LO SCUDO DELLA FEDE (215)

LO SCUDO DELLA FEDE (215)

MEDITAZIONI AI POPOLI (III)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. e libr. Sales. 1883

MEDITAZIONE IIL

L’incontinenza

Abbiamo pur gran motivo di umiliarci, quando leggiamo come ai primi tempi della Chiesa i santi Padri Cipriano, Ambrogio, il Grisostomo, Gregorio ed altri erano tutti a tessere l’elogio della più bella, della più amabile, della più angelica di tutte le virtù, la santa purità. Tempi fortunati erano quelli, in cui la purità aveva i suoi martiri, e ne aveva pur tanti! Negli antri delle catacombe nelle notturne adunanze i santi Vescovi ai fedeli « siate puri, esclamavano, accennando a Gesù nel Sacramento , siate puri, o figliuoli di questo Sangue santissimo. » E sant’Apollonia per impulso dello Spirito Santo, prima di lasciarsi oltraggiare, si slancia in mezzo al fuoco, e vola coll’anima colomba immacolata in grembo allo Sposo Divino in cielo, « Siate puri » e sant’Agata grida davanti al persecutore « tagliami il petto, o uom brutale; ma io mi serbo intemerata a Gesù Cristo! » « Strappami gli occhi di fronte, o tiranno, dice santa Lucia; ché io vedrò più pura l’Amor mio celeste. » E fino Agnese bambina, quando il giudice in rabbia per le ributtate esecrate moine la fa stringere colle manette della ladronaia; ella tirando fuori dalle manette di ferro le braccioline troppo minute, gitta quei ferri da ladri ai piedi del sozzo crudele, e « guarda, gli dice, non sono ancora adattata a’ tuoi tormenti; ma Gesù mi ha fatto atta a’ suoi trionfi » ; e consunta dal fuoco quell’angioletto di fanciulla batte l’ali diritta al Paradiso. « Siate puri, » e un santo giovane, avvinto a ghirlande di rose sopra il letto della voluttà, solleticato con terribil tentazione, si taglia la lingua coi denti e la getta in faccia alla spudorata. « Siate pure, o figliuole, » e cento e mille verginelle in sul bel mattino della vita cadevano colle teste sotto le mannaie dei manigoldi, come nelle mattine del mese di maggio cadono sotto le falci dei mietitori i fiori brillanti di rugiade, ridenti anch’esse col volto al cielo. Sentite quanto convenga guardare il pudore, o spose cristiane. Santa Perpetua giovine sposa veniva gittata nell’anfiteatro, le si aizzavano intorno i tori infuriati; e un toro gli dié di cozzo col corno nel fianco, e le ebbe squarciata la veste. La sposa cristiana, più che di quel terribil frangente, paurosa che non si offendesse il pudore, per togliersi agli sguardi procaci, subito si mette intrepida a serrarsi la veste: mentre il toro la fa balzar sulle corna! Signori, allora il popolo cristiano in mezzo alla universale corruzione aveva questo carattere, che lo distingueva, la purità. Cosicché i pagani dicevano degli antichi fedeli (come racconta uno scrittore di quei tempi): « Abbiamo scoperto i Cristiani nelle caverne in ragunate. Sono gente pazza i Cristiani! che, invece di profumarsi le membra, se le straziano coi cilizi, e muoiono di digiuno, per dare pascolo alla poveraglia; i Cristiani son gente che non sa goder piaceri. » O miei cari, se gl’infedeli dei nostri giorni ci sorprendessero nelle nostre case in mezzo agli usi della vita, potrebbero dire: che noi siamo gente pazza che non sa godere i piaceri? Ahi che abbiamo perduto ogni resto di evangelica severità! La mollezza, le sozzure, il vitupero inondano il popolo santo di Dio; e l’immondezza è portata fin nell’interno del santuario ad insultare lo sguardo di Gesù Santissimo in Sacramento! E perché va più audacemente tronfia la sfacciata impudenza dovremmo tacere noi?… Parole di fuoco sul labbro del Sacerdote di Gesù Cristo, a fulminare l’infame peccato che non nomineremo mai; perché non possiamo pur nominarlo, senza lordarci le labbra. Venite meco voi, o fratelli, ora a meditare con orrore come il brutto peccato di carne fa il peggior oltraggio alla immagine di Dio in noi, e profana in noi Gesù Cristo; e così di peccato in peccato precipita i disgraziati ché vi si abbandonano, nell’abisso di perdizione: terribile peccato in se stesso e nelle conseguenze sue, e nelle conseguenze di altri peccati. – Non temete, o venerati, che io possa fare insulto alla purità delle orecchie vostre cristiane. La mia parola sarà pura, quale debbe esser sul labbro, che tutte le mattine si bagna nel Sangue di Gesù Cristo. Ah sì Voi, Sposo purissimo dell’anime nostre, dal vostro Sacramento purgate prima di tutto questa lingua mia di terra d’ogni leggerezza di mondanità, e datemi quella parola vostra che irraggia sulle anime il candor verginale. Voi poi, o santissima Immacolata, che siete la sola gran Madre della purità, tenete ai vostri piedi noi poveri Sacerdoti, destinati che siamo, come voi col Bambino, a servirlo sempre intorno a Lui sull’altare. Noi (ci vedete nell’anima!) vorremmo farlo amare da tutti i fedeli di casto amore. Deh quando io parlo, s’accorgano questi cari vostri figli, che il mio povero cuore, benché di fango, è vicino a Voi, e che si accorda col vostro Cuore, per mettere in salvo la loro virtù dall’esecrato demonio che li perseguita. Noi intanto cogli Angioli Custodi, per terror dei brutti peccati, ci getteremo in seno a Gesù qui velato col Cuor vostro purissimo, o Maria (Ave Maria). –  Debbo trattar del più brutto peccato, spaventoso in se stesso, ma più terribile nelle sue conseguenze. Noi abbiamo un’anima capace di tendere alla virtù, e alla virtù ordinare il nostro corpo a dar gloria a Dio; questa è la dignità dell’uomo, dice Tertulliano. Abbiamo un’anima che debbe del corpo nostro regolare gl’istinti, e frenargli le vibrazioni dei sensi, perché non la disturbino nell’elevarsi a Dio: e anzi dobbiamo fare del corpo un’ostia pura a Dio piacente, crocifiggendo le passioni della carne sull’altare di Dio appiè del Crocifisso; questa è la vocazione del Cristiano. In questo santo pensiero noi abbassiamo lo sguardo sopra di voi, e nel vedervi modesti in nobile decoro di vita onorata, cogli occhi alto levati quasi in cerca di luce in cielo che vi consoli, ci vien dal cuore questo saluto a Voi: « Care speranze di Paradiso, non siete voi no, destinati a restare consunti in questo fango della terra; le vostre persone sono venerate immagini di Dio vivente, e quest’anime vostre, qui alle prove della virtù, insieme coi corpi vostri, cara porzione della nostra umanità crocifissa e risorta in Gesù Cristo, debbono essere in Lui assorte nella beatitudine in Paradiso. » Ora fare, che il corpo nostro comandi all’anima, il maltalento alla volontà, e si strascini lo spirito nelle indegne corruttele di una carne bollente in sozzure, è tale disordine, che avvilisce la dignità dell’uomo alla condizione dei bruti senza ragione: Homo, cum in honore esset, comparatus est iumentis insipientibus et similis factus èst illis. Anche le favole della superstizione dicevano, che gli uomini che si abbrutiscono nei piaceri delia carne, abbietti in vita bestiale, vengono dalla maga passione cangiati in sozzi animali; e s. Bernardo ne dà la ragione. Perocché, egli dice, se l’uomo pecca d’orgoglio, in certo qual modo pecca (sia pure da angelo cattivo), ma pecca da angelo; perché anche l’angelo poté rizzare il capo superbo contro di Dio. Se l’uomo pecca d’avarizia, pecca da uomo; perché è proprio dell’uomo poter far calcolo dei beni che può procacciarsi a danaro. Ma, se l’uomo pecca di carne, pecca da bestia, perché si abbandona all’istinto ch’è nelle bestie il più prepotente. Anzi dirovvi con velata parola con s. Giovanni Grisostomo: che almeno l’istinto mira nell’ordine provvidenziale alla propagazione della specie; e non trasmoda più in là: ma l’uomo, che ha per fine la beatitudine eterna in seno a Dio, se, lasciato Dio, fonte inesausta di felicità, si abbandona al reprobo senso, la tendenza all’eterna felicità diventa brama di carne fremente. Ei vuole che la carne gli basti per Dio, s’incoccia a voler trovare un paradiso di godimento eterno nella carne che va in corruzione: affamato in foia di carne caninamente latra, e per divorare che faccia, ha sempre più fame che prima. Come ciacco immondo, va col grugno a grufolare le immondezze, si tuffa perdutamente a gola in ogni più indegno pantano. Ahi! che la corruzione dell’ottimo si è fatta pessima!… Deh ritiriamo lo sguardo da quella ribalda sozzura! Grand’Iddio! Quale sacrilego oltraggio alla immagine vostra si fa dall’uomo brutale, che nello stemperamento di lascivie si lascia andare in tal volume di vituperi! Ma vi è un sacrilegio maggiore; poiché noi non siamo solo immagine di Dio, ma gli siamo figli rinati nel Sangue del suo Figlio: siamo Cristiani! Or che peccassero di carne i pagani, non è da far meraviglia, diceva Tertulliano: impastati di carne corrotta si abbandonavano alla corruzione: ma non dum caro Christi erant: essi non erano carne di Gesù Cristo. Quale espressione!….. La spiega col dire, che non eravamo ancora, come dice Tertulliano con tanta energica parola, impastati di Spirito Santo, come siamo noi: poiché il Verbo Divino fatto carne trasfonde in noi il Sangue ristoratore dell’umanità, e ci ricrea figliuoli di Dio, santificandoci non solo dell’anima, ma anche della carne, la quale diventa così carne della carne di Gesù Cristo. Venite a consolarvi nel vedere la Madre Chiesa con quante fine e sante cure va preparando il corpicciolo del bambino, che debbe rinascere in Gesù Cristo nel battesimo. Gli segna di croce tutte le membroline; lo consacra col sacro crisma tutto intorno alla vita; gli soffia in petto coll’alito del Sacerdote caldo del Sangue di. Gesù Cristo; gl’infonde in bocca il mistico sale, segno della sapienza di chi vuol vivere dell’incorruttibile immortalità; lo avvolge in bianca veste, come angioletto in candida nube; l’adorna della stola, simbolo dell’eterna gloria, e gli fa tenere la candela ardente al fianco, che vuol dire come debba ardere il cuor suo nello slancio in amore a Dio. È così veneranda una creatura battezzata, che il santo martire Leonida, battezzato che s’ebbe il suo fanciulletto (che fu poi il grande Origene), se lo portò a casa, e sel guardava come cosa tutta santissima. Quando il fanciullo dormiva (padri e madri, udite il rispetto, che si deve usare coi bambini dell’innocenza battesimale), si avvicinava al letticciuolo, gli scopriva con venerazione il petto, gli s’inginocchiava al lato, e diceva « tempietto dello Spirito Santo, tabernacoletto del Dio vivente, io adoro in te Gesù Cristo, che in te abita personalmente » e davanti al fanciullo battezzato si faceva il segno della croce, come davanti al Santissimo! Noi adunque col Battesimo fummo consacrati tempi di Dio in anima e in corpo. Ora ben vedo io in questa bella Chiesa vostra, in quegli splendidi ori, in quei magnifici drappi, quanto voi amate l’onor del luogo santo. Siate benedetti! Ma dite: se in questo momento uno sciagurato invaso dal demonio del sacrilegio entrasse in questa augusta magione di Dio, e qui, sugli occhi vostri, buttasse il fango contro le pareti sacre, gettasse le immondezze, ahi! fino sull’immagine della santissima Immacolata e sul Crocifisso, tanto cari alla vostra pietà; dite voi, qual non v’infuocherebbe furore di sdegno contro quel maledetto? — Bene! ma ragionate per poco: è più santa questa chiesa, od è più santo il vostro corpo? Si veramente queste sono mura consacrate coll’olio santificato dal sangue di Gesù Cristo; ma esse poi sono mura morte; ma voi siete tempi vivi, consacrati dello Spirito Santo che in voi abita personalmente. Dite in vero ancora: è più santa l’immagine di Maria santissima, e il Crocifisso, od è più santa la vostra persona? Ma queste venerate immagini sono d’insensibile e morto legno: ma voi, vergini e spose cristiane, siete immagini vive dell’Immacolata Vergine Madre, e voi, fratelli, siete immagini vive di Gesù Crocifisso. E vi sarà chi vorrà gettare le immondezze del brutto peccato sopra le immagini vive di Dio che siamo noi? E chi sarà così protervo che osi mettere la mano immonda sopra le vergini e spose, immagini di Maria Santissima? Voi pure inorridite al sentire che un ladro mise la mano sugli ori e sulle gemme della Madonna nei santuari! e fino sui sacratissimi vasi dell’altare! Ora, se poteste sorprendere il ladrone sacrilego nella sagristia nell’atto che rompe i forzieri, tira fuori il calice, l’ostensorio e la pisside; anzi lo vedeste che con maggior sacrilegio corre fuori sopra la via ad empire i santi vasi delle sozzure di strada…. Ah che già vi sentite furiosamente indegnati! Voi vi gettereste sul mal capitato ladrone, e vel dico io, come l’acconciereste , neh!… Ma or via, perché tanto furore?… Voi mi rispondete « ma quei vasi toccarono nella specie il Corpo, il Sangue di Gesù santissimo! » Bene sta; e voi non avete mai osservato, come il Santissimo tocca solamente i vasi sacri, vi passa sulla superficie; ma non si mischia coll’oro e coll’argento! Ma nelle nostre persone entra proprio il Corpo di Gesù e ci compenetra nelle nostre carni, il Sangue suo si mischia col nostro sangue: e noi oseremo pigliare questo corpo nostro incorporato col Corpo di Gesù, per farne esecrate oscenità, e verseremo in vitupero il sangue nostro così consacrato!….. Inorridite! Ma vi è da fremere pel sacrilegio ancor più tremendo. Mi trema l’anima nell’addentrarmi in questi orrori! … Voi sapete, come nella frenesia del fanatismo protestante, gli eretici indemoniati, atterrate le porte a colpi di scure nelle nostre chiese, si slanciarono dentro nei penetrali del santuario ….ruppero i cancelli del santo dei santi…. infransero la porticella del sacro ciborio…. misero l’orribile mano sulla pisside sacratissima, e trattala fuori dal tabernacolo, versaron per terra…. mi manca l’animo !…. Ah, nostro buon Gesù, anche questo insulto!… perché volete restar qui con noi?… Piangiamo insieme all’adorabile suo Cuore!… Ma deh! che noi dobbiamo fremere egualmente per l’orror di un brutto peccato nelle nostre persone; e vorrem dire che ci pare simile sacrilegio: Poiché, dice s. Paolo, noi formiamo un sol corpo con Gesù, e siamo come le sue membra. Ed ahi piglierò un membro di Gesù Cristo, e lo farò membro di una infame creatura venduta al peccato? Tollam membrum Jesu Christi et faciam membrum meretricis!… È orrendo troppoil sol pensarvi! – Perciò vengono appresso come conseguenze propriedei peccati di carne, la perdita delle più caresperanze delle famiglie e la perdita della fede. Si, sì, lo Spirito di Dio si ritira da una carne,si lascia andare nella via della corruzione: ed allora perdute le più belle speranze, perduta la fede,il disgraziato, sgocciolante in sozzura d’abisso inabisso precipita nel baratro della disperazione, seDio non lo salva ancora.Diciamo che van perdute le più belle speranze;e le più care sono nei nostri giovani, che con tantoamore coltiviamo nelle famiglie. Avviene a noi comeal tradito giardiniere, che coltiva con ogni più finacura una pianticella preziosa che la primavera mettefiori e fiori. Al vedere quei rami brillanti di fiori,egli si aspetta abbondanza di frutti che gli consolila vita. Passa la bella stagione, non è fiore maiche leghi; e non vi restano che foglie. Cerca cercail perché, e trova alla ceppaia nel coletto vitale unverme, che corrode l’’alburno e consuma il sugoche dà frutta. Genitori, anche voi vi vedete fioriredinanzi gli amati figliuoli, con quegli occhi, in quegliaspetti più eloquenti di ogni più eloquente parola;e voi, o madri, siete le prime a compiacervene:e se li menate con frequenza ai Sacramenti, i giovanetti, irrorati di grazie celesti, finché restano devoti,vi fanno gustare in casa i profumi del paradisoterrestre. Ma, se una brutta biscia di maligna compagnasi avvinghia alla vita di quel fior di fanciulla;se lasciate per poco vi serpeggi intorno un seduttore….ve’..,! che getta via il libro di divozione..va sfrontata in chiesa, alterata in casa; morde come una vipera la madre: pallida come la morte, con un romanzo nelle mani, si consuma in sospiri; e se diventerà sposa quella bizzarra, colla matta poesia d’amore in corpo, la sarà una disgrazia per una famiglia! Ma chi guastò questo fiore di soavi speranze? È un verme schifoso ingeneratole in seno dalla serpe compagna! Se poi un tristo amico è ai panni del giovane vostro, se colla malizia gli guasta la vita nel suo germoglio, egli resta guasto per sempre. Eccolo già pauroso d’aspetto, lo sguardo incantato, luride macchie sul volto, penzolone il labbro, incapace al sorriso dell’affezione. Il meschino! spenta la vivacità, perduta la memoria, ora è inetto agli studi, snervato nei lavori: guarda come una prigione la casa, ulula come il mal augello lungo le vie di notte; si butta ai giuochi, ai teatri, alle osterie, alle orge; va a gettarsi fin nelle tane.. Ahi diventa un nemico di Dio, perché i brutti vizi fan perdere poco a poco la fede. Lo Spirito Santo ce l’assicura, che uno stolto ha detto: « non è vero che vi sia Dio. » Ma chi è, dimanda sant’Agostino, questo pazzo da catena che nega Dio? Forse fu egli, il frenetico, che creò questo ammirando universo? Eh leggete, commenta il santo, leggete: ché lo spirito del Signore ci dà la ragione di tanto abborramento: corrupti sunt, abominabiles: facti sunt in studiis suis: sono questi che si sono guastati, che divenuti abominevoli nelle lorobrame, vanno in foia frenetica fino a negar Dio,perché lo guardano come un nemico che a loro disputale agognate soddisfazioni. E per vero il primopasso all’empietà è il cattivo costume. La storiaè li ad attestarlo. « Io lessi, disse l’uomo della piùprodigiosa memoria, il grande Pico della Mirandola,tutti i libri che potei (e la sua biblioteca è una dellepiù ammirande in Roma), e posso assicurare chegli atei sono tutti gentame di mala vita. » È questoun gran fatto negli annali del mondo, che la guerrasistematica e poi continua, continua contro alla solaReligione cattolica cominciò d’allora che il Vangeloportò sulla terra la purità. È d’allora che la bordaglia dei corrotti asserragliossi fremente intorno alla Chiesa per cacciar Gesù Cristo dal mondo, se lo potesse. Questa è la bella gloria della Chiesa, che tutti i nemici che la combatterono e la combatteranno sempre, sono e saranno sempre un’accozzaglia di uomini di costumi indegni, dai primi eretici, cioè dagli gnostici e simil lordura, che nelle orge notturne in ridde infernali sacrificavano al demonio del vitupero nelle più esecrande sozzure, fino ai capi delle presenti e future eresie. Lutero, il bel padre dei protestanti! imprecava con atra bile al Sommo Pontefice in questa infernale bestemmia: « Che?… Voglio ben io purificare la Chiesa….. a me! a me! che monterò sul triregno del Papa!…» Ora questo frate lucifero ve’ in qual putridume è caduto! Per purificare la Chiesa licenzia a donne i religiosi sconsacrati; strappa dagli altari le vergini dedicate a Dio, le getta sulle piazze, e piglia a mogliera la sozza smonacata Catterina Boré.. Eh! guarda guarda, dice Erasmo con frizzo schernitore, come la gran commedia della Riforma finisce col matrimonio universale degli sconsacrati che avevan giurato la castità. Calvino tenta elevarsi sopra il maestro; ma ripiomba nell’istessa putredine, e resta ad infamia bollato per esecratissima laidezza. – Sempre fino ad ora così. E noto che uno scomunicato di prete scriveva un libercolo contro la Confessione; ma l’empio ne rendeva al mondo la vera ragione: egli viveva con una cotale, e non è molto moriva in Torino al fianco alla schifosa serva con una scurrile bestemmia in bocca! Un monaco vituperato al nostro tempo va a far guerra alla Chiesa ed all’Episcopato in Inghilterra: ma fuggito di Svizzera è processato in Italia per donne tradite. Ieri un altro sconsacrato predicava contro la purità del sacerdozio; ed uno schifoso cialtrone in sottana abbaiava arrabbiato sulle piazze di Torino ed in altri luoghi contro il Papa ed i Sacerdoti, a tutti in ribrezzo; ma questi due se la fanno colle lupe nelle tane, a rinfuocarsi nell’apostolato dell’empietà. Ma sentite oggi uno smonacato che fa guerra alla verità di Dio nel sommo Pontefice, che la rappresenta infallibile; sentitelo come con un’impudenza schifosa pubblica colle stampe, che egli, se volle tradire i voti, la religione e Dio, è per giurare ad una indegna donna esecrati amori! Via là ché così almeno copre lo scandalo dell’apostasia col fetore della sozzura, che lo fa ributtare da tutti! Ah non rimescoliamo questo immondezzaio; poiché di questo fango ne vedete fino nelle vostre contrade. Quando nella famiglia vostra un azzimato narciso, cadente di smorfie, consunto di brama, si avvicina alle vostre spose e fanciulle, egli insulta subito la loro devozione, e le schernisce, perché usano ai Sacramenti; e ride fin dell’inferno: credete a me, ch’è giusta la regola dei naturalisti colla quale osservando un augellaccio del becco adunco, della larga bocca, che manda puzza e fa il brutto verso, gli guardano sotto gli artigli, ed ha gli adunchi unghioni come di ferro, dicono subito: è un sozzo carnivoro. E voi, mariti e madri, affrettatevi di portargli via d’appresso le vostre colombe, perché non le strazi quel brutto augellaccio…. che mangia la carne… E poi ve’ ve’, che tutti questi immondi si dan l’aria d’alteri increduli, e non sono che bavosi ranocchi che ingozzano melma! Gran Dio santissimo! eccovi chi vi fa guerra. Almeno a fare guerra al falso dio Giove furono i giganti che misero le montagne una sopra l’altra, dice la favola. Ora più che giganti, son questi sconci pigmei, anzi vermi che guizzano in brago, che schizzando veleno fetente, vorrebbero oscurare il trono dell’eterna vostra gloria. – Ma finalmente, come si perde la fede nel brutto peccato, così esso manda a male ogni virtù. Dobbiamo tremare; perché non vi è santità che possa vantarsi di tenersi sicura. Davide era gran santo; ma egli fermossi a guardare una creatura in un brutto cimento; e Davide dopo di aver parlato con Dio, si lascia andare…. diventa omicida e peggio….. Avviso a voi, accioché non confidiate nella pietà vostra, né vi affidiate a persone, che l’allettamento della virtù rende più terribilmente pericolose. Non vi ha sapienza che possa gloriarsi di non andare tradita da certe lusinghe. Salomone era l’uomo più sapiente del mondo; ma Salomone, dopo che gli era apparso pur Dio a comunicargli della divina sapienza, apostatò per le donne infedeli che gli fecero adorare idoli indegni. Avviso a voi che confidate nella vostra accortezza, e state sicuri che non vi lascerete ingannare. Uno sguardo, una lacrimuccia gettò in catene e fece dare in pazzie tanti e tali sapienti… che non vi dico io! Non vi ha forza, che possa bravare di non avere paura. Sansone era tanto forte che sbarrò le porte della città, e se le portò sul monte in ispalla a dileggio dei Filistei; ma Sansone passa la veglia presso una fanciulla una sera, poi un’altra sera, poi nell’altra sera ancora; le si affida; e la scaltra gli taglia i capelli, gli cava gli occhi, lo dà legato a scherno dei Filistei; ed egli muore in mezzo di loro. Avviso a voi che trattate, avviso a voi che lasciate trattare le fanciulle per tante ore in tanto pericolo, fino di notte…. Avviso a tutti, perché noi non siamo più santi di Davide, né di Salomone più saggi, né di Sansone più forti (dice s. Gerolamo). Ulula abies, quia cecidit cedrus: caddero quei grandi! Quando certo vento furioso sradica i robusti cedri, che tanto si sprofondano di radici sotterra, quanto elevano i rami fino alle nubi, le pianticelle di pioppo si abbassino a terra, se non vogliono restare sverzate… Deh! se ci son care le nostre persone, noi non abbiamo che due mezzi per poterle salvare: ciò sono fuggire i pericoli, e ripararci in seno a Gesù Cristo nei Sacramenti, e tra le braccia a Maria in divozione. Se il brutto demonio ci sorprende all’abbandonata, egli alla malora ci rompe addosso con sette diavoli a tutta prova, e d’abisso in abisso ci strascina in perdizione. Gesù Cristo ne avverte, che, se il demonio dei brutti peccati coglie alla sprovveduta un’anima che sia stata pura, vi mena dentro i sette diavoli a far riddone. Al demonio della carne viene compagno il demonio del turpiloquio, il demonio dello scandalo, quello del tradimento, e quello della distruzione, il demonio dell’omicidio, quello del sacrilegio, ed infine il demone della disperazione. Diciamo, che il brutto peccato mena seco il demonio del turpiloquio, il diavolo mal parlatore, il quale come una serpe maligna, col fiato ammorba, colla bava avvelena e colla lingua dà la morte. L’uomo guasto di cuore mescola sempre nella bocca bavosa avvelenate parole: e negli scherzi maliziosi, negli osceni discorsi agita la lingua invasata per ferire da ogni lato il santo pudore. Genitori, cacciate gl’immondi dalle vostre case, se vi sono cari i vostri figli. Oh dite voi: se vi entrasse in famiglia un indemoniato furioso, e menasse giù colpi alla cieca, e dicesse che fa per divertirsi; e qui con un crudo colpo tagliasse il volto ahi! all’avvenente fanciulla, di lì troncasse un membro, e la gettasse a terra con una piaga fitta nel corpo il bel giovinetto, voi non vi scagliereste addosso al maledetto omicida?…. Deh! quando sentite dire brutte cose, sorgete sdegnati, serrate in gola all’assassino delle anime le avvelenate parole. Egli fa un’orrida ferita in quell’angioletto di bella innocenza, e la vostra figlia, che resta guastata in malizia per sempre: egli coll’insegnare un brutto peccato corrompe nel germe la vita del giovinetto, e lo colpisce di piaga schifosa, che diventerà forse cancrena da non potersi sanare mai più. – Mena seco il demonio dello scandalo, il più pericoloso, perché sa pigliare mille forme a tradir sempre. Ora invasa una donna vana, ed essa col suo demonio in corpo immodestamente vestita porta gli scandali fin dentro le sante chiese sugli occhi stessi degli angioli di Dio. Nei libri se invasa la storia, rimescola il putridume già sepolto, per ammorbare e presenti e futuri, come ammorbò i passati: nei romanzi cambia le tinte, camaleonte sempre da schifo per tutti ingannare: della letteratura e dei giornali fa un immondezzaio; e dei. teatri, infami bordelli. Se avvicina una fanciulla, la artiglia: se mette la mano su di un figlio, egli è perduto: se col tiranno bisogno incatena una meschinella, la tiene legata nella tana, e ne fa esca velenosa da dar la morte; che se poi corrompe un grande, ammorba una intiera nazione… Così gli scandalosi con una smania infernale perseguitano il pudore in ogni luogo… La povera innocenza è come il grazioso pesciolino detto angel del mare per la sua bellezza. Egli dalle squame colore di rosa, dalle carni delicatissime, non ha dove possa fermarsi. Se guizza in alto mare, il pesce cane l’ingoia: se cala nei bassi fondi lo soffoca la melma: se costeggia le spiagge, l’arraffa l’orrido granchio: se rade gli scogli, il polipo delle lunghe braccia l’attrappa: se vola fuor d’acqua, lo sparviero procellario gli piomba alla vita. No, no: noi non possiamo ormai più salvarvi in questo mare d’immondezze, se voi, cari figli, non vi cercate da voi stessi lo scampo solo in seno a Gesù ,nel Sacramento, e tra le braccia della Madre della purità, la Madre nostra Maria. E per vero il demonio degli infami peccati mena seco il demonio del tradimento. Bella gioventù: tu folleggi ingenua pei prati dei piaceri, e ti pare tiranno chi mira a tenerti in guardia lontano dai pericoli. Vieni a vedere l’incauto usignolo! Anche quell’augelletto in mezzo al prato scherza tra i rami della pianta, che mette fiori: gorgheggia allegro, e tempra l’armonia del canto coll’aere d’aprile, che gli ride d’intorno, e bacia il venticello, che gli accarezza le piume, geme e sospira; sospira!,.. poi si sfoga repente in fuga di trilli. Ma al piede dell’albero, sotto il fogliame si appiatta la serpe, che apre la bocca tra l’erbe, guizza la lingua a Spire a mo’ di vermicello, e fischia per richiamo all’augellino. Ei vola giù ad imbeccarlo… Ah! due occhi di brage gli fanno paura: fugge stridendo, e ciancia per l’aere, e si querula del tradimento. Va, che sei salvo ancora. Ma il boccone l’attira: fa la ronda, svolta…; e via…. Ma il fascino l’insegue, e torna svolazzando tra il cespuglio e l’arboscello, casca languido tra l’erbe, l’ali dimena e la coda; poi su tra i rami librasi ancora, guarda al verme…. pigola, geme, tremola, tremola, e vola in bocca al serpe… Ahi! stride l’usignuolo, tenta sfuggire, ma la biscia si alza indragata, e dall’orrida bocca misto alla bava gronda il sangue del divorato augellino. Fanciulle, vi fa spavento? L’usignuolo siete voi! E voi, o giovani….. vel dico io, che m’intendete. Eccovi dove vanno a finire le avventure d’amore! E ricordatevi tutti che, se d’Adamo in qua i pesci si sono presi cogli ami, ora poi vi è gran progresso nel sapere adattare le fogge degli ami alla bocca di tutti. Per prendere i pesci di carne grossa si getta un boccone di carne che manda fetore; e il pesciolone abbocca e resta preso dall’uncino alla gola. Così da una carne avvelenata si dà sovente la morte all’anima e al corpo ai peccatori più sozzi. Per prendere pesci più buoni si veste l’amo di un vermicello, che a mezza vita infilzato, si contorce nell’onda; e il buon pesce resta preso al palato, come anche per certe donne oneste certe offerte e regalucci e favori e servitù sono segni di una castità che va a morire, seppure non è già morta come dice s. Girolamo. Ma per pesciolini più delicati si veste l’amo a mo’ di un moscherino di ciniglie di colori cangianti, col fil trasparente si fa danzare nello specchio dell’acqua: il pesciolino la sfiora guizzando, e spruzza d’intorno come perline le gocce illuminate dal sole, si rituffa, poi dimena la coda, agita le pinne… e guizza al moscherino… Ve? la canna lo balza in aria e mostra il ventre inargentato al sole, e muore con un palpito in mano al pescatore. Con ciò vogliamo dire, che certe occhiate e moine e sospiri di alcuni svenevoli, sono di perdizione e che certe creature tradirebbero fino gli angioli in carne. – Ho detto che mena seco il demonio distruggitore della pace della famiglia. Guai se entra tra marito e moglie il demonio dell’infedeltà! mena esso seco il demonio della guerra in casa, e della distruzione della famiglia. E non sentite, o. fratelli, un ruggito?… E la belva infernale del divorzio, che adocchia il momento in cui una nazione sia corrotta abbastanza, per slanciarsi a distruggere le famiglie. Già la Prussia e l’Inghilterra invano tentano frenarlo: rotto il ritegno del Sacramento del matrimonio, essa è già dentro a straziarle. Ecco perché il demonio vorrebbe fare unioni, che dicono matrimoni senza Sacramento. Intanto, mentre il voto della castità da questo mondo senza amore raccoglie tanti, che non sì conoscono fra loro, e forma care famiglie di fratelli e sorelle di un cuor solo nei monasteri, il laido demonio distruggitore gettò all’abbandonata tanti infelici che si credono liberi perché non si maritano. – Meschini! Alcuni pensano che l’amore si compri a danaro dalle perfide, che li tradiscono, per chi più le paghi. Così senza affezioni di famiglia, senza consolazioni di parenti vanno vagolando nella società, come nello spazio certi areoliti infuocati, slanciati fuori dalle orbite dei pianeti, i quali dove cadono abbruciano, e mandan fetore di zolfo, né si sa in qual regno della natura classificarli. Povero scapolo! troverà la pace nelle osterie e nei caffè, che sono le sue case senza tenerezza? No; ché dalle invetriate dei caffè delle sale dei piaceri forse travede per la piazza un monello mezz’ignudo, educato per le carceri che manda maledizioni a chi contro le leggi dell’onore gli diede la vita, e contro la legge della natura non gli fa da padre! E le maledizion del sangue fan sempre male al cuore!… Il mal demonio li perseguita dappertutto, né giova cercar la pace in calcolatrice scaltrezza, in un matrimonio di convenienza ad una certa età, dopo di aver tradito forse una giovane incauta. Perché fino nel torbidi sonni nella camera nuziale gli appare uno spettro colla faccia ingiallita, coi capelli rabbuffati. È la figlia tradita che piglia dal seno una manata di nero sangue, e glie la getta in volto, per funestargli l’affezione maritale. Va, disgraziato! Ti sei riso dei traditi amori: ma il demonio struggitore del bene dell’anima ti insegue a funestarti fino l’agonia. Allora.., quando benedirai morendo i fanciulli del tardo matrimonio, che abbandoni col cuore lacerato ancor bambini, cupa una voce ti griderà: ma i tuoi figliuoli sono tutti qui?… Sono tutti qui?… – Ma ecco che vien appresso il demonio dell’omicidio, che agogna tuffarsi nel sangue umano. Fino le favole antiche dicevano che fu un pazzo di re pastore, che rubò una donna; e che quel pazzo attirò tutti i guerrieri di Grecia a distruggere il gran reame di Troia. E la storia antica ricorda che fu Taide, la svergognata famosa, la quale dal meretricio amplesso di Alessandro corse colla fiaccola alla mano come una furia a dar l’incendio che ridusse la capitale della Persia in una montagna di cadaveri e di rovine. Ah lo dice pur bene il Vangelo, che al più sant’uomo del mondo, al Battista dal sozzo Erode fu troncata la testa, perché una laida donna voleva saziarsi di quel sangue in una festa da ballo! La storia moderna poi segnala all’orrore di tutti il traditore della Chiesa Enrico VIII, che inferocito dall’osceno demonio non rifiniva mai di tagliare le teste alle proprie mogli per mutare pascolo alla insaziabile brama. Eh che dal diluvio universale, che affogò tutta la carne umana marcia in peccato, alle fiamme che abbruciarono le cinque città infangate d’orrende carnalità, fino alle creaturine spente prima di aver veduto la vita, e fino ai molti duelli e suicidi moderni è il sozzo demonio che diguazza nel sangue! Guai alle nazioni che si affogano nelle immondezze! In quel putridume cadono i troni dei re! E, signori! Allora sull’altare di Gesù, Dio del santo amore, s’innalza da adorare una druda oscena. Per quest’orrido dio gli apostoli sono gli assassini: pel coro delle vergini, le petroliere le Taidi d’adesso lupe dei bordelli, furie d’inferno: per sacerdoti, i boia dell’internazionale: e pei sacrifici i milioni di uomini che agognano sgozzare. Vi è da tremare per noi! – Il demonio del brutto peccato mena seco nell’anima il demonio del sacrilegio. E non vi accorgete che fa riddone infernale nelle chiese intorno alle processioni, ad insultare Gesù fino sugli altari, a morderlo nelle sacrileghe comunioni, e fino ad abusar del Sacramento santissimo in…. Maledizione all’orrido sacrilegio che non si può nominare! Gesù nostro! fuggiamo da quei luoghi dove la bordaglia dei sozzi indemoniati non contenti di andar sfrenati pei teatri, in mezzo alle città, in tante case o tane di vizi, vi portano fin nelle chiese il sacrilegio sui sacratissimi occhi vostri in Sacramento, fin nell’ora che spandete sui vostri fedeli col vostro Cuore, le sante benedizioni! Ah fratelli! pur troppo Gesù sì ritira, come si ritirò dalla Turchia, quando la civiltà si tuffa nel più orrendo pantano di vizi. Gesù più di tutto aborre dai civili bordelli, e preferisce le capanne dei selvaggi, ed ha più cari i popoli barbari delle Americhe, dell’Australia, del Nord, dei mari ghiacciati, che abitano cogli orsi marini, anziché l’accozzaglia ammorbata di viziosi eleganti. Tocca a voi tanto buoni, a fermarlo qui colla purità dei vostri costumi, o figlie di Maria, o giovani uniti in devoti consorzi, o caste spose, buona gente del popolo: voi costringetelo a rimaner qui. Siete puri, l’otterrete. Mane, Domine! Mane, Domine! Finalmente l’osceno demonio mena seco troppo sovente nell’anima il demonio della disperazione. – Sentite caso terribile ed inorridite! Ve lo racconto quasi con tutte le parole del padre Segneri. Un cavaliere sordido di costumi si teneva in casa una fanciulla a libidinoso trastullo. Se alcuno gli parlava di licenziarla, ei se lo levava d’intorno con un disdegnoso: non posso. Però venne la morte a distaccarlo. Si ammala lo sciagurato, si abbandona, sì colca; ed essendo già il male dichiarato pericoloso, viene un Sacerdote per prepararlo a quel passo estremo… Con accorta carità sì ben lo dispone, che l’infermo gli risponde, che, quantunque egli abbia menato cattiva vita, desiderava di sortire una buona morte con una santa Confessione. Pigliato tanto animo, il buon religioso avrebbe voluto venire al ,taglio di quella pratica scellerata, che con cordoglio e stomaco eguale vedeva nella camera stessa del moribondo, il quale la voleva sempre efficacemente vicina: ma la prudenza gli persuase di andarlo disponendo prima con richieste più facili. E come pareva pronto a far tutto « Non volete, gli disse per ultimo, ricevere i Sacramenti, come conviensi ad un buon Cristiano? » « Volentierissimo li riceverò, se voi, o padre, vi compiacete di amministrarmeli…. » « Ma sapete pure che questo non sì potrà, se prima non licenziate da voi quella giovane. » « Oh questo, padre, non posso! » « E perché non potete? e potete, e dovete, signor mio caro, se volete salvarvi! » « Io dicovi che non posso. » « Ma non vedete che tanto vi converrà partire da lei fra breve per necessità? Scacciatela adunque per elezione. » « Non posso, padre, non posso! » « Come! ad un Dio crocifisso che ve lo chiede, è Maria nostra Madre che l’aspetta?….» « Non posso, non posso!» « Ma voi non parteciperete dei Sacramenti! voi perderete il cielo!… » « Non posso! » « Ma voi precipiterete nell’inferno! » « Non posso! » « È possibile, che io non debba cavarvi di bocca altra voce? Meschino! perderete la donna, la riputazione, il corpo, l’anima, i Santi, la Madonna, Gesù, e il paradiso e così farete una morte da scomunicato, e sarete sepolto da bestia! » Allora quello svergognato, gettando un crudo sospiro, tornò ancora a replicare: non posso! non posso! — Afferrò improvvisamente la perfida per un braccio, e con volto angoscioso, con Voce alta: « Questa, proruppe, è stata la mia gloria in vita, questa è la mia gloria per tutta l’eternità! » Quindi con forza stringendola, ed abbracciandola, tra per la veemenza del male, e l’agitazione dell’affetto esalò sulle sozze braccia, l’anima disperata. Oh miei cari fratelli! E troppo vero che i brutti peccati di carne sono il peggiore oltraggio all’immagine di Dio che siamo noi. Sono un sacrilego insulto alle membra di Gesù Cristo, e sono cagione di tanti altri rovinosi peccati: poiché l’orrido demonio, che spinge a quegli esecrati delitti, trabocca gl’infelici in tutti i vizi, e li subissa nell’inferno. Deh! salviamoci tutti in seno a Gesù nel Sacramento. Nella santa Comunione mette Gesù dentro di noi il suo Sangue, che fa diventar pure le nostre persone, fa palpitare il cuore in purità. Nelle tentazioni chiamate Gesù e Maria! e sempre Gesù e Maria, che vi hanno da salvare.