VIVA CRISTO-RE (4)

CRISTO-RE (4)

TOTH TIHAMER:

Gregor. Ed. in Padova, 1954

Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris

CAPITOLO V

CRISTO, RE DELLA PATRIA ETERNA

Passiamo ora all’affare più importante: quello della vita eterna. Possiamo dividere i Cattolici in tre tipi. Ci sono Cattolici battezzati (Cattolici non propriamente Cristiani, ma Cattolici cristianizzati) che, pur essendo Cattolici secondo il loro certificato di Battesimo, conducono una vita che non è affatto cristiana. Sono i rami secchi dell’albero della Chiesa. Ci sono poi i Cattolici della domenica, che sono Cattolici solo la domenica, quando vanno a Messa, ma per il resto della settimana non lo sono più, e si nota appena. Sono i figli malati. Grazie a Dio, c’è un terzo gruppo: i Cattolici di tutti i giorni, che non vanno in Chiesa solo la domenica, ma sono Cattolici tutti i giorni della settimana, e cercano sempre di fare la volontà di Dio, pregano un po’ ogni mattina e si confessano spesso. Sono coloro che vanno a letto la sera con questo pensiero: « Mio Signore, oggi ho vissuto come avrei dovuto? Siete contento di me?  Pensiamo che se non ci sono molti apostoli, è perché ci sono pochi Cattolici di tutti i giorni. Ma perché ci sono così pochi Cattolici che vivono la loro fede ogni giorno? Perché non pensiamo alla vita eterna, come hanno fatto i Santi! Perché non abbiamo gli occhi fissi su Dio, sulla vita eterna, sull’aldilà. Quando le prove ci sommergono, non sappiamo alzare gli occhi al cielo come fece il primo martire della Chiesa, Santo Stefano: “Alzati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù alla destra di Dio” (At. VII, 55). I Santi erano uomini come noi, hanno dovuto lottare e hanno incontrato sul loro cammino gli stessi ostacoli o di più grandi di quelli che abbiamo incontrato noi; gli avversari che li hanno combattuti erano, più o meno, come quelli che attaccano noi; le stesse tentazioni e difficoltà…. Ma essi meditavano continuamente su queste tre domande: Chi è Dio? Qual è il fine di questa vita terrena? E cos’è la vita eterna? Potremmo dire che quando sentivano il peso della vita, “… fissavano gli occhi al cielo e vedevano la gloria di Dio e di Gesù, che era alla destra del Padre”.

Chi è Dio per me? Molti, anche se non lo confessano apertamente, la pensano così: Dio è un essere altissimo, eccelso, maestoso, sovrano di tutto, che sta in cielo, lontano, che viene venerato ogni domenica… ma che non conta nulla nella vita quotidiana, nel lavoro, nella casa, nella società, nella politica… Ma i Santi non la pensavano così. Per loro Dio non è lontano. È in mezzo a noi, ovunque. Ovunque mi giri, in Lui « vivo, mi muovo ed esisto ». Non potrò mai fuggire dalla Sua presenza. Noi, se siamo sopraffatti dagli ostacoli, dalle difficoltà, ci disperiamo e diciamo: « Mio Dio, merito tutto questo, perché mi punisci? ». In questo modo, facilmente ci raffreddiamo nel nostro amore per Dio. E i Santi? I Santi vedevano la volontà del Signore in ogni cosa. Noi ci ribelliamo quando siamo feriti dalla malattia o dalla sfortuna. Cosa facevano i Santi in queste circostanze? Baciavano la mano di Colui che li castigava: « Padre, punitemi; eccomi, eccomi, castigatemi, mettetemi tra le fiamme, purché mi mostriate misericordia nell’eternità » (SANT’AGOSTINO). Noi ci lamentiamo: « Quanti problemi mi provoca questo malato, quanto è insopportabile quest’uomo! » E i Santi? Si sono detti: «”Quest’uomo è fratello di Cristo, e qualsiasi cosa io faccia per lui, la faccio per Cristo ». E alcuni arrivavano persino a baciare le ferite dei malati, per vincerere se stessi. Quanto siamo lontani dai Santi nel nostro modo di pensare a Dio!

Qual è il fine di questa vita terrena? Cosa significa per me questa vita? Per alcuni questa vita non è altro che una ricerca di piaceri peccaminosi. Per altri, si tratta di una mera somma di anni, metà dei quali trascorsi a sognare con nostalgia: « Come stavo bene », e l’altra metà con paura: « Cosa ne sarà di me in futuro? » Ci sono persone che considerano questa vita come un continuo dolore il cui unico scopo è quello di ottenere un po’ di conforto; questo e nient’altro. Come quel vecchio malato a cui il medico consigliò una cura molto costosa e che si lamentò con lui dicendo: « Vede, dottore, che strano è quest’uomo. In gioventù dà la salute in cambio del denaro; e quando invecchia, dà il denaro in cambio della salute ». La verità è che non siamo mai soddisfatti. Pensiamo sempre che gli altri stiano meglio di noi. Ci comportiamo come quel tagliapietre cinese. Un giorno, mentre stava noiosamente scalfendo la pietra, riflettendo sulla monotonia della sua vita, gli passò accanto l’imperatore, accompagnato da un brillante seguito. Era appollaiato su un enorme elefante, sotto un baldacchino d’oro; la sua corona scintillava di diamanti; un magnifico esercito di ministri, soldati e cortigiani lo accompagnava. Lo scalpellino ammirato si disse: “Oh, se solo potessi essere imperatore! E nello stesso istante si trasformò in un imperatore. Ora era lui a sedere sotto un baldacchino d’oro; era signore di milioni di uomini, e al suo gesto i ministri e i capi dell’esercito si inchinavano a terra. Ma quel giorno il sole era troppo caldo e l’imperatore continuava ad asciugarsi la fronte. Alla fine si arrabbiò, perché vide che il sole era più forte di lui. Ed esclamò con rabbia: -Voglio essere il sole! Nello stesso momento si trasformò in sole. Era a suo agio, splendente nella volta celeste, ed emanava così tanto calore che gli uomini e gli animali della terra camminavano ansimando…, l’erba si seccava e la terra si spaccava. E questo lo divertiva molto. Ma all’improvviso una densa nube nerastra gli si parò davanti. Il sole cercò di irradiare più calore, ma invano: i raggi non riuscivano a penetrare la densa nuvola. Saltò in piedi per la rabbia ed esclamò: -Voglio essere una nuvola! E si trasformò in una nuvola. Con furia sfrenata fece cadere la pioggia sulla terra; i torrenti e i fiumi, pieni d’acqua, ruppero gli argini, la corrente spazzò via le case, gli uomini furono annegati, ma la pioggia non fu sufficiente… infatti un gigantesco masso si ergeva inamovibile al suo posto. La nuvola esclamò con rabbia: – Ma cos’è questo? Questo masso osa sfidarmi? Voglio essere un masso! E divenne un masso. Era soddisfatto. Rimase orgogliosamente al suo posto e non fu danneggiato né dall’arsura del sole né dalla pioggia delle nuvole. Ma un giorno arrivò un uomo che gli conficcò un becco affilato. – Oh, cos’è questo?, gridò il masso. Questo scalpellino è più potente di me? Voglio essere uno scalpellino! E in quel momento tornò ad essere uno scalpellino. E da quel momento in poi fu felice della sua sorte. – È così anche per noi: trascorriamo la nostra vita in un costante sgomento. I Santi non la pensavano così. Per loro la vita era compiere la volontà di Dio giorno per giorno. Per loro l’anima era una veste bianca che dovevano mantenere immacolata fino al giorno della morte, così come il Padre celeste l’aveva data loro. Per loro la vita era un accumulo di ricchezze di valore eterno, non di inutili cianfrusaglie arrugginite o tarlate. Non vivevano nel ricordo del passato o nella paura del futuro. Per loro c’era solo una cosa importante: oggi, in questo momento, qual è la volontà di Dio, come posso accumulare tesori per la vita eterna? Sì, per la vita eterna! E con questo arriviamo alla terza domanda, la più importante e decisiva, da cui dipende tutto:

Che cos’è per me la vita eterna, come la valuto, penso costantemente al cielo? Sappiamo come gli Apostoli hanno vissuto e sono morti, con lo sguardo rivolto alla vita eterna. Quando Pietro fu inchiodato alla croce con la testa in basso, cosa gli diede forza? Quando Andrea abbracciò con amore la croce prima di morire, cosa lo incoraggiò? Quando Paolo chinò il capo sotto la scure del boia, cosa gli diede animo e coraggio? La Vita eterna! Essi Videro i cieli aperti e Cristo Re alla destra del Padre. È la stessa cosa che hanno fatto i martiri, mentre venivano sbranati dalle bestie feroci. Anche i Santi hanno spesso vissuto pensando alla vita eterna. Le sofferenze patite non sono nulla in confronto alla felicità di cui godono ora .. qui, lacrime, sudore, lotte…; là, perle preziose della corona celeste. Davanti ad una simile prospettiva, pensavano, vale la pena di soffrire.

Credo davvero nel Cielo?

Ogni volta che recitiamo il Credo lo confessiamo a parole: « Credo nella vita eterna ». Non siamo forse di quelli che dicono: « forse, forse…, chissà, forse c’è qualcosa dopo la morte »… Sono forse come quel soldato della fede che nel bel mezzo della battaglia pregava così? «”Mio Dio (se Tu esisti) salva la mia anima (se c’è un’anima), affinché io non sia condannato (se c’è una condanna), e così possa ottenere la vita eterna (se c’è vita oltre la morte) »? La mia fede è più solida di questa fede traballante? Credo fermamente che ci sia la vita eterna, che vivrò in eterno? Qualcuno obietterà, forse, che nella tomba tutto marcisce, tutto diventa polvere…, e quindi come può nascere la vita lì? Il chicco di grano seminato in autunno potrebbe dire la stessa cosa: intorno a me tutto è marciume, fango, ghiaccio…, come può nascere la vita qui? Eppure nascerà, e che germoglio vigoroso spunterà in primavera! Mi si dirà: « Tutto è così immobile nella tomba! Come può germogliare la vita lì? » Lo stesso si potrebbe dire del verme quando si chiude nel suo bozzolo e giace come morto nella sua bara per settimane. Eppure, che farfalla dai colori cangianti emerge dalla crisalide, apparentemente morta! Tutto cade, tutto perisce…. Posso dunque affermare che esiste la vita eterna? Mio padre viene seppellito, mia moglie muore…; so dire nonostante tutto: c’è la vita eterna? Sono vicino al peccato, sto per cadere nelle sue insidie…; so come incoraggiarmi a resistere confessando che c’è la vita eterna? Le disgrazie quasi mi schiacciano…; so come consolarmi con questa fede: c’è la vita eterna? Se non c’è un “aldilà”…, allora questo mondo è folle; non serve a nulla l’essere onesti; si apre un ampio campo all’inganno ed alla rapina; l’importante è godersi questa vita il più possibile. Ma cosa devo dire? Se non c’è vita eterna, allora Dio è crudele, allora non c’è Dio; perché non è possibile che ci abbia creato per questa vita miserabile, solo per questa vita terrena. San Paolo non la pensava diversamente quando disse: «”Che mi giova aver combattuto contro bestie feroci a Efeso, se i morti non risorgono? In tal caso, pensiamo solo a mangiare e a bere, perché domani moriremo » (cfr. I Cor XV, 32). Ricordiamo ancora una volta la lezione che ci hanno dato i Santi. Per loro la vita eterna era la vera vita e questa vita di sotto era solo un’ombra. Per essi la vita eterna era il grande libro e questa vita qui era solo il prologo, l’introduzione al libro. Per loro la vera patria era la vita eterna, mentre questa vita sulla terra non era che una «”valle di lacrime ». Eppure sapevano come rallegrarsi quando la giornata era soleggiata. Sapevano godersi il cinguettio degli uccelli. E anche loro hanno combattuto e fatto il loro dovere. Per farlo in modo eroico come hanno fatto, hanno attinto forza dal pensiero della vita eterna. Vivevano con il desiderio del paradiso. Noi Cattolici desideriamo la nostra vera patria, ma non per questo odiamo questo mondo. Questo desiderio ci spinge ad essere coraggiosi. Questo desiderio ci fa dimenticare i nostri dolori. Questa nostalgia ci spinge a pregare quando le disgrazie o le angosce ci opprimono. Così possiamo sorridere a noi stessi nei giorni più bui; sappiamo che tutte le nostre disgrazie sono ordinate da Dio per il nostro bene. Quando il cielo è nuvoloso e scuro, so che sopra le nuvole splende il sole. Al di sopra delle disgrazie di questa vita, c’è la vita eterna.

4º C’è un pensiero che può aiutarmi molto: che ne sarà di me tra novant’anni? Sarò a casa. A casa? Non certo qui, non in una tale o tal’altra città o villaggio, ma nella mia vera casa, in cielo, nella patria eterna. Dio mi conceda di essere nella prossima vita in cielo, a gioire con Dio; allora ricorderò tutta la mia vita come un sogno. Per quanto difficile possa essere stato, per quanto pieno di gioia…, non sarà altro che un sogno. Oh, come mi ricordo di questa o di quella cosa; pensavo che non avrei mai potuto separarmene, e ora… vedo che era una sciocchezza. Ho sofferto molto, ho sofferto, e ora… vedo che sarebbe stato molto vantaggioso soffrire ancora di più per amore di Dio. Come ci sembrerà tutto diverso da lassù, per tutta la vita! Cosa siete stato sulla terra? Un ministro? Ebbene, ciò che vi interessa ora non è la carica che avete ricoperto, ma se siete stati onorevoli e avete fatto il vostro dovere. Siete stato un insegnante? Ora, ciò che vi riempie di gioia non è il numero di libri che avete scritto, ma se avete nobilitato l’anima dello studente che vi è stato affidato. Cosa siete stato, un imprenditore? Non siete più orgogliosi delle imprese che avete gestito, ma di essere stati fedeli a Dio facendo la Sua volontà e non facendo affari illeciti. Che cosa siete stata? Una madre di famiglia? Ciò che vi consola non è il prestigio sociale che avete raggiunto nella società, ma il fatto che abbiate insegnato ai vostri figli a pregare, mattina e sera. E direte con sorpresa: Mio Dio, che capricci ho fatto per così poche cose! E ancora: perché ho taciuto quando avrei potuto interrompere quella conversazione immorale? Quante anime avrei potuto salvare! Perché sono stato vigliacco? Perché ho dato libero sfogo ai miei desideri malvagi? Perché non mi sono mai rifiutato nulla? Come ho potuto dare credito a tante parole vuote e frivole? E c’è un dato che non può essere discusso. Qualsiasi pentimento sarà allora troppo tardivo. – Non è troppo tardi ora. È il momento giusto per imparare la grande saggezza: dobbiamo dirigere tutta la nostra vita, tutte le nostre azioni, verso la vita eterna. Tutti noi passiamo attraverso abbondanti sofferenze e prove. Non sprechiamoli inutilmente. La vita è spesso, per tutti noi, un martirio. Che le nostre sofferenze ci servano per raggiungere la corona eterna. Solo così saremo vincitori e non vinti. Solo così arriveremo a casa, la nostra casa celeste, dove ci aspetta nostro Padre e Gesù Cristo Re. Dobbiamo essere pilastri, rocce e non sabbia, terreno melmoso. Solo così potremo resistere in questo mondo moralmente corrotto. Il pilastro non vacilla. La roccia non vacilla di fronte al torrente impetuoso del peccato. Soffro per questo? Faccio fatica a rimanere così? È possibile. Cado? No, non cadrò! Cristo è il Re della vita eterna e io voglio ereditarla. Dio mi ha creato per la vita eterna, e lì mi aspetta… a patto che io perseveri con Lui. Devo lavorare di giorno, finché c’è luce, prima che il sole tramonti, prima che la morte mi assalga.

II

Una storia russa racconta di un contadino che viveva felicemente nel suo lontano paese; non era ricco, ma aveva abbastanza per vivere felicemente…. Finché un giorno gli capitò tra le mani un giornale maledetto. In quel giornale lesse la notizia che nella terra della tribù dei Bashkir c’erano ancora grandi territori non occupati e che c’era un’usanza secondo la quale, se qualcuno nelle prime ore del mattino avesse deposto un berretto pieno di rubli d’oro ai piedi del capo dei Bashkir, sarebbe potuto diventare proprietario di tutti i territori che avrebbe potuto circondare in un giorno, a una condizione: sarebbe dovuto tornare nello stesso luogo da cui era partito prima del tramonto. Vendette tutti i suoi beni e riuscì a raccogliere solo l’oro sufficiente per riempire il suo cappello. Dopo un lungo pellegrinaggio, arrivò nella terra dei Bashkir. Il capo confermò la promessa e diede anche un buon avvertimento al contadino: « Prima del tramonto dovrai essere di nuovo qui, su questa collina da cui stai partendo per il tuo viaggio. Perché se venite un minuto dopo…. avrete perso l’oro e la terra ». All’alba, con il cinguettio degli uccelli, il contadino si mise in viaggio con grande gioia. Com’era bella la campagna! Tutta questa terra sarà mia! Il pensiero lo riempì di soddisfazione. Qui le mie colture ondeggeranno…; laggiù, un piccolo bosco…, magnifico!…, anch’io lo farò girare. Laggiù il pascolo…; lo recingerò anch’io, deve essere anche mio. Stava camminando…, l’uomo stava camminando…. Era già mezzogiorno. Non sarebbe male tornare indietro. Ma no. Là, più lontano, c’è un pezzo di terra anch’esso magnifico…; no, non posso lasciarlo…, andrò più veloce sulla via del ritorno. Ma quel pezzo di terra era più grande di quanto pensasse. Non importa, torno indietro di corsa. Alla fine si voltò e si mise sulla via del ritorno. Il sole stava calando rapidamente. Non sarà sbagliato andare un po’ più veloce. Il capo e gli uomini sembravano salutarlo. Ma quanto sono ancora lontani! Naturalmente, ora deve andare in salita. Prima andava in discesa, ed è così facile andare in discesa e così difficile andare in salita! Allunga le braccia e inizia a correre in salita. Ma anche il sole sta calando velocemente. Oh, se solo arrivasse in tempo. Dall’alto gli fanno cenno, sente già le voci. Comincia a sentire il cuore che batte all’impazzata e sembra che un coltello affilato gli stia tagliando i polmoni. Corre, corre senza tregua: « Ahimè, forse tutto è perduto! ». Il volto infuocato del sole lo sta già guardando dall’orizzonte lontano. Gli occhi del contadino si annebbiano e nella sua mente emerge improvvisamente un pensiero terribile: « Terra, denaro, lavoro, vita, tutto, tutto è perduto! È stato tutto inutile! ». Raccoglie le forze che gli sono rimaste: si aggrappa all’erba, barcolla, cade, si rialza. Si vede solo un pezzetto di sole: i suoi ultimi raggi cadono proprio sull’oro che brilla nel cappello…. L’oro brilla…, no, non deve essere perso…, mancano solo venti metri…, ancora dieci…, ancora cinque…. E poi, poi il sole … il sole tramonta, il contadino vacilla e crolla, il sangue gli inonda gli occhi, qualche altra convulsione… e muore! Il capo lancia una zappa a uno dei suoi servi: « Scavate una fossa lunga due metri e profonda un metro. Questa terra è sufficiente per un uomo solo ». Così poca terra è sufficiente per un solo uomo! E corriamo! E ci spingiamo a vicenda! E soffriamo! E ci consumiamo! E il sole tramonta…, giù, giù, giù, giù… Non dimentichiamo quindi che, prima che il sole tramonti, dobbiamo tornare al luogo da cui siamo usciti, all’inizio della nostra vita…, dobbiamo tornare… a casa…, alla casa del nostro Padre celeste.

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