LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (1)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (I)

LA GRAN BESTIA SVELATA AI GIOVANI

dal Padre F. MARTINENGO (Prete delle Missioni)

SESTA EDIZIONE – TORINO I88O

Tip. e Libr. SALESIANA

AI GIOVANI ITALIANI E CRISTIANI!

 È un libro piccoletto di mole, ma pieno, a mio credere di così sani ed utili ammaestramenti, che tutti, più o meno, dall’alto in basso, ci si può imparare qualche cosa, io pel primo che l’ho scritto: imparare, dico, per la pratica del ben vivere. Cionondimeno a voi mi piace offrirlo in particolar modo, a’ quali ride il bel fior di gioventù, prima, perché vi voglio un gran bene, e poi perché molto spero di voi, tenerelle piante che si raddrizzano ancora. – Voi del resto, o carissimi giovani, letto che avrete il mio libretto, lo porterete alle vostre famiglie, lo farete girare fra le mani di parenti e d’amici, e così farà un po’ di bene anche a loro. È un facile apostolato ch’io vi propongo, più facile a voi che a me, e che più monta, efficace. – V’ha certa gente che un buon libro il rifiuterebbero, o almeno il guarderebbero con sospetto, porto loro dalla mano del prete; nol rifiuteranno, anzi l’avranno caro da quella d’un figlio, d’un fratello, d’un amico. Suvvia dunque, cari apostolini! Aiutatemi a fare un po’ di bene; ed io vi prometto, che questo libretto, come non è il primo, così, a Dio piacendo, non sarà l’ultimo ch’io scrivo per voi.

LA GRAN BESTIA

I.

DUE CHIACCHERE A MO’ DI PREAMBOLO.

Cari giovani, sapete a che numero ascende. la popolazione del nostro pianeta? Una volta dicevasi di ottocento milioni; ora, trovo in una delle Geografie più moderne, la si computa a quasi seicento milioni di più, cioè, a un miliardo e. trecencinquantanove milioni. Quanti uomini, quanti uomini, eh! … Eppure tra tanti, credete a me, tra tanti uomini che vivono al mondo, d’assai pochi potrebbe dirsi questa breve parola: egli è un uomo! E non aveva tutti i torti quel capo ameno di Diogene di correre in pieno giorno con le lanterna accasa per le vie. Gridando a chi l’interrogava, che cerchi? Hominem quæro, hominem quæro. Ma di tanta carestia d’uomini veri, sapreste dirmi il perché? … È a voi più che ad altri, cari giovani, interessa saperlo, a voi, dico, che impazienti di slanciarvi oltre i confini della fanciullezza e della gioventù, andate talvolta sospirando:  Oh quando sarò grande!… oh quando sarò uomo!… Ma via! non tanta premura d’affrettar anni; ché di fretta ne hanno già abbastanza da per loro. Piuttosto venite qui, intanto che gli anni penano a passare e voi vi avvicinate a diventare uomini, sentite un mio consiglio, pensate al modo di dicentare uomini davvero: ché l’esser uomini, per vostra regola, non istà mica soltanto nel Venir su lunghi lunghi come perticoni, e nemmeno nel metter tanto di barba… ma piuttosto nel formarsi un animo indipendente, nobile, virile. E come pochi un animo cosiffatto sanno formarselo, perciò son pur pochi coloro i quali mettendosi la mano al petto, possano dire in buona coscienza lenza a se stessi: — io sono un uomo. Ma e gli altri?… gli altri, mieicari giovani, non sono che uominifinti, uomini di nome…. come queisoldatini di cartone, coi quali vi trastullavateda bambini a tenerli su ritti,metterli in fila, formarne un esercito … Che formidabile esercito! Di lì a pocopassava quel malignuzzo di vostroFratello maggiore, accostavasi, o faceva le viste per vedere, e con un soffio traditore tutte quelle belle file di soldati … giù colle gambe all’aria! Voi adisperarvi e piagnucolare, luia ridere e darvi la baia… O gli ometti di carta!… Ce n’ha tanti, cen’ha tantil!…Or be’, ditemi: di quali uomini voleteessere voi? — Neanco dirlo (mirispondete); noi vogliamo essere nominiveri, noi. — Oh bravi, lo sapevo io che siete giovani di buon gusto e di buone intenzioni: Ma perchéle intenzioni vostre abbiano effetto,non vi basta, no, lo andarvene là là acasaccio e a beneficio di natura (a beneficio di natura vengono su ifunghi e le zucche); ma conviene cipensiate seriamente fin d’ora… – Oh così presto? – Non è mai troppo presto; sentite. – così presto? — è mai troppo presto; sentite. La vita umana può paragonarsi a una fabbrica, a un gran palazzo, supponete, che uno voglia innalzare.  S’ei non piglia a gettare un buon fondamento fin da principio, che cosa avverrà? Man mano ch’ei si travaglia a tirarla su, le fondamenta cederanno, le muraglie faran pelo: e… o la fabbrica n’andrà in rovina, o converrà, per manco male, ridurla ad una povera bicocca. Così è dell’uomo: l’uomo comincia a formarsi da fanciullo, proprio come una fabbrica si comincia dal fondamento. – Or su dunque! quali modi avremo a tenere per incominciare questo benedetto fondamento? – Eh, figliuoli miei! ce ne ha tanti dei modi, ce ne ha tanti, che se avessi a dirvi di tutti, e’ mi verrebbe un librone, che nol reggereste sulle spalle. Bisognerà che mi restringa; mi stringerò a dirvi d’un’ostacolo… Dite, quand’uno ha a fabbricare, qual è la prima operazione che fa? — sgomberare il terreno, levar via gli ostacoli; per esempio, colmar quella fossa, tagliar quelle piante, spianar quel macigno. Or bene, egli è appunto una specie di macigno, una pietra maledetta ch’ io v’insegneròa levar via; una pietra in cui moltihanno dato del naso, e in cui inciampatuttavia la maggior parte degli uomini; una pietra, che intoppa malamente il passo a tanti poveri giovani,li fa cadere, li storpia, li sforma,li guasta in miserabile guisa per tuttala vita. Or questa pietra volete saperequal è? Scommetto che ne avete giàinteso il nome; ma non ci avete posto mente abbastanza: è l’umano rispetto,del quale dico, affermo e sostengo,che se giunge a dominare isentimenti di un giovane, costui saràun ometto di carta, un ometto da ridere,ma uomo vero giammai. – L’umano rispetto! + l’ho detto una pietra d’inciampo, avrei potuto. Dirloanche una fossa maledetta; ma migarba ancor meglio chiamarlo unaGRAN BESTIA, una bestia feroce, tantesono le stragi che fa negli uomini enelle donne, nei giovani e nei vecchi, nei grandi e nei piccoli, in tutti i luoghi, in tutti i tempi, intutte le età della vita. Farò di provarvelo,con ragioni, con fatti, conesempi, in tutti i modi possibili edimpossibili, finché ne siate convinti.Intanto incomincerò dal mostrarvi un tratto gli unghioni e le zanne de bestia crudele; appresso diremo delle stragi che fa.

II.

IL GIOVANE SOGNA, E LA BESTIA MOSTRA GLI UNGHIONI

Portar rispetto agli uomini. è cosa buona, anzi stretto dovere, purché si faccia secondo ragione. Ma se voi pel rispetto degli uomini dimenticate il rispetto a Dio. se voi giungete al punto di mettere il piacere, il giudizio dell’uomo al di sopra del piacere, del giudizio di Dio e della vostra coscienza, allora il vostro diventa un rispetto umano eccessivo, colpevole, mostruoso. – Rispettare l’uomo più che Dio! E non è un delitto, una mostruosità, cari giovani? Anzi più che delitto e mostruosità, è una specie idolatria, è un metter Dio sotto i piedi della creatura. Dio il piedistallo, l’uomo è l’idolo, e voi?… voi gli bruciate l’incenso. – Rispettar gli umani giudizi più che il giudizio secreto della vostra coscienza!… E non vi pare un. avvilimento, una vergogna, un’infame schiavitù? Anzi un incatenare il vostro giudizio, la coscienza, l’anima immortale, e così incatenata gettarla sotto i piedi di quanti. passano per la strada… Pure ahi! quanto facilmente: l’umano rispetto, a guisa di serpe, si striscia e s’insinua nei giovanetti cuori! Ah i cuori dei giovanetti, tanto belli,  tanto cari, tanto ingenui ed affettuosi! –  Cari giovani, non ci è forse età che al paro della vostra senta gli stimoli della gloria e dell’onore. L’istesso desiderio che vi strugge di presto diventar uomini ha in parte suo principio in questa tendenza del cuore. — Cresceremo, entreremo a far da attori sulla scena del mondo, attireremo gli sguardi, ci saremo anche noi per qualche cosa. – E chi mi sa dire i tanti dorati castelli che vi va fabbricando la vostra fantasia! – Filiberto spasima per la carriera dell’armi. Già gli brillano agli occhi due lucenti spalline e un pennacchio svolazzante. Monta su un focoso destriero, galoppa, galoppa, portato dal vento tra armi ed armati… Ecco il nemico: si slancia fra un nembo di polvere e il rombo dei cannoni, rompe le file serrate, e col lungo spadone alla mano sgomina, atterra, disperde quanti tentano fargli resistenza … Dove sono i nemici della patria? … Ei fiero sorride, ripone nel fodero la spada, e coperto di polvere e sudore sen torna tra gli applausi del campo… – Ben altri allori vagheggia Torquato; e col gomito appoggiato al banco di scuola, la guancia distesa nella palma della mano, e il naso a l’aria. — Oh per me (pensa) la guerra la lascio a chi la vuole; a me piace la vita pacifica degli studi. Mio padre ha danaro, mi farò comperare i più bei libri del mondo, studierò notte e giorno, diventerò un dotto, scriverò, darò alle stampe… Ma in questo mentre passa il maestro, gli applica uno scappellotto sul cucuzzolo, e: — bada al compito, acchiappanuvole! – Bartolo ha una parlantina da disgradarne Madonna Civetta: — Mi dicono che ho una lingua da avvocato: ebbene, studierò legge, io. Mah!   non vo’ mica riuscire un avvocatuzzo da dozzina, come ce n’ha tanti! Studierò di buzzo buono, strapperò la mia brava laurea cum laude et cunctis suffragiis, e poi?… E poi m’avranno a sentire tuonar dalla tribuna! – Pippo più forte nell’aritmetica e nel conteggio: — io mi darò al negoziare, non perderò tempo, lavorerò da mattina a sera, vivrò assegnato, terrò conto del denaro, diventerò ricco… Oro, ville, palazzi… belle vesti, carrozze, cavalli… e scappellate di qua, e inchini di là …  – E c’è anche l’abatino in erba il erba che fa i suoi sogni: passeranno gli studi, passerà il seminario… Eh!… se giungo a metter piede sul pergamo!… Che chiesone! che folla di gente!… e tutti a guardar me, zitti, attenti, senza batter palpebra…

Eh via! l’avete finita co’ vostri castelli?… Adesso lasciate parlare un poco a me. Sapete che voglio dirvi?… Che con tutti i sogni d’oro che andate facendo sul vostro avvenire, se avete la disgrazia d’inciampare nel sasso che ho detto, o meglio di lasciarvi mettere i denti addosso da quella brutta bestia dell’umano rispetto, altro che gloria ed onori! Diventerete gli esseri più abietti e ridicoli di questa terra. Vo’ provarvelo co’ fatti alla mano.

II.

VILE LORENZINO

Venite con me… Lo vedete quel portone? È il portone delle pubbliche Scuole. Attenti: suona un campanello, quindi un rumore, un vociare alto e confuso di ragazzi, uno scalpiccio di centinaia di piedi… Son qui, discendono le scale, s’addossano gli uni agli altri, si incalzano, si pigiano, si versano ad ondate sulla pubblica via … paiono un torrente che trabocca e tutto abbatte quanto incontra. — Buon Dio! ma perché condurci a questo spettacolo? E che vi è di buono a guadagnarci, fuorché urti, fischi, calcagnate sulle dita dei piedi e stramazzoni per terra?… – Abbiate pazienza. Aspettate un pochino, tiriamoci da banda lasciamo sfollare la ragazzaglia.. . Lo vedete quel gruppo di cinque o sei che si raccozzano in faccia a poi, che si stringono in cerchio, e parlano sì animati?… guardatene gli atti, uditene le parole. — Renzino, Renzino (grida quel tarchiatello del pel bruno e dalle spalle quadre, con quegli occhi grifagni) Renzino, Renzino, perché non vieni a giocare con noi? — Si, vieni! Stavolta devi venire, — gli gridano gli altri a coro; e gli si stringono ai panni, e fann’atto di volernelo trarre quasi per forza. E Renzino?…. Vedetelo là quel giovinetto biondo dallo sguardo soave, dal sorriso gentile, dagli abiti puliti e ben assestati alla persona, Ne val più lui, che tutta quella marmaglia di ineducati che gli stanno dattorno. Ma ohimé! Tra male gatte è capitato il sorcio, direbbe Dante di lui: e di fatto e’ sta. lì tremante, smarrito, balbettando sue scuse. — Sta volta… abbiate pazienza…… non posso.. A casa. mamma m’ aspetta. — Non l’avesse mai detta questa parola! — Ah sì neh? Gli è per amor della mammina bizzocca! (esclama beffardamente quel dagli occhi grifagni che é il capobanda) E badi ancora alla mamma tu? E qui un po’ l’uno, un po’ l’altro a dargli, ridendo, la baia, e dirgli corna di sua madre: tanto ché il disgraziato s’arrende, e messi in non cale avvertimenti della mamma, Se ne va con loro. D’ora in poi egli proverà un sentimento che non aveva mai provato per l’innanzi: vergogna di sua madre; e veduto in lei, specie dai tristi compagni, s’arrossirà tutto e si farà piccin piccino per nascondersi. Oh Dio! arrossire della propria madre! d’una madre tanto buona! –  Or dite, giovinetti: se invece di cedere vilmente, Renzo avesse alzato quei suoi occhi in fronte ai tristi compagni; e riposto con santa indignazione ai loro scherni, e difeso l’onor di sua madre, non gli avreste battuto le mani? non avreste esclamato: — Bravo! Egli è un uomo? E ora?… ora invece vii sentite (e lo sente li stesso), che ha commesso un atto di viltà: un atto di viltà che influirà su tutta quanta la sua vita.

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (2)