DOTTRINA SPIRITUALE TRINITARIA (28)

M. M. PHILIPPON

LA DOTTRINA SPIRITUALE DI SUOR ELISABETTA DELLA TRINITÀ (28)

Prefazione del P. Garrigou-Lagrange

SESTA RISTAMPA

Morcelliana ed. Brescia, 1957.

TESTI SPIRITUALI

Ultimo ritiro di “Laudem Gloria,, (III.)

Undicesimo Giorno

Tutta la Trinità abita nell’anima

« Il Signore mi ha fatto entrare in un luogo spazioso:  mi ha salvato perché mi voleva bene » (Salmo XVII, 20). Il Creatore, vedendo il silenzio bellissimo che regna nella sua creatura, considerandola tutta raccolta nella sua solitudine interiore, si innamora della sua bellezza e se la porta in quella solitudine immensa, infinita. in quel luogo « spazioso » cantato dal Profeta, che altro non è se non Lui stesso. « Entrerò nella profondità delle potenze delle potenze di Dio » (Salmo LXX, 16). Il Signore per bocca del suo Profeta, ha detto: « La condurrò nella solitudine e le parlerò al cuore » (Osea, II, 14). Ed ecco l’anima entrata nella vasta solitudine in cui Dio le si farà sentire. – « La parola di Dio — dice san Paolo è viva ed efficace, e più penetrante di una spada a doppio taglio essa giunge fino alla divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e al midollo » (Ebr. IV, 12). Essa, dunque, la parola di Dio direttamente, perfezionerà il lavoro di spogliamento nell’anima, perché ha questa caratteristica tutta propria e singolare: che Opera e crea ciò che fa udire, purché l’anima acconsenta e si lasci alla sua azione. – Ma sentire questa parola non basta, bisogna custodirla; custodendola, l’anima sarà santificata nella verità secondo il desiderio del Maestro divino: « Padre, santificali nella verità; la tua parola è verità » (S, Giov. XVII, 17). E a chi custodisce la sua parola, Egli ha promesso: « Il Padre mio lo amerà, e verremo a Lui e in Lui porremo la nostra dimora » (S. Giov. XIV, 23). Tutta la Trinità, dunque, abita nell’anima che ama in verità, cioè che custodisce la divina parola; e quando quest’anima ha compreso la sua ricchezza, tutte le gioie naturali o soprannaturali che possono venirle dalle creature o anche da Dio, altro non fanno che invitarla a rientrare in se stessa per fruire del Bene sostanziale che possiede: il suo Dio. Così, dice san Giovanni della Croce, essa ha una certa somiglianza con l’Essere divino. « Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre dei cieli ». San Paolo mi dice che « Egli compie ogni cosa secondo il consiglio della sua volontà (Ephes. I, 11), e il mio Maestro vuole che io gli renda omaggio anche in questo: fare ogni cosa secondo il consiglio della mia volontà; non lasciarmi mai guidare dalle impressioni, dai moti primi della natura, ma possedermi per mezzo della volontà; e perché questa volontà sia libera, bisogna, secondo la visione di un pio autore, « chiuderla » in quella di Dio. Allora sarò mossa dal suo Spirito, come dice san Paolo, tutto ciò che farò sarà divino ed eterno, e fin d’ora vivrò, ad imitazione del mio Immutabile in un eterno presente.

Dodicesimo Giorno

« Per Lui, io posso accostarmi al Padre »

«Verbum caro factum est, et habitavit in nobis » (S. Giov. II, 4). Dio aveva detto: « Siate santi, perché io sono santo; ma rimaneva nascosto nella sua « luce inaccessibile  », la creatura aveva bisogno che Egli scendesse fino a lei, che vivesse della sua vita, per potere, camminando sulle sue orme, risalire fino a Lui e farsi santa della Sua santità. « Io mi santifico per essi, affinché siano santificati, nella verità» (S. Giov. XVII, 19). Eccomi di fronte al « segreto nascosto ai secoli ed alle generazioni », di fronte al mistero di Cristo, di Lui che « è per noi — dice san Paolo — speranza di gloria » (Col. I, 26 ); e soggiunge che « gli è stata data l’intelligenza di questo mistero » (Ephes. III, 4). Andrò dunque dal grande Apostolo ad istruirmi, affine di possedere « quella scienza che secondo la sua espressione — supera ogni altra: la scienza della carità di Cristo Gesù » (Ephes. III. 19). – Prima di tutto, san Paolo mi dice che « Gesù è la mia pace », che « per Lui, io posso accostarmi al Padre » (Ephes, II, 14-18), perché il Padre dei lumi ha voluto che fosse in Lui ogni pienezza, che per Lui fossero riconciliate tutte le cose, pacificandole tutte, sia in terra, sia in cielo, nel sangue della croce di Lui » (Col. I, 19-20). « In Lui, avrete la pienezza — prosegue l’Apostolo —. Siete stati seppelliti con Lui nel Battesimo, e risuscitati con Lui mediante la fede nell’opera di Dio… ..Vi ha fatto rivivere con Lui, perdonandovi tutti i vostri peccati, cancellando il decreto di condanna che pesava su di noi; l’ha annullato appendendolo alla croce; e, spogliando i principati e le potestà, li ha vittoriosamente condotti in schiavitù, trionfando di essi in se stesso » (Col. II, 10 … 15) … rendervi santi, puri, irreprensibili al suo cospetto » (Col. I, 22). Ecco l’opera di Cristo in ogni anima di buona volontà: ecco il lavoro che il suo immenso amore, il suo «troppo grande amore » lo spinge a compiere in me. Egli vuole essere la mia pace, affinché nulla possa più distrarmi o farmi uscire dalla fortezza inespugnabile del santo raccoglimento; là, Egli mi avvicinerà al Padre, e mi custodirà immobile e quieta alla sua presenza come se la mia anima già fosse nell’eternità », « Col sangue della croce », pacificherà tutto nel mio piccolo cielo, perché esso sia veramente il riposo dei « Tre ». Mi riempirà di sé, mi seppellirà: sé nella sua vita: « Mihi vivere Christus est » (Fil. I, 21). – Se cado ad ogni istante, mi farò rialzare da Lui con fede piena di fiducia; so che mi perdonerà, che cancellerà tutto con cura gelosa; più ancora, mi spoglierà, mi libererà dalle mie miserie, da tutto ciò che ostacola l’azione divina; trascinerà le mie potenze e le farà sue schiave, trionfando di esse in sé medesimo. Allora sarò passata tutta in Lui; potrò dire: « Non vivo più io; il mio Signore vive in me » (Gal. II, 20); e sarò « santa, pura, irreprensibile » agli occhi del Padre.

Tredicesimo Giorno

Camminare in Gesù Cristo

« Instaurare omnia in Christo » (Ephes. I, 10). È ancora san Paolo che mi istruisce, san Paolo che si è inabissato nel grande consiglio di Dio e mi dice che « Egli ha stabilito di instaurare tutte le cose in Cristo ». Perché io, personalmente, possa realizzare questo piano divino, l’Apostolo viene ancora in mio aiuto e mi traccia un regolamento di vita: « Camminate in Gesù Cristo — mi dice — radicati in Lui, edificati in Lui, corroborati nella fede… e crescendo sempre più in Lui con l’azione di grazie » (II, 6, 7, 8). « Camminare in Gesù Cristo », mi pare che significhi uscire da se stessi, perdersi di vista, abbandonarsi per entrare più profondamente, da radicarvisi e da poter sfidare ogni avvenimento, ogni creatura, con le parole bellissime dell’Apostolo: «Chi potrà separarmi dalla carità di Gesù Cristo? » (Rom. VIII, 35). Quando l’anima è fissata in Lui a tale profondità che le sue radici vi affondano, la linfa divina fluisce, sì riversa in lei abbondante, e tutto ciò che è imperfetto, banale, naturale, viene distrutto; « ciò che è mortale viene assorbito dalla vita » (Cor. V, 4). Allora, così spogliata di se stessa e rivestita di Gesù Cristo, l’anima non ha più da temere né i contatti esterni né le interne difficoltà, perché queste cose, anziché esserle di ostacolo, non fanno che « radicarla più profondamente nell’amore » del suo Maestro. – Qualunque cosa avvenga, favorevole o contraria, anzi servendosi di tutto, « sempre lo adora per Lui stesso », perché è libera, affrancata da sé e da ogni cosa, e può cantare col Salmista: « Mi assedî un esercito; non freme il mio cuore; insorga contro di me la battaglia, io spero ugualmente, perché Jahveh mi nasconde nel segreto della sua tenda » (Salmo XXVI, 3-5) e questa tenda è Lui,  – Tutto ciò mi sembra voglia dire san Paolo quando ci esorta ad essere « radicati in Gesù Cristo ». E che cosa significa essere « edificati in Lui? ». Il Profeta canta: «Mi ha innalzato sopra una rupe e la mia testa si erge al di sopra dei nemici che mi circondano » (Salmo XXVI, 5-6). Non è forse questa la figura dell’anima « edificata su Gesù Cristo? ». È Lui la rupe sulla quale essa è stata elevata al di sopra di se stessa, dei sensi, della natura, al di sopra delle consolazioni e dei dolori, al di sopra di tutto ciò che non è unicamente Lui! E là, nel pieno possesso di sé, è dominatrice del suo « io » e, superando se stessa, supera anche tutte le cose. Ma san Paolo mi raccomanda ancora di essere « fortificata nella fede », quella fede che non permette mai all’anima di sonnecchiare, ma che la tiene tutta vigilante sotto lo sguardo del Maestro, tutta intenta alla sua parola creatrice; in quella fede nell’« eccessivo amore » che permette a Dio — mi dice san Paolo — di colmare l’anima « secondo la Sua pienezza » (Ephes. III, 19). Infi e, vuole che io « cresca in Gesù Cristo con l’azione di grazie », perché tutto deve compiersi nel ringraziamento. « Padre, io ti rendo grazie » (S. Giov. XI, 41) cantava l’anima del mio Maestro; ed Egli vuol sentirne l’eco nell’anima mia. – Ma mi sembra che il « cantico nuovo » che più di ogni altro può attirare e conquidere il mio Dio, sia quello di un’anima spoglia, svincolata da se stessa, nella quale Egli possa rispecchiare tutto ciò che è, e possa compiere tutto ciò che gli pare. Quest’anima sta come un’arpa sotto il tocco divino, e tutti i suoi doni sono come altrettante corde che vibrano per cantare giorno e notte «la lode della sua gloria ».

Quattordicesimo Giorno

Conoscere Lui

« Stimo tutte le cose una perdita, di fronte alla superiorità trascendente della conoscenza di Gesù Cristo, mio Signore. Per amore di Lui, ho tutto perduto…, e le cose tutte stimo come immondizia per possedere Cristo, e per poter essere trovato in Lui non avente una giustizia mia, ma la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede. Ciò che io voglio, è conoscere Lui, aver parte alle sue sofferenze, essere conforme alla sua morte… Continuo la mia corsa, studiandomi di arrivare là dove Cristo mi ha destinato chiamandomi. Mi preoccupo di una cosa sola: dimenticando tutto ciò che lascio indietro e slanciandomi costantemente verso ciò che mi sta dinanzi, correre diritto alla mèta, al premio della sfuprema vocazione alla quale Dio mi ha chiamato in Gesù Cristo » (Fil. III, 8). Di tale vocazione, l’Apostolo ha spesso rivelato la grandezza. « Dio — egli dice — ci ha eletti in Lui prima della creazione, perché fossimo immacolati e santi al suo cospetto, nell’amore » (Ephes. III, 8). « Siamo stati predestinati, per decreto di Colui che tutto opera secondo il consiglio della sua volontà, affinché siamo la lode della sua gloria » (Ephes. I, 21). Ma come rispondere alla dignità di questa vocazione? – Ecco il segreto: « Mihi vivere Christus est » (Fil. I, 21). …  « Vivo enim, jam non ego, vivit vero in me Christus » (Gal. II, 20) Bisogna essere trasformati in Gesù Cristo, mi insegna sanPaolo: « Coloro che Dio ha conosciuti nella sua prescienza,li ha anche predestinati ad essere conformi all’immaginedel Figlio suo ». È necessario dunque che io studiquesto divino Modello per imitarlo e immedesimarmitanto in Lui, da poter esprimerlo agli occhi del Padre. E, primadi tutti che cosa dice Egli, entrando nel mondp? « Eccomi; vengo, o mio Dio, per fare la tua volontà» (Ebr. X, 9). Mi pare che questa preghiera dovrebbe essere ilpalpito del cuore della sposa. Il Maestro divino fu sì veracein questa prima oblazione! E tutto il resto della suavita non ne fu per così dire, che la conseguenza. « Miocibo — si compiaceva di ripetere — è fare la volontà diColui che mi ha mandato » (S, Giov. IV, 34). E cibo anche per la sposadovrebbe essere la volontà di Dio, pur essendo al tempostesso spada che la immola. « Padre, se è possibile, allontanada me questo calice; ma si faccia la tua volontà e non la mia » (S, Marco, XIV). E, insieme al suo Maestro, in pace, con gioia, va ad ogni immolazione, rallegrandosi di essere stata conosciuta dal Padre, poiché la crocifigge insieme al Figlio suo. « Ho preso le tue leggi per mia eredità in eterno, perché esse sono la delizia del mio cuore » (Salmo CXVIII, 111). Ecco il canto dell’anima del mio Maestro, canto che deve avere una larga eco in quella della sposa; con la sua fedeltà in ogni istante a queste leggi esterne ed interne, essa renderà testimonianza alla verità, e potrà dire: « Colui che mi ha mandata non mi ha lasciata sola; Egli è sempre con me, perché io faccia sempre ciò che a Lui piace » (San Giov. VIII, 29). Non lasciandolo mai, mettendosi fortemente a contatto con Lui, ella potrà irradiare quella virtù segreta che salva e redime le anime. Spoglia, libera di se stessa e di tutte le cose, potrà seguire il Maestro sul monte per elevare dalla sua anima, con Lui, « una orazione a Dio » (San Luca, VI, 12). Poi, sempre per mezzo del divino Adorante, di Colui che fu la grande lode di gloria del Padre, «offrirà ininterrottamente a Dio un’ostia di lode, cioè il frutto delle labbra che rendono gloria al suo Nome » (Ebr. XIII, 5). « E Lo loderà nella espansione della Sua potenza, secondo l’immensità della Sua grandezza » (CXLV, 6). Quando suonerà l’ora dell’umiliazione, dell’annientamento, ricorderà questa breve parola: « Jesus autem tacebat » (S. Matt. XXVI, 63), e tacerà custodendo tutta la sua forza al Signore, quella forza che si attinge dal silenzio. Quando verrà l’abbandono, la desolazione, l’angoscia che strapparono a Cristo quel grande grido: « Perché mi hai abbandonato? » (S. Matt. XXVII, 46), si ricorderà di questa preghiera: « Siano essi ripieni del mio gaudio » (S. Giov. XVII, 13); e, bevendo fino in fondo il calice preparatole dal Padre, saprà trovare in quella stessa amarezza una soavità divina. F infine, dopo aver ripetuto tante volte: « Ho sete », (S. Giov. XIX, 29), sete di possederti nella gloria, spirerà dicendo: «Tutt0o è consumato… (S. Giov. XIX, 30). Nelle tue mani raccomando l’anima mia » (S. Luc. XXIII, 46). E il Padre verrà a prenderla per portarla nella Sua eredità dove « nella luce, vedrà la Sua luce » (Salmo XXXV, 10). « Sappiate — cantava Davide — che Dio ha glorificato meravigliosamente il suo Santo » (Salmo IV, 4). Sì, il Santo di Dio sarà stato glorificato in quest’anima, perché vi avrà tutto distrutto per rivestirla di Sé, e perché essa avrà praticamente vissuto la parola del Precursore: « Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca » (S. Giov. II, 30).

Quindicesimo Giorno

Janua Coeli

Dopo Gesù Cristo e, s’intende, a quella distanza che passa tra l’infinito e il finito, vi è una creatura che fu tra l’infinito ed il finito, vi è una creatura che fu anch’essa la grande lode di gloria della Trinità santa! Ella corrispose pienamente alla elezione divina di cui parla l’Apostolo: fu sempre pura, immacolata, irreprensibile agli occhi del Dio tre volte Santo. – La sua anima è così semplice, i movimenti ne sono così profondi, che non si possono scorgere. Sembra riprodurre sulla terra la vita dell’Essere divino, l’Essere semplicissimo; quindi, è così trasparente, così luminosa, che si potrebbe crederla la stessa luce; eppure non è che lo « specchio del Sole di giustizia, Speculum justitiæ ». – « La Vergine custodiva queste cose nel suo cuore » (S. Luca, II, 51): tutta la sua storia può essere compendiata in queste parole; visse nel proprio cuore e a tali profondità, che lo sguardo umano non può seguirla. Quando leggo nel Vangelo che « Maria percorse con tutta sollecitudine le montagne della Giudea », per andare a compiere un’opera di carità presso la cugina Elisabetta, io la vedo passare, bella, calma, maestosa, intimamente raccolta col Verbo di Dio. La sua preghiera, come quella di Lui, fu sempre: « Ecce: eccomi! ». Chi? L’ancella del Signore (S, Luca, I, 38), l’ultima tra le sue creature, Lei, sua Madre! – Fra così sincera nella sua umiltà! perché fu sempre dimentica, ignara, libera di se stessa; sicché poteva cantare: « L’Onnipotente ha fatto in me grandi cose; tutte le generazioni mi chiameranno beata » (S. Luca, I, 48-49). Questa Regina dei Vergini è anche Regina dei martiri; ma la spada la trafigge nel cuore perché tutto, in lei, si svolge nell’intimo. – La contemplo. Oh, come è bella nel suo lungo martirio, circonfusa da una specie di maestà da cui emana e forza e dolcezza! Perché ha imparato dal Verbo stesso come devono soffrire quelli che il Padre ha scelti come vittime, quelli che ha deciso di associare alla grande opera della redenzione, « quelli che ha conosciuti e predestinati ad essere conformi al suo Cristo » crocifisso per amore. È lì, ai piedi della Croce, dritta e forte nel suo coraggio sublime; e Gesù mi dice: « Ecce Mater tua » (S. Giov. XIX, 27). Me la dà per Madre. Ed ora che è ritornato al Padre, che ha messo me al suo posto sulla croce affinché « io soffra in me quello che manca alla sua passione per il suo mistico corpo che è la Chiesa », la Vergine è qui ancora, vicina a me, per insegnarmi a soffrire come Lui, per farmi sentire gli ultimi canti dell’anima di Gesù, quei canti che soltanto lei, sua Madre, ha potuto intendere. E quando avrò pronunciato il mio « consummatum est » sarà ancora lei, Janua coeli, che mi introdurrà negli atri divini, sussurrandomi la misteriosa parola: « Lætatus sum in his quæ dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus » (Salmo CXXI, 1).

Sedicesimo Giorno

In seno alla tranquilla Trinità

« Come il cervo assetato sospira la fonte di acqua viva, così l’anima mia sospira a te, mio Dio! L’anima mia ha sete del Dio vivente. Quando verrò e comparirò dinanzi al suo Volto? » (Salmo XLI, 2-3). Eppure, « come il passero che ha trovato un rifugio, come la tortorella che ha trovato un nido per deporvi i suoi piccoli » (Salmo LXXXIII, 4), così Laudem gloriæ, in attesa di essere trasferita nella santa Gerusalemme, « beata pacis visio » (Inno alla Dedicazione), ha trovato il suo ritiro, la sua beatitudine, il suo cielo anticipato, ove inizia la sua vita di eternità. « In Dio la mia anima è silenziosa; da Lui aspetto la mia liberazione. Sì, Egli è la rocca dove trovo la salvezza; è la fortezza, e non sarò vinta » (Salmo LXI, 2-3). Ecco il mistero che canta oggi la mia lira. Come a Zaccheo, il Maestro ha detto a me: « Affrettati a discendere, perché voglio alloggiare in casa tua » (S. Luca, XIX, 5). Discendere?!… Ma dove?… Nelle profondità della mia anima, dopo essermi separata, alienata da me stessa, dopo essermi spogliata di me stessa; in una parola: senza di me. « Bisogna che io alloggi in casa tua ». È il Maestro che mi esprime questo desiderio, il mio Maestro che vuole abitare in me col Padre e col suo Spirito di amore perché, come si esprime il discepolo prediletto, io abbia « società » (II Giov. I, 3) con Essi. « Non siete più ospiti o stranieri, ma siete già della casa di Dio » (Ephes. II, 19), dice san Paolo. E questo « essere della casa di Dio », io intendo vivere in seno alla tranquilla Trinità, nel mio abisso interiore, nella fortezza inespugnabile del santo raccoglimento di cui parla san Giovanni della Croce. – Davide cantava: « L’anima mia vien meno, entrando negli atri del Signore » (Salmo LXXXIII, 3). Mi sembra che tale debba essere l’attitudine di ogni anima che si ritira nei suoi atri interiori, per contemplarvi il suo Dio, per prendervi con Lui strettissimo contatto. Essa vien meno, in un’estasi divina, trovandosi dinanzi a questo amore Onnipossente, a questa Maestà infinita che abita in lei. Non è la vita che l’abbandona, ma è lei stessa che, disprezzando questa vita naturale, se ne ritrae perché sente che non è degna del suo essere così ricco: e vuol farla morire, per dileguarsi nel suo Dio. Come è bella questa creatura così libera, spoglia di sé! È ormai in grado di « disporre ascensioni nel suo cuore, per salire, dalla valle delle lacrime, (cioè da tutto quello che è meno di Dio), al luogo che è sua meta » (Salmo LXXXIII, 6-7), quel « luogo spazioso (Salmo XXX, 9) cantato dal Salmista, che è — mi sembra — l’insondabile Trinità: Immensus Pater, immensus Filius; immensus Spiritus Sanctus (Simbolo Atanasiano).Sale, si innalza al di sopra dei sensi, della natura;supera se stessa, supera ogni gioia come ogni dolore,sorpassa tutte le cose, per non più riposarsi fino a chesia penetrata nell’intimo di Colui che ama e che le daràEgli stesso « il riposo dell’immenso abisso » cantato dalSalmista: l’insondabile Trinità. E tutto questo, senza chesia uscita dalla « santa fortezza ».« Il Maestro le ha detto: « Affrettati a discendere ».E ancora senza uscirne, vivrà, a somiglianza dellaTrinità immutabile, in un eterno presente, adorando Iddioper Lui stesso, e diventando, mediante uno sguardo semprepiù semplice, più unitivo, « lo splendore della suagloria » (Ebr. I, 3), o in altre parole, l’incessante lode di gloriadelle sue perfezioni adorabili.

Elevazione alla SS. Trinità

Sintesi della sua vita interiore.

— O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi interamente, per fissarmi in Te, immobile e quieta come se la mia anima fosse già nell’eternità. Nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da Te, o mio Immutabile; ma che, ad ogni istante, io mi immerga sempre più nelle profondità del tuo mistero! Pacifica l’anima mia; rendila tuo cielo, tua prediletta dimora e luogo del tuo riposo. Che, qui, io non ti lasci mai solo; ma tutta io vi sia, vigile e attiva nella mia fede, immersa nell’adorazione, pienamente abbandonata alla tua azione creatrice.

O amato mio Cristo, crocifisso per amore, vorrei essere una sposa per il tuo cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti… fino a morirne!… Ma sento tutta la mia impotenza; e Ti prego di rivestirmi di Te, di identificare tutti i movimenti della mia anima a quelli dell’anima tua, di sommergermi, di invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che un riflesso della Tua Vita. Vieni in me come Adoratore, come Riparatore e come Salvatore. O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passar la mia vita ad ascoltarti, voglio rendermi docilissima ad ogni tuo insegnamento, per imparare tutto da Te; e poi, nelle notti dello spirito, nel vuoto, nell’impotenza, voglio fissarti sempre e starmene sotto il tuo grande splendore. O mio Astro adorato, affascinami, perché io non possa più sottrarmi alla tua irradiazione.

O fuoco consumante, Spirito d’amore, discendi in me, perché si faccia nell’anima mia quasi una incarnazione del Verbo! Che io Gli sia un prolungamento di umanità, in cui Egli possa rinnovare tutto il Suo mistero. E Tu, o Padre, chinati verso la tua povera, piccola creatura, coprila della tua ombra, non vedere in essa che il Diletto nel quale hai posto le tue compiacenze. O miei « Tre », mio Tutto, Beatitudine mia, Solitudine infinita, Immensità nella quale mi perdo, io mi abbandono a Voi come una preda. Seppellitevi in me perché io mi seppellisca in Voi, in attesa di venire a contemplare nella vostra Luce l’abisso delle vostre grandezze.

21 novembre 1904

F I N E