IL SACRO CUORE DI GESÙ (64)

IL SACRO CUORE DI GESÙ (64)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO SETTIMO

DALLA MORTE DI MARGHERITA MARIA AI NOSTRI GIORNI

EPILOGO

ARMONIE E CONVENIENZE DELLA DIVOZIONE E DEL SUO SVILUPPO

Noi abbiamo studiata la divozione al sacro Cuore negli scritti di quella che lo stesso nostro Signore ha scelta per essere la principale depositaria, l’interprete, l’apostolo; ne abbiamo presentata la sistemazione dottrinale secondo i maestri del pensiero teologico, l’abbiamo seguita nel suo sviluppo storico, dalle prime tracce della sua apparizione, fino alla sua piena fioritura ed alle sue principali manifestazioni; dalle sue origini mistiche fino alle sue ultime applicazioni nella pietà contemporanea. Resterebbe da dimostrare le armonie tra le aspirazioni del cuore umano e i meravigliosi modi con i quali Iddio ha risposto ad esse; vi sarebbe anche da collocare la divozione nel piano divino di riparazione e salvezza per mezzo della rivelazione, della bontà divina e del divino amore; da mostrarne i punti di contatto con l’insieme del mistero di Gesù; le convenienze di analogia e di affinità con le condizioni ordinarie dei rapporti fra il Creatore e la sua creatura umana. Soggetto immenso che non può essere che abbozzato in poche pagine. Inoltre, questo sviluppo appartiene meno al teologo e più al poeta o all’oratore. – La divozione al sacro Cuore non ha trovato finora né il suo Dante né il suo Pindaro; ma la predicazione contemporanea ha saputo parlare del cuor di Gesù e del suo amore con grandezza e pietà. Fra i libri che trattano del sacro Cuore più d’uno offre belle pagine sugli splendori e le armonie della divozione, quali quelli di Mons. Baudry, per esempio, e di Sauvé; i trattati di Thomas e del P. Terrien serrano il soggetto più da vicino, l’uno con grande ampiezza ed in maniera molto comprensiva, l’altro in un capitolo preciso e penetrante. Io qui mi accontento di alcune osservazioni e rapide indicazioni. Esse mirano a due punti: le convenienze e le armonie della divozione in se stessa: le convenienze e le armonie del suo sviluppo storico.

I. – ARMONIE E CONVENIENZE DELLA DIVOZIONE IN SE STESSA

Per dare qualche idea del soggetto non abbiamo che raccogliere o ricavare ciò che il lettore ha potuto intravvedere di già, sia nell’esposizione dottrinale della divozione, sia nelle belle pagine di santa Margherita Maria, delle mistiche e degli asceti, sparse nel corso dell’opera. Si possono raggruppare tutte in pochi capi.

a) Armonie e convenienze con la natura dell’uomo.

— Il nostro primo dovere verso Dio è di amarlo. « Amerai il Signore Dio tuo », è il primo e più importante dei comandamenti, quello che riassume tutti gli altri e al quale tutti si riferiscono. « Figlio mio, donami il tuo cuore », è il grande appello del Cuore di Dio al cuore dell’uomo. Ma Dio è così lontano da noi, così grande, così santo! E poi è invisibile. Dov’è quella specie di uguaglianza che l’amore reclama? Dov’è l’elemento sensibile, che ha tanta presa sul cuore umano? Almeno potessimo credere al suo amore per noi! Ma come credervi se Lui è ciò che è, e noi ciò che siamo? Noi sappiamo ciò che Egli ha fatto per rendere possibile quest’amore. Ha soppresso le distanze, fin che lo poteva, con la sua immensa potenza, facendosi uomo per fare di noi, in certo modo, degli dei. Ci ha dato di questo amore dei pegni che non possiamo rinnegare; la sua parola infallibile, la testimonianza delle opere, la testimonianza del sangue; il dono di se stesso sotto tutte le forme: alla nascita, sul Calvario, nell’Eucaristia, in attesa del dono di se stesso in Cielo. Perché io abbia un segno sensibile di quest’amore, un segno parlante, un segno che il mio cuore non può non ravvisare, Egli mi mostra il suo Cuore, dicendomi: « Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini »; me lo mostra ferito d’amore, sconosciuto e oltraggiato, ridotto a mendicare il mio amore. « Amiamo Dio, diceva San Giovanni, poiché Egli per il primo ci ha amati ».

2) Armonie e convenienze con la natura d’Iddio e con il carattere della sua azione sull’umanità. — Dio èamore; le sue vie verso l’umanità sono, prima di tutto,vie di misericordia e di amore. Per amore Egli mi ha inviatoGesù, ha voluto farmi, in Gesù, una rivelazione dellasua benevolenza e del suo amore. Come lo diceva Tertulliano,Dio in se stesso, è buono; se punisce siamo noiche forziamo la sua giustizia a punire: De suo bonus, de nostro justus. Ma spesso noi non riusciamo a riconoscere quest’amore d’Iddio, a riconoscerlo nel mistero della sua Provvidenza che permette il male, nel giuoco fatale e cieco delle cause seconde, nelle prove o nel castigo. Il sacro Cuore mi fa ricordare, malgrado le apparenze contrarie, malgrado la oscurità, che la Provvidenza divina è soprattutto una Provvidenza paterna, una Provvidenza d’amore; se il giusto Giudice deve talvolta condannare e punire, non lo fa che dopo aver esaurito (almeno per il castigo definitivo) tutti i mezzi di emendamento. La divozione al sacro Cuore mi mostra Dio nella sua vera luce.

c) Armonie e convenienze con il mistero di Gesù

e con lo spirito del Cristianesimo. — Il mistero dell’Incarnazione e quello della Redenzione, il mistero di Gesù in tutta la sua grandezza, sono misteri d’amore. Gesù è morto in croce per riscattarci; e l’amore l’ha dimostrato a noi per mezzo della sofferenza e della morte. Gesù nella sua vita ha voluto essere il nostro modello con i suoi esempî e le sue lezioni; la sua vita è stata tutta di amore per Dio; d’amore per il prossimo. Gesù è in cielo e nell’Eucaristia come era durante la sua vita e nella sua morte, mediatore fra Dio e noi, e la sua mediazione è tutta d’amore; amore di Dio, che ce lo dona, e con lui ci dona tutto; amore di Gesù, che interviene per noi presso il Padre e ci trasmette le sue grazie. Gesù è il legislatore della nuova legge e questa legge è una legge d’amore, l’amore ne è lo spirito. Gesù è il fondatore di una nuova religione; il Cristianesimo è una religione d’amore. Si conosce il fondo di Gesù quando si conosce il suo Cuore; si conosce il fondo del Cristianesimo quando si sa trovarvi, da per tutto, il sacro Cuore; si ha lo spirito cristiano quando si ha la divozione al sacro Cuore. Perciò nostro Signore spiegava a S. Caterina da Siena che, dopo averci donato tutto, aveva voluto anche che il suo Cuore fosse trafitto dalla lancia del soldato, per mostrarci che il suo amore aveva fatto tutto, per farci anche capire che, per quanto grandi fossero i doni, essi non rispondevano ancora all’immensità del suo amore; i doni hanno dei limiti, l’amore è senza confini.

2. – ARMONIE E CONVENIENZE NELLO SVILUPPO STORICO DELLA DIVOZIONE

Se la divozione al sacro Cuore riassume così bene il Cristianesimo, se è come la quintessenza dello spirito cristiano, ci si può meravigliare che essa abbia atteso così a lungo per svilupparsi. Abbiamo fatto notare che in realtà, nel suo spirito, è antica come il Cristianesimo stesso. Quanto alla sua forma speciale, come divozione al sacro Cuore, abbiamo sentito S. Giovanni spiegare a S. Gertrude perché nel suo Vangelo non aveva detto niente del cuor di Gesù, né dei suoi armoniosi palpiti, e come questa rivelazione fosse riservata ai tempi nuovi, cioè ai tempi in cui viveva la stessa Gertrude, il libro della quale doveva essere « l’araldo della bontà divina e del divino amore ». Santa Margherita Maria dice presso a poco la stessa cosa parlando del tempo suo, delle manifestazioni di cui ella doveva essere come l’evangelista, di questa nuova mediazione del cuor di Gesù e di questo ultimo sforzo del suo amore per guadagnare il Cuore degli uomini. Equivaleva a dire che la divozione veniva a suo tempo e che vi era un’intenzione provvidenziale nella scelta di questo tempo. – Senza pretendere di saper tutto e di spiegare tutti i disegni d’Iddio, si può cercare « sobriamente e piamente » come dice $. Agostino, d’intravvedere qualche cosa delle armonie e delle convenienze storiche della divozione. Anche qui dovremo limitarci a rapide indicazioni, raggruppandole attorno a tre o quattro punti: invenzione e volgarizzazione della formula, la persona e l’amore di Gesù, il regno di Gesù.

.a) Armonie e convenienze storiche nell’invenzione e volgarizzazione della formula. — Abbiamo visto, nella divozioneal sacro Cuore, una formula felice che esprimecome meglio non si potrebbe il fondo, lo spirito del Cristianesimo; formula chiara e parlante nello stesso tempo che profonda e comprensiva. Ora queste grandi e felici formule non si trovano a prima vista. Esse suppongono una lunga familiarità con le realtà ch’esse esprimono, molta riflessione ed analisi, su ciò che si sente o si vede, una sintesi che non si fa che dopo molte esperienze. Semplici scoperte, in apparenza, ma che non si fanno che dopoessere state lungamente preparate. Anche quando una formula è stata trovata, per un’intuizione del genio, essa non si propaga che in un ambiente preparato a comprenderla. Così è stato per la divozione al sacro Cuore. Essa doveva apparire a suo tempo. Rivelata ad alcune anime privilegiate o trovata per una intuizione della pietà cristiana, essa visse dapprima in poche anime in alcuni ambienti scelti, propagandosi a poco a poco, a misura che trovava un terreno preparato, per apparire infine alla luce di tutti nei libri degli scrittori, nella predicazione pubblica, nel culto ufficiale della Chiesa. Noi abbiamo studiato le diverse fasi di questo sviluppo e ne abbiamo segnalato, quando se ne presentava l’occasione, gli agenti, le cause e le condizioni, le circostanze e il carattere. La Provvidenza divina vi si mostra agente con il suo ordinario temperamento di forza e di soavità. Ciò che vedremo ancor meglio nel seguito delle nostre riflessioni.

b) Armonie e convenienze storiche relative alla Persona di Gesù. —

Nella pietà cristiana, la Persona di Gesù ha il posto, inseparabile da Dio, che noi troviamo in Lui e per Lui. Ora, dalla seconda metà del secolo XVII fino alla seconda metà del XIX, si constata nella predicazione e nei libri di pietà che vogliono essere alla moda, una tendenza a far meno grande, per diverse ragioni, che qui sarebbe troppo lungo spiegare, il posto di nostro Signor Gesù Cristo. Non bisogna esagerare. Non si dimentica Gesù, ma Egli è meno in vista in Fénelon o in Massillon che in S. Francesco di Sales o in Bossuet; gli apologisti del XVIII secolo se ne occupano meno di Pascal. Soprattutto la sua vita storica, la sua umanità hanno meno rilievo. Il Dio della filosofia, la divinità, l’Essere supremo si trovano più spesso nella fraseologia di quel tempo che Gesù, che il Dio fatto Uomo; la morale perde qualcosa dei colori del Vangelo, per prendere delle arie più filosofiche. Si sa che il P. di Ravignan osava appena presentare Gesù ai suoi uditori di Notre Dame, e che Lacordaire, impiegò una preparazione di dieci anni, avanti di intronizzarlo alfine trionfalmente al suo posto regale. Fu un male, necessario forse, ma fu un male. E sarebbe stato un male ancor più grande senza la divozione al sacro Cuore. Negli ambienti in cui essa penetrava manteneva viva la divozione alla persona adorabile del Maestro, lo mostrava senza interruzione agli sguardi, ne seguiva con amore la sua vita storica, per far ascoltare le sue parole, contemplare le sue azioni e cercare il suo Cuore, nelle une come nelle altre. Essa portava degli adoratori, ai piedi dei tabernacoli, i comunicandi alla santa mensa. Solo in cielo sapremo ciò che la vita cristiana in questi ultimi secoli deve alla divozione al sacro Cuore.

c) Armonie e convenienze storiche relative al pensiero

e al culto dell’amor divino. — Si è parlato molto della guerra fatta dai Giansenisti alla divozione e ci si è compiaciuti nel mostrare l’opposizione irriducibile fra la concezione giansenista del Dio terribile, aprente le braccia solo ad un piccolo numero di eletti e la concezione di Iddio, quale ce la dà la devozione al sacro Cuore. Un’erudizione meticolosa ha potuto segnalare gli errori di particolari in ciò che è stato detto a questo proposito. Gazier, per es., ha dimostrato che i crocifissi dalle braccia alzate e strette, che spesso chiamano crocifissi Giansenisti, sono molto anteriori al Giansenismo; anzi egli ha trovato pagine sul sacro Cuore in qualche libro di Giansenisti. Ma il quadro d’insieme resta vero. Dunque possiamo riconoscere, con tutta verità nella divozione al sacro Cuore l’antidoto divinamente preparato da Dio contro il virus dell’astuta eresia. Le tendenze pratiche sono in senso contrario; ma soprattutto lo spirito è del tutto differente. Senza insistere di più su ciò che è evidente, possiamo indicare alcune armonie delle divozioni relative alla concezione, al culto e all’obbligo dell’amore durante il secolo XIX. – Il secolo XIX ha divinizzato l’amore, anche l’amore umano, anche l’amore colpevole. In pratica è stato sempre così; l’amore, come tutte le passioni, ha ricevuto gli omaggi idolatri degli uomini. Ma era riservato alla letteratura del secolo XIX di sostenere, in teoria, i diritti assoluti dell’amore, di giustificarlo nei suoi più mostruosi eccessi, di far piegare, davanti ad esso le leggi umane e divine, di farne il Dio unico e sovrano. Così hanno fatto gli scrittori più in voga, della poesia, del teatro, del romanzo. E le loro lezioni non hanno trovato che troppo docili allievi. A questo culto idolatra dell’amore umano, dell’amore sensuale, dell’amore impudico, dell’amore egoista, la divozione al sacro Cuore opponeva il culto del Dio vero, che ha voluto definirsi come l’amore stesso (Deus caritas est), dell’amore divino che ci ha dato Gesù, che si è incarnato in Gesù, dell’amore sovranamente nobile e regolato, dell’amore che si immola divinamente puro e disinteressato, dell’amore che si immola e si sacrifica per insegnarci ad amare chi dobbiamo amare, e come dobbiamo amare, dandoci per modello, per regola, per stimolante del nostro amore, l’amore stesso d’Iddio e l’amore di Gesù affinché noi lavoriamo a divinizzare la nostra vita, se si può dire, divinizzando il nostro amore. Accanto a questa idolatria dell’amore, il secolo XIX ha magnificato, sotto l’egida della scienza, una concezione del mondo in cui l’amore non avrebbe più posto né azione se non come istinto cieco e come forza incosciente. Tutto si riporterebbe alla evoluzione di una natura impersonale, senza anima né cuore, in cui l’uomo non sarebbe che uno degli innumerevoli ingranaggi dell’immensa macchina, trascinato, anch’esso, nel movimento universale, senza che niente lo distingua dal resto, all’infuori di un superfenomeno passeggero di coscienza, che brilla un momento di una luce fosforescente, alla superficie dei flutti, per poi riperdersi per sempre nell’abisso senza limiti e senza fondo. Tale è stata, per più di mezzo secolo, la concezione così detta scientifica, la concezione positivista dell’universo: ad essa numerosi scienziati, ritenuti filosofi, e tanti filosofi, ritenuti scienziati, hanno prestato la seduzione e il prestigio del loro sapere, e del loro stile. Di contro a questa concezione fatalista, destinata a sparire in un nero pessimismo, storicamente rassegnato (come quello di Taine) o falsamente ironico (come quello di Renan), la filosofia cristiana, l’apologetica e la teologia hanno coraggiosamente mantenutele verità incrollabili della ragione e della fede, e hanno rafforzata la fede nella concezione cristiana ed ottimista del mondo; ma le anime hanno bisogno d’altro che di ragioni astratte, che di verità fredde e di una fede nuda. La divozione al sacro. Cuore, presentando loro il Cuore di Gesù, ricorda loro la sovranità dell’amore nel governo del mondo, fa loro vedere e gustare dappertutto la Provvidenza amante e paterna di Dio; fa vedere e gustare l’amore di Gesù che si fa nostro fratello, per farci figliuoli d’Iddio e per attirare sui figli colpevoli e miseri le compiacenze divine che, dal Figlio prediletto in cui esse si riposano, si diffondono fino a noi. Queste considerazioni; e molte altre che potremmo fare nello stesso senso, ci aiuteranno a comprendere l’attrazione di grazia che spinge verso il sacro Cuore tante anime tra le più cristiane e le più ferventi. Per esse la divozione al sacro Cuore è la forma naturale, per il tempo nostro, della divozione a Gesù; industriarsi ad accrescerla in sé ed intorno a sé è lavorare a far regnare Gesù in sé c negli altri. E, poiché la causa d’Iddio e la causa di Gesù, non sono che una causa sola ed unica, si comprende, che molte anime elette, che non vogliono vivere che per Dio e per gli altri in vista d’Iddio, nel totale oblio e sacrificio di sé, si rivolgano al sacro Cuore per fargli negli stessi termini o in termini equivalenti la bella preghiera che gli indirizzava una di quelle anime (Santa. Maddalena Sofia Barat, fondatrice delle Dame del sacro Cuore, una delle anime, che senza dubbio hanno contribuito di più a diffondere nel mondo la divozione al sacro Cuore, fondando una Società che da più di cento anni non cessa di lavorare con zelo infaticabile a far conoscere, amare, onorare il Cuore adorabile di Gesù.) e che riassume così bene la perfezione della divozione al sacro Cuore e nello stesso tempo la perfezione della vita cristiana:

« Cuore sacro di Gesù, o mia luce, mio amore e mia vita, fate che io non conosca che Voi, che non ami che Voi, che non viva che di Voi, in Voi, e per Voi ».

F I N E

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.