LA GRAZIA E LA GLORIA (17)

LA GRAZIA E LA GLORIA (17)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

I.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

TOMO PRIMO

LIBRO IV.

L’ABITAZIONE SINGOLARE DI DIO NELL’ANIMA DEI SUOI FIGLI ADOTTIVI. IL FATTO E LA NATURA DI QUESTA ABITAZIONE.

CAPITOLO PRIMO

Della comune presenza di Dio in ogni creatura ed in ogni ambito. Come questo si debba intendere?

1. – Abbiamo sentito il grande Areopagita insegnare in un famoso testo che la deificazione, la gloria dei figli di Dio perseguita dalla sacra gerarchia, consista in due elementi: « l’assimilazione e l’unione più perfetta possibile con Dio » (Ἡ πρός Θέόν ἠμῶν αφομοίωσίς τε και ἓνωσις. [= e pros Teon emon afomoiosis te kai enosis] Hier. Eccl., c. 2 § 1.). Finora abbiamo parlato solo del primo, cioè della partecipazione creata della natura divina che, formandoci ad immagine di Dio, ci rende suoi figli adottivi. Dobbiamo ora, nella misura della nostra debolezza, spiegare in termini balbettanti l’ineffabile unione che lega ogni anima rigenerata dei figli adottivi alla Santa e adorabile Trinità. Per mettere ordine e chiarezza in una questione così profonda e complessa, tratteremo prima dell’unione comune con tutta la Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo; poi studieremo in dettaglio ciò che è particolare nella relazione con ciascuna di queste Persone divine. Ma, poiché le cose della natura sono un riflesso delle meraviglie della grazia, mi è sembrato necessario, prima di affrontare direttamente il nostro argomento, ricordare in sintesi quale sia l’unione più universale del Creatore con ciascuna delle sue creature. Ora la filosofia, in accordo con la teologia cattolica, ci insegna che Dio, operando in tutte le cose, sia necessariamente in tutte le cose, e che tutte le cose siano in Lui. Tutto è in Dio. Egli ha creato il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi; e quindi Dio può porre questa domanda con sicurezza: « Se un uomo si nasconde nelle tenebre, non lo vedrò io? Non riempio forse il cielo e la terra » ? (Gen I, 1 – Geremia, XXIII, 28.) I nostri Dottori, per esprimere questa esistenza di Dio in tutti gli esseri che Egli ha creato, insegnano che Egli sia ovunque, per potenza, per essenza e per presenza. Meditiamo con loro queste parole e avviciniamole alle affermazioni scritturali. Egli è ovunque per potenza. Niente esiste, né si conserva, né si fa se non da Lui solo o con la sua cooperazione. – Se rifiuta per un momento di cooperare con le cause seconde, c’è subito un torpore universale; nessun movimento, nessuna vita, nessuna azione. Se ritira la mano con cui sostiene l’universalità degli esseri, è il loro totale annientamento. Perché non dobbiamo immaginare che la Causa prima sia come le cause dipendenti e create. Un quadro non sarebbe creato senza il lavoro ed il pennello del pittore; ma, una volta che l’opera d’arte sia completata, la presenza dell’artista non ha importanza. Che se ne vada o rimanga, che viva o muoia, la sua opera rimane, perché non dipende da lui nel suo essere. L’influenza dell’Artista sovrano è del tutto diversa: è necessario che la sua opera sia eseguita, ma non meno necessario che rimanga; perché il suo effetto è l’essere stesso delle cose. L’essere, ho detto; non questo o quell’essere, ma ogni essere che non sia l’Essere divino, l’Essere per essenza; con qualunque nome si chiami, in qualunque forma appaia incidente, modalità, sostanza. – Egli è in tutto e dappertutto per essenza. Poiché la sua potenza e la sua operazione sono la base di tutto, deve esserci anche la sua essenza; perché in Lui, potenza, operazione ed essenza sono tutte una cosa sola. L’uomo può agire a distanza, perché ha i mezzi per trasportare la sua influenza in qualche modo, senza unirsi al soggetto che la riceve. Ma tu, mio Dio, non hai questa facoltà che io trovo nella tua creatura; e questo stesso fatto è la prova della tua incomparabile potenza. A chi allora potreste affidare il ruolo di trasmettere un’azione che può venire solo da Voi? E poi, non sarebbe necessario che la vostra potenza accompagni la causa che servirebbe da intermediario tra Voi e i vostri effetti, poiché essa stessa non avrebbe più essere e potenza di quella che riceverebbe in ogni momento da Voi? E se la vostra potenza lo accompagna e la porta, allora la vostra essenza è lì, poiché la vostra potenza non è altro che Voi stesso. – Lo abbiamo capito bene? Dio stesso è presente ovunque si eserciti la sua potenza; presente nella sua interezza, con tutti i suoi attributi, tutte le sue perfezioni; con la sua unità di natura e la sua Trinità di Persone: perché, ancora una volta, tutte queste cose in Lui sono una e medesima cosa. Egli è dunque nel mio corpo; è nella mia anima; è nelle mie facoltà e nelle mie minime operazioni; più in me di quanto io non sia in me stesso. Ma io non sono tutto nel mio corpo, né nella mia sostanza spirituale, tanto meno in ciascuno dei miei atti. Tutto intero in me; tutto intero fuori di me; poiché la sua presenza non ha altri limiti che quelli che si dà Egli stesso limitando il campo delle sue creazioni e della sua operazione. – Vogliamo aggiungere che è immenso? « Immenso è il Padre, immenso è il Figlio, immenso è lo Spirito Santo », canta la Chiesa nel simbolo di Sant’Atanasio. Certamente non che dovremmo, come alcuni hanno creduto falsamente, immaginare spazi puri che si estenderebbero infinitamente oltre tutti i mondi, e che Dio solo riempirebbe con la sua presenza …. chimera indegna di un pensatore; un fantasma creato dal nulla da una finzione ingegnosa ma cieca. Così i Padri, nelle loro considerazioni sull’immensità di Dio, non hanno mai scritto niente del genere. Se chiedete loro dove poteva essere Dio prima che la sua bontà onnipotente avesse creato il mondo, essi non vi risponderanno che era ovunque, in spazi immaginari. Piuttosto, ascoltateli: « Prima di ogni cosa, Dio era per sé mondo, luogo e tutto » (Tertull., c. Prax., c. 5). Non c’è bisogno di cercare dove fosse Dio prima che creasse il mondo. Non c’era che Lui, e di conseguenza Egli era in se stesso » (Bernard. de Consid., I V, c. 6, n. 13). « Qualcuno dirà: Prima che Dio facesse i Santi, dove abitava? Dio abitava in se stesso e presso di Lui » (S. August., Enarr. in Ps. CXXII). – Eppure, Dio era immenso, anche se allora era solo in se stesso, come è immenso oggi, anche se il mondo in cui dispiega la sua immensità è necessariamente circoscritto nella sua estensione. Questo è facilmente concepibile, se ricordiamo la ragione fondamentale della presenza di Dio nella sua creatura. Egli è lì come causa dell’essere e degli esseri, realizzandoli con l’onnipotenza della sua parola (Ebr., I, 3). Infatti, questa potenza non conosce limiti, poiché può creare nuove terre e nuovi cieli all’infinito, ne consegue chiaramente che non è circoscritto in nessuno spazio e che, senza subire alcun cambiamento in se stesso, sarebbe presente in altri spazi sempre più grandi, se si compiacesse di chiamare all’esistenza altri mondi. Ed è questo che intendiamo quando parliamo dell’immensità divina. Dio, dunque, sebbene fosse solo in se stesso, prima di uscire dal suo eterno riposo per fare le creature, era tuttavia immenso; perché aveva la virtù onnipotente che nella sua immutabile attività può estendersi fino a qualsiasi spazio immaginabile e a qualsiasi estensione possibile. – Questo, credo sia il solido fondamento su cui basare la spiegazione dell’esistenza sostanziale di Dio nell’universalità delle creature: la sua influenza creatrice e conservatrice al fondo di ogni essere che non sia l’Essere increato. Le Sacre Scritture non ne indicano altre. « Dove andrò – esclama il salmista – dove mi nasconderò lontano dal vostro spirito? dove fuggirò dalla vostra presenza? se salgo in cielo, Voi siete lì; se scendo negl’inferno, là vi trovo. Se dall’aurora, prendendo le mie ali, mi involo fino ai confini del mondo, è la vostra mano che ivi mi condurrà, la vostra destra mi sosterrà » (Sal. CXXXVIII, 6-10). – Quindi, ignorerebbero il carattere sublime dell’onnipresenza di Dio, coloro che vedrebbero in essa solo qualche rapporto di coesistenza con lo spazio ed il luogo. Lontano da noi queste idee meschine, perché ci farebbero dimenticare che questa presenza è sovranamente universale, perché è sovranamente attiva, e che penetra nel mondo degli spiriti come in quello dei corpi. Questo è ciò che capì bene Sant’Ignazio di Loyola quando scrisse nella bella contemplazione con cui chiude i suoi Esercizi Spirituali: « Nel Secondo Punto considererò Dio presente in tutte le creature. Egli è negli elementi, dando loro l’essere; nelle piante, dando loro la vita vegetativa; negli animali, dando loro la sensibilità; negli uomini, dando loro la vita dell’intelletto. Ed io, uno di essi, ho ricevuto da Lui l’essere, la vita, il sentire, il pensare; Egli ha fatto di me il suo tempio, poiché sono creato ad immagine e somiglianza della sua divina maestà » (Esercizi Spirituali. Contemplazione per ottenere l’amore divino in se stessi, Cf. S. Thom. Quodl. XI, a. 1 in corp.). – Aggiungiamo infine che Dio è in tutto e ovunque per presenza. Questo è il terzo punto di vista, sotto il quale la teologia scolastica è abituata a considerare l’esistenza viva di Dio nel suo dominio. – Ciò che intende con questa formula è che nulla può sfuggire alla conoscenza di Dio, così come nulla può sfuggire alla sua potenza. Dio non è il sovrano che gli amici di Giobbe hanno calunniosamente fatto immaginare a questo Patriarca che viva in mezzo alle nuvole o cammini tra i poli, e vede ciò che noi facciamo solo attraverso le nebbie (Giobbe, XXII, 13, 14.). Perché tutto è da Lui, poiché Egli è in tutte le cose, è necessario che tutto sia messo a nudo davanti ai suoi occhi. Il nostro sguardo può raggiungere la profondità delle cose solo dall’esterno; noi siamo al di fuori di esse. L’occhio di Dio va direttamente in profondità, perché esso è Dio stesso, e Dio che sostiene tutto non può essere assente da nulla. Questo è ciò che ci insegnano le Scritture, quando ci mostrano « lo Spirito di sapienza che scruta le reni del maldicente, che scruta il suo cuore, che dà ascolto alla sua lingua » – «. Perché lo Spirito del Signore riempie l’universo e Colui che contiene tutte le cose ascolta ogni voce. Perciò chi commette iniquità non può rimanere nascosto » (« Cordis scrutator et linguæ auditor….. Quoniam, replexit orbem… continet omnia ». Sap. I, 6, 7). Questo testo è abbastanza notevole: perché mostra chiaramente a coloro che lo meditano, il triplice modo in cui Dio sia in ogni creatura. – Il Salmo CXXXVIII, che abbiamo citato innanzi, non è meno esplicito su questo punto che il Libro della Sapienza. Ho già osservato come colleghi l’esistenza sostanziale di Dio, nell’universalità degli esseri, all’operazione onnipotente che dà loro l’esistenza e la conserva. Leggiamo il resto del salmo, e troveremo splendidamente descritto il legame tra la potenza agente e questa presenza che porta alla luce ogni creatura sotto lo sguardo divino. « E dissi: Può darsi che le tenebre mi coprano, ma per Voi la notte è luminosa come il giorno e le ombre sono come la luce. Perché Voi avete formato i miei reni, Voi mi avete ricevuto dal seno di mia madre… Le mie ossa non sono nascoste a Voi che le avete fatte nel segreto » (Sal. CXXXVIII, 11-15).

2. – E come Dio è in tutte le cose, così tutte le cose sono in Lui: tutte le cose, dico, senza eccezione; un essere che non fosse in Lui, non esisterebbe. Questa è la verità che San Paolo predicò nell’Areopago agli Ateniesi stupiti: « Dio non è lontano da ciascuno di noi, perché è in Lui che abbiamo vita, movimento ed essere » (Atti XVII, 27-28). Egli non ha fatto qui menzione che degli uomini. Ma ecco che non esclude nulla: « Da Lui, per Lui e in Lui sono tutte le cose » (Rom. VI, 36). E ancora, parlando del primogenito Figlio di Dio: « Per mezzo di Lui – egli dice – tutte le cose sono state create nei cieli e sulla terra; tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui, ed Egli stesso è prima di tutte le cose, e in Lui tutte le cose sussistono » (Col. I, 16-17). (Col. I, 16-17). « O grande, o Sovrano Procreatore degli esseri visibili e invisibili… Voi siete la causa prima, il luogo e lo spazio delle cose, il fondamento di tutto ciò che è; infinito, increato, immortale » (Arnob., Adv. Gent., L. I, n. 3). – Questa è la voce dei Padri e quella dei nostri Libri sacri. L’autore dei Nomi Divini ne è stato l’interprete sublime, quando chiama Dio « la fortezza e la dimora che contiene tutto ». – « Egli è il Pantocratore, cioè Colui che regge tutte le cose, perché è il fondamento sovranamente solido di tutti gli esseri… Egli li ha tratti da sé come da una fonte eminentemente feconda; li richiama a sé come ad un abisso assolutamente irresistibile; li riceve come una dimora infinitamente vasta, e li avvolge ricevendoli con un abbraccio immensamente potente » (Dionys Ar. De divin. Nom, c. 10, § 1. P. Gr, t. 3, p. 936). Questo testo, così grande nel suo fascino da essere quasi intraducibile, ci indica in qual senso dobbiamo prendere questa comprensione universale delle cose in Dio. Dio non è nelle creature come una parte di esse stesse; esse non sono in Lui come un attributo, una perfezione, uno sviluppo del suo Essere infinitamente semplice, infinitamente immutabile. Se guardiamo alla profondità delle cose, ciò che fa che Dio sia in tutto, fa anche che tutto sia in Dio. In entrambe le formule trovo, da diversi punti di vista, l’espressione della stessa verità fondamentale: Dio è la causa sovranamente efficiente e sovranamente immediata di tutto l’essere fuori di sé. Omnia in ipso constant: poiché « Egli supporta ogni cosa con l’onnipotenza della sua parola » (Hebr. I, 3).

3. – Poiché queste nozioni preliminari sono di grande importanza per una migliore comprensione di ciò che sia la dimora soprannaturale di Dio nei figli di adozione, prendiamo in prestito alcune ulteriori spiegazioni dalla filosofia cristiana. – La sostanza corporea, a causa delle sue dimensioni e della sua quantità, è necessariamente in relazione con lo spazio ed i luoghi in cui ha il suo determinato posto: una relazione così intima che non c’è né spazio senza corpo, né corpo senza spazio. La sostanza spirituale, invece, non avendo, per il fatto stesso di essere spirito, né estensione né superfici, è per sua natura indipendente da qualsiasi posizione in qualsiasi luogo, e da qualsiasi relazione di distanza o di vicinanza con gli esseri materiali. Da questo ne risulta una conseguenza molto notevole: è che l’assioma secondo il quale sia necessario essere da qualche parte prima di agirvi, sia vero per le cause materiali la cui azione presuppone il contatto, ma non possa essere vero per le cause immateriali, perché queste ultime entrano in relazione con la estensione solo in dipendenza delle loro operazioni e della loro influenza (« Dicendum quod esse in loco diversimode competit spiritibus et corporibus: quia corpus est in aliquo ut content, sicut vinuum in vaso; sed substantia spiritualis est in aliquo ut continens et conservans. Cujus ratio est, quia Subslautia corporalis per essentiam Suam che circumlimitata est quantitatis terminis, determinata est ad locum, et per consequens virtus et operatio ejus in loco est. Sed spiritualis substantia que omnino absoluta est a situ et quantitate, habet essentiam non omnino circumlimitatarm, loco. Unde non est in loco nisi per operationem, et per consequens virtus et essentia ejus in loco est. » S. Thom. I, D. 37, q. 2, a. 1. in corp.) – Pertanto, quando si chiede se Dio sia in tutti i luoghi, la risposta sarà diversa a seconda della diversità di significato che la domanda può contenere. Sarà negativa, se si intende con i termini « essere in un luogo » l’occuparlo alla maniera delle sostanze corporee. Al massimo si può dire, secondo l’osservazione di San Tommaso, « che Egli è in tutti i luoghi metaforicamente, perché li riempie non con le sue proprie dimensioni, ma con la quantità dei suoi effetti ». Sarebbe, al contrario, affermativo, se gli stessi termini significassero per voi il modo di presenza che si addice agli spiriti: poiché è in un senso molto proprio che, dando a tutti i luoghi sia il loro essere sia la loro proprietà di contenere dei corpi, Dio li avvolga e li penetri con la sua presenza (S. Thom., I, D. 37, q. 2, a. 1). – S. Alberto Magno non era di opinione diversa dal suo glorioso discepolo. Studiando come lui cosa sia la presenza di Dio nel mondo dei corpi, fa questa osservazione pienamente giusta: « Una cosa è essere localmente (localiter) in un luogo, un’altra cosa è essere nello stesso luogo causalmente (causaliter, a titolo di causa). Essere in un luogo secondo il primo modo è essere, o almeno poter essere, contenuto, delimitato, circoscritto da una superficie esterna; essere in un luogo secondo l’altro modo è produrre e conservare sia il luogo che ciò che è nel luogo… Dicendo, dunque, che Dio è qui o là, intendiamo dire che Egli sia legato a tale o a tal altro luogo, non secondo il modo del luogo, ma secondo il modo della causa » (Albert. M., Opp. tt. XVIII. Tr. XVIII, q. 70, m. 4. « Cum dicitur Deus in loc esse, comparatur ad locum non secundum modum loci, sed secundum modum causæ »). Ed è per questo che l’assioma che ho menzionato prima debba essere rovesciato quando si parla di spiriti puri e di Dio, lo Spirito puro per eccellenza. – Il sapiente Dottore, per dare maggior rilievo al suo pensiero, ci parla della presenza dell’anima nel corpo che essa anima, e di quella degli spiriti angelici nello spazio. « Ciò che l’anima è per il corpo, Dio non lo è per il luogo. Perché l’anima si riferisce al corpo come l’atto si riferisce alla potenza, come la forma si riferisce alla materia, e non come una cosa localizzata si riferisce al luogo in cui è localizzata. Se entra in relazione con il luogo, è per accidente, cioè perché il corpo di cui essa è l’atto e la forma, ha il suo luogo determinato in tale e tale parte della estensione. Ma non è in questo modo che Dio si rapporta al luogo: perché, come ho detto, vi si rapporta come causa » (Alb. M., ibid.). – Quanto all’Angelo, totalmente libero com’è da tutti i principi materiali, entra in relazione o con il luogo o con i corpi presenti nello stesso luogo, unicamente in virtù degli atti con cui assiste le creature corporeee le dirige sotto l’impero di Dio; « Quod ad hunc locum vel illum, refertur hoc est secundum vim et actum virtutis assistricis vel administricis » (Ib. Q. 73, m. 2.). È vero che più Angeli non possono occupare insieme lo stesso luogo, ma questo non perché lo riempiano con la loro quantità (come l’acqua fa in un vaso), ma « perché le loro operazioni non potrebbero, senza confusione, esercitarvisi contemporaneamente » (Id., ibid.). – Una dottrina solida e bella questa, in perfetta armonia con quella del Dottore Angelico, dalla quale emerge il grande principio: Dio sarà tanto più intimamente presente in una creatura; vi rimarrà tanto più costantemente, quanto più intimi, più permanente ed elevati saranno i suoi effetti (Occorre che io faccia notare, in conclusione, che la presenza degli spiriti nei corpi e nello spazio non debba essere rappresentata come immagine di quella di un punto senza dimensioni. L’indivisibilità del punto materiale è diversa dall’indivisibilità di uno spirito. Il punto, per quanto indivisibile possa essere supposto, appartiene per sua natura alla superfice in cui ha la sua posizione determinata. Lo spirito, al contrario, sfugge alla vostra idea di spazio e di estensione. Se si toglie l’uno e l’altro, non c’è più alcun punto concepibile; mentre l’esistenza e la natura degli spiriti non dipende in alcun modo da queste condizioni materiali).

LA GRAZIA E LA GLORIA (18)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.