LE BEATITUDINI EVANGELICHE (-6B-)

BEATITUDINI 6 (B)

[A. Portaluppi: Commento alle beatitudini; S.A.L.E.S. –ROMA, 1942, imprim. A. Traglia, VIII, Sept. MCMXLII]

Beati mundo corde: quoniam ipsi Deum videbunt.

[Beati i mondi di cuore perché vedranno Dio]

III

LA VIRTÙ BELLA

VIRTÙ CHE RISPLENDE

La purezza è la bella virtù. È definita così. Le altre meritano pure titoli ed elogi; questo di « bella » appartiene particolarmente alla purezza poiché fa bella la vita umana. I bimbi per questo sono tanto attraenti. Il candore d’una fanciulla la fa avvenente, anche se le linee del suo volto mancano d’armonia. Un giovine dagli occhi aperti e chiari, dalla fronte limpida, dal costume casto, i cui pensieri rispecchiano la purezza del cielo nostro, possiede un fascino vero. Anche la donna deve la sua bellezza soprattutto alla purità delle abitudini e del cuore; poiché sia pur bella la sua figura, senza purezza di mente e di cuore essa ha del banale, che si tradisce dagli occhi e dalle labbra. La sua parola non ha finezza e soprattutto sincerità. Se madre diventa insufficiente al suo compito, è trasandata, pigra, debole anche se volesse usare energia, amante dei suoi comodi e arida verso Dio. Chi è pieghevole ai piaceri della carne difetta necessariamente di pietà religiosa; la sua preghiera è scarsa e priva di calore, di fede, di amore del Signore. Lo spirito, insomma, rimane mortificato e oppresso. Slanci di carità familiare possono talvolta erompere dal senso materno, ma senza resistenza e attenuati dalla tendenza all’interesse personale, per la soggezione alle prepotenze del corpo. – L’uomo non è esente da pesi a questo riguardo. Se non ha il governo dei suoi istinti inferiori, difficilmente è fedele al giuramento dell’altare. Il coniugio è abusato e depressa la sua dignità, come la sua funzione. Cede alle voci laterali della mala abitudine; guarda volentieri fuori di casa; gusta le compagnie equivoche; fatica a rimanere lealmente aderente alla famiglia; e quando la tentazione attacca con violenza… tradisce. Occorre una tenacia rara di volontà; una fede religiosa chiara e consapevole; una decisione che porti al lavoro, alle occupazioni, alle opere di carità in cui l’animo venga interamente compreso, come da una morsa franca e benefica. L’uomo casto ama lealmente i suoi e si diletta della sola famiglia.

UN PO’ DI MUSICA

Vogliamo sentire un po’ di musica in lode della purezza? Ecco una pagina di sant’Efrem, il primo poeta della Vergine sbocciato sulla fiorita aiuola siriaca della Chiesa, al principio del quarto secolo. È dottore della Chiesa e uno dei Padri più autorevoli della Tradizione cristiana. Nel suo scritto Parænesis canta il suo inno alla purezza; « O purezza, cui sono in abbominio le delizie, il lusso, l’affettata leggiadria della persona, gli ornamenti superflui delle vesti! O purezza nemica ai banchetti e alle ebrietà! O purezza, freno degli occhi, che trai tutte le membra dalle tenebre alla luce! O purezza, che umili la carne e l’assoggetti e percorri celere gli spazi del ciclo! O purezza, madre dei soavi affetti e norma della vita angelica! O purezza, che hai mondo il cuore, dolci le labbra, lieta e luminosa la faccia! O purezza, che inebri il cuore di chi ti possiede e dai ali per volare! O purezza, che dai gioie spirituali e bandisci ogni vile tristezza! O purezza, che domi la forza delle passioni e educhi l’anima a libertà! O purezza, che scuoti l’accidia e insegni la pazienza! O purezza, peso lieve, che nelle acque tempestose non sei travolta! O purezza, prezioso possesso, che le fiere non devastano e il fuoco non brucia! O purezza, che alberghi nei cuori mansueti e umili, e che rendi gli uomini divini! O purezza, che simile a rosa fiorisci nel mezzo del corpo e dell’anima e riempi di profumo tutta la casa! O purezza, precorritrice e coabitatrice dello Spirito Santo! O purezza, che adempi le promesse di Dio e trovi grazia presso tutti gli uomini! ». – Questa canzone non ha nulla di monotono, nulla di comune e di piatto. Respira la spontaneità d’un’anima e d’una intelligenza evidentemente ricca e sensibile. Essa aveva incominciato con questa affermazione: « L a purezza, fratello mio, somiglia a una palma. La palma ha il legno bianco e attorno è munita di fibre e di aculei, che ne proteggono il candore. Certo un tesoro come quello non può essere conservato che dagli aculei della mortificazione cristiana. Mediante questa la virtù si rinvigorisce, si sviluppa secondo la linea ascendente, che le è propria; trovandosi protetta, essa svolge e dilata le sue capacità sulla nostra condotta e la rende più saldamente ancorata contro ogni insidia. – Nelle famiglie in cui la riservatezza è abitudine, l’aria è sana e i caratteri si aprono a confidenza reciproca e tutto diventa comune e lieto. Il Signore è presente e adorato sempre con la gioia filiale, scoppiante dai cuori casti. Le prove della esistenza sono portate da cuori alacri e vibranti.

DUE TIPI DI FAMIGLIE

Dice l’Allard narrando delle persecuzioni, che « la strana fantasia d’un giudice preferì condannare qualche donna » ad lenomen potius quam ad leonem confessando in tal modo, che per noi cristiani la perdita della castità è più crudele d’ogni supplizio e d’ogni morte » (Tertulliano, Apol c./50). È per altro vero, che nessuna violazione, subita contro volontà, intacca la virtù; ma il fatto ha il suo significato. Colui che si dichiara seguace di Cristo intende di voler essere padrone delle sue impulsività e dei suoi sensi. La purezza del costume è la sua aureola più ambita. Ma perché? Perché è fonte di vita rigogliosa. Essa infatti è la migliore preparazione alla vita e la riserva di molta energia. Quando poi i giovani s’apprestano a formare una loro propria famiglia puri da contaminazioni, s’uniscono col diadema del pudore sulla fronte spianata e il loro affetto è tutto profumato di freschezza e di candore. Sono questi i matrimoni sani, dove la legge di Dio avvalora la saldezza della parola e del costume. L’affetto dei giovani sposi è tenero, l’attaccamento gagliardo, la fedeltà senz’ombra. Gli occhi non si volgono al di fuori, perché i cuori sono soddisfatti. – Altra è la famiglia senza preparazione. Lì l’adulterio spirituale ha principiato il suo lavoro di devastazione prima del matrimonio; come pensare, che questo abbia alfine una sistemazione leale? Ed avviene, che o la moglie appassisce solitaria in casa mentre il marito è attratto dalle sue distrazioni, o ambedue lasciano il deserto di una simile abitazione, in cerca di altri nidi. La licenza della giovinezza si perpetua così a rovina. – Alimenta tutte le altre virtù, somministra energia per tutti gli sforzi di bene, mantiene elevato il senso del dovere, perché essa stessa è una vittoria del dovere amato. Sorveglianza dunque sui sensi, mortificazione degli occhi, del cuore, della volontà di diporto. Fa gustare la famiglia, innamora dei figli, fa sentire le consolazioni che vengono dalla loro armoniosa manifestazione di vita. I genitori cristiani non fremono per le seduzioni mondane. I loro limpidi cuori sono presi interamente dalle ineffabili gioie della casta dimora della famiglia. – La donna ripone tutta la sua ambizione nella riuscita spirituale dei figli; l’uomo si gloria dei sacrifici per essi compiuti e pregusta gli anni del raccolto, quando, vecchio, potrà gustare il frutto della sua saggia condotta.

IV

I PURI HANNO LA VISIONE DI DIO

LIMPIDEZZA DELL’OCCHIO

La purezza fa limpida la vita e rende facile la pratica delle virtù. Tutte quante esse hanno per condizione e base l’animo puro. Chi soffre una illecita catena al cuore è vincolato e servo e tutti i suoi gesti, come i pensieri risentono della schiavitù. Ma il cuore libero di levarsi a volo in qualunque circostanza della vita od ora del giorno, sa schivare l’avarizia, che non lo tocca; sa vincere l’ira, che non è eccitata; sa dominare l’ambizione che non ha alimento, essendo l’animo saziato dalla grazia intima di Dio. Non v’è passione, che più renda frenetico il cuore umano quanto una qualunque forma d’impurità. Due monaci, narra Piero Misciatelli (Storie e pensieri d’anacoreti) dedicatisi alla vita attiva, chiesero un giorno a un antico compagno, rimasto in solitudine, come avesse in tale condizione vissuto. Egli, dopo un istante rispose: Empite d’acqua un vaso… Guardate nel fondo… che cosa vedete? Nulla. — Poi, calmatasi alquanto l’acqua, tornò a chiedere: Ed ora, che vedete? — Vi scorgiamo i nostri volti — Ed egli aggiunse allora: — Così è l’uomo, che vive in mezzo agli uomini, il quale per il turbamento provocato dagli affari e dalle passioni mondane, non può vedere i suoi difetti; ma se vive nella pace e nel riposo del deserto, scorgerà chiaramente Dio. La purezza è appunto la solitudine dello spirito, ben lontano e appartato da ogni mondanità, e vivente tutto del Signore presente. L’essere illeso da tutto ciò che infetta l’animo fa l’occhio vivido, acuto, pronto e limpido per raggiungere in un certo senso la Divinità. Non è per mezzo delle creature, forse, che Dio ci si rivela? E proprio noi siamo la sua creatura più nobile e somigliante. Se noi sappiamo scorgere bene nel nostro spirito puro o purificato, siamo sulla via di vedere Lui stesso. Dio ha tanto piacere di mostrarsi all’uomo. Non furono gli uomini a pregarlo che non si mostrasse loro, per la paura di morire? Questo però accadde, perché essi erano consapevoli della loro colpa. Se al contrario l’uomo è mondo, allora Dio gli si rispecchia nell’animo e si rende come visibile.

VEDERE IMMEDIATO

Visibile soprattutto nelle sue verità, che non soffrono gli oscuramenti della mezza fede languida e crepuscolare. La divina Rivelazione, quando entra in un’anima casta, si trova nella atmosfera opportuna e capace di diffonderne irradiazioni e chiarità mirabili. L’anima che l’accoglie supplisce sovente la cultura religiosa che s’acquista per vie umane e ne penetra il midollo santo, talvolta meglio dei dottori e dei maestri. « Abscondisti hæc a sapientibus et prudentibus » (Lc., X, 21). Sfolgora la verità della Fede nell’anima e nella vita del santo; rinvigorisce quella stessa del savio. Nessuna esitazione, nessun dubbio, poiché v’è l’esperienza e la conquista nel sacrificio. Visibile si rende Iddio altresì nella sua legge morale, che nel cuor puro fruttifica come l’olivo sulle rive del torrente. Legge morale, che non trova opposizioni consistenti nell’animo del casto; ma piuttosto comprensione e secondamento fedele. Egli sente la norma di Dio come provvida e feconda e come segreto di energia e di vita. L’ama e la approfondisce con l’esperienza d’ogni momento. – Visibile è Dio anche nella sua Provvidenza, la quale nel cuore immacolato agisce così stupendamente. Egli la discerne presente nel groviglio delle umane vicende, nel contrasto degli interessi e delle avidità degli uomini, nelle sorti delle loro intraprese, ma anche nelle manifestazioni che toccano gli umili, i poveri, i piccoli. La sua giustizia non gli appare mai oscurata dagli avvenimenti; il suo occhio rileva la sapienza dei suoi interventi, come delle sue apparenti assenze e dei suoi silenzi. È in questi problemi e nei contrasti umani, che la divina azione viene più facilmente misconosciuta dagli uomini di poca vista; ma il casto è vigile e acuto indagatore della mano di Dio e del cuore paterno. Il più accorto commentatore della storia non raggiunge la limpidezza d’intuizione dell’anima pura. Vi sono anime nelle quali si può vedere, « come attraverso piccole fenditure, scrisse l’ammirabile Padre Surin, la luce dell’altra vita ». E ve n’ha di anime veramente preziose, la cui luce interiore ha la propria sorgente nel Verbo e le cui dolcezze vengono dall’unzione dello Spirito Santo. Gli uomini che le accostano e che vivono loro accanto ne avvertono il profumo e la bellezza come uno specchio rilucente e come in una calda temperie. – Accadeva a san Francesco di Sales, secondo la deposizione di san Vincenzo de’ Paoli, di rileggere le pagine in cui aveva trattato le sue dottrine di morale virilità (risalto dell’azione della grazia divina, occasione di sviluppo di introspezione, di cultura di sé), piangendo di commozione, riconoscendovi l’ispirazione divina. Dalla quale affermazione appare come Dio si riveli col suo insegnamento attraverso l’opere delle anime caste, e queste lo riconoscano descrivendone l’azione. Non è questo stato come una parentela con gli Angeli? Se ne compiono le funzioni a servizio di Dio; se ne coltiva la precipua virtù, con fedeltà e un profitto ammirabili; se ne espande la bellezza a piene mani; se ne documenta la generosità in modo tangibile. Dio scendeva a conversare con gli uomini prima della colpa; Dio si mostra ai cuori puri già fin da questa vita, nelle forme che questa nostra vita sopporta. Pensiamo all’effetto, che sui giovani può avere sempre ed ha sovente la parola incitante alla purezza, quando sia nutrita di esperienza e di vita. È l’età delle tentazioni, ma appunto anche degli entusiasmi e della volontà vigorosa ed eroica. Quanto più assale la tentazione e più lo spirito ancora sano reagisce e si ribella. Dentro è la voce squillante della natura e della grazia, che in accordo perfetto danno l’allarme e si offrono a sostenere la difesa. Lo spirito giovanile si volge meglio all’invito della battaglia che non al consiglio della vile inerzia. Se egli trova chi gli parli con opportunità lo seguirà decisamente. Né sarà un prodigio necessario, poiché il giovine ha dentro la chiamata alle cose grandi e si sente generalmente disposto a secondarla. Il Padre Lallement scrisse, che la via più breve e sicura per arrivare alla perfezione è l’impegno di conquistare la purità del cuore, piuttosto che l’esercizio delle virtù. Il «cor mundum crea in me, Deus», rimane la invocazione capitale dell’uomo a Dio. Su di essa poggia tutta la nostra speranza. Ma vi sta altresì la volontà di Dio. Non abbiamo che da secondarla e la visione di Dio, a cui tendiamo per la creazione e per la grazia, si compirà poi nell’altra vita. – Il Bremond dice, che dietro sant’Ignazio, dopo Cristo, il Padre Coton realizzava con una impressionante chiarezza gli attori e le scene del mondo invisibile, che gli erano presenti quanto quelle di questo mondo e che, in fondo, gli sembrava più vero. Questo è vivere come gli uomini prima della caduta. Ma è anche il sospiro verace dei nostri cuori. « Oh, diceva il Curato d’Ars, quanto piace a Dio un’anima pura e com’è cara al suo cuore! Come son felici coloro che hanno il cuore puro ed amano Dio! ».

V.

UNA MEDESIMA VIRTÙ IN DUE STATI

DUE PUREZZE

Bisogna avere idee precise circa la condizione della verginità e del coniugio; due stati onorati dalla religione e che recano con sé le divine benedizioni. In ambedue, benché in proporzioni diverse, si verifica la volontà di Dio nei riguardi della purezza e ne viene l’esempio più eccellente della compiutezza umana della nostra Fede. Sant’Agostino commentando la figura di Susanna (Serm., 343) esclama: « Si specchino le donne coniugate in Susanna, le vergini in Maria; serbino le une e le altre la castità, coniugale quelle, queste verginale. Poiché hanno entrambe merito presso Dio; che se la verginale è maggiore, minore la coniugale, pure ambedue sono grate a Dio. Tutti pervengono alla vita eterna, ma non tutti conquistano lo stesso onore, la stessa dignità, lo stesso merito. La vita eterna si può paragonare al cielo nel quale son tutte le stesse così come tutti i giusti si troveranno nel regno di Dio. La vita eterna sarà per tutti ugualmente. . Ma guardate il cielo, rammentate le parole dell’Apostolo: — Vi sono i corpi celesti e i corpi terrestri; altro lo splendore del sole, altro quel della luna o delle altre stelle; persino una stella differisce dall’altra nel grado di splendore. Così avverrà nella resurrezione dei corpi. (1 Cor., XV, 40-2). Pertanto, fratelli, ciascuno combatta nel secolo presente in modo che possa rallegrarsi nel futuro ». – È la scelta da farsi secondo le ispirazioni dall’alto. Lo Spirito Santo parla a ciascun cuore con parole adatte; e le circostanze esteriori della esistenza ordinano intime indicazioni così da seguire la strada segnata da Dio. Ma è commovente il travaglio, che si verifica nell’anima d’un giovane o di una ragazza, quando, avendo amato la virtù bella, debba decidersi per il matrimonio. C’è un esempio preclaro in Federico Ozanam, già professore alla Sorbona e nella piena efficienza del suo genio letterario.

CASTITÀ VIRILE

La sua immacolata giovinezza lo ha mantenuto assente da ogni particolare legame con l’altro sesso. Gli studi, le opere di bene furono l’occupazione esclusiva della sua vita. Un senso di estraneità verso la donna lo ha seguito negli anni di preparazione. « Dichiaro che in generale io non le capisco. La loro sensibilità è talvolta ammirabile, ma la loro intelligenza è d’una leggerezza e d’una inconseguenza disperante. Avete avuto mai ad osservare una conversazione più capricciosamente interrotta, meno seguita della loro? » E arriva persino a scrivere: « Siate sicuro, che l’uomo abdica molto della sua dignità, il giorno nel quale s’incatena al braccio d’una donna ». La sua esitazione davanti alla prospettiva del matrimonio è persino curiosa. « Avete mai visto, senza provare uno stringimento di cuore, il domani delle nozze?… Io non concepisco la gaiezza che s’incontra abitualmente nelle nozze ». La perpetuità dell’impegno gli si presenta come qualcosa di terrificante. Sentite come si prospetta in lui il coniugio; in lui, che viveva del lavoro intellettuale con una vera passione. Scrive ad un amico in procinto di passare a nozze. « Conservo la speranza, che mi riesce dolcissima, di vedervi riservare qualche momento ancora della vostra libertà, della vostra attività; di vedervi tardare un po’ prima di impegnarvi in nuovi doveri, che vi vincolerebbero ora del tutto e non vi lascerebbero agio né per imparare, né per fare. Senza dubbio è triste e vuota questa vostra esistenza solitaria d’ora; ma il lavoro la può colmare e la religione consolare. Dio e la scienza, la carità e lo studio non bastano forse ad incantare la vostra giovinezza? ». Ma in seguito si pone anche a lui con imponenza il problema. Il suo spirito un po’ scrupoloso lo fa esitare sempre. Ma dopo la morte di sua madre occorre che si risolva. « Sento in me un gran vuoto, che non vien colmato né dallo studio, né dall’amicizia; ignoro chi verrà a riempirlo: sarà Dio? Sarà una creatura? Ormai il sogno nasce e matura ». Prega di aver tempo per prepararsi degnamente a riceverla. Ed appare significante il senso d’opportunità e il carattere positivo delle sue esigenze. « Prego che porti con sé quanto sarà necessario di fascino esteriore affinché non lasci il posto a nessun rimpianto; ma prego soprattutto che essa venga con un’anima eccellente, che porti una grande virtù, che valga assai più di me, ch’essa mi attiri in alto, ch’essa non mi faccia discendere, ch’essa sia generosa giacché spesso io sono pusillanime, ch’ella sia fervente perché io son tiepido nelle cose di Dio, ch’essa sia atta a compatire in fine affinché io non abbia ad arrossire davanti a lei della mia inferiorità; ecco i miei sogni ».

AMICIZIA CONIUGALE

E incontra l’anima che sarà sua. Amelia Sulacroix ha colpito il professore della Sorbona con tutti i doni della sua natura e della sua indole. Ozanam ne è preso. Ne parla agli amici nei termini migliori e dice di pregare affinché l’opera si conchiuda. A Parigi ne tratta anche con Montalembert. « La vita di santa Elisabetta ci ha rivelato le caste gioie della pietà coniugale; l’amicizia del suo storico ci può aiutare a riprodurla ». Amelia è la felicità di Federico. Con essa fa il viaggio in Italia e si presenta a Pio IX, dal quale insieme ricevono la santa Comunione. Ma la sua letizia presto si appanna. Sua moglie si accinge a diventare la sua infermiera. E qui il valore morale di essa viene a rivelarsi per intero. Da lei gli vengono tutte le consolazioni. « Voi potete essere tranquilla, scrive alla suocera, circa le cure che mi vengono prodigate. Conoscete colei che Dio mi ha dato per angelo custode visibile: l’avete ben vista all’opera. Ma da quando il male s’è fatto più serio, non potete immaginare tutto quello che essa ha trovato nel suo cuore di risorse, non soltanto per sollevarmi lo spirito, ma per consolarmi; quale tenerezza ingegnosa, paziente, infaticabile, mi circonda ogni momento e previene i miei desideri… Tra la mia donna e la mia piccola io gusto una dolcezza estrema ». Abbiamo così abbozzato le due fasi della castità verginale e della coniugale in un modello ira i più attraenti. La verginità emana anche dall’uomo come un dono inestimabile di Dio; la vita coniugale accettata dapprima nella esitazione di uno spirito robusto e quasi sicuro di sé, ma poi desiderata come il compimento per la maggioranza necessario della stessa castità giovanile. E non difetta la spontaneità del sentimento né nella prima, né nella seconda fase. – Sant’Agostino continua la sua lezione. « Sei coniugato? Il tuo stato è inferiore; ma pur non disperare del Regno dei cieli. Sei obbligato all’osservanza dei precetti coniugali… Non poche tentazioni insidiano la vita coniugale. Non fu tentata Susanna nella sua pudicizia, benché avesse un marito? Forse hanno le donne coniugate il privilegio di non essere cimentate in questa materia? Vedete: Susanna era moglie d’altri… eppure fu tentata, ondeggiò nella tempesta. Vedo angustie da ogni parte. Temé la morte per le accuse dei testimoni ribaldi, ma più a ragione paventò la morte che viene da Dio, giudice infallibile… Insegnò alle maritate come resistere al tentatore, insegnò a combattere, insegnò a soffrire, insegnò a chiedere aiuto per vincere ». Sicché fu la visione di Dio, che salvò Susanna. – Ed è questa la visione, privilegio dei cuori mondi, che ci consolerà per tutta la vita e nell’eternità.

Cardinal H. E. Manning: LA CRISI ATTUALE DELLA SANTA SEDE (3)

LA CRISI ATTUALE DELLA SANTA SEDE (3)

[annunciata dalle profezie]

in 4 LETTURE.

LONDRA:

BURNS & LAMBERT, 17 & 18 PORTMAN STREET, e 63 PATERNOSTER ROW;

KNOWLES, NORFOLK ROAD, BAYSWATER.

MDCCCLXI.

LETTURA III

Prima di entrare nel nostro terzo argomento, richiamiamo alla mente i due punti che, spero, siano stati fissati per ciò che ho detto finora. Il primo è che vediamo la rivolta, o la caduta già verificata e manifestata nella separazione spirituale dalla Chiesa, e nell’opposizione alla sua Autorità divina e alla sua voce divina, come abbiamo appreso essere già iniziata dal giorno in cui l’Apostolo disse: « Il mistero dell’iniquità è già in atto », e San Giovanni dichiarò che: gli Anticristi erano già usciti nel mondo. L’altro punto che abbiamo visto è questo: che l’uomo del peccato, il figlio della perdizione – il malvagio – è una persona, con tutta probabilità, di razza ebraica; che deve essere un usurpatore del vero Messia, e quindi un Anticristo nel senso che si spaccerà per vero Cristo, operando falsi miracoli, e reclamando per sé l’adorazione divina. – Ora il terzo punto di cui devo parlare è l’ostacolo che ritarda la sua manifestazione. L’Apostolo dice: « Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. » – Dal momento che c’è un’azione perpetua di questo mistero di iniquità, c’è necessariamente un perpetuo ostacolo o una barriera alla sua piena manifestazione, che sarà in essere fino alla sua rimozione; e c’è un tempo stabilito in cui esso debba essere tolto di mezzo. San Paolo, in questo passaggio, usa due espressioni. Dice: l’ostacolo « che lo trattiene » e « chi lo trattiene ». Ne parla cioè come di una cosa e come di una persona: “τὸ κατέχον” (= to catekon) e “ὁ κατέχων” (= o catekon). A prima vista sembra che ci sia una certa versatilità, ossia che ciò che ostacoli la rivelazione dell’uomo del peccato possa essere una persona o anche un sistema; poiché in un punto si parla (col neutro) di un sistema, nell’altro caso si parla (al maschile) di una persona. Spero in quanto ho finora affermato, di aver già dato una soluzione a questa apparente difficoltà. Si ricorderà che ho tirato in gioco il parallelo tra i due misteri della pietà e dell’empietà con i loro rispettivi testi. Questo è in effetti l’argomento di Sant’Agostino, che ha tratteggiato i due misteri della pietà e dell’empietà, presenti dall’inizio del mondo, sotto le caratteristiche delle due città – cioè, lo Spirito di Dio e lo spirito di satana, che operano mediante una molteplicità di operazioni sia nei servitori eletti da Dio, sia nei nemici di Dio e del suo Regno. E come il mistero della pietà si riassume nella Persona e nell’incarnazione del Figlio di Dio, così il mistero dell’iniquità è riassunto nell’uomo del peccato, che sarà rivelato a suo tempo. Allo stesso modo anche ciò che ostacola o che frena, si trova ad esprimere sia un sistema che una persona, e la persona e il sistema già identificati allo stesso modo dagli esempi che ho già fornito. Prima di tutto, consideriamo in particolare quale sia il carattere di « questo malvagio », o anticristo, che verrà. La parola usata da San Paolo in questo luogo significa “il fuorilegge”, colui che è senza legge, che non è soggetto alla legge di Dio o dell’uomo, la cui unica legge è la sua volontà, a cui la licenza della propria volontà è la sola ed unica regola che conosce o a cui obbedisce. La parola greca è “ὁ ἂνομος” (=o anomos), che significa senza legge o licenzioso. Ora, nel libro del profeta Daniele, c’è una profezia, quasi identica nei termini, dove si predice che sorgerà nelle ultime ere del mondo un re che « … farà ciò che vuole e nessuno gli si potrà opporre », [o farà “a suo piacere”] (Dan. XI, 16) che si innalzerà sopra tutto ciò che è chiamato Dio, che « … proferirà insulti contro l’Altissimo ». (Dan. VII, 25). Questa è quasi parola per parola la profezia di San Paolo, che ci mostra così come san Paolo stesse letteralmente citando o parafrasando la profezia di Daniele. Ora, nella misura in cui questo malvagio sarà una persona senza legge, che introdurrà il disordine, la sedizione, il tumulto e la rivoluzione, sia nell’ordine temporale che spirituale del mondo, chi ne ostacola lo sviluppo, e sarà il suo diretto antagonista dopo la sua manifestazione, deve essere necessariamente il “principio dell’ordine”, la legge della sottomissione, l’Autorità della Verità e del diritto. Abbiamo quindi quello che potrei chiamare un’indicazione che ci permette di vedere dove questa persona, o “sistema” che si oppone, ostacoli, o trattenga la rivelazione dell’uomo del peccato fino a quando giungerà il tempo della sua manifestazione. Esaminiamo quindi le interpretazioni dei primi Padri su questo punto. Tertulliano credeva che fosse il Romano Impero (Tertull.: De Resurr. Carnis, c. 24). Il potente potere della Roma pagana, diffuso in tutto il mondo, fu il grande principio di ordine che mantenne in quel tempo la tranquillità della terra. Lattanzio, (Divin. Ist. VII, 25)  che scrisse più tardi, mantenne esattamente la stessa opinione, e credette che l’Impero Romano, che tranquillizzò e diede ordine e pace alle nazioni del mondo, in tal modo ostacolasse la rivelazione di questo “fuorilegge”: quest’uomo del peccato; ed entrambi – Tertulliano e Lattanzio – ingiungevano ai Cristiani del loro tempo il dovere di pregare per la preservazione dell’impero pagano di Roma, perché essi credevano che fosse la barriera materiale contro l’irruzione della grande inondazione del male che verrebbe sul mondo alla distruzione di Roma. Insegnava questo anche San Giovanni Crisostomo con altri (Malvenda, lib. II, c. 3). Un’altra interpretazione, che è stata data da Teodoreto, uno scrittore greco, afferma che è la grazia dello Spirito Santo, o il potere divino, che limita la manifestazione o la rivelazione dell’uomo del peccato. Ancora, altri scrittori dicono che questi è il potere apostolico, o la presenza degli Apostoli; poiché, come sappiamo da questa epistola ai Tessalonicesi, i Cristiani si aspettavano una rapida rivelazione della venuta del nostro Signore nel giudizio, e quindi pure una manifestazione altrettanto rapida dell’uomo del peccato (Theodor. In 2 Ep. ad Tess. II, 6); e credevano pertanto che la presenza degli Apostoli sulla terra, con la loro testimonianza e con i loro miracoli, ostacolasse la piena manifestazione del principio di incredulità e di ribellione spirituale. Ora queste tre interpretazioni sono tutte parzialmente vere, e tutte sono in perfetta armonia l’una con l’altra; e scopriremo che, prese nell’insieme, ci presentano una spiegazione completa ed adeguata; ma questi scrittori, scrivendo in tal modo ed in diversi periodi della Chiesa, non sono stati in grado di comprendere a pieno la profezia, perché gli eventi del mondo andavano continuamente e progressivamente interpretati e rispiegati, di età in età, onde comprendere il significato di queste predizioni.

1. Innanzitutto, quindi, il potere dell’impero pagano di Roma era indubbiamente la grande barriera contro lo scoppio dello spirito del disordine senza legge; poiché, come sappiamo, questo era il principio di unità con cui le nazioni del mondo erano tenute insieme. L’impero organizzò i popoli e li unì sotto l’autorità di una sola legislatura, di un potente esecutivo e di una grande sovranità, con una giurisdizione proveniente da una sola fonte, amministrata nei tribunali di tutto il mondo. La pace delle nazioni è stata mantenuta dalla presenza di eserciti permanenti; le legioni di Roma occupavano praticamente tutto il territorio mondiale conosciuto. Le strade militari che provenivano da Roma attraversavano tutta la terra; il mondo intero era come se fosse tenuto in pace e in tranquillità dalla presenza universale di questo possente impero pagano. Era « … estremamente terribile » secondo le profezie di Daniele (Dan. VII, 19); era come di ferro, picchiava e soggiogava le nazioni, tenendole sottomesse e quindi, come con una verga di ferro, dava pace al mondo. Non c’è dubbio che fintanto che l’Impero Romano continuò nella sua forza, fu impossibile per il principio di rivoluzione e di disordine conquistare la testa, e quindi questi primi scrittori cristiani erano perfettamente corretti nell’interpretare che l’impedimento di questo spirito di illegalità fosse lo spirito dell’ordine, del governo, dell’autorità e di una giustizia di ferro che governava le nazioni del mondo.

2. In secondo luogo, questo impedimento non era l’Impero Romano, o solo Roma, ma il regno di Dio che era sceso su tutta la terra, e dal giorno di Pentecoste si diffondeva in tutto il territorio del romano Impero, con un’autorità superiore all’autorità della stessa Roma. San Leone M. offre le basi di questa interpretazione. Egli dice: « … che l’effetto di questa ineffabile grazia, diffuso in tutto il mondo, ha preparato l’impero di Roma, la cui espansione è stata estesa fino ai limiti che confinano le famiglie di tutte le nazioni. Perché questa era in realtà una preparazione adeguata all’opera divinamente disposta, per cui molti regni dovessero essere confederati in un solo impero, così che la predicazione universale del Vangelo dovesse penetrare rapidamente attraverso quelle nazioni che il governo di una città sola teneva nell’unità (S. Leone M. Serm. LXXXII, t. 1, p. 322). San Tommaso – appoggiandosi a questo passaggio – dice che l’impero romano non è cessato, ma è cambiato passando dal temporale allo spirituale, « commutatum de temporali in spiritale » (in 2 Ep. ad Tess. in locum). Dominicus Soto è della stessa opinione (In lib. Lv. Sent. Distinc. XLVI, 1). Fu quindi la Chiesa apostolica che, diffondendosi in tutte le nazioni, già unite insieme dal potere dell’impero pagano di Roma, le vivificò con una nuova vita, le penetrò con un nuovo principio di ordine, con un nuovo spirito di unità, e consacrando e trasfigurando l’unità delle forze materiali con cui erano tenuti insieme, diede loro una sola mente, un’intelligenza, una legge, una volontà, un cuore, con la fede che ha illuminato l’intelligenza di tutte le nazioni nel conoscere Dio, mediante la carità che li univa nell’unità di un’unica famiglia, mediante l’unica fonte di Giurisdizione che scaturiva dal nostro divin Signore e, attraverso i suoi Apostoli, governava tutta la terra. C’era così un’unica legislatura spirituale esercitata dagli Apostoli e dai loro successori. C’erano tribunali poi che sedevano accanto ai tribunali di Roma. Ai lati dei tribunali di ferro, furono eretti i tribunali della divina misericordia. Questo nuovo principio di ordine, di autorità, di sottomissione e di pace, entrato in questo mondo, possedeva in se stesso – potremmo dire – il potere materiale del vecchio Impero Romano e lo riempiva di una nuova vita discesa dal cielo: … era il sale della terra. Questo nuovo potere ha prolungato la sua esistenza fino a un certo periodo, così come era previsto nella predestinazione di Dio. È quindi perfettamente vero che questo ostacolo significasse anche lo Spirito Santo; poiché la Chiesa di Dio è la presenza dello Spirito Santo, incorporato e manifestato al mondo nel corpo visibile di coloro che sono battezzati nell’unità della Chiesa di Gesù Cristo.

3. Ma in terzo luogo, significa qualcosa di più. Per queste due grandi potenze, la spirituale e la temporale, il potere temporale nel vecchio impero pagano di Roma e il potere spirituale nel nuovo regno sovrannaturale di Dio si sovrappongono, essendo entrambe estese nella loro globalità in tutto il mondo; ma ancora una volta si incontravano nel loro centro, che si trovava sempre nella città di Roma. Là rimasero in piedi, dapprima faccia a faccia e tra loro in conflitto, poi fianco a fianco, nella pace. Là questi due possenti poteri – l’uno terrestre, e l’altro celeste, l’uno scaturito dalla volontà dell’uomo, e l’altro dalla volontà di Dio – si incontrarono insieme come nella competizione dell’arena, e per trecento anni l’Impero di Roma martirizzò i Pontefici della Chiesa di Dio. Per trecento anni l’Impero Romano si sforzò di estinguere questo nuovo e strano intruso, arrivato con una giurisdizione superiore e con un circuito più ampio. L’Impero di sforzò di distruggerlo, di spegnerlo nel proprio sangue; e per trecento anni lottò invano; perché più la Chiesa veniva martirizzata, più il seme dei martiri la rendeva numerosa. La Chiesa si espanse e crebbe in vigore, in forza e in potenza, in proporzione a come l’Impero pagano di Roma si sforzava di estinguerla e distruggerla. E questo potente conflitto tra le due sovranità si concluse definitivamente nella conversione dell’impero al Cristianesimo e, quindi, nell’incoronazione della Chiesa di Dio in una supremazia sui poteri del mondo intero. Allora la destra aveva il potere e la supremazia mediante la forza, mentre l’autorità divina prevaleva sull’autorità dell’uomo; pertanto questi due poteri furono mescolati e fusi insieme: divennero un’unica grande autorità, l’Imperatore che governava dal suo trono all’interno della sfera della sua giurisdizione terrena, e l’autorità del Sommo Pontefice, parimenti da un trono, godeva di una sovranità superiore sulle nazioni del mondo, finché Dio, nella Sua provvidenza, rimosse l’impero da Roma e lo piantò sulle rive del Bosforo. Partì per l’Oriente e lasciò Roma senza un sovrano: Roma da allora non ha mai avuto, dimorante tra le sue mura, un sovrano temporale alla presenza del Sommo Pontefice; e quella sovranità temporale si riversò per una legge provvidenziale sulla persona del Vicario di Gesù Cristo. È vero, infatti, che nei tre secoli intercorsi tra la conversione di Costantino e il periodo di San Gregorio Magno, ci furono tre secoli di turbolenze e disordini, di invasioni e di guerre, da cui l’Italia e Roma furono afflitte, ma il potere temporale del Sommo Pontefice era solo all’inizio; verso il settimo secolo era però fermamente stabilito, e ciò che la Divina Provvidenza aveva preparato sin dall’inizio, ricevette la sua piena manifestazione; e non appena il potere materiale fu stabilito a Roma, fu consacrato e santificato dall’investitura del Vicario di Gesù Cristo, con sovranità temporale sulla città in cui dimorava, ed iniziò a creare in tutta Europa l’ordine della Civiltà cristiana, degli Imperi Cristiani, delle Monarchie Cristiane che, confederate insieme, hanno mantenuto la pace e l’ordine del mondo da quell’ora fino ad oggi. Ciò che chiamiamo Cristianità, cioè la grande famiglia delle cristiane Nazioni, delle razze cristiane organizzate e legate insieme ai loro prìncipi e alle loro legislature dal diritto internazionale, dai contratti reciproci, dai trattati, dalla diplomazia e simili, che li uniscono in un unico corpo compatto, non è stata una sicurezza del mondo contro il disordine, la turbolenza e l’illegalità? Ed infatti, per questi milleduecento anni la pace, la perpetuità e la fecondità della civiltà cristiana dell’Europa, è dovuta unicamente al suo principio della consacrazione della potenza e dell’autorità del grande Impero di Roma, ripresa dal vecchio, perpetuata, conservata, come detto, dal sale che era stato sparso dal cielo e continuato nella persona del Sommo Pontefice e in quell’ordine di civiltà cristiana di cui egli è stato il creatore. Siamo ora giunti quasi alla soluzione di ciò che ho affermato all’inizio, vale a dire, che il potere che impedisce la rivelazione di colui che è « il senza legge », non è solo una persona ma anche un sistema, non solo un sistema ma pure una persona. In una parola, nella Cristianità e nella sua testa, cioè, nella persona del Vicario di Gesù Cristo, per quella duplice autorità con la quale, per Divina Provvidenza, è stato investito, possiamo vedere l’antagonista diretto al principio del disordine. La persona “fuorilegge”, colui che non conosce la legge, né umana né  divina, e che non obbedisce a nessuno se non alla propria volontà, non ha antagonista sulla terra più diretto del Vicario di Gesù Cristo, che porta allo stesso tempo il carattere di regalità e di sacerdozio e che rappresenta i due princîpi di ordine nella condizione temporale e spirituale: il principio di monarchia, o se volete, del governo, e il principio dell’Autorità Apostolica. Troviamo, quindi, tutte e tre le interpretazioni che ho tratto dai Santi Padri letteralmente così verificate. Nel lento corso del tempo, quando l’opera degli Apostoli è maturata ed evoluta, è sorta quella che chiamiamo la Cristianità, adempiendo alla lettera alle predizioni, e manifestando ciò che l’Apostolo stesso prediceva essere l’ostacolo allo sviluppo di questo principio di illegalità, e alla rivelazione della persona che dovrebbe esserne il capo. Che cosa, allora, è ciò che in questo momento trattiene e riesce a controllare la manifestazione di questo potere anticristiano e la persona che lo eserciterà? È il resto della società cristiana che esiste ancora nel mondo. Possono infatti esserci solo due società: l’una naturale, l’altra sovrannaturale. La società naturale è quell’ordine politico che proviene dalla volontà dell’uomo, senza relazione con la Rivelazione, o l’Incarnazione di Dio. La società soprannaturale è la Chiesa, comprendente quelle nazioni che ancora sono penetrate dallo spirito di fede e dell’unità cattolica, veramente fedele ai princîpi su cui la Cristianità è stata costituita per la prima volta. Fin dalla fondazione dell’Europa Cristiana, l’ordine politico del mondo si è basato sull’Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo; per quale motivo tutti gli atti pubblici delle autorità, e finanche il calendario con il quale datiamo i nostri giorni, è calcolato dall’anno di salvezza, o da « l’anno del nostro Signore »? Qual è il significato di questa frase, se non questo, che cioè lo stato e l’ordine in cui viviamo si basa sull’Incarnazione; che il Cristianesimo è il nostro fondamento; che riconosciamo le leggi rivelate di Dio consegnate al Figlio suo incarnato, e dal Figlio incarnato agli Apostoli, e dagli Apostoli al mondo, come i primi princîpi di tutta la legislazione cristiana e di tutta la società cristiana? Ora questa società basata sull’Incarnazione è la condizione nella quale abbiamo vissuto fino ad ora. Credo però che ce ne stiamo allontanando, ci stiamo allontanando da tutto il mondo civilizzato. In Inghilterra, la Religione è bandita dalla politica. In molti Paesi, come la Francia, e ora pure in Austria, è dichiarato con atto pubblico che lo Stato non ha alcuna religione, che tutte le sette sono ugualmente partecipi della vita politica e del potere politico della nazione. Non voglio qui discutere di questo – non fraintendetemi – lo dichiaro come un dato oramai di fatto. Ora una grande parte di ogni Nazione, compresa una gran parte della Francia e dell’Austria, è composta da quella razza che nega la venuta di Dio nella carne, cioè da coloro che negano l’Incarnazione. Non sto ora discutendo contro la loro ammissione ai privilegi politici; al contrario, direi che, se non ci fosse nessun altro ordine se non l’ordine naturale, sarebbe un’ingiustizia politica escludere una qualsiasi razza, come quella di Israele, da una partecipazione ad uguali privilegi; ma sostengo ugualmente che nel giorno in cui si ammettono coloro che rinnegano l’Incarnazione per un’uguaglianza di privilegi, si rimuove dalla vita e dall’ordine sociale in cui si vive, l’Incarnazione, ponendo alla sua base la mera natura: e questo è precisamente ciò che si è verificato nel periodo anticristiano. – Abbiamo già visto che il terzo e speciale segno dell’Anticristo è la negazione dell’Incarnazione; e se le Nazioni del mondo sono state costituite dalla fede, sulla base dell’Incarnazione, l’atto nazionale che ammette coloro che lo negano per una unità sociale e politica, costituisce in realtà una rimozione nell’ordine della vita sociale del soprannaturale riducendolo all’ordine naturale: e questo è ciò che vediamo realizzare. Ancora una volta – io dico – non sto discutendo contro tutto questo; ma vedo in tutti questi fatti semplicemente la realizzazione della profezia. Non sto dicendo che la costituzione politica o lo stato di un Paese dovrebbero essere mantenuti a tutti i costi nelle condizioni in cui siano rese moralmente impossibili o difficili per il popolo. Se è diventato impossibile mantenere questo ordine cristiano su un popolo separato dallo scisma o infettato dall’eresia, o che è mescolato con coloro che negano l’incarnazione di Dio, tutto ciò che posso dire è questo: siamo ridotti allo stato miserabile dell’abbandono della vera società cristiana. Questa è la terribile responsabilità che ricade sui governi del mondo quando si allontanano dall’unità e dai princìpi della Chiesa di Gesù Cristo. Se un tale stato non può essere mantenuto senza forza, deve essere abbandonato. « Ecclesia abhorret a sanguine ». Non è lo spirito della Chiesa il far rispettare condizioni politiche con leggi sanguinarie, o costringere gli uomini riluttanti con l’intervento di un potere fisico. Tanto grande è la miseria per un popolo che ha perso la fede nell’Incarnazione, quando è necessario abbandonare l’ordine cristiano istituito dalla provvidenza di Dio! Ma tale è lo stato del mondo, e verso questo stiamo avanzando rapidamente. – Ci viene detto che l’Etna ha centosessanta crateri. Oltre alle due grandi bocche che, unite tra loro, formano l’immenso cratere, così comunemente chiamato, su tutti i suoi lati è perforato ed ha a nido d’ape dei canali e delle bocche, dalle quali nei secoli scorsi la lava è fuoriuscita di tanto in tanto. Non posso trovare una migliore illustrazione dello stato della Cristianità in questo momento. La Chiesa di Dio poggia sulle basi della società naturale, sui fondamenti del vecchio Impero Romano, sulla civiltà delle nazioni pagane del mondo, che per un tempo è stato consacrato, consolidato, preservato, elevato, santificato, trasformato, con l’azione della fede e della grazia. La Chiesa di Dio riposa ancora su quella base; ma al di sotto della Chiesa opera continuamente il “mistero dell’iniquità” come era già al tempo degli Apostoli, che in questo momento di ascesa culmina con la sua forza e la conquista. Che cosa fu, chiedo, la rivoluzione francese del 1789, con tutto il suo spargimento di sangue, le sue bestemmie, l’empietà e la sua crudeltà, in tutta la sua mascherata di orrore e di scherno, – che fu solo un’epidemia dello spirito anticristiano – se non la lava proveniente dalle viscere della montagna? E cosa sono stati i moti nel 1830 e nel 1848, se non proprio lo stesso principio dell’Anticristo che operava al di sotto della società cristiana, spingendo all’esterno la sua ascesa? Nell’anno 1848 questo principio aprì simultaneamente le sue numerose bocche a Berlino, a Vienna, a Torino, a Firenze, a Napoli, e a Roma stessa. A Londra si sollevò e lottò; ma il suo tempo non era giunto ancora. Cos’è tutto questo, se non lo spirito di illegalità che si innalza contro Dio e l’uomo, i princîpi dello scisma, dell’eresia e dell’infedeltà che si fondono in un unico magma che si riversa ovunque possa aprirsi strada, trovando un cratere per il suo flusso ove nella società cristiana si crei uno spiraglio di debolezza? E come questo è andato avanti per secoli, così continuerà fino al momento in cui « … ciò lo che trattiene sarà tolto di mezzo ». Abbiamo già visto che cosa stia ostacolando l’ascesa di questo principio di disordine. Ora, visibilmente, questo ostacolo o barriera si indebolisce ogni giorno. Si sta indebolendo intellettualmente. Le convinzioni intellettuali degli uomini stanno diventando sempre più labili; la Civiltà cristiana e cattolica sta cedendo dinanzi alla civiltà materiale naturale, che trova la sua perfezione suprema nella mera prosperità materiale; ammettere nella sua sfera persone di ogni casta, o di qualsiasi fede, basandosi sul principio che la politica non abbia nulla a che fare con il mondo spirituale, che il governo delle nazioni sia semplicemente costituito per il loro benessere temporale, per la protezione delle persone e della proprietà, per lo sviluppo dell’industria e per il progresso della scienza: questo equivale a dire che c’è spazio solo per lo stabilirsi dell’ordine naturale. Questa è la teoria della civiltà che sta diventando predominante ogni giorno. Anche la pietà cattolica sta diventando sempre più scarsa e, fino a un certo punto, che vi sono ancora Nazioni chiamate cattoliche in cui esigua è la proporzione e difficilmente calcolabile la massa di coloro che frequentano i Santi Sacramenti, secondo quanto il nostro Divin Signore ha detto: « per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. » (Matth. XXIV, 12). Ancora una volta, è sempre più debole la società cristiana, cioè il vero spirito cristiano e il principio della società cristiana. Il defunto M. de Tocqueville, che, per quanto possa percepire, non aveva alcuna intenzione di verificare o stabilire quello che sto dicendo, scrivendo sulla democrazia in America, sottolinea il fatto che la tendenza di ogni governo nel mondo e di ogni nazione nel mondo è la democrazia; vale a dire, la diminuzione e l’esaurimento dei poteri di governo e lo sviluppo del prevalere della volontà popolare, in modo da risolvere tutta la legge nella volontà della maggioranza. Egli sottolinea che in Francia, nel giro di mezzo secolo, una doppia rivoluzione ha portato la società in avanti verso la democrazia, e gli stessi fenomeni si vedono in tutto il mondo cristiano. « In ogni dove – dice – abbiamo visto gli eventi della vita delle Nazioni volgere verso il progresso della democrazia; tutti gli uomini lo hanno aiutato a portare in avanti con i loro sforzi: sia coloro che hanno progettato con attenzione i suoi successi e sia quelli che non hanno mai pensato di servirlo; coloro che hanno combattuto per questo, e coloro che sono i suoi nemici dichiarati: tutti sono stati portati a precipitare sullo stesso sentiero, e tutti hanno lavorato insieme; l’uno a discapito di se stessi, gli altri ignari, come strumenti ciechi nelle mani di Dio. … Questo intero libro è stato scritto sotto l’impressione di una sorta di paura religiosa prodotta nella mente dell’autore nel vedere questa irresistibile rivoluzione, che per tanti secoli ha abbattuto tutti gli ostacoli, e che vediamo ancora in questi giorni procedere con tutte le rovine che ha prodotto. (Alexis de Toquenville: De la Démocratie en Amérique, vol. I, introductions. Pag. 8, 9) È curioso porre a lato di queste considerazioni, le parole di S. Ippolito, scritte nel terzo secolo d. C., che affermano che alla fine del mondo l’Impero Romano passa “εἰς δημοκρατίας (=eis democratias) « nella democrazia » (De Antichristo, XXVII). Ancora, un altro scrittore, uno spagnolo di grande intelligenza e anche di grande fede, che recentemente è morto ambasciatore a Parigi, Donoso Cortez, descrivendo lo stato della società, diceva che la società cristiana è condannata, che dovrà seguire il suo corso ed estinguersi; poiché i princîpi che sono ora in ascesa sono essenzialmente anticristiani. Egli ha descritto ciò che è più evidente nella storia delle Nazioni in questo momento, cioè, che c’è un indebolimento del principio dell’ordine ecclesiastico ovunque, e che dovunque il potere della Chiesa sulla Nazione è indebolito, il potere temporale si è sviluppato in misura maggiore; in modo che nulla è più certo di quel dispotismo temporale che prevale specialmente in quei Paesi dove il potere della Chiesa è decaduto, e che l’unica sicurezza per la libertà tra le razze dell’umanità è da trovare nella libertà della Chiesa e nella sua libera azione sul governo del potere civile. Egli dice: « Rinunciando all’impero della fede considerato morto, e proclamando l’indipendenza della ragione e della volontà dell’uomo, la società ha reso assoluto, universale e necessario il male che era solo relativo, eccezionale e contingente. Questo periodo di rapida regressione è iniziato in Europa con il restauro del paganesimo: filosofico, religioso e politico. – In questo giorno il mondo è alla vigilia dell’ultimo dei suoi restauri – la restaurazione del paganesimo socialista » (Lettre a M. de Montalembert, 4 giugno 1849 – Opere, vol. 1 p. 354). Di nuovo egli scrive: « La società europea sta morendo. Le estremità sono fredde: il cuore lo sarà presto. E sai perché sta morendo? Sta morendo perché è stata avvelenata; Dio lo ha permesso per essere nutrito con la sostanza della Verità Cattolica, e i medici empirici hanno dato come cibo invece, la sostanza del razionalismo. Essa sta morendo perché, come l’uomo non vive solo di pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio, … così le società non periscono solo con la spada, ma con ogni parola che esce dalla bocca dei loro filosofi. Sta morendo perché l’errore la sta uccidendo e perché la società è ora fondata sugli errori. Sappi, allora, che tutto ciò che si ritiene incontrovertibile è falso! La forza vitale della Verità è così grande, che se tu fossi posseduto da una sola verità, una sola, questa verità potrebbe salvarti. Ma la tua caduta è così profonda, il tuo declino è così radicale, la tua cecità così completa, la tua nudità così assoluta, che tu non hai questo trofeo. Per questo motivo la catastrofe che deve venire sarà nella storia la prima di tutte le catastrofi. Gli individui possono ancora salvarsi, perché gli individui possono sempre essere salvati; ma la società è perduta, non perché è ancora in una radicale impossibilità di essere salvata, ma perché non ha la volontà di salvarsi. – Non c’è salvezza per la società, perché non rendiamo i nostri figli Cristiani, e perché non siamo veri Cristiani neppure noi stessi. Non c’è salvezza per la società, perché lo spirito Cattolico, l’unico spirito di vita, non muove il tutto; non muove l’educazione, il governo, le istituzioni, le leggi e la morale. Io vedo che solo un’impresa da giganti potrebbe cambiare il corso delle cose nello stato in cui sono. Non c’è potere sulla terra che da solo, potrebbe raggiungere questo scopo, e difficilmente tutti i poteri che agiscono insieme potrebbero raggiungere il loro obiettivo. Vi lascio giudicare se tale cooperazione sia possibile, e fino a qual punto, e, ammettendo anche questa possibilità, la salvezza della società non potrebbe essere in ogni modo che un vero miracolo. » (Polémique avec divers Journaux de Madrid, vol. 1, p. 574, 576).

   L’ultimo punto, infine, sul quale devo soffermarmi è questo: « … che l’empietà esisterà finché non sarà tolto di mezzo la barriera, o l’ostacolo. » Ora, qual è il significato delle parole, « … fino a quando non sarà tolto di mezzo »? Chi deve toglierlo di mezzo? Deve essere tolto di mezzo dalla volontà dell’uomo? Deve essere tolto di mezzo dalla semplice casualità degli eventi? Sicuramente questo non è il vero significato. Se la barriera che ha ostacolato lo sviluppo del principio del disordine anticristiano è stata figurata dal potere divino di Gesù Cristo nostro Signore, passato poi nella Chiesa guidata dal suo Vicario, nessuna mano è abbastanza potente, e nessuna volontà è abbastanza sovrana da toglierla di mezzo, ma solo la mano e la volontà del Figlio incarnato di Dio stesso. E, quindi, le interpretazioni dei Santi Padri, con cui ho iniziato, sono pienamente e letteralmente esatte. Se il potere divino, dapprima manifestato nella Provvidenza, e poi nella Sua Chiesa, ed entrambi infine fusi insieme, continuerà ad operare fino a quando giungerà il tempo previsto e preordinato per rimuovere la barriera, sarà solo per lasciare apparire una nuova manifestazione della Sua saggezza sulla terra, cosa della quale dovrò parlare in seguito. Ora abbiamo un’evidente un’analogia per meglio comprendere questo. La storia della Chiesa e la storia di nostro Signore sulla terra, corrono tra esse come in parallelo. Per trentatré anni il Figlio di Dio incarnato visse nel mondo, e nessuno ha  potuto mai impadronirsene, nessuno poteva catturarlo, perché « … la sua ora non era ancora giunta ». C’era infatti un’ora preordinata nella quale il Figlio di Dio avrebbe dovuto essere consegnato nelle mani dei peccatori. Lo aveva preannunziato, lo aveva predetto, lo stringeva nelle sue mani, perché la sua Persona era circondata da un’aura della sua stessa potenza divina. Nessun uomo poteva infrangere quell’alone di onnipotenza fino all’ora in cui, per sua volontà, Egli stesso ha aperto la strada ai poteri del male. Per questa ragione Egli disse nel giardino: « … ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre » (S. Luc. XXII, 53). Per questa ragione, prima che Egli si desse da sé nelle mani dei peccatori, esercitò ancora una volta la maestà del suo potere: quando vennero per prenderlo, si alzò e disse: « … sono io!  » (S. Joan. XVIII, 5). E « … appena disse “Sono io”, indietreggiarono e caddero a terra. » (ivi, v. 6). Solo dopo aver rivendicato la Sua divina maestà, Egli si è consegnato nelle mani dei peccatori, e lo stesso ha detto quando è stato condotto davanti a Pilato, « … Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto » (S. Joan. XIX, 11). Era questa la volontà di Dio: era per concessione del Padre che Pilato aveva potere sul Figlio suo incarnato. Di nuovo, disse: « Pensi forse che Io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di Angeli? Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire? »  (S. Matth. XXVI, 53, 54). Allo stesso modo avverrà con la Sua Chiesa. Fino a quando non giungerà l’ora, cioè fino a quando la barriera dovrà, per volontà divina, essere tolta di mezzo, nessuno ha il potere di posare una mano su di essa. Le porte dell’inferno possono combattere contro di essa; possono combattere e lottare come lottano ora, contro il Vicario di Nostro Signore; ma nessuno ha il potere di smuoverlo di un passo, finché non verrà l’ora in cui il Figlio di Dio permetterà, per un certo periodo, che il potere del male prevalga. Che lo consentirà ad un certo tempo è scritto nel libro della profezia. Quando l’ostacolo sarà tolto, l’uomo del peccato sarà rivelato; poi verrà la persecuzione di tre anni e mezzo, breve, ma terribile, durante la quale la Chiesa di Dio ritornerà nel suo stato di sofferenza, come nel principio; e l’imperitura Chiesa di Dio, con la sua vita inestinguibile derivata dal costato trafitto di Gesù, che per trecento anni era vissuta nel sangue, passerà immobile attraverso i fuochi dei tempi dell’Anticristo. – Queste cose si stanno adempiendo velocemente, ed è bene per noi tenerle sotto i nostri occhi: perché i prodromi sono già evidenti all’estero: la debolezza del Santo Padre, l’annientamento dei suoi eserciti, l’invasione dei suoi Stati, il tradimento di quelli che sono più vicini a lui, la tirannia di quelli che sono i suoi figli; la gioia, l’esultanza, il giubilo dei Paesi protestanti e dei governi protestanti; o perché sono di cuore pavido e non hanno il coraggio di controbattere la menzogna popolare con una verità impopolare. Lo spirito dell’Inghilterra protestante – l’illegalità, il suo orgoglio, il suo disprezzo e la sua ostilità verso la Chiesa di Dio – ha fatto sì che anche i Cattolici siano diventati di cuore freddo, anche quando il Vicario di Gesù Cristo viene insultato. Abbiamo bisogno, quindi, di stare in guardia. Succederà ancora una volta per alcuni, quello che avvenne quando il Figlio di Dio viveva la sua passione: Lo videro tradito, legato, portato via, schiaffeggiato, con gli occhi bendati e flagellato; lo hanno visto portare la sua croce sul Calvario, poi inchiodato su di essa, e sollevato fino al disprezzo del mondo; e dissero: « … Se lui è il re di Israele, ora scenda dalla croce, e ci crederemo. » (S. Matteo, XXVIII, 42). Così nello stesso modo dicono ora: « Vedi questa Chiesa Cattolica, questa Chiesa di Dio, debole e misera, respinta anche dalle stesse Nazioni chiamate cattoliche. C’è la Francia cattolica, la Germania cattolica, la Sicilia cattolica e l’Italia cattolica, che hanno rinunciato a questa pretesa invenzione del potere temporale del Vicario di Gesù Cristo. « E così, proprio perché la Chiesa sembra debole, e il Vicario del Figlio di Dio sta rinnovando la passione del suo Maestro sulla terra, noi ne siamo scandalizzati, e perciò volgiamo lungi da Lui il nostro volto. Dove, dunque, è la nostra fede? Ma il Figlio di Dio ha preannunciato queste cose quando ha detto: « .. Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate ».  (S. Joan. XIV, 29)

SALMI BIBLICI “DILIGAM TE, DOMINE” (XVII)

Salmo 17: Diligam te, Domine…

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

In finem. Puero Domini David, qui locutus est Domino verba cantici hujus, in die qua eripuit eum Dominus de manu omnium inimicorum ejus, et de manu Saul, et dixit:

[1] Diligam te, Domine,

fortitudo mea.

[2] Dominus firmamentum meum, et refugium meum, et liberator meus.

[3] Deus meus adjutor meus, et sperabo in eum; protector meus, et cornu salutis meae, et susceptor meus.

[4] Laudans invocabo Dominum, et ab inimicis meis salvus ero.

[5] Circumdederunt me dolores mortis, et torrentes iniquitatis conturbaverunt me.

[6] Dolores inferni circumdederunt me, praeoccupaverunt me laquei mortis.

[7] In tribulatione mea invocavi Dominum, et ad Deum meum clamavi:

[8] et exaudivit de templo sancto suo vocem meam; et clamor meus in conspectu ejus introivit in aures ejus.

[9] Commota est, et contremuit terra, fundamenta montium conturbata sunt, et commota sunt, quoniam iratus est eis.

[10] Ascendit fumus in ira ejus, et ignis a facie ejus exarsit; carbones succensi sunt ab eo. (1)

[11] Inclinavit cælos, et descendit; et caligo sub pedibus ejus.

[12] Et ascendit super cherubim, et volavit; volavit super pennas ventorum.

[13] Et posuit tenebras latibulum suum; in circuitu ejus tabernaculum ejus, tenebrosa aqua in nubibus aeris. (2)

[14] Præ fulgore in conspectu ejus nubes transierunt, grando et carbones ignis. (3)

[15] Et intonuit de cælo Dominus, et Altissimus dedit vocem suam: grando et carbones ignis.

[16] Et misit sagittas suas, et dissipavit eos; fulgura multiplicavit, et conturbavit eos.

[17] Et apparuerunt fontes aquarum, et revelata sunt fundamenta orbis terrarum,

[18] ab increpatione tua, Domine, ab inspiratione spiritus irae tuæ.

[19] Misit de summo, et accepit me; et assumpsit me de aquis multis.

[20] Eripuit me de inimicis meis fortissimis, et ab his qui oderunt me. Quoniam confortati sunt super me,

[21] prævenerunt me in die afflictionis meae; et factus est Dominus protector meus.

[22] Et eduxit me in latitudinem; salvum me fecit, quoniam voluit me,

[23] et retribuet mihi Dominus secundum justitiam meam, et secundum puritatem manuum mearum retribuet mihi;

[24] quia custodivi vias Domini, nec impie gessi a Deo meo;

[25] quoniam omnia judicia ejus in conspectu meo, et justitias ejus non repuli a me. (4)

[26] Et ero immaculatus cum eo; et observabo me ab iniquitate mea.

[27] Et retribuet mihi Dominus secundum justitiam meam, et secundum puritatem manuum mearum in conspectu oculorum ejus.

[28] Cum sancto sanctus eris, et cum viro innocente innocens eris,

[29] et cum electo electus eris, et cum perverso perverteris.

[30] Quoniam tu populum humilem salvum facies, et oculos superborum humiliabis.

[31] Quoniam tu illuminas lucernam meam, Domine; Deus meus, illumina tenebras meas.

[32] Quoniam in te eripiar a tentatione; et in Deo meo transgrediar murum.

[33] Deus meus, impolluta via ejus; eloquia Domini igne examinata; protector est omnium sperantium in se.

[34] Quoniam quis Deus præter Dominum? aut quis Deus præter Deum nostrum?

[35] Deus qui præcinxit me virtute, et posuit immaculatam viam meam;

[36] qui perfecit pedes meos tamquam cervorum, et super excelsa statuens me;

[37] qui docet manus meas ad praelium; et posuisti, ut arcum aereum, brachia mea;

[38] et dedisti mihi protectionem salutis tuae, et dextera tua suscepit me;

[39] et disciplina tua correxit me in finem, et disciplina tua ipsa me docebit.

[40] Dilatasti gressus meos subtus me; et non sunt infirmata vestigia mea.

[41] Persequar inimicos meos, et comprehendam illos; et non convertar donec deficiant.

[42] Confringam illos, nec poterunt stare; cadent subtus pedes meos.

[43] Et præcinxisti me virtute ad bellum, et supplantasti insurgentes in me subtus me.

[44] Et inimicos meos dedisti mihi dorsum, et odientes me disperdidisti.

[45] Clamaverunt, nec erat qui salvos faceret; ad Dominum, nec exaudivit eos.

[46] Et comminuam eos ut pulverem ante faciem venti; ut lutum platearum delebo eos.

[47] Eripies me de contradictionibus populi; constitues me in caput gentium.

[48] Populus, quem non cognovi, servivit mihi; in auditu auris obedivit mihi.

[49] Filii alieni mentiti sunt mihi, filii alieni inveterati sunt, et claudicaverunt a semitis suis.

[50] Vivit Dominus! et benedictus Deus meus! et exaltetur Deus salutis meae!

[51] Deus qui das vindictas mihi, et subdis populos sub me; liberator meus de inimicis meis iracundis.

[52] Et ab insurgentibus in me exaltabis me; a viro iniquo eripies me.

[53] Propterea confitebor tibi in nationibus, Domine, et nomini tuo psalmum dicam;

[54] magnificans salutes regis ejus, et faciens misericordiam christo suo David, et semini ejus usque in sæculum.

[Vecchio Testamento secondo la Volgata

Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XVII.

Davide ringrazia Dio dell’ottenuta liberazione.

Per la fine, salmo di David servo del Signore, il quale indirizza al Signore le parole di questo cantico nel giorno in cui liberollo il Signore dalle mani di tutti i suoi nemici, e dalle mani di Saul, onde disse:

1. Te amerò io, o Signore, fortezza mia;

2. Il Signore mia fermezza, e mio rifugio, e mio liberatore.

3. Il mio Dio, mio soccorso, e in lui spererò Protettor mio, e mia potente salute e mio difensore.

4. Loderò, e invocherò il Signore, e sarò liberato dai miei nemici.

5. Mi circondarono i dolori di morte, e i torrenti d’iniquità mi atterrirono.

6. Mi circondarono i dolori d’inferno, mi impigliarono i lacci di morte.

7. Nella mia tribolazione invocai il Signore, e al mio Dio alzai le mie grida,

8. Ed egli dal santo tempio suo esaudì la mia voce, e il gridar ch’io feci dinanzi a lui alle orecchie di lui arrivò.

9. Si commosse, e fu in tremore la terra; agitate furono e scosse le fondamenta delle montagne, perché egli era sdegnato con essi.

10. Dall’ira di lui saliva il fumo, e fuoco ardeva nella sua faccia; da questo furono accesi i carboni.

11.. Abbassò i cieli, e discese, e una nebbia caliginosa era sotto ai suoi piedi.

12. E sali sopra i Cherubini, e sciolse il suo volo; volò sull’ale de’ venti.

13. Si occultò nelle tenebre, nel padiglione che d’ogni parte il copriva, (che è) la nera acqua delle nubi dell’aria.

14. Al fulgore di sua presenza si sciolser le nubi (e ne venne) grandine e carboni di fuoco.

15. E tuonò il Signore dal cielo, e l’Altissimo vociò: grandine e carboni di fuoco.

16. E vibrò sue saette, e li dissipò; mandò in copia le folgora, e gli atterrì.

17. E si rendetter visibili le sorgenti delle acque, e si scoprirono i fondamenti della terra.

18.Per effetto di tue minacce, o Signore, (per effetto) dello spirare del fiato dell’ira tua.

19. Mi porse la mano dall’alto, e mi prese, e dalle molte acque mi trasse.

20. Liberommi da’ potentissimi miei nemici, e da coloro che mi odiavano, ed erano più forti di me.

21. Venner sopra di me repentinamente nel giorno di mia afflizione; ma il Signore si fe’ mio protettore.

22. Trassemi fuora all’aperto; mi fece salvo, perché mi amò.

23. E il Signore renderà a me secondo la mia giustizia, renderà a me secondo la purezza delle mie mani.

24. Perché io seguitai attentamente le vie del Signore ed empiamente non operai contro il mio Dio.

25. Perché io ho davanti agli occhi tutti i suoi giudizi, e i suoi comandamenti non ho rigettati lungi da me.

26. E sarò senza macchia dinanzi a lui, o mi guarderò dalla mia iniquità.

27. E il Signore renderà a me secondo la mia giustizia, e secondo la purezza delle mani mie, ch’ei vede cogli occhi suoi.

28. Col santo tu sarai santo, coll’uomo innocente sarai innocente.

29. Coll’uomo sincero sarai sincero e con chi mal fa, tu sarai malfacente.

30. Perocché tu salverai il popolo umile, e umilierai gli occhi degli orgogliosi.

31. Perché tu, o Signore, alla mia lampa dai luce: Dio mio, rischiara tu le tenebre mie.

32. Imperocché per te sarò tratto fuori dalla tentazione, e col mio Dio sormonterò le muraglie.

33. Immacolata ell’è la via del mio Dio: le parole del Signore son provate col fuoco: Egli è protettore di tutti quelli che sperano in Lui.

34. Imperocché chi è Dio fuori che il Signore? e chi è Dio fuori che il nostro Dio?

35. Dio che mi cinse di robustezza, e la via ch’io batto rendette immacolata.

36. Che fece i miei piedi simili a quei dei cervi, e in luogo sublime mi ha collocato.

37. Che insegna alle mie mani la guerra; e tu le mie braccia facesti quasi, arco di bronzo.

38. E mi desti in mia difesa la tua salute, e la destra tua mi sostenne.

39. E la tua disciplina mi corresse in ogni tempo, e la tua disciplina stessa mi istruirà.

40. Tu allargasti le vie ai miei paesi, e le mie gambe non vacillarono.

41. Terrò dietro a’ miei nemici, e li raggiungerò, e non tornerò indietro finché sieno consunti.

42. Gli abbatterò, e non potranno più reggersi; cadranno sotto i miei piedi.

43. E tu mi cingesti di valore per la guerra, e facesti cadere sotto di me quei che si levavano contro di me.

44. E a’ miei nemici facesti volger la schiena e dispergesti coloro che mi odiavano:

45. Alzaron le grida, e non era chi li salvasse; (alzaron le grida) al Signore, e non li esaudì.

46. Li stritolerò come al soffiar del vento la polvere; come il loto delle piazze io li conculcherò.

47. Tu mi salverai dalle contraddizioni del popolo: mi stabilirai capo delle nazioni.

48. Un popolo, ch’io non conosceva, mi ha servito; tosto che ebbe udito, si rese a me obbediente.

49. I figliuoli adulteri negarono fede a me; i figliuoli adulteri sono alla vecchiaia, e zoppicando van fuori di loro strada.

50. Viva il Signore, e diasi benedizione al mio Dio, e sia glorificato il Dio di mia salute.

51. Dio, che a me dai potere per far vendetta; e soggetti a me le nazioni, tu che mi salvasti dall’ira de’ miei nemici.

52. E sopra coloro che si levano contro di me, tu mi innalzerai; mi torrai dalle mani dell’uomo iniquo.

53. Per questo ti loderò io, o Signore, fra le nazioni, e canterò inni al nome tuo.

54. A lui, il quale meravigliosamente ha salvato il suo re, e fa misericordia a David suo Cristo, e al seme di lui pe’ secoli.

(1) Dal seno dei bagliori che la sua faccia espande, sono partite le nubi, la grandine ed i carboni ardenti.

(2) Delle tenebre che sono intorno a Lui, cioè delle acque tenebrose e degli ammassi di nuvole, ne ha fatto la sua tenda.

(3) Da quando il Signore ha fatto scoppiare il suo tuono, la grandine e i fulmini coprono la terra.

(4) Questi versetti non possono che applicarsi rigorosamente a Nostro Signore,

Sommario analitico

I. Dopo un preambolo in cui, liberato dalle persecuzioni di Saul e dei suoi nemici, promette a Dio di essere riconoscente per tanti e sì grandi benefici (I-11), Davide espone la grandezza delle sue tribolazioni e le preghiere che ha indirizzato a Dio. –

II. Egli descrive, con la figura di una tempesta, la maniera con cui Dio ha distrutto i suoi nemici.

III. Indica come Dio lo abbia salvato da questa orribile tempesta, – la causa, i motivi di questa liberazione. –

IV. Proclama la vittoria che ha riportato, grazie a questo soccorso divino, e rende a Dio delle azioni di grazie per tutti questi favori segnalati. – Nel senso spirituale, questo salmo può applicarsi a Nostro Signore morente, invocante il Padre che annunzia, col rintronare della terra, il soccorso che va a portargli. È a causa della sua innocenza che Egli esce trionfante dalla tomba, ed il suo impero si estende su tutto l’universo (Ebr. I, 12; Rom. XV, 11).

Davide promette a Dio di essere riconoscente per i grandi benefici ricevuti:

1) Per il suo amore per Dio, che è stato: a) la sua forza in mezzo ai combattimenti; b) il suo sostegno nei suoi trinceramenti; c) il suo rifugio nella fuga; d) il suo liberatore quando era assediato (1, 2);

2) Per la sua speranza in Dio, che è stato: il suo aiuto nell’attacare i nemici; .b) il suo protettore nel difenderlo; .c) la forza che lo ha salvato e liberato da tutte le sue tribolazioni (2, 3);

3) Per la sua fede costante, in riconoscimento: .a) perché Dio lo ha ricolmato di beni; .b) perché lo ha liberato da ogni male (4).

I SEZIONE

Egli fa il quadro dell’afflizione estrema alla quale è ridotto, afflizione che è stata: .a) terribile nei suoi inizi (5, 6); .b) pericolosa lungo il protrarsi, e che lo ha costretto a ricorrere a Dio; c) e la cui uscita è stata felice per lui, grazie a Dio, che ha prestato orecchio alla sua voce ed alle sue grida (7).

II SEZIONE

Davide espone, con la figura di una tempesta, la maniera nella quale i suoi nemici sono stati distrutti: a) la terra ha tremato, le montagne si sono sgretolate (8); b) l’atmosfera coperta da spesse nubi e solcata da folgori e saette (9, 15); c) il mare stravolto fin nelle sue profondità (16, 17).

III. SEZIONE

I. – Davide mostra come Dio lo abbia salvato da così grandi pericoli e dalla mano dei nemici (19-21).

II. – Egli indica la duplice causa di questa liberazione:

1) da parte sua, la sua innocenza: .a) la giustizia della sua anima; .b) la purezza delle sue mani; .c) la cura con la quale ha camminato nelle vie del Signore; .d) i giudizi di Dio, sempre presente ai suoi occhi; .e) la sua attenzione a tenere senza macchia tutte le potenze dell’anima e del corpo (23, 27);

2) Da parte di Dio: a) la sua santità (28, 29); b) la sua bontà per gli umili e la sua severità verso i superbi (30); c) la sua saggezza che ci aiuta nella prosperità e nelle avversità (31); d) la sua potenza, che libera da ogni tentazione e fa superare tutte le difficoltà (32).

IV. SEZIONE

I. – Davide prosegue con la numerazione dei benefici ricevuti da Dio: proclama la vittoria che ha riportato con il soccorso di Dio, conformemente alle sue promesse, e di cui esalta la fedeltà (31, 32), che gli ha dato: 1) prima del combattimento: a) circondandolo con la sua forza come un baleno (34); b) preparandogli la via (35); c) fermando i suoi piedi (36); d) istruendo le sue mani al combattimento (37); e) fortificando le sue braccia; f) insegnandogli i mezzi per trionfare dei suoi nemici (38, 40); – 2) durante il combattimento aiutandolo: a) ad inseguire i suoi nemici; b) a colpirli (41); c) a distruggerli; d) ad abbatterli (42); e) a metterli in fuga; f) a ridurli in polvere (43); – 3) dopo il combattimento: a) allontanando ogni pericolo di guerra civile (45); b) facendolo regnare su popoli stranieri e lontani /45, 46).

II – Egli paga a Dio il tributo con azioni di grazie che Gli ha promesso: a) a causa di Dio, che esiste per se stesso e che è la vita per essenza (47); b) a causa di se stesso, che Dio ha messo alla testa di queste diverse nazioni, e che ha liberato da tutti i pericoli (48); c) a causa dei suoi nemici umiliati (49); d) a causa delle nazioni vinte, in mezzo alle quali egli promette di cantare le lodi di Dio (50); e) a causa del suo primo popolo, di cui Dio lo ha elevato e glorificato come re, e che estenderà le sue benedizioni sulla estrema posterità (51).

Spiegazioni e Considerazioni

PRELUDIO — 1-4.

ff. 1, 4. –  C’è qui il Cristo e la Chiesa, vale a dire il Cristo tutto intero, la testa ed il corpo, che dice: « Io vi amerò, Signore, Voi che siete la mia forza » (S. Agost.). –  È  l’effusione di un cuore che si trova nell’impotenza di esprimere i sentimenti che lo animano, non potendoli renderli con le sue parole, cerca nel suo amore e nella sua riconoscenza dei termini nuovi, delle nuove espressioni. – Se Dio è tutta la nostra forza, cosa abbiamo da temere? « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (Rom. VIII, 30). Siamo sicuri? Se è Lui il nostro fermo appoggio per sostenerci, siamo esposti a qualche pericolo? È il nostro rifugio al quale dobbiamo ricorrere? Cadiamo nelle mani dei nostri nemici? È il nostro liberatore per sfuggir loro? (Duguet) – Occorre pensare a Dio prima di pensare a se stessi. Lodare primariamente Dio per poi invocarlo, è mezzo infallibile per essere esaudito! Cercando la gloria del Signore e non la mia, io Lo invocherò, e gli errori dell’empietà non potranno nuocermi (S. Agost.). – « O Signore, che siete la mia forza, io Vi amerò »; ma. O Signore, perché dire … io vi amerò? Diciamo già al presente « io Vi amo ». Oh! Che questo precetto sia a me prossimo! Ma o Dio, quanto esso è lontano da me in altra maniera, e qual è la mia malattia! (Bossuet, Médit. Sur l’Ev.). –

I SEZIONE. — 5-7.

ff. 5, 6, 7. –  Un torrente non viene da una sorgente, né da un’acqua viva, esso è formato da piogge torrenziali che scendono con impetuosità dalle montagne nelle valli (S. Gir.). – Delle folle di empi sollevati per un tempo, simili ai torrenti passeggeri che la pioggia forma ed ingrossa, si sono sforzati di turbarmi (S. Agost.). – Da qualsiasi lato il Salvatore nella sua Passione volgesse gli occhi, Egli non vedeva che torrenti di peccati che venivano ad abbattersi sulla sua persona. All’abbattersi di più torrenti, un uomo viene sospinto, travolto, sopraffatto (Bossuet, I^. Pass.). – Dolori di morte, sono terribili per chi non ha mai pensato che a gustare le dolcezze della vita, senza mai pensare che dovesse morire; – ma dolci ed accompagnati da grandi consolazioni essi sono per coloro che, durante la loro vita, hanno sempre avuto la morte presente, e l’hanno considerata come un passaggio alla vera vita. – I torrenti di iniquità che sembrano scorrere così dolcemente attraverso questo mondo, quale spaventoso rigurgito di scompiglio e di inquietudine non causeranno? – Dolori di morte, sono un leggero preludio di quelli dell’inferno. Sentirli, provarli in qualche parte di se stessi è qualcosa che oltrepassa ogni immaginazione. Che cos’è dunque un essere assediato, circondato da ogni parte? – Il laccio della morte, teso davanti al peccatore, e nel quale è preso, è un terribile accecamento dello spirito, un orrido indurimento del cuore. – Si deve ricorrere primariamente e principalmente a Dio nella propria afflizione (Duguet). Il grido che ho gettato in sua presenza, grido che non risuona nelle orecchie degli uomini, ma che io proferisco davanti a Lui dentro di me, è penetrato fino alle sue orecchie (S. Agost.). – « Egli mi ha scacciato dal suo tempio santo », cioè dal mio cuore dove Egli abita come nel suo tempio, o meglio come nel suo corpo, che è un vero tempio in cui l’umanità è stata sostituita dalla divinità (S. Agost., S. Gir.) . Dio attende spesso fini all’estremità per esaudire coloro che Lo pregano: 1) al fine di esercitare la loro pazienza; 2) al fine di farli pregare con più fervore; 3) al fine che, quando sembra tutto disperato, è ben evidente che è da Lui solo che viene la salvezza. Preghiera fatta in presenza di Dio, quando non si ha che Lui solo davanti agli occhi, preghiera potente fatta per ottenere (Duguet).

II SEZIONE — 8-17.

ff. 8-17. – È una descrizione forte e descrittiva, ma ancora troppo debole per esprimere sensibilmente i segni eclatanti che hanno accompagnato la morte e resurrezione di Gesù-Cristo, le circostanze terribili che devono precedere il giudizio universale, e gli effetti terrificanti della collera di un Dio irritato contro i peccatori incalliti (Dug.). – Alla vista del Figlio dell’uomo glorificato, i peccatori sono stati atterriti ed hanno tremato, le speranze dei superbi, figurate con delle montagne, sono state scosse e deluse, non volendo Dio che la speranza dei beni temporali potesse affermarsi nel cuore degli uomini (S. Agost.). -Dio ha abbassato i cieli fino alla debolezza degli uomini (S. Agost.). – Questa espressione « Dio ha abbassato i cieli », indica l’umiltà profonda del Figlio di Dio nella sua incarnazione, la sua carità che Gli ha fatto unire i termini estremi più distanti, la sua liberalità che gli ha fatto spandere, come un vaso che si inclina, l’abbondanza dei suoi doni. – Benché Egli si degni di scendere verso di noi per farci sentire la sua presenza, e sembra che abbassi i cieli fino alla nostra piccolezza, è per noi ancora avviluppato da una nube oscura, che toglie la sua luce alla nostra vista. Noi non Lo conosciamo, noi non Lo vediamo che come in uno specchio e sotto delle immagini oscure (Cor. XIII, 12). – « Egli è salito sui Cherubini e ha preso il suo volo »; Egli si è elevato al di sopra di ogni scienza di modo che nessuno possa giungere a Lui se non con la carità, e la carità è … la pienezza della legge (S. Agost.). – Il Figlio di Dio avendo abbassato i cieli per discendere tra noi, con l’inconcepibile umiltà della sua Incarnazione, nella quale la sua santa umanità era come una nuvola oscura che nascondeva la sua divinità ai nostri occhi, è risalito e si è nascosto nel seno del Padre suo, che è per gli uomini questo ritratto oscuro ed impenetrabile a tutti i loro spiriti, e come una tenda che lo circonda. – Egli è nascosto nelle tenebre della fede, nelle quali noi camminiamo mentre viviamo in questo mondo, sperando ciò che noi non vediamo, attendendo con impazienza ciò che noi non possediamo. Dio si nasconde nei Sacramenti della sua Chiesa. Egli si nasconde negli scritti dei profeti, che somigliano a nuvole tenebrose. Egli si nasconde nelle parabole e nei discorsi oscuri, si nasconde nella profondità dei misteri che non sono conosciuti se non da Lui solo (S. Agost.). – Maestà e grandezza di Dio sono vivamente impressi nei versetti 14, 15, 16, 17. – La presenza di Dio fa fondere le nuvole, e fa piovere quando Gli piace, grandine e carboni di fuoco. – Le folgori e le tempeste, sono voci di Dio che intimano agli uomini di temere Colui che li ha creati. Le nuvole e le folgori, sono emblemi dei predicatori del Vangelo. – Due tipi di frecce Dio scaglia: le frecce d’amore con cui trafigge i cuori dei suoi servitori, e le frecce di collera che Egli lancia per dissipare i suoi nemici; fulmini che scoppiano per illuminare i giusti, e per fulminare i peccatori; scompiglio salutare di penitenza, e scompiglio di rabbia e disperazione; Saul peccatore, mutatosi per rivelarsi giusto; il faraone indurito, mutatosi per non rivelarsi mai (Duguet); le sorgenti d’acqua che sono scaturite nella persona degli Apostoli, hanno zampillato fino alla vita eterna (S. Agost.); sorgente feconda delle acque di grazia, sorgente maledetta dei torrenti di iniquità: le une e le altre appariranno un giorno, e le fondamenta, cioè il sostegno ed il motivo delle azioni, saranno scoperte (Duguet).

III SEZIONE — 19 – 32.

ff. 19-32. –  Felicità delle anime che Dio degna di soccorrere dall’alto del cielo, che prende e sottrae dall’inondazione delle acque, cioè dai vizi del secolo. – Dio attende talvolta che i nostri nemici diventino molto forti, più forti di noi, per farci capire meglio che tutta la nostra forza non è che debolezza, in confronto dell’Onnipotente. – Dio chiama gratuitamente tutti gli uomini; la sua buona volontà è la sua infinita misericordia ed è essa sola che salva. « Dio mi ha salvato perché ha voluto possedermi », e prima che io stesso lo volessi (S. Agost.). « Non siete voi che avete scelto me, ma Io che ho scelto voi » (Giov. XV, 16). – Il Signore ci ricompenserà secondo i meriti della nostra buona volontà, Lui che ci ha concesso misericordia prima della nostra buona volontà, e ci ricompenserà secondo la purezza delle nostre azioni, Egli che ci ha permesso di fare il bene, introducendoci negli spazi liberi della fede. (S. Agost.). La giustizia nel cuore, la purezza nelle opere, è la migliore preghiera che si possa offrire a Dio, e la più efficace per ottenere tutto (Duguet). – Il pensiero corrente della presenza di Dio, è il principio di tutte le virtù, così come l’oblio di questa divina presenza, è invece la fonte di tutti i vizi e sregolatezze. « Dio non è affatto davanti ai suoi occhi, le sue vie sono insozzate in tutti i tempi » (Sal. IX, 26). – « Tutti i suoi giudizi sono davanti ai miei occhi », vale a dire le ricompense dei giusti, i castighi degli empi, le sofferenze di coloro che bisogna correggere e le tentazioni di coloro che bisogna provare. Giudizi che io considero con attenta perseveranza (S. Agost.). – Quale purezza è necessaria onde essere puro davanti a Colui che è la purezza stessa, e che ha trovato macchie finanche nei suoi Angeli! (Giob. IV, 18). – Quanto è necessario guardarsi da questo fondo inesauribile di iniquità e di corruzione che è in ciascuno di noi! – Dio ci renderà secondo la purezza delle nostre mani come essa apparirà ai suoi occhi: non a quelli degli uomini, ma a quelli di Dio (S. Agost.). – Noi non siamo santi, giusti e puri, se non per grazia di Dio; ma siccome questa grazia non impone alcuna necessità al nostro libero arbitrio, se noi non siamo ciò che dobbiamo essere sotto il suo impulso, Dio non è affatto al nostro sguardo più di ciò che dovrebbe essere: benefattore, liberale, misericordioso (Berthier). – Dio è dunque in qualche modo così come l’uomo lo fa. Un uomo dolce e caritatevole, rende Dio dolce e pieno di misericordia al suo riguardo. Colui che non vuole perdonare un’ingiuria, mette Dio nella necessità di non perdonare i suoi peccati. Niente di più comune e nello stesso tempo niente di più pernicioso che usare la dissimulazione e l’artificio con Dio. Giusta è la punizione delle anime che dissimulano con Dio, poiché Dio dissimula con esse; esse cercano di mascherarsi a Lui, Egli si maschera e si nasconde ad esse, e per il giudizio di Dio terribile ed equo, esse sono camuffate non solo a Dio e agli uomini, ma anche a se stesse (Duguet). – Non c’è quasi nessuna pagina della Scrittura in cui non sia scritto a caratteri indelebili questa verità: « Dio resiste ai superbi e dona la sua grazia agli umili ». – Questa lampada che Dio accende, è la nostra ragione illuminata dalla fede e dalle Sante Scritture, « fiamma che riluce nei luoghi oscuri fino a che il giorno comincia ad apparire, e che la stella del mattino eleva nei nostri cuori » (II Piet. 19). – Questa muraglia che noi superiamo con il soccorso di Dio, è quella stessa che i nostri peccati hanno elevato tra Dio e noi (S. Agost. – S. Gerol.). Questa muraglia è costruita con il fango della voluttà, con i mattoni e le pietre dell’avarizia, con la paglia della vanagloria ed il cemento dell’amore del mondo. Essa ha per fondamento la paura di soddisfare Dio, la sua ampiezza è la perseveranza nel peccato, la sua altezza è la presunzione (Hugues, Card.). – Quando anche ci si fosse convertiti, le cattive abitudini, le passioni e le inclinazioni al male, la tirannia del rispetto umano e del mondo, sono altrettante muraglie che ci arrestano nel cammino della virtù e che non possono essere superate se non con il soccorso di Dio.

IV SEZIONE. — 34 – 53.

ff. 33- 50. – « I miei pensieri, dice Dio per bocca del Profeta, non sono i vostri pensieri; le mie vie non sono le vostre vie. Quanto i cieli sono elevati al di sopra della terra, tanto le mie vie sono sopra le vostre delle vostre vie e tanto i miei pensieri al di sopra dei vostri pensieri. » (Isaia LV, 8, 9.). – L’anima che, sull’esempio di Davide, ama veramente Dio, gioisce per il fatto che nulla somigli a Dio; essa gioisce con Lui della sua unità, una della sue gioie più profonde e più segrete; essa è felice per il fatto che niente possa accostarvisi; essa sfida tutte le gerarchie della creazione, con una fiera sicurezza e l’espressione del trionfo; essa grida loro: « Chi è simile al Signore nostro Dio? Non c’è altro Dio al di fuori di Lui » ! (P. Faber, il Creatore, etc. 180). – Un’anima che è arrivata sinceramente a Dio, dopo grandi traviamenti, riceve dei benefici che oltrepassano tutte le sue speranze. Essa diviene attiva contro i nemici della salvezza, essa corre nella carriera della penitenza e della virtù, è superiore a tutte le traversie della vita, esce vittoriosa da tutti i combattimenti che la liberano dal demonio e dalle sue passioni, si erge contro tutte le difficoltà che incontra nelle imprese in cui lo zelo la introduce per la gloria di Dio (Berthier). – Si apprendono da Dio anche l’arte di combattere i nostri nemici. Nostro Signore, e dopo di Lui S. Paolo, ci hanno istruito e rivestito di armi che devono farci trionfare. « Siate attenti, vegliate e pregate », dice Gesù (Marco XIII, 33). « Rivestitevi delle armi di Dio – dice l’Apostolo – per potervi difendere dai tranelli e dagli artifici dei demoni … affinché, fortificati in tutto, voi possiate, nel giorno malvagio, resistere e restare fermi » (Efes. VI, 11-13). – La disciplina o l’istruzione di Dio, è una regola sicura nel guidarci e che noi dobbiamo seguire. La disciplina o il castigo di Dio, è istruzione non meno importante, che ci fa conoscere i difetti che Dio vuole correggere in noi. – I castighi istruiscono utilmente i giusti, li rendono più umili e più vigilanti; essi non fanno che irritare ed indurire ancor più i peccatori (Duguet). – Vi sono due tipi di vie, le larghe e le strette: nelle une, il peccatore prende la via larga che porta alla perdizione, ed il giusto segue la via stretta che conduce alla vita; nell’altra, al contrario, il giusto è nel largo, nella libertà dei figli di Dio, sempre pieno di una santa gioia; ed il peccatore è sempre nello stretto, rinchiuso nelle sue passioni, legato dalle catene dei suoi peccati, catene sempre più tenaci perché volontarie, come diceva S. Agost. (Conf. VIII, 5). – Generosa risoluzione di un Cristiano contro i suoi nemici spirituali, è quella di perseguirli, di raggiungerli, e non tornare indietro, finché non li abbia completamente sconfitti con il soccorso e la potenza di Dio. « La vostra forza – dice il Profeta – ha tolto dai miei reni il drappo fluttuante dei desideri carnali, per timore che, in questo combattimento, essi non indeboliscano la mia azione » (S. Agost.). – I giusti che gridano verso Dio sono sempre esauditi, anche se non sempre secondo le loro vedute, anzi spesso in un senso più alto di quello che essi intendevano. Gli uomini volti al male gridano anche talvolta verso Dio ma non sono esauditi, perché avendo disdegnato di ascoltare la voce di Dio che li chiamava, saranno a loro volta disprezzati ed il Signore si renderà sordo al loro grido (Zacc. VI, 13). – Il destino ordinario dei Santi, è quello di fare grandi cose e, sull’esempio di Gesù Cristo, soffrire di grandi contraddizioni. – C’è da temere che ciò che sia successo ai Giudei, non accada anche ai Cristiani; che essi cioè lascino, come i Giudei, perdere la grazia, la salvezza che essi avevano tra le mani, mentre altri popoli barbari che Dio non conosceva, appena avranno sentito parlare di Lui, saranno docili alla sua voce! – Quanti Cristiani chiamati da Dio ad un’alta perfezione, mentono al Signore, vegliano nel santuario senza acquisirvi le vere virtù, si perdono nei loro sentieri e sono in gran pericolo di compiere deplorevoli cadute!

ff. 50-53. –  Il Signore è il Dio vivente: « che il mio Dio sia benedetto » . L’amore per le cose carnali è morte (Roman. VIII, 6). « Il Signore è vivente e che sia benedetto ». Che i miei sentimenti per il Dio che mi salva non abbiano nulla delle abitudini della terra, non speri io in una salvezza che viene dalla terra, ma speri nella salvezza che viene da Lui e dall’alto dei cieli (S. Agost.). Nemico implacabile del quale è permesso il desiderio di essere vendicato, è il peccato: desiderare che i popoli rivoltati, cioè le nostre passioni, ci siano assoggettate; lavorare attivamente a questa vittoria, e quando siamo presi nel furore di questi terribili nemici, cantare con l’Apostolo (I Cor. XV, 57): « Grazie a Dio che ci ha dato la vittoria, per il Nostro Signore Gesù Cristo » (Duguet). – « Siete voi, mio Dio, che tenete i miei popoli sottomessi al mio potere ». Dio che tiene a freno i flutti del mare, è il solo che può anche tenere sotto il giogo, l’umore indocile dei popoli. È la follia ordinaria dei poteri pubblici: essi non riconoscono né la loro impotenza a tenere i popoli sotto il giogo, né il bisogno che hanno di Dio e della sua Chiesa per un compito che oltrepassa infinitamente le loro forze. Essi si gonfiano solo della loro abilità, si circondano di un formidabile apparato di armi, si credono e si dicono in sicurezza. Pertanto lo spirito del popolo si agita, le volontà si muovono, un soffio di rivolta passa sulla nazione intera, viene dato un segnale, sfugge un grido, il potere pubblico è precipitato prima che ci si renda conto dell’ombra di un pericolo (Duoblet, Ps. Étud. En vue de la Pred.).

Cardinal H. E. Manning: LA CRISI ATTUALE DELLA SANTA SEDE (2)

Henry H. Edward Manning

LA CRISI ATTUALE DELLA SANTA SEDE (2)

[annunciata dalle profezie]

in 4 LETTURE

LONDON: PRINTED BY LEVEY, ROBSON, AND FRANKLIN. Grent New Street and Fetter Lane.

– MCCCLXI –

LETTURA II

Tale, quindi, è la rivolta che ha raccolte le energie in questi 1800 anni, maturando l’ora in cui riceverà il suo leader e capo. L’interpretazione universalmente seguita dai controversisti anticattolici, secondo la quale l’Anticristo è considerato uno spirito o un sistema e non una persona e, di conseguenza, che esso sia la Chiesa Cattolica Romana, o il Vicario del Verbo Incarnato, è un capolavoro di inganno: allenta ogni timore, ispira presunzione e fiducia, e fissa l’attenzione degli uomini nel controllare che i segni del suo apparire siano dappertutto tranne che là dove debbano essere visti; e la distoglie dal luogo dove essi sono già visibili. Ora, io non esito a dire che, in tutte le profezie dell’Apocalisse, non ce n’è nessuna che si riferisca alla venuta di Cristo nel modo più esplicito ed espresso tra quelle che riguardano la venuta dell’anticristo.

1. – In uno di questi passaggi, vi sono descritti tutti gli attributi di una persona; San Paolo lo chiama il malvagio, « ὀ ἂνομος » (o anomos), illi iniquus; l’uomo del peccato « ἂνθρωπος τῆς ἀμαρτίας » (antropos tes amartias), homo peccati, e figlio della perdizione « υἱὸς τῆς ἀπωλείας » (uios tes apoleias). E San Giovanni in ben quattro luoghi parla di esso come “anticristo”. Negare la personalità dell’anticristo, è quindi come negare la più elementare testimonianza della Sacra Scrittura: spiegare questi termini e questi titoli personali attribuendoli ad un sistema o ad uno spirito, è la stessa empietà del razionalismo di Strauss che osa negare il Cristo personale, “storico”.  – Una legge della Sacra Scrittura, ci dice che quando sono profetizzate delle persone, effettivamente queste persone poi appaiono; come, ad esempio, è il caso delle profezie di San Giovanni Battista o della Beata Vergine o del nostro stesso Signore. Tutti i Padri, sia dell’Oriente che dell’Occidente, – Sant’Ireneo, San Cipriano, San Girolamo, Sant’Ambrogio, San Cirillo di Gerusalemme, San Gregorio di Nazianze, San Giovanni Crisostomo, Teofilo, Ecumenius, tutti interpretano questo passaggio come di un Anticristo “alla lettera” e personale. Quella che potrei definire l’interpretazione “collettivista”, è veramente un modernismo eretico, controverso e irragionevole. Questo sistema fantasioso e contraddittorio è stato sufficientemente abbattuto per la verità, anche dagli stessi scrittori protestanti: ad esempio da Todd nel suo lavoro sull’Anticristo, un libro credibile e dotto, anche se in qualche modo deturpato dalle incongruenze del pregiudizio protestante; da Greswell, nella sua “Exposition of the parables” [esposizione delle parabole]; e da Maitland su “Daniele e San Giovanni”. In Germania pure, gli interpreti protestanti, pur mantenendo l’interpretazione anticattolica, reputano questa visione come una rinuncia al carattere di uno studio biblico. I protestanti d’Inghilterra sono ancora, come sempre sono stati, i meno coltivati ed i più irragionevoli. È vero, infatti, che l’anticristo ha avuto e potrebbe ancora avere molti precursori, come anche fu per Cristo stesso: come Isacco, Mosè, Giosuè, Davide, Geremia, erano i tipi precursori del Cristo, così Antioco, Giuliano, Ario, Maometto e molti altri, sono i prototipi dell’altro: persone che rappresentano persone – Quindi, ancora, così come Cristo è il capo ed il rappresentante in cui è stato riassunto e ricapitolato tutto il mistero della pietà (« τὸ τῆς εὐσεβείας μυστήριον » = to tes eusebieias musterion), [1Tim. III, 6], così anche l’intero mistero dell’empietà (« τὸ μυστήριον τῆς ἀνομίας ») [2 Tess. II, 7), troverà la sua espressione e la sua testa nella persona fisica dell’anticristo. Può davvero esso pure incarnare uno spirito o rappresentare un sistema, ma non per questo è meno, quindi, che una persona. Similmente anche tra i teologi, Bellarmino dice: « Tutti i cattolici sostengono che l’Anticristo sarà una persona individuale. » [De Summo Pontif. Lib. III, c. 2]. – Lessius dice: « Tutti sono d’accordo nell’insegnare che propriamente l’Anticristo non sarà una moltitudine, bensì una sola persona. » [De Antichristo, Tertia Dem.]. Suarez arriva a dire che questa dottrina dell’anticristo personale è « certa de fide ». [In III, p. D. Tomæ, Disp. liv. s. 1].

2. –  Successivamente, i Padri hanno creduto che l’Anticristo sarà di razza ebraica. Tale era l’opinione di Sant’Ireneo, di San Girolamo, e dell’autore dell’opera « De Consummatione Mundi », attribuita a S. Ippolito, e di uno scrittore di un Commentario sull’Epistola ai Tessalonicesi, ascritto a Sant’Ambrogio, e di molti altri, che aggiungono che sarà della tribù di Dan: come, ad esempio, San Gregorio Magno, Teodoreto, Areta di Cesarea, e molti altri. (Malveda, De Antichristo, lib. II, cc. X e XI). Tale è anche l’opinione di Bellarmino, che la definisce certa. (Ibid. c. XII). Lessius afferma che i Padri, con unanime consenso, insegnino come indubbio che l’Anticristo sarà un ebreo. (Ibid. in præfactione). J. Ribera ripete la stessa opinione, e aggiunge che Areta, San Beda, Haymo, Sant’Anselmo e Ruperto affermano che è questa la ragione per cui la tribù di Dan non è numerata tra coloro che sono suggellati nell’Apocalisse. (Ribera: in Apocalipsin, c.VII). Viegas dice lo stesso, citando altre autorità. (Viegas, in Apoc. c. VII). E questo sembra oltremodo probabile, se si considera che l’Anticristo verrà ed ingannerà gli Ebrei, secondo la profezia di nostro Signore: « Sono venuto nel nome di Mio Padre, e voi non mi avete ricevuto: un altro verrà nel suo nome, e voi lo riceverete »;  queste parole sono interpretate dai Padri come un consenso al falso Messia, che presso gli ebrei sarà considerato come il vero. E questo, ancora una volta, è l’interpretazione unanime dei Padri, sia dell’Oriente che dell’Occidente, come San Cirillo di Gerusalemme, Sant’Efrem Siro, S. Gregorio Nazianzeno, San Gregorio Nysseno, San Giovanni Damasceno, e anche di Sant’Ireneo, San Cipriano, San Girolamo, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino. Questa evenienza appare ancora più probabile, se consideriamo inoltre che un falso Cristo non avrebbe alcun possibilità di successo se non fosse della casa di David; che gli Ebrei stanno ancora aspettando la sua venuta; e che sono scottati dalla delusione per aver crocifisso il vero Messia; e pertanto i Padri interpretano il vero e il falso Messia dalle parole di san Paolo ai Tessalonicesi: « τὴν ἀγάπην τῆς ἀληθείας » (ten agapen tes aleteias) « …con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna » [2 Tess. II, 10, 11] « ἐνέργειαν πλάνης » (energheian planes). – Ora, penso che nessuno possa considerare la dispersione e la provvidenziale conservazione degli Ebrei tra tutte le Nazioni del mondo, la vitalità indistruttibile della loro razza, senza credere che siano stati conservati per qualche futura azione del suo giudizio e della sua grazia. E questo è predetto tra l’altro ancora nel Nuovo Testamento; per esempio nelle Epistole ai Romani e ai Corinzi. [Rom. XI, 15-24; 2 Cor. III, 16].

3. Da ciò percepiamo un terzo carattere dell’Anticristo, che cioè non sarà semplicemente l’antagonista, ma il « sostituto » o il supplente del vero Messia. E questo è reso ancora più probabile dal fatto che il Messia concepito dagli Ebrei è sempre stato un liberatore temporale, il restauratore del loro potere temporale; o, in altre parole, un principe politico e militare. È anche ovvio che chiunque, da quel momento in poi, li ingannasse con il preteso carattere del loro Messia, dovrà negare l’Incarnazione, qualunque pretesa di carattere soprannaturale proponesse per se stesso. Nella sua stessa persona ci sarà una completa negazione dell’intera fede cristiana e della Chiesa; perché se egli è il vero Messia (che apparirà come tale), il Cristo dei Cristiani deve essere necessariamente falso. Ora, forse, non ci rendiamo sufficientemente conto di quanto una persona comune e storica possa avere una tale potenza ingannatrice. Siamo così presi dell’idea e della visione del vero Messia nella gloria della sua divinità e della sua umanità, delle sue azioni divine, della sua Passione, della sua Risurrezione, Ascensione e Regalità sul mondo e sulla Chiesa, che non possiamo minimamente concepire come un falso Gesù Cristo possa essere ricevuto passando come vero. È per questo motivo che Nostro Signore ha detto di questi ultimi tempi: « Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. » (Matth. XXIV, 24); ma quelli che hanno perso la fede nell’Incarnazione, come gli umanisti, i razionalisti, i panteisti, potrebbero essere ingannati da qualsiasi persona di grande spessore politico e di successo che dovesse riportare gli Ebrei nella loro terra, e la gente di Gerusalemme, ancor più, con i figli dei Patriarchi. E non c’è nulla nell’aspetto politico del mondo che renda impossibile tale evenienza; in effetti, lo stato della Siria e l’ondata della diplomazia europea, che si sta continuamente spostando verso est, rendono tale evento nell’ambito di una ragionevole probabilità.

4. Ma le profezie assegnano alla persona dell’Anticristo un carattere più sovrannaturale. Esso viene descritto come un operatore di falsi miracoli. Si dice che la sua venuta sia « secondo la potenza di satana, con ogni portento, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per coloro che periscono. » [2 Tess. II, 9-10]. – E qui non posso che percepire un incredibile cambiamento che si è verificato nel mondo. Mezzo secolo fa gli uomini che rigettarono il Cristianesimo, deridevano la credenza nella stregoneria come superstizione, e nei miracoli come follia. Ma ora il mondo ha superato anche la fede dei Cristiani per la sua credulità: L’Europa e l’America sono inondate dallo spiritismo. Non so quante centinaia e migliaia di medium esistano tra noi ed il mondo invisibile. Gli stessi uomini che non permetterebbero alla strega di Endor, o ad Elymas lo stregone, di passare senza considerarli ridicoli, credono nelle tavole ruotanti e nelle tavole parlanti, nella chiaroveggenza e nelle comunicazioni degli spiriti evocati dal mondo invisibile; nella scrittura dello spirito e nella locomozione attraverso l’aria e nell’apparizione delle mani, e persino delle persone. Rivelazione dello stato dei morti, dei segreti dei vivi, i colloqui prolungati e ripetuti con i defunti, non sono solo creduti, ma praticati abitualmente e quasi giorno dopo giorno. Ora non è il mio obiettivo, almeno non ora, il considerare tali fenomeni. Per noi è sufficiente dire qui che credere in un mondo invisibile e nella presenza e nella guerra degli spiriti del bene e del male, oggi non presenta alcuna difficoltà. Siamo tutti disposti ad affermare la loro realtà a causa della menzogna o della delusione che è confusa con essi. Sono quelle cose, precisamente, che la Chiesa ha sempre condannato e proibito sotto il nome di stregoneria: cose in cui c’è una vera azione soprannaturale espressa dalle molte imposture. Mi soffermo su questo punto perché è certo che siamo circondati da un ordine soprannaturale, in parte divino, e in parte diabolico. Non è strano che coloro che rifiutano l’ordine soprannaturale divino, diventino incredibilmente creduloni di quello diabolico? Ora in questo abbiamo già una preparazione all’inganno del quale scrive San Paolo. L’età è matura per un delirio. Non si crederà ai miracoli dei Santi, ma si accetteranno copiosamente i fenomeni dello spiritismo. Un medium di successo potrebbe benissimo passare, con le sue doti sovrannaturali, come il Messia promesso, e “segni e menzogne” in abbondanza possono essere compiuti dalle organizzazioni che sono già all’estero nel mondo.

5. L’ultima caratteristica di cui parlerò è forse la più difficile da concepire. San Paolo parla dell’« uomo del peccato », di « … colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. »  (2 Tess. II, 4) Queste parole sono interpretate dai Padri nel significato che: reclamerà gli onori divini, e quello nel Tempio di Gerusalemme. Dice Sant’Ireneo « L’anticristo è un apostata e un ladro, pretenderà di essere adorato come Dio » e « … cercherà di mostrarsi come Dio. » (S. Ireneo, lib. V, 29); – Lattanzio, che « … si proclamerà Dio » (Lattanzio: De divinis Istitutiones, lib. VII, c. 17). Lo scrittore con il nome di Sant’Ambrogio (l’Ambrosiastro) dice: « Affermerà di essere Dio » . San Girolamo:  « Si farà chiamare Dio, e pretenderà di essere adorato da tutti ». (S. Geron. In Zach. c. IX) San Giovanni Crisostomo, « Professa di essere il Dio di tutti, e si proclama e si mostra come Dio. » (S. Giov. Crist. In Hom. XI); Così anche Teodoreto, Teofilo, Ecumenius, Sant’Anselmo e molti altri. (Malvenda, lib. VII, c. 4); Suarez, nello spiegare questo passaggio, dice: « È probabile che l’Anticristo non crederà in alcun modo a sé stesso in ciò che insegnerà e che costringerà a credere gli altri. Perché sebbene all’inizio egli possa persuadere gli Ebrei che sia il Messia e venga inviato da Dio, e possa fingere di credere che la legge di Mosè è vera e sia da osservare, pure farà tutto questo nella dissimulazione, li ingannerà ed otterrà il potere supremo. Poiché subito dopo rifiuterà la legge di Mosè e rinnegherà il vero Dio che l’ha dettata. Per questo motivo molti credono che distruggerà l’idolatria in modo astuto per ingannare gli Ebrei. » – « Quanto sarà grande la sua perfidia e ciò che realmente crederà riguardo a Dio, non possiamo congetturarlo. Ma è probabile che sarà un ateo e negherà sia la ricompensa che la punizione nell’altra vita, e venererà solo l’essere preternaturale, dal quale ha appreso l’arte dell’inganno e acquisito le sue risorse, con le quali otterrà la ricchezza e il potere supremo. » (Suarez III, p. s. Thomæ, disp. liv. s. 4) – Ora, è facile capire come si opporrà a Dio, essendo l’antagonista di Cristo; e come si innalzerà o si eleverà al di sopra di tutto ciò che è chiamato Dio e adorato come tale; perché, soppiantando il vero Messia, si pone al posto del Dio incarnato. Né è difficile capire come coloro che hanno perso l’idea vera e divina del Messia possano accettarne uno falso, essendo inoltre abbagliati dalla grandezza dei successi politici e militari, (S. Agost. in Ps. IX, tom. IV, 54) ingolfati dalle nozioni panteistiche e sociniane (“massonismo” – ndr.-) della dignità dell’uomo, e possano così tributare alla persona dell’Anticristo l’onore che i Cristiani tributano al vero Messia. Ho toccato questo punto, perché San Paolo lo colloca in modo prominente nella descrizione dell’Anticristo, e poiché la tendenza dell’incredulità “credulona”, ​​che aumenta nel mondo man mano che diminuisce la fede, sta visibilmente preparando gli uomini alla allucinazione. Una delle più straordinarie interpretazioni dei Padri è quella che, alla fine del mondo, il paganesimo sarà restaurato. (Cornelius a Lapide in Apocal. c. XVII). Mai avremmo pensato che questo fosse stato possibile: ma se non altro lo possiamo credere, se non ci fossero altri motivi, almeno per lo sviluppo della moderna infedeltà; ed infatti l’infedeltà non fu mai più dominante di quando si ebbe nella prima Rivoluzione francese, in cui la Rivelazione fu reputata falsa, e al suo posto si installò l’adorazione della “dea” ragione e di “cerere”. In verità, quando l’intellettuale diventa panteista, il semplice diventerà politeista; questi ha bisogno di una concezione più materiale dei raffinati miscredenti, così da impersonare ed incarnare, prima nel pensiero e poi nella forma, l’oggetto della propria adorazione. E cos’è questo, se non il paganesimo semplice e puro? Ma in questo non posso ora entrare. Nel secondo libro delle opere di Gaume sulla rivoluzione francese, in particolare nei capitoli XII, XIII e XIV, si troverà un resoconto ampio e dettagliato del paganesimo di cinquant’anni fa; e nel “catechismo della religione positiva”, sotto la voce « Culto pubblico e privato », si vedrà un’elaborata professione di culto religioso indirizzata all’umanità, il corpo collettivo degli uomini deificati, che è la base naturale della religione dell’antica Grecia e di Roma. Ora, non si dica che non possiamo essere lontani dai più funambolici fenomeni soprannaturali circa la manifestazione e la persona dell’Anticristo. Tutta la storia ci porta ad aspettarceli; tutte le profezie sembrano prevederlo; i grandi periodi dell’azione divina nel mondo la prefigurano. Il mio obiettivo non è stato quello di privare il futuro del soprannaturale, ma di mostrare come il soprannaturale si confonda nel corso ordinario del mondo, e ci prenda, per così dire, di sorpresa. « Il regno di Dio non giunge osservato », ma … è in mezzo a noi, in piena presenza e potenza, sotto aspetti che ci sembrano comuni e non particolari, nelle pulsioni delle azioni umane, nell’ambito di movimenti nazionali, nella politica dei governi e nella diplomazia del mondo. Come si credeva che Cristo alla sua venuta fosse un falegname, così può l’Anticristo essere visibilmente non più che un avventuriero di successo. Persino il suo carattere soprannaturale, vero o falso che sia, può passare o come scintillio di follia, o come assurdità dei suoi partigiani, o come delusioni dei suoi adulatori. Quindi il mondo acceca i suoi stessi occhi con il fumo del proprio orgoglio intellettuale. Non c’è nulla che possa essere fuori dal contesto o dalla proporzione, o dall’ᾖθος (etos), come si dice del diciannovesimo secolo, per cui potrebbe sorgere una persona di sangue ebraico, naturalizzata in qualcuno dei popoli d’Europa, un protettore degli ebrei, tra i portaborse, i giornalisti e gli uomini di comunicazione, dalle rivoluzioni europee, salutato come loro salvatore dal dominio sociale e politico dei Cristiani e, circondato dai fenomeni dello spiritualismo anticristiano e dell’anticattolicesimo, egli stesso si proclami un pontefice, professando di essere più che Mosè o Maometto, cioè più alto della statura e delle proporzioni umane. A coloro che non hanno mai operato un discernimento, in linea di principio, tra l’Unità suprema e l’azione della verità da una parte, e la menzogna dall’altra, e allo stesso modo rispettivamente del bene e del male, può sembrare strano attribuire tanta importanza ad un dato evento che sembra riguardare la sfera della razza ebraica. Ma a quelli che credono che il mondo possa essere diviso in Cristiano ed anticristiano, o Cattolico e anticattolico, o, in altre parole, all’ordine naturale, basato sulla semplice volontà e azione umana, e al soprannaturale, basato sulla volontà divina e sull’Incarnazione di Dio, apparirà immediatamente essere l’episodio più vitale e decisivo di tutto ciò che spero di mostrare qui di seguito, e cioè che l’antagonismo tra due persone è l’antagonismo anche tra due società, e così come il nostro Divino Signore è il Capo e il Rappresentante di tutta la Verità e la Giustizia del mondo sin dall’inizio, così l’anticristo, chiunque sia o possa essere, sarà il capo e il rappresentante di tutte le menzogne ​​e gli errori che si sono accumulati per questi 1800 anni, tra le eresie, gli scismi, le sedizioni spirituali, le infedeltà intellettuali, i disordini sociali e le rivoluzioni politiche del movimento anticattolico del mondo. – Tale è il grande fondo mobile su cui poggia la società cristiana del mondo. Di tanto in tanto questo fondo si è innalzato con un potere soprannaturale, e ha fatto vibrare e agitare l’ordine cristiano in Europa. Poi di nuovo è sembrato ripiombare in una calma apparente. Ma nessuno con retto discernimento può errare nel vedere che esso, ora più che mai, è così profondo, potente e diffuso. Che questa potenza anticristiana poi un giorno prenderà il sopravvento e per un certo tempo prevarrà in questo mondo, è cosa certa secondo la profezia. Ma questo non può essere che fino a quando « … colui che lo tiene in pugno » sarà costretto a lasciar la presa. Questo, tuttavia, è il prossimo argomento nel nostro ordine, e non devo anticiparlo qui.

LE BEATITUDINI EVANGELICHE (-6A-)

BEATITUDINI 6 (A)

[A. Portaluppi: Commento alle beatitudini; S.A.L.E.S. –ROMA, 1942, imprim. A. Traglia, VIII, Sept. MCMXLII]

Beati mundo corde: quoniam ipsi Deum videbunt.

[Beati i mondi di cuore perché vedranno Dio]

I.

IL TRIONFO DELL’INGANNO

È una realtà sfiduciante la tronfia baldanza del vizio impuro sul mondo. Nelle regioni dominate dal paganesimo sta come in sua sede l’impurità; e vi è venerata al pari d’una divinità promettente. I missionari hanno contro di sé il dio nefando, sotto tutte le forme. Non è forse vero, che vi viene adorato? Le religioni pagane ancora esistenti sono nelle condizioni di decadimento del nostro paganesimo, allorché stava per rivelarsi il Cristo. E non sono in via di scomparire. Tanta energia dissolvitrice ancora possiedono. E purtroppo ne vediamo i frutti nella inferiorità di codesti popoli. Nelle opere civili, in quelle dell’intelligenza e del cuore. Sanno vestirsi dei trovati della nostra civiltà cristiana e in questo sono invadenti e pericolosi; ma essi non sanno creare. Non forse anche presso di noi ha un certo culto il demonio sudicio! Lo ha in diverse zone della nostra vita, dove il pensiero cristiano non penetra e il dettame di satana fa invece presa. Il diporto mondano è penetrato dal veleno impuro, la letteratura ne è resa fetente, il costume di certi ambienti intollerabile. Ci sono famiglie messe insieme dalla passione, coniugi senza la benedizione di Dio generano figli, ai quali viene negato il Battesimo o dove il Sacramento non riesce a fecondare alcuna virtù. Giovani avviati al vizio dai genitori stessi. Ragazze, che sciupano le rose della loro avvenenza prima che s’aprano ad olezzare. Adulti la cui sollecitudine è spremere dal resto della esistenza l’ultime gocce di piacere. Decrepiti — poiché qualche volta avanza un brano di vecchiezza anche al vizioso — i quali stanno esaurendosi nell’ansia tormentosa di turpi desideri insoddisfatti.

LA DELUSIONE

La società, se dipendesse dal loro contributo sarebbe distrutta da tempo. Dio è soppresso nella loro vita; ma anche questa ne subisce la sorte. Tutto per un piacere effimero e illusorio. È la vittima stessa, che lo sente così. Dopo una soddisfazione, si oscura la sua fronte e si chiede: Tutto qui? È una forza più esterna che intima, che seduce e acceca e sopprime il senso dell’osservazione e della critica. È un impulso fosco e trascinante, che ottenebra l’intelletto e lo fa inetto a penetrare e a ragionare. La carne ne è sollevata in una violenza, che umilia, ma che domina. Quando nella famiglia un giovine si fa serio senza ragione oltre il suo tono abituale, la sua parola più rada, il suo carattere intrattabile, dite che il verme della impurità lo sta rodendo alle radici del cuore. Persino la natura reagisce. Ma soprattutto si nota la stanchezza della disciplina, la noia della fatica, la incapacità di sostenere intero il dovere, che prima era piacere. – « E di che cosa mai mi dilettavo io, scrisse Sant’Agostino, se non di amare e di essere amato? Ma l’amicizia ha i suoi confini e molti pericoli, ed io invece non sapevo tener misura, e accecato dalla nebbia oscura che mandavano su le passioni della carne e il brulicame della pubertà, non distinguevo le bellezze dell’amor puro dalla bruttezza della libidine. L’una e l’altra mi ribollivano insieme nel cuore, e me imbecille trascinavano giù alla cieca nel precipizio dei peccati e mi affogavano in un mare di delitti. L’ira tua, o Signore, tutta mi pesava addosso, ed io non m’accorgevo, divenendo stupido per le catene de’ miei vizi, in pena della mia superbia. Sicché io me ne andava lungi da te, e mi scialacquava in dissolutezze, e infradiciavo tutto; e tu mi lasciavi fare e tacevi ». – Questa pagina delle Confessioni è l’eco della esecrazione che tormentava l’animo contrito del santo, dopo anni di ravvedimento e di espiazione. Ma il male amareggia tutta la esistenza dell’antico peccatore, anche se rinato nella santità. Qualcuno ha detto, e si ripete, che l’esperienza vale il peccato. Ma non si riflette, che nessuna malattia giova alla salute. Può darsi, che lo trattenga dai pericoli di ricadervi; ma è chiaro, che per questo non mancano le indicazioni, per evitare di battere una strada errata e di doverla poi rifare in senso contrario, faticosamente.

ANTICHE FOLE

Chi sappia incontrarsi con un giovine puro avrà per tutta la vita nell’animo l’impressione di una superiorità, che vale ogni sacrificio. Ma il suo rovescio fa orrore e ci dà la prova della miseria alla quale può arrivare un cuore non guidato dall’intelligenza che la Fede religiosa illumini. V’ha oggi, come in altri tempi, qualcuno il quale insegna ad alta e irata voce, che il peccato è una fola e che soltanto la superstizione di chi non sa conoscere la vita, può parlarne con tono pauroso. L’uomo è in se stesso sano e integro. Ogni suo bisogno è legittimo. La natura non decadde mai e il peccato originale è una eredità orientale e semita, estranea alla nostra civiltà europea. Siamo davvero sotto tale riguardo, in tempi di spenta originalità. Quando si ardisce declamare contro la Fede dei secoli cristiani si cade negli errori mille volte dimostratisi tali. Del peccato ognuno possiede la prova dentro la propria esperienza. Nessuno ha il potere di creare il rimorso circa alcuni lati della vita. Nasce da sé, si oppone da sé alla volontà sviata, tormenta da sé lo spirito in errore e sovente lo conduce alla resipiscenza e la Fede. Il rimorso qui è provocato dalla legge naturale disprezzata. – Fatto si è che l’uomo vittima del vizio impuro si esaurisce. L’intelligenza, il cuore, la volontà, le tre forze massime della natura nostra, si attenuano di vigore e di prontezza. L’indolenza poi fa precipitare nel disordine e nel disonore e compromette anche la condizione sociale. Giovani di bellissime speranze — come Prodighi alla custodia dei porci — si sono ridotti alla miseria spirituale. – Ma ciò che più conta, si è la vergogna che contamina l’anima e l’immagine di Dio contraffatta nel cuore. Leggiamo una pagina di Padre Lacordaire. « Chi è quel giovine? Donde viene che il suo sguardo è appannato, le guance scolorite e incavate, le labbra tristi, la fronte pensierosa? La giovinezza è primavera della bellezza; Dio, che è giovane sempre bello, ha voluto nei nostri primi anni darci qualche cosa della fisonomia della sua eternità. La fronte del giovane è il lampo della fronte di Dio, ed è impossibile vedere un’anima vergine sopra un volto puro, senz’essere commosso da una simpatia, che contiene tenerezza e rispetto. Ora questo dono sì grande, questo dono che precede il merito, ma non l’innocenza, Iddio lo toglie a chi ne abusa con precoci passioni. Il vizio s’imprime su quella carne… vi segna delle vergognose rughe premature ed accusatrici, un non so che di caduco, che non è il segno del tempo, né delle meditazioni dell’uomo dedicato ad austeri doveri, ma l’indizio certo d’una depravazione passata devastando… Così è delle nostre passioni; ciascuna ha il suo castigo terreno e rivelatore, destinato ad insegnarci che la loro strada è falsa… ». – Ma, dico, è l’anima umiliata, la prima vittima, il cencio che rimane come emblema della distruzione avvenuta. Dio cacciato da essa, ha tolto via con sé tutto: la bellezza, la intelligenza, il vigore fisico, le speranze del cuore verso l’avvenire, tutto il suo tesoro. La vita soprannaturale cancellata ha lasciato i rottami delle delusioni e della sfiducia. La vita del Cristiano senza Cristo è la preparazione alla più impensabile e disperata miseria. I genitori, che non si occupano di questo problema, sono destinati a sorprese ben desolanti.

II

LA PROFANAZIONE DELLA VITA

Sicché ogni impegno per liberare le anime da un peso sì grave e opprimente è opera di gran merito. Se uno ricorda la commozione provata dopo una confessione ben fatta e il sollievo sperimentato nella certezza del perdono, sa che la coscienza umana, sgombrata da codesta colpa, si sente leggera e agile, piena di fiducia e di desiderio di ben fare. È dunque una carità inestimabile il soccorso prestato a tale liberazione.

CONTRO NATURA

Infatti l’impuro contravviene alle leggi della natura e la profana. Questa esige il rispetto dell’ordine fissato al piacere. Il quale è destinato a rendere gradito il dovere della conservazione della vita nel mondo. Chi ne abusa a scopi personali di solo godimento, defrauda la natura del suo diritto. Vuol godere escludendo le responsabilità inerenti. Oltre a ciò la mala soddisfazione riempie l’animo di turbamento e di ambascia, vi solleva una tempesta di ansietà e di voglie scomposte, vi prepara altre cadute. – Il cuore, che ci è dato per amare e perché serva da casto motore alle diverse attività della vita, vien prostituito a servire l’immondezza e la volgarità. Sicché invece di essere strumento di opere di amore, diventa stimolo di corruzione e tranello per le conquiste del vizio. – Quante vittime della corruzione del cuore si contano nella società! Dalla storia conosciamo alcuni casi di singolare gravezza; ma ogni giorno la folla viene, insidiata e travolta dalla esasperazione di certi cuori avviliti nella sconfitta, i quali perseguitano altri come per vendicarsi della propria viltà. – Il dono della vista, la capacità di vedere e osservare, vengono pure contaminati dal vizio impuro, che l’usa come provocante incentivo al fuoco della concupiscenza. Qui è lo spirito preso di mira, e l’occhio che guarda impudicamente e con il desiderio del male contamina e piaga l’animo e lo infesta di stimoli insani. – Il Signore Gesù mise in guardia contro il pericolo con quelle parole, che elevarono la morale umana dal fatto esteriore ad una consapevolezza intima. « Chiunque guarderà una donna, per desiderarla ha già commesso in cuor suo adulterio con essa ». Commenta san Giovanni Crisostomo: « È quanto dicesse di chi vuole fissarsi troppo curiosamente nelle bellezze corporee e andar a caccia di leggiadri visi e pascere l’anima di codesto spettacolo e piantare gli occhi nelle sembianze lusingatrici. « Non venne egli a trarre il corpo soltanto dalle malvagie azioni, ma prima provvide allo spirito; e, come riceviamo nel cuore la grazia del Paracleto; così tende tosto alla purificazione di esso. E con quali mezzi, domanderete, possiamo liberarci dalla concupiscenza? In una maniera energica assai; poiché volendolo davvero, possiamo estinguerla o contenerla almeno affinché non si sbrigli ».

VIGILANZA FIDUCIOSA

Chi non ha qualche esperienza degli effetti di certi sguardi procaci? Colui che anela di fermarsi con gli occhi nella bellezza dell’altrui volto, infiamma la fornace della colpa, avvince lo spirito e sospinge attivamente verso l’azione malvagia. Questa deleteria efficacia suaditrice viene esercitata nella vita sociale oggi dal cinema immorale, dove gli occhi hanno una parte sovrana. Attraverso questi passa tutto un mondo di peccato, di seduzione, di inganno; si introduce nello spirito un torrente di eccitazioni, di stimolanti arditi, frementi, che diventano poi un fomite insaziabile. I genitori lo sappiano sempre e ne tengano conto, con somma attenzione. – Per buona sorte vi ha un altro modo di vedere. Il Signore non condannò il guardare, ma quel particolare modo, che è accompagnato da desideri impuri. Dono prezioso è quello della vista; ed ha una funzione di gran rilievo nella vita dello spirito. Dalla serena visione delle cose veniamo invitati a salire verso il Creatore con moto spontaneo e diretto. Funzione sulla quale dobbiamo ammaestrare i giovani d’ogni età, perché, apprezzando la generosità del Signore, sappiano usare dei suoi infiniti doni con rispetto e con facile profitto. – Che cosa occorre dunque per riuscire a conservare il dominio dei sensi secondo la volontà di Dio? Santa Caterina da Siena scrivendo ad una religiosa spiega con una similitudine come chi ambisce conservare la purezza debba somigliare alle vergini savie, di cui parla san Matteo (XXV, 1-13). Esse avevano la lampada, l’olio e il lume, che è fuoco e luce. La lampada è il nostro cuore, stretto in basso e largo in alto, perché poco e ordinatamente si tenga rivolto a terra e si tenga ampiamente aperto verso il cielo. Sia riservato nei doveri della esistenza presente, sia generoso con quelli che toccano i nostri rapporti con Dio. L’olio è la virtù della umiltà, che potremmo anche dire della diffidenza di noi medesimi. Per merito di essa noi non ci induciamo a usare libertà di modi quando trattasi del pericolo impuro, non accostiamo persone, cose, pensieri capaci a sedurre la nostra fragile volontà; abbiamo paura di essa, diffidiamo della nostra abilità e forza di resistenza. Questa diffidenza porta al conoscimento di noi e di Dio. Conoscer bene la nostra miseria e concentrarci in questo pensiero esclusivamente, riuscirebbe noioso e pesante e ci condurrebbe a disperazione; perciò dobbiamo levarci verso Dio e studiare la sua grandezza e bontà. Questa al contrario ci rivelerà la sua generosità a nostro riguardo; sicché ci s’allarga il cuore e la speranza rinasce e cresce. – « Convienci dunque mescolare l’uno con l’altro insieme, cioè stare nel conoscimento santo della bontà di Dio e nel conoscimento di noi medesimi; e così saremo umili, pazienti e mansueti e a questo modo avremo l’olio nella lampada ».

PUREZZA È GARANZIA

Il fuoco, che divampa dall’olio è la carità, l’amore di Dio e del prossimo è la fede, cioè l’accettazione delle verità da Dio rivelate e le opere che ne sgorgano, quando essa è viva. Le opere fanno risplendere la fede, e dimostrano che è sincera e fiammante. Orbene la fede, che opera, mira ad affermare il dominio di Dio sulla nostra vita. E Dio con questo dà all’uomo il suo valore. Bisogna stare uniti a Lui e lavorare nel suo solco. Quanto è attraente l’esistenza indipendente dalle agitazioni e dai turbamenti del piacere! Tu vedi giovani e adulti, che camminano come sovrani per la strada del loro dovere. Li vedi sopportare le opposizioni delle condizioni esteriori con la calma e serenità di chi è padrone e sicuro. Come sarebbe meglio appoggiato che al volere di Dio? L a purezza del costume è la prima affermazione della sua volontà. Puoi vedere molte cose belle in un individuo: intelligenza, salute, carattere felice, resistenza al lavoro, posizione fortunata; se non ha correttezza del costume non andrà esente dal fallimento. La nostra sorte è come appesa a quella virtù. « Non far getto dell’eroe che è in te », ha scritto un filosofo sventurato. Ma più che di eroi abbiamo bisogno di uomini normali. Il progredimento della vita avviene per mezzo della fatica lenta, ma assidua e costante, più che con i gesti ammirabili. Uomini sereni e pazienti, calmi e casti occorrono; come di donne consapevoli della loro dignità e del valore della fede data. Abbiam bisogno di coscienze comprese della presenza di Dio e della santità imposta a ciascuno, per il bene di tutti. Senza la purezza non matura virtù, né la vita fa frutto.

[continua…]

Cardinal H. E. Manning: LA CRISI ATTUALE DELLA SANTA SEDE (1)

-Henry Edward Manning

LA CRISI ATTUALE DELLA SANTA SEDE

 [annunciata dalle profezie]

-In 4 LETTURE-

LONDON: PRINTED BY LEVEY, ROBSON, AND FRANKLIN. Grent New Street and Fetter Lane.

– MCCCLXI –

Prefazione e lettera di presentazione:

LONDRA:

BURNS & LAMBERT, 17 & 18 PORTMAN STREET, e 63 PATERNOSTER ROW;

KNOWLES, NORFOLK ROAD, BAYSWATER.

MDCCCLXI.

PER IL REVERENDISSIMO

JOHN HENRY NEWMAN, D. D.

DELLA CONGREGAZIONE DI SAN FILIPPO NERI.

Mio caro Dr. Newman,

Circa tre anni fa, hai gentilmente unito il mio nome al tuo nella dedica del tuo ultimo volume de “I Sermoni”. Lascia ora che ti dia una prova di quanta gratitudine abbia nell’essere stato in qualche modo unito a te, chiedendoti di farmi unire indegnamente  il tuo nome con il mio ancora una volta in questa impresa. Ma, come sai, il nostro vecchio patto non si è mai sciolto. Tu sei stato così gentile da annoverarmi come tuo amico di quasi trent’anni; e questo mi dice che siamo entrambi giunti al momento della vita in cui gli uomini possono oramai guardare indietro e misurare il percorso che hanno compiuto. Questo non è piccola cosa, in una vita attiva piena di eventi e di lavoro svolto in oltre un quarto di secolo e per una generazione intera di uomini. Con pochissime eccezioni, tutti gli uomini che hanno avuto credito e potere quando è iniziata la nostra amicizia, sono oramai passati, ed una nuova generazione è nata ed è cresciuta fino alla virilità da quando è entrata nella vita. – Gli uomini sono sempre tentati di pensare ai tempi in cui hanno vissuto intensamente, estendendoli poi anche alle altre età. Ma, pur tenendo conto di questa comune infermità, penso che non dovremmo sbagliarci nel considerare come eccezionalmente grandi i trent’anni che, iniziati con l’emancipazione cattolica, abbracciano la restaurazione dell’Episcopato cattolico in Inghilterra, e terminano con il movimento anticristiano dell’Europa contro la Sovranità Temporale della Santa Sede. Posso aggiungere che per me e per te, in questo periodo, si è avuto un altro alto e singolare interesse per il movimento intellettuale che è sorto principalmente ad Oxford, e si è fatto poi sentire in tutto il nostro Paese fino ai nostri tempi. Tu sei stato un capofila in questo lavoro, ed io sono un testimone della sua crescita. Sei rimasto a lungo a Oxford, anche con tutte le sue infermità tanto note ad entrambi; ma io mi sono tenuto ad una certa distanza, e ho dovuto operare da solo. Tuttavia, a te devo un debito di gratitudine per l’aiuto intellettuale e per il lume di uno degli uomini più grandi del nostro tempo; è un debito di sincera gratitudine per me poterlo ora pubblicamente riconoscere, anche se non posso in alcun modo ripagarlo. Tra le molte cose che danno un vivido e grande interesse in questo momento, c’è lo sviluppo pronunciato ed esplicito, in entrambe le parti, dei due grandi movimenti intellettuali, al cui corso abbiamo noi assistito  così a lungo.  C’è stato un tempo in cui coloro che ora si contrappongono – cioè i Cattolici, e i razionalisti – erano apparentemente in stretta e perfetta identità di vedute. Ma sotto l’apparenza di un’opinione comune giaceva celato, anche allora, l’antagonismo essenziale di due princîpi, la cui divergenza è tanto ampia quanto tra le menti degli uomini ne possa intercorrere tra la Fede Divina o l’opinione umana. – Ogni anno poi ha confermato con prove luminose le ragioni che a te e a me elevavano le convinzioni dell’intelletto alla coscienza della Fede, rivelandoci l’unità divina e le peculiarità dell’unica Chiesa di Dio, mentre alcuni tra quelli che erano al nostro fianco, o erano seduti ai nostri piedi, sono stati risucchiati, come per un moto ondoso, nell’anglicanesimo, nel protestantesimo, nel latitudinarismo, nel deismo razionalistico. Invece il carattere divino e la sovranità della Chiesa Unica Cattolica e Romana, con le prerogative del Vicario del Verbo Incarnato, si sono manifestati a noi in un’ampiezza e con una maestà che comanda l’amorevole obbedienza dell’intelletto, del cuore, della volontà, e di tutte le potenze vitali; altri che un tempo pur le amavamo, sono arrivati a trovare la loro linea principale di ristabilimento dello stato delle cose, in una politica che, per me, è semplicemente il preludio dell’Anticristo. La politica in Italia dell’Inghilterra non ha altro nome. E sono meravigliato che il grande popolo francese, così sensibile alla preminenza inglese, così geloso dell’influenza inglese, e così giustamente sprezzante delle assurdità del protestantesimo inglese, sia stato spinto a realizzare una politica in odio alla Francia cattolica, superando tutte le speranze dell’Inghilterra protestante. Spogliare la Santa Sede della sua sovranità temporale, è stata fin dai tempi di Enrico VIII, la passione dell’Inghilterra protestante; ma essa non ha mai sognato di realizzare il suo progetto prediletto per mano della Francia cattolica. Questo è un risultato che va ben oltre le attese. Avevo appena scritto questa frase quando ho letto il dibattito alla Camera dei Comuni sulla politica estera del governo. Non credo che né tu, né io, potremo mai essere sospettati di apologia delle carceri napoletane, che sono pessime come le nostre, almeno fino a qualche anno fa; o della tortura a Napoli, ammesso che vi sia qualche briciolo di verità, cosa di cui io dubito più che mai. Tu ed io non abbiamo certo timore di passare per amanti del dispotismo, o dell’assolutismo, o anche di un governo repressivo. Ma pensiamo entrambi di giudicare uno spettacolo malinconico, quando vedremo il modo in cui alla camera dei Comuni hanno eliminato le disposizioni su questi argomenti dalle leggi che hanno creato l’Europa cristiana, e da tutto ciò che è prezioso nella Costituzione inglese, per approvare una politica sovversiva della società europea. Il diritto delle nazioni, il diritto pubblico, i trattati stabiliti ed il possesso legittimo, sono senza dubbio, per la moderna scuola degli statisti, un nulla e restano senza significato. Sono nondimeno queste le realtà che legano la società; e costituiscono le prove morali mediante le quali si deve provare la giustizia in una causa. La politica che li viola è immorale; il suo fine è l’illegalità pubblica, e il suo successo sarà la sua stessa punizione. Ora ho una convinzione ancor più profonda che questo movimento anticattolico, guidato e stimolato dall’Inghilterra, avrà il suo successo perfetto e regnerà per un tempo supremo; e poi, forse prima di essere nelle nostre tombe, tutti coloro che vi hanno partecipato, principi, uomini di stato e persone, saranno flagellati, mediante un conflitto universale, dalla rivoluzione, da una guerra europea, della quale il 1793 e le guerre del primo impero, sono un pallido preludio. Ciò che mi fa più vergognare ed allarmare, è vedere quegli uomini che una volta credevano in un ordine superiore delle politiche cristiane, propagare ora contro la Santa Sede, la dottrina della nazionalità, e la legittimità della rivoluzione che, se applicata all’Inghilterra, non riuscirebbe a smembrare l’impero solo perché sarebbe soffocata nel sangue. Sembra come se gli uomini abbiano perso la loro luce. In quale altro modo possiamo infatti spiegare la cecità che non riesce a vedere che il conflitto tra Francia ed Austria ha indebolito la società cattolica d’Europa, e ha dato alla politica protestante dell’Inghilterra e della Prussia un predominio estremamente pericoloso? Non passerà molto tempo prima che scoppi una guerra europea che esaurisca i poteri della società cristiana, sia dei protestanti che dei Cattolici, e darà un fatale predominio alla società anticristiana, o alla rivoluzione, che in ogni dove sta preparandosi per l’ultima battaglia, e per la sua supremazia. La società cattolica d’Europa si indebolisce, la società cristiana a sua volta, tra breve cederà. Poi arriverà il flagello! La convinzione che avverto è che si stia abbattendo una imminente grande tribolazione sul movimento anticattolico di Inghilterra, Francia e Italia, il che è reso ancora più sicuro dal fatto che il punto critico dell’intero conflitto, la chiave di volta del tutto, e l’ultimo successo che si prefigge di ottenere, è la detronizzazione del Vicario del nostro Redentore. « Il potere temporale del Papa – ci viene detto – è stato il grande ostacolo alla pace dell’Italia e dell’Europa ». È questo che distribuisce e ordina i due elementi: « Qui non mecum, contra me est » [chi non è con me, è contro di me]. Essi avranno il loro giorno, e il Vicario di Gesù Cristo attenderà il suo tempo! « Si moram fecerit, expecta illum;  quia veniens veniet, et non tardabit » [se farà ritardo, aspettalo; perché verrà e non tarderà]. Nel frattempo l’Inghilterra si sta preparando al suo sfaldamento. Essa ha guidato l’incredulità dell’Europa, e sarà divorata dai suoi stessi seguaci. La Riforma ha fatto il suo lavoro su di essa. Il protestantesimo, come la camicia di Nesso, aderisce alla carne dell’Inghilterra, e il suo giorno arriverà infine. Ci è stato detto che l’uomo ha ottantatré parassiti che vivono sulla sua carne. La Chiesa anglicana allo stesso modo offre un “pabulum” ad ogni eresia e porta nel suo sistema ciò che la Chiesa vivente di Dio espelle e caccia via. In questo momento, nella Chiesa anglicana istituita, esiste in uno stato formale il Sabellianesimo, il Pelagianesimo, il Nestorianesimo, il Calvinismo, il Luteranesimo, lo Zwinglianesimo, il Naturalismo e il Razionalismo. Passo sopra una moltitudine di altre eresie meno formali, e nomino solo queste perché hanno un’esistenza definita e attiva nell’Istituzione, e si riproducono da sole. È l’inimicizia intrinseca di questa congerie di eresie che dirige il potere politico dell’Inghilterra contro la Chiesa Cattolica e, soprattutto, contro la Santa Sede; è essa che dà all’Inghilterra la malinconica pessima preminenza della “terra più anticattolica”, e quindi della più anticristiana potenza del mondo. – Nelle pagine che seguono mi sono sforzato, in modo certamente insufficiente, data la complessità dell’argomento, di mostrare che ciò che sta avvenendo nei nostri tempi sia il preludio del periodo anticristiano dell’ultima detronizzazione della cristianità e della restaurazione della società senza Dio nel mondo. Ma, prima o poi, così deve avvenire: « … Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di Lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato! ». (San Matt. XXVI, 24). Che Dio ci impedisca di condividere anche il silenzio nella persecuzione della sua Chiesa!

Credimi, mio caro Dr. Newman, con immutato affetto, tuo:

H. E. MANNING.

St. Mart’s, Bayswater,

Master 1861

LETTURA I

Sono ben consapevole del fatto che le verità e i principi della Rivelazione siano stati, per il comune consenso degli uomini pubblici, esclusi formalmente dalla sfera della politica, e che applicarli come prove agli eventi del mondo, sia considerata, in questi giorni, una debolezza mentale. Coloro che rifiutano la Rivelazione sono coerenti in tale giudizio; ma con quale coerenza essi professano di credere in una rivelazione del governo divino del mondo, e tuttavia acconsentono ad escluderlo dal campo della storia contemporanea, non posso dirlo. Sto quindi procedendo, prudens et videns, a scontrarmi con lo spirito popolare di questi tempi, ben sapendo di espormi al disprezzo o alla compassione di coloro che credono che il mondo sia governato solo dall’azione della volontà umana. A questo mi rassegno molto volentieri e senza turbamenti. La mia intenzione però, è quella di esaminare l’attuale relazione della Chiesa con le potenze civili del mondo alla luce di una profezia registrata da San Paolo, e di individuare alcuni princîpi di tipo pratico per la direzione di coloro che credono che la Volontà Divina sia presente anche negli eventi che stanno avvenendo davanti ai nostri occhi. Non sto per entrare nella esposizione dell’Apocalisse, o nel calcolo dell’anno della fine del mondo; questo lo lascio a coloro che sono chiamati a farlo. I punti che mi propongo invece di prendere in considerazione, sono pochi e pratici; ed il risultato che desidero raggiungere è un discernimento più chiaro di quali siano i princîpi cristiani, di ciò che è l’anticristo, e un apprezzamento più sicuro del carattere degli eventi dai quali la Chiesa e la Santa Sede sono attualmente provati. Paolo, scrivendo ai Tessalonicesi, dice: « … Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l’empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all’apparire della sua venuta, l’iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro un’operazione d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità. » (2 Thess. II. 3 – 11). –

Abbiamo qui dunque una profezia di quattro grandi fatti: – primo, di una rivolta, che precederà la seconda venuta del nostro Signore; – in secondo luogo, della manifestazione di colui che è chiamato « il malvagio »; – in terzo luogo, di un ostacolo, che limita la sua manifestazione; – e infine, del periodo del potere e della persecuzione di cui [il malvagio] sarà l’autore. Nel trattare questo argomento, non mi avventuro in esso con congetture personali, ma riporterò semplicemente ciò che trovo sia nei Padri della Chiesa, sia nei teologi che la Chiesa ha riconosciuto attendibili, e cioè: Bellarmino, Lessius, Malvenda, Viegas, Suarez, Ribera ed altri. –

In primo luogo, quindi, qual è la rivolta? Nell’originale si chiama ἀποστασία, “un’apostasia” e nella Vulgata, discordia o “fuoriuscita”. Ora una rivolta implica una separazione sediziosa da una data autorità ed una conseguente opposizione ad essa. Se riusciamo a trovare l’autorità, troveremo naturalmente anche la rivolta. Ora, ci sono nel mondo solo due “supreme Autorità”, quella civile e quella spirituale, e questa rivolta deve essere quindi o una sedizione o uno scisma. Inoltre, deve essere qualcosa che si svolga in un campo ampio, in proporzione ai termini ed agli eventi della predizione. – San Girolamo, con alcuni altri, interpreta questa rivolta come la ribellione delle nazioni o delle province contro l’Impero Romano. Dice: « Nisi venerit discessio …. ut omnes gentes quaæ Romano Imperio sujacent, recedant ab eis [se non viene la separazione … cosicché tutte le genti sottoposte all’Impero romano, si separano da esso] » (S. Hier. Ep. ad Algasiam).  Non è necessario esaminare questa interpretazione, in quanto gli eventi della storia cristiana la confutano: infatti si sono ribellati, ma non è apparsa nessuna manifestazione. Sembra che ci sia bisogno di poche prove che dimostrino che questa rivolta o apostasia sia una separazione, non dall’autorità civile, ma dall’ordine e dall’Autorità spirituale; i sacri Scrittori infatti ripetutamente parlano di una tale separazione spirituale; e in un punto San Paolo sembra espressamente dichiarare il significato di questa parola. Prevede a San Timoteo che nei giorni successivi, « τινὲς ἀποστήσονται ἀπὸ τῆς πίστεως (tines apostesontai apo tes pisteos)– alcuni partiranno o faranno apostasia dalla fede », [1 Tim. IV, 1] per cui sembra evidente che sia la stessa caduta spirituale ad essere significata dall’apostasia in questo luogo. L’Autorità, quindi, nei confronti della quale deve avvenire la rivolta, è quella del Regno di Dio sulla terra, profetizzato da Daniele, come il regno che il Dio del cielo dovrebbe istituire, dopo i quattro regni distrutti dalla “pietra staccata non per mano d’uomo”, e che diviene poi una grande montagna riempendo tutta la terra; o, in altre parole, l’unica e universale Chiesa fondata dal nostro Divin Signore e diffusa dai suoi Apostoli in tutto il mondo. In questo solo Regno soprannaturale fu depositato il vero e puro teismo, o la conoscenza di Dio, e la vera e unica Fede nel Dio incarnato, con le dottrine e le leggi della grazia. Questa, quindi, è l’Autorità verso cui è fatta la rivolta ed il distacco, e non è difficile comprenderne il carattere. Gli scrittori ispirati descrivono espressamente le sue note. La prima è lo scisma, come dice San Giovanni: « È l’ultima ora: e come tu hai sentito che l’Anticristo viene: anche ora ci sono molti Anticristi: per cui sappiamo che è l’ultima ora. Sono usciti da noi; ma non erano dei nostri. Perché se fossero stati dei nostri, senza dubbio sarebbero rimasti con noi. » (1 S. Giov. II, 18-19). –

La seconda nota è il rifiuto dell’ufficio e della presenza dello Spirito Santo. San Giuda dice: « tutto ciò che essi conoscono per mezzo dei sensi, (come animali senza ragione, questo serve a loro rovina (ψυχικοί (=psukikoi) – animale o uomini semplicemente razionali e naturali) » – « non avendo lo spirito » (S. Giud. 9). Ciò implica necessariamente il principio eretico dell’opinione umana in contrapposizione alla Fede divina; dello spirito privato come contrario alla voce infallibile dello Spirito Santo, che parla attraverso la Chiesa di Dio. – La terza nota è la negazione dell’Incarnazione. San Giovanni scrive: « Ogni spirito, che confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne è di Dio: e ogni spirito che non riconosce Gesù (negando cioè il mistero dell’Incarnazione, o il vero Dio, o la vera umanità, o l’unità ipostatica della divinità della Persona del Figlio incarnato) « non è da Dio, e questo è l’Anticristo, di cui tu hai sentito che è venuto, e ora è già nel mondo » Ancora una volta dice: « … Molti seduttori sono apparsi nel mondo, che non confessano che Gesù Cristo è venuto nella carne: questi è il seduttore e l’anticristo (2 Giov., 7) – Questi, quindi, sono i segni con i quali la Chiesa debba riconoscere, dalle sue caratteristiche, la rivolta dell’anticristo, o l’apostasia, forse distinti. Vedremo ora se esse possono essersi già verificate nella storia del Cristianesimo o nella posizione attuale della Chiesa nel mondo. Il primo punto che dobbiamo notare è che sia San Paolo che San Giovanni, dicono che questa rivolta dell’anticristo sia come già iniziata ai loro giorni. San Paolo dice: « Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene » (2 Tess. II, 7); e in modo ancora più esplicito San Giovanni, nei luoghi sopra citati, dice: « Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo (1 S. Giov. IV, 3). – E ancora: « Figlioli, questa è l’ultima ora. Come avete udito che deve venire l’anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l’ultima ora » (1 Giov. II, 18). – Dobbiamo guardare, quindi, agli inizi di questa rivolta iniziata nei tempi degli Apostoli. Lo spirito dell’Anticristo era già al lavoro non appena Cristo si fu manifestato al mondo. In una parola, quindi, si descrive il continuo lavorio dello spirito dell’eresia, che fin dall’inizio è stato parallelo alla Fede. È evidente che San Paolo e San Giovanni applicassero questi termini ai Nicolaiti, agli gnostici e simili. Le tre note dell’Anticristo: scisma, eresia, e la negazione dell’Incarnazione, erano manifesti in loro. Ugualmente esse sono applicabili ai Sabelliani, agli Ariani, ai Semiariani, ai Monofisiti, ai Monoteliti, agli Eutichiani, e all’eresia macedoniana. I princîpi sono identici; gli sviluppi vari, ma solo accidentali. E così, in tutti questi milleottocento anni, ogni successiva eresia ha generato uno scisma, ed ogni scisma ha generato l’eresia; tutti [eresie e scisma] allo stesso modo negano la Divina Voce dello Spirito Santo che parla continuamente attraverso la Chiesa; e tutti allo stesso modo sostituiscono l’opinione umana alla fede Divina; allo stesso modo tutti procedono, con alterno processo, ora un po’ più rapidamente, ora un po’ più lentamente, verso la negazione dell’Incarnazione del Figlio. Alcuni possono iniziare con questo fondamento fin dall’inizio, altri vi giungono con una trasmutazione lunga ed inattesa, come quella del protestantesimo sprofondato nel razionalismo; ma sono tutti identici come linea di principio, e sono identici anche nelle loro conseguenze estreme. Ogni epoca ha la sua eresia, infatti ogni articolo di fede negato inganna nella sua definizione, e il corso dell’eresia è graduale e periodico; varie sono materialmente le eresie, ma formalmente sono “unum”, sia in linea di principio che nell’azione; di modo che tutte le eresie fin dalla loro origine, non sono altro che lo sviluppo continuo e l’espansione del “mistero dell’iniquità” che era già all’opera fin dall’inizio. – Un altro fenomeno nella storia dell’eresia è il suo potere di organizzare e perpetuarsi, almeno fino a quando non si risolvesse in qualcosa di più sottile o in una forma più aggressiva: per esempio, l’arianesimo, che rivaleggiava con la Chiesa Cattolica di Costantinopoli, in Lombardia e nella Spagna; il Donatismo, che pareggiava con la Chiesa in Africa; il Nestorianismo, che ha superato per numero la Chiesa in Asia; il maomettanesimo, che ha punito e assorbito la maggior parte dei suoi antenati e ha stabilito, nell’Est e nel Sud, la più terribile potenza militare anticristiana che il mondo abbia mai visto; il protestantesimo, che si è organizzato come un ampio antagonismo politico nei confronti della Santa Sede, non solo al Nord ma, mediante la sua politica e la diplomazia, anche negli stessi Paesi Cattolici. A questo potere di espansione deve aggiungersi una certa morbosa e nociva riproducibilità. I fisiologi ci dicono che c’è una perfetta unità finale anche nelle innumerevoli malattie che assalgono il corpo; tuttavia, ogni malattia sembra generarsi e discendere da una propria corruzione e riproduzione fisiopatologica. Così è nella storia e nello sviluppo dell’eresia. Per restare ad esempio allo gnosticismo, all’arianesimo e, soprattutto, al protestantesimo, notiamo come tali eterodossie abbiano generato ciascuna una moltitudine di eresie subordinate ed affiliate. Ma è il protestantesimo che, soprattutto, mostra le tre note degli scrittori ispirati nella sua più grande ampiezza e con certa evidenza. Altre eresie si sono opposte a parti e a dettagli della Fede e della Chiesa cristiana; ma il protestantesimo, preso nel suo complesso storico, come siamo in grado di valutarlo oggi con una retrospezione di trecento anni, giungendo dalla religione di Lutero, Calvino e Cranmer, sviluppata nel Razionalismo e nel Panteismo dell’Inghilterra da una parte, e della Germania all’altra, è l’antagonista più formale, dettagliato ed ostinato del Cristianesimo. Non intendo dire che esso abbia ancora raggiunto il suo pieno sviluppo, perché vedremo che ci sono ragioni per credere che ci siano margini per un futuro ancora più oscuro; ed anche se « il mistero dell’iniquità è già in opera », nessun altro antagonista è andato così in profondità nel minare la fede del mondo cristiano. Non pretendo di scrivere un trattato sulla riproduttività del protestantesimo; ce n’è abbastanza però per fissare determinati fatti ovvii nella storia intellettuale degli ultimi trecento anni, e che cioè il socinismo, il razionalismo e il panteismo sono la progenie legittima delle eresie luterane e calviniste; e che l’Inghilterra protestante, la meno intellettuale e razionalmente la meno consistente tra i paesi protestanti, offra in questo momento un ricco pabulum per la comunicazione e la riproduzione di questi spiriti di errore. Tutto ciò che desidero sottolineare è questo, per usare una frase moderna: che il movimento dell’eresia è unico e lo stesso fin dall’inizio: che  gli gnostici erano i protestanti del loro tempo e i protestanti sono gli gnostici di oggi;  che il principio è sempre lo stesso, ma il corpo del movimento si è evoluto fino a maggiori proporzioni; i suoi successi si sono accumulati mentre il suo antagonismo verso la Chiesa Cattolica è rimasto immutabile ed essenziale. Ci sono due conseguenze o operazioni di questo movimento così strano e così pieno di importanza, in base alla sua relazione con la Chiesa, per cui non posso passarli oltre. La prima è lo sviluppo e il culto del principio della nazionalità, che è sempre stato trovato in combinazione con l’eresia. – Ora, l’Incarnazione ha abolito tutte le distinzioni nazionali all’interno della sfera della grazia, e la Chiesa ha assorbito tutte le Nazioni nella sua unità soprannaturale. Una fonte unica della giurisdizione spirituale e una voce divina, tenevano insieme le volontà e le azioni di una famiglia di Nazioni. Prima o poi, ogni eresia si è identificata con la Nazione in cui è sorta, ha vissuto con il supporto dei poteri civili, incarnando la rivendicazione dell’indipendenza nazionale. Questo movimento, che è la chiave del cosiddetto grande scisma d’Occidente, è anche il rationale della Riforma; e gli ultimi trecento anni hanno dato uno sviluppo ed un’intensità allo spirito di separatismo nazionale, di cui ancora non vediamo nulla più che dei preludi. Non ho bisogno di indicare come questo nazionalismo sia essenzialmente scismatico, o che debba essere visto non solo nella Riforma anglicana, ma nelle libertà gallicane e nelle contese del Portogallo in Europa e in India, per non citare altro. Ora ho sottolineato questa caratteristica dell’eresia perché essa verifica uno dei tre marchi sopra menzionati. Se l’eresia nell’Individuo dissolve l’unità dell’Incarnazione, l’eresia in una Nazione dissolve l’unità della Chiesa, che è costruita sull’Incarnazione. E in questo vediamo un significato più vero e più profondo delle parole di San Girolamo di quanto non lo avesse previsto neanche egli stesso. Non si tratta della rivolta delle nazioni dall’Impero Romano, ma l’apostasia delle Nazioni dal Regno di Dio, che fu eretto sulle sue rovine. – E questo processo di defezione nazionale, che è iniziato apertamente con la Riforma protestante, è in corso, come vedremo in seguito, anche in Nazioni ancora nominalmente cattoliche; e la Chiesa deve riprendere il suo carattere medievale di madre delle Nazioni, tornando di nuovo nella sua condizione primitiva di una società di membri sparsi tra i popoli e le città del mondo. – L’altro risultato di cui ho parlato come conseguenza della successiva opera dello spirito eretico, è la deificazione dell’umanità. Questo lo possiamo constatare in due forme distinte: nelle filosofie panteistica e positivista; o piuttosto nella religione del positivismo, l’ultima aberrazione di Comte. Sarebbe impossibile in questo luogo dare un resoconto adeguato di questi due sviluppi terminali dell’incredulità; per fare ciò ci sarebbe bisogno di un trattato. Sarà però abbastanza esprimere, in modo popolare, il profilo di queste due forme di empietà anticristiana. Prendo l’espressione del Panteismo della Germania da due dei suoi moderni espositori, nei quali si può dire che esso culmini. Ci è stato detto che « Prima del tempo in cui è iniziata la creazione, possiamo immaginare che una mente infinita, un’essenza infinita o un pensiero infinito (perché qui tutti questi sono un “uno”), ha riempito tutto lo spazio dell’universo. Questo, quindi, come l’auto-esistente Uno, deve essere l’unica realtà assoluta; tutto il resto non può che svilupparsi dell’unico essere originale ed eterno …. Questa essenza primaria non è … una sostanza infinita, che ha le due proprietà di estensione e di pensiero, ma un infinito che agisce, produce, si sviluppa da sé come mente, anima vivente del mondo. »  – « Se possiamo vedere tutte le cose come lo sviluppo del principio originale e assoluto della vita, della ragione o dell’essere, allora è evidente come al contrario possiamo individuare i segni dell’assoluto in ogni cosa esistente, e di conseguenza, possiamo indagarli nelle operazione delle nostre menti, come una particolare fase di una sua manifestazione. » – Nella filosofia pratica abbiamo tre movimenti: il primo è quello in cui l’intelligenza attiva si mostra operante all’interno di un circuito limitato, come in una singola mente. Questo è il principio dell’individualità, non come se l’intelligenza infinita fosse qualcosa di diverso dal finito, o come se ci fosse un’intelligenza infinita fuori e separata dal finito, ma è semplicemente l’assoluto in uno dei suoi momenti particolari; proprio come un pensiero individuale è solo un singolo momento di tutta la mente. Ogni motivo finito, quindi, non è che un pensiero della ragione infinita ed eterna. – Essendo così l’essenza assoluta ogni cosa, è veramente eliminata ogni differenza tra Dio e l’universo; e il Panteismo diventa completo, « come l’assoluto si è evoluto dalla sua forma più bassa alla più alta, secondo la legge o il ritmo del suo essere, il mondo intero, materiale e mentale, diventa un’enorme catena di necessità, a cui nessuna idea di creazione libera può essere applicata. » (Vedi: account of the German school, Schelling, Hegel, and  Hillebrand, in Morell’s History of Modern Philosophy, vol. II, pp. 126-147). – Ed ancora: « … La divinità è un processo che va avanti ma non è mai compiuto, anzi, la coscienza Divina è assolutamente “una” con la coscienza avanzata dell’umanità. La speranza dell’immortalità è vana, poiché la morte non è che il ritorno dell’individuo all’infinito (come l’ensof cabalista – ndr. -), e l’uomo è annientato, sebbene la Divinità vivrà eternamente. Ancora: « La divinità è il processo eterno di auto-sviluppo così come realizzato nell’uomo; la coscienza divina e umana procedono assolutamente insieme. » – « … La conoscenza di Dio e delle sue manifestazioni forma l’argomento della teologia speculativa. … Di queste manifestazioni ci sono tre grandi ambiti di osservazione: la natura, la mente e l’umanità. In natura vediamo l’idea divina nella sua espressione più bassa; nella mente, con i suoi poteri, le facoltà, i sentimenti morali, libertà, ecc., lo vediamo nella sua forma più alta e più perfetta; infine, nell’umanità vediamo Dio, non solo come Creatore e sostenitore, ma anche come padre e guida. » – « … L’anima è uno specchio perfetto dell’universo, e dobbiamo solo guardarlo con grande attenzione  per scoprire tutta la verità che è accessibile all’umanità. Ciò che sappiamo di Dio, quindi, può essere solo questo che ci è stato originariamente rivelato da Lui nella nostra mente ». (Ibid. pag. 225). – Ho citato questi estratti per mostrare come il sistema soggettivo del giudizio privato si risolva in un legame legittimo con il puro panteismo razionalistico. – Concluderò con poche parole sul “positivismo” di Comte, e  affinché non sembri che distorca o colori autonomamente questa forma di aberrazione, la citerò con le parole stesse dell’autore. In primo luogo, dunque, egli descrive la filosofia positiva come segue: « Dallo studio dello sviluppo dell’umana intelligenza, in tutte le direzioni e attraverso tutti i tempi, si scopre che essa nasce da una grande legge fondamentale, alla quale è necessariamente soggetta e che ha un solido fondamento di prove, sia nei fatti della nostra organizzazione, che nella nostra esperienza storica. La legge è questa: che ciascuna delle nostre idee principali, in ogni ramo della nostra conoscenza, passa successivamente attraverso tre diverse condizioni teoriche: la teologica o fittizia; la metafisica o astratta; e la scientifica o positiva. In altre parole, la mente umana per sua natura impiega nel suo progresso tre metodi di filosofare, il cui carattere è essenzialmente diverso e anche radicalmente opposto, vale a dire: il metodo teologico, il metafisico, e il positivo. Quindi sorgono tre filosofie, o sistemi generali di concezioni sull’aggregato dei fenomeni, ognuno dei quali esclude gli altri. Il primo è punto di partenza necessario per la comprensione umana, e il terzo è il suo fisso e definito stato. Il secondo è semplicemente uno stato di transizione. » – « … Nello stato teologico, la mente umana, cercando la natura essenziale degli esseri, la causa primo ed il fine (l’origine e lo scopo) di tutti gli effetti – insomma, la conoscenza assoluta – suppone che tutti i fenomeni siano il prodotto dall’azione immediata di esseri soprannaturali ». – « Nello stato metafisico, che è solo una modifica del primo, la mente suppone invece degli esseri soprannaturali, delle forze astratte, delle entità vere (cioè astrazioni personificate), inerenti a tutti gli esseri, e capaci di produrre tutti i fenomeni. Ciò che è chiamato la spiegazione dei fenomeni è, in questo stadio, un semplice riferimento di ogni cosa ad una propria entità. » – « … Nello stato finale, lo stato positivo, la mente ha dedotto dalla ricerca, dopo le nozioni assolute, l’origine e la destinazione dell’universo e le cause dei fenomeni, e si applica allo studio delle loro leggi, cioè le loro invariabili relazioni di successione e di somiglianza. Ragionamento e osservazione, debitamente combinati, sono i mezzi di questa conoscenza. Quel che si intende, quando parliamo di una spiegazione di fatti, è semplicemente l’istituzione di una connessione tra singoli fenomeni e alcuni fatti generali, il cui numero diminuisce continuamente con il progresso della scienza ». (Positive Philosophy, vol. I. c. 1.).  Da ciò si osserverà che la credenza in Dio è avvenuta durante il primo periodo “fittizio” della ragione umana. Tuttavia, dopo il completamento della sua filosofia, Comte percepisce la necessità di una religione. Ed infatti il suo “Catechismo della religione positiva”, così inizia: «Nel nome del passato e del futuro, i servitori dell’Umanità – sia il filosofo che i servitori pratici – si sono fatti avanti per reclamare come sia a loro dovuta la direzione generale di questo mondo. Loro oggetto è, nel lungo, costituire una vera Provvidenza in tutti gli ambiti, morale, intellettuale e materiale. » Di conseguenza essi escludono, una volta per sempre, dalla supremazia politica tutti i diversi servi di Dio – il Cattolico, il Protestante o il Deista – come contemporaneamente arretrati e causa di disturbo (Catechism of Positive Religion, Preface). – Ma nella misura in cui non ci possa essere religione senza adorazione, e adorazione senza Dio, poiché in tal sistema non c’è Dio, Comte aveva bisogno di trovare o creare una “divinità”. Ora, dal momento che non c’è Dio, non può esserci alcun essere più in alto dell’uomo, e nessun altro oggetto di culto più elevato dell’umanità. « … Gli esseri immaginari che la religione introdusse provvisoriamente per i suoi scopi furono in grado di ispirare vivacemente i sentimenti nell’uomo, sentimenti che divennero anche più potenti sotto il sistema meno elaborato del fittizio. L’immensa preparazione scientifica richiesta come introduzione al positivismo per lungo tempo sembrò privarlo di una così valida attitudine. Mentre l’iniziazione filosofica comprendeva solo l’ordine del mondo materiale, anzi, persino quando si era esteso all’ordine degli esseri viventi, esso poteva rilevare solo le leggi che erano indispensabili per la nostra azione, e non potrebbe fornirci alcun oggetto diretto per un affetto duraturo e costante. Questo non è più il caso dal completamento della nostra graduale preparazione con l’introduzione dello studio speciale sull’ordine dell’esistenza dell’uomo, sia come individuo che come società. Questo è l’ultimo passaggio del processo. Siamo ora in grado di condensare tutte le nostre concezioni positive nell’unica idea di un Essere immenso ed eterno, l’Umanità, destinato dalle leggi sociologiche al costante sviluppo sotto l’influenza preponderante delle necessità biologiche e cosmologiche. Questo è il vero grande Essere da cui tutti, siano essi individui o società, dipendono come dal primo motore della loro esistenza, e che diventa il centro dei nostri affetti; essi si appoggiano ad esso con un impulso spontaneo come il nostro pensiero e le nostre azioni. Questo Essere, per sua stessa idea, suggerisce immediatamente la sacra formula del Positivismo; « Amore come nostro principio, Ordine come nostra base, e Progresso come nostro fine ». La sua esistenza composita è sempre fondata sulla libera concorrenza di volontà indipendenti. Tutta la discordia tende a dissolvere quella esistenza che, per la sua stessa nozione, sancisce il costante predominio del cuore sull’intelletto, come unica base della nostra vera unità. – Quindi l’intero ordine delle cose d’ora in poi trova la sua espressione nell’essere di chi lo studia e di chi lo perfezionerà sempre. La lotta dell’Umanità contro le influenze combinate delle necessità che è obbligata ad obbedire, crescendo come fa in energia e successo, rende il cuore, non meno dell’intelletto, un oggetto di contemplazione migliore di quello capriccioso e negativo del suo precursore teologico, capriccioso proprio della forza della parola onnipotenza. Un tale Essere Supremo è più alla portata dei nostri sentimenti e delle nostre concezioni, poiché è identico per natura ai suoi servitori e allo stesso tempo è superiore a loro. » – « … Devi definire l’umanità come l’insieme degli esseri umani, passati, presenti e futuri. La parola “intero” indica chiaramente che non devi prendere tutti gli uomini, ma solo quelli che sono veramente capaci di assimilazione, in virtù di una vera cooperazione in quella parte che promuove il bene comune. Tutti sono necessariamente figli nati dall’Umanità, ma non tutti diventano suoi servi. Molti rimangono nello stato di parassitaggio, che, scusabile durante la loro educazione, diventa colpevole quando tale educazione sia completa. I periodi di anarchia portano avanti a sciami creature del genere, anzi, permettono loro persino di prosperare, sebbene siano, nella triste realtà, un aggravio sul vero Grande Essere. (Catechism of Positive Religion, pp. 63, 74). – Si osserverà che sia il Panteismo sia il Positivismo finiscano nella deificazione dell’uomo; sono di un egotismo sconfinato e rappresentano l’apoteosi dell’orgoglio umano. – Non mi dilungherò oltre su questo punto; ho dovuto menzionarlo solo perché dovrò fare riferimento ad esso nel prosieguo. Ora riassumo brevemente ciò che ho detto: – Noi vediamo che è predetto che, prima della manifestazione dell’ultimo grande antagonista di Dio e del Figlio suo incarnato, ci debba essere una rivolta e una caduta; abbiamo visto che l’Autorità verso la quale la rivolta debba essere fatta è manifestamente quella della Chiesa di Dio, e che sarà una rivolta recante le tre note di: scisma, eresia e diniego dell’Incarnazione; abbiamo visto anche che questo movimento anticristiano fosse già all’opera anche ai tempi degli Apostoli; che abbia operato sin da allora in molteplici forme e in tempi diversi, e con i più diversi e persino contraddittori sviluppi, ma che tuttavia sia sempre lo stesso identico in linea di principio e in antagonismo con l’Incarnazione e con la Chiesa. È evidente che questo movimento abbia accumulato i suoi risultati di età in età, e che in questo momento sia più maturo ed abbia una statura maggiore, un potere più grande e un antagonismo più formale verso la Chiesa e la Fede che mai. – Si è legato all’orgoglio dei governi, per via del nazionalismo, e degli individui dalla filosofia e, sotto le forme del protestantesimo, della civiltà, della laicità; ha organizzato un vasto potere anticattolico nell’est, nel nord e nell’ovest dell’Europa. Di fatto, cattolico ed anticattolico descrivono i due schieramenti. Temo di dover aggiungere, Cristiano ed anticristiano. E questo è uno dei miei scopi essenziali, nel trattare l’argomento; perché sono convinto che le moltitudini vengano portate via, non sapendo dove vanno, da un movimento essenzialmente opposto a tutte le loro migliori e più profonde convinzioni, perché non sono in grado di discernere il suo vero principio ed il suo carattere. Nell’attuale panorama dell’opinione popolare dell’Europa contro la Santa Sede ed il Vicario di Gesù Cristo, si può distinguere l’istinto dell’Anticristo. Le rivoluzioni in Italia, sostenute dallo spirito anticattolico del continente e dalla politica dell’Inghilterra, stanno adempiendo alle profezie e confermando la nostra Fede. Ma spero di mostrare tutto questo più pienamente più oltre. Sembra inevitabile l’inimicizia di tutte le Nazioni che sono separate dall’unità cattolica e sono penetrate dallo spirito della Riforma, cioè dallo spirito del “giudizio privato” in opposizione alla Voce Divina della Chiesa vivente e dall’incredulità che ha bandito la presenza eucaristica del Verbo Incarnato che dovrebbe essere concentrata sulla persona che è Vicario e Rappresentante di Gesù, e sul Corpo che è testimonianza, da sola, dell’Incarnazione, e di tutti i suoi misteri di verità e di grazia. Tale è l’unica Chiesa Cattolica e Romana, e tale è il Sommo Pontefice, il suo Capo visibile. Tali, nelle parole della Sacra Scrittura, sono i due misteri della pietà e dell’empietà. Tutte le cose stanno mettendo in luce ed in risalto i due poteri estremi che dividono i destini degli uomini. Il conflitto è un semplice antagonismo tra Cristo e l’Anticristo; i due schieramenti si stanno ordinando, gli uomini scelgono i loro princîpi … o forse gli eventi scelgono per loro; e stanno inconsapevolmente andando alla deriva seguendo correnti di cui non hanno consapevolezza alcuna. La teoria, secondo cui la politica e la Religione hanno delle sfere diverse, è un’illusione e una trappola. Perché la storia può essere veramente letta unicamente alla luce della Fede; e il presente può essere interpretato solo dalla luce della Rivelazione: poiché sopra le volontà umane che sono ora in conflitto, c’è una Volontà, sovrana e divina, che sta conducendo tutte le cose a compiere il proprio fine perfettamente.

SALMI BIBLICI “EXAUDI, DOMINE JUSTITIAM MEAM” (XVI)

Salmo 16: “Exaudi Domine, justitiam meam”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée. 

TOME PREMIER.

PARIS

LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

SALMO XVI

Oratio David.

[1] Exaudi, Domine, justitiam meam;

intende deprecationem meam.

[2] Auribus percipe orationem meam, non in labiis dolosis.

[3] De vultu tuo judicium meum prodeat; oculi tui videant aequitates.

[4] Probasti cor meum, et visitasti nocte; igne me examinasti, et non est inventa in me iniquitas.

[5] Ut non loquatur os meum opera hominum: propter verba labiorum tuorum, ego custodivi vias duras.

[6] Perfice gressus meos in semitis tuis, ut non moveantur vestigia mea.

[7] Ego clamavi, quoniam exaudisti me, Deus; inclina aurem tuam mihi, et exaudi verba mea.

[8] Mirifica misericordias tuas, qui salvos facis sperantes in te.

[9] A resistentibus dexteraæ tuæ custodi me, ut pupillam oculi.

[10] Sub umbra alarum tuarum protege me, a facie impiorum qui me afflixerunt.

[11] Inimici mei animam meam circumdederunt; adipem suum concluserunt; os eorum locutum est superbiam.

[12] Projicientes me nunc circumdederunt me; oculos suos statuerunt declinare in terram.

[13] Susceperunt me sicut leo paratus ad prædam, et sicut catulus leonis habitans in abditis.

[14] Exsurge, Domine: praeveni eum, et supplanta eum; eripe animam meam ab impio. Frameam tuam ab inimicis manus tuæ.

[15] Domine, a paucis de terra divide eos in vita eorum; de absconditis tuis adimpletus est venter eorum.

[16] Saturati sunt filiis, et dimiserunt reliquias suas parvulis suis.

[17] Ego autem in justitia apparebo conspectui tuo; satiabor cum apparuerit gloria tua.

SALMO XVI.

[Vecchio Testamento secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

Il giusto, ingiustamente perseguitato, prega Dio di liberarnelo.

Orazione di David.

1. Esaudisci, o Signore, la mia giustizia; dà udienza alle mie preghiere.

2. Porgi le orecchie alla orazione, che io fo con labbra non fraudolente.

3. Dalla tua faccia venga la mia giustificazione; gli occhi tuoi rivolgansi verso dell’equità.

4. Hai fatto saggio il mio cuore, e nella notte lo hai visitato; col fuoco hai fatto prova di me, e non si è trovata in me iniquità.

5. Affinché la mia bocca non parli secondo il fare degli uomini; per riguardo alle parole delle tue labbra io ho battuto vie faticose.

6. Reggi tu fortemente i miei passi ne’ tuoi sentieri, affinché i piedi miei non vacillino.

7. Io alzai, o Dio, le mie grida, perché tu mi esaudisti; porgi a me la tua orecchia, e ascolta le mie parole.

8. Fa bella mostra di tue misericordie, o Salvator di coloro che sperano in te.

9. Da color che resistono alla tua destra tienmi difeso come la pupilla dell’occhio.

10. Cuoprimi all’ombra delle ali tue: dalla faccia degli empi, che mi hanno afflitto.

11. I miei nemici han circondata l’anima mia. Hanno chiuse le loro viscere; la loro bocca ha parlato con arroganza

12. Dopo di avermi rigettato adesso mi han circondato; si studiano di tener gli occhi loro rivolti alla lena.

13. Stanno intenti a me come un leone inteso alla preda e come un leoncino, che sta in agguato in luoghi nascosti.

14. Levati su, o Signore, previenilo, gettalo a terra; libera colla tua spada l’anima mia dall’empio,

15. Da’ nemici della tua mano. Separali, o Signore, nella lor vita da que’ che sono in piccol numero sulla terra;

16. il loro ventre è ripieno dei beni tuoi. Hanno numerosa figliolanza, e lasciano i loro avanzi ai lor bambini.

17. Ma io mi presenterò al tuo cospetto con la giustizia, sarò satollato all’apparire della tua gloria.

Sommario analitico

Questo salmo, è stato composto probabilmente durante la persecuzione di Saul, piuttosto che quella di Assalonne, perché Davide vi parla della sua innocenza [In senso spirituale questo salmo può essere applicato a Nostro Signore nel tempo della sua Passione; Egli è in effetti nello stesso tempo il giusto per eccellenza, ed il peccatore per eccellenza. Questo salmo può essere applicato alla Chiesa e ad ogni giusto in questa terra, egualmente perseguitato, giusto in un senso, colpevole nell’altro];

Davide chiede a Dio di essere liberato dalla persecuzione di Saul:

I° per due motivi che gli sono propri:

1) la sua innocenza e la sua giustizia;

2) la sua ardente preghiera;

II. Per quattro ragioni estrapolate dagli attributi di Dio:

1) la sua giustizia,

a) che considera i combattenti con un occhio sorvegliante, a riguardo di ciò che vi è di equo nella loro causa (3); b) che ha penetrato il suo cuore, l’ha messo alla prova e lo ha trovato innocente nei suoi pensieri, nelle sua parole e nelle sue azioni (4); c) che accorda alla sua preghiera la costanza e la perseveranza nel bene.

2) La sua misericordia mirabile che si esercita in favore di coloro che sperano in Dio (7).

3) La sua potenza, che egli implora domandando a Dio:

a) che la conservi con cura, con amore, come la pupilla dell’occhio (8);

b) che la metta al riparo da ogni pericolo all’ombra delle sue ali (9);

c) che si mostri: 1) terribile per i suoi nemici che sono numerosi, crudeli, arroganti (10), astuti ed impietosi (11), furiosi e pieni di malizia (12); 2) efficace, venendo in soccorso dei giusti, prevenendo gli sforzi degli empi, e liberandolo dalle loro mani (13), separandoli dal piccolo numero dei fedeli servitori (14), affinché non possano opprimerlo con le loro ricchezze e la loro abbondanza (15, 16).

4) La sua fedeltà, per la quale:

a) Egli dà al giusto la sua felicità eterna;

b) colma tutti i suoi desideri e li riempie di gioia per la visione chiara dei cieli.

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1, 2.

ff. 1, 2. – Gesù Cristo l’unico di cui la giustizia merita di essere esaudita, e per la quale noi possiamo sperare che le nostre preghiere siano ascoltate, « Voi siete stabiliti in Gesù Cristo che ci è stato dato da Dio come nostra saggezza, nostra giustizia, nostra santificazione e nostra redenzione » (Cor. I, 30). – Questa preghiera condanna: .1° l’ipocrita che sembra pregare, e che vuole imporsi agli uomini con una falsa pietà; .2° l’uomo attaccato ai beni della terra che chiede questi beni a Dio, senza mettersi in pena nel sollecitare le grazie della salvezza; .3° colui che prega tiepidamente e senza unire i sentimenti della sua anima alle formule della sua preghiera (Berthier). – Pregare con labbra ingannevoli, è « onorare Dio con le labbra, mentre il cuore è lontano da Lui » (S. Matt. XV, 8). – Le ragioni per le quali Dio esaudisce la preghiera dei giusti è: – 1) Egli è un giusto giudice; – 2) il giusto ha sempre ascoltato docilmente la voce di Dio che lo chiamava; – 3) l’uomo giusto offre a Dio in un’anima santa come un aroma prezioso in un vaso d’oro; la sua vita come una preghiera interpretativa: « Le nostre preghiere, dice San Cipriano, salgono rapidamente verso Dio, quando esse sono sostenute dai meriti delle nostre opere buone ».

ff. 3. – La luce del volto di Gesù Cristo nel giorno del giudizio: raggi brucianti vivi e che consumano i peccatori, mentre i raggi di questa stessa luce sono dolci e gradevoli ai giusti (Duguet).

ff. 4, 5. – È duro per l’impudico osservare la continenza, la temperanza è dura per colui che si abbandona all’ubriachezza, così è dura al maldicente il dire bene di suo fratello; ed in generale il giogo della legge sembra duro a tutti gli uomini che vogliono godere della propria libertà. Quanti periscono in seguito alla loro vita facile e dolce, e così tanto pochi pervengono alla vita del cielo perché incapaci di sopportare i pesi severi della vita diretti dalla sante regole della virtù! Ascoltiamo il Re-Profeta: « A causa delle parole della vostra bocca, ho battuto delle vie difficili ». Egli chiama delle vie dure e difficili i Comandamenti che ci sono stati imposti per condurre un’anima alla perfezione. Quanto di più difficile è, in effetti, volgere la guancia sinistra a colui che vi batte sulla destra? Cosa di più duro c’è per colui che è nudo, non domandare nulla al suo rapitore? Cosa di più severo che cedere la propria tunica a colui che ha preso il mantello, che opporre le benedizioni alle maledizioni, la preghiera agli oltraggi, l’amore all’odio? Ma queste vie dure e difficili ci conducono nel dolce seno di Abramo (S. Basilio, in Is. c.VIII). – Il mondo ha egli stesso delle vie dure e penose, ma ei vi cammina perché viene dominato dalle proprie passioni, perché è schiavi delle proprie passioni, perché è abbandonato al demone dell’avarizia, ed è così che si porta il peso del mondo, invece di seguire le vie dure e penose della Religione che vuole attaccarsi esattamente alle parole di Gesù Cristo ed ai suoi consigli (Bourdal, Tresor caché dans la Rel.). – Voi avete provato il mio cuore per vedere ciò che io in fondo sono, Voi avete fatta l’esperienza della mia sincerità, mi avete visitato la notte ed esaminato nel fuoco; perché ci sono due occasioni in cui il cuore si mostra scoperto, nel tempo delle tenebre e in quello delle tribolazioni (Bellarm.). – Non è soltanto con il nome della “notte” che bisogna chiamare la tribolazione, a motivo del turbamento che essa porta d’ordinario, ma ancora con il nome di “fuoco”, perché essa brucia; sottomesso a questa prova, io sono stato trovato giusto (S. Agost.). – mi è arrivata la sofferenza, poi verrà anche il riposo; mi è venuta la tribolazione, verrà anche il momento in cui io sarò mondo da ogni peccato, come l’oro brilla nel crogiuolo dell’orafo. Esso brillerà su un monile, su qualche ornamento, ma è necessario che sopporti la fiamma del crogiuolo, per arrivare alla luce che è depurata da ogni miscuglio impuro. In questo crogiuolo, c’è della paglia, c’è dell’oro, c’è del fuoco; l’orafo accende la fiamma, la paglia brucia nel crogiuolo, mentre l’oro si purifica; la paglia è ridotta in cenere e l’oro è liberato da ogni miscuglio impuro. Il crogiuolo è il mondo; la paglia sono gli empi; l’oro i giusti; il fuoco, le tribolazioni; l’orafo è Dio. Ciò che vuole l’orafo, io faccio; dove mi pone l’orafo, io resto pazientemente: a me il compito di sopportare, a Lui la scienza nel purificarmi (S. Agost.). – Ci si provi ad esaminarsi con il pensiero del fuoco dell’inferno: che questo fuoco serva ad eccitare in noi un altro fuoco ed a spegnere ancora un terzo fuoco: cioè che ecciti in noi il fuoco della carità, e spenga il fuoco della cupidigia (S. Agost.).

ff. 5. –  Chi di noi può dire: Signore, Voi mi avete provato, mi avete esaminato, soprattutto nei tempi delle avversità, e non avete trovato che sulla mia bocca io abbia usato il linguaggio degli uomini, che non mi sia dato al pianto ed ai mormorii; Voi avete al contrario trovato che, conformemente alla vostre sante leggi, io sono rimasto tranquillo e sottomesso in questo cammino così contrario alla natura? (Berthier). Levarsi al di sopra degli altri, ammassare più ricchezze che si possa, gioire dei piaceri della vita, etc., è linguaggio o piuttosto sono opere degli uomini, mediante le quali la bocca di un Cristiano non deve mai parlare (Duguet). – Due tipi di strade vi sono: una larga, spaziosa, molto frequentata, che conduce alla perdizione; l’altra, il sentiero stretto, scosceso, solitario e rude, ove il giusto si arrampica più che camminare; è il cammino che conduce alla vita. Questa via è dura e penosa, – 1° perché essa è rada e montuosa: « la terra nella quale state per entrare non è come la terra d’Egitto, è una terra di montagne e di pianure, che attende le piogge dal cielo » (Deut. XI, 10-11); – 2° Essa è dura e penosa perché noi siamo deboli; – 3° essa è pur rada e penosa poiché dobbiamo camminarvi caricati della croce di Gesù Cristo (Matt. X, 38); – 4° essa è dura e penosa perché piena di nemici congiurati contro di noi. – Si seguano queste vie, non per alcuna considerazione umana, ma unicamente per obbedire a Dio, e a causa delle parole che sono uscite dalle sue labbra.

ff. 6. – C’è un bisogno pressante e continuo che Dio ci rafforzi in questo cammino scivoloso a causa dei costumi e della corruzione del secolo, che ne fa cadere così grande numero (Duguet). – Tutta la vita cristiana, tutta l’opera della nostra salvezza, è una sequela continua di misericordia, ma è soprattutto nella vocazione che ci previene e nella perseveranza finale che ci corona, che la bontà che ci salva si nota propriamente con una connotazione incisiva e particolare (Bossuet, Or. Fun. De la Duch. D’Or). – Si chieda incessantemente a Dio che ci sostenga con la sua mano potente, che ci conservi i doni della sua grazia, che ci confermi nel bene e ci raffermi fino alla fine.

II. — 7 – 17.

ff. 7, 8. – Doppio è il grido verso Dio: un grido di desiderio per ottenere ciò che Gli si chiede, e l’altro, un grido di riconoscenza quando lo si è ottenuto. – Secondo i potenti del mondo, non si è quasi mai in diritto di domandare una seconda grazia dopo averne ottenuta una prima. Presso Dio, è invece il contrario; più si ottiene, più si deve aver fiducia di ottenere (Berthier). – Una misericordia comune non è sufficiente dopo tanti e sì gravi peccati da noi commessi, è necessaria una misericordia che sorpassi la misura dei doni ordinari, e come ultimo sforzo di questa misericordia: « fate brillare su di me la vostra misericordia ».

ff. 9, 10. – A quanti oggi non è sufficiente mettersi in uno stato di rivolta aperta contro Dio e la sua Chiesa, ma si sforzano di coinvolgere nella loro ribellione pure i suoi più fedeli servitori. La pupilla dell’occhio sembra troppo piccola e troppo esigua, ma è attraverso di essa che si dirige la forza visiva mediante la quale discerniamo la luce dalle tenebre (S. Agost.). – La pupilla dell’occhio è anche ciò che è di più delicato e sensibile nel corpo umano, e che noi difendiamo con maggior cura contro tutti i corpi estranei che potrebbero danneggiarla (Berthier). – Gli empi ed i peccatori affliggono i giusti non solo con le loro persecuzioni, ma ancor più con la loro cattiva vita (Duguet). – Ci sono due cose necessarie a produrre l’ombra, la luce ed un corpo: la luce è il simbolo della divinità di Cristo; il corpo è la figura della sua umanità (San Girolamo). – « Proteggimi all’ombra delle tue ali »; proteggetemi all’ombra del vostro amore e della vostra misericordia (S. Agost.).

ff. 11, 13. – Noi abbiamo qui una descrizione viva e figurata della crudeltà e della scaltrezza dei nemici della nostra anima, che usano tanto la violenza, tanto la sorpresa per perderla. – Ecco due tratti che caratterizzano bene gli uomini senza Religione: essi chiudono le loro viscere alla pietà, ed il loro linguaggio emana orgoglio ed arroganza. Il loro cuore è chiuso a tutti i sentimenti di carità, la loro bocca è aperta alla critica insolente delle opere di Dio, alle empietà, alle blasfemie, etc.. La causa dell’odio così forte degli empi contro coloro che fanno professione di Religione, è che essi non considerano che i loro interessi, e che non cercano di soddisfare se non le proprie passioni. « Essi sono resoluti nel tener i loro occhi abbassati verso la terra »; essi sono risoluti nell’abbassare verso le cose terrestri i desideri del loro cuore, immaginando che Colui che essi immolavano sulla croce era grandemente un malfattore, e che essi non lo erano in alcun modo (S. Agost.). – « Essi sono resoluti », vale a dire che quando le verità della fede si presentano ai loro occhi, perché si alzino al cielo, è con proposito deliberato, con volontà determinata, con malizia ostentata che essi li rivolgono invece verso terra (Bossuet). – Dio aveva li nobilmente elevati verso il cielo, ma essi hanno preso questa risoluzione di camminare con gli occhi abbassati verso la terra. In questi sciagurati c’è una risoluzione: essi hanno soffocato gli istinti della propria anima, naturalmente cristiana; hanno atrofizzato il loro cuore, hanno ucciso la loro coscienza (Doublet, Psaumes, etc.). – Quanti Cristiani che sembrano aver dimenticato i titoli ed i doveri della loro condizione, e dei quali si può anche dire che essi abbiano fatto giuramento di tenere i loro occhi attaccati alla terra, e che si siano come abbandonati, per partito preso, alla loro parte di eredità eterna. Fieri dei loro successi negli affari terreni, inebriati dai vantaggi e dai guadagni superbi che loro garantiscono l’industria, la cultura ed il negozio, essi non possono essere strappati da questo ordine di preoccupazioni volgari. Questa è una moltitudine grossolana e carnale che non apprezza se non ciò che si conta e ciò che si palpa, che non vive che la vita dei sensi, e sulla quale ogni azione è troppo spesso impossibile da esercitare.

ff. 14. – Dio solo può prevenire i crimini, come preveniva i denti dei leoni che stavano per divorare Daniele, e l’ardore del fuoco che doveva consumare i tre giovani nella fornace (Bellarmin.). – La spada di Dio, è il potere che Egli ha dato agli uomini ed ai demoni di perseguitare i giusti, la spada della quale si serve per punire o provare i suoi eletti. Nessuno sarà al riparo dai suoi colpi se Dio non lo strappa in tempo dalle mani dei nemici.

ff. 15. – Grande è la felicità per il piccolo numero di quelli che sono da Dio sulla terra, separati in questa vita dal numero straordinario degli empi e dei peccatori. Sciagura spaventosa è invece per i malvagi l’essere separati dai buoni per l’eternità (Duguet).- Quaggiù non si cerchi un posto che li separi gli uni dagli altri; essi non sono allontanati dalla distanza dei luoghi; « essi sono, dice S. Agostino, mescolati con i corpi, ma separati nei cuori ».

ff. 16. – Quale errore è più comune oggi che l’affannarsi ad accumulare sempre più beni per i propri figli, senza prendersi alcuna cura di dar loro un’educazione cristiana! Lasciarli eredi di grandi beni, è spesso lasciarli eredi di grandi ingiustizie (Duguet). – I ricchi della terra lasciano i loro resti ai loro figli, cioè essi non lasciano i loro beni ai loro figli se non quando non possono gioirne essi stessi (Berthier).

ff. 17. – Grande sicurezza è l’apparire agli occhi di Dio nella giustizia, non nella propria giustizia, ma in quella che viene dall’alto e che sola rende degni di comparire davanti a Dio (Duguet). – Tutta la gloria, tutti gli onori, tutte le ricchezze, tutte le delizie del mondo, sono incapaci di saziare un cuore creato da Dio. (S. Agost. Conf. XI c. 8). – Dopo la disobbedienza dell’uomo, Dio ha voluto ritrarre a Sé tutto ciò che aveva elargito per una solida gioiosità sulla terra, nell’innocenza degli inizi; Egli ha voluto ritrarli a Sé per renderli di nuovo un giorno ai suoi beati; e la piccola goccia di gioia che ci è stata lasciata da tanta rovina, non è capace di soddisfare un’anima i cui desideri non sono finiti e che non può riposare che in Dio (Bossuet, Serm. 3 D. ap. Paques). – « Io sarò saziato quando manifesterete la vostra gloria », gran parola che ricorda incessantemente al cuore dell’uomo che la fame tortura, il lavoro schiaccia, per cui la vita intera è un martirio per tutti i giorni, e che egli trova nel contempo in questa speranza, un balsamo per i propri affanni ed un pane soprannaturale per i morsi della sua fame”. – « Io sarò saziato quando mi sarà manifesta la vostra gloria ». Pertanto Signore, qualunque cosa il mondo faccia per me, io sarò sempre affamato ed angustiato; fin là, tediato da ciò che io sono, vorrò sempre essere ciò che non sono;; fin là il mio cuore, pieni di vani desideri e vuoto di solidi beni, sarà sempre nell’agitazione e turbato. Ma quando mi avrete fatto parte della vostra gloria, il mio cuore saziato comincerà ad essere tranquillo; io non sentirò più questa sete ardente della cupidigia che mi bruciava; io non avrò più questa fame avida per l’ambizione segreta che mi divorava. Tutti i miei desideri passeranno, perché troverò nella vostra gloria la pienezza della mia felicità, la pienezza del riposo, la pienezza della gioia; perché questa gloria quando la possederò, sarà per me l’affrancamento da ogni male, e la potenza di ogni bene (Bourd. Rec. Des Saints). – È allora che tutti questi misteri che porto nel mio cuore senza comprenderli, saliranno a Lui – come una luce, come un profumo, tutta la città, tutto il tempio della mia anima ed il suo altare, che è il mio cuore, saranno circondati dalla gloria del Signore che cadrà su di lui come un torrente, come un fiume di pace, ed io sarò saziato quando questa visione apparirà (Mgr. Baudry. Il cuore di Gesù). – Questa terra non è il luogo della felicità completa. La mia intelligenza sogna ben altra cosa, il mio cuore attende un’altra felicità di cui quella della terra, benché pura o dolce che sia, non è che l’immagine imperfetta: io ho bisogno della vostra gloria, la vostra gloria completa: solo allora io sarò saziato. Io vedo bene che questo nutrimento transitorio, questo bevanda di un giorno che mi accordate quaggiù, è solo un acconto, un pegno dell’avvenire. Ciò di cui ho bisogno è la vostra stessa gloria, è la vostra stessa essenza divina per me nutrimento, è la vostra saggezza infinita che io reclamo come bevanda di immortalità, e ancora questa saggezza, questa bevanda, io la desidero come un torrente, perché vi è impegnata la vostra parola (mgr. Lardriot, Bestitud. II. 225).

UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: S. S. PIO IX – “INCREDIBILI AFFLICTAMUR”

Ancora una volta si ode l’eco delle parole che Dio imponeva al suo Profeta: …  « Clama, ne cesses, quasi tuba exalta vocem tuam, et annuntia populo meo scelera eorum, et domui Jacob peccata eorum» In questa breve ma drammatica lettera Enciclica, il Santo Padre denunzia le violenze perpetrate nei confronti della Chiesa di Cristo da un governo di stampo massonico che dominava allora la Nuova Granata, l’attuale Columbia [.. che sta ancora pagando con i cartelli della droga e con la violenza civile], usurpando, violando, massacrando corpi e soprattutto anime, violando i più elementari diritti di inermi cittadini e religiosi zelanti: è la persecuzione che da sempre accompagna i seguaci di Cristo. Oggi la persecuzione è ancor più subdola, perché cerca, trasfigurata da “angelo di luce”, di uccidere soprattutto l’anima, il vero obiettivo del demonio. I governi mondiali e mondialisti, solo tutti dello stesso stampo oramai, le persecuzioni materiali avvengono nei Paesi ancora non totalmente sottomessi al dictat dei “figli della vedova”, persecuzioni che non avvengono apparentemente nei Paesi in cui la setta del “novus ordo” [… è lo stesso che dire i figli del baphomet-signore dell’universo] ha il pieno controllo della situazione politico-spirituale. Ma è proprio là infatti che si annida il nemico di Cristo e del suo Vicario, come fu ben profetizzato dal terrorizzato Santo Padre Leone XIII, voce dello Spirito Santo, nella sua tremenda visione che diede luogo alla composizione della preghiera a San Michele che Papa Pecci indulgenziò con 500 giorni … anche questo è Magistero ordinario ed universale e Profezia divinamente ispirata: « … ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est ibi thronum posuerunt abominationis et impietatis suæ » … più chiaro di così! E allora, pusillus grex, non mollare: la lotta è sempre più dura, occorre serrare le fila, condurre la buona battaglia fino alla fine anche se occorresse il martirio – grazia che garantisce l’eterna salvezza – nella certezza della corona finale … CLAMA, NE CESSES!

Pio IX
Incredibili afflictamur

Siamo afflitti da incredibile dolore e gemiamo insieme a voi, Venerabili Fratelli, considerando in quale maniera crudele ed empia il Governo della Repubblica di Nuova Grenada assale, sconvolge e dilacera la Chiesa. – Neppure possiamo esprimere con le parole i molteplici sacrileghi ardimenti con i quali lo stesso Governo, recando gravissime offese a Noi ed a questa Sede Apostolica, tenta di conculcare e distruggere le nostra santissima Religione, i suoi diritti consacrati, la dottrina, il culto e i suoi sacri ministri. – Soprattutto da due anni, infatti, tale Governo ha emanato leggi esecrabili e decreti che ostacolano la Chiesa Cattolica, la sua dottrina, la sua autorità e i suoi diritti. Per effetto di queste leggi e di questi decreti iniqui, ai sacerdoti è, tra l’altro, proibito di esercitare il ministero ecclesiastico senza l’autorizzazione del potere civile, e tutti i beni della Chiesa sono stati sequestrati e venduti; per questo motivo sono rimaste prive delle loro rendite le parrocchie, le famiglie religiose di entrambi i sessi, il clero, gli ospedali, le case di rifugio, le pie confraternite, i benefici e persino le cappellanie sotto diritto di patronato. – Inoltre, per queste stesse leggi e per questi decreti ingiustissimi è totalmente contrastato il legittimo diritto della Chiesa di acquistare e possedere; è sancita la libertà per ciascun culto non Cattolico; sono state tolte di mezzo tutte le comunità religiose, maschili e femminili, stabilitesi nel territorio di Nuova Grenada e ne è stata completamente vietata l’esistenza; vietata anche la divulgazione di tutte le Lettere e di qualunque Rescritto proveniente da questa Sede Apostolica, con la pena dell’esilio per gli ecclesiastici che rifiutassero di attenersi alle disposizioni, e di multe e carcere per i laici. – Per di più, con queste detestabili leggi e questi decreti è stabilito che sia comminata la pena dell’esilio a tutti i religiosi, secolari o regolari, che abbiano tentato di sottrarsi alla legge che prevede la spoliazione dei beni ecclesiastici; che gli ecclesiastici non possano assolutamente adempiere al loro ministero se non dopo aver giurato fedeltà alla Costituzione della Repubblica di Nuova Grenada ed a tutte le sue leggi (così contrarie alla Chiesa) già promulgate e che verranno pubblicate in futuro, contemporaneamente viene inflitta la pena dell’esilio a tutti coloro che si rifiutino di prestare un giuramento tanto empio ed illecito. Queste norme e molte altre, assolutamente ingiuste ed inique – che ripugna enumerare nel dettaglio – sono state fissate dal Governo della Repubblica di Nuova Grenada contro la Chiesa, in spregio di tutte le leggi divine ed umane. – Tuttavia, poiché voi, Venerabili Fratelli, per il vostro egregio spirito religioso e per la vostra virtù non avete mai smesso di opporvi costantemente, con le parole e con gli scritti, alle prevaricazioni ed ai decreti del Governo, così empi e sacrileghi, e di propugnare impavidi la causa ed il diritto della Chiesa, il furore del Governo non ha smesso di infierire contro di voi; contro tutti gli ecclesiastici a voi sottomessi, memori del loro impegno e della loro vocazione; contro tutto ciò che è della Chiesa. – Quasi tutti voi siete stati perseguitati miserevolmente, schiacciati dalle forze armate, allontanati violentemente dal vostro gregge, buttati in prigione, cacciati in esilio, relegati in regioni dal clima pernicioso; i sacerdoti e i membri delle famiglie religiose che si sono meritoriamente opposti alle criminali disposizioni del Governo sono stati mandati in carcere, oppure hanno trovato la morte nell’esilio, o sono obbligati a vivere alla macchia. – Quando tutte le vergini consacrate a Dio furono cacciate violentemente dai loro monasteri e ridotte alla miseria più totale dal Governo, esse furono accolte nelle case di alcuni pii fedeli, profondamente commossi dalla loro tristissima condizione. Ma il Governo, che non può tollerare ciò, minaccia di cacciarle anche dalle case di questi fedeli e di disperderle. – I templi santi ed i cenobii sono stati denudati, spogliati, profanati, adibiti a stazioni militari; le loro sacre suppellettili ed i loro ornamenti saccheggiati; il culto divino abolito; il popolo cristiano, privato dei suoi pastori legittimi e lasciato miseramente senza il soccorso della nostra Religione divina, corre gran rischio – con massima preoccupazione Nostra e vostra – per quanto riguarda la salvezza eterna. – Quale persona, animata da spirito cattolico od umano, non si addolorerebbe profondamente vedendo la Chiesa Cattolica, la sua dottrina, l’autorità, i suoi rappresentanti consacrati, combattuti con tanta violenza e crudeltà persecutoria dal Governo di Nuova Grenada, che reca ingiurie tanto grandi anche alla suprema autorità Nostra e di questa Sede Apostolica? – Ciò che soprattutto va deplorato, Venerabili Fratelli, è che possano esistere alcuni ecclesiastici che non hanno esitato ad obbedire alle disposizioni ed alle inique leggi del Governo, ad appoggiarle ed a prestare l’illecito giuramento di obbedienza sopra citato, con grandissimo dolore vostro e Nostro, meraviglia e lutto di tutte le persone per bene. – In tanto disastro per la Chiesa Cattolica e in tanto pericolo per le anime, doverosamente memori dei Nostri compiti apostolici e soprattutto solleciti del bene di tutte le Chiese, considerando come detta a Noi la frase del Profeta “Grida, non smettere, esalta la tua voce come una tromba e annuncia al mio popolo i loro delitti e alla casa di Giacobbe i loro peccati ” (Is LVIII, 1), con questa Lettera eleviamo la Nostra voce apostolica lamentando senza sosta e rinfacciando tutti i gravissimi danni e le offese che il Governo di Nuova Grenada ha inflitto alla Chiesa, alle persone e alle cose consacrate, e a questa Santa Sede. – Tutti questi attentati ed anche quelli commessi contro la Chiesa in altre materie del diritto ecclesiastico, sia dal Governo di Nuova Grenada, sia anche dai suoi sottoposti e dai suoi magistrati, attentati portati a termine in qualunque maniera, Noi li stigmatizziamo e condanniamo. Abroghiamo con la Nostra stessa autorità le leggi, i decreti e le norme che ne sono derivati e li dichiariamo di nessun effetto e di nessuna forza, né per il passato né per l’avvenire. – In nome di Dio supplichiamo gli autori di questi misfatti affinché aprano infine gli occhi davanti alle gravissime ferite inferte alla Chiesa; affinché si ricordino e prendano in serio esame le censure e le pene che le Costituzioni Apostoliche e i decreti dei Concilii generali infliggono a coloro che invadono il diritto della Chiesa e che perciò stesso incorrono in esse; affinché abbiano pietà delle loro anime, tenendo presente “che severissimo sarà il giudizio per coloro che sono al comando” (Sap V, 6). – Con il massimo impegno ammoniamo ed esortiamo quegli ecclesiastici che, appoggiando il Governo, sono venuti miseramente meno ai loro doveri: ricordandosi della santa vocazione, si affrettino a ritornare sulla via della giustizia e della verità, e seguano l’esempio di quegli ecclesiastici che, per un’infelice caduta, prestarono il prescritto giuramento d’obbedienza al Governo e tuttavia in seguito si sono gloriati di ritrattare e condannare tale giuramento, con grande soddisfazione Nostra e dei loro Vescovi. – Intanto, le più grandi e le più meritate lodi esprimiamo a voi, Venerabili Fratelli, che – impegnandovi come valorosi soldati di Gesù Cristo e combattendo con singolare costanza – non avete mai smesso di far sì che tramite vostro si potesse difendere, con la parola o con gli scritti, la causa della Chiesa, la sua dottrina, i codici, la libertà; che si potesse curare la salvezza del vostro gregge, rafforzandolo contro l’empia distruttività dei nemici e i pericoli che aggrediscono la Religione. Tutto ciò avete fatto sopportando con forza vescovile anche le offese più gravi, anche gli attacchi più aspri. – Perciò non possiamo dubitare che con altrettanto impegno, quanto ce n’è in voi, continuerete a propugnare la causa della nostra divina Religione e a preoccuparvi della salute dei fedeli, così come avete fatto tanto lodevolmente fino ad ora. – Lodi dovute esprimiamo anche al fedele clero della Repubblica di Nuova Grenada che, geloso della propria vocazione e stretto a questa Cattedra di Pietro ed ai suoi Vescovi, gravemente perseguitato per la Chiesa, la verità e la giustizia, ha sopportato e sopporta con pazienza pesantissimi oltraggi di ogni genere. – Non possiamo non lodare e non ammirare tante vergini consacrate a Dio che, pur espulse violentemente dai loro monasteri e ridotte in triste miseria, tuttavia si sono mantenute tanto strettamente legate allo Sposo celeste; sopportano con cristiana virtù la terribile condizione nella quale si trovano; non cessano di effondere notte e giorno i loro cuori davanti a Dio, pregandolo in umiltà e zelo per la salvezza di tutti, compresi i loro stessi persecutori. – Insieme lodiamo anche il popolo cattolico di Nuova Grenada, che in larghissima maggioranza continua a dimostrare l’antico amore, la fede, la riverenza e l’obbedienza nei confronti della Chiesa Cattolica, di Noi, della Sede Apostolica e dei suoi maestri. – Non cesseremo nemmeno, Venerabili Fratelli, di rivolgerci con fiducia al trono della grazia; di pregare umilmente e scongiurare con le più ferventi orazioni il Dio delle misericordie e Padre di ogni consolazione, affinché sorga e giudichi la sua causa; tolga dalle calamità la sua Santa Chiesa, vessata qui come in quasi tutte le parti del mondo; la consoli con il suo opportuno aiuto, e generosamente le elargisca la pace e la serenità, tanto desiderate in così numerose e gravi avversità. Che Egli abbia pietà di tutti secondo la sua grande misericordia, e con l’onnipotente sua virtù faccia si che tutti i popoli, le genti, le nazioni adorino Lui, il Suo Figlio Unigenito Signore Nostro Gesù Cristo, insieme con lo Spirito Santo; li temano, li riconoscano e li amino con tutto il cuore, l’anima, la mente, ed osservando religiosamente i mandati e i precetti divini camminino come figli della luce sulla strada del bene, della giustizia e della verità. Infine, in vista di ogni dono celeste e come indubitabile pegno della Nostra benevolenza speciale nei vostri confronti, impartiamo con affetto l’Apostolica Benedizione, sgorgata dal profondo del cuore, a voi, Venerabili Fratelli, e al gregge affidato alla vostra custodia.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 17 settembre 1863, anno diciottesimo del Nostro Pontificato.

DOMENICA VIII DOPO PENTECOSTE (2019)

DOMENICA VIII DOPO PENTECOSTE (2019)

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XLVII: 10-11.

Suscépimus, Deus, misericórdiam tuam in médio templi tui: secúndum nomen tuum, Deus, ita et laus tua in fines terræ: justítia plena est déxtera tua. [Abbiamo ricevuto, o Dio, la tua misericordia nel tuo tempio; la tua lode, come si conviene al tuo nome, si stende fino alle estremità della terra: la tua destra è piena di giustizia.]

Ps XLVII: 2. Magnus Dóminus, et laudábilis nimis: in civitate Dei nostri, in monte sancto ejus. [Grande è il Signore, e degnissimo di lode nella sua città e nel suo santo monte.]

Ps XLVII: 10-11 Suscépimus, Deus, misericórdiam tuam in médio templi tui: secúndum nomen tuum, Deus, ita et laus tua in fines terræ: justítia plena est déxtera tua. [Abbiamo ricevuto, o Dio, la tua misericordia nel tuo tempio; la tua lode, come si conviene al tuo nome, si stende fino alle estremità della terra: la tua destra è piena di giustizia.]

Oratio

Orémus.

Largíre nobis, quǽsumus, Dómine, semper spíritum cogitándi quæ recta sunt, propítius et agéndi: ut, qui sine te esse non póssumus, secúndum te vívere valeámus. [Concedici propizio, Te ne preghiamo, o Signore, di pensare ed agire sempre rettamente; cosí che noi, che senza di Te non possiamo esistere, secondo Te possiamo vivere.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Romános.

Rom VIII: 12-17

Fratres: Debitóres sumus non carni, ut secúndum carnem vivámus. Si enim secúndum carnem vixéritis, moriémini: si autem spíritu facta carnis mortificavéritis, vivétis. Quicúmque enim spíritu Dei aguntur, ii sunt fílii Dei. Non enim accepístis spíritum servitútis íterum in timóre, sed accepístis spíritum adoptiónis filiórum, in quo clamámus: Abba – Pater. – Ipse enim Spíritus testimónium reddit spirítui nostro, quod sumus fíli Dei. Si autem fílii, et herédes: herédes quidem Dei, coherédes autem Christi.

OMELIA I.

[A. Castellazzi: La scuola degli Apostoli – Sc. Tip. Vescov. Artigianelli, Pavia,

DIGNITÀ’ DEL CRISTIANO

“Fratelli: Non abbiam alcun debito versa la carne per vivere secondo la carne. Se, pertanto, vivrete secondo la carne, morrete; se, al contrario, con lo spirito farete morire le opere della carne, vivrete. Poiché, quanti sono mossi dallo Spirito di Dio sono figli di Dio. Invero, non avete ricevuto lo spirito di servitù per ricadere nel timore, ma avete ricevuto lo spirito di adozione in figliuoli, per il quale gridiamo «Abba! (o Padre)». E lo Spirito Santo stesso attesta al nostro spirito che noi siamo figli di Dio. Ora, se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Gesù Cristo”. (Rom. VIII, 12-17).

L’Epistola è tolta dal cap. VIII della Lettera ai Romani. Lo Spirito Santo è come l’anima della vita cristiana. La carne non ha, dunque, più nulla da reclamare dal cristiano per trascinarlo a seguire le cattive inclinazioni, che danno la morte all’anima. Egli, deve, invece, mortificare le voglie della carne, mediante le opere dello Spirito, se vuol pervenire alla vita soprannaturale. Veri figli di Dio son coloro che si lasciano guidare dallo Spirito di Dio, seguendo docilmente i suoi impulsi. Questo Spirito, poi, non ci deve incutere timore, come se fossimo servi, ma ci deve ispirare un amore filiale; poiché è lo Spirito della filiazione adottiva, il quale attesta la nostra adorazione a figli di Dio e, per conseguenza, eredi di Lui e coeredi di Gesù Cristo. – Quanto insegna qui S. Paolo, fa pensare alla grande dignità del cristiano, della quale non sarà fuor di luogo dire due parole. Il Cristiano:

1. È figlio di Dio,

2. È l’abitazione dello Spirito Santo,

3. È l’erede del regno celeste.

1.

Quanti sono mossi dallo Spirito di Dio sono figli di Dio.

 Il Cristiano che, ricevuta la grazia dello Spirito Santo vi coopera, cercando di condurre una vita virtuosa, lontana dal peccato, è veramente figlio di Dio. Per mezzo della grazia santificante che riceviamo nel Battesimo, veniamo incorporati a Gesù Cristo. Questa mistica unione è così intima, che diveniamo «membra del corpo di Lui, della carne di Lui e delle ossa di Lui» (Eph. V, 30). E in lui siam fatti figli di Dio. Egli è il Figlio naturale del Padre, il Figlio unigenito; noi siamo i figli adottivi, ma pur sempre figli.Dio è nostro Creatore. Egli ha ci cavato dal nulla. Perciò siamo fattura di Lui. Ma Egli non è solamente Creatore nell’ordine naturale; è Creatore anche in un ordine più elevato; nell’ordine soprannaturale. «Infatti — dice. l’Apostolo — siamo fattura di Lui creati in Gesù Cristo» (Eph. II, 10). Quando noi siamo battezzati in Gesù Cristo diventiamo una nuova creatura, un uomo nuovo, diventiamo «partecipi della natura divina» (ll Pietr. I, 4), diventiamo figli di Dio per mezzo di una generazione spirituale. S. Giovanni ci richiama alla considerazione di tanta dignità, a cui Dio ci ha elevati: «Osservate quale carità ci ha dato il Padre, che siamo chiamati e siamo figli di Dio» (1 Giov. III, 1). Sarebbe già dimostrazione di grande amore da parte di Dio se ci avesse concesso di poterlo chiamare col nome confidenziale di Padre. Ma Egli non si è accontentato d’esser Padre solamente all’apparenza; ma volle essere nostro Padre in realtà; così che noi siamo veramente suoi figli, non di nome, ma anche di fatto. Il Salmista, che invita Israele a lodar Dio per i benefici che ha fatto a Gerusalemme e a tutto il popolo, termina il suo cantico con questa constatazione: «A nessun altro popolo fece altrettanto» (Salm. CXLVII, 20). Nella nuova legge noi possiam dire con tutta verità, che fece altrettanto e molto più al popolo cristiano. I Cristiani, essendo stati adottati a figli di Dio, sono veramente, ben più che il popolo d’Israele: «stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa, popolo di acquisto» (I Pt. II, 9). – «Comprendi, cristiano, la tua dignità? associato alla divina natura non ritornare per una indegna compiacenza alle vergogne del passato» (S. Leone M. Serm. 21, 3) «Quanto è turpe offendere un tal padre!» (S. Zenone. Lib. 2, Tract. 22, 3).

2.

E lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che noi siam figli di Dio.

Lo Spirito Santo a coloro, che si lascianoguidare da Lui, attesta con voci interne la consolantissima. verità che sono figli di Dio. Queste voci interne sono molteplici. L’esser spinti a chiamar con fiducia e con affetto filiale Dio con il dolce nome di Padre, l’orrore al peccato, l’amor di Dio, la prontezza nei seguir le buone ispirazioni. La pace e la tranquillità della coscienza sono echi di questa voce interna.Questo linguaggio interno dello Spirito Santo suppone che Egli sia presente nell’anima nostra, che sia «abitante in noi» (Rom. VIII, 11). È una verità insegnata ripetutamente da S. Paolo. e da lui richiamata con energia alla mente dei Corinti: «Non sapete che siete il tempio di Dio. e che lo Spirito di Dio abita in voi? »  (I Cor. III, 16).

 Veramente, tutto il creato è tempio di Dio. La terra, con tutta la sua varia magnificenza, è come lo sgabello del suo trono, gli astri sono come la sua corona. Se noi potessimo sollevarci alle più eccelse altezze, vi troveremmo Dio; se potessimo  portarci dall’uno all’altro confine del mondo, sentiremmo di essere sotto la sua destra; se discendessimo nei più profondi abissi dovremmo confessare col salmista : « ivi tu sei » (Ps CXXXVIII, 8). Se tutto il creato è tempio di Dio, Dio stesso volle scegliersi dei templi particolari. Egli dice sul monte a Mosè: «Ordina ai figli d’Israele che levino per me un contributo… E mi facciano un santuario, si che Io abiti in mezzo a loro» (Es. XXV, 2-8). E quando l’opera è compita, ecco, che una nube vi scende sopra, a significare che Dio prende possesso del tabernacolo, e vi pone la sua dimora (Es. XL, 32, segg.). Più tardi Salomone, in luogo del tabernacolo mobile di Mosè, costruisce sul modello del medesimo, ma in proporzioni e con magnificenza maggiori, un tempio stabile. Di nuovo, nel giorno della consacrazione, una nuvola miracolosa riempie il tempio ad attestare la presenza di Dio (3 Re. VIII, 10). – Ma oltre questi tempi Dio se ne sceglie degli altri. Quando l’anima del Cristiano è purificata nel Battesimo, diventa tempio dello Spirito Santo, il quale, per così dire, vi prende possesso e ne forma la propria dimora: diciamo meglio, forma la dimora della SS. Trinità, perché ove è una Persona divina, ci sono anche le altre. Di chi, mediante la carità, è tempio dello Spirito Santo, dice Gesù Cristo: «Il Padre mio lo amerà, e verremo da lui, a faremo dimora presso di lui» (Giov. XIV, 23). – Sulle case ove abitarono uomini illustri, si mettono delle lapidi commemorative, che ricordano al passante, che quella casa ebbe l’onore d’essere stata l’abitazione del tale o del tal altro personaggio. Talune vengono curate con somma diligenza, perché non vadano soggette a deperimento; altre vengono dichiarate monumento nazionale, perché nessuno osi toccarle, deteriorarle, distruggerle. Sull’anima del Cristiano, che non ha perduto la grazia santificante possiamo leggere un’iscrizione di maggior valore: « Tempio dello Spirito Santo ».

3.

Per mezzo del Battesimo i Cristiani sono divenuti figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo. Ora, se siam figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Gesù Cristo. Procediamo di meraviglia in meraviglia. La gloria che attende il cristiano sorpassa ogni intendimento. Gesù Cristo è re della gloria. I Cristiani, fratelli di Gesù Cristo, vengono pure a partecipare della sua dignità regale, poiché « il segno della croce rende re tutti coloro che sono rigenerati in Gesù Cristo » (S. Leone M. Serm. 4, 1). Anche l’eredità che spetta al cristiano sarà un’eredità regale. A lui è concesso da Dio il diritto di « sedere in cielo con Gesù Cristo » (Eph. II, 6). Quando Davide vede avvicinarsi gli ultimi giorni, dichiara suo successore Salomone. Questi viene unto re, e sale il trono del regno. Quei della corte si rallegrano col re Davide, dicendo: «Dio renda il nome di Salomone più grande del tuo nome, e magnifichi il suo trono sopra il tuo trono» (3 Re I, 47). – Il regno dove i Cristiani sederanno con Gesù Cristo, sarà, senza confronto, più magnifico del regno di Salomone. Il regno ereditato da Salomone andò presto diviso, ed ebbe la sua fine. « Il magnifico regno è il bellissimo diadema che riceveranno dalla mano del Signore » (Sap. V, 17), i Cristiani che rimarranno intatti. Quel regno «è una eredità che non impiccolisce pel numero dei coeredi; ma rimane intera tanto per molti, quanto per pochi; tanto per ciascuno quanto per tutti» (S. Agost. Enarr. in Ps. XLIX). La Chiesa, celebrando la gloria d’un santo martire con le parole del Salmista, esclama: «Hai posto, o Signore, sul suo capo una corona di pietre preziose» (Ps. XX, 4). Questa corona di pietre preziose Dio pone non solo sul capo dei martiri, ma sul capo di tutti i giusti. E questa corona non passerà ai successori. Non sarà mai tolta dal capo, su cui Dio l’ha posta. A considerare la grandezza dell’eredità che ci attende, il nostro animo s’accende della brama di andarvi in possesso. Ma per arrivare al possesso di questa eredità è necessario di non rendersene indegni. Le leggi umane contemplano i casi di indegnità, che potrebbero privare un figlio dall’eredità che gli spetta. Per i Cristiani questa indegnità c’è quando si commette il peccato. Quando si commette un peccato grave, lo Spirito Santo, che dimorava nell’anima come amico, consigliere, maestro, se ne parte con tutti i suoi doni, e con lui se ne partono anche il Padre e il Figlio, e l’uomo peccatore rimane privato dal diritto all’eredità. Per arrivare al possesso dell’eredità eterna occorre la grazia di Dio, che noi dobbiam procurare di non perdere mai. In paradiso non ci si va in carrozza. Noi saremo «eredi di Dio e coeredi di Gesù Cristo, se però soffriamo con Lui affine di essere anche con Lui glorificati » (Rom. VIII, 17). «Non si può pervenire ai grandi premi, senza grandi fatiche. Perciò Paolo, eccellente predicatore dice: Non sarà coronato se non chi avrà combattuto secondo le leggi» (S. Gregorio M. Hom. 37, 1). E tutti sappiamo qual è questo combattimento secondo le leggi: nelle molteplici circostanze della vita diportarci secondo l’esempio datoci da Gesù Cristo: osservare con fedeltà i suoi comandamenti.

Graduale

Ps LXX: 1V. Deus, in te sperávi: Dómine, non confúndar in ætérnum. Allelúja, allelúja. [V. O Dio, in Te ho sperato: ch’io non sia confuso in eterno, o Signore. Allelúia, allelúia]

Alleluja

Ps XLVII:2

Alleluja, Alleluja.

Magnus Dóminus, et laudábilis valde, in civitáte Dei nostri, in monte sancto ejus. Allelúja. [Grande è il Signore, degnissimo di lode nella sua città e sul suo santo monte. Allelúia].

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Lucam. (Luc XVI: 1-9)

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis parábolam hanc: Homo quidam erat dives, qui habébat víllicum: et hic diffamátus est apud illum, quasi dissipásset bona ipsíus. Et vocávit illum et ait illi: Quid hoc audio de te? redde ratiónem villicatiónis tuæ: jam enim non póteris villicáre. Ait autem víllicus intra se: Quid fáciam, quia dóminus meus aufert a me villicatiónem? fódere non váleo, mendicáre erubésco. Scio, quid fáciam, ut, cum amótus fúero a villicatióne, recípiant me in domos suas. Convocátis itaque síngulis debitóribus dómini sui, dicébat primo: Quantum debes dómino meo? At ille dixit: Centum cados ólei. Dixítque illi: Accipe cautiónem tuam: et sede cito, scribe quinquagínta. Deínde álii dixit: Tu vero quantum debes? Qui ait: Centum coros trítici. Ait illi: Accipe lítteras tuas, et scribe octogínta. Et laudávit dóminus víllicum iniquitátis, quia prudénter fecísset: quia fílii hujus saeculi prudentióres fíliis lucis in generatióne sua sunt. Et ego vobis dico: fácite vobis amicos de mammóna iniquitátis: ut, cum defecéritis, recípiant vos in ætérna tabernácula.

Omelia II

[A. Carmignola, Spiegazione dei Vangeli domenicali, S. E. I. Ed. Torino,  1921]

SPIEGAZIONE XXXVI.

“In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: Eravì un ricco, che aveva un fattore, il quale fu accusato dinanzi a lui, come so dissipato avesse i suoi beni. E chiamatolo a sé, gli disse: Che è quello che io sento dire di te? Rendi conto del tuo maneggio; imperocché non potrai più esser fattore. E disse il fattore dentro di sé: Che farò, mentre il padrone mi leva la fattoria? non sono buono a zappare; mi vergogno a chiedere la limosina. So ben io quel che farò, affinché, quando mi sarà levata la fattoria, vi sia chi mi ricetti in casa sua. Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del suo padrone, disse al primo: Di quanto vai tu debitore al mio padrone? E quegli disse: Di cento barili d’olio. Ed ei gli disse: Prendi il tuo chirografo; mettiti a sedere, e scrivi tosto cinquanta. Di poi disse a un altro: E tu di quanto sei debitore? E quegli rispose: Di cento staia di grano. Ed ei gli disse: Prendi il tuo chirografo, e scrivi ottanta. E il padrone lodò il fattore infedele, perché prudentemente aveva operato: imperocché i figliuoli di questo secolo sono nel loro genere più prudenti dei figliuoli della luce. E io dico a voi: Fatevi degli amici per mezzo delle inique ricchezze; affinché, quando venghiate a mancare, vi dian ricetto ne’ tabernacoli eterni” (Luc. XVI, 1-9).

Le parabole, di cui si valse nostro Signor Gesù Cristo per farci conoscere i misteri della sua grazia, della sua dottrina e della sua Chiesa, si possono dividere in tre classi. Nella prima classe vi sono le parabole profetiche, vale a dire quelle, con cui volle indicare che cosa sarebbe avvenuto in seguito o della sua Chiesa, o dei suoi discepoli, od anche di coloro, che non avrebbero abbracciato la sua fede. Nella seconda classe vi sono le parabole profetiche e morali ad un tempo, quelle cioè, con le quali, non solo volle indicare qualche futuro avvenimento, ma volle ancora dare agli uomini qualche importante ammaestramento intorno ai doveri, che essi hanno da compiere. Nella terza classe poi vi sono le parabole puramente morali. Con tutto ciò non è da credere, che queste ultime siano meno importanti delle altre; anzi sotto un certo aspetto lo sono anche di più, in quanto che con esse Gesù Cristo mirò direttamente ad ottenere da noi l’adempimento di quei doveri, che è indispensabile alla nostra eterna salute. Ed è tra queste ultimo che va annoverata la parabola dell’economo infedele, che nel Vangelo di questa domenica la Chiesa offre alla nostra considerazione.

1. In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: Eravi un ricco, che aveva un fattore, il quale fu accusato dinanzi a lui, come se avesse dissipato i suoi beni. E chiamatolo a sè gli disse: Che è quello che io sento dire di te? Rendi conto del tuo operato; imperocché non potrai più essere mio fattore. Quest’uomo ricco, o miei cari, è Iddio, che solo può esser chiamato così a buon diritto, perché sorgente di ogni ricchezza, di ogni bene e di ogni tesoro. Il fattore siamo tutti noi, perché è a tutti noi, che Iddio nella sua bontà si è degnato affidarci il maneggio delle sue grazie, che dobbiamo santamente trafficare. Se non che quanti vi sono tra gli uomini, i quali, anziché usare a bene le grazie del Signore, le vanno miseramente dissipando, sia coll’impiegare malamente i beni di fortuna a scapricciarsi, a soddisfare tutte le loro perverse voglie, a fare un lusso smodato; sia con l’usare i beni della mente per parlare e scrivere contro la fede e la morale cristiana; sia con il non curare i beni dello spirito o col farli talvolta servire a profanazioni ed a sacrilegi orribili. Ma tutti questi economi infedeli vi ha chi si fa ad accusarli, e questi è il demonio, del quale si dice nelle Sacre Scritture (Apoc. XII, 10) che è accusatore nostro, e ci accusa dinanzi a Dio giorni e notte. E noi tutti un giorno, al termine della vita, saremo chiamati a render conto della nostra amministrazione, vale a dire del modo con cui ci saremo regolati, del come avremo usato di tutte le grazie, che il Signore ci ha fatto. Or bene, o miei cari, se noi desideriamo di potere in quel giorno rendere della nostra vita un conto diverso da quello dell’economo infedele, ci gioverà grandemente rientrare anche ogni giorno in noi medesimi e rendere conto a noi di tutto il nostro operato.Per certo, un buon economo tiene le sue partite assestate, e le conosce a menadito; un buon negoziante ripassa i suoi debiti, le sue partite, i suoi guadagni anche ogni giorno, e così dobbiamo fare noi. Tra le sentenze auree di Pitagora, S. Girolamo riporta questa: Bisogna ogni mattina o ogni sera esaminare quel che faremo e quel che abbiamo fatto. Trattando S. Bonaventura della purità della vita, raccomanda come mezzo acconcissimo a conservarla, l’esaminare anche più volte al giorno la propria condotta, attentamente considerando e indagando in qual modo abbiamo passato le nostre ore innanzi a Dio. E così per l’appunto costumava di fare San Ignazio di Loyola. Di fatti qual cosa è più utile per mantenersi nella via del bene o per ritornarvi tosto appena ce ne siamo discostati, che un esame serio e ben fatto della nostra coscienza, anche ogni giorno? In tale esame vengono all’aperto le colpe, che durante il giorno si sono commesse, la loro malizia e gravità, le cause, gli effetti, le occasioni, le circostanze più o meno umilianti delle medesime, le intenzioni perverse, che le precedettero, e le conseguenze deplorabili, che ne derivarono. Epperò un tale rendiconto conduce chi lo ha fatto alla cognizione di se stesso, che è cosa cotanto necessaria e indispensabile alla vita cristiana, e feconda di tanti beni. Esso gli apre gli occhi a vedere la propria debolezza e fragilità, le sue perverse inclinazioni, la sua ingratitudine verso Dio, la sua infedeltà e tiepidezza nel servirlo, la sua leggerezza e volubilità, e mille altri difetti e mancamenti. Al considerare che una cosa da nulla, una paroletta, uno sguardo, un piccolo accidente, una leggera contraddizione, una storiella insignificante fu sufficiente a farlo prevaricare anche gravemente, è forzato a dire a se stesso: Ah! io son dunque ben debole e miserabile, per essermi lasciato vincere da sì leggera tentazione! Ah! bisogna bene che sia molto perverso, per commettere il peccato con tanta facilità! Poiché in fin dei conti per qual motivo ho offeso Iddio in quell’occasione? Per una vile soddisfazione, per un momentaneo diletto, per un meschino interesse. Sciagurato ch’io sono! Non ho avuto il coraggio di resistere, di frenar la mia brutale passione, ho rovinata l’anima mia l’ho messa fra le mani del demonio e quel ch’è peggio, ho tradito il mio Salvatore, ho offeso il mio Dio, Pazzo che fui ed ingrato! Devo dunque diffidar di me stesso, star in guardia di continuo, fuggire le occasioni, raddoppiar le preghiere e mantenermi in continua umiltà. Ecco quanto bene arreca all’anima nostra l’esame di coscienza! Come c’ispira l’umiltà, la diffidenza di noi stessi, la vigilanza, il timore salutare dei divini giudizi, la compunzione del cuore, i santi proponimenti, il fervore dell’orazione, la confidenza e la gratitudine verso Dio, e tanti altri sentimenti salutari! – Ma perché l’esame di coscienza produca realmente tali vantaggi bisogna che lo facciamo davvero e bene. Epperciò, raccogliendoci la sera un qualche minuto in noi stessi, esaminiamoci attentamente e senza dissimulazione; esaminiamo sottilmente e a fondo il nostro cuore, e non sarà raro trovarvi appiattata qualche passione, incantucciato, qualche difetto, che brutta tutte le nostre azioni, che spiace a Dio, e tien da noi lontani i suoi doni. Esaminiamoci su quel che s’è fatto, e nel modo che s’è fatto. Domandiamoci seriamente: Di qual difetto mi sono emendato quest’oggi? a qual peccato ho resistito? … sono io migliore? Facciamo insomma da noi stessi le parti di testimonio, d’accusatore, di giudice e di esecutore, figurandoci di sentir a risuonare al nostro orecchio quella tremenda parola, che ci rivolgerà un giorno Gesù Cristo: Recide rationem villicationis tuæ; rendimi conto della tua passata vita. Noi fortunati se ci appiglieremo a questa santa pratica e la eseguiremo con fedeltà e diligenza, essa senza dubbio, animandoci a detestare il male commesso e ad operare il bene nella nostra vita avvenire, ci scamperà da un rendiconto terribile nel giorno del giudizio. San Paolo ce lo ha detto chiaramente: « Si nosmetipsos diiudicaremus, non utique iudicaremur: Se disaminiamo severamente noi stessi e da noi stessi castighiamo i nostri peccati, certamente non saremo per essi giudicati e puniti da Dio ».

2. Tornando ora alla parabola del Santo Vangelo, all’intimata del padrone, il fattore, disse dentro di sé: che farò mentre il padrone mi leva la Fattoria? non sono buono a zappare; mi vergogno a chiedere la limosina. So ben io quel che farò, affinché, quando mi sarà levata la fattoria, vi sia chi mi ricetti in casa sua. Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del suo padrone disse al primo: Di quanto vai tu debitore al mio padrone? E quegli disse: Di cento barili d’olio. Ed il fattore: Prendi la tua nota: mettiti a sedere e scrivi tosto cinquanta. Di poi disse ad un altro: E tu di quanto vai debitore? E quegli rispose: Di cento staia di grano. E il fattore: Prendi la tua nota, e scrivi ottanta. E qui, o miei cari, lasciando pure di considerare la malvagità di questo fattore, il quale ricorre alla falsità ed al furto per riparare in qualche modo alla sventura, cui si vede destinato, vi invito piuttosto a riguardare la sua grande stoltezza. Perciocché da tutto l’insieme si rileva che il suo padrone era di buon cuore, e che se egli sinceramente pentito della sua mala amministrazione, gli avesse chiesto perdono e gli avesse promesso ripararvi con la massima diligenza per l’avvenire, senza dubbio il padrone lo avrebbe perdonato. Or bene, o carissimi, anche maggiore sarebbe la stoltezza nostra, se riguardando al cattivo uso, che pel passato noi abbiamo fatto delle grazie e dei beni del Signore, diffidassimo di esserne perdonati. La bontà del Signore verso di noi è così grande che non solo ci permette, ma ci comanda ancora di sperare nella sua misericordia infinita. Perciò, considerando i peccati della nostra vita passata, dobbiamo bensì sentirne un vero dolore, ma questo dolore deve essere confidente; accompagnato cioè con una gran fiducia nella bontà e misericordia infinita del Signore, da cui dobbiamo sperare il perdono ad onta della nostra indegnità. Altrimenti il nostro dolore sarebbe simile a quello dell’economo infedele, ossia dei dannati, che si pentono dei loro peccati come causa di tante pene, a cui vanno soggetti, ma si pentono senza speranza di perdono. Anche Giuda si pentì del suo tradimento; ma perché mancò di fiducia, disperato andò ad appiccarsi e piombò nell’inferno. S. Pietro invece all’occhiata amorosa datagli da Gesù Cristo si sentì aprire il cuore ad una gran fiducia, e pianse bensì amaramente il suo peccato, come dice il Vangelo, ma con un pianto confidenziale nella divina misericordia, il quale gli fece conseguire il perdono. Guardiamoci bene da quel dolore cupo, turbolento, smanioso, che agita il cuore, conturba lo spirito, avvilisce, scoraggia, e porta l’anima alla disperazione. Questo è suggerito dallo spirito delle tenebre a nostra rovina. Quello al contrario che viene infuso dallo Spirito Santo è un dolore, che ravviva la fede e conforta l’anima peccatrice con una dolce e filiale fiducia di ottenere dal Padre delle misericordie il perdono ad onta dei propri demeriti; e questo ha veramente una mirabile virtù per renderci propizio il Signore. Afferma S. Agostino, che quando si metteva ai piedi del Crocifisso a piangere i peccati della vita passata, quelle lagrime gli spargevano in cuore un’ineffabile dolcezza, per cui poi si levava tutto consolato e rinvigorito, con una volontà risoluta e generosa di espiar con la penitenza le offese recate a Dio con le gravi sue colpe. Questo è il vero pentimento, che in luogo di trascinarci alla disperazione ci conduce soavemente alla penitenza sicura ed operativa. – Pertanto quand’anche fossimo stati pessimi peccatori, quand’anche avessimo sull’anima tutti i delitti e le iniquità commesse da tutti insieme gli uomini del mondo, non dovremmo avvilirci né scoraggiarci; ma confidare nella misericordia di Dio, che è di gran lunga maggiore perché infinita: confidare nel Sangue di Gesù Cristo, del quale una sola goccia basta a cancellar tutti i peccati del mondo. Guai a chi si abbandona alla disperazione alla vista de’ suoi peccati! Egli con questo reca il massimo degli oltraggi a Dio Padre della misericordia, e a Gesù Cristo che si è sacrificato appunto per la redenzione e salvezza dei poveri peccatori. La disperazione colma la misura delle colpe e rende impossibile il perdono. Umiliamoci adunque innanzi a Dio, detestiamo e piangiamo di vero cuore i nostri peccati ai piedi del Crocifisso, e con gran fiducia preghiamolo per le sue piaghe e per il suo sangue preziosissimo ad aver pietà di noi, ad accordarci il perdono, e stiamo certi che lo otterremo. Che se ancor ci sentissimo inquieti e diffidenti, ricorriamo a Maria, Madre della misericordia, Rifugio dei peccatori, Speranza dei disperati, ed essa c’impetrerà la grazia del vero pentimento, e dietro a questo la remissione di tutti i peccati.

3. Gesù conchiude la parabola dicendo: E il padrone lodò il fattore infedele, perché prudentemente aveva operato: imperocché i figliuoli di questo secolo sono nel loro genere più prudenti dei figliuoli della luce. Ed io dico a voi: Fatevi degli amici per mezzo delle inique ricchezze; affinché, quando veniate a mancare vi diano ricetto nei tabernacoli eterni. Dice adunque Gesù Cristo, che il padrone, saputo quel che aveva fatto con tanta astuzia il suo fattore, prese a lodarlo. E con ciò non vuol dire che fu lodata l’ingiustizia e la frode, ma la sua previdenza, la sua abilità e l’industria, con la quale seppe riparare alla sua ben meritata sventura.Così pure soggiungendo che i figliuoli del secolo vale a dire coloro che rivolgono tutte le loro cure alle cose presenti senza darsi pensiero della vita avvenire, sono più prudenti dei figliuoli della luce, di coloro cioè che sono illuminati dalla dottrina e dalla grazia di Gesù Cristo per sapere che devono fare per guadagnarsi il cielo, intese di dire che i figliuoli del secolo nel loro genere, quanto alla sollecitudine pei loro interessi temporali, sono più industriosi, che i figliuoli ed amatori del Vangelo per i beni spirituali. Quindi è che, rivolgendosi ai suoi discepoli, finiva dicendo: Per mezzo delle opere buone e specialmente con le opere di carità e di misericordia verso il prossimo attendete a procacciarvi con sicurezza il regno dei cieli.Ecco adunque, o cari giovani e cari Cristiani, dove dobbiamo spiegare la nostra abilità, la nostra industria, la nostra operosità: nel far del bene, nell’impiegare a prò dei poveri bisognosi le ricchezze, che Dio ci avesse largito, nell’applicarci a ben consigliare, a confortare il nostro prossimo, a cooperare alla sua eterna salute. Perciocché i meriti delle buone opere, che avremo fatte, e le preghiere dei poveri, che avremo sollevati, contribuiranno potentemente ad aprirci le porte del paradiso. Sì quelli, ai quali avrete data limosina in nome di Gesù Cristo, coloro a cui avrete reso servizio per principio di carità, quelli che avrete ricondotti sul buon sentiero, allorché sapranno che siete sul punto di comparire al tribunale di Dio, sia che si trovino ancora su questa terra, e tanto più se già saranno passali alla beata eternità, pregheranno per voi, perché favorevole sia la sentenza, che il divin Giudice dovrà pronunziare per voi. In loppe, città della Siria, quando nella prima età della Chiesa morì la pia donna Tabita, che era la vera madre dei poveri, tutta la città fu in pianto al primo annunzio di quel caso acerbissimo; e poiché si seppe, che poco lontano stava il Principe degli Apostoli, alcuni di quei Cristiani corsero a lui, pregandolo che volesse venire a confortare il popolo desolatissimo di quella perdita, almeno con la sua presenza. Il santo Apostolo ruppe ogni indugio e partì con loro; ma nel mettere piede nella città vide affollarglisi intorno vedove scarmigliate, orfani disciolti in lagrime, poveri d’ogni maniera rotti al singhiozzo; e questi gli mostrava la veste donatagli da Tabita, quegli narrava del pane provvedutogli dalla sua mano; altri ricordava il soccorso venutogli in casa per opera sua, e chi toccava una carità, e chi un’altra, e tutti s’univano ad esclamare con voce unanime: Rendeteci, Uomo di Dio, rendeteci la madre nostra. Non resse l’Apostolo a quelle strida pietose ma, fattosi condurre dove stava ancora il cadavere di Tabita, piegò le ginocchia a terra, alzò le mani al Cielo, fece una breve ma calda preghiera; e poi farsi vicino alla morta, dirle surge, Tabita, ravvivarla e renderla alla folla, che impaziente aspettava il miracolo, non fu che un punto. – Ebbene, quel che fecero i poverelli di loppe con S. Pietro, per gratitudine a Tabita, è quello, che certamente faranno per voi tutte lo persone in qualsiasi modo da voi beneficate. Sì, perché se anche in questa vita dimentiche dei benefizi ricevuti non pregassero per voi, parlerebbero tuttavia in vostro favore le vostre opere di carità, giacché neppur un bicchier d’acqua dato nel nome del Signore sfugge all’occhio onniveggente di Dio; ma senza dubbio alcuno non lascerebbero di pregare per voi nell’altra vita, giungendo al bel Paradiso. A pie’ del trono di Dio, ove dal celeste Retributore riceveranno l’immortale corona, dopo adorata e ringraziata la mano larga con loro di sì gran premio: Benedite, diranno, salvate, o Signore, i nostri pietosi benefattori; secondo la vostra promessa, siate misericordioso con quelli che a noi hanno usato misericordia; retribuite copiosamente coloro che ci hanno fatto del bene per il vostro nome e per la vita eterna. Facciamo adunque, o carissimi, di meritarci avvocati così pietosi e così efficaci presso il trono di Dio, mettendo esattamente in pratica la raccomandazione con la quale Gesù Cristo finisce oggi il Santo Vangelo.

Credo …

Offertorium

Orémus Ps XVII: 28; XVII: 32

Pópulum húmilem salvum fácies, Dómine, et óculos superbórum humiliábis: quóniam quis Deus præter te, Dómine? [Tu, o Signore, salverai l’umile popolo e umilierai gli occhi dei superbi, poiché chi è Dio all’infuori di Te, o Signore?]

Secreta

Súscipe, quǽsumus, Dómine, múnera, quæ tibi de tua largitáte deférimus: ut hæc sacrosáncta mystéria, grátiæ tuæ operánte virtúte, et præséntis vitæ nos conversatióne sanctíficent, et ad gáudia sempitérna perdúcant. [Gradisci, Te ne preghiamo, o Signore, i doni che noi, partecipi dell’abbondanza dei tuoi beni, Ti offriamo, affinché questi sacrosanti misteri, per opera della tua grazia, ci santífichino nella pratica della vita presente e ci conducano ai gaudii sempiterni.]

Communio

Ps XXXIII: 9 Gustáte et vidéte, quóniam suávis est Dóminus: beátus vir, qui sperat in eo. [Gustate e vedete quanto soave è il Signore: beato l’uomo che spera in Lui.]

Postcommunio

Orémus.

Sit nobis, Dómine, reparátio mentis et córporis cæléste mystérium: ut, cujus exséquimur cultum, sentiámus efféctum. [O Signore, che questo celeste mistero giovi al rinnovamento dello spirito e del corpo, affinché di ciò che celebriamo sentiamo l’effetto.]

Per l’ordinario vedi:

ORDINARIO DELLA MESSA – ExsurgatDeus.org

LO SCUDO DELLA FEDE (71)

LO SCUDO DELLA FEDE (71)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

PARTE SECONDA.

FRODI PER CUI S’INTRODUCE IL PROTESTANTISMO

CAPITOLO VI

SESTA FRODE: ATTRIBUIRE L’IDOLATRIA ALLA SANTA CHIESA

La calunnia per quanto sia poi a suo tempo smascherata, lascia sempre qualche margine in fronte a chi essa è apposta. Perciò è che i Maestri di errore se ne valgono a tutto andare e fingono che noi abbiamo certe dottrine false che non solo non abbiamo, ma che rigettiamo con tutto il cuore, e poi dopo d’avercele imputate a torto, si fanno a combatterle come se fossero vere. Io ve ne darò alcuni esempi. Avvertiteli bene. – Primo. Dicono che noi siamo idolatri e poi citano alcuni passi della S. Scrittura, dove è condannata da Dio l’idolatria, e così c’infamano. Ora sappiamo anche noi che è un gran delitto l’idolatria, ma qui sta la loro calunnia; nell’attribuirla a noi Cattolici, mentre noi anzi la detestiamo con tutto il cuore. Del resto credete voi poi che sappiano bene quel che sia idolatria? Hanno sempre sul labbro questa accusa, ma io ho più di una volta sperimentato che non sanno neppure quello che voglia dire. Ve lo spiegherò io pertanto, affinché tocchiate con mano quanto per divina misericordia siamo lontani da questo delitto. Idolatria è prestare ad una creatura quell’adorazione che si deve a Dio solo, siccome facevano i Pagani che alle statue ed agli idoli fabbricati dalle loro mani offrivano vittime ed incenso come a verissime divinità: e questa è colpa gravissima, come ognun vede, perché pareggia una creatura vilissima al Creatore, ed a quella prostituisce gli onori divini, rubandoli alla divina Maestà, che sola gli merita. Ora nella S. Chiesa, a chi si presta solamente il culto supremo di adorazione? La Chiesa Cattolica insegna e professa che questo è dovuto solamente a Dio, il quale è nostro Creatore, nostro unico Redentore, nostro Padrone supremo: che però dobbiamo renderglielo con tutto il cuore unendoci a Lui per fede, per speranza, per carità riguardandolo come il solo che può formare la nostra piena beatitudine, comunicandoci quel bene infinito che Egli è. Ed in prova di ciò, il Sacrifizio della S. Messa, che è l’atto più solenne di culto che abbia la Chiesa, non può offrirsi che a Dio solo, e sebbene in essa s’invochino anche i Santi affinché ci aiutino a far con maggiori disposizioni sì grande offerta, tuttavia la Messa non si offre mai se non alla divinità. Ciò presupposto, come potrebbe verificarsi che nella Chiesa vi fosse idolatria? Quando noi, alla Vergine SS. ed ai Santi prestassimo quegli atti di adorazione che si debbono alla Divinità. Ma tolga Dio che cadiamo in questo eccesso. Noi ci vantiamo davvero di onorare la Madonna ed i Santi, ma prima di tutto non riconosciamo in loro nessuna perfezione divina, neghiamo affatto che loro convenga la qualità di Creatore, di Redentore, di Padrone supremo, di ultimo fine, protestiamo poi che tutto quello che essi hanno di bene, tutto fu loro concesso da Dio pei meriti di Gesù, che quanto essi possono a nostro favore, il possono solo pregando ed intercedendo per noi, e che tutta la loro felicità è di stare uniti con Gesù. Vedete dunque quanto siamo lontani dalla Idolatria. Infatti se noi venerassimo la Madonna ed i Santi siccome Divinità. diremmo noi mai che pregassero per noi? Non è ciò molto chiaro? Ebbene osservate tutte le belle preghiere che noi facciamo alla Madonna ed ai Santi: voi trovate che sempre diciamo che preghino per noi. Nell’Ave Maria che cosa voi dite? Santa Maria Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell’ora della morte nostra. Nelle Litanie della Madonna e dei Santi che cosa dite? che preghino per noi, che preghino per noi. Avete veduto? Eppure i bugiardi hanno sempre da dire che siamo idolatri, e che riconosciamo la Madonna ed i Santi siccome Dio. E così col calunniarci cercano d’ingannarvi. – Ma e non è poi vero almeno che i Cattolici esagerano le grandezze della Madonna quando la chiamano loro vita, loro dolcezza, loro speranza e simile? Non è forse vero che questi nomi non convengono se non a Gesù? Oh, miei cari, no, non esagerano né punto né poco i Cattolici in tutto ciò: perocché mentre riconoscono che Ella non è Dio, tutto quell’altro che possono dire di magnifico e di grande intorno a Lei, tutto è poco rispetto alla sua incomparabile dignità di Madre di Dio. Ella stessa ripiena di spirito Santo ebbe ad esclamare che fece cose grandi in Lei l’Onnipotente: e che perciò l’avrebbero chiamata beata tutte le generazioni. Ma dunque, com’è che convengono alla Madonna tutte quelle espressioni? Avvertite che in due maniere può uno chiamarsi vita, speranza, dolcezza nostra, o perché appartiene a lui darci la vita, formare la nostra speranza ecc.: o perché se non tocca a lui a darcela, ce la può ottenere da chi può darla. Ora nel primo modo convengono solamente a Gesù quei nomi, nel secondo modo convengono ottimamente anche alla Madonna. Per comprender ciò anche più chiaro immaginate che un povero contadino si presenti ad un maestro di casa che gode tutta la confidenza d’un Padrone, per ottenere un podere in affitto, oppure che un impiegato si porti da un Ministro di stato che gode tutta la fiducia del Principe per ottenere un avanzamento di posto, che cosa diranno essi in questo caso? Signore, io metto ogni mia speranza in voi, voi certo potete se volete, se voi v’impegnate per me, mi darete la vita, e sarete la consolazione di tutta la mia famiglia. Queste ed altre simili espressioni adopreranno ambedue. Ma non dipende dal Padrone e dal Principe la grazia, e non torna a loro offesa il parlare in questo modo ai lor dipendenti? Niente affatto, perché si comprende da tutti che la potenza di accordare quelle grazie sta veramente nel Padrone e nel Principe. Mentre tutto il potere di questi loro dipendenti, sta tutto nel chiedere e nell’impetrare. Ora è lo stesso rispetto alla Madonna. Siccome Ella qual Madre di Gesù ha un’immensa efficacia nel domandare ed ottenerci le grazie desiderate, così noi la chiamiamo nostra vita, nostra speranza, e simile nel raccomandarci che facciamo a Lei, ma già si sa che è sola potenza ed efficacia di preghiera la sua, mentre la potenza essenziale si trova solo in Gesù. Non vi è dunque nessun abuso in tutte quelle formole di pregare, vogliono anzi essere frequentate con tutto l’affetto perché valgono molto ad accrescere la nostra fiducia. – Sulla Madonna hanno anche un altro gravissimo errore che spargono. Hanno il coraggio questi sfacciati, imitando in ciò il demonio, il quale è sempre stato il grande nemico di Maria, di negare la sua Santa Verginità. Gli antichi Santi, come S. Girolamo, S. Ambrogio, S. Bernardo, quando sentivano questa orrenda bestemmia contro la SS. Vergine Madre nostra, correvano a turarsi gli orecchi per alto orrore. Ora lo stesso dobbiamo fare noi. Ma e come fanno poi a persuadere questa loro bestemmia? Osservano che nel santo Vangelo sono nominati qualche volta i fratelli di Gesù ed essi subito credono che la Beatissima Vergine abbia avuti anche altri figliuoli. Ora questa è tutta loro ignoranza, poiché non sanno che la S. Scrittura, parlando secondo il modo degli Orientali, chiama col nome di fratelli anche gli altri parenti, come sono i cugini, i cognati ecc., e così il santo Vangelo non vuol dire che Gesù abbia avuto dei fratelli carnali, ma dei cugini ed altri parenti: epperò è falsissimo, che la Madonna abbia avuti altri figliuoli fuori di Gesù Cristo, secondo che ha tenuto tutta la S. Chiesa, condannando sempre quei mostri che hanno negato a Maria il gran privilegio di essere stata Vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto. Ma e che necessità vi è di rivolgersi alla Madonna ed ai Santi ed invocarli? non possiamo andare direttamente da Gesù? Ripigliano essi. Ma noi risponderemo loro che vadano pure da Gesù quanto vogliono, che non vi andranno mai di troppo né saremo ardimento di condannare la S. Chiesa, la quale adopera la loro intercessione. Ricorrano a loro fino a quel punto che lo fa la S. Chiesa nella sua liturgia per esserle così obbedienti figliuoli; del resto se nell’esercizio della divozione loro privata, amano meglio di andare direttamente da Gesù, sono padroni. Noi Cattolici abbiamo una singolare fiducia nella Madonna e nei Santi per molte ragioni: perché persuasi dei nostri demeriti e ripieni di un senso profondo di umiltà, noi crediamo di dovere essere esauditi più prontamente, quando ci presentiamo al divin trono accompagnati anche dalle orazioni dei Santi e specialmente della B. Vergine, che essendo la gran Madre di Gesù è infinitamente cara al cuore di Lui: noi abbiamo fiducia che così Gesù si muova più efficacemente al nostro aiuto, che più abbondantemente ci consoli e ci usi maggior pietà. Noi pratichiamo quel che farebbe un servitore infimo di casa, che volendo ottenere dal padrone una grazia, s’indirizza ad un altro servitore che sia più intimo del padrone perché parli per lui, e questo sentimento di umiltà è certo di un gran pregio dinanzi a Dio che ama i cuori umili. Inoltre poi onoriamo con ciò più perfettamente Gesù Cristo. Imperocché non è vero che resta tanto più onorato un Principe, quanto sono più grandi quelli che gli si umiliano dinanzi a chiedere grazie e favori? Ora noi stimiamo tanto il nostro gran Dio e Salvatore Gesù, che desideriamo che gli si prostrino dinanzi per supplicarlo non solo tutti i Santi e tutti gli Angeli, ma perfino la Regina di tutti loro Maria, e così gli rendiamo il maggior onore che per noi si possa. Vedete adunque quali scempiaggini vi dicono quando vi affermano che l’onorare Maria fa torto a Gesù! Voi frattanto sentendo tutti questi insulti che fanno i Protestanti alla cara nostra Madre Maria, procurate di onorarla ancora più, compensando a Maria questo orrendo insulto, col pregarla con più divozione, col recitarle più assiduamente il S. Rosario, col mettere sotto la sua protezione tutte le vostre famiglie, e col gloriarvi in tutti i tempi ed in tutte le occasioni di essere gli zelanti difensori dell’onore della vostra buona Madre. Dite lo stesso con la debita proporzione riguardo ai Santi. Tenetevi cari i vostri Santi Avvocati e Protettori: li avete ricevuti da Dio, ed essi pregano per voi e voi raccomandatevi sempre a loro con tutto l’affetto. Tutta la S. Chiesa è piena delle grazie stupende che la SS. Vergine ed i Santi hanno fatto ai loro devoti: i miracoli che sono succeduti per la loro invocazione sono a migliaia, testificati dai più grandi uomini del mondo, succeduti spesse volte al cospetto d’intere moltitudini e perciò impossibili a negarsi: e questo è il grande onore del Re del cielo e della terra Gesù Cristo, che i suoi servi siano tanto grandi anch’essi, che possano impetrare da Lui opere così stupende, quali sono quelle che noi ammiriamo per gloria di Gesù e sperimentiamo per nostro bene.