LO SCUDE DELLA FEDE (227)

LO SCUDO DELLA FEDE (227)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (1)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

PREFAZIONE

L’uomo ha bisogno di Dio ; sempre qualche cosa gli manca, che non trovano i poveri nei loro tuguri, né i ricchi nei loro palazzi, né altri in mezzo ai traffici, neppure in mezzo al trionfi. Questa cosa che manca agli uomini è Dio, che solo può soddisfarli interamente; e Dio si usa cercarlo nei templi. Per questo in ogni angolo della terra, appena si trova un gruppo di uomini, si affrettano subito di formarsi un tempio, e nel tempio rizzare un altare quasi per farsi scala in cerca di Dio: quando poi l’uomo non ne può più della vita, a riposarsi de’ suoi sogni crudeli, corre a gettarsi ginocchioni nel tempio, fissa gli occhi all’altare, e su per esso, sull’ali della preghiera cerca di sollevarsi a Dio per respirare nel suo seno il profumo di una vita migliore. Ma allora che si innalza a Dio col suo pensiero, deve sentire il suo nulla l’uomo meschino dinanzi a Lui, e da Lui riconoscere tutto, e tutto da Lui aspettare. – Anche convien confessare che sollevandosi l’animo a Dio, sente il peso della propria miseria, e dinanzi a Lui un tristo pensiero l’accompagna, che s’attraversa all’unione con Dio. E la coscienza della propria colpa, che rompe l’armonia tra il Creatore e l’opera sua, e sturba la pace che l’uomo sperava di trovare in Dio. Pur troppo tutti gli uomini di tutti i tempi si sentono rei fin dal loro nascere, e, come per istinto, pare che dicano almen confusamente: « Ecco siam concepiti in iniquità, ed in peccato ci han generati le madri nostre. » Questo lor sentimento gli uomini confessarono di provare in tutti i tempi, in tutti i luoghi con tutte le forme dei riti, manifestando in ogni religione il bisogno non solo d’onorare, ma anche di placar Dio con sacrifici. (Vedasi Roselly de Lorques. — Della morte anteriore all’uomo ecc. cap. X, dott. dell’espiazione. De-Maistre — Del sacrificio e dei sacrifizi religiosi di tutte le nazioni. Trattato storico-Critico, opera del Card. Tadini Arciv. di Genova, — Nicolas: Studi filosofici, etc). – Così la Chiesa Cattolica, che fa conoscere il dovere ed il bisogno che hanno gli uomini di placare, di adorare, ringraziare e supplicare Dio con sacrificio, e lo dà loro in man preparato, trova un’eco nel cuore degli uomini alla sua dottrina, e pare che tutte le nazioni del mondo le debbano rispondere « Voi dite bene; ci avete voi interpretati i sentimenti che noi proviamo confusi, e così provvedeste ai nostri bisogni. » Perché difatti la storia di tutti i popoli mostra che essi furono persuasi in ogni tempo di questa spaventosa verità: che si vive sotto la mano di Dio irritato, e che Egli si deve solo placare coi sacrifizi (« La caduta dell’uomo degenerato è il fondamento della Teologia di tutte le nazioni antiche. » Voltaire, Filosofia della Storia. Questio i sull’Enciclop.). Vediamo di più, che tutti i popoli del mondo, pur tra loro d’indole, di favella, di leggi e fino di colore così diversi, non solamente vennero sempre ad offrire sacrifici, ma per sacrifici offrirono quasi sempre vittime d’animali. Essi cioè essendo persuasi d’esser colpevoli, col fare le loro offerte dell’animale in sacrificio, mostrarono di credere, che si potesse mettere innanzi una vittima per pagare la pena a conto dell’anima, che ha peccato; credettero adunque sempre gli uomini, che, ad unirsi e comunicare con Dio, come richiede la loro necessità, non bastasse la preghiera e l’oblazione; ma che fosse d’uopo prima placare la giustizia Divina, e a togliere di mezzo l’ostacolo della colpa si dovesse mettere innanzi la morte del colpevole, almeno nel sacrificio rappresentata. Ora, se per la soddisfazione dovuta sì credeva potesse valere un animale sacrificato, tanto più facilmente si pensava, che potesse un uomo per un altro uomo soddisfare. Quindi in tutte le religioni furono con gran rispetto osservati quegli uomini, che si sacrificarono per aiutare la povera umanità. Ben appare da questo, che gli uomini s’accorgevano d’esser tutti insieme come una sola famiglia, che viene da una sola radice, e forma come un corpo solo; di cui le membra sono solidarie fra loro; cioè l’un può per l’altro portarne i pesi, le pene, ed offrirsi in soddisfazione alla Divinità, a cui pensavano dover riuscire soprattutto accettevole il sacrificio della verginità e dell’innocenza. Ora per procedere colla maggior chiarezza, ritorniamo a dire in breve il già detto; ed è che gli uomini sentono di dover adorar Dio, e che dinanzi a Dio sentono d’essere colpevoli, e d’aver bisogno di offrirgli sacrifizi, che credono di poter sostituire una vittima per la soddisfazione dovuta dall’anima colpevole. Le vittime difatti anticamente si chiamavano anti-psyche, parola che vuol dire vice-anima, quasi pro anima, cioè anima sostituita per un’altr’anima (Lami, Appar. Ed. Bib. I, 7). E queste verità che troviam confessate nelle religioni di tutti i popoli, ben dovettero essere già fisse nella mente umana prima di ogni istituzione di riti, perché le pratiche religiose le suppongono già, e sono ordinate a tradurre in atto e ad eseguire quanto insegnano esse; potendosi affermare che presso i diversi popoli della terra « di tante varie religioni nessuna havvene, che non abbia per iscopo la espiazione (Voltaire, Filosofia della Storia — Quest. sull’Enciclop.) per mezzo dei sacrifizi: mentre i sacrifizi praticati in tutte le religioni non furono semplici offerte fatte in ossequio alla Divinità. Perché, quando gli uomini avessero voluto fare semplici offerte, vi avrebbero recata cogli altri doni, se si vuole, anche la carne; ma la carne se l’avrebbero, noi crediamo, provveduta altrove, e coperta di fiori, profumata d’incensi, o preparata altrimenti, per venire poi con solenni funzioni a farne l’offerta: e non sarebbero venuti a sgozzar l’animale, azione per altro in se stessa tutt’altro che festosa e bella. Ma no: nei sacrifici la solennità delle funzioni sta appunto nell’immolare la vittima, che si vuole sacrificare sull’altare col versarne il sangue dinanzi a Dio. E perché questo atto, che sa di sdegno? Perché questa vendetta, questa effusione di sangue? Perché è diffuso nella coscienza de’ popoli un sentimento indeterminato di quella verità, che fu poi così chiaramente rivelata dal Cristianesimo; che per la via della carne formata ed irrorata di sangue fu trasfuso il peccato nella umanità, per la quale tutti quanti nascono dal sangue e dalla volontà della carne, non nascono più figliuoli in grazia di Dio. Si vuole adunque nel sacrificio al cospetto di Dio colpire d’anatema il mezzo per cui si trasfonde nella generazione viziata un peccato, cagione di tutte le altre colpe. Siccome gli uomini nascono di sangue peccatori, offerendosi per loro espiazione la vittima, della vittima si sparge il Sangue: perché è questo veicolo, che si vuol versare a placare Iddio, quasi per distruggere il mezzo per cui nel mondo s’introdusse il mal germe dell’iniquità: per così, col versare il sangue, procurare l’espiazione. Così tutti i culti, anche quelli che paiono non avere alcun parentado col culto nostro Divino, se penetriamo sotto alle apparenze ed alle aggiunte delle superstizioni, troviamo che vanno a confondersi nella maestà di un culto universale: e questo culto universale depurato, santificato, a cui aspira l’umanità, splende degno di Dio nella Religione Cattolica. – Colla scienza di questa verità gli uomini inferociti per brutali passioni, furono traboccati nei più grandi eccessi da diaboliche superstizioni. Si vorrebbe poter negare: ma la storia l’attesta in troppi luoghi, che gli uomini furono spinti a sacrificar gli uomini, ed a mangiar le carni « Si vuol sangue, » pareva che lor gridasse un tremenda voce misteriosa; e correvano a scannare in sacrificio prima i colpevoli, che si guardavano come sacri allo sdegno della Divinità; (quindi il sacrificare i rei si diceva espiare, cioè dissacrare, il che vuol dire sciogliere il voto dell’offerta col dare a Dio ciò che gli era sacro; poi si sacrificavano i nemici, poi gli stranieri; perché, quando non vi è carità, si trovano mille titoli per tener come nemici i nostri simili. Noi conserviamo ancor una parola per significare la materia di che si prepara il sacrificio, che noi chiamiamo Ostia. Questa parola viene dalla parola latina hostis, e hostis significa nemico ed anche straniero. V’era adunque ben poca differenza tra i nemici, e gli stranieri, quando si trattava di scannarli in sacrificio. Ora noi Cattolici, quando prendiamo in mano quel po’ di pane candidissimo che chiamiamo Ostia, siamo in obbligo di confessare che la Religione Cattolica colle idee ha ben mutati i costumi! Noi adesso sentiamo ribrezzo e spavento a quegli orrori. Bene sta: ma per carità! non dimentichiamoci che noi siamo nati in seno alla Chiesa Cattolica, pietosa madre, che alla nostra culla ci parlò d’amore di Dio e ci fece sorridere coll’immagine di un Dio Bambino innamorato di patire per noi. Del resto, se domandassimo un poco ai poveri Missionari, che nell’Asia, nell’Oceania, nell’Africa affrontano i furori della superstizione, ci risponderebbero, che ancora ai di nostri nelle Polinesie. Nel Tonchino, ed altrove si squartano i Missionari, e da loro agonizzanti si strappa il cuor dal petto, e si mangian le viscere palpitanti innanzi agl’idoli (V. Annali Prop. Della Fede). Non dimentichiamoci che nel 1793 nella nazione più incivilita del mondo si abolì il sacrificio di Gesù Cristo, e si rovesciarono gli altari, ma subito fu inondata di sangue umano; non dimentichiamo quegli orrori!…. ed altri che avverrebbero… Credono adunque tutti, che senza effusione di sangue non si fa remissione. Ci vuol sangue! Ecco la persuasione universale. E qual sangue? Eh! non potevano gli uomini immaginarsi di qual sangue avessero bisogno. Veramente noi Cristiani, entrati la prima volta nell’America, abbiam trovato, che gli Americani si credevano obbligati a preparîfr fino ventimila teste da sacrificar sugli altari delle orribili loro divinità (Cong. De la Nueva Espana 3, 3), e serbavano a tal fine i nemici, e quando mancavano, facevano guerra apposta per far prigionieri da farne carne, e quando si mancava anche di questi, tagliavano la testa fino ai proprii figli (Lettere Americane de’ Carli). Ma quando, invece di vedere quei feroci sacrificanti con furore di demonio diguazzare nel sangue, gli Americani videro la prima volta il sacerdote cattolico mite, compunto  confidente in Dio, alzar fra le mani teneramente adorando la Santa Ostia, consacrata sopra i fedeli che prostesi a terra picchiavansi il petto con umiltà; allora quei poveri Americani avranno chiesto « che volesse dire quel rito, e che fosse ciò, che al ciel si alzava: » e i Cattolici avranno risposto: Questa è l’offerta del Figliuol di Dio, che paga per tutti i mostri peccati. » Oh si! quei Catecumeni, abbracciandosi fra loro per consolazione, e le madri baciando con largo sospiro i lor bambini, avranno esclamato « Sia Benedetto il Grande Spirito, che non si scanneranno più sugli altari i nostri figli. » Ah! ripariamo noi adunque la nostra povera umanità intorno all’Altare, e, tenendoci attaccati ad esso, mostriamo al cielo il tremendo Mistero in quell’Ostia pacifica, Corpo e Sangue di Gesù Cristo, che riconcilia gli uomini con Dio, pel cui mezzo il Sangue di Dio, mischiandosi col sangue degli uomini, oltre al salvarci le anime risparmia ben anche di molto sangue umano. Noi abbracciati con Gesù sulla Croce gridiamo pure: tutto è consumato, consummatum est! Sì, veramente a questo grido dalla croce, e dall’Altare il velo del tempio si squarcia, i secreti del Santuario ben addentro son conosciuti. Dio ha mostrato in una maniera degna di Sé ciò che il genere umano, senza ben intendere, confessava; cioè che gli uomini creati per adorare l’Eterno, radicalmente tutti peccatori, sarebbero tutti perduti; e che a salvarli ci voleva sangue, e sangue innocente, Sangue Divino. Così Dio ha pur manifestato i segreti della sua Divinità; ed ecco in qual modo ci proviamo di esporre qualche idea della sua ineffabile manifestazione. In principio Dio, Essere infinito, creava l’universo come per isfogo della sua bontà, e, contemplando poi le opere sue, vedendole buone, pure non poteva essere soddisfatto, finché lo sguardo suo, per dir così, non s’incontrasse fra le creature in due occhi che collo sguardo al cielo cercassero di Lui. Allora Dio lasciava scorrere un piccolo raggio della sua luce divina sopra l’argilla più perfettamente organizzata, ed accendeva il lume dell’intelletto umano, spirandovi sopra un soffio della sua bocca; e die’ principio a quel movimenti d’affetti nel cuor dell’uomo, che sono come tanti slanci, per cui l’anima nostra irrequieta sopra la terra non trova più pace fino che non salga a beatitudine in seno a Dio. Così era creato l’uomo ad immagine di Dio. Quando, avendo Adamo prevaricato, e reso sé e tutti i suoi posteri eternamente infelici, il Verbo di Dio contemplò la sua immagine, che è quest’anima umana, caduta in basso dopo il peccato; ne senti una vivissima compassione, e per la sua carità infinita, quasi un bisogno di aiutarla a risorgere, a ritornare a sé; affinché questa luce della ragione umana non andasse come luce fosforica errando terra a terra mischiata al fango, volle pertanto vivificarla della potenza del suo raggio divino, per farla riflettere divinamente: vivida verso il suo Principio. Quindi il Figliuol divino, per abbassarsi a sorreggere l’umanità, e a salvarla, discese Egli stesso Lume di lume, Dio di Dio. Per iscaldare dei raggi di sua Divinità l’umana natura, unì la sua Divinità alla natura umana: incarnandosi nell’umanità, l’umanità fu assunta in Dio così da essere una Persona in due nature, l’Uomo-Dio, il Verbo Divino Figliuolo di Dio e Figliuol di Maria, Gesù Cristo Salvatore nostro. – Ora quest’Uomo-Dio, comprendendo appieno Dio in tutto l’esser suo, colla sua mente divina ben conobbe quanto Iddio merita d’esser conosciuto, adorato, amato e ringraziato, perché fonte inesauribile di ogni bontà: ben conobbe quale immensa offerta gli è dovuta in ricognizione di Lui, a cui tutto si deve! Dall’altra parte vedeva essere Iddio orribilmente sconosciuto ed offeso dagli uomini, e, trovandosi anche Egli fratello degli uomini, porzione dell’umanità, membro solidario di questo gran corpo, che trovava reo dinanzi a Dio, dovette sentir bisogno di tutta adoperare la ricchezza della sua divina umanità, Per far di se stesso per tutti la grande offerta, che si voleva per adorare Dio, ringraziarlo, rendergli soddisfazione come si merita. Se qui ci fosse permesso tradurre in forma umana i pensieri dell’Uomo-Dio, vorremmo dire che Gesù Cristo avrà dovuto esclamare in tutta la sua vita: « Ah! dove è una vittima degna del mio Padre Iddio? Lungi dall’Altare di Dio vittime di fungo… Ecco vengo Io, o Padre… Io son ben fortunato che voi m’abbiate datò un corpo da offrirvi degno di Voi: Io vengo, io vengo ad offerirvelo. » Corpus autem aptasti mihi. une mihi: ecce venio (Ps, XXXIX e Hebr. X). Quindi come sulla Croce, qui sugli Altari, in tutte le Messe Gesù Cristo cade a nulla dinanzi a Dio per adorarlo, si getta ai piedi del Suo trono per ringraziarlo: e, mostrando il suo Corpo consacrato sotto la Specie di pane, ed il suo Sangue consacrato sotto la Specie di vino, e così sacramentalmente, il Sangue diviso dal Corpo, sta davanti a Dio sotto le forme di agnello svenato, e trova in cielo la Reden- zione. (S. Cip. ad Heb. IX, 12). Così adunque sarà soddisfatto e contento Gesù? No, no: il Divin Figliuolo è uno coll’Essenziale bontà, e la bontà tende a sfogarsi comunicando il bene a chi n’ha bisogno. –  Fatto mediatore tra Dio e gli uomini, Ei guarda gli uomini suoi fratelli, e li vedo affamati di bene, e bisognosi al tutto di Dio. Quindi sull’altare sacrificaridosi a Dio, la sua bontà non è contenta appieno, se agli uo- mini non si comunica in modo infinito; e per l’amor suo, vorremmo dire, che non ha pace, finché non li ravvicini, e non li riassorba in Dio. Ecco in vero, che, quando si andava a sacrificare sulla croce, parve che sentisse troppo forte i legami, che lo strin-gevano al suoi poveri fratelli; e in sull’andare al Calvario dona agli uomini nella San- tissima Eucaristia il suo Corpo, il suo Sangue da offrirsi a Dio per loro nella santa Messa, e da riceversi nella santa Comunione. Ah! quando il Padre Divino ci donò il suo Figlio, e il Figlio, sacrificandosi al Padre, ci donò Se stesso; e lo Spirito Santo cooperò al mistero dell’amor infinito, noi siamo veramente divenuti padroni dei tesori della Divinità, avendo acquistato diritto a tutti i doni divini — ommia nobis donavit — Replichiamo ancora: sì veramente qui tutto è consumato! Perché Dio ha palesato il Mistero della sua Divinità: poiché nel Sacrificio della S. Messa noi possiamo dire, che abbiam conosciuto la grandezza, la bontà, la giustizia di Dio, e sopra esse vediamo trionfare la sua misericordia; e grandezza, bontà, giustizia, misericordia infinita sono attributi essenziali di Dio: abbiam dunque veduto la gloria di Dio nell’Unigenito del Padre pieno di grazia e di verità. – Grazie, eterne grazie a Dio!

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.