LA GRAZIA E LA GLORIA (55)

LA GRAZIA E LA GLORIA (55)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

II.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

LIBRO X

LA PERFEZIONE FINALE DEI FIGLI DI DIO CONSIDERATA DAL LATO DEL CORPO

CAPITOLO V

Sulla glorificazione finale della natura. La nuova terra e i nuovi cieli.

.1 – L’uomo, questo composto di spirito e corpo, ha bisogno di una dimora materiale che corrisponda all’elemento visibile della sua natura: palazzo o prigione, a seconda che sia degno di amore o di odio, amico del Re dei secoli o suo eterno nemico. Ai tempi della prova, questa dimora materiale era la terra su cui camminiamo: un luogo di delizie, finché l’uomo ha conservato la giustizia e l’innocenza; un esilio ed una valle di lacrime, quando le ha perse per sé e per la sua posterità. Sant’Agostino, dovendo trattare del paradiso biblico, esordisce con questa osservazione: « So bene che si sia parlato molto del paradiso dell’Eden, e che se ne sia parlato in modo molto diverso. Tuttavia, ci sono solo tre opinioni principali su questo argomento. Alcuni interpretano ciò che dice la Scrittura in senso puramente materiale; altri lo vedono come un paradiso puramente spirituale; altri ancora lo ritengono un paradiso sia spirituale che materiale; ed è, aggiunge, questa terza opinione che io condivido » (S. August. De Gen. Ad litt. L. VIII, c. 1). – Mi sembra che queste parole del grande Dottore riassumano abbastanza chiaramente l’idea che gli uomini hanno ancora del paradiso a cui il Padre celeste ha invitato i suoi figli. Alcuni, per eccesso di semplicità, prendono alla lettera tutto ciò che leggono nelle Scritture ed in particolare nell’Apocalisse. Non parlate loro di metafore o simboli. Arriverebbero a persuadere che questi animali, contemplati da San Giovanni nelle sue visioni profetiche, sono e fanno davvero ciò che l’Apostolo scrive di loro. Può essere un’innocente illusione, ma è priva di qualsiasi fondamento serio. Ci sono altri che sono di parere diametralmente opposto. Il paradiso è per loro la visione di Dio, è l’anima beata di cui la Trinità divina ha fatto il suo trono; e questa gloriosa città degli eletti, la nuova Gerusalemme, è solo una magnifica figura che rappresenta le ricchezze spirituali e gli splendori della Chiesa santa, ora velati. – Tra questi due modi di vedere, c’è il sentimento comune del popolo fedele che recita il Pater, quello che la Chiesa, per bocca dei suoi Dottori e Padri, ha manifestamente approvato: Dio, che nei primi giorni del mondo ha posto l’uomo in un luogo di delizie, prepara anche per gli uomini divinizzati e risorti una dimora conforme alla gloria di cui li incorona (S. Agostino: de Hæres., hær. 50 – enumera tra gli errori dei Seleucidi la negazione di un “paradiso visibile“). È lì che raccoglierà i suoi figli; per questo deve fare una nuova terra e nuovi cieli (Ap. XXI, 1). Certo, non nego che il nome di Paradiso sia molto vago e si presti a diverse interpretazioni; ammetto che si possa essere in paradiso con l’anima, quando il corpo giace sulla terra, perché il Signore disse al ladrone: « Oggi sarai con me in paradiso ». Dio non voglia che io voglia sposare la causa di tante descrizioni fantasiose in cui l’immaginazione ha dato libero sfogo. Quello che sostengo è che ci sarà certamente per i figli di Dio una dimora materiale in cui risplenderanno la loro gloria e la maestà di Dio; una dimora che supererà come all’infinito tutte le bellezze e le magnificenze dell’universo in cui viviamo. – In mancanza di testi positivi, mi basterebbe convincermi di questo considerando il mondo attuale nel suo rapporto con la nostra natura umana. Non dimentichiamo che la creazione materiale ha la sua ragione finale non in se stessa, né nei puri spiriti, ma nella creatura che è insieme ragionevole e corporea, nell’uomo. L’universo, fatto per l’uomo, è in un certo senso parte di Lui stesso; è come il grande corpo dell’umanità. Se Dio, nei suoi eterni consigli, non avesse decretato altra creazione che quella delle nature angeliche, il mondo dei corpi non sarebbe mai esistito, tanto i suoi destini dipendono intimamente da quelli della creatura intelligente e sensibile. – Questo legame è stato evidente sulla terra fin dall’inizio dei tempi ed è diventato sempre più chiaro nel corso dei secoli. All’uomo creato da Dio in tutto lo splendore della giustizia, una terra che la Scrittura chiama « un paradiso di delizie ». Ma ecco che l’uomo si allontana dal suo Dio. Subito la maledizione di Dio cade sulla terra, essa perde la bellezza della sua giovinezza, la sua prima giovinezza si esaurisce e l’uomo dovrà nutrirsi di essa con il sudore della sua fronte (Gen. III, 17). Più tardi, dopo che tutta la carne si è corrotta, l’ira di Dio si abbatte con onde vendicative sulla superficie del nostro pianeta, distruggendo con l’uomo le piante e gli animali creati per servirlo. Quante volte nella vita del popolo di Dio abbiamo visto gli elementi schierarsi a favore o contro di esso, a seconda che esso fosse docile o ribelle alla legge del Dio che lo aveva fatto appositamente suo! – Ma è dall’avvento del Salvatore che l’alleanza tra il mondo della natura e l’umanità, considerata nel suo Capo e nelle sue membra, sarà rivelata da segni più manifesti. La nuova Legge è senza dubbio un codice in cui il distacco dai beni e dai godimenti materiali ricorre quasi in ogni riga. Ma se ci è vietato abbandonare il nostro cuore alle attrattive della creatura corporea, se dobbiamo elevarlo al di sopra del mondo sensibile, vediamo tuttavia quanto l’ordine della natura fisica si mescoli alla nostra vita, intendo dire anche e soprattutto alla nostra vita di figli di Dio. – Ricorderò cosa abbia fatto la natura per il Figlio unigenito quando si è degnato di rivestirsi della nostra carne e di diventare il capo dei predestinati? È presente alla sua nascita, manifestandolo con fenomeni luminosi che conducono i pastori e i magi alla sua mangiatoia. È al Calvario, in lutto a modo suo per il suo Re: la terra trema, le rocce si spaccano, il sole si copre di tenebre. Quante volte, durante i tre anni di vita pubblica del Salvatore, non si è allontanata spontaneamente dalle leggi che la governano, per contribuire ai suoi disegni di misericordia? Ciò che è stato per Gesù Cristo, sarà per i figli dell’adozione; non basterebbero dei volumi per raccontare i fatti miracolosi in cui vediamo ciascuno degli ordini della creazione materiale venire uno dopo l’altro ad abbassarsi davanti agli uomini di Dio, come umili servitori davanti al rappresentante del loro Padrone. È la natura sensibile che sarà, attraverso i Sacramenti, lo strumento ordinario della santificazione degli uomini; è la natura che fornirà il materiale per le loro contemplazioni, i loro sacrifici, le loro immolazioni volontarie. – Così dappertutto e sempre, nell’ordine della grazia come in quello della natura, trovo la creazione materiale unita da legami indissolubili agli esseri umani. Non mi sorprende quindi leggere in San Paolo che « la creatura attende con ansia la manifestazione dei figli di Dio. Soggetto com’è alla vanità, essa nutre la speranza di essere un giorno liberata anch’essa dall’assoggettamento alla corruzione presente e di passare alla libertà dei figli di Dio; infatti – aggiunge l’Apostolo – sappiamo che finora tutte le creature gemono e sono nel travaglio » (Rm VIII, 19-22). Quindi non è solo il corpo dell’uomo, ma il mondo degli esseri sensibili in cui viviamo, che un giorno dovrà essere purificato, trasfigurato come lui. I cieli passeranno attraverso il fuoco, gli elementi si scioglieranno nell’incendio della terra con tutto ciò che contiene (2 Pt. III, 12). Ma questa catastrofe finale sarà per loro ciò che la fornace è per l’oro ed i metalli di gran valore. Non ci sarà né annichilimento né distruzione totale, ma una trasformazione completa: « perché noi aspettiamo, secondo la promessa del Signore, nuovi cieli e una nuova terra, ove abiterà solo la giustizia » (Id. ib. 13). – Un momento davvero sublime in cui Dio, rinnovando tutte le cose, farà risplendere le anime, i corpi e la natura stessa di una bellezza incomparabile ed immortale: « E vidi un cielo nuovo e una terra nuova. Perché il primo cielo e la prima terra erano passati e non c’era più il mare. E vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, che scendeva da Dio dal cielo, preparata come una sposa adorna per il suo sposo. E udii una gran voce dal trono che diceva: Questo è il tabernacolo di Dio con gli uomini, ed egli abiterà con loro.  Essi saranno il suo popolo ed egli, Dio in mezzo a loro, sarà il loro Dio. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e la morte non ci sarà più. E non ci sarà più lutto, né lamento, né dolore, perché il primo era sarà passato. E colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io rinnovo tutte le cose. Ed egli mi disse: Scrivi, perché queste parole sono molto sicure e vere » (Apoc. XXI I, 5). Se volete dire che questa visione di San Giovanni si riferisca alla Chiesa di Dio, non lo nego; ma bisogna anche ammettere che l’Apostolo contemplava questa Chiesa così come la vedremo nella dimora del suo eterno trionfo. Il contesto non ci permette di dubitarne: questa descrizione della nuova Gerusalemme segue immediatamente quella della risurrezione dei morti, del giudizio finale e del lago di fuoco e di zolfo dove saranno gettati satana ed i suoi complici. – Ripetiamo che questi testi di San Giovanni sono pieni di espressioni figurative sulle quali sarebbe sbagliato insistere troppo. Sono d’accordo; ed ho già sottolineato che sarebbe eccessivo prenderli troppo alla lettera. Ciò che l’Apostolo vide non era che un’immagine brillante, ma debole, della magnificenza a cui Dio invita i suoi figli. Ma queste, pur superando tutto ciò che l’immaginazione possa concepire e il nostro linguaggio esprimere, non sono né meno reali né meno palpabili. Non credo certo che questa Gerusalemme abbia mura e porte, né che il suo pavimento sia d’oro purissimo, né che nelle sue fondamenta siano ammassati tutti i tipi di pietre preziose, con compiacenza enumerati dall’Apostolo (Apoc. XXI, 11, ss.; col. Tob, XIII, 29, ss.; Is, LXV, 17,18). Ma so bene che, per darci un’idea degli splendori sconosciuti alla terra, era necessario prendere come simbolo tutto ciò che la terra offre di più ricco, seducente e piacevole ai nostri occhi. – Questo mondo corporeo così trasformato dalla magnificenza del nostro grande Dio è il Paradiso dei Cristiani; è la sala del banchetto dove il Padre celebra eternamente le nozze del Figlio con la Chiesa trionfante; è la nostra casa familiare con le sue dipendenze; è il Paradiso finale di cui quello dell’Eden era solo una figura. Si realizza così ognuno dei significati che possiamo dare alla parola « cielo »: il significato spirituale, poiché la beatitudine che ci viene promessa è soprattutto la gloria dell’anima, cioè Dio posseduto, Dio che regna sugli spiriti beati come nel suo tempio; il significato materiale, poiché la glorificazione del nostro corpo porta con sé la trasformazione del nostro universo, che è diventato per sempre la terra dei viventi. – È per queste ed altre ragioni simili che il Dottore Angelico dimostra il fatto del rinnovamento del mondo, dopo l’ultimo giudizio. « Una volta completato  il giudizio finale – egli dice – la natura umana sarà pienamente costituita nel suo termine. Ora, poiché tutte le cose corporee sono state create per l’uomo, sarà opportuno che esse passino in uno stato che sia in armonia con la nuova condizione realizzata per gli uomini. Essendo gli uomini diventati incorruttibili, la stessa creatura materiale non sarà più soggetta alla corruzione. Non ci saranno più cataclismi da temere, non ci saranno più quelle rivoluzioni che disturbano o sconvolgono l’ordine del pianeta; e questo è ciò che ci annuncia l’Apostolo, quando dice che la creatura stessa sarà liberata dalla corruzione per la gloriosa libertà dei figli di Dio » (S. Thom., c. Gent. L. IV, c. 97). – È vero che l’organismo umano, spiritualizzato dall’anima, non avrà più bisogno, come oggi, di mendicare da esseri inferiori il nutrimento per la sua vita corporea. L’intelletto non dovrà nemmeno chiedere alla creazione visibile una conoscenza delle cose divine che riceverà in modo più eccellente dall’intuizione faccia a faccia; ma l’occhio della carne, che non può raggiungere Dio, troverà la sua felicità nel contemplarlo nelle sue opere materiali. E questo è uno dei motivi per cui sarà necessario che la natura corporea riceva più ampiamente gli influssi della bontà divina (S. Thom. Suppl., q. 91, a. 1). « È ancora vero, a rigore, che gli esseri insensibili non hanno meritato un eccesso di gloria. Ma non c’è motivo per cui debba essere loro negato: perché l’uomo stesso ha meritato che fosse elargito a tutto l’universo, in quanto è un suo coronamento; così come un uomo merita di avere ricami più ricchi sulla sua veste, anche se la veste stessa non lo abbia in alcun modo meritato » (Id. ibid. . ad 5).

2. – Dopo questo, non chiedetemi dove sarà la dimora abituale ed il luogo di incontro comune dei figli di Dio risorti. Sarà con la terra uno di quei corpi celesti che vediamo brillare sopra le nostre teste; o saranno tutti insieme? Posso io saperlo, visto che Dio non l’ha detto? Mi ha rivelato che ci saranno un nuovo cielo e una nuova terra; e so che ciò che è stato creato per l’uomo sarà glorificato con l’uomo e per l’uomo, e quindi farà parte della grande città degli eletti. Non potrei dire di più senza entrare nel campo delle congetture, delle ipotesi e forse dei sogni. Non chiedetemi quali siano le nuove condizioni ed i cambiamenti che la trasformazione finale dovrà apportare allo stato fisico del nostro pianeta, né se l’intero sistema solare vi parteciperà, né se le migliaia di mondi che oscillano in profondità sconosciute nel seno dello spazio saranno inclusi nel dominio dell’umanità totalmente rigenerata; non lo so. In ogni caso, non posso essere d’accordo con coloro che vorrebbero che la dimora degli eletti fosse circoscritta dai confini della stretta dimora che ci circonda. Non è questo il significato del popolo fedele, né l’idea che ci viene quando lo Spirito Santo ci parla non solo di una nuova terra, ma anche di un nuovo cielo. Quando il mio Salvatore ci ha lasciato per il cielo, si è alzato in volo ed è andato lontano da questa terra dove viviamo. Che l’uomo, durante il suo noviziato dell’eternità, sia confinato in un piccolo pianeta, posso facilmente concepirlo; ma che la razza umana immutabilmente divinizzata non abbia un palazzo più degno della sua grandezza, mi sembra impossibile da ammettere. – Ci addentriamo ancora di più nel campo delle congetture. Perché l’intera creazione di Dio, con le sue migliaia di mondi, non dovrebbe costituire questo palazzo? La sua immensità sembra troppo per la creatura ragionevole, una volta glorificata in tutto il suo essere? Mi sembra che questo significhi conoscere molto poco dell’eccellenza e della maestosità contenute nel titolo di figlio adottivo di Dio. Che cos’è, infatti, l’intero corpo degli esseri materiali in confronto non solo ad una creatura intelligente e libera, ma ad un essere che porta in sé così perfettamente la somiglianza con Dio? E poi, chi mi impedisce di considerare mio tutto questo dominio, dal momento che è proprietà di mio Padre e io ne sono un erede? Ma se è mio, non deve condividere la mia nuova condizione? Inoltre, tra le ragioni che più fortemente sostengono che la trasformazione dell’ordine corporeo accompagni e completi in qualche modo quella dell’uomo, ce n’è più di una che militi a favore di questa ipotesi. – In primo luogo, tutte queste creature, per quanto nascoste nelle profondità del cielo, contribuiscono a loro modo alla perfezione morale dell’uomo, perché di loro è scritto: « I cieli annunziano la gloria del loro autore » (Sal. XVIII, 2). Importa poco che esse sfuggano agli sguardi della moltitudine e che, durante lunghi secoli non se ne abbia intravisto l’esistenza. Ciò che è fatto per l’uomo non deve, allo stesso modo, essere utile a tutti gli uomini. Chi mi vieta di pensare che dopo di noi verranno altri che, grazie al progresso della scienza, sapranno ciò che noi non sappiamo, come noi stessi sappiamo ciò che i nostri padri non sapevano? La terra cessa di essere interamente dominio dell’uomo, perché contiene nelle sue viscere un numero infinito di tesori al di fuori della nostra portata? Per me, trovo proprio in questo mistero, che sappiamo coprire tante meraviglie, la più sublime predicazione della grandezza, della bontà e della potenza del nostro Dio. « Tutte le cose sono vostre – scrive l’Apostolo – e voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio » (I Cor. III, 22, 23). Se tutto è per gli eletti, perché mai vorremmo staccare dalla loro corona una parte dell’universo creato? – Si potrebbe dire che stia spingendo troppo in là le conclusioni da trarre da queste parole. Così sia, ma « non è agli Angeli che Dio ha sottoposto il mondo futuro ». Gesù Cristo fatto uomo è il suo Re universale. Perché, o Dio, « Voi avete messo tutte le cose sotto i suoi piedi. E quando Dio gli sottomise tutte le cose, non lasciò nulla che non gli fosse assoggettato » (Ebr. II, 5, 8). Ammassate mondo su mondo e moltiplicate all’infinito i soli e le stelle, non ne troverete nessuno che non appartenga a Cristo Gesù. – Sarebbe forse avventato pensare che il Dio fatto Uomo, giunto, come dice l’Apostolo, alla pienezza della sua età e del suo sviluppo, li comprenderà nella gloriosa restaurazione che coronerà la perfezione finale del suo Corpo mistico? Dio, che glorificherà il Verbo incarnato con il rinnovamento del nostro pianeta, rifiuterà di imprimere alle migliaia di mondi, sconosciuti ai mortali, il sigillo della potenza e della gloria di suo Figlio, quando questi mondi non sono meno del suo impero che il più umile dei corpi celesti? È una questione di fede che l’Incarnazione ristabilisca l’uomo. Il sangue che è sgorgato sul Calvario è stato versato su tutta la creazione per pacificare e restaurare tutto ciò che è in cielo e in terra (« Instaurare omnia in Christo, quæ in cœlis, quæ in terra sunt, ipsoPacificans per sanguinem crucis ejus, sive quæ in terris, sive quæ in cœlis sunt ». Ef., I, 10; col. 1, 20): Egli ha bagnato non solo il nostro mondo, ma tutti i mondi che rotolano nello spazio e l’universo che li comprende tutti, come canta la Chiesa: « Terra, pontus, astra, mundus hoc lavantur flumine ». Pertanto, tutti gli esseri materiali, purificati, restaurati e glorificati, saranno il palazzo reale di Cristo. Cristo, infatti, si è degnato di unirci alla sua Persona, non solo come suoi amici, ma come suoi coeredi, o meglio, come sue membra. Più di una volta, mentre scrivevo queste righe, ho percepito l’obiezione che mi sarebbe stata mossa. Si ragiona come se non ci fosse altra natura ragionevole nella creazione se non quella dell’uomo. Ora, secondo un’opinione che è lecito sostenere, altre stelle, forse nel nostro sistema solare e più probabilmente al di fuori di esso, hanno i loro abitanti proprio come la nostra terra. Pertanto, è il destino di questi esseri intelligenti, e non il nostro, che questi mondi debbano condividere: e, di conseguenza, il cielo umano, per quanto si possa spingere indietro i suoi limiti, dovrà fermarsi ai loro confini. Se si accetta questa ipotesi, il rinnovamento cosmico che ci aspettiamo avvenga dopo l’ultimo giudizio dovrebbe rimanere parziale, almeno fino a quando le creature ragionevoli, distinte e separate dall’uomo, non avranno esse stesse completato la loro carriera di prova. Innanzitutto, osserviamo che in nessun punto ho posto la negazione dell’ipotesi in questione, ma piuttosto il destino dell’uomo e delle creature e le affermazioni dei nostri Libri sacri. Confessiamo, inoltre, che se l’ipotesi fosse vera, la glorificazione dell’uomo non includerebbe più la glorificazione dell’intera creazione materiale. Ma questa ipotesi è, a quanto pare, meno solida di quanto molti immaginino. – Se la terra fosse la dimora eternamente permanente dell’uomo, potremmo trarre dalla sua piccolezza una ragione plausibile per affermare che altri mondi, che la sorpassano per volume, debbano essere abitati da creature intelligenti come noi; ma poiché è una dimora temporanea, un’osteria in cui entriamo solo per andare, al termine di una breve sosta, alla dimora della sua eternità, la conclusione non è più la stessa. L’argomentazione avrebbe più forza se si dimostrasse che questi pianeti, che ci stupiscono per il loro numero e le loro dimensioni, non servissero al genere umano: perché allora sarebbe necessario, per spiegare la loro esistenza, porre altri esseri, simili a noi, che possano volgere alla gloria del Creatore; ma abbiamo già visto come essi ci insegnino a conoscere meglio le infinite perfezioni del nostro Dio. Non è, inoltre, la più bella testimonianza da rendere ai grandi e limitati destini della nostra natura, mostrarle una creazione così maestosa fatta solo per essa? – Qualunque siano queste considerazioni, una cosa è certa: la nostra terra e il nostro cielo parteciperanno alla rigenerazione dei figli di Dio. Ciò che il corpo risorto è per il corpo di corruzione, gli elementi restaurati e rinnovati saranno per ciò che ora appare ai nostri occhi. Nella sua descrizione della vita futura, lo Spirito di Dio ha tracciato, per così dire, tanti sacri geroglifici. Essi ci permettono di intravedere come sarà per noi la terra della patria; ma farsi un’idea esatta di questo fortunato paese è impossibile come per un cieco immaginare gli splendori di una bella giornata. Il regno dei cieli ci è stato rappresentato solo per immagini. Ma è anche vero che queste immagini sono il ritratto di cose molto grandi e vere, il commento eloquente di questa parola dei nostri Libri santi: « L’occhio dell’uomo non ha visto ciò che Dio prepara per coloro che lo amano » (cfr. Hettinger, Apol. del Cristian., vol. III, c. 16). Tacciamo dunque su queste meraviglie, o piuttosto ripetiamo con gli esuli di Babilonia: « Se ti dimentico, o Gerusalemme, sia dimenticata la mia stessa mano destra. Che la mia lingua si attacchi al mi palato, se perdo il ricordo di te e tu cessi di essere la mia prima gioia » (Salmo, CXXXVI, 5-7).

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