TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (6) “Da s. LEONE Magno a Ilario”.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (6)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da S. Leone Magno a Ilario)

LEONE I IL GRANDE: 29 settembre 440-10 novembre

Lettera Ut nobis gratulationem ai Vescovi della Campania, Piceno e Tuscia; 10 ottobre 443.

Usura

280 – (Cap. 3). Ci è sembrato anche di non dover passare sotto silenzio il fatto che alcuni, avvinti dal desiderio di un vergognoso guadagno, si abbandonino a rapporti usurari e vogliono arricchirsi prestando ad interesse; e questo, non dico per coloro che sono insediati in un ufficio clericale, ma anche per i laici che vogliono essere chiamati Cristiani, lo deploriamo molto. Decretiamo che coloro che ne sono colpevoli siano puniti più severamente, in modo da eliminare ogni occasione di peccato.

281 – (Cap. 4) Abbiamo anche ritenuto necessario ricordare che nessun chierico debba tentare di praticare il prestito ad interesse, né a nome di un altro né a nome proprio: non è infatti opportuno commettere una perdita per se stessi a beneficio di un altro. Dobbiamo considerare e praticare solo quel prestito di interesse che consiste nel fatto che ciò che concediamo qui con misericordia, possiamo riceverlo di nuovo dal Signore che concederà abbondantemente ciò che rimarrà per sempre.

Lettera “Quanta fraternitati” al Vescovo Anastasio di Tessal., nel 446

La gerarchia ecclesiastica e la monarchia.

282 – (Cap. 11)… La congiunzione di tutto il corpo produce un’unica e medesima salute, un’unica e medesima bellezza; e questa congiunzione richiede l’unanimità di tutto il corpo, e in particolare la concordia dei Sacerdoti. Sebbene abbiano una dignità comune, il rango non è lo stesso, perché anche tra i beati Apostoli c’era una certa differenza di potere in un onore simile; e se l’elezione di tutti era la stessa, ad uno solo fu dato di essere al di sopra degli altri. Da questo modello nacque anche una distinzione tra i Vescovi, e con una saggia disposizione si stabilì che non tutti dovessero rivendicare tutto per sé, ma che in ogni provincia ci fosse qualcuno la cui opinione dovesse essere tenuta al primo posto tra i fratelli, e che allo stesso modo alcuni, istituiti in città più importanti, dovessero avere una maggiore sollecitudine; attraverso di loro l’ufficio universale della Chiesa doveva convergere verso l’unica sede di Pietro, e nulla doveva essere separato dal suo capo.

Lettera “Quam laudabiliter” al Vescovo Turribio di Astur., 21 447 luglio.

Gli errori dei priscillianisti in generale.

283 – (L’empietà dei Priscilliani) nacque persino nelle tenebre del paganesimo, cosicché, attraverso le pratiche segrete ed empie delle arti magiche ed i vani inganni degli astrologi, fondarono la fede della religione e la regola della morale sul potere dei demoni e sull’effetto degli astri. Se si permettesse di credere e di insegnare questo, la ricompensa non sarebbe più dovuta alle virtù, né la punizione ai vizi, e tutti gli ordinamenti, non solo delle leggi umane ma anche dei comandamenti divini, si dissolverebbero; perché non ci potrebbe più essere alcun giudizio, né sulle azioni buone né su quelle cattive, se una necessità del destino spingesse il movimento della mente da una parte o dall’altra, e se tutto ciò che viene fatto dagli uomini non fosse degli uomini ma delle stelle. … I nostri Padri … hanno agito giustamente e con fermezza affinché questa empia follia venisse scacciata da tutta la Chiesa: anche i principi del mondo aborrivano a tal punto questa sacrilega follia, che hanno abbattuto il suo autore (Priscilliano) con la spada delle leggi pubbliche, insieme alla maggior parte dei suoi seguaci. Infatti, vedevano che il vincolo del matrimonio sarebbe stato completamente annullato, e che anche la legge divina ed umana sarebbe stata sovvertita, se a tali uomini fosse stato permesso di vivere con tale professione in qualsiasi luogo. Per lungo tempo questa severità ha giovato alla mitezza ecclesiastica che, pur accontentandosi del giudizio dei Sacerdoti ed evitando punizioni cruente, è comunque aiutata dai severi decreti dei principi.

284 – La Trinità divina, contro i modalisti.

(Cap. 1) Perciò, nel primo capitolo, si mostra quale empia opinione abbiano della Trinità divina coloro che affermano che le Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo siano una sola e medesima Persona, come se lo stesso Dio fosse chiamato a volte Padre, a volte Figlio, a volte Spirito Santo; non ci sarebbe uno che genera, un altro che è generato, un altro che procede da entrambi; ma questo tipo di bestemmia non riguarda una sola Persona, ma tre. Questo tipo di bestemmia deriva loro dall’opinione di Sabellio, i cui seguaci sono giustamente chiamati Patripassiani; infatti, se il Figlio è colui che è il Padre, la croce del Figlio è la passione del Padre, e tutto ciò che il Figlio ha sopportato in forma di schiavo per obbedire al Padre, il Padre in persona lo ha sperimentato pienamente in se stesso. Questa affermazione è indubbiamente contraria alla fede cattolica, che professa così fortemente l’identità della sostanza della Trinità divina da credere che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo siano indivisi senza confusione, siano eterni senza essere soggetti al tempo, siano uguali senza differenza, perché non è una sola e stessa persona, ma una sola e stessa Essenza, che realizza l’unità nella Trinità…

La natura dell’anima umana.

285 – (Cap. 5) In un quinto capitolo viene riportata la loro concezione che l’anima dell’uomo sia di sostanza divina e che la natura della nostra condizione sia indistinguibile dalla natura del suo Creatore. Questa empietà… la fede cattolica la condanna: perché sa che non c’è creatura così sublime e così eminente, per la quale Dio sia la sua stessa natura. Perché ciò che è di sé è ciò che Egli stesso è, e questo non è altro che il Figlio e lo Spirito Santo. Oltre a quest’unica, consustanziale, eterna ed immutabile divinità dell’altissima Trinità, non c’è assolutamente nulla tra le creature che sia stato creato dal nulla al suo inizio. Nessuno degli uomini è la Verità, nessuno la Sapienza, nessuno la Giustizia; ma molti hanno una parte nella verità, nella saggezza e nella giustizia. Ma Dio da solo non ha bisogno di partecipare a nulla: tutto ciò che di Lui è giustamente creduto, in qualsiasi modo, non è qualità ma essenza. A Colui che è immutabile, nulla si aggiunge e nulla si toglie, perché a Colui che è eterno, l’essere appartiene sempre a se stesso. Perciò rinnova tutto rimanendo in se stesso, e non ha ricevuto nulla che non abbia dato Egli stesso.

La natura del diavolo.

286 –  (Cap. 6) La sesta osservazione riguarda la loro affermazione che il diavolo non è mai stato buono, e che la sua natura non è opera di Dio, ma che è emerso dal caos e dalle tenebre, perché non ha un creatore, ma è lui stesso il principio e la sostanza di tutto il male; ma la vera fede. … professa che la sostanza di tutte le creature, spirituali o corporee, è il bene, e che il male non ha natura perché Dio, che è il creatore dell’universo, non ha fatto altro che il bene. Quindi il diavolo sarebbe buono se fosse rimasto nello stato in cui è stato creato. Ma avendo abusato della sua eccellenza naturale e “non rimanendo nella verità” (Gv 8,44) non è passato in una sostanza contraria, ma si è separato dal bene sovrano al quale doveva rimanere unito, proprio come coloro che affermano questo precipitano da ciò che è vero a ciò che è falso, e attaccano la natura per ciò che hanno intenzionalmente commesso, e sono condannati a causa della loro volontaria perversità. Il male sarà in loro stessi e il male stesso non sarà la sostanza, ma la punizione per la sostanza.

Lettera “Lectis dilectionis tuæ” al Vescovo Flaviano di Costantinopoli (“Tomus (I) Leonis”), 13 giugno 449.

L’incarnazione del Verbo di Dio

290 – (Cap. 2) Ignorando, quindi, ciò che dovrebbe pensare sull’Incarnazione del Verbo di Dio…, avrebbe dovuto almeno ascoltare attentamente la confessione comune e unanime, con la quale l’universalità dei fedeli professa di credere in “Dio Padre onnipotente e in Gesù Cristo suo unico Figlio, nostro Signore, nato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine” (Confessione apostolica di fede), cfr. Can. 12… Quando si crede in un Dio e Padre onnipotente, si dimostra che suo Figlio è co-eterno a Lui, non differendo in nulla dal Padre, poiché è nato Dio da Dio, Onnipotente da Onnipotente, co-eterno dall’Eterno, non posteriore nel tempo, non inferiore nella potenza, non dissimile nella gloria, non separato nell’essenza.

291 – Ma questo stesso Figlio unigenito ed eterno di un Padre eterno è nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, una nascita nel tempo che non ha diminuito o aggiunto nulla alla nascita divina ed eterna, ma è stata interamente impiegata per rifare l’uomo, che era stato ingannato, affinché vincesse la morte e distruggesse con la propria potenza il diavolo che deteneva l’impero della morte. Non potremmo infatti prevalere contro l’autore del peccato e della morte, se Lui, che né il peccato ha potuto contaminare né la morte trattenere, non avesse assunto la nostra natura e l’avesse fatta sua. Sì, è stato dunque concepito dallo Spirito Santo nel grembo della Vergine Madre, che lo ha dato alla luce, la cui verginità è stata salvata così come è stata salvata quando lo ha concepito.

292 – O forse egli (Eutiche) pensava che il nostro Signore Gesù Cristo non fosse della nostra natura per il motivo che l’Angelo inviato alla beata Maria disse: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà, e perciò l’Essere santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio” Lc 1,35, in modo che, essendo il concepimento della Vergine un’operazione divina, la carne dell’essere concepito non fosse della natura di colui che ha concepito? Ma non dobbiamo intendere questa generazione singolarmente meravigliosa e meravigliosamente singolare nel senso che ciò che è proprio della specie sia stato messo da parte dalla novità della sua creazione. La fecondità della Vergine è un dono dello Spirito Santo, ma dal suo corpo è stato tratto un corpo reale. E la Sapienza che costruisce una casa Pr 9,1: il Verbo si è fatto carne e ha abitato in mezzo a noi Gv 1,14, cioè in quella carne che ha preso dall’uomo e che ha animato con il soffio della vita razionale.

293 – (Cap. 3) Così, con le proprietà delle due nature unite in una sola Persona, l’umiltà è stata assunta dalla maestà, la debolezza dalla forza, la mortalità dall’eternità e, per pagare il debito della nostra condizione, la natura inviolabile è stata unita alla passibile: affinché, come convenisse alla nostra guarigione, un solo e medesimo “mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù” (1 Tim 2,5), fosse da un lato capace di morire e dall’altro incapace di farlo. È dunque nella natura intatta di un vero uomo che nasce il vero Dio, completo in ciò che gli è proprio, completo in ciò che ci è proprio. Per “ciò che ci è proprio” intendiamo la condizione in cui il Creatore ci ha stabilito all’inizio e che Egli ha assunto per ristabilirla; perché di ciò che l’ingannatore ha portato e l’uomo ingannato ha accettato, non c’è traccia nel Salvatore… Ha assunto la forma del servo senza macchia di peccato, arricchendo l’umano senza diminuire il divino, perché questo annientamento con cui l’invisibile è stato reso visibile, era un’inclinazione della Sua misericordia, non una carenza della Sua potenza.

294 – (Cap. 4) Ecco dunque che il Figlio di Dio entra in queste parti più basse del mondo, scendendo dal trono celeste senza lasciare la gloria del Padre, generato in un nuovo ordine, con una nuova nascita. Un ordine nuovo perché invisibile in ciò che è suo, si è reso visibile in ciò che è nostro; infinito ha voluto essere contenuto; sussistente prima di ogni tempo, ha cominciato ad esistere nel tempo; Signore dell’universo, ha velato l’immensità della sua maestà nell’ombra, ha preso la forma di un servo; Dio impassibile, non ha disdegnato di essere un uomo passibile, immortale, il sottomettersi alle leggi della morte. Generato da una nuova nascita, perché la verginità inviolata, senza conoscere la concupiscenza, ha fornito la materia della carne. Dalla Madre del Signore è stata assunta la natura, non la colpa, e nel Signore Gesù Cristo generato dal grembo di una Vergine, la nascita meravigliosa non rende la sua natura diversa dalla nostra. Perché Colui che è vero Dio è, allo stesso modo, vero uomo. In questa unità non c’è menzogna, poiché l’umiltà dell’uomo e l’elevazione della divinità si avvolgono a vicenda. Perché come Dio non viene cambiato dalla misericordia, così l’uomo non viene assorbito dalla dignità. Ciascuna delle due forme, infatti, svolge il proprio compito in comunione con l’altra: il Verbo fa ciò che è del Verbo, la carne fa ciò che è della carne. Uno dei due brilla di miracoli, l’altro soccombe agli oltraggi. E come il Verbo non cessa di essere uguale nella gloria al Padre, così la carne non si sottrae alla natura della nostra razza.

295 – … Non è un atto della stessa natura dire: “Io e il Padre siamo uno”. Gv X, 30 e di dire: “Il Padre è più grande di me” Gv XIV, 28. Infatti, sebbene nel Signore Gesù Cristo la Persona di Dio e quella dell’uomo siano una sola, una cosa è che i rimproveri siano comuni all’uno e all’altro, e un’altra cosa è che la gloria sia comune a loro. Perché da ciò che è nostro Egli ritiene l’umanità inferiore al Padre, dal Padre ritiene la divinità uguale al Padre.

Lettera “Licet per nostros” a Giuliano di Cos, 13 giugno 449.

L’incarnazione del Figlio di Dio

296 – (cap. 1)… In voi e in noi c’è una sola istruzione e una sola dottrina dello Spirito Santo, e se qualcuno non la riceve, non è membro del corpo di Cristo, né può gloriarsi di quel Capo in cui, come afferma, la sua natura non esiste… …

297 – (cap. 2)… Ciò che appartiene alla divinità, la carne non l’ha diminuito, e ciò che appartiene all’umanità, la divinità non l’ha abolito. Lo stesso infatti era eterno per mezzo del Padre e temporale per mezzo della Madre, inviolabile nella sua potenza, passibile nella nostra umanità; nella divinità della Trinità era di una sola e medesima natura con il Padre e lo Spirito Santo, ma assumendo l’uomo non era di una sola sostanza, ma di una sola e medesima Persona, così che lo stesso era ricco nella povertà, onnipotente nell’abbattimento, impassibile nel supplizio, immortale nella morte. Il Verbo, infatti, non è stato mutato in carne o anima da nessuna parte di sé, poiché la natura semplice e immutabile della Divinità è sempre intera nella sua essenza, e non conosce diminuzione o aumento di sé, e rende la natura assunta così benedetta da rimanere glorificata in ciò che glorifica. Perché dovrebbe sembrare improprio o impossibile che il Verbo e la carne e l’anima siano l’unico Gesù Cristo o l’unico Figlio di Dio e dell’uomo, quando la carne e l’anima, le cui nature sono dissimili, formano una sola persona anche nell’incarnazione del Verbo? Perciò né il Verbo è stato mutato in carne, né la carne in Verbo, ma entrambi rimangono in uno, ed uno è in entrambi, non diviso dalla diversità, non confuso dalla mescolanza, né l’uno dal Padre, né l’altro dalla Madre, ma lo stesso altrimenti dal Padre prima di ogni inizio, altrimenti dalla Madre fino alla fine dei secoli, affinché fosse “il mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù”. (1 Tm 2,5) perché “la pienezza della Divinità abiti in lui corporalmente” (Col 2,9) , perché è una promozione di colui che è stato assunto, non di colui che assume, se “Dio lo ha esaltato…” (Fil II: 9-11)

298 – (cap. 3)… Penso che quando egli (Eutiche) dice questo (cioè che prima dell’Incarnazione c’erano due nature in Cristo, ma dopo l’Incarnazione una sola), sia convinto che l’anima che il Salvatore ha preso abitasse in cielo prima di nascere dalla Vergine Maria, e che il Verbo l’abbia unita a sé nel grembo materno. Ma questo le menti e le orecchie cattoliche non possono sopportarlo, perché il Signore, quando è venuto dal cielo, non ha mostrato nulla che facesse parte della nostra condizione. Non ha preso un’anima che esisteva prima, né una carne che non era stata del corpo della Madre: perché la nostra natura non è stata assunta in modo tale da essere creata prima per essere assunta dopo, ma in modo tale da essere creata dall’assunzione stessa. Da qui ciò che è stato giustamente condannato in Origene (cfr. 209), che affermava che le anime, prima di essere inserite nel corpo, non solo avrebbero avuto vita, ma avrebbero anche emanato da esso varie attività, deve necessariamente essere punito anche in questo, a meno che non preferisca rinunciare alla sua opinione.

299 – Infatti, sebbene la natività di nostro Signore secondo la carne abbia alcune caratteristiche peculiari, per le quali supera gli inizi della condizione umana, sia perché Egli solo è stato concepito e nato senza concupiscenza (dallo Spirito Santo) dalla Vergine inviolata, o perché uscì dal grembo della Madre in modo tale che sia la fecondità che la verginità rimasero, la sua carne non era di natura diversa dalla nostra, e non fu in un inizio diverso da quello degli altri uomini che l’anima fu soffiata in Lui: un’anima che non è più eccellente per una differenza di genere, ma per l’eminenza della virtù. Infatti, non aveva nulla che si opponesse alla sua carne, e nessuna discordia di desideri dava luogo a conflitti di volontà; i sensi del corpo erano rafforzati senza la legge del peccato e, sotto la guida della Divinità e dello Spirito, la verità di ciò che sentiva non era tentata dalla seduzione e non si sottraeva all’insulto. Il vero uomo è stato unito al vero Dio, e non è stato fatto scendere dal cielo secondo un’anima preesistente, né è stato creato dal nulla secondo la carne, perché ha la stessa Persona nella divinità del Verbo, e possiede nel corpo e nell’anima la natura comune a noi. Non sarebbe infatti il Mediatore di Dio e dell’uomo se non fosse una cosa sola, sia Dio che uomo, e in verità in entrambi.

CONCILIO DI CALCEDONIA(IV Ecumenico)

(8 ottobre – inizio novembre 451)

5a sessione, 22 ottobre 451: professione di fede di Calcedonia.

Le due nature in Cristo

300 – (preambolo alla definizione. In seguito alle professioni di fede di Nicea e Costantinopoli) Ora, dunque, per una completa conoscenza e conferma della religione, sarebbe bastato questo saggio e salutare Simbolo della grazia divina, che dà un insegnamento perfetto sul Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ed espone l’Incarnazione del Salvatore a coloro che lo ricevono con fede. Ma ecco che coloro che cercano di respingere la predicazione della verità con le loro eresie hanno dato vita a novità:  alcuni hanno osato rifiutare il termine Madre di Dio in relazione alla Madonna; altri introducono confusione e mescolanza e stoltamente immaginano che la carne e la divinità siano una sola natura e mostruosamente dicono che, a causa della confusione, la natura divina del Figlio è passibile per questo motivo, volendo chiudere loro la porta a qualsiasi macchinazione contro la verità, il santo e grande concilio ecumenico, ora presente, insegnando l’incrollabile dottrina predicata fin dall’inizio, ha definito che soprattutto la confessione di fede dei 318 padri deve rimanere intatta. E ratifica l’insegnamento sulla sostanza dello Spirito dato dai 150 padri che si riunirono in seguito nella città imperiale a causa di coloro che combattevano contro lo Spirito Santo; un insegnamento che questi padri fecero conoscere a tutti, non perché volessero aggiungere qualcosa che mancava alle proposizioni precedenti, ma perché volevano chiarire con la testimonianza delle Scritture il loro pensiero sullo Spirito Santo contro coloro che cercavano di rifiutare la sua signoria. D’altra parte, a causa di coloro che tentano di sfigurare il mistero dell’economia e che, nella loro impudente stoltezza, dicono che colui che la Beata Vergine Maria ha portato in grembo è un semplice uomo, il concilio ha ricevuto le lettere sinodali del beato Cirillo, che era pastore della Chiesa di Alessandria, a Nestorio e ai vescovi d’Oriente, come molto adatte a confutare le follie di Nestorio… A queste lettere ha giustamente unito, per la conferma delle dottrine ortodosse, la lettera che il beato e santissimo arcivescovo Leone, che presiede alla grandissima e antichissima Roma, scrisse al defunto arcivescovo Flaviano per la soppressione della perversità di Eutiche Can. 290-295, in quanto questa lettera si accorda con la confessione del grande Pietro ed è lì come una sorta di colonna comune contro coloro che hanno opinioni false. Si oppone a coloro che cercano di dividere il mistero dell’economia in una dualità di figli; allontana dall’assemblea dei Sacerdoti coloro che osano dire che la divinità del Figlio unigenito sia passabile; insorge contro coloro che immaginano, riguardo alle due nature di Cristo, una mescolanza o una confusione; Scaccia coloro che nel loro delirio affermano che la forma schiava che Cristo ha ricevuto per sé da noi è celeste o di qualche altra sostanza; e anatemizza coloro che inventano la favola di due nature del Signore prima dell’unione, ma ne immaginano una sola dopo l’unione.

301 – (Definizione) Seguendo i santi Padri, dunque, tutti noi insegniamo unanimemente che confessiamo un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, lo stesso perfetto nella divinità e lo stesso perfetto nell’umanità, lo stesso veramente Dio e veramente uomo (composto da) un’anima ragionevole ed un corpo, consustanziale con il Padre nella divinità e lo stesso consustanziale con noi nell’umanità, in tutto simile a noi tranne che nel peccato (cfr. Eb IV, 15), prima dei secoli generato dal Padre nella divinità e negli ultimi giorni lo stesso (generato) per il nostro bene e la nostra salvezza dalla Vergine Maria, Madre di Dio nell’umanità …

302 – un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, unigenito, riconosciuto in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione e senza separazione, la differenza delle nature non essendo in alcun modo abolita a causa dell’unione, le proprietà dell’una e dell’altra natura essendo piuttosto mantenute e contribuendo ad una sola Persona e ad una sola ipostasi, un solo Cristo che non si scinde né si divide in due persone, ma un solo e medesimo Figlio, l’Unigenito, Dio Verbo, il Signore Gesù Cristo, come i profeti hanno da tempo insegnato di Lui, come Gesù Cristo stesso ci ha insegnato e come il Credo dei padri ci ha trasmesso.

303 – (Sanzione) Tutto ciò essendo stato da noi formulato con la più scrupolosa accuratezza e diligenza, il Santo Concilio Ecumenico ha definito che a nessuno è permesso di professare, scrivere o comporre un’altra confessione di fede, né di pensare o insegnare diversamente…

7a sessione: canoni.

Simonia

304 – Can. 2. Se un Vescovo facesse un’ordinazione a pagamento e mettesse in vendita la grazia invendibile, e ordinasse a pagamento un Vescovo, un Vescovo corale, un sacerdote, un diacono, o uno qualsiasi di quelli annoverati tra il clero, o nominato per denaro un economo, un avvocato, un amministratore, o in generale un qualsiasi funzionario, spinto dalla propria vergognosa avidità, che chi intraprende una cosa del genere si espone, se il fatto viene provato, a perdere il proprio grado; e chi è stato ordinato non tragga profitto dall’ordinazione o dalla promozione ottenuta per mestiere, ma perda la dignità o la carica acquisita per denaro. Se, inoltre, dovesse risultare che qualcuno si sia intromesso in questi profitti vergognosi e proibiti, sia pure privato del proprio grado, se è un chierico, e, se è un laico o un monaco, sia colpito da anatema.

305 – Matrimonio misto e ricezione del Battesimo nell’eresia

Can 14. Poiché in alcune eparchie è stato permesso a lettori e cantori di sposarsi, il santo concilio ha deciso che non sia permesso a nessuno di loro di sposare una donna eretica. Coloro che hanno avuto figli da tali matrimoni, se hanno già fatto battezzare la loro prole tra gli eretici, devono portarli nella comunione della Chiesa Cattolica; se questi figli non sono ancora battezzati, non possono farli battezzare tra gli eretici, né possono darli in sposa ad un eretico, ad un ebreo o ad un pagano, a meno che naturalmente la persona che deve essere sposata con l’ortodosso non prometta di passare alla fede ortodossa. Se qualcuno trasgredisce questa decisione del santo concilio, sia sottoposto alle sanzioni canoniche.

306 – Lettera sinodale a papa Leone I, inizio novembre 451

La preminenza della Sede romana … Che cosa, infatti, dà più gioia della fede? Questa fede il Salvatore stesso ce l’ha trasmessa fin dai tempi antichi, dicendo: “Andate e insegnate a tutte le nazioni…”. “Mt XXVIII,19; tu stesso l’hai conservata come una catena d’oro che, al comando di colui che comanda, viene a noi, essendo per tutti l’interprete della voce del beato Pietro, e dando a tutti la benedizione della sua fede. Così anche noi, servendoci di voi come guida feconda per questo bene, abbiamo mostrato ai figli della Chiesa il patrimonio della verità… facendo conoscere con un solo cuore e una sola mente la confessione della fede. E noi eravamo in un unico coro, deliziandoci, come in un banchetto reale, del cibo spirituale che Cristo, attraverso i vostri scritti, ha preparato per gli ospiti del banchetto, e ci sembrava di vedere lo Sposo celeste come ospite tra noi. Infatti, se dove due o tre sono riuniti nel suo nome egli è presente, come dice, in mezzo a loro, Mt 18,20, quale familiarità non ha mostrato allora ai cinquecentoventi sacerdoti che hanno posto la conoscenza della confessione della fede più in alto della loro patria e delle loro fatiche? Essi che, come il capo fa per le membra, tu hai condotto in coloro che tenevano il tuo posto facendo conoscere i tuoi eccellenti consigli…

Lettera “Sollicitudinis quidem tuæ” al Vescovo Teodoro di Fréjus. 11 giugno 452

308 Il sacramento della penitenza.

(Cap. 2). La misericordia di Dio, nelle sue molteplici forme, ha rimediato così bene alle colpe umane, che non è solo con la grazia del Battesimo, ma anche con il rimedio della Penitenza, che viene restituita la speranza della vita eterna, così che coloro che hanno contaminato i doni della rigenerazione, se si riconoscono colpevoli, possono ottenere la remissione delle loro colpe; le disposizioni della bontà divina sono fatte in modo tale che il perdono di Dio possa essere ottenuto solo con la supplica dei Sacerdoti. “Il Mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Gesù Cristo”, Mt. 1, ha trasmesso ai responsabili della Chiesa il potere di concedere la penitenza ai peccatori pentiti e, quando questi si siano purificati con una salutare soddisfazione, di ammetterli alla comunione dei Sacramenti aprendo loro la porta della riconciliazione…

309 – (Cap. 4) A coloro che in caso di necessità e di pericolo imminente implorano l’aiuto della penitenza e di una rapida riconciliazione, non si deve negare né l’espiazione né la riconciliazione, perché non spetta a noi porre limiti o ritardi alla misericordia di Dio, presso il quale nessuna vera conversione attende a lungo il perdono.

310 – (Cap. 5) Ogni Cristiano, dunque, deve sottomettersi al giudizio della sua coscienza, per non rimandare di giorno in giorno la sua conversione a Dio, per non fissare il momento della soddisfazione alla fine della sua vita… e, quando potrebbe meritare il perdono con una soddisfazione più completa, per non scegliere l’angoscia di un tempo in cui la confessione del penitente e la riconciliazione procurata dal Sacerdote non avranno che un piccolo posto. Tuttavia, come ho detto, dobbiamo aiutare queste persone nella loro angoscia non negando loro né la penitenza né la grazia della Comunione quando, pur essendo prive dell’aiuto della voce, lo chiedano con segni inequivocabili. Ma se la violenza della malattia pesa tanto fortemente su di essi tanto che non siano capaci di manifestare in presenza del prete, ciò che essi domandavano poco prima, le testimonianze dei dei fedeli presenti dovranno lor servire a ricevere nello stesso tempo il beneficio della penitenza e quello della riconciliazione … – Per aiutare i fedeli che hanno sofferto per la mancanza di fede, le testimonianze dei fedeli presenti dovrebbero aiutarli a ricevere sia la benedizione della Penitenza che quella della Riconciliazione alla presenza del Sacerdote.

Lettera “Regressus ad nos” al Vescovo Nicetas di Aquileia, 21 Marzo 458.

Il secondo matrimonio delle vedove putative.

311 – (cap. 1) Poiché dite che, a causa della sconfitta in guerra e dei gravissimi attacchi del nemico, alcuni matrimoni furono spezzati, cosicché, dopo che gli uomini furono presi in prigionia, le loro mogli rimasero abbandonate e, pensando che i loro mariti fossero stati uccisi o credendo che non sarebbero mai state liberate dalla loro servitù, e poiché ora, con l’aiuto di Dio, lo stato delle cose è cambiato in meglio, alcuni di quelli che si pensava fossero morti sono tornati, la vostra carità esita evidentemente a ragione su ciò che dobbiamo ordinare riguardo alle donne che si sono unite ad altri uomini. Ma poiché sappiamo che è scritto che la donna è unita all’uomo da Dio (cfr. Pr 19, 14 ), e che conosciamo anche il comandamento secondo cui ciò che Dio ha unito, l’uomo non deve separarlo Mt XIX, 6, è necessario che crediamo che le unioni del matrimonio legittimo debbano essere ristabilite, e che dopo che i mali inflitti dal nemico sono stati rimossi, a ciascuno sia restituito ciò a cui aveva di diritto; e che ognuno riceva ciò che gli spetti, con tutto il suo zelo.

312 – (Cap. 2) Non si deve però considerare colpevole e intruso nei diritti altrui chi ha fatto la parte di un marito che si pensava avesse cessato di esistere. In questo modo molte cose che appartenevano a coloro che erano stati portati in cattività possono essere passate nei diritti di altri, e tuttavia è pienamente conforme alla giustizia che vengano restituite loro al ritorno. E se questo viene osservato per quanto riguarda i beni o addirittura le case o i possedimenti, non è forse ancora più necessario, nel ristabilire i matrimoni, fare in modo che ciò che è stato turbato dalla fatalità della guerra venga ristabilito dal rimedio della pace?

313 – (Cap. 3) E quindi, se gli uomini che sono tornati dopo una lunga prigionia perseverano a tal punto nell’amore per le loro mogli da desiderare che tornino all’unione con loro, è necessario rinunciare a ciò che la necessità ha portato, e considerarlo esente da colpe, e ripristinare ciò che la fedeltà richiede.

314 – (Cap. 4) Ma se alcune donne sono così prese dai loro mariti successivi che preferiscono rimanere legate a loro piuttosto che tornare alla comunità legittima, devono essere giustamente biasimate e private della comunione ecclesiastica, perché invece di una cosa scusabile hanno scelto la contaminazione di un’offesa, mostrando di aver gradito nella loro incontinenza ciò che un giusto perdono avrebbe potuto espiare…

Il carattere non ripetibile del Battesimo.

315 – (Cap. 6) Quanto a coloro… che il timore ha indotto o l’errore ha indotto a ripetere il Battesimo, e che ora riconoscono di aver agito contro il Sacramento della fede cattolica, devono osservare la regola di entrare in comunità con noi solo con il rimedio della penitenza, e di ricevere l’unità della comunione solo con l’imposizione delle mani del Vescovo…

316 – (Cap. 7) Infatti coloro che hanno ricevuto il battesimo degli eretici, mentre prima non erano stati battezzati, devono essere confermati solo con l’invocazione dello Spirito Santo e l’imposizione delle mani, perché hanno ricevuto solo la forma del battesimo senza la virtù della santificazione. E questa regola, come sapete, prescriviamo di osservarla in tutte le Chiese, cioè che il bagno ricevuto una volta non deve essere violato da alcuna reiterazione, poiché l’Apostolo dice: “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”, Ef IV, 5. La loro abluzione non deve essere alterata da alcuna reiterazione, ma, come abbiamo detto, deve essere invocata solo la santificazione dello Spirito Santo, affinché ciò che nessuno riceve dagli eretici, lo riceva dai Sacerdoti cattolici.

Lettera “Promisisse me memini” all’imperatore. Leone I, 17 agosto 458.

Le due nature in Cristo

317 – (cap. 6) Anche se c’è dunque nell’unico Signore Gesù Cristo, vero Figlio di Dio e vero Figlio dell’uomo, una sola Persona del Verbo e della carne che, senza separazione o divisione, compie azioni comuni, è necessario, tuttavia, che le qualità delle operazioni stesse siano ben comprese, e si può vedere con fede sincera a che cosa si elevI l’umiltà della carne e a che cosa si abbassi la sublimità della divinità, che cosa non fa la carne senza il Verbo e che cosa non realizza il Verbo senza la carne. .. Sebbene fin dall’inizio, quando il Verbo si fece carne nel grembo della Vergine, non ci fu mai alcuna divisione tra le due forme, e durante la crescita del corpo le azioni furono sempre quelle di un’unica Persona, ciò che fu fatto senza separazione non lo confondiamo con una mescolanza, ma percepiamo dalla qualità delle opere ciò che appartiene a ciascuna forma…

318 – (Cap. 8) Sebbene il Signore Gesù Cristo sia uno, e in Lui una sola e medesima Persona sia quella della vera divinità e dell’umanità, riconosciamo tuttavia che l’esaltazione con la quale, come dice il Dottore delle Genti, Dio lo ha esaltato e gli ha dato un Nome che è al di sopra di ogni nome (cfr. Fil II, 9 ss.), si riferisce a quella forma che doveva essere arricchita dall’aggiunta di una così grande glorificazione. Nella forma di Dio, infatti, il Figlio era uguale al Padre, e tra il generato e l’Unigenito non c’era alcuna distinzione di essenza, né alcuna differenza di maestà; e con il mistero dell’Incarnazione il Verbo non aveva perso nulla di ciò che doveva essergli restituito da questo dono del Padre. Ma la forma del servo, con cui l’impassibile Divinità ha compiuto il sacramento della sua grande misericordia, è l’abbassamento umano che è stato innalzato nella gloria della potenza divina, mentre fin dal concepimento della Vergine la Divinità e l’umanità erano state legate in una tale unità che le cose divine non erano fatte senza l’uomo, né le cose umane senza Dio.

319-320. Lettera “Frequenter quidem” al Vescovo Neo di Ravenna; Ravenna, 24 ottobre 458.

Battesimo discutibile e conferito da eretici.

319 (1)… Da informazioni fornite da alcuni fratelli abbiamo appreso che alcuni prigionieri che tornano liberi alle loro case – e che erano caduti in cattività in un’età in cui non potevano avere una conoscenza sicura di nulla – chiedono il rimedio del Battesimo, ma non possono ricordarlo, a causa dell’ignoranza dovuta alla loro infanzia, se hanno ricevuto il mistero di questo Battesimo e dei Sacramenti, e che per questo motivo, a causa di questa memoria nascosta, le loro anime sono in pericolo perché, con il pretesto della precauzione, la grazia non viene concessa perché si pensa che sia già stata concessa. Poiché per questo motivo il timore di alcuni fratelli, non senza ragione, ha esitato a concedere a tali persone i sacramenti del mistero del Signore, abbiamo ricevuto, come abbiamo detto, questa richiesta formale… Innanzitutto, dobbiamo stare attenti a non danneggiare le anime da rigenerare aggrappandoci all’apparenza della prudenza. Infatti, chi sarà così attaccato alle sue supposizioni da affermare come vero ciò che – non essendoci più prove – è supposto solo a causa di un’opinione dubbia? Pertanto, se colui che desidera la rigenerazione non ricorda di essere stato battezzato, né un altro può testimoniarlo, perché non sa se sia stato santificato, non c’è nulla che permetta al peccato di insinuarsi, perché su questo punto della sua coscienza né colui che è santificato né colui che santifica è colpevole. Certamente sappiamo che è un crimine inescusabile quando qualcuno, secondo le pratiche degli eretici condannate dai santi Padri, è costretto a sottoporsi due volte al Battesimo che è stato concesso una sola volta a coloro che devono essere rigenerati; perché questo è contrario alla dottrina cattolica che ci proclama una sola divinità nella Trinità, una sola confessione nella fede, un solo sacramento nel Battesimo Ef. IV, 5. Ma in questo caso non c’è nulla da temere, perché non si può incorrere nella decadenza del diritto di voto. reiterazione quando non si sa affatto se sia stato fatto…

320. – (2) Ma se si dovesse accertare che qualcuno sia stato battezzato da eretici, il Sacramento della rigenerazione non deve essere in alcun modo ripetuto per lui, e gli deve essere conferito solo ciò che gli mancava: che con l’imposizione delle mani del Vescovo ottenga il potere dello Spirito Santo.

321-322. Lettera “Epistolas fraternitatis” al Vescovo Rusticus di Narbonne, 458

Il carattere obbligatorio dei voti religiosi.

321 – (Domanda 14) La risoluzione di un monaco, presa per sua decisione o volontà, non può essere abbandonata senza peccato. Infatti, ciò che una persona promette a Dio, deve anche adempiere, Dt XXIII, 21 Sal L, 14. Perciò chi ha rinunciato alla promessa di solitudine e si è dato al servizio armato o al matrimonio deve purificarsi soddisfacendo la penitenza pubblica, perché se il servizio armato può essere privo di male e il matrimonio onesto, è una trasgressione aver rinunciato alla scelta di ciò che è meglio.

322 – (Domanda 15) Se le ragazze, che non siano state costrette da un comandamento dei genitori, ma che abbiano preso per libera decisione la risoluzione e l’abito della verginità, scelgono poi il matrimonio, peccano, anche se non vi è ancora stata aggiunta alcuna consacrazione.

Lettera “Magna indignatione” a tutti i vescovi della Campania, ecc., 6 marzo 459.

323 La confessione segreta (Cap. 2) Ordino che questa audacia contraria alla regola apostolica, commessa da alcuni, come ho appreso di recente, per usurpazione illecita, debba assolutamente essere eliminata. Per la penitenza che i fedeli chiedono, non si legga pubblicamente uno scritto in cui sono dettagliati i loro peccati, poiché è sufficiente indicare ai soli Sacerdoti con una confessione segreta la colpa delle coscienze. Senza dubbio appare lodevole questa fede totale che, per timore di Dio, non teme di arrossire davanti agli uomini; tuttavia – poiché i peccati di tutti coloro che chiedono penitenza non sono tali da temere che vengano resi pubblici – tale usanza impopolare sarà abolita, cosicché molti non saranno trattenuti dai rimedi della penitenza finché arrossiranno o temeranno che le loro azioni vengano rivelate ai loro nemici e per le quali, secondo le disposizioni della legge, potranno essere puniti. Infatti, è sufficiente che questa confessione sia fatta prima davanti a Dio e poi anche davanti al Sacerdote, che si presenta come intercessore per i peccati dei penitenti. Infine, molti possono essere portati alla penitenza se la coscienza di chi confessa il proprio peccato non viene resa pubblica alle orecchie del popolo.

Statuta Ecclesiae Antiqua, metà o fine del V secolo.

L’esame di fede prima dell’ordinazione episcopale

325 – Colui che deve essere ordinato Vescovo deve essere esaminato prima per vedere se… se è prudente nella comprensione delle Scritture, se ha esperienza dei dogmi della Chiesa e, soprattutto, se afferma con parole semplici gli insegnamenti della fede, cioè confermando che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo siano un solo Dio e insegnando che tutta la Divinità nella Trinità è della stessa essenza, sostanza, eternità e onnipotenza; se confessa che ciascuna delle Persone nella Trinità è pienamente Dio e tutte e tre le Persone sono un solo Dio; se crede che l’incarnazione divina è avvenuta non nel Padre né nello Spirito Santo, ma solo nel Figlio, in modo che egli, che nella Divinità era il Figlio di Dio Padre, divenne nell’uomo il Figlio Di sua madre, vero Dio dal Padre e vero uomo dalla madre, prendendo carne dal grembo e un’anima umana ragionevole; in Lui sono presenti entrambe le nature, quella di uomo e quella di Dio, ed Egli è una sola Persona, un solo Figlio, un solo Cristo, un solo Signore, il Creatore di tutto ciò che è, con il Padre e lo Spirito Santo l’Autore e il Signore e il Creatore (colui che governa) di tutte le creature; che ha sofferto le vere sofferenze della carne, che è morto alla vera morte del corpo, ed è risorto con la vera risurrezione della carne e la vera ripresa dell’anima, nella quale verrà a giudicare i vivi e i morti. Bisogna anche chiedergli se creda che l’autore e il Dio del Nuovo e dell’Antico Testamento, cioè della Legge, dei Profeti e degli Apostoli, sia uno solo; se crede che il diavolo non sia diventato cattivo a causa della sua condizione, ma liberamente. – Dobbiamo anche chiedergli se crede nella risurrezione di questa carne che portiamo e non di un’altra; se crede in un giudizio a venire e che ognuno riceverà la punizione o la gloria per ciò che ha fatto in questa carne; se non disapprovi il matrimonio; se non condanni il nuovo matrimonio; se non biasimi il consumo di carni; se riceva nella comunione i peccatori riconciliati; se creda che nel Battesimo tutti i peccati, cioè sia quelli contratti in origine sia quelli commessi volontariamente, siano perdonati; se al di fuori della Chiesa Cattolica nessuno si salva. Quando, dopo essere stato esaminato su tutti questi punti, sarà risultato pienamente istruito, allora, con il consenso del clero e dei laici, e riuniti tutti i Vescovi della provincia, … sia ordinato Vescovo.

L’imposizione delle mani, il segno esterno dell’ordinazione.

326 – Ricapitolazione dell’ordinazione di coloro che hanno un ufficio nella Chiesa: Can. 90 (2). Quando un Vescovo viene ordinato, due Vescovi pongano e tengano il libro dei Vangeli sul suo collo (testa), e mentre uno dice la benedizione su di lui, tutti gli altri Vescovi presenti devono toccargli la testa con le mani.

327Can. 91 (3). Quando un presbitero viene ordinato, mentre il vescovo lo benedice e tiene le mani sul suo capo, anche tutti gli altri presbiteri presenti devono tenere le mani sul suo capo accanto a quelle del vescovo.

328Can. 92 (4). Quando un diacono viene ordinato, solo il vescovo che lo benedice deve porre le mani sul suo capo, perché non è sacro al sacerdozio ma al ministero.

329Can. 93 (5). Quando viene ordinato un suddiacono, poiché non riceve l’imposizione delle mani, riceverà dalla mano del Vescovo la patena e il calice vuoti. Ma riceverà dalla mano dell’arcidiacono l’anfora con l’acqua, il bacile e il manutergio.

ILARIO: 19 novembre 461-29 febbraio 46.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (7) “Da Simplicio a Giovanni I”