. V’è peraltro qualche cosa di strano e di allarmante, nella evoluzione nefasta del costume e delle mode: è la larga parte che vi occupa, da qualche tempo, l’ambiente cristiano, il mondo cattolico. Sì: e tutta l’amarezza delle nostre riflessioni sorge da questa dolorosa constatazione: con grande e felice sorpresa dei rilasciati che ci spiano e ci criticano, un certo numero di famiglie che credono, pregano e hanno l’etichetta di Cattolici, sono, da qualche tempo, tocche e contaminate da questo naturalismo degradante ed estremamente pernicioso. – Si è sempre visto, in ogni tempo, lavorare il male alla sua opera di seduzione: ma i suoi operai naturali non erano, fin qui, che gli amici d’un mondo basso e volgare, la cui influenza era mediocre. Vi sono state in ogni tempo delle mostre destinate all’ufficio di diffondere l’immoralità, di far la « réclame » alle novità perniciose (con le quali si riesce spesso a far fortuna). L’inferno ebbe, ed avrà sempre, i suoi agenti di perdizione: lasciamoli passare, ed abbassiamo gli occhi, con la pietà nell’anima. Questo male, troppo comune, ahimè, noi lo sorvoliamo, per fermare lo sguardo sull’evidente rilasciamento esteriore dell’ambiente sinceramente cristiano. Non vogliamo analizzare la vita interiore, la coscienza intima del Cristiano; ma condannare una pubblica manifestazione di collettiva spudoratezza; ma elevarci contro una licenziosità di abitudini, di costumi, di mode, il cui credito è dovuto alla malaugurata debolezza delle famiglie cristiane. – Siamo ancora a tempo ad arginare. questa corrente di fango, prima che essa abbia invaso tutti i salotti ed avvelenate tutte le manifestazioni della vita sociale moderna. Non è veramente doloroso veder vestite come persone frivole la Signora X… e le sue figliole? Eppure esse si comunicano spesso e fanno il loro ritiro annuale! eppure sono delle eccellenti persone… Illuminale Tu, Gesù! Non è da meravigliare che un’altra madre cristiana abbia condotto le sue figliole ad una rappresentazione teatrale scabrosa, ove siano scene disgustose per la loro cruda realtà, scandalose per la loro indecenza? Ne son rimaste forse sorprese e dispiacenti? No, perché avevan già letta la produzione disonesta! E domani, nonostante quel po’ di scandalo, nonostante l’errore della loro presenza al cattivo spettacolo, esse probabilmente andranno alla Comunione… Forma Tu stesso la loro coscienza, Gesù!

Non è forse cristianamente inesplicabile veder su quella spiaggia mondana, adagiate nei liberi atteggiamenti dei bagni di sole, le signorine tali e tali? La loro conversazione è molto animata. Le frasi vive e leggere come delle palle di tennis, si scambiano col gruppo dei giovanotti che le circondano. E le loro toilettes, che sarebbero al massimo permesse sott’acqua, appartengono tuttavia ad un pubblico che si chiama rispettabile. La mattina quasi tutte erano andate in Chiesa, ed hanno protestato il loro amore a Gesù-Ostia. E se si fosse presentato ora là, questo Gesù, Dio di santità? … Novelle Eve colpevoli, come sarebbero fuggite vergognose e confuse, per sottrarsi allo sguardo divino che condanna ogni impudicizia…

II. – Mentalità moderna – Sue cause

Che pensare d’un’aberrazione talmente inqualificabile? Non è forse un segno dei tempi?  La fiaccola del male entra nelle case dei buoni; e ciò comunemente; qui, là, dovunque… Gesù ne ha il cuore ferito. La Chiesa geme e protesta invano! Per quel certo mondo, le tavole della Legge giacciono in pezzi, e non è davvero la Chiesa che le ha spezzate,  come Mosè… – « Ci vorrebbero, scrive un polemista cristiano – molta più  unità e logica pagana e mondana. » È vero re perché noi non abbiamo nell’insieme quella coesione e questo modo di ragionare profondo, dobbiamo assistere ad una  resurrezione della Roma pagana. Ma essa non consiste tanto nelle diverse manifestazioni dell’arte, pittura, scultura, ecc., quanto nella vita sociale: e questo è peggio. Niente da meravigliare, certo che questa rinascita furiosa del paganesimo, si ripeta in differenti epoche, come il cratere di un vulcano infernale che sì riapra; ma è assai preoccupante constatare che i suoi gas, mortalmente asfissianti, abbiano penetrato fino alle porte chiuse dei focolari cristiani. Qual è dunque la spiegazione plausibile di questa ibrida mescolanza di pietà e di vita sociale frivola; di buona volontà intima, e di scandalo esteriore, di comunioni frequenti e di costumi licenziosi? –  Per rispondere, torno ad un’affermazione del capitolo precedente, che qualcuno può aver trovato strana. Il Giansenismo disseccò l’amore di Dio nei cuori e soppresse, nel focolare domestico, l’impero di Gesù. Bandì il Re d’Amore e lo sostituì con un Cristo severo, con un Dio terribile, schiacciante, tonante come Giove. Per molto tempo, un certo nucleo di Cattolici ha vissuto di Giansenismo. Questa camicia di forza doveva cadere e cadde finalmente. Noi assistiamo da qualche tempo agli eccessi della libertà, alla sfrenata licenza di una società, che vuole inconsapevolmente rivalersi d’aver vissuto troppo lungamente sotto la pressione d’un terrore religioso pseudo-cristiano; La menzogna non è mai un elemento di educazione morale. Io dicevo anche che la mancanza d’una carità forte, vigorosa, in quelle famiglie avvelenate dal Giansenismo, aveva provocato una educazione artificiale, formalista, che non poteva durare. Convenzioni religiose. d’un rigorismo assurdo e troppo spinto, educazione senza base, senza vera conoscenza del Vangelo, senza l’Anima e il cuore di questo Gesù evangelico ed eucaristico. Ecco dunque almeno  in parte, la ragione d’essere di queste famiglie, cattoliche di titolo ma pagane di costume, di abiti e di godimenti, nella vita sociale. I cattivi vi sono forse in piccolo numero. ma i deboli, i profondamente ammalati vi abbondano. Noi risentiamo soprattutto delle mancanze di Eucarestie, nel sangue di molte generazioni cristiane, istruite nel Catechismo, ben imparato a memoria ma mai vissuto, nello spirito, per amore.  E poiché il Sangue del Salvatore non corre con sovrabbondanza nelle vene dei nostri Cristiani, perché non s’è fuso col sangue di tante famiglie cattoliche, non c’è oggi in noi, la forza di una energica e coraggiosa reazione. – Lo sappiamo: senza Gesù-Ostia, nessuna vita interiore, nessuna energia morale per la lotta; nessuna castità possibile, né nella carne né nello spirito. Che l’acqua scorra sulle fronti, ma che il Sangue Divino scorra anche nelle vene! La forma religiosa non esiste senza essere animata da un amore ardente. Esso è l’anima della nostra anima, ed è la grande carità che civilizza, non già la superficie, ma il cuore degli individui e delle società. Con la cittadella cattolica così minata, non era difficile farla diventare la preda dei mondani e metterla, dopo qualche sforzo combinato di prudenza e d’audacia, alla stregua del secolo dissoluto. – Non ci manca davvero molto, fra noi, per giungere all’apoteosi di Venere. Essa è l’idolo vivente verso il quale la sommissione è cieca alle sue leggi tanto nelle vie, quanto nella famiglia e nel mondo.  Il gesto rituale alla dea non è ancora compiuto di fatto; ma il culto è già reale. Eravamo ad una funzione di riparazione. In una tribuna di Chiesa che loro era riservata, in considerazione della casta e della condizione sociale che occupavano nelle opere cattoliche della città, io vidi un gruppo di Signore molto raccolte, ma il cui assieme sarebbe stato francamente scorretto anche fuori di Chiesa. Siccome la cerimonia si prolungava, esse si ritirarono per assistere ad un ballo in un albergo, il cui scandalo degli abiti e della danza era quanto mai notorio, ed era stato, per parte della autorità ecclesiastica, il tema obbligato della censura dei quaresimalisti… – Non è questa una penosa disfatta per Gesù e per l’Immacolata, che delle donne cristiane cioè, escano calme e soddisfatte da una festa di riparazione per andare senza indugio, senza apparente rimorso, ancora fragranti dell’odore dell’incenso, a partecipare ad una riunione, dove si sa che il Maestro sarà flagellato? E non è anche un fenomeno morale degno di studio?  Non si può supporre « a priori », che tutte le persone che agiscono così, vogliano volontariamente, consapevolmente il male, e che vogliano accrescerlo con lo scandalo: no. Che non si dica peraltro che il dovere di piacere al marito sia ordinariamente la causa del contegno e dell’atteggiamento frivolo e mondano. Nell’ambiente sinceramente retto di cui parliamo, si potrebbe, la maggior parte delle volte, metter sulle labbra dei mariti quel che mi diceva uno di loro, riguardo a certe conferenze che dovevo fare alle Signore: « Dica loro, Padre mio, dica loro ben chiaramente che i mariti, anche quelli che son poco religiosi, ratificano la legge divina che vuole che le nostre spose fuggano il lusso, la vanità, la spudoratezza. Noi lo vogliamo per interesse di onore umano e sociale, molto più che per interesse economico. Insista, faccia loro questa grande ed urgente carità. Ne conosco qualcuna che ha già compreso… Lei non perderà certo il suo tempo… – Sono rari i mariti che non hanno questa mentalità. L’assenza di una vera e profonda carità nella educazione cattolica, ci ha condotti a questo stato di paganesimo. Si è vigilato con diligenza alla formazione dello spirito, si è stabilita la conoscenza speculativa. Dei grandi principî, ma sì è troppo trascurato di formare il cuore all’amore del Salvatore. Si è considerato come un accidente quel che è una sostanza; sì è mostrato il Vangelo e dettato la Legge, ma non s’è abbastanza diretto il cuore nella via dell’amore, e della confidenza verso il Legislatore di luce e di carità verso l’adorabile persona di Nostro Signore soprattutto nel Santo Sacramento. Senza questo amore senza la sua potenza morale, si possono sapere molte cose senza viverle. La conoscenza della teoria non fa che rendere più colpevoli quelli che non vi si uniformano nella vita pratica. – Bisogna amare Gesù Cristo per osservare pienamente la sua Legge ed il suo Vangelo. Infatti, nella vita sociale, in moltissime circostanze è quasi impossibile resistere alla corrente mondana e frivola, senza la base di un amore serio, intimo, fervente. Bisogna rendersi conto del tempo e delle circostanze, per apprezzare il dono di forza morale che suppone spesso, in una persona del mondo, il fatto di opporsi al disordine della società seducente che lo circonda. Ecco perché in questo caso, più che criticare, compatisco. Rendersi indipendente è spesso senza che ci se ne avveda, un eroismo segreto. Ma questo eroismo non sarà mai se non il frutto di una santa passione d’amore per il Maestro adorabile. Solamente col possesso del suo Cuore, si possono sfidare il mondo ed i suoi sarcasmi: non altrimenti. Guardate i meravigliosi sacrifici di dignità morale cristiana, che la fidanzata ottiene dal fidanzato, quando essa sia una giovanetta veramente pia, consapevole dei propri doveri e della responsabilità cui va incontro nell’avvenire. Guardate reciprocamente, quel che il giovane ottiene da lei, in omaggio alla loro affezione: l’astensione da certe riunioni mondane e dall’avvicinar persone frivole e volgari: un cambiamento di abitudini e di contegno… e così via. Il cuore comanda ed è obbedito. Oh, se il Cuore di Gesù avesse questa Sovranità vittoriosa! L’applicazione di questo metodo, in un ordine molto più elevato, trattandosi d’amor divino, farebbe dei Santi nelle schiere dei più eletti Cristiani. E. nello stesso modo che il Dottor Angelico « ha potuto dire che la pace più autentica e reale, si raggiunge più con la carità che con la giustizia » (Citata da S. S. Pio XI nell’Enciclica Ubi arcano Dei Consilio), così si può affermare che l’insieme della vita cristiana si incoraggia e si vivifica molto più che dalla conoscenza dei diritti di Dio e delle sue Leggi, dalla carità, dall’amore che ci porta verso Colui che ha stabilito questi principî e che ne è il fondamento irremovibile e la indefettibile sorgente. È vero che il meraviglioso sforzo soprannaturale di grazia che è il movimento verso il Cuore di Gesù, trascina a poco a poco le famiglie cristiane in questa via del verace amore, ma la vittoria sulla immensa maggioranza non è ancora compiuta.

III. – Profondità del male

Entriamo adesso in uno studio concreto di questo male di spudoratezza collettiva che diventa sempre più una regola convenuta, e di cui non si arrossisce più, di cui non ci si può neanche meravigliare di non arrossire, senza esporsi a passare per ingenui… o maliziosi od eccentrici. Non perdiamo di vista che il nostro studio riguarda coloro che son ritenuti, e non senza ragione, Cattolici convinti e praticanti. Nell’età d’oro del nostro tempo, il pudore era considerato come un angelo vigilante e venerato; come una vergine di celestiale bellezza, ed era ambito fra le più belle virtù. Poi divenne, con la sventurata evoluzione dei tempi e con l’indifferenza religiosa, una semplice vestale che le famiglie meno cristiane tolleravano con freddezza. Nel periodo di rinascimento pagano in cui viviamo, Venere regna senza rivali… II pudore non è più ai giorni nostri, la vergine cristiana, e neppure la. Degna vestale. La si tratta come una « vecchia zitella » decaduta, antiquata, le cui ridicole esigenti pretese non si adattano più alla nostra epoca di emancipazione, che intende liberare la donna da pregiudizi assurdi e caduchi.  Il vecchio adagio cristiano diceva che la donna deve essere onesta e deve anche mostrarlo. Se ai nostri giorni ella deve esserlo nello stesso modo, non ha però più bisogno di mostrarlo, per essere ricevuta, stimata e ammirata. Il fondo intimo della coscienza è un affare privato, si dice; quanto alla fama esteriore, modesta, pudica, questo non ha nulla che vedere con la coscienza. Che triste aberrazione! Povera morale, tanto lontana dal Vangelo. L’immodestia non è più un peccato: così ha decretato un certo mondo, (e qual mondo!) Essa è snobismo, eleganza, igiene! Così parlava Venere… e la sua corte s’è allargata con grande scapito della virtù. – Questa bruttura ed abiezione morale ostentate, erano prima le caratteristiche di una certa categoria di persone. assai poco rispettabili, ahimè, e che certo, allora, non dettavano legge. Oggi invece esse dettano il contegno nella via, nei ricevimenti, nei teatri, nell’estate e nell’inverno. Costoro hanno, con forbici diabolicamente malefiche, diminuito, tagliato, soppresso, come hanno voluto, dispoticamente, costantemente, determinando le dimensioni e le fantasie della moda. Una parte dell’elemento onorato e cristiano, si piega alle loro pagane novità, e spoglia inconsapevolmente Gesù della sua tunica, di quel Gesù già flagellato dai suoi nemici, per flagellarlo un’altra volta e più crudelmente, con le mani dei suoi stessi amici. – Le frivole lanciano la moda… ma troppo numerose sono le virtuose e le serie che la pagano e l’accreditano dinanzi alla società. I fatti che stanno a mostrare l’inesplicabile accecamento, hanno provocato, a più riprese, gli anàtemi del Papa e dell’Episcopato del mondo intero. In Polonia, come in America, nel Belgio come nella Spagna, in Germania come nella Svizzera, e in Austria, ed in Francia, i Vescovi hanno parlato tanto forte e chiaramente, come l’avevano fatto in Italia; ora, sarebbe insensato credere che tale uniformità di riprovazione non abbia altra base che una fantasia eccitata, o degli scrupoli da disprezzare. Se i nostri Pastori, i Vescovi hanno dovuto imporre regole di modestia, anche alle persone pie, che frequentano la Chiesa e s’accostano alla Comunione, ciò significa che le leggi generali di convenienza. non bastano più! … E queste regole di modestia devono essere applicate anche un po’ largamente, per non creare costantemente dei seri inconvenienti nella casa di Dio… Noi siamo dunque in questa crisi di pudore, in presenza di uno squilibrio morale collettivo. Poiché la legge cristiana obbliga tanto alla modestia esteriore, quanto alla interiore purezza, e la mancanza della prima, aggiunge alla colpabilità, la terribile responsabilità dello scandalo: la provocazione al male. Ecco una testimonianza schiacciante del potere del peccato d’impudicizia. Un giovane di buona famiglia si trova convalescente dopo la grave malattia che lo ha trattenuto, a letto in una clinica, per oltre tre mesi. Quanto prima, dunque, esso potrà ritornare a casa sua. Il medico primario, grande amico della famiglia, ha il diritto, e sente il dovere di fargli una lezione di morale. Come medico, ha un’autorità incontestata, e ne approfitta per parlare chiaramente al giovanotto: « Lei conosce già, per dolorosa esperienza, ove conducano le mondanità pericolose; adesso, si tenga in guardia; prenda delle ferme risoluzioni ». Ascoltate la risposta sfolgorante di verità del povero convalescente: « Dottore, grazie! Ma perché Lei, medico, non può salire in cattedra e dire anche alle signore e alle signorine che si chiamano oneste e che lo sono forse nell’intimo, di esserlo molto, molto di più anche all’esterno? Perché anch’io, senza uscire dall’ambiente rispettabile della mia famiglia e della cerchia delle mie relazioni, io trovo già ad ogni passo, fra quelle che sono, senza dubbio, le migliori, il fuoco che brucia le vene… e che finisce un giorno per irrompere nella foga della passione. Grazie, dottore; ma poiché Lei è Cattolico, parli ai Sacerdoti, dica che non si contentino delle buone intenzioni delle persone virtuose, ma che fustighino e condannino la loro immodestia del vestire e del contegno, inconsapevole, voglio crederlo, ma pericoloso per chi le avvicina o deve viver con loro. Esse forse andranno in paradiso, ma senza pensarci, lanciano noi, talora, nell’abisso ». Tale quale il coscienzioso dottore me lo ha trasmesso, io, predicatore ed apostolo, lo ripeto a quelle che, essendo rette dinanzi a Dio, non sembrano altrettanto di esserlo dinanzi alla società, ed incorrono perciò in tremende responsabilità. – Non dimentichino esse che la modestia è, nello stesso modo che una virtù privata, una inestimabile ed imperiosa virtù sociale. Dobbiamo forse contribuire e possiamo farlo impunemente, alla caduta del nostro fratello? Ora, la immodestia per sé stessa, come ho già detto, è un’eccitazione al male più pericoloso, perché più seducente; e questo non è soltanto vero per le persone pervertite, ma anche, starei per dire, soprattutto per quelli, più numerosi che non si creda, la cui natura, nonostante i loro sforzi, è anemizzata, malaticcia, propensa al male. Tutti portiamo il tesoro della virtù in un vaso prezioso, ma fragilissimo: coloro che affermano il contrario, mentono. Questo vaso, bisogna portarlo e farlo portare con una prudenza e una delicatezza di carità veramente cristiana, perché la carne è debole. Noi viviamo sotto un regime cristiano, nel quale la modestia è un principio stabilito da intima virtù e di dignità sociale esteriore. La società dunque, ha il diritto di reclamare quando, mancando a certi elementari riguardi, si fa mostra di brutture morali che non sono lezioni di onestà e di virtù, soprattutto per la generazione che cresce, che formerà la società di domani. D’altronde, noi sappiamo troppo bene che questo male è una fiamma che divora rapidamente il più bell’edificio morale. – Ricordate l’orribile battaglia dei laghi Masuriani? Migliaia e migliaia di russi, caduti in un’imboscata, perirono nei pantani simulati, affogando nel fango, e divorati dai rettili. Lo spettacolo di quei reggimenti incalzati dalle baionette fino al fondo dell’abisso, annegantisi sotto il peso delle loro stesse armature, dovette esser terribile. Questa stessa battaglia, senza molta resistenza, ahimè, si continua ancora, pur troppo. Il mondo spinge con le sue critiche pungenti, l’elemento rispettabile cristiano, che il rispetto umano travolge. Da tutte le parti, sono le paludi fangose che minacciano d’inghiottire i reggimenti delle giovani generazioni. È tutto un piano strategico, mirabilmente ed accuratamente elaborato da satana, in perfetto accordo con gli uomini del progresso, i grandi luminari e superuomini del secolo. Guardate come sono strette le maglie di queste reti mondane! Guardate come la battaglia pagana continua, coinvolgendo spietatamente nei vortici del rilasciamento. La Chiesa porta ai giorni nostri il grande lutto dei suoi migliori perduti. Studiamo dunque brevemente le insidie ed i pericoli della mondanità moderna.

IV. – La moda

Essa è un’autorità ordinariamente nefasta, arbitraria, molto spesso immorale. I protestanti avevano inventata la papessa Giovanna, un essere di finzione detestabile, una favola mille volte assurda. Io credo di aver scoperto una papessa reale, di una autorità mondiale, infallibile per i suoi adepti e che facendo fronte ai Pontefici ed ai Vescovi, distrugge, con un solo suo decreto, una parte della legislazione cristiana: è la papessa – Moda. Io le riconosco tutta la sua indiscutibile e triste autorità, che sopravvive in grazia a coloro che sono inclini all’imitazione per la propria stessa natura e per un vano rispetto umano. Tuttavia, nonostante quelli che dicono che il parlare contro di esso, sia una perdita di tempo, più di una volta, con la grazia di Gesù, credo di essere riuscito a far distruggere i suoi decreti di ignominia. La moda siede di diritto in due o tre grandi capitali, ma di fatto, percorre il mondo, assoldando le sue vittime per l’inferno, in tutti i paesi. La condizione attuale, indispensabile per ottenere i suoi favori, con il titolo di elegante, è di abbigliarsi appena dell’indispensabile e più ancora… per produrre l’impressione che sì è vestiti, senza esserlo. San Girolamo lo diceva già, quando rimproverava questa licenza alle patrizie convertite: « i vestiti di seta tessuti d’oro coprono i corpi senza vestirli ». lo concepisco l’esistenza della moda ed ammetto che per ragioni di estetica e d’igiene essa cambi e vari i suoi modelli secondo le stagioni, i gusti, i paesi. Comprendo come essa faccia spendere dei milioni, quando essa stessa li divora. Io mi rendo conto delle esigenze del secolo e della raffinatezza che esso ha potuto apportare in tutto. Ma è cosa biasimevole e inaccettabile che la Moda si faccia un veicolo per l’inferno; che sacrifichi al culto di Venere, il candore, la modestia, la bellezza morale delle famiglie cristiane. – Signore Gesù, tu ami talmente i fiori di giglio, che ne hai affidato la cura a tua Madre immacolata! – Come ne restano pochi di questi fiori ai giorni nostri! Come è facile il contare le giovinette pie, quelle cioè che santamente pure, rifiutano di bruciare l’incenso della loro delicatezza e della loro dignità di cristiane, davanti alla Dea! Tuttavia, le regine non dovrebbero vestirsi come le schiave… Eppoi, quando le figlie di Maria hanno perduto il valore di questo fiore di neve, di questa beltà caratteristica della Madre loro, di questo celestiale riflesso di candore, chi potrebbe renderle mai più rassomiglianti agli Angeli? Ahimè! se in una festa data da gente scelta e cristiana si presentassero due regine: Maria Immacolata e… Venere, io credo pur troppo che la Vergine Purissima non potrebbe riconoscere le sue figliole… « Regina dei gigli, Santissima Madre, oh! fa vedere a quelle che ti proclamano il loro amore, che non te lo confermano mentre sempre con le loro azioni, fa vedere che v’è una virtù tanto cara al tuo Cuore che non sarà mai abbastanza praticata: la modestia « Conserva il loro candore e la loro purezza ». La moda comanda con tale audacia « le si obbedisce  con tale sottomissione che il conflitto fra i diritti di Dio e quelli che essa si arroga, giunge finanche ai piedi dell’altare. – Molti giornali si occupano di questo, il che prova che molte donne pie, pur senza essere cattive, sono spesso incoscienti. Ad  X… si parla molto, in società, d’un incidente avvenuto nella Chiesa del G. Il giorno della festa di S. I. il Cardinale B. celebrava in quella Chiesa una Messa solenne alla quale molte nobili signore erano venute pe ricevere la S. Comunione dalla mano del Porporato. Ma esse avevano dei vestiti piuttosto da teatro che a Chiesa. Al momento di scendere dall’altare, per dare la Comunione, il Cardinale se ne accorse, e rivoltandosi verso l’altare, ripone il ciborio nel Tabernacolo. Poi,   nuovamente rivolo verso il pubblico, cominciò a palare. Che cosa disse? … Quelle signore avranno lungamente nella memoria la sua veemente apostrofe. Quel che egli disse, lo disse in tono tale che esse lasciarono immediatamente la Chiesa, inseguite fino alla porta dalla parola del Cardinale, indignato che delle donne osassero venire ad inginocchiarsi all’altare, con un vestiario da concerto, da teatro o da ballo… E veramente non troviamo eccessiva l’indignazione del Prelato. – Ho detto: autorità nefasta, tirannica, della moda; ed aggiungo, dispotismo. Essa non nasconde più — ed è molto meglio — le sue tendenze pagane e scandalose, essa confessa chiaramente la vera ragione dei vestiti troppo corti, delle stoffe trasparenti. Io mi permetto ancora di stralciare da una rivista elegante e diffusa, sfogliata a caso nel parlatorio di un istituto d’educazione, questo brano suggestivo: « Alcuni ballerini entusiasti hanno organizzato, l’estate passato, dalle undici a mezzogiorno, sulle spiagge di moda, il tango-aperitivo che si ballava in costume! È naturale che le sarte si siano occupate della creazione di abiti da ballo « sensationnels » « deshabillants ». Il tango, che si ride degli anàtemi, continua la sua carriera brillante, ma esige un vestiario appropriato al ritmo lascivo della sua cadenza ». Considerate il cinismo di queste parole! – La pubblicazione citata, è fatta per un ambiente onesto… Notate questo, famiglie cattoliche, e rileggete: il tango si ride degli anatemi… Ora voi sapete benissimo che i Vescovi hanno elevato all’unanimità la loro voce per condannare e proibire il tango, il fox-trott, ecc. Il Santo Padre stesso li ha testé interdetti. Ridetevene, dice il mondo, acclamate la Venere trionfante!… Autorità nefasta che altera i cuori e falsa la coscienza.  – Ascoltate questo strano incidente: Dopo aver assistito ad una Messa solenne in onore della Santissima Vergine, patrona di una confraternita molto in onore nell’aristocrazia della città, una signora e la sua bambina di quattordici anni vanno in un grande negozio di moda. La madre esamina molti modelli e infine ne sceglie uno, ma al momento di provarselo, sente in sé un rimorso molto giusto: quello di scandalizzare la figliuola. Allora, piuttosto che rinunziare al modello, le dice: « Vai in fondo alla sala, figlia mia, e voltati verso il muro » Oh! che una fanciulla non possa vedere sua madre, senza essere turbata, e che la madre lo riconosca senza rimediarvi! Che deviazione inaudita del più profondo senso morale, che, negli umili come nei grandi, è dappertutto una luce di natura! A quale cataclisma morale siamo per arrivare? – Un sintomo di questa allarmante decadenza è, da qualche anno, la profanazione del candore delle ciulle da 7 a 15 anni già vestite con delle acconciature in completo disaccordo con le regole elementari della morale e della modestia. La moda aveva per molto tempo rispettato l’innocenza verginale delle piccole; questo rispetto oggi non c’è più. Eppure, si son viste arrossire di sé stesse, piccole innocenti, in presenza di persone rispettabili cercare istintivamente di coprirsi, e restare confuse di non averne la possibilità materiale. È crudele e disgustoso, certamente, perché l’infanzia è sacra. Ora l’abuso può diventare scandaloso e « guai a colui che scandalizza uno di questi piccoli che sono miei », dice sempre Nostro Signore. –  Il grave peccato non consiste solamente nel fatto, tuttavia tanto condannabile, dei vestiti troppo corti, ma nella perdita del pudore, della delicatezza femminile, per l’abitudine contratta della nudità. Dove saranno, ohimè!, le nostre piccole Agnesi tredicenni, che soffrono il martirio, che versano il loro sangue per conservare il loro fiore verginale? Come le norme fisiche, così quelle della morale si apprendono dalla prima infanzia. Come sono felice di poter dichiarare ai Cattolici che leggeranno queste pagine, che S. S. Benedetto XV si è degnato, non soltanto di benedire, ma di incoraggiare risolutamente la campagna che difende la purezza delle famiglie cristiane, contro le audacie dell’odierno paganesimo. Ecco un estratto dell’autografo pontificio. È ancora la voce di Gesù che difende i suoi piccoli: « Il formidabile torrente di vizi, che inonda la società moderna, riceve un funesto appoggio da questo abuso che è la moda incedente. E questa moda, per la negligenza, o peggio ancora per la vanità colpevole di tante madri di famiglia, si estende malauguratamente alle fanciulle, esponendo ad un gran pericolo il candore della loro innocenza. « Tuttavia, se simili calamità contristano il cuore paterno, siamo confortati d’altra part nel vedere sorgere felici iniziative, il cui scopo è di combattere questa frenesia di licenza nel modo di vestire » (Lettera di S. S. Benedetto XV al R. P. Mathéo). Se qualcuno, poco rispettoso dell’autorità suprema, osa discutere le parole sagge ed opportune del Papa, io gli rispondo con il seguente fatto, che dà una lezione chiara e severa.  Un venerabile curato incontra una fanciulla di tredici o quattordici anni, vestita secondo la moda attuale, senza calze, con una veste estremamente corta e leggera. La fanciulla, accompagnata dalla sua governante, va a fare la sua passeggiata in tale acconciatura. Il Curato è un vecchio amico della famiglia, ed ha anche preparato la piccola alla sua prima Comunione. Egli la ferma infatti, e le dice: « Va a dire a tua madre da parte mia di allungarti il vestito almeno fino al ginocchio ed anche di più, perchè tu non sei più una bimbetta. E le dirai che sono rimasto impressionato di vederti in una acconciatura così poco cristiana.  La fanciulla, che è molto intelligente e molto buona, fa, tutta commossa, l’ambasciata del Curato. Insiste, perché è perfettamente convinta che egli ha ragione: « Ho vergogna di uscire vestita come se andassi al bagno », dice lamentandosi. Ma la madre risponde: « che il Curato s’occupi dei suoi affari in chiesa, io m’occupo dei miei in casa mia ». La risposta viene riferita al Curato dalla fanciulla, dopo la lezione di catechismo. Ma ecco che qualche giorno più tardi la madre, da buona cristiana (!) va a comunicarsi, come era sua abitudine, alla Messa del Curato. Quando questi giunge davanti a lei, per la Comunione, passa appresso… Distrazione?… una seconda volta lo stesso… una terza egualmente… Oh! allora? La Messa è finita, la signora si precipita furente in Sacrestia ed investe violentemente il buon Curato, rimproverandogli il suo sorprendente modo di agire. Ma le parti erano cambiate: « Signora, vogliate pensare ai vostri affari, come è vostro desiderio, in Chiesa io mi occupo dei miei ». – Infatti, se il prete che ha il diritto di assolvere, non ha anche quello di indicare ciò che è contrario alla Legge del Signore, perché andare da lui a confessarsi? Termino con questa lettera che Sua Eminenza il Cardinale Mercier volle indirizzarmi, per riaffermare il suo appello lanciato alle famiglie cristiane per invitarle alla modestia: « Sì, Lei ha ragione: l’andazzo oggi in voga, per cui le madri imprudenti subiscono la tirannia della moda e denudano le loro figliolette, col pretesto dell’eleganza o dell’igiene, è colpevole e giustifica la sua riprovazione. Noi ci uniamo a Lei per supplicare le madri cristiane di ascoltare gli avvertimenti del nostro bene amato Pontefice, Benedetto XV, Vicario di Gesù Cristo, supremo interprete della morale cristiana. Educatori ed educatrici dell’infanzia e della gioventù considerate le vostre responsabilità. « Noi decliniamo la nostra, indicandovi il vostro dovere; voi non vi sottraete alla vostra, rifiutando di obbedirci » (Lettera del 10 gennaio 1921 al R. P. Matéo). – Ascoltate il lamento di Gesù: « Misericordia di me! Abbiate pietà di me e delle vostre anime, voi che vi piegate a tutte le esigenze pericolose della moda e che vi mettono in condizioni tali di provocare il male con condannabili sfrontatezze. « Misericordia di me: Abbiate pietà di me, mamme, spose e figliuole cristiane che io amo tanto. Non offuscate la vostra bellezza morale, facendovi ingannare da un miraggio di vanità mondana. Perché mi flagella, calpestando la mia legge Divina?… »

V. – Gli spettacoli

Roma pagana reclamava il pane… e gli spettacoli del circo. La società pseudo cristiana dei nostri giorni invoca anche essa a gran voce gli spettacoli. Essa non potrebbe farne a meno, ne è febbrilmente assetata. Io non condannerei, certamente, un teatro sano ed idealista, che potrebbe essere, a rigore, una scuola di virtù e di pensieri nobili, ma questo genere di teatro, ancora ricordato dai nostri nonni, non esiste quasi più. Il teatro moderno, invece, non dà che il quadro di passioni smodate e scandalose, e lo dà con una seduzione tentatrice. Con questi filtri diabolici esso abbellisce il peccato. La società moderna vi sì è assuefatta. Chi, oggi, si astiene da una rappresentazione, perché scabrosa e indecente? Una cerchia ben ristretta di Cristiani. Contro tale astensione vi è un rispetto umano molto più potente della delicatezza di coscienza. Far vedere di essersi privati, per scrupolo, da una rappresentazione, significherebbe essere indicati a dito da tutti. Quelli che osano affrontare la critica e che sì permettono di farlo valorosamente, quando se ne presenta l’occasione, sono una minoranza molto piccola. La mentalità attuale, d’altra parte, non permette più la critica sana. Qualche tempo fa si discuteva, in un salotto cristiano, intorno ad una scena veramente scandalosa. Un’artista insolente si era permessa di presentarsi in modo che io non posso dire. Ebbene, il pubblico l’aveva applaudita. Qualche famiglia indignata aveva abbandonato il teatro ed aveva attirato l’attenzione della polizia in proposito. Colui che raccontava il fatto era indignato contro un tale attentato al pudore. Ma di comune accordo gli si fece osservare che la cosa in se stessa non poteva avere nulla di speciale per essere additata alla censura, se nel teatro non vi fossero persone di età matura! Ciò significava dire chiaramente che tali spettacoli potevano essere permessi. Significava dire, in un modo molto farisaico, che la licenza, il peccato di impudicizia, la seduzione, la provocazione non esistono più, quando si sono varcati i venticinque anni! Dopo questa età che cosa se ne fa, l’uomo del sesto  e nono comandamento, e di tutto quello che essi contengono, come la purezza dello spirito, dei desideri, dei pensieri, ecc.? E ad eccezione di una sola persona, tutti in un salotto cristiano, pensavano egualmente e qualcuno portava anche come esempio che in Grecia, ai tempi dei famosi tragici, l’abuso di cui si parlava, era invece diventato un’abitudine. Che modo di pensare veramente cattolico, quello di cercare, dopo venti secoli di Cristianesimo, come scusa alle licenze della nostra epoca, queste licenze maledette ed abbominevoli in uso in Grecia e a Roma! Dopo venti o venticinque anni, è permesso di veder tutto, di sentir tutto… si è confermati nelle grazia!… – Quale bene immenso si potrebbe fare con le ingenti somme, sacrificate dai buoni in tanti spettacoli più che leggeri, frivoli e mondani… Bisogna reagire con coraggio ed ottimismo cristiano. Ma questa reazione deve cominciare dalla classe dirigente, perché il male, come il bene, discende quasi sempre da essa. Nel dire classe dirigente, voglio indicare soprattutto il fior fiore delle famiglie cristiane. Ad esse sta il decidere il gran conflitto morale dei nostri giorni, se il Maestro Gesù dovrà cioè subire ancora per molto tempo l’ignominioso flagello di cui la impudicizia lo rende vittima. « Misericordia di me: abbiate misericordia di me, voi che affollate gli spettacoli, davanti ai quali, secondo voi, tutto è permesso. Cessate di ridervi del sesto comandamento che io v’ho dettato. Fermatevi, figli miei! Oh! guardate alla luce del Tabernacolo; che torrente di fango, di frivolezza, di odiosa immodestia giunge come un insulto, quasi fino ai miei piedi divini! Esso minaccia la fede, i costumi del focolare, l’innocenza dei vostri fanciulli. Perché mi battete calpestando la mia Legge Divina? »

VI. – Divertimenti mondani – Danze

La vera vita sociale, vale a dire lo scambio sincero di relazioni degne, semplici e cortesi fra le famiglie, è un elemento di moralità, di educazione, nello stesso tempo che una barriera che regola, in una vita rettamente onesta, la legittima espansione dei nobili sentimenti di cristiana solidarietà. La vita sociale ben compresa, cristianamente vissuta, intensifica la vita di famiglia, e le impedisce di esser travolta dalla vertigine d’una vita mondana diametralmente opposta. La mondanità, con i suoi incalcolabili pericoli, nasce da una corruzione della vita sociale. Nella cerchia della famiglia e delle relazioni, quando non si trova più l’onesto riposo e la gioia legittima, il teatro, il casino ed il club offrono con successo, i loro frutti proibiti. Ai giorni nostri si vede un eccesso spaventoso di vita mondana a detrimento della vera vita sociale e di famiglia. Ecco perché le riunioni che vengono chiamate di società, sono nella maggior parte dei casi, delle riunioni mondane, ove la frivolezza e strane libertà comandano, procurando malsani divertimenti. Donde vengono questi balli « zoologici », come li chiama uno scrittore molto liberale? No, certo, da salotti distinti ed aristocratici. Le sale da ballo di alcuni casini ed alberghi molto volgari li hanno messi in voga. E come il vento fa penetrare negli atri più eleganti i detriti e le lordure della strada, così essi sono penetrati negli ambienti più distinti: hanno dovuto ben fare il giro di « halls » poco decenti e morali per ottenere il lasciapassare; ma si finisce sempre per concedere qualche cosa alle invenzioni dell’inferno… perché satana è più tenace ad attaccarci, che noi a difenderci. – La sconvenienza di tali balli è così sfacciata e il loro uso s’è così radicato, anche tra le persone rispettabili, che lo stesso Santo Padre ha dovuto protestare energicamente e riprovare con indignazione un tale andazzo. Ecco l’anàtema del. Sovrano: Pontefice: « Noi non deploreremo mai abbastanza l’accecamento di tante donne d’ogni età e di tutte le condizioni: invasate dal desiderio di piacere, esse non veggono fino a che punto l’indecenza del loro vestire turba l’uomo il più onesto ed offende Dio. La maggior parte avrebbero in altri tempi arrossito, come di un fallo molto grave contro la modestia cristiana: ed oggi non è per loro abbastanza l’esibirsi in tal modo nelle pubbliche vie; ma non sì peritano neanche di oltrepassare le soglie delle Chiese, di assistere al Santo Sacrificio della Messa, di accostarsi alla Comunione, portando là, ove si riceve il Celeste Autore della purezza, l’alimento seduttore di vergognose passioni. non parliamo di quelle danze esotiche e barbare, recentemente importate nei circoli mondani, una più indecente dell’altra: non si saprebbe immaginare niente di più adatto a bandire ogni residuo di pudore ». – Bisognava che l’abuso ed i pericoli fossero eccessivamente gravi, perché il Sovrano Pontefice fosse obbligato a precisare l’anàtema contro l’insieme delle mode e dei costumi particolarmente contro queste danze « esotiche e barbare ». Sembra veramente che Roma e l’antica Grecia, sepolte da secoli sotto la polvere dei loro idoli, rialzino la testa, e minaccino, con una rinascenza pagana, il Cristianesimo che aveva condannato inesorabilmente le passioni delle loro deità. Ed ecco che il nuovo Pontefice gloriosamente regnante, S. S. Pio XI, leva anche la sua autorevole voce: « Nessuno ignora come le frontiere del pudore siano state varcate, soprattutto nelle acconciature e nelle danze, dalla frivolezza delle donne e delle fanciulle, i cui abiti lussuosi eccitano l’indignazione dei poveri » (Enciclica: Ubi arcano Dei Consilio). « Le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa », è certo; ma si direbbe che in ogni crisi come quella che subiamo attualmente, l’anima cristiana, vale a dire il fondo cattolico dei popoli, è straziata dalle perfide tenaglie di questo modo, che crocifisse Gesù, e tende a rinnovare costantemente la sua Passione in mezzo a noi. Il peggio di tale sventura, non è il compito dei carnefici ufficiali di questo moderno calvario, ma l’inconcepibile cooperazione, ed il servile consenso dei buoni, degli amici… tolleranti e rilasciati… – Che pensare ad esempio del seguente episodio? Dopo la lettura, nella Chiesa parrocchiale di una spiaggia elegante, degli anàtemi del Papa, e d’un  vigoroso commento del Vescovo, lo zelante Curato dichiara chiaramente che i Cristiani che non si asterranno da quei divertimenti, non potranno ricever la assoluzione. Qualche giorno dopo, una combinazione è trovata, da un gruppo di pie (?!) danzatrici che vogliono, nondimeno, comunicarsi per la festa della Madonna. Si farà un’escursione, la vigilia della solennità, andando un po’ lontano, fino alla città di X… in un’altra diocesi. Là ci si confesserà, sfuggendo così all’anàtema; si tornerà un po’ tardi, per potersi facilmente scusare di mancare alle danze serali, e la mattina… comunione … E dopo la festa, si ricomincerà a ballare, e così… fino alla prossima festa! Non si chiama questo, prendersi giuoco della propria coscienza e dei giudizi di Dio? Non è voler procedere con alla destra l’Immacolata e alla sinistra il serpente del male, in un’alleanza impossibile quanto quella del peccato grave con lo stato di grazia? « Miseremini mei! Abbiate pietà di me, e anche delle anime vostre, voi che prodigate follemente il vostro danaro, la vostra giovinezza, la vostra salute! « Miseremini mei! Pietà di me, delle anime vostre, voi che perseguite i piaceri d’un’ora fuggevole, e vi stordite nella vertigine della passione sfrenata!

« Perché mi colpite, calpestando la mia Legge Divina? »

VII. – Costumi e libertà alla moderna

Che libito fe’ licito in sua legge » (Inf. V, 56 – NdT.)

Ebbi ultimamente occasione di incontrarmi con un uomo di raro talento, reduce da un viaggio di studio nel Giappone. Aveva vissuto lunghi mesi laggiù, studiando ed osservando i costumi. Vi aveva trovato cose notevoli, ma mi esprimeva, nonostante la sua ammirazione per una tale civilizzazione, questo rammarico: « Peccato che quel paese sia ancora tanto profondamente pagano! » E mi enumerava dei fatti e mi spiegava i costumi… Quando ebbe finito, io lo meravigliai dall’applicazione che a mia volta potevo disgraziatamente fare, delle sue critiche, ai costumi parimenti pagani dei grandi centri europei, delle spiagge e delle stazioni mondane, frequentate da un pubblico eletto e creduto cristiano. – Forse che il Giappone è più pagano, e soprattutto più colpevole nel suo paganesimo, delle nostre società convenzionalmente cristiane? Ahimè! Se i paesi del Levante son capaci di progresso, si direbbe che i paesi d’Occidente sono davvero, dal punto di vista del costume cristiano, i paesi del « sole che tramonta ». – Noi non possiamo ripetere in queste pagine, quel che, moltissimi dei! giornali più in vista annunziano in grossi caratteri e raccontano con particolari mostruosi … La leggerezza con la quale pubblicano quei grandi e piccoli scandali di costumi, l’inavvertenza con cui si leggono e ne parla, provano che si tratta di fatti abituali, quotidiani, generali, ai quali non si dà importanza, nella vita morale della società moderna. Ma per non citare che una manifestazione di questo paganesimo, parliamo di quello delle spiagge di moda. – Se qualche anno prima della guerra ci avessero fatto il quadro di una di queste Spiagge, con i relativi bagni di sole, le animate conversazioni sulla sabbia, e le danze « barbare » in maglia, avremmo immediatamente pensato alle terre infami di Roma e di Atene. E tutti avremmo condannato con indignazione tali costumi. In pochi anni appena, i tempi sono cambiati; e lo spavento annienta, pensando a questa giovane generazione formata nella frivolezza, e in conseguenza capace di produrre, quanto prima, frutti di sventura morale. – Convenite che se vi è una misura di dignità, e delle forme di convenienza e di virtù, per il contegno e l’acconciatura della donna, nelle vie o nei salotti, esse sono da applicarsi soprattutto alla spiaggia, e per una delicatezza che dovrebbe essere elementare, sembra che siano più necessarie sulla sabbia che altrove. Il pudore, è esso una virtù cristiana, o una semplice convenzione sociale: come quella di salutare con la mano destra, o di vestirsi di nero quando si è in lutto? Convenzione che si può dunque abolire o cambiare col tempo o per il capriccio di una società?.… Non è più adunque un immutabile principio di evangelica virtù, che la donna cristiana debba essere pura e che debba anche apparir tale, sempre e dovunque. Ma allora, come chiamare questa libertà che denuda e fa il gioco della più volgare immodestia, sotto il pretesto della moda o dell’igiene? Da quando in qua, la delicatezza femminile cristiana, è da considerarsi come una esagerazione di spregevole bigottismo, della quale, si possa disimpegnarsi e prendersi gioco? Il paganesimo non ha il diritto di rinascere, e la convenzione. e la morte non han diritto che al sepolcro! – Aspettando il Conte di… nella splendida sala della sua dimora, io guardavo le incisioni di una rivista reputata seria: ed ecco che trovo nel numero di agosto, una, due, tre vedute di una spiaggia mondana molto frequentata. Che indecenza di costumi! Che vergognosa licenziosità! Si leggeva, sotto quelle fotografe: « Scene deliziose della spiaggia di X …… – Bagni di sole e di « flirt ». « Un istante di riposo dopo il tango in maglia ». Prove pratiche che i vecchi pregiudizi scompaiono! « Pietà, Gesù!… » Leggo qualche rigo della cronaca mondana e trovo, fra le altre prove di audacia anti-cristiana, questo: « Quando fa molto caldo, si torna al bagno per la seconda o terza volta, la sera, sul tardi, quando le ombre del crepuscolo avvolgono già la spiaggia. Inutile dire che i giovani soprattutto aspettano con impazienza le ombre per godere d’una legittima libertà, che nessuno, ai giorni nostri, oserebbe criticare. Qualche anno ſa ci si sarebbe meravigliati delle cose che s’impongono all’epoca nostra, e che fanno il loro cammino come frutto d’una civilizzazione più raffinata. – Questa promiscuità senza scrupoli, é una felice innovazione che attira un mondo elegante alla spiaggia di K.…., come lo provano d’altronde le istantanee che riproduciamo più su ». Ancora una volta, pesate le parole insultanti e il cinismo delle affermazioni scandalose. – Ma il Conte entra: gli manifesto il mio stupore di vedere in una rivista che gode credito di onestà, delle fotografie di persone i cui atteggiamenti rendono certamente la loro moralità assai dubbia. Ed egli di rimando: « Oh, non lo dica, Padre mio; queste sono fotografie d’una società distintissima ed elegante. Ecco in quest’altro numero le mie tre figlie, mentre prendono il loro bagno di sole. Quei giovani che lei vede presso di loro, sono il fiore della nostra società » Pietà, Gesù! Il suo Cuore adorabile avrà trovato, io spero, una riparazione nell’angoscia, nello stringimento di cuore che provai sentendo un Cristiano (!) in così perfetto accordo col cinico cronista, vedendo un padre tanto cieco e noncurante della bellezza morale delle proprie figlie e delle insidie mondane tese alla loro virtù. Le spiagge mondane son luoghi malefici che hanno pervertito tanto le coscienze, quanto i cattivi spettacoli. Esse sono spesso il teatro sconveniente in cui gli attori sono proprio gli stessi Cristiani. Leggete questa osservazione d’un giornalista, tanto intelligente quanto coscienzioso: « Ero, qualche giorno fa, 1n una delle più eleganti stazioni balneari. Vidi passare a centinaia, donne giovani e adolescenti. Quante, fra loro, erano appena uscite da istituti di educazione tra i più rispettati del paese? Quasi tutte m’hanno fatto arrossire: molte m’avrebbero fatto piangere… » Così constata e parla un giornalista. Ma è anche il Vicario di Cristo che denunzia, costernato, questa disfatta morale: « In molti luoghi », dice S. S. Pio XI, « non si trovano più costumi degni di un Cristiano, a tal punto che non solamente la società umana non progredisce verso questo progresso universale di cui ci si glorifica abitualmente, ma sembra addirittura ricondurci alla barbarie » (Enciclica citata). « Miseremini mei! » Abbiate pietà. di me, e delle anime vostre, voi che vivete inebriati dai rischioso piacer d’una malsana sensualità! « Miseremini mei! » Abbiate pietà di me e anche delle anime vostre, voi che vivete la vita spensieratamente folle dei circoli, del salotto e delle spiagge mondane ». « Perché  mi batti, calpestando la mia Legge divina? ». Pietà del nostro Re! Non castigate come uno schiavo, Colui che è il nostro Dio!

VIII. – Rimedi

E, per chiudere questo capitolo, tanto penoso a scriversi, eppure tanto necessario per essere letto e meditato, noi faremo, in forma di corollari, alcune flessioni importanti. La prima sarà pet scusare in parte, un gran numero di questi colpevoli. Come spiegarsi infatti, la resistenza d’un nucleo tanto vasto di Cristiani alle prescrizioni della Chiesa, relative alla immodestia delle mode e ai divertimenti disonesti? La donna cristiana, in generale, tanto casta e pura, non vede e non può vedere quel che non comprende. Essa ha gli occhi limpidi e giudica con questa limpidezza il cuore e lo sguardo altrui. – L’innocenza è una celestiale beltà; ma essa è un grave rischio senza la docilità. La disobbedienza alle severe leggi della modestia, nasce dunque dal fatto che la donna e la giovanetta non comprendono il perché di tal severità, e la giudicano una « pia esagerazione ». Esse cedono alla vanità, al rispetto umano; fanno come le altre, forse con qualche piccolo rimorso, ma spesso senza la minima malizia. Questo è evidente. Ma non è meno evidente che il male cagionato da questa infantile incoscienza, da questa mancanza di sommissione alla Chiesa, è immenso e positivo, intorno ad esse e loro malgrado. Per discrezione, è impossibile dimostrarlo loro; ché si può entrare in certi particolari che offenderebbero la loro delicatezza. Ma occorre affermar loro decisamente, in nome di un’autorità divina, che esse debbono obbedire in coscienza ed integralmente. Io posseggo la copia di una lettera curiosissima e molto interessante. È firmata da una persona conosciuta ed è scritta da una giovinetta dall’anima molto onesta e retta: « lo sono giovane, ho venti anni; sono molto gaia ed amo pazzamente la moda ed i balli. Ho sempre considerato fino a questo momento le condanne lanciate contro i balli moderni e le mode attuali, come invettive esagerate e ridicole di gente bacchettona, di vecchie zitellone e di persone maliziose. Avendo sentito commentare la pastorale dell’Arcivescovo, sull’immoralità dei nostri odierni divertimenti, ho voluto leggerla, per curiosità. Questo le proverà che io non sono una cattolica praticante; non ho ancora fatto la prima Comunione. Ho dunque letto la Pastorale. Mi pareva molto strano che un prelato reputato così saggio e santo, potesse condannare severamente quel che ci diverte tanto comunemente. Ebbene, tutto quel che afferma questa Pastorale, è profondamente vero. Le dirò come ne sia stata pienamente convinta, in modo semplice e assolutamente inatteso. « Ero in viaggio: sentendomi poco bene, andai nel corridoio e là, in un vicino compartimento di lusso, sentii la conversazione di un gruppo di giovani della nostra società. Essi si scambiavano le loro riflessioni e le loro impressioni sopra i nostri balli, le nostre acconciature vaporose, le nostre mode poco modeste. Ho ascoltato sì, coi miei stessi orecchi, quel che non avrei mai creduto, se me lo avessero raccontato: in che modo, cioè, essi interpretavano e giudicavano maliziosamente le nostre maniere, i nostri atteggiamenti, le nostre innocenti famigliarità, la nostra libertà. Parlavano e ridevano forte, designando e nominando di quando in quando l’una o l’altra delle mie amiche. Con mio stupore, sentii nominare e giudicare ed accusare anche me, mentre la coscienza non mi aveva mai nulla rimproverato. « Quel viaggio decise del mio avvenire. Non soltanto non ballerò più e mi terrò discosta da una società di cui là, in quel vagone, era raccolto il fior fiore… ma da oggi decido d’istruirmi nella dottrina della Chiesa che veglia tanto amorosamente sul bene spirituale e l’onorabilità dei figli suoi. Sì, io mi avvicinerò ad essa; e diventerò la sua figlia sommessa e riconoscente per sempre. Ho compreso a che cosa portano le leggerezze; ho sentito cosa si poteva pensare di noi, ed eccomi convinta. Ah, se potessi mettere in guardia altre fanciulle imprudenti, candide, spensierate e incredule come me! » – Insistiamo sulla risoluzione finale: « Diventerò una figlia sottomessa e riconoscente alla Chiesa ». Ecco il solo rimedio, poiché la saggezza e l’amore della nostra Santa e dolce Madre, la Chiesa, fanno della sua direzione, una regola sicura e indefettibile di onore, di pace, di salute. Se la Chiesa, ed essa sola, ha il potere di dar l’assoluzione, essa sola in conseguenza è giudice nella determinazione di quel che è immorale e pericoloso. – Ah! se essa potesse, rompendo il suggello del segreto sacerdotale, divulgare le abominevoli conseguenze quotidiane prodotte dalla licenza sempre crescente! Se i Sacerdoti potessero dire tutto, come confonderebbero i più incuranti, i più increduli, i più ingenui di questa questione estremamente grave e delicata dei costumi e delle mode anticristiane. « Io vi faccio i complimenti per la vostra sincerità apostolica » mi diceva il dottore di una grande clinica, « ma se io dovessi giudicare, io direi tre volte di più, senza violare il segreto professionale ». – Crediamolo: coloro che gridano contro la malizia, quando noi tocchiamo questa questione, sono ordinariamente i più grandi, i più raffinati maliziosi!… Essi vogliono godere con disonestà a detrimento delle anime candide, in cui cercano provocare la rivolta contro l’autorità, a loro profitto. Ipocriti! Si scandalizzano essi, gli scandalosi, della nostra indignazione e perché noi vogliamo prevenire lo scandalo di cui essi godono e approfittano!… Ecco sempre coloro che accusano la Casta Susanna… per vendicarsene. – Un Cardinale Arcivescovo, cosciente dei suoi doveri e delle sue responsabilità, parlava molto chiaramente di questa questione in una recente ordinanza. Un giornale poco degno, nonostante, o forse a cagione della sua grande popolarità, osò rispondere,, domandando in tono ironico, come mai il Cardinale poteva essere al corrente degli abusi e dei misfatti condannati. In verità bisogna essere o molto povero di spirito o disonesto più che altro per fare questa domanda. Come mai noi siamo al corrente degli abusi scandalosi, se viviamo lontani dagli scandali? La risposta è semplicissima. Ad ogni istante, i feriti gravi, raccolti sotto l’infuriar delle mitraglie, vengono condotti dai portaferiti, nell’ospedale più vicino al campo di battaglia. Il capo dell’ospedale, un grande chirurgo, dopo lunghe e penose ore di lavoro, esclama sfinito: « Che orribile battaglia! che sanguinoso combattimento ». Un ufficiale gli dice: « che ne sa Lei dottore? Noi veniamo dal campo di battaglia e noi potremmo dirlo, ma lei, come può affermarlo? Ohimè, risponde tranquillamente il chirurgo, io lo so meglio di lei. Lei non ha visto forse che le sue ferite e quelle di coloro che le sono caduti vicino; mentre che centinaia di poveri resti umani sono passati per le mie mani… mutilati dalla mitraglia… alberi sradicati dalla spaventosa tempesta. Per tutto questo, per il fatto di essere sempre occupato e dover pensare a curare orribili ferite, io posso giudicare meglio di lei del furore… dell’uragano, della asprezza della battaglia. È il nostro caso: meglio dei mondani distratti, storditi, troppo abituati alle malsane mondanità, noi siamo in condizione ci comprendere a distanza, dal numero delle vittime curate nelle nostre « ambulanze e cliniche morali » quale è la potenza infausta e mortale dell’immortalità del nostro secolo. Nessuno meglio di noi è in istato di portare un giudizio equo sulla moralità sociale. Noi siamo la riva, dove approdano tanti poveri malati morali, tanti naufraghi, di tutte le età e di tutte le condizioni! Si viene a noi, con l’anima straziata, la confessione sincera sulle labbra, e con le lagrime che bruciano il cuore e gli occhi. Ma non si viene a noi mai troppo tardi, lasciatemelo dire! Non che il male deplorato non sia molto grave, ma perché il Cuore di Gesù è l’Onnipotenza di resurrezione morale. – Dopo quello di perdonare, noi abbiamo sempre il dovere di prevenire tanti mali, comunque dispiaccia al mondo, predicandone coraggiosamente i rimedi. Questo nostro dovere è tanto più urgente, quanto più ovunque si soffre, per mancanza di lume soprannaturale. Difatti è questo un segno evidente che si impone in questa crisi di pudore. Il senso morale della modestia e della purezza si affievolisce di giorno in giorno, diventa pressoché nullo. Gli occhi del Cristiano, ed a poco a poco la sua coscienza, s’abituano allo spettacolo del male, fino al punto di non esserne più turbati. Il pericolo è grave: insinuandosi nel cuore, può prenderci tutti. Già molti dei buoni blandamente addormentati dall’abitudine della rilassatezza sociale e degli spettacoli immorali, sono giunti all’indifferenza. Io ho anche trovato delle scuole cattoliche dove si era abituati a vedere i fanciulli con i loro vestiti poco modesti, la cui indecente acconciatura, non urtava più le maestre cristiane… – Se mancano i controllori della virtù, le sentinelle deste e zelanti, noi toccheremo il fondo dell’abisso. Non è vero, per esempio, che alcune mode, che qualche anno fa sarebbero state condannate, soltanto se viste in figurino, sono oggi accettate, generalizzate, a cagione di una tolleranza che degenera in abitudine? Uno dei più sicuri e caratteristici sintomi della lebbra è l’insensibilità degli organi. L’insensibilità morale è un sintomo reale della lebbra morale che ci invade vittoriosamente. « Guai! » ha detto il Signore, « a colui che scandalizza! » Se con piena giustizia, noi abbiamo osservato che la grande maggioranza delle donne e delle giovinette hanno una scusa, quella della loro ignoranza del male, sottolineiamo però molto chiaramente che le loro responsabilità restano gravi, dal momento soprattutto che esse hanno per guidarle, la materna difesa della Chiesa. Esse non potranno, con questo, scusarsi interamente delle loro colpe davanti al Tribunale del Dio di ogni purezza e di ogni giustizia, che ha affidato appunto alla Chiesa la cura delle nostre anime. Quante Cristiane deplorano i deviamenti e la mancanza di sottomissione nei loro mariti? Quante donne si lamentano della libertà di pensiero, della politica pericolosa degli uomini? Quante si indignano, perché i consigli della Chiesa non sono ascoltati nella scelta delle letture, nelle direttive delle idee filosofiche e sociali! Ora, che fanno esse del resto, per provare questa sottomissione alla Santa Chiesa, ch’esse vorrebbero invece tanto trovare nei loro fratelli? Riconoscono esse questa autorità, che i loro mariti misconoscono? Tuttavia, se la Chiesa esagera nel difendere le mode indecenti, perché non esagera nel proibire alcune letture o nel respingere alcune dottrine di filosofia pericolose? Le donne non agiscono in modo diverso dagli uomini. La Chiesa non ha due misure: questi e quelle debbono ubbidire. – Una signora di eleganza tutta moderna, e poco modesta, mi viene a visitare, per confidarmi la sua pena: « Come, come convertire mio marito ? » « Col convertire se stessa, Signora », le rispondo… Comprese? Lo spero; ma perché lamentarsi della colpa altrui e portare inconsideratamente in sé il peccato? – « Perché » mi dice una giovanetta, bianca come un fiocco di neve, ma molto dedita per vanità a seguire tutte le mode, « Perché lei ha predicato così severamente contro le mode attuali? Non veggo dove sia il gran pericolo, né per me, né per gli altri. Voglia compiacersi spiegarmelo più chiaramente, e le prometto, uniformerò la mia linea di condotta alla sua. « Mi promette Lei » le rispondo, « di accettare una sola osservazione molto grave, che io le farò come risposta definitiva ai suoi dubbi e alla sua curiosità? ». « Glielo prometto, padre ». Ascolti: « Se in un’acconciatura poco modesta, con vesti troppo corte ed una scollatura esagerata, lei fa una passeggiata di molte ore, nel centro della città, volendo, per semplice vanità, attirar l’attenzione sulla sua persona, creda pure che, tornando a casa sua, lei avrà probabilmente la responsabilità di qualche peccato grave, forse di molti, che lei avrà fatto commettere… – « Voglio rispettare il suo candore, ma le debbo questa risposta severa; e ora, da fanciulla veramente pia, sia docile, e bandisca ogni frivolezza esteriore ». – Ella ne fu molto colpita, e si mantenne, nonostante il suo ambiente, di una modestia ammirabile. Bisogna far cadere le scaglie, senza aprire gli occhi. Molte Cristiane, come questa giovinetta, peccano per vanità, cedendo alla sconvenienza della moda. La loro responsabilità rimane, a motivo dei reiterati ed imperativi avvertimenti della Chiesa, alla quale Nostro Signore ha detto: « Chi ascolta voi, ascolta me ». E nello stesso modo che i genitori comandano, senza spiegare ai loro figli, le ragioni degli ordini che danno: così la Chiesa, nostra Madre, non è obbligata a dirci il motivo delle sue prescrizioni. Veramente; noi ci domandiamo d’altronde, come una donna o una fanciulla intelligente, e Cristiana possa credere che l’insieme della Chiesa docente, che tutti i Vescovi, assolutamente d’accordo, su questo punto, col Nostro Santo Padre, il Sommo Pontefice, s’ingannino ed esagerino tutti, parlando unanimemente in favore della modestia, condannando decisamente gli abusi e la licenziosità moderna. Non è dunque, se non per la via della sommissione perfetta, che si otterrà una coscienza tranquilla, in tutti gli atti della vita e soprattutto nelle ore angosciose dell’agonia. – Meditate questa fine infinitamente triste d’una donna mondana. Nella sua giovinezza, e durante i lunghi anni della sua vita, la signora *** è stata frivola e leggera, nonostante la sua educazione, e la tradizione della sua famiglia; ed ha sempre sorriso degli anatemi della Chiesa. Ma quando l’età e soprattutto la malattia l’hanno paralizzata, essa fece di necessità virtù, e nel suo letto, sembrò almeno a riparare le sue follie. Non le si è nascosta la gravità del suo male, tanto che s’è spesso confessata, ha avuto qualche scrupolo, ed ha ricevuto gli ultimi Sacramenti. Ma ecco che una sera, ella si ridesta di soprassalto da un sonno leggero, e, spalancando gli occhi con spavento, mostra il Crocifisso a quelli che la circondano e grida: « Guardate! Oh, guardate come il Cristo è coperto del sangue della flagellazione che io gli ho fatto subire con le mie mondanità!… Guardate come questo sangue gronda… e cade sopra di me! Ascoltate come questo Cristo mi maledice!… Le si fa osservare che si è confessata, ma ella insiste: « Egli mi maledice, perché ho scandalizzato le mie figliole le quali, mondane come me, formeranno i loro figli alla scuola del peccato. E queste responsabilità sono mie, e mi schiacciano. Guardate, oh, guardate il sangue di Cristo, flagellato dalle mie follie! Che orrore! Ho tradito l’educazione delle mie figliole, scandalizzandole col cattivo esempio. Guardate, il Cristo mi maledice, e il suo Sangue cade sopra di me… » E si abbatté, estenuata: qualche sospiro ancora… ella era dinanzi al suo Giudice! Vorreste voi agonizzar così?

IX. – Conclusione

Privilegiate del Cristianesimo, non parlate d’esagerazioni. voi sapete di abusi incalcolabili delle grandi città, i delitti sociali; i delitti d’immoralità che amareggiano da ogni i parte il Cuore di Gesù, con un oceano di fiele e di orribile ingratitudine; ma a voi che siete gli amici, incombe di gridare alla riparazione e fare un’ammenda onorevole piena di amore, piuttosto che trovare te nelle proteste dei vostri Vescovi e nei loro insegnamenti, un tema di critica. Babilonia, oggi sembra sventuratamente rinascere dalle sue ceneri più che secolari. E se l’abuso dei sensi pervertiti provocò il diluvio, quale non dovrebb’essere oggi la collera della giustizia vendicatrice che l’indecenza dei costumi moderni eri ammassa sul nostro capo senza un assalto prodigioso d’amore misericordioso e redentore? Questi molteplici Babilonesi, che irritano il Cielo e gli gettano una sfida di sacrilega insolenza, dovrebbero accorare i fedeli: l’ardore e la sincerità della loro fede dovrebbe provocare in essi una recrudescenza d’amore, che a sua volta dovrebbe tradursi in una vita più casta, più austera, più profondamente e socialmente cristiana. – Amici del gran Re oltraggiato e flagellato, non osiamo chiedervi di portare il cilicio ma vi chiediamo, meglio ancora, un cuor contrito, un’anima penitente, una vita sociale purificata dall’infetto paganesimo che ci avvelena. –  Fate della vostra vita, Cattolici praticanti, una grande riparazione d’amore. Madri e spose cristiane, giovanette pie, amate con cuore sincero e con coraggio Maria, il cui titolo più radioso e prezioso è quello d’Immacolata. Non dimenticate che è Lei che vi ha riscattate con la sua vittoria: è per Lei che voi avete questa dolce regalità sociale della Chiesa cristiana, di cui voi godete. Non dimenticate che Gesù ve l’ha voluta come Madre, la sua Vergine Madre! Conservate dunque la santa e legittima fierezza della vostra dignità e della vostra beltà cristiana, difendete questi tesori con una santa collera nell’anima. Rassomigliate per amore e purezza, per candore e modestia, a colei che ha potuto dire a Bernardina: «Io sono l’Immacolata Concezione » Non fate arrossire vostra Madre. Pensate a Lei, nel salotto e sulla spiaggia, nella strada e a teatro. Non velate di lagrime il suo sguardo, che vi segue sempre con materna tenerezza. Non l’obbligate ad allontanarsi con dolore da una figlia poco delicata e poco pudica! Dimostrate a Maria che voi siete le sue figlie di gloria. Ella vi mostrerà che è la Regina potente e fedele. – « O Regina dell’amore, copri con un manto di giglio e di neve, quelle fanciulle che il serpente del mondo cerca strapparti ! »

Il lamento del Cuore di Gesù

« Voi siete tutti puri oggi, ma non lo siete sempre. Tra coloro che seggono alla mia tavola, che mangiano al mio banchetto, che bevono nel mio calice, che sono perciò i miei figli, i miei amici, i miei fratelli, i miei cari discepoli, ve ne sono di quelli che mi straziano e mi trafiggono crudelmente il Cuore. Nell’ascoltarmi, non guardate gli stolti, gli ignoranti che non sanno quel che si fanno, quando bestemmiano il mio Nome. Non sono essi i più colpevoli. Sono quei disgraziati che si dicono Cristiani, ma che m’oltraggiano odiosamente nelle manifestazioni della loro vita nel mondo. Oh! come sono dolorosi i colpi che Io ricevo da questi Cattolici mondani, colpi che riaprono tutte le mie ferite e mettono le mie ossa allo scoperto. Come potrebbero non flagellarmi queste anime cristiane, che di mattina si comunicano, professandomi la loro fedeltà e di sera osano condurmi nel fango?… Dimenticano dunque che io sono la Santità?.. Sì, voi vi ingannate, miei piccoli figlioli, nel proclamare, contro ogni principio della coscienza cristiana, che l’immoralità è autorizzata dall’arte, dall’igiene… scusando così le indecenze della moda, e lo scandalo del teatro moderno. Io ho schiacciato Venere ed il paganesimo, ho maledetto ogni impurità, ho maledetto ogni licenza, tutte le provocazioni al male, Io le maledico sempre. Io sono l’Eterno Presente! – Il mio Cuore è amaramente angosciato da tutti quelli che amo e che discutono la mia Legge, disprezzando i consigli miei e della Chiesa e condannandoli come un’esagerazione di scrupoli troppo puerili. Io piango per i miei figli, i miei amici, che contribuiscono con il loro talento, con il loro denaro, colla loro bellezza, allo sviluppo di questa moda rilasciata, di queste lubricità provocanti, e che sono stimolo alle passioni. Essi adducono come pretesto i loro obblighi sociali, le esigenze moderne!… Che fanno essi della mia Legge Divina con i suoi obblighi e i suoi doveri, assunti verso di me, col battesimo? Non disprezzate i carnefici del Calvario, perché questi infedeli mi hanno eretto un nuovo calvario di cui essi sono i carnefici. Non parlate della vigliaccheria dei soldati che sono di guardia alla prigione; altri mi flagellano più crudelmente ancora e mi sputano sul viso. Non pensate al tradimento di Giuda. Guardate piuttosto tutti questi nuovi Giuda, che abbandonano il loro Maestro ed Amico, per la soddisfazione dei loro sensi. Tutto quel denaro che essi lasciano alla porta dei teatri è per il mio Cuore, come i trenta denari di un continuo tradimento. Il vostro Gesù tradito, il vostro Gesù flagellato e crocifisso; il vostro Gesù col Cuore trafitto dalla impudicizia sociale, vi supplica di aver pietà di Lui. Abbiate pietà di Lui, voi che vivete nel fasto e nel piacere e nelle raffinatezze dei sensi! Abbiate pietà di Me, voi che col vostro nome, colla fortuna, col credito, coll’esempio, reagite contro lo scatenarsi delle passioni. Fate servire alla mia gloria l’influenza che voi esercitate nella società! Respingete come illegittimo, ogni basso e indegno divertimento, ogni abitudine anti-cristiana, ogni trovata del raffinato sensualismo, ogni piacere equivoco e pericoloso. Guardatevi, guardatevi, che la vostra responsabilità un giorno non vi schiacci. Gesù, flagellato dall’impudicizia della società, vi supplica di aver pietà di Lui. – Abbiate pietà di Me, voi i cui salotti non dovrebbero mai tollerare libertà di vestiti, di balli, di linguaggio! Io ho fatto in pezzi gli idoli pagani. Voi che vi accostate alla Comunione, oserete restaurarli? I tempi cambiano — dite voi, Io che sono la Legge ed il Giudice, Io non cambio mai. Gesù flagellato dall’impudicizia della società, vi supplica di aver pietà di Lui. Abbiate pietà di Me, voi madri e spose che Io ho nobilitato! La vostra influenza è grande e spesso decisiva sull’animo dei vostri, per lo spirito che potete far regnare nel vostro focolare. Se vi ho riscattate, era mio intento di fare di voi, col senso più delicato che avete di ogni dovere e di ogni diritto, un centro di luce. Diventereste voi invece una sorgente di scandalo e di tenebre? Conservate; oh! conservate la mia Legge di purezza, con il riflesso della bellezza immacolata della Madre mia, la vostra Regina! Vigilate sulla modestia cristiana dei vostri fanciulli e delle vostre fanciulle. Non desiderate per essi che la splendente e radiosa beltà del candore. Difendete, dal mondo perverso e corruttore, la soglia della vostra dimora. Il Maestro, il solo Maestro in casa vostra sono Io, il vostro Dio tutto amore, il vostro Re-Amico. Non lo dimenticate, lottate con Me, per Me, Io sono lo stesso Gesù, il supremo e giusto Legislatore della vita privata e della vita sociale. – Gesù flagellato dall’impudicizia del mondo, vi supplica di aver pietà di Lui. E. voi, i gaudenti della vita, anime affievolite, così facilmente sedotte dalle sirene del piacere, dalla dea volubile e menzognera, la vanità; anime malaticce, assetate di sensazioni, prese dalle vertigini del mondo, cuori buoni, ma che un facile carattere ed una virtù poco solida, rendono così compiacenti; coscienze troppo facili e sensibili ad ogni mutamento della moda e delle dottrine, arrestatevi nella vostra corsa verso l’abisso. Questo mondo corruttore, che vi attira e vi piace, è il vestibolo dell’inferno; arrestatevi! Il mio Vangelo non vi inganna. La vostra salvaguardia è la mia Legge. La vostra saggezza è la saggezza della Chiesa. Di grazia, arrestatevi! Non calpestate con la vostra vita mondana, la mia Croce sanguinante! Nessuno, fuori di me, vi ama di un amore vero. Io vi tendo, le braccia. Dimentico i vostri traviamenti; amatemi alla vostra volta, di un amore intero e leale! Perché voi entriate nell’intimità del mio Cuore, vi apro la ferita del mio Costato. Entrate, prendetevi tutto per voi, il Cuore di un Dio, ardente di voi! Venite, abbiate pietà di Me! Gesù tradito, Gesù flagellato, Gesù crocifisso, Gesù dal Cuore trafitto, vi supplica di aver pietà di Lui!

Matrimonio nella CHIESA CATTOLICA Eclissata in unione con Papa GREGORIO, secondo il MOTU PROPRIO di S.S. PIO XII, del 22 febbraio 1949 “Disciplina ,,,”

Matrimonio cattolico della CHIESA CATTOLICA Eclissata in unione con Papa GREGORIO, secondo il MOTU PROPRIO di S.S. PIO XII, del 22 febbraio 1949 “Disciplina ,,,”

27 novembre 2021

N. N.

N. N.

TESTIMONI:

N. N.

N. N.

MATRIMONIO

La Santa Madre Chiesa nella sua immensa sapienza e preveggenza ha definito dottrine che sono adatte ai tempi di prosperità e libertà di culto cattolico, e canoni e definizioni dottrinali per i tempi di persecuzione e per la Chiesa “eclissata” o delle catacombe. Al giorno attuale così, il Matrimonio Cattolico tra i pochi, ostinati fedeli Cattolici, è possibile pure nella difficoltà pratica, per i più, di reperire un sacerdote o prelato cattolico in comunione con il Santo Padre Gregorio XVIII, capace quindi di fornire dei Sacramenti validi e leciti, e nello specifico di rendere possibile l’acquisizione della grazia santificante e particolare relativa ai fini del Sacramento stesso, in questo caso, del Matrimonio. In effetti i fedeli Cattolici che vogliono ad ogni costo evitare – giustamente – le sette acattoliche, e soprattutto la setta dei falsi profeti della sinagoga di satana [la cosiddetta setta del “Novus ordo” di istituzione massonico-kazara!] oggi usurpante il Vaticano e tutti gli edifici di culto un tempo appartenenti alla Chiesa Cattolica, con le relative false funzioni che, lungi dall’apportare grazia, assicurano la “disgrazia” personale, familiare e sociale, hanno perplessità ed indecisioni nell’approcciarsi correttamente al matrimonio senza commettere una serie di gravi sacrilegi e peccati che comprometterebbero il cammino di salvezza per sé, il coniuge, i parenti ed i partecipanti a funzioni invalide ed illecite e – soprattutto – alla futura prole che verrebbe generata in regime di peccato mortale e fuori dalla Chiesa Cattolica, complicando in tal modo tutta la loro vita di grazia, di redenzione e di salvezza.

Ma … nessun problema, la Santa Madre Chiesa, la parte militante del Corpo mistico di Cristo, guidata infallibilmente dallo Spirito Santo e che opera da “Maestra delle genti” attraverso il Magistero apostolico Ordinario e Universale e straordinario esercitato dal Sommo Pontefice Romano e della sua Gerarchia, ha pensato proprio a voi in difficoltà, in questi tempi di apostasia e di impostura dottrinale e canonica, spianandovi la strada al Matrimonio cattolico, se ci è lecito così definire … delle catacombe. – Sovvenendoci, quindi, delle esortazioni del profeta Isaia: … « Confortate le braccia infiacchite e le ginocchia vacillanti rinfrancate. Dite ai pusillanimi: Coraggio, non temete; ecco il vostro Dio… verrà… », possiamo ricorrere in tutta certezza e sicurezza al Motu Proprio: « De disciplina Sacramenti Matrimonii pro Ecclesia orientali di S. S. Pio XII » del 22 febbraio 1949 (festa della Cattedra di S. Pietro). – Ferme restando tutte le altre disposizioni (ivi dettagliatamente riportate) in materia di impedimenti, dispense e preparazione al Matrimonio cattolico (per noi la retta vera dottrina, una pratica di vita cristiana, la frequentazione di “veri” Sacramenti materiali e formali – se possibile – o almeno spirituali: severo e sincero esame di coscienza, contrizione perfetta con implicito desiderio di Confessione sacramentale appena possibile, Comunione spirituale …), un canone in particolare concerne le situazioni estreme che riguardavano allora i fedeli orientali, ma che oggi sono ubiquitarie e riguardano praticamente l’intero pianeta, in riferimento alla disponibilità di un sacerdote o prelato cattolico della “vera” Chiesa “una cum Papa nostro Gregorio”.

Il Canone rinuncia esplicitamente alla presenza di un sacerdote alla celebrazione del matrimonio in determinate circostanze straordinarie, ma non rinuncia, anche in questo caso, alla richiesta che il matrimonio sia celebrato davanti ad almeno due testimoni. Il matrimonio è validamente celebrato davanti ai soli testimoni comuni (naturalmente Cattolici), quando è impossibile per le parti avere o avvicinare un Sacerdote autorizzato, purché si verifichi una di queste condizioni:

1) una delle parti parte è in pericolo di morte,

2) si prevede che non sarà disponibile alcun sacerdote autorizzato per almeno un mese.

In situazioni estreme per il matrimonio non è richiesto il sacerdote!!!

Nota: «Sebbene i Canoni non concedano esplicitamente nessun’altra rinuncia alla celebrazione, c’è la dispensa all’obbligo della legge che richiede l’assistenza attiva di un sacerdote autorizzato e l’assistenza di testimoni, almeno nel caso di estrema difficoltà che colpisce l’intera comunità. Il Sant’Uffizio ha dichiarato che i Cattolici della Cina non sono tenuti ad osservare la legge sulla forma del matrimonio finché continuano le circostanze create dal regime rosso ». (H. BOUSCAREN, CANON LAW DIGEST, III Ed. p. 408).

(Due importanti notifiche del “Noli Timere” sono contenute in questo Canone,

– primo, che in pericolo di morte il matrimonio può essere contratto senza un sacerdote ma davanti a due testimoni, e …

– secondo, che nei luoghi dove non si può avere un sacerdote o le parti non possono recarvisi, non hanno bisogno di aspettare un mese intero, se c’è una buona ragione per giudicare che le stesse condizioni continueranno per un mese).

Riportiamo il canone succitato:

MOTU PROPRIO

DE DISCIPLINA SACRAMENTI MATRIMONII PRO ECCLESIA ORIENTALI

PIUS PP. XII

DE SACRAMENTO MATRIMONII

CAPUT VI

De forma celebrationis matrimonii

Can. 89

Se vi sia un grave incomodo per il parroco, o gerarca o sacerdote con facoltà nell’assistere al matrimonio fatto a norma dei canoni 86, 87:

1° in pericolo di morte è valido e lecito il matrimonio contratto davanti ai soli testimoni;

ed anche fuori dal pericolo di morte, quando stando le cose per cui si preveda prudentemente che si protraggano per un mese;

2 ° In entrambi i casi in cui non si possa al più presto chiamare un altro sacerdote cattolico che possa venire ed assistere al matrimonio con i testimoni, salvo la validità dei coniugi, il matrimonio è valido e lecito… [validum et licitum est matrimonium contractum …] davanti ai soli testimoni.

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Pater noster,

qui es in cælis, sanctificétur nomen tuum: advéniat regnum tuum: fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie: et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris: et ne nos indúcas in tentatiónem: sed líbera nos a malo. Amen.

Ave María,

grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui Jesus. Sancta María, Mater Dei, ora pro nobis peccatóribus, nunc et in hora mortis nostræ. Amen.

Credo

in Deum, Patrem omnipoténtem, Creatórem cæli et terræ.

Et in Jesum Christum, Fílium ejus únicum, Dóminum nostrum: qui concéptus est de Spíritu Sancto, natus ex María Vírgine, passus sub Póntio Piláto, crucifíxus, mórtuus, et sepúltus: descéndit ad ínferos; tértia die resurréxit a mórtuis; ascéndit ad cælos; sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis: inde ventúrus est judicáre vivos et mórtuos.
Credo in Spíritum Sanctum, sanctam Ecclésiam cathólicam, Sanctórum communiónem, remissiónem peccatórum, carnis resurrectiónem, vitam ætérnam. Amen.

V. Deus ✠ in adjutórium meum inténde.
R. Dómine, ad adjuvándum me festína.

V. Glória Patri, et Fílio, * et Spirítui Sancto.
R. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, * et in sǽcula sæculórum. Amen.

Gloria

 
Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu in glória Dei Patris. Amen.

[Gloria a Dio nell’alto dei cieli. E pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi Ti lodiamo. Ti benediciamo. Ti adoriamo. Ti glorifichiamo. Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa. Signore Iddio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo. Signore Iddio, Agnello di Dio, Figlio del Padre. Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi. Tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica. Tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Poiché Tu solo il Santo. Tu solo il Signore. Tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo. Con lo Spirito Santo ✠ nella gloria di Dio Padre. Amen.]

Salmo 8:

[1] In finem, pro torcularibus. Psalmus David.

[2] Domine, Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra! quoniam elevata est magnificentia tua super caelos.

[3] Ex ore infantium et lactentium perfecisti laudem propter inimicos tuos, ut destruas inimicum et ultorem.

[4] Quoniam videbo cælos tuos, opera digitorum tuorum, lunam et stellas quæ tu fundasti.

[5] Quid est homo, quod memor es ejus? aut filius hominis, quoniam visitas eum?

[6] Minuisti eum paulo minus ab angelis; gloria et honore coronasti eum;

[7] et constituisti eum super opera manuum tuarum.

[8] Omnia subjecisti sub pedibus ejus, oves et boves universas, insuper et pecora campi,

[9] volucres cæli, et pisces maris qui perambulant semitas maris.

[10] Domine, Dominus noster, quam admirabile est nomen tuum in universa terra!

[1. Signore, Signor nostro, quanto ammirabile è il nome tuo per tutta quanta la terra!

Perocché la tua maestà è elevata fin sopra dei cieli.

2. E dalla bocca de’ fanciulli e dei bambini di latte tu hai ricavata perfetta laude contro de’ tuoi nemici, per distruggere il nemico e il vendicativo.

3. Or io miro i tuoi cieli, opere delle tue dita, la luna e le stelle disposte da te.

4. Che è l’uomo, che tu di lui ti ricordi? Od il figliuolo dell’uomo che tu lo visiti?

5. Lo hai fatto per alcun poco inferiore agli Angeli, lo hai coronato di gloria e di onore;

6. E lo hai costituito sopra le opere delle tue mani.

7. Tutte quante le cose hai soggettate ai piedi di lui, le pecore e i bovi tutti e le fiere della campagna.

8. Gli uccelli dell’aria, e i pesci del mare, i quali camminano le vie del mare.

9. Signore, Signor nostro, quanto ammirabile è il nome tuo per tutta quanta la terrai!]

Salmo 90:

Laus cantici David.

Qui habitat in adjutorio Altissimi, in protectione Dei cæli commorabitur.

Dicet Domino: Susceptor meus es tu et refugium meum; Deus meus, sperabo in eum.

Quoniam ipse liberavit me de laqueo venantium, et a verbo aspero.

Scapulis suis obumbrabit tibi, et sub pennis ejus sperabis.

Scuto circumdabit te veritas ejus: non timebis a timore nocturno;

a sagitta volante in die, a negotio perambulante in tenebris, ab incursu, et daemonio meridiano.

Cadent a latere tuo mille, et decem millia a dextris tuis; ad te autem non appropinquabit.

Verumtamen oculis tuis considerabis et retributionem peccatorum videbis.

Quoniam tu es, Domine, spes mea; Altissimum posuisti refugium tuum.

Non accedet ad te malum, et flagellum non appropinquabit tabernaculo tuo.

Quoniam angelis suis mandavit de te, ut custodiant te in omnibus viis tuis.

In manibus portabunt te, ne forte offendas ad lapidem pedem tuum.

Super aspidem et basiliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem.

Quoniam in me speravit, liberabo eum; protegam eum, quoniam cognovit nomen meum.

Clamabit ad me, et ego exaudiam eum; cum ipso sum in tribulatione; eripiam eum, et glorificabo eum.

Longitudine dierum replebo eum, et ostendam illi salutare meum.

[1. Colui che riposa nell’aiuto dell’Altissimo, viverà sotto la protezione del Dio del cielo.

2. Egli dirà al Signore: Mio difensore sei tu, e mio asilo; egli è il mio Dio, in lui spere

3. Imperocché egli dal laccio dei cacciatore e da dure cose mi ha liberato.

4. Dei suoi omeri farà ombra a te, e sotto le ali di lui avrai fidanza.

5. La sua verità ti coprirà come scudo per ogni parte: non temerai i notturni spaventi.

6. Non di giorno la saetta volante, non l’avversario che va attorno nelle tenebre, non gli assalti del demonio del mezzogiorno.

7. Mille cadranno al tuo fianco, e diecimila alla tua destra; ma nessuna (saetta) a te si accosterà.

8. Ma tu coi tuoi propri occhi osserverai; e vedrai il contraccambio renduto ai peccatori.

9. (E dirai): Tu sei, o Signore, la mia speranza; e che per tuo rifugio hai scelto l’Altissimo.

10. Non si accosterà a te il male, e alla tua casa non accosterassi il flagello.

11. Imperocché egli ha commessa di te la cura ai suoi Angeli; ed eglino in tutte le vie tue saran tuoi custodi.

12. Ti sosterranno colle lor mani, affinché sgraziatamente tu non urti col tuo piede nel sasso.

13 Camminerai sopra l’aspide e sopra il basilisco; e calpesterai il leone e il dragone.

14. Perché egli ha sperato in me, io lo libererò; lo proteggerò perché ha conosciuto il mio nome.

15. Alzerà a me la voce, e io lo esaudirò; con lui son io nella tribolazione, ne lo trarrò, e lo glorificherò.

16. Lo sazierò di lunghi giorni, e farogli vedere il Salvatore, che vien da me.]

Salmo 127

[1] Canticum graduum.

Beati omnes qui timent Dominum, qui ambulant in viis ejus.

[2] Labores manuum tuarum quia manducabis, beatus es, et bene tibi erit.

[3] Uxor tua sicut vitis abundans, in lateribus domus tuae; filii tui sicut novellae olivarum in circuitu mensae tuae.

[4] Ecce sic benedicetur homo qui timet Dominum.

[5] Benedicat tibi Dominus ex Sion, et videas bona Jerusalem omnibus diebus vitae tuae;

[6] et videas filios filiorum tuorum, pacem super Israel.

[1. Beati tutti coloro che temono il Signore, che camminano nelle sue vie.

2. Perché tu mangerai le fatiche delle tue mani, tu sei beato e sarai felice.

3. La tua consorte come vite feconda, nell’interior di tua casa.

4. I tuoi figliuoli come novelle piante di ulivi, intorno alla tua mensa.

5. Ecco come sarà benedetto l’uomo che teme il Signore.

6. Ti benedica da Sionne il Signore, e vegga tu i beni di Gerusalemme per tutti i giorni della tua vita.

7. E vegga tu i figliuoli dei tuoi figliuoli, e la pace in Israele.]

Confiteor

Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et tibi, pater: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et te, pater, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam,
absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

[Confesso a Dio onnipotente, alla beata sempre Vergine Maria, al beato Michele Arcangelo, al beato Giovanni Battista, ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, a tutti i Santi e a te, o padre, di aver molto peccato, in pensieri, parole ed opere: per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. E perciò supplico la beata sempre Vergine Maria, il beato Michele Arcangelo, il beato Giovanni Battista, i Santi Apostoli Pietro e Paolo, tutti i Santi, e te, o padre, di pregare per me il Signore Dio nostro.
S. Dio onnipotente abbia pietà di noi e, rimessi i nostri peccati, ci conduca alla vita eterna.
R. Amen.
S. Il Signore onnipotente e misericordioso ✠ ci accordi il perdono, l’assoluzione e la remissione dei nostri peccati.
R. Amen.]

Salmo 50

[1] In finem. Psalmus David,

[2] cum venit ad eum Nathan propheta, quando intravit ad Bethsabee.

[3] Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam; et secundum multitudinem miserationum tuarum, dele iniquitatem meam.

[4] Amplius lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me.

[5] Quoniam iniquitatem meam ego cognosco, et peccatum meum contra me est semper.

[6] Tibi soli peccavi, et malum coram te feci; ut justificeris in sermonibus tuis, et vincas cum judicaris.

[7] Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum, et in peccatis concepit me mater mea.

[8] Ecce enim veritatem dilexisti; incerta et occulta sapientiae tuae manifestasti mihi.

[9] Asperges me hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor.

[10] Auditui meo dabis gaudium et laetitiam, et exsultabunt ossa humiliata.

[11] Averte faciem tuam a peccatis meis, et omnes iniquitates meas dele.

[12] Cor mundum crea in me, Deus, et spiritum rectum innova in visceribus meis.

[13] Ne projicias me a facie tua, et spiritum sanctum tuum ne auferas a me.

[14] Redde mihi laetitiam salutaris tui, et spiritu principali confirma me.

[15] Docebo iniquos vias tuas, et impii ad te convertentur.

[16] Libera me de sanguinibus, Deus, Deus salutis meæ, et exsultabit lingua mea justitiam tuam.

[17] Domine, labia mea aperies, et os meum annuntiabit laudem tuam.

[18] Quoniam si voluisses sacrificium, dedissem utique; holocaustis non delecta-beris.

[19] Sacrificium Deo spiritus contribulatus; cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.

[20] Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion, ut aedificentur muri Jerusalem.

[21] Tunc acceptabis sacrificium justitiæ, oblationes et holocausta; tunc imponent super altare tuum vitulos.

[Salmo di Davide da cantare fino alla fine del mondo, e composto da lui quando Nathan profeta entrò da lui a rimproverarlo del suo adulterio con Bethsabea, e anche dell’omicidio di Uria. Davide chiede a Dio perdono del suo peccato.

[1. Abbi misericordia di me, o Dio, secondo la grande tua misericordia.

2. E secondo le molte operazioni di tua misericordia scancella la mia iniquità.

3. Lavami ancor più dalla mia iniquità, e mondami dal mio peccato:

4. Perocché io conosco la mia iniquità, e il mio peccato mi sta sempre davanti;

5. Contro di te solo peccai, e il male feci dinanzi a te; affinché tu sii giustificato nelle

tue parole, e riporti vittoria quando sei chiamato in giudizio.

6. Imperocché ecco che io nelle iniquità fui concepito, e nei peccati mi concepì la madre.

7. Ed ecco che tu hai amato la verità! svelasti a me gl’ignoti e occulti misteri di tua sapienza.

8. Tu mi aspergerai coll’issopo, e sarò mondato; mi laverai, e diverrò bianco più che la neve.

9. Mi farai sentir parola di letizia e di gaudio, e le ossa umiliate tripudieranno.

10. Rivolgi la tua faccia dai miei peccati, e cancella le mie iniquità.

11. In me crea, o Dio, un cuor mondo, lo spirito retto rinnovella nelle mie viscere.

12. Non rigettarmi della tua faccia, e non togliere da me il tuo santo spirito.

13. Rendimi la letizia del tuo Salvatore per mezzo del benefico Spirito tu mi conforta.

14. Insegnerò le tue vie agli iniqui, e gli empi a te si convertiranno.

15. Liberami dal reato del sangue, o Dio, Dio di mia salute, e la mia lingua canterà con gaudio la tua giustizia.

16. Signore, tu aprirai le mie labbra, e la mia bocca annunzierà le tue lodi.

17. Imperocché, se un sacrifizio tu avessi voluto, lo avrei offerto; tu non ti compiacerai degli olocausti.

18. Sacrifizio a Dio lo spirito addolorato; il cuore contrito e umiliato nol disprezzerai o Dio.

19. Colla buona volontà tua sii benefico, o Signore, verso Sionne, affinché stabilite sieno le mura di Gerusalemme.

20. Tu accetterai allora il sacrifizio di giustizia, le oblazioni o gli olocausti; allora porranno dei vitelli sul tuo altare.]

La Chiesa è una comunione di Santi. A questo rito assistono i Santi, gli Angeli e le anime purganti: invochiamoli a protezione e patrocinio di questa nuova famiglia:

Litania dei santi

LITANIE DEI SANTI

Kyrie eleison,

Christe eleison,

Kyrie eleison.

Christe, audi nos;

Christe, exaudi nos;

Pater de cœlis Deus, Miserere nobis,

Fili redentor mundi Deus, Miserere nobis.

Spiritus Sancte Deus, Miserere nobis.

Sancta Trinitas unus Deus, Miserere…

Sancta Maria, ora pro nobis.

Sancta Dei Genitrix, ora

Sancta Virgo virginum, ora

Sancte Michael, ora

Sancte Gabriel, ora

Sancte Raphael, ora

Omnes sancti Angeli et Archangeli, orate

Omnes sancti beatorum Spirituum Ordines, orate

Sancte Joannes Baptista, ora

Sancte Joseph, ora…

Omnes sancti Patriarchæ et Prophetæ, orate…

Sancte Petre, ora…

Sancte Paule, ora…

Sancte Andrea, ora…

Sancte Jacobe, ora…

Sancte Joannes, ora…

Sancte Thoma, ora…

Sancte Jacobe, ora…

Sancte Philippe, ora…

Sancte Bartholomæe, ora…

Sancte Matthæe, ora…

Sancte Simon, ora…

Sancte Thaddæe, ora …

Sancte Mathia, ora …

Sancte Barnaba, ora…

Sancte Luca, ora…

Sancte Marce, ora…

Omnes sancti Apostoli et Evangelistas, orate…

Omnes sancti Discipuli Domini, orate…

Omnes sancti Innocentes, orate…

Sancte Stephane, ora…

Sancte Laurenti, ora…

Sancte Vincenti, ora…

Sancti Fabiane et Sebastiane, orate…

Sancti Joannes et Paule, orate…

Sancti Cosma et Damiane, orate…

Sancti Gervasi et Protasi, orate …

Omnes sancti Martyres, orate…

Sancte Silvester, ora…

Sancte Gregori, ora…

Sancte Ambrosi, ora…

Sancte Augustine, ora…

Sancte Hieronyme, ora…

Sancte Martine, ora…

Sancte Nicoláe, ora…

Omnes sancti Pontifices et Confessores, orate …

Omnes sancti Doctores, orate …

Sancte Antoni, ora

Sancte Benedicte, ora…

Sancte Bernarde, ora

Sancte Dominice, ora

Sancte Francisce, ora

Omnes sancti Sacerdotes et Levitæ, orate …

Omnes sancti Monachi et Eremitæ, orate …

Sancta Maria Magdalena, ora…

Sancta Agatha, ora …

Sancta Lucia, ora …

Sancta Agnes, ora …

Sancta Cæcilia, ora…

Sancta Catharina, ora

Sancta Anastasia, ora

Omnes sanctæ Vìrgines Viduæ, orate…

Omnes Sancti et Sanctæ Dei, intercedite pro nobis.

Propitius esto, parce nobis, Domine.

Propitius esto, exaudi nos, Domine.

Ab omni malo, libera nos Domine.

Ab omni peccato libera nos,…

Ab ira tua, libera…

A subitanea et improvisa morte, libera …

Ab insidiis diaboli, libera nos …

Ab ira, et odio et omni mala voluntate, libera nos…

A spiritu fornicationis, libera …

A fulgure et tempestate, libera …

A flagello terræmotus, libera …

A peste, fame et bello, libera …

A morte perpetua, libera …

Per misterium sanctæ incarnationis tuæ, libera …

Per adventum tuum, libera …

Per nativitatem tuam, libera …

Per baptismum et sanctum jejunium tuum, libera …

Per crucem et passionem tuam, libera …

Per mortem et sepolturam tuam, libera …

Per sanctam resurrectionem tuam, libera …

Per admirabilem ascensionem tuam, libera …

Per adventum Spiritus Sancti Paracliti, libera …

In die judicii, libera …

Peccatores, te rogamus, audi nos.

Ut nobis parcas, te rogamus …

Ut nobis indulgeas, te rogamus

Ut ad veram pœnitentiam nos perducere digneris, te rogamus …

Ut Ecclesiam tuam sanctam regere et conservare digneris, te rogamus …

Ut [domnum apostolicum] et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris, te rogamus…

Ut inimicos sanctæ Ecclesiaæ humiliare digneris, te rogamus…

Ut regibus et principibus christianis pacem et veram concordiam donare digneris, te rogamus …

Ut cuncto populo christiano pacem et unitatem largiri digneris, te rogamus …

Ut nosmetipsos in tuo sancto servitio confortare et conservare digneris, te rogamus:

Ut mentes nostras ad cœlestia desideria erigas, te rogamus …

Ut omnibus benefactoribus nostris sempiterna bona retribuas, te rogamus…

Ut animas nostras, fratrum, propinquorum, et benefactorum nostrorum ab æterna damnatione eripias, te rogamus …

Ut fructus terræ dare et conservare digneris, te rogamus …

Ut omnibus fidelibus defunctis requiem æternam donare digneris, te rogamus …

Ut nos exaudire digneris, te rogamus …

Fili Dei, te rogamus …

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.

Christe, audi nos.

Christe, exaudi nos.

Kyrie eleison.

Christe eleison.

Kyrie eleison.

Pater noster, (secreto)

… et ne nos inducas in tentationem,

Sed libera nos a malo.

Salmo 69

Deus, in adjutórium meum intènde; * Domine ad adjuvàndum me festina. Confundàntur, et revereàntur,* qui quærunt animam meam: Avertàntur retrórsum, et erubéscant, * qui volunt mihi mala: Avertàntur statim erubescéntes, * qui dicunt mihi: Euge, éuge. Exùltent et læténtur in te omnes qui quærunt te, * et dicant semper: Magnificétur Dóminus: qui diligunt salutare tuum. Ego vero egénus, et pàuper sum: * Deus, àdjuva me. Adjùtor meus, et liberator meus es tu: * Domine ne moréris. – Glòria Patri, etc.

V. Salvos fac servos tuos,

R. Deus meus speràntes in te.

V. Esto nobis, Dòmine, turris fortitùdinis,

R. A facie inimici.

V. Nihil proficiat inimicus in nobis.

R. Et filius iniquitàtis non appónat nocére:

V. Dòmine, non secundum peccata nostra fàcias nobis.

R. Neque secundum iniquitàtes nostras retribuas nobis.

V. Oremus prò Pontifice nostro Gregorio,

R. Dominus consérvet eum, et vivificet eum et beàtum faciat eum in terra, et non tradat eum in anima inimicórum éjus.

R. Oremus prò benefactóribus nostris.

R. Ritribùere dignàre, Dòmine, òmnibus nobis bona facientibus propter nomen tuum vitam ætérnam. Amen.

V. Oremus prò fidélibus defùnctis.

R. Requiem ætérnam dona eis, Dòmine, et lux perpétua luceat eis.

V. Requiescant in pace.

R. Amen.

V. Pro fratribus nostris abséntibus.

R. Salvos fac servos tuos, Deus meus, speràntes in te.

V. Mitte eis, Dòmine, auxilium de sancto:

R. Et de Sion tuére eos.

V. Domine, exaudi oratiónem meam.

R. Et clamor meus ad te veniat.

V. Exàudiat nos omnipotens et miséricors Dominus.

R. Amen.

V. Et fidélium ànimæ per misericórdiam Dei requiescant in pace.

R. Amen

Epistola

(Ephes. V., 22-33)

Mulieres viris suis subditæ sint, sicut Domino: quoniam vir caput est mulieris, sicut Christus caput est Ecclesiæ: ipse, salvator corporis ejus. Sed sicut Ecclesia subjecta est Christo, ita et mulieres viris suis in omnibus. Viri, diligite uxores vestras, sicut et Christus dilexit Ecclesiam, et seipsum tradidit pro ea, ut illam sanctificaret, mundans lavacro aquæ in verbo vitæ, ut exhiberet ipse sibi gloriosam Ecclesiam, non habentem maculam, aut rugam, aut aliquid hujusmodi, sed ut sit sancta et immaculata. Ita et viri debent diligere uxores suas ut corpora sua. Qui suam uxorem diligit, seipsum diligit. Nemo enim umquam carnem suam odio habuit: sed nutrit et fovet eam, sicut et Christus Ecclesiam: quia membra sumus corporis ejus, de carne ejus et de ossibus ejus. Propter hoc relinquet homo patrem et matrem suam, et adhærebit uxori suæ, et erunt duo in carne una. Sacramentum hoc magnum est, ego autem dico in Christo et in Ecclesia. Verumtamen et vos singuli, unusquisque uxorem suam sicut seipsum diligat: uxor autem timeat virum suum.

[Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai, infatti, ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola.Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno daparte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.]

Vangelo

(S. Matteo, XIX, 3-6]

Et accesserunt ad eum pharisæi tentantes eum, et dicentes: Si licet homini dimittere uxorem suam, quacumque ex causa? Qui respondens, ait eis: Non legistis, quia qui fecit hominem ab initio, masculum et feminam fecit eos? Et dixit: Propter hoc dimittet homo patrem, et matrem, et adhaerebit uxori suæ, et erunt duo in carne una. Itaque jam non sunt duo, sed una caro. Quod ergo Deus conjunxit, homo non separet.

[Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? Ed egli rispose: Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello, dunque, che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi.]

Enciclica casti connubi

…. Mediante il connubio, dunque, si congiungono e si stringono intimamente gli animi, e questi prima e più fortemente che non i corpi, né già per un passeggero affetto dei sensi o dell’animo, ma per un decreto fermo e deliberato di volontà; e da questa fusione di anime, così avendo Dio stabilito, sorge un vincolo sacro ed inviolabile. – Tale natura, affatto propria e speciale di questo contratto, lo rende totalmente diverso, non solo dagli accoppiamenti fatti per cieco istinto naturale fra gli animali, in cui non può esservi ragione o volontà deliberata, ma altresì da quegli instabili connubii umani, che sono disgiunti da qualsivoglia vero ed onesto vincolo di volontà e destituiti di qualsiasi diritto di domestica convivenza. – Da qui già appare manifesto che la legittima autorità ha diritto e dovere di frenare, impedire e punire questi turpi connubii, contrari a ragione e a natura; ma trattandosi qui di cosa che consegue alla stessa natura umana, non è meno certo quello che apertamente ammoniva il Nostro predecessore di f. m. «Nella scelta del genere di vita, non è dubbio che è in potere ed arbitrio dei singoli il preferire l’una delle due: o seguire il consiglio di Gesù Cristo intorno alla verginità, oppure obbligarsi col vincolo matrimoniale. Nessuna legge umana può togliere all’uomo il diritto naturale e primitivo del coniugio; o in qualsivoglia modo circoscrivere la cagione principale delle nozze, stabilita da principio per autorità di Dio: Crescete e moltiplicatevi ». (Leone XIII). …. «Tutti questi — dice Sant’Agostino — sono i beni per i quali le nozze sono buone: la prole, la fede, il sacramento ». Che poi a buon diritto si possa dire che questi tre punti contengono uno splendido compendio di tutta la dottrina sul matrimonio cristiano, ci viene eloquentemente dichiarato dallo stesso Santo quando dice: «Nella fede si provvede che fuor del vincolo coniugale non ci sia unione con un altro o con un’altra; nella prole che questa si accolga amorevolmente, si nutra benignamente, si educhi religiosamente; nel sacramento poi che non si sciolga il coniugio, e che il rimandato o la rimandata nemmeno per ragione di prole si congiunga con altri. Questa è come la regola delle nozze, dalla quale ed è nobilitata la fecondità della natura ed è regolata la pravità dell’incontinenza ». […..]. – Tutto ciò pienamente s’accorda con le severe parole del Vescovo d’Ippona, il quale inveisce contro quei coniugi depravati che s’industriano di evitare la prole; ed ove non ottengano l’intento, non temono di ucciderla. «Talvolta — dice — questa crudeltà impura o impurità crudele giunge fino al punto di ricorrere ai veleni atti a procurare la sterilità e, se non vi riesce, a estinguere con qualche mezzo il frutto concepito e a liberarsene, bramando che la propria prole muoia prima di vivere, o se già viveva nel materno seno, sia uccisa prima di nascere. Per certo, se ambedue sono tali, non sono coniugi: e se tali furono fin da principio, non si congiunsero per connubio, ma piuttosto per turpitudine; se tali non sono tutti e due, oso dire: o che ella, in qualche modo, si prostituisce al marito, o che egli si rende adultero verso di lei ». […..] – Ma inoltre sono da annoverare partitamente altrettanti capi di errori e di corruttele contro la fede coniugale, quante sono le virtù domestiche che questa fede abbraccia: la casta fedeltà dell’uno e dell’altro coniuge; l’onesta soggezione della moglie al marito, e infine il saldo e sincero amore tra i due. … L’animo nobile dei casti coniugi, anche solo per lume naturale respinge e disprezza certamente simili errori, come vanità e brutture; e siffatta voce della natura è approvata e confermata dal comandamento di Dio «Non fornicare », e da quello di Cristo: « Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso in cuor suo adulterio con lei ». E nessuna consuetudine o pravo esempio e nessuna parvenza di progresso umano potranno mai indebolire la forza di questo divino precetto. Perché come è sempre il medesimo «Gesù Cristo ieri e oggi e nei secoli », così è sempre identica la dottrina di Cristo, della quale non cadrà un punto solo, sino a tanto che tutto sia adempito. I citati maestri di errori che offuscano il candore della fede e della castità coniugale, facilmente scalzano altresì la fedele ed onesta soggezione della moglie al marito … E anche più audacemente molti di essi affermano con leggerezza essere quella una indegna servitù di un coniuge all’altro; i diritti tra i coniugi devono essere tutti uguali, ed essendo essi violati con la servitù di una parte, tali maestri bandiscono superbamente come già fatta o da procurarsi una certa « emancipazione » della donna. Questa emancipazione dicono dovere essere triplice: nella direzione della società domestica, nell’amministrazione del patrimonio, nell’esclusione e soppressione della prole. La chiamano emancipazione sociale, economica, fisiologica; fisiologica in quanto vogliono che la donna, a seconda della sua libera volontà, sia o debba essere sciolta dai pesi coniugali, sia di moglie, sia di madre (e che questa, più che emancipazione, debba dirsi nefanda scelleratezza, già abbiamo sufficientemente dichiarato); emancipazione economica, in forza della quale la moglie, all’insaputa e contro il volere del marito, possa liberamente avere, trattare e amministrare affari suoi privati, trascurando figli, marito e famiglia; emancipazione sociale, in quanto si rimuovono dalla moglie le cure domestiche sia dei figli come della famiglia, perché, mettendo queste da parte, possa assecondare il proprio genio e dedicarsi agli affari e agli uffici anche pubblici. – Ma neppure questa è vera emancipazione della donna, né la ragionevole e dignitosa libertà che si deve al cristiano e nobile ufficio di donna e di moglie; ma piuttosto è corruzione dell’indole muliebre e della dignità materna, e perversione di tutta la famiglia, in quanto il marito resta privo della moglie, i figli della madre, la casa e tutta la famiglia della sempre vigile custode. Anzi, questa falsa libertà e innaturale eguaglianza con l’uomo tornano a danno della stessa donna; giacché se la donna scende dalla sede veramente regale, a cui, tra le domestiche pareti, fu dal Vangelo innalzata, presto ricadrà nella vecchia servitù (se non di apparenza, certo di fatto) e ridiventerà, come nel paganesimo, un mero strumento dell’uomo. … Senonché, contro tutte queste demenze, (dovorziste – ndr.-) sta immobile, Venerabili Fratelli, la legge di Dio, da Cristo amplissimamente confermata, e che non può venire smossa da nessun decreto degli uomini, opinione di popoli o volontà di legislatori: «Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non separi » . E se l’uomo ingiuriosamente tenta separarlo, il suo atto sarà del tutto nullo, e resta immutabile quanto Cristo apertamente affermò: « Chiunque rimanda la moglie e ne sposa un’altra, è adultero; e chi sposa la rimandata dal suo marito, è adultero ». E queste parole di Cristo riguardano qualsiasi matrimonio, anche quello soltanto naturale e legittimo, giacché ad ogni vero matrimonio spetta quella indissolubilità, per la quale esso è sottratto, quanto alla soluzione del vincolo, all’arbitrio delle parti e ad ogni potestà laicale. – E qui deve pur essere ricordato il solenne giudizio con il quale il Concilio Tridentino condannò tali insanie di anatema: « Chiunque dice che il vincolo del matrimonio può essere sciolto dal coniuge, a causa di eresia o di molesta coabitazione o di pretesa assenza, sia anatema ». ; e inoltre « Chiunque dice che la Chiesa erra quando ha insegnato e insegna che, secondo la dottrina evangelica ed apostolica, non può essere disciolto il vincolo del matrimonio per l’adulterio di uno dei coniugi, e che nessuno dei due, neanche l’innocente che non diede motivo all’adulterio, può contrarre altro matrimonio, vivente l’altro coniuge, e che commette adulterio tanto colui il quale, ripudiata l’adultera, sposa un’altra, quanto colei che, abbandonato il marito, ne sposa un altro, sia anatema » . Se la Chiesa non errò né erra in questa sua dottrina, e perciò è del tutto certo che il vincolo del matrimonio non può essere sciolto neppure per l’adulterio, ne segue con evidenza che molto minor valore hanno tutti gli altri motivi di divorzio, di molto più deboli, che sogliono o possono allegarsi, e quindi non è da farne alcun conto…..

Rito nunziale

L’officiante, alla presenza di due testimoni, si porta davanti agli sposi e domanda del consenso, dicendo:

Allo Sposo:

 D: Francisce, vis accipere Mariam hic præséntem in tuam legitimam uxérem iuxta ritum sanctæ matris Ecclésiæ? Lo sposo risponde:

R. Volo.

[D. Francesco: Sei contento di prendere Maria, quì presente, come tua legittima sposa, secondo il rito della Santa Madre Chiesa? – Lo sposo risponde: Lo voglio; oppure: sì].

Poi alla sposa:

D. Maria, vis accipere Franciscum hic præséntem in tuum legitimum maritum iuxta ritum sanctæ matris Ecclésiæ? La Sposa risponde:

R. Volo.

[D.  Maria, sei contenta di prendere Francesco, qui presente, come tuo legittimo marito, secondo il rito della Santa Madre Chiesa? La sposa risponde: Lo voglio; oppure: sì]

L’officiante comanda agli sposi di darsi la destra e dice:

Ego coniungo vos in matrimonium in nomine Patris et Fili, et Spiritus Sancti. Amen.

[Io vi congiungo in matrimonio; nel nome del Padre e del Figliuolo, e dello Spirito Santo. Così sia].

Tosto li asperge con l’acqua benedetta. Quindi benedice l’anello dicendo:

V. Adiutorium nostrum in nomine Domini. [Il nostro aiuto è nel nome del Signore.] R. Qui fecit cælum et terram.  [Il quale ha fatto il cielo e la terra].

V. Domine, exaudi orationem meam [Signore, esaudisci la mia preghiera.]

R. Et clamor meus ad te veniat [E il mio grido giunga a Te].

Orazioni

Orémus.

Benedic Domine, annulum hunc, quem nos in tuo nomine benedicimus; ut, quæ eum gestaverit, fidelitàtem integram suo sponso tenens, in pace et voluntàte tua permaneat, atque in mutua caritàte semper vivat. Per Christum Dominum nostrum.

B. Amen.

[Preghiamo. — Benedici, o Signore, questo anello che noi benediciamo nel tuo nome, affinché colei che lo porterà, mantenendosi sempre fedele al suo sposo, stia nella pace e nella tua volontà e viva sempre nella mutua carità. Per Cristo nostro Signore.

R. Così sia].

Quindi consegna l’anello alla sposa dicendo:

In nomine Patris et Filii, et Spiritus Sancti. Amen 

[Nel nome del Padre, e del Figliuolo e dello Spirito. Così sia.]

E soggiunge:

V. Confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis.

R. A templo sancto tuo, quod est in Jerusalem.

Kyrie, eléison.

Christe, eléison.

Kyrie eléison

Pater noster, secréto usque ad:

V. Et ne nos inducas in tentationem.

R. Sed libera nos a malo.

V. Salvos fac servos tuos.

R. Deus meus, speràntes in te.

V. Mitte eis, Domine, auxilium de sancto.

R. Et de Sion tuére eos.

V. Esto eis, Domine, turris fortitudinis,

R. A facie inimici.

V. Domine, exaudi orationem meam.

R. Et clamor meus ad Te veniat.

[V. Conferma, o Dio, quello che hai operato in noi.

V. Dal tuo tempio santo che è in Gerusalemme]

Signore, abbi pietà di noi.

Cristo, abbi pietà di noi.

Signore, abbi pietà di noi.

Padre nostro (in segreto fino a):

V. E non ci indurre in tentazione

R. Ma liberaci dal male

V. Salva i tuoi servi.

R. Che sperano in te, o mio Dio.

V. Manda loro, o Signore, dal santuario, l’aiuto

R. E da Sion difendili.

V. Sii ad essi, o Signore, una torre di fortezza.

R. Di fronte al nemico.

V. Signore ascolta la mia preghiera.

R. Ed il mio grido giunga a te].

Oremus.

Respice, quæsumus, Domine, super nos famulos tuos: et institùtis tuis, quibus Propagationem humani géneris ordinàsti, benignus assiste; ut, qui te auctore iuguntur, te auxiliante servéntur. Per Christum Dominum nostrum.

R. Amen.

[Preghiamo: — Guarda, te ne preghiamo, o Signore questi tuoi servi, e, benigno assisti coloro che hai istituito per la propagazione del genere umano, affinché quelli che sono uniti per opera tua col tuo aiuto ti servano fedelmente. Per Cristo nostro Signore]

Comunione spirituale:

.a) Atto di dolore

Deus meus, ex toto corde, pœnitet me omnium peccatorum meorum eaque detestor, quia peccando, non solum a te justu statuto pœnas promeritus sum, sed præsertim quia offendi te, summum bonum ac qui super omnia diligaris. Ideo fermiter propono, adiuvante gratia tua, me de cœtero non peccaturum, peccandique occasiones proximas fugiturum. Parce, Domine, miserere nostri.

[Dio mio, con tutto il cuore mi pento dei miei peccati e li detesto, perché peccando non solo ho meritato le giuste pene, ma soprattutto perché ho offeso Te, sommo Bene, amato sopra ogni cosa. Pertanto, mi propongo fermamente di non peccare più, e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Perdono, Signore, pietà di me.]

.b) ACTUS COMMUNIONIS SPIRITUALIS

164

Gesù mio, credo che Voi state nel santissimo Sacramento. Vi amo sopra ogni cosa e vi desidero nell’anima mia. Giacché ora non posso ricevervi sacramentalmente, venite almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io vi abbraccio e tutto mi unisco a voi; non permettete che io mi abbia a separare da voi (S. Alfonso M. de’ Liguori).

Fidelibus, qui spiritualis Communionis actum, quavis adhibita formula, elicuerint, conceditur:

Indulgenza trium annorum;

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidie per integrum mensem actus perfectus fuerit.

(S. Pæn. Ap., 7 mart. 1927 et 25 febr. 1933).

Deus Abraham, Deus Isaac, et Deus Jacob sit vobiscum et ipse adimpleat benedictionem suam vobis: ut videbitis filios filiorum vestrérum usque ad tértiam et quartam generationem, et postea vitam ætérnam habeatis sine fine: adjuvante Domino nostro Jesu Christo, qui cum Patre et Spiritu Sancto vivit

R. Amen.

[Il Dio d’ Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe sia con voi, egli compia in voi la sua benedizione, affinché vediate i figli dei vostri figli sino alla terza e alla quarta generazione, e poi abbiate per sempre la vita eterna: coll’aiuto di nostro Signor Gesù Cristo il quale col Padre e collo Spirito Santo vive e regna Dio per tutti i secoli dei secoli.

R. Così sia].

O. Salve Regína,

Mater misericórdiæ, vita, dulcédo, et spes nostra, salve. Ad te clamámus, éxsules fílii Evæ. Ad te suspirámus geméntes et flentes in hac lacrymárum valle. Eia ergo, Advocáta nostra, illos tuos misericórdes óculos ad nos convérte. Et Jesum, benedíctum fructum ventris tui, nobis, post hoc exílium, osténde. O clemens, o pia, o dulcis Virgo Mária.

S. Ora pro nobis, sancta Dei Génitrix.

O. Ut digni efficiámur promissiónibus Christi.

S. Orémus.

Deus, refúgium nostrum et virtus, pópulum ad te clamántem propítius réspice; et intercedénte gloriósa, et immaculáta Vírgine Dei Genitríce María, cum beáto Joseph, ejus Sponso, ac beatis Apóstolis tuis Petro et Paulo, et ómnibus Sanctis, quas pro conversióne peccatórum, pro libertáte et exaltatióne sanctæ Matris Ecclésiæ, preces effúndimus, miséricors et benígnus exáudi. Per eúndem Christum Dóminum nostrum. Amen.

O. Sancte Míchaël Archángele,

defénde nos in prǽlio; contra nequítiam et insídias diáboli esto præsídium. Imperet illi Deus, súpplices deprecámur: tuque, Princeps milítiæ Cæléstis, sátanam aliósque spíritus malígnos, qui ad perditiónem animárum pervagántur in mundo, divína virtúte in inférnum detrúde. Amen.

S. Cor Jesu sacratíssimum.

O. Miserére nobis.

S. Cor Jesu sacratíssimum.

O. Miserére nobis.

S. Cor Jesu sacratíssimum.

O. Miserére nobis.

Consacrazione della famiglia

Formula,

O Gesù Redentore nostro amabilissimo, che, venuto ad illuminare il mondo colla dottrina e coll’esempio, la maggior parte della vostra Vita mortale, voleste passare umile e soggetto a Maria ed a Giuseppe nella povera casa di Nazaret, santificando quella Famiglia che doveva essere l’esemplare di tutte le famiglie cristiane, accogli

la nostra che ora a Voi si consacra. Voi proteggetela, Voi custoditela, e stabilite in essa il santo timor vostro, la pace e la concordia della cristiana carità, affinché, uniformandosi al divino modello della vostra Famiglia, possa conseguire tutta intera, nessuno escluso, l’eterna beatitudine.

Maria, Madre amorosa di Gesù e Madre nostra, colla vostra pietosa intercessione rendete accetta a Gesù questa umile offerta, ed otteneteci le sue grazie e benedizioni.

O Giuseppe, custode di Gesù e di Maria, sovveniteci colle vostre preghiere in ogni spirituale e temporale necessità; sicché possiamo con Maria e con Voi eternamente benedire il divino nostre Redentore Gesù.

Te Deum

Te Deum
Te Deum laudámus: * te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem * omnis terra venerátur.
Tibi omnes Ángeli, * tibi Cæli, et univérsæ Potestátes:
Tibi Chérubim et Séraphim * incessábili voce proclámant:

(Fit reverentia) Sanctus, Sanctus, Sanctus * Dóminus Deus Sábaoth.

Pleni sunt cæli et terra * majestátis glóriæ tuæ.
Te gloriósus * Apostolórum chorus,
Te Prophetárum * laudábilis númerus,
Te Mártyrum candidátus * laudat exércitus.
Te per orbem terrárum * sancta confitétur Ecclésia,
Patrem * imménsæ majestátis;
Venerándum tuum verum * et únicum Fílium;
Sanctum quoque * Paráclitum Spíritum.
Tu Rex glóriæ, * Christe.
Tu Patris * sempitérnus es Fílius.

Fit reverentia
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem: * non horruísti Vírginis úterum.

Tu, devícto mortis acúleo, * aperuísti credéntibus regna cælórum.
Tu ad déxteram Dei sedes, * in glória Patris.
Judex créderis * esse ventúrus.

Sequens versus dicitur flexis genibus
Te ergo quǽsumus, tuis fámulis súbveni, * quos pretióso sánguine redemísti.

Ætérna fac cum Sanctis tuis * in glória numerári.
Salvum fac pópulum tuum, Dómine, * et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, * et extólle illos usque in ætérnum.
Per síngulos dies * benedícimus te.

Fit reverentia, secundum consuetudinem
Et laudámus nomen tuum in sǽculum, * et in sǽculum sǽculi.

Dignáre, Dómine, die isto * sine peccáto nos custodíre.
Miserére nostri, Dómine, * miserére nostri.
Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, * quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: * non confúndar in ætérnum.

[Ti lodiamo, o Dio: * ti confessiamo, o Signore.
Te, eterno Padre, * venera tutta la terra.
A te gli Angeli tutti, * a te i Cieli e tutte quante le Potestà:
A te i Cherubini e i Serafini * con incessante voce acclamano:

(chiniamo il capo) Santo, Santo, Santo * è il Signore Dio degli eserciti.

I cieli e la terra sono pieni * della maestà della tua gloria.
Te degli Apostoli * il glorioso coro,
Te dei Profeti * il lodevole numero,
Te dei Martiri * il candido esercito esalta.
Te per tutta la terra * la santa Chiesa proclama,
Padre * d’immensa maestà;
L’adorabile tuo vero * ed unico Figlio;
E anche il Santo * Spirito Paraclito.
Tu, o Cristo, * sei il Re della gloria.
Tu, del Padre * sei l’eterno Figlio.

Chiniamo il capo:
Tu incarnandoti per salvare l’uomo, * non disdegnasti il seno di una Vergine.

Tu, spezzando il pungolo della morte, * hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu sei assiso alla destra di Dio, * nella gloria del Padre.
Noi crediamo che ritornerai * qual Giudice.

Il seguente Versetto si dice in ginocchio.
Te quindi supplichiamo, soccorri i tuoi servi, * che hai redento col prezioso tuo sangue.

Fa’ che siamo annoverati coi tuoi Santi * nell’eterna gloria.
Fa’ salvo il tuo popolo, o Signore, * e benedici la tua eredità.
E reggili * e innalzali fino alla vita eterna.
Ogni giorno * ti benediciamo;
Chiniamo il capo, se è la consuetudine del luogo.
E lodiamo il tuo nome nei secoli, * e nei secoli dei secoli.

Degnati, o Signore, di preservarci * in questo giorno dal peccato.
Abbi pietà di noi, o Signore, * abbi pietà di noi.
Scenda sopra di noi la tua misericordia, * come abbiamo sperato in te.
Ho sperato in te, o Signore: * non sarò confuso in eterno.]

————————————-

IL GIORNO XX …… SI E’ CELEBRATO il:

MATRIMONIO

 CONTRATTO secondo il rito di Santa Madre Chiesa Cattolica Romana (Motu Proprio S. S. Pio XII, 22. 2. 1949: Disciplina Sacramenti matrimoni pro ecclesia orientali. Tra:

N. N. e N. N.

TESTIMONI:

Sig. N. N. e

Sig, N. N.

FIRME:

………………………………………                                    …………………………………………..

                                                                   TESTIMONI:

……………….…………………………….                               …………………………………………………….

Luogo e data.

NORME ATTUALI PER UN MATRIMONIO CATTOLICO “VERO”, VALIDO E LECITO, NON SACRILEGO.

NOLITE TIMERE PUSILLUS GREX…

La Santa Madre Chiesa nella sua immensa sapienza e preveggenza, ha definito dottrine che sono adatte ai tempi di prosperità e libertà di culto cattolico, e canoni e definizioni dottrinali per i tempi di persecuzione e per la Chiesa “eclissata” o delle catacombe. Al giorno attuale così, il Matrimonio Cattolico tra i pochi, ostinati fedeli Cattolici, è possibile pure nella difficoltà pratica, per i più, di reperire un sacerdote o prelato cattolico in comunione con il Santo Padre Gregorio XVIII, capace quindi di fornire dei Sacramenti validi e leciti, e nello specifico di rendere possibile l’acquisizione della grazia santificante e particolare relativa ai fini del Sacramento stesso, in questo caso, del Matrimonio. In effetti i fedeli Cattolici che vogliono ad ogni costo evitare – giustamente – le sette acattoliche, e soprattutto la setta del falso profeta della sinagoga di satana [la cosiddetta setta del “Novus ordo” di istituzione massonico-kazara!] oggi usurpante il Vaticano e tutti gli edifici di culto un tempo appartenenti alla Chiesa Cattolica, con le relative false funzioni che, lungi dall’apportare grazia, assicurano la “disgrazia” personale, familiare e sociale, hanno perplessità ed indecisioni nell’approcciarsi correttamente al matrimonio senza commettere una serie di gravi sacrilegi e peccati che comprometterebbero il cammino di salvezza per sé, il coniuge, i parenti ed i partecipanti a funzioni invalide ed illecite e – soprattutto – alla futura prole che verrebbe generata in regime di peccato mortale e fuori dalla Chiesa Cattolica, complicando in tal modo tutta la loro vita di grazia, di redenzione e di salvezza.

Ma … nessun problema, la Santa Madre Chiesa, la parte militante del Corpo mistico di Cristo, guidata infallibilmente dallo Spirito Santo e che opera da “Maestra delle genti” attraverso il Magistero apostolico Ordinario e Universale esercitato dal Sommo Pontefice Romano e della sua Gerarchia, ha pensato proprio a voi in difficoltà, in questri tempi di apostasia e di impostura dottrinale e canonica, spianandovi la strada al Matrimonio cattolico, se ci è lecito così definire … delle catacombe. – Sovvenendoci, quindi, delle esortazioni del profeta Isaia: … « Confortate le braccia infiacchite e le ginocchia vacillanti rinfrancate. Dite ai pusillanimi: Coraggio, non temete; ecco il vostro Dio… verrà… », possiamo ricorrere in tutta certezza e sicurezza al Motu Proprio: « De disciplina Sacramenti Matrimonii pro Ecclesia orientali di S. S. Pio XII » del 22 febbraio 1949 (festa della Cattedra di S. Pietro). – Ferme restando tutte le altre disposizioni (ivi dettagliatamente riportate) in materia di impedimenti, dispense e preparazione al Matrimonio cattolico (per noi la retta vera dottrina, una pratica di vita cristiana, la frequentazione di “veri” Sacramenti materiali e formali – se possibile – o almeno spirituali: severo e sincero esame di coscienza, contrizione perfetta con implicito desiderio di Confessione sacramentale appena possibile, Comunione spirituale …), un canone in particolare concerne le situazioni estreme che riguardavano allora i fedeli orientali, ma che oggi sono ubiquitarie e riguardano praticamente l’intero pianeta, in riferimento alla disponibilità di un sacerdote o prelato cattolico della “vera” Chiesa “una cum Papa nostro Gregorio”.

Il Canone rinuncia esplicitamente alla presenza di un sacerdote alla celebrazione del matrimonio in determinate circostanze straordinarie, ma non rinuncia, anche in questo caso, alla richiesta che il matrimonio sia celebrato davanti ad almeno due testimoni. Il matrimonio è validamente celebrato davanti ai soli testimoni comuni (naturalmente Cattolici), quando è impossibile per le parti avere o avvicinare un Sacerdote autorizzato, purché si verifichi una di queste condizioni:

1) una delle parti parte è in pericolo di morte,

2) si prevede che non sarà disponibile alcun sacerdote autorizzato per almeno un mese.

In situazioni estreme per il matrimonio non è richiesto il sacerdote!!!

Nota: «Sebbene i Canoni non concedano esplicitamente nessun’altra rinuncia alla celebrazione, c’è la dispensa all’obbligo della legge che richiede l’assistenza attiva di un sacerdote autorizzato e l’assistenza di testimoni, almeno nel caso di estrema difficoltà che colpisce l’intera comunità. Il Sant’Uffizio ha dichiarato che i Cattolici della Cina non sono tenuti ad osservare la legge sulla forma del matrimonio finché continuano le circostanze create dal regime rosso ». (H. BOUSCAREN, CANON LAW DIGEST, III Ed. p. 408).

(Due importanti notifiche del “Noli Timere” sono contenute in questo Canone,

– primo, che in pericolo di morte il matrimonio può essere contratto senza un sacerdote ma davanti a due testimoni, e …

– secondo, che nei luoghi dove non si può avere un sacerdote o le parti non possono recarvisi, non hanno bisogno di aspettare un mese intero, se c’è una buona ragione per giudicare che le stesse condizioni continueranno per un mese).

Riportiamo il canone succitato:

ACTA APOSTOLICAE SEDIS

COMMENTARIUM OFFICIALE

ANNUS XXXXI – SERIES II ~ VOL. XVI

TYPIS POLYGLOTTIS VATICANIS

MDCCCCXLIX

MOTU PROPRIO

DE DISCIPLINA SACRAMENTI MATRIMONII PRO ECCLESIA ORIENTALI

PIUS PP. XII

DE SACRAMENTO MATRIMONII

CAPUT VI

De forma celebrationis matrimonii

Can. 89

Si haberi vel adiri nequeat sine gravi incommodo parochus vel Hierarcha

vel sacerdos cui facultas assistendi matrimonio facta sit ad normam

canonum 86, 87:

1° In mortis periculo validum et licitum est matrimonium contractum coram solis testibus ; et etiam extra mortis periculum, dummodo prudenter prævideatur eum rerum statum esse per mensem duraturum;

In utroque casu, si præsto sit quivis alius catholicus sacerdos qui adesse possit, vocari et, una cum testibus, matrimonio assistere debet, salva coniugii validitate coram solis testibus.

Se vi sia un grave incomodo per il parroco, o gerarca o sacerdoti con facoltà nell’assistere al matrimonio fatto a norma dei canoni 86, 87:

.1° in pericolo di morte è valido e lecito il matrimonio contratto davanti ai soli testimoni; ed anche fuori dal pericolo di morte, quando stando le cose per cui si preveda prudentemente che si protraggano per un mese;

2 ° In entrambi i casi in cui non si possa al più presto chiamare un altro sacerdote cattolico che possa venire ed assistere al matrimonio con i testimoni, salvo la validità dei coniugi, [il matrimonio è valido e lecito… validum et licitum est matrimonium contractum …] davanti ai soli testimoni.

Allora, giovani Cattolici, rincuoratevi, il vostro matrimonio celebrato in tempi in cui entro un mese non sia possibile ottenere la presenza di un vero sacerdote cattolico “una cum” il vero Papa legittimamente e canonicamente eletto Gregorio XVIII (successore di S. S. Gregorio XVII – Giuseppe Siri), celebrato nei modi e con le intenzioni cattoliche, è VALIDO E LECITO (soprattutto!!!), e quindi foriero di grazia matrimoniale santificante per coi, i vostri cari partecipanti al rito da voi officiato con i testimoni, e per i vostri figli cattolici. Cosa aspettate? Il mondo ha bisogno di nuovi Cristiani, ed il cielo ha ancora disponibili posti per tantissimi Santi.

Poi naturalmente occorrerà ratificare il legame matrimoniale al cospetto di un’autorità civile.

IL RITO NUNZIALE

(ex Rituale Romano)

Il Parroco, o chi per lui … si porta davanti agli sposi e domanda il consenso, dicendo:

N. Vis accipere N, hic præsentem in tuam legitimam uxorem iuxta ritum sanctæ matris Ecclesiæ?

[N. Sei contento di prendere N. qui presente, come tua legittima sposa, secondo il rito di Santa Madre Chiesa?]

Lo sposo risponde:

Volo. [lo voglio]

Quindi si interroga la sposa:

N. Vis accipere N. hic præsentem in tuum legitimum maritum iuxta ritum sanctæ matris Ecclesiæ?

[N. Sei contenta di prendere N. qui presente, come tua legittimo marito, secondo il rito di Santa Madre Chiesa?]

La sposa risponde:

Volo.

(lo voglio)

Il Sacerdote (o chi per esso) comanda agli sposi di darsi la destra e dice:

Ego coniugo vos in matrimonium in nomine Patris et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.

Si aspergono gli sposi e gli anelli nunziali con acqua benedetta (se è possibile averla benedetta da un “vero” Sacerdote o Prelato Cattolico).  

UN PAPA È STATO ELETTO

26 OTTOBRE 1958: fumata BIANCA dalla Cappella Sistina.

UN PAPA È STATO ELETTO!!

[di P. S. D.]

Quella lunghissima fumata bianca del conclave del 1958!

            “Il fumo è bianco…non c’è alcun dubbio. Un Papa è stato eletto!” annunciò solennemente Radio Vaticana al termine del Conclave del 1958, quando centinaia di migliaia di persone erano incollate agli schermi o erano con gli occhi fissati verso il comignolo del camino da cui sarebbe uscita la fumata che avrebbe sancito l’elezione del nuovo Papa.

            Erano periodi molto difficili, con le due superpotenze che si fronteggiavano l’un l’altra nello scacchiere politico internazionale e con pressioni che da più parti e sempre più forti intralciavano le scelte del Papa in Vaticano.

            Era la fine di un’epoca e, con riferimento alla nomenclatura adottata da San Malachia nella sua Profezia sui Papi, al Pastor Angelicus, come lui aveva indicato Pio XII, il Papa il cui Pontificato aveva caratterizzato un lungo periodo di crisi per la pace mondiale, doveva far seguito un altro Pastor, quel Pastor et Nauta che la storia, quella che da sempre scrivono i vincitori del periodo, ci ha presentato come un Cardinale vestito di rosso fra decine di altri porporati, ma che i tempi odierni fanno sempre più chiaramente indicare come il vero successore di Pietro destinato a succedere a Pio XII.

            Dopo la morte di Papa Pacelli, avvenuta il 9 ottobre 1958, fu osservato un novendiato di pausa, al termine del quale ebbe luogo il Conclave in cui si apprestava ad essere eletto l’altro Pastor del secolo, quello caratterizzato dal più grave conflitto della storia: la guerra contro la Cristianità, che si stava preparando a vincere la più grande battaglia fra quelle che le era stato consentito di vincere.

            A raccogliere lo scettro del Pastor Angelicus doveva essere un altro Pastore delle greggi, quello che più di chiunque altro era in continuità con Pio XII: Giuseppe Siri, che lo stesso Papa Pacelli aveva indicato come Suo Successore. E a questo Successore San Malachia di Armagh aveva dato lo stesso nome conferito a Pio XII, Pastor, a cui aveva fatto seguire anche la parola Nauta, “marinaio”.

            Ed al Conclave per la designazione del successore del Pastor Angelicus avvenne un fatto inaudito, senza precedenti: due giorni dopo l’inizio del Conclave si sollevò dal camino allestito in Vaticano un fumo denso ed inequivocabilmente bianco, che continuò ad essere emesso verso il cielo per lunghi minuti in tutta la sua nitidezza: ben cinque minuti. Cinque minuti in cui una moltitudine di fedeli ebbe modo di vedere con i propri occhi quell’avvenimento così chiaro nel suo significato e così insolito nella sua imponenza e nella sua durata.

Chi ancora oggi osserva la fumata bianca del 1958 sul web non può che restare sbalordito davanti a quel fumo così candido e denso che sale a lungo verso il cielo, quasi una colonna fitta e impenetrabile che offre una suggestione fuori dal comune e veramente molto forte.

            Poco prima del Conclave del 1958, alcuni giornali dell’epoca avevano riportato le modalità dell’emissione del fumo bianco dal camino del Vaticano con un dettaglio che potremmo definire sospetto, quasi avessero voluto porre preventivamente l’accento sulle possibili spiegazioni delle anomalie che si sarebbero potute verificare di lì a pochi giorni in fase di fumata.

            All’interno di un dettagliato articolo sul Conclave che sarebbe stato indetto di lì a pochi giorni, in corrispondenza di una foto che mostra l’angolo della Cappella Sistina con la stufa già approntata per bruciare le schede dopo le votazioni, un giornale di larga diffusione pubblicato il 23 ottobre del 1958 riportava testualmente:

“Prima di ogni scrutinio, le schede vengono controllate per vedere se corrispondono al numero dei presenti (e in caso contrario vengono subito distrutte). Infine, gli scrutatori procedono alla lettura del risultato e al bruciamento delle schede. Se la votazione ha dato la maggioranza dei due terzi più uno, nella stufa della cappella viene bruciata paglia secca: la fumata bianca che ne deriva annuncerà al popolo, all’esterno, che un nuovo Papa è succeduto a Pietro. (…) Nel caso invece che lo scrutinio sia stato negativo, le schede bruciate con paglia umida daranno il fumo nero del risultato nullo.”

Pertanto, a produrre il fumo bianco o il fumo nero sono le schede bruciate e la paglia.

Nel caso del conclave in cui sia stato eletto un Papa si aggiunge paglia secca, mentre, nel caso in cui non vi sia un nuovo Pontefice, si aggiunge paglia umida, che brucia producendo un fumo di colore nero.

Sia la carta che la paglia sono combustibili: sia la prima che la seconda sono composte da cellulosa, sostanza che si presta ad essere bruciata, ma c’è in esse qualcosa che le rende differenti, in quanto a comportamento nei confronti del fuoco. Mentre la carta è formata da fibre cellulosiche che sono state purificate (la carta riciclata, oltre ad essere un’acquisizione relativamente recente, non è sicuramente quella che viene impiegata in sede di Conclave, e meno che meno in quello del 1958), la paglia reca altre sostanze oltre alla cellulosa (pigmenti, elementi chimici che sono contenuti nei pigmenti stessi, impurità di vario genere, interstizi fra i nodi che fanno da camera di combustione, ecc.). Il risultato è che il fumo derivante dall’abbruciamento della carta è più chiaro di quello derivante dall’abbruciamento della paglia, e probabilmente non solo: il fatto che la carta sia costituita da materiale cellulosico “puro” fa sì che il fumo derivante dalla bruciatura della carta sia più denso di quello derivante dalla fiamma appiccata alla paglia.

Il caratteristico colore intenso delle bruciature delle stoppie è visibile da lontano, e chiunque può rendersi conto del fatto che tale fumo non è mai bianco candido; inoltre, a meno che non siano vaste superfici a bruciare, esso non tende a formare una coltre densa, impenetrabile.

Nel caso della carta, invece, la cellulosa è strettamente appressata e la fiamma che vi viene appiccata si approvvigiona di una fonte di combustibile ingente, compatta.

A seconda che, in sede di Conclave, si voglia produrre un colore bianco o nero della fumata, il passaggio del periodico del 1958 che ho riportato sopra è chiaro: non si agisce sulla carta, ma si agisce sulla paglia, o meglio sulla quantità di umidità contenuta in essa.

Per l’altro parametro, ossia alla durata della fumata, esso è direttamente proporzionale alla quantità di combustibile che viene bruciato, ossia alla quantità della carta e della paglia. Non ha senso aggiungere molta paglia – che farebbe probabilmente un colore differente da quel bianco candido che è visibile nella fumata del 1958 -: quello che si vuole bruciare non è la paglia, ma le schede; e, se la paglia trova un giusto impiego, inumidita, nel conferire il colore scuro al fumo della “fumata nera”, non altrettanto si può dire per la fumata bianca, per ottenere la quale è sufficiente bruciare le carte delle schede.

Per le considerazioni fatte prima, quel colore bianco della fumata dipende probabilmente, in primo luogo, dalla carta, da cui dipendono pure in gran parte, probabilmente, il maggior chiarore e la maggiore densità del fumo. Con pochi dubbi, quindi, nella fumata del conclave del 1958 quella consistenza così densa dipese dalla carta, e quella sua durata così prolungata dalla quantità di combustibile (i numerosi fogli di carta che dovevano essere bruciati) impiegato.

Queste le supposizioni, che non c’è motivo di ritenere infondate.

Prendiamole per buone: come mai fu bruciata tanta carta in occasione di quel Conclave e non in altri? Nel corso di un Conclave non dovrebbe essere pressappoco sempre la stessa, in base al numero dei cardinali elettori – che si presume non debbano variare di moltissimo – la quantità di carta che viene bruciata?

Ci viene in aiuto ancora l’articolista del pezzo comparso su un periodico del 1958, che si cura di precisare:

Al termine del conclave tutto sarà bruciato: ogni cardinale è tenuto a dare alle fiamme anche i più insignificanti foglietti che gli siano serviti a prendere appunti o magari a tracciare ghirigori nell’attesa.

Ecco, quindi, chiarito l’arcano: al termine del Conclave del 1958, come al termine di tutti gli altri Conclavi, non furono bruciate solo le schede, ma anche qualsiasi foglio su cui era stata trascritta qualsiasi cosa, anche la più infima e irrilevante.

Considerata la durata e la densità della fumata levatasi al termine del Conclave, durato solo due giorni, del 1958, è lecito chiedersi quanta sia stata la quantità di carta che sia stata bruciata, e la risposta è: ingente! Ci si può chiedere a questo punto a cosa fosse servita tutta quella carta, e per rispondere a questa legittima domanda faccio riferimento all’articolo “Gregorio XVII: l’incredibile storia” pubblicato su questo sito ed a sviluppare i concetti contenuti in esso.

È infatti ben più che presumibile che fossero stati fatti circolare fra i Cardinali elettori dei fogli contenenti le “istruzioni” da seguire nel corso del Conclave per avere in contraccambio dei vantaggi speciali – leciti e soprattutto, molto probabilmente, illeciti – nel caso in cui tali richieste fossero state esaudite, o, al contrario, vendette la cui portata è difficile da immaginare, nel caso in cui tali richieste non fossero state esaudite.

Ci furono, con tutta evidenza, “cose” che furono fatte leggere a tutti e che portarono alla rinuncia forzata – cioè alla violenta “cacciata” – o impeditio secondo C. J. C. – del Papa (… dopo avergli fatto però accettare l’elezione), ed imposto il silenzio a tutti gli altri … il tutto supportato da abbondante materiale cartaceo “scottante” che doveva scomparire rapidamente senza lasciare tracce ad eventuali “curiosi” sospettosi od a posteri complottisti …

È possibile che fosse stato messo in preventivo che fosse Siri ad uscire Papa da quel Conclave, o forse ciò era stato addirittura favorito dagli stessi personaggi che volevano cambiare l’ordine costituito: in questo modo si sarebbe avuto il Papa vero la cui presenza permettesse al mondo di andare avanti (e, fra le altre cose, che potessero essere sviluppati e condotti a termine i progetti di dissoluzione della Chiesa “visibile”).

Comunque sia, le istruzioni di quello che sarebbe dovuto succedere dopo la prima fumata bianca erano state probabilmente date nel corso di quel Conclave, ed è questo, a mio avviso, l’unico elemento che permetta di spiegare come mai fu bruciata, unica volta nel corso del Papato, tanta carta da dare luogo ad una fumata così densa e bianca durata ben cinque minuti.

La combustione fu fatta durare fino a suo completamento: non doveva restare traccia, nessun residuo incombusto da cui si potesse capire anche la minima parte di ciò che era avvenuto, e così tutta la massa cartacea contenente istruzioni, promesse, minacce forse, chissà, anche simboli esoterici, fu lasciata nella stufa fino alla sua combustione completa, a dare quel fumo così bianco ed intenso ed impenetrabilmente denso che tante persone ebbero modo di vedere stazionare a lungo nell’aria, direttamente o attraverso il mezzo televisivo.

Quando poi si fu sicuri che il fuoco avesse distrutto ogni traccia, allora e solo allora fu gettata nella stufa della paglia inumidita: bisognava dare al mondo un segnale non chiaro, non preciso, non netto: che il Papa era stato eletto, cioè no, che si era trattato di un errore di valutazione e che il fumo uscito dalla Cappella Sistina in realtà era nero, come ebbe a dire la stessa Radio Vaticana poco tempo dopo il suo annuncio così categorico dell’elezione del Papa.

***

Pochi giorni dopo, all’ ”Habemus Papam” che sarebbe seguito nel corso dello stesso Conclave (benché questo fosse in realtà terminato due giorni prima), una coltre scura non si limitò ad uscire dalla Cappella Sistina, ma piombò, come dicono le cronache, su tutta Roma.

Il 28 ottobre 1958 il Cardinale protodiacono Nicola Canali pronunciò dalla loggia centrale della basilica vaticana quelle fatidiche parole indicando il nome prescelto da Angelo Roncalli, il quale aveva adottato lo stesso nome di Baldassarre Cossa, l’antipapa che aveva convocato un concilio eretico pochi anni dopo la sua non-elezione.

Come narrano le cronache, in quello stesso giorno di ottobre del 1958 l’oscurità calò di botto su Roma, benché fossero appena le 18,05 ed il sole in quel giorno dell’anno tramonti nella Capitale alle 18,13 (per lasciare dopo di sé circa mezz’ora di chiarore soffuso).

L’ora era giunta: quel nero che era uscito appena due giorni prima dalla stufa della Cappella Sistina in pochissimo tempo aveva coperto il Vaticano e la città in cui esso era situato, e da lì si preparava ad invadere tutto il mondo.

GREGORIO XVII: L’INCREDIBILE STORIA

INQUISIZIONE: LEGGENDE E FALSE ACCUSE DI SINISTROIDI FACINOROSI, IGNORANTI E IN MALA FEDE.

INQUISIZIONE

Speciale tribunale ecclesiastico per combattere e sopprimere l’eresia.

SOMMARIO : I. I. medievale. – II. I. spagnuola.

I. I. MEDIEVALE.

I. ORIGINE. – Missione essenziale dell’episcopato è non solo d’insegnare le verità della fede, ma anche di difenderle contro coloro che le attaccano. Ora, esso si dimostrò impotente a reprimere gli inquietanti progressi fatti nei secc. XI, XII e XIII soprattutto dai catari (chiamati in Italia patarini, nella Linguadoca albigesi, dal nome della regione in cui pullulavano) e dai valdesi. Il Papato perciò, a scongiurare il grave pericolo che minacciava la Cristianità, creò un tribunale speciale: l’Inquisizione. Ma procedette a tappe. – Dapprima Lucio III, a Verona, nel 1184, ponendo il principio di una procedura più sbrigativa che non quella dell’accusa pubblica, ereditata dalla legge romana, obbligò i Vescovi a visitare una o due volte all’anno, personalmente o mediante sostituti, le parrocchie contaminate dall’eresia per sentire, sotto il vincolo del giuramento, le testimonianze di persone degne di fede. Ad essi spettava inoltre la ricerca {inquisitio) d’ufficio dei colpevoli, la loro riconciliazione con la Chiesa o la loro punizione, qualora si rifiutassero di purificarsi, mediante giuramento, dall’accusa di eresia o diventassero recidivi. L’episcopato aveva giurisdizione anche sugli esenti, perché procedeva quale delegato della S. Sede (9, X, V, 7). Varie costituzioni emesse da Innocenzo III negli aa. 1205, 1206 e 1212 e il can. 3 del Concilio Ecumenico Lateranense (1215) completarono le prescrizioni di Lucio III (17-19, 21, X , V , 3; 13 X, V, 7). – Non bastando ancora l’episcopato a tale compito, la S. Sede affidò poteri temporanei a delegati, i più attivi dei quali furono, in Francia; Pietro de Castelnau, assassinato il 15 genn. 1208, e Romano, cardinale di S. Angelo; in Italia: il card. Ugolino. Terminata la crociata che abbatté la potenza degli albigesi in Linguadoca, Raimondo VII, conte di Tolosa, re Luigi I ed il legato romano firmarono il Trattato di Parigi del 12 apr. 1229 che assicurava alla Chiesa la cooperazione dello Stato (testo fotografato in J. Guiraud, Histoire de l’Inquisìtion au moyen àge, II, Parigi 1938, p. 8) . – Da parte sua l’imperatore Federico II promulgò costituzioni contro gli eretici nel 1220, 1224 e 1231 (J. – L. – A . Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Frederici II [Parigi 1852], p. 4, 421 e 19, X, V, 7 ). Fu allora che Gregorio IX istituì per l’Europa, dal 1231 al 1234, dei tribunali d’I., presieduti da inquisitori permanenti, i quali esercitavano i loro poteri entro circoscrizioni determinate. A tale scopo egli scelse Francescani e Domenicani, designati a tale ufficio dai loro superiori gerarchici (L. Auvray, Registres de Grégoire IX [ivi 1890], pp. 339-41 e Th. Ripoll, Biillarium Ordinis Fratrum Prædic., I [Roma 1729], p. 47) o più tardi, dalla S. Sede stessa.

II. GLI INQUISITORI. – Domenicani e Francescani esplicarono contro gli eretici uno zelo ardente. In Italia si urtarono contro le autorità locali che li proteggevano, e contro i ghibellini che avevano fatto lega con essi. Pietro di Verona pagò con la vita l’esercizio delle sue funzioni di inquisitore nel Milanese e a Firenze (29 apr. 1252). Ma nonostante la resistenza, l’eresia catara volgeva al declino verso la fine del sec. XIII e all’inizio del XIV. Quanto ai valdesi, perseguitati dovunque, emigrarono nelle Alpi del Delfinato, poi, scacciati dai loro rifugi, passarono nel Piemonte, dove esistono tuttora. Nei secc. XIV e XV gli inquisitori perseguirono gli pseudo-apostoli, discepoli di fra’ Dolcino, e gli amanti degeneri della povertà francescana, conosciuti sotto il nome di beghini, spirituali e fraticelli. Dinanzi a loro comparivano anche gli Ebrei convertiti che apostatavano, i bestemmiatori, gli scomunicati, dopo un anno di insordescenza, i colpevoli di stregoneria, di divinazione, di sortilegi, di fatture, di invocazione del demonio, di delitti contro natura, di adulterio, di incesto, di concubinato, di usura e, infine, i violatori del riposo domenicale. – Nella loro qualità di giudici delegati della S. Sede, gli inquisitori godevano di poteri eccezionali, che li rendevano indipendenti dall’Ordinario, almeno per quanto riguardava l’esercizio del loro ufficio. Taluni commisero abusi, ma la colpa era più spesso dei loro dipendenti, come, ad es., i notai. La S. Sede punì senza pietà i colpevoli, ad es., Roberto le Bougre, che incorse nella prigione perpetua. Per porre fine a qualunque arbitrio, Clemente V decretò che l’uso della tortura, la promulgazione delle sentenze definitive, la sorveglianza delle prigioni fossero di competenza insieme dei Vescovi e degli inquisitori (1, 2, V, 3 in Clem.). In seguito Giovanni XXII obbligò i giudici dell’Inquisizione a comunicare le procedure agli Ordinari (J. – M . Vidal, Bullaire de l’Inquisìtion francaise au XIVe siècle, Parigi 1913, nn. 40, 55, 56).

III. LA PROCEDURA. – La procedura inquisitoriale è conosciuta nei suoi minimi particolari, grazie ai manuali redatti da Nicola Eymeric, Bernardo Gui e altri. Sospetti, denunce, accuse, la stessa voce pubblica, bastavano all’inquisitore per citare a comparire dinanzi a sé le persone compromesse, o farle trarre in arresto, sia dalle autorità civili, che dai propri dipendenti (sergenti, messaggeri, notai, carcerieri). L’interrogatorio doveva avere luogo in presenza di due testimoni. Un notaio – in sua mancanza due persone idonee – scriveva i processi verbali delle deposizioni o almeno la sostanza di esse. Esente da ogni giurisdizione, l’inquisitore, salvo eccezioni, si dispensava dall’osservare la procedura di diritto comune, per seguire a suo piacimento quella messa in onore da Clemente V e chiamata sommaria, passava oltre a ogni privilegio, ai procedimenti dilatori!, all’appello e all’applicazione del can. 37 del IV Concilio Lateranense che proibiva le citazioni a più di due giornate di cammino (dietæ) dal domicilio dell’incolpato. L’inquisitore aveva dunque un potere discrezionale. La colpevolezza era stabilita sia con la confessione degli interessati, sia con prove testimoniali. Come testimoni potevano essere uditi anche eretici e infamati, pur sottoponendo le loro deposizioni a un serio esame. Erano esclusi i nemici mortali dell’interessato. Due testimonianze di persone degne di fede erano sufficienti a stabilire la colpevolezza; le deposizioni dei testimoni erano comunicate agli imputati, ma i loro nomi erano tenuti nascosti per tema di rappresaglie. Per questo occorreva tuttavia, dopo Bonifacio VIII, che il pericolo fosse giudicato molto grave (20, V , 2 in 6°). – Esistevano vari mezzi per costringere l’imputato a confessare: il regime della prigione stretta, che comportava il digiuno, la privazione del sonno, la prigionia nelle segrete, i ceppi ai piedi e le catene ai polsi, e tormenti anche più crudeli. Se recalcitrava, il detenuto era sottoposto alla tortura, ossia al cavalletto, alla corda, ai carboni ardenti, o al supplizio dello stivaletto. Tuttavia bisognava evitare sempre la mutilazione e il pericolo di morte. – In forza della decretale Si adversus (11, X, V, 7) l’avvocato o il notaio che prestavano il concorso del loro ufficio a un eretico o a un fautore di eresia, si esponevano alla perdita dell’ufficio e incorrevano nell’infamia. Di conseguenza gli imputati restavano indifesi. Tutto al più si permetteva all’avvocato di consigliare il colpevole a confessare. Una volta raggiunta la prova del delitto di eresia, l’inquisitore riuniva una giuria composta di religiosi, di chierici secolari, di persone gravi, di giureconsulti, in numero rilevante, fino a raggiungere la quarantina. Ascoltato il loro parere, egli pronunciava la sentenza sia in pubblico, solennemente, nel cosiddetto « sermone generale », sia fuori di esso. Se l’eretico si ostinava a rifiutare la ritrattazione dei suoi errori o se ricadeva dopo averli abiurati (nel qual caso era giudicato recidivo) l’inquisitore lo abbandonava (relinquimus) — appositamente non adoperava il verbo tradimus — al braccio secolare, pregandolo di risparmiare al colpevole la mutilazione e la morte. In pratica però questa raccomandazione non aveva effetto; solo preservava il giudice dall’irregolarità, in cui sarebbe incorso con il partecipare a una sentenza capitale. Se la corte laica di giustizia non avesse dato alle fiamme l’impenitente o il recidivo, sarebbe stata passibile di scomunica, in quanto favoriva l’eresia (C. Douais, Practica Inquisitionis heretìce pravitatis, auctore Bernardo Guidonis, Parigi 1886, pp. 88 e 127). – Condotto al luogo del supplizio, se il condannato dichiarava di pentirsi e di rinnegare i suoi errori, il tribunale lo restituiva all’inquisitore, il quale lo sottometteva a un interrogatorio molto serrato al fine di evitare qualunque soperchieria. Il pentito doveva denunciare, verosimilmente senza alcuna costrizione fisica, i suoi complici e abiurare una per una le sue eresie. Per castigo era condannato alla prigione perpetua. Se la sua conversione in extremis appariva simulata, la sentenza primitiva riprendeva il suo effetto. Il recidivo che si convertiva all’ultima ora otteneva solo la grazia di ricevere i Sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, prima di morire sul rogo: il delitto di eresia era paragonabile a un caso di lesa maestà divina. – Se il colpevole era chierico od aveva ricevuto gli Ordini, l’autorità ecclesiastica procedeva a degradarlo prima di abbandonarlo al potere civile. Sul fondamento delle costituzioni apostoliche, del Liber Sextus (18, V, 2, in 6°) e della legislazione imperiale, alcuni autori hanno immaginato che l’appello fosse permesso solo nel caso di una sentenza interlocutoria, ma escluso per le sentenze definitive, in particolare per le condanne che importavano il ricorso al braccio secolare. I regesti pontifici han dimostrato, almeno per quanto riguarda il sec. XIV, la falsità di tali affermazioni (v. J. – M. Vidal, Bulicare de l’Inquisìtion francaise, pp. LXXII – LXXX). Tra le pene inflitte agli eretici che abiuravano i loro errori, sembra che quella della reclusione fosse la più largamente adoperata dagli inquisitori. Il regime penitenziario variava a seconda dei casi e dei luoghi: la « prigione larga » escludeva i ferri e le segrete, penalità riservate ai condannati alla «prigione stretta» o alla « prigione strettissima ». – In qualunque caso però, i detenuti non ricevevano altro cibo che « il pane del dolore e l’acqua della tribolazione ».

IV. I PENITENTI. — A volte, i prigionieri ottenevano la libertà provvisoria o definitiva. Si imponeva loro, però, di portare, sulle vesti, segni d’infamia: pezzi di stoffa gialla o rossa, di forme diverse, che li esponevano a ogni sorta di vessazioni, di affronti, di incommodità, che rendevano loro la vita difficile. Infatti, i buoni Cristiani si rifiutavano di avere relazioni con essi ; di dare i propri figli in matrimonio ai loro figli e alle loro figlie. Insulti e persecuzioni non venivano risparmiati. I calunniatori e i falsi testimoni erano duramente puniti: per due giorni consecutivi, dal levar del sole fino a nona, e nelle quattro domeniche successive, erano issati su una scala, a mani legate e capo scoperto, vestiti di un camice senza cintura, davanti alle porte delle chiese, perché  la folla li coprisse di ingiurie. Altre volte, gli inquisitori imponevano ai penitenti pellegrinaggi più o meno lontani. I pellegrinaggi maggiori erano a S. Giacomo di Compostella, a Roma, a S. Tommaso di Canterbury, ai SS. Tre Re Magi di Colonia. Al loro ritorno i pellegrini presentavano dei certificati in attestazione del viaggio compiuto e delle visite obbligatorie ai santuari. Ai pellegrinaggi e ai segni d’infamia si accompagnava ordinariamente la fustigazione pubblica. In determinati giorni di festa o di domenica, il penitente assisteva alla Messa parrocchiale, presentandosi al celebrante, con un cero in una mano, delle verghe nell’altra, e riceveva la flagellazione. La cerimonia poteva anche aver luogo durante le processioni. Il fustigato annunciava al popolo riunito, che egli aveva meritato la sua sorte, perché aveva commesso dei misfatti contro gli inquisitori e il tribunale dell’Inquisizione. Sui penitenti gravavano poi altri doveri, come assistere alla predica e alla Messa cantata, astenersi dalle opere servili nei giorni proibiti, ricevere i Sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, nelle date stabilite, digiunare, ecc. Le pene inflitte ai colpevoli erano dalla Chiesa stimate, più che punizioni, penitenze utili alla salvezza dei penitenti, tornati alla vera fede cristiana. Così, la prima domenica del mese, il curato spiegava le lettere penitenziali in possesso di un penitente e gli ricordava gli obblighi a cui era tenuto.

V. IL FINANZIAMENTO. – La ricerca e la cattura degli eretici o di coloro che li favorivano, implicava gravi spese. Per compensarle, gli inquisitori imponevano delle multe, sia a titolo principale sia a compenso di pene gravi commutate in pene più lievi. Il resto degli utili era devoluto ad opere pie, quali la costruzione o la manutenzione di chiese, di ponti, di fontane, l’acquisto di paramenti sacri, di vasi sacri destinati agli edifici del culto. – La confisca totale cadeva sui beni degli eretici ostinati e dei recidivi, anche se penitenti, che erano stati rimessi al braccio secolare, come pure sui beni di coloro che erano stati condannati alla prigione perpetua. In Francia un funzionario reale detto « receveur des encours », percepiva il ricavato delle confische, il che gli consentiva di assumersi le spese del tribunale dell’Inquisizione, che incombevano al re. In Italia i redditi del tribunale dell’Inquisizione, si dividevano in tre parti, fra le città, gli ufficiali laici, e il tribunale stesso.

VI. CONSEGUENZE DELLE CONDANNE. – La macchia di eresia non cessava con la morte: secondo le disposizioni delle Decretali (12, X, III, 28 e 8, X, V, 7) la presenza del corpo di un eretico profanava il cimitero dov’era sepolto e l’inquisitore ordinava che le ossa venissero riesumate e calcinate sul rogo. Alcune costituzioni apostoliche e un editto di Federico II prescrivevano la distruzione totale delle case in cui dei catari, detti « perfetti » o « perfette », erano stati arrestati, o s’erano nascosti, o avevano predicato o amministrato il consolamentum, sorta di sacramento che sostituiva quelli della Chiesa. In realtà gli inquisitori applicarono tali decreti solo alle case in cui morivano persone che avevano ricevuto il consolamentum in punto di morte, a saputa del proprietario, o in cui erano state elevate al grado di « perfetti ». – Infine, alcune inabilità civili ed ecclesiastiche colpivano ipso facto tutti gli eretici riconciliati con la Chiesa, fino alla seconda generazione in linea paterna e fino alla prima in linea materna; i chierici divenivano inabili a possedere dignità e benefici ecclesiastici; i laici non potevano esercitare pubblici uffici né compiere determinati atti della vita civile (L. Tanon, Histoire des Tribunaux de l’Inquisìtion en France, Parigi 1893, pp. 539-45). Gli inquisitori accordavano spesso remissioni e commutazione di pene, ma sempre rivedibili.

VII. IL NUMERO. – Quale fu il numero di eretici e di recidivi che subirono il supplizio del fuoco? La documentazione insufficiente impedisce di determinarlo con esattezza. Si hanno indicazioni precise solo sull’attività, nel sec. XIV, del tribunale di Pamiers dove, su 64 persone condannate, 5 furono consegnate al braccio secolare, e su quella dell’inquisitore Bernardo Gui nel Tolosano, dove su 930 persone 42 perirono sul rogo (cf. J. – M. Vidal, Le tribunal d’Inquisition de Pamiers, Tolosa 1906, p. 329; C. Douais, Documents pour servir à l’histoire de l’Inquisìtion dans le Languedoc, I , Parigi 1900, p. ccv). – I moderni hanno giudicato severamente l’istituzione dell’Inquisizione, e l’hanno tacciata di essere contraria alla libertà di coscienza. Ma dimenticano che in passato si ignorava questa libertà e che l’eresia incuteva orrore nei ben pensanti, che erano certamente la grande maggioranza anche nei paesi più infetti di eresia. Non va inoltre dimenticato che in alcuni paesi il Tribunale dell’Inquisizione, durò pochissimo ed ebbe importanza assai relativa: così nell’Italia meridionale, nei regni spagnoli durante i secc. XIII e XIV e nella Germania. A Roma stessa sparì ben presto: il processo contro Lutero nel 1518 fu condotto dall’Uditore generale della Camera Apostolica.

BIBL.; Fonti; Ph. Limborch, Historìa Inquisitionis, Amsterdam 1692; Th.Ripoll, Bullarium O.F.P., Roma 1729; J.H.Sbaralea, Bullarium Franciscanum, Roma 1765; P. Frédéricq, Corpus documentorum Inquisitionis hæreticæ pravitatis Neerlandicæ, 5 voll., Gand 1889; J. Dollinger, Beitràge zur Sektengeschichte des Mittelalters, Munster 1890; C. Douais, Documents pour servir à l’histoire de l’Inquisìtion dans le Languedoc, 2 voll., Parigi 1893. — Manuali degli Inquisitori: Bernardo di Como, Lucerna inquisitorum hæreticæ pravitatis, Milano 1566; N. Eymeric, Directorium inquisitorum cum commentariis F. Pegnæ, Roma 1578; Davide d’Augusta, De inquisitione hæreticorum, in Abhandlungen der historischen Klasse der Kònìglichen bayerischen Akademìe der Wissenschaft, 14, parte 2″ (1878), pp. 204-35; B. Gui, Practica Inquisitionis hæreticæ pravitatis, ed. C. Douais, Parigi 1886; nuova ed. parziale G. Mollat e G. Drioux, 2 voll., ivi 1926-27; A. Dondaine, Le manuel de l’Inquisiteur {1230-1330), in Archivum Fratrum Prædicatorum, 17 (1947), pp. 85-194; T . Kaeppeli, Un processo contro i valdesi di Piemonte nel 1335, in Rivista della storia della Chiesa in Italia, 1 (1947), pp. 285-91. – Studi; Una bibliografia, ma incompleta, è stata data da E . Vacandard, in DThC, VII (1923) coll. 2067-68 e da J. Guiraud, Histoire de l’Inquisìtion au moyen age, Parigi 1935, I , pp. XI – XLVIII. I libri scritti di recente, a parte quello del Guiraud, non hanno rinnovato l’argomento. Il libro classico di H . C. Lea, A history of the Inquisition of the Middle Ages, 3 voll., Nuova York 1887, vers. frane, di S. Reinach, Parigi 1900-1902, ha perso un po’ del suo valore; vale però meglio il libro di A. S. Turbeville, Medioeval heresy and the Inquisition, Londra 1920. Per l’Italia vedi F. Tocco, L’eresia nel medioevo, Firenze 1884; L . Fumi, Eretici e ribelli nell’Umbria: studio d’un decennio (1320-30), Todi 1916; G. Biscaro, Inquisitori ed eretici lombardi (1292-1318), in Miscellanea di storia italiana, 3a serie, 19 (1922), pp. 445-557; A. Mercati, Frate Bartolo d’Assisi michelista e la sua ritrattazione, in Archivum Franciscanum historicum, 20 (1927), pp. 260-304; G. Biscaro, Inquisitori ed eretici a Firenze (1319-34), in Studi medievali, 8 (1929), pp. 347-75; id., Eretici ed inquisitori nella Marca Trevisana (1280 1308), in Archivio veneto, 5a serie, 11(1932), pp. 148-80; G. Cornaggia Medici, La visitatio plebana. Caratteri della procedura inquisitoria vescovile con speciale riguardo alle fonti della Chiesa milanese, Milano 1935; P. Barino da Milano, L’istituzione dell’I, monastico-papale a Venezia nel sec. XIII, in Collectanea franciscana, 5 (1935), pp. 177-212; id. – Per una storia dell’Inquisizione, medievale, in Scuola cattolica, 67 (1939), PP. 589-96; F. Bock, Die Beteilung an den Inquisìtìonsprozessen unter Johanns XXII., in Archivum Fratrum Prædicatorum, 6 (1936), pp. 312-333; id., Studien zu den politischen Inquisìtìonsprozessen Johanns XXII., in Quellen und Forschungen, 26 (1936), p. 21-142, 27 (1937), pp. 109-34; C. Della Veneria, L’Inquisizione medievale, e il processo inquisitorio, Milano 1939; P. Barino da Milano, Le eresie popolari del sec. XI nell’Europa occidentale, in Studi gregoriani 1 (1947), pp. 43-89; R. Morghen, Osservazioni critiche su alcune questioni fondamentali riguardanti le origini ed i caratteri propri delle eresie medievali, in Miscellanea storica in memoria di Pietro Fedele,  Roma 1946, pp. 97-151.

II. INQUISIZIONE SPAGNOLA.

I. ISTITUZIONE. – Gli Ebrei, numerosi Spagna, vi avevano raggiunto una posizionepreponderante grazie alla loro abilità commerciale. La loro arroganza, il loro lusso e le loro ricchezze, oltre la pratica dell’usura, eccitarono contro di essi l’esasperazione pubblica, che prorompeva di quando in quando in feroci rappresaglie e massacri. Ripetute predicazioni, particolarmente per opera di S. Vincenzo Ferreri, e severi editti nel 1412-13 ne indussero molti a passare al Cristianesimo. Ma troppo spesso tali conversioni erano provocate dall’interesse o dalla paura senza condurre a mutazione di costumi o di occupazioni; molti di questi conversos, o marranos, come furono chiamati, praticavano di nascosto riti giudaici, altri ritornavano addirittura al giudaismo particolarmente in punto di morte; sicché furono ritenuti dagli Spagnoli peggiori di coloro che non s’erano convertiti. – Per provvedere a questo stato di cose e al riordinamento religioso della Spagna, cedendo alle istanze di autorevoli personaggi dell’alto clero e del laicato, i sovrani Ferdinando ed Isabella chiesero a Sisto IV il ripristino della Inquisizione.

II. ORGANIZZAZIONE. – Con bolla del primo novembre 1478 l’Iquisizione  fu infatti ripristinata. Essa però assumeva un più deciso carattere nazionale perché, pur ricevendo i loro poteri dal Papa, gli inquisitori erano nominati su proposta dei sovrani che potevano rimuoverli o  sostituirli quando non facessero al caso loro. Anche nelle confische che colpivano i rei, i sovrani avevano la loro parte. I tre primi inquisitori furono nominati nel 1480; il Papa ne aggiunse altri sette, e per dareuniformità e disciplina al loro procedere, i due sovrani, accanto agli altri consigli della corona, istituirono il Consejo de la Suprema y General Inquisicion (detto più brevemente la Suprema) con giurisdizione su tutto ciò che interessava la fede. A capo di questo consiglio fu posto un inquisitore generale con pieno potere sui giudici dei singoli tribunali sottoposti. Gli inquisitori iniziarono la loro attività a Siviglia, città popolata di convertiti, donde molti esularono. Un editto del 2 genn. 1481 impose a chi dava loro asilo di consegnarli all’Inquisizione. Un secondo editto, detto di grazia, prometteva il perdono ai penitenti; allo scadere della dilazione accordata, la denuncia dei colpevoli o sospetti di apostasia diventò obbligatoria e per scovare i falsi cristiani fu compilato un memento in 37 articoli in cui si indicavano le loro osservanze caratteristiche. – Molte lamentele, portate fino a Roma, contro il modo di procedere degli inquisitori, decisero Sisto IV a togliere la nomina di questi alla corona e a creare in Castiglia una corte d’appello per i processi di eresia (25 maggio 1483); ma il tentativo non riuscì. Il Papa nominò  allora inquisitore generale il Torquemada il quale esercitò le sue funzioni dapprima in Castiglia (1483) e poi in Aragona (1484), quindi nel resto della Spagna (3 apr. 1487). Egli compose, per i suoi sottoposti un codice che, integrato con aggiunte successive, fu pubblicato a Madrid nel 1576 sotto il titolo di Compilacion de las istructiones del officio de la Sancta Inquisicion. Non  era opera originale, perché condensava la dottrina esposta da Bernardo Gui nella Practica Inquisitionis e da Nicolò  Eymerich nel Directorium Inquisitorum. Vi apportava solo delle precisazioni di dettagli e delle direttive occasionali. – In Aragona l’Inquisizione trovò una forte opposizione. I conversos di Saragozza ordirono un complotto contro i due inquisitori Pedro Arbues de Epila e Yuglar.  a notte del 14 sett. 1485, Pedro fu ucciso da un colpo di spada. La sua morte (17 sett.), suscitò a Saragozza la rivolta della popolazione contro i conversos. La repressione fu severa e i congiurati perirono tutti sul rogo. Nel 1492 tutti gli Ebrei, che non accettarono di farsi cristiani, furono costretti a lasciare la Spagna, causa i disordini e le cospirazioni che andavano fomentando; da allora in poi non si ebbero giudaizzanti che saltuariamente, sebbene venissero guardati con sospetto o con disprezzo quei Cristiani che traevano origine dagli Ebrei convertiti. – Quello che era successo ai marranos avvenne anche per i Mori rimasti in Spagna dopo la conquista di Granata (1492), ai quali nel 1498 fu imposto di farsi Cristiani o di andarsene. Si creò così una classe di convertiti (moriscos) solo superficialmente e contro di loro si volse l’attività della Inquisizione. – Gli errori degli alumbrados nei secc. XVI-XVII, tennero pure occupata l’Inquisizione, al giudizio della quale del resto furono assoggettati reati di diritto comune, che ben poco avevano a che fare con l’eresia; e ciò avuto riguardo al migliore funzionamento della sua procedura in confronto agli altri tribunali, alla sua segretezza ed alla maggiore integrità dei giudici. Essa non dimenticò la tradizione medievale ch’era di condurre i rei a penitenza per sottrarli soprattutto alla consegna al braccio secolare ed alle relative conseguenze; non sfuggì però ai pregiudizi dei tempi nell’applicazione delle pene corporali e nel solenne apparato dell’auto da fé (atto di fede). È certo che con l’allargarsi dei poteri dell’Inquisizione in Spagna ne ebbero a scapitare i tribunali vescovili, ai quali venne a mancare quasi del tutto il potere coercitivo. Anzi sarebbe stato proposito della Suprema assoggettare a sé i Vescovi stessi (v. CARRANZA); ma a ciò Roma non volle consentire. Numerosi del resto furono gli attriti con l’autorità Papale che interveniva per moderare lo zelo degli inquisitori, impedire le esorbitanze senza riuscire sempre a correggerne lo spirito aspro di indipendenza e la condotta inflessibile e dura. Sono ben noti i tentativi del re Filippo II per introdurre l’Inquisizione nei suoi domini di Napoli e di Milano e nei Paesi Bassi, incontrando la risoluta resistenza degli abitanti. In Spagna l’Inquisizione, soppressa una prima volta dal dominio francese nel 1809, fu ristabilita nel 1814 e soppressa poi definitivamente nel 1821.

BIBL.: Durante le sue ultime vicende gli archivi dell’Inquisizione, come avvenne anche altrove, andarono distrutti, mettendo così in serio imbarazzo chi voglia descriverne imparzialmente i caratteri e le vicende. Nella storiografia del periodo romantico ebbe larga parte la tendenziosità anticlericale e l’immaginazione romanzesca. Così non si può accettare ad occhi chiusi quanto ne scrisse il più noto storico : Y . A. Llorente, Anales de la Inquisición de Espana, Madrid 1812; id., Memoria histórìca, ivi 1812; id., Historia crìtica de la Inquisición de Espana, ivi 1822 (l’autore fu segretario generale del S. Uffizio e attinse abbondantemente negli archivi); H. Ch. Lea, The Moriscos of Spain. Their conversion and expulsion, Filadelfia 1901; id., A hystory of the Inquisition of Spain, 4 voll., Nuova York 1906-1907; E. Schàfer, Beitràge zur Geschìchte des spanischen Protestantismus und der Inquisition in XVI. Jahrhundert, 3 voll., Giitersloh 1902 (cf. R. De Schepper, in Rev. hist. ecclés., 10 [1909], pp. 138-45); F. Tocco, Henry Charles Lea e la storia dell’Inquisizione, spagnola, in Archivio storico italiano, 5 (1911), pp. 265-303; Ch. Moeller, Les bùchers et les auto-da-fé, in Rev. hist. ecclés., 14 (1913) P- 720-51; 15(1914) pp. 50-69; Pastor, II, p. 593 sgg.; R. Sabatini, Torjuemada et l’Inquisìtion espagnole, trad. francese dall’inglese, Parigi 1937 (opera insufficiente e a volte tendenziosa).

Guglielmo Mollat

Evidentemente I FACINOROSI MASSONIZZANTI, i comunistoidi mondialisti, i modernisti apostati – cattolici falsi ed ipocriti – non ricordano le inquisizioni degli ariani, dei musulmani, degi protestanti luterani, calvinisti, anglicani, dei regimi comunisti in tutto il mondo, – Europa Orientale, Messico, Cuba, Cina, Corea, Indocina – ove l’inquisizione non era regolata dai tribunali, ma da scimitarre, mannaie, roghi pubblici, gulag e fucilazioni, per non parlare dell’acqua tofana o dei bambini di Trento – Simonino -, Marostica – Lorenzino – etc. Si vede che la memoria è corta e superselettiva per coprire ben altri e veri crimini contro l’umanità!

[Nota di ExsurgatDeus]