DOMENICA DI PENTECOSTE (2023)

DOMENICA DI PENTECOSTE (2023)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Stazione a S. Pietro in Vincoli.

Doppio di I Cl. con Ottava privilegiata di I ord. –  Paramenti rossi

Il dono della sapienza è un’illuminazione dello Spirito Santo, grazie alla quale la nostra intelligenza contempla le verità della fede in una luce magnifica e ne prova una grande gioia ». (P. MESCHLER.)

Gesù aveva posto le fondamenta della Chiesa durante la sua vita apostolica e le aveva comunicato i suoi poteri dopo la sua Resurrezione. Lo Spirito Santo doveva compiere la formazione degli Apostoli e rivestirli della forza che viene dall’Alto (Vangelo). Al regno visibile di Cristo succede il regno visibile dello Spirito Santo, che si manifesta scendendo sui discepoli di Gesù. La festa della Pentecoste è la festa della promulgazione della Chiesa; perciò, si sceglie la Basilica dedicata a S. Pietro, capo della Chiesa, per la Stazione di questo giorno. Gesù, ci dice il Vangelo, aveva annunciato ai suoi la venuta del divin Paracleto e l’Epistola ci narra la realizzazione di questa promessa. All’ora Terza il Cenacolo è Investito dallo Spirito dì Dio: un vento impetuoso che soffia improvvisamente intorno alla casa e l’apparizione di lingue di fuoco all’interno, ne sono i segni meravigliosi. — Illuminati dallo Spirito Santo (Orazione) e riempiti dall’effusione dei sette doni,(Sequenza), gli Apostoli sono rinnovati e a loro volta rinnoveranno il mondo intero (Introito, 1 Antifona). E la Messa cantata all’ora terza, è il momento in cui noi pure « riceviamo lo Spirito Santo, che Gesù salito al cielo, effonde in questi giorni sui figli di adozione » (Prefatio), poiché ognuno dei misteri liturgici opera dei frutti di grazia nelle anime nostre nel giorno anniversario in cui la Chiesa lo celebra. Durante l’Avvento, dicevamo al Verbo: « Vieni, Signore, ad espiare i delitti del tuo popolo »; ora diciamo con la Chiesa allo Spirito Santo: Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco dell’amor tuo » (Alleluia). È la più bella e la più necessaria delle orazioni giaculatorie, poiché lo Spirito Santo, il « dolce ospite dell’anima », è il principio di tutta la nostra vita soprannaturale.

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Sap I: 7. Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja.

[Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Ps LXVII: 2 Exsúrgat Deus, et dissipéntur inimíci ejus: et fúgiant, qui odérunt eum, a fácie ejus.

[Sorga il Signore, e siano dispersi i suoi nemici: e coloro che lo òdiano fuggano dal suo cospetto].

Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja.

[Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Kyrie

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Gloria

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.

Oratio

Orémus.

Deus, qui hodiérna die corda fidélium Sancti Spíritus illustratióne docuísti: da nobis in eódem Spíritu recta sápere; et de ejus semper consolatióne gaudére.

[O Dio, che in questo giorno hai ammaestrato i tuoi fedeli con la luce dello Spirito Santo, concedici di sentire correttamente nello stesso Spirito, e di godere sempre della sua consolazione.]

Lectio

Léctio  Actuum Apostolórum. Act. II: 1-11

“Cum compleréntur dies Pentecóstes, erant omnes discípuli pariter in eódem loco: et factus est repéente de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis: et replévit totam domum, ubi erant sedentes. Et apparuérunt illis dispertítæ linguæ tamquam ignis, sedítque supra síngulos eórum: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, et coepérunt loqui váriis linguis, prout Spíritus Sanctus dabat éloqui illis. Erant autem in Jerúsalem habitántes Judaei, viri religiósi ex omni natióne, quæ sub coelo est. Facta autem hac voce, convénit multitúdo, et mente confúsa est, quóniam audiébat unusquísque lingua sua illos loquéntes. Stupébant autem omnes et mirabántur, dicéntes: Nonne ecce omnes isti, qui loquúntur, Galilæi sunt? Et quómodo nos audívimus unusquísque linguam nostram, in qua nati sumus? Parthi et Medi et Ælamítæ et qui hábitant Mesopotámiam, Judaeam et Cappadóciam, Pontum et Asiam, Phrýgiam et Pamphýliam, Ægýptum et partes Líbyæ, quæ est circa Cyrénen, et ádvenæ Románi, Judaei quoque et Prosélyti, Cretes et Arabes: audívimus eos loquéntes nostris linguis magnália Dei.” 

[“Giunto il giorno della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti insieme nel medesimo luogo. E all’improvviso venne dal cielo un rumore come di vento impetuoso, e riempì tutta la casa, dove quelli sedevano. E apparvero ad essi delle lingue come di fuoco, separate, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare varie lingue, secondo che lo Spirito Santo dava loro di esprimersi. Ora abitavano in Gerusalemme Giudei, uomini pii, venute da tutte le nazioni che sono sotto il cielo. Quando si udì il rumore la moltitudine si raccolse e rimase attonita perché ciascuno li udiva parlare nella sua propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, e dicevano: «Ecco, non son tutti Galilei, questi che parlano? E come mai, li abbiamo uditi, ciascuno di noi, parlare la nostra lingua nativa? Parti, Medi ed Elamiti, e abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle regioni della Libia in vicinanza di Cirene, e avventizi romani, Giudei e Proseliti, Cretesi e Arabi li abbiamo uditi parlare nelle nostre lingue delle grandezze di Dio”. (Atti II, 1-11).]

LINGUE E FUOCO.

Il miracolo delle lingue, il gran miracolo del giorno della Pentecoste, è stato mirabilmente descritto di sul testo sacro del nostro Manzoni.

« Come la luce rapida / piove di cosa in cosa / E i color varii suscita / Ovunque si riposa; / Tal risonò molteplice — La voce dello Spirto; / l’Arabo, il Parto, il Siro, / In suo sermon udì ». Ma quel miracolo ne significava un altro che cominciava da quel giorno a diventar realtà mercè la diffusione, allora inaugurata ufficialmente, del Santo Vangelo, del verbo di Cristo. La divisione delle lingue — la chiamo così per aderire al racconto biblico nella sua integrità e nel suo spirito — fu un castigo non proprio per la materialità delle lingue molteplici che si cominciarono a parlare, ma perché gli uomini, da Babele in poi, non si intesero più, non si capirono, non si amarono, si contrastarono in odî e in guerre fratricide. Si divisero. Era il castigo dell’orgoglio quella divisione delle anime di cui era espressione chiara la varietà delle lingue. Il linguaggio, divinamente dato agli uomini perché intendessero, serviva a confonderli, a separarli. I figli, abbandonando la casa paterna, di fratelli che ivi erano, diventarono stranieri prima gli uni agli altri, per diventare nemici poi. Tutto questo si capovolge a Gerusalemme, nella Pentecoste dello spirito, che continua e suggella e propaga la redenzione di N. S. Gesù Cristo. I figli ritrovano il Padre, imparano di nuovo a parlare con Lui, sentirlo ed esserne sentiti « Loquentes variis linguis », sì, ma « loquentes magnalia Dei ». Non più gli dei falsi e bugiardi, ma Dio unico, vivo e vero. Non più solo un simbolo ferreo di questa unità divina nell’unico Tempio, come al giorno della legge e dei profeti, ma un unico santuario delle anime, un solo Dio, il Dio predicato, il Dio comunicato da N. S. Gesù Cristo alla umanità, un solo Dio nei cuori. E ciascuno canta nella sua lingua materialmente, o in lingua diversa: « loquentes variis linguis, » ma tutti capiscono. « Audivimus eos loquentes ». « L’Arabo, il Parto, il Siro in suo sermon l’udì. » Mirabile fusione di popoli che comincia attraverso la fusione delle anime, fusione meravigliosa di anime che comincia attraverso la riconciliazione umile e fervente con Dio… E continuerà così di secolo in secolo nella Chiesa e mercè di essa, piena com’è dello Spirito Santo. Un numero crescente di popoli i più diversi, per colpa della vecchia Babele, formeranno via via una sola famiglia, un solo popolo: « populus eius, » il popolo di Dio. Parleranno il linguaggio intimo della stessa fede: « una fides ». Il verbo, la parola più vera, più umana, non è quella che suona materialmente sulle labbra; è quella che squilla, che splende nell’intelletto, di cui l’esterna è un’eco, come spiega profondamente San Tommaso. Uniamoci sempre più, in questa lingua interiore con l’accettazione umile della verità rivelata, della verità cristiana, quella verità di cui lo Spirito Santo è maestro intimo a ciascuno di noi, se ciascun di noi accetta il Magistero solenne e autorevole della Chiesa. Parliamo la lingua divina della stessa fede, « una fides » e i nostri cuori batteranno all’unisono della stessa carità. Ci capiremo senza parlare, magari: quelli che si amano davvero si capiscono così. E lavoriamo perché la cerchia dei popoli che in Gesù Cristo e nella Sua Chiesa ritrovano il segreto di una verità, diventi sempre più larga.

(P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.

Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)

ALLELUJA

Allelúja, allelúja

Ps CIII: 30 Emítte Spíritum tuum, et creabúntur, et renovábis fáciem terræ. Allelúja.

[Manda il tuo Spírito e saran creati, e sarà rinnovata la faccia della terra. Allelúia.

[Hic genuflectitur:]

Veni, Sancte Spíritus, reple tuórum corda fidélium: et tui amóris in eis ignem accénde.

[Vieni Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli: ed accendi in essi il fuoco del tuo amore]

Sequentia

Veni, Sancte Spíritus,

et emítte cælitus lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum; veni, dator múnerum; veni, lumen córdium.

Consolátor óptime, dulcis hospes ánimæ, dulce refrigérium.

In labóre réquies, in æstu tempéries, in fletu solácium.

O lux beatíssima, reple cordis íntima tuórum fidélium.

Sine tuo númine nihil est in hómine, nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum, riga quod est áridum, sana quod est sáucium.

 Flecte quod est rígidum, fove quod est frígidum, rege quod est dévium.

Da tuis fidélibus, in te confidéntibus, sacrum septenárium.

Da virtútis méritum, da salútis éxitum, da perénne gáudium. Amen. Allelúja.

[Vieni, o Santo Spirito,
E manda dal cielo,
Un raggio della tua luce.

Vieni, o Padre dei poveri,
Vieni, datore di ogni grazia,
Vieni, o luce dei cuori.

O consolatore ottimo,
O dolce ospite dell’ànima
O dolce refrigerio.

Tu, riposo nella fatica,
Refrigerio nell’ardore,
Consolazione nel pianto.

O luce beatissima,
Riempi l’intimo dei cuori,
Dei tuoi fedeli.

Senza la tua potenza,
Nulla è nell’uomo,
Nulla vi è di innocuo.

Lava ciò che è sòrdito,
Irriga ciò che è àrido,
Sana ciò che è ferito.

Piega ciò che è rigido,
Riscalda ciò che è freddo,
Riconduci ciò che devia.

Dà ai tuoi fedeli,
Che in te confidano,
Il sacro settenario.

Dà i meriti della virtú,
Dà la salutare fine,
Dà il gaudio eterno.
Amen. Allelúia. ]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joannes XIV: 23-31

“In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Si quis díligit me, sermónem meum servábit, et Pater meus díliget eum, et ad eum veniémus et mansiónem apud eum faciémus: qui non díligit me, sermónes meos non servat. Et sermónem quem audístis, non est meus: sed ejus, qui misit me, Patris. Hæc locútus sum vobis, apud vos manens. Paráclitus autem Spíritus Sanctus, quem mittet Pater in nómine meo, ille vos docébit ómnia et súggeret vobis ómnia, quæcúmque díxero vobis. Pacem relínquo vobis, pacem meam do vobis: non quómodo mundus dat, ego do vobis. Non turbátur cor vestrum neque formídet. Audístis, quia ego dixi vobis: Vado et vénio ad vos. Si diligeretis me, gaudere tis utique, quia vado ad Patrem: quia Pater major me est. Et nunc dixi vobis, priúsquam fiat: ut, cum factum fúerit, credátis. Jam non multa loquar vobíscum. Venit enim princeps mundi hujus, et in me non habet quidquam. Sed ut cognóscat mundus, quia díligo Patrem, et sicut mandátum dedit mihi Pater, sic fácio.”

“In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: Chiunque mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e noi verremo da lui, e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole. E la parola, che udiste, non è mia: ma del Padre, che mi ha mandato; queste cose ho detto a voi, conversando tra voi. Il Paracleto poi, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, Egli insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello che ho detto a voi. La pace lascio a voi; la pace mia do a voi; ve la do Io non in quel modo, che la dà il mondo. Non si turbi il cuor vostro, né s’impaurisca. Avete udito, come io vi ho detto: Vado, e vengo a voi. Se mi amaste, vi rallegrereste certamente perché ho detto, vado al Padre: conciossiaché il Padre è maggiore di me. Ve l’ho detto adesso prima che succeda: affinché quando sia avvenuto crediate. Non parlerò ancor molto con voi: imperciocché viene il principe di questo mondo, e non ha da far nulla con me. Ma affinché il mondo conosca, che Io amo il patire, e come il Padre prescrissemi, così fo” (Jo. XIV, 23- 31) .

OMELIA

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956.

CREDO LO SPIRITO SANTO

S. Paolo ad Efeso incontrò un piccolo gruppo di fedeli: forse erano dodici (Act.,  XIX). Chiese a loro: « Credete voi nello Spirito Santo e l’avete ricevuto? ». Quelli, meravigliati, si guardarono in faccia e poi risposero: « Lo Spirito Santo? se non sappiamo nemmeno che vi sia uno Spirito Santo!… » S. Paolo ebbe un tremito di compassione, e soggiunse: « Ma come allora avete potuto essere battezzati? ». La medesima compassione ed il medesimo rimprovero, l’Apostolo potrebbe muovere ancora a non pochi Cristiani che, se non ignorano lo Spirito Santo, vivono però come se l’ignorassero. Per loro, dunque, fu vano il miracolo della Pentecoste? Erano trascorsi cinquanta giorni dalla Resurrezione e tutti i discepoli erano raccolti nel cenacolo. E venne dal cielo, improvvisamente, un suono, come si fosse levata un’impetuosa ala di vento: tutta la casa tremò. Apparvero allora delle lingue come di fuoco, che si posarono sopra ciascuno dei convenuti. « Et repleti sunt omnes Spiritu Sancto…» (Atti, II, 4). Chi è lo Spirito Santo di cui gli Apostoli ricevettero la primizia? Fin dalle ginocchia materne abbiamo imparato ad adorarlo come la terza Persona della SS. Trinità. Ma se oggi, in cui la Chiesa commemora il mistero della sua discesa, volessimo conoscerlo meglio, osserviamo i segni coi quali si manifestò. Scese come vento: il vento che libera il cielo da ogni nube significa come lo Spirito Santo libera l’anima nostra da ogni errore e dubbio. Egli è Spirito di verità. Scese come un gagliardo tremito che scosse e riempì tutto il cenacolo, per significare come sa scuotere le anime, renderle capaci di parlare, d’agire, di morire da eroi. Egli è Spirito di fortezza. Scese come un fuoco: il fuoco che riscalda e dilata è simbolo dell’amore che lo Spirito Santo avrebbe acceso nel cuore dei fedeli. Egli è Spirito d’amore. – 1. SPIRITO DI VERITÀ. Il cattivo esempio del padre e soprattutto i divertimenti e la passione impura trascinarono nell’errore del Manicheismo una delle più belle intelligenze: Agostino di Tagaste. E nell’errore sentiva bisogno di un maestro potente che lo strappasse dai grossi vapori in cui soffocava, verso una regione di serenità. Studiò Platone, ascoltò S. Ambrogio. E benché, di giorno in giorno, s’avvicinasse alla verità, non poteva mai raggiungerla. Un giorno, con l’animo spasimante per l’interno martirio, si pose sotto una ficaia e sospirava a Dio con lacrime: «Signore, fino a quando dovrò brancolar nel dubbio così? ». Poi s’addormentò. Ma in quel momento s’udì un grido: « Prendi e leggi ». Agostino balza a quella voce, pallido e tremante, sospinto da un forza interiore, prende un libro, l’apre a caso e legge: « Rimoviamo da noi le opere delle tenebre e  rivestiamoci con le armi della luce ». E fu un raggio che cadde dall’alto, i suoi occhi videro, la sua anima vide: pianse e credette. Di chi era quel grido misterioso? Chi poté, in un attimo, persuaderlo, deciderlo, convincerlo? Non un uomo: perché gli uomini insegnano lentamente attraverso numerose parole. Non un uomo: perché ci sono delle verità che ripugnano alla carne e al sangue, delle verità che infrangono la superbia della nostra ragione, di cui nessuno ci può persuadere se non Colui che conosce tutte le vie del cuore: lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo ammaestrò S. Agostino come già aveva ammaestrato ed illuminato gli Apostoli. Gli Apostoli erano rozzi e duri a comprendere: … stulti et tardi corde ad credendum erano materiali e non giudicavano che coi sensi: … nisi videro, non credam. Cristo stesso s’indignava talvolta con loro: tanto tempore vobiscum sum, et nondum cognovistis me? Ma disceso lo Spirito Santo, da stolti divennero sapienti, da increduli divennero la base e la colonna della fede. Quante volte anche noi, forse, abbiamo sentito risuonare un grido come Agostino, o abbiamo internamente visto una luce nuova come gli Apostoli. Quante volte anche noi, forse, leggendo un buon libro, ascoltando una predica anche in mezzo alle occupazioni quotidiane, ci siam visti illuminare interiormente e liberare da ogni dubbio. Era lo Spirito Santo che c’insegnava la verità. – 2. SPIRITO DI FORTEZZA. A Siracusa, davanti al tribunale di Pascasio, venne trascinata la vergine Lucia. La timida giovinetta non tremava, ma diceva al giudice: « Tu osservi i decreti del tuo Cesare ed io osservo la legge del mio Dio e giorno e notte ». Pascasio diabolicamente ordinò di condurla in luogo infame e poi di farla passare di tortura in tortura. Ma come i soldati la presero per condurla via, non riuscirono a smuoverla d’un passo, e le caddero intorno. Si ricorse alla forza dei buoi, ma la vergine di Cristo rimase ferma come rocca. Tutti gridavano alla strega e le gettavano addosso amuleti e scongiuri. Pascasio le disse: « Qual è l’arte magica che ti dona tanta forza? » E santa Lucia le rispose: «È lo Spirito Santo: io lo sento in me che dice: mille cadranno alla mia sinistra e diecimila alla tua destra, ma non ti toccheranno ». La vergine, glorificata ormai, pregava Dio a gradire la sua vita. Un soldato le tagliò il capo, ed ella si trovò in Paradiso. Anche l’anima nostra, in questo mondo, ha molti nemici che la vorrebbero trascinare in luogo infame e poi di peccato in peccato: è il demonio, sono le passioni, il mondo con le sue lusinghe, lo stimolo dei sensi, i cattivi compagni. Chi potrà sostenerci nella dura guerra della vita, se ci sentiamo così deboli e proclivi al male? Colui che fortificò la fanciulla di Siracusa: lo Spirito Santo che è Spirito di fortezza. Non erano anche gli Apostoli delle persone deboli? Tutti eran fuggiti nell’ora delle tenebre, e Pietro tre volte spergiurò prima che il gallo cantasse. Ma disceso lo Spirito Santo, rimproverarono intrepidamente ai Giudei il deicidio. « Voi avete rifiutato il Santo, il Giusto. Voi avete domandato grazia per un ladro omicida ed avete fatto morir l’Autore della vita ». I Giudei, spaventati, gridavano: «Tacete! Tacete! ». E quelli:« Non possiamo tacere ». Non possumus non loqui. « Possiamo soffrire, possiamo morire, ma non possiamo tradir l’Evangelo. È  dalle parole passarono ai fatti, dai fatti al supremo testimonio del sangue. Quale vergogna per noi, che pur avendo ricevuto lo Spirito Santo, siamo ancora così vili! Per noi, che siam Cristiani dimentichi del Cristianesimo, per noi che oggi forse, lo Spirito Santo sconfessa. Non vi sono più persecuzioni cruente; ma un’altra persecuzione s’è levata nella Chiesa; quella del mondo e della sua tirannia. È legge del mondo che, con qualsiasi mezzo, bisogna guadagnarsi un posto. È legge del mondo che perdonare è viltà. È legge del mondo che il piacere impuro è un bisogno di natura. E noi, forse, ne siamo schiavi? – 3. SPIRITO D’AMORE Mentre S. Paolo si trovava a Cesarea, ospite della casa di Filippo, arrivò un certo Agabo, profeta. Costui prese la cintura di Paolo e si legò le mani e i piedi. Gli astanti guardavano, stupiti. Ma egli, profetando, disse: « In questo modo verrà legato dai Giudei in Gerusalemme quell’uomo a cui appartiene la cintura ». (Atti, XXI, 11). Filippo, le sue quattro figlie, i discepoli di Cesarea scoppiarono in pianto a quel triste presagio e s’inginocchiarono davanti a Paolo scongiurandolo a non tornar più a Gerusalemme. Ma Paolo rispose: « Non piangete così, che le vostre lacrime fanno male al mio cuore. Per conto mio sono pronto, non solo ad essere legato, ma anche a morire in Gerusalemme per il Nome di Gesù ». Quanto amore! La morte non lo spaventava, ma non poteva veder piangere quei Cristiani: meglio spargere tutto il proprio sangue ma non una lacrima di loro. Ed è ancora Paolo che raccomanda ai fedeli: « Se alcuno vi maledirà, e voi beneditelo! Se alcuno vi farà del male, e voi fategli del bene! Benedite e amate ». E altrove dice: « Piangete coi piangenti, e allietatevi coi lieti. Io mi son fatto malato con i malati: mi sono fatto tutto a tutti ». Quando i primi Cristiani vedevano qualche povero nella Chiesa, ciascuno faceva colpa a se stesso di quella miseria e mettevano tutti i loro beni in comune perché tutti godessero egualmente. Gli uomini che così parlano e agiscono sono i medesimi che prima della discesa dello Spirito Santo litigavano per salvare il primo posto, e invocavano fuoco dal cielo sopra le città che li accoglievano male. E lo Spirito Santo, che è Spirito d’amore, quale trasformazione ha operato nel nostro cuore? Quante invidie, quanti rancori, quante vendette trovano ancora posto tra noi! E com’è avara la nostra mano nel largire e nell’aiutare! L’amor del prossimo è un segno dell’amor di Dio: solo quando saremo capaci di amare il prossimo come noi stessi, solo allora ameremo Dio più di noi stessi. – Ignazio d’Antiochia, trascinato in catene fino a Roma, scrive ai Romani queste parole: « Credetemi: è nel pieno vigore della vita che esprimo il desiderio di morire. In me ogni concupiscenza è crocifissa: solo v’è un’acqua viva e parlante, con un mormorio lungo e misterioso: « vieni al Padre! ». Quest’acqua viva, che ha voce, è la grazia dello Spirito Santo disceso in tutti noi. «Vieni al Padre!» ci dice quando il dubbio offusca la nostra fede. « Vieni al Padre! » ci sussurra quando le tentazioni vorrebbero travolgerci. « Vieni al Padre!» ci mormora quando l’odio, l’avarizia, l’invidia vorrebbero disseccarci il cuore. Ascoltiamo questa voce: non attiriamoci il tremendo rimprovero: dura cervice et incircumcisis cordibus, vos semper Spiritui Sancto resistitis. — LA NOSTRA PENTECOSTE. Festa di Pentecoste: memoria del passato. — Dieci giorni dopo l’Ascensione, una domenica mattina, gli Apostoli e la divina Madre stavano ancora raccolti insieme in un medesimo luogo pregando e rivolgendo in cuor loro l’ultima promessa di Gesù: « Riceverete la forza dello Spirito Santo, quando verrà su di voi » (Atti, 1,8). Ed ecco a ciel sereno un fragore di tuono improvviso, e poi un impeto di vento e tutta la casa faceva tremare, e poi un gran bagliore di fuoco: su ciascuno dei presenti s’era posata una fiamma. Tutti furono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare in varie lingue, secondo che lo Spirito dava a loro d’esprimersi. Quello delle lingue non fu il solo dono, né il più importante: gli Apostoli divennero sapienti nella predicazione, disinteressati fino all’oblio di sé, coraggiosi fino a sfidare la morte. Gerusalemme, città cosmopolita, era in quei giorni piena di stranieri. Questi stupirono ascoltando nel proprio linguaggio predicare le magnificenze di Dio, e dicevano tra di loro: « Che cos’è questo che succede? ». Però c’erano anche di quei che prendevano in giro gli Apostoli accusandoli d’essere brilli di vino dolce. Festa di Pentecoste: realtà del presente. — La festa di Pentecoste è il ricordo di quella meravigliosa e ardente discesa dello Spirito Santo. Ma si badi bene: non è appena una memoria del passato che celebriamo, ma soprattutto una realtà del presente, una realtà di tutti i giorni. Lo Spirito Santo è ancora con la Chiesa. – Il 7 settembre 1510, S. Caterina da Genova dal letto della sua agonia guardando per la finestra vide un fiume di fuoco cadere dal cielo ed infiammare il mondo.  Temendo di illudersi o di sognare, chiese che le spalancassero la finestra: onde e onde di fuoco, senza rumore, ancora precipitarono dall’alto ad allagare la terra. (V. ZABUGHIN, Storia dei Rinascimento cristiano in Italia, Milano, Treves, 1° pag. 109). Quello che la Santa poté vedere con gli occhi, noi lo sappiamo per fede. Ancora come nella domenica di Pentecoste, lo Spirito si comunica alla Chiesa: è un fiume ardente di carità che dal cielo perennemente su lei si riversa a vivificarla. Quello Spirito divino che diede allora forza e lume a S. Pietro per rimproverare la perfida durezza dei Giudei, oggi dà forza e lume al Pontefice contro l’empietà del comunismo e l’irreligiosità di alcune concezioni politiche. Come allora sospingeva gli Apostoli per ogni strada alla conquista del mondo, così ora sospinge i missionari in ogni continente e per ogni oceano. È il medesimo Spirito che consacra i Vescovi e non lascia mancare i Sacerdoti, che illumina i Dottori della fede, che conforta quelli che soffrono per la giustizia, che popola i conventi dei cuori verginali, che riempie il mondo di opere di carità, che santifica tutto il popolo fedele per mezzo dei santi Sacramenti. E come un giorno ci furono quelli che derisero gli Apostoli dicendoli ubriachi, c’è ancora chi deride e calunnia e odia il Papa, i Sacerdoti, i Cristiani. Perché il mondo sarà sempre contrastato da due spiriti opposti; lo Spirito Santo e lo spirito maligno. Festa di Pentecoste: realtà nostra personale. — Anche ciascuno di noi ha avuto la sua Pentecoste, ed è la santa Cresima. Allora su ciascuno di noi lo Spirito Santo è disceso. Ci ha fatto perfetti Cristiani, soldati di Gesù Cristo, e ce ne ha impresso il carattere. È opportunissimo quest’oggi meditare la nostra Pentecoste: la nobiltà che acquistammo, gli impegni che assumemmo nella Cresima. Essa è Sacramento di perfezione, di milizia, di consacrazione. – 1. SACRAMENTO DI PERFEZIONE. Il Battesimo ci ha fatto Cristiani; ma è la Cresima che ci ha fatto perfetti Cristiani. Spieghiamo con un paragone. Un seme cade in autunno nel solco: esso germina, è vivo, ha le radichette e le foglioline, ha tutto; eppure sta lì, quasi immoto a fior di terra per mesi e mesi. Poi d’improvviso si sveglia, si scuote, si allunga, si ingrossa, getta rami e foglie, fiori e frutti. Una forza nuova l’ha penetrato e l’ha fatto pianta perfetta. È stata la primavera colla sua luce vivificante, col suo caldo vento. Ebbene lo stesso procedimento avviene nell’ordine soprannaturale. Il Battesimo ci dà la nuova e celeste vita della fede, della speranza, della carità. Occorre però l’arrivo d’una luminosa e calda primavera che sviluppi in noi tale vita divina. Ed ecco, nella Cresima, la venuta dello Spirito Santo con l’abbondanza dei suoi sette doni. Tre di essi sono come una luce vivificante che aiuta la nostra intelligenza a penetrare, a gustare le verità della fede: il dono dell’intelletto, della sapienza, della scienza. Tre altri sono come un soffio caldo che aiuta la nostra volontà a praticare con letizia e prontezza il volere del Signore: il dono della fortezza, della pietà, del timor di Dio. Per i momenti d’incertezza, di oscurità, di dubbio resta il dono del consiglio, che aiuta la nostra prudenza a decidersi senza inganno né rammarico verso il maggior bene dell’anima nostra. Cristiani, su noi tutti la nostra primavera, la nostra Pentecoste, la Cresima già è discesa. Riflettete ora: siamo cresciuti e diventati Cristiani robusti e perfetti? È triste osservare, in un campo rigoglioso di grano, macchie giallastre ove gli steli sono rimasti sottili come aghi e non daranno spiga. Invano è venuta per loro la primavera. È più triste però entrare in un istituto di rachitici: corpi gracili come di bambini, portano in cima un volto rugoso e dolente di vecchi; mani e piedi enormi che si staccano da un esile fusto. Invano è venuta per loro giovinezza: non sono cresciuti, o si sono sviluppati solo in qualche membro. Più triste ancora è lo spettacolo visto dagli Angeli e da Dio nel campo della Chiesa; una moltitudine di Cristiani, rimasti rachitici e deformi nella vita più preziosa, quella divina: uomini adulti e Cristiani imperfetti. Ma la nostra adolescenza spirituale è volontaria: noi possiamo far rivivere lo Spirito Santo in noi, svilupparci con l’energia dei suoi doni. Vieni, o Santo Spirito! irriga ciò che è arido, risana ciò che è malato ». – 2. SACRAMENTO DI MILIZIA. Quando lo Spirito Santo discese su gli Apostoli, li ha fatti eroici combattenti per la diffusione del Vangelo. Quando lo Spirito Santo discende sui Cristiani li destina a una milizia spirituale. Diciamo infatti che la Cresima ci fa soldati. — Ma chi è il comandante? Gesù Cristo. — Qual è la bandiera? È la Croce: Il Vescovo ce la traccia sulla fronte perché portiamo coraggiosamente in cospetto di tutti: « Ti segno col segno della Croce, ti confermo col Crisma della salvezza ». — Per chi dobbiamo combattere? per difendere i supremi interessi della Chiesa, di Dio, e dell’anima nostra. Per difendere la nostra vita eterna, la nostra fede, la mostra innocenza. — Dov’è il nemico? È innumerevole e terribile. Ci sono nemici interni e sono i più pericolosi: sono le nostre passioni, specialmente l’avarizia e la sensualità. Ci sono nemici esterni: invisibili, come i demoni, e visibili come il mondo e i suoi scandali, le sue lusinghe e le sue derisioni, le sue amicizie e le sue ostilità. – Ci sono delle ore tragiche nella storia e nella vita in cui bisogna in questa milizia spirituale, arrischiar tutto per tutto. Pensate agli Apostoli che si fecero uccidere: a Pietro crocifisso, a Paolo decapitato, a Giacomo passato a fil di spada. Pensate alle folle dei Martiri che sacrificarono la vita. Pensate ai milioni e milioni di cuori, ignoti a noi ma noti a Dio, che vissero con eroici sacrifici per amore della loro fede minacciata. Questa che passa sul mondo è ancora un’ora tragica. In quante nazioni la vita cristiana può costare la disoccupazione, la miseria, la persecuzione, la prigionia, la morte. Preghiamo lo Spirito Santo per questi nostri fratelli messi al bivio tra l’eroismo o la diserzione. Che la forza non manchi a loro, anche di morire piuttosto che cedere al male. Riflettete ora: tra noi, che pur non siamo posti alla prova eroica, non ci sono già forse dei vili, dei disertori, dei disfattisti? Vili sono quei Cristiani cresimati che han vergogna di mostrare in pubblico la loro fede, di difenderla dalle bestemmie e dalle calunnie degli ignobili. Disertori sono quei Cristiani cresimati che quando la legge di Dio che governa i cuori e le famiglie costa sacrifici e rinunce, buttano le armi e si nascondono nei comodi rifugi del piacere o dell’interesse. Disfattisti sono quei Cristiani cresimati che col loro contegno, con le loro opere e parole sono impedimento di bene o causa di peccato. Essi disfanno e non edificano il Regno di Dio. Ritorna, o Santo Spirito! rendi il coraggio ai nostri cuori imbelli. – 3. SACRAMENTO DI CONSACRAZIONE. Quando si consacra una Chiesa si fanno dodici croci sulle pareti, segno del possesso di Dio. Ebbene, quando lo Spirito Santo discese in noi ha messo nella nostra anima l’impronta incancellabile del suo possesso. Il Catechismo la chiama « carattere ». Non si deve però pensare al carattere impresso dai Sacramenti come un sigillo materiale, sia pure in forma di croce. L’anima è spirituale e non può ricevere segnature sensibili. Dovete piuttosto immaginarlo come una fisionomia. Come il padre vede una fisionomia nel figlio, nel volto, nella voce, e più ancora nella maniera di pensare e di dire e di fare, così lo Spirito Santo nel Battesimo imprime nel Cristiano una somiglianza con Gesù Cristo. Nella Cresima poi non imprime un segno nuovo e diverso, ma rende più decisa e vigorosa la fisionomia data già nel Battesimo. La quale diverrà ancora più perfetta in chi riceve il Sacramento dell’Ordine, diventando Sacerdote. Questa configurazione indelebile a Gesù Cristo ci consacra all’amore e alla gloria di Dio. Noi potremmo fare un confronto fra le nostre chiese e l’anima di un cresimato, fatta tempio vivo dello Spirito Santo. V’è in noi un pulpito dal quale discende la verità: è la nostra ragione che ci insegna a fare il bene e fuggire il male. Guai a chi si ribella. V’è in noi un tribunale: ed è la nostra coscienza che ci loda del bene e ci rimorde del male compiuto. V’è un altare; ed è il nostro cuore, sul quale si offre il sacrificio della nostra volontà sottomettendola alla legge del Signore. V’è una lampada accesa, che diffonde luce e calore: ed è la nostra fede, che dobbiamo nutrire coi santi Sacramenti e colla istruzione nella dottrina cristiana. Né vi mancano i cantici e gli inni sacri e i suoni dell’organo, e i profumi dell’incenso che sono i nostri devoti affetti e le nostre quotidiane preghiere. Lungi da questo tempio le sacrileghe profanazioni: sia tutto santo il nostro essere. – Nel giorno di Pentecoste, udendo l’infiammato discorso di S. Pietro, il popolo si compunse di cuore e disse: « Che cosa dobbiamo fare? ». Rispose a loro S. Pietro: « Salvatevi da questa generazione perversa. » E quelli cominciarono a venire assidui alle istruzioni degli Apostoli; alla frazione del pane cioè l’Eucaristia; alla preghiera (Atti, II, 37-42). Cristiani, dopo aver ascoltato le meraviglie della vostra Pentecoste, voi pure forse mi domandate: « E adesso che dobbiamo fare? ». Non altra risposta ho da darvi se non quella di S. Pietro: « Salvatevi da questa generazione perversa, voi che siete figli di Dio, militi di Gesù Cristo, templi vivi del Spirito Santo ». Ma non vi salverete, se non facendo tre cose: frequenza all’istruzione cristiana, frequenza alla santa Comunione; preghiera quotidiana.

IL CREDO

Offertorium

Orémus Ps LXVII: 29-30

Confírma hoc, Deus, quod operátus es in nobis: a templo tuo, quod est in Jerúsalem, tibi ófferent reges múnera, allelúja.

[Conferma, o Dio, quanto hai operato in noi: i re Ti offriranno doni per il tuo tempio che è in Gerusalemme, allelúia].

Secreta

Múnera, quæsumus, Dómine, obláta sanctífica: et corda nostra Sancti Spíritus illustratióne emúnda.

[Santifica, Te ne preghiamo, o Signore, i doni che Ti vengono offerti, e monda i nostri cuori con la luce dello Spirito Santo].

Præfatio

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

de Spiritu Sancto

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Qui, ascéndens super omnes cælos sedénsque ad déxteram tuam, promíssum Spíritum Sanctum hodierna die in fílios adoptiónis effúdit. Quaprópter profúsis gáudiis totus in orbe terrárum mundus exsúltat. Sed et supérnæ Virtútes atque angélicæ Potestátes hymnum glóriæ tuæ cóncinunt, sine fine dicéntes:

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: per Cristo nostro Signore. Che, salito sopra tutti cieli e assiso alla tua destra hodierna die effonde sui figli di adozione lo Spirito Santo promesso. Per la qual cosa, aperto il varco della gioia, tutto il mondo esulta. Cosí come le superne Virtú e le angeliche Potestà cantano l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:]

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Preparatio Communionis

Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:

Pater noster

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Acts II: 2; 4

Factus est repénte de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis, ubi erant sedéntes, allelúja: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, loquéntes magnália Dei, allelúja, allelúja.

[Improvvisamente, nel luogo ove si trovavano, venne dal cielo un suono come di un vento impetuoso, allelúia: e furono ripieni di Spirito Santo, e decantavano le meraviglie del Signore, alleluja, alleluja.]

Postcommunio

Orémus.

Sancti Spíritus, Dómine, corda nostra mundet infúsio: et sui roris íntima aspersióne fecúndet.

[Fa, o Signore, che l’infusione dello Spirito Santo purifichi i nostri cuori, e li fecondi con l’intima aspersione della sua grazia].

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.