LO SCUDO DELLA FEDE (231)

LO SCUDO DELLA FEDE (231)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (5)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

LA MESSA

PARTE I

LA PREPARAZIONE

CAPO II

ART. II

L’Altare.

L’Altare fu il primo monumento, che gli uomini proscritti dal paradiso terrestre, ricoverati alla meglio in questa valle di lagrime, s’affrettarono ad innalzare a memoria della perduta grandezza, e per implorare la pietà di Dio (Ben. XIV, ap. Cic. lib. 2, cap. 11, n.1). D’ allora in poi pel mondo universo l’erezione degli altari fu sempre come uno slancio dell’umana natura verso del cielo, dove sente ancora, che debbono essere collocati i suoi destini. L’erezione degli altari adunque dagli uomini fatta è come un’eco alla primitiva rivelazione, di cui si trova una parola, un argomento, un segno in tutte le religioni dell’universo (Cantù, St. Univ. v. Religione. Dei Sacrifizi religiosi del Card. Tadini; Plutarc.). Coll’ erigere in tutti i tempi, in ogni angolo della terra, dov’è un gruppo d’uomini uniti in società, altari in onore di qualunque divinità, gli uomini confessano solennemente di riconoscere il primo e l’universale loro dovere; anzi esprimono il maggiore, il sommo loro bisogno; manifestano il più naturale sentimento, il dovere cioè d’onorare Dio, il bisogno d’una felicità. senza fine, e il sentimento di demeritarla per propria colpa. Queste verità le ha rivelate Dio; e le nazioni infedeli le hanno malamente offuscate e confuse, bruttando la religione primitiva e rivelata di superstizioni miserande, che la sfigurarono. Eppure come, distrutta la civiltà, i popoli barbari rizzano le loro catapecchie sulle rovine delle città devastate, ma non ne distruggono affatto i nobili avanzi, sicché i ruderi di quelle macerie accennano alle antiche glorie, e fanno indovinare la grandezza guastata, così in mezzo alle superstizioni, di che le nazioni guastarono la religione primitiva, restano ancora alcuni avanzi di verità, quasi frantumi di antico edifizio e monumenti della sua grandezza; e le loro favolose leggende sono quasi archivi di antichissime tradizioni. Difatti in tutte le religioni vediamo confessato il dovere e il bisogno che hanno gli uomini di offrir sacrifici al loro Creatore. Ora sull’Altare di Lui, che potevano mai deporre gli uomini, che degno fosse di venire accolto da Dio? Che far potevano, se non presentargli quelle vittime, che per loro si credevano le migliori, e poi distruggerle innanzi a Lui, per protestargli di riconoscere di dovergli il tutto; ma niente potere offrirgli, che si meritasse di stare al suo cospetto? Veramente gli antichi sacrifici, più che offerte erano voti, erano come suppliche: desse agli uomini da offrirgli tale un dono che gli fosse gradito. Dio lo dà a noi questo dono, il più grande della sua misericordia, sul nostro altare. Per noi l’altare è il più bel monumento della bontà del Signore, è il fondamento di tutte le speranze, è il centro della devozione, è il focolare della carità, è il santuario delle nostre consolazioni veramente divine, è la rupe benedetta, da cui zampilla l’acqua saliente a vita eterna: sì, l’altare è come il campo, in cui si dà lo spettacolo di qual misericordia è Dio potente! – Quando gli antichi Patriarchi ricevevano la grazia di un’apparizione celeste, si affrettavano d’innalzare almeno un cumulo di pietre a monumento, che stesse a memoria del favore divino, e confortasse i posteri a sperare tutto da Dio. Ecco ora la Chiesa, che nel mezzo del tempio sotto le cupole, che si slanciano arditamente verso il cielo sublimi come il pensiero della fede che le ha inspirate, sull’eretto altare, pianta il Crocifisso, quasi dicesse: « guardate, o figliuoli, che cosa ha saputo fare Iddio per voi; poi dubitate, se potete della sua bontà!… e mostra attaccata al patibolo l’immagine del Figliuolo di Dio Crocifisso!…. Contempliamola questa adorata immagine.

Il Crocifisso.

Che bella posizione, sclameremo col gran Bossuet, ha fatto pigliare al figliuol di Dio la croce! Eccolo Crocifisso innalzato ira il cielo e la terra, e par che dica: « Figliuoli, al cielo, al cielo…; è là tutto il vostro bene che sospirate. » Il Crocifisso tien le braccia allargate, e vuol dire: « venitemi tutti in braccio; menatemi i figli; cercatemi tutti i peccatori; vi voglio portar tutti in paradiso. » Il crocifisso mostra al cielo le mani piene di sangue, e par che gridi: « Padre! pago io per li peccati di tutti. » Il Crocifisso stende le braccia sopra di noi, e vuol dire: « Padre, li amo come vita mia questi figliuoli del mio sangue: me li piglio sotto di me, come la madre stringe il bimbo al seno che lo alimenta, come la gallina copre coll’ali i suoi pulcini e se li scalda nel proprio petto. » Il Crocifisso lascia cader giù la testa, e con questo dice: « Poverini miei; tribolati, crocifissi in tanti mali con me, guardatemi come sono tutto piagato anche io! ancora un poco, e poi meco a vita eterna… » Il Crocifisso manda il sangue dal cuor squarciato; e vuol farci intendere che sta sempre pronto a pioverci il sangue sull’anima nei Sacramenti, e pigliarci in quel cuore in Comunione, e portarci in paradiso. Sì, contempliamo ancora e poi sempre Gesù benedetto crocifisso! Ve?!… tiene le braccia alzate verso il cielo; ma il peso del corpo lo strascina giù verso la terra: e vuol dire tutta la Religione cattolica. Con quelle braccia al cielo ci dice: « O figliuoli, io son Dio col Padre eternamente beato; ma fattomi Uomo con voi, là pur nel ciclo qualche cosa mi manca! ; » par che dica quasi li per cader sull’altare: « mi mancate voi altri carne della mia carne, sangue del mio sangue; il cuor mio mi tira giù, mi lega a voi in Sacramento, mi sacrifico con voi su questo altare per salvarvi meco. » Oh Crocifisso! Oh monumento della bontà di Dio, fatto nostro in sacrifizio! Oh! quando entriamo nella chiesa, contempliamo quella cara adorata immagine del Crocifisso Gesù, e, mentre quella benedetta figura ci mette sotto gli occhi visibili ed insanguinate le piaghe, che misticamente ma realmente, benché invisibili offre Gesù sull’altare nella santa Messa (C. Bona, Rerum lit. lib. 1, cap. 23, v.$, et Ben. XIV, De sac. Miss.), deh! corriamo coll’anima sotto la croce, pregando che le vive gocce del sangue divino piovano sul nostro cuore, e lo fecondino di santi affetti. Oh! per chi comprende i segreti divini nelle cerimonie della Chiesa, e vede nel Crocifisso l’immagine del Figliuol di Dio morto pei nostri peccati, basterà bene contemplarlo per guarire dalle piaghe, di che hanno i peccati avvelenato il cuore (Ecco un bel fatterello che fa comprendere quanto è caro oggetto al cuor cristiano l’adorabile immagine del Crocifisso. Predicando il Card li Cheverus, accorrevano molti protestanti attirati dall’amabile sua parola, e, vedendolo in tanta bontà, gli fecero sentire come verrebbero ben più volentieri, se non tenesse al fianco quell’idolo, dicevano, del Crocifisso: e si narra, che Cheverus il dì appresso di dal pergamo: Signori, sento che ad alcuni offende la vista il Crocifisso: io vorrei compiacerli, e per ora lo levo; e così dicendo abbassasse la croce, e la mettesse come al coperto…:. poi, rivolto a loro che restavano sorpresi, soggiunse Io ho da raccontarvi il fatto seguente: — Un dì un signore usciva di casa, e sopra via gl’interruppe addosso un assassino, che lo riversa per terra, e con un ginocchio sul petto gli drizza al cuore un pugnale. In quel frangente un buon uomo si getta sopra a difesa dell’assalito, e lo copre colla propria persona: il sicario giù un colpo cuore al buon uomo che cade trafitto sul signore protetto! Un pittore per caso quivi presente, colpito a quello spettacolo, corre a casa e dipinge al vivo, come l’aveva nell’immaginazione, il ritratto del signore caduto e del buon uomo, che morendo, lo salva: e porta il dipinto coperto al signore, dicendo: vi presento un regalo che vi gradirà: e glielo scopre in parte. « Ah! il mio ritratto, esclama, in quell’orribile istante!… » Ma il pittore alza il restante del velo… ed il signore a quel punto balza in piedi, gridando: « Ah! il buon uomo che mi ha salvato! Vi ringrazio, vi ringrazio di avermelo così al vivo dipinto!» E si getta sopra, e lo bacia, e ribacia a calde lagrime, sclamando: « Cara immagine, ti terrò sempre con me! » — Signori, dice Cheverus, alzando allora il Crocifisso: io vi presento un ritratto: guardatelo; vedete di chi è. E scopre il Salvatore, e continua: « Voi andavate tutti perduti; Egli vi coprì colla sua persona, e ricevette questo colpo nel petto!… Lascio la fredda discussione: m’indirizzo al vostro cuore, io vi dirò; Non volete l’immagine del Salvatore?… io me la porto con me …   Allora sì alza un grido da tutti, e Cattolici e protestanti esclamarono a gara: « Vogliamo il Crocifisso: Vogliamo il Crocifisso! » Cheverus l’abbassò dal pulpito, e quelli si strinsero intorno disputandosi di coprirlo di baci e di lacrime.).

I ceri e i gradi dell’altare,

Stanno sui gradi dell’altare i ceri ardenti. I gradini significano i vari gradi di virtù e di santità, per cui le anime staccandosi da questa povera terra s’innalzano a Dio per l’amor del Crocifisso. I candelieri ardenti ed il Crocifisso in mezzo mostrano i popoli credenti uniti dalle due parti opposte, giudaica e gentile a Colui, che, elevato in alto trae ogni cosa (Innoc. III, Rosm. Dell’educ. Crist.): e i ceri significano le anime che s’incamminano su per quei gradi. Ecco la nostra destinazione. Su via, colla mente illuminata dai raggi della santa fede, coi cuori ardenti di carità, giubilanti per le più care speranze, palpitando di tenerezza intorno all’altare, nel vedervi Gesù sacrificare se stesso per nostra salute, corriamogli in seno. – I ceri adunque, che spandono nelle sacre ombre del santuario, come le stelle nel firmamento, una mite luce d’intorno, e col tremolio delle loro fiammelle danno movimento, pare che spirino fra la quiete maestà dei sacri riti quasi un’anima misteriosa, e sembrano qualche cosa di più che un semplice simbolo privo di vita; i ceri, io dico, vivi e scintillanti popolano, se così lice esprimerci, di tanti esseri vivificati il santo altare. Mentre andranno a posarsi fra loro quegli angelici spiriti, che, adorando continuamente Gesù, vivono della vita della sua Divinità, anche noi mandiamo a frammischiarsi con essi, e palpitare d’amore in mezzo al tremolio dei lumi, i nostri cuori ardenti di divozione. Sembra a noi poi, che le candele intorno al Crocifisso rendendo la più bella immagine della vita cristiana, suggeriscano queste tre osservazioni: I. Le candele stanno diritte al cielo rivolte; II. Sono candidissime; III. Si consumano spandendo luce nel Santuario in mezzo al popolo. Ora, come la candela è ritta, così la vita nostra deve essere al cielo indirizzata, e noi, camminando innanzi a Dio, dobbiamo tendere alla patria nostra tenendo al Paradiso rivolto i pensieri, mentre siamo pellegrini in terra. La candela è bianca, e significa che la religione è pura, ci conserva mondi dalle brutture di questo povero secolo: perché l’oblazione di un’anima pura, quasi vittima immolata sull’altare del Dio vivente, insieme con Gesù è il culto accettevole che Dio dimanda, e rende onore alla divina Maestà, dinanzi a cui viviamo. – La bianca candela poi si consuma a gloria di Dio spargendo luce; e ci insegna che dobbiamo, come olocausto tutto a Dio devoto, consumarci in opere di carità, spargendo intanto luce di buon esempio, sicché veda il popolo le opere nostre, e renda gloria al Padre nostro, che è nel cielo. Questi ceri che ardono in pieno giorno fra le ombre del Santuario, ricordano ancora quei tempi di fervore, e di persecuzione, in cui i santi nostri misteri venivano celebrati di notte nelle oscure viscere della terra, cioè nelle (Ben. XIV, lec. cit.):

Catacombe

Eisistono ancora, in Roma specialmente, in Napoli, e altrove le catacombe; e sono escavazioni sotterraner, spesso a due o più piani, con corridoi tortuosi, che girano, e s’attraversano in ogni senso, e formano sotto la terra il più intricato labirinto di tetri viottoli, molti dei quali mettono, e s’incontrano in una camera o grotta quasi ad un centro, in cui trovi avanzi di altari o mense, con altri argomenti, che indicano aver servito alla celebrazione dei santi riti cristiani. In alcuni s’addita il luogo, ove si riponevano le lampade; anche qualche traccia di pulpito, da cui il Vescovo parlava a’ suoi fedeli raccolti; anche sedili, in cui pare si ascoltassero le confessioni. Tutto è scavato nel tufo; e sono estesi così quei sotterranei, che le catacombe sole, dette di S. Sebastiano in Roma, si credono tenere ben dodici miglia, e più di duecento miglia tutte le altre catacombe insieme. – Non si può esprimere a parole ciò che si sente in cuore nel visitarle! Immaginatevi per una scaletta, o per ripida scesa, di scendere giù nelle viscere della terra, e di trovarvi in mezzo a centomila sepolcri scavati nel tufo, a tre piani orizzontali, nei due fianchi di quegli anditi. In quel tenebrore, in mezzo a quei morti di benedetta memoria, a cui dà vita la fede nostra, che è la medesima di quei prodi, che la difesero col sangue, voi colla vostra fiaccola in mano cercate ansiosi di visitarli. Ben vi pare di parlare con ciascun di loro, d’interrogarli dei patimenti e dei tempi loro, ed in quelle lapidi leggere la risposta; e quasi vi compiacete di stender loro la vostra mano, di baciare quei cari fratelli di eterna speranza. Mettete la candeletta fra le fessure dei lastroni scassinati di tufo o di terra cotta, e vedete dentro le ossa dei martiri con al fianco l’ampolletta del sangue raccolto, e talvolta lo strumento del martirio. Qui un pontefice, poi un vergine illustre, od un soldato; colà un fanciullo, poi una matrona romana; poi un padre, una madre, e intorno tutti i figli sepolti l’un all’altro vicini, e tutti martiri: e sopra il tufo rozzamente graffiato con un saluto il nome del martire, e un simbolo della vittoria e della vita eterna, e più sovente la semplice scritta: è morto per Cristo: il che significa l’anagramma figurato in questo modo XP. –  Convien pur dire che quei nascondigli fossero cari alla pietà dei fedeli, che, adornandoli di pitture, mosaici, e talvolta anche di graziose sculture per esprimere con divozione i santi misteri, ne fecero la culla dell’arte cristiana. Là nelle viscere della terra, in quelle figure del Redentore, di Maria e dei Santi, rozze, se vuoi, e di duro contorno, ma altrettanto devote e care, tu scorgi l’arte cristiana ancora bambina; ma traspira dentro un casto sorriso di bellezza più pura della terrena, che accenna già allo splendore della celeste bellezza che si sarebbe rivelata pei sommi Raffaello o Michelangelo e nel grazioso e melanconico Gaudenzio Ferrari e nell’Angelico pittore Beato! che rapito in estasi coglieva in cielo quei tipi di bellezze di paradiso, e le traduceva in quelle sante amabilissime sue Madonnine, in quelli angioletti vestiti di corpicciuoli, diresti spiritualizzati, che ti rubano il cuore ad amore divino. Così le arti sorelle, appena comparve la religione cattolica, si affrettarono ad offrirle l’umile tributo di loro servitù; ed essa in contraccambio spirò in quelle la propria divinità. Le ha ben ricompensate! Fino dalle prime persecuzioni ordinò la Chiesa con sapiente disposizione. Notai, che tenessero registro degli atti dei martiri, del dì del martirio, e del luogo di loro sepoltura. Meritano pure di essere ricordati quei generosi, a cui era affidata la cura delle preziose reliquie dei Santi scannati. Essi si chiamavano Fossori o Fossari; e trovasi talvolta nelle catacombe dipinto il Fossore in atto di scavare la fossa; mentre un altro gli fa lume colla lucerna. Questi Fossori vanno contati fra i maggiori eroi del Cristianesimo: perché, e si esponevano ai persecutori, affine di raccogliere gli avanzi dei Martiri trucidati, e passavano la vita in quei tetri sotterranei nel preparare depositi ancora in bell’ordine, e talvolta lavorati con amore e buon gusto, ai santi cadaveri dalla persecuzione mandati giù loro in abbondanza (Ognora si vanno trovando sempre nuovi monumenti che provano essere stati  moltissimi i martiri, vedi la Civiltà Cattolica. fasc. del 1 luglio 1854. Fra tanti monumenti che provano il numero dei martiri, piace qui presentar due sole iscrizioni fra le moltissime raccolte dai Visconti. (Memorie Romane d’ntichità, Roma 1825).

I

MARCELLA ET CHRISTI MARTIRES CCCCC L.

II

HIC REQUIESCIT MEDICUS CUM PLURIBUS

CL MARTIRES CHRISTI

Sovente poi si mettevano solamente numeri, che forse indicavano i martiri colle corone e palme.). Il Sacerdote poi, i discepoli, le anime fervorose, massime le donne dedicate alla pietà, come si facevano un santo impegno di mandare pei diaconi i loro soccorsi di carità nelle prigioni ai confessori; così, quando venivano uccisi, era per loro un dovere di tenera religione raccogliere ì cadaveri, ed anche nasconderli nelle proprie case, e sovente spedire le reliquie alle diverse chiese (Oltre alle catacombe, che sono piene di monumenti, che parlano della devozione, con cui si raccomandavano ai Santi i primi fedeli, non possiamo trattenerci di riportare questi due fatti. Quando si era per tagliare la testa a s. Cipriano, ì fedeli corsero in quel pericolo a stender d’intorno a lui i pannolini, per raccogliere il sangue prezioso. Poi non si può leggere niente di più tenero e di più devoto di ciò che scrive s. Giovanni Grisostomo della venerazione, con cui furono ricevute le reliquie di s. Ignazio che soffrì il martirio a Roma, 100 anni dopo Cristo. Egli era vescovo d’Antiochia, e vediamo che il suo corpo fu traslocato di città in città alla sue sede, come un tesoro inestimabile. Di questa traslazione ecco come parla eloquentemente S. Giovanni Grisostomo: « Quando egli dunque soggiacque in questa città (di Roma), o piuttosto, quando salì al cielo, rivenne per essere coronato, perché la volontà di Dio volle ch’Ei ritornasse fra noi, e il martire fosse diviso tra le nostre città. – Quella città vide colare il suo sangue, ma voi avete onorato le sue reliquie e vi siete rallegrati del suo vescovato. A Roma si sue reliquie, e vi si vide lottare, vincere e trionfare; voi lo possedete ognora: Dio ve lo tolse per poco tempo, e ve lo rendette con molto più di gloria. E siccome coloro, che prendono a prestito del danaro, danno poi con usura ciò che ricevono, così Dio, avendo preso per un istante questo prezioso tesoro, ed avendolo mostrato a quella città, ve lo ritorna sfolgoreggiante di nuovo splendore. Avete spedito un Vescovo, ed avete ricevuto un Martire; lo avete mandato con preghiere, e lo avete ricevuto con corone, e non solo voi, ma tutte le città, che si sono trovate sul suo passaggio; poiché da quali sentimenti non sono state comprese, quando videro traslocare queste reliquie? Quali frutti d’una santa gioia non hanno esse raccolto? Con quali acclamazioni non hanno salutato il coronato vincitore? In quella guisa che gli spettatori si slanciano nell’arena si impadroniscono del nobile combattente, che, superati i suoi avversari, si avanza nella sua gloria, non permettendogli toccar terra, e portandolo seco in trionfo; nella stessa guisa tutte le città, ricevendo alla loro volta da Roma questo santo uomo, hanno recato ed accompagnato il Martire vincitore fino a quella città, celebrando con inni la sua gloria, e trionfando del demonio, i cui artifizi ricaddero in suo proprio disdoro, e il quale, adoperandosi contro il Martire, non ha adoperato che contra se stesso. » (Hom. in s. Ign. mart.). Impertanto scorgiamo che le reliquie dei Santi sono onorate da coloro che gli hanno rate dai discepoli immediati degli Apostoli, da coloro che li hanno conosciuti, e che dalla venerazione di quelle si cavarono col più gran rispetto sublimi lezioni, tenendole le chiese, che le possedevano, come un pegno per ottenere grazie da Dio per l’intercessione dei Santi.). – Le catacombe, massime in Roma, diramansi intorno, e sotto gli edifizi della città. Alcune eran in principio scavate per estrarre la pozzolana, specie di calcina per fabbricare; le più erano scavate per servire alle sepolture: e quindi guardate come luoghi sacri, in cui era quasi pei pagani una profanazione il penetrarvi. Restavano adunque come un rifugio dove nascondersi i fedeli cerchi a morte. Qualche volta dall’interno delle case si passava in quei sotterranei. Di qui avveniva che le case dei più ragguardevoli fedeli servivano di chiese, cioè luoghi di adunanze o di collette; e i sotterranei di cimiteri. Illustri sono i Cimiteri o Cripte o Catacombe di S. Lucia, Priscilla e Lucina, ecc. Così di quei nascondigli presero pratica i Cristiani perseguitati, e li scelsero per convegno ai vivi, e per sepoltura ai morti. Succedeva adunque un martirio? I coraggiosi fedeli, col pericolo della propria vita, raccoglievano gli estinti, il sangue sparso, i ferri, i sassi, e tutto che fosse del loro sangue prezioso consacrato; componevano quelle membra lacerate nelle nicchie scavate, dove ora le troviamo, Chiamavano poi quei santi asili della morte col soave nome di Cimiteri, cioè dormitori: espressione di una coscienza pura e tranquilla consolantesi nella certezza di svegliarsi all’altra vita, dopo il sonno della beata morte cristiana. – A chi visita Roma con cuore ben disposto alle inspirazioni della fede cristiana, tutto parla di pietà e di fervore, e lo fa vivere e conversare coi Santi in quell’alma città, centro della Religione, e come casa propria della Madre universale della cristiana famiglia, singolar medo di comunione cattolica! Ad ogni passo egli trova una casa, un monumento, una pietra, che lo mette in relazione con un eroe del Cristianesimo. Là può sedersi e meditare sopra a cento e mille tombe che stanno intorno a quella di s. Pietro, monumenti eloquenti della religione Divina da lui predicata. Quando s’entra, per esempio, nella chiesa di S. Prassede, eretta sull’area della casa di questa ricca Verginella, e si vede la statua della vergine in atto di spremere le spugne inzuppate del sangue dei Martiri, per nasconderlo in un pozzo che ancora è là scavato; a quella vista, in quel luogo dinanzi a Dio nel santo ciborio, che nella sua eternità ravvicina tutti i tempi nell’istante presente, pare allora di veder qualche cosa di più di una morta immagine, e sì veramente sì sente, si gode la comunione dei Santi. – Nelle catacombe adunque, che s. Girolamo chiama vere basiliche della morte, si raccoglievano dì e notte i fedeli a celebrare i santi misteri; e mentre Roma incestuosa e micidiale, spalancante le porte al vitupero, era invasa da prostituzioni e da suicidi, ed i Romani erano vili così da adorare sull’altare il delitto, incensando al dio Nerone: anime, che quel mondo era indegno di possedere, nelle viscere della terra si apparecchiavano a fecondar col sangue la rigenerazione dell’umanità, col rinnovare sulle tombe dei sacrificati il sacrificio del Dio-Uomo morto per tutti in croce, pregando per quelli, che lo crocifiggevano. Intorno a quelle tombe si raccoglievano nascostamente sbucati dalle città e dagli ergastoli degli atroci padroni. e venivano a trovarsi liberi e schiavi con Pontefici miracolosamente scampati al martirio e filosofi mutati in apostoli, che in quella dottrina trovavano la soluzione di quelle interminabili questioni (Cantù, Storia universale). Quivi ricevevano col vero il Pane Celeste, giravano il calice del Sangue Divino, e celebravano insieme l’agape, cioè facevano carità mangiando insieme ricchi e poveri i cibi a gloria di Lui, che li dà, e rallegravano la sacra accolta nella fratellanza dell’affetto e nella gioia del perdono per l’amor di Dio, così consolante in pure coscienze. Seduti all’ombra di morte giuravano su quelle tombe la fede, e si confortavano colla Comunione a confermarla in faccia alle genti nelle tremende prove sul patibolo, sopra il fuoco, ed in mezzo alle fiere dell’anfiteatro forse dimani; se pure non venivano là in quegl’istanti scoperti e scannati sull’altare, così mischiando il proprio sangue col Sangue di Gesù Cristo in Sacrificio, come avvenne al Pontefice s. Stefano, trafitto nelle catacombe di S. Sebastiano sull’altare, e dai fedeli quivi sepolto, quale era vestito, insieme colla cattedra su cui fu scannato.

La pietra Sacra.

Data pace alla Chiesa dall’imperator Costantino, fu una santa letizia per tutta la cristianità: allora sbucavano i Sacerdoti dallo squallido silenzio delle catacombe a celebrare i riti della nuova alleanza, e a spiegare al cospetto del mondo lo splendor maestoso del puro culto divino. Allora Pontefici e Vescovi dedicare chiese a pieno sole, specialmente sopra quei sotterranei, e a celebrare la memoria dei Martiri, che là eran sepolti. Quivi tutti i fedeli sicuri, riconoscendosi fra loro, si abbracciavano, e saldavano la fratellanza col Sacrificio della perpetua commemorazione; e cantavano inni a Dio, che aveva sedate le tempeste, sui gloriosi sepolcri, che restavano nell’interno delle chiese sotto le mense, e che, a ricordo del loro coraggio, chiamavano confessioni. E perché sotto ma chiesa sola spesso erano molto tombe di Martiri illustri, che meritavano un particolare monumento, moltiplicossi fino d’allora il numero delle cappelle al modo appunto che si vede nelle chiese moderne, e si mandò poi a raccogliere reliquie di santi Martiri, e se ne deposero frammenti in tutti gli altari; e dei Martiri più chiari per meriti e per singolare gloria di combattimenti, o per opere, o per miracoli, si collocavano i corpi in urne preziose. Di qui l’uso di foggiare a modo di urna sepolcrale il cippo, Su cui posano le mense degli altari anche ai dì nostri. Religiosamente osservando questo costume, scriveva S. Ambrogio a Marcellina sua sorella, che la basilica di Milano egli non voleva consacrare, come si usava in Roma, se non trovasse reliquie di Martiri (Epist. 51 ad Marcellinam sor.), come poi consacrò di fatto, trovati ch’ebbe i corpi de’ ss. Gervasio e Protasio. Quindi poi le pietre consacrate, per servire di mensa per celebrare, hanno tutte nel mezzo un sepolcreto, entro il quale sono sigillate le reliquie dei santi Martiri (Conc. Alric. vulgo dictura cap. 56, Bon 1, Celert. 1, ex Conc. Carth. 7, et Ben XIV loc. cit, S. August. 113 sermo.), ed anche di altri Santi (Maasi, Del vero Focl. Vol. 2, Lib. 5, cap. I). Così sull’altare cattolico a’ piedi del Crocifisso sono deposte le spoglie di quegli eroi, che resero il più grande onore che uomo potesse a Dio, sacrificandogli tutto se stessi. Questi uomini sentivano di non aver la vita per altro che per darla a gloria di Dio; caddero a piè della Croce, e vi lasciarono i loro corpi, trofei della vittoria, che sopra del mondo riporta la croce piantata sulle gloriose spoglie di più milioni di martiri. Questi milioni di Martiri sono il più grande olocausto e il più degno del cielo, che sulla terra potevano offrire gli uomini rigenerati dal sangue di Dio fatto Uomo. Così si può dire veramente che la terra ha dato tal frutto, che il cielo non poteva aspettare migliore; né poteva essere altare più santo delle tombe dei martiri, sopra cui offrire a Dio il gran sacrificio, che i corpi dei suoi fedeli sacrificati. Come nel tempo della persecuzione la santa Messa si celebrava sulle tombe dei Martiri, così anche a’ dì nostri sopra le loro ossa si sacrifica il sacratissimo Corpo di Gesù, che in loro trasfuse tanto eroismo di virtù, che seppero morire per Dio, e che fu per loro, ed è per noi, arra e pegno di risurrezione alla vita dell’immortalità. Qui intanto accompagnano dall’altare il gran sacrifizio coi profumi dei loro sacrifici particolari (S. Paulin. Ep. Nol. in 6 feb. nar. 9 post medium in epist. Ad Severum.).

Il Pallio, e il vario colore dei drappi sacri.

L’altare si para a festa, e si addobba del ricco Pallio, che è un drappo, che lo fregia con decoro, e pende dinanzi sotto la mensa di color corrispondente a quello delle sante vesti, di che si parano i ministri. Anche nelle famiglie il dì delle gioie più care va distinto di vesti più gaie, come hanno le loro vesti i giorni di corruccio e di duolo. Tutto è armonia nella Chiesa, e col variar dei colori mostra la varietà delle celesti attrattive (Ps. XLIV), che rende questa sposa terrestre si bella agli occhi dello Sposo divino. Co’ diversi colori, giusta la diversità dei tempi e delle feste, si esprimono i diversi affetti dei fedeli, or di letizia per la gloria di Dio, ora di gratitudine pei suoi benefizi, or di fortezza nelle avversità, ora di afflizione per i propri o gli altrui peccati (Bona. Trac. ant. Loc. cit.). Nel bianco colore risplendente d’oro, ora tu intendi i gigli di purità, che adornano le vergini sposate a Dio eternamente in Paradiso; ora l’illibato costume di quegli austeri penitenti, la cui vita è così caro spettacolo agli uomini ed agli Angioli: ora la carità di quei Pontefici, e Sacerdoti, che, consumandosi nei travagli del loro ministero, generarono tanti figli pel paradiso. Nel color rosso contempli il sangue sparso , e le rose eterne, di che risplendono i Martiri in gloria. Poi nel color della melanconica viola intendi il gemito della Chiesa, che in mesto ammanto si presenta al grande Sposo signore dei cuori, e lo prega, che converta i figli suoi peccatori: ora invita noi, vestiti a lutto, ad accompagnare colla nostra preghiera il gran sacrificio, per espiare le colpe dei confratelli che gemono nel purgatorio: mentre appiè delle tombe rallegra l’orror della morte colla speranza del paradiso (Ben. XIV, lib. I, cap. 8, n. 16 et Ugo Op. cit.). Finalmente nel color verde usato in tutte le feste dell’anno, in cui non si faccia festa particolare, e non sia tempo di duolo e penitenza, la Chiesa fa intendere, che questo è il tempo di seminare in opere buone, affine di raccogliere in vita eterna, essendo questo non il tempo di godere, ma di sperare e di preparar l’eternità. Il bianco pannolino che si stende purissimo sopra la sacra mensa, ricorda il lenzuolo in cui fu involto dopo morte la santissima salma del Redentore, e la purezza, che deve aver l’anima e il cuore, in cui ha da discendere Gesù Cristo (Isidorus Pelusiota lib, I, ep. 123. Beda Hom. Rabanus lib. L de rit. Cler.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.